Miss Grinch e la magia del Natale

di Najara
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Miss Grinch ***
Capitolo 2: *** La magia del Natale ***



Capitolo 1
*** Miss Grinch ***


Miss Grinch e la magia del Natale

 

Parte I: Miss Grinch

 

Christmas’s city è una splendida città nascosta tra le Montagne Nevose, qui, come dovrebbe suggerirvi il nome, il momento più atteso dell’anno è il Natale!

E ci siamo, dicembre è iniziato e ogni abitante della cittadina sta facendo del suo meglio per addobbare la propria casa e l’intero vicinato. Lucine, ghirlande, palline e stelline, nulla si fanno mancare. La gioia si spande e l’allegria si insegue tra le strade, i bambini ridono e giocano con la neve e il profumo dei dolcetti natalizi, le cui ricette segrete sono state scritte da nonne dal sorriso gentile e dalle abili mani, si diffonde fragrante.

Ma non tutte le case sono allegre e colorate. Vi è una casa, la più ricca ed elegante, posta sulla collina innevata, che rimane avvolta nel silenzio. Niente lucine, niente ghirlande, niente dolcetti.

È la  casa di miss Grinch e nessuno ha tanto coraggio da incrociare lo sguardo della padrona di casa nel mese di dicembre.

 

Lena Grinch si svegliò con una smorfia. Era sicura che il suo rivestimento anti-Natale avrebbe insonorizzato perfettamente la casa, eppure a svegliarla era stata una di quelle orrende campanelle natalizie.

Si tirò a sedere e con orrore la sentì di nuovo ed era vicina, terribilmente vicina, orribilmente vicina.

Brainiac!!” Urlò e sentì la campanella cadere per terra con un trillo che ferì le sue orecchie. Si alzò e infilò la vestaglia rigorosamente verde per poi dirigersi con passo deciso nel laboratorio.

Qui Brainy stava disperatamente cercando di nascondere una serie di oggetti natalizi.

Lena sentì la rabbia crescere.

“Cosa ci fanno questi immondi oggetti in casa mia?” Chiese e il suo tono avrebbe rivaleggiato con il peggior vento del Nord tanto era freddo.

Il giovane che del Nord sapeva qualcosa e del freddo anche, visto che era figlio dei venti più freddi, si voltò verso di lei con l’aria preoccupata, poi unì i pollici e gli indici e la guardò.

“Stavo eseguendo un esperimento.” Affermò.

“Un esperimento?” Chiese lei, avvicinandosi a lui.

“Sì, volevo comprendere cosa ci fosse di così… magico… in questi oggetti.”

Il viso di Lena si fece ancora più gelido.

“Magico?” Chiese allora lei e la sua voce avrebbe potuto tagliare in due una lastra di ghiaccio. “Non c’è nulla di magico nel Natale! Nulla!!” Dichiarò. “Ora fai sparire queste… cose da casa mia.”

Con passo deciso oltrepassò il giovane dalla pelle azzurra e tornò nella sua stanza.

“Magico… pfff!” Scosse la testa mentre si vestiva. Lei odiava il Natale! Non c’era nulla di magico in esso, nulla!

Un po’ più calma andò in cucina, si bevve un nerissimo caffè, mentre pensava al disgregatore molecolare che stava progettando. Brainy arrivò poco dopo, stringendo tra le mani la posta. Il giornale era sbrindellato e Lena fece una smorfia nell’immaginare il numero di articoli che trattavano del Natale, articoli che Brainy si premurava di tagliare via per lei.

“Non è ancora arrivato il mio pacco?” Chiese con disappunto, distogliendo gli occhi dal giornale.

“Ecco, a tal proposito, ho brutte notizie.”

“Hanno perso il mio cristallo quantico molecolare?? Per forza, con tutti quei stupidi regali di Natale i corrieri si saranno persi l’unico pacco con un reale valore!”

“No.” Disse allora Brainy e le tese un cartoncino della posta. Lo reggeva come se fosse fatto di nitroglicerina. E infatti Lena lo lesse ed esplose.

“Cosa?? Sono passati, ma io non c’ero?? Come osano!! Io non esco di casa per tutto dicembre! Non siamo forse a dicembre?”

“Sì, Lena.” Rispose premuroso Brainy.

“Come osano prendermi in giro così? Li farò a pezzettini, la posta sarà il primo posto sul quale testerò il mio disgregatore!”

“Posso andare a prenderlo io.” Propose il ragazzo. Lena si rigirò il cartoncino tra le mani, poi scosse la testa.

“Grazie, ma no, andrò io.”

“Forse sarebbe meglio…” Tentò di nuovo Brainy, preoccupato dall’idea di Lena che se ne andava in giro per la città a dicembre. Vi erano calamità naturali meno pericolose per la città di quell’evenienza.

“Andrò.” Chiuse la faccenda lei.

 

Kara infilò una ciambella in bocca e la trangugiò in fretta.

“Un giorno o l’altro rimarrai soffocata.” Le fece notare Alex.

“Sono di fretta!” Bofonchiò lei, in naso nella tazza di latte.

“I tuoi cani non scappano, lo sai? Probabilmente non se ne andrebbero dal tuo rifugio neanche se lasciassi tutte le gabbie aperte.”

“Devo passare alla posta questa mattina.” Affermò allora lei, finendo una seconda ciambella.

“Non hai ancora mandato la letterina a Babbo Natale?” Domandò sarcastica Alex, ma Kara alzò lo sguardo su di lei, gli occhi sgranati.

“Chi te lo ha detto?” Chiese e Alex scoppiò a ridere.

“Stai scherzando, vero?” Le chiese poi, nel vederla perplessa. Kara accennò un sorriso.

“Ehm… sì! Certo! Ah Ah Ah.”

Alex corrugò la fronte, ma Kara era già in piedi che si avvolgeva la sciarpa attorno al collo.

“A dopo!” Disse indossando la giacca e sparendo.

Alex corrugò la fronte preoccupata. Kara era… beh, Kara…

Sospirò e scosse la testa.

 

Kara inspirò con gioia l’aria, uscendo nel freddo mattino il cui tiepido sole non riusciva a sciogliere l’abbondante manto innevato. Infilò la mano nella giacca e ne estrasse una bianca lettera dal profumo di biscotti. Aveva lasciato la busta nel contenitore di biscotti apposta per quello, a Babbo Natale sarebbe piaciuto e forse avrebbe potuto pensare di leggerla anche se lei non era più una bambina e se la leggeva, magari avrebbe potuto esaudire il suo desiderio.

 

***

 

Sapeva quello che l’aspettava e, per quanto si fosse detta preparata, non lo era. Il Natale era ovunque, ammiccante, stucchevole, ridicolo, fastidioso.

Lena si mosse con disgusto tra le vie della cittadina cercando di fare del suo meglio per evitare ogni manifestazione di quel ridicolo spirito natalizio che sembrava invadere ogni essere umano presente in città.

Avvolta nella sua sciarpa verde smeraldo superò con perizia un gruppo di bambini che lottavano con delle palle di neve (un singolo sparo della sua pistola tri-phase sciolse tutti i mucchi di munizioni precedentemente preparati dai bambini), avanzò con discrezione tra un gruppo di decoratori di alberi (fece rotolare tra le palline una biglia sub-sonica che con un piccolo schiocco polverizzò ogni decorazione) e oltrepassò un mezzo del comune che piazzava una serie di lucine colorate (premette un bottone e si generò una piccola onda elettromagnetica che spense in un colpo solo tutte le lucine della via).

Molto più rasserenata arrivò alla posta.

“Buon giorno e buon…” L’impiegato alzò la testa e il suo sorriso si congelò nel riconoscerla. “Oh… ehm… salve miss Grinch.”

Lena appoggiò il cartoncino sul balcone, un sorriso che doveva essere terrificante sulle labbra.

“Mi potete spiegare come mai il mio pacco non mi è stato consegnato nel mio domicilio e, invece, ho ricevuto questa… bugia?” Chiese.

“Posso… ehm… vedere?” L’uomo le mani tremanti prese il cartellino e tentò di sorridere. “Ecco, vede… il suo pacco è molto grande e la collina… è difficile da scalare in questo periodo dell’anno… non ci sono strade… ehm…”

Lena gli occhi sempre più pericolosamente verdi lo osservò mentre la fronte dell’impiegato si imperlava di sudore.

“Devo dedurne che le poste non sappiano fare il loro lavoro?” Chiese con una voce soave.

“Oh, spero proprio di no! Ho una lettera importantissima da mandare.”

Lena sbatté le palpebre. La voce giungeva dalle sue spalle, una voce allegra di ragazza. Ruotò molto lentamente, pronta a fulminare chiunque si fosse permesso di interrompere la sua opera di intimidazione e si ritrovò davanti due occhi azzurri, impossibili da nascondere malgrado le lenti d’occhiale, e un sorriso luminoso.

Sbatté di nuovo le palpebre, mentre il viso della ragazza davanti a lei arrossiva.

“Non volevo origliare…” Disse. “Avete gli occhi più belli che io abbia mai visto.” Mormorò poi e il rossore aumentò mentre la giovane alzava la mano per sistemarsi gli occhiali sul viso.

Lena rimase immobile, in silenzio, incapace di reagire davanti a un approccio così diverso dal solito. Non sapeva forse con chi stesse parlando? Lei era Lena Grinch! Tutti la conoscevano e tutti la temevano!

“Le recapiteremo il suo pacco oggi stesso e, ehm… il nuovo postino non sapeva… ci scusiamo profondamente per il disagio.” Lena ruotò di nuovo su se stessa fissando l’impiegato che faceva passare lo sguardo da Lena alla ragazza alle sue spalle come se avesse paura che lei la disintegrasse.

“Bene.” Si ritrovò a dire, poi si voltò per andarsene.

“Ciao.” Disse ancora la ragazza, Lena le passò accanto senza dire una parola poi uscì dall’edificio accogliendo con gioia l’aria fredda della giornata.

Cosa le era successo?

 

“La città è ancora in piedi?” Chiese Brainy nel vederla rientrare. “Non ho sentito l’esplosione dell’ufficio postale.” Aggiunse, poi, nel vederla passargli accanto senza un commento, inarcò un sopracciglio. “Stai bene?”

“Sì.” Disse allora lei. “Ho incontrato una ragazza.”

“Una ragazza?” Domandò Brainy, era un intelletto superiore, ma Lena lo stava mettendo in difficoltà.

“Una ragazza.” Confermò Lena. “Occhi azzurri, sorriso dolce, capelli biondi…”

“Oh! Deve essere Kara Danvers. Non è arrivata da molto in città, sua sorella Alex stava per sposarsi, poi le cose non sono andate come previsto e Kara si è trasferita per starle vicino. Si occupa del rifugio per i cani, tutti la adorano. Scrive anche degli articoli per il giornale.”

“Non ho mai letto il suo nome.” Contestò Lena.

“Ehm…” Brainy unì le dita nel suo modo così tipico e si strinse nelle spalle. “Si tratta sempre di articoli del tipo indesiderato.” Spiegò e Lena fece una smorfia, articoli natalizi che Brainy rimuoveva.

“Capisco.” Disse soltanto, lasciando la stanza per dirigersi al suo laboratorio, Brainy però la inseguì.

“Kara sta bene, vero? Non le hai…”

“Non le ho torto un capello.” Rispose lei secca.

“Questo è un bene, no?” Chiese perplesso il ragazzo.

“No.”

“No?” Ripeté lui osservandola.

Lena si girò, sollevò un sopracciglio e poi chiuse la porta quasi sul naso del suo migliore amico.

Non aveva voglia di parlarne oltre, doveva lavorare! Eppure, mentre si muoveva tra le sue costose attrezzature non poté fare a meno di chiedersi perché non fosse riuscita ad agire come al solito, perché quella ragazza non si era presa una bella e decisa lavata di capo per averla interrotta, anzi, per averle, semplicemente sorriso in quel modo… adorabile?

Scosse la testa cercando di non pensare più a quei brillanti occhi azzurri e all’effetto che il complimento della ragazza aveva avuto su di lei.

 

***

 

“Il pacco è arrivato.” Disse Brainy portando con un levitatore-gravito-sopressore il pesante oggetto fin nel laboratorio. “Lena?” Chiamò poi nel vedere il luogo deserto. Posò il pacco e guardò verso l’alto, per poi salire la scala a chiocciola che portava sul tetto. Qui trovò la ragazza intenta ad osservare la città con il telescopio.

Nel sentirlo Lena sobbalzò, staccandosi con veemenza dall’oggetto.

“Cosa fai qua?” Chiese, agitata.

“Volevo farti sapere che è arrivato il tuo cristallo.” Le spiegò l’uomo, poi inclinò la testa e corrugò la fronte. “Tu, cosa stavi facendo?”

“Calcoli di balistica.” Rispose lei rapida.

“Balistica? Conti sparare sulla città?”

“No! Sì…” Lena lo guardò infastidita. “Faccio quel che faccio, non ti interessa.” Sbottò.

“Molto bene. Ma il rifugio è coperto affinché i cani non abbiano freddo in questo mese nevoso, se vorrai rivederla dovrai andare in città.”

“Io non ho mai detto che…”

“Ho sempre pensato che dovessimo prendere un cane.” Suggerì ancora Brainy.

Lena fece un verso poco rassicurante, frustrata.

“Non so perché mi sono presa te come coinquilino!”

“Perché possiedo un intelletto superiore.” Affermò allora lui. Lena alzò gli occhi al cielo, ma non poté fare a meno di farsi sfuggire un piccolo sorriso. Voleva bene a Brainy, anche se non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce.

 

***

 

Kara sistemava un grosso albero di Natale, decorandolo con fiocchetti a forma di osso e palline decorate con visi sorridenti di cani.

“Vi piace, non è vero che vi piace?” Chiese ai pelosi abitanti del suo rifugio che abbaiarono felici attorno a lei.

“C’è qualcuno?” Con un ampio sorriso scese dalla scala e raggiunse l’atrio del rifugio.

“Sono qua, stavo addobbando…” Si bloccò quando riconobbe la ragazza che aveva davanti. Stessa sciarpa verde, stessa meravigliosa ed elegante figura. Arrossì prima ancora di riuscire a dire altro. “Oh… sei tu, ciao.” Disse infine, sistemandosi gli occhiali.

“Voglio un cane.” Disse, decisa, la ragazza.

“Un cane? Ma certo, un cane.” Ridacchiò arrossendo ancora un po’ di più.

“Mi hanno detto che questo è un posto per prendere i cani.” Continuò la sconosciuta, sembrava tesa.

“Sì, questo è il posto giusto.” Assicurò e poi sorrise. “Vieni!”

Si voltò e tornò all’interno del rifugio, dove i cani scodinzolarono nel vederla.

“Sono tutti buonissimi, qua c’è Finny, adora i biscotti, poi abbiamo Fred, lui è molto grosso, adora la panna montata, non è vero?” Disse e l’animale scodinzolò felice. “Bobby è un tenerone, ma non ama molto i postini… Cucciolo ha il raffreddore, ma gli passerà presto e…”

“Lui?” Lena indicò il primo cane che le passò sotto lo sguardo, era snello, affilato, nero e bianco. Le sembrava adatto a lei. Kara si voltò a guardare chi indicasse e sorrise.

Max! Lui è molto obbediente e adora le coccole.” Nel sentirsi chiamare il cane alzò il muso e Lena si ritrovò a guardare due dolci occhi scuri. Ecco, ora le sembrava molto meno adatto a lei.

“Hai già avuto dei cani?” Kara si era appoggiata su di un ginocchio e stava coccolando Max che scodinzolava felice.

“No.” Ammise lei.

“Allora ci sono molte cose che devi sapere.”

“Posso informarmi.” Affermò allora lei. Non era più ben sicura che fosse una buona idea essere andata lì.

“Posso aiutarti io.” Disse allora Kara alzando lo sguardo su di lei e sorridendole. “Magari posso darti il mio numero… e l’indirizzo, nel caso volessi parlarne davanti ad una tazza di cioccolata. Ti piace la cioccolata?”

“Sì.”

“Oh, bene! Allora possiamo farlo… bere una cioccolata assieme.” La guardò interrogativa e Lena si trovò ad annuire. “Magari con una ciambella… sai, ci sono tante cose da dire.” Si fermò, la guardava ora, un sorriso sulle labbra.

“Mi chiamo Lena.” Disse allora lei e la ragazza arrossì.

“Giusto…” Rise. “Che stupida. Io sono Kara.” Tese la mano e lei gliela strinse. Le sembrò che la stretta durasse un po’ più del necessario, ma non le dispiacque, le mani di Kara erano forti, calde e asciutte.

Quando Lena uscì dal rifugio aveva un numero di telefono, un nome associato e un indirizzo… oltre ad avere al guinzaglio un cane.

“Lena!” La richiamò la giovane. “Mi chiedevo… ti andrebbe di andare all’accensione dell’albero assieme a me?” Kara aveva uno sguardo imbarazzato, ma speranzoso. Lena aprì la bocca per dirle esattamente cosa pensava di quell’oscenità di albero che svettava al centro della città, ma non riuscì a dire nulla se non:

“Sì.”

 

***

 

Perché aveva detto sì? Lei odiava quell’albero! Odiava quello che rappresentava, odiava quegli idioti che lo guardavano accendersi con degli ‘oh’ ammirati e sorpresi, come se non succedesse ogni anno! Come se la luce elettrica fosse ancora un mistero o una magia per loro: era scienza, maledizione!

Chiuse gli occhi nascondendo il viso sotto al cuscino, ringhiando piano per la sua idiozia, quando un naso freddo fu spinto contro la sua mano.

Spostò il cuscino e si ritrovò ad osservare Max che aveva sul viso un’aria allegra e felice.

“E ora devo anche occuparmi di un cane!” Esclamò esasperata, cercando di resistere alla tentazione di accarezzargli la testa. “Vai da Brainy.” Disse all’animale, che piegò la testa di lato, la coda che si agitava felice nel comprendere che stava parlando con lui. “Sei terribile!” Gli disse, ma poi cedette passandogli la mano tra le orecchie.

Non aveva più nessuna dignità.

 

“Dunque andrai all’accensione?” Le chiese Brainy nel vederla indossare il suo cappotto verde.

“Non vado all’accensione!” Replicò lei.

“Giusto, vai in città la sera dell’accensione, ma non per l’accensione…” Ricordò il ragazzo, un’aria perplessa sul volto.

“Potrei studiare un modo per sabotare la loro serata.” Provò lei e allora il giovane annuì, rassicurato.

“Questo ha senso.” Ammise. “Era impossibile che tu andassi solo per vedere Kara.”

“Esattamente.” Assicurò lei per poi aprire la porta e sparire nella notte cercando di ignorare il sorriso divertito sulle labbra del giovane. Brainy era, decisamente, troppo brillante a volte.

 

La città era illuminata dalle mille lucine, Lena camminava tra le strade con le mani in tasca proteggendosi dal freddo, le vedeva le occhiate perplesse o preoccupate, e, malgrado provasse ad ignorarle, si sentiva sempre più fuori posto. Cosa ci faceva lì? Non era il luogo giusto per lei, doveva tornare a casa…

“Lena!” Aveva già fatto due passi verso casa quando il richiamo la bloccò sul marciapiede. “Avevo paura che ti fossi dimenticata.” Ammise la ragazza arrivando da lei di corsa.

“Non mi sono dimenticata.” Le disse lei. Trovarsi la giovane davanti rendeva le cose diverse, nessun sguardo che la facesse stare male aveva mai attraversato quei brillanti occhi azzurri.

“Lo vedo.” Kara sorrise felice, poi le tese la mano. “Andiamo?” Chiese e Lena si ritrovò ad intrecciare le loro dita, senza un particolare motivo, e a ritrovarsi a nascondere un sorriso sotto la sciarpa.

Kara era una chiacchierona, Lena lo aveva capito subito, e quella sera non faceva eccezione, aveva un commento felice su ogni cosa, sorrideva e salutava tutti quelli che incontrava e non risparmiava le parole neanche con lei.

“Sei silenziosa o sono io che parlo troppo?” Le chiese dopo un poco. “Sono io che parlo troppo, non è vero? Alex mi ha detto di non esagerare… ma sono agitata.”

“Perché sei agitata?” Si ritrovò a domandare, lei era tesa, questo è vero, ma la ragazza sembrava a suo agito tra tutte quelle debordanti decorazioni e quei festosi sconosciuti.

Kara arrossì nascondendo un po’ il viso nella giacca rossa e blu che indossava quel giorno.

“Beh…” La guardò di sottecchi. “Non sono molto brava nei primi appuntamenti. Di solito le persone spariscono.”

“Oh.” Lena abbassò il viso sulle loro mani intrecciate, poi guardò la ragazza con le guance rosse e, finalmente, capì.

“Credevo che, forse, la magia del Natale mi avrebbe dato una mano questa volta… perché tu sei diversa.”

“Diversa?” Forse doveva smetterla di fare domande, ma le sembrava l’unico modo per prendere tempo e riflettere su quello che la giovane le stava dicendo.

Un appuntamento: non aveva mai avuto un appuntamento!

Magia di Natale: lei odiava quella sciocchezza!

“In un modo buono!” Assicurò lei. “Diversa in un modo speciale.” Affermò poi. “Oh, ci siamo!” Esclamò trascinandola in prima fila, spingendo con dei sorrisi e molti ‘scusi’ la folla.

Ed effettivamente era il momento.

Lena alzò il viso verso l’immenso albero, le sue ghirlande, le sue mille decorazioni. Odiava quel posto, odiava quell’albero, odiava il Natale.

Lasciò la mano di Kara e si allontanò, spingendo di malo modo la folla e scappando.

Quello non era il posto che faceva per lei, non lo era affatto. Cos’aveva pensato?

“Lena!” Chiamò Kara, ma lei ignorò la ragazza e corse verso casa.

 

Mentre correva i ricordi tornavano, prepotenti: suo fratello, sua madre, le luci di Natale fredde e beffarde. L’albero distrutto, i regali sparpagliati ovunque dalla furia di Lex e l’odio. L’odio di tutti. La solitudine.

Il peso dei ricordi le chiuse la gola, mentre lacrime amare sfuggivano dai suoi occhi. Odiava il Natale! Odiava la sua ipocrisia. Era solo una bambina eppure l’avevano abbandonata, lasciata tra le braccia di una madre odiosa, aveva chiesto aiuto e aveva solo ricevuto un beffardo rifiuto.

Alle sue spalle, l’oh della piazza l’avvisò che l’albero, come ogni anno, si era acceso, aprì la porta di casa e la richiuse con fragore alle sue spalle. Il silenzio calò su di lei, il suo perfetto isolamento funzionava.

Si appoggiò alla porta, lasciando che la calma della sua casa la rassicurasse.

Era stata proprio sciocca a lasciarsi convincere ad uscire a dicembre, solo brutte cose venivano da…

No. Non avevano appena bussato alla sua porta, non era possibile…

Bussarono di nuovo.

Poteva chiamare Brainy, poteva dirgli di dire che lei non era a casa, ma il ragazzo era uscito quella sera, per una delle sue passeggiate notturne tra i ghiacci.

Max arrivò correndo e scodinzolò nel vederla, abbaiando felice.

Shhh!” Intimò, ma il bussare si fece sentire di nuovo.

Rassegnata si staccò dalla porta e la aprì.

“Scusa… ehm… mi hanno detto che il Natale non ti piace, ma ormai ti avevo invitato all’accensione e… mi dispiace se ti ho spaventata con quella storia del primo appuntamento, a volte non riesco proprio a stare zitta…”

“Ciao Kara.” Disse. Era stranamente piacevole che la ragazza avesse corso su per la collina solo per raggiungerla.

“Ciao.” Rispose allora lei e sul suo viso si aprì un grande sorriso.

“Vuoi della cioccolata?” Le domandò e Kara annuì decisa. Lena aprì la porta e la fece accomodare, mentre Max saltellava attorno alla ragazza felice di vederla.

Si tolsero le giacche e le sciarpe e Lena la fece accomodare in salotto. Lì, un piacevole caminetto spandeva il suo calore.

“Hai una bellissima casa.” Notò la ragazza, guardandosi attorno. “Niente albero di Natale, però.”

“Lo odio.” Ammise lei e Kara annuì piano.

“Ma la cioccolata calda ti piace.” Sembrò rassicurarsi. “Non puoi essere troppo cattiva se ti piace la cioccolata calda.” Arrossì nel rendersi conto di quello che aveva detto.

“Lo so quello che dicono di me.” Affermò allora Lena, ma i suoi occhi si distolsero da quelli di Kara. Suo malgrado la ferì che Kara avesse sentito e forse creduto a quelle parole.

“A me sembri gentile. Piaci a Max e… piaci a me.” Lena la guardò di nuovo, aveva le guance rosse, ma la guardava. “Non scappare di nuovo… ok?” Chiese, titubante.

“No…” Acconsentì lei.

Rimasero in silenzio, sorseggiando le loro cioccolate. Lena non era ben sicura di cosa avrebbe dovuto dire o fare a quel punto, poi le venne un’idea.

“Ti piacciono le stelle?” Chiese e gli occhi di Kara brillarono.

“Sì!”

“Allora devi vedere una cosa.”

La condusse nel suo laboratorio, poi su sulla scala a chiocciola, fin sul tetto dove il suo telescopio aspettava.

“Puoi usarlo.” Disse indicandolo con la mano. Kara accostò l’occhio e corrugò la fronte.

È puntato sul mio rifugio…” Fece notare e Lena arrossì.

“Davvero?” Chiese. “Deve averlo spostato Brainy.” Affermò, per poi volgerlo verso il cielo.

Kara la guardò con un sorriso sulle labbra.

“Allora un pochino ti piaccio…” Considerò.

“No! Ehm… sì?” Lena chiuse gli occhi e sospirò. “Non viene nulla di buono dal Natale.” Affermò. “Non voglio che tu ed io… non voglio che sia a Natale.”

“Ma tu mi piaci molto. Adesso.” Le fece notare Kara. Lena aprì gli occhi e lei era lì, vicinissima. Le sorrise, le guance rosse, poi con delicatezza le posò un bacio sulla guancia.

Lena sbatté gli occhi rimase immobile per un lungo istante, poi scosse la testa.

“Mi dispiace.” Disse soltanto facendo un passo indietro e separando i loro corpi. Kara rimase ferma a guardarla, poi abbassò il capo, accarezzò Max che le aveva seguite e si voltò, andandosene via.

Lena fece un passo per fermarla, poi si bloccò, che senso aveva?

 

Natale era alle porte, Lena stava lavorando al disgregatore molecolare, ormai quasi completato, cercando di ignorare il mondo esterno, come aveva fatto negli ultimi venti giorni, quando Brainy entrò nel laboratorio, gli abiti pieni di neve e un sorriso sulle labbra blu.

“Ho visto Kara, oggi!” Esclamò. Era brillante, ma a volte non capiva proprio nulla. “Mi ha chiesto come stava Max.” Lena non aprì bocca, nascondendo il viso dietro al grande cristallo quantico molecolare. “Era con un ragazzo, molto carino per gli standard umani.” Le mani di Lena si bloccarono stringendosi sugli attrezzi. “Stavano pianificando un favoloso pranzo di Natale, mentre compravano gli ultimi regali.”

“Cosa ti fa pensare che mi interessi?” Chiese finalmente lei. “Stai riempiendo il mio laboratorio d’acqua.” Gli fece poi notare.

“Giusto.” Affermò lui, togliendosi la sciarpa e andandosene.

Lena rimase immobile per un lungo istante, poi scattò in piedi e salì le scale fino al suo telescopio che puntò verso le strade della città. Non le ci volle molto per identificare Kara e il misterioso uomo che l’accompagnata. Era alto, di bell’aspetto, dal sorriso gentile. La aiutò con i pacchetti e la fece ridere. Kara gli si appoggiava, stringendogli il braccio e lo guardava con occhi dolci.

Lena strinse i denti, poi fece una smorfia.

Amavano il Natale? Molto bene, lo avrebbe rovinato a tutti.

Brainy!” Chiamò e quando il giovane arrivò da lei sul suo volto si aprì un terribile sorriso: “Ruberò il Natale!”

 

 

 

Note: Piccola storia natalizia, senza troppe pretese, divisa in due parti. Facile comprendere su cosa l’ho basata. ;-)

Fatemi sapere se vi è piaciuta questa prima parte!

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Capitolo 2
*** La magia del Natale ***


Parte II: La magia del Natale

 

Aveva lavorato alacremente per preparare ogni cosa, Brainy era stato di grande aiuto e persino Max si era messo d’impegno nel darle una mano, portandole la chiave giusta e tirando il carrello sul quale stava stesa lei al fine di farle raggiungere il punto giusto. E ora aveva finito.

Con soddisfazione osservò la slitta di Natale e tutte le migliorie che aveva apportato, poco più in là vi era il costume di Babbo Natale che avrebbe indossato e, poi, la pièce de résistance: il suo disgregatore molecolare.

“Siamo pronti. Questa notte ruberemo il Natale.”

“Sei sicura che sia una buona idea?” Domandò per l’ennesima volta Brainy.

“Certo che è una buona idea. Gli faremo vedere noi cos’è la magia del Natale! Lo hanno rovinato a me il Natale, è giusto che, finalmente, io lo rovini a loro.”

“Ma…” Provò il giovane.

“Nessun ma.” Lo bloccò lei. “Lo faremo!”

 

E la notte arrivò. Lena infilò il suo costume di Babbo Natale e salì sulla slitta che aveva potenziato, sistemandogli alla base il carrello levitatore-gravito-sopressore, Max salì al suo fianco, indossando un casco speciale a cui Lena aveva aggiunto delle corna di renna. Accanto a lei, carico e pronto, il disgregatore.

“1543 case, 2310 alberi di Natale, 34.921 lucine e tonnellate di regali. Sarà una notte impegnativa, ma nulla che non possa riuscire a fare.” Mormorò. “Rovinerò loro il Natale.” Affermò per l’ennesima volta e, nel vedere il suo riflesso nella lucente slitta, le sembrò di vedere sua madre. Scosse la testa e non si lasciò distrarre, invece guardò Brainy che fece un piccolo sorriso.

“Se questo ti renderà felice, allora, in bocca al lupo.”

“Grazie.” Lena annuì: sì, le avrebbe dato immensa felicità distruggere quella festa.

Schiacciò un bottone e la slitta si sollevò, Brainy aprì il soffitto del laboratorio e lei schizzò fuori nel cielo notturno.

 

Casa dopo casa corre miss Grinch, muovendosi come un ladro, silenziosa e veloce. Depreda, svuota e ripulisce ogni casa da ogni più piccola traccia del Natale. Lucine, regali, alberi, ghirlande, campanelle, calze, nulla resiste al suo passaggio, nulla sfugge al suo occhio. Ma nella sua lunga corsa un luogo rimane intoccato, un luogo che per qualche ragione miss Grinch sembra non voler veder saccheggiato…

 

Il disgregatore era quasi al limite: l’energia al minimo, la memoria al massimo, ma lei non aveva finito, un ultimo luogo rimaneva ancora, mentre l’alba iniziava a colorare il cielo.

Max la guardò stupito dal suo esitare e allora lei scosse la testa, dirigendo il suo snaturato mezzo verso il rifugio per cani di Kara.

Atterrò piano, sul tetto, poi si lasciò cadere all’interno, sfruttando una finestra. Si guardò attorno osservando i cani addormentati e notò subito l’albero atrocemente decorato. Alzò il disgregatore e lo puntò contro l’obbrobrio, pronta a eliminare anche quell’ultima traccia del Natale.

“Babbo Natale?” Chiamò allora una voce e Lena raggelò sul posto. Tra tutte le voci al mondo che poteva sentire quella era l’unica che non sapeva come affrontare. Si voltò lentamente, sperando che il travestimento avrebbe funzionato.

“Dovresti dormire.” Disse, ringraziando mentalmente Brainy per il simulatore di voce che aveva aggiunto al suo costume.

“Avevo bisogno di parlare con te.” Ammise Kara. Aveva uno sguardo ammaliato, ma anche preoccupato. “Lo so che non è così che si fa ma…”

“Ho molta fretta.” Disse allora lei e Kara annuì.

“Ma certo, l’intero mondo da percorrere… ehm… solo che questo è molto importante. Ti ho scritto nella lettera che volevo solo che Alex sapesse aprirsi di nuovo all’amore, lo so che le piace Sam, ma so anche che ha paura di ritrovarsi di nuovo il cuore spezzato…”

Lena trangugiò a vuoto, non si era aspettata nulla del genere, anzi, non voleva sentire nulla del genere, non voleva avere altre prove della bontà di Kara!

“Io… ci proverò.” Affermò cercando di andarsene, ma Kara le si parò di nuovo davanti.

“No, ecco, il fatto è che ci tengo molto a questo desiderio, ma vorrei chiederti anche un’altra cosa.” Ecco, ora le avrebbe detto che voleva chissà quale sciocchezza e… “Vorrei che Lena scoprisse che il Natale è un momento in cui si può essere felici, in cui si può sorridere e… amare.” Arrossì un poco. “Per lei è difficile, per via del suo passato, per quello che ha fatto la sua famiglia, ma io so che il suo cuore è buono e che merita tutto ciò che di buono esiste al mondo. Se lei iniziasse ad amare il Natale, allora, forse, saprebbe anche come perdonarsi.”

“Era solo una bambina!” Esclamò Lena facendo vari passi avanti verso la giovane. Non aveva nulla da perdonarsi, come avrebbe potuto capire che suo fratello stava impazzendo? Come?

Kara rimase immobile guardandola, poi parlò piano.

“Lo so, ma lei non sembra rendersene conto…”

“La conosci appena.” Ritorse lei. Kara annuì.

È vero.” Ammise, poi si strinse nelle spalle. “E lei non vuole che io la conosca di più, ma vorrei lo stesso che tu gli facessi questo regalo.”

Lena non disse nulla, mentre guardava Kara che con un sorriso tornava nel piccolo ufficio del rifugio, dove doveva aver atteso l’arrivo di Babbo Natale.

Con un sussulto di rabbia schiacciò il grilletto del disgregatore e fece sparire l’albero di Natale, poi con un balzo tornò alla finestra e alla slitta.

 

Una volta a casa si liberò di ogni cosa e corse al suo telescopio puntandolo sulla città, aspettando il risveglio con trepidazione.

“Sei riuscita a rubare il Natale?” Le chiese Brainy consegnandole una tazza di caffè.

“Ogni cosa disgregata, sparita, volatilizzata.” Assicurò lei.

“Tutti quei desideri futili e materiali distrutti in una sola notte, complimenti.” Affermò il giovane.

Lena strinse i denti, cercando di non pensare a Kara e al suo desiderio. Non aveva il diritto di desiderare una cosa simile, non aveva il diritto di chiedere qualcosa di così altruistico! No, non aveva nessun…

La sua mente traditrice la riportò ancora una volta all’infanzia, a quella mattina di Natale, quando si era svegliata per scoprire che suo fratello era impazzito. Avrebbe dovuto capirlo, avrebbe dovuto vedere.

“Quella è Kara?” Chiese Brainy. Lena distolse la mente da quei ricordi e osservò la collina che portava a casa sua. Kara stava risalendo il sentiero, tra le mani un pacchetto colorato.

“Non hai, dunque, preso ogni cosa.” Fece notare il ragazzo.

“Certo che ho preso ogni cosa! Ogni stanza, ogni angolo ho setacciato!” Affermò. Ma non era vero, non era entrata nella stanza di Kara.

La ragazza arrivò davanti alla porta, alzò la mano, esitò poi scosse la testa e posò un pacchetto a terra.

“Vado a prenderlo?” Chiese Brainy.

“No.” Lo fermò Lena. “Abbiamo ancora del lavoro da fare, devo liberare la memoria del disgregatore, ripulirlo dal suo orrendo e natalizio contenuto. Tu avvisami quando inizieranno le prime crisi in città.”

Brainy annuì e lei scese nel laboratorio.

Il disgregatore era lì, in attesa sulla slitta. Lena lo sollevò e lo posizionò sul tavolo di lavoro, collegandolo al grande cristallo. Sarebbe bastato un attimo e…

Max entrò scodinzolano, tra i denti il pacchetto di Kara.

Max!” Lo redarguì lei, ma il cane soddisfatto portò il pacco da lei, come aveva fatto per tutta la notte.

Lena guardò il pacchetto e poi il disgregatore. Poteva starci un altro pacchetto? Poteva distruggerlo e poi cancellarne la memoria come aveva fatto per tutti gli altri?

Esitò, poi fu vinta dalla curiosità. Solo uno sguardo al contenuto, solo un piccolo sguardo e… aprì il pacchetto ritrovandosi ad osservare una palla di vetro scura. Corrugò la fronte e l’agitò: davanti ai suoi occhi si mossero minuscole stelle dorate. Niente neve, niente alberelli o minuscole città imprigionate, solo un cielo scuro ripieno di stelle in movimento.

Un bigliettino scivolò dal pacchetto e lei lo raccolse: “Buon 25 dicembre. Un giorno come molti altri in cui ho pensato a te.”

 

Comunemente si pensava che miss Grinch non avesse un cuore, oppure che avesse un cuore piccolo, piccolo, incapace di amare, ma, in quel preciso momento, il cuore di Lena Grinch batté forte.

 

Cos’aveva fatto?

Brainy! Max!” Urlò, iniziando a correre.

“Lena? Cosa succede?” Chiese il giovane, scendendo le scale preoccupato.

“La città, dormono ancora?”

“Sì… ieri hanno fatto festa fino a tardi, lo sai, te ne sei lamentata per ore…”

“Fantastico!” Esclamò Lena.

“Stai bene?” Chiese allora il giovane, osservando lo sguardo febbrile negli occhi della ragazza.

“Mai stata meglio! Ma dobbiamo darci da fare, dobbiamo restituire ogni cosa e di corsa!”

Un ampio sorriso illuminò il viso di Brainy, che unì indice e pollice con aria soddisfatta

“Molto bene.” Disse soltanto. “Dovrò usare il mio anello e le mie notevoli competenze nelle fisica applicata.”

Max abbaiò felice e Lena annuì.

“Diamoci da fare, abbiamo un Natale da restituire!”

 

Quando gli abitanti di Christmas’s city aprirono gli occhi stiracchiandosi nei loro letti caldi, sorridendo nel ricordare che quel giorno avrebbero aperto i regali e mangiato ogni prelibatezza, non immaginavano che tra i tetti, per le strade e nei cortili Lena, Brainy e Max correvano veloci, restituendo e sistemando ogni decorazione memorizzata del disgregatore che restituiva con un impulso luminoso tutto ciò che precedentemente aveva disgregato.

 

“Abbiamo finito?” Chiese Brainy, il fiato corto.

“Quasi.” Affermò Lena, mentre i suoi occhi si soffermavano ancora una volta sul rifugio per cani.

Il ragazzo fece un cenno a Max che lo seguì lasciando Lena a quell’ultimo compito.

La luce era ormai alta e Kara doveva essere sveglia da tempo. Con attenzione entrò nell’edificio e fu felice nel vederne l’atrio vuoto. La ragazza doveva essere andata a casa dopo averle consegnato il regalo e magari aveva dormito un po’.

“Ciao.” Disse una voce alle sue spalle. Lena si maledì: come faceva a sorprenderla ogni volta?

Ruotò su se stessa e si ritrovò a guardare una Kara dal sorriso felice.

“Ciao…” Rispose, il cuore che batteva veloce.

“Sapevo che ci avresti ripensato.” Mormorò la ragazza.

“Sapevi che…?”

“Che eri tu? Certo, i tuoi occhi sono difficile da dimenticare.” Non arrossì questa volta, ma sorrise un po’ di più. Lena tolse il cappello e la barba, mostrando il suo volto.

“Quello che hai detto quindi…?” Chiese timorosa.

“No, subito non sapevo che fossi tu, il tuo viso era nell’ombra, ma quando sei venuta avanti per dirmi che Lena era solo una bambina… ho visto i tuoi occhi e ho capito.”

Lena rimase immobile, in silenzio.

“Eri solo una bambina.” Mormorò allora Kara.

“Avrei potuto fermarlo.” Si ritrovò a dire lei.

“Ma eri solo una bambina, molto intelligente, certo, ma solo una bambina.”

Una lacrima scese lungo la guancia di Lena e Kara le si avvicinò un piccolo sorriso sulle labbra.

“Mi piacerebbe molto se venissi al pranzo di Natale. Potrebbero venire anche Brainy e Max.”

Lena sbatté le palpebre, conscia che Kara aveva cambiato argomento per darle il tempo di accettare quel auto-perdono di cui tanto aveva bisogno.

“Non vorrei… non sono capace di… non sono mai…”

“Devi solo bussare alla mia porta.” Kara le sorrise, poi le si avvicinò ancora e, per la seconda volta, le posò un bacio sulla guancia. “Ne sarei molto felice.” Mormorò. Poi si tirò indietro. “Oh, mi piaceva tanto il mio alberello natalizio per cani…” Disse e Lena annuì.

“Lo risistemo subito.”

“Grazie!” Kara rise questa volta e Lena si lasciò andare in un sorriso. Sentendo che il peso di tutti i natali passati ad odiare si sollevava dalle sue spalle.

“Kara…” Disse ancora, richiamando la giovane che ormai era alla porta. “Buon Natale.”

 

“Non so se dovremmo andare…” Lena, già vestita di tutto punto recalcitrava.

Max, tira.” Disse soltanto Brainy e Lena si ritrovò tirata in avanti dal cane, che ora indossava un piccolo, ma elegante papillon verde, fino a quando non si fermarono davanti alla porta delle sorelle Danvers.

“Salve, anche voi tra i fortunati invitati?” Chiese una ragazza dai dolci occhi scuri.

“Mamma, andiamo! Voglio dare il regalo ad Alex!” La bambina vide Max e i suoi occhi brillarono. “Posso fargli una carezza?” Chiese a Lena che guardò prima verso Brainy poi verso Max.

“Ehm… credo di sì.” Acconsentì e la bambina sorrise lanciandosi in coccole.

“Siete arrivati!” Alexandra Danvers aprì la porta e sorrise loro.

“Alex!” Urlò la bambina correndo dalla giovane.

“Ruby, Sam…” Lena osservò lo sguardo delle due donne incontrarsi e non ebbe difficoltà a cogliere che vi era qualcosa di speciale tra loro.

“Ho portato qualcosa per dessert, so che Kara…”

“Brucia sempre le torte, sì, grazie!”

Lena si sentì ancora più in imbarazzo, lei non aveva portato nulla, mentre la ragazza consegnò ad Alex una teglia dall’aspetto invitante.

“Accomodatevi, potete lasciare i cappotti qua, perdonatemi, ma devo controllare che Kara non faccia bruciare la torta per la seconda volta.”

“Io sono Sam.” Si presentò la ragazza, mentre toglieva la giacca a Ruby. “Brainy lo conosco, ma…”

“Lena…” Disse solo lei. “E lui è Max.”

“Piacere di conoscervi.” Una risata colpì le orecchie di Lena.

“Kara.” Riconobbe anche Sam. “Forse la torta è salva.”

Entrambe si spostarono per poter guardare nel salotto, dove Kara, la mano appoggiata al braccio dello stesso ragazzo che Lena aveva già visto accanto a lei, rideva.

“Sembra gentile…” Disse e Sam appuntò lo sguardo su di lei, divertita.

“Lo è, moltissimo.”

Lena annuì piano. La gelosia che aveva provato la prima volta non c’era più, malgrado per lei quella nuova serenità fosse ancora strana, riuscì a sentirsi triste, ma non rabbiosa per la possibile felicità che le era sfuggita.

“Saranno felici assieme.” Aggiunse e Sam rise.

“Di certo, sono una coppia di cugini d’acciaio!” Lena sbatté le palpebre e Sam sorrise, dolce ora.

Proprio in quel momento Kara ruotò la testa e la vide. I suoi occhi brillarono, mentre le guance le si coloravano di rosa.

Sam si diresse da sua figlia che giocava con Max, mentre Kara la raggiunse.

“Sei venuta.” Disse felice.

“Ho pensato che… forse… il Natale potrebbe portarmi qualcosa di buono… di magico.” Arrossì. Si era preparata quella frase, ma ora suonava sciocca. Kara però sembrò apprezzare, perché sorrise ancora di più.

“Vieni, devo farti vedere una cosa prima che sia ora di mangiare.”

Le prese la mano e la trascinò su per delle scale fin sul tetto. Non vi era nulla di speciale lì e Lena si guardò attorno perplessa.

“Guarda.” Disse però Kara. Lena guardò, ma continuava a non vedere nulla se non un pezzetto di città, un pezzetto di albero gigante, qualche tetto, casa sua sulla collina…

La mano di Kara si intrecciò con la sua e la giovane si appoggiò alla sua spalla e allora Lena comprese: non importava cosa vedesse, l’importante era essere lì, con lei.

Sorrise piano.

È bellissimo…” Mormorò e la mano di Kara si strinse ancora un po’.

Lentamente ruotò il viso, il cuore che batteva veloce. I loro occhi si incontrarono e Lena sorrise.

“Buon Natale, Lena.” Le bisbigliò Kara poi posò le labbra sulle sue e Lena seppe che la magia del Natale esisteva per davvero.

 

 

 

Note: Un altro finale felice per le nostre SuperCorp natalizie!

Spero che abbiate passato una bella giornata ieri e che vi stiate godendo i regali o tranquillamente riprendendo dopo la grande mangiata.

Buon Santo Stefano a tutte!

E, come sempre, fatemi sapere se la storia vi è piaciuta. ;-)

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