Magisterium - 1963... and then

di Signorina Granger
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Michael & Natalia ***
Capitolo 2: *** John & Julie ***
Capitolo 3: *** Tim & Elvira ***



Capitolo 1
*** Michael & Natalia ***


Michael & Natalia 
 
Michael HoaxImage and video hosting by TinyPic & Natalia NòvakImage and video hosting by TinyPic


Natalia era andata a trovarlo in Croazia e Michael aveva insistito per mostrarle la spiaggia privata che faceva parte della grande proprietà di Oz. Ora i due – quattro, con Achille e Thor che giocavano sulla sabbia – erano in spiaggia a prendere il sole mentre Natalia, stesa su una sdraio con gli occhiali da sole calati sugli occhi, risolveva le parole crociate con aria concentrata.

O almeno ci provava, malgrado la “fonte di distrazione” che le si era incollato appresso e che, abbracciandola, mormorava di volere le coccole e le disseminava baci sul viso e sul collo.

“Parola di nove lettere, essere appiccicoso… Mh… Fidanzato, direi.”
“Dai Lia, non ci vediamo da due settimane e ora fai le parole crociate!”
“Non fare il bambino Mich… Ehy!”  Natalia sfoggiò l’espressione più offesa ed indignata del suo repertorio quando Michael le prese la rivista dalle mani e la lanciò sulla sabbia prima di mormorare che, glie l’aveva già detto una volta, le sue labbra erano ormai una sua proprietà e che non poteva più negargliele. 

La cecoslovacca alzò gli occhi al cielo ma non si oppose, circondandogli il collo con le braccia e lasciando che il ragazzo si dedicasse con cura alle sue labbra. 

“Mi sei mancato.” Natalia gli sfiorò i capelli con una mano, parlando a bassa voce tra un bacio e l’altro mentre il ragazzo annuiva, sussurrandole qualcosa all’orecchio.
“Anche tu Orsetta.”
“Non chiamarmi così!”
“Noiosa…”
“Infantile.”

“Ti amo.”

Michael, subito dopo aver parlato, sbatte le palpebre e s’irrigidì, chiedendosi se l’avesse detto davvero. Ebbe la risposta un attimo dopo, quando Lia lo guardò strabuzzando gli occhi prima di sorridere, mettendo fine al breve momento di panico che aveva investito il ragazzo:

“Anche io Mich.”

Poi Natalia lo baciò e Michael sorrise, abbracciandola quasi temesse che potesse sfuggirgli dalle braccia.


*


Oz, in piedi sulla soglia della grande camera da letto di Michael, osservava il nipote rovistare nel suo armadio con un sorrisetto sul volto e tenendo le braccia strette al petto, visibilmente divertito.

“Dom, sembri una donnetta isterica al suo primo appuntamento…”
“Questo è molto peggio, devo conoscere i suoi genitori!”
“Rilassati, ci sarò anche io a cena, ti farò da supporto morale… e non metterti quella camicia, a Natalia piace quella blu notte.”

“Va bene… ma dov’è la mia cintura di camoscio marrone?! Non posso mettere una cintura nera con le scarpe marroni, per Dio!”
“Appellala, idiota!”
“Ah, è vero… Accio.”  Michael sbuffò e, dopo aver agitato pigramente la bacchetta, la cintura incriminata planò verso di lui dal fondo dell’armadio.

“Bene, ora pensi di porre fine alla tua crisi isterica? È solo una cena.”
“Una cena con i suoi genitori! Speravo ci fosse anche Monika con suo marito, ma ho idea che i Nòvak volessero incontrarmi da soli, senza che la figlia maggiore livellasse la tensione.”

“Può essere… ora muoviti, non vorrai fare tardi.”
“Ci metto due minuti a mettermi la camicia, tu piuttosto… Comportati bene Oz, o ti eviscero.”

“Che melodrammatico… vado di sotto a prendere la giacca, ma ricorda nipote, il mio charme conquista sempre tutti.”

Michael, che si stava abbottonando la camicia blu, alzò gli occhi al cielo ma non disse nulla, forse perché infondo sapeva che l’uomo aveva ragione.


*


“Mamma, non fare domande indiscrete. Papà, sistemati i capelli.”
“Tesoro, smettila di darci istruzioni come fossimo dei bambini!”

“La vita privata di Mich è privata, ok? Non gli piace parlarne, quindi voi due sorriderete e starete zitti. Limitatevi a domande sul presente o sugli ultimi anni, per favore. E niente sui suoi genitori…”

“Quelli che fingono di essere morti, dici? Non fare quella faccia Natalia, sono il Ministro della Cecoslovacchia, pensi che non abbia contatti con il KGB?”

Vladislav parlò con tono neutro mentre si sistemava il bavero della giacca nera e Natalia, in piedi alle sue spalle, incrociò le braccia al petto prima di parlare con tono chiaro e conciso:

“Bene. Che tu sappia o meno, niente domande indiscrete o che possano metterlo a disagio, sarà già abbastanza in ansia…”
“Non lo mangiamo mica…”

“Beh, lui è terrorizzato all’idea di non piacervi e che voi non accettiate la nostra relazione, cosa che la mamma già fa.”

“Perché faccio sempre la figura della cattiva solo perché ho a cuore il futuro delle mie figlie?”
“Perché ti impicci, mamma!”


*



Michael, seduto sul suo letto, stringeva i fianchi di Natalia mentre la ragazza, in piedi davanti a lui, lo baciava tenendogli il viso tra le mani.
Non era un bacio come gli altri e lo sapevano entrambi, tanto che Michael poteva benissimo sentire il cuore battergli all’impazzata nella cassa toracica. 

La verità era che si sentiva a dir poco terrorizzato. Per quanto da settimane il desiderio di fare l’amore con lei si fosse fatto sempre più forte e insistente, aveva sempre relegato quel pensiero in un angolo il più remoto possibile della sua mente.
La voleva, ma non voleva che lei lo vedesse per quello che era. 

“Lia…” Michael le prese delicatamente i polsi e, deglutendo, esitò senza guardarla in faccia, sentendo il peso dello sguardo smarrito della ragazza su di sè.
Il ragazzo rabbrividì – e di certo non per il freddo, dal momento che anche se l’Inverno era appena iniziato l’interno della villa di Oz era perfettamente riscaldato – e alzò lo sguardo solo quando sentì la voce di Natalia chiamarlo dolcemente. 

Michael la guardò sorridergli e sfiorargli il viso mentre sedeva accanto a lui, stringendogli la mano sinistra.

“Mich, lo sai che ti amo.”
“Anche io ti amo.”
“E allora dovresti sapere che non ti devi preoccupare… Ti ho già visto senza camicia, ricordi?”

“Ma la mia… la mia gamba…”

“Non importa. Ti amo lo stesso.” 

Natalia sorrise debolmente, si sporse per baciarlo e solo all’ora Michael comprese quanto stupido fosse: di sicuro anche lei era nervosa, forse aveva paura a sua volta. Eppure, intuendo le sue difficoltà stava mettendo da parte quello che provava.

Senza smettere di guardarlo Natalia si portò le mani sulla schiena per abbassare la cerniera del vestito e Michael seguì quei movimenti come ipnotizzato, guardandola imbambolato.
La ragazza si sfilò le maniche e lasciò che la parte superiore del vestito blu notte che indossava si afflosciasse, abbozzando un sorriso divertito e nervoso allo stesso tempo di fronte all’espressione del fidanzato:

“Che cosa c’è?”
“Sei bellissima.”

“Anche tu.”  Natalia sorrise e allungò timidamente le mani per slacciargli la camicia, approfittando del suo momentaneo smarrimento, e dargli un rapido bacio. 

Michael deglutì a fatica quando sentì il tessuto scivolargli sulla pelle, e la tentazione di coprirsi fu tanta da spingerlo a mormorare qualcosa con tono quasi speranzoso:

“Non potrei tenere la camicia…”
“No.”  Natalia scosse il capo e, sfiorandogli le spalle, indugiò sulle sue cicatrici con lo sguardo per qualche istante prima di iniziare a carezzarle una ad una con le labbra, lentamente e delicatamente.

Michael lentamente si rilassò e, sospirando piano, la lasciò fare disegnandole figure astratte sulla schiena nuda.


“Lia?”

Natalia alzò lo sguardo e Michael le mise una mano sul viso, scostandole i capelli dalle spalle nude e guardandola con un che di adorante prima di parlare:

“Ti amo.”
La vide sorridere prima di baciarla, stringendola tra le braccia. 
Mancavano pochi giorni a Capodanno e il ragazzo pensò a quando, un anno prima, quella stessa ragazza lo aveva raggiunto proprio lì, a casa sua, per sfuggire al suo fidanzamento combinato. 

Ora era lì, tra le sue braccia, e stavano per fare l’amore per la prima volta.
Non riusciva nemmeno a dire quanto l’amasse e quanto fosse felice. Incredulo, ma felice.


*


Oz aprì il telegramma e lesse le poche parole che conteneva prima di sospirare e piegarlo, lasciandolo cadere ai piedi della poltrona dov’era seduto. Il mago si voltò e gettò un’occhiata alla finestra, guardando la neve cadere. 

Poco più di un mese prima, il 22 Novembre dell’anno appena passato, il Presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy era stato ucciso a Dallas mentre si trovava in un’auto con sua moglie.
Quando aveva appreso la notizia Oz aveva contenuto il più possibile la sua reazione davanti a Michael, ma una volta solo aveva rovistato ovunque nel suo studio per trovare un biglietto che Jun gli aveva mandato molto tempo prima, dove gli comunicava – ovviamente in codice come sempre – che lui e la moglie sarebbero tornati a casa solo una volta portata a termine la loro missione, ossia uccidere il Presidente. 

Ora, la conferma: Jun e Diodora stavano per tornare a casa dopo 16 anni.
Oz pensò a Michael, che stava portando Achille a spasso. Non sapeva come dirglielo, e da una parte non riusciva a gioire del ritorno dei suoi amici, per quanto lo facesse sentire pessimo: di fatto figlio e genitori erano dei perfetti estranei e Michael, per quanto fosse sempre stato curioso nei loro confronti, forse avrebbe avuto qualche difficoltà nell’incontrarli. 
Senza contare che forse ora non avrebbe più avuto bisogno di lui, lui che doveva ricordarsi di continuo che non era il padre di quel ragazzo, e nemmeno lo zio, solo il suo padrino.


“Oz? Sembri triste, cosa c’è, vogliono chiudere la tua soap?”
“Taci tu.”


*


Petra, seduta al suo posto, teneva gli occhi fissi sulla figlia minore, che stava ballando e ridendo con il suo fidanzato. Fidanzato che la guardava adorante e che le sorrideva, dicendole qualcosa di tanto in tanto.

“Credo che si amino molto.”
Petra parlò con un debole sospiro quando sentì il marito prendere posto accanto a lei. Vladislav indugiò con lo sguardo sulla figlia prima di voltarsi verso la moglie, annuendo:

“È evidente. E non sarà quello che avevano in mente per lei Petra, ma di sicuro poteva andare peggio… Insomma, lo sai con chi vive.”
“Lo so. Immagino che presto li vedremo anche convolare a nozze.”
“E non credo che possiamo fare altro, se non dare la nostra benedizione… in caso contrario Natalia sarebbe capacissima di trasferirsi direttamente altrove, e non lo vogliamo.”

“Non è che il ragazzo non mi piaccia Vladislav, non fraintendermi, mi piace molto. Spero solo che nostra figlia non si rovini la vita…”
“Beh, Lia dice che Michael se la sa cavare benissimo, nonostante i suoi… impedimenti fisici. E il ragazzo è stato molto coraggioso a dirci tutto chiaro e tondo.” 

“Già. Beh, prepara penna e inchiostro Vlad, ho idea che a breve avremo un contratto da far preparare.”


*


“Non riesco a credere che tu voglia andartene…”
“Non fare la mamma chioccia Oz, sono stanco di occupare spazio in casa tua, ho disturbato per abbastanza tempo, mi pare. Tra poco compio 21 anni, direi che è ora.”

“Ma la casa sarà vuota senza te e Achille…”
“E Packy.”
“Vuoi portarti Packy?!”
“Certo che sì, me lo hai assegnato tu quando arrivai qui, ricordi?”

“Fantastico, morirò solo…”
“Rilassati sentimentale, ti verrò a trovare molto spesso, specie per andare in spiaggia.”

 
*


“Quindi vai via di casa?”

Natalia, seduta di fronte a può mentre cenavano su un battello sulla Moldava, lo guardò con gli occhi castani pieni di sorpresa mentre Michael annuiva.

“Sì, l’idea è questa. Sicura che questa cosa sia…”
“È buonissimo, mangia.”   

Aveva qualche dubbio sulla cucina ceca, ma assaggiando – non aveva ben capito cosa, di sicuro carne – dovette ammettere che non era male. Ovviamente però non lo disse alla fidanzata.

“Beh, un po’ mi spiace per Oz, ma sono felice con te. Rimani in Croazia?”
“Penso di sì, o mamma Oz soffrirà troppo. Posso assaggiare il tuo?”
“No.”
“Non condividi il cibo con me?!”
“No.”

“Se ci sposeremo saremo in comunione dei beni, ti ricordo.”
“Me ne frego, quel che è nel mio piatto rimane sempre mio. Comunque sarà divertente, posso aiutarti con il trasloco? E a scegliere il posto? Hai già deciso?”

“Forse dovevo dirtelo a cose fatte… sì, certo, puoi venire con me a decidere.”

Sopratutto perché sperava che presto avrebbero vissuto insieme, ma Michael non lo disse ad alta voce, limitandosi a guardare la fidanzata sorridere allegra prima di rubargli un po’ di insalata di patate dal piatto.


*


Natalia dormiva, ma lui era già sveglio, gli occhi fissi sul soffitto della stanza mentre con la mano sinistra sfiorava distrattamente la testa della fidanzata appoggiata sulla sua spalla destra, accarezzandole i capelli con le dita. 
Quando Michael abbassò lo sguardo per osservarla sorrise appena, guardandola sfoggiare quell’espressione dolce e rilassata che era molto orgoglioso di essere l’unico a poter ammirare. 
I lunghi capelli ramati della ragazza erano sparsi sulla sua schiena e gli solleticavano leggermente il braccio destro, con cui le cingeva delicatamente la vita coperta dal copriletto. Natalia si mosse leggermente, schiudendo appena le labbra e facendo scivolare una mano sul suo petto, quasi a volerlo abbracciare inconsciamente a sua volta. 

Nel momento in cui la sua mano entrò in contatto con la sua pelle Michael si sentì pervadere da un’ondata di calore, quello stesso calore che a lui era stato estraneo per molti anni e che poteva essere dato solo dal contatto con qualcuno che ti amava. 
Ormai stavano insieme da quasi cinque anni, certo, ma ancora non ci aveva fatto del tutto l’abitudine.

Michael ripensò a quelle settimane ormai lontane a Durmstrang dove non si erano rivolti la parola e a quanto male fosse stato. Non sarebbe riuscito a stare senza di lei, così come non avrebbe mai potuto tornare a condurre una vita del tutto Babbana dopo aver scoperto la magia. 
Semplicemente, non voleva farne a meno… forse per la prima volta in vita sua Michael si ritrovava a voler essere egoista, a non voler perdere qualcosa a tutti i costi: ne aveva fatto a meno per molto tempo, non voleva più perdere la felicità che averla vicino gli procurava.

Ed erano stati quei pensieri a condurlo sulla sottile linea che l’aveva portato, circa un paio di settimane prima a sviluppare un’idea che con il passare dei giorni si era fatta sempre più concreta, convincendosi che fosse giusto ogni volta di più in cui guardava Natalia.

Michael continuò a guardare la fidanzata e a riflettere finché la luce non la svegliò, guardandola sospirare sommessamente senza aprire gli occhi e parlare a bassa voce senza staccarsi dal suo abbraccio:

“Che ore sono?”
“Quasi le nove. Lia…”

“Mh? Che c’è?”  Natalia si sollevò leggermente per lasciargli un bacio su una guancia e uno sulle labbra, sorridendogli con gli occhi castani ancora leggermente assonnati mentre la mano sinistra gli sfiorava il viso e la destra il petto. 
Michael non parlò per qualche istante, facendo vagare lentamente una mano dalla sua spalla alla schiena nuda mentre con l’altra le sistemava dietro l’orecchio i capelli che erano scesi a solleticargli il collo. 

Si prese qualche istante per far vagare lo sguardo sul suo viso e Natalia fece per chinarsi e baciarlo di nuovo, ma fu il fidanzato a sospirare e a bloccarla prendendola per le spalle, cercando di ignorare la sua espressione accigliata e ormai forse leggermente preoccupata. 

Come se non fosse già abbastanza difficile per lui concentrarsi quando l’aveva davanti con solo la biancheria addosso…

“Mich, che cosa c’è?”
La guardò aggrottare la fronte e scrutarlo con maggiore attenzione, il viso sopra al suo, e Michael si prese qualche altro istante prima di parlare e, lo sapeva, cambiare tutto. Dare una svolta a se stesso e anche alla sua vita, alla loro vita.


“… Sposami.”

Parlò a voce così bassa che per un attimo temette che lei non l’avesse sentito, o che avesse frainteso. Lo stesso pensiero che ebbe la ragazza, che si irrigidì e lo guardò con gli occhi spalancati, la gola secca, le labbra socchiuse, uno strano e confuso ronzio in testa.

“Prometto che farò il possibile per renderti felice come tu fai con me… Sposami, Natalia.”

Michael sollevò la mano buona, la sinistra, e le sfiorò i capelli rossi mentre Natalia sembrava riprendersi dallo shock e sorrideva, guardandolo con gli occhi luccicanti. 
Le guance le si imporporarono leggermente e per qualche istante non riuscì a far altro che annuire, prendendogli il viso tra le mani prima di parlare, la voce rotta dall’emozione e riuscendo a pronunciare solo una misera sillaba:

“Sì.”
Michael sorrise, sfiorandole i polsi con le mani mentre Natalia, dopo aver appoggiato la fronte sulla sua, lo baciava dolcemente quasi a voler suggellare quel patto.


*


Oz lo rimproverava bonariamente, accusandolo di essere “l’uomo più viziato del Continente”, e anche se Michael si difendeva indignato tutte le volte, doveva ammettere che il padrino non aveva poi tutti i torti.

All’inizio era stato quasi strano, non essendoci poi così abituato, ma di certo non si era mai tirato indietro di fronte alle premure che Natalia gli riservava, coccolandolo come non mai.

Quando, quella mattina, il mago si svegliò si trovò la fidanzata davanti, guardandola sorridergli dolcemente mentre gli sfiorava l’attaccatura dei capelli:

“Buongiorno. Come ti senti?”
“Sono stato meglio.” Michael sfoggiò l’espressione più addolorata che gli riuscì, potendo quasi sentire Oz ridere di lui. Non era mai stato tipo da lamentarsi e fare tragedie per un’influenza, o almeno prima di rendersi conto quando Natalia diventasse attenta e premurosa nei suoi confronti quando non stava bene. Le aveva dato le chiavi di casa e lei doveva essere arrivata poco prima, mentre dormiva.

“Posso fare qualcosa?”  Natalia lo guardò, leggermente preoccupata, e Michael annuì prima di biascicare qualcosa mentre chiudeva gli occhi e cercava di ignorare il mal di testa, desiderando solo di continuare a dormire:

“Resta qui.”

Natalia sorrise e annuì, mormorando che per sua fortuna era sabato e non doveva andare da nessuna parte mentre s’infilava sotto le coperte accanto a lui, abbracciandolo con delicatezza e guardandolo intenerita.

“Da quando sei così propenso alle coccole? Quando ti ho conosciuto non eri così.”
Natalia sorrise divertita mente gli accarezzava I capelli e Michael nascose il viso nell’incavo del suo collo prima di parlare:
“Da quando ti amo, credo.”


*


Avevano pensato a molte opzioni diverse sul dove sposarsi, e alla fine Natalia gli aveva fatto una proposta che non avrebbe mai potuto rifiutare: sposarsi in spiaggia, più precisamente nella spiaggia di Oz, uno dei posti che il ragazzo preferiva in assoluto.

“Sei bellissima Lia!” 

Elvira sorrise allegra mentre sistemava i capelli dell’amica, che sorrise e la ringraziò mentre suo padre si sistemava nervosamente il completo e Monika, accanto a lei insieme a Katja, teneva in braccio il piccolo Tòmas di un anno.

“Direi che siamo pronte… Monika, vieni all’altare con il bambino?”
“Meglio di no… Mamma, mi tieni il piccolo? Grazie. Ok, possiamo andare!”

Monika sorrise allegra dopo aver dato un bacio sulla fronte del figlio e averlo lasciato alla madre, che parve più che contenta di tenere il bambino e tornò a sedersi con il nipote in braccio.

“Ok… sono un po’ nervosa, ma direi che è ora.” Natalia sorrise mentre prendeva il padre sottobraccio, facendo cenno a Katja di precederla. Katja che le mandò un bacio e le strizzò l’occhio prima di voltarsi e iniziare a camminare sul lungo tappeto bianco che avevano disteso sulla sabbia dorata.

“Sei felice?”
Natalia alzò lo sguardo per rivolgersi al padre e annuì, sorridendo mentre gli stringeva il braccio:

“Sì táta… Grazie.”
“È un po’ difficile lasciar andare anche te, ma ormai siete grandi, è giusto così…”

“Elvira, attenta a non inciampare! Lo immagino. Ecco, tocca a noi.”

Natalia sorrise, emozionata, e rivolse un cenno al padre prima che Vladislav, dopo averle dato un bacio sulla testa, iniziasse a camminare sul tappeto con lei accanto.
Il sorriso di Natalia si allargò quando scorse Michael in piedi davanti ad un enorme arco ricoperto di fiori bianchi intrecciati. Vide Oz, che stava accanto allo sposo, dargli una gomitata e accennare nella sua direzione, facendo smettere il nipote di sistemarsi nervosamente la giacca del vestito.

Il ragazzo la guardò, poi sorrise e le strinse le mani quando l’ebbe di fronte, mormorando che fosse bellissima prima di darle un rapido bacio sulla guancia. 

A due metri di distanza Katja, alzando gli occhi al cielo, porse un fazzoletto ad una Elvira già commossa mentre Ivan, seduto in terza fila vicino a Novak, sorrideva trionfante:

“Te l’ho detto che Elvy avrebbe pianto prima dell’inizio, ora dovrai offrirmi una cena.”
“Shh!”



Un paio d’ore dopo Natalia, che circondava il collo di Michael con le braccia mentre ballavano nel grande salone della villa di Oz – che l’aveva offerta per il ricevimento – sorrise al ragazzo e gli sfiorò i capelli biondo fragola raccolti sulla nuca con le dita:

“I tuoi capelli sono più in ordine dei miei.”
“Come sempre tesoro. Ma nemmeno tu sei male, te lo concedo.”

“Grazie tante!” Natalia si sforzò di sembrare offesa ma finì col sorridere quando Michael, imitandola, le diede un bacio sulla mascella e uno sul collo.

“Grazie per aver accettato a sposarti qui, ci tenevo… e anche Oz, credo.”
“Lo stesso Oz che sta confabulando con Elvira, prevedo guai all’orizzonte…”

“Ci penseremo dopo, adesso voglio ballare con mia moglie.” Michael sorrise e la strinse più forte, stentando a credere che fosse reale. 
Era strano e avrebbe dovuto farci l’abitudine, ma era indescrivibilmente felice.


*


“Mich?”
“Sì amore?”
“Ti ricordi quando i miei genitori ci hanno detto di non organizzare la luna di miele perché sarebbe stato il loro regalo e ci avrebbero pensato loro?”
“Mh-Mh.”


Natalia comparve sulla soglia del salotto tenendo una lettera è un altro foglio in mano, la fronte leggermente aggrottata mentre il marito se ne stava stravaccato sul divano e giocava con Thor.

“Beh, ci hanno davvero pensato loro, ma non come avevo immaginato…”
“In che senso?”
“Beh, non è che ci abbiano organizzato il viaggio, ci hanno… ci hanno regalato un’isola in Polinesia.”


Per poco Michael non cadde dal divano, quel pomeriggio.


*


Dopo aver esitato ed essersi rifiutato per anni Michael aveva deciso, finalmente, di farsi visitare.
Era così nervoso da non aver detto nulla a Natalia, ma quella sera stessa l’aspettava seduto sul divano lo sguardo vuoto fisso sul caminetto acceso mentre teneva un bicchiere in mano. 

Era uscito dallo studio medico quasi in trance, trascinandosi fino a casa senza rendersene conto. Non sapeva nemmeno da quanto tempo fosse lì ad aspettarla, ma forse avrebbe preferito non vederla tornare affatto. 

Quando sentì la porta aprirsi Michael non si mosse, immobile mentre la voce stanca di Natalia giungeva alle sue orecchie dell’ingresso.

“Scusa amore, mia sorella non mi mollava più! Mich!”

Michael chiuse gli occhi mentre sentiva qualcosa incrinarsi dentro di lui, pensando a quanto male l’avrebbe fatta stare di lì a poco. Ma certo, quel pomeriggio era andata a trovare Monika, si era fatto fissare la visita quel pomeriggio apposta perché lei non ne sapesse nulla dopotutto. 
Era andata a trovare Monika e Tomàs. Lia adorava il nipotino, vedeva com’era felice quando Monika li andava a trovare e viceversa… Monika che, ora che ci pensava, aspettava un altro bambino, l’aveva comunicato alla famiglia quando erano tornati dalla luna di miele.

“Mich? Stai bene?” Sentì i passi della moglie avvicinarsi un attimo dopo Natalia sedette accanto a lui, guardandolo preoccupata:

“Amore?” Gli prese il bicchiere dalle mani e all’ora Mich aprì gli occhi, continuando ad evitare di guardarla e a fissare semplicemente il caminetto.

“Sai, mi sono sempre chiesto se avrei potuto avere figli, dopo il mio “incidente”. Per anni non ho avuto il coraggio di chiedere il parere di un medico, non avevo il coraggio di sentire la risposta.  Oggi però sono andato a farmi visitare, immagino fosse giusto saperlo ora che siamo sposati. Mi ha detto… Di non aspettarmi niente, perché ci vorrebbe un miracolo. Mi dispiace. Mi dispiace Lia.”

La sua voce si incrinò mentre Lia, accanto a lui, taceva. Non disse nulla per qualche istante, fissandolo assorta come se stesse elaborando ciò che aveva appena sentito mentre Mich scuoteva il capo e un singhiozzo mal trattenuto lo scuoteva:

“Non avrei dovuto chiederti di sposarmi, non posso neanche darti un figlio.”

La sua mano destra si chiuse da sola a pugno, tremando, e Mich trattenne a stento la voglia di alzarsi e fare a pezzi qualcosa, qualunque cosa, serrando la mascella quasi dolorosamente.
Stupido lui che si era illuso, e stupida lei ad aver acconsentito di passare la sua vita con lui, con una specie di rottame ambulante mal funzionante.

“Non dire così. Non sopporto quando parli così.”
“È la verità! Perché ti sei innamorata di uno come, si può sapere?! So che vuoi dei figli Natalia, e non sopporto l’idea di non potertene dare!”

“Certo che li vorrei, ma voglio stare con te, ok? La cosa che voglio più di ogni altra è che tu sia felice, Mich.”

Natalia gli si avvicinò ulteriormente e lo abbracciò, mormorando che non era così importante e che non era colpa sua. Era stato solo un bambino indifeso vittima di un tremendo incidente e che si era salvato per miracolo.
A volte, anche se li conosceva poco e capiva le loro motivazioni, Natalia odiava i genitori di Michael per averlo lasciato solo ad affrontare una situazione affatto facile e a crogiolarsi nella consapevolezza di essere rimasto orfano per anni quando così non era.

Michael la guardò mentre lei gli teneva una mano sul viso, accarezzandogli la pelle con il pollice. Gli diede un bacio su una guancia e gli chiese di non dire più quelle cose, facendolo annuire. 
Esitò, senza guardarla per qualche istante, ma alla fine Michael parlò con voce rotta:

“Potremmo sempre… adottare. Se per te va bene.”
“Certo che va bene. Tutto quello che vuoi amore.”
Natalia gli sorrise e Michael ricambiò appena, dicendosi di non meritarla affatto. Eppure, per qualche strano motivo, lei lo amava davvero.


*


Natalia stava in piedi vicino alla culla che avevano comprato due mesi prima e che era, finalmente, occupata da una bambina. 
Erano rimasti per circa sei mesi in lista d’attesa, ma poi la Baita li aveva chiamati dicendo loro che c’era una bambina di due mesi, trovata un mese prima sul portico di una chiesa, che aveva bisogno di una casa. 
Natalia si era catapultata da Michael sul posto di lavoro e lo aveva trascinato fino in Slovenia per vedere la bambina. E com’era prevedibile, era stato amore a prima vista.

La strega sorrise, lo sguardo adorante mentre faceva dondolare leggermente la culla per tenere tranquilla la piccola Dorothy. Sorrise anche quando Michael le si avvicinò, stringendola per la vita e depositandole un bacio sulla tempia, sulla guancia, sulla mascella e poi sul collo, chiedendole con un sorriso se fosse felice. 

“Da impazzire. Non mi sembra ancora vero.”

“Neanche a me, però è reale, è davvero qui. E ha i capelli rossicci, ce l’avranno data apposta perché sembrerà davvero figlia nostra?”
Natalia sorrise e annuì, voltandosi verso di lui per dargli un bacio. Michael aggrottò leggermente la fronte, guardandola con leggera preoccupazione:

“I tuoi genitori cosa ne pensano? Del fatto che i loro nipotini saranno dei Babbani, intendo.”
“Beh, forse non sarà facile, ma si abitueranno all’idea. Non sarà facile nemmeno per me, insomma… io non so niente del loro mondo, ma loro dovranno viverci. Andranno a scuola, lavoreranno…”
“Non preoccuparti, ci penso io. Sono cresciuto come un Babbano, ricordi? E so che l’amerai lo stesso.”

“Quasi quanto amo te.”


*


“Guarda Dotty, neve! È bella, vero? Anche alla mamma piace tanto.”

Natalia sorrise e diede un bacio alla figlia mentre, in piedi vicino alla finestra, la teneva in braccio.
Dorothy, che osservava quella strana cosa bianca con curiosità, allungò le manine per toccare il vetro e si agitò un poco, quasi volesse uscire per toccarla.

“Vuoi uscire? Va bene, ma fa freddo, prima dobbiamo coprirti per bene.”
Dieci minuti dopo Natalia uscì insieme ai cani e alla bambina, che sorrise ed emise un gridolino allegro quando la madre la mise sulla neve. 

Natalia rise quando Dorothy, battendo le minuscole mani coperte dai guantini che lei stessa le aveva cucito, iniziò a cercare di afferrare i piccoli fiocchi e a gattonare sulla neve mentre Thor si rotolava a poca distanza sul soffice manto innevato.

“Ma chi ha avuto il coraggio di abbandonarti, me lo spieghi? Il mio piccolo angioletto…”

Natalia sedette sulla neve e prese delicatamente la bambina per darle un bacio e accarezzarle la testa coperta da berrettino che lasciava visibile solo qualche ciuffo di capelli rossicci e i vivaci occhi azzurri della bimba.  Thor si avvicinò alla padrona per darle qualche leccatina sulla mano e Dorothy, sorridendo, allungò le mani per toccare il morbido pelo dell’Husky.


“Vi divertite così tanto senza di me? Potrei anche offendermi.”

Natalia si voltò e sorrise quando vide Michael avvicinarsi, stringendosi nelle spalle:

“Dotty voleva vedere la neve. Guarda Dotty, c’è papà.”

La bimba alzò lo sguardo e sorrise al padre, chiamandolo con dei mugolii indefiniti e sorridendo quando Michael la prese in braccio per darle qualche bacio sul viso.

“Ciao principessa… ti piace la neve?”
“Certo che le piace, guarda com’è contenta!”
“È contenta perché ha visto me!”
“Vanesio.”


*


Dorothy aveva circa due anni quando Michael e Natalia decisero di volere un altro bambino. Ci volle del tempo, ma alla fine, in una piovosa giornata di Novembre, un altro trovatello si unì alla loro famiglia.

Oz teneva Dorothy in braccio, seduto sul divano mentre le leggeva una storia, quando sentì la porta aprirsi. Gli avevano chiesto di tenere la bambina mentre andavano a prendere il piccolo in Slovenia e il mago si alzò con un sorriso, accarezzando la testa della nipotina:

“Sei pronta a vedere il tuo fratellino, tesoro?”
“Tì nonno!”

Dorothy annuì allegra e sorrise quando vide la madre entrare nella stanza tenendo qualcosa tra le braccia. 
“Papino!”  Oz mise sul pavimento la bambina, permettendole di trotterellare da Michael per farsi prendere in braccio dal padre:

“Ciao tornado. Ecco, guarda… lui è Dominik. Mamma, falle vedere Dom Jr.”
La bambina si sporse curiosa per osservare il minuscolo fratellino, che aveva il ciuccio in bocca e la guardò con gli occhi azzurri vacui di chi si è appena svegliato, le minuscole dita strette intorno all’indice di Lia, che sorrise alla figlia:

“Sei contenta che sia arrivato?”
“Tì! Lo a potato la ciccogna?”
“Diciamo di sí.”

Michael sorrise, la prese in braccio e le diede un bacio sulla fronte, accarezzandole i capelli mentre Oz, avvicinandosi, asseriva che con un altro Dom in famiglia avrebbero potuto benissimo decretare che la fine del mondo era vicina.


*


“Mich? Dov’è Dominik?”
Natalia, che aveva appena portato Dorothy a fare il bagno e che ora la stava avvolgendo in un asciugamano, si rivolse al marito con un sopracciglio inarcato e guardò Michael steso sulla sdraio accanto alla sua, all’ombra e impegnato a sonnecchiare.

“Qui.”
“Qui dove?!”
“Era qui un attimo fa.”
“Mich, se hai perso il bambino io ti eviscero, hai capito?”

Natalia, dopo aver raccomandato alla figlia di non allontanarsi, si alzò e iniziò ad ispezionare nei paraggi per cercare il figlioletto, che alla sua prima volta in spiaggia era molto emozionato e non aveva fatto altro che gattonare meravigliato sulla sabbia da quando erano arrivati.

“Dom?! Dom, dove sei, la mamma si preoccupa… Dom! Cosa fai lì?!”

Natalia sospirò e si mise le mani sui fianchi quando vide il bambino – con solo una bandana a coprirgli la testa e il pannolino addosso – seduto sulla sabbia e circondato da infradito mentre sorrideva soddisfatto.

Dominik parve rallegrarsi quando la vide e Natalia, sospirando, lo raggiunse e si inginocchiò, esaminando le ciabatte:

“Hai rubato le ciabatte di mamma e papà, ma raro, ecco perché non le trovavo… aspetta, ma queste di chi sono?!”

Natalia sollevò un’infradito rossa e una verde e guardò il bambino ridere con tanto d’occhi, sospirando e alzando gli occhi al cielo subito dopo:

“Fantastico, ore dovrò restituirle a chissà chi… tu devi stare con la mamma o con papà all’ombra, hai capito signorino? Mich, congratulazioni, abbiamo un figlio cleptomane!”


*


“Sono sempre stanca, è odioso…”
“Lo immagino.” Natalia abbozzò un sorriso mentre guardava sua sorella seduta su una poltrona e i loro figli, intanto, giocavano sul tappeto – fatta eccezione per Dominik, che stava facendo il sonnellino nella culla –. 

“Sono molto felice, non fraintendermi, anche se averne un terzo sarà dura… voi pensate di averne altri?”
“Non saprei, fosse per me di sicuro, ma è… complicato adottare.”

“Credimi, è complicato anche tenere un altro essere umano nel tuo corpo per nove mesi, non vedo l’ora che nasca…”
Monika sospirò stancamente e Natalia, sorridendo a fatica, parlò a bassa voce:

“Dev’essere un’esperienza meravigliosa.”
“A parte il parto… lascia stare, del resto tu non l’hai mai provato.”


Monika si rese conto degli effetti di ciò che aveva detto quando Natalia, scura in volto, si alzò un attimo dopo e mormorò di dover andare in bagno.

“Lia… Lia scusa, sai che ho una boccaccia tremenda! Dannazione, non riesco neanche ad alzarmi da sola!”
“Che cos’ha mammina?!”

Dorothy, allarmata, spostò lo sguardo dalla zia al punto in cui la madre era sparita e Monika, scuotendo il capo, le sorrise:

“Niente tesoro, stavamo solo parlando del tuo nuovo cuginetto e mamma è andata in bagno.” 
“… Ok… Ma zia, perché il mio cuginetto è nella tua pancia?!”

Dorothy si avvicinò alla zia – lasciando la bambola sul tappeto – con la fronte aggrottata e appoggiò le mani sul pancione di Monika, che esitò prima di parlare:

“In che senso?”
“Dom non era nella pancia di mami, e neanche io. Mi ha portata la cicogna!”
“Beh, perché… la cicogna non riesce a portare tutti i bambini del mondo tesoro, così a volte le mamme fanno il lavoro per lei.”

Monika sorrise e accarezzò i capelli della bambina, che arricciò il naso pensierosa prima di annuire:

“Ho capito, penso.”
“Brava bambina. Speriamo che il nuovo cuginetto sia una cuginetta questa volta, vero?”
“Sì, lo dice anche Nonna Petra!”


*


“Signora, non credo che abbia niente che non vada.”
“È sicura?! Le giuro che mi sento strana da diversi giorni… forse sono solo stanca.”

Natalia guardò la dottoressa rivolgerle un’occhiata incerta prima di parlare, la fronte aggrottata:

“Ha preso in considerazione la possibilità di essere incinta?”
“… No. Io e mio marito non possiamo avere figli. O meglio, ci hanno detto che sarebbe molto poco probabile.”
“Per problemi suoi o di suo marito?”
“Di mio marito.”

“Beh, fossi in lei mi farei controllare da chi di dovere. Non si sa mai, dopotutto.”


*


Quando Michael tornò a casa dal lavoro, quella sera, aprì la porta e venne immediatamente travolto dall’abbraccio di Natalia, che gli gettò le braccia al collo, in lacrime.

“Lia, va tutto bene? Che cosa c’è?”

Il mago, confuso, chiuse la porta mentre la moglie cercava a fatica di parlare, scossa dalle lacrime.

“I bambini stanno bene?”
“S-sì. Sono io, sono… sono incinta.”


“… Eh?”
“Aspettiamo un bambino!”
“… È mio?”
“CERTO IDIOTA, DI CHI VUOI CHE SIA?! Sono così felice Mich…”

Natalia lo strinse più forte e appoggiò la testa sul suo petto mentre Michael, ancora scosso, la stringeva di riflesso e cercava di elaborare quanto appena sentito mentre fissava un punto indefinito davanti a sè sentendosi la gola secca e uno strano ronzio in testa.

Era stato difficile, per entrambi, ma aveva fatto di tutto per chiudere quella porta anni prima, quando appena sposati gli avevano dato quella tremenda notizia. Adorava Dorothy e Dominik e si era concentrato il più possibile su di loro di quando li avevano adottati, cercando di dimenticare della sua impossibilità di dare un figlio a Natalia.


“Ciao papino!”
Dorothy spuntò nell’ingresso sorridendo allegra e corse incontro al padre prima di abbracciargli le gambe, asserendo di voler partecipare anche lei all’abbraccio.

“Mami, cos’hai?” La bambina spalancò gli occhi e guardò la madre con aria preoccupata, ma Natalia scosse il capo e le sorrise, sfiorandole al contempo i capelli:
“Niente amore, mamma è solo tanto felice.”


*


“Mammina?”
“Dimmi amore mio.”
“Perché la mia sorellina è nella tua pancia? Dom non era lì!”

Dorothy appoggiò le manine sul ventre della madre, guardandola con gli occhi sgranati, e Lia esitò prima di annuire e sollevarla, facendola sedere sulle sue ginocchia:

“Beh, perché… amore, i bambini possono arrivare in una famiglia in modi diversi. A volte stanno nella pancia della mamma, altre trovano la loro famiglia perché non hanno un posto dove andare, e le mamme e i papà li accolgono. Come Dom.”
“Anche io sono arrivata così?”
“Sì tesoro, ma non cambia niente, ok? Voglio bene a te e a Dom come ne vorrò alla tua sorellina. Anche papà è arrivato da piccolo dal nonno, sai?”
“Ok…” 

Dorothy annuì e poi le allacciò le braccia intorno al collo. Natalia le accarezzò i capelli rossicci e le diede un bacio, assicurandole che anche se non l’aveva tenuta nella sua pancia l’amava tantissimo comunque.


*


“Porto i bambini da tua madre, così potrai riposarti un po’.”
“Mich, so gestire i miei figli, non serve.”
“Petra dice sempre che vorrebbe vederli più spesso, l’accontento! E poi non voglio che ti stressi, ok?”

Mich si avvicinò al divano dove Lia stava leggendo un libro, comodamente distesa con tanto di copertina, e si chinò leggermente per sorriderle e darle un bacio mentre le sfiorava il viso con le dita.

“Tranquillo, ci pensa Packy a me, vero Pac?”
“Certo Signora Natalia… Boss non si deve preoccupare per lei, c’è Packy!”

“Mi fido molto più di lui che di te… Grazie Pac. Ci vediamo stasera.”  
“Ciao.” Natalia gli sorrise e Michael si alzò per raggiungere i figli – che stavano discutendo perché Dom non voleva mettere il berretto mentre la sorella cercava di infilarglielo – nell’ingresso dopo aver dato una leggera pacca sulla spalla all’Elfo, che si rivolse immediatamente a Natalia con fare apprensivo:

“Le serve qualcosa?”
“No Packy, sto bene, non ti preoccupare… anzi dovresti riposare anche tu, sai?”
“Boss e il Signor Oz hanno raccomandato a Packy di prendersi cura di lei e Packy lo farà, la Signora aspetta un bambino e deve fare attenzione.”

“Ci mancava solo questa, come se non fossero già tutti iper in ansia…”

Natalia alzò gli occhi al cielo mentre si sfiorava il ventre, pensando a quanto fossero diventati ansiosi e apprensivi Michael, Oz, i suoi genitori, sua sorella, i genitori di Michael e anche i suoi amici da quando aveva scoperto di aspettare un figlio, quasi avesse ingoiato una bomba ad orologeria pronta ad esplodere.
Era solo una gravidanza, dopotutto… e Natalia l’aveva sognata per così tanto tempo da essere più che decisa a non lasciarsela rovinare da niente e nessuno.


*


Michael sorrise alla minuscola bambina che teneva in braccio, reggendola solo con il braccio sinistro come aveva imparato a fare quando Dorothy era arrivata nella sua vita: temendo di far cadere la bambina a causa dei problemi del suo braccio destro aveva imparato ad arrangiarsi usando il sinistro. Riusciva persino a cambiare pannolini usando solo una mano, impresa compiuta dopo aver scommesso con Lia che non ci sarebbe riuscito.


Non era la prima figlia per lui e per Natalia, ma era la prima con cui condivideva parte di DNA, la prima davvero “sua”. Amava tantissimo Dorothy e Dominik, ma era una sensazione inimmaginabile tenere in braccio la sua bambina.

“Sei proprio bella, sai Lucie? Come la mamma…”  Michael sorrise e le diede un bacio sulla fronte mentre Dorothy e Dominik si affacciavano nella stanza con aria speranzosa:

“Possiamo vedere mami?”
“No tesoro, dopo, adesso sta dormendo… volete vedere Lucie?”

Dominik sbuffò debolmente e non aprì bocca, scuro in volto, ma Dorothy prese per mano il fratellino e lo condusse dal padre, sorridendo quando vide la sorellina:

“Com’è piccola!”
“Già… ed è molto fragile, quindi bisognerà fare attenzione, ok? Signorino, cos’è quella faccia?”
“Niente.”
“Pensa che adesso tu e la mamma non gli vorrete più bene come prima.”

“Dom, ne abbiamo già parlato tante volte, io e la mamma adoriamo te e Dotty, e non vorremo più bene a Lucie che a voi, intesi? Fidati, sei sempre il piccolo principe di casa.”
Michael arruffò i capelli biondi del bambino, che parve rincuorarsi leggermente e annuì, abbozzando un piccolo sorriso:

“Ok. Quando mamma si sveglia posso vederla?”
“Certo.”


*


“Diodora, posso tenerla?!”
“No, mettiti in fila. Ciao piccolo angioletto, come sei bella… dici che mi somiglia?”

La donna sorrise alla nipotina, che seduta sulle sue ginocchia la guardava a sua volta con curiosità tenendo il ciuccio stretto in bocca, prima di voltarsi verso il marito, che aggrottò la fronte e le suggerì che era troppo presto per dirlo prima che Oz li raggiungesse tenendo Dorothy e Dominik sulle spalle e a testa in giù, reggendoli con un braccio ciascuno:

“Speriamo non di carattere, vero Jun? Bene, ora che ho preso questi due bambini vado ad appenderli sul tetto per lasciarli in pasto agli avvoltoi, scusatemi…”

Il mago si avviò con nonchalance verso le scale, ignorando le risate di Dorothy mentre Dominik invece si agitava come un matto:

“MAMMAAAA, NONNO OZ MI STA RAPENDO!”
“Oddio, che tragedia…”

“Oz, cerca di non fare il bambino anche tu e preoccupati che i miei nipotini non si facciano male, piuttosto.”
“I nostri nipotini, cara.”

“Ciao nonna!”  Dorothy sorrise allegra alla donna, agitando una mano nella sua direzione, e la strega sorrise prima di ricambiare, mandandole un bacio.

“Jun, secondo te in una famiglia così questi bambini verranno su normali?”
“Con due nonni che sono legalmente morti e vivono con false identità e altro mezzo fuori di testa? C’è ben poco di normale in questa famiglia, cara…”


*


Dorothy Elvira Natalia, Image and video hosting by TinyPic Dominik Oz, Image and video hosting by TinyPic Lucie Monika Image and video hosting by TinyPic e Damjan Michael HoaxImage and video hosting by TinyPic



“… Lia, ma come lo hai conciato?”
“Non voglio che prenda freddo! E poi guardarlo, non è un amore? È carinissimo!”

Natalia sorrise e scoccò un’occhiata adorante a Damjan, l’ultimo arrivato in famiglia, che seduto sul divano sfoggiava un vistoso berretto di lana con il pompon abbinato alla tutina grigia.
Michael alzò gli occhi al cielo mentre Dominik, tirando i pantaloni della madre, le rivolgeva un’occhiata implorante:

“Anche io sono carino, mamma?”
“Amore, tu sei il più carino di tutti, intesi? Vieni a darmi un bacio.”  Natalia prese Dom in braccio e gli diede un bacio sulla guancia prima di accarezzargli i capelli chiari con la mano mentre il figlio la lasciava placidamente fare, la testa appoggiata sulla sua spalla con gli occhi chiusi.

“Principesse, cosa avete fatto oggi?”
“Ti o’ fatto un disegno papi.”  Lucie porse al padre un foglio e Michael, sorridendo intenerito di fronte alla sua dolcissima vocetta, osservò il disegno che ritraeva la loro ormai affollata famiglia, che oltre a lui, la moglie e i quattro figli comprendeva anche Packy e i loro cani.

“Io ho imparato a contare fino a 100 in croato, e anche in tedesco!”
“Siete fortunati piccoli, verrete su parlando come minimo tre lingue… Brava tesoro.”  Dorothy sorrise soddisfatta prima di girare sui tacchi e avvicinarsi a Damjan, che da quando era nato era diventato il suo bambolotto preferito. 
Michael invece prese Lucie in braccio e andò a sedersi con un sospiro di sollievo, lasciando che la bambina giocherellasse con la sua sciarpa viola che continuava a mettere anche dopo anni. 

Anche se gli piaceva moltissimo il suo lavoro – era bello sapere di poter fare qualcosa di utile per tutte le persone che avevano, come lui, degli arti mancanti lavorando sulla ricerca per le protesi – a volte tornare a casa dalla sua famiglia era un sollievo indescrivibile. 
Diede un bacio alla bambina, che gli sorrise e chiese se l’indomani sarebbe rimasto a casa con loro.

“Sì piccola, domani è sabato. Sei contenta di stare con papà?”
“Sì.” Lucie sorrise, gli occhi chiari ereditati da lui luccicanti, e lo abbracciò con le sue braccine, nascondendo il viso sulla sciarpa del padre. 

“Anche io sono contento… Lia, hai finito di coccolare Dom Jr? Anche Dom Senior necessita di un abbraccio.”
“Sia mai che tu ti faccia mancare delle coccole… non preoccuparti, io riempio di abbracci tutti i miei ragazzi.”
Natalia sedette accanto a lui, gli diede un bacio sulla guancia e gli sorrise prima di appoggiare la testa sulla sua spalla. 

“Di abbracci e di cose di lana fatte a mano… ci hai preso l’abitudine, ormai.”
“Infondo è divertente, sto facendo set coordinati di sciarpe, guanti e berretti per i bambini, ad ognuno un colore diverso. Vuoi una sciarpa nuova anche tu?”

“… No, questa va benissimo. Rimane il regalo più bello che mi abbiano mai fatto. Ah, insieme ai vostri disegni bambini, è ovvio!”
“Ah ecco!”
“Papino, ci leggi le Fiabe di Beda il Bardo?!”
“Io voglio Biancaneve però!”

“Forse stare qui non è poi così rilassante in confronto al lavoro, infondo…”








………………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:

Suppongo che la leggerete domattina vista l’ora, quindi buongiorno!
Spero che abbiate passato bene il Natale, intanto ho finalmente pubblicato la prima OS, tutta per quella che, credo, è stata la coppia che avete complessivamente amato di più.
Ci sono diverse altre cose che dovrei dire e approfondire su di loro, come sui genitori di Dom, ma la OS è già davvero lunga, così ho deciso di tagliare, sicuramente in futuro arriverà altro su di loro.
Non ho idea su chi scrivere per la prossima, forse i Jolie… mah, si vedrà, di sicuro arriverà entro l’anno nuovo!
A presto, 
Signorina Granger 




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Capitolo 2
*** John & Julie ***


John & Julie
 
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“Mamma, Julie sta arrivando, per favore, sii normale…”
“Stai dicendo che di solito non lo sono?!”

“No, ma da quando ti ho chiesto se poteva venire oggi a pranzo da noi sei… diciamo… su di giri…”

John lancio un’occhiata di sbieco alla madre, che sorrideva come la vedeva fare di rado e si aggirava per il salotto sprimacciando cuscini e raddrizzando soprammobili o cornici. Aurora gli si avvicinò, gli prese il viso tra le mani e gli stampi un bacio su una guancia, asserendo di essere solo felice per il suo ragazzo.

“E dopo tutto quello che ho sentito, sono davvero curiosa!”
“Già, dimenticavo che Edith e Sean hanno pensato bene di farti un dettagliato resoconto…”

“Non dare la colpa a loro, sono io ad averli tormentati… anzi, ho tormentato solo Sean, Edith è venuta a raccontare spontaneamente. Oh, hanno suonato, sarà lei!”
“FERMA. Vado io.”

John rivolse un’occhiata perentoria alla madre prima di girare sui tacchi e dirigersi verso la porta d’ingresso, mente Aurora gridava alla figlia minore di scendere a salutare Julie.
Quando aprì la porta il ragazzo sorrise nel vedere una familiare ragazza dai capelli scuri e gli occhi azzurri per la prima volta da dopo il Diploma, abbracciandola con affetto:

“Ciao Juls… mi sei mancata, sono felice di vederti.”
“Anche io. Casa vostra è davvero bellissima, comunque! Temevo di sbagliare indirizzo…”

“Mia madre ha deciso di restare più a lungo nella casa in Inghilterra affinché tu non dovessi venire fino in America, lì il posto è ancora più bello. Vieni dentro. E… scusa in anticipo se mia madre ti sembrerà strana, di solito è piuttosto normale e posata, ma è un tantino emozionata.”

Julie sorrise ed evitò di dire al ragazzo che lei per prima era non poco nervosa all’idea di conoscere i suoi genitori visto che temeva di non piacergli affatto, ma la ragazza si rilassò quando vide Edith andare loro incontro con un sorriso:

“Ciao Julie! Come stai?”
“Ciao Edith… Bene, grazie.”
“Sono felice che tu sia venuta, la mamma non fa preparare così tante cose buone neanche a Natale…”

“Mamma… Lei è Julie.”
Quando John parlò Julie spostò la sua attenzione su una donna minuta, dai capelli scuri e gli occhi  chiari che la stava guardando con attenzione. Stava per aprire la bocca e dire qualcosa, ma la padrona di casa la precedette sfoggiando un largo sorriso prima di andarle incontro e abbracciarla:

“Sei più bella di quanto mi avessero detto, sei davvero splendida. Sono molto felice di conoscerti, finalmente, ho sentito parlare tantissimo di te. Mio marito torna tra mezz’ora, mentre aspettiamo che arrivi possiamo spostarci in salotto, vieni.”

Aurora prese la ragazza sottobraccio e la condusse verso il salotto sotto gli sguardi dei figli, che restarono immobili con gli occhi fissi su di loro me tre Julie sorrideva:

“Anche io sono felice di conoscerla, Signora Carrington. Ho letto alcuni dei suoi libri.”
“Davvero? Finalmente qualcuno mi da soddisfazione, Edith non vuole saperne di leggerli… chiamami Aurora, comunque.”


“Cosa facciamo, le seguiamo?”
“Ovvio, devo assicurarmi che mamma non racconti cose imbarazzanti su di me… beh, come pensavo per mamma è stato amore a prima vista.”
“Certo, tutti adorano Julie! Forza fratellone, andiamo prima che mamma ti rubi la ragazza.”

Edith prese John per mano per seguire madre e “cognata” mentre il fratello alzava gli occhi al cielo, certo che sua madre ora non avrebbe fatto altro che chiedergli di Julie e di invitarla da loro.


*


“Allora, Emily, Elliot, George ed Edward già li conosci… John, lui è il mio fratellino più piccolo, Conrad.”

“Non sono piccolo, a Settembre vado a scuola!”
Conrad incrociò le braccia al petto e alzò lo sguardo per rivolgere un’occhiata offesa alla sorella, che gli teneva le mani sulle spalle mentre stava in piedi dietro di lui. Julie sorrise teneramente e annuì mentre gli accarezzava i capelli scuri, asserendo che lo sapeva ma che lui restava ugualmente il suo fratellino.

“Ciao Conrad, io sono John.”  John sorrise e tese la mano al ragazzino, che esitò prima di stringerla e guardarlo con sospetto:

“Allora sei tu il fidanzato di Julie?”
“Già.”
“Emily mi ha detto che hai avuto un sacco di ragazze intorno.”
“Conrad, non sono affari tuoi!”
“Beh… è vero, ma tua sorella mi piace davvero tanto ed è molto importante per me.”

John sorrise appena e il ragazzino, dopo averlo studiato con attenzione, decise che quella risposta gli andava bene e annuì, asserendo però che lo avrebbe tenuto d’occhio prima di trotterellare in cucina dalla madre e chiedere quando avrebbero cenato.

“Beh, non è andata male, mi pare che non mi detesti.”
“È molto affezionato a me, gli piacerai molto, vedrai. E poi è vero che avevi un mucchio di ragazze intorno.”
“Non è colpa mia se sono irresistibile!”
“Allora non avrai problemi a conquistare anche mio padre, che sta tornando proprio in questo momento… hai superato il test di mia madre e dei miei fratelli, anche Conrad, vediamo come te la cavi con mio padre.”

Julie incrociò le braccia al petto e sfoggiò un sorriso quasi divertito, ma John non si scompose e asserì di essersi adeguatamente preparato. Quando poi, poco dopo, il camino si accese con brillanti fiamme verdi ed Emily esclamò che il padre stesse per tornare a casa, John si stampò il suo sorriso migliore sulla faccia e aspettò di vedere il padrone di casa uscire dal camino e salutare la figlia prima di parlare.

“Papà, ti presento John.”
“Salve Signor Farrel, è un piacere conoscerla finalmente, sono John Carrington.”

“Ciao John.”   Axel strinse la mano che il ragazzo, senza smettere di sorridere, gli porgeva sotto lo sguardo di Julie, che sorrise e prese il ragazzo sottobraccio:

“Mamma ha detto che la cena è quasi pronta, papà.”
“Benissimo… prima posso fare due chiacchiere con John, allora.”
“Ma certo, quello che vuole. Ah, mia madre la compra sempre e mi è capitato di leggere la sua rivista di tanto in tanto, complimenti per il suo lavoro.”

John sorrise e pensò a qualcosa che Julie gli aveva detto qualche giorno prima su come ingraziarsi suo padre: Axel adorava il suo lavoro e il suo giornale, Trasfigurazione Oggi, così la ragazza gli aveva caldamente consigliato di citarlo.

“Grazie… E a proposito, fai a tua madre i complimenti per il suo ultimo libro da parte mia.”
“Sarà fatto Signore.”

“Julie, vieni a darmi una mano ad apparecchiare!”

Sentendo la voce della madre la ragazza esitò, non sapendo se lasciare soli i due. Axel però le sorrise, annuendo:

“Vai pure ad aiutare tua madre, tesoro.”
“D’accordo… ma non sequestrare John, anche la mamma vuole conoscerlo.”
“Non preoccuparti.”
 
Il sorriso di Axel non vacillò e Julie annuì, lanciando una rapida occhiata in direzione del fidanzato – che però sembrava piuttosto tranquillo e preparato all’interrogatorio imminente – prima di andare in cucina.
Infondo suo padre era una delle persone più calme e pacifiche che conosceva… certo lei era la sua “principessa” prediletta ed era sempre stato piuttosto protettivo nei suoi confronti, tanto che la ragazza ricordava quando, una settimana prima, la famiglia Russell fosse stata loro ospite e Jade (la madre adottiva di Timothy Nda) avesse ridacchiato per poi chiederle di raccontarle del suo incontro con il ragazzo. 

“Come va di là?”
“Non male, credo.. hai raccomandato a papà di comportarsi bene, vero mamma?”
“Ho fatto il possibile, giuro.”


*


“Dobbiamo prendere una cartolina per mia madre, le ho promesso che gliene avrei mandata una da ogni città che avremmo visto…”
“Allora andiamo a cercarne una!”

Julie sorrise e prese John sottobraccio mentre camminavamo sul lungomare di San Francisco, terza città che stavano visitando nel loro “tour” degli Stati Uniti. 
Quando Julie gli aveva detto di non essere mai stata in America il ragazzo le aveva subito proposto di fare un viaggio insieme a lui negli USA, così da andare a trovare anche la parte della sua famiglia che viveva lì.  

“D’accordo… Dopo possiamo fare un altro giro su quei tram? Sono fantastici!”
“Sì, ti divertivi come un bambino sulle giostre, prima… eri adorabile.” Julie sorrise e sfiorò i capelli del ragazzo con le dita, che annuì e asserì, con un sospiro, che non era la prima ragazza a dirglielo. Il Corvonero si guadagnò così una dolorosa gomitata sulle costole da parte della fidanzata, affrettandosi a sottolineare che scherzava un istante dopo.

“Sarà meglio, altrimenti insieme alla cartolina per tua madre spedisco indietro anche te, Carrington.”


*


“Allora, come vanno le cose con John?”
“Bene, ma credevo ci fossimo viste per studiare.”
“È quello che si dice quando bisogna spettegolare.”

“Beh, come ho detto… bene. E io più che spettegolare avrei il goblinese da studiare.”

“Che orrore, ma come fai a voler studiare questa roba? Non si capisce un cavolo di niente!”

Silvy sfoggiò una smorfia e rivolse un’occhiata semi schifata al libro dell’amica, che invece si strinse nelle spalle mentre anche Rose, accanto a loro, era china sui libri:

“Beh, ognuno si specializza in ciò che vuole. Anche se il marinese ha suoni così strani che quasi mi spaventa…”
“Beh, a me piacciono le lingue magiche.”

“Parlando di cose più divertenti, sono qui per invitare le mie fantastiche amiche alla prossima partita!”
“Vorrei tanto, ma devo studiare…”

“Julie, John e tutti gli altri verranno, andiamo, per favore!”
“… Va bene, non capisco perché tutti riuscite sempre a convincermi a fare cose che non vorrei fare…”

“Sì chiama persuasività, cara.”

Silvy sorrise, soddisfatta, e si appoggiò comodamente allo schienale della sedia mentre l’amica, accanto a lei, alzava gli occhi al cielo.


*


“Non ti pesa fare sempre avanti e indietro dall’America?”
“Per vedere Juls, intendi? No, non credo, lo farei comunque per vedere te e gli altri… e poi anche mia madre ha sempre fatto avanti e indietro tra America e Inghilterra essendo metà e metà.”

“Lo so, ma io personalmente non so se ci riuscirei… Passaporta o no è comunque molta strada. Ma se a te non pesa buon per te, naturalmente.”

Sean si strinse nelle spalle e si portò il boccale di Burrobirra alle labbra mentre John, seduto di fronte a lui, annuiva con aria pensierosa. 

“Mi piacerebbe vederla più spesso, in realtà…”
“Ah, grazie, e io?!”
“Ti conosco da quando avevi il pannolino e facevano il bagnetto insieme, direi che la nostra è un’amicizia abbastanza stretta, senza che ci vediamo ancora più spesso. Comunque, non le chiederei mai di trasferirsi in America, lei qui ha la sua famiglia, i suoi amici e…”

“Fermo, fermo, fermo un momento, hai detto “trasferirsi”? John, non pensavo fossi così innamorato!”
“Rose ha ragione, sei perspicace come una marmotta. Anzi, povere marmotte…”
“Non rompere e pensa alla tua ragazza, Johnny. Seriamente, prima o poi dovrà esserci una svolta, pensa se tu saresti disposto a trasferirti stabilmente qui.”

“Credo di sì, infondo ho qui i miei amici, ho studiato in Inghilterra e la mia famiglia viene spesso qui… Per Julie potrei farlo.”  John si strinse nelle spalle, il capo chino per evitare di guardare l’amico in faccia, che invece sorrise:
“Bene. Dovresti dirglielo, quando te la sentirai.”

“Da quando prendo consigli da te?”
“Non lo so, ma devi essere davvero in crisi, amico mio.”


*


“AURYYYY!”
“COSA C’È?!”
“DOVE SEI?!”
“QUI!”
“QUI DOVE?!”
“IN SALOTTO, NON SENTI LA VOCE?!”

“Ma che vuoi che ne sappia, ogni volta la stessa storia… Aurora, ho una grande novità!”

Charlotte marciò fino alla soglia del salotto, dove scorse l’amica impegnata a leggere. Aurora non alzò neanche lo sguardo dalle pagine del suo libro, facendole semplicemente cenno di avvicinarsi.
L’Auror, per tutta risposta, sedette accanto a lei e aspettò con impazienza – tamburellando un piede sul pavimento – che l’amica si degnasse di darle retta, cosa che avvenne circa due minuti dopo.

“Ho finito il capitolo, dimmi.”
“Alla buon’ora, se fosse stata una cosa seria?!”
“Se fosse stata una cosa seria saresti piombata qui come una furia urlando. Allora, dimmi.”
“Ok… Sean mi ha detto che John soffre per la lontananza dalla sua dolce fidanzata, ma non oserebbe mai chiederle di trasferirsi qui, quindi pensa che in futuro potrebbe essere lui a farlo.”

“Andare in Inghilterra?”
“Sì. Tu che ne diresti?”
“Lo dovrebbe fare. Non sarò certo io a bloccarlo.”

Aurora chiuse il libro con un gesto brusco e Charlotte, dopo aver esitato, allungò una mano per prendere quella dell’amica:

“Aury…”
“Non chiamarmi così, per favore. Per favore.”

Aurora si alzò e, lasciato il libro sul divano, si avvicinò alla finestra incrociando le braccia al petto. Per qualche istante nessuna delle due donne parlò, poi Charlotte mormorò qualcosa con un sospiro:

“Scusa. Aurora, non te l’ho detto per farti pensare a mio fratello.”
“Se John vuole andare in Inghilterra per Julie, o in Siberia, Svezia, India o Burundi, dovrebbe farlo. Tuo fratello non l’ha fatto e forse avrebbe dovuto.” 
“Lo so, ma era diverso… voleva lasciarti andare, ma fosse stato per lui sarebbe andato ovunque per te.”

Charlotte si alzò e raggiunse l’amica, mettendole una mano sulla spalla e abbozzando un sorriso mentre Aurora si voltava, guardandola quasi speranzosa:

“Tu dici?”
“Qualcuno forse lo conosceva meglio di me? Ovviamente no. Fidati di quello che dico, l’avrebbe fatto. E sono sicura che lo farà anche John.”


*


“Juls, ti volevo parlare di una cosa.”
“C’è qualcosa che non va?” 

“No, stavo solo pensando che ormai gestiamo la nostra relazione in questo modo, dovendo sempre programmare tutto per tempo per via delle Passaporte, da quasi due anni. Sta cominciando a pesarmi un po’.”

John, che teneva le mani della ragazza strette tra le sue e appoggiate sul tavolo, sospiro e si rabbuiò leggermente mentre Julie, invece, spalancò leggermente gli occhi prima di annuire, deglutendo:
“Oh.” 

Stava forse per dirle che era meglio chiudere la loro relazione? 

“Insomma, io vorrei… stare sempre con te. Perciò mi chiedevo cosa ne penseresti se mi trasferissi qui.”
“Davvero?! Sarebbe meraviglioso! Ma sei sicuro, John? Tu adori casa tua, adori l’America…”

“Adoro di più te.” 

John le sorrise, stringendo la presa sulle sue mani, e Julie non potè che imitarlo, guardandolo con occhi carichi d’affetto:

“Ti amo tanto, lo sai?”
“Anche io Juls.”


*


“Allora Julie si occupa di traduzioni e mediazioni?”
“Sì, sono molto fiero di lei.”

“E dimmi, quando…”
“Mamma, non mi stressare! Non chiedermi quando ci sposeremo!”
“Veramente stavo per chiederti quando pensi di chiederglielo, il che è diverso.”

John alzò gli occhi al cielo mentre la madre gli versava il thè ed Edith, di fronte a lui, ridacchiava divertita. Ormai viveva in Inghilterra da circa sei mesi e ogni volta in cui faceva visita alla famiglia – o erano loro ad andarlo a trovare – sua madre se ne usciva con le stesse domande.

“Mamma, tu eri più vecchia di me quando ti sei sposata con papà!”
“Vero, ma la mia è stata una situazione particolare, l’ho conosciuto molto più tardi rispetto a te e Julie. Insomma, state insieme da tre anni, no?”
“Tu non lo sei stata per cinque con il fratello di zia Charlotte? E non vi siete sposati, mi risulta.”

“Come ho detto, era diverso.”  Aurora non battè ciglio, ma il suo tono si inasprì e John intuì che fosse meglio chiedere l’argomento, così tacque per qualche istante prima di parlare con un sospiro:

“Certo che ci ho pensato, e più di una volta da quando vivo qui, ma è una cosa importante… non so, vorrei esserne sicuro ed essere certo che anche lei lo voglia.”
“Ma certo che lo vuole, idiota!”

“Edith, tu che ne sai?!”
“Io so un sacco di cose, caro mio!”


*


“Io avevo chiesto a SEAN di accompagnarmi a prendere l’anello. Qualcuno mi spiega perché all’improvviso sembriamo una squadra di Quidditch?!”
“Non potevo mancare, sono la tua sorellina! E quando l’ho detto a Cami è venuta anche lei…”

“Già, e io ho commesso il madornale errore di dirlo a Silvy, quindi…” Sean alzò gli occhi al cielo e accennò all’amica, che stava saltellando felice per il marciapiede. 

“Silvy. Ti avviso: se ti fai sfuggire una sola parola con Julie non importa quanto ti voglia bene, ti trasformerò in una rana.”
“Non preoccuparti, sarò una tomba, giuro. Adesso andiamo, gente! Oh, che divertente!”

Silvy sorrise allegra e, presi Sean e John sottobraccio, li trascinò dentro la gioielleria con Edith e Camille al seguito.




“Cosa pensate che dovessero fare i ragazzi?”
“Non so, ma sono stati stranamente evasivi…” 
“Chissà, forse hanno in mente qualcosa, conoscendo quei tre non si può mai sapere.”

Adela si portò la tazza alle labbra per bere un sorso di thè mentre Charlotte, accanto a lei, si stringeva nelle spalle, asserendo che quella sera si sarebbe fatta dire tutto da Camille mentre Aurora annuiva, pensierosa:

“Già, chissà perché le ragazze hanno voluto andare con John, Sean e Silvy.”
“Karlos ne sa nulla?”
“Glie l’ho chiesto, ma ha detto di non saperne nulla e che quelle due sghignazzano con aria cospiratoria da una settimana.”
“Chissà cosa stanno tramando…”
“Ah, sono tutte le loro mamme, sono proprio fiera di loro.”  Charlotte annuì con un sorriso compiaciuto mentre lei e le altre due ex Corvonero prendevano il thè nel salotto dell’Auror. 

Aurora, dopo qualche istante di silenzio, aggrottò leggermente la fronte e parlò con tono dubbioso:

“In effetti John non è mai così schivo e riservato… non penserete che abbia chiesto a Sean di accompagnarlo per…”
“… No.”
“Dici?”
“Forse…”
“PORCO MERLINO È ANDATO A PRENDERE L’ANELLO!”

“Aurora, alza un po’ la voce, la vecchietta sorda che abita infondo alla strada non ti ha sentita.”


*


“Peccato che Silvy non sia venuta, ma ha detto di dover fare una cosa importante con Sean e John… tu ne sai nulla?”

Julie si rivolse a Rose mentre camminavano a braccetto per Diagon Allen, impegnate e fare acquisti. La bionda però scosse il capo, asserendo di non saperne nulla e affrettandosi a cambiare argomento. 

La Corvonero non fu molto convinta delle parole dell’amica, ma decise di lasciar perdere e di non indagare: conoscendo John, Sean, Silvy e ciò che potevano combinare insieme forse era meglio non sapere.


*


“Julie, ti assicuro che è molto più scomodo di quanto non sembri, perciò… Mi puoi dare una risposta?”

John abbozzò un sorriso speranzoso mentre se me stava in ginocchio davanti ad una Julie ancora senza fiato e forse sotto shock, che guardava l’anello con gli occhi sgranati e la bocca semi-aperta.

“Oh, certo, scusa, è che non me l’aspettavo… Sì John, certo che ti sposo.”
Il volto della ragazza s’illuminò e si distese in un largo sorriso mentre John, sentendosi improvvisamente molto più leggero rispetto a pochi minuti prima, si alzò e le mise l’anello al dito prima di abbracciarla e baciarla, prendendole il viso tra le mani:

“Meno male, ero un po’ nervoso…”
“Ah sì? Da quando John Carrington teme un rifiuto da parte di una ragazza?”
“Ma tu non sei una ragazza qualunque, sei la mia Julie. Non vedo l’ora di sposarti, Juls.”

John sorrise prima di abbracciarla di nuovo e Julie, annuendo, mormorò che valeva anche per lei mentre sorrideva, gli occhi azzurri luccicanti. Non ci poteva credere, l’indomani sua madre avrebbe avuto un infarto , probabilmente.

“Aspetta un po’, è questo che siete andati a fare? Quindi tutti lo sapevano già?”
“Diciamo di sì.”
“Peccato, mi sarebbe piaciuto vedere il volto di Silvy trasfigurato dalla sorpresa…”

“Credo che per lei non dire nulla sia stato molto difficile, sarà sollevata quando saprà che te l’ho chiesto.”

John sorrise e Julie annuì, pensando però, all’improvviso, anche a suo padre.




“La mia bambina si sposa…”
“Axel tesoro non fare così, Julie è grande ormai!”
“Sì, ma John è un bravo ragazzo e si amano tanto, devi essere felice per loro.”

Axel annuì, scuro in volto mentre sedeva tra Elena e Stephanie, che lo stavano consolando meglio che potevano.

“Certo, non nascondo che anche per me sarà un duro colpo quando Rose si sposerà, per non parlare di Regan, ma il fatto che crescano va accettato.”
“Immagino di sì… Domani guarderò le sue foto di quando era piccola, era così carina…”

Elena abbracciò l’amico e Stephanie fece altrettanto me tre la moglie, invece, gironzolava più che allegramente per casa insieme ad Emily, che cantilenava di non veder l’ora di andare al matrimonio della sorella.
Nemmeno Conrad, però, sembrava particolarmente contento e se ne stava in un angolo immusonito con il padre.

“Quindi Julie andrà via? Ma non va in America, vero?”
“IN AMERICA?!”
“Noooo Axel, no, Conrad scherzava, sono sicura che lei è John, resteranno qui, non preoccuparti.” 

“MAMMAAAA, ORA CHE JULIE LASCERÀ LIBERA LA SUA CAMERA POSSO PRENDERLA IO?!”
“LA VOGLIO IO ED!”
“NO, IO, SONO STANCO DI STSRE CON VOI DUE!”

“Col cavolo, in veste di ultima figlia femmina rimasta la prenderò io, anche se adoro Conrad sono stanca di dover condividere lo spazio con un maschio!”

“MAMMAAAA!”

“Merlino, e ora chi mi aiuterà a gestire gli altri cinque… state buoni, la stanza l’avrà Emily, discorso chiuso.”


*


Julie alzò gli occhi al cielo mentre si sistemava il velo e Rose e Silvy discutevano su chi di loro dovesse percorrere la navata per prima: sembrava che quel giorno tutto fossero più nervosi ed agitati di lei, le sue amiche e la sua famiglia compresi. 

“Ragazza, non cambia nulla, basta che decidiate in fretta… anzi, no, deciderò io: prima va Rose. Papà, tu sei pronto?”

“Non ne sono sicuro, ma non ho molta scelta… Per lo meno John mi piace.”
“Come scusa?”
“Niente. Sono solo felice che tu lo sia, tesoro.” Axel sorrise alla figlia, dandole un bacio sulla guancia prima di prenderla delicatamente sottobraccio. Julie lo imitò, annuendo mentre Silvy le passava il suo bouquet:

“Lo sono moltissimo papà. Ti voglio bene.”
“Anche io principessa. John è molto fortunato, farà bene a ricordarselo.”


*


“So che è stato difficile trovare una sera che andasse bene per tutti, ma abbiamo voluto riunire la famiglia perché abbiamo un’annuncio da fare e volevamo che foste tutti presenti.”

John si voltò verso la moglie e, rivolgendole un cenno, le passò la parola. Julie, senza smettere di sorridere e di stringere la mano del ragazzo, parlò un istante dopo con gli occhi chiari luccicanti e quelli di fratelli, genitori, cognata e suoceri puntati addosso:

“Sono incinta!”
“CHE MERAVIGLIA SARÒ NONNA!”

Aurora si alzò e corse ad abbracciare figlio e nuora mentre Edith ed Emily sorridevano deliziate e Axel, dopo aver sbattuto le palpebre un paio di volte, realizzava cosa aveva appena sentito e sorrideva prima di alzarsi per fare a sua volta gli auguri alla coppia.

“Speriamo sia un maschio.”
“Già, potremo divertirci un sacco!”  

George ed Edward sfoggiarono due sorrisetti pericolosamente identici mentre Elliot, accanto a loro, sospirava esasperato e Conrad realizzava che entro qualche mese non sarebbe più stato l’adorabile piccolo di casa. E nemmeno il pupillo di sua sorella.

Sua madre parve intuire a cosa stesse pensando perché sorrise al figlio minore, mettendogli un braccio intorno alle spalle:

“Non preoccuparti Conrad, sarai sempre il preferito di Juls, nonché il nostro piccolino.”
“Piano con le parole mamma, non sono più un bambino.”
“Lo so… non mi fa particolarmente piacere, ma lo so.”


*


“John, fai attenzione a Wally!”
“Tesoro, rilassati, è un innocuo bambino che nemmeno cammina, che danni potrà fare?!”

“Tienilo d’occhio comunque, può farsi male da qualche parte!”

John sospirò ma, non osando ribattere, gettò un’occhiata al figlio, che stava gattonando sul pavimento del suo studio fino a poco prima. Il bimbo ora aveva catalizzato tutta la sua attenzione su una ciabatta, studiando con attenzione l’oggetto mentre il padre lavorava alla sua scrivania.

“Piccoletto, pensi anche tu che la mamma si preoccupi troppo? Ti confesso che lo ero anche io, ma mi sembra di starmela cavando abbastanza bene, no?”

John si alzò per prendere il bambino in braccio, sfiorandogli la piccola testa con delicatezza mentre Walter lo guardava con gli occhi azzurri pieni di curiosità.

“Chi tace acconsente, quindi lo prenderò come un sì. Ah, ovviamente quando sarai più grande cercherò di educarti alla mia musica, il fatto che il jazz ti faccia dormire è un chiaro segno, devi aver preso da tuo padre.”
“O magari si annoia…”

“No, ha il gene di suo padre, amerà la musica Babbana Julie!”


La ragazza, dall’altra stanza, alzò gli occhi al cielo e anche se non disse nulla dal canto suo sperò che il marito si sbagliasse.


*


John iniziò a lavorare come diplomatico e a viaggiare sempre più spesso tra Inghilterra e America, ma Julie preferì non seguirlo con Walter mentre il bambino era ancora molto piccolo.

Il mago soffriva non poco la lontananza da figlio e moglie, tanto da non veder l’ora, quando mancava poco al suo rientro, di abbracciare la sua amata famiglia.


“È una fortuna che io lavori per lo più a casa con le traduzioni, altrimenti sarebbe un problema con Wally, vero piccolo?”
Julie accarezzò i capelli castani del figlio mentre lo imboccava e John, seduto di fronte a lei, la guardava sorridendo:

“Per qualche mese non devo andare da nessuna parte, potrò restare qui con voi per un po’… Mi mancate.”
“Anche tu mi manchi John, ma non voglio sballottare Wally come un pacco postale quando è ancora piccolo. Quando sarà più grande verremo con te però, ovviamente.”
“Non vedo l’ora, anche perché ho la sensazione di perdere molte cose stando spesso fuori casa… Sei contento che papà sia a casa, ometto?”

John sorrise al figlio e gli diede un leggero pizzico sulla guancia, guadagnandosi un sorriso da parte del bambino, che annuì e gli chiese, con la sua parlantina ancora stentata, di giocare con lui più tardi.


“Certo, non vedevo l’ora.”


*


“Non dimenticherò mai la disperazione che ho provato quando mi dissero che mi erano arrivati tre fratelli maschi in un colpo solo quando io volevo una sorellina… prego affinché questa volta sia femmina.”

Julie parlò con un sospiro mentre si sfiorava il pancione e John, seduto accanto a lei, sorrideva divertito mentre osservava sua madre e Axel coccolare Walter.

“Anche mia madre e mia sorella ci sperano. E dobbiamo cominciare a pensare a qualche nome, non credi?”
“Sì tesoro, ma con calma, l’altra volta accordarsi per Walter è stata una vera impresa…”
“Solo perché tu bocciavi le mie proposte!”

“Scusa se non volevo chiamare mio figlio Frank come Frank Sinatra!”


*


John sorrideva – a detta della moglie come un babbeo – alla bambina che giaceva nella culla che stava facendo dondolare delicatamente, guardandola cercare di afferrare un sonaglietto.

“Non è un amore? Sei proprio un tesoro, Aretha, papà ti ama già tantissimo.”
“Non posso credere di aver accettato di chiamare mia figlia Aretha… Se avremmo altri figli scordati nomi di cantanti, John! O almeno nomi normali, di grazia…”

“Aretha è un bellissimo nome, Juls! Non ascoltare la mamma piccola, è solo invidiosa.”


*


Walter, Image and video hosting by TinyPicAretha Image and video hosting by TinyPice April Carrington Image and video hosting by TinyPic


“Ragazzi, sono arrivati i nonni!”
“Arrivo!”

Walter aveva appena fatto in tempo a scendere le scale, fermandosi al pian terreno con Aretha al seguito, quando i nonni paterni entrarono in casa, riservando loro due larghi sorrisi:

“Tesori!”
“Ciao nonna!”

Aretha sorrise e corse ad abbracciare Aurora e Lewis mentre Julie arrivava dalla cucina tenendo April in braccio e John chiudeva la porta alle spalle dei genitori. 

“Mi siete mancati tantissimo, un mese e mezzo che non vi vedo e mi sembrate già cresciuti… Oh, ciao Juls… e la piccola April, che amore! Posso tenerla?”
“Certo. Vai dalla nonna, tesoro.”

Julie lasciò la figlia minore tra le braccia della nonna, che sorrise con fare adorante alla bimba e ignorò bellamente il marito quando Lewis protestò in quanto era solita sequestrare la bambina ogni volta in cui la vedevano.

Aurora andò invece a sedersi sul divano e John, sorridendo divertito, si rivolse alla moglie mentre Aretha prendeva il nonno per mano, asserendo di dovergli far vedere alcuni suoi disegni, per portarlo in camera sua.

“A proposito, per Walt avevamo scelto Sean e per Aretha Edith, per April a chi potremmo chiedere di farle da madrina o padrino?”

“Pensavo a Silvy. Che ne dici? Adora la bambina.”
“Per me va bene, spero solo che non influenzi troppo la piccola, non voglio un’altra mini Silvy! E non sto scherzando, mia madre e sua madre dicono che zia Charlotte l’ha influenzata tantissimo, non si può mai sapere. Giusto mamma?”

“Chi è la bimba più bella del mondo?! Tesoro, hai detto qualcosa?”
“Niente, lascia stare…”

John alzò gli occhi al cielo, decidendo di lasciar perdere mentre Julie, sorridendo, faceva un cenno al figlio e chiedeva a Walter di andare ad aiutarla ad apparecchiare la tavola.

“Devo proprio, mamma?”
“Sì, signorino, vedi di non diventare pigro come tuo padre, a proposito di influenze negative…”
“Io non sono pigro, sono diversamente volenteroso nelle faccende domestiche, tesoro.”


Julie roteò gli occhi, asserendo che era meglio lasciar perdere prima di sparire in cucina insieme al primogenito. Aurora, invece, sorrise tra sè dal divano mentre accarezzava il visino della piccola nipotina nata pochi mesi prima, pensando che non avrebbe potuto chiedere famiglia migliore per il suo adorato John.








…………………………………………………………………
Angolo Autrice: 

Sto sinceramente morendo di sonno, quindi dico solo Buon Anno a tutti… ora il cuscino chiama, scusate. 
Buonanotte, 
Signorina Granger 

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Capitolo 3
*** Tim & Elvira ***


Tim & Elvira  
 
Elvira NordströmImage and video hosting by TinyPic & Timothy RussellImage and video hosting by TinyPic


Si erano diplomati da circa due settimane quando Elvira e Timothy si rividero: la ragazza, durante i mesi passati insieme a Durmstrang, aveva più volte espresso il suo desiderio di vedere Londra, così Tim le aveva chiesto di vedersi proprio nella capitale britannica. 

Il ragazzo l’aspettava vicino al monumento di Trafalgar Square, vicino a dove la Passaporta avrebbe portato Elvira. Lanciò un’occhiata impaziente all’orologio, non vedendo l’ora di abbracciare la ragazza ma temendo anche che potesse perdersi. 

Fu quindi un enorme sollievo sentirsi chiamare dalla familiare e vivace voce di Elvira, che il ragazzo vide corrergli incontro con un enorme sorriso sulle labbra e i capelli biondi che le ondeggiavano sulle spalle ad ogni passo. 

“Tim!”
“Ciao Elvy… Cominciavo a temere che avessi perso la Passaporta.”

Timothy sorrise e si alzò dai gradini per raggiungere la ragazza e abbracciarla quando Elvira gli gettò le braccia al collo con slancio:

“Perché hanno tutti così scarsa fiducia in me? Mi sei mancato, Tim.”
“Anche tu. Allora, pronta a vedere Londra?”
“Ma certo, non so se sono più felice di vedere te o la città. Da cosa cominciamo?”
“Direi dalla National Gallery, è qui davanti. Abbiamo parecchie cose da dirci, non ci vediamo da più di un mese.”

“Ma certo, devo raccontarti un mucchio di cose… anche di quale progetto che avrei.”
“Ah sì?”

Elvira annuì, sorridendo mentre lo prendeva sottobraccio per dirigersi, insieme a lui, verso i gradini del museo.

“Proprio così. La mia famiglia non è particolarmente entusiasta, ma sono curiosa di sentire la tua opinione.”


*


“Ragazze, non date il tormento ad Elvira!”

Jade si sporse in salotto per ammonire le figlie di lasciar stare la norvegese, che da quando aveva messo piede in casa Russell era caduta tra le mani delle gemelle, ma anche di Marie, Imogen e Millie Maguire, tutte curiose ed impazienti di conoscere la famosa fidanzata straniera di Timothy.

“E hai un elfo domestico tutto tuo?”
“Già, si chiama Rolf.”
“Wow! Un giorno possiamo vederlo?”


“Mamma, ma perché ci sono anche i Maguire? Li adoro e sono felice di avere David qui, ma non voglio far sentire soffocare Elvira!”
“Iphigenia è accorsa non appena ha sentito, pare che lei e lo zio Andrew avessero scommesso su come fosse fisicamente, o cose simili. Comunque, mi sembra che se la stai cavando bene.”

“Beh, è abituata a stare in mezzo alle persone. Ma tu? Che ne pensi?”

Jade sorrise al figlio, asserendo che a primo impatto non si poteva non trovarla adorabile mentre Iphigenia entrava in cucina e, dirigendosi verso il marito – che stava cucinando – rubò un po’ di salsa prima di sorridere al ragazzo:

“Amore, manca sale.”
“Ma non è vero!”
“Sì invece, fidati. Tim, Elvira mi piace moltissimo!”
“Lo immaginavo… Ma zio, non dovresti cucinare tu! Mamma? Lo zio è un ospite!”

“Ma quale ospite, lo conosco da troppo tempo perché possa definirsi tale, se vuole rendersi utile che faccia pure. Ti voglio bene Andrew!”
“Sì Jade, anche io… prima o poi mi faranno Santo…”

“Come scusa?”
“Niente amore, chiedevo se puoi passarmi il sale.”


*


Timothy quasi non sentiva la voce di Elvira, che lo stava presentando alla sua famiglia. No, la sua attenzione era tutta per i tre fratelli della ragazza, che a differenza della padrona di casa – la nonna, che sembrava sinceramente contenta di conoscerlo – lo stavano squadrando con aria a dir poco inquisitoria.

“Magnus, Nikolai, Ruben, non fate i maleducati…Non parlano molto, ma erano molto curiosi di conoscerti.”

“Sì, molto curiosi.”  Magnus, il maggiore, allungò una mano senza distogliere il suo sguardo ceruleo dal ragazzo che aveva di fronte, tanto che Timothy non dubitò della veridicità delle sue parole nemmeno per un istante: sicuramente stavano già cercando di capire se fosse un ragazzo affidabile o meno.

“Anche io, Elvira parla sempre della sua famiglia, in particolare dei suoi tre fratelli maggiori. È bello conoscervi, finalmente.”

Timothy sorrise amabilmente mentre stringeva la mano del norvegese, ringraziando mentalmente la sua innata capacità di conquistare le persone: come diceva sempre sua madre, il suo sorriso faceva miracoli.


*


“Dici che così va bene?”
“Forse un po’ più a sinistra…”

“Dove posso mettere questo scatolone?”

Katja si affacciò al grande open-space dell’attico per rivolgersi ad Elvira, che stava studiando la posizione ottimale del divano insieme a Natalia.

“Sul tavolo, grazie Kat. Così?”
Elvira spostò leggermente il divano color tortora e Natalia, inclinando appena la testa, annuì con aria assorta:

“Meglio.”
“Sono felice che siate venute ad aiutarmi ragazze, i miei fratelli si erano offerti ma con loro non sarebbe stato lo stesso… Inoltre, così possiamo passare un po’ di tempo insieme.”

Elvira sorrise allegra mentre Katja svuotava lo scatolone, tirando fuori fotografie e libri.

“Figurati, dovere. E poi ci hai promesso un giro per Zurigo, non dimenticarlo.”
“Non potrei mai. Rolf, puoi aiutare Kat a sistemare le foto, per favore?”

L’elfo, che i nonni della ragazza avevano insistito affinché la seguisse in Svizzera durante la sua specializzazione in Pozioni, smise di sistemare il tappeto e annuì, trotterellando verso la rumena un attimo dopo.

“Sono un po’ sorpresa che ti abbiano lasciato venire a studiare qui, sai?”
“Non credere che non sia stata dura, ho dovuto acconsentire a molte condizioni: la presenza di Rolf, un enorme appartamento in centro e una visita alla settimana. Credo che temano che possa dare fuoco all’attico…”
“Beh, per fortuna c’è Rolf, e le visite settimanali di tanto in tanto includeranno anche me e Kat, non dubitarne. Vieni, andiamo a sistemare la cucina.”

Natalia sorrise e sistemo un braccio sulle spalle dell’amica, conducendola verso la cucina mentre Katja, indicando la foto che di erano fatte scattare il giorno del Diploma, asseriva allegra che quella meritasse un posto in primo piano nel nuovo appartamento di Elvira.


*


Timothy e David stavano studiando ognuno per conto proprio, tanto che il loro appartamento era avvolto da un completo silenzio. 
Per i due condividere lo spazio non era certo un problema, dopo sette anni trascorsi a dividere una sola stanza un intero appartamento sembrava uno spazio enorme. 

Per la gioia delle gemelle, che ora potevano finalmente contare una stanza a testa, Tim e David si erano trasferiti a Londra un paio di mesi dopo il Diploma, ma i due amici non avevano fatto i conti con un paio di variabili dal peso considerevole: quando sentirono bussare alla porta con insistenza entrambi sollevarono lo sguardo, confusi. 
Timothy fece capolino sulla soglia della stanza dell’ex Grifondoro poco dopo, la fronte aggrottata:

“Aspettiamo qualcuno?”
“Non che io sappia.”

David si alzò, lasciando il libro sul letto per dirigersi verso l’ingresso insieme all’amico. Quando Tim aprì la porta entrambi sgranarono gli occhi, sbalorditi:

“Mamma?!”
“Mamma?!”

“Che ci fate qui?!”
“Veniamo a controllare come ve la cavate, mi sembra ovvio. Santa Marie Curie, ma cos’è quella roba?!”

Iphigenia indicò sgomenta un mucchio di vestiti sporchi mentre Jade, alzando gli occhi al cielo, porgeva all’amica un paio di guanti di l’attrice:

“Come sospettavo, qui c’è bisogno di noi… David, pensavo che vivere con tre sorelle ti avesse insegnato qualcosa!”
“Mamma, ma perché i guanti?!”
“Meglio prevenire che curare, Dave. Jade, tu vai in cucina, io non ho il coraggio.”

Timothy e Dave si scambiarono due occhiate esasperate, ma nessuno dei due ebbe il coraggio di muovere un muscolo o di impedire alle madri di rimettere tutto in ordine, lasciando che le due ex Tassorosso facessero – come sempre – di testa loro.


*


“So che è difficile vedersi, ma adoro passare il tempo con te. E poi ho quasi finito la specializzazione, quindi presto avremo sicuramente più tempo per stare insieme.”

Elvira sorrise mentre stringeva sopra al tavolo la mano del fidanzato, che annuì con un sorriso tirato: all’inizio era stato difficile, ma con il tempo erano riusciti ad abituarsi ed organizzarsi ai nuovi stili di vita di entrambi. Certo con lui a Londra e lei a Zurigo vedersi non era facile, ma Timothy non aveva mai discusso con Elvira sulla sua decisione di studiare in Svizzera considerate le scarsissime possibilità di farlo che avrebbe avuto in Norvegia, dove la maggioranza delle streghe di buona famiglia non continuava gli studi dopo il Diploma.

“Non vedo l’ora, ma sono comunque felice di saperti fiera di quello che fai, Elvy. E anche io sono fiero di te, ovviamente.”
“Grazie. Sono felice di averlo fatto, sai? Ho dimostrato a tutti che ne ero in grado, che potevo cavarmela in un posto nuovo, da sola. Certo ho avuto l’aiuto economico dei miei nonni, ma hanno insistito tanto… un po’ mi pesa dover sempre dipendere da qualcuno, mi sento quasi in colpa.”

“Elvy, i tuoi nonni ti adorano e vogliono solo il meglio per la loro deliziosa nipote. Lo stesso vale per i tuoi fratelli… e per me, certo. Sarai una grande pozionista, ne sono sicuro.”

Timothy le sorrise con affetto ed Elvira ricambiò prima di sporgersi e abbracciarlo, mormorando che era un tesoro e che era stata terribilmente fortunata ad incontrarlo, cinque anni prima.


*


“C’è qualcosa che vuoi dirmi?”
“Come fai a saperlo?!”
“Ti conosco da quando portavamo il pannolino, Tim… andiamo, cosa c’è?”

Dave inarcò un sopracciglio e rivolse un’occhiata interrogativa all’amico senza smettere di accarezzare Mist, che se ne stava accoccolato sulle sue ginocchia come sempre. 
L’ex Tassorosso esitò ma poi, schiarendosi la voce, parlò guardandosi le mani:

“Stavo pensando di chiedere ad Elvira di sposarmi.”
“Sì, lo sapevo.”
“Come sarebbe “lo sapevo”?!”
“Te l’ho appena detto, ti conosco da tutta la vita! Beh, era ora, comunque, state insieme da sei anni.”


*


“Non mi divertivo così tanto da settimane!”
“Sì, lo vedo…” 

Iphigenia sorrise allegra mentre il marito, seduto accanto a lei tenendo le gambe accavallate, la guardava con aria eloquente. David, seduto vicino alla madre dall’altro lato, assisteva esanime allo scenario che aveva di fronte: Timothy aveva insistito affinché fossero presenti anche loro, forse per mitigare la situazione. 

Di certo però frenare l’entusiasmo di Jade, delle gemelle o della nonna di Elvira sarebbe stato difficile, tanto che il nonno, i fratelli della ragazza e il padre di Tim avevano deciso di lasciar fare a loro, restando in un angolo ad assistere con aria mite.

“Nonna, non la voglio la scultura di ghiaccio, ti prego, semplicità…”
“Ma ci si sposa una volta sola! Oh, senza offesa Jade, so che Thomas si è sposato due volte… beh, insomma, di solito ci si sposa una volta sola e di sicuro è ciò che auguro a te e a Tim. Ragazze, vi piacciono questi vestiti? Sarete bellissime, ma forse ci vuole qualche altro brillante sul corpetto?”

Megan e Carol asserirono allegre che quelli erano perfetti mentre Elvira, invece, sospirava e si rivolgeva seria al fidanzato. Il tutto mentre Iphigenia ridacchiava divertita.

“Tim, non hai detto che in America c’è un posto dove le copie disperate scappano per sposarsi senza il caos dell’organizzazione o l’intralcio dei parenti?”
“Sì, Las Vegas.”
“Bene, andiamoci subito. Al massimo possono venire David, i suoi genitori, tuo padre, il nonno e i fratelli orsi.”


*


“Sono furiosa con te per la storia della dote, sai? Non ne volevo sapere, per non parlare della cifra vergognosa, che orrore…”

Elvira sbuffò mente si lisciava la gonna del vestito, suo nonno, invece, non battè ciglio mentre le porgeva il braccio, impassibile:

“Tesoro, ne abbiamo parlato tante volte… Ti siamo venuti incontro in molte cose, ma su questo non transigo. L’importante, comunque, è che tu e Timothy siate felici e sono sicura che sarà così.”
“Lo spero. Come sto?”

“Sei bellissima tesoro… Mi piacerebbe che i tuoi genitori potessero vederti, o che ti avessero potuta conoscere: da bambina eri adorabile, ma crescendo sei diventata la splendida ragazza che vedo adesso.”
“Dici che gli sarei piaciuta?”
“Certo, come a tutti.”  Il nonno le diede un bacio sulla fronte ed Elvira sorrise appena, leggermente rincuorata mentre, a poca distanza, Natalia, Katja e le gemelle chiacchieravano e fremevano emozionate.

“D’accordo, direi che possiamo cominciare… Nonno, tienimi, non posso cadere proprio oggi, sarebbe troppo persino per me. Ragazze, siete pronte?”
“Prontissime, non vedevo l’ora! Ti voglio bene Elvy.”

Katja sorrise allegra e corse dall’amica per abbracciarla, imitata un attimo dopo da Natalia, che sorrise alla bionda prima di parlare sistemandole una ciocca di capelli biondi:

“Sono davvero felice per te, sai? Siete già una coppia stupenda e continuerete ad esserlo.”
“Grazie Lia. Ah, posso fare da madrina per la piccola Dorothy?”

“Possiamo parlarne dopo la cerimonia, ora ti devi sposare!”
“Va bene, scusa, volevo solo prenotarmi prima di Kat!”


*



“Non riesco a credere che questa sia davvero casa nostra, davvero, non è.. assurdo?”
Elvira sorrise allegra mentre, con l’aiuto della magia, sistemava le sue cose insieme a Timothy nel loro nuovo salotto. Timothy che annuì, abbracciandola da dietro per darle un bacio sul collo e appoggiare la testa sulla sua spalla:

“È un po’ strano forse, ma dopo anni di lontananza è bellissimo. E grazie per aver accettato di vivere in Inghilterra, davvero Elvy.”
“Figurati, infondo è meglio così, del resto io so l’inglese, ma tu non parli il norvegese. La mia famiglia sperava rimanessimo in Scandinavia, ma non l’hanno presa male, e ho promesso molte visite, naturalmente.”
“Naturalmente.”

Timothy sorrise, annuendo mentre la ragazza si girava per abbracciarlo a sua volta, accarezzandogli i capelli con due dita prima che il ragazzo, dopo un attimo di esitazione, parlasse:

“A proposito, credo che non mi dispiacerebbe iniziare a capire qualcosa di norvegese, direi che sarebbe ora. No?”
“Sarò felice di farti da mentore, ma ti avviso, non è una lingua semplice.”

“Lo so cara, quando sento parlare te e la tua famiglia mi sembra di ascoltare la radio con tanto di interferenze.”


*


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“Sbaglio o sono l’unico che sta mettendo in ordine? Signorini, andate a riordinare la vostra camera, zia Lia e zio Dom saranno qui tra poco.”

Timothy, intercettati i due figli maschi in corridoio, mise le mani sulle spalle dei gemelli e li indirizzò verso la stanza giusta, ignorando le loro proteste sommesse.
Il mago scese in salotto quando vide Elvira in salotto, seduta sul divano vicino a Laila mentre la piccola Molly giocava tranquilla nel suo box.

“Da quando il salotto è così in ordine… come avete fatto?”

“Laila, tuo padre non ha la minima fiducia in me, lo vedi? Pensa che non sia nemmeno in grado di pulire una stanza senza apportare ancora più confusione!”
“Lo penso per esperienza personale, tesoro. Laila, la mamma ha chiesto a Rolf di aiutarla, vero?”

Timothy inarcò un sopracciglio mentre si chinava per sollevare Molly, che parve piuttosto contenta di abbandonare il suo sonaglio per stare tra le braccia del padre, appoggiando la piccola testa sulla sua spalla mentre il mago le sfiorava la schiena con le dita.
La primogenita, invece, esitò e fece saettare lo sguardo dalla madre al padre, esitando forse un istante di troppo di scuotere il capo e negare. 

Elvira roteò gli occhi, ma sentendo il campanello ebbe la scusa per congedare il scritto, chiedendogli di andare ad aprire agli amici prima di rivolgersi alla figlia:

“Tesoro, dobbiamo allenare la tua capacità di storpiare la verità sulle mie capacità domestiche con tuo padre.”
“Scusa mamma, ma non riesco a mentire a papà! Forse dovremmo dirgli che abbiamo rovesciato un mucchio di fuliggine sul pavimento me tre cercavamo di pulire il camino?” 

La ragazzina esitò e la madre, impassibile, scosse il capo con aria terribilmente seria:

“Facciamo dopo, altrimenti Lia mi prenderà in giro per un’eternità… Natalia, ciao!”

Dopodiché la donna si alzò, raggiungendo l’amica allargando le braccia per stringerla mentre una Dorothy sorridente raggiungeva Laila per salutarla. 
A quel punto, vedendo l’amica, proprio come la madre Laila parve scordarsi della questione, limitandosi ad alzarsi per abbracciarla mentre la voce del padre giungeva alle orecchie di Elvira facendola raggelare:

“Ma sotto al tappeto cosa c’è, fuliggine?!”
Laila soffocò una risata mentre Natalia, intuendo la situazione, alzava gli occhi al cielo e Michael rideva sotto i baffi. Sebastian e Jonathan raggiunsero il pianterreno proprio in quel momento, salutando Dominik e Lucie con aria allegra mentre la padrona di casa, sgranando gli occhi, sfoggiava la sua espressione più sbalordita possibile:

“Tesoro, che dici, hai le allucinazioni? Forse hai bisogno di riposo…”





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