Tragicomicamente innamorati

di Leah96
(/viewuser.php?uid=1091228)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La maledetta sveglia delle 7: benvenuti nella mia vita ***
Capitolo 2: *** Cap 2: chili di occhiaie sotto le occhiaie ***



Capitolo 1
*** La maledetta sveglia delle 7: benvenuti nella mia vita ***


TRAGICOMICAMENTE INNAMORATI Cap1 La maledetta sveglia delle 7: benvenuti nella mia vita. La sveglia suona .Sono le sette. Trauma. Devo alzarmi, altrimenti arriverò tardi a lezione. Con quella fatica esistenziale immane che si ha solo di mattina presto mi tirai giù dal letto e afferrai le prime cose che mi capitarono sottomano dalla sedia accanto. Entrai nel salotto- cucina; ovviamente trovai la mia coinquilina Natasha e il suo fidanzato congolese beatamente addormentati sul divano che ormai era diventato il loro letto. Cercai di fare il meno rumore possibile mentre preparavo il caffè e mi fiondavo nel microscopico bagno per rendermi almeno decente. Come se ne fosse bisogno! Ero orrenda praticamente trecentosessantacinque giorni l’ anno, compresi i festivi. Ingurgitai la mia dose di droga giornaliera,senza zucchero perché la prendevo amara come la vita, ed uscii di casa: adoravo passeggiare la mattina presto, mi dava un senso di pace intervallato da qualche clacson impertinente ma evidentemente mattiniero come me. La città a quell’ ora era ancora mezza addormentata, cominciava a stiracchiarsi nel suo letto e a prendere vita. Arrivai in facoltà fantasticando come mio solito, quella mattina avevo storia dell’ arte medievale e poi storia moderna e, ovviamente, ero fogatissima per quello perché entrambi i professori erano coinvolgenti e rendevano avvincenti le lezioni. Come al solito trovai la mia amica Viola seduta in seconda fila (non so come riusciva ad arrivare sempre prima di me nonostante mi alzassi alla sua stessa ora): “Buongiorno.” Dissi sedendomi accanto a lei e tirando fuori il quaderno di appunti con la penna. “Buongiorno cara.” Il tono della sua voce non mi piaceva per niente “C’ è qualcosa che non va?” chiesi prontamente. “Oh, sai le solite Gine. Il subdolo che prima mi chiama per vederci,poi fa tutto il carino e alla fine sparisce. “ “E tu ci vai ancora dietro, neanche fosse l’ ultimo ragazzo sulla faccia della terra. Guarda che ce ne sono di migliori e con un naso meno grosso del tuo lord inglese.” Lei rise; vittoria! Subdolo:0 Ginevra: 1. Non riuscivo davvero a capire cosa ci trovasse in quel secchione emaciato una bella figliola come Viola; alto e dinoccolato, con u naso che gli arrivava per terra quasi, non era esattamente il più figo del mondo eppure la mia amica ne era innamorata persa da quando lo avevamo conosciuto a storia romana due anni fa, appena cominciata l’ università. Da allora era cominciata una travagliata situazione fatta di pianti da parte di lei e indifferenza da parte di lui; si vedevano sporadicamente, quando il signorino si ricordava che c’ era anche lei nel mondo oltre alle sue traduzioni di greco e Viola ogni volt ci cascava nonostante le mie raccomandazioni da amica previdente anti-stronzi. “Gine, tu non capisci” mi ripeteva spesso “io penso di amarlo. Sono così felice quando sono con lui, è come se salissi in un Eden tutto fatto di libri e fiori dove ci siamo io e lui che passeggiamo mano nella mano.” Caso perso in partenza ragion per cui mi ero rassegnata in un certo senso e la lasciavo sfogare ogni volta che era triste e depressa perché il subdolo spariva dalla circolazione (invece i suoi tentativi di giustificarlo rimanevano sempre e comunque). Qualche volta mi chiedevo come era essere innamorati di qualcuno,se significava dipenderne emozionalmente come Viola allora ero contenta di non essere innamorata di nessuno. In realtà qualcuno che mi piaceva c’ era ma ormai si trattava di storia vecchia e sepolta nel mio dimenticatoio “possibili relazioni pericolose con tipi cinici e strani”: durante il primo anno nei giorni gloriosi da matricola spensierata avevo conosciuto un tipo del conservatorio ed era stata empatia a prima vista (adesso davo la colpa al fatto che ero un po’ alticcia quella sera e non in preda ad una sensazione di cosmico sentimento come mia aveva fatto credere lui); era più grande di me, somigliava in maniera impressionante a Jim Morrison nella sua versione più bassa con gli occhi verde bosco di Sir Paul McCartney ,si chiamava Lorenzo e veniva da una parte non meglio identificata della provincia di Livorno. Dopo quella festa interamente passata a parlare di quanto facesse schifo la musica raggeton e di Justin Biber patrimonio del trash contemporaneo decidemmo di vederci il sabato seguente; non ci credevo neanche io: mai nella mia breve vita un ragazzo così perfetto mi aveva chiesto di uscire. Fu l’ inizio di un travagliato periodo durato abbastanza per i miei sentimenti, fatto di lascia e prendi praticamente ogni settimana, a seconda dei bisogni di solitudine temporanei suoi e delle mie incazzature da ragazza paranoica e leggermente stronza. La rottura definitiva era avvenuta l’ anno precedente quando avevo scoperto che mi tradiva con una pittrice francese ma in realtà ogni tanto ci sentivamo ancora quando entrambi avevamo bisogno di sfogarci fisicamente e questo lo sapevano solamente Tania e Natasha. Per le altre mie amiche,compresa Viola, io e Lorenzo avevamo rotto e anche malamente dato che mi aveva tradita; tuttavia non gli avevo mai detto di amarlo, nonostante durante il primo periodo stessi sotto di lui in maniera vergognosa che adesso, a ripensarci, mi sarei presa a ceffoni da sola. Quindi potevo dire di non aver conosciuto mai l’ amore, quello vero intendo, solo sesso e attrazione fisica; il resto era cinismo e stronzaggine. “E quindi vi rivedete?” le chiesi dopo la lezione, mentre andavamo nell’ altra aula per storia moderna. “Certo.” Rispose lei. “Viola sai che non potrai continuare così fino alla fine dei tuoi giorni? Hai bisogno di stabilità” disse Beatrice. “Bea non sono tutti come Fabrizio.” “Già sai che noia,altrimenti.” Commentai ridendo. “Almeno Fabrizio non mi ha mai tradito con la prima pittrice che gli passa davanti al naso.” Colpita, ma avevo la risposta pronta. “Si dia il caso che io e quello psicopatico di Lorenzo non stessimo insieme, la nostra è stata solo una lunga frequentazione perché io sono allergica alle relazioni e lui si scoperebbe anche mia nonna.” Era la verità, sin dall’ inizio avevamo messo in chiaro di non stare insieme nel senso di fidanzati ma come due persone che semplicemente uscivano insieme come più che amici. “Meglio che non commento.” Fece lei. Mamma come era seria, sembrava una donna di cinquanta anni e non una ventiduenne. “A prima mattina sempre pane amore e acidità.” Tutti i gruppetti hanno quella ironica e noi avevamo la rossissima Danae che aveva il dono di mettere concordia e di far ridere tutte. Lei e Bea erano fidanzate con due migliori amici ingegneri che erano la loro versione al maschile. Nel frattempo eravamo arrivate in classe. “Ma Sabrina non viene oggi? Non aveva detto niente. “ domandai mentre prendavamo posto. “Non ti ricordi che due giorni fa ci aveva detto che sarebbe mancata perché suo cugino Josè arriva dalla Spagna oggi?” “Ah, già. Il cugino.” Ero così smemorata che a volte mi scordavo persino di mangiare. In quel momento mi vibrò il cellulare: un messaggio da Lorenzo. “ Hai casa libera stasera o facciamo da me?” Avevo voglia o no? Erano due settimane che non lo vedevo, mi mancava sentire le sue stronzate. “No. Però se vuoi ti aspetto per le dieci di stasera.” La vibrazione in risposta non tardò ad arrivare: “Andata.” I nostri incontri erano più o meno uguali: arrivava quando voleva, facevamo quello che dovevamo fare e dopo gli preparavo un thè aromatizzato allo zenzero; spesso rimaneva anche a dormire e,in quel caso, la razione era doppia e succedeva di solito quando era particolarmente ansioso o nervoso per qualcosa. Nei suoi rari momenti di tenerezza mi confessava che ero la parte migliore di lui e che,fossimo stati altri tipi di persone, sicuramente saremmo stati una coppia perfetta. A quel punto gli tiravo un schiaffetto e lo riportavo alla realtà: non sarebbe mai potuto accadere e lo sapeva. Mentre il professore spiegava per la terza lezione di seguito l’ inquisizione spagnola notai con la coda nell’ occhio Sabrina che entrava in classe con un ragazzo altissimo e scuro; doveva essere sicuramente suo cugino ma non potevo osservarlo bene da dove ero seduta. Il mistero venne svelato dopo lezione:” Ciao ragazze.” Ci salutò fuori dall’ aula. “Questo è Josè. E’ arrivato un’ ora fa e siamo venuti perché voleva vedere l’ uni.” Lui fece un timido cenno, doveva essere molto imbarazzato. “Queste sono Viola Beatrice Danae e Ginevra, sono quelle famose amiche delle quali ti parlo spesso.” Ci strinse la mano una alla volta; non era affatto male,anzi, sembrava un personaggio del Don Chishotte con quell’ aria trasognata che si notava subito dagli occhi scuri . “Quindi sei qui per l’ erasmus?” chiesi per rompere il ghiaccio mentre ci avviavamo verso la mensa per il lauto,si fa per dire, pasto “Si. Yo sono aqui per studiare storia. L’ Italia è un bel paese e poi morivo dalla voglia di rivedere la toscana e Firenze, non ci torno da che ero nino, da piccolo.” “E vai spesso da Sabrina in Abruzzo?” “Dipende dai nostri genitori. Di solito facciamo una volta ciascuno anche per riportare la nonna nella sua terra natia.” “Capisco.” Non sapevo spiegarmi il motivo ma mi ispirava dolcezza e simpatia e questo era molto strano perché di solito con gli estranei ero piuttosto diffidente. “Quanti anni hai?” poco a poco lo stavamo sommergendo di domande un po’ per una ma almeno si stava sciogliendo. “Ventiquattro.” “E sei già alla magistrale?” “Negativo. Sono al terzo anno come voi; quando avrei dovuto cominciare ho lavorato per mettere da parte i soldi per pagarmi gli studi.” Vidi Sabri mollargli uno scappellotto mentre inforcava un pezzettino di carne:” Di la verità.” “Eva bene. In realtà ero partito a per scalare i Pirenei dopo la fine della scuola con il gruppo di arrampicata e mi era piaciuto così tanto il posto che ci sono rimasto per due anni. “ “Con la preoccupazione continua dei miei zii e della nonna aggiungerei.” Puntualizzò la cugina. “Sapete mio cugino è uno spirito troppo aleatorio. Non so neanche come è arrivato fino a qui.” “Bhe fino al confine in autostop poi ho tagliato per Nizza e la Liguria.” “Ma un aereo?” disse Beatrice lanciandogli un’ occhiata eloquente. “Nha, troppo facile; in questo modo ho visto le Cinque Terre e Genova.” A quel punto mi scappò una risatina; che tipo assurdo: chi sano di mente avrebbe fatto autostop? Doveva essere un ragazzo davvero strano, volevo davvero conoscerlo. Finalmente dopo mesi di apatia abitudinaria succedeva qualcosa di simpatico. “Io direi di prendere un caffè e di dirigerci allegramente verso la biblioteca.” Suggerì Viola dopo che avemmo posato i vassoi sul nastro. La nonnina del bar della mensa era un amore di nonna e ormai ci conosceva; in realtà qualche volta quando non avevo lezione e andavo a studiare lì mi fermavo a parlare con lei di tante cose, avevo persino il suo numero di telefono ed ero andata a casa sua svariate volte per un thè. Madame Caterine era di origine francese e aveva studiato a Firenze moda e costume teatrale,molto spesso mi raccontava della sua giovinezza della Francia, del suo povero marito italiano Costanzo morto da non so quanti anni e dei nipotini che aveva disseminati nel mondo perché i suoi figli erano partiti tutti e tornavano raramente a casa. Io le stavo abbastanza simpatica e mi trattava come una specie di nipotina acquisita; era l’ unica tranne Tania e Natasha che sapeva della persistenza di Lorenzo nella mia vita. Stranamente non mi aveva giudicata,mi confessava che le ricordavo tanto lei quando era una giovane modista con tanti sogni e che mi capiva perché,nonostante avesse amato tanto suo marito, aveva portato avanti una relazione clandestina di oltre trent’ anni con un professore molto più grande di lei che aveva conosciuto in accademia. “Ragazze il solito?” ci chiese sorridendo “Sisi.” Il caffè al ginseng del bar della mensa era semplicemente afrodisiaco. “Madame questo è mio cugino Jose” esclamò Sabrina “Oh ma che bel giovanotto. Ci voleva proprio un gallo in mezzo a tutte queste galline.” “Encantado” disse lui . una volta usciti i due ci salutarono “Ragazze è meglio che noi torniamo indietro. Devo aiutarlo a sistemarsi. Ci vediamo domani.” “è davvero carino Gine.” Decretò Danae mentre entravamo in biblioteca “Si, mi da di anima pura.” “Secondo me stareste benissimo insieme. Mi ha dato questa impressione.” Ecco che partivano i film della serie “Troviamo un fidanzato per Ginevra” Ridacchiai “Neanche lo conosco, però si è davvero molto carino. Così perso e innocente.” Già, prevedevo avventure molto divertenti con questa new entry molto gradita. “Quello che non sei tu.” Premetto che Beatrice non è molto contenta dalla mia condotta a suo dire poco ortodossa e non perde mai occasione di rinfacciarmelo. “Dai Bea,sono libera e felice. Potrò fare quello che mi pare, no?” risposi . “Ma quell’ amico di Eugenio non ti piace? Lui parla sempre di te.” “Decisamente no. È noioso e per di più fa anche ingegneria, lo sai che sono allergica alle cose matematiche. “ Lei alzò gli occhi al cielo “Giustamente se non è un caso umano tu neanche lo guardi.” Sembrava mia nonna quando attaccava quei pipponi, come se trovare un ragazzo serio per me fosse la sua missione della vita, tuttavia le volevo bene e sapevo che lo faceva per vedermi felice e contenta come lo era lei. La verità era che sospettava mi vedessi ancora con Lorenzo, cosa più che vera, ma non lo avrei mai ammesso. Il pomeriggio passò velocemente, così come la mesta cena a mensa con la compagnona di sventura: “ Allora cosa ne pensi di mio cugino?” domandò Sabri mentre ingoiava una cucchiaiata di minestra al sapore di acqua e verdura “Interessante e strano. “ Lei sorrise,soddisfatta “Sapevo che ti sarebbe piaciuto. Quando mi ha detto che avrebbe fatto l’ erasmus qui ho subito pensato che sareste andati d’ accordo. Stessa personalità eccentrica.” “Ma non viene a mensa?” “Oh, no. Dice che riesce a mangiare solo quello che cucina lui, non si fida del cibo preparato dagli altri, accetta al massimo la cucina di nonna e zia.” “Viziato il ragazzo.” Commentai “Più che altro speziato, mette il pepe e la paprika anche nel latte se vai a vedere.” Dopo cena facemmo un pezzo di strada assieme dato che abitavamo abbastanza vicine: “Allora a domani. “ “A domani ciccia.”

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Cap 2: chili di occhiaie sotto le occhiaie ***


Cap 2 Chili di occhiaie sotto le occhiaie Una volta a casa mi feci una doccia veloce e mi misi a studiacchiare qualcosa mentre lo aspettavo. Aspettarlo era sempre un batticuore sconosciuto che rompeva l’ apatia, ma ovviamente questo non lo sapeva, non sapeva che nel profondo i nostri incontri per me erano anche emozione e non solo sesso; non sapevo se chiamarlo amore, non sapevo se quello che provavo e avevo provato per lui lo era, non eravamo esattamente quelle coppie stabili appagate dall’ amore reciproco: lui spesso andava alle feste, si ubriacava e trombava la prima che gli capitava e qualche volta era accaduto anche a me di baciare lo sconosciuto di turno che mi sembrava appetibile. Ecco, non riuscivo ad andare oltre perché in qualche modo nella mia mente malata lo avrei considerato tradimento nei suoi confronti nonostante fossi la prima a dire di non voler essere la sua fidanzata. Allo stesso modo lui mi confidava le sue scappatelle come se fosse un dovere informarmi e io non battevo ciglio né davo il minimo accenno di gelosia; in compenso gliela facevo pagare lasciandolo in bianco parecchie volte e non rispondendo alle sue chiamate e messaggi,come se mi sentissi ferita. Era un rapporto strano il nostro, altalenante, lui tornava sempre io gli socchiudevo la porta. Nella versione ufficiale scopavamo ogni volta che ne sentivamo il bisogno, in quella ufficiosa, forse, mi stavo prendendo in giro da sola nel dire che non mi interessava. Nel dubbio, per non farmi male, cercavo di non provare nulla. Il campanello suonò e scattai di colpo per andare ad aprire. “Ciao Ginevra.” Mi salutò un po’ affaticato dai tre piani appena fatti a piedi (abitavo al terzo piano di una palazzina vecchiotta senza ascensore). Duna parte lui con Gli stessi occhi bassi di Sir Paul, i jeans neri simil pelle trasandati come i suoi ricci, ce la metteva davvero tutta per rendersi un artista bohemien spregiudicato e perennemente incazzato con il mondo; dall’ altro lato della porta c’ ero io in pigiama leggero con le fragoline e le ciabatte di Tiger: “Ciao Lo,vieni,entra.” Tania e Natasha gli fecero un cenno della mano che lui neanche considerò perché mi strattonò velocemente in camera mia; due minuti dopo eravamo sul letto e senza il mio pigiama con le fragoline:”Non metterlo mai più, lo sai che mi attizza come non mai.” Ringhiò tra un bacio e l’ altro mentre io ridevo ed ansimavo. Era sempre così,soprattutto se non ci vedevamo per più di due settimane “Mi sei mancato anche tu eh.” Riuscii a dire in un sussurro. Cominciò a recitarmi i versi di Beaudlaire, sapeva che andavo in estasi, a quanto pare quella sera voleva essere dolce Oppure era il pigiama con le fragoline che Aveva prodotto quell’ effetto. “Insomma cosa hai fatto queste settimane?” gli chiesi più tardi tardi mentre gentilmente gli sfilavo una sigaretta (evento raro che comprasse le sigarette invece del tabacco) dal pacchetto lasciato sulla mia scrivania. “Mah, niente di che in realtà. Ho scritto qualcosina per il professore di piano e sono uscito di casa solo per comprare alcool e sigarette.” “Vita emozionante,insomma.” “Senza una stronzetta psicopatica come te,certamente” “Grandissimo stronzo” e gli lanciai un cuscino sul viso. Lui mi strinse fino a farmi male:” Io non capisco perché mi fai questo effetto. Perché sento il bisogno di tornare da te quando potrei scoparmi chiunque. La mia barca potrebbe approdare in così tanti porti eppure attracco sempre al tuo con piacere ,non pensando a quelli che vengono dopo.” Sospirai, conoscevo a memoria la storia della barca che si ferma in tanti porti e della cicala che canta ogni giorno su un fiore diverso. “ Lo ti consiglio di cambiare repertorio, alla lunga diventi obsoleto.” “Posso fermarmi qui a dormire?” La fatidica domanda che preannunciava una notte insonne con annessa alzataccia (come se non ci fossi abituata di mio) “Se proprio insisti.” Risposi girandomi da un lato per cercare di rimettermi le mutande. “Siamo arrivati addirittura a questo.” Lo era un tipo abbastanza permaloso,bastava un niente per farlo arrabbiare. Infatti non capiva quasi mai le mie battute sarcastiche ma in compenso io non capivo i suoi sbalzi di umore continui che,a suo dire,lo ispiravano nei suoi pezzi. Eravamo fatti strani io e lui,ecco perché non potevamo stare insieme, eravamo il troppo di un complesso che doveva essere completato con due parti completamente combacianti. Due ego che non sapevano indietreggiare per lasciare entrare l’ altro in scena,si, mi sembra il pensiero giusto. “Scherzavo” mi affrettai a riparare il danno “certo che puoi rimanere. Ma domani ho lezione alle nove quindi non vorrei andare a dormire troppo tardi. Tu svegliati quando vuoi,tanto ormai è casa tua.” Lui rise e mi indicò il display del cellulare: cazzo,erano le due passate. “Sai benissimo che le nostre performance sono molto lunghe ed emozionanti,soprattutto per te.” Ed era vero, ne uscivo stremata come quattro ore consecutive di palestra. “Di certo non guardo l’ orario mentre sono sul palco.” Ribattei facendo il mio mezzo sorriso stronzo che lui catturò con un bacio appassionato. Inutile dire che demmo inizio al secondo atto che si sarebbe concluso con me che correvo per andare in università mentre mi strozzavo con l’ ennesimo caffè preso al volo. Era lo, non ci potevo far nulla. Per usare le sue parole “sei la mia scopata ciclica”, ecco si,lui veniva e tornava proprio come il ciclo. “Gine che hai? Fatto baldoria ieri sera?” Ovviamente il regalo puntuale di quelle sessioni speciali erano l’ aria di chi è stata a fare la guerra in paradiso e le occhiaie ancora più pronunciate del normale. “Si Viola,con il libro di storia moderna e topografia.” L’ innocente Viola non doveva sapere che la sua amica faceva cose sconce la notte con uno che,teoricamente, aveva cancellato dalla sua esistenza. Glielo avrei detto,un giorno,magari quando avrei smesso di vedere definitivamente Lorenzo, ovvero non adesso. Le lezioni si susseguirono come al solito,come le chiacchiere e le espressioni dei professori e degli allievi; mi divertivo tantissimo ad indovinare cosa pensassero veramente dalla postura e dall’ aria che assumeva il viso mentre ascoltavo e prendevo appunti. Per esempio la professoressa di topografia,grandissima stronza a sentire gli studenti più anziani, aveva quegli occhi grigi e mesti di chi non tromba dal 1700 ed effettivamente era così visto che si vociferava fosse rimasta zitella perché nessuno aveva avuto il coraggio di sposarla. E che fosse innamorata del professore di storia dell’ arte medievale ma che lui abbia preferito unirsi con sua sorella e che l’ abbia usata in gioventù per conoscere quella che ora era sua moglie. Pettegolezzi di poco conto visto che la gente,spesso,si diverte a ricamare sugli episodi altrui e ci costruisce certe soap opera che,a confronto, il Segreto è una cosuccia da niente. “C’ è anche mio cugino con noi a studiare nel pomeriggio.” Annunciò Sabrina mentre uscivamo dall’ auka dell’ ultima lezione in orario “Ah bene Sabri ma io penso di prendere il treno adesso.” Beatrice abitava a mezz’ ora di treno da firenze. “Io rimango fino alle sei, poi vado.” Ci informò Viola, anche lei pendolare. Arrivammo in biblioteca ma Jose a quanto pareva non c’ era:” Quello strano personaggio di mio cugino preferisce andare in giro a cercare farfalle piuttosto che fare una cosa normale.” Disse colei che fotografava pali perché la ispiravano,invece secondo me aveva perso qualche rotella da quel giorno in cui un palo lo aveva preso in pieno al ritorno dalla palestra “Dai,magari voleva scoprire la biblioteca.” Azzardai io “Cosa c’ è da scoprire in Brunelleschi?I topi morti nei libri della sala di letteratura cimbra?” Ebbene si, abbiamo un reparto di letteratura cimbra non chiedetemi come e perché ma sappiamo che esiste. “Hola chicas!” sentimmo l’ inconfondibile voce di Jose provenire dall’ alto “Como andiamo?” Notai solo allora che tutta la gente che passava si fermava ad osservare divertita quella figura alta saldamente stretta ad uno dei rami più robusti dell’ albero; Scoppiai a ridere come una matta; non riuscivamo a trovarlo perché,giustamente, a nessuna persona sana di mente viene da arrampicarsi sui salici spelacchiati del chiostro di Brunelleschi tranne se non fosse Cosimo de “Il barone rampante”. “Cretino,scendi immediatamente.” Fece stridula la mia amica,diventata rossa per la vergogna e la foga “ non farti riconoscere già. Io qui dentro ho una reputazione.” Jose non se lo fece ripetere due volte:” Escusa mia hermosa cugina.” “Ma io te la do in testa la cugina.” La scena era troppo comica e si stava facendo vergognosamente tardi; il resto del pomeriggio si svolse normalmente anche se qualche volta adocchiavo il cugino spagnolo di Sabrina,curiosa di vederlo nelle vesti di studente modello: effettivamente non studiava,si era messo a leggere un manualone sulla storia di cuba (poi mi spiegò che si trattava di un esame a scelta libera) e di tanto in tanto mugugnava qualcosa in spagnolo stretto,incurante delle occhiatacce che gli lanciavano per intimargli di starsi zitto. Ero intenta a cercare di capire la guerra dei trent’ anni quando mi arrivò un messaggio: “Venerdì replichiamo?” Lorenzo che mi chiedeva di rivederci due volte nell’ arco di sette giorni,troppo strano; magari la troietta di turno gli aveva dato buca o i suoi coinquilini avevano deciso di organizzarsi senza di lui. “Come mai tutta questa voglia?” digitai, con l’ intento di dirgli di no tassativamente. Il venerdì era la sera delle follie, dei vagabondaggi e i giri per locali pieni di trentenni allupati in cerca di abbordaggi occasionali nella quale io Tania e Natasha con Hugo uscivamo a sbronzarci e mai nella vita avrei rinunciato al mio appuntamento con l’ alcool e il fumo. So che è poco ortodosso per una ragazza come me, e la povera Viola si subiva i miei dopo con tanta pazienza da farla santa ad honorem, ma almeno una volta a settimana non volevo pensare, volevo essere libera di cantare sul Lungarno a squarciagola tutto ciò che mi saltava in mente, con la mia fida controparte russa. “Volevo passare a darti una ripassata perché parto per un giro di concerti per un mese , la gente normale lo chiama salutarsi” Si certo, e io sono Charlie Brown. “Scusa più plausibile?” sapeva perfettamente che non gli credevo mai ma,da buon recidivo,insisteva con le cazzate. Mi arrivò una locandina dove c’ era il suo gruppo e le date del mini tour “Possiamo incontrarci in giro,so che esci.” “Ma parto sabato mattina.” “Cazzi tuoi.” E con questa uscita particolarmente dolce e cortese tornai a Rocroi 1632, studiando fino alla chiusura della struttura prima storia e dopo topografia, non vedevo l’ ora di cominciare storia dell’ arte contemporanea. Mi ero messa in testa di dare questi tre esami e volevo avvantaggiarmi . A casa più tardi dopo aver cenato con Sabri , crollai sul letto,stanca morta. Avevo bisogno di recuperare il sonno perso grazie a quel genio di lorenzo, maledette prestazioni e maledetto lui che ogni volta riusciva a far uscire la parte selvaggia di me che prendeva parte con slancio e contentezza a quel fondersi di mani,braccia e corpi che era il sesso. Per carità, Lorenzo non era certo il primo, sfortunatamente prima di lui c’ era stato un povero ragazzo del mio liceo con il quale ero stata abbastanza ma solo perché avevo fatto una scommessa con le mie amiche (più sceme di me) e perché avevo diciotto anni e consideravo la verginità un peso da togliermi. Penserete che sono frivola ed egoista, e,bhe, effettivamente lo sono e anche tanto all’ apparenza; è l’ unico modo per nascondere quella fragilità che mostro solo a poche persone o quando sono sola con me stessa e mi metto a pensare (azione orrenda e sbagliata se vuoi provare a vivere in pace e serenità). L’ indomani mattina mi alzai con anticipo,fresca come una rosa e felice per il sonno recuperato: feci colazione con calma e persi più di dieci minuti a scegliere cosa mettermi per andare a lezione (non accadeva da un po’ di giorni); riuscii anche a studiare prima di lezione e a passare dalla mia libreria di fiducia per vedere cosa aveva di interessante da comprare. Ero intenta ad analizzare un libro di Garcia Marquez quando mi sentii toccare la spalla in maniera molto calorosa: “Oh,ciao Jose. Anche tu qui?” Capitan ovvio ma erano quelle frasi di circostanza che ti escono sempre in quesi momenti. “Soy entrato aqui por comprare una raccolta di poesie ungheresi della metà dell’ ottocento.” Ragazzo molto pretenzioso,non c’ è che dire. “è un posto molto fornito, se chiedi ti aiutano.” Decisi che quel giorno non avrei comprato nulla ed uscii, lasciandolo alla ricerca della sua poesia ungherese.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3814072