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di MissRosalie42
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 7.3 - Elia ***
Capitolo 2: *** 7.4 - Niccolò ***
Capitolo 3: *** 7.5 - Luca ***
Capitolo 4: *** 7.6 - Giovanni ***
Capitolo 5: *** 8.1 - Niccolò ***
Capitolo 6: *** 8.2 - Sana ***
Capitolo 7: *** 8.3 - Niccolò ***
Capitolo 8: *** 8.4 - Eva ***
Capitolo 9: *** 8.5 - Filippo ***
Capitolo 10: *** 9.1 - Maddalena ***
Capitolo 11: *** 9.2 - Mamma Rametta ***
Capitolo 12: *** 9.3 - Giovanni ***
Capitolo 13: *** 9.4 - Mamma Rametta ***
Capitolo 14: *** 9.5 - Elia [alternativo] ***
Capitolo 15: *** 9.5 + 10.1 - Niccolò ***
Capitolo 16: *** 10.2 - Silvia ***
Capitolo 17: *** 10.3 - Mamma Rametta ***
Capitolo 18: *** 10.4 - Giovanni ***
Capitolo 19: *** 10.5 - Elia ***



Capitolo 1
*** 7.3 - Elia ***


7.3 - Pace
28 novembre
Elia


"...Testa de merda..."
Inghiottì l'ultimo boccone del panino e girò la testa. Sì, era la voce di Gio. Per un istante pensò stesse parlando con Martino, che stava lì accanto a lui sulle scale, invece pareva ce l'avesse con qualcun altro.
Alla sua destra Luchino stava iniziando a raccontare qualcosa su sua madre tra un morso e l'altro, però lui non gli prestò molta importanza, perché Marti e Gio si stavano avvicinando.
Odiava quella situazione, quel silenzio tra lui e Martino che andava avanti da settimane, nonostante fossero in classe insieme e per di più vicini di banco.
Il problema era che il torto e la ragione non stavano da nessuna parte. Si era comportato male con Marti, lo aveva provocato di proposito, lo sapeva, però lo aveva fatto proprio per ottenere una reazione, perché era stufo di vedere uno dei suoi migliori amici comportarsi come stava facendo ultimamente. Non credeva di dovere delle scuse a Martino, e non pensava di meritarle da parte sua. E quindi? Come avrebbero risolto il problema? Non lo aveva neppure salutato.
E adesso Gio voleva andare tutti insieme alla casa al lago. Proprio perfetto.
Guardò negli occhi Martino. Forse, dopotutto, non servivano discorsi e scuse. Erano entrambi dispiaciuti e pentiti, non era abbastanza?
"Dai, regà, mamma mia..." sbuffò Gio, ed entrambi risero. Si abbracciarono e notò che Martino sembrava sollevato, così come doveva apparire lui stesso. Si erano comportati proprio come due cretini.

"No, non è il caso, non ci parliamo più" rispose Martino a Luca. Gli sembrò a disagio.
"Ma perché?" gli chiese allora. Questa cosa non la capiva proprio. Emma era bona, pareva pure simpatica, perché Martino si stava a comportà de merda pure con lei?

"...quello che mi ha ridato le cuffiette, le sue" aggiunse Marti, con una pausa.
"Beh?" fece lui, però poi lanciò uno sguardo a Gio, che annuì piano. Ne avevano parlato, di quella sera in cui Marti aveva mentito. Forse era iniziato tutto da lì. Lui e Gio avevano capito che Martino invece di uscire con loro aveva trascorso la sera con quel ragazzo, e avevano pensato subito che stesse facendo la fine di Gio dell'anno prima, solo che non aveva senso mentire ai suoi amici per un po' d'erba, fumavano già insieme. Avevano avuto paura che fosse finito in un giro peggiore, che il ragazzo delle cuffiette gli spacciasse qualcosa di ben più pericoloso.
"Praticamente... abbiamo avuto una mezza cosa" concluse Martino.
...beh, questa era nuova. Non particolarmente scioccante, doveva ammetterlo, ma nuova. Non aveva mai pensato che Martino potesse essere gay, ma adesso che glielo diceva, gli sembrava... ovvio, quasi. Quindi si dispiacque di vederlo così a disagio, ma lui non sapeva cosa dire. Cosa c'era da dire?
"...cioè, sei frocio?"
Santo e benedetto Luchino. Gli scappò una risata.

Sperò che tutto questo discorso su transessuali e bisessuali finisse presto, anche se gli scappò un sorrisetto. Si sentiva quasi in colpa a stare zitto, dopo il discorso di Martino. Ma cosa doveva dire? Tranquillo zì, può succedere a tutti di prendersi una cotta per un ragazzo, è successo persino a me?!
Come si fa a sapere di essere bisessuali? A lui piacevano le ragazze, eccome se gli piacevano le ragazze. Non è che poteva mettere in dubbio la sua eterosessualità solo perché il giorno che aveva conosciuto Giovanni si era preso una cotta per lui che era passata prima di subito, no?
"Vabbè, anche sticazzi?! Vi ho chiesto se venite al lago con noi..."
"Certo" rispose. Ovvio che sarebbero andati al lago, ma capiva perché Gio lo avesse chiesto di nuovo. Voleva provare a Martino che la risposta, prima e dopo la confessione sul ragazzo delle cuffiette, sarebbe stata la stessa. Si chiese come facesse Giovanni ad avere così tanta fiducia nel genere umano, ma nel momento in cui i suoi occhi incrociarono lo sguardo sorridente e sollevato di Martino, capì che in realtà la fiducia l'aveva riposta nei suoi migliori amici, e non si era sbagliato. Certo che non si era sbagliato.
"Però, Martì, io una cosa te devo chiede che non ho capito..."
Si voltò quasi terrorizzato verso Luchino. Chissà che stronzata avrebbe sparato adesso. Sperava solo che non fosse involontariamente offensiva, non voleva che Martino si chiudesse di nuovo a riccio.
"...ma adesso, ci posso provà co Emma?"
Risero tutti, e lui addirittura fece un piccolo sospiro di sollievo.
"Cioè, tutto quello che t'interessa de sto discorso è se ci puoi provà co Emma?"
"Sì, fondamentalmente sì"
Sì, Martino, non ci frega niente di chi ti vuoi scopare, pensò. Basta che non ci tagli più fuori dalla tua vita.
Non lo disse a voce alta, ma guardò Marti e gli sorrise. Non c'era bisogno di dirglielo, perché adesso Marti lo aveva capito.

Fine

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Capitolo 2
*** 7.4 - Niccolò ***


7.4 - Antidoto
29 novembre
Niccolò


Posò la matita sul banco e, prima di rileggere, si guardò intorno. Era rimasto da solo in classe durante l'intervallo, ma non riusciva a non sentirsi osservato, spiato. Ogni giorno, da parecchi giorni ormai, sentiva su di sé gli sguardi dei compagni.
Qualcuno, e lui aveva una chiara idea di chi fosse, aveva iniziato a mettere in giro delle voci. Niente di falso, niente di cui vergognarsi, ma... erano cose private, nessuno aveva il diritto di sbandierarle. Aveva paura che anche Martino ne pagasse le conseguenze, e forse lo stava già facendo. Si era accorto che aveva litigato con gli amici di sempre. Sperava fosse per qualcosa di più stupido, e non perché non lo accettavano. Comunque quella mattina, prima di entrare, lo aveva visto ridere con quello riccio, Giovanni, doveva essere lui, quindi forse le cose non gli andavano così male. O almeno, non gli andavano male come a lui, che si sentiva tristemente isolato.
Voleva stare con Martino, non gli aveva mentito, ma non era facile. Sentiva la pressione della malattia, dei genitori, di Maddalena, della situazione familiare di Martino stesso. Non era giusto scaricargli addosso tutti i suoi problemi, però non era neanche giusto trattarlo come stava facendo.
La verità era che non sopportava l'idea che Martino credesse che di lui non gliene fregava niente, non quando la verità era esattamente l'opposto.
Era ancora solo in classe, quindi rilesse il biglietto con tranquillità. Breve, ma sincero. Lo annodò alla boccetta di "antidoto" e infilò tutto in tasca. Sperava di riuscire a sgattaiolare nell'aula di Martino all'ultima ora, quando aveva educazione fisica  ed erano tutti in palestra, con il compito di latino ormai alle spalle e nessun pericolo che prendesse in mano il dizionario prima di andare via.
Ah beh perfetto, conosco tutti i suoi orari, sembro proprio uno stalker, pensò, massaggiandosi la testa. Doveva prendere una decisione. Stare con Martino, o lasciarlo in pace a vivere la sua vita tranquillamente. Non saper decidere lo divorava, ma nel frattempo doveva fare qualcosa, doveva fargli sapere che gli mancava.

Fine.

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Capitolo 3
*** 7.5 - Luca ***


7.5 - Sto a Bracciano
1 dicembre
Luca


Un minuto passò. Anche un altro. Ne passarono più di cinque, in cui i quattro ragazzi non fiatarono, si limitarono a fissare il cellulare di Martino come se fosse una strana creatura mitologica.
"Vabbè raga non chiama" disse Marti.
Luchino era un po' nervoso, alzò lo sguardo verso Giovanni e notò che aveva abbassato il suo, con aria colpevole. Bene, così ad essere depressi sarebbero stati in due.
"Mi dispiace, zì" disse Elia.
"Anche a me" aggiunse lui.
"Forse glielo dovevi scrivere..." disse Gio a voce bassa.
"Macchè zì, c'hai ragione, non è che glielo devo dire io di chiamare. Se mi vuole chiamare mi chiama. Non mi vuole chiamare. Non capisco neanche perché la cosa mi sorprenda tanto" Martino si alzò e andò a buttarsi sul divano, stringendosi ancora di più nella coperta che aveva sulle spalle.
Lui fu percorso da un brivido di freddo. Forse sta roba della tonsillite era un po' una cazzata. Così come forse loro non avevano nessun diritto di consigliare a Marti cosa fare. Com'erano le relazioni tra omosessuali? Tra bisessuali? Tra due ragazzi? Forse c'era qualche codice di condotta diverso? Forse le tecniche per conquistare l'amato non erano le stesse? "Forse non gli piace parlare al telefono..." provò a dire, ma incrociò lo sguardo di Elia, che stava scuotendo la testa.
"Vuoi stare un po' da solo?" chiese Gio a Martino.
"Non voglio cacciarvi via" rispose Marti, con un sorriso un po' spento.
"Ma no zì, tanto serve altra legna" disse Elia.
Si alzarono tutti e tre e si avviarono fuori, ma lui prima di uscire si avvicinò a Martino e gli diede una pacca sulla spalla. "Tanto è lui a perderci" gli disse.
Martino accennò un sorriso. Prese un cuscinò e lo colpì sul braccio "Copriti!" .

Fine.

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Capitolo 4
*** 7.6 - Giovanni ***


7.6 - Due ore
1 dicembre
Giovanni


Si scambiò un rapido sguardo con Elia, e si trovarono ovviamente d'accordo. Non potevano mica mandare Martino fuori al freddo a parlare con un ragazzo che si era fatto tutta la strada da Roma a Bracciano solo per lui. Quel gesto doveva pur significare qualcosa di importante, o no?
"Digli di venire qua" disse.
In dieci secondi li aveva radunati tutti e li aveva spinti fuori dalla porta, a malapena con i giubbotti addosso.
"Dai dai che sta passando!" gridò Elia. Fecero una corsa ma riuscirono a prendere l'autobus per Trevignano al volo.
"Ma quindi adesso che succede?" chiese Luchino con aria confusa.
"Succede che sto Niccolò va a casa da Martino e poi scopano. Se spera" rispose Elia ridacchiando.
"Conoscendo Marti se la starà facendo sotto per il nervoso" anche a Gio scappò una risata. E lui Martino lo conosceva bene. E proprio perché lo conosceva bene, sapeva benissimo che era innamorato cotto di questo Niccolò, perché altrimenti non ci avrebbe perso il sonno, altrimenti non avrebbe litigato coi suoi amici, altrimenti non avrebbe passato la notte da lui mentendo, e non avrebbe accettato di vederlo lì alla casa al lago, dove tutto poteva succedere.

Erano passate più di due ore e mezza, però Niccolò era ancora in casa. Per forza, altrimenti la macchina parcheggiata davanti all'ingresso di chi poteva essere? Martino glielo aveva detto che Niccolò era più grande, doveva già avere la patente.
Scambiò uno sguardo con Elia e anche con Luchino.
"Quindi, che famo?" chiese Luchino.
"Entriamo, no?" propose Elia, massaggiandosi le braccia.
In effetti anche Giovanni stava morendo di freddo.
Entrarono. Non c'era nessuno, la tv era ancora accesa con la partita in sospeso, il fuoco nel caminetto era praticamente spento, ma la porta della camera da letto era quasi completamente chiusa.
"Staranno là dentro?" sussurrò Luchino.
"O stanno là dentro o se so chiusi n'er cesso" commentò Elia, facendo qualche passo in avanti e affacciandosi nel bagno. "Vuoto!" esclamò a voce bassa, mettendosi a ridere. Luchino gli diede un pugno sul braccio per la presa in giro.
Gio si mosse coraggiosamente verso la camera da letto. Magari non stavano facendo zozzerie, magari stavano solo parlando, così avrebbe potuto avvisarli che erano rientrati e avrebbe potuto raccattare le sue cose prime di tornare di là.
Si fermò con l'orecchio vicino la fessura della porta. Sentì russare, così con una leggera spinta aprì un poco, e li vide sotto le coperte, che dormivano abbracciati, serenamente. Sorrise. Martino se lo meritava.
Tornò dagli amici "E niente zì, ce tocca er pavimento" ma non sembrava affatto scontento.

Fine.

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Capitolo 5
*** 8.1 - Niccolò ***


8.1 - Patatine e marmellata
2 dicembre
Niccolò


"Adesso ti toccherà conoscerli" disse Marti, con un sorriso pieno d'affetto, che stavolta non era per lui, ma era per i suoi amici. Lo invidiava tantissimo.
Lui non aveva mai avuto degli amici così. Non sapeva se era colpa della sua malattia, che lo aveva spinto a isolarsi, o se era stato solo sfortunato, oppure se semplicemente non aveva mai incontrato le persone giuste. Forse anche per questo si era attaccato così tanto a Maddalena, perché era l'unica persona che aveva, l'unica che lo sopportasse.
Ma non poteva continuare così, non era un bene per lui e nemmeno per lei. Lo trattava come un paziente, non come un fidanzato, nemmeno come un amico. Sentiva di essere l'unica a potersi prendere cura di lui, era come se odiasse essere la sua ragazza ma allo stesso tempo ritenesse un suo dovere stare con lui. Era ora di mettere fine a questa storia. All'inizio forse sarebbe stata ferita, ma poi avrebbe capito.
Mentre si infilava i pantaloni e la felpa, osservò di sottecchi Martino fare lo stesso. Si sentiva in colpa perché gli stava mentendo. Avrebbe dovuto dirgli la verità, ma lo avrebbe spaventato. Dopo quello che Marti gli aveva detto sulla madre... come avrebbe potuto confessare i suoi problemi? Sapeva di stare sbagliando, ma sperava soltanto che non ci fosse mai nessuna crisi in sua compagnia. Stare con Martino lo faceva sentire bene, a posto. Purtroppo non sapeva ancora che avrebbe imparato sulla sua pelle che non era abbastanza, che Martino poteva aiutarlo ma che per alcune cose serve un aiuto esperto.
Si avviarono dagli altri e li sentirono ancora cantare, e affacciandosi in cucina li trovarono intenti a pulire ma soprattutto a canticchiare e ballare completamente spensierati. Martino li guardava ridendo, di nuovo con quell'affetto nello sguardo che rendeva lui, Niccolò, invidioso. Avrebbe fatto bene a piacere a quei ragazzi, altrimenti non avrebbe avuto possibilità di stare davvero con Martino, ormai lo sapeva. In fondo era anche giusto, bastava pensare a cosa avevano fatto. Incoraggiarlo a scrivergli, lasciargli casa, addirittura dormire sul pavimento.
"CIAO REGA'!"

La sua proposta piacque a tutti, specialmente a Luchino, così mezz'ora dopo erano in macchina verso Trevignano. Lui guidava, Martino era seduto accanto a lui e ogni tanto si girava a guardarlo, sorridendo, e lui ricambiava. Gli altri tre erano stipati dietro e chiacchieravano di tantissime cose, la maggior parte delle quali per lui erano senza senso.
"Ecco, zì!" esclamò Giovanni, gli toccò la spalla e indicò una strada. "In quella traversa".
Niccolò svoltò e rallentò.
"Tra un centinaio di metri, sulla destra. C'abbiamo culo e c'è pure parcheggio oggi" aggiunse Gio. Li aveva portati in un bar che conosceva che faceva il caffè buono, come piaceva a lui.
Più tardi, seduti a un tavolino, gli stavano raccontando un sacco di cose. Tutto, praticamente. Persino questa storia assurda di Luchino e della valigia. Stava bene con loro, lo trattavano come un amico anche se lo avevano appena conosciuto. Sapeva che lo facevano soltanto perché volevano bene a Marti, però era anche vero che se lo avessero detestato non lo avrebbero trattato così bene, quindi un po' sapeva di piacergli e ne era contento.
"Beh e adesso? Ci fermiamo a fare la spesa e poi torniamo a casa a mangiare?" chiese Gio.
"Posso accompagnarvi a fare la spesa prima di andare via, così le buste le caricate in macchina" propose subito lui.
"Vai via? E perché?" domandò Elia, corrugando la fronte.
Niccolò non rispose. Non aveva pensato che sarebbe rimasto, quando era partito la sera prima. Neppure per la notte, figuriamoci a pranzo.
"A tua mamma serve la macchina?" volle sapere Martino. Lo guardava, speranzoso di una risposta negativa. Prima aveva parlato con lei e la macchina non le serviva, voleva solo sapere se stava bene.
"Non urgentemente" rispose cauto.
"E allora resta, zì" disse Giovanni, con un largo sorriso, rilassandosi sullo schienale della sedia e con la mano stringendo la spalla di Marti, che gli sorrideva incoraggiante.
"Se a voi va bene" sorrise a sua volta, acconsentendo.
"GRANDE!" esclamò Luchino, alzandosi e sfregando le mani. "Spesa! Cibo!"
"Te sei appena ingurgitato due cornetti e una ciambella, zì, ma te stai male" rise Elia, alzandosi a sua volta e dando una pacca sulla spalla di Niccolò.
Si alzarono anche gli altri tre, cominciando a decidere il menù per quel pranzo improvvisato.

Fine.

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Capitolo 6
*** 8.2 - Sana ***


8.2 - Link
4 dicembre
Sana


Se c'era una cosa che odiava, era ammettere di avere torto. Infatti non si impelagava mai in discussioni in cui non era sicura di avere ragione. E invece, stavolta aveva sbagliato. Con Martino Rametta, per di più. Qualche vaghissimo sospetto lo aveva avuto già all'epoca di quella loro conversazione, ma ormai le voci su di lui e su quel ragazzo di quinto si erano diffuse, ed Eva lo aveva confermato a lei e a Fede in via confidenziale. Quindi quel discorso adesso aveva un significato diverso, e Sana non voleva che Martino pensasse che, per lei, lui non era una brava persona.
Adesso, a vederlo lì così, gli sembrava anche un po' turbato, mentre fissava il cellulare. Fece un respiro profondo e si avvicinò.

"Senti, e... invece..." perché doveva essere così difficile? "Hai letto il link che ti ho mandato?"
Ovviamente no.

"Non succede mai, eh. Praticamente mai. Però questa volta avevo torto."
Doveva ammettere che non si aspettava di vederlo così sereno parlando con lei. Da quando aveva iniziato a conoscerlo meglio, non lo aveva mai visto così tranquillo e così sorridente, in pace con il mondo. 
Decise di leggergli l'articolo direttamente in quel momento, voleva chiarire la situazione al più presto, perché si era rivelato un ragazzo molto diverso da quello che pensava, ed era persino arrivata a volergli bene. Le dava tremendamente fastidio che potessero esserci delle incomprensioni tra loro due.
"Non penso, però, che l'Islam dica questo."
Era solo la sua immaginazione, o sul sorriso di Martino era sceso un velo di tristezza?
"Vero." Cercò le parole più adatte per dirgli che lei lo accettava e che aveva una buona opinione di lui senza dover pronunciare queste precise parole a voce alta. Insomma, aveva già dovuto ammettere di avere avuto torto. Per una giornata bastava e avanzava. Anzi, per una settimana intera. "Però dice anche che tutte le persone sono uguali, e che nessun uomo dovrebbe mai essere denigrato, insultato o giudicato." Si guardarono negli occhi per un istante, ed entrambi sorridevano. "E a me piace di più quella parte."
Chissà, magari oltre ad essere compagni di radio, avrebbero potuto diventare addirittura amici. Magari non migliori amici, eh. Ma amici sì.

Fine.

 

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Capitolo 7
*** 8.3 - Niccolò ***


8.3 - Mia mamma
5 dicembre
Niccolò


Seguì Martino sul pianerottolo e si richiuse la porta alle spalle. 
"Mi dispiace" gli disse. Martino sembrava molto abbattuto, ma era niente al confronto di ciò che provava lui. Maddalena aveva rovinato tutto ancora una volta. Perché non era riuscito a farle capire che con Marti le cose erano diverse e che lui era innamorato? Era stanco che tutti mettessero in discussione i suoi sentimenti, come se non fosse in grado di intendere e di volere. Perché non era affatto così. Niccolò sapeva cosa voleva, e ce l'aveva di fronte.
"Tranquillo" Martino accennò un sorriso, allora lui si sporse e si mise sulle punte per lasciargli un bacio sulla guancia.
"Ci vediamo domani, ok?" gli chiese speranzoso.
"Sì" rispose Martino, e gli sorrise più apertamente, uno di quei sorrisi dolci che riservava solo a lui. 
Una delle cose che amava di più di Martino era che non riusciva mai a trattenersi dal sorridergli, come se Niccolò fosse la cosa migliore sulla faccia della Terra e per questo lui non potesse evitare di guardarlo in quel modo e sorridergli in quel modo. Quando era con Martino e veniva guardato con quel sorriso, di colpo tutti i suoi problemi non avevano più importanza. Esistevano ancora, certo, però per la prima volta nella sua vita c'era una persona che gli faceva credere di essere molto più di un mucchio di problemi da gestire.
Tutti si preoccupavano dei suoi problemi. Perché nessuno si preoccupava dei suoi sentimenti?
Sapeva che la madre voleva solo il suo bene, ma non riusciva a non essere arrabbiato e poco incline a perdonarla per aver fatto sentire Martino indesiderato. 
Sospirò guardando il suo ragazzo allontanarsi giù per le scale.  Aveva ancora gli occhi lucidi, quindi non aveva proprio voglia di tornare in casa e affrontare una discussione, eppure, come sempre, doveva.

Fine.

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Capitolo 8
*** 8.4 - Eva ***


8.4 - Hai mai visto il bar di Wes Anderson?
7 dicembre
Eva


Si allontanò con le ragazze.
Silvia continuava a ciarlare su quanto fossero teneri Marti e Nico. "È un po' come se io fossi un Cupido, non trovate? In fondo li ho fatti conoscere io. Sono proprio brava in queste cose..."
Fede aveva un sorriso un po' malinconico, sebbene avesse preso l'omosessualità di Martino con molta sportività. 
Sana invece era la solita Sana. "Silvia, per cortesia, adesso basta."
"Ti dà fastidio che si parli di due gay? Ma tu non hai niente in contrario no? Sei amica con Martino anche tu, no? Oppure adesso ti fa un po' schifo?"
"SILVIA!" la rimproverò Sana. Eva non pensava di averla mai vista così indignata. "Sì che Martino è un mio amico" arricciò il naso ed Eva sorrise, perché sembrava che quella frase le fosse costata una certa fatica. "Non mi dà fastidio e non mi fa schifo, soltanto non mi piace che si spettegoli" e concluse la frase con un tono che non ammetteva repliche.
In quel momento quasi si scontrarono con Gio ed Elia, che arrivavano di corsa verso l'ingresso.
"Ciao ragazze" salutò Giovanni, lanciandole uno sguardo veloce.
"Ciao" salutarono in coro tutte e quattro.
"Mica avete visto Martino?" chiese Elia, guardandosi intorno.
Eva si limitò ad indicare con la testa il punto in cui lo avevano lasciato.
Si voltarono a guardare tutti e sei.
Martino stava parlando con Niccolò, che era dall'altra parte dell'inferriata. Avevano le teste vicine e anche da così lontano si poteva capire che stavano ridendo, erano felici.
Eva lanciò un'occhiata a Gio. Sorrideva, quasi orgoglioso, come se vedere il suo miglior amico contento e innamorato fosse la sua più grande soddisfazione. Ed era completamente all'oscuro di ciò che Martino aveva fatto a lui e a lei l'anno prima.
"Vabbè, mi sa che saliamo in classe senza di lui" fece Elia, ridendo, e con Sana, Silvia e Fede entrò nell'atrio della scuola.
Eva allungò una mano per trattenere il braccio di Giovanni.
"Gio... forse ti dovrei dire una cosa su Martino. E su di noi." Non voleva far litigare i due migliori amici, a differenza delle intenzioni di Martino stesso quando li aveva fatti lasciare, anzi avrebbe cercato di difenderlo, ma sentiva che non era giusto che Giovanni non sapesse la verità.
"Lo so" rispose lui, semplicemente.
"Te l'ha detto?" Eva sembrava sorpresa.
"Quello stronzo? No, ovviamente no. Ma non sono così stupido, avevo sospettato qualcosa, e poi quando mi ha detto di Niccolò, tante cose si sono spiegate da sole" si strinse nelle spalle.
"E non sei arrabbiato?" lei si era arrabbiata eccome.
"No. Non è stato lui a farti baciare Canegallo, non è stato lui a farmi mentire sulle serate passate a casa di Laura. Non so se eravamo davvero felici, Eva, perché io conosco Martino, e so che è uno stronzo, ma so anche che se ci avesse visto davvero felici non ci avrebbe fatto del male per semplice gelosia."
La semplicità con cui aveva pronunciato quelle parole fu quasi dolorosa per lei.
"Forse un po' eravamo felici" provò a dire, ma le si ruppe la voce sull'ultima parola.
"No, Eva. Avevi ragione tu. Non era il momento giusto per noi" fece un sorriso triste e le voltò le spalle, entrando a scuola.
Cosa aveva voluto dire Gio con quella frase? Che sperava che prima o poi sarebbe arrivato un momento giusto?
Fece un bel respiro e poi si affrettò a seguirlo.

Fine.

 

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Capitolo 9
*** 8.5 - Filippo ***


8.5 - Tu non sei di Milano
7 dicembre
Filippo


Rise scuotendo la testa. "Brava la mia Rose" disse tra sè, ma Carlo lo sentì.
"Che dici?" chiese, cercando di sbirciare sul suo telefono. Era una cosa che odiava tantissimo. Filippo non sopportava che si invadesse la sua privacy, però Carlo stava sempre a sbirciare tra i suoi appunti quando erano in aula, oppure sul telefono, a volte persino nel portafoglio, come se potesse trovarci prove schiaccianti di un tradimento. Una parola impropria, tra l'altro, perché non stavano davvero insieme. Uscivano da quasi un mese, ma Filippo aveva messo in chiaro che non voleva niente di serio. Voleva solo concentrarsi sui suoi esami e scopare ogni tanto. Con Carlo, però, le cose erano un po' sfuggite di mano, e avevano iniziato a vedersi regolarmente. Peccato che ogni tanto gli facesse venire voglia di strangolarlo.
"Niente, sono solo contento per un mio amico" disse, infilandosi il cellulare in tasca. Martino gli aveva appena detto che lui e Niccolò erano a Milano per una fuga romantica. Forse, dopotutto, Marti era stato fortunato ed era riuscito a trovare al primo colpo un ragazzo che lo amasse sul serio, nonostante l'inizio un po' incasinato. Ne era sinceramente contento, perché quel ragazzino gli dava troppo l'idea di un cucciolo da proteggere, nonostante quando gli aveva parlato di questa sua improbabile amicizia con Martino, sua sorella Ele gli avesse detto che dietro quegli occhioni innocenti si nascondeva un tipo un po' stronzetto. Non aveva approfondito l'argomento, però, così Filippo si era fatto un'idea tutta sua.
"Un amico? Che amico?" domandò Carlo, con un'aria decisamente troppo seria.
"Un amico e basta" rispose.
"E questo amico e basta, è gay anche lui?"
Ecco, questo era uno di quei momenti in cui gli veniva voglia di bloccarlo non solo sui social network ma anche nella vita reale. Peccato che avessero troppe lezioni in comune.
"Tu e io non stiamo insieme" gli ricordò.
"Lo so. Vabbè, comunque adesso devo andare. Ti passo a prendere stasera per andare da Mirko."
Ci risiamo, pensò Filo. Mirko era un amico di Carlo che aveva un band. Mirko era antipatico, la band inascoltabile. Quella sera avrebbero suonato in un club.
"Ti ho già detto che non vengo."
"Ti devi vedere con questo tuo amico?"
"Devo evitare la band di Mirko" rispose lapidario.

Quella notte, ovviamente, si ritrovò nel club con le mani sulle orecchie. "Che musica di merda, ma non si fanno schifo da soli?" pensò, a voce alta.
"COSA?" urlò Carlo da sopra il frastuono.
"NIENTE" rispose Filo, mandando giù l'ultimo sorso di cocktail. Presto gliene sarebbe servito un altro.
Tirò fuori il cellulare dalla tasca e trovò una serie di chiamate di Martino.
Gli scrisse velocemente, poi dopo la risposta di Marti si gettò addosso il cappotto.
"TORNO SUBITO" strillò, cominciando già a richiamarlo.
"CHI CHIAMI?" 
"MIA SORELLA, CAZZO!"
Uscì nervoso dal locale, ma quando Martino rispose alla telefonata con voce rotta, si calmò subito. "Ehy, piano, piano. Sono qui. Tranquillo. Spiegami che succede."

Dopo la telefonata non tornò dentro, ma rimase fuori con il telefono in mano in attesa di altre chiamate di Marti o di un messaggio. 
C'era una sacco di altra gente con ancora in mano i bicchieri, che era scappata dalla tortura sonora e se ne stava fuori a chiacchierare in gruppi. Lui rimase un po' in disparte finché dopo un po' lo raggiunse Carlo.
"Torna dentro" disse a Filippo, come se glielo stesse ordinando.
"Aspetto una telefonata" rispose lui, senza neanche guardarlo in faccia.
"Non capisco perché non fai mai quello che ti dico"
"Non lo farei neppure se stessimo insieme"
"Sei un pezzo di merda"
"Sono sempre stato chiaro con te" e stavolta lo guardò negli occhi. "Mi avevi detto che neppure tu volevi una storia seria."
"E non la voglio, ma se dobbiamo comunque uscire insieme, anche solo per scopare a fine serata, pretendo certe cose"
"Vaffanculo. Tu e io abbiamo chiuso."
"Ma vaffanculo tu."
Filippo non si prese nemmeno la briga di guardare la sua uscita di scena, ma poteva immaginare l'espressione incazzata.
Si tastò le tasche dei jeans per assicurarsi di avere chiavi e portafoglio, poi si avviò lentamente a casa. Dopo pochi passi il cellulare che stringeva ancora in mano suonò. Era un messaggio di Martino.
-Tra poche ore arrivano i suoi genitori e Maddalena
-Vuoi che ci scriviamo nel frattempo o pensi di riuscire a dormire?
-Ti prego parliamo

Che serata di merda, pensò. E non sapeva neanche se si stava riferendo alla propria, a quella di Martino o a entrambe.

Fine.

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Capitolo 10
*** 9.1 - Maddalena ***


9.1 - Il treno delle nove
8 dicembre
Maddalena


Era stata molto dura con quel ragazzo, e un po' se ne pentiva, ma non riusciva a comportarsi diversamente.
Non la stava neanche più guardando in faccia. "D'accordo" le disse, e Maddalena non sapeva se si riferiva alla malattia di Nico o al treno delle nove.
Martino sollevò gli occhi su di lei e annuì con testa, in cenno di saluto, poi le voltò le spalle e cominciò ad allontanarsi. Sperava che sapesse da solo come arrivare alla stazione, ma lei era troppo amareggiata per offrirgli il suo aiuto.
Martino sapeva benissimo che Niccolò era impegnato con lei, si erano anche conosciuti, ma non ci aveva pensato due volte ad andare a letto col suo ragazzo. Sia all'inizio che dopo, quando erano tornati insieme. Che stronzo.
Se Niccolò fosse stato un ragazzo normale, se la sarebbe presa con lui, non con l'amante. Ma in quel caso non poteva essere colpa sua, lui era malato e lei doveva subire tutte quelle pazzie, anche se era stanca, amareggiata, nervosa. Niccolò non l'amava più, lo sapeva, però lei lo amava ancora tantissimo, o almeno così credeva. Non sapeva più dove finiva l'amore e iniziava la responsabilità.
Comunque, anche se era stata molto dura con Martino e aveva volutamente esagerato, era meglio così piuttosto che illuderlo. Per come la vedeva lei, le probabilità che Niccolò fosse davvero innamorato di Martino erano davvero scarse. E anche così, per quanto sarebbe durata? Meglio troncare tutto sul nascere.
Si strinse nel cappotto e si incamminò tristemente per raggiungere i signori Fares.

Fine.

 

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Capitolo 11
*** 9.2 - Mamma Rametta ***


9.2 - Vediamo
9 dicembre
Mamma Rametta


"Ieri mi ha chiamata tuo padre..."
Non era così che avrebbe voluto affrontare l'argomento: seduta sul pavimento, in lacrime, e con una porta a dividerli. Avrebbe voluto guardare negli occhi suo figlio, per capire come si sentiva.
"Vedo che non avete problemi a chiamarvi quando si tratta di farvi i fatti miei."
Adesso si sarebbe dovuta arrabbiare, lo sapeva. Stava affrontando un periodo molto difficile, e Martino non faceva altro che remarle contro. Parlare con il marito... ex marito... con il padre di Marti, l'aveva fatta soffrire. Se il figlio si fosse aperto con lei prima, le cose sarebbero andate a posto da sole, invece adesso doveva affrontarle con tutta quella cattiveria e quella rabbia da parte di Martino. Avrebbe dovuto ricambiare quei sentimenti, almeno in apparenza, per fargli vedere che era ancora una donna tutta d'un pezzo e che lui non poteva trattarla come gli pareva, ma davvero non ne aveva la forza. Era sempre stanca, persino di farsi valere col proprio figlio.
E poi dietro tutta quella rabbia aveva visto per la prima volta una grande fragilità. Era abituata a pensare a Martino come a un giovane uomo forte. Anche da bambino dava l'aria di sapere il fatto suo e di poter affrontare qualsiasi cosa del mondo. Forse si era sbagliata, e il suo bambino aveva bisogno di lei quando lei ne aveva di lui.
"Ma tu pensi che sia un..." cercò di trattenere le lacrime, di parlare con voce ferma, ma fallì miseramente. "..un problema, per me, questa cosa?"
Martino rispose in pochi secondi, ma le sembrarono anni.
"Non lo so."
Non lo so. Come aveva potuto lasciare il figlio senza la certezza del suo amore per lui?
"Marti... tu sei la cosa più importante della mia vita" la faceva soffrire l'idea di aver deluso Martino così tanto. Non lo aveva fatto apposta, ma se ne vergognava ugualmente. "Lo sai" aggiunse, e pronunciò quelle ultime due parole in modo che non si capisse se fosse una domanda oppure un'affermazione.
Avrebbero dovuto lavorare molto sul loro rapporto, ma potevano salvarlo, ne era sicura.

Fine.

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Capitolo 12
*** 9.3 - Giovanni ***


9.3 - Namacissi
11 dicembre
Giovanni


E psicologo sia!
"Ok, allora vado" disse Marti, stritolandosi le mani.
"Secondo me è una buona idea" ribadì Luchino, e gli altri due annuirono.
"Ci vediamo dopo in classe" li salutò, ma non sembrava convintissimo.
"Dai, ti accompagnamo almeno fino a lì" disse Elia, così uscirono dal bagno insieme, con Elia e Luchino davanti, e Martino e Gio due passi indietro. Martino non diceva una parola e si guardava i piedi. Era come se un grosso peso lo opprimesse, e Gio odiava vederlo così. Per una volta che quel poverino aveva trovato una vera gioia nella vita, ecco che gli si era spezzato il cuore. Percorsero in quel modo anche le scale e quando arrivarono davanti alla porta dell'aula assegnata allo psicologo, Giovanni scambiò uno sguardo col suo migliore amico. "Che ne dici se entriamo con te?"
Anche Giovanni voleva capire per bene la situazione di Niccolò, non voleva lasciare tutto quel peso su Marti, voleva prendersene almeno un pochino, e poi lo sapeva che con loro al suo fianco sarebbe stato più tranquillo nello spiegare la situazione a uno sconosciuto.
Martino ricambiò il suo sguardo e non disse nulla. Sembrava che stesse pensando a mille cose contemporaneamente.
"Non vi secca?" chiese infine, spostando lo sguardo anche sugli altri due.
"No" rispose Luchino con un'alzata di spalle.
"Perché dovrebbe?" chiese invece Elia, corrugando la fronte.
"Boh che ne so raga" sospirò Marti. "Alla fine so problemi miei, non voglio rompe il cazzo" ed era quasi un sussurro, lo disse quasi tra sè.
"Ma vaffanculo" gli disse Giovanni, esasperato, poi bussò alla porta.
"Avanti" disse qualcuno dentro.
Gio aprì la porta. "Possiamo entrare?"
Il dottor Spera era seduto alla scrivania. Li osservò e per un attimo i suoi occhi si posarono su Martino. "Tutti e quattro?" domandò.
"Sì" rispose Gio con sicurezza.
"Bene, così si fa. Prego, accomodatevi" e indicò alcune sedie sparpagliate per la stanza.

Fine.

 

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Capitolo 13
*** 9.4 - Mamma Rametta ***


9.4 - Io sto bene
13 dicembre
Mamma Rametta


"Non mi pare tu stia bene" disse al figlio.
Erano a tavola, stavano cenando con un piatto di pasta al pesto, lo aveva preparato Marti. Era uno dei suoi piatti preferiti, questo almeno lo sapeva.
"Ho parlato con papà, oggi" rispose lui.
Ci fu un attimo di silenzio.
"E cosa ti ha detto?" chiese cautamente. Non le piaceva parlare del padre di Martino, e il figlio lo sapeva bene, forse per questo sembrava così turbato. Ma si era ripromessa di mostrarsi più forte, sarebbe persino partita da sola il giorno seguente.
"Niente, mi ha confermato che domani vado a cena da lui" Martino mandò giù un altro boccone.
"È per questo che stai così? Se non vuoi andare puoi venire con me, oppure puoi rimanere a casa." Prese una forchettata di pasta anche lei. Non si guardavano e il silenzio sembrava pesante e rumoroso.
"No, lui non c'entra" rispose Martino.
Era chiaro che Marti volesse dirle qualcosa, sembrava stesse cercando il coraggio di farlo, con una piccola frase alla volta. Era passato così tanto tempo dall'ultima volta che lei ne aveva fatta una giusta, che adesso non sapeva se era meglio incoraggiarlo o aspettare che ce la facesse da solo.
Continuarono a mangiare in silenzio per un altro lunghissimo minuto.
"Tutto bene con i tuoi amici?" fece un tentativo.
Martino sorrise e alzò lo sguardo. "Sì" le rispose.
"Loro... loro sanno che..." aveva un po' paura ad introdurre quell'argomento, non voleva che Martino cominciasse a urlarle contro di nuovo.
"Sì, lo sanno" disse Marti, e sembrava tranquillo. Forse lei aveva fallito come madre negli ultimi tempi, ma era contenta che Giovanni e gli altri amici del figlio lo avessero supportato al suo posto.
"Allora riguarda quel ragazzo di cui mi ha parlato tuo padre?" Strinse forte la forchetta, preoccupata della reazione di Martino, quasi stupita da se stessa per la domanda così diretta.
"Ci siamo lasciati" disse Martino dopo un po', con la voce rotta. Addirittura gli si riempirono gli occhi di lacrime. "Oggi ho provato a chiamarlo, ma..." si fermò e fissò il piatto di pasta. Cercava chiaramente di trattenere le lacrime.
"Ti va di raccontarmi cos'è successo?" allungò la mano e strinse il polso del figlio in quella che sperò essere una stretta rassicurante.
"No, non proprio" rispose Marti, con un mezzo sorriso triste.
"Si aggiusterà tutto, vedrai" con l'altra mano cominciò ad accarezzargli i capelli, e allora Martino la guardò e annuì con un lieve sorriso e gli occhi pieni di speranza, come se per la prima volta da molto tempo potesse davvero fidarsi di lei.

Fine.

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Capitolo 14
*** 9.5 - Elia [alternativo] ***


EDIT: oggi 16 dicembre è uscita una chat dei Contrabbandieri che annulla completamente questo capitolo. Domani lo riscriverò e aggiungerò anche il 10.1, però questo lo lascio perché ormai l'ho scritto... diciamo che è un "what if".

9.5  - La grotta
14 dicembre
Elia


Il cellulare cominciò a vibrargli in mano. "Mi sta chiamando Martino" disse, un po' perplesso.
Erano al cinema, avevano appena comprato i biglietti per Bohemian Rhapsody e stavano facendo la fila per i popcorn.
"Io non ho campo" disse Gio, controllando il proprio telefono.
"Magari voleva chiamare ME" Elia alzò gli occhi al cielo, poi rispose. "Pronto?"
"Ragazzi, siete insieme?" chiese Martino. Sembrava affannato, come se stesse correndo.
"Sì, siamo al cinema. Che succede?" Elia scambiò uno sguardo con Gio, che trascinò lui e Luca per il braccio in un angolo, tirandoli fuori dalla fila.
"Metti il vivavoce!" esclamò Luchino.
Elia obbedì e sollevò il cellulare sul palmo della mano, mentre tutti e tre avvicinavano le orecchie al dispositivo.
"Sto andando da Niccolò" disse Martino. Ci furono dei rumori in sottofondo e gli amici capirono che stava salendo su un autobus.
"Ma non dovevi andare a cena da tuo padre?" chiese Luchino. Giovanni gli diede un colpetto sul braccio e disse "Ma chissenefrega adesso del padre".
"SHHHHH ragazzi basta" fece Elia, perché Martino aveva ricominciato a parlare.
"Mi ha scritto Niccolò. Voglio andare da lui ma è sul terrazzino della scuola, non so come cazzo arrivarci."
Elia e Gio si guardarono. 
"Ma è tutto a posto, zì?" chiese Giovanni, preoccupato, continuando a fissarlo. Evidentemente anche lui ricordava quello che Marti aveva detto sul disturbo di Niccolò.
"Sì, sì, è tutto a posto. Tranne il fatto che non so come raggiungerlo."
"Ma c'è il tutorial di Chicco Rodi, no?" fece Luchino.
"Ma non l'avevano tolto di mezzo?" chiese Elia.
"Sì ma l'hanno caricato un'altra volta."
Giovanni si sporse un po' di più verso il telefono. "Zì, mo te mandiamo il link del tutorial de Chicco Rodi, ok?!"
"Ok ragazzi. Io intanto sto andando."
"Ma che je dici adesso che lo vedi?" gli domandò Elia. Era contento di quello slancio di coraggio di Martino, che dopo l'incontro con lo psicologo si era sentito confuso e in colpa e insicuro. Non era una situazione facile ed Elia stesso non sapeva al suo posto come si sarebbe comportato. 
Martino non rispose subito, ma dopo un po' disse: "Non ne ho la più pallida idea", e fece un sospiro.
"Trovato!" esclamò Luchino. Gli altri due lo osservarono mentre inviava il video nella loro chat di gruppo. "Fatto."
"Fatto" ripetè Elia al telefono. 
"Grazie raga, auguratemi buona fortuna."

Chiusero la conversazione e poi si guardarono tutti e tre in faccia.
Giovanni sorrideva. "Speriamo bene" disse.
"Dovremmo andare a dargli una mano?" chiese Luchino.
Non era una cattiva idea, ma si trovavano dall'altra parte di Roma. Lo avrebbero raggiunto dopo cent'anni. "No regà" disse. "Ormai quello che potevamo fare lo abbiamo fatto. Basta che Marti non si comporti di nuovo da scemo" cosa che non escludeva completamente, conoscendolo. Chissà però, magari aveva davvero imparato la lezione in quegli ultimi giorni. Lui, di sicuro, lo aveva fatto. Grazie a tutta questa storia di Martino e Niccolò aveva rivalutato tanti aspetti della sua vita. Era stato un ragazzo troppo superficiale per molto tempo. C'erano ancora tante sciocchezze da fare prima di diventare adulti, ma magari poteva farle con più consapevolezza di sè e con più rispetto verso gli altri.
Martino adesso era diventato adulto all'improvviso, per cause di forza maggiore. Per amore. Loro erano i suoi amici, quindi lo avrebbero seguito su quella strada.

Il film era quasi finito, ma Elia sentì vibrare la tasca.
Era un messaggio nella chat dei Contrabbandieri.
- Siamo insieme. Siamo appena arrivati a casa mia. Va tutto bene. Grazie ragazzi. Ci sentiamo domani mattina
Elia sorrise e porse il cellulare a Gio, per far leggere anche lui.

Fine.

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Capitolo 15
*** 9.5 + 10.1 - Niccolò ***


9.5 + 10.1
14 dicembre
Niccolò


Martino si allontanò da lui ma continuò a guardarlo con quel sorriso dolce che lo aveva fatto innamorare dal primo momento in cui lo aveva visto. Sembrava tranquillo, sicuro.
"Non mi aspettavo che venissi" furono le prime parole a uscire dalla bocca di Niccolò.
"Mi dispiace di averti fatto pensare che non sarei venuto." Il sorriso di Marti si spense nel senso di colpa. Maledizione, lo sapeva che sarebbe finita così. In che altro modo poteva finire? Non si poteva stare con una persona come lui senza provare pietà, fastidio, senza odiarla per tutti i problemi che avrebbe causato. Era stato uno stupido a sperare di poter stare con Marti, e le conseguenze adesso le avrebbero pagate in due.
"Sono stato malissimo dopo Milano" aggiunse Martino.
Un'altra lacrime percorse la guancia di Niccolò. "Mi dispiace, avrei dovuto dir..." cominciò a dire con voce rotta, ma Martino lo interruppe con un leggero bacio sulle labbra.
"Non per colpa tua" gli disse. "Ero confuso e scioccato, e Maddalena mi aveva detto delle cose... che adesso non penso siano vere" accennò un sorriso. "Anzi, lo so che non sono vere" aggiunse con voce più ferma. "Mi sono comportato da idiota, per questo sono stato male." Gli prese di nuovo il viso tra le mani e lo guardò dritto negli occhi. "Mi perdoni?" chiese con dolcezza.
Martino non aveva mai detto di amarlo, ma ormai Niccolò conosceva l'amore, e lo riconobbe nello sguardo del ragazzo che gli stava di fronte.
"E tu? Mi perdoni?" domandò con un filo di voce.
Martino annuì e gli regalò un altro bacio. Poi si allontanò di nuovo e lo prese per mano. “Andiamo” gli disse.
“Dove?”
“A casa mia.”
Niccolò ricordò che la madre di Marti era fuori Roma. Non era sicuro di voler andare da lui. Quello che era successo gli aveva aperto gli occhi, non poteva più fingere, non c’erano modi per non perderlo, ormai Martino sapeva e non poteva farci niente, presto le cose si sarebbero fatte troppo difficili e lo avrebbe abbandonato.
O forse no. Una piccola parte di lui era ancora speranzosa. Una piccola parte ottimista di lui si aggrappava allo sguardo innamorato di Martino per fargli pensare che forse le cose avrebbero potuto funzionare.
Ma su questo avrebbe riflettuto l’indomani mattina, adesso era troppo stanco per pensarci, fisicamente ed emotivamente. Tutto quello che voleva era dormire tra le braccia del…
“Davvero vuoi stare con me?” gli chiese all’improvviso.
“Assolutamente sì” rispose Martino, sorridendogli.
Tutto quello che voleva era dormire tra le braccia del suo ragazzo.
 
Fine.

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Capitolo 16
*** 10.2 - Silvia ***


10.2 - Le circostanze
17 dicembre
Silvia


Ecco! Finalmente aveva messo giù il telefono.
"Ehy Martiii" spuntò fuori da un corridoio come se stesse passando lì per caso e non come se lo avesse osservato scendere le scale tutto il tempo parlando al cellulare. Era sicura stesse parlando con Niccolò quindi non voleva interromperlo. Erano così cariniii! Chissà perché Niccolò si era perso gli ultimi incontri della radio. Non lo aveva visto neanche a scuola, forse si era ammalato. Che carino era Martino a telefonargli per sapere se stesse bene. Magari in serata aveva anche intenzione di preparargli qualcosa da mangiare tipo una lasagna oppure una torta e portargliela a casa, e magari gli avrebbe portato cappello e sciarpa in regalo dicendogli che non voleva prendesse freddo e si ammalasse di nuovo.
Ok forse adesso stava correndo un po' troppo con la fantasia.
"Ehy!"
"Hai letto i messaggi sul gruppo?"
Ma perché Martino non leggeva mai i messaggi sul gruppo? Forse aveva una fobia delle chat di gruppo?
Gli spiegò della tombolata. Non vedeva l'ora! Sarebbe stato l'evento dell'anno della scuola, ne era sicura. Ci sarebbe stata un'atmosfera bellissima, natalizia e romantica, piena di luci colorate e di vischio, avrebbero giocato e si sarebbero divertiti e ne avrebbero parlato tutti durante le vacanze. Ovviamente aveva intenzione di invitare anche persone che non facevano parte del gruppo della radio. Così, giusto per fare numero e per essere sicura che ci fosse anche la gente più cool della scuola.
"Per farti capire... non abbiamo neanche l'albero."
Ah. Neanche l'albero.
"Neanche un presepe piccolino?"
Ma in che casa viveva Martino? Forse lui e la sua mamma erano buddisti? Chi è che non aveva l'albero di Natale in casa? Era una cosa così triste.
Quando si salutarono corse in cortile per incontrare Eva.
"Ehy Silvietta"
"Lo sai che Martino non ha neanche l'albero?" le disse immediatamente, senza neanche salutarla.
Eva la guardò aggrottando le sopracciglia, come se non avesse capito. "Eh?"
"L'albero! Di Natale!"
Ci volle qualche secondo prima che Eva capisse quello che voleva dirle.
"Ah, ti avevo detto che a casa di Martino non avrebbe funzionato. Mi dispiace di non riuscire a convincere mia madre. Non c'è proprio possibilità che cambi idea la tua?"
"Ha detto che mi fa sapere" rispose. "Martino, non mia mamma."
"Davvero?" Eva sembrava sorpresa.
"Sì, perché?" Non è che Martino la stava prendendo in giro, vero? Odiava quando la gente la prendeva in giro così. Le sue amiche, soprattutto Sana, le dicevano che era colpa sua perché era troppo credulona, ma insomma, perché mai se una persona le diceva una cosa non avrebbe dovuto crederci? Le dicevano cose normali, non le parlavano mica di mostri e fantasmi, perché doveva sempre dare per scontato che la prendessero in giro? Era triste e stancante.
"Boh è che di solito non è un tipo festaiolo" rispose Eva "Pensavo che ti avrebbe detto di no senza nemmeno pensarci. Dev'essere contento in questo periodo" e fece un sorrisetto.
"Ah sì sì certo che è contento!" esclamò Silvia. "Insomma hai visto quanto è bono il suo fidanzato? Anche io sarei contenta con un fidanzato così. Chissà magari quando io ed Edoardo staremo finalmente insieme ufficialmente anche io avrò un motivo per essere felice."
"Silvia, tu sei già una persona piena di motivi per essere felice. E comunque ancora con questa storia di Edoardo? Basta, ti prego!"

Fine.
 

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Capitolo 17
*** 10.3 - Mamma Rametta ***


10.3 - Si vede
18 dicembre
Mamma Rametta


Se qualcuno soltanto un mese prima le avesse detto che si sarebbe ritrovata ad allestire l'albero di Natale con suo figlio in tranquillità, non ci avrebbe mai creduto. Un mese prima le cose tra lei e Martino non andavano bene, perché entrambi non stavano bene e non riuscivano a venirsi incontro. All'epoca non conosceva la situazione dura che stava affrontando il figlio, ma adesso sì, e tanti suoi comportamenti, tante sue reazioni e sfuriate, avevano trovato un senso. Lei stessa in quel periodo stava ancora facendo i conti con l'abbandono da parte del marito. Non che le cose adesso fossero rose e fiori, eh, però andavano molto meglio.
Martino non era più costantemente deluso e arrabbiato, non solo con lei ma anche col mondo. Aveva trovato pace ed equilibrio e il merito era sicuramente di quel ragazzo. Ne avevano parlato poco, dopo la chiacchierata attraverso la porta, e per un po' avevano condiviso il cuore spezzato, ma negli ultimi giorni Marti non smetteva di sorridere. Mai.
Lei aveva perso l'amore, ma il figlio lo aveva trovato, e questo bastava per farla stare meglio. Martino le aveva ricordato che fuori di casa la vita va avanti e che per quanto le cose possano andare male, ci sarà sempre un nuovo motivo per sorridere. Adesso addirittura riuscivano a scherzare sui momenti brutti che avevano affrontato.
"Mà..."
Continuò a districare i rami dell'albero e attese.
"Siamo tornati insieme."
Sorrise e spostò lo sguardo su di lui.
Martino come sempre ultimamente sorrideva, e non riusciva a smettere di sorridere neanche lei. Era grata e felice del fatto che Marti le stesse parlando di sua spontanea volontà dell'argomento, senza vergogna e senza paura. 
"Si vede" rispose, senza smettere di sorridere. Poi, dopo un minuto, aggiunse: "Posso conoscerlo, prima o poi?"
Marti rise. "Vediamo."
"Ma dai!" conosceva bene il martinese, lei.
"È un 'vediamo' che significa 'forse sì'. Giuro."
Gli lanciò uno sguardo fintamente indispettito. "Giovanni lo conosce?"
"Sì, sì, lo conosce" rispose lui, sempre con dei sorrisi orientati alle risate.
"E cosa ne pensa?"
"Vanno d'accordo, a Gio sta simpatico" la guardò di sottecchi. "Insomma, Gio approva alla grande, se è questo che ti stai chiedendo."
Lei annuì soddisfatta. "Allora mi fido di Gio."

Fine.

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Capitolo 18
*** 10.4 - Giovanni ***


10.4 - Classifica
19 dicembre
Giovanni


"Bene zì, mo che l'abbiamo fatta sta foto possiamo inizià na partita?" Giovanni si tirò su le maniche e stiracchiò le dita, pronto all'azione. Si spostarono dal bancone e si avvicinarono al biliardino. Era da un bel po' che non andavano al baretto a fare qualche partita in tutta tranquillità. Le ultime settimane erano state toste. I problemi di Martino erano diventati anche i suoi, per non parlare della faccenda di Eva... bè, non che ci fosse una vera 'faccenda', era solo che sentiva la sua mancanza, e vederla in classe ogni giorno non lo aiutava. Cercavano di ignorarsi il più possibile, anche se non avevano chiuso male. Era sicuro che anche per lei fosse doloroso avere a che fare con lui tutti i giorni. Per fortuna erano seduti in banchi lontani. Però voleva tornare con lei. Non ne aveva parlato seriamente con gli amici perché sperava di riuscire a dimenticarsela e ad andare avanti. Parlarne forse lo avrebbe aiutato a stare un po' meglio, ma avrebbe reso il problema molto più reale e lui invece voleva solo che tutta quella nostalgia per il periodo passato con lei svanisse nel nulla.
"Io sto in squadra con Niccolò" disse Elia.
"Scusami?!" fece Marti, con aria fintamente indignata. "Io sto in squadra con Nico."
"Dipende... sei bravo?" si intromise subito Niccolò stesso. Martino gli lanciò un'occhiataccia e il suo ragazzo cercò di trattenere una risata.
"Di sicuro sono più bravo io" aggiunse Elia.
"Sì ma chi ti dice che Niccolò sia bravo?" gli domandò Marti.
"Me lo ha detto lui a Bracciano. Mi fido" rispose Elia con un'alzata di spalle.
"Scusa ma quando avete parlato di biliardino a Bracciano?"
"Boh sarà stato in un momento in cui sei andato a pisciare."
"Ragà non c'è storia, il più bravo è Luchino" intervenne Gio per interrompere il battibecco tra i due, dando una pacca sulla spalla al nominato.
Luchino infatti annuì soddisfatto. "Non c'è spazio per la modestia in questi casi. Io sono il campione imbattuto di tutti i nostri tornei" rivolse l'ultima frase direttamente a Nico.
"Peccato tu non sia così bravo pure con l'xbox" aggiunse Elia.
"Ah ah ah" finse di ridere Luchino.
"Lì il campione sono io" disse Marti, facendo l'occhiolino a Niccolò. "E comunque sono bravo anche qui" aggiunse, dando due colpetti al tavolo del biliardino.
"Non quanto me" disse Elia sottovoce, sporgendosi verso Nico come se volesse farsi sentire solo da lui.
Giovanni rise. Ogni tanto pensava al fatto che Martino si fosse comportato di merda spinto dalla paura di un rifiuto, e invece adesso ci mancava poco che cercassero tutti di fregargli il ragazzo. Forse doveva davvero prendere esempio e parlare seriamente agli amici di quello che ancora provava per Eva. 
"Se siete così bravi, magari siete voi due che dovreste giocare insieme" propose Niccolò ridendo.
"Io sto in porta" disse subito Marti, sistemandosi dal lato giusto. Iniziò un altro battibecco tra lui ed Elia su chi dovesse stare in porta, ma Giovanni lo ignorò. Si concentrò invece su Nico, che sembrava sereno come a Bracciano. Non sapeva ancora bene cosa comportasse il suo disturbo, ma con Marti e gli altri avevano deciso di tornare il prima possibile dallo psicologo per scoprirne di più. Martino gli aveva detto che non era necessario che lo accompagnassero tutte le volte, ma a loro Nico piaceva. Era simpatico, spiritoso, sembrava uno di loro da sempre. Era stato amore a prima vista, come lo era stato con Luchino. Volevano includerlo nel gruppo, e questo significava trascorrere tempo con lui, e quindi che dovevano essere pronti a qualsiasi cosa, proprio come doveva esserlo Martino. L'amore può affrontare qualsiasi problema, ma lo stesso può fare l'amicizia. Martino non avrebbe rinunciato a Niccolò solo per il disturbo borderline, e neanche loro tre avrebbero rinunciato.
"Allora facciamo che io faccio da arbitro e poi i vincitori sfideranno il campione in carica" disse Luchino, indicando se stesso con aria trionfale.
"Dammi il cinque, zì" fece Gio a Nico, per ufficializzare la loro squadra.
Si diedero il cinque e poi Niccolò disse "Ma tu? Quanto sei bravo?"
"Me la cavo. Perdo solo in squadra con Marti" rispose.
"Stronzate!" disse subito Martino.
"Già la vedo male" fece Elia, scoraggiato.
"Sarà divertente" commentò Nico.
"SILENZIO! Si inizia!" esclamò Luchino, ed Elia buttò la pallina in campo.

Fine.
 

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Capitolo 19
*** 10.5 - Elia ***


10.5 - Sono io
21 dicembre
Elia


Se ne stava appoggiato al muro vicino la cucina, lo sguardo torvo rivolto all'altra parte della stanza, dove Gio stava parlando tranquillamente con l'argentina. Anche pescando un numero alto, era stato comunque sfigato. Forse da un lato era meglio così. Tanto per cominciare, dubitava che sarebbe riuscito a mettere insieme un discorso di senso compiuto con quella ragazza. La sua bellezza lo mandava proprio in tilt. In secondo luogo, Gio aveva davvero bisogno di togliersi Eva dalla testa. Aveva sentito Canegallo nei corridoi parlare di Eva con alcuni amici e aveva dedotto che si frequentassero. Non aveva trovato il coraggio di dirlo a Giovanni.
"Geloso?" fece una voce accanto a lui, ed Elia si girò di scatto.
Era l'amico di Marti con i capelli ossigenati, il fratello di Eleonora. 
"Cosa?" chiese, preso alla sprovvista.
Filippo indicò con un cenno del capo l'angolo dove Giovanni e l'argentina stavano ancora parlando. "La bella sta cercando di fregarti il ragazzo?"
Elia sgranò gli occhi. "Che?! No no assolutamente no. Il contrario. Io sono etero" rispose. "Ci siamo giocati chi doveva provarci con lei, e io ho perso" aggiunse, alzando gli occhi al cielo, come a prendersela con la sua sfiga.
Filippo gli sembrò sorpreso. Aveva addirittura aggrottato le sopracciglia. "Sei sicuro? Solo le donne? Di solito il mio gay radar non sbaglia" e fece una risata.
Anche Elia rise. "Sicuro" confermò, ma subito dopo deglutì e distolse lo sguardo dal ragazzo, iniziando a sentirsi un po' a disagio.
Sperò che l'altro non lo notasse, ma forse era chiedere troppo.
"Niente ragazzi quindi, eh?" Filippo lo squadrò da capo a piedi, lentamente. Poi, con un sorriso sghembo, aggiunse: "Peccato", gli fece l'occhiolino e si allontanò, raggiungendo la sorella.
Non fece neanche in tempo a pensare a quello che era appena successo - quel Filippo aveva davvero flirtato con lui? Si sentiva il volto in fiamme per l'imbarazzo, ma... non riusciva a trattenere il sorriso - che Niccolò lo raggiunse.
"Hai visto dov'è sparito Martino?" gli chiese.
"No" rispose Elia. "Credo sia andato in camera sua o in bagno" lanciò un'altra occhiata a Gio che cercava di farsi bello con l'argentina, poi guardò Niccolò. "Tutto bene?" gli domandò con un sorriso. Era forse la prima volta che restavano davvero soli loro due.
"Sì" rispose Nico, distogliendo lo sguardo e annuendo, come se fosse perso nei suoi pensieri. Ma sorrideva, quindi probabilmente pensava a Martino.
"Ma tu sei innamorato di Marti?"
Non aveva previsto di fargli una domanda del genere, gli era uscita spontanea, diretta. "Lo so che ti piace, che stai bene con lui, e tutto il resto" aggiunse. "Intendo... sai... innamorato innamorato, tipo l'amore dei film."
Niccolò sollevò di nuovo lo sguardo su di lui. "Non sono un grande esperto di amore" disse, e proprio in quel momento dal corridoio spuntò di nuovo Martino, che ci mise giusto due secondi ad individuare Elia e Nico e a rivolgere un largo sorriso al suo ragazzo, e anche a distanza e con in mezzo tutte quelle persone, sembrava vedere soltanto lui. Se Elia avesse dovuto scommettere, avrebbe sicuramente detto che Marti, di Niccolò, era innamorato eccome.
"...però quando sono con lui..." proseguì Nico, ma si interruppe, gli occhi fissi su Martino che si era fermato a parlare con Sana.
Elia attese pazientemente, approfittandone per lanciare un'occhiata a Filippo, che stava versando da bere a Federica.
Nico si voltò finalmente verso di lui. "Sì, lo sono" concluse. Elia ricambiò lo sguardo e sorrise.

Fine.


Nota: questa fanfic è finita ma ne scriverò un'altra. Un capitolo al giorno, in uscita come se fossero clip, con un narratore esterno, che racconta cosa succede a tutti i personaggi fino a marzo. Credo che pubblicherò il primo capitolo stasera. Spero vogliate seguire anche quella, che sarà un seguito di questa :)

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