Tra le pieghe del cuore

di Red Saintia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Convivenza forzata ***
Capitolo 2: *** Sentirsi vulnerabile ***
Capitolo 3: *** Guardare avanti ***



Capitolo 1
*** Convivenza forzata ***


Questa storia partecipa a ‘Una Challenge sotto l’Albero’ indetta dal gruppo facebook Il Giardino di Efp.”
 
# PROMPT n. 19 “A e B non si vedono da tempo e sono in pessimi rapporti. Senza saperlo, vengono invitati da amici in comune alla stessa settimana bianca. A e B arrivano a destinazione, ma i loro amici li raggiungeranno solo il giorno dopo.”


 
Sinceramente ne sentivo davvero il bisogno… ok non sono una che ama la compagnia è vero, ma in fondo in alcuni casi si può fare un eccezione no?
Soprattutto quando una delle tue migliori amiche (forse l’unica) ti invita a trascorre una settimana di totale relax e divertimento in una delle località sciistiche più caratteristiche dell’Idaho, la bellissima Sun Valley.

I genitori di Kayla non se la passavano affatto male per permettersi una baita come quella, d’altronde suo padre era uno stimato chirurgo plastico e sua madre un brillante avvocato conosciuta soprattutto per essere una grande stronza… ma questo poco importa. Fatto sta che quelle vacanze natalizie loro le avrebbero trascorse in città, in compagnia dei loro spocchiosi amici, e noi in montagna (ovviamente per loro gentile concessione)
Ci conoscevamo dal primo anno di università, potevamo definirci un gruppo, e adesso che eravamo all’ultimo quello doveva essere un Natale davvero speciale.
Dana, Michael, Alex, Kayla e anche quell’arpia di Rebecca avrei tollerato persino lei… l’importante era che lui non ci fosse. Chi è il lui in questione? Presto detto, Eric Sanders.

Il solo pronunciare il suo nome, seppur nella mia mente, mi fece sbandare con l’auto istintivamente. Dio quanto era odioso… spocchioso, narcisista ed egocentrico fino all’inverosimile. Sì, anche lui faceva parte del nostro “gruppo” ma era risaputo da tutti che i rapporti tra di noi erano pessimi.
Se avessimo potuto prendere fuoco solo guardandoci saremmo stati un incendio inestinguibile. Ricordo ancora l’ultima discussione avuta fuori dal pub dove solitamente ci incontravamo mentre cercavo di rilassarmi fumando una delle mie Winston.

“Ehi Nadia… hai mai pensato di cambiare look? Si, insomma intendo dire di osare un po’ di più ecco. Sei sempre così… come dire… formale.”

“Cioè? Vorresti dire mostrare tette e culo come la maggior parte delle ragazze che conosci tu. Magari così i tuoi occhi da pervertito potrebbero trovare sollievo giusto?”

“Vedi come sei… attacchi sempre, non sai portare avanti una discussione tranquilla e costruttiva.”

“Davvero? E con chi dovrei portarla avanti, con te?”

“Perché no? Tu stai sempre sulla difensiva, attacchi nel timore di essere attaccata, sei assurda e anche un po’ paranoica se vuoi saperlo.”

“E tu sei uno smidollato che non riesce a pensare con ciò che ha in testa ma solo con quello che si ritrova in mezzo alle gambe. Quelle che te la danno devono avere seri problemi di autostima.”

Ero talmente fuori di me che praticamente gli urlai in faccia ciò che pensavo, avvicinandomi a lui senza accorgermene. I nostri occhi castani s’incrociarono, ma lui non mostrò nessun segno di fastidio per quelle parole, anzi… mi regalò un sorriso beffardo sfilandomi dalla mano ciò che restava della mia sigaretta. Fece un paio di tiri continuando a fissarmi, poi gettò quel che restava.

“Bleah… non si tira un cavolo da questa cosa. Se proprio devi rovinarti i polmoni scegli qualcosa di meglio.”

Mi lanciò il pacchetto che aveva sfilato dalla tasca del suo giubbotto. Lo presi al volo senza sapere perché, ce n’erano solo due dentro. Mi voltò le spalle e se ne andò per fatti suoi chiacchierando animatamente con ragazzi che nessuno di noi conosceva.
Ecco… quella era una delle “amichevoli conversazioni” che spesso avevamo. Ignoravo come facessero Michael, Kayla e gli altri ad andarci d’accordo, per me era solo tempo perso. Ma poi perché ci stavo pensando? Ero andata lì per divertirmi, per sciare e bere cioccolata calda, l’unica cosa che mi scaldasse il cuore.

Eppure mentre ci pensavo mi sentii inevitabilmente misera e arida. Davvero tenevo tutti a distanza? Perennemente sulla difensiva. E per quale motivo poi?
Finalmente le mie paranoie mentali giunsero a conclusione. Il viale che precedeva la baita di Kayla era davanti a me. Ottimo. I ragazzi mi distrarranno, ci divertiremo e sarà il miglior Natale che passeremo insieme.
La intravidi da lontano, era davvero bella, tutta ricoperta di neve e posta su due livelli. Era ben tenuta, curata e immaginavo dotata di ogni genere di confort.

Mi aspettavo di trovare i ragazzi che si rotolavano già nella neve soffice, pronti a lanciarsi ogni genere di fantomatica palla addosso e invece mi accorsi che ero stata la prima ad arrivare. Parcheggiai l’auto e restai nell’abitacolo per qualche istante. Il motore spento… il silenzio intorno e uno scenario che sembrava uscito direttamente da un libro di favole.
E allora perché dentro di me sentivo quella maledetta vocina stronza che mi diceva che tutto quello poteva benissimo trasformarsi in qualcosa di profondamente spiacevole?

Per un attimo pensai che forse non avrei dovuto mettere in valigia Doctor Sleep e Insomnia* a tenermi compagnia prima di addormentarmi, con la maturità stavo diventando facilmente suggestionabile. Bisognava correre ai ripari.
Finalmente mi decisi a scendere, sentivo con insolito piacere i miei piedi sprofondare nella neve fresca e intanto mi beavo dei caldi raggi del sole che mi scaldavano il viso. Sapevo che Michael, Dana e Alex sarebbero arrivati con la jeep insieme a Kayla. Rebecca invece aveva preferito venire per conto suo, giusto per mostrare a tutti il nuovo gioiellino a quattro ruote acquistatole dal paparino.
Erano le  11 del mattino e non c’era traccia di nessuno di loro. Sarebbero dovuti già essere lì e invece…

Presi il cellulare dalla tasca e provai a chiamare Kayla, dopo due squilli la linea cadde.
“Perfetto” pensai, forse era il caso di mettermi comoda c’era da aspettare, non tanto sperai, la mia tolleranza al freddo era piuttosto limitata.
“Va bene… vorrà dire che lo zio King mi terrà compagnia prima del previsto.”

Presi un libro dalla valigia e mi raggomitolai a leggere sotto il portico. Era incredibile come solo la lettura riuscisse ad estraniarmi da tutto e farmi dimenticare persino di me stessa.
Mentre ero intenta ad immedesimarmi nelle paranoie di Danny Torrance* il mio orecchio percepì l’arrivo di qualcuno.
“Finalmente quei rammolliti sono arrivati…” dissi tra me
E siccome era a fine paragrafo non alzai gli occhi dal libro prima di aver terminato.

Non l’avessi mai fatto

“Ma cosa  diavolo….” fu la prima cosa che pensai. No, non potevo sbagliarmi, avevo persino gli occhiali. Non so perché li tolsi istintivamente, che scema…

Quella non era la  jeep di Kayla, proprio no. Era un auto che conoscevo fin troppo bene, se non altro perché dal suo interno si sentiva perennemente sparata a palla la musica dei Sistem of Down. E anche in quell’occasione non era diverso.
Parcheggiò l’auto accanto alla mia, mi  vide ne fui certa, perché si portò una mano alla fronte come per dire “che sfiga”.
Mi alzai dal portico e richiusi il libro, odiavo il mio sesto senso e odiavo quell’assurda situazione. Lo vidi scendere dall’auto e mi ripetei come un mantra “Nadia sta calma, respira e non pensare a ciò che credi… magari è solo un atroce coincidenza.”

“Ma tu guarda com’è piccolo il mondo, e com’è grande la sfiga, la signorina Nadia Carter in tutta la sua saccente presenza.”

“Guarda che ho capito benissimo le tue prima parole. Che diavolo ci fai qui?”

“Ti ringrazio per la tua calorosa accoglienza, ma mi sembra ovvio. Sono stato invitato a trascorrere le festività qui. Come te suppongo?”

Lassù qualcuno deve volermi proprio male.

“No… no, non è possibile deve esserci un errore. Tu non dovresti essere qui, nessuno mi ha detto che saresti venuto, avrai sbagliato a capire.”

“Guarda che non è carino mettere in dubbio le parole di una persona. Non c’è nessun errore è stato Alex a dirmi che potevo venire e anche Kayla ne è al corrente.”

“Kayla lo sa?” ma perché stava ridendo adesso? Dovevo avere una faccia al limite del ridicolo.

“Ovvio che lo sa.”

Neanche nei miei peggiori incubi mi sognerei di trascorrere un intera settimana con Eric Sanders, nemmeno sotto tortura.
Lo vidi guardarsi intorno e cambiare espressione. Finalmente quel tonto si era accorto che eravamo soli, probabilmente la musica di quegli sclerati gli aveva rintronato il poco cervello che aveva.

“Dove sono gli altri?”

“E lo chiedi a me? Sono arrivata cinque minuti prima di te e no  ho trovato nessuno.”

Ci guardammo per un attimo negli occhi e stranamente avemmo la stessa idea. Prendemmo i cellulari e provammo e riprovammo fino a quando qualcuno non rispose. Lo sentii sbraitare ogni genere d’imprecazione contro Alex, mentre finalmente un afflitta Kayla mi rispose dall’altro lato del telefono.

“Ma si puo’ sapere che fine avete fatto? Ti rendi conto che sono qui da sola a parlare con mister universo alias Eric Sanders?”

“Nadia tesoro non sai che casino. Si è rotto il semiasse della jeep e ho dovuto chiamare il carro attrezzi, siamo bloccati a metà strada e temo che l’auto non sarà pronta prima di domani mattina.”

“Che cosa?! Ma sei impazzita? E io dovrei trascorrere una notte qui da sola con lui? Ma poi come ti è saltato in mente di invitarlo.”

“Se vogliamo essere precisi lo ha invitato Alex, io non me la sono sentita di dirgli di no.”

“Avresti almeno potuto avvisarmi, almeno avrei deciso se venire o meno.” ero furiosa, odiavo sorprese, specie se si trattava di compagnie indesiderate.

“Avanti Nadia come se avessi potuto scegliere un posto migliore dove trascorrere il Natale, non credo che con i tuoi saresti stata meglio.”

Colpita e affondata. Aveva ragione, non era un bel periodo per loro e anche se cercavano di non farmelo pesare, a volte i silenzi valevano più di mille parole. Non ci sarebbe stato un sereno Natale a casa Carter, non quell’anno per lo meno.
“Ciò non toglie che sei una stronza Kayla e questa giuro che me la paghi.”

“Fattela passare Nadia, goditi la vacanza e magari scopri che in fondo Eric non è ciò che di peggio la vita possa offrirti. C’è una chiave nascosta nello stipite della porta, e in casa la dispensa è piena. Devo attaccare adesso, ci sentiamo più tardi.”

“Aspetta… aspetta, Kayla.” ha riagganciato porca miseria.
Poteva andare peggio di così? Meglio non chiederselo o il mio sesto senso avrebbe colto di nuovo nel segno.
Anche Eric, pochi secondi dopo di me, riattaccò la chiamata. Ci guardammo entrambi in palese imbarazzo, Alex lo aveva messo al corrente della situazione. C’erano solo due opzioni, o sopportare una forzata convivenza a due per una notte, oppure uno di noi doveva fare marcia indietro e tornarsene a casa. Sinceramente non so cosa fosse peggio.

“Senti… io non voglio crear casini, è chiaro che questa situazione non piaccia a nessuno dei due, perciò io mi rimetto in macchina e me ne torno a casa.”

O cavoli! E’ la prima cosa saggia che gli sento dire, forse quella vacanza non era del tutto naufragata, c’era speranza di godermi una piacevole solitudine. Cercai di non mostrare troppo palesemente la mia gioia.

Adesso perché si è fermato con le braccia incrociate?

“Anzi… sai che ti dico? Perché non te ne vai tu?”

Ma che gran figlio di pu….

“Cosa? Stai scherzando spero? Io sono stata invitata settimane fa dalla padrona di cosa. Qui l’imbucato se tu!”

“Io sarò anche imbucato ma tu sei quella asociale che evita tutti come la peste quindi il problema è tuo.”

“Io non sono asociale, seleziono semplicemente le amicizie da quelle che mi piacciono a quelle che mi irritano.”

“E sentiamo cosa avrei fatto di tanto ignobile per farmi detestare da te?”

Ma davvero voleva saperlo? No, non era possibile ci sarebbe voluta l’intera settimana e io non avevo intenzione di spiegare ovvietà.
Mi voltai cercando la chiave di cui parlava Kayla sperando di ignorare i suoi vaneggiamenti.

“Davvero educata, mi ignori dandomi le spalle? Ottusa, presuntuosa e bacchettona!”

Chiave trovata, evviva. Cosa? Avevo sentito bene, mi aveva dato della presuntuosa, ottusa e… ok respira Nadia, sta calma. Ma quale calma, adesso mi ha davvero stancata.
“Vuoi sapere cosa penso di te Eric Sanders? Perfetto, cercherò di essere il più chiara possibile così che i tuoi neuroni possano apprendere. Tra tutte le persone che ho conosciuto tu sei il più arrogante e illuso. Ti credi di essere tanto superiore che pensi di camminare un metro da terra, tratti gli altri con sufficienza e le ragazze come zerbini. Vuoi fare il figo ma sei un insicuro e immaturo che probabilmente si starà comprando la laurea con i soldi di suo padre. Ecco quello che penso!”

Silenzio

Dovevo essere diventata rossa come un peperone perché mi sentivo avvampare il viso, ma almeno gli avevo detto ciò che pensavo. Il risultato fu che Eric stette fermo immobile per parecchi secondi, prima di metabolizzare le mie parole voltarsi in direzione della sua auto e riprendere la strada da dov’era venuto.

Restai a guardarlo qualche istante mentre provava a riaccendere il motore. Ricordo che una volta una mia vecchia amica, che adesso si era trasferita in Italia, mi disse che con le parole ci sapevo fare fin troppo; “hai la lingua più tagliente di un rasoio” mi diceva “e sai far male più di un sonoro ceffone.”
Mai come in quel caso pensai che le sue parole fossero corrette, Eric aveva mollato, se ne stava andando. Girai la chiave nella toppa ed entrai nella baita. Mi richiusi la porta alle spalle e ciò che provai non fu un trionfante senso di vittoria, bensì un profondo senso di solitudine...



* Doctor Sleep e Insomnia sono due libri del grande Stephen King
*Danny Torrance è il protagonista del libro Doctor Sleep

Ciao a tutti cari lettori. Ho deciso di partecipare a questa Challenge Natalizia mettendomi in gioco con una storia originale la cui protagonista rispecchia molto il mio carattere. Sarà una storia divisa in tre capitoli oguno dei quali introdotto dal relativo prompt, i protagonisti sono sempre gli stessi, quindi diciamo che la trama seguirà un unico filo conduttore basandosi però sui prompt della Challende. Spero davvero possa piacervi, e che questo primo capitolo sia un incentivo per continuare la lettura anche degli altri. Grazie mille 

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Capitolo 2
*** Sentirsi vulnerabile ***


# PROMPT n. 5  “A decide di confessare a B i suoi sentimenti la notte della Vigilia, ma poi lo vede baciare C…”

 
Mi guardai  intorno camminando lentamente al centro di quello che, senza dubbio, era uno dei luoghi più accoglienti che avessi mai visto. Un divano tre posti più uno da due ed un’antica poltrona troneggiavano in quell’ambiente. Un tavolo basso interamente fatto di legno messo al centro, il camino che aspettava solo di accogliere al suo interno della scoppiettante legna e un maestoso albero di Natale riccamente addobbato.
In quel preciso istante pensai che avrei potuto trascorrere anche tutta la settimana su quel divano leggendo un libro accanto al fuoco. Ahimè, i sogni non son desideri, e un bussare poco garbato alla porta mi riportò alla triste realtà di quella pace che avrei tanto voluto ma che non riuscivo a trovare.

Non chiesi neppure chi fosse alla porta, d’altronde chi poteva essere se non quel rompi scatole che evidentemente si era preparato qualche battutina sarcastica di rimando alle mie parole.
“Cosa vuoi Eric?”

“Senti…. so bene come la pensi su di me e non ho intenzione di darti noie. La macchina non parte, credo sia la batteria. Fuori si gela quindi ti pregherei di essere ospitale per stanotte, poi domani non appena arrivano gli altri mi farò dare una mano e andrò via.”

Non potevo negargli di entrare, lo detestavo con tutta me stessa ma non certo fino al punto di vederlo congelato… o forse si?
“Vieni dentro dai che accendo il camino.”

“Grazie.”

Non ci volle molto a riscaldare l’ambiente, accesi le luci dell’albero e lui in compenso prese le valigie nelle nostre rispettive auto. La dispensa era effettivamente stracolma di cibo, ma il mio obbiettivo era uno solo… prepararmi una cioccolata calda.
Dovevo averlo proprio terrorizzato perché per tutto il tempo in cui mi vide trafficare ai fornelli tenne lo sguardo basso rimanendo in rigoroso silenzio. Mi voltai per osservarlo meglio e lo beccai con il mio libro, che avevo lasciato sul tavolo, leggere avidamente seduto per terra. Visto così poteva quasi sembrare passabile come persona, i suoi occhi risaltavano con le fiamme rossicce del camino.

“Davvero ti piace Doctor Sleep?” mi chiese

“Certamente, come tutti i libri di King, anche se dubito che tu li conosca…”

“Ah giusto… io sono quello che si fa comprare la laurea da suo padre lo avevo dimenticato.”

“Non prendertela è solo che non ti ci vedo appassionato di romanzi o letture in generale.”

“E secondo te di cosa sarei appassionato sentiamo?”

“Sinceramente non saprei e non me ne frega. Ma potremmo chiederlo a Rebecca, credo che lei conosca i tuoi gusti visto che ti sta sempre appiccicata. A proposito ma non dovrebbe già essere qui?”

“Si infatti, lo chiamata prima. Arriverà in serata o al massimo domattina presto, aveva parenti a casa.”

Non c’era limite alla sfiga

“Ottimo… almeno avrai compagnia.”

“Guarda che lei non è la mia ragazza.”

“Ma io non te lo chiesto.”

“E io voglio dirtelo lo stesso.”

“Fa come ti pare. Comunque… ti va della cioccolata?”

“Si grazie.”

Forse aveva ragione Kayla dovevo farmela passare o quella sarebbe stata la giornata più lunga della settimana.

“Comunque… non per vantarmi, ma giusto per farti capire che non sono un analfabeta ignorante, ti dico che King lo conosco molto bene, così come altri autori che più o meno trattano il suo stesso genere letterario come Lovecraft e Hoffman.”

“Ma dai? Questa si che è una sorpresa, sono stupita?”
Ed era vero, neanche nei miei più rosei sogni avrei creduto che io ed Eric avremmo avuto un argomento in comune di cui parlare.

“E io sono stupito invece di quanto sia buona questa cioccolata, anche se il mio stomaco vorrebbe del cibo solido da ingerire.”

“Beh… l’ora del pranzo è passata da un pezzo. Facciamo così… io ho preparato la cioccolata e tu prepari la cena, ne sei capace?”

“Tu mi sottovaluti Nadia, potrei sorprenderti sai?”

“Dubito che tu ci riesca per la seconda volta, ma provaci non si sa  mai.”

Era il massimo che riuscivo a fare e non so il perché, lui mi innervosiva, mi faceva sentire inadeguata e smarrita. Quando stavo in sua presenza mi sentivo fragile e vulnerabile, e quelle sensazioni mi terrorizzavano.
Lo lasciai di sotto con le cuffie inforcate come suo solito, presi la valigia e salii di sopra in una delle camere da letto. Mentre cercavo di sistemarmi, il cellulare squillò.
“Pronto, Dana sei tu?”

“Ciao Nadia come va? Vi siete sistemati?”

“Diciamo di sì, ma è una situazione che non mi piace e per di più anche la macchina di Eric non parte, aspetta voi per dargli una mano.”

“Tranquilla domani saremo lì, adesso Kayla è dal meccanico, tieni duro e fa la brava.”

“Si come no…”
Devo dire che me la presi con tutta calma, scelsi una delle tre camere da letto a disposizione, sistemai le mie cose quasi a voler marcare il territorio. Non mi sarei schiodata da lì per nessun motivo, se c’era qualcuno che doveva andarsene quello era lui. E benché nel mio cervello balzasse ancora l’immagine dei suoi  occhi castani che leggevano attenti il mio libro, decisi che niente e nessuno mi avrebbe fatto cambiare idea su Eric Sanders.

Cercai di evitarlo abilmente per tutto il pomeriggio, non mi andava di intavolare una conversazione che avrebbe solo portato all’autocelebrazione del suo ego. Mi decisi a scendere solo perché dopo qualche ora le calorie della cioccolata erano belle che finite e il mio stomaco necessitava di qualcosa di più sostanzioso.
Scesi giù… e per poco gli occhi non mi uscirono dalle orbite. Un delizioso profumino aveva dolcemente invaso il soggiorno, qualcosa sfrigolava sui fornelli e la tavola era elegantemente apparecchiata per due.

Lo vidi seduto su uno sgabello aveva ancora le cuffie nelle orecchie ed era intento a leggere. Feci per schiarirmi la voce sperando di attirare la sua attenzione e al terzo tentativo finalmente quel rintronato se le tolse e richiuse il libro.

“Ah… finalmente sei scesa, credevo ti fossi chiusa a chiave in una delle camere?”

A quell’affermazione gli regalai uno dei miei più acidi sorrisi.
“Vedo che hai preso in ostaggio il mio libro oggi?”

“Almeno con lui riesco a fare una muta conversazione, visto che tu ti sei elegantemente dileguata.”

“Ero a farmi una doccia e a sistemare le mie cose.”

“Vedo… infatti sei davvero molto bella Nadia.”

“E’ inutile che cerchi di adularmi io non sono Rebecca non mi servono i tuoi complimenti per rinsaldare la mia autostima.”

“Ci risiamo, lo hai fatto di nuovo…”

“Che vuoi dire? Cosa?”

“Uno ti fa un complimento, cerca di essere carino e tu fai la iena.”

“Io descrivo semplicemente la realtà dei fatti sei tu che non accetti che ti si spiattelli in faccia la verità.”

“Non ho intenzione di discutere con te Nadia, non di nuovo.”

“Neppure io se è per questo, tanto è tempo perso.”

“Bene.”

“Bene!” gridai più forte, perché in qualche modo dovevo sempre imporre la mia superiorità verbale.
Lo vidi sparire in direzione della cucina, si sentiva un rumore di pentole e stoviglie ma non mi andava di approfondire. Restai a guardare le luci ipnotiche dell’albero cercando di pensare ad altro. Tornò dopo circa dieci minuti, stavolta fu lui ad attirare la mia attenzione, mi voltai e  lo vidi in piedi con due primi piatti  tra le mani.

“Se vuoi accomodarti ho preparato la cena come promesso.”

Non dissi niente per evitare di fare ulteriori danni, mi limitai a sedermi attirata da quel profumo invitante. Cominciammo entrambi a mangiare e devo ammettere che quella pasta era davvero buona, mi sentivo in dovere di dire qualcosa credo che stavolta lo meritasse davvero.
“Eric complimenti, è davvero ottima. Ma come hai fatto questo condimento?”

“Non ci vuole molto… ho utilizzato ciò che avevo a disposizione…”

“Sul serio? E cioè?” a quel punto ero davvero curiosa.

“Un barattolo di sugo pronto che ho trovato in dispensa.”

“Scherzi?”

“Assolutamente no.”

Lo guardai perplessa e stupita, lui posò la forchetta e scoppiò a ridere. Non so perché… forse era la sua risata o il suo modo di fare così naturale e scanzonato allo stesso tempo, ma mi coinvolse nella sua allegria e quello fu l’istante preciso in cui quel muro invalicabile che avevo innalzato cominciò a sgretolarsi.

Devo ammettere che fu una serata piacevole, inaspettatamente trovammo molti argomenti in comune dei quali parlare e fu proprio chiacchierando di libri, musica e cinema che ci trovammo a guardare il bellissimo cielo stellato di Sun Valley sotto il portico fumando una sigaretta.
“Ne vuoi una delle mie?”

“No ti ringrazio non le reggo le tue, e poi quel vino che hai tirato fuori mi sta facendo girare notevolmente la testa.”

“Oh… signorina Carter lei non regge l’alcol? Che delusione…”

“Già proprio una delusione vero? E pensare che gli scemi come te li reggo bene.”

“Ti prego Nadia sei stata così piacevole in queste due ore non rovinare tutto aprendo a sproposito la bocca.”

“E chi vorrebbe zittirmi sentiamo? Tu Eric? Vorresti provare a farmi tacere, ma credimi non ci riusciresti.”

“Davvero?”

“Puoi scommetterci…” gli dissi. Ma che idiota ero stata, l’avrei dovuto capire da tante cose. I suoi modi gentili, la sua galanteria e quei sorrisi concessi con tanta indulgenza servivano solo a preparare il terreno per la sua prevedibile mossa.

Non riuscii ad impedirglielo perché ero troppo concentrata a tenergli testa con le parole, e così neppure le vidi arrivare… le sue labbra che catturarono le mie mordendole leggermente per indurmi ad aprirle ed accettare quel bacio che mai gli avrei concesso spontaneamente.

Mi bloccò il viso tra le mani e io non fui più in grado di muovermi, sentivo solo il suo sapore sulle labbra e un calore intenso che invadeva il mio corpo. La mia mente non riusciva a concepire come diavolo avessi fatto a trovarmi in quella situazione. La mia testa mi intimava di dargli uno schiaffo proprio lì in quell’istante, il punto era che il mio corpo non rispondeva, era come se fosse disconnesso dal cervello.
Il cuore batteva forte. Ma davvero il cuore umano poteva battere così velocemente in certe situazioni? Lo stavo scoprendo in quell’istante. E quando le sue braccia mi avvolsero completamente i miei occhi si chiusero, la razionalità, l’orgoglio e la diffidenza andarono a farsi benedire e lasciai che lui avesse il controllo su di me.

“Chi sei tu realmente?” mi chiese

“In questo momento me lo sto chiedendo anch’io, ma temo che le nostre inibizioni siano rimaste sedute al tavolo lì dentro.”

“Sei tremendamente attraente Nadia, e non solo fisicamente. Il tuo cervello il tuo modo di essere, ogni cosa che dici o che pensi mi fa ribollire il sangue. Lo capito da quando ti ho conosciuta che saresti stata la mia rovina, ma fanculo, se è così che deve essere sarai il più dolce abisso nel quale voglio perdermi.”

Perché lo stavo abbracciando? Perché le mie mani correvano veloci sul suo torace cercando di aggrapparmi a lui come se fosse la mia sola salvezza. Che mi stava succedendo? Era davvero dovuto all’alcol quella euforia, quel desiderio, quell’esigenza di averlo…
Una parte di me sapeva che saremmo finiti di sopra, forse la parte più buia, più nascosta, quella che non voleva ammettere che l’ostilità nei suoi confronti era solo una corazza che avevo costruito ad arte per proteggermi. Ma proteggermi da cosa? Che male avrebbe mai potuto farmi perdermi tra le sue braccia?
Forse lo avrei scoperto quella sera o forse non ne avrei mai avuto occasione. So solo che in quel momento non volevo pensarci, perché la sola sofferenza che avrei potuto provare era se lui si fosse fermato.

Ma Eric non lo fece… no, proprio per niente. Non posso dare una definizione precisa di quel rapporto, non era solo sesso, non era neppure amore, e allora cos’era? Esigenza, istinto, irrazionalità? Non lo so, e forse neanche m’importava, io gli diedi tutta me stessa quella notte non sapendo alla fine cosa mi sarebbe rimasto.
Un senso di piacevole torpore ci colse entrambi alla fine di quell’amplesso. E l’ultima cosa che videro i miei occhi prima di chiudersi furono dei candidi fiocchi di neve che scendevano lungo i vetri della finestra. Poi le sue parole mi risuonarono nella mente e sapevo che non le avrei mai più dimenticate…

“Vorrei tenerti stretta a me per sempre… perché so che all’alba tu non sarai più qui.”
Il sonno mi avvolse, non prima di aver bagnato il dorso della sua mano con una lacrima.

 
6:00 a.m. (21 Dicembre)

Credo di non aver mai dormito così profondamente in vita mia. Se solo quel fastidioso bussare alla porta non mi avesse svegliata credo che sarei rimasta in quel letto ancora per molto molto tempo.
Pochi secondi per connettere il cervello al resto del corpo, infilarmi qualcosa addosso e guardarlo dormire beatamente con i capelli leggermente scompigliati, sembrava un bambino, eppure ogni suo tocco me lo sentivo ancora addosso come se fosse stato marchiato a fuoco sulla mia pelle.

Scesi in fretta cercando di ricompormi, per quanto mi fosse possibile, aprendo la porta.

“Finalmente, era ora! Sono dieci minuti che busso qui fuori, mi si è congelata la punta del naso.”

“Buongiorno anche a te Rebecca…”

“Penso abbiate saputo di Kayla e gli altri?”

“Sì, ci hanno avvisati.”

“Comunque hanno risolto, un paio d’ore al massimo e saranno  qui.”
Mentre mi parlava lo sguardo di Rebecca si era inevitabilmente posato sulla tavola ancora apparecchiata della sera prima, passando poi a scrutare la mia persona da capo a piedi. “Bene… bene, vedo che avete fatto i bagordi ieri sera?”

“Se intendi al fatto che abbiamo cenato direi di sì. Volevi che morissimo di fame?”

“Giammai Nadia… quale perdita sarebbe stata, non godere più della tua compagnia. Piuttosto dov’è Eric?”

“E’ di sopra, dorme ancora.”

“Nella sua camera voglio sperare?”
Non risposi, e non so perché. Non era certo per vergogna o timore, non me ne fregava niente di quello che pensava di  me. E’ solo che quella notte era solo nostra e non volevo condividerla con nessuno.
Rebecca si aspettava una risposta, il suo sguardo la esigeva, e io non sapevo che scusa inventarmi.

“Rebecca! Buongiorno.” scese le scale ancora visibilmente assonnato.

“Eric… tesoro ciao, come stai? Fatti salutare.”
Eccola lì , la gatta morta che gli si fionda addosso come una cozza. Ma che dico, ma poi che mi frega, lui non è mica il mio ragazzo (se è per questo manco il suo) meglio sloggiare, quella Barbie di plastica proprio non la reggo di primo mattino.

“Scusate io vado di sopra, ci vediamo dopo…”

Eric mi guardò, sentivo i suoi occhi addosso, e tremai senza volerlo. Sparii dalla loro vista, Rebecca aveva smesso di fare domande una volta adocchiato l’oggetto dei suoi desideri. Non le era nemmeno passato di mente, se non per un centesimo di secondo, che io e lui fossimo stati a letto insieme.

Certo, io paragonata a lei ero praticamente insignificante. Andai in camera, quella che avevo scelto per me e condiviso con lui, e mi accorsi con la coda dell’occhio che la porta  di un’altra delle stanze era aperta e il letto disfatto.

“E’ bravo Eric… previdente ad ogni evenienza.”
Mentre io ero intenta a coprirgli le spalle, lui se l’era parate già da solo, fabbricandosi un alibi. Un senso di disgusto mi prese alla bocca dello stomaco, ma cercai di trattenermi, tra poco sarebbero arrivati i ragazzi e non volevo di certo farmi trovare turbata per colpa di quel verme.

 
24 Dicembre


“Sei una schiappa Dana! Avrai fatto quella discesa a testa in giù minimo cinque volte.”

“E tu sei un idiota Michael, potevi anche darmi una mano invece di ridere.”

“Dai ammettilo eri esilarante…” pure Alex ci si metteva a prenderla in giro, povera Dana.

Anch’io non ero di certo una sciatrice provetto ma almeno non ruzzolavo come una palla in discesa. Non riuscivo a rilassarmi come avrei voluto. Alla fine Eric non era più andato via, Alex lo aveva convinto a rimanere. Ed io non potevo mostrarmi contrariata da quella decisione senza necessariamente mettere in piazza quello che era successo tra noi. Cercavo, per quanto mi fosse possibile, di evitarlo. Non sempre ci riuscivo…

“Nadia… ehi Nadia!”

“Cosa vuoi?”

“E me lo chiedi? Sono tre giorni che mi eviti, ma che ti ho fatto?”

“Niente Eric, proprio niente.” stronzo

“E fermati ti sto parlando che cavolo!”

“Ma cosa vuoi? Cosa vuoi? Vuoi parlare con me, e per dirmi cosa? Che ti sei preso il tuo spasso e che non devo illudermi. Sta tranquillo so bene come funziona con quelli come te, non ho bisogno dello spiegone. Torna da Rebecca siete proprio fatti l’uno per l’altra.”

“E se ti dicessi che non è lei che voglio?”

“Ti risponderei che dovevi pensarci prima di disfare il fatto per non farle sapere che eravamo stati insieme.”
Gli dissi quelle parole con una rabbia diversa dal solito. Una rabbia che non volevo provare, perché faceva male… troppo male, come quando lo guardavo negli occhi e improvvisamente tutto acquistava un significato diverso.

“Aspetta! Non andartene ti prego…” forse sarei rimasta… avrei potuto, se solo non avessi intravisto da lontano una chioma bionda reclamare la propria preda. Girai le spalle e me ne tornai alla baita a passo svelto.

 
Io e le ragazze, tranne Rebecca che praticamente si era autoproclamata supervisore, cercammo di fare del nostro meglio per preparare un cenone almeno commestibile. Il risultato fu una confusione senza precedenti ma riuscimmo se non altro a non bruciare niente.
Alex aveva messo lo stereo a tutto volume, in radio davano i No Doubt con Don’t speak e la voce di Gwen Stefani mi fece venire un nodo allo stomaco che non passò inosservato alla mia cara amica Kayla.

“Cosa c’è Nadia?”

“Niente, va tutto bene.”

“Adesso hai dei segreti anche con me?”

“Sai che non potrei…”

“Allora perché non mi dici che hai? Non mi terrai ancora il broncio per la questione di Eric?”

“Certo che no, figurati. Ormai è andata.”

“Ok, ho capito che devo tirarti le parole di bocca. Allora ti facilito il compito. Cos’è successo tra te e Eric?”

“Niente, cosa vuoi che sia successo? I soliti battibecchi.”

“Sei una bugiarda Nadia e lo sguardo che lui ti rivolge ne è la prova.”

“Ma che dici? E che razza di sguardo farebbe?”

“Devo dirtelo? Non ci arrivi… Eric è cotto di te. Non so cosa tu gli abbia fatto ma quello prova qualcosa per te giuro.”

“Tu sei matta Kayla, non voglio ascoltarti vado ad apparecchiare…”
Avevo sempre saputo che era una buona osservatrice, ma che ci prendesse così non lo credevo possibile. Ero stanca, la giornata era stata pesante e io avevo bisogno di fumare.

Uscii sotto il portico e mi accesi una sigaretta. Non avrei retto altri due giorni in quel clima, la tensione quando eravamo entrambi presenti si tagliava con il coltello, era insostenibile. Dovevo parlargli, adesso… subito. Sperando che quell’impiastro di Rebecca non fosse tra i piedi.
Sì ero decisa, al diavolo il fumare. Feci un ultimo tiro gettandola nel posacenere. In soggiorno gli altri avevano cominciato un ballo di gruppo improvvisato e guardandoli distrattamente non notai subito se mancava qualcuno. La mia priorità in quel momento era un'altra.

Certo non pretendevo che lui mi dichiarasse amore eterno, anche perché non sapevo io stessa cosa significasse lui per me. Ma che almeno desse un significato, un senso a ciò che era accaduto tra di noi quella notte mi sembrasse il minimo.
Salii le scale e mi diressi nella camera che condivideva con gli altri due. Non pensai a bussare perché sapevo che Alex e Michael erano di sotto, e fu quello il mio errore…

Perché la presenza mancante nel soggiorno al piano di sotto si trovava in quella stanza semi svestita avvinghiata al corpo di Eric. Io rimasi impietrita, lui cercò di ricomporsi, Rebecca nemmeno ci provò, smorzando un sorriso beffardo di vittoria.
Non riuscivo ad articolare una frase di senso compiuto l’unica parola che emisero le mie corde vocali fu un laconico.

“Scusate…”

Richiusi la porta, mentre delle lacrime incontrollate mi pizzicavano gli occhi.

“Nadia aspetta!” mi sentii tirare per un braccio mentre mi allontanavo lungo il corridoio,  era lui che tentava in vano di trattenermi. Non so cosa mi prese ma l’unico gesto che riuscii a fare fu allungargli un sonoro ceffone dritto in viso.

“Se mai per qualche breve istante io abbia avuto un briciolo di rispetto per la tua persona sappi che lo hai perso in questo momento esatto.”
Non avevo la forza di tornare di sotto ed affrontare gli sguardi degli  altri, così mi diressi verso la mia stanza.

“Nadia io ti amo!” lo urlò con tutto il fiato che aveva in gola, questo posso affermarlo, anche Rebecca lo sentì perché la intravidi sulla soglia della camera di Eric. Era letteralmente sbiancata in viso.

Eppure quelle parole, forse insperate, che mai avrei creduto potessero uscire da labbra tanto crudeli, su di me fecero lo stesso affetto di un boomerang. La corazza che da sempre mi faceva da scudo era tornata più forte ed impenetrabile che mai, non l’avrei lasciata cadere, non più…

“Credimi Eric, dette da te queste parole non hanno significato.” gli chiusi la porta in faccia e capii di aver fatto così tanto rumore che i ragazzi interruppero di colpo la musica non capendo cosa stesse succedendo.

Mi inginocchiai ai piedi del letto stozzando i singhiozzi del mio pianto tra le lenzuola. Maledissi me stessa per essere stata tanto stolta e soprattutto il mio cuore che stava sperimentando per la prima volta l’amarezza della delusione.

Decisamente il Natale non era la mia festa…




Ciao a tutti, lo so... capitolo un po' più lungo del solito ma essendo il continuo del precedente e dovendo seguire un prompt come filo conduttore avevo nrcessità di far accadere le cose con il giusto ritmo e soprattutto con senso logico ovviamente. Spero vi sia pioaciuta la lettura e che non sia risultata troppo pesante . Grazie davvero, ci rivediamo nel finale...

 

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Capitolo 3
*** Guardare avanti ***


# PROMPT n. 2 “In un freddo pomeriggio di dicembre, A incontra B in un bar, grazie a una cioccolata calda.”


 
20 Dicembre, un anno dopo…

Oddio ci risiamo… un altro Natale. Sarà una mia impressione ma ogni anno che passa vedo le vetrine dei negozi preparate sempre più con largo anticipo, è assurdo.
Si sta perdendo la magia dell’attesa, certo per quel che mi frega potrebbero cominciare già a settembre ma la trovo una fretta inutile e al solo scopo commerciale. Personalmente a me il Natale ricorda solo che un altro anno è passato, che l’università è finita - alleluia-  e che spero la specializzazione vada altrettanto bene.

Si lo so cosa vi state chiedendo… ma tanto lo sapete che sono refrattaria alle festività e soprattutto a parlare del passato. E’ trascorso un anno no? Nella vita si va avanti non ci si guarda indietro, e io lo fatto.
Anche Kayla, Dana, Michael ed Alex hanno preso la loro strada, d’altronde sono sempre stati ragazzi in gamba con famiglie solide alle spalle. Cosa che non posso dire della mia, visto che i miei si sono separati sei mesi fa. Ma forse è meglio così, quando un rapporto è logoro meglio chiuderlo perché a trascinarlo per inerzia si corre solo il rischio di odiarsi.
Di Rebecca non so molto… in verità non ho mai chiesto di lei e non mi è mai stato detto niente. Dopo la vigilia dello scorso anno i nostri rapporti si sono definitivamente rotti e anche gli altri evitano accuratamente di parlarmene.

Se ve lo state chiedendo vi anticipo che la risposta è sì, Kayla e gli altri alla fine hanno saputo di me ed Eric, non che fosse un segreto di stato, ma per forza di cose ho dovuto dare delle spiegazioni.
Con lui non ho più parlato. Non ho voluto in realtà, benché abbia provato a contattarmi attraverso gli altri. L’ultimo anno di università è stato il più lungo ed interminabile della mia vita. Mi sentivo come in apnea incapace di respirare, e in più ero costretta a vederlo il più delle volte in compagnia della bionda. E ad ogni suo sguardo verso di me, furtivo e colpevole, nel mio cuore si incideva un’altra ferita indelebile.
Adesso basta però, oggi è il mio compleanno e la cosa migliore che possa fare è regalarmi un momento tutto per me…

Ecco perché mi sto dirigendo al Break Time caffè stringendo tra le mani il mio nuovo libro a tenermi compagnia, e ansiosa di gustarmi una buona cioccolata calda.
Questo posto è uno dei ritrovi di noi del gruppo al quale sono particolarmente legata. L’unico che tollero a dire il vero. Nonostante il vociare continuo degli studenti che ci bazzicano dentro riesco sempre a ritagliarmi un angolino tutto per me dove inforcare i miei occhiali e immergermi nella lettura.

“Buongiorno Matt.”

“Ciao Nadia, buongiorno a te.”

“Già sai vero? Io vado a rintanarmi nel mio solito posticino prima che me lo freghino. Ho bisogno dei miei soliti venti minuti lontani dal mondo.”

“Certo che lo so tesoro. Tranquilla… arriva in due minuti calda e fumante.”

“Ottimo.”

Adoravo Matt, perché parlava poco e ti capiva al volo. Se mai avessi avuto un fratello era esattamente così che sarebbe dovuto essere. Ci conoscevamo dal primo anno di università, non frequentavamo le stesse persone, ma questo non ci impedì di essere buoni amici silenziosi.
Lui conosceva tutti i miei stati d’animo, i miei umori altalenanti i miei scatti d’ira e le mie lacrime silenziose. Non mi aveva mai fatto domande, mai chiesto spiegazioni, lui era semplicemente lì… mi guardava leggere e spesso parlavamo di cinema e di quanto i remake avessero danneggiato l’industria cinematografica dei film horror.

Anche quel giorno sarebbe stato così, non sapeva che fosse il mio compleanno e io non glielo avrei detto. Aprii il libro e mi apprestai a leggere il primo racconto della mia nuova raccolta.
Eccolo… in un attimo arrivò, il silenzio surreale nel quale mi beavo ogni volta che aprivo un libro. Era una sensazione unica, di pace con me stessa e con il mondo, non ci avrei mai rinunciato. L’unica cosa che mi avrebbe fatto distogliere lo sguardo da quella lettura era sorseggiare con calma la mia cioccolata calda che Matt, con estrema puntualità, mi aveva lasciato sul tavolo.

Non aveva detto una parola, aveva poggiato la tazza e si era allontanato silenziosamente e con discrezione. Sapeva che quei venti minuti per me erano sacri e avrebbe rimandato a dopo qualsiasi conversazione di circostanza avesse voluto farmi.

Eppure nonostante le sue attente premure una voce interruppe la mia concentrazione a metà della quinta pagina…

“A volte ritornano…”

Una voce aveva pronunciato il titolo del mio libro, una voce che avevo seppellito ermeticamente nei ricordi e che adesso risuonava violenta nelle mie orecchie per ricordarmi la fragilità del mio animo.

“Questo titolo sembra un anatema signorina Carter?”

Non potei evitarlo, alzai lo sguardo e in quell’istante il mio cuore riprese a sanguinare. Eric, era lì.
“Beh… direi che mai titolo fu più adatto alla circostanza.” dissi togliendomi gli occhiali. Una delle mia frasi intrise di quella punta di acidità che ormai mi caratterizzava.

“Guarda che io ci sono sempre stato. Quella sfuggente sei tu.”

“Forse ci sei sempre stato dopo Eric ma prima non c’eri, quando servivi davvero.”
Abbassò lo sguardo e io capii di aver centrato l’obbiettivo. Nonostante tutto mi sorrise, e io mi sentivo morire dentro, perché aveva ancora quel potere su di me. Quel potere che avevo giurato a me stessa non gli avrei più permesso di avere.

Ma chi volevo prendere in giro… erano solo menzogne le mie e dovetti nascondere le mani sotto il tavolo per evitare che vedesse che tremavo come foglia.

“Sei sempre bellissima Nadia, e mi sei mancata credimi, è dura ammetterlo persino a me stesso ma mentirti sarebbe da idiota e io non voglio.”

“Senti Eric rivangare il passato è inutile e patetico, mettiamoci una pietra sopra e guardiamo avanti.” ma che cavolo stavo dicendo? Non lo sapevo nemmeno io.
Bevvi un sorso di cioccolata e lasciai che quel liquido denso e scuro mi ustionasse la gola. Almeno sarei stata zitta.

“Ma che diavolo dici?” aveva notevolmente alzato il tono di voce e se non fosse stato per Matt che gli mise davanti una tazza identica alla mia forse avrebbe fatto di peggio.

“Va tutto bene ragazzi? C’è qualche problema?”

“Non è niente, non ti intromettere.”

“Non lo chiesto a te ma a lei.”

“Ragazzi state calmi ok! Matt tranquillo è tutto apposto siamo vecchi amici… discutevamo animatamente niente di più.”

Lui restò immobile ancora qualche istante osservando Eric, che faticava a stare zitto, e io dovetti concedergli un sorriso rassicurante ma palesemente falso affinché si tranquillizzasse e tornasse a lavoro.
Così fece, pochi istanti dopo

“Ascoltami bene Eric, io non so tu cosa voglia da me e maledico la dannata casualità che ci ha fatti incontrare. Ti chiedo solo una cosa, non avanzare diritti che non hai, forse avresti potuto, ma te li sei giocati un anno fa in quella baita. E da sadico quale sei hai rigirato il coltello nella tua vittima facendoti vedere nel campus dell’università insieme a Rebecca.”

Ecco avevo tirato tutto fuori, ebbene sì, si erano rotti gli argini della mia tolleranza e ciò che provavo era esondato fuori. Tirai un sospiro per far uscire la tensione, ne avevo bisogno, lui non spostò lo sguardo dai miei occhi ed io dovetti dare fondo a tutto il mio autocontrollo per non piangere dal nervoso, più tardi le cuticole delle mie dita sarebbero state la prova tangibile di quanto impegno ci avessi messo nel trattenermi.

“Non negherò il fatto di aver avuto una storia con Rebecca. D’altronde era quello che lei voleva e l'ho accontentata. Ci siamo lasciati dopo tre mesi, non c’è l'ho fatta, era una farsa che non potevo reggere.”

“Non ti ho chiesto niente, perché me lo stai dicendo?”

“Perché è da una settimana che ti vedo entrare in questo bar, isolarti dal mondo e leggere da sola, e solo oggi ho avuto il coraggio di entrare. Dovevo provarci, dovevo tentare Nadia, perché ciò che ti ho detto un anno fa era vero e lo è anche adesso. Io ti amo.”

Lo aveva detto di nuovo, a distanza di un anno dalle sue labbra erano ancora uscite quelle parole, la mia mente le catturò e le conservò in quel posto remoto dove non mi avrebbero più fatto del male. Richiusi il libro e lui mi fregò bloccandomi la mano nella sua.

Era così dolce e piacevole il tepore di quella stretta, la mia al contrario era fredda e gelida come il ghiaccio. Avrei voluto credergli, giuro che avrei voluto con tutta me stessa, ma la corazza che mi ero sapientemente costruita nel tempo era diventata parte di me, come una seconda personalità che emergeva al primo campanello d’allarme che sentiva suonare.
Mi costò una fatica immane ritrarre la mano, ma lo feci. Lui capì che non per tutti il tempo serviva a curare le ferite, alcuni se le portavano dentro quelle ferite e le usano come scudo per non farsi calpestare l’anima.

La sua tazza di cioccolata era praticamente piena, la mia invece lo era solo per metà. Percepivo la sconfitta nel suo sguardo e l’amarezza, e non nascondo che la parte più meschina di me un po’ ne godeva di quelle sensazioni.
Dovevo dire qualcosa… ma era dannatamente difficile.

“Vedi Eric io potrei anche credere alle tue parole ma non sarei in pace con me stessa. Mi sentirei sempre come una seconda scelta…”

“Ma tu non lo sei, per me Rebecca…”

“No… no ascolta, fammi finire. Che tu abbia amato o meno Rebecca è un problema tuo. Il punto è un altro… questo non è più il nostro momento, non è il nostro Natale. Lo scorso anno lo era, lì su quelle montagne, quando siamo riusciti a mettere da parte le nostre diversità.”

“Potremmo ancora farlo, se tu non ti ostinassi a chiuderti con me.”

“No, non potrei. E lo capito rivedendoti oggi. Io ti guardo e vedo davanti agli occhi te e lei in quella camera, ed è allora che il mio amore si trasforma in rabbia… una rabbia ceca che fa tabula rasa di tutto ciò che è intorno, e alla fine non resta niente.

“Nadia… ma allora tu mi…”

No, non glielo avrei detto, non gli avrei permesso di avere un altro pezzo di me. Si era già preso troppo, e se avessi pronunciato quelle due parole non avrei più avuto la forza di mandarlo via.

Quella conversazione doveva finire, subito, in quell’istante.
“Mi dispiace Eric, ma non posso darti ciò che cerchi. Adesso scusami ma i miei venti minuti stanno per terminare e ho ancora molto da leggere.”
Mi rimisi gli occhiali e ripresi la lettura, attese in vano qualche istante che io cambiassi idea.

Poi lo vidi alzarsi…
“Sai Nadia forse hai ragione, questo non è più il nostro momento, ma avremmo potuto crearne uno tutto nuovo. Bastava che tu ci credessi…”

Alzai lo sguardo solo per un istante guardandolo attraverso i vetri dei miei occhiali da lettura.
“Ci ho creduto già una volta e le ferite bruciano ancora. Una volta ero buona ma non stupida, adesso non sono più nessuna delle due Eric.”

“Lo vedo Nadia… lo vedo, e non sai quanto mi dispiace essere la causa di questo tuo cambiamento. Ah… quasi dimenticavo, questo è per te. Auguri”

Si sfilò una busta rettangolare dal suo piumino, la poggiò sul tavolo e si diresse verso l’uscita senza voltarsi indietro.

“Che significa scusa?” non mi rispose, era già lontano oltre il bancone del bar

Quando scomparve dalla mia vista presi quell’insolito pacchetto tra le mani e lo aprii.  Al suo interno c’era un buono acquisti in una delle librerie più grandi della città e un bellissimo segnalibro rigido ed intagliato a mano con le mie iniziali sopra.
Non avevo parole, e non era da me. Raccolsi tutto e uscii fuori in strada. Mi voltai dappertutto cercando di scrutarlo tra la gente, ma c’era troppo caos e l’impresa si rivelò impossibile.
Come avesse fatto a sapere che quel giorno fosse il mio compleanno restò un mistero. Guardai l’orologio avevo ancora cinque minuti, ma pensai…

“Chissene frega, Matt non mi caccerà fuori di certo.”
Rientrai, terminai la mia cioccolata ormai fredda e guardai quella integra di Eric…

“Il tuo amico è andato via? Quindi posso riportarla indietro?”

“Oh si… si certo Matt, e tranquillo pago io entrambe.”

“Figurati non è per quello. Le aveva già pagate lui quando ha ordinato la sua.”

“Ah…ok”
A quanto pare Eric mi aveva osservata bene, e più di una volta ci avrei giurato. Distolsi lo sguardo dalla figura di Matt che si allontanava con le tazze in mano perché la mia attenzione si soffermò su un foglietto che era stato accuratamente nascosto sotto la tazza di Eric.

Lo presi aprendolo con un ansia ingiustificata. Non conoscevo la sua grafia, ma mi bastò il significato di quelle parole per capire che le aveva scritte lui. Prima ancora di aver visto la sua iniziale messa come firma.

“Preferisco di gran lunga la cioccolata preparata da te… quella almeno mi scalda il cuore, spero che un giorno tu voglia offrirmela di nuovo.”
                                                                                                        E.

Tornai al mio libro, questa volta però, neanche le parole del caro zio King riuscirono a far scomparire dalla mia mente quei meravigliosi occhi castani che mi avevano marchiato l’anima. Chiusi il foglietto e lo riposi tra le pagine così come conservai il ricordo di Eric tra le pieghe del mio cuore.


 
Quando stai male, quando ti senti sopraffatto, quando sei certo che non ce la farai, apri un libro e leggilo tutto. E se ancora non stai meglio prendine un altro e ricomincia…
                                                                                             Stephen K.




Eccomi per la conclusione di questa storia in tre capitoli, realizzata per Challenge di Natale. Forse il finale non è quello che tutti si aspettavano me io penso sia il più coerente con il carattere di Nadia. A volte gli amori mai pienamente vissuti sono quelli che maggiormente custodiamo nel cuore , il ricordo di ciò che poteva essere e invece non è stato li conserveranno immutati e sempre vivi nella memoria. Spero davvero che sia stata una piacevole e rilassante lettura, per me è stato molto intenso e coinvolgente scriverla (c'è molto di Nadia in me, e molto di me in lei) grazie davvero a chiunque abbia avuto il piacere di leggerla. Buon Natale di cuore a tutti.






 

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