Caro, caro Natale.

di Querdenker
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***
Capitolo 11: *** XI ***
Capitolo 12: *** XII ***



Capitolo 1
*** I ***


Caro, caro Natale.

 

I
 

A Elisa. Ho provato a non farli litigare, ma come ben sai, Madara e Mito sono terribili insieme.
Spero ti piaccia.

 

Se qualcuno di sua conoscenza l'avesse vista girare per i negozi di Konoha insieme a lui, avrebbero pensato che fosse davvero impazzita.
E invece no.
Mito Uzumaki era stata presa - metaforicamente, s'intende - per i capelli e trascinata da Madara Uchiha nel centro della città, per trovare un regalo alla povera sventurata che lui si era trovato come fidanzata. Sakura Haruno, appunto.
«Allora – aveva cercato di chiedere lei, comprensiva – cosa vorresti comprarle?»
Madara le aveva scoccato un'occhiataccia: «Non lo so. Secondo te perché mi sto affidando all'unico essere lontanamente femminile che mi possa aiutare?»
Ovviamente, si era beccato un colpo in testa.
Ma Mito in fondo era una persona buona e caritatevole: non avrebbe mai lasciato Madara a scegliere da solo un regalo. Per il bene di Sakura, s'intende.
E così si erano ritrovati a girovagare senza meta per ben tre ore, senza di fatto concludere nulla. Esausti, si erano seduti in un bar, dopo essere entrati in qualcosa come venti negozi e in metà di essi aver rischiato la rissa.
«Ma non hai neanche una minima idea? Neanche una piccola piccola?» gli chiese lei mentre beveva il suo caffé. Madara per tutta risposta scosse la testa, prima di addentare l'ultimo morso della sua crêpe alla Nutella.
Poi si girò verso la vetrina del negozio di fronte, ed ebbe una sorta di illuminazione. Si pulì in fretta la bocca, sporca di zucchero a velo, si alzò a pagare per poi dirigersi tutto impettito verso il locale davanti a loro. Mito osservò l'insegna del negozio e sbarrò gli occhi: apparteneva ad una marca di intimo femminile.
Si massaggiò le tempie, rassegnata.
"E ti pareva che non la finiva a parare lì..."
Tempo un quarto d'ora e Madara Uchiha usciva tronfio dal negozio con un pacchetto che con grande probabilità conteneva la migliore lingerie sul mercato.

 

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Capitolo 2
*** II ***


II
 

A Federica, che condivide con me la passione per questa coppia sfigata.
Spero ti piaccia. 

 

Tobirama l'avrebbe sbattuto fuori di casa prima o poi, ne era certo.
Perché il suo adorato compagno, Izuna Uchiha (e chi altri?) era tornato da appena qualche minuto con in mano un piccolo cucciolo di gatto.
Tutto grigio, peloso, sporco, ma soprattutto con un terribile caratteraccio. Non per Izuna, ovviamente, che non smetteva di fare voci da coglione e accarezzare quella palla di peli assatanata e pronta per azzannare la prima persona a tiro.
«Per favore, Tobirama!» l'aveva supplicato. E Senju stava facendo davvero tanta fatica a trattenersi alla vista di quegli occhioni neri e dolci che quel bastardo usava per ottenere qualcosa.
Izuna era perfettamente consapevole di essere irresistibile agli occhi di Tobirama e ogni volta che poteva sfruttava ciò a suo vantaggio.
«In fondo tra qualche giorno è pure Natale! Dobbiamo essere tutti più buoni, non possiamo lasciarlo lì al freddo, povero piccino!»
Ora faceva pure leva sul suo senso di colpa, il bastardo.
«Non se ne parla.» borbottò Senju, facendo uno sforzo immane.
Izuna mise su un broncio adorabile. Ovviamente Tobirama non l'avrebbe mai ammesso, neanche sotto tortura.
«Sei una testa di cazzo insensibile!» disse mentre prendeva di nuovo in braccio il micino. Questi, alla vista di Tobirama, soffiò guardingo.
«Oh, insomma, per favore, Tobirama!» sbottò poi l'Uchiha.
«Non se ne parla. La casa è troppo piccola, tu non sei in grado di badare a te stesso, figurati ad un gatto»
Izuna lo guardò furente, pronto già a saltargli addosso per strozzarlo. Poi gli si illuminò lo sguardo. Mise il gatto a terra e si avvicinò sinuoso verso Tobirama, poggiandogli le mani sulle spalle e avvicinando la bocca al suo orecchio.
«Per favore, dai... Saprò come ricompensarti a Natale» sussurrò lascivo.
Per tutta risposta, Tobirama diventò rosso fuoco, imbarazzato dall'allusione del compagno. Si frequentavano dalle superiori, eppure Senju non aveva ancora abbandonato la sua pudicizia.
Izuna sorrise sornione: «Allora?»
«V-va bene. – tossicchiò Tobirama a disagio – Ma appena sarà diventato grande lo regaleremo a qualcuno.»
«Certo certo, musone» ridacchiò Uchiha, prima di schioccandogli un bacio sulla guancia.

 

 

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Capitolo 3
*** III ***


III
 

A Lucia. Perché è troppo divertente vedere il povero Shikamaru vessato da Temari.
Spero ti piaccia.

 

Era la sesta – no, la settima – volta che cadeva nel giro di 20 minuti.
Inutile a dirlo, ma Shikamaru non aveva un grande senso dell'equilibrio, soprattutto con quei cosi ai suoi piedi. A differenza di Temari, che invece sfrecciava tutta contenta per la pista di pattinaggio su ghiaccio. Alla faccia delle zone afose in cui era nata.
La sua ragazza lo fissava con atteggiamento di sfida, come a volerlo prendere in giro, senza degnarsi minimamente di aiutarlo.
«Seccatura» mormorò Shikamaru, afferrando il bordo della pista. Alcuni bambini si erano fermati ad osservarlo, curiosi.
«Signore, - disse uno – vuole una mano?»
Fantastico, adesso gli davano pure del vecchio rincoglionito.
«No, grazie.» borbottò di tutta risposta, riuscendo a mettersi in piedi. Cadde rovinosamente subito dopo mentre arrivava Temari, che lo osservava beffarda.
«Dicevi che avresti imparato in 10 minuti, eppure ne sono passati 20»
Touché.
C'era da dire che in realtà Temari era stata molto gentile nell'essersi offerta di insegnargli almeno a reggersi in piedi: era stato Shikamaru che, pur di non dargliela vinta, le aveva detto di no.
E ora la sua ragazza lo squadrava in un misto tra il divertito e l'irritato.
«Quando per te non sarà un problema darmi ragione, – e calcò sulle ultime due parole – fammi un fischio e ti farò vedere come ci si regge in piedi.»
Fece per girarsi, ma Shikamaru l'afferrò ad una gamba, facendola inciampare. La ragazza però non cadde, recuperando l'equilibrio in fretta.
«Maledetta.» bofonchiò Shikamaru.
Lei sorrise sorniona, allontanandosi di nuovo: «Come hai detto, prego?»
Piuttosto che ammettere la sconfitta, Shikamaru sarebbe uscito completamente nudo in quella fredda giornata di dicembre.

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Capitolo 4
*** IV ***


IV
 

A Daphne. Perché il crack è sempre cosa buona e giusta.
Spero ti piaccia.

 

Quel momento l'avrebbe raccontato ai loro figli, ancora troppo piccoli per capire. E poi loro l'avrebbero raccontato ai loro nipoti, tramandando ad ogni generazione quel leggendario evento.
Perché Ino era lì, vittoriosa dopo una partita ad Uno – iniziata per una stupida scommessa – che scattava come una forsennata foto a suo marito. Vestito da renna, o meglio da Rudolph, col naso rosso e una cosa marrone a fargli da pelliccia.
«È troppo bello per essere vero!» commentò commossa Yamanaka, mentre continuava a scattare foto al povero Neji, sull'orlo di una crisi di nervi.
«Ne hai ancora per molto, strega?» domandò lui. Stava in piedi, immobile vicino all'albero di Natale e con una faccia talmente arrabbiata che avrebbe potuto incenerire la moglie con uno sguardo.
«Oh su – sghignazzò lei – non fare il guastafeste, è Natale! Fai il buono e lasciati scattare altre foto.»
«Veramente – tossicchiò lui – sei tu la malvagia che vuole sputtanarmi di fronte a tutta la mia famiglia, Hinata e Kiba compresi»
Ino fece spallucce, smettendo di usare la macchina fotografica. Un sorriso perfido le increspò le labbra
«Sei troppo rigido tesoro, sorridi un po', dai.»
E continuò a scattare foto al povero Hyuuga.
«Quando queste maledette feste saranno finite – ringhiò lui – io chiederò il divorzio, sappilo.»
Chiaramente, nessuno dei due credette a quelle parole.

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Capitolo 5
*** V ***


V
 

A Giada, perché Kiba è come il nero, sta bene con tutto!
Spero ti piaccia.

 

Kiba ce la stava mettendo tutta, ma pareva proprio che il Fato non fosse d'accordo: aveva appeso del vischio per tutta la casa, tra il soffitto, le librerie della sua ragazza e ogni angolo possibile e immaginabile.
Peccato che ogni volta che Hinata passava vicino ad uno di essi, Inuzuka era irrimediabilmente impegnato a fare qualcos'altro, come cucinare, o combattere contro quella bestia di Satana di nome Akamaru.
Naruto, quando aveva scoperto il suo piano, aveva riso fino alle lacrime.
«Non ti serve mica quella roba, idiota!»
Era vero, non aveva di certo bisogno dell'aiuto di quella piantina per dimostrare un po' d'affetto a quella che era la sua ragazza da ben 6 anni. Ma – e questo Kiba non l'avebbe ammesso neanche sotto tortura – trovava molto romantica l'idea di baciarsi ogni volta che si passava sotto il vischio.
Ed era per questo che aveva deciso di appenderne un pochino sopra la porta, in modo da beccare subito Hinata appena sarebbe tornata da lavoro.
Ma quando la ragazza rincasò, Kiba non fece neanche in tempo ad accoglierla aprendole la porta, che Akamaru si gettò su di lei, leccandola in tutto il viso.
La ragazza rise di gusto, cercando però di allontanare il cane. Appena ebbe un attimo di tregua, Hinata posò un bacio sulla guancia del ragazzo, poi corse in camera per cambiarsi.
Kiba osservò l'amico peloso inorridito: era riuscito a rovinargli ancora il suo piano perfetto!
«Questa me la paghi, Akamaru» ringhiò Inuzuka.
Potè giurare di aver visto il cane fare un sorriso sornione.

 

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Capitolo 6
*** VI ***


VI
 

A Michele. Una piccola flash su Sasuke e Sarada, che meritano tanto amore.
Spero ti piaccia.

 

Sua figlia era furba. Dannatamente furba.
Un piccolo tappino di 7 anni, un concentrato di intelligenza, bei sorrisi e un carattere decisamente amabile – almeno per i suoi standard.
Sasuke non se n'era neanche accorto, troppo impegnato a non fare rumore, mentre poco prima Itachi aveva borbottato qualcosa su "uno strano presentimento".
Poi, Sarada la mattina si era svegliata e non si era lanciata verso i pacchi lasciati la notte prima dai nonni, da Itachi e da suo padre. Aveva invece tolto una piccola video-camera da dietro l'Albero di Natale e l'aveva osservata a lungo, fino a mormorare un vittorioso "lo sapevo!".
Sasuke l'aveva guardata stranito.
«Lo sapevo che non esiste!» gridò di nuovo lei in direzione del padre.
Uchiha impallidì. Era forse arrivato quel fatidico momento?
«Babbo Natale non esiste, siete voi che fate i regali!»
A Sarada non piaceva che qualcuno le dicesse una bugia. Era sempre stato così, fin da quando aveva imparato a parlare e distinguere le frottole dalla verità.
Sasuke sospirò. Un altro passo verso la crescita della sua bambina. Non l'avrebbe mai ammesso, ma un po' gli dispiaceva.
«È vero. Quando l'hai capito?»
«Babbo Natale non ha il pessimo senso dell'umorismo di zio Shisui» osservò lei.
Sasuke non poté che concordare, ricordando le battute orribili del cognato ogni volta che si travestiva.
«Almeno aprirai i regali?» chiese alla figlia.
Sarada annuì sorridente, poi si prodigò verso i doni sotto l'Albero.
Li scartò con calma misurata, eppure ogni volta che ne scopriva il contenuto, il suo visetto si illuminava di curiosità e gioia.
Sasuke si sentì particolarmente orgoglioso di se stesso quando lei gli disse che il suo regalo preferito era stato proprio il suo, le Lego di Harry Potter.
«Allora – chiese Sasuke – hai intenzione di dirlo alla nonna e agli altri che non credi più a Babbo Natale?»
«E perché? È così divertente vedere zio Shisui mentre finge di essere Babbo Natale!»
Oltre che furba, sua figlia era anche dannatamente sadica.

 

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Capitolo 7
*** VII ***


VII
 

A Giulia. Un piccolo scorcio della famiglia Uzumaki-Namikaze.
Spero ti piaccia.

 

«Oto-chan? Okaa-chan
Kushina si svegliò di soprassalto, notando la luce che si era appena accesa. Era un po' assonnata, ma distingueva abbastanza bene la piccola figura bionda alla porta. Minato al suo fianco rantolò, evidentemente si era svegliato pure lui. La ragazza osservò l'orologio, che segnava le 3:19 AM.
«Naruto – sussurrò poi con voce impastata – che ci fai qui? Non ti senti bene?»
Il piccolo scosse la testa.
«Un incubo?» chiese Minato. Naruto annuì.
«Ho... ho sognato il piccolo Tim.»
Minato alzò gli occhi al cielo, scoccando poi un'occhiataccia a sua moglie. Kushina imprecò mentalmente: forse era stata una pessima idea far vedere al figlioletto di appena tre anni il Canto di Natale di Topolino.
«Tesoro, – esordì lei – il piccolo Tim sta benone. Ti ricordi? Scrooge è diventato buono!»
Ma Naruto scosse la testa, non voleva sentire ragioni. Anzi, con orrore Kushina si accorse che era sull'orlo delle lacrime.
«Io l'ho visto! Era nella tomba, povero Tim! E se anche io finisco come lui?»
A quel punto Minato si alzò malamente dal letto, dirigendosi verso il bambino. Poi lo afferrò per i fianchi, per prenderlo in braccio.
«Naruto, vuoi dormire con noi?»
Il piccolo annuì, abbracciando il papà. Minato alzò gli accarezzò la schiena, poi rivolse un'occhiata rassegnata alla moglie.
Neanche il tempo di metterlo a letto e spegnere la luce che Naruto si era già addormentato.
«Sei incorreggibile» mormorò Minato in direzione della moglie infilandosi tra le coperte. Dal tono della voce non si capiva se fosse rassegnato od irritato.
«Ma è un cartone che finisce bene! - protestò lei – Che ne sapevo io che poteva averne paura?»
«Il prossimo Natale il film lo scelgo io»
«Oh sentiamo Minato, che gli farai vedere? Sono proprio curiosa!» sussurrò lei, scaldandosi. Se non fosse stato per il pargoletto lì in mezzo a loro che dormiva beato, Kushina si sarebbe già messa a strepitare.
«Mamma ho perso l'aereo. - mormorò convinto lui – Almeno imparerà a diferdersi dai ladri»
Kushina si voltò fintamente piccata, soffocando a malapena una risata. Non gliel'avrebbe mai data vinta.
«Guarda che ti sento» mormorò Minato divertito.
Prima di addormentarsi, Kushina si tolse almeno lo sfizio di tirare un calcio sul ginocchio al suo adorato maritino.

 

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Capitolo 8
*** VIII ***


VIII
 

Ad Alex. Un Kakashi abbastanza malinconico, ma che grazie a qualcuno riesce a passare qualche attimo di senerenità.
Spero ti piaccia.

 

A dispetto della fama che si era creato attorno, a Kakashi la solitudine non era mai piaciuta molto. Certo, aveva sempre avuto un carattere strano – da bambino era odioso, da adulto scostante, a tratti cinico – ma non si poteva propriamente definire fan della solitudine. Più che altro, era lei che inseguiva lui.
Lo aveva inseguito dal momento in cui aveva messo piede su questa Terra, perdendo lo stesso giorno della sua nascita la persona che gli aveva dato la vita. Poi a 11 anni, quando suo padre dopo una lunga depressione si era tolto la vita. Kakashi aveva pensato di aver toccato il fondo in quell'esatto momento.
Si sbagliava.
I dieci anni successivi erano stati difficili, ma nel complesso felici, se così li si poteva definire. Si era abituato a dormire da solo a casa sua, a non dire più "sono tornato" a qualcuno dopo essere stato a scuola. Però, nei momenti in cui non stava lì dentro era con loro due e tutto sembrava andare bene. Andava tutto bene, nonostante le zuffe, le battute taglienti e le parole pacificatrici di qualcuna. Kakashi si stava quasi abituando.
Tutto era poi crollato una notte, quando la sua macchina aveva cercato di evitare lo scontro con un camion in una strada scivolosa.
Obito era morto sul colpo, Rin aveva resistito appena due giorni.
Quindi non era propriamente Kakashi l'amante della solitudine. Piuttosto, era il Destino ad essere stato maledettamente stronzo con lui. L'unico lato positivo era il fatto che da qualche anno a questa parte non aveva proprio più nulla da perdere: era rimasto completamente solo.
Aveva sentito dire che per molte persone, il Natale era il giorno peggiore se non si aveva nessuno accanto. Kakashi in effetti non poteva che concordare.
Il campanello suonò, distraendolo dai suoi pensieri.
«Chi sarà?» si chiese.
Si diresse pigramente verso la porta, aprendola senza neanche guardare nello spioncino. Davanti a lui, tutti imbacuccati e con il naso rosso, stavano i tre bambini che abitavano di fronte e a fianco. Naruto, Sasuke e Sakura.
«Kakashi!» strillarono Naruto e Sakura. L'altro scoccò loro un'occhiataccia, come a far notare quanto fossero casinisti. Poi anche lui salutò, ma con un tono di voce più basso.
«L-Le abbiamo portato questo!» esclamò Sakura porgendogli un piccolo pacchetto argenteo.
«Davvero?»
Kakashi era sinceramente stupito. Conosceva i tre bambini e le loro famiglie, soprattutto quella di Naruto. A dire la verità era anche da un po' che passava del tempo assieme ai tre: anzi, erano loro che venivano a casa sua. Non si sarebbe mai aspettato però un dono da parte loro.
«L'ha scelta mia mamma. Dice che sono molto belle» mormorò Sasuke, indicando il pacchetto.
Kakashi lo aprì, sotto richiesta dei tre, rivelando una piccola palla di vetro con dentro la neve e un finto pupazzo. L'uomo sorrise da dietro la sua stramba maschera. Il "grazie" che pronunciò fu poco più che un sussurro.
Forse, per una volta sarebbe stato un 25 dicembre diverso dal solito. Non allegro, ma sicuramente meno malinconico.
«Venite dentro, qui c'è freddo. Vi offro della cioccolata.»

 

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Capitolo 9
*** IX ***


IX
 

Ad Ilenia. Un piccolo scorcio d'amicizia tra Naruto e Gaara sotto Natale.
Spero ti piaccia.

 

«Così non va affatto bene!»
Naruto aveva uno sguardo minaccioso. O meglio, pensava di averlo, ma in realtà qualcosa – cioè gli spaghetti del ramen che gli penzolavano dalla bocca – lo rendevano solo ridicolo. E un po' schifoso, a dire la verità.
In realtà, Gaara era molto grato a Naruto: appena scoperto che avrebbe passato il Natale da solo, l'amico si era precipitato a casa sua, mollando i parenti della famiglia Uzumaki venuti da ogni parte dello stato. Erano riusciti a ordinare del cibo istantaneo, ma Naruto era fermamente convinto che nessun ramen potesse battere quello di Teuchi.
«Perché, che c'è di male?» mormorò Gaara. Uzumaki mangiò gli spaghetti.
«È terribile! Non hai mai visto il Grinch! È la cosa più catastrofica che mi potessi dire, amico!»
Gaara lo osservava come se fosse un alieno.
«Cioè – continuò imperterrito Uzumaki – i Nonsochì di Chinonsò! Cindy Lou!»
Senza dire altro, uscì di casa.
Gaara era ancora senza parole. Conosceva l'amico da una vita – 15 anni – eppure ogni volta si stupiva di quella vena di pazzia che Naruto aveva negli occhi. L'aveva sempre avuta, fin dal primo momento in cui in prima elementare l'avevano spostato vicino a lui e si era subito presentato in modo invadente e divertito: "piacere, mi chiamo Naruto Uzumaki!"
Tornò circa un dieci minuti col il fiatone e la sciarpa messa alla bell'e meglio. Solo allora Gaara si accorse che era senza giacca.
«Ti prenderai un raffreddore ad uscire così!» lo rimproverò.
Naruto lo liquidò con un gesto della mano.
«Non preoccuparti! Sono andato a prendere la pennina! Adesso ci vediamo il Grinch» sorrise.
«Naruto – mormorò Gaara – non sei costretto a rimanere qui. Mia sorella è con le amiche e Kankuro è con la ragazza, ma tu hai i parenti a casa che ti aspettano, non devi assolutamente...»
L'amico gli tirò un colpo in testa.
«Non dire cazzate, Gaara. Ho passato mille Natali con Karin e gli altri, mi fa solo che piacere passarlo con te. Quindi smettila di sparare scemenze.»
Gaara annuì e mormorò un "grazie", sincero e quasi commosso: Naruto era un caro amico, forse il più caro, ed avere la certezza che anche lui ci tenesse così tanto al loro rapporto era per Gaara importantissimo.
Prese il PC e si piazzarono sul divano, mentre Uzumaki gli passava la chiavetta USB.
«Finalmente vedrai un vero capolavoro cinematografico! Altro che i mattoni che ti guardi tu!» scherzò.
Gaara ridacchiò, alzando gli occhi al cielo, e gli tirò una pappina sul collo.

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Capitolo 10
*** X ***


X
 

Ad Kyuukai. Un Shisui decisamente ubriaco e un povero Itachi costretto a sopportarlo.
Spero ti piaccia.

 

«Dai Itachi, facciamolo!» miagolava. Si strofinò contro la guancia del marito, provando a corromperlo. Di nuovo.
«Shisui – lo rimproverò Itachi – sei ubriaco fradicio. Ma quanto hai bevuto?»
«Non è colpa mia! - protestò l'uomo affranto - È tuo padre che mi ha sfidato ad una gara di bevute dopo avergli detto che il, come si dice?, pandoro che avevamo portato io era più buono di quello che... che aveva comprato lui!»
«Mio padre?»
Itachi era esterrefatto. Non immaginava certo che Fugaku, un uomo posato, a tratti freddo, potesse sfidare Shisui – il genero allegro e casinista – in una gara di bevute. Soprattutto dopo il pranzo natalizio gigantesco di Sasuke e Mikoto.
Alzò affranto gli occhi al cielo chiedendo un aiuto divino: erano forse tutti impazziti?
«Ma questo quando è successo?» mormorò Itachi in direzione di Shisui.
«Tu eri a giocare con Sarada» rispose l'altro.
«Hai vinto almeno?»
Shisui scosse la testa, portandosi velocemente una mano alla bocca. Itachi gli rivolse uno sguardo terrorizzato e lo trascinò velocemente verso il bagno. Rischiò quasi di ammazzare il marito, a cui mancò poco per sbattere la faccia nella tazza del WC. Poi, con poca grazia, Shisui vomitò.
Quando ebbe finito, si accasciò sul pavimento e riprese a respirare regolamente.
«All we hear is Radio Cac -ca...» cantincchiò divertito.
Ad Itachi mancò poco per mettersi le mani nei capelli e strapparseli. Non c'era universo o condizione in cui Shisui non fosse un cretino patentato.
«Dai, Itachi-chan! Lo facciamo? Per favore!» l'uomo riprese la sua richiesta.
L'altro finse di pensarci su, poi sorrise furbo: «Solo se ti lavi i denti e ti fai mettere del nastro rosso a mo' di pacco regalo»

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Capitolo 11
*** XI ***


XI
 

Ad Alice. Un cenone di Capodanno un po' insolito, all'insegna dell'alcol lol.
Spero ti piaccia.

 

«Su su Tsunade-san, non sia così di malumore. Lo sa cosa conta in questa vita? La salute»
Quelle pesti di Kiba e Naruto stavano facendo ubriacare la donna, senza però accorgersi che contemporaneamente anche lei stava facendo ubriacare loro!
Tsunade annuì, alticcia già alle 11 di sera: avrebbe iniziato il nuovo anno da ubriaca. Brilla a Capodanno, brilla tutto l'anno insomma.
Avevano deciso di festeggiare il 31 dicembre con una festa tra loro dell'associazione di volontariato di Konoha: dopo aver servito dei pasti caldi ai bisognosi della città, avevano avuto la malsana idea di festeggiare tutti insieme, mangiando ciò che era avanzato dalle cucine e con l'alcol trovato a casa di questo o di quella, oppure comprato all'ultimo minuto.
Tsunade trangugiava la sambuca di Kiba senza pietà da almeno mezz'ora.
C'era chi ballava – neanche tanto sobrio – come Ino, Gai e Rock Lee, oppure chi chiaccherava tranquillamente, come Gaara e Kakashi.
Sakura, tra una bevuta e l'altra, si occupava della musica, cambiando CD nell'unico stereo malandato che avevano trovato.
Tra una canzone oscena e l'altra, partì Can't help falling in love di Elvis.
«E questa chi cazzo l'ha messa?» strillò Sakura a fianco dello stereo verso un soggetto ignoto.
«Tu, Haruno. - ridacchiò Ino di rimando – Dai, balliamola almeno!»
Sakura si alzò un po' tremolante, ma annuì.
Naruto, Kiba e Tsunade osservarono piano piano la maggior parte dei partecipanti unirsi in un lento. E sembrava proprio che non fosse la prima volta che accadeva una cosa simile.
«Ma c'erano così tante coppie tra di noi?» chiese Naruto esterrefatto.
«Ad averlo saputo prima mi sarei fatto avanti senza seghe mentali con Hinata!» protestò Kiba. E si diresse in fretta verso di lei.
«Tsunade»
Naruto e la donna si voltarono, vedendo un Jiraiya decisamente sbronzo davanti a loro. Stava porgendo la mano alla donna.
Tsunade ci pensò su per un secondo: in fondo era l'ultimo dell'anno, era mezza ubriaca e poi era Jiraiya che glielo stava chiedendo...
«Sia chiaro, – strepitò prima di afferrare la mano dell'uomo – questo non accadrà mai più!»
Jiraiya ridacchiò, consapevole che quella era una bugia bella e buona.

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Capitolo 12
*** XII ***


XII
 

A Zucca. Un povero Sasuke preso in ostaggio da Shisui.
Spero ti piaccia.

 

Sasuke ancora faceva fatica a crederci: come cazzo erano finiti nell'emisfero australe?
"Sarà divertente!" gli aveva detto Shisui con lo zaino in spalla ed Itachi a fianco. E dire che non aveva neanche capito come diavolo avevano fatto a convincerlo!
Forse erano stati gli occhi di suo fratello che avevano emanato una silenziosa rischiesta d'aiuto contro il pazzo fidanzato.
O forse lui stava iniziando a perdere il senno e aveva semplicemente accettato di buon grado quell'assurdo invito di Shisui – no, questo non era possibile.
Itachi continuò a spalmargli la crema solare sulla schiena: per completare l'opera, Shisui aveva costretto (ma come diavolo faceva poi?) i due fratelli a festeggiare il Natale in spiaggia, sotto un sole cocente. E ovviamente, Sasuke si era già ustionato.
«Sas'ke-chan, ti vedo nervoso» lo stuzzicò allegramente Shisui. Adorava farlo innervosire, l'aveva sempre fatto. In più, indossava un orribile costume da bagno rosso con delle renne disegnate e questo non fece che aumentare ulteriormente il malumore di Sasuke.
«Ma non mi dire» gli rispose ironicamente.
«Dai otouto – osò replicare Itachi – in fondo è... un Natale diverso, ecco»
L'altro lo fulminò con un occhiataccia, incurante del fastidio che gli provocava girarsi.
«La prossima volta, ai vostri Natali diversi non parteciperò neanche se mi pagate» ringhiò, prima di afferrare con violenza un dattero e portarselo alla bocca.
Shisui ridacchiò sornione e disse: «Non ti facevo così nervoso Sasuke. Goditi la vacanza. Dovresti ringraziarmi, in fondo ho pagato tutto io!»
«Lo farò senz'altro» borbottò il ragazzo. Aveva giusto in mente due o tre modi per fare fuori quel maledetto cognato festaiolo.
Ma per il momento, dovette sfogare la sua frustrazione su un altro povero dattero.

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