Profumo di Zenzero.

di EuphemiaMorrigan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bianco. ***
Capitolo 2: *** Vischio. ***
Capitolo 3: *** Vino. ***
Capitolo 4: *** Locomotiva. ***
Capitolo 5: *** Libro illustrato. ***
Capitolo 6: *** Canzoni di Natale. ***
Capitolo 7: *** Natale passato. ***
Capitolo 8: *** Notte fonda. ***



Capitolo 1
*** Bianco. ***


Profumo di zenzero.
 

Ad un numeroso branco di gorilla con cui condivido giornalmente lo stesso banano.
Auguri pulciosi.

01. Bianco.

Izuna s’era accomodato sul divano vicino alla finestra, fra le mani reggeva una tazza calda di tè aromatizzato alla cannella e, rilassato, osservava i candidi fiocchi di neve scendere dal cielo.
Sorrise sul bordo in ceramica, sorseggiando un altro po’ del liquido zuccherato. Un forte rumore e un’imprecazione ringhiata ad alta voce però attirarono la sua attenzione e distrussero quel momento di quiete.
«Vaffanculo! Fottuta lavastoviglie!».
Un ghigno ferino apparve sulle labbra carnose. La rabbia del fidanzato lo divertiva e stuzzicava il suo spiccato lato sadico.
«Invece di ridere, dammi una mano» grugnì Tobirama. Arreso all’evidenza tirò su le maniche dell’orrido maglione di lana verde, regalo della madre, con al centro del petto disegnata una renna, e cominciò subito dopo a lavare i piatti.
Izuna si avvicinò al ragazzo, ripose la tazza ormai vuota nel lavello, poi lo abbracciò da dietro; poggiò il mento fra l’incavo della spalla e il collo, intanto con i pollici tracciava disegni astratti sul ventre coperto.
«A casa mia ho una lavastoviglie nuova» disse.
«Ho detto no».
Immaginava una risposta del genere. Si sporse, seguì il profilo duro e la mascella contratta con qualche bacio. «Sicuro di voler vivere in questa catapecchia? Sta cadendo a pezzi, lo sai. In più mi sono stancato di percorrere quindici chilometri all’andata e altrettanti al ritorno solo perché tu non vuoi muovere le regali chiappe».
«Ci lavoro a Konoha, non posso spostarmi. Sei tu che sei voluto andare a vivere a ‘fanculo!».
Izuna alzò gli occhi al cielo e sbuffò: «Puoi chiedere il trasferimento. Non lo fai per orgoglio».
Tobirama era così testardo che, avesse preso a testate il muro, sarebbe venuta giù l’intera parete prima ancora si potesse ferire. E viste le condizioni dell’appartamento non era poi così infattibile.
Si distanziò e sospirò con fare teatrale: «Come vuoi. Porgerò io i tuoi saluti alla lavastoviglie, la lavatrice funzionante… – posò una mano all’altezza del cuore. – E come dimenticare il forno a microonde? A te non si era bruciato qualche mese fa a causa di un corto circuito?».
«Maledetto Uchiha» bestemmiò a mezza bocca Tobirama.
«Giusto, un’altra cosa: – sussurrò demoniaco al suo orecchio. – nel mio appartamento c’è anche l’asciugatrice».
Lui si voltò, impettito. «Smettila. Non verrò a vivere con te, il tuo dannato vicino di casa è Madara!».
«E pensa un po’: è anche mio fratello».
«Non ricordarmelo».
Izuna gli carezzò la guancia, poi mormorò mellifluo: «Avevi promesso, Tobi-chan. Quest’anno avresti provato a sopportarlo e, soprattutto, gli avremmo detto della nostra relazione».
«Perché vuoi farlo proprio a Natale?» aggrottò le sopracciglia chiare.
Il sorriso si trasformò in una smorfia mentre si sporgeva verso le sue labbra. «Perché quel bastardo deve pagarmi anni di psicoterapia per tutto il tempo trascorso in sua, spiacevole, compagnia. Quindi tu ora ti agghindi per bene, fai le valigie e vieni a vivere con me».
Un Uchiha non faceva mai nulla per gli altri, a meno che non poteva in seguito guadagnarci qualcosa.

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Capitolo 2
*** Vischio. ***


02. Vischio.

Sakura era impegnata a decorare l’albero, fischiettava serena e aggiungeva festoni colorati, coprendo le fronde verdi in plastica. Abbellire la propria casa era ciò che più amava fare.
Da quando si era laureata e lavorava in ospedale non aveva molto tempo da dedicare al Natale, in più quell’anno, il venticinque Dicembre, sarebbe stata di turno per tutto il giorno e la notte, per questo aveva deciso di impegnarsi nelle piccole cose, quando ne aveva la possibilità. Per lei e quello stupido brontolone del marito.
Starnutì, portando la mano davanti al viso.
«Vedi cosa ci guadagni a pensar male di me?» insinuò Madara.
Lei si voltò e lo scrutò dall’alto in basso: indossava gli occhiali da vista e le borse sotto gli occhi erano più marcate del solito, sicuramente aveva appena finito di lavorare; era rinchiuso nel suo ufficio da tre… forse quattro giorni, non si stupiva di quello stato pietoso.
«Vatti a lavare. – lo ammonì. – E poi da quando leggi nel pensiero?».
«Quando pensi a me arricci il naso, e sulla gobba si forma una piccola ruga. – le spiegò; apparve stralunato quando s’accorse dell’albero di Natale. – Che giorno è?».
Sakura alzò gli occhi al cielo, essere sposata con uno scrittore alle volte la snervava, in quell’occasione, però, si limitò ad accennare una risata. «È il ventitré Dicembre, tesoro».
Lo adocchiò intenerita sorprendersi dell’informazione, subito dopo si passò la mano fra i capelli ispidi e lunghi, sospirando: «Vado a farmi una doccia, poi… ti aiuterò a comportarti da piccola aiutante di Babbo Natale».
«Aspetta! – lo bloccò e si avvicinò divertita alla soglia della porta, indicando verso l’alto. – Ti sei fermato sotto al vischio, bisogna rispettare le tradizioni».
«Vuoi baciarmi anche se sono tre giorni che non faccio un bagno?».
Scrollò le spalle, aveva sopportato di peggio. «Prendilo come regalo di Natale».
Tenera, Sakura, circondò le guance pallide del marito, dopo posò le labbra sulle sue. Nulla di profondo, o passionale, bensì un tocco morbido, duraturo e sentito, in cui entrambi potevano bearsi della presenza e l’affetto dell’altro.
Ed era bello vedere Madara, di solito troppo serio e pieno di pensieri, rivolgerle un sincero sorriso in quelle occasioni.
«Adesso vai, puzzi!».
Lui sbuffò, annuendo.
«E poi a letto! Se ti addormenti nella vasca ti lascio affogare!».
«Sì» bofonchiò di nuovo, trascinando i piedi.
Lo osservò finché non sparì alla vista, poi tornò alla sue faccende, della minacciosa chiamata di Izuna gliene avrebbe parlato l’indomani.

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Capitolo 3
*** Vino. ***


03. Vino.

L’odore dei biscotti appena sfornati, del vin brulé e della legna scoppiettante nel camino acceso accolse un infreddolito Hashirama una volta messo piede a casa del migliore amico. L’abbraccio caldo di Sakura e il provare, invano, a spupazzare un poco Madara lo fecero sorridere; gioioso salutò i parenti dell’uomo, che a differenza del pensiero comune della popolazione erano molto amichevoli.
Quasi tutti almeno.
Divertito, li aveva osservati avvicinarsi a Madara per rivolgergli sinceri auguri di buon compleanno e Vigilia, e venire come al solito scacciati con un grugnito e uno sguardo torvo.
Erano passati quasi trent’anni da quando si erano incontrati, eppure non sembrava cambiato per nulla. L’unico momento in cui aveva intravisto dell’affetto nelle iridi carbone era stato quello in cui s’era perso a contemplare per qualche secondo Sakura tenere in braccio Shin.
Hashirama sospirò e sedette vicino a lui.
«Vogliamo brindare?».
«A cosa?».
Guardò il bicchiere mezzo pieno e rise. «Sei arrivato a quarantadue anni, e nessuno ha ancora cercato di ucciderti».
Madara non gli rispose, bensì indicò le loro mogli e chiese: «Chi è quello?».
Hashirama aguzzò la vista, a qualche metro intravide un uomo sulla trentina, giovanile e dalla scarmigliata chioma castana; seguì qualche secondo l’amichevole conversazione assieme a Mito e Sakura, le quali parevano abbastanza divertite dalla sua presenza.
«Hai già l’Alzheimer? È il fidanzato di tuo nipote».
Madara lo guardò, confuso. «Quello non è Shisui».
«L’altro nipote!».
Ci fu un momento di silenzio, poi sbuffò: «Anche Sasuke è gay? Povero Fugaku».
Hashirama scosse la testa, senza rispondere. Il sarcasmo dell’amico negli anni non aveva fatto altro che aumentare.
La sua attenzione venne presto catturata dal basso ringhio sentito risalire dal petto alle labbra arricciate di Madara; intercettò gli occhi neri fulminare con lo sguardo Izuna, intento a trascinare un reticente Tobirama, e presentarlo alla famiglia come fidanzato.
Rabbrividì e si fece piccolo piccolo sul divano, di nuovo bevve un sorso di vino e poi mormorò: «N-non sei contento? Saremo parenti».
Aveva ragione Mito ad accusarlo di possedere una spiccata vena masochista.

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Capitolo 4
*** Locomotiva. ***


04. Locomotiva.

Sasuke ne era rimasto basito fin dal principio.
Stava stringendo un bicchiere di zabaione, di certo non proprio, impegnato ad osservare la surreale scenetta che, da quasi venti minuti, si svolgeva davanti agli occhi increduli.
Sapeva che i genitori avrebbero accettato senza problemi il suo fidanzato, in fondo non avevano fatto troppe storie neppure a Shisui e Itachi, malgrado il lontano legame di parentela, ma non immaginava sarebbe successo… quello.
Tutti erano a conoscenza della smisurata passione di Fugaku per i modellini di ferrovie e treni, nessuno però si sarebbe mai aspettato che, uno: qualche cretino avrebbe avuto la geniale idea di regalargliene uno elettrico. Due: suddetto cretino non era una sola persona, ma ben due, messi d’accordo per fare buona impressione con il suocero.
Ed ora se ne stavano seduti sul pavimento lucido, a montare rotaie e alberelli di plastica, in mezzo al salone addobbato a festa, con Mikoto che ogni tanto scattava qualche foto al marito, tutta gioiosa e felice.
Che diamine era accaduto alla sua famiglia? E perché il padre aveva perso in un attimo tutta la propria autorevolezza?
«Si stanno divertendo».
Il commento di Itachi, poggiato alla parete vicina, gli fece storcere il naso.
«Sì, e si stanno comportando come bambini» schioccò la lingua contro il palato, mentre scrutava Kiba sorridere perfettamente rilassato assieme a Shisui e Fugaku, anche se era la prima volta che li incontrava.
Si sentì sfiorare la spalla dal fratello. «Siamo a Natale, niente muso».
Sasuke sospirò, però acconsentì, commentando: «Voglio vederci il lato positivo: se avrà dei nipoti sarà un bravo nonno».
«Vuoi aprire un canile?».
Lo sguardo torvo che rivolse ad Itachi guadagnò di contro solo una breve, sincera, risata.

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Capitolo 5
*** Libro illustrato. ***


05. Libro illustrato.

Nelle notti d’Inverno la temperatura scendeva quasi sempre in modo vertiginoso a Konoha e, malgrado fossero passati anni da quando Mito s’era trasferita al Paese del Fuoco, faticava ancora ad abituarsi al clima rigido.
Per questo, al momento, se ne stava comodamente accoccolata sul divano, una coperta in pile sulle gambe e la testa appoggiata al torace ampio del marito; sorreggeva un pesante libro illustrato di favole Natalizie, anche se il figlio s’era già assopito da una buona mezz’ora fra le braccia di Hashirama.
«Adoro la storia dello Schiaccianoci. I disegni sono così belli...» parlò a bassa voce l’uomo.
Lei sorrise tenera, continuando a sfogliarlo per quell’enorme bambino.
«Anch’io, mamma me la leggeva spesso quando avevo l’età di Shin».
«Veramente?» gli occhi nocciola si accesero d’interesse.
Lei annuì. Il suo entusiasmo, anche per quelle piccolezze, la metteva di buon umore e le scaldava il cuore.
Carezzò delicata la zazzera rossiccia del piccolo, dopodiché la guancia paffuta.
Il colore olivastro della pelle all’inizio era stato un cruccio che l’aveva fatta sentire terribilmente in colpa, solo per averlo messo al mondo e ereditare i suoi tratti; gli occhi chiari, contornati di scuro come se ci fosse disegnato un kajal naturale, la pelle brunita e i capelli rosso fuoco tipici della famiglia Uzumaki, le avevano dato diversi grattacapi appena arrivata a Konoha.
Straniera, trasferita in una terra dalla cultura differente, sin troppo radicata nelle proprie tradizioni, aveva fatto immensa fatica ad integrarsi e trovare una propria indipendenza.
«A cosa pensi?» domandò Hashirama, per poi sfiorarle la tempia con le labbra.
Mito sospirò, leggera.
Con il passare del tempo, grazie alla pazienza e l’amore del marito, aveva imparato ad affrontare a testa alta quei vecchi ricordi e considerare un vanto la sua diversità.
«A quanto sono fortunata. – gli pizzicò la punta del naso. – E che domani, forse, potrei cucinare dei nankhatai Natalizi, se prometti di non abbuffartici».
Rise divertita quando la baciò, euforico, e ricambiò il gesto d’affetto, attenta a non svegliare Shin, ancora pigramente addormentato fra di loro.
Il Natale, seppur lontana da casa, sembrava aver mantenuto tutta la sua magia.

N.B: I nankhatai sono tipici dolcetti indiani che si fanno soprattutto durante le feste Natalizie.

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Capitolo 6
*** Canzoni di Natale. ***


06. Canzoni di Natale.

Guardare Karin avanzare a fatica lungo il centro gremito di Konoha, vestita come l’omino Michelin per scampare al freddo, era uno spettacolo divertente. Finché rimaneva in silenzio.
«Meravigliosa idea quella di passare le nostre ferie a Konoha, sardina» gracchiò sarcastica. Addio pace.
Suigetsu sbuffò caldo vapore bianco. Fra le mani – costretto – reggeva i manici in plastica di diverse buste della spesa, contenenti soprattutto generi alimentari.
Erano stati incaricati dai loro ‘amici’ d’iniziare a rifornirsi per Capodanno e, al market, quasi non gli era venuta voglia di riempire il carrello di scatolette e croccantini per cani. Ma aveva il vago sospetto che Kiba avrebbe gradito l’idea.
«Mi stai ascoltando, idiota?» sbraitò di nuovo la sua dolce metà.
Lui sollevò gli occhi al cielo. «Sì, sì, sei arrabbiata, ho capito. Però quando Sasuke ci ha invitati stavi per venire dalla gioia».
Si beccò un pugno sulla spalla, di sicuro gli sarebbe spuntato il livido.
«Non dire mai più una cosa del genere, o ti castro nel sonno».
Il sorriso provocante che le rivolse ebbe come risposta l’ennesima occhiataccia. «Piccina. Hai ancora il cuore spezzato per aver scoperto che ad Uchiha piacciono gli uccelli?».
Karin si aggiustò gli occhiali sul naso e disse: «Avete qualcosa in comune allora».
«Lo so che prima eri uno uomo, ma ti amo per quello che sei, Mario».
«Sei squallido».
Suigetsu ridacchiò, dopodiché starnutì. «Il prossimo anno invitiamo il principino Sasuke e il suo licantropo da compagnia da noi, sono allergico alla tua presenza e viaggiare insieme mi ha fatto male».
«Dovrei lamentarmene io. Ti ho ascoltato per quattro ore cantare senza sosta orribili canzoni di Natale, mi stupisce tu sia ancora in grado di parlare per dire stronzate».
Il ragazzo sorrise quando Karin gli gettò al collo la sua sciarpa, borbottando: «E copriti, non ti farò da infermiera durante le vacanze se ti ammali».
«Ehi! Sai che per arrivare da Juugo manca una mezz’oretta di macchina? Abbiamo ancora quel CD di Bublé, giusto?».

N.B: La battuta di Suigetsu mi fa ridere di più utilizzando un nome in Italiano invece di, chessò, Takeshi, Hiroki e compagnia. Facciamo che è appassionato di Super Mario e sa che è un nome maschile lol

 

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Capitolo 7
*** Natale passato. ***


07. Natale passato.

Tobirama studiò Izuna sistemare l’ennesimo scatolone. In pochissimi giorni lo aveva obbligato a trasportarli dalla sua abitazione a quel maledetto appartamento così vicino al nemico.
Ad Oto vivevano troppi Uchiha.
La prima volta che aveva messo piede in città una sconosciuta forza spirituale, di sicuro quella del compianto padre, aveva provato a fermarlo e intimargli di riflettere bene su quella scelta masochista: andare a vivere con il fidanzato significava frequentare la sua famiglia, e Tobirama odiava i parenti di Izuna!
Cominciò a girovagare per le stanze come un’anima in pena, o un bambino troppo cresciuto, e si soffermò a giudicare con occhio critico l’arredamento spoglio. Lo stupì, conoscendo la personalità orribile del ragazzo, si aspettava minimo le teste dei suoi nemici appese in corridoio, invece nulla, tutto pareva così freddo e vuoto. E non era nemmeno addobbato per Natale.
«Ho un dubbio» disse, richiamando l’attenzione di Uchiha. Era intento a piegare i suoi vestiti e riporli nell’armadio; in verità avrebbe voluto pensarci Tobirama, ma gli aveva quasi staccato una mano a morsi quando aveva provato a farlo e, secondo lui, distrutto la disposizione perfetta dei suoi capi d’abbigliamento.
«Lo esporrai entro domani?».
«Perché non c’è nemmeno una decorazione? Hai insistito una settimana per fare l’albero a casa mia».
«Ah. – schiuse le labbra, sorpreso, dopo scrollò le spalle. – Il tuo ex appartamento era più adatto a realizzare certi capricci».
«Capricci?».
Lo vide scrutare disgustato un paio di boxer a fiori, regalo di Hashirama mai indossato, e subito gettarli nel cestino della spazzatura. Rialzò le iridi nere e risposte: «Papà considerava il Natale una festività per ipocriti. Con il passare degli anni, dato che non l’ho mai davvero festeggiato, mi dimentico di comprare lucine e festoni, poi ormai è passato… – si massaggiò il mento, pensieroso. – Vederti fare l’albero però è stato divertente, soprattutto mentre imprecavi».
Tobirama gli diede le spalle, soffiando irritato.
«Dove vai?».
«A prendere le mie decorazioni! Non te la caverai così facilmente, dannato Uchiha!» grugnì, sbattendo la porta.
Come osava Izuna prenderlo in giro in quel modo? Ci avrebbe pensato lui a portare un po’ di clima Natalizio in quella casa… per tormentarlo, nessun’altra ragione.

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Capitolo 8
*** Notte fonda. ***


08. Notte fonda.

Era stata la serata peggiore della sua vita.
Non solo aveva dovuto fingersi amichevole con i parenti e i dannati Senju, grato degli auguri di compleanno in ritardo per la maggior parte disinteressati a lui rivolti, ma aveva anche dovuto sopportare la vista del fratello minore avvinghiato a Tobirama per tutte le feste, ogni volta che spostava lo sguardo su di loro.
E sapeva Izuna lo aveva fatto con l’intento d’irritarlo!
Il pensiero di quei due insieme lo disgustò, allora decise di incamminarsi in cucina e dimenticare, assecondando invece il leggero languore che lo aveva colpito allo stomaco. Curioso controllò la sveglia, erano le due di notte del due Gennaio.
L’inizio di un altro schifoso anno.
Alla fine, dato che Sakura non era in casa, aveva preferito passare il Capodanno solo, chiuso in ufficio a lavorare, piuttosto che con i suoi stupidi parenti.
Trattenne un sospiro, quasi senza rendersene conto scrisse un messaggio: ‘Quando torni?’.
Storse il naso, perché pareva avere un tono così disperato?
Minuti dopo il cellulare vibrò sopra il tavolo, proprio nel momento in cui stava per addentare il primo morso del suo panino.
Cos’hai combinato?’.
Nulla’. Aggiunse inacidito: ‘Ti fidi così poco di me?’.
Sì. Hai provato a dar fuoco alla cucina? Di nuovo!’.
Madara alzò gli occhi al cielo e, in tutta risposta, le mandò una foto del suo misero pasto e della stanza ancora integra.
Calò il silenzio per i successivi minuti, poi una raffica di messaggi lo fece quasi strozzare: ‘Oddio, sembri distrutto! Da quanto non dormi?’.
Vattene a letto!’.
Hai quarant’anni e ancora non sai badare a te stesso’.
Arcuò un sopracciglio nero. ‘Volevo prima sapere quando saresti tornata a casa’.
Fece in tempo a finire di saziarsi, prima di ricevere il massaggio successivo: ‘Presto :*’.
Posò la mano sotto al mento e si lasciò sfuggire un sorriso.
Madara, ti amo. Buon anno in ritardo’.
Forse il prossimo anno, se insieme a lei, non sarebbe stato così terribile.

Angolo autrice: questa raccolta nasce con l’unico scopo di fare un piccolo – e spero gradito – presente ad alcune adorabili personcine. Sono state flashine davvero brevi, ma in cui spero si sia sentito l’affetto e la gioia di passare le feste con chi si ama.
Vi auguro un buon nuovo anno <3

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