Una sfida per il capitano

di Ram92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo ***


Capitolo uno.
 
- Ciiiiiboo!
Rufy balzò a terra rimbalzando sul molo.
- Noi andiamo a cercare un ristorante. – disse Nami, aggiustandosi la gonna e controllando bene la chiusura della borsa. – Zoro, resti tu a guardia della nave?
- Perché sempre io?
- Perché non hai un soldo. – ribatté con semplicità la ragazza. – O vorresti un piccolo prestito? – aggiunse con aria sorniona. – Potrei provvedere a fornirti una piccola somma che tu potresti restituirmi con calma ad un tasso d’interesse…
- Resterò io.
Prima che la vena che pulsava intensamente sulla tempia dello spadaccino scoppiasse del tutto, l’ultimo acquisto della ciurma si affacciò sul ponte con un cumulo di arnesi tra le braccia.
- La Merry ha bisogno di un paio di piccole migliorie e credo che…
- Ciiiiibooo!- lo interruppe Rufy, e già si avviava di passo svelto verso il paese.
- Sta attendo a non farti beccare da quelli del porto. – si raccomandò velocemente Nami, pensando alle tasse portuali e affrettandosi verso gli altri due che si erano già messi in marcia.
Usop sorrise fiero guardandoli allontanarsi e vedendo Zoro già adocchiare un vicolo laterale. Poi si voltò verso la sua nave, la Going Merry, il grande veliero del capitano Usop.

Grandi manifesti di ricercati campeggiavano sui muri di pietra dell’isola.
Zoro li guardava distrattamente seguendo a breve distanza la strega e quell’idiota che si era scelto come capitano. Una vecchia abitudine da cacciatore di taglie. Un giorno forse anche la sua faccia sarebbe comparsa su un manifesto come quelli. Era buffo come la vita potesse cambiare così radicalmente, certe volte. 1.500 Berry per un tizio con una grossa cicatrice sulla guancia, 700 per un vecchio con una bandana su un occhio, 300 se avvistate una ragazzina dai capelli rossi. Ghignò tra sé. Se il suo destino era davvero quello di essere un pirata, avrebbe venduto ben più cara la pelle.
- Meglio andare da questa parte. – suggerì Nami, deviando il capitano da un ristorante dall’aria costosa verso una zona meno ricca dell’isola. – Ho sentito dire che c’è un ristorante dove fanno un ramen buonissimo…
I dubbi di Rufy vennero spazzati via dalla prospettiva di una ciotola fumante.
Zoro sbuffò sprezzante. Quella donna finiva sempre per mettere bocca su ogni singolo Berry a loro disposizione. In quell’istante, avvertì qualcosa, come un’ombra, alle sue spalle, ma quando si voltò trovò soltanto uno dei tanti vicoli tranquilli e tragicamente simili del paese.
- Zoro! – lo chiamò Nami. – Non rimanere indietro, non ho voglia di doverti andare a cercare per tutta l’isola!
Il ragazzo sbuffò contrariato e continuò a seguirli.
A poca distanza, qualcuno tirò un sospiro di sollievo.

In una bettola tra le più modeste della città, Nami centellinava i Berry che Rufy divorava piatto dopo piatto. Con un sospiro rassegnato consegnò all’oste l’ultima preziosa banconota. Così non potevano continuare. Una buona metà del tesoro se n’era già andato solamente in provviste. E lei non poteva tornare da Arlong a mani vuote, non dopo essere sparita per tutto quel tempo.
- E’ un vero peccato non aver trovato il negozio di ramen che dicevi… - grugnì Rufy sputacchiando del riso sul bancone in una breve pausa tra un boccone e l’altro. – Però devo dire che anche questo posto non è niente male!
Entusiasta, come sempre, pensò la ragazza lasciandosi andare ad un nuovo sospiro mentre soppesava il borsellino. Fu solo allora che notò qualcuno in un angolo buio della stanza.
Prima che potesse dire qualsiasi cosa, lo sconosciuto, imbacuccato in un’ampia camicia bianca legata in vita da una fusciacca logora con un grosso medaglione che gli pendeva dal collo e un cappello stranamente pesante per il clima mite dell’isola che gli copriva completamente i capelli, scomparve completamente alla sua vista.
Nami aggrottò la fronte e si voltò nuovamente verso i suoi compagni. Rufy era ancora impegnato a ripulire l’ultima portata, ma sul volto di Zoro trovò la sua stessa espressione accigliata.
- L’hai visto anche tu? – gli chiese a mezza voce.
- E’ da prima che ci segue.
- Cosa? Cosa? – sputacchiò Rufy.
- Pare che abbiamo compagnia. – annunciò Zoro con un ghigno, ignorando di proposito l’espressione ebete e perplessa del capitano.
- Perché non torniamo alla nave prima che succeda qualcosa? – propose la navigatrice, cogliendo l’occasione.
- Ma Nami io voglio ancora mangiare…
 
- Era proprio necessario?
Un grosso bernoccolo livido spuntava sulla fronte del capitano in stato di semi incoscienza portato a spalla dallo spadaccino, mentre Nami camminava spedita e a testa alta davanti ai due. Non avrebbe permesso a quell’idiota di mangiarsi fino al suo ultimo risparmio.
- E’ più sicuro tornare alla nave. – disse invece. – In caso di attacco è bene essere uniti, non trovi?
Zoro le rivolse uno sguardo carico di scetticismo.
- Sei solo preoccupata che ti rubino il tesoro, non è così?
Anche, pensò la ragazza.
- Chiediamo al cuoco se vuole venire con noi… - mormorava sconnessamente Rufy da sotto il cappello che gli penzolava dal collo. - …voglio della carne per cena…
Zoro sospirò. Ormai che erano a terra, gli sarebbe piaciuto riuscire almeno a bere qualcosa. Però…
Lo spadaccino si fermò.
- Cosa stai…? – fece per protestare Nami.
Fu un istante. Un ragazzino esile comparve da un vicolo e si avventò su di loro. Zoro sguainò una delle spade continuando a reggere il peso del capitano con l’altro braccio, sferrò un colpo in tutta fretta, ma…
- Dov’è il mio cappello?! – strillò Rufy improvvisamente lucido divincolandosi.
- Ohi, Rufy…! – esclamò a sua volta Zoro in equilibrio precario dopo l’affondo andato a vuoto.
Mentre i due finivano irrimediabilmente a terra, Nami alzò lo sguardo sul ladruncolo.
Accovacciato nel bel mezzo del vicolo sembrava del tutto disinteressato al trambusto che aveva provocato. Il volto intento aveva tratti delicati, sembrava poco più che un bambino. Tra le sue mani, il vecchio cappello di paglia sembrava assorbire interamente la sua attenzione.
- Ehi tu, lascia subito andare il mio cappello!
Il ragazzino si decise finalmente a posare lo sguardo su un Rufy furioso e coperto di polvere.
- Non è tuo. – disse semplicemente.
Nami aveva visto una sola persona toccare il cappello prima, e non aveva fatto una bella fine. Stava quasi per intervenire, quando notò sul volto di Rufy un sorriso che la sorprese.
- E’ vero, me lo ha dato un mio amico. – esclamò infatti, improvvisamente cordiale, grattandosi la testa scoperta. – Conosci anche tu Shanks, il pirata?
Le dita del ragazzino si serrarono sulla tesa di paglia, mentre gli occhi scuri dal taglio sottile si riempirono di diffidenza.
- Bugiardo. – mormorò tra i denti.
Il sorriso di Rufy si tramutò in un’espressione perplessa.
- Shanks non si sarebbe mai separato dal suo cappello. – strillò il ragazzino alzando uno sguardo accusatore sul pirata. – E nessuno è abbastanza forte per battere Shanks!
La sua voce infantile sembrava quasi tremare di rabbia.
- Tu gliel’hai rubato! – gridò con gli occhi piantati dritti in quelli di Rufy.
Nami spostò lo sguardo sul pirata, incerta su cosa aspettarsi da lui. Il capitano taceva osservando il ragazzino con insolita attenzione, un'espressione interrogativa dipinta sul volto.
- Ti farò pentire di averlo fatto! – disse ancora l'altro. – Avanti, battiti con me se hai il coraggio!
Rufy si prese ancora un istante per osservare il piccoletto che digrignava minacciosamente i denti davanti a lui.
- Non mi va. – disse poi allungando il braccio e recuperando con facilità il vecchio cappello.
Il ragazzino sgranò tanto d’occhi.
- Andiamo?
Il capitano fece dietrofront e incrociò pigramente le braccia sulla testa, e Nami si affettò a seguirlo mentre Zoro si incamminava risistemando le katane al loro posto.
Il ragazzino rimase a fissarli qualche istante, attonito. Il braccio di quel ragazzo si era allungato in modo decisamente innaturale, quasi fosse… gomma. Possibile che…? Strinse un pugno con rabbia. Non importava quanto fossero forti. Non poteva lasciarli andare così, non se voleva diventare un vero pirata.
- …dovremmo proprio trovarlo un cuoco, però. – stava borbottando Rufy ai suoi con voce lamentosa. – E anche un musicista, così potremmo…
Zoro fece appena a tempo a portare le mani all’elsa delle katane per accorgersi che una non era più lì al suo fianco. Quella katana.
- La prendo in prestito. – sentì mormorare il ragazzino al suo orecchio, prima ancra di riuscire a vederlo.
- Ehi, aspetta…
Ma lui non c’era già più. Era davanti a Rufy, adesso, la Wado* sguainata e pronta a combattere.
- Battiti con me. – lo sfidò ancora. – Mi chiamo Aki e quel cappello mi appartiene.




* A questo punto della storia (pre-Baratie e incontro con Mihawk), Zoro non conosce il reale valore della sua Wado Ichimonji e mi pare nemmeno il suo nome. Per lui è soltanto la spada di Kuina. Ho scelto di usare il nome della katana solo per semplificarmi un po' le cose.

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Capitolo 2
*** Capitolo secondo ***


Capitolo due.
 
Rufy si fermò. Il ragazzino continuava a fissarlo con la lama sguainata.
- Ohi, moccioso, lascia subito la mia katana!
Zoro fece per avanzare mettendo mano alle due else che ancora portava al fianco, quando Rufy sembrò ritrovare il dono della parola.
- Aki?
Da sotto la tesa di paglia, la voce del capitano suonava stranamente seria.
Il ragazzino annuì con veemenza.
- Mi chiamo Aki e ti sfido a duello. – disse brandendo la katana. – Da pirata a pirata!
Nami guardò il piccoletto con sospetto. Come poteva sapere che loro erano…?
- Pirata?
La ragazza poté percepirlo prima ancora di voltarsi. Un sorriso molto poco promettente si era dipinto sul volto del capitano.
- D’accordo, accetto la sfida.
Il sorriso idiota sulla faccia di gomma si allargò, le mani fecero scrocchiare le dita preparandosi in un pugno.
- Ehi, Rufy. – intervenne Nami. – Non vorrai davvero combattere, è soltanto un bambi…
- Fatti sotto! – gridarono entrambi gli sfidanti all'unisono.
Poi successe tutto molto velocemente.
Rufy portò il braccio destro all’indietro nello stesso momento in cui il ragazzino si era messo a correre.
- Gomu gomu no pist… eh?
- Troppo lento. – fece Aki, anticipando il colpo e facendosi fin troppo vicino.
- Muchi! – ritentò l’altro, virando il braccio.
Il corpo del pirata si deformò in modo ancor più innaturale. Distratto dalla sorpresa, il ragazzino saltò in aria appena in tempo e riatterrando perse per un attimo l’equilibrio. Rufy ne approfittò per sferrare un nuovo pugno, che però colpì la parete di legno del locale alle spalle del suo avversario con tanta forza che la mano rimase incastrata. Il ragazzino, che si era acquattato a terra, saltò agilmente sul braccio rimasto teso e corse fino a sferrargli un calcio dritto in faccia, carambolando a tutta velocità e con gran fracasso insieme alla testa di quell’insolito avversario sulla parete opposta del vicolo.
Quando la polvere attorno a loro si diradò, Nami vide le gambe del ragazzino avvinghiate attorno al collo di Rufy il quale a sua volta stringeva con i denti la lama della Wado, tutto questo un attimo prima che il contraccolpo dei tessuti in gomma del capitano spedisse entrambi dalla parte opposta della strada con l’ennesimo tonfo e caduta di calcinacci.
Questo ci costerà caro, non poté fare a meno di pensare con un sospiro, adocchiando i proprietari al di là delle pareti distrutte.
- Ohi, Rufy, non mordere la mia katana! – gridò Zoro, senza dare accenno di essere minimamente impressionato dallo sfacelo di quella battaglia.
Liberato il pugno, Rufy non perse tempo e si affrettò a schivare il ragazzino che aveva già allungato di nuovo la mano verso il cappello.
Si ritrovarono uno di fronte all’altro tra macerie e schegge di legno, col fiato corto.
- Ci è mancato poco. – disse Rufy tirando un sospiro di sollievo.
Attorno a loro si era riunita una piccola folla di curiosi.
Rufy si riaggiustò il cappello sulla testa e sorrise con aria di sfida. Il ragazzino digrignò i denti e si lanciò all’attacco.
- Gomu gomu no gatling!
Aki strabuzzò gli occhi e riuscì a schivare il primo colpo, il secondo gli sfiorò appena la testa, ma il terzo lo colpì in pieno stomaco. E questa volta fu Rufy a doversi sorprendere.
- Cosa…?
Il ragazzino ghignò soddisfatto, con una ciocca di capelli rosso sangue che era sfuggita al berretto. Stava già preparando la katana per il contrattacco, quando…
Nami lanciò un grido e il tonfo secco di uno sparo risuonò alle spalle del ragazzino. Rufy sentì il colpo prenderlo dritto nello stomaco.
 
- Rufy! – gridarono insieme Nami e Zoro quando lo videro piegarsi in due sullo stomaco.
Comodamente adagiato al bancone del locale semidistrutto e con la pistola ancora fumante, un capitano della Marina osservava divertito la scena attorniato da una mezza dozzina di sottoposti.
Il ragazzino si voltò, la mascella contratta dalla rabbia.
Un nuovo sparo sferzò l’aria a pochi centimetri dalla sua faccia, facendo volare lontano il vecchio cappello di lana e lasciando comparire una massa di capelli rossi tagliati corti. Il ragazzino non si era mosso di un millimetro e continuava a fissare il Marine con odio.
- Aki, il fantasma rosso. – disse quello con un ghigno. – Allora quel che dicono è vero.
- Fantasma rosso? – Nami sentì Zoro mormorare.
Ma fu presto un’altra voce a reclamare tutta la sua attenzione.
- Gomu gomu no…
Il ragazzino e il Marine si voltarono di scatto, con la medesima espressione incredula.
- …pachinko*! – gridò Rufy rialzandosi in piedi e rispedendo indietro il proiettile.
Una bottiglia dietro al bancone del bar andò in frantumi, mentre un rivolo di sangue correva sulla guancia dell’uomo che aveva sparato.
Atterrito, il proprietario del locale si gettò a terra, così come gran parte dei curiosi e degli avventori. Il Marine, al contrario, scoppiò a ridere.
- Due possessori di frutti del diavolo in un colpo solo! – esclamò portandosi alle labbra ciò che rimaneva del suo boccale. – Deve essere la mia giornata fortunata. – aggiunse poi pulendosi la bocca dall’alcol e dal sangue.
- Due possessori…? – mormorò Nami, perplessa.
- Questo spiega molte cose. – fece Zoro tra i denti.
Era certo che il suo affondo di pochi minuti prima non potesse essere andato a vuoto.
- Tu, ragazzino. – il dito del Marine puntava dritto su Rufy che si guardava intorno con la sua solita espressione ebete. – Non so chi tu sia, ma faresti bene a levarti di torno. La Marina si farà carico delle spese di ricostruzione del locale, ma la mocciosa è roba mia.
- Mocciosa? – chiese perplesso il pirata.
- Mocciosa? – gli fecero eco i suoi compagni.
Gli occhi di tutti caddero sul piccoletto con i capelli rossi.
- Beh? – borbottò questa incrociando le braccia. – Che avete da guardare?
La tonante risata del Marine tornò a risuonare nel locale.
- I vestiti e il parlare** da maschio sono stati una buona idea, devo ammetterlo. – disse rivolto alla ragazzina. – Ma il modo in cui quel pugno prima e il proiettile poi ti hanno trapassata senza lasciare alcuna ferita insieme al rosso dei capelli non lasciano alcun dubbio. E pensare – aggiunse ridendo. – che in molti pensano ancora si tratti di una leggenda, o peggio ancora di un vero fantasma!
- Eh? Un fantasma? – si chiese Rufy guardando la ragazzina con rinnovato interesse.
- Non sono un fantasma, idiota! – ribatté quella.
Il Marine nel frattempo aveva smesso di ridere.
- Sarà interessante. – mormorò prendendo una pesante katana che un suo sottoposto gli porgeva.
In un attimo l’uomo si scagliò sulla ragazza che riuscì ad evitare il colpo appena in tempo. La parte piatta della lama le sfiorò il braccio. Qualche goccia di sangue sgorgò dalla ferita. Aki la fissò incredula e si affrettò a mettere quanta più distanza possibile tra sé e il suo avversario, che aveva ripreso a ridere.
 
- Kairoseki.*** - mormorò Nami.
- Kairoseki?- chiese Rufy incuriosito.
- E’ una pietra che ha gli stessi effetti dell’oceano.- provò a spiegare.
- E quindi?- continuò Rufy stolidamente.
- E quindi ha la capacità di privare dei poteri dei frutti del diavolo. – venne in suo soccorso Zoro, senza distogliere lo sguardo dal combattimento.
- Che cosa?!
- Non è una di quelle cose che ci si aspetta che tu sappia? – protestò con veemenza lo spadaccino.
Nami stringeva forte i pugni.
- Attaccare così una ragazzina, possibile che la Marina non abbia di meglio da fare? –mormorò tra sé, attirando l’attenzione dei suoi compagni.
Ma in quel momento furono interrotti da un nuovo clangore di spade e Zoro tornò a preoccuparsi per la sua katana. La ragazzina, dopo aver evitato prontamente un primo attacco, aveva dovuto pararne un secondo in uno scontro diretto. Il Marine si stava rivelando più veloce del previsto.
- Ehi tu! – le gridò Zoro. - Vedi di non ammaccare la mia katana!
- Posso provarci. – ansimò lei, tremando per lo sforzo di tenere a bada l’avversario.
Con un movimento deciso riuscì a liberarsi dalla morsa del Marine e rapida guadagnò il centro del locale, trovando il tempo di studiare la situazione.
Quando quello si voltò decise di non lasciargli il tempo di attaccare.
Una ventata tagliente colpì l’uomo che dovette proteggersi la faccia. Aki approfittò di quell’attimo di distrazione per avvicinarsi e colpire di nuovo, ma l’altro se ne accorse appena in tempo e le lame si incrociarono di nuovo con violenza.
I gemiti di Zoro distrassero molti dal combattimento.

Aki strinse i denti e cercò di non distogliere lo sguardo. Il Marine non sembrava intenzionato a demordere.
- Adesso basta. – mormorò Nami facendo comparire i pezzi per comporre il suo bastone.
La mano di Rufy le si posò il braccio.
- Va tutto bene. – le disse con un sorriso. – Quella ragazzina sembra piuttosto forte.
- E il modo in cui usa la katana… - aggiunse Zoro, suo malgrado. – Anche se ha movimenti piuttosto grezzi, si vede che ha ricevuto un allenamento di qualche tipo.
La navigatrice riportò lo sguardo sul duello.
 
La ragazzina tremava per lo sforzo di tenere testa all’avversario.
Era più forte di lei. Inoltre la sua katana era sicuramente molto più spessa e pesante. A dire il vero quella che aveva lei tra le mani, anche se ben bilanciata e resistente, non sembrava nemmeno una vera katana, così leggera e sottile, era come se fosse adatta a qualcuno di piccolo, come…
- Non dovresti distrarti. – sussurrò a mezza voce il Marine.
Aki si riscosse. Stava perdendo terreno. Con un enorme sforzo, riuscì a respingere l’attacco e il Marine, conscio del proprio vantaggio, caricò di nuovo.
Zoro si protese  ancor più nervosamente verso il combattimento, preparandosi ad intervenire. Stava per gettarsi tra i duellanti, quando quel che vide lo lasciò di sasso.
Giusto un istante prima che le due lame entrassero in contatto, Aki precedette l’avversario, deviò leggermente l’affondo con un gesto rapido del polso e gettò lontano la katana.
La lama si conficcò vicina ai piedi di Zoro nel momento stesso in cui la spada del Marine affondò nel fianco della ragazzina.






* Gomu gomu no pachinko, secondo wikipedia, è il nome che nell'anime ad un certo punto viene dato alla mossa con cui Rufy fa quello che fa qui, ovvero rispedisce indietro i proiettili dopo essere stato colpito. In generale io non ricordo che lo annunciasse, ma mi serviva che Rufy dicesse qualcosa.

** Molti dialoghi di questa storia sono stati pensati originariamente con quelle due parole che One Piece mi ha insegnato di giapponese. Tra le altre cose, il giapponese distingue un modo di parlare di sé al femminile e al maschile e Aki, travestendosi, usa il maschile ('ore' al posto di 'atashi'). Mi è piaciuto tenerla, anche perché non avevo altro modo di mantenere il tentativo di travestimento, ma comunque anche in italiano, volendo (anche se è molto tirata) si può dire che fin qui Aki si è espressa in modo un po' maschile, con tutto il lessico del duello. Bo, vedetela come preferite.

*** Algamaltolite - scusate, è che la versione italiana mi suona troppo strana.

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