A Christmas Tale

di sissi149
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***



Capitolo 1
*** I ***


20 Dicembre
 
La caffetteria del campus della prestigiosa Università Musashi di Tokyo, istituto privato dove i rampolli delle migliori famiglie del paese potevano ricevere l’adeguata formazione in economia, management e giurisprudenza oppure ampliare la loro cultura personale in Storia delle Arti, era gremita di studenti alle prese con le ultime lezioni ed i preparativi prima delle vacanze natalizie. I cappotti rossi, parte integrante della divisa, erano pigramente abbandonati su sedie ed attaccapanni, mentre voluminosi plichi di appunti facevano bella mostra su almeno  la metà dei tavoli.
L’ambiente del campus e dei severi collegi maschile e femminile avevano sempre affascinato Yayoi, nata e cresciuta in tutt’altro tipo di gruppo sociale: solo la consistente borsa di studio che aveva vinto per gli eccellenti risultati conseguiti alle superiori e nello specifico concorso, le aveva permesso di frequentare i corsi e di condividere il solito tavolo con i compagni divenuti abituali negli anni. Spostò lo sguardo a passare in rassegna ognuno di loro.
Di fronte a lei, Genzo Wakabayashi, erede, insieme ai fratelli, della fortuna di una solida azienda con filiali in tutto il mondo, stava dando una veloce ripassata prima della lezione di economia industriale: era risaputo che il professor Kira non tollerasse allievi impreparati nelle sue aule.
“Hai riguardato anche i grafici di fine capitolo 13? Credi che Kira ce li chiederà?” Aveva domandato Yoshiko, compagna di stanza di Yayoi. I suoi genitori erano i proprietari di una catena di Hotel di lusso, i Fujisawa Resorts.
Wakabayashi smise di leggere e sollevò il viso.
“Non penso, ma con Kira non si può mai sapere. Chissà cosa avrà in mente di trattare oggi…”
“Non ne ho la più pallida idea.” Fujisawa verificò con le mani la tenuta del perfetto chignon in cui tutti i giorni rinchiudeva i capelli, prima di assaporare l’ultimo sorso di the.
Alla destra di Yayoi era seduto composto ed impeccabile, come sempre, Jun Misugi, suo collega in molti dei corsi di Storia delle arti. Di lui non sapeva molto, tranne che proveniva da un’ottima famiglia della Cambiria, nazione monarchica dell’Asia continentale. Si erano incontrati/scontrati uno dei primi giorni della ragazza all’università, all’inizio del primo anno accademico, nell’aula di Letterature europee. Aoba pensava che senza quel piccolo incidente non avrebbe mai potuto stringere amicizia con Misugi, poiché appariva sempre freddo e distaccato con chi non era nella sua cerchia ristretta di amicizie.
“Noi abbiamo finito stamattina – disse proprio Jun – e fortunatamente Katagiri ci ha richiesto solo un breve saggio sulle regole della prospettiva.”
“Non dimenticare che Shiroyama vuole la recensione di un concerto a cui dovremo assistere.” Ricordò con un sorriso Aoba.
“Per quello non c’è problema, ho già il concerto giusto!”
Lo sbattere di una cartella per terra ed il rumoroso spostamento di una sedia indicò  l’arrivo dell’ultimo membro del loro gruppetto, il compagno di stanza di Misugi.
“Quella carogna di Gamo! Ha trovato il modo di rovinare a tutti le vacanze!” Esclamò Hikaru Matsuyama, togliendo velocemente sciarpa e guanti prima di sedersi.
“Cosa avrebbe fatto stavolta?” Chiese Wakabayashi con un sopracciglio inarcato, dato che spesso Matsuyama esagerava sulla severità del professore più temuto dall’intero ateneo.
“Ha chiesto per il 10 di Gennaio un’analisi completa di tutto il processo Hyuga e commento personale alla sentenza!”
Genzo annuì comprensivo: il caso Hyuga aveva destato parecchia attenzione nell’opinione pubblica giapponese qualche anno prima, spaccandola a metà tra chi sosteneva la famiglia e chi i datori di lavoro, fino al colpo di scena finale avvenuto nel penultimo giorno di dibattimento. Per i giovani avvocati in formazione era il più complesso caso recente con cui potessero misurarsi.
“Dovrò dire addio alla settimana bianca! L’unico periodo dell’anno in cui lo studio legale è chiuso!” Lo studio Matsuyama&Associati di Sapporo era il più prestigioso studio legale del Giappone settentrionale.
Yoshiko appoggiò una mano su quella del ragazzo.
“Mi dispiace. Noi abbiamo ancora la lezione di Kira e potrebbe farci qualche scherzetto pure lui.”
La cameriera portò una tazza fumante a Matsuyama che ringraziò con un sorriso.
“I vostri progetti per le vacanze?”
“Le solite cose – liquidò Genzo infilando gli appunti nella valigetta – ci troviamo tutti nella villa di Nankatsu e non so quanti ricevimenti abbia già organizzato mia madre.”
Yoshiko continuò:
“Credo che papà voglia andare all’hotel di New York, dato che l’abbiamo aperto solo da pochi mesi.”
“Yayoi?” Domandò Wakabayashi.
La ragazza strinse le spalle.
“Beh, lo sapete che non ho grandi progetti. Aiuterò i miei in negozio, nei giorni prima di Natale siamo sempre pieni i clienti. Più tardi devo terminare i bagagli.”
“Parti già stasera? – Yoshiko si accigliò – Non vieni al party di auguri?”
“Vorrei già essere in negozio domani mattina.”
“Ma abiti dall’altra parte di Tokyo! Puoi partire subito dopo colazione!”
“Apriamo molto presto.”
Solo a quel punto Jun si intromise nel discorso.
“Ragazzi, anch’io parto oggi pomeriggio dal campus: prendo il volo delle 18.30 da Narita.”
“E sparirai come tutti i periodi di vacanza? Non avete il wi-fi in Cambiria?” Domandò sarcastico Hikaru, trovando man forte da Wakabayashi.
“Matsuyama ha ragione. Non ti fai mai sentire, a volte credo che abiti in un buco nero.”
Misugi cercò di difendersi con scuse poco probabili.
“Sono all’estero per la maggior parte dell’anno, quando rientro in Cambiria i miei amici e parenti mi sono sempre attaccati e mi risulta difficile tenermi in contato con voi.”
I ragazzi erano agguerriti e parevano disposti a tutto pur di venire a capo del mistero delle vacanze di Jun, ma Yoshiko richiamò il compagno di corso all’ordine.
“Genzo, dobbiamo andare, o Kira ci tartasserà.” Disse alzandosi e sistemando le pieghe della gonna a fantasia scozzese.
“Hai ragione. Allora auguri e saluti a chi non vedremo stasera.” Il ragazzo strinse formalmente la mano a Misugi, mentre con Yayoi si lasciò andare ad un più caldo abbraccio, che Aoba apprezzò molto.
“Ci vediamo dopo le feste!” Rispose, grata.
“Noi ci vediamo stasera!” Salutò Fujisawa all’indirizzo di Hikaru che rispose facendo l’occhiolino.
Dopo pochi minuti anche Yayoi terminò la sua bevanda e salutò.
“Devo andare, i miei mi aspettano per cena.”
“Vengo con te – le disse Jun – Hikaru, se rientri a breve ci vediamo in stanza.”
Appena fuori i due furono travolti dal vento, al punto che Aoba sollevò la sciarpa a coprirsi la bocca e proseguirono in silenzio per alcuni metri.
“Dobbiamo separarci. – affermò la ragazza – Il collegio femminile è dalla parte opposta rispetto a quello maschile. Buone feste.”
Si era già incamminata sul viale che portava al lato est del campus, ma Jun la richiamò:
“Yayoi… - esitò qualche istante – Passa delle buone vacanze. Ci vediamo alla ripresa delle lezioni.”
Per un attimo Aoba ebbe la sensazione che Jun avrebbe voluto dirle altro ed ebbe la tentazione di seguirlo, ma poi si voltò è proseguì per la propria strada.



___________________________
Dopo il writober non ho più avuto molto tempo per scrivere, ma le feste imminenti mi hanno suggerito questa piccola storia senza troppe pretese e di cui spero poter rispettare la tabella di marcia che mi sono imposta.
Per evitare qualsiasi fraintendimento, la Cambiria qui citata è una nazione immaginaria.

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Capitolo 2
*** II ***


21 Dicembre
 
Yayoi riemerse rapida dalla serra con una grande stella di Natale tra le braccia.
“Ecco signora Matsumoto! Questa farà un figurone nel suo salotto! Gliela porto al banco così mamma la confeziona.”
Il freddo era pungente più del giorno precedente e la giovane si aggirava per gli scaffali carichi di addobbi natalizi con addosso un berretto di lana turchese con cui i ciuffi di capelli ramati facevano un forte contrasto.
“Grazie mille! Siete l’unico negozio della zona che ha questi prodotti.”
Le origini europee della signora Aoba avevano contribuito ad arricchire delle tradizioni natalizie il negozio che gestiva col marito, rendendolo una delle mete più gettonate del quartiere nel periodo festivo.
A Yayoi piaceva aiutare i genitori quando non era impegnata in università, soprattutto perché un giorno avrebbe dovuto occuparsi lei del negozio: dati i suoi ottimi risultati scolastici e la borsa di studio, mamma e papà avevano insistito affinché prendesse una laurea, ma lei sapeva che il suo futuro sarebbe stato quello.
“Signorina! – Un’altra cliente la stava chiamando – Potrei avere due stelle di natale?”
“Certamente. Come le vuole, grandi o piccole?”
“Piccole, devo usarle per un centro tavola.”
“Forse sono meglio le mini. Se vuole l’accompagno in serra così può scegliere direttamente.”
Aoba fece strada spostando la porta scorrevole che dava sul cortile dove erano in esposizione alcuni abeti da utilizzare come alberi di natale. In pochi passi si giungeva alla serra in cui file di fiori aspettavano ordinate che qualcuno venisse a portarle via.
“Ecco, io le consiglio queste. – Yayoi sollevò un vasetto e lo mostrò alla donna – Magari ne può utilizzare tre invece di due. Di questa dimensione ne abbiamo anche  bianche, sono la novità di quest’anno.”  Con il braccio indicò la fila alla sua sinistra: le macchie di fiori bianchi spiccavano in mezzo a tanto rosso.
La donna osservava ammirata.
“Sono stupende! Non avevo mai visto questa varietà. Ne prendo due rosse e una bianca.”
“Come desidera.”
Aoba prese le piantine e le adagiò in una cassetta per trasportarle al bancone, riaccompagnando la cliente nella zona principale del negozio. Il signor Aoba le si fece incontro velocemente, sfilandole la cassetta dalle mani.
“Yayoi, eccoti. Ti stanno cercando.”
La ragazza vide dietro il padre un uomo piuttosto distinto che indossava un lungo cappotto di feltro.
“È lei Aoba Yayoi?” Le chiese.
“Sì, posso esserle utile in qualcosa?”
“L’ho cercata in università, ma mi hanno detto che l’avrei trovata qua. Devo consegnarle questo da parte dei Conti di Yamamori.”
L’uomo le porse una busta dall’aspetto antico su cui il suo nome campeggiava scritto in bella grafia. L’afferrò e la voltò, notando il sigillo in ceralacca, domandandosi se davvero esistevano ancora posti in cui si utilizzava quel sistema.
“Grazie, ma io non conosco i Conti di Yamamori” Rispose, ma l’uomo era già sparito alla sua vista. Il rumore delle campanelle sulla porta del negozio le fece intuire che probabilmente se ne era andato del tutto.
Tornò dietro al bancone dove la mamma aveva finito di servire l’ultima cliente, per qualche minuto avrebbero avuto un po’ di tregua.
“Che voleva quel signore?”
Yayoi ancora fissava perplessa la busta.
“Mi ha portato questa e non ho la più pallida idea di cosa sia.”
“Perché non la apri.” Il sorriso caldo ed incoraggiante della madre la convinse a strappare il sigillo e ad estrarre la lettera.
 
Gentilissima signorina Aoba,
è per noi un grandissimo piacere invitarla a trascorrere il periodo natalizio a Old Castle, la residenza della nostra famiglia.
Se vorrà onorarci della sua presenza, in allegato al presente invito troverà un biglietto aereo a suo nome.
Sperando di vederla presto da noi porgiamo i nostri auguri di Natale alla sua famiglia.
                                                                                                                               Il Conte e la Contessa di Yamamori
 
Yayoi restò per un lungo istante a bocca aperta, lo sguardo perso nel vuoto, non riuscendo a comprendere come e perché quel biglietto fosse rivolto proprio a lei.
Sua madre le afferrò le spalle da dietro, facendola sussultare.
“Tesoro, ci stai facendo preoccupare. Cosa contiene di così grave la lettera?”
La ragazza si riscosse.
“Niente è…, non capisco perché a me. È un invito al palazzo dei Conti di Yamamori. Cosa vogliono da me?”
Il signor Aoba le raggiunse e sfilò di mano la busta alla figlia, estraendo da essa una carta d’imbarco per il giorno seguente.
“È un biglietto per First Town, la capitale della Cambiria.”
“Cara, tu non hai un compagno di studi della Cambiria?” Domandò la madre.
Yayoi annuì.
“Sì, Jun Misugi. Ma non può essere lui, lo sapremmo se fosse un Conte di Yamamori o roba simile. Non sarebbe in un’università con noi, starebbe tutto il giorno chiuso in un castello a fare quello che fanno i nobili.”
La ragazza aveva cominciato ad agitarsi, sfilando il berretto e poggiandolo sul bancone. “Non è possibile che sia lui!”
“Qualcuno deve pur essere, non è stato un fantasma a recapitarti la lettera.”
“Lo so, ma…” Si sedette esausta su una sedia.
Il signor Aoba prese la parola:
“Io dico che se vuoi scoprire qualcosa devi accettare l’invito. È anche una fantastica occasione per te.”
“Ma papà, abbiamo sempre trascorso insieme il Natale. E come farete  con il negozio?”
La signora Aoba si inginocchiò davanti a lei, appoggiandole le mani sulle gambe e guardandola negli occhi come aveva fatto tante volte quando era stata più piccola.
“Non devi preoccuparti per noi, ce la caveremo. Tuo padre ha ragione, passare il Natale nel castello di un Conte non è un’occasione che capita tutti i giorni, soprattutto a gente come noi.”
Yayoi scosse la testa.
“Io continuo a credere che abbiano sbagliato persona.”
“E se anche fosse? Quando se ne accorgeranno potrai sempre tornare a casa.”
“Non so se il passaporto è in regola.”
“Tesoro, abbiamo sistemato tutti i passaporti quest’estate.” Rispose pazientemente la madre.
“E non abbiamo fatto l’albero. E…”
“Basta Yayoi! – Il tono del signor Aoba era perentorio – Di cosa hai paura?”
Gli occhi le si inumidirono di lacrime.
“Non voglio deludervi, passare il Natale insieme è sempre stata una tradizione.”
“L’unico modo che hai per deluderci è non sfruttare le opportunità che la vita ti mette davanti. Va’ e divertiti.”
Yayoi si alzò e abbracciò forte il genitore.
“Ti voglio bene papà!”
La campanella indicò che un nuovo cliente era entrato in negozio.
“Tutti al lavoro. – Ordinò la signora Aoba – Dopo la chiusura faremo il più grande regalo albero di Natale che si sia mai visto e festeggeremo un po’ in anticipo.”


_______________________________
E vediamo che i progetti di Yayoi per la vacanza vengono ribaltati dopo nemmeno 24 ore a causa di questo misterioso invito.
Chi si celerà dietro di esso? La prima ipotesi dei genitori viene perentoriamente smontata dalla ragazza...
 

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Capitolo 3
*** III ***


 
22 Dicembre
 
Narita era parecchio affollato, per fortuna Yayoi era stata previdente ed era giunta all’aeroporto con un discreto anticipo e nonostante la coda ai controlli era perfettamente in orario per imbarcarsi. Non le restava che attendere che sul display luminoso venisse indicato il gate. Aveva tempo per bere qualcosa di caldo e mandare un messaggio ai genitori per rassicurarli, dato che non aveva voluto farsi accompagnare rischiando di lasciare il negozio sguarnito di personale.
Trascinò dietro di sé il trolley, in cui aveva cercato di infilare più abiti possibile che fossero adatti al castello, fino al primo bar, cercando la lista delle bevande.
“Aoba! Ti credevo al lavoro!” la voce possente di Genzo la raggiunse alle spalle.
“Wakabayashi! E io ti credevo a Nankatsu!”
“Cambio di programma dell’ultimo minuto. Posso offrirti qualcosa?”
Entrambi presero una cioccolata da asporto e si sedettero sulle prime sedie libere che trovarono.
“Fammi indovinare – esordì Wakabayashi – hai ricevuto anche tu un misterioso invito dai Conti di Yamamori?”
Yayoi annuì sorpresa, non si aspettava che Genzo avrebbe fatto il viaggio con lei.
Il ragazzo accavallò le gambe.
“Ti dirò di più: dovrebbero arrivare anche Yoshiko ed Hikaru, sempre che Matsuyama sia riuscito a scendere dal letto! Appena iniziano le vacanze si trasforma in un ritardatario cronico!”
Aoba scoppiò a ridere alla constatazione sul solitamente puntuale Matsuyama.
“Parli del diavolo…” Annunciò Genzo, alzandosi per accogliere i due nuovi arrivati.
Yoshiko lanciò un urletto di gioia e corse ad abbracciare Yayoi.
“Che bello! Ci sei anche tu!”
Yayoi contraccambiò con gioia.
“Sono felice di non dover affrontare questo viaggio da sola. Voi avete un’idea del perché questi Conti ci abbiano invitato?”
Tutti scossero la testa.
“Inizialmente – spiegò Wakabayashi – pensavamo che l’invito potesse venire da Jun, ma non ha molto senso che non ci abbia invitato di persona, dato che eravamo insieme fino all’altro ieri.”
Fujisawa proseguì convinta.
“Jun non avrebbe mai mandato quel tizio strano a consegnarci delle buste. Poi lo sapremmo se fosse un Conte, insomma, Hikaru divide la stanza con lui, se ne sarebbe accorto!”
“È quello che dico anch’io!” Confermò Yayoi.
Il ragazzo di Hokkaido incrociò le braccia:
“È vero che Jun è molto riservato e non parla mai della sua famiglia e di quello che fanno in Cambiria, ma una cosa così grande non avrebbe potuto tenerla nascosta. In ogni caso ho fatto delle ricerche su questi Conti di Yamamori: sono una delle famiglie più antiche ed importanti della Cambiria. Dovrebbero avere un figlio più o meno della nostra età, ma in questi giorni ogni ricerca su di loro conduce alla notizia del fidanzamento della nipote della Contessa col Principe ereditario, ufficializzato settimana scorsa.”
“Accidenti, Matsuyama -  lo prese bonariamente in giro Genzo – sei un vero segugio! Le lezioni di Gamo fanno bene dopo tutto.”
“A proposito, Hikaru, come farai con la tua analisi?” Domandò preoccupata Yayoi.
“Ho portato qualcosa in valigia, ma questo mistero è troppo allettante.”
“Hikaru! – Yoshiko mollò una gomitata nello stomaco al ragazzo – È apparso il numero del gate, meglio andare.”
 
 
Il volo in aereo era durato qualche ora, durante le quali le congetture sul viaggio erano diventate via via più inverosimili, finché Yayoi non si era addormentata.
Era stata svegliata dal rollio dell’atterraggio. Insieme agli amici si era diretta all’uscita.
“Ora come raggiungiamo Old Castle? - Domandò Wakabayashi – Non credo che potremo semplicemente dire ad un taxista di portarci là.”
“Guardate!” Hikaru indicò un uomo che aveva tutta l’aria di essere il “tizio strano” che aveva consegnato loro gli inviti e che li stava raggiungendo.
“Buongiorno. Vedo che avete accettato tutti gli inviti. I conto di Yamamori mi hanno ordinato di accompagnarvi fino ad Old Castle. Da questa parte.”
Li condusse fino ad un’automobile coi vetri oscurati su cui li fece accomodare dopo aver depositato le valigie nel bagagliaio.
“Quanto dista Old Castle dalla capitale?” Domandò Yoshiko.
“Circa un paio d’ore. Dobbiamo raggiungere quelle montagne.”
Old Castle, la residenza dei conti di Yamamori, era situata nella zona più montuosa della nazione.
Mano a mano che il tragitto veniva percorso, la neve ai lati della strada diventava sempre più abbondante.
Dopo un’ora e mezzo, uscirono da un borgo e cominciarono ad arrampicarsi per una salita.
“Il castello è in montagna?” Domandò stupito Matsuyama.
“Non proprio – rispose il loro autista – è su una collina da cui domina la cittadina sottostante. Ci siamo quasi.”
Non appena Old Castle apparve in tutta la sua magnificenza da dietro la curva, Aoba restò a bocca spalancata.
“Sembra una fiaba.”
La struttura in mattoni a vista con varie torri le ricordava quella dei castelli europei che aveva studiato in uno dei suoi corsi e che aveva visto quando si recava dai parenti materni.
“Si trattano proprio bene questi Conti!” Commentò Genzo scendendo dall’auto.
Hikaru non perse l’occasione per punzecchiare il compagno.
“Villa Wakabayashi ha trovato  una residenza rivale?”
“I Conti di Yamamori vi staranno aspettando.”
Furono condotti nell’ingresso, dove trovarono i Conti sulla scalinata. Erano una coppia sulla cinquantina, molto elegante. A Yayoi ricordarono istintivamente Jun, ma cercò di scacciare il pensiero di Misugi.
Fu la Contessa a prendere la parola:
“Benvenuti a Old Castle! Da tempo desideravamo conoscere i compagni di studi di nostro figlio e abbiamo pensato che non ci fosse occasione migliore del Natale per invitarvi a palazzo.”
“Jun non ci parla quasi mai di voi. – proseguì il Conte – Purtroppo ha il vizio di tenere ermeticamente separato ogni aspetto della propria vita.”
Matsuyama sbottò:
“Ce ne siamo accorti, dato che non ci ha mai detto niente di…” Si interruppe a metà, fulminato da un’occhiata di Yoshiko.
“Dovete scusare Hikaru, vostre Eccellenze, a volte non sa quando è opportuno tacere.” Yoshiko si inchinò.
La Contessa scosse una mano:
“Non preoccupatevi. Ora immagino che sarete stanchi per il viaggio. Masao vi mostrerà le vostre stanze. – indicò un maggiordomo in livrea – Avremo modo di conoscerci più tardi, quando rientrerà anche Jun.”
 
 
Rimasta sola, Yayoi osservò con meraviglia la camera che le era stata assegnata: era grande almeno tre volte rispetto a quello che aveva a casa e si trattava di una stanza per gli ospiti. Non osava immaginare come fossero le camere dei proprietari.
Un grande letto a baldacchino torreggiava al centro della stanza, coperto da un copriletto con preziosi ricami eseguiti a mano e tende in coordinato. L’armadio era gigantesco, i suoi vestiti avrebbero avuto fin troppo spazio a loro disposizione. A fianco era collocato un comodo specchio a figura intera. C’era anche un tavolo con un paio di sedie.
Yayoi scostò una delle tende ed osservò il paesaggio: la finestra dava sul grande cortile posteriore, ora completamente innevato, ma che lasciava intravedere siepi tagliate regolari, statue ed aiuole. Più lontano il bosco e le montagne.
Un cavaliere stava arrivando al galoppo, elegante in sella ad un cavallo grigio. Mano a  mano che si avvicinava, a Yayoi sembrava una figura familiare.
 Subito accorse un cameriere ad accogliere animale e padrone.
Il cavaliere alzò il volto verso il castello e Yayoi poté vederlo negli occhi, incrociando il suo sguardo.
La ragazza si allontanò di scatto dalla finestra, appoggiandosi con la schiena alla parete e inspirando a fondo, cercando di calmare il battito del cuore: aveva appena avuto la conferma che Jun Misugi era veramente il figlio dei Conti di Yamamori.
 

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Capitolo 4
*** IV ***


23 Dicembre         
 
Nell’ala est di Old Castle era ospitata una delle più belle biblioteche che Yayoi avesse mai visto: alcuni dei volumi erano antichi e preziosi. Su consiglio del Conte, aveva accompagnato Hikaru che doveva lavorare al pc per l’elaborato da presentare al professor Gamo, mentre Yoshiko, da sempre ottima cavallerizza, non aveva resistito alla tentazione di uscire a cavallo accompagnata da uno dei ragazzi che si occupavano delle stalle e Genzo era impegnato in questioni familiari, a quanto pareva la madre non aveva molto gradito la sua defezione.
Esplorando tra gli scaffali, non poteva fare a meno di ripensare alla sera precedente e all’espressione del tutto indecifrabile di Jun quando aveva scoperto che erano ospiti al castello. Non era sembrato troppo contento di vederli lì, forse perché i suoi genitori avevano agito alle sue spalle invitandoli.
Afferrò un libro illustrato ed iniziò a scorrere le immagini.
“Yayoi, potresti aiutarmi un attimo? Non capisco il senso di questa frase!”
“Eccomi!” Lasciò gli scaffali e raggiunse Matsuyama al tavolo. Il ragazzo stava leggendo un articolo in inglese.
“Non so il significato di queste parole.”
Yayoi parlava correntemente l’inglese da quando era piccola e in pochi istanti riuscì a risolvere il problema dell’amico.
“Grazie! Normalmente avrei chiesto a Yoshiko, ma è fuori.”
“Come va con il tuo lavoro?”
“Tralasciando il fatto che Gamo non ha ancora caricato sulla piattaforma online metà del materiale che aveva promesso, direi abbastanza bene.”
“Buongiorno ragazzi!”
L’arrivo inaspettato di Jun fece sobbalzare Aoba, portandola a staccare lo sguardo dal computer.
Il giovane nobile era accompagnato da una donna e pareva aver recuperato l’abituale buon umore.
“Vi posso presentare la Contessa Midori, mia cugina.”
“Quella che è fidanzata col Principe?” Rispose Hikaru, mentre Yayoi nascondeva la faccia in una mano cercando di sprofondare nel terreno per l’indiscrezione di Matsuyama. Dov’era Yoshiko quando c’era bisogno di lei?
La donna scoppiò a ridere.
“Proprio a io! Vedo che le notizie volano.”
Jun delicatamente la condusse vicino agli amici:
“Hikaru Matsuyama, da buon avvocato in erba è un curiosone ed il mio compagno di stanza.”
Matsuyama si alzò e fece un leggero inchino.
“Molto piacere!”
“Yayoi Aoba segue con me i corsi di Storia delle Arti.”
Anche la ragazza accennò un inchino.
“Non siate così formali: gli amici di mio cugino sono anche amici miei. È un piacere avervi qui a palazzo! Immagino che parteciperete anche al gran ballo della sera  di Natale.”
“Quale gran ballo? Non ditemi che sono fuggito dai ricevimenti di Nankatsu per ritrovarmi in mezzo ad uno  in più grande stile? – anche Wakabayashi li aveva raggiunti – Genzo Wakabayashi, per servirvi.” Si inchinò e fece il baciamani alla sconosciuta.
“Contessa Midori, molto piacere. – si rivolse poi al cugino – Jun, non ci posso credere che tu non gli abbia detto del ballo!”
Misugi si strinse nelle spalle
“Ho saputo anch’io solo ieri sera che sarebbero stati nostri ospiti! È tradizione che la sera di Natale a Old Castle venga organizzato un ricevimento a cui partecipano le personalità più in vista della regione.” Spiegò poi.
Genzo esibì un sorrisetto compiaciuto.
“Fortunatamente infilo sempre un completo elegante in valigia, non si sa mai nella vita.”
Yayoi guardava la scena con occhi sbarrati, facendo mente locale su quello che aveva portato con sé: aveva degli abiti carini, ma nulla che fosse adatto ad un ricevimento in grande stile.
La Contessa Midori venne in suo soccorso:
“Yayoi, tu non hai un abito?”
La ragazza scosse la testa.
“Dobbiamo rimediare immediatamente, non c’è un istante  da perdere.”
La Contessina la prese per mano e la condusse senza sentire ragioni dalla biblioteca verso le proprie stanze, nell’ala riservata alla famiglia dei Conti di Yamamori. Lungo il tragitto incrociarono Yoshiko che rientrava dalla cavalcata e che si unì al gruppetto.
In breve Yayoi si ritrovò in canottiera con la cameriera personale della Contessina che le prendeva le misure per un vestito.
“Ovviamente è troppo tardi per fare un abito da capo, ma sono sicura che Jean-Philippe troverà qualcosa nel suo atelier, col tuo fisico non dovrebbe esserci nessun problema.” Stava dicendo quest’ultima.
“Oh, non c’è bisogno di tutto questo, Contessa.” Yayoi cercava di schernirsi, totalmente in imbarazzo.
“Invece c’è bisogno. E chiamatemi Midori.”
In un angolo, Yoshiko ridacchiava per l’imbarazzo dell’amica.
“E tu smettila di ridacchiare! – La redarguì Aoba, mentre la cameriera terminava il suo lavoro – Dovresti invece tenere a bada la curiosità del tuo fidanzato.”
Yoshiko si strinse nelle spalle.
“Sai come è fatto Hikaru, è senza filtri.”
La Contessina si voltò di scatto verso Fujisawa.
“Quindi voi due state insieme! – Si picchiettò un dito sul mento – Mi sembrate una bella coppia. A proposito, tu ce l’hai un vestito?”
Yayoi si rinfilò il maglione e si avvicinò all’amica.
“Ora tocca te essere torturata!”
 
 
Dopo pranzo Jun accompagnò gli amici in una passeggiata nel giardino sul retro del castello, finalmente erano tutti e cinque insieme da soli.
Come quasi sempre, il primo a prendere la parola fu Hikaru:
“Quindi tu vivi davvero qui?”
Misugi sospirò:
“Già, come vedi casa mia non è un buco nero.”
“Chiamala casa! - Ribatté il compagno di stanza – Nemmeno uno degli hotel del padre di Yoshiko è così grande!”
Genzo intervenne dal fondo del gruppetto.
“Sì, beh, è una discreta dimora. Ancora non mi è chiaro, però, se ti fa piacere averci qui.”
Jun si arrestò, dando a Yayoi l’impressione di soppesare le parole.
“Certo che mi fa piacere avervi qui. Solo non me l’aspettavo. Non sono abituato a frequentarvi al di fuori dell’università.”
Ad Aoba la risposta trasmise distanza: nonostante le varie provenienze, lei, Yoshiko, Genzo ed Hikaru avevano sempre trovato il modo di restare in contatto e vedersi qualche volta durante le vacanze estive, Jun, invece, spariva. Ora capiva perché, il figlio dei Conti di Yamamori non aveva tempo da perdere con loro, in fondo per lui erano solo colleghi di studio.
“Queste siepi sono altissime!  Chissà che fioritura in primavera ed estate!”
Il commento di Yoshiko la risvegliò dalle sue considerazioni.
“Mia madre ne è molto orgogliosa. Ha voluto i migliori giardinieri della nazione per prendersene cura. D’estate facciamo anche vari ricevimenti in questo giardino.”
“Anche coperto di neve fa un bellissimo effetto.” Considerò Matsuyama.
Wakabayashi scoppiò a ridere:
“Hikaru, non avevo dubbi che avresti trovato il modo di lodare il tuo elemento naturale!”
“Certo Genzo! Neve vuol dire casa.”
Hikaru fece una linguaccia poi si piegò verso terra. Rapido raccolse un po’ di neve e formò una palla che prontamente lanciò contro lo studente di economia.
“Matsuyama, vuoi la guerra?”
I due persero ogni contegno, iniziando una battaglia a palle di neve, mentre Yoshiko guardava disapprovando.
“Siete tornati indietro di parecchi anni?”
“Sei silenziosa oggi.” Misugi si era avvicinato a Yayoi, che non aveva ancora detto una parola da quando erano usciti all’aperto.
La ragazza fece per replicare, ma un proiettile di neve la raggiunse sulla sciarpa. Sentendosi sfidata si unì alla battaglia, sollevata di non dover dare spiegazioni per il momento.
Dopo qualche istante anche i più reticenti Yoshiko e Jun furono trascinati nel gioco e per qualche minuto ogni preoccupazione fu abbandonata. Fino a quando…
“Jun!”
Una voce stridula fece fermare Yayoi col braccio alzato, pronta a colpire proprio in direzione di Misugi.
“Per l’amor del cielo, Jun! Ma come ti sei ridotto!”
Una donna più o meno delle loro età arrivò di corsa ed iniziò a liberare il Conte dalla poca neve depositatasi sul cappotto.
“Jun, potresti prendere freddo. Cosa ti è saltato in mente?”
“Va tutto bene Mayoko. Mi stavo solo divertendo con i miei amici.”
La donna si voltò verso gli altri e Yayoi avvertì chiaramente l’astio con cui li osservava.
“Questa è la Baronessa Mayoko.” La introdusse Jun.
“Le presentazioni in un altro momento! Ora andiamo dentro a toglierti di dosso questa roba bagnata. Su, tesoro!” Gli arpionò un braccio e di peso lo spinse verso l’interno del palazzo, lasciando gli altri a guardarsi l’un l’altro.
“Tesoro?” Fu il solo commento di Matsuyama.



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Scusate il ritardo,questo capitolo avrebbe dovuto essere postato ieri, ma purtroppo questi giorni pre-natalizi si stanno rivelando più impegnativi del previsto.
Spero di riuscire a postare in nottata, o al più tardi domattina presto il capitolo relativo alle vicende del 24 dicembre.

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Capitolo 5
*** V ***


24 Dicembre
 
La mattina della vigilia fu portato nel salone un grosso albero di Natale che venne decorato, sotto la supervisione del Conte e della Contessa.
“Questo albero è immenso!” Yayoi non riuscì a trattenersi quando lo vide, ricevendo in cambio un’occhiata minacciosa dalla Baronessa Mayoko, anch’essa presente.
Wakabayshi si rivolse cortesemente ai padroni di casa.
“Vedo  che qui il Natale è una festività molto sentita.”
Il Conte di Yamamori annuì e spiegò.
“La Cambiria è un nazione piuttosto particolare: nonostante ci troviamo in Asia, la cultura europea è sempre stata molto presente e si è fusa con le tradizioni più autoctone. Attualmente si stima che circa la metà della popolazione sia di origine europea e l’altra metà asiatica.”
“Una sorta di collegamento tra oriente ed occidente.”
Hikaru si inserì nel discorso:
“Un po’ come la nostra Yayoi!”
Chiamata in causa, Aoba arrossì e si affrettò a rispondere.
“Sei il solito esagerato. Mio padre è giapponese, mentre mia madre è di origine irlandese.”
La Contessa si avvicinò con un sorriso.
“Quindi conoscerai un sacco di tradizioni. Noi stasera faremo una cena in famiglia e con i nostri conoscenti più intimi, dopodiché ci scambieremo dei doni. Tutti voi siete invitati. Non appena l’albero sarà ultimato chiunque abbia dei pacchetti li potrà disporre al di sotto.”
Detto questo raggiunse la Contessina Midori che stava aprendo uno scatolone di palline multicolore.
“Queste erano le preferite mie e di Jun da bambini!”
Yayoi approfittò dell’acqua lasciata a disposizione su un tavolino per allontanarsi di qualche passo dal quadretto familiare. Afferrò la caraffa e riempì un bicchiere, sospirando.
Yoshiko la raggiunse.
“Yayoi, che ti succede?”
“Non credo che il dono che ho portato sia adatto.” I genitori, prima della partenza, le avevano impacchettato la più bella decorazione che avevano in negozio, come piccolo ringraziamento per l’invito ricevuto.”
Fujisawa le appoggiò una mano sul braccio.
“Non preoccuparti, i Conti non mi sembrano persone materiali, qualunque cosa tu abbia portato andrà benissimo. Del resto, cosa si può regalare a chi ha già praticamente tutto?”
“Lo so, ma le occhiatacce della Baronessa Mayoko mi fanno sentire terribilmente fuori luogo.”
 
 
Alla fine Yayoi si era convinta a portare il proprio regalo sotto l’albero del salone per lo scambio del dopo cena, dopotutto i Conti avevano dimostrato di conoscere la sua provenienza e l’avevano invitata ugualmente al castello. Mancava poco all’appuntamento ed aveva indossato uno dei suoi abiti preferiti, di lana rossa con la gonna che arrivava al ginocchio, solitamente lo utilizzava ai pranzi natalizi in famiglia.
Appoggiò il pacchetto su un tavolino ed utilizzò uno degli specchi del corridoio per darsi un’ultima sistemata. Da una porta socchiusa lì vicino provenivano delle voci.
“Ti prego Jun, non dirmi che anche quell’insulsa plebea dai capelli rossi sarà a cena e parteciperà al ballo di domani. È inconcepibile.”
A Yayoi si gelò il sangue nelle vene.
“Mayoko…”
“Oh, non parliamo di lei. Piuttosto, credi che dovremo sfruttare il ballo per annunciare il nostro fidanzamento?”
Aoba si allontanò d’istinto, non voleva ascoltare altro, e corse verso la propria stanza.
“Yayoi, dove corri?” Le chiese Yoshiko che stava uscendo dalla camera a lei assegnata.
“Non mi sento bene, torno in stanza. Scusami con gli altri per la cena.”
Chiusasi la porta alle spalle, il suo primo pensiero fu quello di prendere la valigia, fare i bagagli ed andare il più lontano possibile da lì. Non avrebbe mai dovuto accettare l’invito.
Spalancò l’armadio ed iniziò a gettare alla rinfusa i vestiti sul letto, mentre calde lacrime iniziavano a scenderle della guance. Aveva capito fin da subito che alla Baronessa Mayoko lei non fosse particolarmente simpatica, ma che Jun condividesse le sue opinioni la feriva nel profondo. Si era sempre fidata di lui come di poche altre persone ed ora si sentiva tradita.
Doveva lasciare il castello. Voleva tornare a casa sua, ma chi l’avrebbe portata fino all’aeroporto la sera della vigilia di Natale? Oltretutto, dubitava ci fossero voli per Tokyo.
Si accasciò a terra esausta, realizzando che non avrebbe potuto andarsene prima di due giorni.
 
 
Probabilmente la cena era finita da un bel pezzo e tutti sarebbero stati intenti a scartare i pacchetti. Non le importava molto.
Stava passeggiando senza una meta precisa nel giardino, incurante del freddo e del buio, dato che solo la metà dei faretti dell’illuminazione era accesa.
Le lacrime non avevano ancora smesso di cadere.
“Yayoi! - Jun era arrivato trafelato – Yoshiko ci ha detto che non ti sentivi bene. Che fai qui fuori?”
Aoba si voltò di scatto:
“Adesso ti importa qualcosa di questa insulsa plebea?”
Misugi, colto alla sprovvista, fece un passo indietro.
“Ma cosa dici?”
“Forse è meglio che torni dentro dalla tua fidanzata, ti starà aspettando.”
Lo superò senza nemmeno guardarlo.
“Aspetta!” Jun le afferrò un braccio per fermarla.
“Lasciami!”
“Io non so cosa tu creda di sapere, ma ti posso assicurare che non ho nessuna fidanzata e che non ti considero per niente una plebea!”
Con uno strattone Yayoi si liberò della presa dell’uomo.
“Quindi avrei avuto un’allucinazione? So bene quello che ho sentito!”
“Non ne dubito, ma non credo tu abbia sentito tutto!”
“E cosa importa? – Yayoi si accorse di star iniziando a gridare e cercò di contenersi per non far accorrere qualcuno del personale del palazzo – Non ci hai mai detto di essere un Conte, ci hai sempre tenuto all’oscuro di tutto. Ti sentivi superiore a tal punto?”
“Al contrario. – ribatté Jun – Sono venuto a studiare all’estero per essere trattato alla pari degli altri e non con lo zelo solitamente riservatomi qui per via della mia posizione. Non vi ho mai detto chi fossi in realtà, perché non volevo essere considerato diversamente da come mi consideravate. Se mi ritenessi davvero superiore, non vivrei di certo nel collegio con Hikaru!”
“Non scherzare!”
“Non sto scherzando. Ti prego, credimi.”
Yayoi scosse la testa.
“Non so più che pensare Jun, ci hai nascosto troppe cose. Mi hai nascosto troppe cose. Buona serata.”
Si voltò e riprese la strada del castello.
Aveva fatto appena pochi passi quando sentì un tonfo pesante nella neve, alle proprie spalle. Si rigirò e trovò Jun seduto a terra, occhi chiusi e testa rivolta verso l’alto. Con una mano si slacciava la parte superiore del cappotto, mentre prendeva grossi respiri.
Si spaventò e decise che non poteva lasciarlo da solo nella neve.
“Jun, che hai?”
“Niente – rispose lui, riaprendo gli occhi – solo un piccolo capogiro. Era parecchio tempo che non mi capitava.”
“Che vuoi dire?”
“Da ragazzino ho avuto dei problemi cardiaci, ma ora è tutto risolto.”
Dopo qualche istante Jun si alzò.
“Meglio rientrare.”
“Ce la fai da solo?”
“Non sono malato.”
Raggiunsero il palazzo in silenzio e rientrarono insieme. Jun affidò il proprio cappotto ad una cameriera che, preso in consegna l’indumento si dileguò.
“Devo chiederti un favore. – esordì afferrandole le mani – Non dire nulla a mia madre di quanto successo in giardino, si preoccuperebbe per niente.”
Yayoi ritrasse le mani.
“Sempre segreti.”
“Vieni nel salone, gli altri stanno aspettando per i regali.”
“Non ne ho voglia. Buonanotte.”
Yayoi salì le scale e non tornò più indietro, non se la sentiva di vedere nessuno per il resto della serata. Si chiuse in camera e si gettò sul letto.


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Con gli auguri di un sereno Natale a tutti, anche se qui la situazione si è in po' ingarbugliata.

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Capitolo 6
*** VI ***


25 Dicembre
 
Yayoi venne svegliata da alcuni colpi alla porta. Lentamente si stiracchiò ed andò ad aprire.
“Buon Natale!” Yoshiko la travolse con un abbraccio.
“Buon Natale anche a te!” Rispose, ricambiando la stretta.
Nel far accomodare l’amica nella stanza, si accorse per la prima volta del piccolo alberello di Natale che qualche cameriera aveva installato il giorno prima.
“Come stai? – domandò Fujisawa – Ci sei mancata ieri a cena e allo scambio dei doni.”
“Non ero dell’umore adatto, vi avrei rovinato la serata. Immagino invece che la Baronessa abbia fatto i salti di gioia.”
Yoshiko scosse la testa.
“Non più di tanto, ho avuto l’impressione di un certo gelo tra lei e Jun.”
Yayoi rimase colpita dalla notizia e restò pensierosa.
Qualcun altro bussò alla porta.
“Aspetti qualcuno?”
Aoba si strinse nelle spalle.
“Saranno le cameriere. Avanti!”
Ad entrare non fu una delle cameriere, bensì la Contessina Midori, già vestita e festa per l’occasione.
“Buon Natale a voi!”
Le due ragazze scattarono in piedi  per rispondere all’augurio.
“Auguri Contessina. Mi scuso se mi ha trovata ancora in pigiama.”
“Non dire assurdità! E ti avevo detto di chiamarmi Midori. Sono venuta perché ho bisogno di parlare a quattr’occhi con te.”
Yayoi annuì e fece cenno a Yoshiko che poteva andare tranquillamente.
“Ci vediamo più tardi – disse quest’ultima – credo che andrò a fare gli auguri ad Hikaru!” E lasciò la stanza sorridendo.
Rimasta sola con la Contessina, Yayoi si preparò alla battaglia che era certa sarebbe iniziata da lì a poco.
“Cosa volevi dirmi?”
“Jun mi ha raccontato cosa è successo ieri sera.”
“Come sta?” Domandò, ricordandosi improvvisamente che Misugi aveva accusato un piccolo malore.
Midori sorrise a quel moto di interesse spontaneo.
“Sta bene, non preoccuparti. Prima o poi doveva trovare qualcuna che gli facesse girare la testa.”
La frecciata la colpì in pieno stomaco. Avrebbe voluto ribattere, ma la Contessina non gliene diede il tempo.
“Sull’altro versante, gli ho dato una bella lavata di testa. Anche lui ha le sue colpe in quello che è successo. – con un gesto invitò Yayoi a sedersi sul letto – Ti posso però assicurare che Jun non condivide le opinioni retrograde della Baronessa. Nessuno in questa famiglia le condivide. I Conti di Yamamori sono tra le persone più aperte che io conosca. Per esempio, sapevano che mandando loro figlio a studiare lontano da casa avrebbe inevitabilmente frequentato persone non nobili eppure sono stati i primi ad appoggiare la sua scelta.”
Yayoi  annuì.
“A mente fredda posso credere a questo.”
“Jun dice che hai sentito anche altro, ma non ha idea fino a che punto…”
Aoba strinse il copriletto con una mano, era difficile per lei confidarsi con chi conosceva, figurarsi con un’estranea, tuttavia il  sorriso della Contessina era incoraggiante. Ora che lo notava era lo stesso sorriso di Misugi.
“La Baronessa aveva proposto di annunciare il loro fidanzamento al ballo di questa sera.”
Midori fece una smorfia disgustata.
“Tipico di Mayoko pensare che tutti siano disposti ad assecondare ciò che le passa per la testa. Solo perché lei e mio cugino si conoscono da quando sono bambini ha sviluppato la convinzione che si debbano sposare, soprattutto da dopo che la nostra famiglia si avvicinerà alla famiglia reale. Mayoko non è realmente interessata a Jun, quanto alla posizione che occupa e Jun abbastanza sveglio da non lasciarsi abbindolare da una come lei.”
Yayoi seguitava ad essere dubbiosa.
“Ne sei sicura? La Baronessa non è mai stata fidanzata con Jun?”
“Solo nella sua testa. – Rispose Midori con convinzione – Se fosse per mio cugino, l’avrebbe già mandata via dal castello dopo la conversazione di ieri pomeriggio, ma purtroppo è ospite degli zii e non sua.”
Yayoi si sentì improvvisamente sollevata, come se un grosso macigno le fosse stato tolto di dosso.
Midori si alzò per congedarsi.
“Ti do un ultimo consiglio: fidati di Jun. Anche se vi ha tenuto nascoste delle cose, non l’ha fatto con cattive intenzioni. Ora ti lascio vestire, spero che oggi ci raggiungerai.”
“Credo di sì.”
La Contessina si fermò sulla porta.
“Non dimenticare che Jean-Philippe oggi pomeriggio porterà gli abiti per il ballo.”
“Un ballo forse è troppo per me.”
“Sciocchezze! Ti dirò di più, se non indosserai uno dei suoi vestiti, Jean-Philippe ci rimarrà malissimo. Tu non vuoi deludere un povero stilista, vero?”
Midori chiuse la porta e se ne andò senza attendere la risposta.
 
 
Il gran ballo era finalmente arrivato e il nervosismo di Yayoi aveva raggiunto il colmo,  soprattutto perché non aveva avuto modo di scambiare troppe parole con Jun oltre agli auguri di rito. Si era anche scusata con i suoi genitori per l’assenza alla cena della vigilia.
A pranzo si erano recati tutti nella sala dove solitamente consumava i pasti il personale di servizio, poiché i Conti avevano spiegato che tradizionalmente il pranzo di Natale veniva condiviso con chi si occupava tutto l’anno di mantenere efficiente la loro dimora. Chissà come mai della Baronessa Mayoko non si era vista traccia
 Dopodiché Midori aveva sequestrato lei e Yoshiko e le aveva tenute con sé tutto il pomeriggio, in attesa di Jean-Philippe e di tutto lo staff che le avrebbe aiutate a vestirsi e prepararsi.
Prima di lasciare la stanza si guardò un’ultima volta nel grande specchio a figura intera. Lo stilista aveva portato due vestiti magnifici ed entrambi le calzavano a pennello al punto che era stata indecisa fino all’ultimo. Alla fine aveva scelto quello col corpetto verde scuro e la  gonna che  sfumava gradualmente verso tonalità più chiare. Così vestita e truccata poteva sembrare per qualche secondo una nobile.
“Yayoi, andiamo! I ragazzi saranno già nel salone.” La chiamò Yoshiko che indossava un abito blu adornato da una decorazione di cristalli luccicanti.
Al loro ingresso nel salone del ricevimento furono annunciate dal cerimoniere.
Subito si recarono a salutare i Conti, il figlio e la nipote che accoglievano gli ospiti mano a mano che arrivavano.
“Conti di Yamamori, è un onore essere vostri ospiti.” Fecero una riverenza.
“Il piacere di avere tra noi due donne così eleganti è tutto nostro.” Rispose il padre di Jun.
Risollevandosi, Yayoi si soffermò su Jun ed arrossì senza volerlo: era così affascinante in abito da ballo e con la fascia di traverso che indicava il suo grado nobiliare.
Raggiunsero Hikaru e Genzo che le attendevano.
“Matsuyama, impara come si fa.” Subito Wakabayashi si esibì in un galante baciamano con entrambe le amiche.
“Esibizionista!” Fu il commento di Hikaru che offrì il braccio a Yoshiko.
“Immagino che Jun sarà impegnato ancora per un po’ con i suoi genitori. Accetteresti di essere scortata da me?”
“Ma che domande fai? Certo che sì!”
Yayoi si avvicinò con Genzo all’albero di Natale e per la prima volta notò la decorazione che aveva portato in dono che faceva bella mostra di sé appesa ad un ramo centrale, ben visibile a tutti.
“Questa come è finita lì? Avevo dimenticato il pacchetto in giro da qualche parte.”
Genzo si strinse nelle spalle.
“Probabilmente l’hanno trovato le cameriere e l’hanno portato sotto l’albero. Ai Conti è piaciuta tantissimo e hanno voluto che fosse appesa subito. Avresti dovuto esserci ieri sera.”
Aoba si sentì commossa e al tempo stesso una sciocca ad essersi sentita inadatta.
Dopo un po’ la Contessina Midori li raggiunse.
“Finalmente tra poco si apriranno le danze. Solitamente Jun concede il primo ballo a sua madre.”
Invece Misugi non invitò la Contessa, ma andò dritto da Yayoi, inchinandosi davanti a lei.
“Mi faresti l’onore di concedermi questo ballo?”
Yayoi restò imbambolata a balbettare, finché non sentì Yoshiko che la spingeva avanti. Misugi la prese per mano e la condusse al centro del salone, iniziando a danzare.
La ragazza avvertiva gli occhi di tutti su di sé, come se fosse uno scandalo quello che era appena accaduto.
“Che cosa hai fatto?” Domandò in un fiato.
“Ti ho invitata a ballare.”
“Ma di solito fai il primo ballo con tua madre, invece…”
“Invece stasera ho scelto te.”
Misugi la fece piroettare, dando il segnale alle altre coppie per unirsi a loro. In poco tempo il salone si riempì di gonne vorticanti.
“Hai scelto la figlia del fioraio.”
“Essere figlia del fioraio ti rende forse meno intelligente? Meno acuta? Meno sensibile? Meno gentile?”
Un’altra piroetta li allontanò per qualche secondo.
“Certo che no.”
“È lo stesso motivo per cui in università non mi sono mai presentato come Jun Misugi Conte di Yamamori, ma come Jun Misugi e basta, per essere visto solo come un uomo. Quando guardo te non vedo la figlia del fioraio, vedo una giovane donna bellissima, dolce, sensibile, intelligente, non invadente, sempre col sorriso sulle labbra.”
La musica terminò in corrispondenza delle ultime parole del ragazzo.
“Ho bisogno di aria.”
Yayoi si separò da Misugi e, evitando a fatica le altre persone presenti, raggiunse la saletta adiacente. Nel percorso aveva intravisto la Baronessa Mayoko con un’espressione scandalizzata dipinta sul volto.
Si portò una mano al petto, dove il cuore le batteva a più del doppio della velocità consueta e non per la fatica della danza, aveva sentito chiaramente l’accelerazione nel momento stesso in cui Jun le aveva afferrato le mani. Se poi sommava il fatto che il giovane Conte si fosse praticamente dichiarato mentre ballavano…
“Hey!” Jun l’aveva raggiunta, chiudendo la porta.
“Dovresti essere di là dai tuoi ospiti.” Ansimò.
“Voglio essere qui con te. Ti ho già lasciato andare via troppe volte. Stai bene?” Aggiunse notando la sua agitazione.
“Sì, cioè no. Sì. Non so. – Spostò la mano alla fronte e iniziò a girare in tondo – Non sta succedendo davvero, le fiabe non esistono. Un castello, un conte, un ballo la sera di Natale, manca solo che…”
“Che tu perda la scarpetta?” Completò Misugi per lei.
“Non è possibile.”
Jun le si avvicinò e con delicatezza arrestò il suo movimento.
“Io sono reale. Non sarò un Principe, solo un semplice Conte, ma esisto davvero e sono qui davanti a te a dirti che ti amo. Yayoi Aoba, ti amo dalla prima volta che mi sei finita addosso nell’aula di Letterature europee.”
Il ricordo del loro primo incontro riuscì a far distendere un poco Yayoi, facendole abbozzare un sorriso. Appoggiò le proprie mani sul petto dell’uomo.
“In realtà, Jun Misugi, non ti ho amato da subito, mi ci è voluta un’intera settimana di università prima di accorgermi di essermi innamorata.”
Erano pericolosamente vicini, le loro labbra stavano per sfiorarsi.
La porta si spalancò di colpo.
“Ecco dov’eravate finiti!”
“Hikaru, sparisci immediatamente!” Tuonò Jun.
Com’era entrato, Matsuyama fece dietro front, lasciandoli nuovamente soli.
“Un giorno o l’altro lo soffocherò nel sonno! Dov’eravamo rimasti?”
“Non daremo scandalo chiusi qua dentro?”
“Non mi importa!”
“E cosa diranno i tuoi genitori?”
“A loro basta che io sia felice, inoltre fonti ben informate mi riferiscono che ti adorino.”
“Jun… Buon Natale!”
Finalmente le loro labbra si incontrarono in un lungo, agognato bacio, realizzando così la loro fiaba di Natale.



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Si conclude qui questa storiella senza troppe pretese, se non quella di fare un po' compagnia durantele feste, come una piccola fiaba natalizia.
Per me ha rappresentato anche l'occasione di cimentarmi con la narrazione attraverso gli occhi di un solo personaggio, nonostante Jun insistesse che vi mostrassi par intero al sua conversazione con Mayoko e Midori volesse pubblicamente bacchettare il cugino. XD
Ancora buone feste a tutti!

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