No Ordinary Crossover - Assassin's Creed & Sailor Moon

di Cecilia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Season 1 ***
Capitolo 2: *** Season 2 ***



Capitolo 1
*** Season 1 ***


Più di 2.000 anni fa, mentre la Terra vedeva gli albori della civiltà la Luna era già abitata e su di essa vi era un rigoglioso Impero centro legislativo, esecutivo e giudiziario delle Colonie del Sistema Solare formato da tutti i pianeti che fanno parte dello stesso. Tutti tranne la Terra troppo primitiva e ancora all'inizio del suo processo evolutivo per poterne far parte.

Selene, Principessa del Regno e le altre sue amiche nobili tra cui Athena, Ares, Nike e Aphrodite sviluppano delle capacità e un senso di responsabilità tale da essere insignite del ruolo di "Guerriere del Sistema" titolo posseduto precedentemente ad altre Guerriere prima di loro. Il compito a cui sono chiamate è non solo di far rispettare l'ordine e la giustizia in tutto il Sistema e impedire qualsiasi approccio con la Terra. Il divieto di aver a che fare con il pianeta è dovuto al suo basso livello evolutivo per cui le loro somme capacità sarebbero viste come "divine" deviando così il loro normale e giusto sviluppo.

Tuttavia un elemento invisibile agli occhi della società, Eris, causerà una distruzione tale da impedire alla Guerriere di avere un luogo da chiamare casa e di fatto costringendole a ritirarsi sull'unico Pianeta ospitale dell'intero Sistema: la Terra.

Svanito però il periodo dell'antichità in cui Dii e Dei facevano da padroni e in cui le ragazze avevano ritrovato una parvenza di normalità e di similarità a casa, la loro storia inizia a perdersi e a viaggiare nel tempo fino a portare all'epoca attuale ove integrandosi con il nuovo tessuto della società capiscono che la loro missione non è mai finita. Loro che hanno visto le atrocità della storia e degli eventi e che sempre hanno cercato di portarvi giustizia, come promesso e giurato quando vennero rivestite di quel luogo. Le stesse conosciute come le "Guerriere della Notte", di cui nessuno conosce l'identità, ma che tutti sanno vigilano su di loro e la loro incolumità.

Loro che per via della longevità normale sui loro pianeti, ma vista come "divina" sulla Terra, passano epoche ed eventi incrociando più volte la loro strada con la Confraternita degli Assassini che divengono in poco tempo gli unici custodi della loro storia ed identità e loro protettori e alleati.

«Viviamo nel buio per servire la luce» dice il moto degli Assassini famosi per mantenere l'equilibrio nel mondo usando anche mezzi che il mondo non è pronto ad accettare. Grazie a una fonte dalle acque misteriose chiamata "Pozzo di Lazzaro" possono arrestare il proprio invecchiamento. La stessa potrebbe anche riportare in vita i morti, ma questa procedura non viene mai usata per la sua pericolosità e perchè va contro i principi della Confraternita.

Eris però non è persa come si crede, colei che le Guerriere non sanno essere la distruttrice delle loro case, colei che un tempo consideravano amica. La stessa che ora alleata con i Templari è decisa nella sua missione di aiutarli a portare il caos nel mondo, seppur loro lo chiamano "ordine" e poi perchè hanno un nemico in comune: loro la Confraternita degli Assassini e lei le Guerriere, entrambi alleati l'uno delle altre.

 

Ecco l'incipit di questa storia, che parte da qui. Dal presente e da molteplici avventure e relazioni da costruire insieme!

 

***

 

HAYTHAM

La situazione era caotica, ma la battaglia era a nostro favore e respingevamo Gli Assassini come fossero mosche. Molti dei nostri soldati cadevano, ma dopo aver portato con loro più uomini di quelli che perdevamo.

Urlavo ordini e combattevo a lama sguainata da quelle che mi parevano ore, ma tanto era distorta la percezione del tempo in una battaglia non c’era modo di dire se fossero passati solo pochi minuti.

Rumori indistinti, spari e lame che cozzavano… li costringemmo alla ritirata, ma pagammo lo scotto.

Quando vidi Shay fuggire con il nemico, capii. Ne avevamo parlato, eravamo consci di questa possibilità, ma me l’avevano strappata dalle braccia ancora una volta. Con la caratteristica vigliaccheria nata dall’incapacità di affrontarla in uno scontro aperto, colpendola alle spalle come così bene sapevano fare. Corsi da lei, e la trovai a terra, adagiata come se addormentata.

Il mio animo si svuotò, e provai lo stesso dolore di tanti secoli prima, stringendola a me esanime.

Questa volta però una nuova determinazione mi animava, salvandomi dall’oblio della disperazione più nera, e agii come avevamo pianificato.

L’avrei riportata da me, a qualunque costo.

Il profumo di fiori proveniente dall’esterno della Loggia inondava la stanza, e a soli tre mesi dopo la battaglia il sole sembrava essere tornato a splendere. Feci appena in tempo ad impacchettare l’ultima missiva della giornata e riporla nel cassetto della mia scrivania, che un leggero bussare alla porta mi distolse dalle mie occupazioni.

«Atlas, lo sai che puoi entrare senza bussare.» Esclamai divertito, e quello che al primo sguardo poteva sembrare un nanetto da giardino fece capolino da dietro l’alto uscio scuro. Gli andai incontro, sorridendo, e lo presi per mano.

«Ho finito le occupazioni per questa mattina, per oggi sono tutto tuo.» Con un gridolino divertito Atlas si aggrappò più forte al mio braccio, quasi saltellando di gioia.

«Allora voglio andare a vedere Etere, papà!»

Ridacchiando annuii, continuando a camminare verso l’ingresso.

«Certamente. Ma prima forse sarebbe il caso di mangiare qualcosa, che ne dici? Dovrebbero esserci due belle focacce alle olive in cucina.» Dissi ad un Atlas in un primo momento indispettito dal non poter andare subito alle stalle, e in un secondo momento estremamente contento di poter mangiare uno dei suoi spuntini preferiti.

Arrivati a destinazione, lo issai su uno degli alti sgabelli e gli portai le due focacce in un piattino con un succo di frutta, mentre lui oscillava le gambe impaziente.

Il figlio che era nato dall’amore di Eris e me aveva giusto tre mesi di vita, venuto al mondo mentre la madre era immersa nella maledizione provocata dai Frutti dell’Eden, e nonostante ciò dimostrava 8 anni fisicamente e mentalmente. Fortunatamente eravamo entrambi consci che sarebbe stato una creatura speciale, il frutto dell’unione fra una dea e un uomo che possedeva la capacità di vivere più a lungo dei comuni mortali, ma comunque non avremmo potuto immaginare quanto Atlas potesse essere unico.

Soffrivo molto di non poterne parlare con la mia amata e condividere con lei meravigliosi momenti con nostro figlio, anche se andavamo a trascorrere regolarmente con lei il più tempo possibile, ma vedendo l’amore incondizionato che lui provava per la madre la determinazione a riportarla da noi cresceva in me sempre più.

Ero intento ad osservare Atlas mangiare, con i suoi particolari capelli grigio argento e un paio di brillanti occhi cerulei che mi ricordavano quelli pieni di meraviglia del mio pupillo Thomas, quando un mio sottoposto mi raggiunse per annunciarmi un ospite.

Congedandolo, mi alzai e diedi un buffetto affettuoso a mio figlio, raccomandandogli di raggiungermi in soggiorno non appena avesse finito di mangiare.

A passi misurati raggiunsi l’ingresso, e vi trovai ad aspettarmi una conoscenza di lunga data, che rivedere in quel contesto mi risollevava il morale ma che mi provocava anche sentimenti contrastanti.

Adrian era lì, dignitosamente eretto, con un leggero sorriso sul volto solitamente stoico.

«Vecchio mio, da quanto tempo.» Lo accolsi, allargando un braccio per invitarlo ad accomodarsi nel soggiorno adiacente.

«Mi avevi avvertito della tua visita nella tua ultima missiva, ma non immaginavo così presto.»

Esordii, mentre gli versavo un bicchiere di whiskey e glielo porgevo. Ricordavo che quel particolare tipo, invecchiato molti anni, era da lui particolarmente gradito per via del retrogusto affumicato.

«Ah, permettimi di presentarti mio figlio Atlas.» Proseguii, quando il bambino fece il suo ingresso dalla cucina, con qualche briciola ancora attorno alla bocca. Chinandomi vicino a lui, gli diedi una ripulita veloce e con un rapido occhiolino gli diedi il segnale.

Come piano d’azione, per determinati ospiti che potevano rivelarsi pericolosi in determinate circostanze, avevo insegnato ad Atlas a riconoscere un segnale che avrebbe significato di interpretare la parte di mio figlio adottivo e dunque di non menzionare per nessun motivo Eris o la natura celestiale della madre e sua.

«Come ben saprai non è stata una battaglia facile, e anche se abbiamo respinto gli Assassini molti valenti Templari hanno perduto la vita, come i genitori di questo piccolo. Da allora vive con me e lo tratto come un figlio, diventerà un guerriero formidabile in futuro sotto la mia sorveglianza.» Spiegai ad Adrian, alzandomi e sedendomi di fronte a lui, mentre il bambino prendeva un libricino dallo scaffale e si accomodava in disparte a leggerlo.

«Dunque, bando alle interruzioni, di cosa volevi parlarmi?» Conclusi, attendendo la sua risposta.

ADRIAN

Un tempo — decenni che sembravano secoli, vite intere — non avevo provato nient’altro se non il desiderio di ritirarmi in un posto simile, lontano dalla frenesia della città e circondato dalla natura, anche se decisamente meno immenso e sfarzoso — una casa di campagna, così ero stato solito visualizzarla nei miei pensieri, un luogo dove poter vivere in pace i meritati anni di riposo, insieme alle persone a cui più tenevo al mondo. Mi soffermai ad osservare l’esterno della Loggia per pochi minuti, gli unici che mi concessi, durante i quali mi permisi di portare, seppur brevemente, la mia mente al passato ; che certamente non rinnegavo del tutto, nonostante adesso riconoscessi fossi stato debole, in più di un’occasione, eccessivamente ingenuo e vulnerabile. Un tempo, infatti, avrei seriamente potuto considerare Haytham un

amico, al di là delle nostre divergenze di pensiero ( le quali non erano mai state troppo gravi, ad ogni modo, da precludere una collaborazione ), sarei stato disposto a fargli visita più spesso, forse, indugiando in serate che consistevano, per lo più, nel bere qualcosa mentre conversavamo di lavoro ( era un ottimo interlocutore, come avevo scoperto ), o addirittura qualcosa semplice, ma stimolante, come una partita a scacchi. I fantasmi del passato erano diventati, però, cicatrici dure e spesse sulla mia pelle, prive di dolore ormai, ma mai dimenticate del tutto e non ero più disposto a lasciarmi andare tanto, a formare una sorta di legame con quell’uomo, ulteriormente stretto rispetto a quello lavorativo che già avevamo stabilito. Non lo disprezzavo, anzi potevo dire di ammirare la mente analitica che dimostrava di avere, la forza di volontà nel mantenersi saldo nei propri principi, tuttavia io avevo i miei, ed erano altrettanto saldi, rappresentavano le fondamenta su cui avevo basato la mia vita — difficilmente, proprio per quel motivo, la nostra sarebbe potuta essere una collaborazione del tutto serena, priva di complessità.

Non ero lì in veste di un vecchio amico in visita, dunque, ma non sentii il bisogno di correggerlo con veemenza, quando il termine gli uscì dalle labbra, lo lasciai fare, piegando appena le labbra, in una curva avente un che di ironico. Prestai più attenzione al bambino che fece, inaspettatamente, il suo ingresso nella stanza, ed inarcai la fronte, quando Haytham lo chiamò “figlio” — non era un’informazione in mio possesso, dal momento che ero a conoscenza soltanto di un figlio, Connor —, salvo poi specificare fosse adottato poco dopo, quietando la confusione che aveva suscitato in me. Non credevo prudente lasciarlo nella stanza, vista la natura del discorso che ero giunto fin lì a fare, tuttavia non lo vedevo come un problema, né una minaccia, benché mi incuriosisse. Il sospetto, a me tanto familiare quanto una pacca amica sulla spalla, serpeggiò comunque, subdolo, anche se per il momento decisi di accantonarlo ; c’era altro di cui discutere. Per il momento mi feci bastare la spiegazione di Haytham.

« Non ne dubito. » non parlai con eccessivo calore, ma il tono fu sincero. Presi il bicchiere che mi porse e mi sedetti senza aspettare alcun invito, poi, piuttosto impaziente di cominciare a parlare di una questione che stava ad entrambi piuttosto a cuore.

« Non troverai piacevole la conversazione, temo. Dopo i risultati fallimentari con il Cristallo e le Guerriere, culminati nella disfatta di due mesi fa, non posso più lasciare il controllo ai Templari.

E’ necessario che la Trinity assuma il comando della situazione, sono certo ne comprenderai i motivi. »

«Non troverai piacevole la conversazione, temo. Dopo i risultati fallimentari con il Cristallo e le Guerriere, culminati nella disfatta di due mesi fa, non posso più lasciare il controllo ai Templari. E’ necessario che la Trinity assuma il comando della situazione, sono certo ne comprenderai i motivi.»

HAYTHAM

Adrian fu molto diretto, come suo solito, e parlò con precisione e cognizione di causa.

Sospirai, portandomi una mano al mento e osservando il vuoto prima di riportare l'attenzione al mio interlocutore.

«Immaginavo che fossi qui per questo... Non posso darti completamente torto, Adrian, ma puoi immaginare che non posso accettare un'arbitraria deposizione dei Templari. Ci sono stati dei fallimenti, ma anche molti successi come ben sai, e stiamo portando avanti altre operazioni che non posso delegare a questo punto.»

Parlai con calma, confidando nella comprensione di Adrian. Capivo perfettamente la sua posizione, ma sapevo anche che fosse conscio dell'impossibilità non solo personale ma anche tecnica di un mio passo indietro.

«E' vero, mi sono ammorbidito negli anni e ho permesso che un mio errore con Shay Cormac ci conducesse alla disfatta su questo fronte, ma non permetterò che accada ancora, non una sola volta di più.» Proseguii, intrecciando le dita e accavallando le gambe per accomodarmi meglio sulla poltrona.

«Propongo piuttosto un compromesso che porterebbe benefici ad entrambi: una collaborazione. I Templari condivideranno le informazioni sulla discrepanza in atto tra gli

Assassini e la conoscenza accumulata sul Cristallo e le Guerriere, mentre il Trinity potrà aver voce sui procedimenti da adottare e sulle missioni da intraprendere, tutto ciò in via generale -ovviamente valuteremo insieme altre proposte. Ne trarremmo giovamento entrambi, Assassini e Guerriere sono un nemico comune, e fare un solido fronte unico di contro alla loro frammentazione ci faciliterà le cose.»

Gli proposi sommariamente il mio piano, che avremmo discusso nei minimi dettagli se avesse accettato l'accordo. Sapevo che non poteva ignorare la minaccia che rappresentavano i nostri nemici comuni, e in parte mi pentii di non avergli proposto molto prima una parziale cooperazione fra i nostri ordini.

«Inoltre, per quanto riguarda la questione di Cormac... se non hai nulla in contrario avrei piacere ad occuparmene personalmente. Posso però assicurarti che dopo averlo incontrato non sarà più in grado di danneggiare alcuno.» Aggiunsi infine, ripensando al traditore.

Per il bene della mia famiglia e dell'Ordine, Shay non avrebbe conosciuto più alcuna pietà da parte mia.

ADRIAN

Sapevo non si sarebbe arreso tanto facilmente, abbassando docilmente la testa alle mie parole — le quali erano state sì dure, dirette, ma non crudeli — e l’ombra di un sorriso fece capolino sulle mie labbra, parzialmente nascoste dal bicchiere dal quale stavo bevendo. Il suo comportamento non mi aveva affatto deluso, nè spazientito — la sua era, dopotutto, la medesima reazione che avrei avuto io stesso, nel vedermi accantonato con tanta, apparente, semplicità. Eravamo simili, in quello, nella nostra determinazione nel mandare avanti ciò in cui credevamo e quello lo rendeva sia un possibile alleato prezioso che un rivale temibile ; nessuno dei due avrebbe ceduto, a dispetto di qualsiasi ostacolo potessimo trovarci davanti.

Ciò che diceva non era certamente impossibile, nè potevo escludere l’evidenza di un beneficio comune, se avessimo congiunto i nostri sforzi — la situazione era troppo delicata per poterlo fare, ancora di più alla luce dei nuovi, preoccupanti, sviluppi. Ero cambiato, ma non abbastanza da poter ingoiare la brutale morte di qualcuno del mio team, orribilmente mutilato da un essere alieno ( avevo informato personalmente la famiglia e mi sarei anche assicurato venisse consegnata loro il corpo, se solo non fosse stato troppo rischioso mostrare a qualunque civile quello scempio ). Mi trovavo lì anche per quello, di fatti, per fargli presente l’accaduto, nella

speranza che, come me, non tollerasse di trovarsi un’altra minaccia innaturale tra i piedi.

« Concordo. Fallimenti o meno, sarei un folle a rifiutare un accordo del genere. Voglio, però, trasparenza assoluta, Haytham — voglio essere a conoscenza di ogni sviluppo, per quanto marginale. » era sottinteso il suo operato sarebbe stato monitorato attentamente, durante la nostra neonata collaborazione, dopotutto non potevo concedermi il minimo errore, nè dare per scontato qualsiasi cosa.

« Ma c’è altro di cui ti devo parlare. Le guerriere non sono l’unica minaccia aliena di cui dobbiamo occuparci. » posai il bicchiere, ancora mezzo pieno, sul tavolino vicino alla poltrona, dopo di che non aspettai molto altro ancora, prima di passargli un fascicolo contenente le foto del povero malcapitato che era stato mandato in Alaska e le poche immagini in nostro possesso di quella avevamo ragione di credere fosse la nave madre.

« Una nave è atterrata in Alaska, una settimana fa. Quelli sono i resti del nostro agente che ha provato ad avvicinarsi per ottenere informazioni. Ci è stato restituito così da un certo Principe Endymion di Haumea. »

HAYTHAM

Mi sentii sollevato dalle parole di Adrian, aveva accettato il mio compromesso e il mio orgoglio fu in parte ripristinato. Si aprì però un ventaglio di nuove problematiche, come la palese difficoltà di gestire la temporanea fusione tra la Trinity e l'Ordine, ed in primis la preoccupazione per Eris e Atlas: se Adrian avesse scoperto la loro vera natura, non avrebbe esitato. Avrei protetto la mia famiglia a tutti i costi, ma non potevo garantire di farcela senza spese contro di lui, anche se mi risollevava il pensiero di avere la minaccia direttamente sotto ai miei occhi piuttosto che lontana, senza armi per poter intuire le sue mosse.

«Ma c’è altro di cui ti devo parlare. Le guerriere non sono l’unica minaccia aliena di cui dobbiamo occuparci.» Continuò Adrian, al che mi sporsi in avanti corrugando la fronte, preoccupato ma incuriosito allo stesso tempo, mentre allungava delle cruente fotografie sul tavolino di vetro posto fra noi.

«Una nave è atterrata in Alaska, una settimana fa. Quelli sono i resti del nostro agente che ha provato ad avvicinarsi per ottenere informazioni. Ci è stato restituito così da un certo Principe Endymion di Haumea.» Concluse con voce roca, guardandomi intensamente negli occhi.

Esaminai le immagini, sospirando prima di raddrizzare la schiena e contraccambiare lo sguardo dell'altro uomo.

«Ci troviamo di fronte ad una forza sconosciuta, dal potere distruttivo che potrebbe rivelarsi maggiore delle Guerriere.» Commentai, dando voce ai miei pensieri. «Posso fornirti il supporto dell'Ordine per indagare, con la reciproca condivisione di ogni informazione ottenuta, questo caso merita al momento la priorità. Ospiterò volentieri te e i tuoi sottoposti scelti, forse questo Endymion non conosce la Loggia e potrebbe essere più sicuro renderla il centro operativo.»

Offrii, sinceramente desideroso di approfondire la questione.

Sarebbe divenuto molto più complesso continuare la ricerca dei Frutti per liberare Eris, ma forse ponendo la questione nel modo giusto avrei anche potuto sfruttare la Trinity per il mio scopo, o quantomeno tenerla strettamente in osservazione in modo che non interferisse con i miei piani su quel frangente, praticamente l'unico dal quale differivo con le idee di Adrian.

Contavo però di appoggiarmi all'aiuto di Thomas, che avrebbe gestito la ricerca dalla sua base difficilmente intercettabile dalla Trinity.

Al di là delle mie personali battaglie, però, dovevo ammettere che la scoperta di quella nuova minaccia mi metteva in agitazione: avrei fatto di tutto per trarre il più possibile dall'alleanza con Adrian, perché il presentimento che mi attanagliò le viscere bastava a sorpassare ogni attrito che potevo avere nei suoi confronti. Questo Principe era pericoloso, una minaccia che non mi sarei permesso di sottovalutare.

 

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Capitolo 2
*** Season 2 ***


ENDYMION

Tutto quel momento era profondamente toccante ed importante che non me la sentì di intervenire in alcun modo. Lasciai che fosse Selene a spiegare tutto, come lasciai spazio a lei e Pandia di ritrovarsi. Era stato paradossalmente il loro rapporto inesistente, ma in realtà imprescindibile a riportarci indietro e con noi portare quella meravigliosa perfezione che nella Foresta Rossa con i nostri desideri avevamo costruito.

Adesso Selene era seduta sul divano ed accanto a lei Pandia che non le lasciava mai la mano, mentre al suo fianco c'erano Nike e Ares. Athena ed Aphrodite erano su due poltrone poco distanti la prima toccandosi pensierosa il ventre rigonfio e la seconda torturandosi le mani nervosa.

Anche Nike sembrava leggermente turbata, mentre Ares pareva l'unica sollevata e perfino euforica, tanto che i sue due corvi inseparabili erano posizionati sul tavolino basso di fronte a lei e quasi parvero danzare di felicità.

Sorrisi impercettibilmente percependo in quel silenzio e nel disagio di Selene che era ora di entrare in scena e farlo con l'eleganza e la fermezza che mi contraddistingueva una che era ormai così familiare alla mia amata, ma confondeva le altre. Dopotutto come dare torto loro se solo pochi giorni prima non ero altro che un loro avversario?

Con un movimento elegante della mano feci comparire nelle mani di tutte quelli che sembravano, apparentemente, specchietti da borsa. Tutte mi guardarono improvvisamente confuse, come se si fossero accorte solo allora della mia presenza. Su ogni specchietto era riportato il simbolo del loro pianeta di appartenenza che per Pandia non poteva non essere la Luna. Era nata e cresciuta su Nettuno, ma io e Selene avevamo concordato prima di tornare che sua sorella meritasse il posto che le spettava nella Famiglia Reale Lunare.

"Sono pregni della mia energia oscura, come sapete essa è quella che mi permettere -tra le altre cose- di creare portarli... ogni specchio non è altro che un portale che potrete invocare per tornare a casa... o da esse tornare qui, sulla Terra..." spiegai poggiando una mano sulla spalle di Selene, mentre lei guardandomi mi sorrise abilmente, prima di proseguire.

”Parlando con Endymion mi sono resa conto che ognuna di voi ha dei motivi per cui potrebbe non voler spezzare il legame che con questo pianeta ha... quindi a prescindere della vostra scelta voglio che accettiate questo dono. Con questi oggetti potrete aprire portali solo dalla Terra a Casa e viceversa poi sarà vostra scelta se usarli, come o quando...”

La voce della mia bellissima Selene era serena ed amorevole di chi ha paura di diversi dopo tanti millenni dalle proprie sorelle, ma al contempo è emozionata dall'idea di tornare a quella vita che avevo solo osato sognare.

”E' difficile assorbire l'idea che tutto lì sopra è come ricordiamo... che i palazzi, i luoghi che abbiamo amato e in cui siamo cresciute siano... intatti...” fu Aphrodite a parlare con una voce tremante che non le apparteneva, mentre osservando lo specchietto con l'effige di Venere si mordeva nervosamente il labbro.

”Immagino sia ora nostra responsabilità, come reali delle nostre Colonie, cercare i propri profughi e cercare di capire chi e quanti vogliano lasciare la Terra” esclamò improvvisamente Nike con quel tono concreto che le apparteneva. Immediatamente aveva pensato alla questione pratica della faccenda e come affrontarla per creare un piano d'azione organizzato e funzionante.

Bhè certamente su Mercurio ci saranno le classi da ripristinare, dovrò spiegare alle donne come poter diventar madri... c'è tanto da fare... come immagino su Giove... l'assemblea, il tempio, il tribunale... è tutto da riformare...” Athena stava già facendo vorticare velocemente la sua mente mettendo in ordine i pensieri, organizzando tutto il lavoro che ci sarebbe stato da fare in un misto di apprensione, ma anche passione.

”Come su Marte ci sono Campioni da ricercare... e ovviamente sarò più che lieta di occuparmi della riorganizzazione della Guardia Imperiale...” esclamò Ares decisa ben conscia che le antiche Guardie Imperiali, i Moon Knight, erano ormai estinti.

Tutti avevano parlato tranne Pandia che osservava il suo specchietto nervosa, ma quasi imbarazzata dall'aver notato che su di esso non c'era il simbolo di Nettuno, ma bensì della Luna.

”Se vorrai c'è un posto a Palazzo ad aspettarti... io ed Endymion avremo moltissime cose da fare come Imperatori di questo regno rinato... dovremmo gestire la riformazione del potere legislativo, esecutivo e giudiziario, ma andranno anche riformati Urano e Nettuno che in questi millenni sono rimasti abbandonati a sé stessi... tu li conosci, potresti aiutarci... come Principessa... come membro ufficiale della Casata Reale...”

A Pandia si inumidirono gli occhi, mentre assentiva felicissima, ma muta solo per la paura di scoppiare a piangere dalla commozione cosa che ovviamente intenerì Selene che subito l'abbracciò. Ora tutte mi guardavano comprese le Guerriere che avevano cambiato il loro sguardo nei miei confronti, come se solo si fossero rese conto in quel momento di avere di fronte a loro il proprio Imperatore. E fu lì che tutte e quattro alzandosi si posero in ginocchio ed all'unisono dissero: ”Giuro di essere fedele all'Imperatrice Selene, all'Imperatore Endymion, alla Principessa Pandia, ai loro Reali successori e all'Impero Galattico. Di osservare lealmente le leggi e di adempiere a tutti i doveri di corte. Giuro che non tradirò mai la corona, i suoi ideali e i suoi principi. Che il nostro destino sia scritto, noi affronteremo sempre la nostra sorte con docilità e senza paura, colla calma fiera e dignitosa, noi andremo incontro alla gioia del trionfo o alla morte

dei prodi”

Giuramento non fu mai tanto sentito io e Selene ne eravamo certi, il nostro sarebbe stato un regno nuovo e diverso ricolmo di amore e di giustizia, ma anche senza pietà alcuna per i nostri nemici affinché lo sterminio che avevamo subito in passato non si sarebbe mai più ripetuto.

ATHENA

Sapere che Mercurio era intatto e non un cumulo di briciole e polvere in mezzo all'universo mi lasciò senza parole. La gioia e l'incredulità che provai in quel momento erano indescrivibili. Inconsciamente portai la mano al ciondolo con il frammento di Mercurio e lo strinsi forte. Non so come feci a trattenere le lacrime dalla felicità che provavo.

Avevo sognato e sperato questo momento per così tanto tempo, arrivando a una sorta di apatica accettazione del fatto che ormai Mercurio, le persone a cui tenevo e i luoghi in cui ero nata, cresciuta e  vissuta erano andati distrutti in un battito di ciglia per sempre. Per anni, anzi secoli, avevo continuato - stupidamente- a cercare possibili soluzioni per poter riavere quella che un tempo era la mia casa. Era la disperazione e il terribile dolore che non riusciva a placarsi, ma che anzi sembrava divorarmi dentro come un

buco nero, a muovermi, portando avanti ricerche inutile che ovviamente non portarono a nulla se non ad avvilirmi ancora di più.

Ed ora che sapevo che il mio amato pianeta era ancora lì, come lo avevamo lasciato, dovevo assolutamente tornare per accertarmi che quello che mi era appena stato detto fosse realtà.

Dovevo vederlo con i miei occhi, perché una parte di me, quella più scettica e ferita da quello che accadde secoli fa, non ci voleva credere. Non voleva credere alla possibilità di ristabilire il Marchesato, di ridare una casa ai superstiti, per paura di soffrire ancora nel caso fosse stata nient'altro che una vana speranza.

La mia mente non si era più fermata da quando avevo ricevuto quella stupenda notizia. Stavo già pensando a come riformare i clan, le classi, insegnare al mio popolo come organizzarsi, spiegare alle donne come diventare madri senza la Fonte Sacra, mentre facevo i preparativi prima della partenza. Sarei stata via un anno, l'equivalente di 88 giorni terrestri, il tempo necessario per riorganizzare tutto e poi tornare. Perché ovviamente sarei tornata.

Volevo e dovevo tornare sulla Terra. Ormai era casa mia. Avevo una nuova vita, una nuova famiglia tutta mia. Non potevo abbandonarle o ignorarle... però non potevo nemmeno ignorare Mercurio e i suoi abitanti. Era imperativo che io partissi. Connor avrebbe capito. Odiavo il fatto di andarmene durante la gravidanza, facendogliene perdere gran parte -come era accaduto finora del resto.

Speravo di poter passare il tempo rimanente della gravidanza e la nascita di Cloe insieme a lui.

Per questo avrei fatto il possibile per tornare quanto prima, non avrei mai potuto privare ulteriormente Connor di questi momenti. Aveva già sofferto fin troppo. E poi non volevo che Cloe nascesse senza suo padre. Non sarebbe stato giusto per nessuno.

Quindi c'era solo una soluzione: partire per Mercurio il prima possibile.

NIKE/EVIE FRYE

Stavo ascoltando tutte le mie compagne senza riuscire a fare a meno di sentirmi sopraffatta e confusa. Sapevo molto bene di dover tornare a ricoprire il ruolo di Marchesa e Giudice oltre che Guerriera. Che ero la Marchesa di Giove e mai avrei potuto tirarmi indietro, ma dall'altra parte non era nemmeno facile dimenticare tutto ciò che per questo avrei dovuto lasciarmi alle spalle.

Pronunciai solo tre parole perchè il turbinare di pensieri nella testa non mi concedeva un solo secondo di respiro. La voce mi si spezzò in gola e non ne uscì che un flebile suono, tre parole che racchiudevano la mia essenza suprema.

"Tornerò anche io" lo dissi voltandomi verso Athena e sorridendole perchè se anche la mia compagna non aveva pronuciato quella solenna promessa gliela leggevo negli occhi. A differenza di lei però io non sapevo se sarei potuto tornare sulla Terra quanto e come avrei voluto, essere Giudice richiedeva un impegno costante e non potevo chiedere ad Edward a Jacob di sacrificare la loro vita, di rinunciare alla loro esistenza umana, allo scorrere del tempo così come lo conoscevano sulla Terra perchè anche se mi avessero seguita su Giove il tempo li avrebbe consumati. Un solo anno su Giove ne durava 12 Terrestri e per quanto Immortali poteva essere necessitavano un contatto continuo con il Pozzo di Lazzaro per mantenersi tale oltre che una vita ben diversa da quella che conoscevano. Seppur non mi era difficile immaginare Edward guidare il nostro settore navale, da sempre sempre particolare sviluppato, con più fatica immaginavo Jacob nell'assemblea del Marchesato. Il loro comportamento ed atteggiamento naturalmente ribelle sarebbe stato difficile da spiegare su Giove anche se proprio loro mi avevano insegnato ad essere un GIudice migliore, uno che avrebbe saputo giudicare oltre le apparenze.

Mi sentivo messa alle strette, che fare? Rinunciare al mio incarico o rinunciare a loro? Erano entrambe decisioni fuori luogo. Forse c'era una soluzione che lì per lì non avevo visto. Fu quindi abbassandomi ad osservare lo specchietto che l'Imperatore mi aveva donato che stringendolo sorrisi un poco più sollevata. Avrei potuto usare quel dono e creare così una spola costante tra i due Pianeti che ormai avevo nel cuore anche se questo non toglieva che sarebbe comunque stato un sacrificio, ma sarebbe stato peggio rinunciare a tutto.

ARES  

Mentre ascoltavo tutta quella storia, ripensavo al passato, alla seconda possibilità che la Terra mi aveva dato. Insieme agli altri Marziani ero riuscita a ricreare un piccolo frammento di Marte, di casa, su questo pianeta. Avevo combattuto con le altre per ottenere un briciolo di pace, riuscendoci completamente di recente. Avevo le mie sorelle, avevo trovato un lavoro che mi soddisfaceva completamente, avevo persino trovato l'amore, sentimento che per secoli non avevo mai provato o che avevo sempre pensato di aver

provato in parte, sbagliandomi completamente. Avevo trovato un uomo fantastico che rendeva la mia nuova vita, ricostruita con difficoltà, perfetta...

ma ovviamente c'era la fregatura.

In tutta la mia vita, in cui complotti, menzogne e dolore si sono susseguiti anche fin troppe volte, non avevo mai sofferto così tanto, o almeno da quando Marte e i suoi abitanti erano andati distrutti.

Il suo tradimento è stato troppo doloroso.

Il solo ripensare a Shay mi faceva arrabbiare, facendo riaffiorare i sentimenti contrastanti che mi divoravano ogni volta che pensavo a lui.

Volevo allontanarmi da lui il più in fretta possibile. Non lo vedevo da molto ormai, ma ero convinta -chiamiamolo sesto senso- che presto lo avrei nuovamente incontrato e il fatto che potesse ricomparire nella mia vita all'improvviso mi infastidiva, perché sapevo che una parte di me non avrebbe mai potuto odiarlo come desideravo.

Ed ora che avevo scoperto che il mio pianeta e tutto l'Impero era integro non vedevo l'ora di tornarci! Di riappropriarmi di quella vita che tanto avevo amato, di riportare i Marziani a casa, di ricercare i Campioni, di riorganizzare e guidare la Guardia Imperiale, di tornare ai vecchi fasti in cui Marte era simbolo di potenza e fierezza, dal popolo forte e bellicoso.

Mi stavo già immaginando i combattimenti e le missioni future, ma soprattutto il momento del nostro ritorno sul pianeta rosso, quando avrei rivisto i luoghi, uguali e immutati, in cui ho vissuto quasi una vita fa, come se il tempo non fosse mai passato.

Anche i miei corvi erano entusiasti. Sbattevano contenti le ali dalla felicità.

Guardavo le altre. Leggevo stupore, felicità e incertezza nei loro occhi, e sapevo perché. A differenza mia, erano riuscite a trovare un loro equilibrio qui, qualcosa per il quale valesse la pena di lottare, qualcosa di importante per cui rimanere.

Da un certo punto di vista le invidiavo. Tutte e tre avevano trovato la felicità sulla Terra, io no, o meglio, mi ero illusa di averla trovata, il che è forse anche peggio.

Quindi io sarei partita, sarei tornata su Marte alla ricerca di quella felicità che tanto ho cercato, con la speranza che forse l'avrei finalmente trovata.

APHRODITE

Era da diversi minuti che strofinavo distrattamente il pollice su quella specie di specchietto che mi era stato donato ( ma che era, in realtà, molto di più ), distrattamente, in un gesto che non era altro se non nervoso e, dovevo essere onesta, anche un po' colpevole. Esatto, colpevole . Come da una parte mi sentivo in quell'esatto momento, messa di fronte alla possibilità, concreta e reale, di tornare su Venere —— riuscivo a stento a crederci, alla notizia non fosse andato perduto, così come l'Impero, che se solo avessi voluto avrei

potuto farvi ritorno, come sarebbe stato indubbiamente mio compito fare. Ciò che mi stava causando tanto disagio, però, era da trovare proprio nel mio non essere pronta a lasciarmi indietro cosa ero riuscita a trovare lì, sulla terra, un amore vero e totale, di quelli di cui avevo solo sentito parlare, prima d'incontrare Altair, prima di unire il mio cuore al suo in un modo che solo un altro Venusiano avrebbe potuto comprendere. Avevo amato, in un certo senso, il mio pianeta natale, eppure i ricordi che conservavo di essi erano quasi tutti contaminati da una profonda infelicità, dalla sensazione di essere costantemente in trappola, un bellissimo trofeo da disporre come mia madre meglio credeva —— nonostante tutto, nonostante potesse sembrare avessi messo l'amore di fronte a qualsiasi altra cosa, mi sarei personalmente assicurata Venere potesse tornare allo splendore che le spettava, guidata da qualcuno di adeguato al compito e allo stesso tempo tornare ad essere una casa per tutti coloro che avevano creduto di averla persa per sempre, esattamente come me.

« Ho deciso di rimanere. » sebbene ci fossero ancora i segni piuttosto chiari di una profonda commozione, nei miei occhi, questa volta riuscii a mantenere stabile la voce, priva di esitazione, perché in cuor mio sapevo di star facendo.. non la scelta giusta, in sé, ma semplicemente quella che ritenevo più giusta per me e l'uomo che amavo. Mi resi conto soltanto nel pronunciare la mia risposta ad alta voce, di quanto fossi certa della mia decisione, a dispetto dei dubbi iniziali, dei sensi di colpa che avevano minacciato di rovinare un momento che sarebbe dovuto essere tutt'altro, tranne che fonte di angoscia. Quelle che avevo davanti, dopotutto, erano le mie sorelle, persone che conoscevo da tutta la vita; se qualcuno avrebbe potuto comprendere le mie motivazioni, ne ero certa, sarebbero state proprio loro.

« Ma vi prego di non giudicare troppo aspramente la mia decisione. Non ho intenzione di ignorare i miei doveri —— guiderò tutti coloro che vorranno tornare a casa e mi impegnerò a trovare qualcuno a cui affidare il ruolo di Duchessa, qualcuno che possa guidare il popolo nel modo migliore. Qualcuno che non sia.. freddo e privo di amore. ».

Poi feci qualcosa che, fino a non molto tempo prima avrei ritenuto impensabile, nella maniera più assoluta del termine; cercai la figura di Pandia con lo sguardo e le rivolsi un sorriso. Piuttosto tenue, in vero, ma quanto meno sincero. Le stavo chiedendo scusa, per averla giudicata troppo in fretta, per essere sempre stata la prima a trovare dei modi per aggredirla e allo stesso tempo le stavo offrendo l'occasione di ripartire da zero, mescolata alla promessa che avrei messo da parte i sentimenti negativi provati nei suoi confronti, che avrei imparato a farlo.

PANDIA

I miei dubbi circa tornare a casa erano nulli, era ovvio che volessi tornare anche perchè a differenza loro la mia venuta sul Pianeta Proibito era stata davvero solo una capatina che avrebbe dovuto portare a quel risultato ed ero lieta che seppur in modo diverso da come mi aspettassi, tutto fosse avvenuto.

Tuttavia in cuor mio accettai il dono di Endymion sentendolo come un buon modo per tenermi in contatto con Ezio, l'unica cosa oltre a Lara che mi sarebbe mancata. Non riuscivo a credere che fossi riuscita ad innamorarmi e stringere una così buona amicizia eppure... ecco che era successo.

In silenzio udì tutte le scelte delle Guerriere con rispetto ed anche curiosità, sentivo che era molto difficile staccarmi da chi avevo scoperto amare quando tutto era all'inizio, quando la voglia di starci notte e giorno era incontrollata, il bello del primo amore... dunque ero ammirata dalle scelte di Athena o Nike perchè non capivo proprio come ci riuscissero, loro che provavano quei sentimenti da molto più tempo.

Avrei voluto dir loro che i due Kenway in questione non l'avrebbero presa bene, ma preferì tacere, anche sollevata dai sorrisi inaspettati che Ares e Aphrodite mi concessero, ero lieta che tornando a casa magari avremmo avuto modo di conoscerci meglio e superare le nostre diversità, ma ecco la sorpresa.

"Non torni?" lo chiesi stupita perchè non capivo come potesse rinunciare alla possibilità di tornare nella casa che per tanto tempo le era mancata, lei abbassò il capo e strinse la collana che al collo indossava sempre, quella che conteneva pochi granelli di terra proprio di Venere.

"L'amore per un venusiano va oltre alla nostra comprensione..." mi disse Ares con un affabilità che non mi aveva mai mostrato, ma al contempo con fare da maestra, anzi più da sorella maggiore.

"Aphrodite ha deciso con chi condividere il suo cuore... la sua vita stessa... la lontananza per un amore del genere può essere fatale..."

Guardai Ares e poi Aphrodite confusa.

"Pensavo che il mal di amore fosse una leggenda..." espressi quel dubbio ad alta voce. Sapevo di quanto tale sentimento fosse perno dell'esistenza stessa dei venusiani e che quando sceglievano un compagno o compagna di vita fosse per sempre, ma... morire d'amore?

"E' l'unico modo in cui un venusiano muore Pandia, a meno che non venga assassinato per altri motivi... su Venere mai nessun coniuge sopravvive alla morte dell'altro... perché è un legame indissolubile... per questo spero capirete la mia decisione..."

Rimasi molto colpita da quello, ma non era un modo di dire, mi toccò realmente nel profondo tanto che scosse dei dubbi che avevo ed a cui non avevo dato voce. Selene mi aveva detto che mi avrebbe voluto a corte, ma... come potevo?

"Io voglio tornare, ma... sono la figlia bastarda di un Imperatore Impostore... con che faccia posso farlo? Accetto che non mi verrà mai riconosciuto nulla, non lo chiedo, ma... vorrei tanto stare con te... con voi..." mi corressi guardando prima Selene e poi un poco più impaurita Endymion. Di fatto erano due estranei non costretti a dovermi nulla.

"S-So che non ci conosciamo praticamente, ma... vorrei rimediare a questo, vorrei poter stare c-con... la mia... f-famiglia..." fu strano dirlo. Per la prima volta riconoscere che in effetti ne avevo una e quello mi commosse. Quante notti avevo passato abbracciandomi da sola e rimuginando su una solitudine che avevo finito di accettare e adesso... tutto era cambiato... la mia stessa vita si prospettava un enigma di cui ancora non conoscevo il risultato…

SELENE

Assistevo alla scena con il cuore scosso; avevo vissuto nei miei sogni molte volte quel momento, anche se non esistevano che poche briciole di possibilità che si realizzasse, ma ora eravamo tutte riunite nel nostro attico, per la prima volta da sempre.

In quel luogo si trovavano le persone che amavo più di tutte, a cominciare dalla metà del mio essere, Endymion. E poi c'erano le mie sorelle: come immaginavo, Ares aveva deciso più con rabbia che con razionalità di tornare sul suo mondo, risoluta a buttarsi a capofitto nel lavoro per dimenticare Shay; Athena e Nike, invece, avevano accettato più che altro per l'immenso senso del dovere che avevano sempre dimostrato; quanto ad Aphrodite, una volta che aveva legato il suo cuore ad un uomo, non avrebbe potuto fare altrimenti che seguirlo. Non giudicavo nessuna di loro, in un simile frangente ognuna sarebbe stata per me fondamentale da avere vicino, ma avevo già chiesto troppo alle mie amiche, in questi lunghi secoli, per pretendere altro.

E poi c'era Pandia, che con quel suo candore che stavo amando sempre di più mi chiedeva qualcosa che in cuor mio le avevo già donato da lungo tempo, quando ero confinata nel sogno della Foresta Rossa.

Il suo accenno a nostro padre non mi ferì come avrebbe fatto un tempo; come aveva detto il mio amato durante l'ultimo giorno in Alaska, le colpe dei padri non dovevano ricadere sui figli. La sua risolutezza era stata un luce nel buio che avevo dovuto attraversare per accettare la verità.

Pandia sarebbe stata una figura importante, all'interno del nuovo governo dell'Impero, e colsi l'occasione per comunicarglielo, in maniera che anche le mie compagne sentissero e sapessero.

Alla sua richiesta agitata e goffa risposi con un sorriso caldo, allungando la mano e stringendo la sua: ”Certo che verrai con noi! E non come semplice membro della famiglia reale, quale sei...” Sottolineai la parola perché volevo che fosse chiaro a tutti, e particolarmente a lei ”...ma anzitutto in veste di esperto. Conosci meglio di chiunque altro la situazione dei pianeti che sono rimasti isolati dopo la distruzione, e sarai di molto aiuto per aiutarci a capire come gestire il nostro ritorno e... eventuali problemi di malcontento che si potrebbero presentare.”

Su quello, Endymion ed io non ci facevamo troppe illusioni. Non saremmo stati accettati in maniera pacifica da tutti. Il nostro dono era tale solo per chi non si era approfittato del vuoto di potere per espandere il proprio.

”Quindi, sarai la nostra consigliera: è un compito che porta con sé molte responsabilità! Dovrai lavorare al nostro fianco, e non ti rimarrà molto tempo per fare altro...”

Guardai distrattamente lo specchietto che ancora continuava a rigirarsi tra le dita, come tutte le altre, d'altronde... forse era un oggetto inutile per lei, dato che non lo avrebbe certo utilizzato per tornare sulla Terra, in un luogo che per lei non significava nulla.

Lasciai perdere temporaneamente quel pensiero: se non le fosse più interessato ero certa che me lo avrebbe restituito lei di sua spontanea volontà. Nonostante l'aspetto comune, era un oggetto di grande potere, che non doveva cadere in mani sbagliate: il portale che si creava riusciva a superare le barriere energetiche che avrebbero presto protetto i pianeti del rinato Impero.

Era venuto il momento di partire, percepii la decisione di Endymion e così mi alzai.

Il tempo ci era contro: noi, come imperatori, avremmo dovuto raggiungere al più presto il centro del potere imperiale, la Luna. Il compito di raccogliere e riportare a casa i nostri sudditi sarebbe spettato alle guerriere.

Purtroppo i nostri impegni, le nostre responsabilità, non ci avrebbero permesso di ritrovarci tutte insieme, come oggi, per lungo tempo. Ma ero nata per rivestire questo ruolo, per tanti secoli avevo cercato di svolgerlo anche quando ogni speranza sembrava svanita, aiutata dalle mie compagne che, in eguale maniera, avevano combattuto per salvare e proteggere quello che era rimasto.

Le lacrime mi offuscavano la vista. Non riuscivo a trovare le parole che mi aiutassero a spiegare l'emozione che stavo provando, così rinunciai a cercarle.

Abbracciai ad una ad una le mie compagne: Ares, Aphrodite, Athena, Nike.

Eravamo tutte consapevoli che il momento era speciale, e che da oggi sarebbe iniziata una nuova era. Le sfide che ci aspettavano sarebbero state dure da affrontare, ma ora avevamo un motivo nuovo per combattere.

ALTAIR

Non potevo negarlo, la scelta di Aphrodite di rimanere mi aveva reso molto felice seppur temevo che la sua attenzione per il matrimonio fosse eccessiva, di chi sta cercando in tutti i modi di pensare ad altro. Era stato un periodo di partenze che aveva cambiato un po' gli equilibri generali.

Le Guerriere e molti dei profughi alieni che per millenni si erano nascosti sulla Terra erano tornati a casa, Arno e Claudia aveva dato l'addio alla Confraternita decisi a prendere le redini dei Discendenti, Jacob e Lara li avevano seguiti per un viaggio di lei alla scoperta delle sue origini, Connor aveva chiesto il permesso di prendersi un periodo di tempo per riflettere, Edward era partito per i Caraibi, il Black Moon era stato sconfitto e tutto sembrava essere tornato ad un'apparente normalità con missioni normali e ben distanti dalle follie magiche che ci avevano coinvolti in quegli anni. Tra tante partenze c'era stato anche un ritorno, quello di Federico, che avevo accolto con prudenza facendo di Ezio suo responsabile se fosse mai successo qualcosa avrebbero pagato entrambi gli errori di uno. Tuttavia dovevo ammettere che non era tornato a mani vuote, dalla Loggia aveva portato via il Libro dei Morti con cui era stato resuscitato forse sperando che quel gesto lo avrebbe "perdonato" o che noi trovassimo qualcosa sul suo ritorno per capire se fosse stato provvisorio oppure no. Tuttavia non conoscevo i geroglifici e non c'era nessuno alla Confraternita che potesse, nessuno tranne Aphrodite che da giorni mi stava aiutando.

"Con Ares ci avresti messo molto meno tempo, il mio marziano è arrugginito, ma... non mi andava di disturbarla, non quando avrà già molte cose a cui pensare ora..." esclamò, mentre seduta al posto di Ezio era piegata sul libro, mentre io la osservavo come sempre incantato dalla sua bellezza e dalla sua presenza, ma anche preoccupato.

"Smettila... smettila ok?" mi disse senza nemmeno alzare lo sguardo, ben conscia del mio fisso su di lei, prima che con gesto di stizza chiudesse il libro e raggiungendomi mi si sedette sulle gambe.

"Ho deciso di restare e l'ho fatto con serenità, non sento di essermi privata di nulla... su Venere c'è che mi sta aiutando e sono certa di riuscire a trovare anche un degno Duca o Duchessa presto o tardi, ma ora sono qui... ho scelto di stare qui perchè già troppo tempo mi è stato negato al tuo fianco... Altair sei l'amore della mia vita e posso assicurarti per un venusiano non ha il valore di un terrestre... è qualcosa di ben più grande, qualcosa per cui ormai il mio cuore ti appartiene e non potrei star in nessun luogo che non sia al tuo fianco... perché sei tu la mia casa..." mi aveva detto quelle parole con trasporto, calore e dolcezza, mentre mi teneva le mani sul volto accarezzandolo e baciandole. Da quando si era trasferita ufficialmente lì e da quando avevamo iniziato la nostra vita insieme come mai prima ad ora Aphrodite era cambiate era sì la solita donna forte e decisa che conoscevo, la Guerriera che ancora si allenava e prestava la sua conoscenza per i nuovi adepti, ma mi aveva mostrato un lato nuovo. Uno di moglie devota, di compagna fedele, di braccio destro affidabile... non osavo dire che si era sottomessa a me, era forse maschilista come concetto, ma era come se in effetti avesse abbracciato il ruolo di compagna di vita nel senso più profondo del termine. Mi metteva sempre al primo posto, sapeva stare un passo indietro, consigliarmi, supportarmi... era indescrivibile ciò che mi stava dando ed io speravo solo di essere abbastanza per lei. Di non deluderla, di essere all'altezza di ciò che lei mi dava.

Risposi dunque al suo bacio tenendomela stretta ed intrecciando una sua mano con la mia.

"Come posso ripagarti per amarmi così tanto?" le chiesi in un sussurro sognante, mentre le spostavo una ciocca di capelli dal viso. "Senza smettere di farlo..." mi rispose lei con semplicità sorridente.

"Ora se il Mentore me lo permette vorrei poter continuare con i preparativi... ho dato una data a Selene e le altre e mi hanno promesso che ci saranno devo assicurarmi che per quel giorno sia tutto pronto!" assentì divertito al suo tono formale, non prima che facendo per alzarsi la tirai di nuovo a me per rubarle un altro bacio solo per poi lasciarla andare.

Stavo ancora osservando l'uscio della porta da dove era appena scomparsa quando una presenza del tutto inaspettata mi fece scattare in piedi con tanto di riflessi pronti a colpire, ma quella figura con estrema calma chiuse la porta alle sue spalle, alzò le mani in segno di resa e camminando lentamente verso la scrivania su di essa vi porse tutte le sue armi compresa la lama celata, fu solo allora che si portò le mani al cappuccio nero e lo abbassò.

"Cormac?" chiesi alquanto sconvolto.

"Sorpreso di vedermi Mentore? Credevo avessi ricevuto il mio messaggio..."

"Credevo che mi prendessi in giro... invece sei qua... superando brillantemente anche ogni controllo

vedo, spero solo che tu non abbia osato far male a nessuno..."

"Né morti né feriti solo qualcuno che domani si sveglierà con un gran mal di testa... possiamo parlare?"

Ancora alquanto sospetto gli permisi di sedersi, mentre io rimanendo in piedi lo osservai circospetto.

In effetti avevo ricevuto il suo messaggio uno in cui mi aveva rivelato che in quell'anno era stato ben lontano dalla Loggia e dai Haytham, che aveva compreso che i Templari non era ciò che cercasse e  che nell'ultimo periodo (all'insaputa di tutti) era stata colui che ci aveva fornito informazioni circa alcune missioni che avevamo completato con successo. La cosa che più però mi aveva sorpreso fu quando fece domanda di rientrare negli Assassini anche ricominciando da 0 se necessario disposto a dimostrare la sua buona volontà in qualsiasi modo.

"Hai meditato sulla mia richiesta? Anche perchè da quel che so il redivido Auditore è qui e ti stupirai di sapere che il giovane Kenway è alla Loggia... credo dunque che come darai il beneficio del dubbio loro sarai disposto a far lo stesso con me..."

Il suo modo arrogante di fare non era mai cambiato, come non lo era il suo mettermi in difficoltà a fronte di una decisione del genere, una che sapevo avrei dovuto discutere con Ezio che tuttavia ora era via... lui e Federico avevano deciso di tornare a Firenze per qualche giorno, come fratelli... per riprendere lì da dove tutto era iniziato... Se Federico doveva intraprendere quel cammino, di nuovo, lo avrebbe fatto seguendo i suoi passi... iniziando da Monteriggioni.

Mi passai dunque una mano sulla fronte combattuto su un qualcosa che mi bazzicava nella mente da molto tempo in quanto a detta di Aphrodite il Libro dei Morti poteva effettivamente riportare in vita qualcuno in modo definitivo lasciandolo intatto di ogni suo ricordo ed aspetto non solo fisico, ma anche nell'atteggiamento e nei pensieri. Quello mi aveva fatto pensare ad una lettera che avevo trovato durante il mio tempo in Israele con Aphrodite, uno nel quale ero venuto in possesso di una lettera, la stessa che recuperandola dal cassetto della mia scrivania porsi a Shay che curioso la studiò.

"Purtroppo non conosco l'arabo... puoi gentilmente tradurla?" mi chiese scanzonato.

"E' la traduzione di un testo in geroglifico, è stata fatta traducendo una lettera trovata in una tomba egizia del periodo tolemaico... ti dice qualcosa il nome Bayek di Siwa?"

"Dovrebbe?"

"E' stato il primo Assassino, colui da cui ha avuto origine la Confraternita... all'epoca era uno degli ultimi medjay rimasti... uno dei pochi... iniziò una vendetta personale che lo portò niente di meno che a fronteggiare Giulio Cesare e Cleopatra... quando la sua tomba andò persa nella memoria fin quando non è stata riscoperta da una nostra spia nell'Abstergo... è stata lei a darmi questa traduzione... in essa Bayek prega gli Dei di essere richiamato se mai il movimento a cui lo dette origine avrebbe avuto bisogno di ritrovare le sue radici..."

Parlai lento, mentre appoggiandomi alla scrivania incrociai le braccia al petto. Cormac di fronte a me

era sempre più confuso.

"Cosa vuoi fare? Riportarlo in vita?"

"Il tempo, gli eventi, la magia e tutto ciò che di assurdo ci ha toccato in questi millenni ci ha allontanati dalle nostre origini... dal motivo per cui tutto questo esiste... forse è tempo di ricordarlo...

è chiaro che io Ezio siamo le persone adatte per farlo... non possiamo essere Mentori... non

più..."

Conclusi riconoscendo il peso delle mie parole.

"Nel libro troverai le traduzioni di ciò che dovrai pronunciare una volta trovata la sua tomba e le istruzioni su come raggiungerla... una volta fatto distruggi tutto..."

"Missione affascinante, devo ammetterlo... ma ancor più di come tu me la stia affidando all'oscuro di tutti... ma non faccio domande, se questa è la mia carta per essere riammesso... consideralo fatto..."

Presi per Shay tutto il necessario e glielo affidai. Stavo giocando con il fuoco? Decisamente, ma se era giunto il momento per le Guerriere di tornare a casa, forse lo era anche per gli Assassini.

 

Tutto questo ti ha entusiasmato? E’ stato scritto da me e le giocatrici di questo geniale e coinvolgente gioco, siamo tutte scrittrici di EFP ed assetate di piacere di scrivere e leggere, ma cerchiamo altre che vogliano unirsi a noi. Ti va? Scrivimi in privato per scoprire come fare!

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