Handcuffed

di Shora
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo otto ***
Capitolo 9: *** Capitolo nove ***
Capitolo 10: *** Capitolo dieci ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno ***


Capitolo uno:
Ciao a tutti, mi chiamo Marinette Dupein-Cheng e sì, sono ammanettata al braccio del mio acerrimo nemico, Adrien Agreste. Ma forse è meglio partire dal principio.

POCHE ORE PRIMA
Passai le mani sul vestito blu che indossavo, cercando di eliminare più pieghe possibile. Era la mia ultima idea, cucita e finalmente pronta per essere indossata. L’avevo preparata apposta per la festa di compleanno di Alya, la mia migliore amica. Era un vestito attillato, di un tessuto morbido ed elastico, con maniche sottili e corto fino al ginocchio.  Mi mossi per stanza cercando le mie scarpe e nel farlo passai davanti alla finestra. Osservai il mio riflesso alla finestra. Era talmente buio fuori che sembrava di avere di fronte uno specchio. Feci una piccola smorfia vedendo lo chignon storto e sbilenco, ma non avevo tempo di rifarmelo, ero già in ritardo. Ma dove erano finite quelle maledette scarpe?! Girai su me stessa e mi misi a carponi per sbirciare sotto la scrivania. Le mie scarpe nere con il tacco erano proprio li sotto, dietro il cestino della carta straccia, trasbordante dei mie disegni per vestiti, cappelli o semplicemente scarabocchi da pazza. Le afferrai, spostando la sedia sulla quale era comodamente raggomitolata a sonnecchiare le mia gatta rossa Tikki. Miagolò stizzita per averla disturbata.
-Scusa…- dissi risentita mentre finalmente mi alzavo, con le scarpe in mano e le ginocchia impolverate. Me le infilai ai piedi e per poco non caddi di faccia sul pavimento della mia camera. Afferrai le chiavi della macchina e le misi in borsa, poi presi un scialle blu chiaro, talmente sottile che ci si vedeva attraverso e me lo misi sulle spalle. Salutai prima di chiudere la porta senza ricevere risposta. Mamma e papà erano in Cina perché mia nonna era in ospedale. Un soggiorno per tutti e tre sarebbe costato troppo quindi io ero rimasta a casa, ma avrei soggiornato da Alya per tutta l’estate. Tre mesi interi dalla mia migliore amica. Perciò l’unica a cui era rivolto il mio saluto era Tikki che ovviamente non mi rispose. Scesi in garage e entrai in macchina. Chiusi la portiera, afferrai il volante e presi un profondo respiro.
“A noi due Adrien Agreste.” pensai.

La casa che Alya aveva affittato per i suoi diciotto anni era veramente immensa, mi sembrava quasi di essere stata catapultata in uno di quei film americani, dove i ragazzi fanno feste pazzesche senza in genitori. Uscii dalla macchina rabbrividendo, la serata era davvero freddina. Mi passai le mani sulle braccia per scaldarmi un attimo. Avevo chiesto in mille lingue ad Alya di non invitare Adrien alla sua festa. Non ci eravamo mai presi, fin da piccoli, l’avevo trovato presuntuoso e fin troppo consapevole della sua bellezza. Ma purtroppo per me era in migliore amico di Nino, il fidanzato di Alya, e sarebbe sembrato scorretto non invitarlo, per lo meno dal suo punto di vista. Entrai al calduccio della casa e subito venni circondata dalla musica a tutto volume. Sorrisi pensando che Alya aveva fatto proprio le cose in grande.
-Marinette!- mi chiamò la festeggiata. Mi saltò addosso, felice di vedermi e io ricambiai l’abbraccio.
-Finalmente sei arrivata!- mi rimproverò.
-Le persone importanti devono farsi attendendere.- la presi in giro con un linguaccia. Le mi diede un pugno giocoso sul braccio, ridendo. La osservai: aveva lasciato i capelli sciolti e portava un abito rosso, lungo fino ai piedi con una spaccatura fino al ginocchio. Rimasi sorpresa.
-Ma quello è il vestito che ti ho fatto per il compleanno, lo hai messo davvero!-
-Ma certo! È davvero fantastico Marinette.- fece una piroetta.
-Credo sia una dei tuoi lavori migliori.- arrossii lusingata. Poi una voce ci interruppe.
-Ma guarda Marinette Dupein-Cheng ci ha degnato della sua presenza.- mi voltai verso sinistra, per controbattere, ma mi trovai davanti una camicia bianca invece che un volto. Mi ero dimenticata quanto fosse diventato alto nel giro di un inverno.
-Sono quassù.- disse infatti, come se mi avesse letto nel pensiero. Alzai la testa e i miei occhi incontrarono i suoi, di un verde da togliere il fiato, con qualche ciocca bionda che li copriva. Stavo per dirgli la battuta che avevo fatto prima ad Alya, ma lui non mi diede il tempo di rispondere.
-Ti sei per caso abbassata, non mi ricordavo di poter fare così.- e mi mise l’avambraccio sul capo, scompigliando il mio già disastroso chignon, fingendosi di appoggiarsi ad un mobile.
-Oh Adrien, smettila di essere così stronzo.- disse Alya dandogli una spintarella per farlo allontanare. Ma non lo pensava davvero… stava sorridendo. Certe volte non la capivo proprio. Adrien sorrise, in quel modo angelico che lo contraddistingueva sempre, alzando le mani in segno di resa. Guardandoli in tralice, cercai di sistemarmi i capelli. Vidi Adrien sogghignare.
-Io non ci starei dietro troppo, erano orrendi già prima.- e detto questo si defilò tra la gente prima che potessi tirargli una scarpa, che per la cronaca mi ero appena sfilata.
-Senti…- mi disse Alya -…stai ne paraggi che tra poco ci mettiamo tutti in salotto a fare un gioco.- annuii stancamente, mentre lei correva da chissà quale ospite a dire la stessa cosa. Mi diressi verso la cucina e mi versai un po’ di birra in un bicchiere di cartone rosso. Mi unii alla conversazione con alcune mie compagne, su quanto fosse indecifrabile la prof di francese di quest’anno, il nostro penultimo anno di liceo. Ridendo e scherzando con Juleka e Rose, mi dimenticai presto della stizza pruriginosa di prima e quando Alya chiamò in salotto ero ritornata di ottimo umore. In sala vidi la mia migliore amica in piedi sul tavolino in mezzo alla stanza. Stava dando istruzioni su cosa avremmo dovuto fare.
-Mettetevi tutti in cerchio per favore. Intorno al tavolino… sì così.- annuì compiaciuta. Mi sedetti in ginocchio con Rose sulle destra e Max sulla sinistra. Davanti a me si era seduta Alya  tra Nino e Chloè. Mostrò a tutti una bottiglia, mentre Kim spostava il tavolini verso il muro, per lasciare libero lo spazio.
-Adesso farò roteare questa bottiglia e il “prescelto” darà inizio ad “obbligo o verità”.- annunciò.
-Occhio che non finisca come nel film.-scherzò Adrien tra i risolini generali. Io alzai gli occhi al cielo.
-Staremo attenti.- sorrise Alya stando al gioco. Fece roteare la bottiglia di vodka vuota che si fermò su Mylen. Il gioco era partito senza fantasia, ma man mano che andava avanti diventata pin piano più spinto. Ragazzi su abbiamo diciotto anni, non scandalizzatevi! Ad Adrien venne ordinato di togliersi la camicia da una ragazza e a mio malgrado arrossii. Aveva un bel fisico niente da dire. Qualche ragazza dovette baciarsi con qualche altra. Venne chiesto di rivelare i segreti più intimi e spinti e la perversione si alzava a pari passo con l’abbassamento dell’alcool all’interno delle bottiglie. Fu il turno di Alya.
-Adrien obbligo o verità?- domandò.
-Obbligo.- rispose senza esitazione e con un sorriso impertinente sul viso. La mia migliore amica sorrise in un modo che non mi piacque. Da dietro la schiena tirò fuori un paio di manette.
-Ti obbligo ad ammanettarti a Marinette fino alla fine del gioco.- il suo sorriso sparì.
-Che cosa?- ma aveva capito benissimo.
-Mi rifiuto.- annunciai.
-Marinette tu non puoi decidere.- mi disse Alya. Okay, cominciavo ad arrabbiarmi.
-Preferirei stare nudo fino alla fine del gioco, piuttosto che ammanettarmi a lei.-
-Almeno su questo siamo d’accordo.- ribattei piccata, incrociando le braccia al petto. Ovviamente Adrien colse la palla al balzo.
-Cosa c’è Dupein-Cheng? Sei così ansiosa di vedermi senza vestiti?-
-Mi forerei gli occhi con spilli roventi piuttosto.-
-Zitti entrambi.- ci ammonì Alya. – Allora prego Adrien, spogliati pure altimenti…- fece oscillare le manette. Il ragazza sbuffò, ma alla fine, con mio immenso orrore, afferrò le manette e facendo spostare Max, mi ammanettò il polso sinistro al suo polso destro.
-Magnifico.- Alya apparve davvero deliziata.
-Magnifico un corno.- sibilammo io ed Adrien in coro.

PRESENTE
Alya ci venne incontro, cercando in tutti i modi di evitare il mio sguardo. Brutto segno.
-Ehm… la chiave non è più dove l’avevo lasciata.- ci disse.
-Cosa?!- mi alzai velocemente in piedi solo per ricadere pesantemente seduta sul divano, tirata indietro dalla corta catenina di metallo.
-Nessun problema, dacci quella di riserva.- disse Adrein pacato. Lo odiai ancora di più in quel momento. Alya fece un risatina nervosa.
-Ma l’hanno rubata le mia sorelline… non ho idea di dove sia.- finalmente anche il ragazzo per la pazienza.
-Mi stai dicendo che devo rimanere incatenata a questa qui per…- e qui si fermò. Già… per quanto?
-Prometto che cercherò la chiave, ma adesso devo chiudere la casa, altrimenti il proprietario mi ammazza.
-Aspetta un attimo.- dissi io. –Dovevo venire a stabilirmi da te per questa estate, te lo sei dimenticato?-
-Potresti stare da Adrien, almeno finché non abbiamo una soluzione.-
-Non esiste.- protestò alzandosi in piedi e trascinandomi su con lui. Che rottura essere basse.
-Sarà solo per qualche giorno.- lo implorò la mia amica.
-Eddai amico.- si intromise Nino, facendo gli occhi dolci. Lo vidi stringere la mascella.
-Va bene. Ma massimo una settimana.- Alya esultò e lo abbracciò. Si indaffarò a spostare i miei cambi di vestiti dalla mia macchina a quella di Nino, che avrebbe guidato fino alla residenza Agreste. Una volta abbandonati davanti al suo immenso cancello io con i miei tra sacchetti di vestiti e lui con la sua mano libera in tasca, fui fulminata dall’idea che era la prima volta che stavo per trascorrere la notte con un ragazzo. Peccato che fosse il peggior elemento in assoluto.
-Un solo fiato e ti appendo fuori dalla finestra.-
-E come genio? Sei ammanettato a me.-
-Ora capisco i coyote.- disse e poi mi trascinò verso casa sua.

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Capitolo 2
*** Capitolo due ***


Capitolo due:
La mattina venni svegliata da un insistente bussare alla porta e ad una voce che gridava continuamente il nome di Adrien. Mi rigirai nelle coperte con un lamento, aprendo prima un occhio e poi un altro e la prima cosa che vidi fu un bel naso in primo piano. Ma che cosa…? Adrien!  Oddio… feci correre lo sguardo al mio polso sinistro. Non era un sogno ero veramente ammanettata a lui. Stavo per gridare dall’esasperazione quando la persona fuori dalla porta ricominciò a parlare.
-Adrien tutto bene? Posso entrare?- diedi una gomitata poco gentile nello stomaco, al ragazzo addormento accanto a me.
-Ma che cosa vuoi?- mi chiese, in maniera poco carina. Feci per aprire bocca, ma il misterioso interlocutore mi precedette.
-Sto per aprire la porta.-
-Cazzo Natalie.- Adrien scattò a sedere, poi mi spinse giù dal letto.
-Solo un attimo.- gridò lui. Mi guardò impanicato. –Svelta, sotto il letto.- annuii e strisciai nello stretto spazio. Quando fantomatica la Natalie (di cui vidi solo le scarpe nere con il tacchetto) aprì la porta, Adrien era inginocchiato ai piedi del letto.
-Cosa sta facendo lì per terra?- domandò la donna.
“Gli da del lei?” pensai stranita.
-Stavo solo cercando delle scarpe che non trovavo ieri sera.- passò qualche secondo di silenzio.
-Comunque volevo informala che la colazione è pronta.- disse lei.
-Oh, non ho molta fame, credo non scenderò a mangiare.-
-Vuole che gliela porti in camera?-
-Non grazie, non serve.-
“Non serve? Ma sto morendo di fame!” pensai arrabbiata. Tirai il polso sinistro così forte che Adrien diede una testata al mogano pregiato del suo letto. Lo sentii imprecare e provai una certa soddisfazione.
-Magari non è una idea così cattiva…- disse poi.
-Come vuole.- credo che Natalie facesse finta di niente, ma si stava sicuramente chiedendo perché Adrien avesse volontariamente una testata al letto. Avrei tanto voluto scoppiare a ridere. Una volta che la porta si fu chiusa venni brutalmente trascinata fuori dal mio nascondiglio. Mi alzai in piedi e mi spolverai il mio vestito blu, ora tutto pieno di pieghe.
-Prego, non c’è di che.- dissi, mentre mi toglievo un rotolino di polvere dalla spalla. Lui mi fissò come in genere si guardano le persone rinchiuse al manicomio.
-Di cosa per l’esattezza? Parli della testata che mi hai fatto dare?-
-Non cretino, del fatto che ti ho svegliato, in modo che questa Natalie (che poi chi sarebbe?), non ci vedesse a letto insieme!- mi guardò disgustato.
-Ti prego non usare quel termine.- alzai gli occhi al cielo alla milionesima dimostrazione del suo infantilismo.
-Sai cosa intendo.- Lo chignon, ormai disfatto, mi crollava tutto da un lato della testa. Mi sfilai la forcina e i capelli mi ricaddero sulle spalle, solleticandomi il collo.
-E comunque non sarebbe stata la prima volta che Natalie, che per tua informazione è la segretaria di mio padre, mi avrebbe trovato a letto con una ragazza, solo che saremmo stati meno vestiti entrambi.- la frase, anche senza motivo, mi ferii. Con quante ragazze era andato a letto Adrien Agreste? Mi riteneva davvero così brutta da non rientrare nella categorie delle “fattibili”? E soprattutto perché pensavo ad una cosa del genere? Forse perché quel cretino si ostinava a girare senza maglietta o camicia.
-Ti dispiace metterti qualcosa addosso?- dissi cercando di dargli le spalle incrociando la braccia al petto, con il risultato di trovarmelo ancora più vicino. Maledetta catenina troppo corta.
-Cosa c’è Dupein-Cheng? Troppo hot per te?- mi sussurrò in un orecchio, facilmente raggiungibile visto che si trovava proprio dietro di me.
-Cosa?- mi voltai, indignata creando più distanza possibile tra me e lui. Cioè mezzo metro. Si finse imbarazzato.
-Ops, scusa. Probabilmente sei ancora vergine e non sei abituata a vedere un ragazzo senza maglietta.- diventati rossa per la rabbia.
-Punto primo: che io sia vergine o no, questi non sono affari tuoi. Punto secondo: Non credo che tu sia “hot” senza maglietta, ma semplicemente ridicolo.- feci un sorrisetto soddisfatto, pensando di averlo lasciato senza parole. Inaspettatamente lui tirò il polso destro verso di se e io mi ritrovai pericolosamente vicino a lui.
-Posso diventarlo se vuoi.- mi sussurrò con una voce stranamente seducente, che su uno come lui non avrei mai pensato di sentire.
-Ehmm…- che esordio convincente. Complimenti a me. All’improvviso scoppiò in una fragorosa risata e mi allontanò con una spintarella.
-Dio Dupein-Cheng sei davvero una santarellina!- Volevo rispondergli per le rime, ma ripresero a bussare alla porta e prima che qualcuno potesse parlare, mi gettò (esatto gettò) all’interno del suo armadio, chiudendo le ante e facendomi sprofondare nel buio, infranto solo da una sottile lama di luce. Non potei fare a meno di respirare l’intenso e buon profumo e che alleggiava lì dentro. Doveva essere… lavanda? Sentii la voce ovatta di qualcuno che non era Natalie. Stava dicendo qualcosa a proposito di una vassoio. Mi vergogno a dirlo, ma in quel momento avevo davvero la bava alla bocca. Aspettai impazientemente che quella persona se ne andasse. Quando sentii la porta chiudersi schizzai fuori dal mio nascondiglio, soprattutto per mangiare, ma anche per evitare che lui mi sorprendesse ad annusare i suoi vestiti peggio di una cocainomane senza dose. Lo costrinsi a sedersi e cominciai a mangiare. Come è buono il sapore del cibo quando hai fame! Finalmente in silenzio e in pace, potei concedermi una accurata scansione della stanza di Adrien. La sera prima era buio e non avevo visto gran che. La cosa che mi sorprese più della immense vetrate e della sua, discutibile dal punto di vista musicale, enorme collezione di dischi fu il bellissimo e lucido pianoforte a coda che vidi in un angolo della sua stanza. Non riuscivo a credere che quello spaccone potesse suonare uno strumento delicato come quello.
-Potrei anche darti una dimostrazione se non fossi ammanettato a te. Sono piuttosto bravo, sai?-
-Non mi dire, cadono tutte hai tuoi piedi, con una semplice scusa come questa?-
-Mi pareva che tu fossi piuttosto interessata al mio pianoforte.- lo ero eccome.
-Figurati te lo sarai sognato.- lui non disse nulla.

-Sai Dupein-Cheng, dovresti cambiarti.- mi disse Adrien mentre era sdraiato sul letto, mentre io da seduta, stavo cercando di leggere. Dico cercando perché ogni volta che cercavo di girare pagina mister Simpaticone, tirava la manetta per impedirmelo.
-Perché dovrei farlo? Tu sei il primo senza maglietta.- dissi senza alzare gli occhi dalla pagina
-Sì, ma sai, io non ho uno strappo sulla coscia che lascia poco spazio all’immaginazione.- Impietrita lo sentii sollevarsi sui gomiti e con la coda dell’occhio lo vidi sogghignare.
-Certo che bianche… non hai un minimo di inventiva.- saltai su dal letto come una molla e anche se sperai con tutta la mia anima che fosse uno scherzo, lo stappo c’era e le mie mutandine di pizzo bianco spiccavano, come il sangue sulla neve. Me lo coprii con la mano libera. Lui scoppiò a ridere.
-Ma ho già visto tutto quello che mi interessava.- di slancio presi uno dei tanti cuscini sul suo letto e glielo lanciai in faccia.
-Dammi una mano piuttosto.-
“Cretino” aggiunsi mentalmente. Lo strattonai fino ad arrivare ad uno dei miei sacchetti con i vestiti di ricambio. Frugai freneticamente con una mano fino a tirare fuori un vestito bianco con la stampa in azzurrino di alcuni fiori. Esultai.
-Come pensi di mettertelo, visto che siamo ammanettati?- feci un sorrisino e gli indicai la cerniera dorata sul lato sinistro.
-Questo vestito l’ho fatto io. Ha solo una spallina sulla destra e una cerniera in modo che possa mettermelo comunque.-
-Ammirevole davvero.- disse anche se la sua faccia di ammirato non aveva niente.
-Ma la mia domanda era riferita al fatto che sei vestita e questo se non sbaglio, la cerniera non ce l’ha.- in effetti…
-Ma per tua fortuna ho sempre una soluzione.- fulmineo afferrò un paio di forbici dal tavolino lì accanto. Capii subito cosa voleva fare.
-No!- gridai. Ero così fiera dal mio vestito blu, quello strappo si poteva rapare. Ma lui non mi ascoltò e mi tagliò la manica e tutto il lato destro, facendo in modo che il vestito mi scivolasse via di dosso come un fazzoletto usato. Rimasi in intimo di fronte a lui.
-Ecco fatto.- disse lui, soddisfatto.
-Hai idea di quanto tempo ci avevo impiegato a cucirlo?!-
-Tanto era già rotto.- disse lui stringendosi nelle spalle.
-Poteva essere riparato!- ringhiai.
-Dupein-Cheng, non riesco a prenderti sul serio, finché non ti vesti.-
-Perché? Non riusciresti a controllarti?- lo sfottei. Lui assottigliò gli occhi.
-Tu non hai nemmeno idea di cosa posso fare.- okaaaaay, quella risposta mi bastava. Mi rivolsi al vestito bianco e lo indossai, tirando su con una certa fatica la cerniera.
-Grazie dell’aiuto.- dissi.
-Figurati.- rispose lui. Guardai tristemente il mio vecchio vestito per terra. Mi dispiaceva così tanto. A strapparmi dalle mie riflessioni fu la vibrazione del mio telefono. Il nome di Alya lampeggiava sullo schermo. Con il cuore in gola risposi.
-Pronto?-

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Capitolo 3
*** Capitolo tre ***


Capitolo tre:
Mi sedetti demoralizzata sul letto di Adrien, con il braccio teso verso l’alto perché il ragazzo stava in piedi davanti a me, con le braccia conserte, senza pensare che io potessi stare scomoda in quella posizione. Scemo. Ormai era sera e dalla telefonata di Alya erano passate diverse ore. Nessuna traccia della chiave, nemmeno con l’aiuto del proprietario della casa era venuta fuori. Erano praticamente ventiquattro ore che ero ancorata a questo seccatore, ma mi sembrava già due secoli.
-Per fortuna che Alya si è offerta di dar da mangiare a Tikki.- dissi sovrappensiero.
-Hai un animale domestico che si chiama Tikki?- mi domandò Adrien.
-Sì.- risposi con un sospiro.
-Che brutto nome. Povero… ehm… pappagallino?-
-Tikki è un gatto!- dissi, quasi offesa che lui avesse confuso la mia bellissima gatta per un pappagallino.
-Anche io ho un gatto.- mi rivelò poco dopo. –È tutto nero e si chiama Plagg.-
-Non l’ho visto in giro.- gli feci notare.
-Beh non è che tu hai visto molto di casa mia. E comunque sembra un soprammobile, le sue due caratteristiche sono la pigrizia e il fatto che è molto peloso.- mi si sedette accanto e il mio braccio ebbe finalmente sollievo. 
-Potremmo farli incontrare e vedere se vanno d’accordo. Chissà che Plagg non abbia il mio stesso charme.- ridacchiai ironicamente.
-Se assomiglia solo un po’ a te Tikki non gli darebbe alcuna possibilità.-
-Scusa mi stai dando del pigro e del peloso?- non so perché, ma quella domanda mi fece ridere. Una risata vera, finalmente, da quando quell'incubo era cominciato. Dopo un attimo di esitazione anche Adrien rise e di gusto. Il telefono vibrò per un messaggio ricevuto. Mi allungai e lo presi, aprendo le chat.
-Alya dice che passa tra dieci minuti.- annunciai. Adrien annuì. La mia migliore amica ci aveva suggerito di spostarci in un luogo meno frequentato. Non potevo continuare a nascondermi dietro le tende o sotto il tavolo, come quando, coperta da una lunga tovaglia, Adrien aveva detto a Natalie che avrebbe passato qualche settimana alla casa al mare di un suo amico. Ovviamente era una bugia, saremmo andati a casa mia, sopra la pasticceria dei miei in centro a Parigi. Non l’avevo nemmeno nei sogni una casa al mare. Per tutto il tempo della conversazione Adrien aveva tenuto le mani sulla sedia, così che non spuntasse la mia mano da sotto il tavolo. Da canto mio io mi ero completamente appiattita contro la sedia, cercando di stare il più lontano possibile dalle scarpe nere con il tacco della donna. Anche se non con poche difficoltà, Adrien, l’aveva spuntata, constatando che suo padre sarebbe stato a Vienna per parecchio tempo per una sfilata di moda con alcuni dei suoi abiti. Perciò ora eccoci qui, ad aspettare Alya. Ero un po’ nervosa all’idea di far venire Adrien a casa mia. Insomma era pur sempre il mio acerrimo nemico. Sapevo già che si sarebbe reso insopportabile per tutto il tempo, prendendomi in giro per quella e quell’altra cosa. Quando finalmente quei dieci minuti passarono e Alya ci scrisse di scendere, presi i miei sacchetti del cambio e calciai il mio ex vestito blu sotto il letto di Adrien. Uscimmo di soppiatto e raggiungemmo l’enorme atrio bianco e nero, per poi uscire e chiudere silenziosamente la porta. La mia amica ci aspettava nella sua piccola macchina bianca. Salimmo.
-Allora come va?- domandò, più che altro per abitudine, perché se ci avesse pensato, nulla andava bene. Partimmo.
-Dimmi che hai trovato la chiave di riserva? O hai delle tronchesi.- dissi io.
-Dai non può andare così male.- disse guardandoci dallo specchietto retrovisore, dato che eravamo seduti nei posti posteriori. Alzai gli occhi al cielo e Adrien nemmeno sprecò fiato a rispondere.
-Sentite mi dispiace per le chiave.- ci disse. –Mi sto davvero adoperando per trovare quella di riserva a costo di torturare le mie sorelle per farmi rivelare dove l’hanno messa.- Sospirai. Speravo la trovasse il prima possibile. Una volta a casa mia, Alya mi aiutò a portare su i sacchetti. Il signorino non si era nemmeno preso la briga di chiedere. Quando ci lasciò di nuovo soli, mi presi un secondo per chiudere gli occhi e annusare l’odore familiare di casa mia. Lo portai in camera mia e cominciai a sistemare i miei vestiti nei loro cassetti e armadi. Mi ero quasi dimenticata della presenza di Adrien quando parlò.
-Ma non mi dire, hai anche tu un album per gli scarabocchi come mio padre.- ci misi un attimo a capire a cosa si stesse riferendo, così lo fissai inebetita. Lui mi indicò con la testa il mio album per gli schizzi dei vestiti.
-Non sono scarabocchi. Io disegno vestiti. E quello che fa tuo padre non sono schizzi, ma vere opere d’arte. Gabrielle Agreste è uno dei migliori stilisti del momento.- scossi la testa.
-Come ha fatto ad avere un figlio come te?-
-Intendi maledettamente bello?-
-Indento maledettamente stupido.- non mi pare ci rimase troppo male, ma non rispose. Continuai a mettere a posto i miei vestiti mentre lui faceva vagare lo sguardo nella mia camera. Lo sbirciai. Continuava imperterrito a girare senza maglietta e se la cosa non lo toccava minimamente, toccava me.
-Senti ho delle camice che ho fatto per svariati concorsi e dovrebbero starti…-
-Ma allora non ci arrivi, Dupein-Cheng?- mi interruppe lui, sventolando il polso destro e facendo tintinnare la catenina argentata.
-Come me la metto?-
-Se mi lasciavi finire avresti potuto scoprirlo.- ribattei piccata. Nonostante la sua rispostaccia, glielo dissi comunque, solo perché il fatto di vederlo a petto nudo aveva cominciato a diventare sempre meno ridicolo e sempre più… ecco… sexy. Non ci credo ad averlo pensato davvero! Distolsi lo sguardo.
-Potrei farci delle modifiche. Tipo tagliare uno dei due lati e applicarci dei bottoni, in modo che tu possa chiuderla.-
-Se proprio ci tieni.- disse lui con un scrollata di spalle. Sospirai. Aprii uno dei cassetti, sotto l’armadio e cominciai a tirare fuori le varie camice che avevo prodotto negli anni. Era una decina in tutto, erano soprattutto bianche, ma ce ne era qualcuna dai colori eccentrici: giallo canarino, turchese acceso o verde acido.
-Lascia che te lo dica Dupein-Cheng, hai dei gusti in fatto di colore, davvero pessimi.-
-Qual è quella che ti piace di meno?- domandai.
-Quella turchese.- disse soddisfatto, pensando di ferirmi.
-Bene.- sorrisi. –Sarà la prima che modificherò.- mi guardò arrabbiato.
-Un gatto rosso non è azzeccato per una strega come te.-
-Lo prendo come un complimento.- risposi, studiando la camicia per decidere da dove cominciare. Mi spostai una ciocca dietro l’orecchio. Non ero abituata ad avere i capelli sciolti. Potevano sembrare infantili, ma li tenevo sempre in due codini. Mi alzai e trascinai Adrien dove tenevo la scatola per cucire. La presi con me e poi mi diressi in salotto, dove avevo una buona luce per apportare le modifiche. Ci sedemmo entrambi sul divano. Dopo nemmeno due minuti Adrien prese a lamentarsi.
-Dupein-Cheng, mi sto annoiando.- lo fissai. Aveva la testa reclinata all’indietro e guardava il soffitto.
-Tieni.- dissi, lanciandogli il telecomando. –Fai zapping, guarda quello che vuoi.- lui accese la televisione e dopo una rapida scorsa dei canali, sbuffò.
-Non c’è niente di bello e poi ho fame… è quasi ora di cena.-
-Dio Adrien, quanti anni hai? Due? Mi ci vogliono solo dieci minuti per una cosa del genere, ma per carità, lasciami lavorare.- Lui alzò gli occhi al cielo. Girò su un canale dove era in corso l’episodio di una serie tv e finalmente rimase in silenzio. Così concentrata finii in fretta.
-Ecco fatto!- esclamai mostrandogliela. Lui la studiò un attimo, come un critico d’arte, poi la prese e la indossò, chiudendo tutta la fila di bottoncini. Devo dire che l’abbinamento di colori (camicia turchese e pantaloni marron scuro) non fosse uno dei migliori, ma almeno non era più mezzo nudo davanti a me.
-Ho anche qualche paio di pantaloni maschili se ne hai bisogno, visto che non è venuto in mente di prendere nulla da casa tua.-
-Quelli da dove vengono? Da qualche amante occasionale o li hai fatti sempre tu?- mi fissò con un sorriso malizioso.
-Sono di mio cugino. Ha lasciato qui qualche suo vestito e avete la stessa taglia… credo.- lo osservai mentre lui si guardava la camicia e sollevava le braccia, probabilmente per trovare qualche difetto. Arresosi, le abbassò.
-Come vuoi Dupein-Cheng. Al momento ho solo fame, perciò che ne dici di preparare qualcosa?- il mio stomaco emise un gorgoglio che rispose per me. Arrossii imbarazzata.
-Wow, cos’hai al posto dello stomaco, una balena?- mi prese in giro lui. Io gli mollai un pugno sul braccio.
-Forza vieni a darmi una mano.- dissi, tirandolo verso l’angolo cucina. Aprii il frigo. Era praticamente vuoto.
-Non sapevo fosse possibile vivere d’aria.- mi disse Adrein, praticamente in un orecchio.
-Conta che io non sarei dovuta stare qui.- gli feci notare. Raccattai le ultime quattro uova, un pezzo di formaggio abbandonato su uno dei ripiani e un pacchetto di speck che era aperto da qualche giorno. Dopodiché il frigo sembrava davvero una distesa artica. Chiusi il frigo con un colpo d’anca e presi una bacinella di plastica.
-Cosa cucini?- chiede Adrien.
-Cuciniamo.- lo corressi. –Un omelette comuque.- Gli ordinai di tagliate il formaggio, dato che io riuscivo a rompere le uova con un mano sola, facendo colare il contento nella bacinella. Adrien aprì il rubinetto d’acqua, probabilmente per sciacquarsi le mani, ma apparentemente voleva riprodurre le cascate del Niagara. Schizzò entrambi e bagnò le mattonelle del pavimento della cucina.
-Non hai mai usato un rubinetto a casa tua?- gli dissi, lanciandogli un’occhiataccia. Mi pulii le mani su un panno e mi diressi con decisione all’armadietto dove si tenevano gli stracci, solo che… scivolai. Sarei caduta per terra, trascinando giù entrambi, se Adrien, non mi avesse afferrata per vita. La sua mano bruciava sulla mia pelle come fuoco vivo. Quando fui di nuovo stabile sui miei piedi, mi concessi di arrossire.
-Dupein-Cheng sei davvero imbranata.- mi disse. Il tono voleva essere di scherno, ma uscì quello che mi parve un sussurro e che mi solletico le spalle. Mi allontani bruscamente senza voltarmi.
-Grazie.- dissi solo, mentre mi chinavo ad asciugare per terra, con il primo panno che avevo trovato e con i capelli che mi coprivano le guance paonazze.

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Capitolo 4
*** Capitolo quattro ***


Capitolo quattro:
La mattina seguente mi svegliai per la luce che filtrava dalla finestra. Il braccio di Adrien era appoggiato al mio fianco. Lo sollevai con un smorfia disgustata e lo lasciai cadere pesantemente sul materasso. Mi girai di schiena e rimasi in contemplazione del soffitto per qualche minuto finché non sentii il ragazzo accanto a me muoversi e svegliarsi.
-Ho fame.- annunciò.
-Buongiorno anche a te.- gli risposi. Lui sbuffò e si mise a sedere. Aveva i capelli tutti scompigliati e indossava una maglietta di un rosso sbiadita che apparteneva a mio cugino a cui avevo apportato le stesse modifiche che avevo messo sulla camicia. Stavolta, però, avevo messo i bottoncini solo sulla manica. Avevo constatato che tagliare tutto uno dei due lati era inutile e il lavoro si accorciava se lavoravo solo su una manica.
-Dupein-Cheng, cosa mangiamo?- ricominciò lui.
-Il frigo è vuoto.- constatai. Un pensiero davvero orribile mi si affacciò alla mente.
-Dobbiamo andare a fare la spesa…- mormorai, portandomi una mano davanti agli occhi. Cosa avrebbe detto la gente?
-Che cosa?!- disse infatti Adrien. –Non può farlo Alya?-
-Non possiamo chiedere di fare tutto a lei.- la difesi.
-Genio, è lei che ci ha messo in questa situazione.- schioccai la lingua infastidita, perché, dopotutto, aveva ragione lui.
-Non possiamo morire di fame, userò i miei risparmi e compreremo qualcosa al piccolo supermercato qui di fronte.- dissi riferendomi al piccolo alimentari dall’altra parte della strada. Se la fortuna stava dalla nostra non avremmo dovuto incontrare nessuno, se non qualche cassiera incuriosita dalla situazione.

Ma la fortuna non fu con noi. Mentre afferravo una scatola di cereali da un ripiano per poi metterlo nel carrello, da uno dei tanti reparti comparve Chloè. Adrien non se ne era ancora accorto, dato mi stava chiedendo se io mangiassi davvero una schifezza del genere, riferendosi ai cereali che avevo appena preso. Gli pestai un piede e gli indicai la ragazza a pochi metri da noi, che ancora non ci aveva notato. Silenziosamente girammo il carrello e cercammo di allontanarci con nonchalance, ma non funzionò.
-Adrien!- chiamò allegramente Chloè. Lui fu costretto a girarsi e mostrò un sorriso finto. Ma dirla tutta nemmeno ci provò a renderlo credibile. Che attore pessimo! Nascose le braccia dietro la schiena e questo mi costrinse a stare alle sue spalle.
-Oh, c’è anche Marinette.- disse squadrandomi con uno sguardo critico e storcendo il naso. Alla fine non ci diedi nemmeno troppo peso. Conoscevo Chloè da anni e il suo cinismo nei miei confronti non mi feriva più.
-Ciao.- salutai, tirando fuori dal mio repertorio il sorriso più luminoso e falso che trovai. Lei decise per il momento di ignorarmi.
-Cosa ci fai qui? In un supermercato di così bassa categoria?- chiese al ragazzo davanti a me, sbattendo le lunghe ciglia. Alzai gli occhi al cielo. Tutta la scuola sapeva come andava avanti la storia tra loro due. Erano andati a letto insieme parecchie volte. Da parte di lui non c’era mai stato un impegno serio, lei invece credeva che Adrien fosse perdutamente innamorato di lei, ma il “cucciolotto” non riusciva ad esternare i suoi veri sentimenti ed aprire il suo cuore. Per quanto provassi antipatia nei suoi confronti, sotto questo aspetto provavo una certa pena per Chloè. Prima capiva che Adrien era solo un egoista che pensava solo al suo personale tornaconto meglio era.
-Potrei chiedere a te la stessa cosa.- rispose Adrien.
-Io stavo facendo un giro e mi era venuta voglia di qualcosa di dolce, così sono entrata qui, in cerca di qual cosina.-
“Non ci interessa.” Pensai, tirando la catenina, senza farla tintinnare, per attirare l’attenzione del ragazzo. Non era il momento di fare conversazione.
-Sto aiutando Dupein-Cheng a fare la spesa in cambio di quale piccolo favore… se capisci cosa intendo.- continuò invece lui. Non lo vidi, ma fui sicura del luccichio malizioso che dovevano aver avuto i suoi occhi.
-Voi due… andate a letto insieme?- chiese Chloè, palesemente confusa.
-Sì.- disse lui.
-No!- affermai nello stesso momento. Lei fece passare gli occhi da me a lui e viceversa.
-Ora è il caso di andare.- dichiarai a denti stretti, tirando il polso di Adrien e lui, capendo finalmente l’antifona, indietreggiò, spingendomi contro il carrello in modo che ci spostassimo, senza girare le spalle a Chloè. Una volta scomparsi dalla sua vista. Corremmo praticamente alla cassa, pagammo e ci rifugiammo immediatamente a casa mia.
-Cosa ti è saltato in mente?- domandai una volta che avevo finito di riporre le provviste in cucina. Lui, seduto su una sedia, mi guardò interrogativo.
-Ora grazie a te, tutta la scuola penserà che andiamo a letto insieme.-
-Questo genere di reputazione ti farebbe solo bene, dovresti ringraziarmi.- mi rispose lui, con un sorrisetto odioso. Afferrai il primo oggetto che trovai accanto a me, per gettarglielo addosso, ma trattandosi della mia tazza preferita, la riposai sul ripiano dietro di me. Emisi un sospiro, cercando di far uscire con l’aria tutta la mia esasperazione.
-Ora possiamo mangiare, Dupein-Cheng?-

-Trovo che Harry Potter sia troppo sopravalutato.- disse ad un certo punto Adrien. Eravamo di nuovo nel mio salotto, sul divano. Io stavo apportando le modifiche al resto delle camice e lui aveva trovato un canale su cui stavano trasmettendo Harry Potter e il prigioniero di Azkaban. Mi strinsi nelle spalle.
-A me piace.- lui rise ironicamente.
-Non lo avrei mai detto.- volevo rispondere in un qualche modo, ma in quel momento arrivò Tikki, che si strusciò contro le mie gambe, miagolando per reclamare il cibo. Adrein la guardò e poi le fece una tenera carezza, che lei accettò volentieri. Traditrice. Appoggiai la camicia che stavo ritoccando su uno dei cuscini del divano e mi diressi in cucina, ovviamente con il ragazzo al seguito, per dare da mangiare al gatto. Quando Tikki prese a mangiare Adiern richiamò la mia attenzione.
-Dupein-Cheng?-
-Mmhh.- risposi io.
-Devo andare in bagno.- Mi schiarii la voce e sperai che i capelli, ancora sciolti, coprissero il mio imbarazzo.
-E bagno sia.- lo condussi lì e voltai la testa, in modo di lasciargli un po’ di privacy, per quanto possibile. Una volta che ebbe tirato l’acqua aspettai qualche secondo e poi mi girai, solo per gridare e chiudere gli occhi. Adrien era praticamente nudo.
-Che diavolo stai facendo?- non volevo veramente sapere la risposta.
-Una doccia.- disse come se fosse la cosa più naturale del mondo. Cosacosa?!* Mai!
-Non puoi, ci sono io!- ribadii con gli occhi serrati.
-Puoi entrare con me.- propose. Di male in peggio. Poi mi venne un’idea. Fu così che quando Adrien aprì il getto d’acqua, io indossavo un vecchio costume intero di qualche anno fa, mentre il mio scomodo compagno, un costume di mio padre, che avevo fermato con una spilla da balia in modo che non cadesse, dato che non era la sua taglia.
-È così ridicolo.- disse a denti stretti.
-Cosa c’è Adrein Agreste? Eri così ansioso di vedermi senza vestiti?- lo presi in giro, riprendo la frase che mi aveva detto lui qualche giorno fa.
-Se lo avessi voluto l’avrei già fatto.- mi rispose. Girai la manopola della doccia sull’acqua gelata. Lui lanciò un gridolino e poi girò il telefono della doccia verso di me, bagnandomi con l’acqua ghiacciata. Gli lanciai la spugna e reindirizzai l’acqua su una temperatura tollerabile. Lui ridacchiò.
-Ti sta bene.- io lo fulminai con un’occhiataccia.
-Pensa a lavarti, scemo.-


* È stato attacato apposta 

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Capitolo 5
*** Capitolo cinque ***


Capitolo cinque:
-Fanno schifo.- disse Adrien masticando.
-E allora perché li mangi?- domandai, parlando dei cereali che avevo comprato.
-Sembravano commestibili.- si strinse nelle spalle, affondando il cucchiaio nella ciotola azzurra davanti a lui per poi infilarsi un’altra bella porzione in bocca. Sospirai flebilmente. Ero stanchissima. Quella notte non avevo chiuso occhio per colpa di Adrien che nel sonno mi aveva calciata continuamente.
-Dupein-Cheng stai inviando energia negativa.- lo guardai storto. Era colpa sua se le mie occhiaie raggiungevano le mie labbra quella mattina. Mi alzai e feci per avvicinarmi al lavello e pulire la mia tazza, ma la manetta mi trattene. Mi voltai e vidi Adrien che mi sorrideva.
-Devo arrivare al lavandino.- lo implorai.
-Ma io non ho finito di magiare.- disse lui, sempre sorridendo. Imperterrita tirai la catenina, guardandolo in cagnesco. Lui la tirò per ripicca. Quasi inciampai. Arrabbiata la tirai di nuovo, più forte. Per risposta lui diede uno strattone così forte che gli caddi sulle ginocchia di pancia. Salvai la tazza per miracolo.
-Wow, Dupein-Cheng,  non mi pensavo mi amassi tanto da cascare letteralmente ai piedi.- rise lui, prendendomi in giro.
-Sono sulle tue ginocchia, cretino.- ringhiai. Mi alzai, con scatti quasi meccanici, causati soprattutto dall’imbarazzo.
-Non stavi comoda?- chiese il ragazzo con scherno, mentre masticava, con un rivolo di latte che gli colava da un lato della bocca.
-Stai sbavando.- gli annunciai, con un punta di cattiveria. Lui si pulì frettolosamente con una manica della camicia bianca che indossava quella mattina.
-Comunque questa porcheria non mi va più.- rese noto il signorino, allontanando da se la ciotola, praticamente vuota. Meno male che non gli piacevano! La afferrai, facendo oscillare il cucchiaio dentro il recipiente e presi anche la mia tazza. Finalmente potei avvicinarmi al lavello e pulii le stoviglie. Quando ebbi finito mi girai e schizzai l’acqua che avevo sulle mani in faccia ad Adrien che soffiò quasi con un gatto, facendomi ridere.

Fui svegliata da suono di qualcuno che scattava un fotografia. A dire il vero nemmeno mi ricordavo di aver preso sonno. L’ultima cosa che avevo in mente era un fotogramma, a proposito di alcuna tartarughe, di un documentario che stavo guardando con Adrien, mentre eravamo seduti sul divano. Per essermi assopita così dovevo essere proprio distrutta. Mi voltai verso il ragazzo accanto a me che teneva sollevato il suo telefono cellulare. Capii al volo.
-Cancellala immediatamente!-
-Questa la metto subito come sfondo.- rise invece lui, macchinando sullo schermo. Mi lanciai verso Adrien, per afferrare il suo telefono. Lui se lo passò sulla mano più lontana da me, sventolandolo come una bandiera, tenendomi lontana con l’altro braccio, facendo tintinnare la catenina delle manette e ridendo a più non posso. All’improvviso il cellulare prese a vibrare. Il nome di Alya comparve sullo schermo. Smettemmo immediatamente di lottare e lui premette velocemente l’icona verde per rispondere, poi mise in vivavoce. La voce, leggermente storpiata della mia amica, uscì squillante dall’apparecchio.
-Ehilà, come va la vita da reclusi?- domandò.
-Adrien, mi ha fatto una foto mentre dormivo e non vuole cancellarla.- mi lagnai.
-Gne gne gne.- mi fece il verso lui.
-E poi mi ha fatto quasi rompere la mia tazza preferita.- lo accusai di nuovo.
-Non quella con i panda!- volle informarsi lei.
-Proprio quella.- annuii gravemente, sapendo, però, che lei non poteva vedermi.
-Sì, lo so sono un essere ignobile.- si intromise lui.
-Hai qualcosa di interessante da dire o hai chiamato perché Nino non è lì con te a tenerti “compagnia” e ti stai annoiando?- continuò poi.
-In verità, ho qualche notizia sulla ricerca delle chiavi.- disse. Mi feci subito attenta, come dopotutto il biondino accanto a me.
-Dicci tutto.-esclammo in coro, solo per poi guardarci male a vicenda.
-Non sono buone novità però…- Oh no!
-Le mie sorelline hanno barattato la chiave per qualche figurina del loro album con un’altra bambina.-
-Chi è la ragazzina?- chiese Adrien.
-Non lo so. Non la conoscono. È di una classe diversa e in più è di un anno avanti.- concluse lei.
-Quindi siamo punto a capo.- sospirai, appoggiando il mento al palmo della mano destra, il gomito mi premeva sulla coscia. Avrei voluto strapparmi i capelli dall’esasperazione. Speravo che, se era possibile in una condizione come la nostra, mi colpisse la sindrome di Stoccolma. Almeno avrei vissuto meglio quella situazione.
-Mi spiace ragazzi.-
-Come facciamo ad uscire da questa stato?- chiese Adrien.
-Il proprietario della casa ha detto che mi chiamerà se trova la chiave persa nella sua cucina, io intanto cerco di capire chi è questa bambina, per farmi avere indietro la chiave, anche solo per farne un duplicato.- ci informò.
-Grazie per aver chiamato.- le dissi, nonostante le nuove non fossero per nulla promettenti.
-Se dovevi darci queste informazioni, potevi risparmiartelo.- si inserì Adrien. Non lo pensava veramente, ma doveva darsi un tono.
-Va bene. Ragazzi vi saluto. Cercate di non uccidervi.- e chiuse la chiamata. Mi appoggiai allo schienale sul divano, lanciando un rapido sguardo alla televisione. Stavano passando una pubblicità su una crema snellente.
-Ah, ecco fatto!- esultò il ragazzo. Mi voltai verso di lui, solo per vedere una foto di me addormentata come sfondo del suo telefono. Scossi la testa sconfitta.

-Ahio, smettila di tirare così!- mi lamentai.
-Scusa se non ho preso lezioni per fare i codini o non ho avuto bambole sulle quale allenarmi.- rispose lui piccato. Lo avevo costretto a legarmi i capelli, con la minaccia di tagliarli i viveri se non lo avesse fatto. La verità era che non ne potevo più ad avere i capelli sciolti. Non sapevo davvero come facessero le altre ragazze a girarci. Mi tirò l’ennesima ciocca.
-Sei davvero manesco.- borbottai.
-Dupein-Cheng in genere io li sciolgo i capelli delle ragazze. Come tante altre cose… non so se mi spiego.- Vidi il suo sorriso pieno di sottointesi dallo specchio del mio bagno. Alzai gli occhi al cielo.
-Ti spieghi benissimo, tranquillo.- gli dissi.
-Finito!- esclamò subito dopo. Osservai il suo operato. I codini erano un po’ asimmetrici (uno era più in alto dell’altro), ma pazienza.  Mi alzai dallo sgabello sulla quale ero seduta e mi stirai.
-Bene, andiamo a letto ora. Sono davvero stanca.-
-Io non sono poi così distrutto.- nonostante ciò, mi seguì docile. Nel frattempo io gli stavo facendo una muta promessa. Un solo calcio da parte sua durante la notte e avrebbe visto le stelle. E non parlavo di quelle nel cielo.

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Capitolo 6
*** Capitolo sei ***


Capitolo sei:
-Uno!- gridai sventolando la carta in aria.
-Dupein-Cheng, ti sento non c’è bisogno che gridi.- mi rispose Adrien, stizzito del fatto che stessi per vincere l’ennesima partita. Erano passate ormai due settimane da quando eravamo ammanettati e della chiave nemmeno l’ombra. A dire la verità, però, non ce la stavamo passando affatto male. Adrien aveva smesso di fare l’arrogante e l’antipatico per qualche ora al giorno e collaborava di più. Soprattutto durante le nostre capatine all’alimentari qui di fronte. Adrein mise giù un tre giallo. Senza nascondere il sorriso buttai la mia ultima carta: un sei giallo.
-Ho vinto.- annunciai. Lui mi mandò un’occhiataccia.
-Ho visto.-
-Siamo sette ad due. Facciamo a chi arriva prima ad otto?- lo provocai. Con un grugnito che poteva significare qualsiasi cosa, prese le carte e si mise a mescolarle.
-Allora vuoi proprio perdere.- ghignai. Distribuì il mazzo e riprendemmo a giocare. Ovviamente vinsi io e venni festeggiata persino da Tikki con un sonora strusciata alle mie gambe e un melodioso miagolio.

Quel pomeriggio stavamo oziando sul divano. Adrien faceva zapping interrompendo tutte le frasi sui diversi canali e ne imitava il suono che facevano quando li cambiava (zip, zap, ptiuu) e sembrava più di trovarsi in mezzo ad un guerra tra astronavi che in un salotto di una casa a Parigi.
-Prima che tu faccia saltare la mia TV, mi spieghi cosa stai cercando?- domandai.
-Qualcosa di interessante.- mi rispose. Con un sospiro, mi rimisi a leggere il mio Focus che stavo sfogliando da qualche ora.
-Tu te la ricordi la prima volta che ci siamo visti?- mi chiese di punto in bianco Adrien.
-Sì, ha decapitato il mio pupazzo.- risposi senza nemmeno alzare gli occhi dal giornaletto sulla mie gambe.
-Quella specie di papera?-
-Era un pecora! Nemmeno ti ricordi le tue vittime, assassino.- sorrisi, senza un perché e nascosi subito il viso dietro le pagine del giornalino, sollevandolo e facendo tintinnare la catenella.
-Ah già!- disse poi illuminandosi.
-Eravamo al parco e ci sono passato sopra con la bicicletta.-
-Sei stato davvero crudele.- gli rinfacciai.
-Non è colpa mia se lo avevi lasciato in mezzo al sentierino su cui passavano anche le biciclette.-
-Era sul bordo!-
-Sì e io avevo cinque anni e non sapevo ancora andare bene in bicicletta.- Rimanemmo in silenzio per un altro po’.
-Avevi davvero un bel vestito.- disse di nuovo dal nulla.
-Non mi ricordo.- dichiarai, mentre cercavo di girare pagina. Erano davvero incollate!
-Io sì. Era tutto rosso a pois neri. Sembravi un coccinella gigante.- rise leggermente, guardandomi con aspettativa, come se volesse inviarmi il suo ricordo telepaticamente. In effetti mi ricordavo di quel vestito. Era uno dei miei preferiti, solo che poi Tikki ci si fece le unghie sopra, stracciandolo tutto e dovemmo buttarlo. Piansi per un numero indefinito di giorni.
-Mmhh, può darsi.- non volevo dargli ragione, anche se per una volta era così.
-Io invece mi ricordo di te ad un carnevale quando avevamo sette anni.- dissi poi.
-Ti inseguivo per ricoprirti di stelle filanti.- rise lui.
-Sì ed eri anche vestito e truccato da adorabile gattino nero.- sogghignai malignamente. Sapevo che non gli piaceva essere ricordato nelle vesti di un adorabile micino.
-Mia madre mi aveva obbligato.- disse evitando il mio sguardo. Ah, ora non rideva più!
-Eri davvero carino!- rincarai la dose.
-Dici che si gratto l’orecchio fai le fusa?-mi allungai ridendo per fargli i grattini tra i capelli.
-Ma smettila, Dupien-Cheng!- ridacchiò anche lui, afferrandomi il polso prima potessi sfiorargli anche una sola ciocca bionda. Rimanemmo immobili un attimo, guardandoci negli occhi per qualche secondo, anche se a me sembrò qualche ora. Che begli occhi che aveva. Di un verde così profondo con qualche pagliuzza dorata. D’istinto trattenni il respiro. Né io né lui proferimmo alcuna parola. Il tempo sembrava essersi fermato. Pensai che forse avrei potuto baciarlo, dopotutto nei film succedeva questo no? Giusto per curiosità. Giusto per sentire quanto erano morbide quelle labbra che tante avevano già testato. Il suono di un clacson ci risvegliò da quello strano incantesimo che ci aveva pervaso, facendoci sobbalzare.  Mi allontani in fretta, come se improvvisamente con la sua vicinanza avrebbe potuto trasmettermi la peste. Rossa in viso ripresi il mio Focus e non rialzai gli occhi per una buona mezz’ora e anche quanto lo feci, Adrein fissava affascinato alcune televendite. Qualsiasi cosa fosse stata era passata e sperai non tornasse più. Non volevo di certo finire nel circolo vizioso in cui era entrata Chloè.

Con il procedere della giornata il caldo aveva scemato e ora, alle sette di sera, c’era la temperatura che preferivo in assoluto. Un caldo moderato, con una leggera brezza calda che portava il profumo dell’estate con sé. Avevamo cenato presto. Adrien aveva insistito per fare i croque monsieur e, nonostante gli avessi spiegato che ci volevano solo una quindicina di minuti, lui si era impuntato per cominciare a cucinare alle sei e mezza. Quindi, ci eravamo ritrovati a mangiare come le galline. Dopo cena, tra le due opzioni, cioè giocare ad Uno e guardare un po’ di TV, Adrein scelse la seconda. Che vigliacco! Avevo capito benissimo che aveva paura di perdere di  uovo contro di me. Miracolosamente diede a me il monopolio del telecomando e lo costrinsi, di conseguenza a guardare un film della Disney con me. Avevo infatti scovato, su uno dei tanti canali , Frozen, iniziato da circa cinque minuti. Lui si mostrò scocciato per i primi minuti, ma poi si fece prendere, che lo ammettesse in seguito o meno. Sono sicura che mai avrebbe mai confessato di aver cantato Let it Go con me, saltando intorno al divano e facendo le mosse che faceva Elsa con le mani. E mai avrebbe rivelato di ridere alle squallide battute che il film proponeva. Ma lo fece. Fece tutte queste cose. E non so perché, ma tutto ciò mi fece battere il cuore in un maniera che mai avevo provato. Quella sera, a letto, pensai che forse essere ammanettata al mio peggiore nemico non era stata un cosa così brutta se alla fine potevamo divertirci così. Mi voltai verso di lui, già tra le braccia di Morfeo, e lo fissai con un sorriso. Poi chiusi gli occhi e mi lasciai portare via dal sonno anche io.

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Capitolo 7
*** Capitolo sette ***


Capitolo sette:
Con il compimento delle tre settimane potevo dire con sicurezza che la situazione della mia psiche stava davvero degenerando. Non so davvero se fosse dovuto ad una particolare sindrome di Stoccolma o robe simili, ma ero certa di non poter continuare così a lungo. Mi sorprendevo fin troppo spesso a guardarlo o a sorridere come un ebete quando diceva qualcosa di profondamente stupido, cosa non troppo rara a dire la verità. A volte credo davvero Adrein abbia solo due neuroni e ne usi uno solo. A metà.  Comunque dopo quello strano incantesimo di qualche giorno fa non mi ero più ripresa e credo nemmeno Adrien perché era sempre con testa tra le nuvole e cercava di collaborare in tutti i modi. Ma forse era solo la mia immaginazione.

Quel lunedì pomeriggio suonarono insistentemente al campanello della pasticceria. Io e Adrien ci pietrificammo.
-Non eravate chiusi?- mi sussurrò lui in un orecchio. Un piacevole brivido mi attraversò la schiena, del tutto fuori luogo in un momento come quello.
-Infatti.- mormorai di rimando. –È affisso anche un cartello fuori dalla porta.-
-Lasciamoli suonare. Andranno via quando capiranno di essere stati tremendamente stupidi.- dichiarò lui, lanciandosi sul divano e trascinando, di conseguenza, anche a me. Dopo nemmeno un minuto, mentre il campanello continuava a suonare, cominciò a squillare il mio telefono. Mi allungai per afferrarlo, dato che si trovava sul un tavolino poco distante dal divano. Sullo schermo lampeggiava il nome di Alya. Risposi veloce.
-Pronto?-
-Marinette dove siete?- chiese lei senza nemmeno salutare.
-Ciao anche a te.- ribattei ridacchiando. –Comunque siamo a casa. C’è qualcuno che sta suonando il campanello da tipo mezz’ora e non se ne va.-
-Sono io scema! Io e Nino siamo venuti a trovarvi. Aprici.- e chiuse la chiamata.  Fissai il telefono interdetta, poi scoppiai a ridere fragorosamente. Adrein mi guardò allarmato come se fossi ammattita di colpo.
-Vuoi farti sentire?- mi chiese con un sibilo.
-Sono Alya e Nino!- ribattei tirandomi in piedi, smuovendo solo il suo braccio.
-Alya e Nino?- chiese visibilmente confuso.
-Sì, forza, vieni. Non possiamo lasciarli fuori con questo caldo.-
-Non eri così clemente, quando pensavi fosse uno sconosciuto, quello che suonava.- borbottò alzandosi.  Lo trascinai letteralmente giù per le scale e aprii la porta della pasticceria. Una pesante afa mi investì mentre la luce del sole mi accecò per qualche secondo. Non è facile vivere da reclusi. Mi sembrava di essere stata in una grotta fino a quel momento. La mia migliore amica e il suo fidanzato si fiondarono dentro. Lei indossava una leggera canottiera gialla che faceva risultare ancora di più la sua carnagione ambrata e degli shorts bianchi. Nino invece una T-shirt bianca molto semplice e un po’ sgualcita, con dei pantaloncini color cachi fino al ginocchio. Solo allora mi accorsi che la mia amica aveva in mano un vassoio di dolcetti. Lei intercettò il mio sguardo.
-Ho pensato di portarvi qualcosa di sfizioso. Non saranno mai buoni quanto quelli che fa la tua famiglia, ma sono commestibili.- mi guardò con un sorrisetto malizioso.
-Grandioso! Dolcetti!- Adrien sembrava davvero al settimo cielo.
-Forza, andiamo di sopra, così possiamo mangiarli.-dissi, facendo da perfetta padrona di casa. Ci sistemammo in cucina intorno al piccolo tavolo e Alya scartò il pacchetto rivelando una serie di pasticcini di mille colori. La mia migliore amica perse un bel bignè al cioccolato e se lo infilò in bocca. Io feci per prendere un  pasticcino con la crema con della frutta sopra e per poco non mi cascò per terra all’affermazione di Alya.
-Quindi tu e Adrien andate a letto insieme?- spalancai la bocca e il ragazzo accanto a me, che si stava dondolando su una sedia, per poco non si ribaltò del tutto.
-Cosa… come?- balbettai.
-Due giorni fa ho visto Chloè al parco, era parecchio sconvolta. Ha detto che Adrien preferiva andare a letto con “la squallida Marinette” che con lei.- fulminai il diretto interessato con un’occhiataccia, della serie: “vedi cosa succede a dire le cose campate in aria?”.
-Non crederai a quell’oca di Chloè!-  dichiarai fingendomi scandalizzata, per celare il profondo imbarazzo nel quale stavo sprofondando.
-Non si sa mai. La fama di Adrien è piuttosto conosciuta e siete da soli da varie settimane. Dovrete pur divertirvi in qualche modo.- altro sguardo malizioso.
-Oh lei si diverte molto a battermi ad “Uno”.- saltò su il biondo.
-Te l’avevo detto che quella serpe si era inventata tutto.- le fece notare Nino.
-Piuttosto, passiamo alle cose importanti.- disse Adrien. –Avete la chiave?-
-Oh, non ancora.- rispose solare Alya. Non so perché, ma quella notizia rese il mio cuore più leggero.
-Vuoi farmi credere che sei venuta qui solo per sfamare la tua fame da gossip?- domandò il ragazzo, spiazzato.
-Ovvio.- rise lei. Lui fece per parlare di nuovo, ma Alya lo precedette.
-Zitto e mangia.- e così dicendo gli lanciò un bignè alla crema dritto in bocca. Scoppiammo a ridere.

-Dupein-Cheng, non hai per caso un altro di quei film della Disney da farmi a vedere?- Lo fissai da sopra una spalla mentre tentavo asciugare un bicchiere con una mano sola.
-Lo stai dicendo perché vorresti evitare una cosa del genere o perché lo vuoi vedere davvero?- domandai io.
-Entrambi.- rispose lui. Gli sorrisi e lo esortai a seguirmi fino in camera mia e orgogliosa gli mostrai il mio porta dischi verticale, stracolmo di film della Disney e non solo. Lui fissò la mia collezione con fare assorto, con tanto di mano sotto il mento.
-Sembri pazza con tutta questa roba. Dovrebbero internarti.- mi disse, con un sorriso ironico e obliquo sul viso. Gli diedi una spinta giocosa.
-Ma smettila!-
-No davvero! Hai presente gli psicopatici che non perdono nemmeno un libro del loro scrittore preferito? Ecco tu sei così, ma per i cartoni animati.- mi prese in giro di nuovo.
-Cosa consiglia l’esperta?-domandò poi. Sfilai una custodia sul suo posto e gli mostrai la copertina, sorridente.
-Rapunzel?- lesse lui poco convinto.
-Se ti è piaciuto Frozen ti piacerà anche questo.- dichiarai sicura. Tornammo indietro e ci sedemmo sul divano a guardare il film. Fu magico, come era accaduto con Frozen. Verso la fine, un attimo prima dei titoli di coda, al bacio tra i due protagonisti, sorpresi Adrein guardarmi e senza sapere bene come reagire gli sorrisi. Lui girò la testa e la scosse leggermente. Non riuscii a sentirlo nitidamente a causa della canzone dei titoli di coda che partì a tutto volume, ma mi pare disse qualcosa come: “cosa mi hai fatto Dupein-Cheng?”, ma di sicuro capii male.

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Capitolo 8
*** Capitolo otto ***


Capitolo otto:
Era pomeriggio inoltrato, io ed Adrien stavamo giocando a battaglia navale e stava vincendo lui in maniera inesorabile. La mia potente flotta aveva praticamente fatto la fine dell’invincibile armada spagnola, colando a picco come un colabrodo nella vasca da bagno. Era l’ultima partita poi ci saremmo organizzati per la cena. Adrien mi guardò spietatamente.
-D8.- ghignò. Sbuffai.
-Affondata…- borbottai poi. Rimaneva a galla solo l’ultima barchetta, poco più grande di un zattera di salvataggio. Tra l’altro non ero nemmeno sicura che stesse giocando pulito.
-A…9?- buttai lì, speranzosa.
-Mancato.- si gongolò lui. Gli feci una smorfia. Tikki miagolò e si strisciò contro le mie gambe, probabilmente per elemosinare cibo o carezze, ma io lo presi come un piccolo incitamento personale.
-F10.- disse lui.
-Colpita e affondata.- mi accasciai allo schienale della mia sedia, allungando ancora di più il braccio posato sul tavolo che collegava me e Adrien con la famosa manetta.
-Ho vinto io.- esultò alzando entrambe le mani (e il mio braccio) e fingendo di congratularsi con un popolo immaginario. Alzai gli occhi al cielo con un mezzo sorriso. Alla fine era una scena davvero demenziale.
-Forza.- lo riscossi, tirando la catenella. –Dobbiamo cucinare.- Ci alzammo, ma prima che potessimo muovere un passo il suo telefono squillò. Il nome di Alya comparve sullo schermo. Ci fissammo curiosi prima di rispondere. In fondo era passata solo ieri, possibile avesse qualche novità dopo solo ventiquattro ore? Il cuore prese a battere forte e non so se fosse per la voglia di avere indietro il mio braccio o per il fatto che quella notizia avrebbe posto fine a quella convivenza non più così forzata e orribile.
-Pronto?- rispose Adrien, mettendo in vivavoce.
-Ho una buona notizia!- esplose Alya.
-Sarebbe?- chiese il ragazzo, ma entrambi sospettavamo quale fosse.
-Ho la chiave! Il proprietario l’ha trovata e domani me la ridarà. Sarete liberi!- Sentii il cuore precipitare in un piccolo buco nero.
-È… è fantastico.- balbettai.
-Già!- Adrien sembrava su di giri per la felicità e questo strizzò il mio cuore già dolorante.
-Domani mattina, appena ce l’ho, vengo subito a togliervi le manette.- la sua voce era davvero squillante.
-Va bene.- Adrien sorrideva e annuiva contento. Non lo avevo mai visto così felice per tutto il periodo in cui eravamo stati insieme, nemmeno quando mi tormentava. Mi rivolse uno sguardo raggiante e io tirai fuori un sorriso luminoso che mi attaccai alla faccia per tutto il tempo della chiamata. Ma più falso di quello esistevano solo le banconote del Monopoli.

Dopo cena Adrien aveva deciso che per festeggiare avrebbe saccheggiato la riserva di liquori dei miei e aveva trasportato tutto in camera mia. La sua voglia celebrare il ritrovamento delle chiavi aveva coinvolto un po’ anche me. Così, alla fine, avevamo cominciato a versarci liquori di ogni tipo seduti sul mio tappeto. Avevamo iniziato con il vino, poi era stata la volta della vodka, successivamente della grappa e del brandy. Ovviamente la situazione ci stava sfuggendo di mano. Io bevevo per la nostra ultima serata insieme, lui per la tanto agognata libertà. Fummo ubriachi prima ancora di rendercene conto. La mia testa sembrava piena di pensieri, ma nessuno prendeva forma. Solo di una cosa ero sicura, una cosa che da sobria non avrei nemmeno fatto passare per l’anticamera del cervello. Volevo baciarlo. Tanto la scuola stava per finire, non ci saremmo più visti tranne per qualche sporadico incontro nei corridoi e per lui sarei stata una delle tante. Una in più da mettere nella sua lista. Una in meno a cui puntare, se mai avesse voluto farlo. Una delle innumerevoli ragazze cadute ai suoi piedi. L’ennesima. Cosa me ne importava quindi? Mi spostai una ciocca di capelli sfuggiti dai precari codini fatti da Adrien e lo fissai negli occhi. Un mix di smeraldi e diverse tonalità d’oro. Sì, ne ero convinta. Lo avrei baciato. Sentii i suoi occhi piantarsi nei miei e mi parve mi stesse leggendo nell’anima. Rabbrividii. Poi raccolsi quella quantità immensa di coraggio che l’alcol mi stava dando. Mi sporsi verso di lui con uno slancio del tutto privo di grazia. In pratica gli caddi addosso. Se pensavo ad un suo rifiuto seguito da una risatina sprezzante dovetti ricredermi. Adrien mi sostenne, portò una sua mano dietro la mia nuca e approfondì il contatto. Mi parve di essere percorsa da una serie di scariche elettriche. Le sue labbra erano morbide e calde. Perfette da baciare. Con il passare dei secondi le mani di entrambi si fecero sempre meno timide. Ci esplorammo a vicenda finché Adrien non mi sollevò di peso, senza smettere di baciarmi. Mi posò delicatamente sul letto. All'improvviso mi trovavo stesa sotto di lui. I suoi baci mi accarezzavano l’anima, le sue mani il corpo. Era così bello che mi venne da piangere. Non avevo mai provato tante emozioni così intense tutte insieme. Desideravo non smettesse mai. Eppure improvvisamente le sue mani si staccarono dal mio corpo, violentemente, e fu come se qualcuno si fosse portato via la coperta più calda e morbida del mondo durante una notte gelida, lasciandomi in balia del freddo. Aprii gli occhi che avevo precedentemente chiuso, sopraffatta da quelle bellissime sensazioni, incurante delle lacrime che continuavano a scendere senza freni. Osservai Adrein. Mi guardava spaventato, quasi disgustato. Lentamente la gola si chiuse e il respirò mancò. Il ragazzo si allontanò frettolosamente.
-Io… io…- balbettò solo, confuso. Mi osservò ancora per qualche secondo, poi si sdraiò al mio fianco, dandomi le spalle.
-Adrien…?- chiamai senza capire, voltandomi verso di lui. Cosa era successo? Ero davvero così orribile? Così brutta di non meritare nemmeno una chance? Nemmeno da ubriachi?
-Buonanotte.- mi rispose lui.
-Cosa?- mi uscii in un sussurro ferito. La testa turbinava, le lacrime assalivano feroci i miei occhi e queste facevano male, come il sale sulle ferite.
-Ho detto buonanotte.- fu la sua lapidaria risposta. Mi stesi di schiena e mi morsi il labbro inferiore. Ma cosa mi era venuto in mente? In cosa avevo sperato fino a due secondi fa? Adrien non mi aveva mai voluto. Non era certo uno che si faceva pregare per andare a letto con qualcuna. Se ne avesse avuto l’intenzione me lo avrebbe fatto intendere con pochi sotterfugi. Mi sistemai la maglietta sollevata dall’ultima esplorazione compiuta dal ragazzo ormai addormentato accanto a me. E finalmente le lacrime ruppero gli argini. Avrei voluto urlare, prendere a pugni il cuscino. Invece rimasi lì, fissare il mio soffitto: le labbra prigioniere dei miei denti, le lacrime che si aprivano sentieri umidi lungo le mie guance. Pensavo che se mai mi fosse capitato di dover gestire un rifiuto avrei superato la situazione senza intoppi, ma quegli occhi, quell’ultimo sguardo che Adrien mi aveva rivolto mi avevano ferito in un modo indescrivibile. Ma alla fine era stata solo colpa mia. Una mia stupida fantasia e basta.


 

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Capitolo 9
*** Capitolo nove ***


Capitolo nove:
La mattina dopo, in silenzio, aspettavamo Alya. Ci aveva svegliato con una chiamata elettrizzata dicendoci che stava arrivando e quindi ci eravamo diretti di sotto. Avevo gli occhi gonfi e rossi a causa della notte insonne e piena di lacrime che Adrien mi aveva fatto passare. Ogni due secondi ero dietro a stropicciarli. La giornata era serena e dalle finestre della pasticceria entrava un bel sole caldo, ma nonostante giornate come quelle mi mettessero sempre di buon umore quel giorno ero tetra come la notte più scura. Alya entrò raggiante dato che avevo aperto la porta, in modo che non fosse più chiusa a chiave e io cercai di imitare il suo sorriso in modo tale da non insospettirla. Non volevo che mi facesse domande, non garantivo di trattenere le lacrime e non volevo piangere davanti a lei e avevo paura che Adrien mi prendesse in giro e quello avrebbe fatto solo più male di quanto ne provavo ora.
-Ehilà ragazzi!- esclamò, mostrandoci la chiave argentata che brillava al sole.
-Avanti facciamola finita.- disse seccamente Adrien porgendole la mano e trascinando me al suo fianco. Barcollai un poco. Mi sentivo intontita e mi pareva che il cervello fosse pieno di ovatta. Tutta colpa del pianto di quella notte e forse stavo subendo anche un po’ di postumi. Lo sbirciai per vedere se almeno nel momento della nostra liberazione mi rivolgeva uno sguardo, un sorriso, ne andava bene anche uno sbilenco o cattivo. Qualsiasi cosa purché mi degnasse di attenzione dato quella mattina per lui ero inesistente, un fantoccio di carne da trascinarsi dietro per forza. Alya inserì la chiave e si sentì un sonoro “click” e le manette si aprirono, liberandoci. Adrein rise e sollevò entrambe le braccia come se fosse un miracolo poterle muovere entrambe senza impedimenti di qualsiasi genere.
-Bene, ci vediamo Cèsaire.- e così dicendo, senza guardarmi né salutarmi uscì e fu come se quel gesto simboleggiasse di più. Stava uscendo completamente dalla mia vita. Il mio cuore tremò e si restrinse, facendomi male. Deglutii a fatica. Dovevo respirare. Ricacciai le lacrime indietro e mi volsi verso Alya che mi stava parlando. Non avevo sentito una sola parola.
-Quindi?- mi chiese infine.
-Scusa puoi ripetere.- chiesi in imbarazzo per non averla ascoltata.
-Sei sempre la solita Marinette, ti distrai con niente.- ridacchiò. Io la imitai falsamente e notai una leggera incrinatura isterica nella voce.
-Ti stavo dicendo di andare a prendere le tue cose, che andiamo a casa mia come da programma.-
-Ah… io…- non avevo voglia di andare da Alya in questo momento.
-Magari ti raggiungo più tardi. Volevo mettere un po’ a posto e assaporare la mia libertà.- mentii. La voce si incrinò pericolosamente.
“Resisti ancora un po’ Marinette!” mi rimproverai.
-Okay.- Alya mi guardava non del tutto convinta. La salutai con la mano dopo averla accompagnata fino alla porta e una volta che la chiusi mi ci addossai e strinsi gli occhi. Provai a fare dei respiri profondi, ma uscirono spezzati. Le lacrime cominciarono a scendere per l’ennesima volta, anche se pensavo di averle finite tutte durante la notte. Che stupida che ero. Piangere per una situazione nella quale non solo mi ero cacciata da sola, ma avevo anche favolisticamente colorato. Mi sentii scivolare per terra tra i singhiozzi. Avevo pensato che Adrien fosse cambiato, anzi no. Avevo pensato di averlo cambiato. In verità sotto quella facciata gentile che aveva issato era rimasto il solito egoista. Raccolsi le gambe al petto e le abbracciai, mentre posavo la testa sulle ginocchia continuando a piangere. Pensavo di essere superiore a tutte quelle ragazze che si struggevano per lui. Avevo passato anni ad alzare gli occhi al cielo alle sue stupide battutine, ai suoi mezzi sorrisi ed era bastato passare qualche settimana con lui per cadere ai suoi piedi come una rosa recisa. Avevo peccato di superbia. Avevo tanto schernito Chloè per essere caduta in quel circolo vizioso che tanto la rendeva cieca che non mi ero accorta di esserci caduta io stessa e non avevo la più pallida idea di come uscirne. Ma di una cosa ero assolutamente certa: non avrei mai più permesso ad Adrien Agreste di prendere il mio cuore e calpestarlo senza ritegno. Non gli avrei più permesso di prendermi in giro.

Quando raggiunsi la casa di Alya ero certa di avere un aspetto terribile, ma non ero affatto sicura di aver finito le lacrime. Speravo solo che la mia migliore amica non dicesse determinate parole in un certo ordine, del tipo: “Come è andata con Adrien la vostra ultima sera?”. Perciò per tutto il tempo, quando mi sembrava si stesse per toccare un tasto sensibile, dirottavo la conversazione su un altro argomento o fingevo di aver sentito le sue sorelle chiamarmi. Pensavo di essere stata un’attrice perfetta per tutto il pomeriggio, finché dopo cena Alya mi inchiodò a vedere un film con lei anche se io volevo solo andare a dormire. A metà di quell’assurda commedia romantica trita e ritrita che di certo non era un toccasana per il mio cuoricino sanguinante, la mia migliore amica mi sorprese.
-Allora mi dici che ti succede?-
-Non capisco cosa intendi.- risposi fingendo di non capire.
-Oh avanti Marinette. Hai una faccia pesta e stiamo evitando l’argomento Adrein come la peste. Posso sapere cosa succede alla mia migliore amica?- mi guardò con tenerezza e mi prese una mano. Mi morsi il labbro inferiore che aveva preso a tremare. Sullo schermo la povera protagonista era appena stata schizzata da un taxi con l’acqua di una pozzanghera. Non volevo raccontare ad Alya cosa mi era successo. Non volevo dirlo a nessuno. Forse solo Tikki era degna di quel segreto, per lo meno non poteva raccontarlo a nessuno nemmeno se avesse voluto. Buttai lì la prima bugia che mi venne in mente.
-Sono solo in pensiero per mia nonna.- non era vero. Avevo ricevuto dei messaggi dai miei genitori che mi avevano detto che non era nulla di grave e che sarebbe stata dimessa presto.
-Ma non avevi detto che era tutto a posto?- mi chiese lei con gentilezza comunque.
-Sì, ma sai come sono fatta. Mi è presa un po’ d’ansia e ho avuto difficoltà a dormire.-
-Quindi Adrien non c’entra?- mi guardò attenta a notare il minimo cambiamento nel viso.
-Non lui non centra.- lo dissi quasi ringhiando e stringendo a pugno la mano libera.
-Capisco. Eppure stamattina mi sembrava strano. Come se fosse arrabbiato con te…-
“Lui arrabbiato?! Dovrei esserlo io!” pensai innervosita.
-No, ti sarai di sicuro sbagliata.- le dissi con un piccolo sorriso.
-Sarà…- rispose, stringendosi nelle spalle. Rimase zitta per un po’ guardando la televisione e cercando di riprendere il filo del film.
-Quindi tra voi non c’è nulla?-  chiese. Mi uscii un piccola risata. Come aveva potuto pensarlo?
-No, assolutamente.-
-Meglio. Perché l’ho visto al parco con Chloè che ci dava parecchio dentro.- mi pietrificai. Lei non se ne accorse.
-Sembrava non toccasse una donna da millenni a giudicare da come la stringeva e la baciava. Volevo quasi gridargli di prendersi una camera.- rise mentre si ficcava una manciata di pop corn in bocca, presi dalla bacinella arancione davanti a noi. E così con me non voleva niente a che fare, ma con quell’arpia bionda ci dava dentro? Bene. Che andasse pure con tutto il corpo femminile della scuola. A me non mi interessava più nulla. Per me Adrien Agreste era morto e sepolto. O almeno avrei voluto che fosse così. Magari in questo modo avrei smesso di stare così male al pensiero di quel demone biondo che baciava altre ragazze. Invece avevo solo voglia di piangere e prenderlo a calci. Mi concentrai sullo schermo della TV. Cancellato.
Avrei cancellato Adrien dalla mia vita. In un modo o nell’altro.

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Capitolo 10
*** Capitolo dieci ***


Capitolo dieci:
I giorni erano passati e con loro le settimane. Nessuna notizia da Adrien. Non una chiamata, non un fiato. Sapevo dei suoi spostamenti solo perché Nino ed Alya, del tutto ignari del mio tormento interiore, non facevano che parlarmi di lui. Sapevo che era uscito con una decina di ragazze diverse nelle ultime due settimane, tra le quali spiccava l’insostituibile Chloè. Ero alquanto provata da quella insofferenza nei miei confronti. Pensavo che almeno un minimo si fosse avvicinato, ma a quanto pareva prediligeva le ragazze bionde e civettuole a quelle more e modestamente simpatiche. Nonostante l’odio nei confronti di Adrien non riuscivo a destare Chloè più di tanto. Mi rendevo conto di essere più simile a lei di quanto avessi mai pensato. Con la differenza che lei, con l’uomo dei sogni, una relazione, per quanto malata e tossica, l’aveva.

Una mattina cercando di essere solare e felice, mentre mangiavo a casa da Alya una eccellente colazione fatta da lei il mio telefono cominciò a vibrare. Pensando fossero i miei risposi senza nemmeno leggere il nome sullo schermo.
-Mamma mia Dupuein-Cheng, più veloce della luce!- per poco non mi strozzai, con l’ultimo boccone che avevo in bocca. Adrien. Cosa voleva? E soprattutto: perché? Perché non mi lasciava in pace? Perché non voleva saperne di mollare la presa sul mio cuore già fatto a pezzetti? Incurante del fatto che non avessi proferito parola, continuò.
-Senti vuoi venire ad aprire? È da mezz’ora che suono al campanello della pasticceria.- aveva un tono di voce vivace. Certo che quel ragazzo era davvero bipolare. Inviando un sorriso ad Alya, che mi guardava confusa, mi chiusi nel suo bagno.
-Cosa vuoi?- gli chiesi in tono poco garbato, sedendomi sulla vasca da bagno.
-Ahia Dupein-Cheng, sento l’energia negativa che stai inviando.- poi sospirò.
-Mi apri per favore, si muore di caldo qui fuori. C’è il sole a picco…- si lamentò.
-Non sono a casa.- risposi dura.
-Come non sei a casa? E dove saresti di grazia?!- ora sembrava seccato. Ma certo! Io dovevo restare a casa mia come una brava ragazza, mentre lui se la spassava, poi appena si annoiava tornava a tormentarmi.
-Non sono affari tuoi.- replicai seccata.
-Avanti Dupein-Cheng, non fare la bambina! Dove sei?- cominciai ad innervosirmi, non volevo vederlo. Perciò gli dissi la prima bugia che mi venne in mente.
-Sono a casa di Luka Couffaine.- silenzio dall’altra parte. Sorrisi con una punta di cattiveria. Lo avevo steso. Lui e Luka erano sempre stati in competizione. O meglio, Adrien lo vedeva come un potenziale rivale, ma Luka era semplicemente un ragazzo carino e per niente dongiovanni, amante della musica e della poesia. In pratica il suo opposto.
-Bene.- voce dura, quasi un ringhio. Mi sembrò di sentirlo sussurrare un “ma che stupido…” e poi:
-Sai che c’è? Non so davvero perché sono corso fino a casa tua quando ho tutto il liceo ai miei piedi. Divertiti con l’artista incompreso, tanto ne ho di compagnia!- e così chiuse la chiamata. Rimasi a bocca aperta. Ovvio! Aveva calato la maschera. Uscii dal bagno e chiusi la porta rabbiosamente, facendola sbattere. Alya comparve in corridoio.
-Ehi calma, non sono indistruttibili quelle porte.- mi disse con un sorriso. Poi notò i miei occhi pieni di lacrime.
-Va tutto bene?- mi chiese preoccupata.
“Al diavolo!” pensai. E scoppiai a piangere.
-Oh Alya, lo odio così tanto.- singhiozzai, guardando il pavimento. Lei mi abbracciò, nonostante non capisse né di chi né di che cosa stessi parlando.

Alla fine le avevo raccontato tutto e fu come liberarsi di una piccola parte del peso che sentivo sul cuore. Alya aveva promesso di mantenere il segreto se Nino le avesse chiesto qualcosa e gli avrebbe propinato la stessa bugia che avevo detto ad Adrien. Quello che non avevamo calcolato era la testardaggine del soggetto in questione. Infatti quello stesso pomeriggio, mentre stavamo giocando ai videogame insieme in camera di Alya, qualcuno suonò alla porta.
-Vado a vedere chi è.- disse la mia amica e si avviò verso il salotto. La sentii parlare e capii senza dubbio chi era l’interlocutore.
-Adrien ti ho detto che non c’è!- sbraitò Alya. Poi mi accorsi di passi che si avvicinavano. Oh no! Mi guardai intorno per capire se c’era un posto abbastanza grande dove nascondermi, ma prima ancora che potessi muovermi, Adrien, piombò in camera di Alya. Ci fissammo mezzo secondo.
-Tu vuoi farmi impazzire?- domandò lui. Aprii la bocca per ribattere, ma lui mi fermò, mettendo una mano davanti a sé come un vigile urbano che controlla il traffico.
-No, fa parlare me.- disse serio come non mai. Prese un bel respiro. –Volevo chiederti scusa.-
-Scusa per cosa? Per aver buttato il cuore sotto un rullo compressore?- ero davvero inviperita.
-Eh? Cosa? No!- mi guardò come se fossi matta.
-Volevo chiederti scusa per l’altra notte.- notando Alya, piuttosto attenta alle sue spalle, chiuse la porta e ci si appoggiò.
-Non voglio che ti faccia un’idea sbagliata di come sono. È vero sono un po’ uno stronzo, ma…-
-Come sei modesto. Solo un po’…- borbottai interrompendolo.
-Ma…- continuò lui, scoccandomi un’occhiataccia. - … non vado a letto con le ragazze se anche loro non sono d’accordo.- fu il mio turno di fissarlo stranita. Di cosa stavamo parlando? Incurante della mia faccia perplessa, continuò.
-Perciò… ecco… quando ti ho visto piangere mi sono spaventato. Io non avevo capito che non volessi.- Mi parve di essere ripiombata al suolo dopo un volo a duemila metri d’altezza ad una velocità vertiginosa. Cosa? Io che non…?
-Ma io lo volevo.- dissi di slancio. Lui mi guardò sorpreso.
-È allora perché diamine piangevi?- domandò visibilmente confuso. Arrossii fino alla punta delle orecchie.
-Perché era tutto talmente bello che io… non sapevo bene… ecco… mi sono commossa.- dissi in un sussurro. Lui si portò una mano alla fronte.
-Oddio, ma tu vuoi veramente farmi ammattire?- poi emise una risatina.
-La ragazza alla quale penso da settimane, con il presentimento che mi odi, si era solo commossa.- rise di nuovo. Okay era ufficialmente uscito di senno. Poi scosse la testa.
-Stasera vedi di venire alla festa fatta da Nino, mi devi minimo un paio di birre dopo quello che mi hai fatto passare.- mi sorrise. Non ci stavo capendo molto, ma non potei fare a meno di sorridere di rimando e acconsentire.

Scoprii da Alya che sì, Nino aveva organizzato una festa e che no, lei non me lo aveva detto perché depressa come ero non voleva lasciarmi da sola, per evitare commettessi un suicidio. Comunque quella sera ero decisa ad uscire e porre un punto in quel casino che era diventata la mia vita. Volevo che Adrien si decidesse, che mi dicesse una volta per tutte cosa ero io per lui e perché mi aveva pensato per tutte quelle settimane se intanto era andato con altre ragazze. Perciò per quella sera presi un bel vestito rosso vino. Lo avevo con me perché lo avevo lasciato da Alya qualche mese prima dopo aver dormito da lei, reduci da una festa. Era lungo fino alle caviglie e leggermente svasato, senza spalline e con una bella spaccatura sulla schiena. Lo avevo fatto io e mi c’era voluto tanto di quel tempo che avevo temuto di impazzire. Alya mi fece una treccia che mi portai sulla spalla sinistra, un po’ stile Elsa di Frozen. Ai piedi misi dei semplici sandali alla schiva color camoscio, con un leggero tacco. La mia amica indossava un semplice tubino nero, con un paio di scarpe dello stesso colore dal tacco alto. Così vestita mi sentii un po’ meglio. Ero passabile. In macchina non ci vollero nemmeno cinque minuti per raggiungere la festa, già iniziata da mezz’ora. Nino aveva organizzato tutto a casa sua, per una breve vacanza dei suoi, che si erano portati dietro anche il fratellino. La musica, creata dallo stesso Nino, invadeva il salotto, la cucina e l’ingresso. Mi guardai intorno per trovare il motivo primo della mia presenza lì, ma non lo vidi. Per lo meno non subito, ma dopo essere stata spinta dalla folla nel centro del salotto, lo individuai appoggiato ad una libreria, mentre sorseggiava qualcosa da un bicchiere di plastica rosso. Indossava una camicia bianca e un paio di pantaloni neri. Mi avvicinai, scansando tutti i ragazzi raggruppati in quel piccolo spazio. Lui mi vide e mi sorrise.
-Sei arrivata Dupein-Cheng.- mi disse.
-Sono arrivata.- annuii. Rimanemmo un po’ in silenzio, poi lui cominciò.
-Non so davvero cosa tu mi abbia fatto.- mi confidò, osservando il suo bicchiere, probabilmente per capire quanto ancora avrebbe dovuto bere per dirmi quello che voleva rivelarmi.
-Non riesco a smettere di pensarti nemmeno un secondo.- feci un piccolo sospiro.
-È strano detto da uno che cambia ragazza ogni giorno.- lui mi fissò un attimo sorpreso, mentre mi appoggiavo alla libreria accanto a lui.
-Il fatto è proprio questo. Ho provato a non averti in testa… sono stato con un sacco di ragazze in queste settimane, ma nemmeno Chloè, che a letto non è niente male, non è riuscita a soddisfarmi. Pensavo a come sarebbe stato se tu fossi stata al loro posto.- si morse il labbro in maniera irresistibile. Mi sentii arrossire.
-Anche per questo non riuscivo ad accettare che fossi a casa di Luka.-
-Era una bugia…- dissi in un soffio.
-Quello l’ho capito solo più tardi.- rise. –Oggi mi ero finalmente deciso ad affrontare il discorso della nostra ultima notte e pensarti con un altro ragazzo mi aveva mandato in bestia.- cominciai a torturarmi le mani. Possibile che Adrien fosse geloso? Si mise davanti a me e con un gesto rapido, mi prese il mento, in modo che potessi guardarlo negli occhi.
-Dupein-Cheng, io non ho mai provato per un’altra ragazza quello che sto provando per te.- mi disse. Il mio cuore tremò e si gonfiò. Forse mi stavo facendo troppe aspettative, ma quelle parole mi avevano accarezzato direttamente nell’anima.
-Quello che voglio dire è credo di amarti.- in quel momento smisi di respirare. Cosa? Lo aveva detto sul serio? Sempre tenendomi verso l’alto il mento mi baciò. Fu un contatto soffice, che come un balsamo mi lenii tutte le ferite che avevo dentro. Piansi e lui rise, vedendo quelle piccole lacrime rotolare lungo le sue guance. Poi risi anche io.
-Ti amo Marinette.- dichiarò, prendendomi una mano e io gli sorrisi, felice, come non mi ero mai sentita prima. Mi portò in mezzo alla gente con l’intenzione di ballare. Io guardai le nostre mani intrecciate e capii che tutto sarebbe andato per il meglio. E se così non fosse stato lo avrei fatto andare per il meglio io.

 
*Angolo dell'autrice*
Salve!! Eccoci alla fine della storia, spero davvero vi sia piaciuta. Ringrazio innanzi tutto quelli che mi hanno recensito, convincendomi ad andare avanti in questa pazzia e poi anche i lettori silenziosi che comunque hanno degnato la mia storia di una particolare attenzione. Detto ciò saluto tutti e magari ci rivedremo, io con un'altra storia o in una vostra.
Baci,
Shora.

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