NOTHING WITHOUT YOU

di sam_tommo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** SCUSA MA IL TUO NOME? ***
Capitolo 2: *** SOLO IO ***



Capitolo 1
*** SCUSA MA IL TUO NOME? ***


Index
Stavo camminando lungo il corridoio
della scuola, i libri in mano e
la testa che pensava solamente a
quanto siano stupidi i ragazzi
della mia età: tutti avvinghiati
come sanguisughe al sesso opposto,
divisi in gruppi in base alle
loro passioni; il club del libro
era in cerchio accanto agli
armadietti alla mia destra,
discutendo su una trilogia dal
nome impronunciabile, scritta da
qualcuno con un nome altrettanto impronunciabile;
il club di canto era in piedi di
fronte agli armadietti alla mia
sinistra, che intonavano qualche
ridicola sinfonia o come le
chiamano loro; il club di scienze
era alla fine del corridoio,
sempre sulla sinistra, a
confabulare qualche strano
progetto da portare poi alla
mostra; le cheerleader e i
giocatori di football, invece,
erano davanti all'enorme portone
della scuola, così imponente da
farli sembrare minuscoli, mi sono
sempre chiesta il perché su
quella scelta di 'ritrovo'…
insomma dato il loro egocentrismo
ed il loro complesso di
superiorità se fossi stata in
loro avrei optato ad un luogo che
li facesse sembrare enormi,
magari di fianco alla fontanella
dell’acqua, oppure vicino alla
piccola pianta posizionata sul
giardino interno (di cui
ovviamente non so il nome, non
faccio mica parte del club di botanica).

Arrivai al mio armadietto, che stava
esattamente al centro di quell’enorme
corridoio, uno fra i tanti presenti in
quella scuola, lo aprii e riposizionai i
miei libri di storia e quelli di algebra,
per recuperare quello di spagnolo e di
biologia, quest’ultimo solo per poter
ripassare durante la pausa pranzo, che di
fare di nuovo tutta quella strada proprio
non avevo voglia.
Chiuso con forza lo sportello, altrimenti non
si sarebbe chiuso affatto, lezione
imparata a mie spese nell’anno
precedente, il mio primo anno di liceo,
quando due ragazzi che ormai si sono già
diplomati hanno trovato il mio armadietto
aperti e hanno ben pensato di lanciare tutto
ciò che c'era all’interno nei bidoni
della mensa, inutile da dire che ho
dovuto ricomprare tutto, dato che eravamo
a meno di metà anno e che i libri erano
completamente inutilizzabili.
Feci un respiro profondo e mi incamminai
nuovamente lungo il corridoio, verso
l'aula di spagnolo.

Entrai e mi sedetti sul primo posto, davanti
alla cattedra della professoressa
Ramires, ottima docente, una delle poche
che a mio parere fosse veramente in grado
di insegnare in quella scuola, che mio
malgrado non era ancora arrivata… il che
è molto strano, solitamente già in aula
al mio arrivo e restavamo qualche minuto
a chiacchierare su come fossero andate le
nostre ore precedenti, evidentemente
aveva avuto qualche contrattempo; dunque
aspettai.

Non ci misero molto gli studenti ad arrivare,
e dopo poco entro anche la professoressa,
che stava accompagnando due ragazzi ed
una ragazza, probabilmente il motivo del
suo ritardo.

“Ragazzi vi presento tre nuovi compagni,
Michael” disse indicando il più alto,
spalle da giocatore di football, con un
sorriso smagliante ed alquanto
fastidioso, due occhi verdi come il prato
che si poteva ammirare fuori dalla
finestra ed i capelli corti, neri come la
pece “Thomas” disse poi rivolgendo lo
sguardo al ragazzi leggermente più basso,
ma per il resto molto simile al primo,
probabilmente erano fratelli “e Sophia”
disse in fine alludendo alla bellissima
ragazza alla sua sinistra, con dei lungh
i capelli castani ed un fisico mozzafiato.

“Resteranno con voi per questo anno, siate
gentili e ricordatevi che in questa
scuola tutti gli studenti sono uguali,
quindi comportatevi con loro come fate
con gli altri"
Non capii bene il senso di quella frase
inizialmente, poi mi resi conto dei
sussulti delle due ochette sedute dietro
di me, che, quasi svenendo, continuavano
a ripetere quanto fossero fortunate ad
essere state bocciate, insomma incontrare
i meravigliosi figli del meraviglioso
James Bletch non era cosa da tutti i
giorni, per poi continuare con un
imbarazzante: sicuramente si è trasferito
qui perché ama me.
Insomma, io non so chi sia, ma sicuramente se
ha dei fogli della nostra età avrà minimo
il doppio dei nostri anni, sarebbe dunque
una supposizione alquanto raccapricciante
da immaginare.
“Bene ragazzi, sedetevi pure sui banchi là in
fondo, ora inizierò la lezione, ditemi se
devo rispiegare l’argomento da capo o se
lo avete già affrontato ala Bluburry”
Affermò la signora Ramires, indicando con la
mano tre banchi vuoto in fondo all’aula,
che nemmeno avevo notato.

Così i ragazzi mi passarono affianco e solo
ora lo notai: Il secondo ragazzo che la
professoressa aveva presentato non era
poi così simile al primo, i suoi occhi
erano verdi si, ma molto più chiari,
sembravano quasi coperti da una lastra di
ghiaccio.
La lezione proseguì, e giunse al suo termine,
così al suono della campanella mi alzai e
così al bagno, dovevo sbrigarmi, prima
arrivavo alla panchina più tempo avevo
per ripassare.
Fortunatamente nei bagni non c'era ancora
fila, e quando tornai si lavandini per
lavarmi le mani potei guardarmi allo
specchio qualche minuto: i capelli rossi
erano in ordine, stranamente, e il
mascara sembrava ancora presente, mentre
il leggere filo di matita che avevo messo
per far sembrare i miei occhi castani
meno piccoli rispetto al resto del viso
era totalmente sparita, e niente, ora
sembravo quasi un alieno… ma in fondo a
chi importa, io non sono nessuno in
questa scuola, nessuno fa caso a me, per
i miei coetanei io non esisto, per
fortuna, dunque nessuno lo avrebbe
notato.

Mi accorsi di aver perso troppo tempo a
guardarmi, così mi asciugati velocemente
le mani con un prezzo di carta e corsi
fuori dal bagno, urtando qualcuno con la porta.
“Ahia” disse lui, uno dei ragazzi nuovi.
“Oh, mi dispiace… ehm… scusa ma come ti chiami?”
E, con uno sguardo un po’ sbalordito,
accompagnato con quello dei suoi fratello, mi rispose: “Thomas”.
“Beh, allora scusami, Thomas, non ti avevo
visto” replicai io, per poi correre sulla panchina sotto al grande pino in giardino..
dovevo ripassare.

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Capitolo 2
*** SOLO IO ***


Index
Arrivai a casa stremata,
Il compito di biologia mi aveva proprio distrutta
e come se non fosse stata un giornata abbastanza
stressante avevo pure posso l'autobus.
Mi tolsi la giacca e il foulard beige, lanciando lo zaino
sul pavimento, affianco all’attaccapanni,
per poi dirigermi in cucina, avevo voglia
di una fetta di pane con il burro d'arachidi
e di una spremuta, tanto sapevo
che nessuno mi avrebbe disturbata:
papà era in viaggio per lavoro, come sempre
d'altronde e mamma stava accompagnando
mio fratello James alla partita di football
in un paese che dista circa due ora
da casa, dunque nemmeno lui ci sarebbe stato.
Io e la mia famiglia
abitiamo in un bel quartiere, in uno di
quelli 'alti' come li definisce papà, che grazie
ad il suo lavorare sodo e sempre, senza pensare
a festività o ferie varie ha scalato
le vette nella società in cui lavora,
diventando così indispensabile per tutti,
titolare compreso, che ora se lo
porta sempre appresso durante i più
importanti incontri con clienti e fornitori
della moderna, ma già famosa,
'Christian Design League', un’azienda che fabbrica
e poi vende mobili per la casa di ultimo grido.

Una famiglia amorevole la mia,
una di quello che ormai non
esistono quasi più, dove il babbo chiama
ancora la mamma amore e quando torna da un
lungo viaggio ti stringe forte e quasi
piange da quanto gli sei mancato; dove mamma
ogni domenica prepara un dolce fatto
in casa, una settima il mio preferito
e quella dopo quello di mio fratello,
senza mai pensare ai suoi di gusti,
perché a lei importa solo la nostra di felicità;
dove James la sera si intrufola in
camera mia con una vaschetta di gelato e mi
racconta la sua giornata, le sue cotte
e tutti il resto dei suoi affari;
ma la mia parte preferita è la mia nonna,
senza ombra di dubbio: Lei è forte come una roccia,
non ha voluto nemmeno che la prendessimo
in casa con noi quando il nonno è venuto
a mancare, non voleva di certo pesare
su sua figlia, che per lei aveva già
“fatto più di quanto poteva”, come dice lei;
e allora ha deciso di andare in una casa
di riposo a pochi minuti di pullman da casa,
così che possiamo andare a
trovarla quando vogliamo, ed io ci vado
circa tre volte a settimana, anche perché
sono volontaria in quella casa di riposo,
ancora prima che lei ci entrasse, lo scorso anno;
quei soldi vecchietti hanno
tante storie da raccontare e nessuno
he li ascolta veramente.
Deciso di accendere la televisione,
oggi ero troppo stanca per far
visita a tutti i miei nonnini,
quindi mi misi a guardare un film…
solitamente usavo Netflix,
ma mio fratello di era dimenticato di
rinnovare l'abbonamento, e solo al
pensiero di subirmi tutta quella
pubblicità mi venne male, ma non avevo di
meglio da fare, quindi feci partire
'Shine & Bow', ne avevo sentito parlare a
scuola, ma non lo avevo mai visto finora.
Ed io lo giuro che gli occhi di quell’attore
mi ricordavano qualcosa, ma non riuscivo
a capire cosa.
Poi mi addormentai.

Il giorno dopo tornai a scuola, ero stanca,
mio fratello mi aveva tenuta sveglia
tutta la borsa per raccontarmi di come
avevano vinto la partita e, soprattutto,
di come Cami lo avesse baciato
appassionatamente e, tenendo conto che io
ero rimasta ferma a Liz, rimasi proprio
stupita da questo fatto, dunque mi feci
raccontare anche cosa fosse capitato a
quella povera ragazza, che a me piaceva
tanto; fatto sta che le due del mattino
arrivarono velocemente, e anche le sei e
mezza, quando la sveglia ha deciso di suonare.

Vidi i tre ragazzi nuovi chiacchierare con
alcuni studenti, passai
loro di fianco e Thomas mi sorrise,
mentre io abbassai la testa… mi ero
dimenticata del piccolo incidente di ieri con la porta.

Arrivata nell’aula di storia e mi sedetti in prima fila,
come al solito: la verità è che se non
stavo in prima fila non riuscivo a
concentrarmi e a prendere appunti,
inoltre di sicuro non dovevo litigare con
nessuno per riuscire a prendere quel posto.
Qualcuno spostò la sedia di fianco alla mia,
dunque mi feci più in là, schiacciandomi
sulla sinistra del banco.
“Ciao” sentii, così mi girai

“Ciao” risposi

“mi fa ancora male la spalla, sai?”

E li diventati rossa, non credevo di aver
spinto così tanto la porta

“scusami ancora, ma ero proprio di fetta”

“non preoccuparti, stavo solo scherzando”

E lì la conversione finì, il professore
aveva chiesto il nome ai
nuovi compagni, dopo di che la lezione iniziò.

Non mangiavo mai in mensa, ma questa mattina
ero proprio in preda ad un semi-coma e mi
sono scordata il pranzo, quindi se volevo
mangiare mi dovevo accontentare di
quell’orribile polpettone e di quelle
carote totalmente insapore che servivano su piatti di plastica di un colore giallo paglia, che rendeva il tutto ancora più schifoso da vedere.
I posti in mensa erano divisi come quelli sul
corridoio, gruppetti di persone divisi
per categorie, pochi erano quelli liberi
per chi, come ma, non faceva parte di
nessuna di esse, ma per fortuna ne
trovai uno di libero e mi ci sedetti
subito, accanto ad una strana ragazza con
i capelli rosa ed un mio compagno di
storia che avevo visto poche ore dopo;
così cominciai a mangiare, quando, con la
cosa dell’occhio, vidi Thomas salutarmi e
raggiungermi.
“Ho chiesto di te, sai.. nessuno sembra conoscerti”

“Perché dovresti aver chiesto di me?”

Rimase a bocca aperta per qualche secondo e poi rispose
“Beh volevo sapere qualcosa in più su chi mi
ha volontariamente distrutto una spalla”
Cominciai a ridere, poi mi fermai, e diventai
rossa, di nuovo.

“Primo non è stato volontario, smettila,
ti ho detto che mi dispiace!
Secondo, se vuoi sapere qualcosa
su di me non credi che ti convenga
chiederlo, non so.. a me?
Terzo, hai preso lo spezzatino, non fare
più questo errore, l’ultima volta che lo
ho mangiato sapeva da topo morto”

Mi guardo sconvolto, prima di chiedermi:
“Come fai a sapere che gusto ha un topo morto”
Mi misi una mano sulla fronte, mentre con
l’altra avvicinavo al forchetta alla
bocca con un pezzo di polpettone.
“Dimmi almeno come ti chiami”.

“Mi chiamo Ambra”

Lui sorrise soddisfatto
“Vivi qui?” chiese poi

“Si, sono nata e cresciuta qui”

“E allora spiegami come mai nessuno sa il tuo nome”
chiese, insospettito

“Solo se mi spieghi tu come fanno tutti a
conoscere il tuo, dopo solo un giorno che sei qui”

E non so spiegare il suo sguardo,
era stupito, contento, spaventato,
come se quella domanda non se la
aspettasse proprio e come se
avesse paura di rispondermi

“Voglio capire chi sei tu, prima di dirti che sono io”



“Thomas”
lo chiamò una voce femminile
“eccoti, sei qui, ti cerchiamo da dieci minuti”

Era la ragazzo nuova, la sorella, se i miei calcoli sono esatti

“Ciao, io sono Sophia, e lui è Michael”


disse lei, allungandomi una mano,
mentre con l’altra indicava il fratello.
Io strinsi prontamente la sua mano,
presentandomi, per poi fare lo stelle con il ragazzo.

“Possiamo sederci qui?” chiese lei

“certo, tanto io ho finito, me sto andando..
piacere di avervi conosciuto”

Risposi, alzandomi da quelle sedie tanto scomode

“E Thomas” aggiunsi,
“sappi che le risposte alle tue domande le conosco solo io”

Poi me ne andai, portandomi con me
il vassoio ormai vuoto e un
senso di soddisfazione,
misto a curiosità, che mai avevo avuto prima.

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