L'imprevisto del destino

di Be_Yourself
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Aidan ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Dolorosi ricordi ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: Galeotto fu quel tramonto ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Notte di segreti e sospiri ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: Più di quanto dovrei ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: Tormento e salvezza ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: Sarà la libertà, o sarà la morte ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

La delegazione di re Gregor Wolf si stava lentamente raccogliendo nel cortile del castello di Camelot, uno stuolo di cavalieri, ancelle e servitori che occupò gran parte dello spazio disponibile. Il re era in testa al corteo e, a poca distanza da lui, su due meravigliose puledre bianche, la regina Dana e la principessa Astrid.
Arthur era accanto a suo padre, in attesa di dare un adeguato benvenuto ai loro ospiti. In mano teneva una delicata rosa bianca che avrebbe dato alla sua promessa sposa come omaggio per il loro primo incontro.
Suo padre Uther e re Gregor avevano stabilito un'alleanza tra i loro regni, ma serviva qualcosa che la sancisse definitivamente, e in questi casi nulla era meglio di un matrimonio tra i loro figli primogeniti. Così Arthur e Astrid si erano ritrovati, poco più che bambini, ad essere promessi sposi senza nemmeno conoscersi. Tuttavia il principe confidava che, con una madre la cui bellezza ed eleganza erano elogiate in tutti i regni, la principessa non poteva che essere una graziosa fanciulla, pertanto fu piuttosto deluso quando la vide andare verso di lui con i capelli oscenamente in disordine, muovendosi goffamente nel suo lungo abito azzurro, finendo addirittura per inciampare nella propria gonna e rovinando a terra con la stessa eleganza di un sacco di patate caduto dal carro di un contadino.
Mentre la principessa si rialzava aiutata da alcuni servi, Arthur rimase a fissarla con aria inorridita e spaventata, riscuotendosi dal proprio turbamento soltanto quando suo padre gli diede una scrollata invitandolo a raggiungere la sua promessa sposa per darle un adeguato saluto. E lui lo fece, nascondendo il proprio disgusto dietro la gelida cortesia che, nonostante la giovane età, aveva imparato ad usare nelle situazioni scomode.
Quella sera venne organizzato un banchetto in onore dei loro ospiti, durante il quale Arthur osservò Astrid tentare di mangiare in maniera composta ed elegante, ma senza successo. Finì infatti per rovesciare un paio di volte l'acqua del proprio calice sull'elegante abito di seta verde e impiastricciarsi in maniera indecente le mani e la bocca di marmellata dopo aver addentato un tortino ai mirtilli. La principessa era poco più che una bambina, aveva soltanto dodici anni, appena un paio in meno di Arthur, tuttavia alla sua età molte fanciulle erano già in grado di assumere atteggiamenti da donne adulte se si trovavano in una situazione che richiedesse un certo codice comportamentale. Alla fine la vide abbandonare il suo tortino con uno sbuffo frustrato, tentando di ripulirsi dalla marmellata con un fazzoletto che sua madre le aveva porto, e per un attimo Arthur provò tenerezza per lei vedendola così a disagio in quella situazione. Astrid non dava nemmeno lontanamente l'impressione di essere una principessa con la sua goffaggine, e sembrava perfettamente cosciente di ciò.


<< Non essere sciocco Arthur, tu passerai del tempo con Astrid finché resterà a Camelot come nostra ospite, e sarai gentile con lei. >> stava dicendo Uther, parecchio indispettito dal rifiuto del figlio di accompagnare la principessa a fare un giro della città << Non vorrai mettere in pericolo l'alleanza con re Gregor solo perché non hai trovato sua figlia all'altezza delle tue aspettative? È ancora una bambina e non sarà tua moglie ancora per lungo tempo. Sta' certo che per il vostro matrimonio sarà sbocciata diventando un fiore bello quanto sua madre.. >>
Come al solito Arthur non ebbe modo di ribattere gli ordini di suo padre e si limitò a fare come gli era stato chiesto, passando la mattina in giro per la città con Astrid che minacciava di cadere ogni due passi, intralciata dal lungo abito che sembrava starle scomodo. Come sempre il principe si limitò a fare il suo dovere, mantenendo la solita maschera di gelida cortesia che in quei giorni sembrava esserglisi appiccicata addosso, mentre dentro di sé non sapeva se fosse più forte la voglia di urlare disperato o di prendere in giro la sua promessa sposa.
Quando quella tortura finì e la principessa si ritirò nelle proprie stanze lui poté finalmente concedersi di andare al campo di addestramento e allenarsi un po' da solo con la spada.
Era intendo a menare fendenti contro un manichino da diversi minuti quando avvertì qualcuno avvicinarsi alle sue spalle e si voltò per vedere chi fosse. Di tutte le persone che si sarebbe aspettato di vedere nel campo di allenamento, con in mano una spada, sicuramente Astrid era l'ultima della lista. In realtà non era affatto nella lista ora che ci pensava meglio.
Inizialmente non la riconobbe, in quei giorni l'aveva sempre vista indossare abiti da vera principessa, per questo gli fece uno strano effetto vederla abbigliata come un uomo, con calzoni, una camicia dal tessuto grezzo e stivali. I lunghi capelli biondo scuro erano legati dietro la nuca in modo che non le ricadessero davanti agli occhi, nella mano destra teneva una spada. Ma forse a spiazzare Arthur al punto tale da lasciarlo ammutolito furono la postura fiera e l'aria sicura che non aveva mai visto in una donna prima di allora, tanto meno in lei, che pareva sempre a disagio in ogni situazione. Ma in quel momento Astrid sembrava un'altra persona.
<< Sono qui per sfidarvi a duello! >> disse la principessa con voce sicura e autoritaria, tuttavia Arthur non riuscì a nascondere la sua aria perplessa.
<< Sfidarmi? Siete impazzita, principessa? >> dal modo in cui pronunciò quell'ultima parola si poteva facilmente indovinare la sua opinione riguardo quella situazione.
Ma Astrid non si scompose << So cosa pensate di me e che andate in giro deridendomi e lamentandovi della vostra futura sposa. Beh sappiate che nemmeno io sono così tanto felice di sposare uno spocchioso e arrogante asino. >> disse con tutto il disprezzo di cui era capace << Ma magari posso darvi una possibilità. Battetevi con me, dimostrate il vostro valore in combattimento e forse potrei davvero diventare vostra moglie. >>
Il principe alzò un sopracciglio e quella volta non riuscì a trattenere una breve risata << Io non vi devo dimostrare niente, voglio sposarvi tanto quanto lo volete voi, ma questo non conta nulla perché diventeremo ugualmente marito e moglie fra alcuni anni. >>
Il fendente che riuscì miracolosamente a deviare appena un attimo prima che colpisse la sua faccia era potente e lo colse completamente di sorpresa facendolo barcollare all'indietro. Di fronte a lui Astrid sorrideva soddisfatta, il corpo teso in attesa di sferrare il prossimo attacco. << E tu credi davvero che uno stupido accordo fatto dai nostri genitori mi costringerà a sposarti se non voglio farlo? >>
Arthur fu costretto a sbattere le palpebre più di una volta per riprendersi dallo shock sia del colpo di spada che gli era arrivato addosso così rapidamente e sia di quell'affermazione. << Rischieresti di far scoppiare una guerra tra i nostri regni solo per un tuo capriccio? >>
Astrid ghignò e sferrò un altro rapido fendente contro il principe, facendo cozzare le loro spade e intrappolandolo contro il manichino di legno e paglia. << Brucerei il mondo intero con le mie stesse mani se questo servisse ad evitarmi di restare incatenata ad una vita che non voglio. >> pronunciò quelle parole con una tale sicurezza e un tale impeto che Arthur si chiese se la ragazza che aveva di fronte e quella che aveva conosciuto negli ultimi giorni fossero la stessa persona.
Spinse con forza la propria spada contro quella della principessa riuscendo ad allontanarla e a riguadagnare un po' di spazio intorno a sé. Quando fece per colpirla Astrid scattò all'indietro con un'eleganza e un'agilità del tutto opposte alla goffaggine che sembrava essere una parte integrante del suo essere, dopodiché tornò alla carica con una finta di lato, per poi colpire in pieno l'avversario. Combatterono per un po', con Arthur che non riusciva a mandare a segno nemmeno un colpo per la rapidità con cui la sua promessa sposa si muoveva. Era del tutto spiazzato dall'agilità e dalla maestria della ragazza, la sua goffaggine sparita nel nulla, come se fosse nata per tenere una spada in pugno e l'assenza dell'arma fosse come la mancanza di un arto per lei.
Ad un tratto si ritrovò a terra, la schiena sul terreno ricoperto di bassa erba, la lama spuntata che premeva fredda e dura contro la gola e i suoi occhi azzurri fissi in quelli verdi e battaglieri della sua promessa sposa, che era un disastro come principessa ma abile quanto un cavaliere nel combattimento.
E in quel momento, contro ogni aspettativa, non poté fare a meno di pensare che Astrid era l'unica donna che avrebbe mai voluto al proprio fianco per il resto dei suoi giorni.
<< Sei abile a combattere, te lo concedo! >> disse la principessa porgendogli una mano e aiutandolo a rialzarsi << Magari domani invece del solito, noioso giro della città o delle campane circostanti potresti mostrarmi l'armeria, e poi potremmo allenarci insieme. >>
Arthur non riuscì a trattenere un sorriso al contempo compiaciuto e sorpreso, accettando molto volentieri quella proposta così insolita da parte di una ragazza.


<< Come hai imparato a combattere così? >> domandò Arthur alla sua promessa sposa mentre erano nell'armeria.
Lei afferrò una delle varie spade appese alla rastrelliera che aveva di fronte e la soppesò con attenzione << Esattamente come te: allenandomi tutti i giorni. >>
Il principe alzò le sopracciglia in un'espressione scettica << Dici sul serio? Una principessa che si allena come un cavaliere? >>
Quando Astrid si voltò verso di lui il suo sguardo era serio << Sì, è esattamente quello che faccio. Ti sembrerà strano ma mi trovo molto più a mio agio con una spada tra le mani piuttosto che agghindata con gioielli e merletti. >>
Arthur avrebbe voluto dirle che no, non gli sembrava strano avendo visto il disagio con cui si muoveva nel suo stesso corpo quando era abbigliata da principessa e cercava di comportarsi come tale, cosa che non accadeva quando indossava tunica e calzoni e aveva una spada tra le mani. Ma per delicatezza evitò di dirlo. << E tuo padre te lo permette tranquillamente? >> domandò invece.
La principessa sbuffò una risatina divertita << Credi che se anche volesse riuscirebbe ad impedirmelo? >>
Il ragazzo si ritrovò ad alzare gli occhi al cielo in un gesto esasperato << Ovviamente, avevo dimenticato con chi sto parlando! >> disse appena prima di afferrare la sua spada da allenamento e dirigersi fuori dall'armeria seguito dalla ragazza.


Due anni dopo


Arthur afferrò Astrid da dietro, stringendole un braccio intorno al collo, operazione che si rivelò molto più difficile del previsto considerato che la ragazza in quei due anni era cresciuta molto in altezza, quasi raggiungendolo. << Se vinco mi darai un bacio? >> sussurrò al suo orecchio, ansimando nello sforzo di tenerla intrappolata.
<< Prima devi vincere! >> rispose lei appena prima di infilare una gamba tra quelle del ragazzo facendogli perdere l'equilibrio. Entrambi caddero a terra e Astrid fu rapida a liberarsi dalla presa del ragazzo bloccandolo sul terreno umido del campo di allenamento, ma Arthur fu altrettanto rapido a ribaltare le posizioni, bloccandole le gambe con le proprie e i polsi ai lati della testa.
<< Ho vinto! >> disse con aria trionfante, certo che la principessa non sarebbe mai riuscita a toglierselo di dosso considerata la presenza della cotta di maglia ad aumentare ancora di più il suo peso, già normalmente maggiore di quello della ragazza. Ma quando fece per abbassarsi sulle labbra della sua promessa sposa questa gli tirò una ginocchiata non troppo forte tra le gambe, ma comunque sufficiente a fargli mollare la presa.
Rapidamente Astrid si alzò da terra asciugandosi il sudore dalla faccia con la manica della tunica e guardando il ragazzo ancora accasciato a terra che tentava, senza successo, di nascondere le smorfie di dolore. << Hai abbassato la guardia, Pendragon. In una vera battaglia un errore simile ti sarebbe potuto costare la vita. >> disse con aria di sufficienza.
Il principe si alzò a sua volta, il dolore alle parti basse quasi del tutto sparito. << Non ci credo che stai facendo una ramanzina a me su queste cose. Quando mai si è vista una ragazza che da consigli sulle battaglie al suo promesso sposo?! >>
<< Se il mio promesso sposo non fosse un tale babbeo forse non dovrei farlo! >>
Arthur alzò gli occhi al cielo, rassegnato, prima di avvicinarsi alla ragazza << Allora? Dov'è il mio bacio? >> disse sporgendosi verso di lei per prendersi il tanto agognato premio.
Astrid per tutta risposta afferrò la sua spada smussata dal tavolo pieno d'armi lì vicino e fece pressione contro il petto del principe, allontanandolo. << Non hai vinto un bel niente quindi non ti spetta nessun bacio! >>
Il ragazzo alzò nuovamente gli occhi al cielo << Immagino che non sarai affatto una docile mogliettina, non è vero? >>
Astrid lo osservò alzando un sopracciglio << Se vuoi una donna docile e remissiva che faccia tutto ciò che comandi paga una puttana, non prendere una moglie. >> disse cercando di mascherare con l'ironia il fastidio che quelle parole le avevano suscitato, per poi allontanarsi da Arthur.
Ma il principe non era stupido, e cosa ancora più importante aveva imparato a conoscere la sua promessa sposa. Sebbene non si fossero visti per due anni si erano scambiati di tanto in tanto delle lettere, che avevano contribuito a farli conoscere meglio e a consolidare il loro affetto reciproco, sbocciato quel primo giorno nel campo di addestramento di Camelot.
<< Astrid, stavo solo scherzando. Non voglio una donna che faccia tutto ciò che comando. Sai che noia poi? >> disse sorridendole raggiante, guadagnandosi una scappellotto affettuoso dietro la nuca, segno che lei non fosse arrabbiata. << Ora me lo dai quel bacio? >> insistette ancora, quasi buttandosi addosso alla principessa, ma lei si scostò immediatamente facendogli perdere l'equilibrio a causa della rapidità del gesto. Nell'istintivo tentativo di reggersi a qualcosa per non cadere Arthur finì con l'afferrare la tunica di Astrid, trascinando anche lei nella caduta, che per istinto si aggrappò alla rastrelliera per armi lì vicino che rovinò anch'essa a terra sopra ad entrambi.
Poco dopo erano, inevitabilmente, negli appartamenti di Gaius, con diverse contusioni e ferite per fortuna non troppo gravi. << Esattamente com'è che vi siete ridotti in questo stato? >> domandò il medico passando una bruciante mistura di erbe sulla spalla destra di Astrid, ferita da una mazza da combattimento.
<< Chiedetelo a quella regale testa d'asino! >> ribatté la principessa cercando di trattenere un gemito di dolore al passaggio della mistura sulla pelle lesa.
<< È stato soltanto un incidente! >> ribatté Arthur mestamente, mentre si passava un panno umido sui leggeri graffi che gli riempivano il dorso delle mani.
Continuando a passare il rimedio contro le infezioni sulla spalla della ragazza Gaius notò uno strano segno di colore rossastro sulla pelle nivea tra la scapola e il seno. Non sembrava una ferita ed aveva la forma di una testa di lupo. << Cos'è questo? >> domandò osservando più attentamente quello strano segno.
<< Oh non è nulla, ce l'ho dalla nascita. Il mio medico di corte l'ha già vista, è soltanto una voglia dalla forma un po' insolita! >> rispose lei tranquillamente << La primogenita della casata Wolf con una voglia a forma di testa di lupo. La natura ha un bel senso dell'umorismo. >> disse facendo una breve risatina, che il medico ricambiò con un sorriso pacato.
Pochi giorni più tardi per Astrid e Arthur arrivò nuovamente il momento di separarsi, ma con la promessa che avrebbero continuato a scriversi per quanto fosse stato possibile. Nel cortile del castello, al momento dei saluti, la principessa si sporse verso Arthur, stampandogli un rapido bacio sulla guancia, sotto lo sguardo compiaciuto di Gregor e Uther, lieti che i loro figli avessero legato già prima del matrimonio.
<< Questo è per la tenacia con cui hai cercato di rubarmi a tutti i costi un bacio! >> sussurrò all'orecchio del principe, per poi mollargli un leggero pugno sulla spalla << E questo è perché sei stato così idiota da rischiare di farci fracassare le ossa da una rastrelliera per armi >> aggiunse appena prima di salire in sella al suo cavallo.
Mentre la guardava allontanarsi Arthur pensò a quanto fosse diventata bella in soli due anni, e a come sarebbe stata una volta che il fiore della sua bellezza fosse sbocciato del tutto. Da tempo ormai la repulsione iniziale che aveva provato per quella ragazza si era trasformata nell'esatto opposto, diventando affetto, rispetto, ammirazione e – avrebbe osato dire – perfino amore. La immaginò nel giorno del loro matrimonio che attraversava la sala del trono fino al punto in cui lui l'attendeva e insieme pronunciavano quei voti che li avrebbero uniti per sempre.
Si ritrovò ad arrossire, a disagio per quei pensieri inaspettati e più adatti ad una fanciulla che ad un principe, e si domandò se anche Astrid, nel suo insolito modo di essere, si ritrovava a fantasticare sul giorno in cui sarebbero diventati una cosa sola. Lei era sicuramente molto forte e indipendente per essere una donna, e aveva un carattere battagliero come pochissime persone – uomini e donne che fossero – ma per Arthur non era difficile notare la dolcezza e l'affetto in fondo a quei meravigliosi occhi verde scuro tempestati da riflessi dorati, che davano l'impressione che le stelle stessero brillando in una fitta foresta anziché nel cielo notturno.
Appena prima di sparire alla vista del principe Astrid si voltò e gli sorrise raggiante e piena d'affetto.
E quel sorriso sarebbe stata l'ultima cosa che Arthur avrebbe visto di lei.


Tre anni dopo


Arthur era nel campo d'allenamento, intento a mettere alla prova gli aspiranti cavalieri. Negli ultimi anni era diventato molto abile nel combattimento, tant'è che pochi riuscivano a batterlo e per questo Uther aveva affidato a lui il compito di selezionare coloro che sarebbero diventati cavalieri di Camelot. Mentre metteva al tappeto l'ennesimo aspirante cavaliere si ritrovò a domandarsi se sarebbe stato in grado di battere anche Astrid. Non c'era mai riuscito in precedenza, a quattordici anni quella ragazza già combatteva molto meglio di tanti nobili che si presentavano da lui con la richiesta di diventare cavalieri, chissà se in quei tre anni aveva migliorato le proprie abilità come aveva fatto lui. Probabilmente sì, nell'ultima lettera che aveva ricevuto mesi prima gli aveva scritto che continuava ad allenarsi ogni giorno e non vedeva l'ora di sfidarlo di nuovo per capire se meritasse il tanto agognato bacio che gli aveva chiesto durante il loro ultimo incontro.
Si ritrovò a sorridere inconsciamente, profondamente innamorato di quella ragazza così insolita che probabilmente durante quel tempo era diventata una meravigliosa donna. Non la vedeva da tre anni, durante i quali aveva sentito molto la sua mancanza, ritrovandosi a pensare spesso al loro tempo insieme e a quel sorriso carico di affetto che lei gli aveva rivolto appena prima di andare via da Camelot l'ultima volta. Ma non avrebbe dovuto aspettare ancora a lungo per vederla, il giorno del loro matrimonio era vicino ormai.
Aveva appena messo da parte la propria spada quando un servitore andò ad annunciargli che suo padre lo attendeva con urgenza nella sala del consiglio.
Uther era piegato sul tavolo, gli occhi puntati su dei fogli di pergamena dinnanzi a lui, sul volto un'espressione abbattuta. << Lasciateci >> ordinò alle guardie appena suo figlio varcò la soglia.
<< Padre cosa succede? >> domandò Arthur, preoccupato.
<< Questa mattina è arrivato un ambasciatore dal regno di re Gregor >> rispose il re senza riuscire a guardare negli occhi suo figlio.
La prima cosa che passò per la mente del principe fu che Astrid gli avesse scritto, e per un attimo il suo cuore fu pervaso dalla gioia all'idea di avere notizie della sua amata, ma poi si rese conto che se si fosse trattato soltanto di quello Uther non lo avrebbe mai fatto chiamare con tanta urgenza, e una terribile consapevolezza prese forma nella sua mente. << Padre, è successo qualcosa ad Astrid? >> pronunciò quelle parole a fatica, sentendo il terrore farsi strada nel proprio cuore.
Uther sospirò << Re Gregor ci scrive che la principessa era a fare una passeggiata nei boschi assieme alle sue ancelle quando dei banditi le hanno attaccate. Astrid è stata rapita e le ricerche non hanno dato alcun frutto. Tutto ciò che anno trovato è il suo mantello imbrattato di sangue >> disse con angoscia, e non ci fu bisogno di specificare cosa ciò significasse.
Arthur sentì la testa girargli a quella notizia, e fu costretto ad appoggiarsi al tavolo per non cadere sul duro pavimento di pietra. << Questo non è possibile >> mormorò << Astrid combatte meglio di un cavaliere, sarebbe stata in grado di difendersi >>
Per la prima volta da quando era entrato nella sala del consiglio Uther alzò gli occhi su di lui, lo sguardo carico di amarezza, quella di chi sa perfettamente cosa significhi perdere per sempre la persona amata. << Arthur guarda in faccia alla realtà, era una ragazza e per quanto brava non avrebbe potuto fare molto contro una dozzina di banditi >>
Arthur si lasciò cadere pesantemente sulla sedia più vicina, una mano sugli occhi già arrossati dalle lacrime, ancora restio a credere alla notizia che suo padre gli aveva appena dato.
<< C'è un'altra lettera, è di Astrid., l'aveva scritta a te il giorno prima di essere rapita. Re Gregor ha pensato che fosse giusto fartela avere >> così dicendo Uther gli passò un piccolo foglio ripiegato su cui spiccava il sigillo della casa Wolf, ormai rotto. Probabilmente sia re Gregor che suo padre avevano già letto quel messaggio.
Con la morte nel cuore Arthur cominciò a leggere:


Mio amato Arthur
spero che questa lettera ti trovi bene. È passato del tempo dall'ultima volta in cui ti ho scritto ma sappi che i miei pensieri sono per te ogni giorno della mia vita, e fremo nell'attesa del momento in cui ci rivedremo. Fortunatamente siamo ormai abbastanza grandi e i preparativi per il matrimonio sono quasi conclusi, così non dovremo attendere ancora per molto.
Devo confessarti però che negli ultimi mesi ho avuto dei dubbi circa la nostra unione. Non fraintendere, il mio cuore è tuo e io sono lieta di diventare tua moglie, ma come sai l'idea che non abbiamo avuto voce in capitolo nella scelta del nostro destino mi ha sempre contrariata, e sai anche che sono poco incline ad accettare che qualcuno mi dica cosa fare.
Tuttavia non mi sognerei mai di mandare a monte l'alleanza che così faticosamente i nostri due regni hanno costruito, non per un mio infantile capriccio. Non riuscirei a sopportare di vedere i nostri regni in guerra e le persone che amo uccidersi a vicenda sapendo di essere la responsabile di tanto dolore. Così, come è giusto che sia, ho accantonato ogni mio futile desiderio ed ogni mio sciocco impeto di orgoglio, e sono pronta a diventare la moglie che meriti.
Ci vediamo a Camelot, per il nostro matrimonio.
Tua per sempre
Astrid”


Arthur aveva cercato in tutti i modi di non mettersi a singhiozzare come una ragazzina, ma non era comunque riuscito ad impedire a qualche silenziosa lacrima di rigargli le guance mentre leggeva le parole della sua amata, ormai perduta per sempre. Aveva finalmente accettato senza remore e con gioia l'idea di diventare sua moglie, e dei banditi l'avevano strappata a lui.
<< Non scoppierà una guerra tra il nostro regno e quello di re Gregor, vero? >> domandò a suo padre dopo un po', rompendo il pesante silenzio che si era creato nella stanza.
<< Ci saranno delle trattative e degli accordi da fare >> rispose Uther << ma no, non penso che si arriverà alla guerra. Re Gregor non è solo un alleato, è un fidato amico, e la situazione è già abbastanza drammatica, non è il caso di versare altro sangue >>
Arthur annuì, sollevato – per quanto fosse possibile – da quell'affermazione.
La pace e l'alleanza tra i due regni non venne in alcun modo compromessa, ma per un tetro scherzo del destino a sigillarla non fu un matrimonio, bensì un funerale.



Piccole gocce di pioggia avevano cominciato a cadere dal cielo inumidendo i riccioli della ragazza vestita con abiti maschili, intenta a ricoprire l'ultima delle cinque fosse scavate per seppellire i cadaveri dei mercenari che lei stessa aveva assoldato per inscenare il proprio rapimento, ma che poi si erano rivelati dei comuni delinquenti quando, dopo aver intascato il suo oro, avevano cercato di approfittarsi di lei convinti che una fanciulla non fosse in grado di difendersi. Ma avevano pensato male con lei.
Meglio così – pensò – ho riavuto il mio oro e ho anche eliminato le uniche persone a conoscenza del mio segreto.
Quando ebbe finito di pestare per bene il terriccio smosso la pioggia aveva cominciato a scendere violenta, inzuppandole gli abiti e appiccicandole i lunghi capelli ai lati del volto. Senza pensarci due volte afferrò il pugnale che portava appeso alla cintola e cominciò a tagliare una dopo l'altra le ciocche biondo scuro, finché i capelli non le arrivarono poco sotto al mento. A quel punto saltò in sella al suo stallone nero e si lanciò al galoppo nella foresta che si faceva sempre più scura a causa della notte imminente.
Sentiva il vento e la pioggia bagnarle il volto, l'ululato di qualche lupo in lontananza, lo scalpiccio degli zoccoli del cavallo sul terreno disseminato di foglie secche, l'odore di terra umida le riempiva le narici e sulla lingua avvertiva il dolce sapore della libertà.



Angolo autrice
Salve a tutti gente! Questo è un piccolo esperimento che avevo in cantiere da un po', per ora avete letto solo il prologo che introduce una situazione ed un personaggio nuovi nella storia, ma ovviamente le cose si faranno poi più avventurose in seguito.
Per quanto riguarda il rating cercherò di contenermi e mantenerlo sempre sull'arancione, ma non escludo che potrebbe anche cambiare nel rosso ad un certo punto.
In ogni caso grazie per aver letto, spero che l'idea vi piaccia.
Fatemi sapere cosa ne pensate, se volete che vada avanti con la storia o se sembra troppo sciocca per meritare di vedere la luce XD
Un saluto <3

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Aidan ***


NOTA: come specificato anche nell'introduzione da qui la narrazione riprenderà da metà della terza stagione, esattamente qualche tempo dopo la puntata 2x06 (The changeling). Buona lettura!
 

Capitolo 1
Aidan

Il sole splendeva meravigliosamente su Camelot quel giorno, in totale contrasto con l'umore cupo di Arthur. Erano passati anni da quando aveva avuto la terribile notizia della morte di Astrid, e ormai avrebbe dovuto smettere di pensare a lei, non aveva senso continuare a ricordarla. Era da tempo che i lineamenti del suo volto e il suono della sua voce avevano cominciato a sbiadire nella sua memoria, tuttavia non avrebbe mai potuto dimenticare il modo in cui lei lo aveva fatto sentire. Forse ciò che aveva provato per la principessa non era stato amore ma soltanto un profondo affetto che nell'inesperienza della gioventù gli era parso più intenso di quanto fosse in realtà, ma di sicuro Astrid avrebbe sempre avuto un posto speciale nel suo cuore.
Seduto alla propria scrivania cominciò a rileggere, come ogni anno in quel giorno, le lettere che lei gli aveva inviato durante quegli anni che avevano visto sbocciare il loro affetto reciproco, fino ad arrivare all'ultima, quella che aveva ricevuto insieme all'infausta notizia. Quella così strana e diversa dalle altre.
La prima volta che l'aveva letta era stato così tanto travolto dalla disperazione da non rendersi conto di quanto le parole fossero diverse dal solito, ma quando si era ritrovato a rileggerla, in un piccolo tentativo di onorare la memoria di colei che era stata la sua promessa sposa, non aveva potuto non accorgersi di quanto Astrid non sembrasse più lei in quella lettera. Il tono e le parole utilizzate erano quelle di una qualsiasi, normale principessa che scrive al proprio amato, ma per quanto lei gli avesse dimostrato un profondo affetto non si era mai rivolta a lui con termini quali “mio amato” o cose simili, né tanto meno si sarebbe mai mostrata così docile e remissiva.
Tuttavia la scrittura era la medesima delle altre lettere, ciò significava che era stata la mano di Astrid a scrivere quelle parole, e in ogni caso lui non avrebbe rischiato di mettere a repentaglio l'alleanza con re Gregor solo per un suo stupido dubbio circa l'autenticità di quella lettera.
Quando Merlin entrò nelle sue stanze fu sorpreso di trovarlo già in piedi e pronto per la battuta di caccia che aveva programmato. In quel giorno Arthur aveva sempre bisogno di allontanarsi dal castello, e la caccia era la distrazione migliore di tutte. Soprattutto quell'anno si sentiva particolarmente triste a ripensare ad Astrid, forse perché il recente matrimonio combinato – e andato a monte anche quello, ma per ragioni diverse – con la principessa Elena gli aveva ricordato i tempi in cui aveva incontrato quella che era stata la sua prima promessa sposa. In effetti le sensazioni che aveva avuto vedendo per la prima volta entrambe le ragazze erano state le medesime.
Si affrettò a mettere via le lettere nel piccolo scrigno di legno in cui sarebbero state per un altro anno, nascondendole alla vista del servitore, dopodiché andò a prendere posto al tavolo dove questi aveva già provveduto a disporre la colazione. Il principe cominciò a mangiare in silenzio, perso nei propri pensieri e nei ricordi vecchi di anni ed anni, cosa che non sfuggì agli occhi attenti di Merlin.
<< Stamattina siete particolarmente silenzioso, non vi siete neanche lamentato perché come al solito ho fatto tardi, cosa succede? >> domandò infatti il ragazzo mentre rassettava la stanza rifacendo il letto e raccogliendo indumenti sporchi dal pavimento. Un verso di disappunto accompagnato da un'occhiataccia che gli intimava di chiudere il becco fu tutto ciò che ottenne dal suo padrone. A quanto pareva Arthur si era proprio svegliato con la luna storta quella mattina.
Nel raccogliere un calzino buttato senza troppa grazia accanto alla scrivania Merlin notò un foglio di pergamena un po' ingiallito ai bordi, e nell'afferrarlo per riporlo sulla scrivania non poté fare a meno di notare – o forse è meglio dire che non fece nulla per evitarlo – le parole scritte con inchiostro nero. Cose come “matrimonio imminente” e “alleanza tra i nostri regni” lo lasciarono interdetto, soprattutto in considerazione del fatto che non molto tempo prima il principe aveva mandato a monte il matrimonio con la principessa Elena per amore di Gwen. Preso com'era nell'osservare il foglio nel tentativo di capirci qualcosa, il ragazzo non si accorse che Arthur gli si era avvicinato con aria tutt'altro che gioviale, fin quando questi non gli strappò il foglio dalle mani per riporlo insieme agli altri.
<< Vai a preparare i cavalli. Ora. >> gli ordinò il principe, il tono di voce basso ma carico di una rabbia a stento trattenuta.
Merlin aveva il brutto vizio di ignorare spesso e volentieri gli ordini del suo padrone, e quella volta non fece eccezione << Cos'è questa storia del matrimonio? Pensavo che voi amaste Gwen, avete mandato a monte il matrimonio con la principessa Elena per lei. >> disse con un tono più accusatorio di quanto avesse voluto, quasi come se fosse lui a doversi sentire tradito anziché la ragazza.
<< Merlin, i cavalli >> ribadì Arthur digrignando i denti, in un sottinteso invito a Merlin di pensare agli affari suoi. Ma il servitore era probabilmente la persona più testarda dell'intera Camelot, perché puntò le mani sui fianchi in un atteggiamento ostinato, non dando segno di volersi muovere per eseguire gli ordini. << Ma tutto questo non ha senso, Gwen è convinta del vostro amore e pensavo che anche voi lo foste, cosa è cambiato in questo breve tempo? Perché contrattate per un'altra alleanza matrimoniale? Tra l'altro ricevendo lettere così cariche d'amore da questa Astrid >>
Arthur si passò le mani nei capelli in un gesto di pura frustrazione, esasperato dal comportamento così irriverente e ostinato del servitore. << Dannazione Merlin. Non sto contrattando per nessuna alleanza matrimoniale, quelle lettere risalgono ad anni e anni fa. Astrid è morta prima ancora che tu arrivassi a Camelot >> sputò fuori quelle parole con tutta la rabbia, l'esasperazione e il dolore che aveva dentro, quelli a cui non aveva mai dato veramente sfogo, il tono di voce di qualche ottava più alto del normale.
Quelle parole, pronunciate in quel modo, furono come uno schiaffo per Merlin, il quale abbandonò l'atteggiamento di rimprovero che aveva avuto fino a poco prima, sentendosi in colpa per aver costretto il suo padrone a dirgli qualcosa che evidentemente voleva tenere per sé e che gli faceva ancora male. << Arthur mi dispiace >> sussurrò dopo qualche istante di silenzio << Io non- >>
<< I cavalli, Merlin >> lo interruppe il principe con tono autoritario, senza guardarlo.
Il ragazzo annuì e si affrettò ad uscire dalla stanza, mentre cercava di ingoiare il groppo di angoscia e senso di colpa che gli aveva stretto la gola.


Merlin era stufo di stare in quella foresta, costretto a muoversi silenziosamente e guadagnandosi un'occhiata di rimprovero da parte del principe ogni volta che faceva troppo rumore per i suoi gusti. Erano ore che cercavano di braccare un meraviglioso cervo dalle grandi corna, ma l'animale sembrava avere un udito davvero finissimo, perché ogni volta che erano abbastanza vicini per colpirlo questo fuggiva via. La fortuna sembrò essere finalmente dalla loro parte, perché Arthur aveva caricato la balestra e si preparava a scoccare il dardo che avrebbe segnato la fine di quel cervo, in quel momento completamente immobile. Ma proprio nel fatidico momento il cervo compì un balzo, allarmato da qualcosa, e il dardo si conficcò nel terreno disseminato di foglie secche. Il principe non ebbe neanche il tempo di emettere uno sbuffo di frustrazione, perché da dietro gli alberi spuntarono improvvisamente dei banditi che cominciarono ad attaccarli, probabilmente con l'intento di derubarli. Arthur e il piccolo gruppo di cavalieri al suo seguito sfoderarono immediatamente le spade, cominciando a combattere, ma gli assalitori erano troppi per poterli fronteggiare con facilità.
Merlin rimase in disparte, guardandosi intorno in attesa di un momento in cui sarebbe servita la sua magia, ma questo lo portò ad accorgersi troppo tardi di un bandito che gli correva alle spalle con l'intento di farlo fuori. Nello schivare il colpo potenzialmente mortale che l'uomo stava per infliggergli con un'ascia il mago finì per inciampare, rotolando al suolo con molta poca grazia. Quando il bandito alzò l'ascia per colpirlo lì dove si trovava, Merlin era già pronto ad usare la magia, ma non ne ebbe modo, perché appena prima di sussurrare l'incantesimo vide una lama trapassare il petto della canaglia di fronte a lui, che si accasciò al suolo morendo quasi immediatamente. Quando il corpo dell'assalitore scomparve dalla sua visuale il mago notò un ragazzo alto e dal fisico asciutto in piedi a pochi passi da lui, tra le mani teneva due spade, una delle quali con del sangue ancora gocciolante sulla punta. Probabilmente era stato lui a salvargli la vita, anche se in quel momento non lo stava degnando di un solo sguardo, troppo impegnato a squadrare la battaglia. Il mago lo osservò partire alla carica, falciando altri due banditi in un colpo solo con le sue spade, e poi altri due ancora, con una facilità impressionante, come se stesse soltanto schiacciando delle mosche e non affrontando degli uomini armati fino ai denti. Era impressionato, non aveva mai visto qualcuno combattere in quel modo, maneggiando due spade con la stessa facilità con cui si maneggiano le posate, e mettendo al tappeto i nemici con movimenti agili e veloci, come se più che combattere stesse danzando. Merlin non aveva mai visto nessuno dei cavalieri di Camelot combattere con tanta maestria. Chi diavolo era quel ragazzo? E perché li stava aiutando?
Quando la battaglia terminò e i corpi di circa una ventina di banditi giacevano al suolo, Arthur si avvicinò al misterioso ragazzo apparso dal nulla, che da solo era riuscito ad eliminare circa la metà degli assalitori. << Chi sei? Perché ci hai aiutati? >> domandò avvicinandosi cautamente al ragazzo, la spada ancora in pugno nel caso avesse dovuto difendersi.
Anche Merlin si avvicinò, pur restando di qualche passo alle spalle del principe, e squadrò il ragazzo che gli aveva salvato la vita: era leggermente più alto di Arthur, aveva un fisico asciutto ma di sicuro sotto la tunica azzurro cielo doveva essere abbastanza muscoloso o non sarebbe riuscito a tenere una spada per ogni mano; sopra la suddetta tunica indossava una giubba di cuoio indurito e dei bracciali dello stesso materiale. I capelli biondo scuro gli scendevano appena sotto il mento in disordinate ciocche arricciate, andando a contornare un volto dai lineamenti affilati, completato da un paio d'occhi verdi come la foresta che li circondava, e da una bocca sottile che alle parole del principe si incurvò in un ghigno insolente.
<< Chi ha detto che stavo aiutando voi? >> rispose infatti, ignorando del tutto la prima domanda. Aveva una voce calda ma meno profonda di quello che Merlin si era aspettato.
Il principe si ritrovò ad alzare un sopracciglio, visibilmente infastidito dall'insolenza che leggeva sul volto dell'altro << Se non per aiutare noi allora perché? >> domandò indicando i cadaveri intorno a loro.
<< Li inseguivo da qualche giorno in realtà, hanno attaccato un villaggio di contadini in cui avevo trovato ospitalità. Volevo accertarmi che non tornassero a disturbare quella povera gente >> rispose.
Arthur stava per sbuffare una risata, ritenendo assurda l'idea che un uomo da solo potesse affrontare tutti quei banditi, poi però si ricordò di quell'attimo in cui lo aveva visto combattere e di come nel giro di qualche minuto avesse messo al tappeto un numero considerevole di nemici. << E posso sapere il nome di questo così abile combattente? >> domandò mettendo via la propria spada. Aveva notato che l'altro era maledettamente sulla difensiva, come se si aspettasse di essere attaccato da un momento all'altro, così ritenne fosse meglio far capire che le sue intenzioni erano pacifiche.
Il ragazzo infatti fece lo stesso, riponendo le spade nei due foderi che portava incrociati sulla schiena, ma senza smettere di osservare attentamente le persone di fronte a lui. << Aidan. Mi chiamo Aidan >>
Il principe annuì << Bene! Da dove vieni, Aidan? >> domandò. In realtà sapeva che il buon costume imponeva che a quel punto lui si presentasse a sua volta, ma i nemici di Camelot potevano essere ovunque, e la prudenza non era mai troppa, anche se il suo istinto gli diceva che quel ragazzo non era un pericolo.
L'altro si limitò ad un'alzata di spalle << Da nessun luogo in particolare, vago di villaggio in villaggio, di regno in regno, dove mi porta l'istinto insomma. L'ultimo posto in cui sono stato è un piccolo villaggio al confine, Ealdor >>
<< Ealdor? >> si intromise Merlin prima che il principe avesse il tempo di dire alcunché << Siete stato a Ealdor? potete darmi notizie di mia madre? Sta bene? >> domandò con una certa impazienza, che era in parte voglia di avere notizie di sua madre e in parte terrore che le fosse successo qualcosa, finendo per guadagnarsi un'occhiata perplessa sia da Arthur che dal nuovo arrivato.
<< E tua madre sarebbe? >> chiese infatti quest'ultimo.
<< Hunit, si chiama Hunit >> rispose il mago.
A quel punto un sorriso allegro illuminò il volto del misterioso giovane << Tu sei il figlio di Hunit. Sei Marillon... no aspetta. Morty... no. Meredith... no è un nome da donna... >>
<< Merlin >> rispose il diretto interessato alzando gli occhi al cielo.
<< Già!Merlin! Tua madre mi ha parlato molto di te, è stata lei ad ospitarmi quando sono arrivato a Ealdor. E comunque sta bene non preoccuparti. >>
<< Non si direbbe che vi ha parlato molto di me, non ricordavate nemmeno il mio nome >> ribatté il moro con un sopracciglio alzato.
Aidan fece un gesto vago con la mano << Solo perché la maggior parte delle volte usava frasi come “mio figlio” o “il mio adorato ragazzo”. Sai come sono le madri. Oh, e lascia stare certe formalità e dammi del “tu”. È un piacere conoscerti, anche se per poco ho rischiato di vederti fatto a pezzi. La prossima volta cerca di fare più attenzione, non credo che Hunit reggerebbe il colpo se dovesse accaderti qualcosa >> disse dando una vigorosa pacca sulla spalla al ragazzo, il suo atteggiamento ritroso sparito nel nulla, sostituito da un'aria gioviale e allegra che a Merlin ricordò molto il modo di fare del suo amico Gwaine.
Arthur si schiarì la voce con fare stizzito, riportando l'attenzione su di sé << Forse è il caso di rimandare le chiacchiere ad un altro momento! >> disse lanciando uno sguardo di rimprovero al suo servitore, per poi portare l'attenzione su Aidan << Io sono Arthur Pendragon, principe di Camelot. Sappi che, sebbene affermi di non averlo fatto per noi, apprezzo l'aiuto che ci hai dato con questi banditi e sono intenzionato a sdebitarmi, ma devo sapere qualcosa di più su di te prima di potermi fidare. >> a quel punto il principe si sarebbe aspettato che il ragazzo si inchinasse iniziando a blaterare su quale grande onore fosse per lui incontrarlo o cose del genere, ma ciò non accadde.
Aidan si limitò ad incrociare le braccia al petto e a squadrarlo con espressione annoiata. << Sapete, mio signore, io capisco che siate abituato ad avere tutta l'attenzione su di voi, ma se qualcuno rivolge per un po' la parola al vostro servitore piuttosto che a voi non è che dovete sentire tutto il vostro regale ego minacciato! >> disse con un tono canzonatorio che avrebbe potuto tranquillamente rivaleggiare con quello di Merlin nei suoi peggiori momenti di sfrontatezza.
Il mago e il resto dei cavalieri dovettero fare uno sforzo enorme per non scoppiare a ridere a quelle parole.
Il principe assottigliò lo sguardo, osservando attentamente il ragazzo che aveva di fronte, e per un istante ebbe una strana sensazione. << Noi due ci siamo già incontrati da qualche parte? >> domandò prima ancora di rendersene conto, dando voce ai suoi pensieri.
<< Non credo proprio. Me ne ricorderei! >> rispose l'altro con tranquillità, e tuttavia Merlin che gli era vicino fu certo di averlo visto sussultare per un attimo. << Comunque sappiate che non avete nulla da temere, non ho cattive intenzioni nei confronti del regno >> aggiunse subito dopo << Sono soltanto un avventuriero in cerca di qualche esperienza degna di nota da poter vivere, e di tanto in tanto mi fermo a dare una mano a chi ne ha bisogno, come gli abitanti dei piccoli villaggi >>
Merlin aggrottò la fronte << Sei un cavaliere errante? >>
Il ragazzo sbuffò una risata << Errante sì, ma cavaliere no. Non sono di nobili origini. >>


Alla fine, dopo qualche altro convenevole, Aidan si unì al gruppo di ritorno all'interno delle mura di Camelot. Arthur voleva ripagarlo in qualche modo per l'aiuto che aveva dato loro, ma il ragazzo disse che non era necessario, sarebbe andato in città soltanto perché, a detta sua, erano settimane che non beveva una buona pinta di idromele. A Merlin quel ragazzo ricordava sempre di più Gwaine e sperò solo che non avesse la stessa abilità di cacciarsi nei guai.
Arthur invece di tanto in tanto lo osservava di sottecchi, non proprio convinto che quel ragazzo fosse del tutto sincero. Il suo istinto – che poche volte sbagliava – gli diceva di fidarsi, che Aidan non era un pericolo, e tuttavia sentiva che c'era qualcosa che non aveva detto. Affermava di non essere un nobile, ma il suo modo di fare, di parlare, di stare sulla sella lasciavano intendere tutt'altro; aveva un atteggiamento fin troppo fiero perché passasse soltanto per la stupida arroganza di un popolano, inoltre il principe non riusciva a togliersi dalla testa l'idea di averlo già incontrato da qualche parte. Quel comportamento, quegli occhi e soprattutto quel modo di combattere non gli erano nuovi.
Si salutarono davanti alla taverna The Rising Sun, l'ambita meta dell'avventuriero. << Ehi Merlin, appena il principe ti da un po' di tregua passa di qua, sarò felice di offrirti da bere e di fare due chiacchiere con te! >> disse questi mentre affidava il suo meraviglioso stallone nero ad uno stalliere, raccomandandosi di trattarlo con cura e fare attenzione. Fece appena un cenno di saluto al principe e agli altri cavalieri e poi sparì all'interno della taverna.
Arthur sbuffò infastidito << Quel ragazzo è perfino più insolente di te, Merlin. È forse l'aria di Ealdor a rendere la gente così sfacciata? È fortunato che non lo metto alla gogna >>
Un sorrisetto divertito incurvò le labbra del moro << Anche volendo non credo che ci riuscireste >>
Il principe si voltò verso di lui assottigliando lo sguardo << Che cosa stai insinuando? >> domandò in un tono fintamente calmo, quello che nascondeva una certa minaccia, come la quiete prima della tempesta.
Merlin si grattò la testa in un gesto nervoso, improvvisamente a disagio, come ogni volta che si accorgeva di aver parlato troppo, ma a quel punto non gli restava che rispondere << Beh, l'ho visto combattere, e credetemi se vi dico che nessun cavaliere di Camelot potrebbe eguagliarlo >>
L'altro si ritrovò ad irrigidire involontariamente la mascella a quell'affermazione, perché diamine, Merlin non aveva tutti i torti. Ovviamente però non poteva dare al suo servo la soddisfazione di aver avuto ragione << Bene, se è questo quello che pensi forse dovrei rinfrescarti la memoria sulla mia bravura nel combattimento. Prepara tutto, oggi pomeriggio ci alleneremo con la mazza. >>
Il mago a quel punto si pentì con tutto il suo cuore di aver parlato troppo... come sempre, dopotutto.
E infatti Arthur non ci andò certo leggero con lui, costringendolo per ore e ore a parare colpi con la mazza, non mostrando un briciolo di compassione neppure quando il gracile servo cadde in ginocchio stremato.
Quando a sera inoltrata Merlin andò alla taverna si sentiva ogni muscolo del corpo dolorante, tanto che pensava non sarebbe mai riuscito a trascinarsi fin lì, e in realtà avrebbe preferito rintanarsi nella propria stanza, ma Aidan era stato a Ealdor, e lui voleva assolutamente sapere come se la passavano gli abitanti del villaggio e sua madre. Quando entrò vide il ragazzo seduto nell'angolo più remoto dell'ampia sala, da dove poteva tenere facilmente d'occhio chiunque e dove era impossibile che qualcuno gli si avvicinasse alle spalle. Era una posizione strategica, e dava facilmente l'idea di quanto l'avventuriero fosse diffidente nei confronti di chiunque e pronto per ogni eventualità. Individuò il moro ancor prima che fosse arrivato a metà strada tra la porta e il tavolo, e lo salutò con un sorriso raggiante.
Merlin ricambiò brevemente il sorriso e sedette di fronte a lui, o meglio si accasciò sfinito sulla sedia, buttando le braccia sul tavolo di legno e poggiandoci sopra la testa.
<< Che ti è successo? Sembra ti sia passato sopra un carro! >> disse Aidan sorridendo divertito a quella scena.
<< Arthur >> sospirò l'altro, sconsolato << Diciamo che è un tipo molto facile da indispettire, e siccome ho detto una cosa che gli ha dato fastidio mi ha fatto passare il pomeriggio a fargli praticamente da manichino mentre si allenava con la mazza >>
<< Tipo sadico il principino >> commentò mentre chiamava la giovane figlia del locandiere per farsi portare un altro boccale per Merlin, e un'ennesima brocca di idromele.
<< Un po' >> rispose il moro << ma non è così male se lo si conosce bene. >>
Aidan non rispose, si limitò a bere una lunga sorsata di idromele, negli occhi una piccola scintilla di tristezza appena percepibile, che sparì in un attimo. << Comunque immagino tu voglia sapere qualcosa su Ealdor e tua madre! >> disse mentre con un gesto invitava Merlin a servirsi da bere.
Questi annuì vigorosamente << Esatto! Come vanno le cose? Hanno più avuto problemi con i predoni? E mia madre come se la passa? >> snocciolò con una rapidità impressionante, un'impazienza nello sguardo che fece inevitabilmente sorridere l'altro.
<< Stanno tutti bene, non hanno avuto problemi con i predoni, solo con quei banditi che ho inseguito fino alla foresta dove poi hanno attaccato anche voi. >> rispose e prese un altro sorso di idromele prima di continuare << Sono arrivato lì diversi mesi fa, dopo settimane e settimane di cavalcata senza trovare un solo villaggio o una locanda iniziavo ad avere nostalgia di un tetto che mi riparasse dalla pioggia e dall'umidità notturna, e tua madre si è proposta di ospitarmi per quella notte, ma alla fine sono rimasto per molto più tempo, come avrai capito. Sono abile nella caccia, così in cambio dell'ospitalità procuravo selvaggina fresca agli abitanti del villaggio. >>
Merlin sorrise, un lampo di gratitudine in quegli occhi chiari << A quanto pare gli hai fornito anche protezione se sei arrivato a varcare i confini di un altro regno per mettere fuori gioco dei banditi che li avevano attaccati >>
Aidan si limitò a fare un'alzata di spalle e a portare nuovamente il boccale alle labbra << Non sopporto chi se la prende con i più deboli, tutto qui. Non è solo l'affetto che ho maturato per la gente di Ealdor, è anche una questione di principio >>
Il mago lanciò all'altro un lungo sguardo penetrante << Sei proprio certo di non essere un cavaliere? Sai, fai discorsi su quanto sia vile prendersela con i più deboli, proteggi le persone, sei bravo a combattere, e francamente hai proprio l'aria da nobile >>
L'altro sbuffò una risata, e si apprestò a rispondere con un commento ironico, ma qualcosa che stava accadendo al tavolo vicino attirò la sua attenzione.
Tre uomini dall'aria losca – probabilmente mercenari viste le armature e le armi che portavano – stavano importunando la giovane cameriera, una ragazza di quindici o sedici anni, con commenti e proposte oscene, arrivando anche ad allungare le mani dove non avrebbero dovuto.
<< Signori vi prego, devo tornare al lavoro >> mormorò la ragazza, rossa in viso e quasi con le lacrime agli occhi, mentre cercava di allontanarsi. Ma uno degli uomini, un energumeno con una folta barba nera e due occhi cattivi del medesimo colore, si alzò dalla panca ed afferrò la ragazza per un braccio, costringendola ad arrestarsi. << Andiamo non fare troppo la preziosa, tanto lo so bene che voi cameriere siete tutte delle sgualdrine in fondo >> disse l'uomo con una voce roga e sgradevole, per poi lasciarsi andare ad una risata.
La ragazza tentò di divincolarsi dalla presa, spaventata << Per favore lasciatemi andare >> squittì mentre le prime lacrime cominciavano a rigarle le guance.
<< Ah sta' zitta! >> abbaiò il mercenario, apprestandosi a tirare un ceffone alla giovane, la quale per istinto serrò gli occhi preparandosi a ricevere quel colpo, che però non arrivò mai.
<< La signorina ha detto no >> sibilò Aidan mentre teneva stretto il polso dell'uomo, impedendo a quella mano grossa e callosa di arrivare al volto della sua vittima. << Ora ti darò una scelta: puoi tornartene al tuo posto, lasciar stare ragazza e andartene da qui tutto intero, o puoi continuare nei tuoi propositi e batterti con me, ma quando avremo finito non credo che avrai ancora l'uccello tra le gambe! >> il tono di voce era basso e calmo, ma la furia dietro quelle parole non era difficile da percepire.
Una smorfia di rabbia e disprezzo distorse i lineamenti di quel brutto volto barbuto. Il mercenario lasciò andare la ragazza soltanto per tirare un pugno a colui che aveva osato sfidarlo con tanta sfacciataggine, ma nemmeno quel colpo andò a segno, perché Aidan si spostò con una rapidità impressionante, facendo sbilanciare l'altro, dopodiché lo afferrò per il collo e lo sbatté di mala grazia contro un tavolo di legno massiccio, che sotto la violenza del colpo scricchiolò in maniera sinistra. Il mercenario fece per alzarsi, ma era troppo ubriaco e la presa sul suo collo troppo forte perché potesse sperare di riuscire nel suo intento.
<< Io ti avevo avvisato >> ringhiò Aidan tirando fuori una delle spade che teneva assicurate dietro la schiena e puntandola verso l'uomo mentre mollava la presa su quel collo taurino. L'uomo non riuscì a muoversi, quasi paralizzato nel sentire la lama scivolare verso il basso, fino a fermarsi sul cavallo dei suoi pantaloni. Con un colpo secco il ragazzo tagliò la cordicella della borsa di monete che il mercenario teneva assicurata alla cintola, poi con il piede la spinse verso la cameriera, che era rimasta a pochi passi di distanza ad osservare la scena. << Come segno di scuse per la sua maleducazione >> disse alla ragazza, ma gli occhi verdi erano puntati in quelli neri del mercenario, in quel momento pervasi da un misto di rabbia e umiliazione. << Ora prendi quei due codardi dei tuoi compari e vattene, ma se ti rivedo da queste parti non sarò così indulgente. >> aggiunse poi sempre tenendo la spada puntata contro l'uomo, e la rinfoderò soltanto quando lui e i suoi compagni – che non avevano alzato un dito per aiutarlo – ebbero varcato la soglia della locanda.
A quel punto la giovane cameriera e i suoi genitori gli si avvicinarono per ringraziarlo, qualche altro avventore che aveva assistito alla scena si complimentò con lui per il coraggio mostrato, domandandogli da dove venisse e cosa ci facesse lì a Camelot. Passarono diversi minuti di complimenti e domande prima che Aidan riuscisse a sedersi nuovamente al proprio tavolo in santa pace.
<< Sei arrivato a Camelot da un giorno e già sei popolare! >> commentò Merlin con un sorrisetto divertito ad incurvargli le labbra.
<< Speriamo che non sarò costretto a fuggire nel cuore della notte per questo >> rispose l'altro sbuffando una risata. Non era il tipo che amasse molto la popolarità, nonostante quel suo modo di fare, nel bene e nel male, gliene procurasse sempre una certa quantità.
<< Comunque sei stato davvero coraggioso a difendere quella ragazza >> disse il mago con sincera ammirazione << Sei proprio certo di non essere un cavaliere? >>
A quella domanda Aidan alzò gli occhi al cielo, esasperato. Hunit non gli aveva detto che suo figlio poteva essere un così insistente tontolone.




Angolo autrice
Ed ecco il primo capitolo! Ho aggiornato così rapidamente perché questo capitolo era già in buona parte pronto, e poi è qui che inizia la narrazione degli eventi che poi ci porteranno a vedere come e se cambierà questo famoso destino che ha condizionato tutta la vita di Arthur e Merlin fino all'inevitabile conclusione che tutti conosciamo.
Vediamo anche un altro personaggio, Aidan... Chi sarà mai questo misterioso avventuriero e perché Arthur ha la sensazione di conoscerlo? Mah xD
Spero che la storia vi abbia incuriositi, se è così lasciatemi un commentino, dai così mi invogliate a continuare a scrivere e ad aggiornare in fretta :D
O se magari la storia fa schifo potete pure dirmi che devo cancellarla eh, non è detto che sia per forza una cosa ben riuscita xD
Vi faccio tanti auguri di buona Pasqua!
Un bacio e alla prossima <3

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: Dolorosi ricordi ***


Capitolo 2
 Dolorosi ricordi

Una sottile pioggerella cadeva dal cielo grigio quel giorno, ma non per questo il principe e i cavalieri avrebbero rinunciato all'allenamento, dopotutto una battaglia vera e propria sarebbe potuta avvenire in qualsiasi situazione meteorologica, ed era meglio abituarsi ad ogni eventualità. Così mentre Arthur era intento ad allenarsi con la spada assieme ad un altro cavaliere – rimproverandogli qualche errore o complimentandosi quando questi lo coglieva di sorpresa – Merlin se ne stava ai margini del campo di addestramento, attendendo gli ordini del suo padrone e sbuffando per gli abiti che gli si stavano pian piano inzuppando a causa di quella pioggia leggera ma insistente. Tuttavia evitò di lamentarsi o di far notare troppo il suo fastidio, o era certo che Arthur lo avrebbe torturato usandolo come manichino umano, e lui non voleva sentirsi nuovamente tutte le ossa a pezzi, il dolore di un paio di giorni prima aveva appena cominciato ad attenuarsi. Preso com'era nel maledire mentalmente il principe e la sua suscettibilità, non si accorse della persona che gli si era avvicinata.
<< Ehi Merlin >> disse la voce di Aidan a pochi passi da lui << che ti è successo? Hai la faccia di uno che ha trovato uno scarafaggio nel porridge >>
Il mago sussultò appena, riemergendo dai suoi pensieri solitari, e si voltò a guardare l'altro: era vestito come la volta precedente, eccezion fatta per un logoro mantello di lana grigia che lo proteggeva dalla pioggia, e che sicuramente aveva visto giorni migliori. << A-Aidan, buongiorno. Che ci fai qui? >> domandò con un'espressione babbea dipinta in volto.
Il ragazzo alzò un sopracciglio nel notare la reazione di Merlin << Se basta così poco a prenderti di sorpresa ci credo che stavi per morire l'altro giorno nella foresta. Forse prima di tornare a Ealdor dovrei provare ad insegnarti qualcosa sulle basi del combattimento. Non credo che Hunith sarebbe tranquilla nel sapere che suo figlio rischia così facilmente di farsi ammazzare >>
<< Non preoccuparti, so badare a me stesso! >> rispose con l'aria di chi sapeva il fatto suo << Ma aspetta, hai detto che torni a Ealdor? >>
L'aria scettica non abbandonò nemmeno per un attimo il volto di Aidan, anzi, se possibile aumentò ancora di più << Considerando quello che ho visto non credo proprio che tu sia in grado di badare a te stesso, a meno che tu non sia uno stregone, cosa che ritengo improbabile visto che non sembri così idiota da praticare la magia proprio nel cuore di Camelot >> detto questo sospirò e lasciò cadere il discorso << Comunque sì, torno a Ealdor tra qualche giorno, per questo sono qui, volevo avvisarti così se hai qualcosa che vuoi che consegni o che dica a tua madre puoi farmelo sapere e io mi assicurerò che arrivi a destinazione >>
<< Oh, certo... magari le scriverò una lettera. Grazie! >> rispose impacciato Merlin, che era rimasto per un attimo a rimuginare sulle parole del ragazzo riguardo il suo essere uno stregone. Ah, se solo avesse saputo tutte le volte che aveva usato la magia proprio sotto gli occhi di Arthur o del re.
<< Figurati, per me è un piacere! >> disse Aidan posando affettuosamente una mano sulla spalla dell'altro << Comunque sul serio dovresti imparare ad usare la spada e ad essere meno distratto >>
<< Merlin! >> tuonò in quel momento la voce prepotente di Arthur, facendo voltare entrambi i ragazzi nella sua direzione << Non sei qui per bighellonare. Passami la mazza. Subito! >>
Il servitore sussultò e si apprestò a fare quanto gli era stato ordinato mormorando delle scuse.
<< Non siete molto educato, principe. Non è carino interrompere con tale prepotenza una conversazione tra due persone >> disse Aidan nel solito tono insolente che Arthur aveva odiato dal primo momento.
Il principe dal canto suo sembrò accorgersi soltanto in quel momento della presenza del giovane avventuriero, e gli rivolse uno sguardo ostile << E tu cosa ci fai qui? >> sibilò a denti stretti.
Un sorriso fintamente innocente si dipinse su quel volto affilato << Cercavo Merlin, ma non c'è bisogno di essere geloso, principe, giuro che stavamo solo parlando, non ho intenzione di portarvi via il vostro caro servo. >> Oh se si divertiva a provocare Arthur, si divertiva un mondo, soprattutto se, come in quel caso, le sue parole riuscivano a dare il via a risate trattenute a stento tra i cavalieri.
Il principe assottigliò lo sguardo e gli puntò contro la spada << Non puoi parlarmi così, potrei farti imprigionare o addirittura giustiziare per questa tua insolenza. >>
Aidan ghignò << Prima voi e le vostre guardie dovreste riuscire a prendermi. Non crederete certo che mi pieghi senza lottare? >>
I due si fissarono negli occhi per lunghi istanti, e una tensione palpabile pervase l'intero campo d'addestramento, tanto che il tempo sembrò fermarsi: tutti avevano smesso di allenarsi, nessuno fiatava più, qualcuno tratteneva addirittura il respiro.
<< Sai una cosa >> cominciò a dire Arthur spostandosi verso il centro del cortile d'addestramento << se ti ritieni così bravo dimostrami cosa sai fare! >>
Aidan sbuffò una breve risata mentre si toglieva il mantello << Siete così ansioso di farvi umiliare dinnanzi ai vostri cavalieri? >> domandò prendendo le sue fidate spade e mettendosi a sua volta in posizione
<< Chi ti dice che non sarai tu ad essere umiliato? >> ribatté il principe con aria sicura, ma tutto ciò che ottenne in risposta furono gli occhi attenti dell'altro puntati su di lui.
Si studiarono a vicenda per interminabili istanti, muovendosi senza mai attaccare, entrambi in attesa che fosse l'altro a fare la prima mossa. Sembravano due bestie feroci in procinto di azzannarsi, anche se in realtà Aidan, visto il ghigno sicuro che gli incurvava le labbra e il suo atteggiamento fiero, sembrava più un lupo intento a giocare con una preda troppo stupida per scappare via.
Arthur lo osservava, osservava quel sorriso sghembo, il modo in cui si muoveva, il modo in cui teneva le spade, convincendosi sempre di più che il ragazzo di fronte a lui fosse un nobile e che loro due si erano già incontrati in precedenza.
<< Siete proprio sicuro di voler combattere contro di me? Non avete paura che potrei cogliere l'occasione per uccidervi? Chi vi dice che io non sia un nemico di Camelot? >> domandò con fare arrogante l'avventuriero.
<< Se davvero tu avessi avuto intenzione di uccidermi lo avresti fatto nella foresta, non saresti venuto fin qui. Non sarebbe stata una mossa saggia. >> rispose il principe sicuro di sé.
<< Allora non siete così idiota come sembrate. Un cervello, dopotutto, ce l'avete. >> disse Aidan, con il solo scopo di provocare l'altro e indurlo ad attaccare. E la cosa funzionò, perché Arthur gli si scagliò contro mulinando in aria la spada e apprestandosi a colpirlo con un fendente dall'alto, che il giovane parò senza troppe difficoltà, ma subito il principe si scostò e ripartì all'attacco, ma senza successo.
Aidan era rapido nei movimenti, quasi acrobatico, inoltre aveva il vantaggio di non essere rallentato da un'armatura pesante come quella di Arthur. Tuttavia quest'ultimo punto gli costò un taglio sul braccio quando non riuscì a scansarsi abbastanza in fretta da un ennesimo colpo di Arthur. Un'espressione imbronciata si dipinse sul volto dell'avventuriero dopo aver lanciato una rapida occhiata alla macchia di sangue che si andava allargando sulla manica della tunica azzurra << Era la mia tunica preferita. Dannazione. >> borbottò, guadagnandosi un'occhiata perplessa da parte del principe.
<< Stai perdendo sangue, dovresti farti medicare! >> disse infatti questi, accingendosi a mettere da parte la spada.
Aidan per tutta risposta sbuffò una risata << Siete già stanco, mio signore? >> domandò beffardamente.
L'espressione perplessa sul volto di Arthur si fece ancora più marcata << Non puoi combattere in questo stato! >>
<< Questo lasciatelo decidere a me. Fintanto che riesco a stare in piedi e ad impugnare un'arma non vedo dove sia il problema. >> disse per poi attaccare nuovamente.
Per un po' il principe riuscì a difendersi bene, parando i colpi e riuscendo anche a prevedere le finte dell'avversario, ma dovette ammettere che quel ragazzo era dannatamente bravo; non era da tutti riuscire ad impugnare due spade lunghe con una simile facilità, non tanto per il peso dell'arma in sé – che in ogni caso non era da sottovalutare – ma per la difficoltà nel riuscire a coordinare i movimenti, e Aidan ci riusciva maledettamente bene, come se fosse nato per combattere. In un batter d'occhio, senza nemmeno capire bene come fosse successo, Arthur si ritrovò a terra, senza più la sua arma tra le mani e una delle spade dell'altro ragazzo puntata al collo.
<< Lo avevo detto che vi avrei umiliato. >> lo schernì Aidan << Però siete un abile combattente, ve lo concedo! >>
Quella situazione lasciò il principe shockato per alcuni istanti, che rivide nella propria testa una scena quasi identica e che ormai pensava di aver dimenticato per sempre: la prima volta in cui aveva combattuto contro Astrid. Lei gli aveva inflitto una sonora sconfitta e poi gli aveva detto qualcosa che suonava molto simile alle parole appena pronunciate da Aidan.
I cavalieri presenti nel campo di addestramento erano già pronti a scagliarsi contro il ragazzo in difesa del loro principe, ma questo non fu necessario perché Aidan rinfoderò in fretta le spade e porse una mano ad Arthur per aiutarlo ad alzarsi. << Andiamo non fate quella faccia rammaricata, non si può sempre vincere nella vita! >> rincarò la dose, fraintendendo le ragioni dell'espressione sconcertata e un po' babbea con cui l'altro lo stava fissando.
<< Tu sembri uno che non è abituato a perdere! >> ribatté il biondo accettando l'aiuto che gli veniva porto << Ma devo ammettere che combatti egregiamente, molti aspiranti cavalieri che si presentano da me non hanno un briciolo della tua bravura. Dove hai imparato? >> domandò poi con curiosità e sincera ammirazione, l'ostilità nei confronti dell'altro momentaneamente accantonata.
L'avventuriero si strinse nelle spalle in un gesto vago << Quando uno va in giro da solo e spesso in posti pericolosi viene naturale imparare a difendersi. >>
A quelle parole Arthur sbuffò una risata carica di scetticismo << E ti aspetti che io me la beva? Quello non è il modo di combattere di uno che ha solo imparato a difendersi, perciò non mentirmi, non è una cosa che sopporto. >>
Le labbra di Aidan si incurvarono come al solito in un sorriso insolente << Allora è una fortuna che non siamo costretti ad avere a che fare l'uno con l'altro, no? Ora se volete scusarmi credo sia il caso che vada a medicare questa ferita. >> così dicendo si voltò allontanandosi dal campo di addestramento sotto lo sguardo attonito di Arthur e degli altri cavalieri


<< Merlin, sul serio, non c'era bisogno di disturbare il medico di corte, potevo cavarmela da solo, è soltanto un graffio. >> borbottò Aidan mentre Gaius era intento a ricucirgli la ferita che aveva sul braccio.
Il mago incrociò le braccia e guardò l'altro con aria di rimprovero << Mi sei quasi svenuto di fronte per quanto sangue hai perso. Come diavolo ti è saltato in mente di continuare a combattere contro Arthur con quello squarcio sul braccio? >>
<< In effetti il taglio è abbastanza profondo, mi sorprende che tu sia riuscito a tenere ancora una spada in mano dopo. >> gli diede man forte il medico mentre applicava l'ultimo punto e tagliava il filo << Inoltre la ferita avrebbe facilmente potuto infettarsi senza i giusti medicamenti. >>
Aidan alzò gli occhi al cielo << Sono sopravvissuto per anni senza che ci fosse Merlin a farmi da mamma chioccia. Me la sarei cavata anche adesso. >>
<< In ogni caso ha fatto bene a portarti qui, ora stai attento a tenere la ferita ben pulita, e niente combattimenti per qualche giorno o si riaprirà. >> disse Gaius mentre riponeva le cose che aveva usato e si apprestava ad uscire per il suo consueto giro di visite.
Prima di salutarsi Merlin insistette per farsi promettere da Aidan che sarebbe stato a riposo, ottenendo in risposta un poco incoraggiante “nulla che un po' di idromele non possa risolvere”, dopodiché tornò alle proprie faccende quotidiane: riordinare le stanze di Athur, lavare la sua biancheria, pulire le stalle. Solite cose insomma.
Quella sera, come sempre, portò la cena al principe, trovandolo vicino alla finestra intento a scrutare fuori con fare pensieroso. << Qualcosa vi turba, sire? >> domandò con una certa apprensione.
Il biondo non rispose immediatamente, spostò lo sguardo dall'esterno della finestra al foglio di pergamena che teneva tra le mani, accarezzando il sigillo blu notte della casa Wolf << Stavo solo ripensando a quello che è successo stamattina al campo di addestramento. >> rispose con aria cupa, aggrottando la fronte, combattuto tra il desiderio di esternare i propri pensieri e la paura di esporsi troppo.
Ma come sempre Merlin riuscì a trarlo d'impaccio, facendogli capire con poche parole che poteva fidarsi di lui. << Non è la prima volta che qualcuno vi sconfigge in una situazione come quella, non era una sfida ufficiale e non vi siete mai abbattuto per cose come questa, quindi perché siete così turbato? >>
A quel punto Arthur alzò lo sguardo, osservando gli occhi sinceri e amichevoli del suo servo, dopodiché si avvicinò al tavolo dove la sua cena si andava raffreddando e si sedette, senza però dare alcun segno di voler toccare il cibo << Non è l'essere stato sconfitto il problema, è che inspiegabilmente ciò che è accaduto questa mattina ha fatto riaffiorare un ricordo che pensavo di aver dimenticato. >> disse, per poi abbandonarsi pesantemente contro lo schienale della sedia con un sospiro sconsolato << O magari sono io che ultimamente non sono molto in me. Dalla storia del matrimonio con la principessa Elena è come se fantasmi del passato avessero deciso di riemergere uno dopo l'altro nella mia mente. >>
A quelle parole Merlin aggrottò la fronte, preoccupato << Cosa volete dire? >>
Il principe fece un altro pesante sospiro, dopodiché poggiò sul tavolo il biglietto che teneva tra le mani e lo spinse verso il servo. << Principessa Astrid della casa Wolf. È stata la mia promessa sposa per lungo tempo, mio padre e il suo organizzarono il matrimonio quando entrambi eravamo poco più che ragazzini, una cosa assurda, pensavo allora, ma questo ci diede il tempo di conoscerci e di... innamorarci. >> disse spostando nuovamente i suoi occhi azzurri carichi di malinconia fuori dalla finestra, perso nei ricordi.
Un sorriso triste si dipinse sul volto del mago, che raramente aveva visto il suo padrone così vulnerabile sotto il peso dei propri sentimenti, in effetti era successo soltanto quando aveva ammesso di provare dei sentimenti per Gwen, o quando Morgana era stata ad un passo dalla morte. << Doveva essere davvero una dolce e graziosa fanciulla per aver attirato in questo modo la vostra attenzione. >>
Arthur non riuscì ad impedirsi di sbuffare una risata, che però aveva il gusto amaro della malinconia << Nient'affatto, in realtà era un disastro come principessa, era un disastro proprio come fanciulla. Non era capace di indossare una gonna senza inciampare in essa ad ogni due passi, era goffa e maldestra in tutto ciò che faceva, con i capelli sempre in disordine e l'assurda capacità di fare pasticci anche soltanto mangiando. >>
<< Ora capisco perché la storia del matrimonio con la principessa Elena ve l'ha ricordata. >>
A quelle parole lo sguardo del principe si fece ancora più malinconico << Già, ma lei era molto diversa da Elena. Avresti dovuto vederla con una spada tra le mani, era meravigliosa e terrificante al tempo stesso, sembrava una persona completamente diversa, per niente goffa o impacciata. Durante la sua prima visita a Camelot mi sfidò a battermi con lei nel cortile di addestramento, dicendomi che non aveva intenzione di sposarmi e che la mia sola possibilità per averla in moglie era dimostrarle il mio valore in combattimento. Aveva un carattere forte e impossibile da domare, se voleva o non voleva qualcosa nessuno era in grado farle cambiare idea. Fu questo a farmi innamorare di lei, il suo carattere forte, il suo essere insolita nel comportamento, la sua capacità di sfidare tutti i canoni e le regole senza paura alcuna. Non riuscii mai a batterla in combattimento, né quella volta né le successive; a dodici anni quella ragazza sapeva usare una spada meglio di quanto facessi io, e a quattordici era già più brava di gran parte degli aspiranti cavalieri che mi è capitato di vedere in questi anni. Non avevo mai visto nessuno combattere come lei e riuscire a mettermi al tappeto con una tale semplicità... fino ad oggi. >> lo sbuffo contrariato che seguì quell'ultima affermazione era un chiaro segno che la sconfitta di quella mattina gli scottasse, ma dopotutto era normale, Arthur era sempre stato un tipo orgoglioso.
Ci furono alcuni istanti di silenzio, durante i quali Merlin metabolizzò le informazioni apprese, capendo finalmente perché negli ultimi tempi il suo padrone sembrava sempre così perso nei propri pensieri e più irritabile del solito. << Che cosa le è successo? >> domandò, per poi pentirsene immediatamente quando notò l'espressione di dolore che per un istante distorse i lineamenti del principe.
<< Dei banditi, nel bosco >> cominciò a dire con voce strozzata dall'angoscia, era sempre doloroso ricordare quella parte della storia. << sono spuntati dal nulla e l'hanno rapita. Da allora non si è mai più saputo nulla di lei. >>
<< Mi dispiace. >> mormorò il servo abbassando lo sguardo per il senso di colpa che provava nell'aver riportato a galla ricordi così dolorosi, un attimo dopo però un pensiero gli fece aggrottare la fronte << Però è strano, se combatteva così bene come dite perché non si è difesa? >> era stato un pensiero probabilmente sciocco, una delle solite cose che diceva senza prima collegare il cervello alla bocca, eppure fece scattare immediatamente gli occhi di Arthur su di lui, che presero ad osservarlo come se fosse l'unica persona dotata di buonsenso in tutti i cinque regni.
Il principe era rimasto scioccato da quell'affermazione, perché dannazione era esattamente ciò di cui nessuno si era reso conto a parte lui, ciò per cui suo padre gli aveva dato dello sciocco quando glielo aveva detto. Si riscosse immediatamente da quell'attimo di stupore, tanto era inutile continuare a rimuginarci sopra, i fatti erano quelli e nulla avrebbe riportato Astrid su quella terra. << Ora dovresti andare. >> disse a Merlin in tono formale, portando finalmente l'attenzione alla propria cena.
Il mago annuì ed abbandonò le stanze del suo padrone, capendo che il momento delle confidenze era finito e che Arthur evidentemente desiderava restare da solo.
Mentre si dirigeva verso la sua di stanza non riuscì a non pensare a quanto la sorte potesse essere crudele alcune volte. Arthur e Astrid si erano trovati incastrati in un matrimonio combinato, e inaspettatamente avevano avuto la fortuna di innamorarsi l'uno dell'altra, ma lei era stata strappata prematuramente a questo mondo. Ora Arthur amava Gwen, ma le leggi di Camelot non permettevano la loro unione, e quindi i due erano costretti a nascondere i propri sentimenti, inoltre poco tempo prima aveva rischiato di trovarsi incastrato in un matrimonio con qualcuno che non amava.
A volte il destino aveva davvero un insano senso dell'umorismo.


Appena fuori dalle mura della città, nascosti dalle tenebre di una notte senza luna, tre losche figure si aggiravano furtive, le mani pronte sull'elsa delle spade per qualunque evenienza, e gli occhi attenti a scrutare ogni movimento.
<< Cosa ci facciamo qui? È una perdita di tempo. >> disse il grosso uomo dalla folta barba nera, sputando a terra come a sottolineare il proprio disappunto.
Uno degli altri due lo fronteggiò minaccioso, nonostante fosse più basso di almeno una dozzina di centimetri non sembrava spaventato. << Chiudi il becco, è soltanto colpa tua se siamo in questa situazione. Avevamo un compito semplicissimo: trovare il modo di introdurci nel castello ed uccidere Arthur Pendragon, il tutto con discrezione. Ci è stata promessa una grossa ricompensa ma come al solito tu dovevi attirare l'attenzione cercando di infilarti nella sottana di qualche femmina che non gradisce le tue attenzioni. >>
Un sorriso sprezzante si dipinse su quel volto barbuto << Beh ormai è andata, cosa hai intenzione di fare? Puoi anche uccidermi ma questo comunque non ti aiuterà a tornare al piano originario. >>
<< Lascialo andare Gabe, è inutile discutere con lui! >> disse il terzo uomo, una figura minuta interamente avvolta in un mantello, la voce calma e pacata, dei tre sembrava senz'altro il più pratico << Per ora possiamo solo attendere. Continueremo a restare accampati nei boschi qui vicino e terremo d'occhio le guardie per capire quando sarà più opportuno agire. Ah, il primo che fa qualcosa di sbagliato o da il via ad una zuffa finirà in una fossa anonima con la gola tagliata, siamo intesi? >> aggiunse infine puntando minacciosamente il suo unico occhio – l'altro era coperto da una benda – sui due mercenari suoi compagni di avventura. La voce era sempre calma, ma un suo singolo sguardo sarebbe bastato ad acquietare perfino l'inferno.



Angolo autrice
Ed ecco il terzo capitolo! Che dirvi, spero che vi piaccia. Magari lasciatemi un commentino per farmi capire se devo continuare o meno questa storia.
In ogni caso grazie per aver letto.
Ci vediamo alla prossima!

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3: Galeotto fu quel tramonto ***


Capitolo 3
Galeotto fu quel tramonto

Merlino si asciugò il sudore dalla fronte con la manica della tunica, gettando a terra la spada smussata che aveva preso dal campo di addestramento. << Dammi un attimo di tregua per favore, c'è già Arthur che mi sfinisce dalla mattina alla sera tra allenamenti e altre faccende, non posso reggere anche questo. >>
Ridacchiando Aidan gli si avvicinò, e cingendogli le spalle con il braccio lo portò sotto un albero ai margini della piccola radura che avevano usato per il loro allenamento. << Non preoccuparti, per oggi basta. Devo ammettere che non sei il totale impedito che credevo, devi solo affinare un po' la tecnica ma in generale non sei così male. >>
Un sorrisetto compiaciuto si dipinse sulle labbra piene del moro << Visto? Te l'avevo detto che so cavarmela! >> disse appena prima di prendere un sorso d'acqua dalla sua borraccia.
<< Non cantar vittoria, hai ancora molto da imparare, e di sicuro dovresti ricordarti di portare un'arma con te quando sei in giro per la foresta, altrimenti è inutile che tu sappia cavartela se poi non hai qualcosa con cui difenderti. >> ribatté Aidan passandogli una mano in quei capelli scuri e scompigliandoli affettuosamente.
Merlin sbuffò allontanandosi e cercando di sistemarsi i capelli << Non vedo perché dovrei imparare a combattere, non sono un cavaliere e non mi interessa diventarlo. >>
<< Ma intanto hai accettato la mia proposta e sei venuto ad allenarti qui con me! >> rispose l'altro con un ghigno.
<< Soltanto perché mi fa piacere passare il tempo con te. >> disse prontamente il mago, rendendosi conto troppo tardi quanto fraintendibile poteva apparire quella frase, e si sentì arrossire. Quando si voltò verso l'amico però lo trovò tranquillamente impegnato a stiracchiarsi come un gatto, nessun segno di derisione su quel volto affilato.
<< Anche a me fa piacere passare il tempo con te, altrimenti perché credi che ti chiederei di passare a trovarmi alla taverna appena hai un attimo libero? >> disse con un sorriso affettuoso ad incurvargli le labbra sottili, quasi come se avesse percepito l'imbarazzo dell'altro e volesse fargli capire che non c'era nulla di strano in ciò che aveva appena detto.
Merlin fece un'espressione fintamente pensierosa << Non saprei, forse sei davvero qui per uccidere Arthur e vuoi usare me per arrivare a lui. >>
Aidan scoppiò a ridere << Onestamente se continua a trattarti come fa adesso credo che presto arriverai ad ucciderlo tu prima di un qualunque assassino! >>
<< Probabile! >> rispose il mago, ed entrambi continuarono a ridere per un po', dopodiché restarono in silenzio uno accanto all'altro, ascoltando i suoni della natura intorno a loro, beandosi semplicemente della reciproca compagnia.
Aidan era abituato per lo più alla solitudine e per questo di rado si trovava a proprio agio con le persone, era un tipo amichevole ma anche di natura particolarmente diffidente, conseguenza di tutti i segreti che si portava dentro e che non voleva far venire a galla. Difficilmente si fermava in un posto per più di qualche giorno, e la maggior parte delle notti e dei giorni le trascorreva all'aperto, vagando nei boschi e vivendo di ciò che riusciva a raccogliere o a cacciare; di tanto in tanto si procurava del denaro aiutando le persone a risolvere qualche problema, o uccidendo banditi e intascando la taglia che qualche Lord aveva messo sulle loro teste – insieme all'oro che gli stessi banditi si portavano addosso – così alcune notti poteva permettersi di affittare una stanza in una locanda, ma per lo più preferiva restare alla larga dalla gente, le persone facevano sempre troppe domande a cui lui non voleva rispondere. Il tempo più lungo che aveva passato in uno stesso posto erano stati i precedenti cinque mesi a Ealdor, gli piaceva quel villaggio, le persone erano gentili ed ospitali, soprattutto Hunith, una donna umile ma con una grande forza d'animo, era stata anche l'unica dopo anni che fosse riuscita a guadagnarsi la sua fiducia e tra loro si era instaurato un bel rapporto d'amicizia, o più che altro un rapporto molto simile a quello madre-figlio visto che lui e Merlin avevano praticamente la stessa età. Hunith gli aveva parlato molto e con infinito orgoglio di quel suo figlio lontano, che a Camelot era diventato il servo personale del Principe Arthur, e ormai Aidan aveva sentito così tante storie che gli sembrava di conoscere perfettamente quel ragazzo dai capelli corvini e gli occhi azzurri già prima di incontrarlo. Quando poi lo aveva conosciuto per davvero, in quel modo del tutto casuale, aveva provato un'immediata simpatia mista ad affetto per lui, che a giudicare da ciò che vedeva era ricambiata.
Era andato a Camelot con l'intenzione di ripartire nel giro di un paio di giorni, ma tra una cosa e l'altra erano già due settimane che alloggiava al The Rising Sun e ormai a ripartire non ci pensava quasi più, certo prima o poi lo avrebbe fatto ma per il momento non c'era fretta. Passava molto tempo insieme a Merlin, che appena aveva un momento libero andava a cercarlo anche solo per fare una breve chiacchierata prima di tornare al lavoro, ma spesso era anche Aidan che si addentrava nei corridoi del castello andando in cerca dell'altro negli appartamenti del medico di corte o nel cortile di addestramento. Alcuni giorni prima nel suo girovagare aveva conosciuto Gwen, una dolce ragazza amica di Merlin e serva personale di Lady Morgana; un'altra volta invece delle guardie l'avevano quasi arrestato perché avevano trovato sospetto il suo vagare per il castello, così aveva deciso che forse era meglio limitarsi a cercare l'amico negli appartamenti di Gaius e magari lasciargli un messaggio nel caso non lo avesse trovato.
Ad un certo punto Merlin emise un pesante sospiro e poggiò la testa contro il tronco dell'albero sotto il quale erano seduti, osservando la luce del crepuscolo gettare bagliori arancioni nel cielo via via sempre più scuro. << Dovrei andare, è quasi ora di portare la cena ad Arthur. >> disse con l'aria sconsolata di chi sarebbe volentieri rimasto ancora per un po' in quella piccola bolla di tranquillità. Gli piaceva passare il tempo in compagnia di Aidan, qualunque cosa facessero, anche se si limitavano semplicemente a starsene uno accanto all'altro in silenzio come in quel momento.
<< Devi proprio? Il tramonto stasera è uno spettacolo, sarebbe un peccato se te lo perdessi. >> disse l'altro intento ad osservare la luce del sole che andava svanendo all'orizzonte. Merlin si voltò a guardarlo studiandone il profilo, era bello Aidan, spesso si era ritrovato a pensarlo e ad imbarazzarsi subito dopo per quei pensieri inopportuni, ma ogni volta che erano insieme non poteva fare a meno di notarlo. Non è che l'avventuriero avesse una bellezza insolita, eppure in lui c'era qualcosa che aveva catturato il mago fin dalla prima volta in cui si erano visti, il che era strano perché lui non aveva mai mostrato di avere simili inclinazioni, certo non che potesse vantare una lunga fila di ragazze nel suo passato ma comunque c'erano state, e mai l'idea che potesse provare attrazione per un altro uomo lo aveva sfiorato.
Visto il lungo silenzio che aveva seguito la sua domanda Aidan si voltò verso l'amico e aggrottò la fronte quando notò l'espressione stralunata con cui lo stava fissando e il rossore che gli aveva colorato le gote pallide << Ehi Merlin qualcosa non va? >>
Solo in quel momento il moro si riscosse dai propri pensieri, sussultando. << S-sì, va tutto bene! >> rispose con poca convinzione, e infatti non convinse minimamente l'amico.
<< Sei sicuro? >> domandò questi sporgendosi verso di lui e prendendo ad osservarlo con attenzione. In quel modo i loro volti erano appena ad un palmo di distanza, e questo mandò Merlin in confusione, si sentì arrossire ancora di più, il battito accelerato del proprio cuore gli rimbombava direttamente nelle orecchie stordendolo, il peculiare odore di aghi di pino e pioggia che Aidan si portava costantemente addosso gli riempiva le narici. Non seppe bene dove trovò il coraggio – o la follia – necessario, ma un attimo dopo le sue labbra erano premute su quelle dell'altro; lo sentì sussultare, e per un breve istante si pentì di ciò che aveva appena fatto, ma poi le labbra di Aidan si schiusero ricambiando il bacio e rendendolo più profondo. Merlin si sentiva impacciato, era la prima volta che baciava un uomo, ma a giudicare da come quelle labbra sottili si muovevano tremanti sulle sue neanche l'altro doveva avere molta esperienza su quel fronte, il che era strano perché l'avventuriero aveva tutta l'aria di uno che aveva vissuto ogni tipo di esperienza immaginabile.
Le loro lingue si sfiorarono timidamente mentre entrambi si assaporavano a vicenda, godendo di quel contatto impacciato eppure così intimo; ma fu l'illusione di un istante, la gioia effimera di un momento di follia, perché d'improvviso Aidan si allontanò come scottato, interrompendo quel bacio dopo un tempo troppo breve. << Oh dannazione! >> mormorò con un'espressione sconvolta dipinta sul volto. << Dannazione Merlin, io non pensavo che tu avessi simili... inclinazioni. >> sbottò dopo un attimo di silenzio con un tono esasperato ed accusatorio che davvero non avrebbe voluto mettere in quelle parole, ma gli uscirono così, e se ne pentì con tutto il cuore quando notò la delusione e il dolore negli occhi azzurri dell'amico.
Merlin non disse nulla, si limitò ad alzarsi, raccogliendo assieme alle spade spuntate quel po' di dignità che gli restava ed apprestandosi ad andarsene via. Non capiva davvero cosa gli fosse passato per la testa, che diavolo sperava di ottenere con quel bacio?
<< Aspetta, non è come pensi, per favore ascoltami. >> disse Aidan alzandosi a sua volta e raggiungendo l'altro che intanto si era allontanato.
<< Non c'è bisogno che tu dica altro, hai già detto abbastanza. >> rispose acidamente il mago, senza nemmeno voltarsi a guardarlo << Ora se vuoi scusarmi devo tornare ai miei doveri. >> così dicendo allungò il passo e si allontanò.
Stavolta Aidan non provò a seguirlo.


Il gallo aveva cantato da tempo ormai e le strade della città bassa erano piene di persone intente a sbrigare le proprie faccende: venditori che decantavano le proprie merci, donne che passeggiavano chiacchierando e acquistando prodotti, lavandaie che andavano al fiume, guardie intente a controllare che tutto fosse in ordine; dappertutto c'erano rumori che dalle strade salivano fino ai piani superiori degli edifici.
Aidan, steso sul suo letto alla locanda, sciorinò una sequela di colorite imprecazioni contro quel baccano infernale che gli stava massacrando il cervello aumentando il suo già insopportabile mal di testa. Si sentiva uno straccio, aveva lo stomaco sottosopra, la bocca impastata e quel mal di testa martellante come se la testa stesse per esplodergli. Provò ad alzarsi ma un forte attacco di nausea lo colse costringendolo a ricadere pesantemente sul materasso.
<< Maledizione ma quanto ho bevuto? >> mormorò tra sé e sé, ripensando ai numerosi boccali di idromele e sidro che aveva portato alle labbra la sera prima, e ricordando vagamente di aver perso il conto ad un certo punto.
Sicuramente troppo. Gli disse una vocina nella sua testa, ed era vero, dannazione, lui non era uno a cui bastava qualche pinta per finire in quello stato pietoso, e nemmeno qualche caraffa... diverse caraffe ad essere onesti; probabilmente se al suo posto ci fosse stato qualcun altro a quell'ora sarebbe stato già bello che morto, ma la sera prima era troppo sconvolto e pieno di sensi di colpa per ciò che era successo con Merlin, quindi voleva evitare di pensarci. Ma forse bere non era stata una soluzione troppo intelligente, faceva sempre cose stupide quando era sotto l'effetto dell'alcol, come quella volta che il suo amico Gwaine – ubriaco marcio anche lui – aveva tentato di baciarlo e lui aveva passato metà della notte ad inseguirlo brandendo una forchetta e dandogli dello stupratore... probabilmente in quella taverna sperduta nel nulla stavano ancora ridendo di loro due.
Con molta fatica si costrinse ad alzarsi dal letto e a scendere al piano di sotto, dove il locandiere si affrettò a portargli subito dell'acqua e qualcosa da mangiare, accompagnando il tutto da un'espressione preoccupata.
<< Ti prego dimmi che non ho ammazzato nessuno ieri sera. >> disse con voce un po' patetica, dopo aver bevuto qualche sorso d'acqua per tentare di mandar via l'orribile sapore che sentiva sulla lingua. Sì, probabilmente aveva anche vomitato da qualche parte mentre non era in sé.
Il locandiere alzò un sopracciglio << Credi che se avessi ammazzato qualcuno ti saresti svegliato qui e non in prigione? >>
Giusta osservazione. Pensò Aidan, ma si limitò ad annuire prendendo un altro sorso d'acqua, dopodiché guardò il piatto di carne e formaggio che aveva davanti, il suo stomaco si contorse in maniera pericolosa, minacciando di farlo vomitare di nuovo, così preferì portare nuovamente la sua attenzione sul locandiere che era ancora in piedi di fronte a lui e lo squadrava in un modo che l'avventuriero non riusciva a definire a causa dei postumi della sbornia che ancora gli annebbiavano la mente. << Giuro che pagherò qualsiasi danno io abbia causato. >> in quel momento gli sembrava la cosa più giusta e sensata da dire.
Con un pesante sospiro l'uomo gli si sedette di fronte << Non hai causato nessun danno, non preoccuparti. Solo mi domandavo cosa ti fosse successo. Credimi ne ho visti di cuori infranti passare per questa locanda, e posso dirti che a volte un consiglio può risolvere molte situazioni in apparenza irrisolvibili. >>
Aidan non aveva voglia di parlare dei suoi problemi personali con qualcuno, aveva bevuto fino a star male proprio per dimenticarsene, e fin quando avrebbe avuto la mente ancora abbastanza annebbiata da riuscire a non pensare insistentemente a Merlin voleva godersi il momento, benché il momento in questione fosse costellato di orribili sensazioni fisiche. Lanciò un lungo sguardo penetrante al locandiere, e visto lo stato in cui si trovava gli costò un grande sforzo mentale riuscire a sembrare vagamente minaccioso piuttosto che un patetico rifiuto umano, ma ne valse la pena perché l'uomo alzò le mani in segno di resa e tornò alle proprie faccende.
Rimasto solo Aidan si sforzò a mettere qualcosa nello stomaco per attenuare le sensazioni che l'alcol gli aveva lasciato; l'ideale sarebbe stato andare dal medico e farsi dare qualcosa, sapeva che Gaius aveva uno speciale rimedio proprio per quelle situazioni, ma non voleva rischiare di incontrare Merlin, non prima di aver riflettuto bene su ciò che era successo. Ancora non capiva il perché di quel bacio, non che gli fosse dispiaciuto, si era sentito attratto da quel moretto con gli occhi azzurri praticamente fin dalla prima volta in cui lo aveva visto, era bello e intrigante nel suo modo di fare, aveva lo sguardo sincero e un sorriso che avrebbe fatto sciogliere chiunque. Mai aveva pensato, però, che i suoi sentimenti potessero essere ricambiati, per il momento gli sarebbe bastato avere soltanto l'amicizia di quel ragazzo, per questo quando aveva sentito quelle labbra piene e morbide posarsi sulle proprie era rimasto sorpreso, ma anche felice, e non era riuscito a non ricambiare quel bacio inatteso. Poi però la realtà dei fatti era arrivata, scomoda e impossibile da ignorare: non poteva lasciarsi trascinare da quei sentimenti, tra lui e Merlin non sarebbe mai potuto esserci niente, ed aveva scaricato tutta quella frustrazione urlandogli contro, facendolo sentire come se fosse un abominio della natura, come se quel bacio che si erano appena scambiati fosse il peggior peccato che il mondo avesse mai visto.
Sospirò pesantemente mentre infilava in bocca un altro pezzo di pane e formaggio, a quanto pareva l'annebbiamento della sbornia era sparito, lasciandolo in balia di tutti i dubbi e i pensieri che la sera prima aveva cercato di affogare dentro quantità imbarazzanti di idromele.
Non sapeva bene cosa fare, di certo non poteva semplicemente ignorare la cosa e andarsene da Camelot, sarebbe stato da codardi. Doveva parlare con Merlin e chiedergli scusa, ma non poteva farlo senza spiegargli il vero motivo della sua reazione, il che avrebbe significato svelargli uno dei suoi tanti segreti, e non era certo di volerlo fare, la cosa avrebbe probabilmente portato più problemi di quelli che avrebbe risolto.
Con uno sbuffo esasperato decise di lasciar perdere la questione, almeno per il momento, tutti quei pensieri erano troppo per la sua testa dolorante, così si diresse nuovamente nella sua stanza al piano di sopra e si gettò sul letto infilando la testa sotto al cuscino, in cerca di un po' di pace e silenzio.


Nella foresta, steso sul duro terreno, Merlin osservava le stelle risplendere nel cielo notturno e che gli ricordavano dolorosamente i riflessi dorati nel verde degli occhi di Aidan, di cui aveva involontariamente imparato ogni sfumatura.
Avrebbe voluto salutarlo prima di partire per quella missione potenzialmente letale verso il castello di Fyrien, avrebbe voluto parlargli, cercare di chiarire le cose, ma l'umiliazione che aveva provato dopo il loro bacio era stata tale da farlo desistere; ma poi cosa avrebbe potuto dirgli? Che neppure lui stesso capiva cosa gli stava succedendo? Che era inspiegabilmente attratto da lui anche se non avrebbe dovuto? Sarebbe servito soltanto ad umiliarsi ulteriormente. E comunque Aidan sicuramente non voleva vederlo, forse troppo disgustato da lui, o era certo che non si sarebbe fatto attendere e sarebbe andato a cercarlo. Sicuramente al suo ritorno da quella missione – se fosse tornato – la stanza che l'avventuriero aveva occupato al The Rising Sun sarebbe stata vuota e lui già lontano chissà dove.
Provò a chiudere gli occhi nella speranza che quei pensieri scivolassero via; al momento aveva cose più importanti a cui pensare e non poteva permettersi distrazioni. Doveva stare attento che Morgana non giocasse loro qualche brutto tiro, doveva vegliare su Arthur, doveva proteggerlo come aveva sempre fatto. Era quella la sua priorità e il suo destino.



Angolo autrice
Salve a tutti gente! (o a quei tre di voi che leggono questa storia xD)
Che dirvi, io lo so che la maggior parte di voi tifa per la Merthur e vorrebbe vederla in ogni storia, e credetemi io sono tra quelle persone, ma per come ho deciso di sviluppare questa storia non era possibile vedere Arthur e Merlin innamorarsi l'uno dell'altro... almeno non ufficialmente. Diciamo però che mi divertirò a giocare su questa cosa un po' come hanno fatto nella serie originale, buttando qua e là i "semini del dubbio" su ciò che provano l'uno per l'altro l'asino reale e il suo servo, e vi anticipo già che se continuerete a seguirmi è probabile che verso la fine arrivera una qualche piccola soddisfazione per tutte le fan di questa coppia. Ma in ogni caso ricordate che lo snodo principale della storia non sono le relazioni amorose dei personaggi, che comunque ci saranno ed avranno il loro ruolo, ma diciamo che saranno più un sottofondo al resto della narrazione.
Tornando al capitolo chissà come andranno le cose tra Merlin e Aidan... Voi che dite? Staranno insieme o l'avventuriero deciderà di andarsene senza dire una parola pur di proteggere i suoi segreti?
Spero che la storia vi stia piacendo e che attiri la vostra curiosità.
Grazie a tutti quelli che mettono la storia tra le preferite/seguite/ricordate e a quelli che leggono soltanto.
Un saluto speciale ad
Aquarius no Leni che mi ha lasciato una recensione.
Alla prossima <3

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4: Notte di segreti e sospiri ***


Capitolo 4
Notte di segreti e sospiri

La taverna era quasi deserta a quell'ora del giorno, solitamente era dopo il tramonto che si animava delle risate e degli schiamazzi di clienti abituali e viaggiatori di passaggio. Aidan se ne stava seduto al solito tavolo sbocconcellando con scarso appetito una focaccia dolce che la moglie del locandiere aveva appena finito di sfornare, la mente ingombra di mille pensieri.
Alcuni giorni prima, dopo aver smaltito a dovere la sbornia, aveva preso coraggio ed era andato a cercare Merlin, solo che quando era arrivato negli appartamenti di Gaius aveva appreso che il ragazzo non c'era, a quanto pareva era partito insieme ad Arthur e sarebbe tornato entro qualche giorno. Il medico aveva cercato di liquidare la faccenda come qualcosa di poco conto, dicendogli di non preoccuparsi e che entro breve lo avrebbe rivisto, ma all'avventuriero non era sfuggita la preoccupazione dietro quegli occhi apparentemente tranquilli. Merlin gli aveva raccontato che spesso il principe lo trascinava in segrete avventure potenzialmente mortali, come la volta che erano quasi stati mangiati da un wildren, di conseguenza gli era impossibile non stare in pensiero per il suo amico. Temeva che gli accadesse qualcosa e l'idea gli era insopportabile.
« Ancora pensieri per la testa?» la voce del locandiere lo fece sussultare per la sorpresa. Non lo aveva nemmeno visto arrivare e la cosa era strana, non era da lui distrarsi fino a non accorgersi di ciò che gli accadeva intorno.
« Già!» rispose dopo essersi ripreso dall'attimo di smarrimento «A proposito scusami per l'altra mattina, non ero del tutto in me. Tu stavi solo cercando di aiutarmi e io...»
«Ah non preoccuparti, per questa taverna passano davvero persone di ogni tipo, sono abituato a cose ben peggiori di qualcuno che mi intima di farmi gli affari miei» lo tranquillizzò Evoric sorridendo bonario «In ogni caso però sappi che l'offerta è ancora valida».
Le labbra di Aidan si incurvarono in un sorriso leggermente divertito «Voi locandieri proprio non ce la fate a vivere senza sapere i fatti degli altri, vero?».
Questi mise su una finta aria pensierosa «Sai di solito non ho bisogno di chiedere, quando uno si ubriaca spiattella ai quattro venti tutti i fatti propri, ma tu nemmeno da ubriaco ti lasci sfuggire qualcosa!»rispose ridacchiando.
L'avventuriero evitò di dirlo ma sentire quelle cose era un vero sollievo, sarebbe stato un guaio se l'alcol lo avesse indotto a rivelare i propri segreti, e in quel caso il bacio con Merlin sarebbe stato l'ultimo dei suoi problemi. Non sapendo che rispondere mise in bocca un altro pezzo di focaccia.
«Allora dimmi» continuò Evoric «il tuo cuore infranto ha forse qualcosa a che fare con un giovane dagli occhi azzurri e i capelli corvini?».
Aidan a quella domanda inevitabilmente si strozzò con il cibo. Mentre cercava di non morire soffocato lanciò uno sguardo interrogativo al locandiere, il quale lo guardava con l'aria di uno che la sapeva lunga e a cui non si poteva mentire. «Lo prendo come un sì!» disse infatti.
«Ma come ti salta in mente?» domandò il ragazzo non appena ebbe di nuovo abbastanza forza per parlare. Ok, Evoric aveva indovinato in pieno ma piuttosto che ammettere a qualcuno i propri sentimenti – che tra l'altro neppure lui capiva ancora appieno – si sarebbe fatto scuoiare vivo.
«Mia figlia ti fa gli occhi dolci praticamente dalla prima volta in cui hai messo piede qui dentro e tu non l'hai mai degnata neppure di uno sguardo, e dire che non passa inosservata a nessuno. Non ti sto giudicando, con il lavoro che faccio mi capita di vedere davvero persone di ogni tipo e ad un certo punto quasi nulla sembra strano».
Aidan avrebbe voluto dirgli che sua figlia non era un metro di giudizio universale per capire le inclinazioni delle persone, soprattutto considerata la sua giovane età, ma Evoric pareva tanto fiero e convinto delle proprie affermazioni che lui non ebbe né la voglia né la forza per ribattere. Si limitò a sospirare e a scuotere la testa come se avesse a che fare con qualcuno completamente fuori di senno. «Ho litigato con il mio amico, tutto qui!» disse «Ho detto qualcosa che non dovevo e l'ho ferito, e adesso non so come fare a rimediare. Mi sento un idiota perché ho un carattere talmente insopportabile da non riuscire a tenermi stretto nessuno» non era del tutto una bugia ma neppure la verità, evidentemente però dovette pronunciarla in maniera estremamente convincente, perché il locandiere annuì serio mormorando un “capisco” e cominciando a snocciolare – con aria tanto solenne da risultare quasi comica – tutta una serie di consigli su come poteva fare per rimediare, misti ad incoraggiamenti su come le cose si sarebbero sicuramente risolte e lui non doveva preoccuparsi troppo.
Aidan dal canto suo fingeva solamente di ascoltarlo, annuendo di tanto in tanto come se avesse compreso perfettamente ogni parola quando in realtà pregava solamente di rivedere Merlin al più presto sano e salvo, e pensando a quanto avrebbe voluto poter assaporare quelle labbra così belle e morbide che aveva avuto appena la fortuna di sfiorare per un tempo troppo breve. Si ritrovò a sussultare impercettibilmente quando si rese conto della direzione che avevano preso i suoi pensieri.
Dei del cielo, sono completamente uscito di senno.
Pensò mentre guardava con scarsa attenzione Evoric congedarsi da lui per poi tornare al lavoro tra i clienti che già cominciavano ad affollare la locanda mentre l'arancione del tramonto colorava di calde tonalità l'interno della sala. Restò solo con i propri pensieri, riflettendo a lungo su quei sentimenti che ancora non sapeva spiegarsi del tutto.
Forse avrebbe solamente dovuto andarsene in silenzio e dimenticare quanto accaduto, sarebbe stata la cosa più semplice: nessuna spiegazione da dare, nessun segreto da svelare... ma non sarebbe stata la cosa giusta. Merlin meritava di sapere la verità e lui non sarebbe fuggito come un codardo, era stanco di fuggire, non faceva altro ormai da troppo tempo.
Le prime stelle avevano appena cominciato a punteggiare il cielo via via più scuro quando Aidan decise di ritirarsi nella propria stanza al piano di sopra, non aveva nessuna voglia di restare in mezzo alla bolgia di gente che ormai affollava la taverna, tuttavia aveva appena messo piede sul primo gradino quando gli giunse alle orecchie la conversazione tra alcuni cavalieri, facendolo bloccare lì dov'era.
«Vacci piano con il bere o domani all'allenamento il principe Arthur ti farà a pezzi!» stava dicendo uno.
In risposta gli arrivò uno sbuffo contrariato «Il principe è stato tre giorni in viaggio per fatti suoi, e adesso che è tornato io dovrei rinunciare a festeggiare il mio compleanno perché lui ha deciso di anticipare di un'ora gli allenamenti di domani per recuperare? Nemmeno per sogno!» rispose un altro appena prima di chiamare il locandiere perché portasse un'altra caraffa al loro tavolo, dichiarando che avrebbe offerto lui per quella sera. Aidan però aveva già smesso di ascoltarlo, il suo cervello si era soffermato ad elaborare il fatto che il principe era tornato. E Merlin? Stava bene? Era tornato anche lui?
Quelle domande avevano soltanto vagamente preso forma nella sua testa che già i suoi piedi si mossero rapidamente verso l'uscita della taverna, portandolo in tutta fretta verso gli appartamenti del medico di corte.


Merlin aveva appena lasciato le stanze di Arthur dopo aver preparato tutto per la notte, e ora se ne stava seduto nello studio di Gaius in compagnia di una candela già per metà consumata e dei suoi pensieri tormentati. Dopo avergli detto che nei giorni precedenti Aidan era andato a cercarlo, il medico era dovuto uscire per assistere una partoriente nella città bassa, lasciandolo da solo a rimuginare sul da farsi. In un primo momento aveva pensato di cercarlo alla taverna per vedere cosa avesse da dirgli, ma poi la delusione e il senso di umiliazione per ciò che era successo alcuni giorni prima lo avevano nuovamente assalito, per non parlare dei dubbi: cosa gli avrebbe risposto ad un'eventuale e legittima domanda sul perché avesse fatto ciò che aveva fatto? Non lo sapeva neanche lui, o meglio lo sapeva ma gli sembrava una cosa tanto assurda che non voleva lasciarle prendere forma concreta nella sua testa, figuriamoci ammetterla ad alta voce.
Qualcuno bussò alla porta e il mago si riscosse dai suoi pensieri andando ad aprire, trovandosi davanti l'ultima persona che si sarebbe aspettato di vedere: Aidan se ne stava sulla soglia e lo osservava con una strana espressione, in silenzio, il fiato corto come se avesse corso.
Per un attimo venne assalito dal panico, così disse la prima cosa che gli venne in mente: «Ehm Gaius non è qui» era la cosa più stupida del mondo, era ovvio che il ragazzo non fosse andato lì per cercare Gaius.
«Bene!» sussurrò l'altro guardandolo intensamente un istante prima di tuffarsi sulle sue labbra in modo quasi disperato.
Merlin rimase così sorpreso da quel bacio che non riuscì a muovere un muscolo mentre l'altro lo spingeva ad arretrare tenendolo per i fianchi; finì per cozzare contro il bordo del tavolo, intrappolato tra il legno e il corpo di Aidan che aderiva al suo. Sentì la lingua del ragazzo chiedere l'accesso alla sua bocca e non riuscì ad impedirsi di schiudere le labbra, tutti i dubbi che fino poco prima gli affollavano la mente svaniti nel nulla. Si aggrappò alle sue spalle ricambiando il bacio e stringendosi ancora di più contro di lui, fece scivolare una mano lungo il collo dell'altro e stava per infilarla tra quei riccioli disordinati ma non ci riuscì perché l'avventuriero interruppe di colpo il bacio, stavolta però non si allontanò, restò con la fronte appoggiata a quella di Merlin, i loro respiri spezzati che si mescolavano nell'esiguo spazio tra le loro labbra.
«Scusami!» sussurrò Aidan, e il mago non capì per cosa esattamente si stesse scusando, se per quel bacio o per quanto successo giorni prima. «Merlin, ho bisogno di parlarti» continuò «ma la situazione è... complicata».
Ancora stordito da quanto appena successo e da tutte le emozioni che stava provando, Merlin rimase in silenzio, attendendo che l'altro parlasse. Questi però non disse una parola e si scostò un po' da lui, lanciando un'occhiata alla porta ancora semiaperta alle sue spalle: vi si avvicinò, la chiuse del tutto e tornò indietro. «Possiamo andare nella tua stanza? Non voglio rischiate che qualcuno senta quello che ho da dirti» disse «giuro che non attenterò alla tua virtù» aggiunse poi accennando un sorriso, nel tentativo di smorzare un po' la tensione che si era creata.
Il mago gli lanciò uno sguardo confuso, ma poi annuì e fece strada. Quando entrarono lui si sedette sul letto, mentre l'altro continuava a camminare avanti e indietro con aria nervosa.
«Prima di tutto volevo scusarmi per quello che ho detto l'altra volta» esordì Aidan fermandosi finalmente e guardandolo negli occhi «ho reagito in quel modo perché non me lo aspettavo e... insomma, ho avuto paura. Tu mi piaci, Merlin, e tanto, e mi piaceva il legame che si stava creando tra noi, e o avuto paura che finisse tutto in rovina quando... se... oh maledizione così non va!» si passò le mani nei capelli in un gesto esasperato.
Merlin lo osservò con aria confusa, sembrava che l'altro stesse per avere un attacco isterico, e davvero non capiva dove volesse andare a parare con quel discorso «Aidan, non capisco cosa stai cercando di dirmi».
L'altro prese un profondo respiro, come per riordinare le idee «Merlin, devi dirmi una cosa, e ti prego di essere assolutamente sincero. A te piacciono gli uomini?».
Quella domanda servì solo a creargli più confusione in testa. Cosa avrebbe dovuto rispondere? No? Eppure le sue azioni dimostravano tutt'altro. Allora sì? Ma non sarebbe stata la verità, perché prima di Aidan non gli era mai capitato di provare attrazione per un uomo. «Io non lo so» ammise infine «Non era mai successo... prima di te. Ma che importanza può avere?».
A quel punto l'avventuriero si morse il labbro, nervoso, consapevole del fatto che a quel punto toccava a lui rivelare la verità. Andò verso Merlin e gli sedette accanto, guardandolo intensamente negli occhi «Giuro che quanto sto per dirti è la verità, non ho in alcun modo intenzione di prendermi gioco di te».
«Così mi stai spaventando» confessò il mago, che di tutta quella situazione capiva sempre meno, ma a quel punto non era più tanto certo che gli andasse di capire.
«In realtà io sono una ragazza!» buttò fuori tutto d'un fiato, trattenendo poi il respiro, in attesa della reazione dell'altro.
Ci fu un lungo momento di silenzio, più assordante e fastidioso di qualsiasi rumore, poi Merlin si decise a parlare «Mi prendi in giro?» esalò con un filo di voce. Di tutte le cose possibili l'ultima che si sarebbe aspettato era che Aidan fosse una ragazza. D'accordo, non aveva una voce molto profonda, e neppure il più vago accenno di barba, ma tutto per tutto il resto – altezza, forza, atteggiamento – non avrebbe mai detto che fosse una donna.
Con un sospiro rassegnato Aidan iniziò a sciogliere i lacci della propria tunica, per poi sfilarla quel tanto che bastava perché l'altro vedesse le bende che gli fasciavano strettamente il petto, in modo che la forma dei seni non si notasse da sotto i vestiti. «Ora mi credi?».
Merlin annuì, spostando lo sguardo altrove mentre l'altro – o meglio l'altra – sistemava la tunica, sulle guance un lieve rossore «Beh questo spiega tante cose» mormorò dopo qualche istante, continuando a tenere lo sguardo puntato fuori dalla finestra da cui poteva vedere una luminosa luna a metà.
«Tipo cosa?» domandò Aidan in un sussurro, come se si preparasse a sentire un segreto.
«Tipo perché avessi reagito in quel modo dopo il nostro bacio, o perché mi piaci così tanto» nel confessare quest'ultima cosa finalmente tornò a guardare negli occhi la ragazza.
«Quindi credi che ti piaccio solo perché sono una donna?»
«Non lo so» ammise il mago «so che mi piaci e questo mi basta, mi sarebbe bastato anche se fossi stata davvero un ragazzo».
Si guardarono negli occhi per diversi secondi, dopodiché si avvicinarono l'uno all'altro fino ad annullare ogni distanza tra le loro labbra, unendole in un bacio lento e dolce. Aidan si divertì a lasciare piccoli morsi su quelle labbra rosse e piene, mentre Merlin di tanto in tanto faceva scivolare la propria lingua contro quella dell'altro, gustando il sapore di quella bocca.
«Qual è il tuo vero nome?» domandò il mago quando – dopo diversi minuti – si separarono.
«Aidan, è questo il mio nome da tantissimo tempo ormai, chiamami solo così».
Merlin aggrottò la fronte «Non sarai mica ricercata da qualche parte?».
L'avventuriero non riuscì a trattenere una risatina «Sì, sono ricercato in almeno metà dei regni in cui sono stato, e c'è una numerosa banda di criminali che metterebbe volentieri la mia testa su una picca. Sfortunatamente cercano tutti Aidan, e non una ragazza troppo alta e troppo forte per il suo sesso».
«Fai sul serio?» domandò il mago sgranando gli occhi «Che cosa hai combinato?».
«Parecchie cose, non tutte così gravi come potrebbe sembrare, ma a volte i nobili sono davvero suscettibili» rispose, sulle labbra un sorriso divertito che contagiò anche Merlin.
Ci fu qualche altro istante di silenzio, poi un'altra domanda del mago «Perché fingerti un uomo?».
L'espressione di sufficienza che lei gli rivolse lo fece sentire un vero idiota «Una donna che viaggia da sola, che idee credi che nascano nella mente della maggior parte degli uomini in questo caso? So difendermi, ma non posso stare ad ammazzare gente un giorno sì e l'altro pure».
Il mago annuì come per darle ragione, poi nella stanza calò di nuovo il silenzio. Si era creata una strana atmosfera tra loro, poteva percepirla nell'esiguo spazio che li separava e nei loro respiri che si mescolavano, come un'attesa carica di desiderio.
«Merlin?» questa volta fu Aidan a rompere il silenzio.
«Sì?».
«Perché sei così nervoso?».
Rimase sorpreso da quella domanda, neppure si era accorto di aver cominciato a picchiettare ansiosamente le dita sulla coperta, mentre con i denti si torturava il labbro inferiore. Guardò Aidan negli occhi e vi lesse le stesse sensazioni che sentiva lui. Senza pensarci oltre la baciò di nuovo. Dapprima fu un leggero sfiorarsi, non diverso dai baci precedenti, poi le cose si fecero più passionali: i morsi prima leggeri divennero quasi dolorosi, e le loro lingue presero a rincorrersi e a scontrarsi come in una lotta per la supremazia.
Aidan fece scivolare una mano nei capelli corvini dell'altro, fino ad arrivare al nodo che gli chiudeva il fazzoletto attorno al collo e slacciarlo, il passo successivo furono i lacci della tunica, che finì abbandonata a terra, immediatamente seguita dalla propria. Gli unici momenti in cui le loro labbra si staccarono furono quelli necessari a far scivolare via i vestiti.
Merlin accarezzò la leggera curva dei fianchi, notando come fosse evidente che quelle forme, senza la larga tunica a nasconderle, appartenessero ad una donna. Le mani scivolarono verso le fasce che le coprivano i seni, con l'intenzione di slacciarle, ma l'altra lo fermò.
«No» sussurrò afferrandogli le mani, per poi spingerlo a stendersi sul letto mettendosi ad arcioni su di lui. Mentre intrecciava le loro mani sul cuscino, ai lati della testa del ragazzo, portò le labbra su quel collo sottile, baciando mordendo e succhiando la pelle candida.
Il mago le lasciò fare ciò che voleva, era insolita tanta intraprendenza da parte di un ragazza, non che in ogni caso avesse avuto la forza di ribattere, Aidan ci sapeva proprio fare. Sentì una delle mani intrecciate alle sue lasciare la presa e scivolare con tocco di piuma lungo il suo braccio e lungo il suo corpo nudo, fino ad arrivare al bordo dei pantaloni, dove arrestò la sua discesa.
«Vuoi che mi fermi?» domandò lei interropendo anche il bacio e guardandolo negli occhi. Nelle iridi verdi uno strano misto di desiderio ed insicurezza.
«N-no» si affrettò a rispondere Merlin, spiazzato dall'assurdità della situazione e di quella domanda, semmai sarebbe dovuto essere lui a preoccuparsi. «Tu vuoi fermarti?» domandò infatti un istante dopo.
Un sorriso sincero incurvò le labbra della ragazza, un sorriso che fece perdere un battito al cuore di Merlin «Nient'affatto!» rispose appena prima di baciarlo di nuovo, mentre faceva scivolare la mano oltre il bordo dei pantaloni.


Angolo Autrice
Salve! Ecco il nuovo capitolo. Lo so, c'è una scena leggermente hot, ma visto che non sono andata nei dettagli non ho ritenuto fosse necessario cambiare il rating della storia, se poi ho sbagliato fatemelo sapere :D
Comunque che dire, alla fine Merlin si ritrova ad essere in un certo senso "passivo" anche quando non dovrebbe. Povero il nostro maghetto preferito xD
Spero che il capitolo vi piaccia, se è così magari fatemelo sapere con una recensione, o anche un messaggio privato... insomma qualche segno di vita datemelo, altrimenti mi demoralizzo e finisce che abbandono la storia perché penso che faccia veramente schifo >.<
Alla prossima!

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Capitolo 6
*** Capitolo 5: Più di quanto dovrei ***


Capitolo 5
Più di quanto dovrei

Arthur avanzò con passo rabbioso verso gli alloggi di Gaius, e fu soltanto per rispetto dell'anziano medico che quando fu davanti alla porta bussò anziché precipitarsi dentro direttamente e prendere a bastonate il suo incompetente servitore. Il sole era sorto da un bel po', ma di Merlin neppure l'ombra, quell'idiota non era andato a svegliarlo e così lui aveva finito per perdersi gli allenamenti della mattina, inoltre pareva che nessuno lo avesse visto in giro. Era meglio per lui se aveva qualche buona scusa per non essersi presentato al lavoro, perché se invece aveva passato tutta la notte alla taverna – magari in compagnia di quell'insopportabile avventuriero – era la volta buona che Arthur lo avrebbe messo alla gogna per un tempo indefinito.
Bussò una seconda volta, vedendo che nessuna risposta gli arrivava dall'interno degli alloggi, e un'altra ancora un po' più forte quando continuò ad udire soltanto silenzio. Alla fine entrò, cercando di capire se ci fosse qualcuno.
In quello strano stato tra la veglia ed il sonno, Merlin sentiva come ovattati tutti quei rumori, che – per qualche ragione che il sonno ancora gli impediva di mettere a fuoco – suonavano nella sua testa come un campanello d'allarme. Sentì un movimento accanto a sé, che gli restituì la percezione di un corpo nudo e caldo appiccicato al proprio.
«Merlin?» la voce del principe, alta ed esasperata, gli arrivò dall'altra stanza assieme al rumore della porta che si chiudeva, facendolo sobbalzare.
In quel momento Aidan aprì gli occhi «Cos'è questo fracasso?»
«Arthur! Maledizione, deve essere tardissimo» rispose il mago saltando giù dal letto e cominciando a raccogliere disperatamente i propri vestiti dal pavimento, seguito immediatamente da Aidan, che infilò tunica e calzoni con una velocità impressionante.
Quando Arthur entrò nella stanza – imprecando contro il suo servitore nella maniera più colorita che conosceva – non era preparato alla scena che gli si parò davanti: l'avventuriero che finiva in tutta fretta di allacciarsi i pantaloni, e Merlin ancora a petto nudo che cercava di mettere alla dritta la propria tunica, una fila di segni rossi che andava dal collo alla spalla spiccavano sulla pelle candida. A quel punto era inequivocabile quale fosse stata la ragione che gli aveva impedito di arrivare in tempo al lavoro. La rabbia e il disappunto del principe a quel punto vennero sostituiti da qualcos'altro, un misto di sorpresa e imbarazzo che fece morire qualsiasi parola avesse intenzione di pronunciare. Restò semplicemente così, sulla soglia, ad osservare quella scena quasi surreale.
«Ehilà, principe! Come state?» fu la voce di Aidan ad interrompere quel silenzio teso e imbarazzato, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Arthur, che tornò subito dopo a guardare Merlin.
«Sei in ritardo» mormorò a denti stretti «sbrigati!» così dicendo uscì dalla stanza, tornando in tutta fretta nelle proprie.
A quel punto Aidan scoppiò a ridere mentre cadeva seduta sul pavimento, la testa reclinata all'indietro e poggiata sul letto sfatto «Hai visto che faccia che aveva?».
Merlin invece non sembrava così divertito, perché si coprì il volto con le mani e cominciò a scuotere la testa, terribilmente imbarazzato «È quanto di più imbarazzante mi sia mai successo nella vita».
«Che esagerato. Pensi forse che Arthur non faccia queste cose?».
«Quello che fa lui non è affar mio, e vorrei che ciò che faccio io non diventasse affar suo» ribatté sedendosi sul letto e cominciando ad infilare gli stivaletti.
La ragazza seguitò a ridacchiare per qualche secondo, poi però la sua espressione cambiò, come se solo in quel momento avesse realizzato qualcosa che toglieva il divertimento a quella situazione «Oh cielo!» mormorò coprendosi anche lei il volto con le mani «Se Hunith venisse a sapere cos'è successo stanotte molto probabilmente mi ammazzerebbe con le sue mani».
Questa volta fu Merlin a ridacchiare «Non c'è modo in cui mia madre possa venire a saperlo, e poi credo che in quel caso sarei io l'oggetto della sua rabbia, non tu» poi un dubbio lo colse «Mia madre sa che sei una donna?».
«Certo che lo sa, pensi che avrei potuto vivere tutto quel tempo con lei senza che lo sapesse? E in ogni caso non riuscirò più a guardarla in faccia mentre mi parlerà di te o mi chiederà di raccontarle come ti ho conosciuto».
«Allora non farlo» rispose il mago chinandosi su di lei fin quasi a sfiorarle le labbra «Non è necessario che torni ad Ealdor. Resta qui a Camelot».
Restare a Camelot non era tra i suoi progetti, non lo era mai stato anche se continuava a rimandare il momento della partenza. Eppure nell'osservare quegli occhi azzurri, bellissimi e sinceri, qualcosa cambiò nei suoi pensieri «Ci penserò» rispose per poi annullare ogni distanza tra loro, trascinando il mago in un bacio carico di dolcezza. «Buongiorno» mormorò sorridendo quando si staccarono. Quello sì che era un buon modo per salutarsi la mattina.
«Buongiorno anche a te» rispose Merlin ricambiando il sorriso «Ora però devo proprio andare da Arthur, prima che decida di mettermi alla gogna».
«Io invece credo che me ne andrò a caccia. Evoric mi fa un prezzo scontato sulla stanza se gli porto selvaggina fresca» rispose alzandosi dal pavimento con un saltello e raggiungendo l'altro che si apprestava ad uscire dalla stanza, fermandolo un attimo prima che aprisse la porta «Ah, Merlin, credo non ci sia bisogno di dirti che sarebbe meglio se la verità sul mio conto restasse un segreto, il perché penso tu possa intuirlo da solo».
Il ragazzo annuì in segno di assenso, dopodiché ognuno andò per la propria strada, con la promessa che si sarebbero visti quella sera... se Arthur non avesse tenuto Merlin impegnato fino ad orari indecenti come punizione per la sua mancanza di quella mattina.


E invece fu proprio ciò che Arthur fece, tenere impegnato Merlin il più possibile, quel giorno e anche i successivi. Aveva preso ad affidargli i lavori più umili e stancanti, esonerandolo dall'assisterlo con il bagno o con la vestizione, in favore del pulire le stalle o lucidare le armature per tutti i cavalieri di Camelot. In realtà sembrava che volesse tenerlo il più lontano possibile da sé, e ogni volta che si trovavano nella stessa stanza sembrava quasi infastidito dalla presenza del servitore. Quel comportamento non aveva alcun senso, Merlin poteva capire una punizione perché un paio di volte era arrivato in ritardo a lavoro, ma non guardarlo nemmeno in faccia era esagerato.
Il giovane aveva appena cominciato a strigliare i cavalli del principe, quando notò che nelle stalle era presente anche l'imponente destriero di Aidan, solitamente assente durante la mattina perché impegnato ad accompagnare la sua padrona a caccia. Era un vero destriero da guerra, alto e imponente, con il pelo interamente nero come la notte e due occhi dalle iridi quasi vermiglie.
Merlin gli si avvicinò «E tu che ci fai qui?» mormorò mentre allungava una mano per poterlo accarezzare, ma fu costretto a ritrarla immediatamente per non rischiare di ritrovarsela staccata con un morso.
Dall'altra parte della stalla qualcuno ridacchiò «È un tipo diffidente, non lascia avvicinare nessuno senza il mio permesso» disse Aidan avvicinandosi e afferrando la mano di Merlin, per poi posarla sulla testa del destriero «Ecco, ora sa che può fidarsi di te».
«È proprio un bel cavallo, non se ne trovano molti come lui in giro, o quantomeno non che appartengano a semplici avventurieri» commentò il moro.
«Infatti apparteneva ad un cavaliere. È uno dei più formidabili cavalli da guerra mai visti, ma anche il più indomabile» rispose Aidan accarezzando a sua volta l'animale, che si lasciò vezzeggiare come un gattino da quei tocchi gentili «Il suo padrone non è mai riuscito a domarlo, così alla fine, più per svago che per altro, ha deciso di darlo in premio a chiunque fosse riuscito a domarlo e la cosa aveva finito per essere solo una delle tante sfide durante i tornei».
«Finché non sei arrivato tu. Perché la cosa non mi sorprende?» disse il giovane ridacchiando. Lo sguardo della ragazza invece si fece cupo «Non ho mai sopportato che gli animali venissero usati e umiliati per lo svago degli uomini». In quel momento, come per dargli ragione, il cavallo nitrì e mosse la testa quasi ad annuire, provocando una risata ad entrambi i giovani.
«Ha un nome?» domandò dopo un attimo Merlin.
«Nihtgenga» rispose Aidan «Significa incubo, nella lingua dell'antica religione».
Il moro si sentì non poco sorpreso udendo quel riferimento all'antica religione «L'antica religione? Tu sei...».
«No, Merlin, non pratico la magia, ma a viaggiare tanto e in regni lontani qualcosa la si impara sempre, è inevitabile. Non preoccuparti per la mia testa, non la metteranno su una picca, non per l'accusa di stregoneria almeno» rispose ridacchiando.
Ci furono alcuni istanti di silenzio, durante i quali Merlin pensò se fosse il caso o meno di rivelare la verità sulla sua magia a Aidan, dopotutto avevano raggiunto un certo grado di confidenza, se così si poteva definire. Insomma, in teoria se ci si fida tanto di qualcuno da andarci a letto insieme non dovrebbe essere un problema rivelare qualche piccolo segreto, tuttavia non ne era poi così certo, avevano iniziato quella specie di relazione e passavano insieme quasi tutte le notti ma nonostante ciò non erano mai scesi nei dettagli delle loro vite privata o delle loro vicende passate, a dire il vero Merlin non sapeva neppure come definire ciò che erano loro due, in fin dei conti dell'altra sapeva davvero pochissimo.
«Come mai sei qui e non a caccia?» domandò alla fine, decidendo che era meglio non rischiare.
Aidan gli regalò un sorriso radioso e gli cinse la vita con le braccia tirandoselo addosso «Volevo vederti» gli sussurrò sulle labbra appena prima di baciarlo.
Lui ricambiò il bacio sentendosi arrossire, a volte quei modi di fare molto mascolini lo mettevano a disagio, come il fatto che lei fosse più alta di lui. Se Aidan fosse stata per davvero di un ragazzo forse non ci avrebbe neppure fatto caso, ma sentirsi trattato in quel modo, come se fosse una donzella, da una donna era leggermente imbarazzante, tuttavia capiva che quello era il suo modo di fare e in fondo non gli dispiaceva poi così tanto, la rendeva particolare, unica nel suo genere.
«Non potevi aspettare stasera?» la sera precedente il moro era stato impegnato fino a tardi, ma non immaginava che Aidan sarebbe rimasta lì solo per poterlo vedere qualche istante.
«Per poterti rubare un bacio? No, non potevo aspettare» rispose l'altra sorridendo a sua volta.
A Merlin venne da ridere «Non sono una donzella da corteggiare con dolci parole d'amore».
«Se davvero tu fossi una donzella non avrei più ragione di corteggiarti dopo quello che ho ottenuto, non ti pare?» disse con fare allusivo.
Il moro a quel punto non riuscì a fare altro che alzare le mani in segno di resa, continuando a ridere. Con Aidan sembrava tutto dannatamente semplice, riusciva a trasformare anche le cose più imbarazzanti in qualcosa di cui ridere e scherzare con leggerezza. Si scambiarono un altro bacio, ma vennero interrotti dalla voce di Arthur che reclamava il suo servitore, allora furono costretti a salutarsi.
Fuori dalle stalle il principe aspettava a braccia conserte che Merlin si sbrigasse a portargli il cavallo, nello sguardo l'espressione più contrariata che si fosse mai vista a Camelot. «Se permetti vorrei sbrigarmi ad andare a caccia, sempre che tu abbia finito di sbaciucchiarti con Aidan» sibilò tirando via le briglie del proprio cavallo dalle mani del moro.
Il volto del mago divenne di un buffo color porpora «Ma c-come? Voi dove-».
«Nel caso non te ne fossi accorto sono dotato di occhi, Merlin, e non è che voi due vi stavate proprio nascondendo».
Merlin non capiva da dove venisse tutta la rabbia di Arthur, in fin dei conti non era neppure in ritardo, poi un pensiero gli attraversò la mente, e lui gli diede voce forse troppo in fretta «Non è che siete geloso?».
«Cosa?» urlò il principe con voce stridula e sconvolta, mentre cominciava a pensare sul serio che il suo servo avesse qualche disturbo mentale.
«Ma sì, voi non sopportate Aidan perché vi ha umiliato in combattimento, quindi vi da fastidio che io passi il mio tempo con lui» continuò con la sua solita aria irriverente.
«Passare il tuo tempo con lui? Oh dannazione» a quel punto Arthur lo afferrò per un braccio e lo guardò dritto negli occhi «Senti, a me non interessa cosa fai o chi frequenti nel tuo tempo libero, mi basta che non trascuri i tuoi doveri, però che tu avessi certi gusti avrei preferito saperlo prima di affidarti compiti come quello di aiutarmi con il bagno».
Oh, allora è questo il problema. Pensò Merlin, non sapendo cosa ribattere, a quel punto capiva che il disappunto di Arthur non era del tutto ingiustificato. Forse avrebbe dovuto dirgli che Aidan era in realtà una ragazza, ma questo avrebbe significato tradire la promessa che le aveva fatto. «Se vi può consolare non ho mai provato alcun interesse di quel tipo per voi» disse nella speranza di smorzare un po' la tensione, ma tutto ciò che ottenne fu soltanto un'occhiataccia da parte del principe.


L'aria notturna che filtrava dalla finestra semiaperta era fresca e portava il profumo di fiori bagnati dalla rugiada. Aidan lasciò un ultimo bacio sulle labbra di Merlin, addormentato al suo fianco, e si apprestò a lasciare quel letto. Doveva andar via prima che arrivasse il mattino, o rischiavano di farsi scoprire da Gaius, e in quel caso era certa che Merlin sarebbe sicuramente morto dall'imbarazzo, anche se lei sospettava che il medico avesse già intuito qualcosa, era difficile nascondere certe cose a persone di tale saggezza e spirito d'osservazione.
Restò ancora per qualche istante seduta sul bordo del letto, lasciando che la brezza notturna le accarezzasse la pelle nuda, pensando a quanto tutto quello complicasse la situazione. Presto sarebbe dovuta andar via da Camelot, avrebbe dovuto farlo già da tempo, ogni giorno che passava lì era un rischio, ma non sapeva come dire addio a quel giovane servo che aveva attirato la sua attenzione fin dal primo momento in cui si erano visti.
Ma non era solo quello.
Posò la mano sinistra nello spazio tra il seno e la scapola destra, dove – nascosto dalle bende che le fasciavano il seno e passavano sopra la spalla – c'era il segno che le ricordava chi fosse stata in passato, un passato che aveva voluto seppellire e dimenticare, ma che forse non l'aveva mai abbandonata davvero.
Era anche la nostalgia ad impedirle di lasciare Camelot. Lì si era sempre sentita a casa come non le era successo in nessuno dei mille e più luoghi che aveva visto; a quella città erano legati i suoi ultimi ricordi felici prima che tutto andasse in frantumi come vetro scagliato al suolo, come il suo cuore impossibile da riparare..
L'ultima volta che era stata a Camelot sua madre era ancora viva e lei non aveva ancora conosciuto Daven.
Alla fine, prima che i ricordi spiacevoli prendessero il sopravvento sulla sua mente, si decise ad alzarsi da quel letto. Avrebbe pensato in un altro momento a cosa fare con Merlin.
Lasciò la stanza nel più totale silenzio, era abituata a muoversi senza fare il minimo rumore, in alcuni casi era quella la sola cosa che poteva salvarti la vita. Mentre si apprestava ad imboccare il corridoio che l'avrebbe portata ad una delle uscite per la servitù notò qualcosa di strano che la indusse a fermarsi: nessuna guardia era intenta a presidiare la zona quella notte, inoltre un forte odore di sangue permeava l'aria. Tutti i sensi di Aidan si misero immediatamente in allerta, e si diresse nella direzione da cui proveniva quell'odore.
Nel corridoio che portava a quelle che – come gli aveva detto una volta Merlin – erano le stanze del principe, trovò una guardia moribonda, distesa a terra in una pozza di sangue. Quando si avvicinò vide che si trattava di Philip, un giovane da poco entrato al servizio del re, con il quale Aidan aveva fatto amicizia durante i suoi continui andirivieni dagli appartamenti di Gaius. Aveva una brutta ferita all'addome e aveva perso molto sangue, ma era ancora vivo.
«Philip? Mi senti? Che cosa è successo?» cercò di tenerlo sveglio mentre gli fasciava alla bell'e meglio la ferita «Ora ti porto da Gaius».
«No» ribatté a fatica il ragazzo, reprimendo un colpo di tosse «Il principe Arthur... mercenari... assassini. Non c'è tempo».
Il significato di quelle parole sconnesse gli apparve chiaro in una maniera inquietante. Guardò dietro di sé, ripercorrendo con lo sguardo la strada che aveva fatto, gli appartamenti di Gaius non erano troppo distanti, poteva correre a chiamare il medico e poi tornare indietro, ma avrebbe fatto in tempo?
«VAI!» la incitò ancora Philip, facendole prendere quella difficile ma necessaria decisione. Aidan si pentì di aver lasciato le proprie armi alla taverna, ma c'era poco da fare ormai, dovette accontentarsi di prendere la spada di quel povero ragazzo.
Il più velocemente e silenziosamente possibile proseguì per quel lungo corridoio, sperando di riuscire a trovare le stanze del principe, e soprattutto di trovarle in tempo.
Se c'era una cosa che aveva imparato durante le sue numerosissime e rischiose avventure in solitaria era quella di notare ogni minimo movimento anche nella più completa oscurità, vedere tutto senza farsi notare, per questo non le fu difficile riconoscere la brutta faccia del mercenario che settimane prima aveva sfidato alla taverna, nonostante il buio quasi totale in cui era immerso il corridoio. Lo vide entrare in quelle che presumeva fossero le stanze di Arthur., accompagnato da uno dei suoi compagni, ai loro piedi giacevano i corpi di altre due guardie. Un lavoro rapido e pulito, nessuna possibilità di scappare, di urlare, o semplicemente di difendersi, un lavoro da assassini addestrati, non da semplici mercenari, anche se non pensava che l'artefice di ciò fosse quel toro dall'aria cattiva e rozza.
In silenzio raggiunse la porta lasciata socchiusa alle spalle dei due, e la prima cosa che fece fu aprirla di botto con un calcio, provocando un frastuono che svegliò immediatamente il principe. Prima ancora che i due assassini si rendessero conto di cosa stesse accadendo, Aidan si lanciò contro uno di loro trapassandolo da parte a parte con la spada, la morte sopraggiunse così rapidamente che questi non ebbe il tempo neppure di emettere un suono prima di accasciarsi, privo di vita, sul pavimento.
L'altro assassino, quello tanto grosso quanto stupido, anziché pensare al suo bersaglio si lanciò contro Aidan, forse più per un tentativo di rivalsa dopo l'umiliazione subita alla taverna che per vendicare il suo compagno morto, di cui non sembrava interessagli più di tanto.
Nel frattempo il principe era balzato giù dal letto ed aveva prontamente afferrato la spada, tuttavia non capiva cosa ci facesse Aidan nella sua stanza e perché stesse combattendo contro quell'uomo che lui non aveva mai visto. Per qualche ragione che non sapeva spiegarsi l'istinto gli suggerì che ad avere cattive intenzioni non era il giovane avventuriero, così si affrettò ad aiutarlo, non che ne avesse bisogno in realtà, ma non era da Arthur stare in disparte durante un combattimento. Mettere al tappeto l'avversario non fu difficile per due abili spadaccini come loro.
«Che ci fai qui? E dove sono le guardie?» domandò il principe mettendosi nuovamente sulla difensiva, la lama puntata contro Aidan. Continuava a non capire cosa diavolo stesse succedendo.
«Tutte morte, senza neppure avere il tempo di gridare aiuto. Un lavoro da assassini addestrati» ma questi due non lo sembravano affatto. C'era qualcosa di strano in quella situazione, qualcosa che non tornava.
«E tu che ruolo hai in tutto questo?» domandò di nuovo Arthur che cominciava a perdere la pazienza.
L'altra gli lanciò uno sguardo annoiato, era insensata quella diffidenza nei suoi confronti, tuttavia non poteva biasimarlo. «Ero da Merlin. Stavo per tornarmene al The Rising Sun quando ho notato qualcosa di strano. Ma non c'è bisogno che mi ringraziate per avervi appena salvato la vita» neppure sentì la risposta del principe, distratta da un rumore di passi quasi impercettibile, pochi metri alle sue spalle. Erano in tre alla taverna. Pensò appena prima di voltarsi con uno scatto, già pronta ad attaccare, e lì sulla soglia stava un uomo minuto ma dall'aria crudele ed inquietante, avvolto in un mantello che pareva un tutt'uno con le tenebre circostanti. L'unico occhio visibile scrutava con aria quasi divertita la scena di fronte a sé. Nell'osservarlo Aidan sentì il sangue raggelarsi ma cercò di mantenere la calma.
«Questa sì che è una sorpresa» disse l'uomo avvicinandosi di qualche passo ed osservando i cadaveri degli altri due assassini «Non mi aspettavo che questi due fossero così incapaci da fallire una missione così semplice, ma non avevo previsto la tua presenza, cacciatore di taglie» a quel punto abbassò il cappuccio del mantello, rivelando una testa calva e una benda di cuoio a coprire l'altro occhio, dalla quale spuntavano una serie di cicatrici che andavano a formare un disegno ben preciso: il marchio degli assassini rinnegati.
«Henrik Blacksword, il rinnegato della confraternita degli assassini. Certo che ci vuole talento a gettare disonore su un gruppo di persone che già non godono di buona fama» rispose piazzandosi davanti al principe per proteggerlo «Sai che la tua cara sorellina mi aveva offerto una quantità indecente di oro per la tua testa?».
«Non mi sorprende, Erin è sempre stata molto amorevole con me» rispose l'assassino avvicinandosi con passi lenti e studiati, come un predatore in procinto di braccare la preda.
«Arthur, vattene subito via» sussurrò Aidan con serietà mentre cercava di afferrare più saldamente la spada, ma aveva le mani sudate. Poche cose erano in grado di spaventarla, la maggior parte dei nemici non erano un grosso problema per lei, ma la Confraternita degli Assassini vantava i combattenti più letali e spietati dei cinque regni, e Henrik era il migliore di tutti loro, sottovalutarlo sarebbe stato da stupidi.
«Io non fuggirò come un codardo» ribatté il principe, spazientito e confuso. Non capiva perché Aidan ci tenesse tanto a proteggerlo, inoltre c'era qualcosa di stranamente familiare nel modo in cui aveva pronunciato il suo nome, marcando la T in un modo che aveva sentito soltanto da una persona in tutta la sua vita.
«Non fare l'asino come al solito, è un assassino pericoloso e addestrato ed è qui per te. Va' via, dai l'allarme. ORA!» così dicendo impugnò più saldamente l'arma e si lanciò contro Henrik. Tentò un attacco di lato ma l'altro lo deviò sfoderando con una rapidità impressionante la propria daga ed allontanandosi prima che Aidan potesse partire alla carica con un altro fendente. L'assassino non brillava per forza, ma in quanto a rapidità nessuno poteva batterlo, in pochi secondi era capace di sgusciare alle spalle di un nemico e tagliargli la gola senza che questi si accorgesse di nulla. «Perché sei qui? Chi ti ha pagato per uccidere il principe?».
Un ghigno sadico apparve sul volto sfregiato dell'assassino «La domanda è perché tu sei qui? Cos'hai da spartire con i Pendagon».
Un altro fendente arrivò a tutta carica contro Henrik, anche quella volta senza successo, tuttavia non era stato Aidan ad attaccare, ma Arthur. «Dimmi cosa vuoi da me e chi ti manda, e forse ti farò avere un equo processo invece di ucciderti qui come l'animale che sei» tutto ciò che ottenne in risposa fu una mezza risata sbuffata e una daga pericolosamente vicina alla gola, così rapida che a stento ebbe il tempo di pensare a contrattaccare. Per sua fortuna Aidan non fu così lento e riuscì a salvarlo lanciandosi con tutta la sua forza contro l'assassino e trascinandolo a terra con il proprio peso appena un attimo prima che la lama affilata affondasse nella gola del principe.
Henrik era veloce ma Aidan era molto più forte, per questo non gli fu difficile tenerlo bloccato contro il pavimento e disarmarlo, per poi ucciderlo trafiggendogli quel cuore malvagio con la sua stessa daga. «Sai, forse avrei dovuto accettare l'offerta di tua sorella dopotutto» sussurrò appena prima che gli ultimi bagliori di vita abbandonassero quell'unico occhio grigio.
Si alzò da terra con una smorfia di dolore, insieme alle armi aveva lasciato anche l'armatura, così Henrik era riuscito a colpirla di striscio mentre erano a terra.
«Sei ferito» notò Arthur guardando la macchia di sangue che andava spandendosi sulla tunica grigia all'altezza del costato. Era ancora confuso per ciò che era appena successo, ma non credeva che quel ragazzo fosse un pericolo, gli aveva appena salvato la vita rischiando la propria.
«È soltanto un graffio, mi è successo di peggio» rispose Aidan coprendo con la mano la parte offesa ed appoggiandosi al tavolo in legno per riprendere le forze. Si sentiva stranamente debole.
«Perché rischiare la vita per me? Non ha alcun senso, neppure mi conosci e non sembri avere una grande simpatia per me, quindi perché?».
«Perché sarai anche una regale testa d'asino, ma non c'era una ragione per lasciarti morire» rispose l'avventuriero sbuffando una risata.
A quel punto Arthur gli si avvicinò e puntò i suoi occhi azzurri in quelli dell'altro. La sensazione di aver già conosciuto quel ragazzo non lo aveva lasciato nemmeno per un istante durante quelle settimane, ma ora osservandolo con più attenzione si rendeva conto che Aidan somigliava in modo quasi terrificante alla sua perduta Astrid, e non era solo per il colore dei capelli, degli occhi o per i lineamenti del volto, era il modo in cui combatteva e in cui aveva pronunciato il suo nome poco prima, era il modo in cui si rivolgeva a lui, con quell'insolenza che in tutta la vita aveva visto solo in Astrid e Merlin. «Perché ho la sensazione di conoscerti più di quanto dovrei?» mormorò sentendosi sull'orlo della follia. Negli ultimi tempi Astrid era diventata un'ossessione più di quanto lo fosse stata in tutti gli anni precedenti, e la cosa lo destabilizzava.
Quelle parole fecero scorrere un brivido gelido lungo la schiena di Aidan, che restò in silenzio, ad osservare quegli occhi azzurri di cui pensava di aver dimenticato le sfumature, ricordando un tempo che sembrava lontano centinaia di anni.
Avrebbe voluto dire qualcosa, ma improvvisamente la vista le si offuscò e un conato di vomito la costrinse a piegarsi in due e riversare sul pavimento il contenuto dello stomaco. Stava sudando eppure tremava di freddo, si sentiva soffocare e sembrava che le viscere le andassero a fuoco.
Veleno.
Quella maledetta daga era avvelenata e lei stava morendo.
Era stata stupida, ingenua, aveva dimenticato quell'ignobile abitudine degli assassini, la loro garanzia che ad ogni colpo corrispondesse una morte.
In lontananza sentì il suono delle campane, qualcuno doveva aver trovato i cadaveri delle guardie e dato l'allarme. Una risata isterica uscì dalle sue labbra «Però, che efficienza la sicurezza qui a Camelot» mormorò a fatica mentre si accasciava sul pavimento, con Arthur che cercava di sorreggerla.
«Cosa succede?» domandò il principe.
«Veleno» rispose Aidan prima di essere colta da un ennesimo conato. Tutto il suo corpo stava sussultando e bruciando, ma se davvero stava morendo c'era una cosa che doveva fare: Arthur meritava una risposta alla sua domanda, a quella cosa che – considerato ciò che lei aveva visto nel blu profondo di quegli occhi – in cuor suo già aveva capito. «Ho passato la mia infanzia in un castello, a Nightfall» cominciò a dire con non poca fatica, guardando l'altro negli occhi «e sono una donna, la figlia di re Gregor, Arthur».
Dal corridoio arrivarono le voci delle guardie che si affrettavano a correre in soccorso del principe, ma Arthur udì quel suono e tutti gli altri come lontani mille miglia. «Tu sei... Come...» ma non riuscì a terminare la frase, troppo incredulo da quella rivelazione.
«Già! Che affare, eh? Non ho voluto sposarti ma ora sto morendo per te. Per te che nonostante tutti questi anni ancora non sei in grado di guadagnarti quel famoso bacio» mormorò incurvando le labbra in un sorriso stentato, mentre poggiava la fronte sulla spalla del principe. Altri brividi la scossero e parlare divenne sempre più difficile. Restare a Camelot era stato uno sbaglio, aveva finito per creare nuovi affetti e riscoprirne quelli con cui pensava di aver tagliato ogni ponte anni prima. Pensava di aver dimenticato del tutto Arthur e quel sentimento forte che li aveva legati, ma a quanto pareva si era sbagliata. Pensava di essersi lasciata per sempre alle spalle ciò che era stata a Nightfall e di essere semplicemente Aidan, avventuriero e cacciatore di taglie, ma si era sbagliata anche su quello.
Il mondo intorno a lei si fece sempre più offuscato, sempre più lontano. Sentiva che stava per morire e l'unica cosa che la teneva ancorata a quel mondo era la presenza di Arthur solida e reale a cui lei si era aggrappata. Lo sentì gridare a qualcuno di chiamare immediatamente il medico di corte, poi il suo nome sussurrato all'orecchio in un tono a metà tra il rassicurante e l'affranto.
Il suo nome, quello che perfino lei pensava di aver dimenticato.
Astrid.


Angolo autrice
Salve a tutti! Dopo due mesi (forse anche di più) eccomi di nuovo qui ad aggiornare. Mi dispiace di avervi tenuti sulle spine per così tanto tempo, ma io vado in letargo ad agosto e mi risveglio non appena arriva un po' di freddo. Lo so, sono strana.
C'è anche da dire che questo capitolo è stato difficile da scrivere, l'ho cominciato praticamente subito dopo aver pubblicato il precedente ma l'ho scritto, come potete notare, in un lungo arco di tempo, così ogni volta mi toccava rileggere tutto per fare il punto della situazione, inoltre ho spesso cambiato delle cose scritte in precedenza perché non mi convincevano, e tutt'ora questo capitolo non mi convince moltissimo, ma pazienza. Spero che a voi piaccia e, nel caso, sarò contenta di leggere le vostre opinioni.
Per quelli di voi che seguono anche le altre mie storie “Scarlet Sin” e “Two twins, technology and witchcraft” state tranquilli, aggiornerò presto anche quelle.
Grazie a tutti quelli che leggono, che mettono la storia tra le preferite/seguite/ricordate, e soprattutto ad
Aquarius no Leni, Altair65 e Federica11 che hanno trovato il tempo e la pazienza per lasciarmi un commentino.
Un grazie speciale anche alle mie amiche
Sunny9719 e Merlin_Colin_Emrys che aspettano con pazienza gli aggiornamenti e mi sostengono dandomi spesso anche dei consigli.


Per finire vi lascio il link di una Fanart di Aidan che la mia cara amica Leo ha fatto per me: Aidan
Se volete dare un'occhiata al suo profilo instagram e avete delle richieste da farle questo è il link: l3onart 

Alla prossima!

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Capitolo 7
*** Capitolo 6: Tormento e salvezza ***


Capitolo 6
Tormento e salvezza

Tutto ciò che sentiva intorno a sé era una cacofonia di passi rapidi e voci allarmate, riconobbe quella di Gaius molto vicina a sé e cercò di farfugliare “serpente o scorpione” in modo che il medico capisse con quale veleno aveva a che fare, erano quelli i tipi di veleno usati dagli assassini, raramente sostituiti da quelli di piante letali ma in quel caso non avrebbero avuto effetto su di lei. L'ultima cosa che riuscì a percepire fu la sensazione di essere sollevata dal freddo pavimento di pietra, poi perse definitivamente i sensi, piombando in un sonno agitato e dominato dagli incubi.
Improvvisamente si trovava nella cittadella di Nightfall, intenta ad osservare la facciata del castello che, ricoperto di ghiaccio e neve com'era, sembrava un palazzo di cristallo. Sentiva i piedi affondati nella neve e un freddo vento che le scompigliava i lunghi capelli, alzò lo sguardo ed osservò la luna piena brillare nel cielo notturno: blu notte e bianco, i colori della sua casata.
Una parte di lei sapeva che tutto quello non era reale, che era frutto dei suoi ricordi passati, ma il veleno rendeva quell'illusione molto vivida e reale, così reale che un brivido di terrore la scosse da capo a piedi quando udì un grido proprio dietro di lei. Era una voce che conosceva fin troppo bene e che non avrebbe mai potuto dimenticare, nemmeno se fossero passati mille anni. Avrebbe preferito non voltarsi perché sapeva bene cosa avrebbe visto, aveva fatto quell'incubo centinaia di volte nel periodo che aveva preceduto la sua fuga dalla vita che aveva vissuto per diciassette anni, tuttavia nei sogni si ha ben poco controllo sulle proprie azioni così si ritrovò a fissare quella scena terribile.
Daven era legato alla pira, i suoi occhi azzurri la supplicavano di salvarlo mentre le fiamme già salivano a lambirgli le gambe come famelici animali. Lei voleva salvarlo, ma quando fece per correre verso di lui si accorse di avere i polsi legati con delle spesse catene ben ancorate al suolo, prese a strattonarle con forza e disperazione fino a farsi sanguinare i polsi, piangendo, urlando ma fu tutto inutile. Alla fine, come ogni volta, le fiamme inghiottirono Daven, che per l'ultima volta posava lo sguardo su di lei e le sussurrava “ti amo”.
Astrid cadde in ginocchio nella neve, bagnandola con le sue lacrime disperate e con le gocce di sangue che le sgorgavano dai polsi ormai liberi, mentre osservava il fuoco consumarsi lasciando nient'altro che cenere.
Nella realtà non era andata esattamente in quel modo. Mentre Daven bruciava sul rogo lei era in catene nelle inespugnabili segrete di Nightfall, ma le grida disperate del suo amato che nell'agonia continuava a pronunciare il suo nome come se fosse l'ultima speranza a cui potersi aggrappare erano arrivate fin lì. A lei era sembrato di star bruciando con lui, aveva urlato con lui mentre lottava per liberarsi e correre a salvarlo.
Alla fine tutto ciò che le venne concesso fu di recarsi alla pira ormai spenta e piangere sulle sole cose che le restavano di Daven: un mucchietto di ceneri e i ricordi che lei si portava nel cuore. E fu quello che fece. Per un intero giorno e un'intera notte restò inginocchiata lì piangendo tutte le lacrime che era in grado di versare, mutando ben presto la disperazione e il dolore in rabbia e rancore.
Quando due guardie di suo padre andarono a prenderla lei non era più la stessa persona.


Arthur tirò un pesante sospiro mentre scivolava contro il muro di pietra fino a sedersi sul pavimento. Il corridoio fuori la sua stanza non gli era mai sembrato tanto freddo e buio come in quel momento, mentre era atterrito dal senso di sconforto e da un'attesa che lo stava uccidendo. Le guardie avevano pattugliato ogni angolo del castello ma sembrava che non ci fosse più alcun pericolo, per sicurezza però le ricerche sarebbero continuate fino al mattino. A quanto pareva i mercenari erano stati assoldati da re Odin, che già una volta aveva provato ad ucciderlo inviando un sicario, e il principe si domandò per quanto tempo ancora sarebbe andata avanti quella lotta prima che Odin potesse ritenersi soddisfatto.
Al momento però il pensiero che lo tormentava era di tutt'altra natura.
Si passò le mani sul volto e tra i capelli come per cercare di riordinare la confusione di pensieri che aveva in testa. Gli era ancora difficile credere a ciò che aveva appreso: Aidan in realtà era Astrid, e dopotutto sapeva di averlo capito dal primo momento in cui l'aveva vista nella foresta, o quando avevano combattuto nel campo di allenamento, e in fondo al suo cuore aveva sempre saputo che Astrid non poteva essere morta, nessuno avrebbe potuto ucciderla con facilità, proprio lei che con in mano una spada riusciva ad essere una tale forza della natura. In cuor suo lo aveva sempre saputo che era viva.
Si rendeva conto che era una cosa folle da pensare, e forse lui stava davvero impazzendo.
Avrebbe voluto parlare con lei, farle mille domande, ma proprio ora che pareva l'avesse ritrovata stava rischiando di perderla per sempre. Veleno, rapido e letale, così potente che non c'era stato neppure il tempo per portarla nello studio di Gaius, il medico aveva dovuto intervenire subito per cercare di placarne gli effetti, ma aveva già capito che le probabilità di salvarla erano pochissime.
Visto il suo evidente stato di agitazione gli era stato chiesto di restare fuori dalla stanza, in attesa, solo a Merlin era concesso di restare per aiutare il medico, ma prima di uscire Arthur aveva fatto in tempo a vedere il suo volto pallido di paura nel momento esatto in cui si era reso conto di chi fosse la persona stesa su quel letto. Quella era stata una delle poche volte in cui il principe fece ciò che gli veniva richiesto senza battere ciglio, perché dopotutto lui stesso preferiva restare da solo con i propri pensieri in quel momento, e comunque non sarebbe stato di grande aiuto a Gaius. Ma erano ormai ore che aspettava, tanto che l'aurora si avvicinava ma di Astrid ancora nessuna notizia.
Aveva appena deciso di alzarsi dal pavimento ed entrare, quando la porta si aprì. Gaius aveva l'aria esausta ma risoluta, poco dietro di lui Merlin era ancora pallido e aveva gli occhi lucidi. Per un istante il principe temette il peggio.
«Per il momento ho arrestato l'effetto del veleno, ma per essere certi che sia fuori pericolo dobbiamo aspettare che si svegli» disse Gaius dissipando almeno un po' i suoi timori, dopodiché osservò entrambi i giovani e le loro facce atterrite, decidendo di lasciarli soli «Se c'è bisogno di me sono nel mio studio, tenetemi informato di qualsiasi cambiamento».
Ci furono ancora diversi istanti di silenzio, poi Merlin parlò «È davvero Astrid, non è così?» domandò atterrito, ricordando la conversazione avuta poco prima con Gaius: una voglia rossastra a forma di testa di lupo marchiava la pelle bianca di Aidan sopra il seno destro, e il medico aveva viso una cosa simile solo sulla principessa Astrid. E poi c'era Arthur, che aveva continuato a chiamarla con quel nome mentre cercava di tenerla sveglia.
«Per favore non prendermi in giro fingendo di non saperlo già» ribatté il principe, acido, senza neppure guardarlo.
Il mago si sentì spiazzato da quell'affermazione «Come avrei mai potuto-».
«Per l'amor del cielo, Merlin! Non sono cieco e nemmeno stupido, so che ci sei andato a letto, vuoi forse dirmi che non ti sei accorto che è una ragazza?».
«So che è una ragazza, ma come avrei potuto sapere che si trattava di Astrid? Non l'ho mai conosciuta e non è che lei fosse così propensa a raccontarmi i suoi segreti» mentre parlava si rese conto di quanto male gli facesse quella consapevolezza.
Arthur non rispose, si prese la testa tra le mani, frustrato. Continuare a discutere non sarebbe servito a nulla, doveva solo capire la verità dietro tutta quella faccenda. Perché Astrid era lì? Perché non gli aveva detto la verità? Dov'era stata in tutti quegli anni? Cosa le era successo di tanto terribile da indurla a nascondersi dietro un'altra identità?
Ma per avere risposta a tutte quelle domande avrebbe dovuto aspettare che lei si svegliasse. Se si fosse svegliata.
Merlin tirò un pesante sospiro di tristezza e frustrazione, era preoccupato ma allo stesso tempo si sentiva tradito. Di giorno in giorno aveva cominciato a provare per Aidan qualcosa di più profondo, arrivando quasi a sperare che per loro due potesse esserci un futuro, ma ora capiva che con ogni probabilità l'altra non aveva mai avuto i suoi stessi progetti, aveva sicuramente intenzione di andarsene, di scappare, o gli avrebbe detto la verità. E adesso che quella verità taciuta era venuta fuori che speranza poteva mai avere lui, un semplice servo, di costruire qualcosa insieme a una principessa? Sapeva bene come andavano queste cose.
«Sarebbe meglio che qualcuno restasse con lei, nel caso si svegliasse, o se ci fosse bisogno di chiamare Gaius» disse con voce fredda, cercando di mantenere un minimo di autocontrollo sulle proprie emozioni.
Arthur annuì «Forse dovresti farlo tu. Sei l'apprendista di Gaius e tu e lei...».
«No, preferisco restare qui, se non vi dispiace» rispose «Se servirà correrò subito da Gaius».
Il principe lo guardò, anche nel buio poteva vedere il luccichio delle lacrime non versate bagnargli gli occhi, e non gli fu difficile intuire il suo stato d'animo, perché dopotutto non era tanto lontano da ciò che provava anche lui. Tra tutti i dubbi e le domande anche lui sentiva il gusto amaro del tradimento, e forse per tale ragione avrebbe dovuto sentirsi furioso, ma tutto ciò che provava erano tristezza e confusione.
Senza dire un'altra parola si alzò dal pavimento ed entrò nella sua stanza. Con un certo timore si avvicinò al letto, la figura sdraiata tra le coperte pareva uno spettro tanto era il pallore sul suo volto e sulle braccia nude; il lenzuolo che la copriva dal seno in giù presentava qua e là qualche traccia di sangue, e Arthur neppure volle chiedersi quali metodi il cerusico avesse usato per cercare di eliminare il veleno.
Afferrò una sedia e prese posto accanto al letto. «Ma come ho fatto a non riconoscerti?» domandò più a sé stesso mentre osservava quel volto pallido ma che ora gli appariva dannatamente familiare. Non si vedevano da anni e Astrid era ovviamente cambiata, e c'erano delle cose che Arthur pensava di aver rimosso dalla propria mente, ma che in realtà – se ne rendeva conto solo in quel momento – non aveva mai dimenticato davvero: il naso sottile e un po' a punta su quel viso dai lineamenti troppo duri per una ragazza, le labbra sottili e rosee che non aveva mai potuto baciare, le fossette che le si formavano ai lati della bocca quando sorrideva in quel modo irriverente che lo snervava e lo accattivava al tempo stesso, e gli occhi di quel verde-dorato tanto particolare. Ma non era solo quello.
«Se non subito, avrei dovuto almeno riconoscerti quando sei venuta al campo di allenamento. Soltanto tu avresti potuto sfidarmi con tale arroganza e battermi così rapidamente» sussurrò e, cedendo all'antico affetto che lo aveva legato a lei e che non era mai andato via, si sporse a stamparle un delicato bacio sulla fronte trovandola fredda in modo preoccupante. Poi restò in attesa, di nuovo.


Era tutto sbagliato lì. La fortezza di Nightfall era sempre stata un luogo freddo, costruita tra le nevi delle terre del nord, ma non così freddo come lo era in quel momento. La neve aveva invaso ogni stanza del castello, e degli abitanti non vi era traccia. Astrid vagava in quel luogo surreale da un tempo indefinito, un attimo le sembrava di essere lì da giorni e l'attimo dopo che fossero passati solo pochi istanti. Di tanto in tanto riviveva alcuni momenti della sua vita lì, incubi spiacevoli che avrebbe voluto dimenticare ma che era costretta a vedere accadere ancora e ancora.
Forse sono morta e questo è il tormento eterno a cui sono destinata.
Pensò per un istante, in uno di quei rari momenti di lucidità a cui il sonno concede l'accesso, poi i suoi pensieri si fecero di nuovo confusi. Cominciò a sentire delle voci in lontananza, una serie di suoni indistinti di cui non riusciva a cogliere il significato, ma che con il passare dei secondi sembravano sempre più reali e sempre più vicini. Si guardò intorno cercando di capire l'origine di quelle voci, ma riuscì solo a vedere tutto ciò che la circondava farsi sempre più indistinto, svanendo lentamente come nebbia.
Aprì gli occhi di scatto, sussultando impercettibilmente e ritrovandosi a fissare la parte superiore di un elegante baldacchino. Si sentiva debole e indolenzita, ragion per cui le costò un certo sforzo riuscire a mettersi seduta tra le lenzuola. Una fitta di dolore al fianco le ricordò cosa fosse successo e capì che era già fortunata ad essere in vita: nessuno sopravvive ai veleni degli assassini.
Non aveva più il seno fasciato e stava indossando una tunica che profumava di bucato appena fatto, proprio come le lenzuola del letto in cui era. Si guardò intorno e riconobbe le stanze di Arthur, nonostante le avesse viste poco e con il buio. Sul baule ai piedi del letto erano poggiate le sue spade, la sua armatura e la sacca da viaggio in cui conservava tutto ciò che potesse esserle utile; evidentemente qualcuno aveva portato quelle cose lì dalla taverna, e poteva immaginare chi fosse stato.
Le voci concitate che aveva sentito anche nel sonno venivano da fuori la porta della stanza, e si trattava senza dubbio di due persone che discutevano. Riconobbe la voce di Arthur, e un'altra più matura e autoritaria che – se i suoi ricordi non la ingannavano – doveva appartenere a Uther. Da lì non riusciva a capire cosa si stessero dicendo, ma in realtà neppure aveva voglia di provarci, troppo presa dal malessere che il veleno le aveva causato.
In ogni caso dopo poco sentì i passi di qualcuno che si allontanava e vide Arthur entrare nella stanza con un'espressione di rammarico e preoccupazione dipinta in volto, ma che cambiò non appena la vide, diventando di gioia mista a sorpresa.
«Sei sveglia!» esclamò avvicinandosi a lei «Come stai? Devo chiamare Gaius?».
Aidan scosse la testa «Sto da schifo ma sono viva, non c'è bisogno di disturbare il medico» rispose con voce roca, guardando ovunque nella stanza pur di evitare lo sguardo del principe. Non era facile per lei, sapere che Arthur la guardava e vedeva di nuovo Astrid la faceva sentire nuda in un modo fastidioso.
Il silenzio calò tra loro, insieme ad un'atmosfera imbarazzante che il principe cercò di smorzare porgendole il bicchiere d'acqua che poco prima Merlin aveva portato per lei, nel caso si svegliasse. «Dovresti bere, sei rimasta quasi un giorno e mezzo priva di sensi. Dovresti anche mangiare qualcosa, forse è meglio che chiami qualcuno per farti portare del cibo» stava per fare quanto detto, ma lei lo fermò afferrandogli la manica della tunica.
«Non ora, non ho voglia di mangiare» rispose mentre prendeva un sorso dell'acqua, aveva un sapore strano, di erbe curative, così la bevve tutta nella speranza che le placassero il senso di nausea e il mal di testa. Era come risvegliarsi dopo una delle sue leggendarie sbornie, ma molto, molto peggio.
Arthur si accomodò sulla sedia che dal giorno prima era rimasta ancora accanto al letto «Te la senti di spiegarmi cosa è successo anni fa, dopo che sei stata rapita?» domandò con un certo timore. Le parole che lei gli aveva detto la notte in cui lo aveva salvato ancora gli rimbombavano nella testa: “non ho voluto sposarti ma ora sto morendo per te” e tuttavia una parte di lui ancora sperava che fosse stata una fatalità del destino a separarli, non una scelta consapevole da parte della fanciulla che per la prima volta gli aveva fatto provare sentimenti così vicini all'amore.
Aidan annuì, ormai che la sua vera identità era venuta fuori non aveva senso mentire ancora, e poi non è che ci fosse molto da spiegare «Non sono stata rapita, ho assoldato dei mercenari per fingere il mio rapimento. Non volevo sposarti ma mio padre era irremovibile, così ho fatto in modo di fuggire avendo la certezza che nessuno mi avrebbe dato la caccia».
Per Arthur quelle parole furono come un pugno nello stomaco. Una parte di lui aveva già capito quale fosse la verità, ma averne la conferma era tutta un'altra storia. Una certa rabbia cominciò a farsi strada in lui al pensiero di essere stato ingannato proprio da lei, e si ritrovò ad alzare la voce «Se era tutta una messa in scena allora cosa significa la lettera che mi hai scritto? Dicevi di amarmi, che mi avresti sposato che-».
«Che per nessuna ragione al mondo avrei voluto una guerra tra i nostri regni» lo interruppe lei «L'ho scritta apposta Arthur. Ho fatto in modo che mio padre la trovasse così che tutti l'avreste interpretata come le mie ultime volontà. Non volevo sposarti ma davvero non volevo la guerra».
«Ci hai manipolati tutti» sussurrò il principe, il cuore pieno di rabbia e delusione «Abbi almeno il fegato di guardarmi negli occhi mentre mi dici queste cose!» gridò afferrandole il mento e costringendola a guardarlo negli occhi. Quando si ritrovò a fissare quelle iridi verdi-dorate il suo cuore perse un battito e al contempo si sentì spaventato dalla rabbia che vi lesse dentro.
«Sì, vi ho manipolati tutti» rispose Aidan con tono velenoso «Ma mi sembra un'equa ricompensa per chi credeva di poter decidere il mio destino solo perché sono una donna».
Arthur la lasciò andare e si allontanò da lei «Non eri la sola a non poter decidere, ma nonostante ciò io ti ho amata, e per tutto questo tempo ho creduto che anche tu avessi amato me» il tono atterrito con cui pronunciò quelle parole fece sentire Aidan terribilmente in colpa. «Comunque mio padre ha informato re Gregor di quanto accaduto, tuo padre sta venendo qui, e con ogni probabilità sei solo riuscita a rimandarlo il nostro matrimonio» disse lanciandole un ultimo sguardo deluso, uscendo poi in tutta fretta dalla stanza.
La ragazza sospiro di frustrazione passandosi una mano sul viso. A quanto pareva aveva un'abilità unica nel ferire le persone, non aveva importanza che portasse il nome di Aidan e o di Astrid, riusciva comunque a distruggere tutto ciò che toccava, chiunque si legasse a lei finiva sempre per farsi male in qualche modo.
Sarebbe stato meglio per tutti se avesse continuato a scappare e a nascondersi senza creare alcun legame, come aveva fatto in tutti quei lunghi anni.
Alcuni minuti dopo ad entrare nella stanza fu Gaius, avvisato da Arthur ed intenzionato a controllare le condizioni della sua paziente. Da lui apprese che Philip – la guardia che l'aveva avvisata della presenza degli assassini – era vivo e in via di guarigione, cosa che la fece sentire
rincuorata, almeno per un po' di tempo.
«Merlin è arrabbiato con me, non è vero?» domandò al medico quando ebbe finito di visitarla. Non era stupida, sapeva che se avesse voluto avrebbe mandato al diavolo Arthur e i suoi doveri pur di essere al suo capezzale.
Gaius le rivolse un sorriso condiscendente «È stato qui più volte in realtà: ha preso le vostre cose dalla stanza alla taverna, vi ha cambiato gli abiti e le lenzuola, ha provveduto a portarvi regolarmente un infuso di erbe curative nel caso vi foste svegliata e aveste avuto bisogno di bere qualcosa che potesse aiutarvi a star meglio. È stato felice nel sapere che vi siete svegliata, ma credo che non se la senta ancora di parlarvi».
Aidan annuì «Non posso biasimarlo».
«Vedete che gli passerà, dovete solo darli tempo, chiarirete. Anche se comprenderete che vista la situazione le cose tra voi non potranno più essere come prima, dopotutto siete una principessa».
Quell'affermazione le fece ribollire il sangue nelle vene dalla rabbia, e si ritrovò a stringere il lenzuolo tra i pugni «Se le cose cambieranno sarà solo perché lo avrà voluto uno di noi due. Io non permetto a nessuno di scegliere per me cosa sia giusto o sbagliato, sono io che forgio il mio destino, nessun altro» sibilò puntando i suoi occhi sicuri e arrabbiati in quelli del medico.
L'uomo le prese una mano tra le proprie e la guardò a sua volta «Per favore, ascoltate il consiglio di un anziano medico che nella sua vita ha visto quasi tutto. Possiamo affannarci quanto vogliamo, ma se il destino ha per noi dei piani ben precisi opporsi ad essi non porta mai nulla di buono, non avete idea di quanta sofferenza possa derivare da questo».
Con uno scatto infastidito Aidan tirò via la mano da quelle rugose del medico «Forse siete voi, Gaius, che non avete idea di chi io sia».





Angolo autrice
Salve a tutti! Questo è un capitolo “di passaggio” per così dire, la trama non va molto avanti ma vengono indagate le emozioni dei personaggi in relazione alla recente scoperta della vera identità di Aidan (cosa che spero di aver fatto senza risultare ridicola o sbrigativa, ma a voi l'ardua sentenza) e inoltre iniziamo a scoprire qualcosa del passato di Astrid poco prima della sua fuga. Sicuramente vi starete chiedendo chi sia questo Daven e perché sia finito sul rogo, ma non preoccupatevi perché tutto verrà spiegato a tempo debito, sto addirittura pensando di fare uno spin-off proprio sull'incontro tra lui e la principessa, quindi tranquilli, non sto creando incolmabili buchi di trama (almeno spero) xD
Comunque se la storia vi piace e volete darmi supporto o magari qualche consiglio per migliorarmi lasciate un commentino!
Come sempre grazie a tutti quelli che leggono, che mettono la storia tra le preferite/seguite/ricordate, e soprattutto ad
 Aquarius no Leni, Altair65 e Federica11 che hanno recensito la storia.
Un grazie e un saluto speciali vanno anche alle mie amiche 
Sunny9719 Merlin_Colin_Emrys.
Alla prossima!

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Capitolo 8
*** Capitolo 7: Sarà la libertà, o sarà la morte ***


Capitolo 7
Sarà la libertà, o sarà la morte

Uno stuolo di cavalieri dai mantelli blu notte bordati di candida pelliccia cominciò ad affollare la cittadella al seguito di re Gregor. Accanto al sovrano un paggio a cavallo teneva alto il vessillo con l'emblema della casata Wolf: una testa di lupo bianco delle nevi su sfondo blu notte.
Aidan osservò la scena da una delle finestre di quella stanza in cui l'avevano sistemata non appena era tornata abbastanza in forze da poter camminare. Avvertì un moto di nausea nel riconoscere i riccioli corvini di suo padre sormontati dalla corona d'argento e zaffiri che da generazioni apparteneva alla sua famiglia, a quel punto chiuse la finestra con uno scatto.
Non aveva nessuna intenzione di sposare Arthur, non dopo tutto quello che aveva fatto anni prima per evitarlo. Fuggire di nuovo sarebbe stato inutile, suo padre l'avrebbe seguita anche fino ai cancelli di Avalon se fosse stato necessario, di questo era certa.
Con un sospiro si sedette sul letto. Doveva riflettere e trovare una soluzione, ma non era facile riuscire a pensare con gli effetti del veleno che ancora la debilitavano annebbiandole i sensi. Ci avrebbe messo del tempo a riprendersi del tutto, Gaius glielo aveva detto, il veleno era potente e lei era già fortunata ad essere sopravvissuta.
Qualcuno bussò alla porta e lei sperò che non fosse di nuovo la giovane serva mandata da Uther perché la aiutasse a prepararsi in vista dell'incontro con suo padre. Non aveva alcuna intenzione di indossare uno stupido abito e una sottana.
La persona che però entrò nella stanza era l'ultima che avrebbe pensato di vedere in quel momento.
«Merlin» sussurrò il suo nome senza preoccuparsi di nascondere la sorpresa nella voce, mista ad un pizzico di gioia e timore allo stesso tempo. Era felice di vederlo lì ma allo stesso tempo aveva paura di come sarebbero potute andare le cose.
Il giovane si schiarì la voce e si richiuse la porta alle spalle, tuttavia non si mosse «Vedo che ti stai riprendendo, ne sono felice».
Aidan gli sorrise «È anche merito tuo, ti sei preso cura di me».
Merlin abbassò gli occhi e inghiottì a vuoto, era visibilmente in difficoltà. Un profondo silenzio carico di imbarazzo calò nella stanza per diversi secondi, poi il giovane mago trovò la forza di porre quella domanda che lo tormentava «Perché mi hai mentito su chi sei davvero?».
«Non ho mentito» rispose seria, ma senza guardarlo «Astrid è morta anni fa, tra le fiamme di un rogo che si è portato via la sua anima».
Merlin aggrottò la fronte «Cosa intendi dire?».
Aidan si morse il labbro, rendendosi conto di aver parlato troppo. Non aveva intenzione di affrontare quell'argomento proprio con il ragazzo per cui si era accorta di provare qualcosa «Nulla di importante, ciò che devi sapere è che non ti ho mentito. Ormai sono solo Aidan, e di me sapevi già tutto ciò che era necessario sapere».
Il giovane mago cominciò a spazientirsi per quell'atteggiamento, si sentiva preso in giro e il fatto che lei non avesse neppure il coraggio di guardarlo negli occhi aumentava ancora di più quella sensazione. «Smettila di cercare inutili giustificazioni! Sei a Camelot, non hai mai pensato che Arthur potesse riconoscerti? Cosa che in realtà ha fatto, ma siccome ti presenti come un ragazzo ha creduto di starsi immaginando tutto. Cosa avevi intenzione di fare una volta che questo fosse accaduto?».
«Non sarebbe dovuto accadere, io sarei dovuta partire dopo pochi giorni e nessuno avrebbe neppure dovuto sapere che sono una donna!» urlò a quel punto Aidan, puntando i suoi occhi verdi in quelli azzurri dell'altro «E poi cosa avrei mai potuto dirti? Qualcosa come “sai Merlin, sono una donna e in passato ero la promessa sposa di Arthur, ma non preoccuparti lui mi crede morta quindi non ti metterà al rogo se ti infili tra le mie cosce”? Andiamo Merlin, sai meglio di me che sarebbe stata una cosa assurda da dire».
«Nessuno doveva sapere neppure che sei una donna... Immagino avessi ancora intenzione di lasciare Camelot, presto o tardi» il tono affranto con cui Merlin pronunciò quelle parole non lasciava dubbi sul suo stato d'animo.
Aidan si passò le mani sul volto in un gesto frustrato. Lei non aveva mai avuto intenzione di ferire qualcuno, eppure lo aveva fatto e continuava a farlo, era come vivere un continuo incubo. «Sì, l'intenzione era quella, ma nonostante tutto non riuscivo a decidermi a partire, e credo che tu sappia il perché» rispose guardandolo intensamente negli occhi
«Ma prima o poi o avresti fatto, non è così?».
«Sì» fu costretta ad ammettere abbassando lo sguardo.
Un profondo silenzio calò nuovamente nella stanza, questa volta carico di amarezza e delusione, finché non fu nuovamente Merlin ad interromperlo «Ora dovrei andare, e dovresti anche tu, ti aspettano nella sala del trono» .
«Aspetta, ti prego» lo fermò Aidan prima che uscisse dalla stanza, dopodiché si alzò dal letto e lo raggiunse «Ho passato troppo tempo in fuga, prima dalla vita che il mio sesso e il mio stato di nascita mi imponevano, poi da un matrimonio che non volevo, infine anche da me stessa e dai miei tormenti. Fuggo da così tanto tempo che ormai non so più come fare a fermarmi. Fuggo perché in fondo non so fare altro, ma non sono una bugiarda o un'ingannatrice, non è mai stata mia intenzione far soffrire qualcuno» sussurrò appoggiando la fronte su quella di Merlin.
Non c'era una sola lacrima in quegli occhi verdi, e tuttavia il mago era certo di non aver mai visto tanto dolore nello sguardo di una persona. E quel dolore era ancora più strano negli occhi solitamente allegri di Aidan. Avrebbe voluto stringerla, dirle che le cose si sarebbero sistemate in qualche modo, rassicurarla e lasciarsi rassicurare da quei baci di cui aveva sentito tremendamente la mancanza, ma nulla di tutto ciò sarebbe stato reale. Lui era un servo, Aidan una principessa che con la sua finta morte e la sua ricomparsa aveva già alzato un polverone, non osava immaginare cosa sarebbe accaduto se Uther o re Gregor fossero venuti a sapere della loro relazione. Meglio che finisse tutto così.
Con grande sforzo fece un passo indietro, staccandosi da lei «Forse questo è il momento in cui dovrai imparare a fermarti, ma purtroppo non sarò io la persona con cui potrai farlo» così dicendo uscì dalla stanza in tutta fretta, mentre una lacrima ribelle gli rigavano la guancia.
Rimasta sola Aidan batté il pugno contro la porta per poi appoggiare la fronte contro il legno ruvido. Si sentiva più sola che mai, e quel gelo dentro l'anima non lo avvertiva così forte da tantissimi anni ormai.
Dopo alcuni minuti immersa in quel silenzio che pareva schiacciarla decise che era il momento di affrontare una volta per tutte quella situazione. Indossò la sua fedele armatura, giubba di cuoio indurito e bracciali dello stesso materiale, dopodiché passò a sistemare foderi e spade dietro la schiena. Doveva avere un'aria sicura, nessuno doveva pensare di poterla controllare in qualche modo.
Quando varcò la porta della sala trovò Uther, Gregor e Arthur ad attenderla. A parte loro non era presente nessun altro, evidentemente preferivano affrontare la situazione senza troppe orecchie indiscrete ad ascoltare.
«Salve re Uther. Principe Arthur. Padre» disse con voce gelida e distaccata, guardando uno ad uno i presenti. Suo padre non era cambiato molto in quegli anni: i riccioli che gli arrivavano fino alle spalle erano ancora neri come il carbone e appena qualche ruga gli segnava i lati degli occhi, anch'essi neri; non aveva minimamente perso la sua aria maestosa ed autoritaria, con la sua altezza fuori dal comune e le spalle larghe e muscolose. Era ancora il temibile guerriero che in gioventù era stato il terrore dei suoi nemici in battaglia.
«Avevo incaricato una serva di portarvi degli abiti più consoni» disse Uther osservandola con un cipiglio contrariato.
«Mi sento molto più a mio agio con la mia armatura, grazie» fu la risposta gelida di Aidan.
«Suo padre le si avvicinò, studiandola attentamente «Astrid... sei proprio tu» non era una domanda.
«Il mio nome adesso è Aidan, se non vi dispiace» mormorò a denti stretti.
«Adesso basta con questa pagliacciata!» sbottò Uther alzandosi dal suo trono «Arthur, sei proprio sicuro che lei sia la principessa Astrid?».
Il principe la guardò per un lungo istante prima di rispondere, negli occhi qualcosa di molto simile alla rassegnazione e alla tristezza «Sì, ne sono sicuro. Mi ha detto cose che solo lei poteva sapere. Inoltre ha una voglia a forma di testa di lupo sul petto, il medico l'ha vista quando le ha medicato la ferita».
«E come fai ad essere certo che quel segno appartenga proprio ad Astrid?» domandò ancora Uther.
«Perché lei ci è nata» rispose Gregor «E poi è mia figlia, so riconoscere il sangue del mio sangue».
Uther annuì «Arthur ci ha già spiegato quali sono state le reali circostanze del tuo rapimento. Capirai che un inganno del genere potrebbe far scoppiare una guerra tra i nostri regni, ma siccome hai agito da sola sarò disposto a lasciar correre, se sposerai Arhur come era negli accordi».
A quelle parole la risata di Aidan risuonò in tutta la sala «Sposare Arthur? Io non rinuncerò alla mia libertà per una corona e un marito, non per patti che altri hanno stipulato senza neppure chiedere il mio parere».
Gregor batté il pugno contro il tavolo «Astrid, smettila di fare la stupida. Hai già umiliato abbastanza me e la nostra casata, ora fa quello che devi in quanto principessa e smettila con questa storia. Da bambina hai voluto imparare a combattere e te l'ho permesso, ma è il momento che inizi a comportarti come una donna».
Le labbra della ragazza si incurvarono in un sorriso apparentemente calmo, ma che dietro nascondeva una rabbia pronta ad esplodere. «Nessuno di noi qui vuole la guerra, questo mi sembra chiaro» disse mentre iniziava a slacciare uno dei bracciali della sua armatura «E nessuno di noi è disposto a cedere, quindi vi propongo una soluzione che potrebbe sistemare la faccenda una volta per tutte» gettò il bracciale ai piedi dei tre uomini e fissò le loro facce confuse e sorprese.
«Un duello?» mormorò Arthur guardandola con un cipiglio preoccupato.
«All'ultimo sangue, secondo le regole dei cavalieri, con chiunque di voi tre accetterà la sfida» rispose Aidan «Nessuna regola dei duelli, né qui né a Nightfall mi impedisce di lanciare questa sfida. Se vincerò io allora riavrò la mia libertà e la pace tra i nostri regni».
«E se perderai?» domandò il principe. Un brivido gli attraversò la schiena a quell'eventualità.
Un angolo delle labbra della ragazza si incurvò in un ghigno irriverente «Allora quello che avete creduto per tutti questi anni diventerà reale. Per voi sarà la pace, e per me sarà la libertà o la morte».
«È una follia!» sentenziò Uther, ma nessuno sembrava disposto ad ascoltarlo.
Arthur stava già per afferrare il bracciale, sapendo bene che né lui né Astrid avrebbero mai potuto uccidersi a vicenda, non con tutto l'affetto che li aveva tenuti legati, non dopo che lei aveva rischiato la vita per lui. Tuttavia venne preceduto da re Gregor.
«E sia!» disse il sovrano di Nightfall guardando con aria torva la figlia.
«Non potevate resistere alla tentazione di uccidermi una seconda volta, non è così?» rispose Aidan sostenendo quello sguardo senza lasciarsi intimorire, sulle labbra sempre il solito sorriso irriverente «Ci vediamo domani a mezzodì» aggiunse per poi lasciare la sala.


«Non puoi combattere domani» urlò Arthur seguendola all'interno della sua stanza. Dopo aver scambiato qualche altra parola con suo padre e re Gregor aveva seguito Astrid fin lì per cercare di convincerla a lasciar perdere. «Sposami e finiamola qui».
«Dici pure a tuo padre che nulla mi farà cambiare idea, neppure il tuo bel visino» fu la risposta dell'altra mentre si versava del vino da una caraffa sul tavolo a pochi passi dal suo letto.
Il principe le si avvicinò «Non sono qui perché me lo ha detto mio padre, ma perché non voglio vederti morire davanti ai miei occhi domani».
Sbuffò una risata «Chi ti dice che sarò io a morire?».
La risposta che Arthur le diede non era ciò che si sarebbe aspettata. Con un movimento rapido la scaraventò sul letto e la sovrastò bloccandole i polsi. «Questo me lo dice» ringhiò a pochi centimetri dal suo viso «In circostanze normali mi avresti fermato prima ancora che potessi avvicinarmi a te tanto da riuscire anche solo a sfiorarti, ma sei ancora debole per il veleno e non riesci neppure a liberarti dalla mia stretta. Come speri di combattere contro re Gregor, uno dei guerrieri più forti e spietati che si siano mai visti?».
«Questa non è una cosa che ti riguarda» mormorò Aidan a denti stretti. Avrebbe potuto liberarsi dalla presa di Arthur in dieci modi diversi, ma non avrebbe avuto senso spaccargli il naso, un braccio o altro visto che lui non aveva intenzione di farle del male.
Il principe sospirò di fronte a quella cocciutaggine e la lasciò andare sedendosi sul letto «Astrid, sposami e basta. Non voglio questo matrimonio più di quanto lo voglia tu, non pretenderò che tu adempia ai tuoi obblighi di moglie, non dovremo neppure dormire nello stesso letto, ma non voglio vederti rischiare la vita per il tuo orgoglio».
Anche lei si mise a sedere, sospirando «Non è per orgoglio, Arthur. Non posso vivere una vita che altri hanno deciso per me, e nemmeno tu dovresti accettare di farlo».
Un sorriso divertito spuntò sulle labbra di Arthur «Non molto tempo fa ho mandato a monte un altro matrimonio combinato con la principessa Elena. Io non la amavo e lei non amava me quindi...».
«E cosa è cambiato adesso?».
«Che stiamo rischiando una guerra, o la tua morte».
Aidan lo guardò intensamente negli occhi «E tu sposeresti una persona che non ti ama? Che ti ha mentito e manipolato? Perché?».
«Perché nemmeno io ti amo, ma non possiamo negare di aver provato affetto l'uno per l'altra in passato, e io non posso negare che questo affetto ci sia ancora, nonostante tutto» Arthur sospirò «In cuor mio l'ho sempre saputo che eri viva, e forse è stato proprio questo ad impedirmi di dimenticarti, chi lo sa, forse era destino che ci incontrassimo di nuovo in questo modo».
L'altra sbuffò una risata e scosse la testa «Non parlare a me di destino, non è proprio il caso» si alzò dal letto ed osservò il principe con espressione dura e risoluta «Io combatterò domani, e vincerò, così che neppure il destino possa avere voce in capitolo sulla mia vita».
Arthur non sapeva che fare. Che Astrid fosse cocciuta lo aveva capito fin dai tempi del loro primo incontro, che lo fosse rimasta in effetti doveva aspettarselo vista la tempra dei Wolf. Si alzò dal letto e fece per uscire, ma si voltò un'ultima volta verso la ragazza «Hai fino a domani per cambiare idea, ricordalo» non c'era rabbia nella sua voce, solo apprensione. In effetti superato l'iniziale senso di tradimento tutta la rabbia era svanita presto, lasciando il posto soltanto ad una forte preoccupazione. In parte poteva capire le ragioni che l'avevano portata ad agire in quel modo, e poteva anche intuire che c'era molto più di ciò che Astrid diceva, qualcosa di cui non voleva parlare perché forse le faceva troppo male.


Il momento del duello era infine arrivato. Né Astrid né re Gregor avevano rinunciato alla sfida, ed erano pronti a combattere sotto un cielo coperto di nubi nere che parevano annunciare esiti infausti. Nonostante fosse mezzodì, il cielo era così scuro che pareva stesse calando la sera.
Nessun padre dovrebbe accettare una simile sfida contro il sangue del proprio sangue. Pensò Arthur mentre osservava i due sfidanti. Anche lui una volta aveva lanciato una simile sfida a suo padre, ingannato dagli incantesimi di Morgause, ma Uther non l'aveva accettata, piuttosto sarebbe morto.
Gli occhi di re Gregor restavano freddi e duri anche in quel momento, così come quelli di Astrid. Per la prima volta il principe vedeva la somiglianza tra quei due, nello sguardo e nel portamento fiero ed incrollabile, sembravano quasi due taglienti rocce di ghiaccio. Si sentì rabbrividire.
In cuor suo sperò che tutta quella durezza fosse solo una maschera, e che padre e figlia non avrebbero davvero avuto il coraggio di uccidersi a vicenda.
«Il duello sarà secondo le regole dei cavalieri» disse Uther con voce ferma «all'ultimo sangue. Cominciate!».
Nessuno di loro due attaccò per primo, continuarono ad osservarsi facendo piccoli passi di lato, l'uno nella direzione opposta all'altro. I Wolf erano proprio come gli animali di cui portavano il nome: predatori, astuti e feroci, attendevano il momento giusto prima di fare una mossa, per essere certi di carpire la preda al primo colpo.
Alla fine fu Astrid a fare la prima mossa.
Normalmente sarebbe stata così rapida che l'altro neppure si sarebbe accorto della lama che oltrepassava le sue difese, ma l'effetto del veleno non era ancora svanito, e lei era più lenta di quanto volesse ammettere.
Re Gregor parò il colpo con estrema facilità, finendo per mandare a terra la ragazza, ma lei si rimise immediatamente in piedi, partendo nuovamente all'attacco, purtroppo anche quella volta senza successo.
Per alcuni minuti l'unico rumore che si udì nell'arena fu il clangore delle spade, non c'era una sola persona nel pubblico che osasse fiatare. Ad Arthur parve di vedere persino sul volto di suo padre un cipiglio preoccupato, e non osò cercare lo sguardo di Merlin tra la folla.
Astrid finì nuovamente a terra, ormai stremata, la spada le era volata di mano ed il naso le sanguinava a causa di un colpo che suo padre le aveva dato con l'elsa. Lo aveva sempre saputo che Gregor era un uomo forte e brutale in battaglia, dopotutto lei non era poi così diversa: se loro combattevano lo facevano con l'intenzione di uccidere, per questo a Nightfall non esistevano stupidi giochi come la giostra, e quello era un duello all'ultimo sangue.
Si mise in ginocchio, pronta a rialzarsi, ma una fitta di dolore al fianco ed un fastidioso senso di stordimento la costrinsero lì dov'era, al centro dell'arena. Era colpa del veleno che il suo corpo ancora non aveva smaltito, le sensazioni che stava provando erano le stesse della sera in cui aveva salvato Arthur. Dopotutto Gaius l'aveva avvisata che sarebbe potuto accadere.
I suoni circostanti le giungevano ovattati, ma seppur distante riuscì ad udire suo padre che raccoglieva la spada e che avanzava verso di lei zoppicando, evidentemente era riuscita a ferirlo, ma in ogni caso non sarebbe servito a nulla.
Sarà la libertà o la morte – pensò – è un peccato che sia la morte.
Anche in quello stato di stordimento riuscì a sentire suo padre che alzava la spada verso di lei, pronto a colpire, e si era quasi rassegnata alla fine imminente quando la nebbia che le oscurava i sensi si diradò d'improvviso.
Per istinto, come mossa da una forza celata dentro di sé, si ritrovò ad alzare il braccio afferrando con la propria mano il polso di Gregor appena prima che la spada le calasse addosso. Strinse talmente forte che una smorfia di dolore distorse per un attimo i lineamenti dell'uomo. Con un movimento rapido Astrid gli torse il braccio e lo disarmò, afferrando la spada ed attaccandolo.
Lui, disarmato, non poté far altro che arretrare e cercare di aggirare sua figlia nel tentativo di recuperare l'altra spada che era a terra, ma ben presto fu lui a trovarsi steso nella polvere dell'arena, la spada ben lontana da lui. Guardò sua figlia che lo sovrastava puntandogli la lama alla gola, negli occhi – in quel momento più dorati che verdi – poteva vedere la leggendaria furia dei Wolf, e rivide sé stesso.
«Astrid» sussurrò il suo nome, e forse era giusto così, che un padre morisse con il nome della propria figlia sulle labbra. Non era una supplica, e lui non era spaventato all'idea di morire. Era piuttosto fierezza quella che si percepiva nel tono della sua voce, fierezza per la guerriera che sua figlia era diventata, e forse una punta di rimpianto per non averlo capito prima.
«Il mio nome è Aidan» disse lei, quasi ringhiando, per poi alzare la spada, pronta a terminare quel duello.
La lama calò, affilata e pesante, finendo per affondare di diversi centimetri nel terreno polveroso su cui Gregor era steso.
Una leggera pioggia aveva cominciato a scendere dal cielo grigio quando il re di Nightfall aprì gli occhi, rendendosi conto di essere ancora vivo e che la propria spada era infilata nel terreno a pochi centimetri dalla sua faccia. Spostò le iridi nere su Astrid e la vide ripulirsi il volto dal sangue che lo imbrattava e che le gocce di pioggia – sempre più insistenti – le stavano facendo gocciolare fino al mento, negli occhi sempre lo stesso sguardo fiero.
«Ho vinto» disse lei «E vi ho risparmiato la vita. Ora fate lo stesso con me e restituitemi la mia libertà».
Gregor si alzò in piedi ed annuì, poi sia lui che Astrid guardarono Uther. Anche lui annuì.
Arthur tirò un sospiro di sollievo, mentre per la prima volta dall'inizio dello scontro si concedeva di rilassarsi sul suo scranno.
Il re di Nightfall guardò sua figlia raccogliere la propria spada «Ho davvero pensato che mi avresti ucciso, ed ero pronto a morire. Perché non lo hai fatto?».
Lei non lo guardò, osservò la lama della spada coperta di fanghiglia «Perché avrei gettato il regno nel caos. Il vostro secondogenito è troppo giovane per regnare, e sua madre è troppo dolce ed innocente per riuscire a contrastare con forza i lord che tenterebbero di appropriarsi del vostro trono passando per il talamo nuziale» a quel punto puntò i suoi occhi verdi si fissarono in quelli neri di suoi padre «Voi non siete un re giusto, o un re buono, ma siete un re forte che nessun uomo dotato di buonsenso oserebbe sfidare. E tanto basta».
«La corona sarebbe potuta essere tua, resti sempre la primogenita, e da quello che ho visto saresti in grado di regnare e condurre uomini in battaglia» nella voce di re Gregor c'era un'inflessione affettuosa che Aidan non sentiva da tempo, e che non credeva avrebbe mai più avuto modo di sentire.
Un mezzo sorriso le incurvò le labbra «Continuate a non ascoltarmi, padre. Ho già detto che non ho intenzione di rinunciare alla mia libertà per una corona» così dicendo si voltò e lasciò l'arena, ancora immersa in quel silenzio quasi religioso che soltanto la pioggia si concesse di interrompere.



Angolo autrice
Salve a tutti cari lettori!
Spero vivamente che il capitolo vi sia piaciuto perché ci sto lavorando da tanto, ma proprio non voleva saperne di venir fuori; spesso mi ritrovavo a fissare per interi minuti la pagina in cerca dell'ispirazione divina su come far andare avanti la storia, ma niente. La cosa veramente terribile però era che sapevo giàcosa scrivere, il problema era il come fare perché fosse credibile, in linea con i personaggi e non sciocco.
Fatemi sapere cosa ne pensate e se tutti i miei sforzi sono valsi a qualcosa.
Come sempre ringrazio tutti quelli che mettono la storia tra le preferite/seguite/ ricordate, e anche 
Aquarius no Leni e Altair65 che hanno recensito la storia.
Un ringraziamento speciale va a 
Federica11 che non si perde un solo capitolo e che mi fa sentire il suo supporto sia per quanto riguarda questa storia che con l'altra long che sto scrivendo. Sappi che apprezzo moltissimo le tue recensioni.
Come sempre saluto e ringrazio la mia amica
 Sunny9719 e la mia socia Merlin_Colin_Emrys.
A presto.

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