My Sun and Stars

di Jo The Strange
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: I Miss The Misery ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Take Me Out ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: Perfect Strangers ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: The Fabulous '60 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: Rude ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: Spirits ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: Love Songs ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8: Happy Birthday, Chrissie ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9: Liar ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10: Shut Up And Dance ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11: Summer Paradise ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12: Seven Nation Army ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13: Habits ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14: I'm Not The Only One ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15: When There Was Me And You ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16: Side To Side ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17: Doing Alright ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18: Happy Xmas ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19: California Dreamin' ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20: Dangerous Woman ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO:

12 Ottobre 1978

-…Una domanda per Brian! – disse una giornalista, sbracciandosi per attirare l’attenzione del chitarrista.

-Ah, davvero? – fece lui ironico e stupito. Ogni volta che partecipavano ad una conferenza stampa l’attenzione veniva sempre puntata su Freddie, la sua vita privata e la sua sessualità. A nessuno importava un bel niente del nuovo album o degli altri componenti della band.

-Sappiamo che lei è da poco diventato padre, ma non sappiamo molto su sua moglie. Ci può raccontare qualcosa? Come vi siete conosciuti, quando…– domandò impertinente la giornalista.

Brian rimase un tantino deluso: aveva sperato che per la prima volta qualcuno dei presenti avesse una domanda su un assolo, sul testo di una canzone o su qualunque cosa inerente al loro nuovo album; Invece no, anche per lui era arrivato il momento di rispondere alle domande cretine sulla sua vita privata.

-Beh – esordì, accennando un sorriso -La nostra storia è cominciata al college, un bel po’ di anni fa, per la precisione, nel 1969… -


Spazio Autrice:

Buonsalve a tutti!                                  

Dopo diverse ere geologiche, sono finalmente tornata su questa piattaforma con una storia interamente dedicata ad uno dei miei musicisti preferiti: il solo ed unico Brian May. Date le scarne notizie ritrovate in rete in merito alla prima moglie di Brian - Chrissie Mullen, appunto - ho deciso di raccontare una mia versione della loro storia, mescolando eventi realmente accaduti nella vita di Brian con altri di fantasia.                      

Ma prima di procedere, onde evitare fraintendimenti di qualunque tipo (sebbene mi sembri di essere stata chiara, lol), ecco a voi il DISCLAIMER: "con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo".                                                                                                                                                          

Bene, ora che siamo tutti amici, torniamo alla storia: vi anticipo già che per questa avventura ho in mente un piccolo progetto parallelo su Spotify: ogni canzone che prenderò in prestito per raccontare la storia di Brian e Chrissie verrà riposta in una playlist apposita, in modo tale che possiate vivere questa storia a 360 gradi, non solo con gli occhi ma anche con le orecchie!                                                                

Spero che questo breve prologo e le prime info vi abbiano incuruositi, in tal caso, ci si vede domani con il primo capitolo!
Un bacio,
               Jenny

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: I Miss The Misery ***


CAPITOLO 1: I Miss The Misery

17 Aprile 1969

Quel giovedì, Brian e i suoi amici, Roger e Tim, avevano deciso di passare la serata presso il bar dell’università: ogni giovedì sera c’era l’Open Mic, una sorta di piccola festicciola in cui le band di universitari si ritrovavano per trascorrere qualche ora ad ascoltare musica dal vivo. Per gli Smile questo voleva dire due parole: nuove idee. Ogni settimana si presentava un gruppo diverso e per loro era un’occasione imperdibile per trarre nuovi spunti per il loro gruppo.

La locandina appesa fuori dal bar avvertiva che quella sera avrebbero suonato i Dark Shore.

-Visto il nome sarà l’ennesimo gruppo che cerca di emulare gli Stones… - disse Roger scettico.

Brian sbuffò: -Come sei noioso Rog. Goditi lo spettacolo e concentrati sul batterista –

Non appena entrarono, tutti e tre i ragazzi rimasero di sasso: una musica energica, quasi violenta ma dalla voce femminile stava riempiendo il piccolo bar, già stracolmo di ragazzi accalcati sotto al palco. A causa della massa, Brian, Roger e Tim non riuscivano a vedere nulla, l’unica cosa di cui erano certi era che quella voce potente e graffiante apparteneva ad una ragazza.

-Ennesimo gruppo che emula gli Stones, eh Rog? – domandò sarcastico Tim, guardando di sottecchi l’amico.

Roger roteò gli occhi e seguì in silenzio gli amici che nel frattempo si stavano facendo spazio tra gli studenti, fino ad arrivare ai piedi del palco. Non appena riuscirono a puntare gli occhi sulla band rimasero scioccati per la seconda volta: il gruppo era formato interamente da ragazze.

Roger le squadrò da capo a piedi: -Da dove diavolo tirano fuori tutta quell’energia?? – domandò sconvolto.

Ma nessuno dei suoi amici gli rispose. Erano tutti completamente rapiti dallo spettacolo sul palco, soprattutto Brian.

Il giovane astrofisico aveva gli occhi puntati sulla frontman: era una ragazza minuta ed esile, dagli occhi azzurri e i capelli lunghi e castani. A prima vista poteva sembrare una sorta di bambola ma la sua voce rock e graffiante raccontava tutta un’altra storia. Maneggiava la chitarra elettrica con una fluidità notevole, realizzando assoli che mandarono completamente fuori di testa Brian.

“I miss the bad things
The way you hate me
I miss the screaming
The way that you blame me
Miss the phone calls
When it's your fault
I miss the late nights
Don't miss you at all
I like the kick in the face
And the things you do to me
I love the way that it hurts
I don't miss you, I miss the misery

Quando anche l’ultimo accordo si dissolse, un fragoroso applauso si levò dalla folla. Persino Roger, inizialmente scettico, si ritrovò ad applaudire estasiato. Notando lo sguardo perso nel vuoto (o meglio, fisso sulla cantante) di Brian, Tim fece schioccare le dita davanti all’amico: -Terra chiama Brian… svegliati, fratello! –

Brian scosse la testa, ritrovandosi Tim e Roger che lo fissavano sghignazzando: -Che avete voi due da ridere? – domandò infastidito.

-Il nostro piccolo Brian si è preso una bella sbandata, eh Tim? – domandò retoricamente Roger.

-Come siete idioti – commentò Brian.

-Piantala di fare l’offeso e offrile da bere. Magari è la volta buona che trovi qualcuna con cui spassartela un po’ - rincarò Roger, spingendo l’amico verso il bancone presso il quale si era seduta la ragazza.

-Io non voglio SPASSARMELA – sbraitò l’astrofisico, ormai parecchio stizzito – Non a tutti piace portarsi a letto una ragazza diversa ogni sera, mio caro Roger –

Tim e Roger si guardarono stupiti, del tutto in disaccordo con le parole di Brian.

-Fa’ un po’ come vuoi, noi andiamo a trovare qualcuno con cui SPASSARCELA. Divertiti con la tua sbandata platonica – disse Tim, prima di fare dietrofront e sparire tra la folla.

Brian si ritrovò da solo, impalato in mezzo ad una marmaglia di studenti che lentamente si dirigevano fuori dal bar o verso il bancone. Gli rimanevano due opzioni: uscire con i suoi amici e seguirli nelle loro conquiste da una notte e via oppure sedersi al bancone e rivolgere la parola a quella meravigliosa ragazza.

Per la prima volta nella sua vita, Brian decise di buttarsi. Fece un respiro profondo e con passo convinto si avvicinò al bancone del bar. La ragazza era seduta su uno sgabello, da sola. La batterista stava ancora sistemando il suo strumento, mentre le altre due ragazze della band erano appena uscite, accompagnate da un paio di ragazzi.

“Ora o mai più” pensò Brian.

-Ehm, ciao – disse titubante Brian, sedendosi sullo sgabello accanto a quello della ragazza.

-Ciao! – rispose lei con un gran sorriso.

-Volevo farti i complimenti per questa sera. Tu e la tua band siete state fantastiche, non ho mai visto nulla del genere – biascicò Brian.

Lei sorrise ancor di più: -Ti ringrazio moltissimo. Abbiamo iniziato da poco e dobbiamo ancora ingranare, ma per il momento non posso che ritenermi soddisfatta –

Brian non riusciva a smettere di fissarla: quella ragazza aveva un’aria così dolce e angelica da non sembrare nemmeno lontanamente la bestia scatenata che aveva dominato il palco fino a pochi minuti prima.

-Oh, comunque io sono Brian. Brian May – fece il giovane, accorgendosi solo in quel momento di non essersi ancora presentato.

-Io sono Chrissie Mullen, molto piacere –

-E dimmi, Chrissie Mullen… Posso offrirti qualcosa da bere? – Brian si stupì del suo coraggio.

Chrissie fece una smorfia misteriosa, facendo sì con la testa.

Brian fece un cenno al barista, il quale arrivò poco dopo con due birre medie in mano: -Allora, ti hanno appena piantata? –

Chrissie lo guardò con occhi spalancati e ci mancò poco che si strozzasse con la birra: -Scu- scusa? – fece lei, tossicchiando.

-La tua canzone. “I Miss the Misery” ha tutta l’aria di essere stata scritta dopo una rottura – Brian si sentì immediatamente un idiota. Aveva appena conosciuto una ragazza e l’unica cosa di cui era in grado di parlare era di una sua relazione andata in frantumi. Cercò di rimediare: -Scusami, non sono fatti miei, sei liberissima di non rispondermi –

Tuttavia, Chrissie non sembrava affatto offesa, solo un po’sorpresa dalla bizzarria di quel ragazzo: -Ma no, figurati. Hai ragione tu, sono stata piantata da poco. Piuttosto che tenermi tutto il dolore dentro e starci male ho preferito gettare tutto in un testo e comporre una canzone –

-E credo che tu abbia composto un capolavoro – sussurrò Brian, realmente ammirato -Davvero, non ho mai sentito nessuno cantare con una voce come la tua. Il tuo è talento –

A Chrissie si strinse il cuore: quel ragazzo era una delle persone più gentili e genuine con cui avesse mai parlato. Era indubbiamente un tipo bizzarro, con la sua aria incerta e timida, ma possedeva un’empatia tale da essere riuscito ad accorgersi subito che la sua canzone era stata scritta in seguito ad una rottura.

-Sei davvero gentile Brian, ti ringrazio – disse lei – Ma ora basta parlare di me, raccontami qualcosa di te! –

Brian rimase spiazzato da quella domanda, ma anche lusingato. Quella con Chrissie poteva considerarsi la conversazione più lunga che avesse mai avuto con una ragazza, non c’erano dubbi.

-Io… Beh, io non sono poi così interessante. Studio astrofisica e sono anche io un chitarrista ma preferisco non cantare. Suono con un paio di ragazzi negli “Smile” –

Alla parola “chitarrista” gli occhi di Chrissie si illuminarono: -Davvero? Suoni anche tu? Voglio assolutamente sentirti suonare –

-Non aspettarti chissà cosa, non sono bravo come te – disse lui sincero -Però mi farebbe molto piacere suonare per te –

Che diavolo stava succedendo? Brian non era in grado di spiegarlo. Sapeva solo che con quella ragazza si sentiva sé stesso, a suo agio. Rimase a fissarla negli occhi per qualche secondo, scrutando ogni sfumatura d’azzurro delle sue iridi, per poi accorgersi che si era fatto davvero tardi.

-Accidenti, si è fatto tardissimo – biascicò Brian, ancora imbambolato -Domattina sarà un suicidio alzarsi –

-Assolutamente – disse Chrissie, restituendo i bicchieri ormai vuoti al barista.

I due ragazzi uscirono dal bar, mentre un vento fresco li avvolgeva. Chrissie rabbrividì e la cosa non passò inosservata agli occhi di Brian.

-Hai freddo? Stai tremando –

Chrissie scosse la testa: -Non preoccuparti. Il mio dormitorio è a due minuti da qui –

Brian non volle sentir ragioni e si tolse il pesante giubbotto di pelle nera, appoggiandolo sulle spalle della ragazza: - Va meglio? –

-Molto meglio, ma non dovevi, davvero – ringraziò Chrissie.

-Figurati. Io… ti ringrazio per la compagnia, Chrissie, e ancora complimenti per questa sera. Ci vediamo – disse Brian, dirigendosi verso il suo dormitorio. Aveva esaurito la sua dose di sicurezza.

-Ehm, sì grazie a te… - biascicò Chrissie. Poi si ricordò che aveva ancora il suo giubbotto -Come faccio a restituirtelo?? – gridò lei, visto che il ragazzo era già lontano.

-Sono al dipartimento di fisica. Quando vuoi puoi trovarmi lì –





Spazio Autrice:

Buon pomeriggio a tutti!
Come avevo promesso ieri, eccomi qui con il primo capitolo della nostra storia. Che ne pensate?
Fin dai primi scambi di battute emerge una bella differenza tra Bri e Chrissie: tanto lui è timido e impacciato, tanto lei è esplosiva e disinvolta. Insomma, un vero e proprio capovolgimento dei tradizionali ruoli.
La canzone cantata da Chrissie in questo capitolo si chiama "I Miss The Misery" ed è stata composta dal gruppo Halestorm. Essendo una delle mie canzoni preferite, non ho resistito e l'ho inserita in questa storia!
Parlando sempre di musica... Come vi avevo già accennato nel prologo, sarà possibile ascoltare tutte le canzoni citate in questa storia su Spotify, in una playlist creata appositamente per l'occasione. Se avete già un account basta semplicemente cliccare il link, mentre se non lo avete, dovrete inserire le vostre credenziali e crearne uno, così da ascoltare tutto senza problemi!
Prima di salutarvi, vorei fare un ringraziamento speciale ad Ancient Flower per aver recensito il prologo e a Soul_Shine per aver recensito e messo la storia tra le seguite. Grazie davvero di cuore! Ovviamente ringrazio anche tutti coloro che hanno speso qualche minuto per leggere la storia, ve ne sono molto grata.
Detto ciò, non mi resta che augurarvi una buona settimana! Al prossimo mercoledì!
Un bacio,
               Jenny

LINK PER LA PLAYLIST DI SPOTIFY:  https://open.spotify.com/user/21ekfspbopztn5dsisbmousna/playlist/5GFxDwTiDkQmFO9kNAJt1E?si=r9yrDJPtTbKJPYpOx8pogQ

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: Take Me Out ***


CAPITOLO 2: Take Me Out

24 Aprile 1969

Dopo quella sera all’Open Mic dell’Imperial College, un chiodo fisso si era infiltrato nella mente di Chrissie Mullen, rendendole impossibile concentrarsi sullo studio o su qualunque altra cosa: si trattava di un ragazzo molto alto, dai riccioli corvini e una personalità alquanto bizzarra. Era timido, ma allo stesso tempo era riuscito ad entrare perfettamente in sintonia con lei solo chiacchierando per una mezz’oretta.

Chrissie aveva trascorso un’intera settimana chiusa in casa con il giubbotto di pelle di Brian sulle spalle, rimuginando su cosa avrebbe dovuto fare con quello strano ragazzo. Si era presa una sbandata, questo lo sapeva bene, tuttavia, per la prima volta nella sua vita, si sentì insicura: doveva fare lei la prima mossa o doveva lasciare che la galanteria facesse il suo dovere?

Ci pensò e ripensò per giornate intere, fino a quando, una mattina – con una dose non indifferente di coraggio – decise di fare lei il primo passo. Brian aveva detto di essere uno studente di astrofisica, perciò Chrissie dedusse che lo avrebbe potuto trovare in quel dipartimento. Attraversò metà del campus dell’Imperial College e dopo una lunga (anzi, lunghissima) camminata arrivò nel parco antistante la sede del dipartimento di Fisica e Matematica. Si sedette sulla gradinata principale e attese che il ragazzo dai lunghi riccioli scuri uscisse.

Dopo quella che parve un’eternità, una massa di studenti uscì dall’edificio e – tra tutti – Chrissie individuò il giovane laureando in astrofisica. Era da solo e stava goffamente cercando di infilare dei libri nella tracolla che portava in spalla.

Chrissie gli andò incontro a passo svelto, facendosi spazio tra quella marmaglia di ragazzi: -Ehm, ciao Brian! –

Non appena si rese conto a chi appartenesse quella voce, Brian divenne bordeaux: -C- ciao Chrissie - balbettò, non riuscendo a formulare una frase di senso compiuto. Il suo cervello era completamente staccato.

-Ti ho riportato il giubbotto. Sei stato davvero gentile a prestarmelo l’altra sera – disse Chrissie porgendogli il chiodo nero perfettamente piegato.

-Oh… giusto, grazie. Gentilissima tu a venire fino a qui – fu il massimo che Brian riuscì a dire.

Chrissie gli sorrise, facendo spallucce: -Figurati, era il minimo che potessi fare –

Brian era nel pallone totale: dopo quella serata all’Open Mic, si era ripromesso di non farsi alcuna aspettativa su Chrissie, altrimenti -se la ragazza non si fosse più fatta vedere (come era accaduto in passato con altre ragazze) – ci sarebbe rimasto molto male e una delusione in amore era l’ultima cosa di cui aveva bisogno. Invece, questa volta una ragazza lo stava cercando, stava usando una scusa per potergli parlare di nuovo e lui se ne stava lì impalato come uno stoccafisso.

-Beh… Ci si vede allora! Grazie ancora per… questo – Quella frase fu la peggiore che Brian potesse formulare. Aveva troncato sul nascere una conversazione con una ragazza che pareva interessato a lui, una ragazza con la quale lui stesso aveva cercato di attaccare bottone una settimana prima.

Chrissie rimase interdetta nel vedere il ragazzo riccio salutarla con un cenno e proseguire per la sua strada: lei si era presa la briga di fare la prima mossa, attraversare tutto il campus per incontrarlo e lui la ripagava così?

“Certo che sei proprio un tipo bizzarro, Brian May” pensò Chrissie, prima di fare dietrofront e ritornare sui suoi passi.

Brian May

5 Maggio 1969

Chrissie uscì dall’aula e con aria stravolta si incamminò verso il suo dormitorio: le lezioni di matematica finanziaria erano la cosa più noiosa del mondo e non vedeva l’ora di tornare a casa, infilarsi sotto le coperte e farsi un bel riposino.

Era più o meno a metà strada e camminava sovrappensiero, quando un ragazzo non molto alto e dai lunghi capelli biondi la fermò per strada, dopo aver fatto – a giudicare dal suo fiatone – una bella corsa: -Scu- scusami… Sei… sei tu Chrissie Mullen? – domandò tra un respiro e l’altro.

-Ehm, sì– disse semplicemente Chrissie, non avendo idea di cosa diavolo stesse succedendo -Chi vuole saperlo? -

-Oh, grazie Signore. Roger Taylor – fece il ragazzo biondo, porgendole una mano – Sono un amico di Brian. Ti ho cercata per tutto il campus di economia –

Chrissie lo guardò stranita, non capendo cosa potesse volere Roger da lei: -Uhm, hai bisogno di aiuto? –

Lui la prese per le spalle guardandola dritta negli occhi: -Senti, chiariamo una cosa: passo circa 20 ore su 24 in compagnia di Brian e da quella sera in cui hai cantato all’Open Mic non fa altro che parlare di te per tutto il tempo. Non so se te ne sei accorta, ma è cotto a puntino di te, solo che è troppo timido per chiederti di uscire, continua a girare per la stanza come un’anima in pena e… -

Il biondino fu interrotto da una Chrissie alquanto irritata: -E quindi ha mandato avanti te per chiedermi di uscire con lui? – Non si sarebbe mai aspettata un comportamento così infantile da parte di Brian.

-Che? Ma sei fuori? – disse Roger schifato -Ho detto che Brian è timido, non che è un idiota. Non sa neanche che io sono qui –

Chrissie tirò un sospiro di sollievo.

-Mi ha raccontato del vostro incontro, la settimana scorsa, e del fatto che abbia fatto una pessima figura, piantandoti in asso subito, perciò ho pensato di dargli una mano per rimediare - il biondino tirò fuori una busta di carta dalla giacca con fare furtivo -Qui dentro c’è un piccolo stratagemma che abbiamo ideato io e un amico per far uscire Brian allo scoperto, ma abbiamo bisogno del tuo aiuto. Sempre se sei d’accordo –

Chrissie non sapeva cosa dire: quella era probabilmente la situazione più assurda in cui si fosse mai trovata. Aveva notato sin da subito che Brian nutriva un certo interesse per lei, solo che dopo quello strano episodio aveva messo tutto in discussione. Anche lei in fondo provava qualcosa, non era certa che si trattasse di amore, forse era solo una banale infatuazione, ma di una cosa era più che certa: Brian era la prima persona ad aver catturato la sua attenzione dopo che Duncan la aveva mollata. Fare un tentativo non le sarebbe costato nulla, anzi, magari sarebbe stata di nuovo felice dopo tanto tempo. Senza pensarci ulteriormente, Chrissie fece la sua scelta.

-Ci sto -

Brian

8 Maggio 1969

-Non ce la faccio Rog, non posso chiederle di uscire così di punto in bianco. Non so nemmeno se lei ricambia o meno, rischio solo di fare la figura dell’idiota. Di nuovo – Quella sera Brian era stato preso con la forza dai suoi amici e trascinato all’Open Mic, durante il quale si sarebbe di nuovo esibita Chrissie con le Dark Shore. La loro precedente esibizione aveva riscosso un tale successo che gli organizzatori le avevano implorate di fare un secondo show.

-Se apri di nuovo la bocca ti riempio di sberle – disse Roger, spingendo l’amico dentro al locale.

Arrivarono a spettacolo già iniziato, mentre le Dark Shore stavano per concludere un pezzo. Non appena Chrissie vide entrare Roger, Tim e Brian, si preparò a mettere in scena il diabolico piano ideato dal biondino. Aspettò che i ragazzi prendessero posto in mezzo al pubblico e non appena Roger alzò il pollice come segnale, esordì dicendo: -Grazie a tutti per essere venuti qui questa sera. Il brano che stiamo per suonare è un messaggio per una persona speciale. Spero vi piaccia! –

“So if you're lonely
You know I'm here waiting for you
I'm just a cross hair
I'm just a shot away from you
And if you leave here
You leave me broken, shattered, I lie
I'm just a cross hair
I'm just a shot, then we can die

I say don't you know 
You say you don't know
I say, TAKE ME OUT!

I say you don't show
Don't move, tide is low
I say, TAKE ME OUT!

Non appena sentì le prime note della canzone, Brian si voltò sospettoso verso Roger, il quale nel frattempo stava ridendo sonoramente: -Ora mi devi spiegare perché Chrissie sta suonando la tua canzone –

Roger non dava segno di voler smettere di ridere e fu soltanto quando Brian lo prese per il colletto della camicia che sembrò rinsavire: -Ok, ok, non scaldarti troppo. Ti do un indizio: ASCOLTA-IL-TESTO –

Brian si voltò di scatto verso il palco e notò che Chrissie stava suonando e cantando fissandolo dritto negli occhi. E doveva ammettere che era ancora più bella della prima volta in cui la aveva vista esibirsi. Il chitarrista seguì il consiglio di Roger e prestando attenzione al testo si rese conto del motivo per cui Chrissie lo fissava e Roger si stava scompisciando dalle risate insieme a Tim.

“Portami fuori” ecco cosa voleva Chrissie. Anche lei forse provava qualcosa per lui.

Brian guardò Roger in cagnesco, il quale gli rispose con un inchino teatrale e un “non c’è di che” in labiale.

Quando la canzone terminò e il pubblico finì di applaudire, la batterista dei Dark Shore prese parola: -Allora Brian, che ne dici? La porti fuori o no? -              

Brian rimase impalato in mezzo al pubblico, mentre tutti lo fissavano e Roger gli infilava in mano un microfono.

“Ma in che situazione mi hanno cacciato?” pensò il chitarrista “Roger e Tim la pagheranno cara questa”. Poi però si ricordò che Chrissie stava aspettando e che se anche lei risultava così interessata, nulla poteva andare storto.

Con tutto il coraggio che aveva in corpo, Brian accese il microfono e disse: -Chrissie Mullen, vuoi uscire con me? –

La folla portò dunque l’attenzione su Chrissie, la quale finse di temporeggiare: -Devo suonarla di nuovo o va bene anche un banale sì? –

Alla risposta affermativa di lei, in tutto il bar si levò un grande applauso. Roger e Tim iniziarono a urlare, elettrizzati per la riuscita del loro piano mentre Chrissie scese di fretta dal palco e si fiondò tra le braccia di Brian, il quale ancora non riusciva a credere a ciò che stava succedendo.

-Tu sei pazza, lo sai vero? Ti sei lasciata trascinare da quei due scalmanati – disse Brian, sormontando gli schiamazzi della gente all’interno del bar.

Chrissie scosse la testa: -Sei tu ad essere quello strano… Ma adoro le persone bizzarre -

Spazio Autrice:

Buonsalve a tutti! 
Allora, com'è andata la vostra settimana? Io sono ancora in fase di relax, ma  per poco, visto che tra una settimana inizierà la sessione invernale. EVVIVA. 
Quanti come me hanno seguito i Golden Globes domenica? Quando hanno annunciato Bohemian Rhapsody come miglior film drammatico e Rami Malek come miglior attore, sono scoppiata in lacrime. Ho cercato di urlare il meno possibile visto che erano le 5,10 del mattino, tuttavia l'euforia del momento mi ha completamente trascinato e alla fine ho svegliato tutti! Brava Jenny, complimenti.

Parlando di cose più serie: che ne pensate del nuovo capitolo? Vi è piaciuto? 
In un modo o nell'altro i nostri protagonisti si sono dovuti incontrare di nuovo... solo che non è andata esattamente in modo roseo. Il carattere intraprendente di Chrissie e quello timido e riservato di Brian si scontrano ancora una volta, generando una serie di dubbi e paranoie che iniziano ad affliggere non solo il bel ricciolino dei Queen, ma anche la stessa Chrissie. Per fortuna Super Roger e Tim Staffell intervengono, mettendo in scena un piano diabolico che riesce a risolvere tutto per il meglio. La canzone utilizzata per questo capitolo si chiama "Take Me Out" e la versione originale è stata scritta dai Franz Ferdinand nel 2004, tuttavia io mi sono immaginata Chrissie suonare e cantare la versione realizzata dai Maneskin lo scorso anno, durante il programma televisivo X Factor. La trovo molto più rock e coinvolgente, esattamente come voglio rendere la musica della nostra protagonista. Se non l'avete mai sentita vi consiglio di farlo, è una vera bomba!

E adesso passiamo ai ringraziamenti: questa settimana vorrei ringraziare Kim WinterNight  per aver messo la storia tra le seguite, Ancient Flower e Vale Trinelli2018 per averla messa tra le preferite e ancora una volta Kim WinterNight, Ancient Flower e Soul_Shine per aver recensito. Vi adoro tutti quanti, mi regalate tante gioie! Ovviamente ringrazio tanto anche chi legge e basta ma vi sprono a lasciare un commentino, così da avere le vostre opinione su cosa vi piace, cosa non vi piace, cosa vorreste cambiare etc...

Vi ricordo che potete ascoltare le canzoni usate in questa storia sulla playlist di Spotify "MY SUN AND STARS". Vi lascio qui sotto il link, ma se per caso non doveste riuscire ad accedere tramite quello, vi consiglio di cercare manualmente la playlist.

Per questa settimana è tutto, io vi ringrazio e vi aspetto con ansia la prossima settimana con un nuovo capitolo,
Un bacio!  
               Jenny

LINK PLAYLIST SPOTIFY:  https://open.spotify.com/user/21ekfspbopztn5dsisbmousna/playlist/5GFxDwTiDkQmFO9kNAJt1E?si=795lKYScStW4pFVvobtxvw

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Capitolo 4
*** Capitolo 3: Perfect Strangers ***


CAPITOLO 3: Perfect Strangers

10 Maggio 1969

Quella mattina Brian si svegliò all’alba: sebbene fosse sabato non poteva assolutamente permettersi di rimanere a letto a poltrire. Quella sera ci sarebbe stato il primo appuntamento ufficiale con Chrissie e voleva che ogni cosa andasse per il meglio. Per tutta la mattina rimase chiuso nella sua stanza a provare la canzone che aveva scritto per lei: era la prima volta che gli capitava di scrivere una canzone per una persona in particolare e in testa aveva mille preoccupazioni. Le sarebbe piaciuta? L’avrebbe trovata un tantino eccessiva? Magari detestava che la gente le dedicasse canzoni…

Queste e altre stupide idee simili riempirono la testa di Brian fino all’ora di pranzo, quando appurò che fosse ora di mangiare qualcosa e – soprattutto – di iniziare a preparare la cena che avrebbe offerto a Chrissie quella sera.

Lavorò senza sosta per tutto il pomeriggio, impastando e infornando come un vero casalingo, fino a quando il suo operato fu interrotto da una voce piena di sonno: - ‘Giorno… - disse Roger, mezzo svestito, facendo capolino in cucina.

-Buongiorno anche a te, bello addormentato – replicò Brian, senza perdere la concentrazione sul suo operato – O dovrei dire buon pomeriggio? –

Roger sbuffò, afflosciandosi su una sedia della piccola cucina: -Che vuoi tu? Ho lavorato tutta notte-

Brian alzò gli occhi al cielo: -Oh certo, ho sentito tutto, grazie –

Roger sghignazzò, prendendo dal rubinetto un bicchiere d’acqua: -Eheh, hai sentito come strillava? - bevve un lungo sorso, per poi riprendere -Magari questa notte mi ritroverò io nei tuoi panni, eh caro Bri? –

-Non ci pensare nemmeno Rog – disse serio Brian, puntando un mestolo contro l’amico -IO non sono quel tipo di persona –

Roger fece per assaggiare il contenuto del mestolo, ma Brian glielo sottrasse prima che si avvicinasse troppo: -Non ci provare. E’ per la cena di stasera –

-Come vuoi – fece il biondino, uscendo dalla cucina -Però domani voglio sapere se quella Chrissie è brava a scopare quanto lo è a cantare sul palco –

Brian non resistette più e lanciò il mestolo contro Roger, seguito da un sonoro “Vaffanculo”, mentre gli sghignazzi del biondino riempivano il piccolo appartamento.

Risultati immagini per chrissie mullen


Erano le 19 in punto quando Brian si presentò alla porta dell’alloggio di Chrissie. La tensione era ben visibile sul suo volto, tanto che il ragazzo aspettò qualche minuto prima di bussare, prendendo un bel respiro profondo.

“Stai calmo Brian, andrà tutto bene”

Pochi secondi dopo Chrissie aprì: indossava un bellissimo abito floreale lungo fino alle ginocchia e sulle spalle portava una giacchetta di jeans. Brian rimase imbambolato a fissarla per dieci secondi buoni.

-Ciao, Chrissie! Ehm…  quel vestito ti sta d’incanto – biascicò Brian, senza riuscire a spiccicare altre parole.

Chrissie si avvicinò con più disinvoltura e gli stampò un bacio sulla guancia: -Buonasera anche a te! Allora, dove mi porti di bello? –

Brian estrasse dalla tasca del giubbotto una benda e la legò sugli occhi della ragazza: -E’ una sorpresa. Tu fidati di me e non sbirciare, mi raccomando –

Chrissie sorrise incuriosita, prese per mano Brian e si lasciò guidare. Non aveva la minima idea di dove la stesse portando quel ragazzo, ma apprezzò moltissimo un gesto tanto carino.

-Attenta alle scale – disse Brian, aiutandola a scendere.

-Manca ancora molto? – domandò Chrissie, dopo un tempo che le parve interminabile.

-Abbi pazienza – esordì Brian – Siamo appena usciti dal campus-

I due ragazzi percorsero lentamente tutta Exhibition Road, la strada che li separava da Hyde Park, la loro meta. Arrivati a destinazione, Brian cercò un angolino del parco in cui non ci fossero troppe persone e lo trovò in una piccola collinetta artificiale, vicino al Round Pond.

-Bene, siamo arrivati – annunciò il ragazzo -Ma aspetta ancora un attimo a toglierti la benda-

Chrissie incrociò le braccia al petto, fingendo di essere annoiata: in realtà era super curiosa di sapere cosa avesse fatto per lei quello splendido ragazzo. Sentì un leggero tintinnio, come di piatti e bicchieri e dei tonfi.

-Ehm, Brian, tutto bene? – domandò preoccupata da quegli strani suoni.

-Sì Chrissie, è tutto perfetto. Ora puoi sciogliere la benda –

Quando Chrissie tornò a vedere, il suo cuore perse un battito: si trovava ad Hyde Park, sotto al chiaro di luna, di fronte ad un picnic stracolmo di cibo e insieme a Brian. Non mancava nulla.

-Che ne pensi? Ti piace? – domandò Brian, osservando lo sguardo esterrefatto della ragazza.

Chrissie si avvicinò a lui, stringendogli le mani: -Hai ragione Bri, è tutto perfetto –

Brian divenne viola, ma per fortuna il buio riuscì a mimetizzare alla perfezione il suo colorito: -Sono contento che ti piaccia – le fece cenno di sedersi – Ho preparato tutto con le mie mani –

Chrissie diede un’occhiata alla tavola apparecchiata: su una grande stuoia a scacchi rossi e bianchi erano sistemate diverse scatole, contenenti leccornie di ogni genere.

-Allora, queste sono crocchette di patate e formaggio, poi abbiamo focaccia ai pomodorini, frittelle di pane con fiori di zucca, crepes con mele e marmellata di albicocche e per concludere del buon champagne, che non guasta mai – disse Brian, indicando ogni scatoletta e una grande bottiglia scura.

-Fammi indovinare – iniziò Chrissie con aria inquisitoria – Sei vegetariano –

Brian alzò le sopracciglia, riempiendo il piatto della ragazza con un po’ di tutto: -Direi di sì. Spero che comunque ti piaccia ciò che ho preparato –

Chrissie prese in mano il piatto e assaggiò una delle frittelle con i fiori di zucca: -Sono squisite, Bri. Sei un cuoco eccezionale –

-Ho imparato a cucinare per necessità. Altrimenti mi sarei ritrovato a mangiare pizza e patatine fritte per il resto dei miei giorni, dal momento che Roger e Tim se ne fregano completamente della dieta - disse Brian, accennando ai suoi amici.

 Chrissie diede un altro morso alla sua frittella: -Me li ricordo in forma! Cosa fanno? Vanno in palestra? –

Brian scosse la testa: -No, hanno semplicemente un metabolismo che funziona da Dio –

Dopo essersi abbuffati per bene e aver letteralmente spazzolato il contenuto di ogni scatoletta, Brian riempì due bicchieri di champagne: -Propongo un brindisi: a noi e a questa serata –

Chrissie alzò il bicchiere: -A noi e a questa serata –

Brian si sdraiò sul prato, le braccia incrociate dietro la testa e invitò Chrissie a fare lo stesso: -Sdraiati e alza gli occhi al cielo. E’ uno spettacolo mozzafiato –

In effetti Brian aveva ragione: quella sera il cielo di Londra era stranamente limpido, una luna calante splendeva luminosa e le stelle sembravano così vicine da riuscire a toccarle.

-Osserva lassù: quelle due stelle che vedi si chiamano Castore e Polluce. Sono considerate gemelle, sai? - disse Brian, indicando un punto in alto nel cielo -Invece da quella parte abbiamo la cintura di Orione –

Chrissie lasciò che la mano del ragazzo guidasse la sua alla scoperta della volta celeste: il modo in cui spiegava il significato del nome di ogni stella, la sua posizione e la sua storia la lasciò senza fiato. Quel ragazzo era una fonte inesauribile di conoscenza: astronomia, fisica, musica, cucina…  Era sicura che con lui sarebbe stato veramente difficile annoiarsi.

-Quelle due costellazioni sono l’Orsa Maggiore e l’Orsa Minore, vero? – domandò Chrissie ad un certo punto.

Il sorriso di Brian si fece ancor più grande di quanto non lo fosse prima: -Esatto. Perdonami se chiacchiero tanto sulle stelle: io le trovo meravigliose, ma non tutti condividono la mia passione per loro –

Chrissie si puntellò su un gomito per guardare il ragazzo in faccia: -Io lo trovo molto affascinante – Lentamente si avvicinò a lui, protendendo le labbra, ma la sua azione fu interrotta da un sonoro: -Dannazione, mi sono quasi dimenticato –

-Di cosa? – domandò Chrissie, stupita per lo strano comportamento del chitarrista.

-Dell’ultima sorpresa che ho preparato per te, questa sera – disse Brian.

Chrissie sollevò un sopracciglio: -Devo rimettermi la benda? –

Brian scosse la testa, sorridendo: -No, direi di no – Da una custodia di pelle, estrasse una chitarra acustica dall’aria malandata -Chrissie, non è molto che ci conosciamo, ma sento che non ha importanza. Sin dal primo momento che ti ho vista ho percepito che tu eri diversa dalle altre, che avevi qualcosa in più. E dal momento che non sono per niente bravo con i discorsi, vorrei dirti ciò che provo con questa canzone che ho scritto per te –

“You were looking at me like you wanted to stay
When I saw you yesterday
I'm not wasting your time, I'm not playing no games
I see you

Who knows the secret tomorrow will hold?
We don't really need to know
'Cause you're here with me now, I don't want you to go
You're here with me now, I don't want you to go”

Maybe we're perfect strangers
Maybe it's not forever
Maybe intellect will change us
Maybe we'll stay together
Maybe we'll walk away
Maybe we'll realize
We're only human
Maybe we don't need no reason”

 Quando Brian finì di suonare, Chrissie era in lacrime: nessuno le aveva mai dedicato una canzone. Nessuno aveva mai fatto ciò che Brian aveva fatto per lei. Nessuno le aveva mai dimostrato un tale affetto come quel ragazzo.

-Non volevo farti piangere – disse Brian incerto, riponendo la chitarra nella sua custodia -Non era pensata per essere così drammat –

Fu a quel punto che Chrissie si gettò a capofitto tra le braccia del ragazzo, baciandolo appassionatamente. Brian rimase inizialmente spiazzato da quel gesto, poi però si lasciò completamente andare, stringendo a sé la ragazza. Fu un bacio lungo, il primo che entrambi assaporarono dopo tanto tempo.

Non appena si staccarono, tra i due calò un silenzio tombale, il quale si spezzò dopo pochi istanti con una fragorosa risata. Chrissie non si era mai sentita così viva come in quella sera: il carattere dolce e premuroso di Brian si sposava benissimo con il suo più esplosivo e disinvolto. Lei era lo Yin e finalmente – dopo quella che le era sembrata un’eternità – aveva trovato il suo Yang.

E a differenza di quanto aveva previsto Roger, Brian e Chrissie rimasero per tutta la notte a fissare il cielo stellato e a chiacchierare, accoccolati l’uno accanto all’altro sotto un pesante plaid colorato, sperando che l’alba e le sue sfumature rosate non arrivassero mai.  



Spazio Autrice:

Buongiorno a tutti, cari lettori!
Come state? Iniziata bene questa settimana? Io sono in panico perchè tra due giorni ho un esame e non so assolutamente niente, che gioia!
Parlando di cose più o meno serie: finalmente eccoci qui con il tanto sospirato primo appuntamento. Brian super angosciato e pieno di paranoie diventerà il mio spirito guida, me lo sento. Quando sono in ansia per un esame, per una gara o quant'altro divento esattamente come lui, paranoica all'ennesima potenza.
Non vi nascondo che scrivendo la prima parte del capitolo mi sono ritrovata a ridere da sola come una cretina più di una volta: credo che in ogni storia sia importante mettere qualche spezzone "comico" per alleggerire un po' l'atmosfera, altrimenti risulterebbe tutto noioso ed eccessivamente drammatico, cosa che non voglio per la mia piccola storiella.
In questo capitolo - come avrete constatato voi stessi- ho inserito (finalmente) una foto della vera Chrissie. Dopo un'accurata sessione di stalking, sono riuscita a trovare un po' di foto di questa fanciulla e piano piano le posterò tutte (tranne le gif, quelle il mio stupido html non le legge, sigh!). Personalmente, io la trovo bellissima con quest'aria angelica, voi cosa dite?
La canzone che ho scelto per questo capitolo è un tormentone estivo del 2016 chiamato "Perfect Strangers" realizzato da Jonas Blue e JP Cooper. Essendo la versione originale di genere house/pop, per la mia storia ho preso in prestito la versione acustica suonata da Stephen Cornwell. Quando l'ho sentita per la prima volta mi sono subito immaginata che fosse Brian a suonarla per Chrissie, così è stato amore a prima vista. Vi lascio sotto il link del video youtube di questa versione, nel caso foste curiosi di sentirla!
Come al solito, se volete ascoltare la versione originale della canzone, l'ho inserita nella playlist Spotify "My Sun adn Stars".
Ed ora passiamo ai ringraziamenti: ringrazio le mie fedelissime Ancient Flower, Soul_Shine e Kim WinterNight per le recensioni e in particolare Carmaux_95, new entry che ha recensito e messo la storia tra le seguite. GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE! Ovviamente ringrazio anche tutti coloro che leggono in silenzio, spero che la storia piaccia anche a voi!
Per questa settimana è tutto, vi aspetto mercoledì prossimo con un nuovo capitolo, nuova musica e nuovi scleri!
Un bacio,
               Jenny

PERFECT STARNGERS ACOUSTIC VERSION:  https://www.youtube.com/watch?v=DgFzIpBYfWo

LINK PLAYLIST SPOTIFY: https://open.spotify.com/user/21ekfspbopztn5dsisbmousna/playlist/5GFxDwTiDkQmFO9kNAJt1E?si=7Oskzc8MTYadod7hZGtuKg

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Capitolo 5
*** Capitolo 4: The Fabulous '60 ***


CAPITOLO 4: The Fabulous ‘60s

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22 Giugno 1970

-Eddai, Sheryl non ti sembra di esagerare? Alla fine, è solo un ballo… - disse Chrissie, cercando di stare al passo dell’amica.

La ragazza dai capelli rossi si fermò in mezzo alla strada, voltandosi verso Chrissie e guardandola come se fosse un alieno: -SOLO UN BALLO?! – gridò.

-Chrissie… Mia cara amica… Devo sempre spiegarti tutto? – domandò Sheryl con aria ingenua, prendendo la ragazza a braccetto -Il ballo dei laureandi è l’evento più importante dell’anno accademico. E’ una festa da paura, ci sarà da bere a fiumi, un sacco di musica e, soprattutto – Sheryl ammiccò – I LAUREANDI –

Chrissie fece roteare gli occhi. Sheryl era incorreggibile: quando c’erano di mezzo feste, alcool e ragazzi era sempre in prima linea.

-E visto che è un ballo per laureandi e noi non lo siamo, perché ci dobbiamo andare? Ci butteranno fuori – asserì Chrissie, incrociando le braccia al petto.

-Oh, non ti devi preoccupare, sarà all’aperto – continuò la rossa, facendo una smorfia -E poi io e Roger abbiamo già programmato tutto –

Chrissie squadrò la sua amica da capo a piedi, sicura di non aver sentito bene: -Tu… E Roger? –

Sheryl si arrotolò una ciocca di capelli su un dito con fare innocente: -Oh sì, beh… Sai, io e Roger ci siamo…ehm, come dire… “frequentati” in queste ultime settimane e abbiamo pensato che fosse una cosa divertente andare tutti insieme al ballo dei laureandi –

-Non voglio sapere i dettagli dell’incontro, grazie – concluse Chrissie, schifata. Purtroppo, aveva sentito benissimo: adesso Sheryl se la faceva pure con Roger, incredibile!

La ragazza sbuffò, offesa: -Invece di essere così acida, dovresti ringraziarmi: tu e Brian non fate mai nulla di divertente! Almeno al ballo potrete scatenarvi un po’ –

-Che ne sai tu di cosa facciamo io e Brian? – sbottò Chrissie, stufa di quella conversazione.

Sheryl fece spallucce: -Oh, beh… Non è difficile immaginarlo – con una smorfia iniziò ad imitare la voce dell’amica – “Guardatemi, sono Chrissie Mullen ed io e il mio ragazzo nel tempo libero suoniamo la chitarra, guardiamo le stelle e studiamo insieme –

La ragazza fece una pausa, mentre Chrissie continuava a guardarla in cagnesco. Quando faceva così, Sheryl era veramente insopportabile: -Hai finito di dire stronzate? Possiamo comprare questi maledetti vestiti e tornare a casa? –

La rossa finse di non averla sentita e continuò imperterrita con il suo discorso: -Anche Roger dice che non vi ha mai sentiti fare niente. Cristo santo, Chrissie, state insieme da un anno, possibile che tu ancora ti ostini a non dargliela? –

Chrissie fece appello a tutto il suo autocontrollo per non prendere a sberle l’amica in mezzo alla strada, di fronte a tutti: -Non ti è venuto in mente che forse io e Brian preferiamo fare le nostre cose quando non c’è nessuno in casa? Eh, ci hai pensato? –

Sul viso di Sheryl si formò un’espressione maliziosa: -Allora lo ammetti che avete fatto qualcosa! E dimmi, com’è stato? Com’è stato? Voglio sapere ogni dettaglio –

-Farò finta di non averti sentita – biascicò Chrissie, diventando rossa. Detestava parlare della sua vita privata, anche con la sua migliore amica -Adesso muoviamoci. Vorrei essere a casa prima di sera –

Senza altre cerimonie, le due ragazze si diressero verso il cuore di Kensington, dove – all’angolo di Abingdon Road – si ergeva il grande negozio “Biba”. Non appena entrarono nel negozio della signora Hulanicki, vennero accolte da luci soffuse, un forte profumo fruttato e “Sunshine of your love” dei Cream pompata a tutto volume.

-Sono sicura che qui troveremo qualcosa che fa al caso nostro – disse Sheryl con un grande sorriso, guardando gli enormi scaffali stracolmi di roba -Barbara è una vera regina dello stile –

Con la stessa gioia di una bambina alla mattina di Natale, Sheryl iniziò a saltellare qua e là per il negozio, accumulando sul suo braccio una quantità indefinita di grucce e accessori vari.

Chrissie scosse la testa, disperata: la sua amica era un vero caso umano, non c’era speranza per lei. Con scarso entusiasmo, iniziò a cercare qualche abito che potesse starle bene: le mensole e gli appendiabiti di Biba erano pieni di capi particolari, dai colori e dalle trame insolite, decisamente troppo appariscenti per un ballo. O per i suoi gusti. Era ancora alla ricerca del vestito perfetto quando una voce stridula proveniente dai camerini gridò il suo nome, attirando l’attenzione di tutta la clientela.

Sheryl uscì dal camerino con indosso un abito giallo canarino, in stile anni ’20, con le spalline sottili e diversi strati di frange e piume che scendevano a tubino fino alle ginocchia. Indossava delle scarpe con il tacco a spillo, anch’esse gialle.

Chrissie scoppiò a ridere rumorosamente, stringendosi lo stomaco per cercare di smettere: - Spero tu stia scherzando –

Sheryl si voltò verso lo specchio, dando un’occhiata alla parte posteriore del vestito che le ricopriva la schiena solo in parte: -Perché? A me piace un sacco, è molto particolare –

-E’ OSCENO, non MOLTO PARTICOLARE. E poi – disse Chrissie, asciugandosi una lacrima ilare e indicando l’amica da capo a piedi – tu, la mia bassista mangiauomini preferita, vestendoti così non saresti credibile, oltre che ridicola –

Sheryl fece una smorfia: -Grazie Chrissie, tu sì che sei diretta… -

-E’ la verità –

La rossa sparì di nuovo dentro al camerino: -Tu piuttosto, hai trovato qualcosa che ti piace? – biascicò, litigando con la cerniera lampo.

-Non ancora… non credo ci sia qualcosa nel mio stile qui dentro – borbottò Chrissie.

-Impossibile –

Aveva appena parlato, quando la sua attenzione fu catturata da un bellissimo abito a trapezio lungo fino alle ginocchia, in tessuto plissettato color fiordaliso. La chiusura si trovava dietro al collo tramite un paio di lunghi lacci e aveva un profondo scollo sulla schiena fin sotto le costole.

-Anzi, a dire il vero, credo di aver trovato qualcosa di carino – sussurrò Chrissie, cercando la sua taglia -Credo che proverò questo – disse all’amica, sventolando la gruccia.

-Prima di provare qualunque cosa, dai un’occhiata a questo – Sheryl uscì dal camerino, spalancando la tendina e facendo alcuni passi verso l’amica –Allora, dici che è quello giusto? –

Indossava un abito molto corto, in tessuto nero paillettato. Il corpetto aveva un profondo scollo a V che metteva in risalto il seno e una fascia leggermente sopra i fianchi, mentre la minigonna a ruota lasciava scoperte le lunghe gambe della ragazza. Ai piedi, portava un paio di decolletè nere vertiginose, anch’esse tempestate di lustrini.

-Ora si che ti riconosco! – disse Chrissie annuendo solennemente -Sei splendida, anche se per niente sobria –

-Ma io non sono mai sobria – si giustificò Sheryl, continuando a rimirarsi nello specchio -Ora, però, è il tuo turno. E mi raccomando, non cambiarti prima di farti vedere –

Chrissie venne spinta nel camerino dalla rossa, impaziente di vederla con indosso l’abito scelto. Richiuse la tendina del camerino dietro di sé e iniziò a pensare a come infilarsi in quel vestito: sembrava così complicato.

Non le era mai piaciuto molto vestirsi troppo elegante, dal momento che aveva una predilezione per jeans e camice di flanella (soprattutto quelle di Brian, le quali avevano un buonissimo profumo). Dopo essersi infilata il vestito alla meno peggio, decise di uscire, sperando che la sua amica non le scoppiasse a ridere in faccia, proprio come aveva fatto lei poco prima.

-Che ne dici? Troppo vistoso, troppo appariscente? – chiese, spostando la tendina del camerino e uscendo. Camminava sulle punte, cercando di toccare il meno possibile il pavimento freddo, dal momento che si era dimenticata di provare un paio di scarpe.

-Dico che dovresti vestirti elegante molto più spesso – disse Sheryl, con le braccia incrociate e un sorriso furbo – Sei stupenda. Brian impazzirà –

Chrissie si rimirò nello specchio. Sheryl aveva ragione: era davvero bellissima.

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29 Giugno 1970

-Sher hai finito? E’ mezz’ora che mi stai truccando – borbottò Chrissie, cercando di divincolarsi dalla presa della compagna.

Sheryl ripose il mascara nella sua trousse e voltò la sedia su cui era seduta la ragazza verso lo specchio: -Se fossi rimasta ferma, ci avremmo messo la metà del tempo. Mi hai fatto sbagliare a mettere l’eyeliner almeno tre volte! –

Quando Chrissie scorse il suo riflesso nello specchio, ebbe un coccolone: Sheryl aveva fatto un capolavoro. Ombretto rosato, eyeliner e lunghe ciglia finte mettevano in risalto i suoi profondi occhi blu, rendendoli più grandi ed espressivi. Sulle labbra aveva applicato un rossetto pescato e un blush leggero dello stesso colore sugli zigomi.

-I- io sono… - farfugliò Chrissie, toccandosi il viso come se non fosse suo. Non era abituata a vedersi truccata, essendo completamente negata per tutto ciò che riguardava il make-up o la cura della pelle.

-Sexy – disse Sheryl, abbracciandola da dietro -Questa sera Brian dovrà stare attento: sbaveranno tutti dietro a te, amica mia –

Chrissie scosse la testa, dirigendosi verso l’armadio per prendere le scarpe: -Oh, io non credo. La tua minigonna e tutti quei lustrini attireranno l’attenzione molto di più –

Le ragazze si diedero un’ultima occhiata allo specchio e, dopo aver chiuso la porta di casa, si diressero al luogo della festa.

Il parco antistante al dipartimento di fisica era stato completamente trasformato per l’occasione: ai bordi e all’entrata furono installati tanti piccoli lampioni coperti da lucine di Natale colorate, vicino a lunghi tavoli stracolmi di finger food e bevande. In un angolo fu posizionato un open bar e la postazione di un dj, mentre tutto il resto del parco venne utilizzato come un’enorme pista da ballo.

Per fortuna, il clima uggioso di Londra fu clemente quella sera: una grande mezzaluna lattiginosa splendeva in cielo insieme ad un centinaio di stelle e l’aria pareva piuttosto calda per essere fine giugno. Sebbene fossero solo le nove, il parco era già gremito di persone che mangiavano, ballavano e si divertivano.

-Sei pronta a divertirti?! – gridò Sheryl, prima di prendere per mano l’amica e trascinarla verso il centro della pista.

-Ma non aspettiamo i ragazzi? – domandò Chrissie, guardandosi intorno alla ricerca di Brian e Roger.

Sheryl fece una smorfia: -Nah, arriveranno sicuramente più tardi. Muoviti, dai, c’è l’open bar! –

Come una bambola di pezza, la povera Chrissie venne strattonata fino al fondo del parco, dove un paio di ragazzi mezzi ubriachi gestivano l’angolo degli alcolici. Al loro passaggio, non ci fu un solo membro appartenente al sesso maschile che non si voltò a fissare Sheryl, il suo abito e – soprattutto – il suo fondoschiena.

-Ti stanno fissando tutti – sussurrò Chrissie all’amica.

Sheryl fece spallucce: -Tutta invidia – disse, porgendo all’amica un cocktail dal contenuto sconosciuto -Adesso mandiamo giù un paio di questi e poi ci diamo alla pazza gioia –

Chrissie afferrò il bicchiere e lo guardò con qualche dubbio: d’accordo, lei reggeva molto bene l’alcool e difficilmente si ubriacava, ma il vero problema era Sheryl. Con tre bicchieri al massimo sarebbe partita per la tangente senza ritorno dell’ubriachezza e non aveva per niente voglia di farle da balia per tutta la sera. Pregò che Brian e Roger arrivassero presto, così - se le cose fossero precipitate – sarebbe stato compito del biondino badare a lei.

-Cominciamo con uno, eh? Non puoi ubriacarti ora, non sono nemmeno le dieci – disse Chrissie seria, strappando il secondo bicchiere dalle mani dell’amica.

Sheryl sbuffò, ma brindò comunque con l’unico bicchiere che le era rimasto: -Cin –

Chrissie la imitò, facendo tintinnare il bicchiere.

Entrambe stavano ancora bevendo quello starno cocktail amarognolo, quando il dj fece partire una canzone che le mandò in visibilio:

Well, shake it up baby now
Twist and shout
Come on, come on, come, come on baby now
Come on and work it on out
Well, work it on out, honey
You know you look so good
You know you got me goin' now
Just like I know you would”

-Oh mio Dio, i Beatles! Andiamo subito a ballare – gridò Sheryl in preda all’estasi. Trascinò Chrissie al centro del parco, rischiando di rovesciare il contenuto rimasto nel bicchiere sull’abito dell’amica.

Le due ragazze iniziarono a ballare a ritmo di musica, sventolando le gonne dei vestiti e lasciandosi trascinare dall’energia di quella canzone. In pochi secondi, la pista si riempì di ragazzi affetti dalla Beatlemania, proprio come loro: c’era chi ballava in coppia, chi in gruppo e chi da solo, dando il via ad un solo grande Twist.

“Well, shake it up baby now
Twist and shout
Come on, come on, come, come on baby now
Come on and work it on out
You know you twist, little girl
You know you twist so fine
Come on and twist a little closer now
And let me know that you're mine, woo”

Il dj cercò di ingannare il tempo mandando la canzone in loop: la canzone continuò a suonare per più di tre volte consecutive, tanto che alla fine molti ragazzi si ritrovarono senza fiato, incluse Chrissie e Sheryl.

-Wow, che bomba! – commentò la rossa, su di giri e affannata -Ho bisogno di un altro drink. Tu lo vuoi? –

Chrissie scosse la testa: -Io vado a prendere un goccio d’acqua e qualcosa da mangiare. Ti aspetto al tavolo del cibo –

Con passo barcollante e il fiatone, la ragazza si diresse ad uno dei banconi colmi di cibo e iniziò a riempirsi il piatto con ogni tipo di cosa: bacon, patatine, mini-hamburger… Si versò un paio di bicchieri d’acqua e si sedette su una panchina lì vicino. Aveva i piedi doloranti per aver ballato con quegli stramaledetti tacchi da quattro soldi che Sheryl aveva acquistato per lei la settimana prima.

Nel frattempo, il dj aveva cambiato completamente genere, mettendo su uno dei pezzi più belli dei Rolling Stones: “Paint it, black”

"I see a red door and I want it painted black
No colors anymore I want them to turn black
I see the girls walk by dressed in their summer clothes
I have to turn my head until my darkness goes"

Chrissie chiuse gli occhi, dimenticandosi per qualche secondo di essere alla festa: si concentrò su quella canzone e sui meravigliosi ricordi che le fece tornare a galla.

L’estate precedente, durante il mese di luglio, gli Smile avevano fatto un piccolo concerto a Truro, in Cornovaglia, durante il quale Brian aveva suonato e cantato per lei proprio “Paint it, Black”, ben sapendo che era una delle sue canzoni preferite. Lei ovviamente si era emozionata a tal punto da scoppiare in lacrime alla fine della performance, sentendosi come una di quelle ragazzine sciocche che piangono per un nonnulla.

Alla fine, era vero: in un modo o nell’altro Brian la aveva cambiata. La aveva resa un po’ più dolce, meno aggressiva, meno diffidente. Certo, il suo bel caratterino non glielo avrebbe mai tolto nessuno, ma per lo meno era riuscita a trovare qualcuno che le tenesse testa.

“I see a line of cars and they're all painted black
With flowers and my love both never to come back
I see people turn their heads and quickly look away
Like a new born baby it just happens ev'ry day”

Chrissie era ancora concentrata sui suoi pensieri, quando una voce acuta la riportò alla realtà: -Che diavolo stai facendo? – domandò Sheryl, vedendo l’amica seduta su una panchina e con gli occhi socchiusi.

-Mi stavo riposando un attimo – rispose Chrissie – Queste scarpe mi stanno distruggendo i piedi –

Sheryl alzò verso il cielo un bicchiere colmo -a giudicare dall’odore – di vodka, probabilmente il quarto o il quinto: -Sai come di dice, no? Chi bella vuole soffrire tanto deve apparire… O era il contrario? Bah, non mi ricordo –

E siamo già arrivati alla fase della sbronza…” pensò Chrissie, constatando le condizioni dell’amica “Magnifico”

Per fortuna ci pensò il dj a dare una mano alla povera chitarrista. Dopo i Rolling Stones, il disco che mise in riproduzione fu quel capolavoro di “Surrealistic Pillow” dei Jefferson Airplane.

“When the truth is found
To be lies
And all the joy
Within you dies”

Non appena Chrissie e Sheryl sentirono le prime note di “Somebody to Love” si dimenticarono completamente del mal di piedi, della sbronza e della gente intorno a loro e lanciarono un forte grido: quella canzone era per loro una sorta di inno, un cavallo di battaglia. Era la prima cover che le Dark Shore avevano fatto insieme, tre anni prima.

-E’ la nostra canzone! – gridò Sheryl, seguita da un’inaspettatamente esaltata Chrissie.

Le due ragazze corsero immediatamente al centro della pista da ballo e iniziarono a cantare a squarciagola, come due teenager impazzite.

“Don't you want somebody to love
Don't you need somebody to love
Wouldn't you love somebody to love
You better find somebody to love, love”

Mentre ballavano come delle forsennate, un paio di ragazzi dall’aria ubriaca iniziarono ad avvicinarsi con intenzioni poco caste.

-Se vuoi qualcuno da amare, ci sono qua io, dolcezza – biascicò uno, palpando i fianchi di Chrissie e prendendola per i polsi.

La ragazza cercò di divincolarsi, senza successo: -Lasciami subito – disse, spaventata.

L’altro ragazzo si avvinghiò a Sheryl, la quale tuttavia -visto lo stato d’ebbrezza in cu si trovava -non oppose resistenza e continuò a ballare senza pensieri.

Chrissie era sul punto di mollare un gancio a quello squilibrato, quando una voce famigliare venne in suo soccorso. Anzi, due voci.

-Se non vi levate dal cazzo entro due secondi, giuro che vi prendiamo a pugni – disse Roger con la sua solita finezza, comparendo dal nulla

-E se permetti – aggiunse Brian, rompendo la presa del ragazzo su Chrissie -Questa è la mia ragazza, grazie –

I due estranei rimasero intimoriti dal tono duro di Roger e Brian, così si allontanarono barcollando, probabilmente alla ricerca di qualche altra ragazza con cui spassarsela.

-ROGER!!! – gridò Sheryl, lanciandosi tra le braccia del biondino e soffocandolo di baci.

Chrissie guardò divertita quella scena, prima di voltarsi e vedere Brian con un’espressione corrucciata sul viso: -Ti lascio sola mezza giornata e già ti saltano addosso? –

-Io… non volevo che succedesse… stavo ballando e poi all’impr – biascicò Chrissie, prima che Brian la interrompesse, baciandola.

-Stavo scherzando! – disse lui – E poi, vestita così lo avrei fatto anche io. Sei meravigliosa, un incanto –

-Ti ringrazio - Chrissie sentì le guance andare a fuoco e abbassò lo sguardo. Anche se oramai stavano insieme da più di un anno non era ancora abituata a sentire tanti complimenti. Lanciò di nuovo un’occhiata a Sheryl, ma notò che l’amica era particolarmente occupata ad amoreggiare con Roger. Almeno si sarebbe risparmiata altre figuracce.

Brian le porse una mano, come un vero gentleman: -Allora, me lo concedi un ballo? –

Chrissie lo guardò sorniona, incrociando le braccia al petto: -Il quasi dottor Brian May che vuole ballare? Sicuro di sentirti bene? –

Brian sorrise, sistemandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio: -Mai stato meglio –

Le aveva appena preso la mano, quando “Let it be” dei Beatles iniziò a suonare in tutto il parco, generando un’atmosfera completamente diversa da quella psichedelica di pochi minuti prima.

-Allora, accetto – sussurrò Chrissie all’orecchio del ragazzo.

“When I find myself in times of trouble, Mother Mary comes to me
Speaking words of wisdom, let it be
And in my hour of darkness she is standing right in front of me
Speaking words of wisdom, let it be
Let it be, let it be, let it be, let it be
Whisper words of wisdom, let it be

Chrissie intrecciò le sue braccia dietro al collo del ragazzo e lasciò che Brian facesse lo stesso sui suoi fianchi. Iniziarono a dondolare dolcemente, seguendo la melodia, con gli occhi fissi su quelli dell’altro. Era come se si trovassero in una bolla, in una dimensione parallela alla quale potevano accedere solo loro e la musica, nessun altro.

Brian prese Chrissie per mano e le fece fare una piccola giravolta, lasciando che la sua risata cristallina sovrastasse la musica.

-Non credo che si balli così – sussurrò Chrissie, riportando le braccia dietro al collo del compagno.

Brian accennò un sorriso: -E chi decide come si balla? –

“And when the broken hearted people living in the world agree
There will be an answer, let it be
For though they may be parted, there is still a chance that they will see
There will be an answer, let it be
Let it be, let it be, let it be, let it be
There will be an answer, let it be
Let it be, let it be, let it be, let it be
Whisper words of wisdom, let it be
Let it be, let it be, let it be, let it be
Whisper words of wisdom, let it be

Chrissie appoggiò la testa sul petto di Brian e chiuse gli occhi, mentre le braccia del ragazzo la circondarono, stringendola come se fosse una bambina indifesa. Per qualche minuto si beò di quella meravigliosa sensazione, un misto di serenità, amore e protezione. Si sentiva come se avesse appena visto il paradiso, come se con un salto potesse librarsi in aria e toccare anche la stella più lontana.

Si sentiva libera, si sentiva felice. Tutto era semplicemente perfetto.

Spazio Autrice:

Buongiorno a tutti!
Come state, cari lettori? Tutto bene?
Io al momento sono al settimo cielo perchè sono riuscita (non so ancora come) a prendere 29 all'esame e questa sera andrò al cinema a vedere Bohemian Rhapsody (per la terza volta, ma dettagli) in versione sing along. Non vedo l'ora, anche se so già che piangerò un mare di lacrime.
Tralasciando questioni mie personali che non fregano a nessuno, passiamo al capitolo: che ne pensate? Questa volta mi sono lasciata prendere la mano e mi sono accorta di aver scritto un capitolo un po' lunghetto, ma ehi, who cares? 
Come avrete notato, c'è stato un salto temporale: ora siamo nel 1970, è passato un anno da quando Chrissie e Brian si sono messi insieme e le cose sembrano andare molto bene. La nostra bella protagonista si è un pochino addolcita, anche se non rinuncia a tirare fuori il suo bel caratterino quando è in compagnia della sua amica Sheryl. Proprio quest'ultimo personaggio, me lo sono immaginato come la clasica amichetta un po' oca che tutti abbiamo avuto almeno una volta nella vita. E con chi poteva andare una così se non con quel donnaiolo di Roger Taylor? In questo caso non sono gli opposti ad attrarsi, ma i simili! Gli abiti e il trucco che ho immaginato per Chrissie e Sheryl sono dei grandi classici degli anni '60 indossati e realizzati dalla supermodella Twiggy Lawson, famosissima in quegli anni.
Passando alla parte musicale del capitolo, questa settimana ho fatto un bel mega mix: insomma, ad un ballo mica mettono su una sola canzone! Ho inserito due canzoni dei Beatles, "Twist and shout" (1963) e "Let it be" (1970) che penso conosciate tutti, una dei Rolling Stones, "Paint it, Black" (1966). e una dei Jefferson Airplane, "Somebody To Love" (1967). Tutte queste canzoni hanno un posto speciale nel mio cuore, dal momento che appartengono ad alcune delle mie band preferite, soprattutto i Beatles. Come al solito le ho inserite nella playlist di Spotify, così se siete curiosi di sentirle in tutta la loro grandezza potete farlo subito. Vi lascio il link qui sotto!
La prima foto che ho inserito nel capitolo - come è facile intuire - non ritrae la vera Chrissie, ma un'attrice irlandese di nome Sarah Bolger. Io penso che sarebbe stata perfetta per interpretare Chrissie, voi che ne dite?
Come ogni settimana ci tengo a ringraziare le mie recensiste, le quali riescono a ritagliare qualche minuto per recensire questa storia, e i lettori silenziosi che si gustano la storia in sordina. Perciò, grazie ad Ancient Flower, Soul_Shine, Kim WinterNight e Carmaux_95, vi adoro!
Al momento, mi pare di avervi detto tutto. Non mi resta che augurarvi una buona settimana e darvi appuntamento al prossimo mercoledì, sempre tra le pagine di questa storia, con un nuovo capitolo!
Un bacio,
              Jenny

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Capitolo 6
*** Capitolo 5: Rude ***


CAPITOLO 5: Rude

3 Luglio 1970

L’anno accademico stava finalmente per concludersi all’Imperial College di Londra, regalando ai giovani universitari un paio di mesi di vacanze e relax totale. Erano settimane che tra i corridoi si sentiva parlare solo dell’estate e di ciò che ognuno avrebbe fatto in quei mesi di pausa: qualcuno sarebbe andato al mare, altri sarebbero rimasti a casa, mentre i più fortunati sarebbero andati all’estero.

Sicuramente, una cosa accumunava tutti: la felicità. Non c’era un singolo studente riluttante a lasciare il college per le vacanze, a tornare a casa dalla propria famiglia.


Anzi, forse uno studente c’era. O meglio, una studentessa.

Chrissie era sdraiata sul suo letto, accoccolata accanto a Brian e persa tra i suoi pensieri. Non appena si rese conto che era venerdì sera e cosa sarebbe successo il giorno dopo, un’espressione di sconforto si dipinse sul suo viso.

-Che ti succede? – domandò lui, notando il repentino cambiamento del suo umore.

Chrissie si puntellò su un gomito, abbassando lo sguardo e facendo scorrere le dita sul petto del ragazzo: -Tra poche ore torneremo a casa. Tu starai ad Hampton e io ad Holloway… con i miei genitori. Non credo che riuscirò a resistere per due mesi interi -

Brian colse immediatamente l’antifona. Sapeva molto bene che tra Chrissie e la sua famiglia c’era un rapporto estremamente complicato, tanto che la sua ragazza preferiva stare lontano da casa il più a lungo possibile. I suoi genitori avevano una maniacale predilezione per suo fratello maggiore e molto spesso dimenticavano di avere anche una figlia. Suo padre la trattava come se fosse un peso, mentre sua madre era talmente succube del marito da non osare mai a difenderla.

-Due mesi passano in un batter d’occhio, devi credermi – disse Brian, cercando di consolarla -E poi ti prometto che verrò da te ogni volta che vorrai. Un’ora di auto non mi impedirà di certo di stare lontano dalla ragazza che amo –

Chrissie lo attirò a sé e lo baciò con trasporto, concentrandosi mentalmente per non scoppiare a piangere: maledizione, quando Brian se ne usciva con le sue frasi sdolcinate era praticamente impossibile trattenere le lacrime.

-Anche se credo che dovrò sorbirmi le frecciatine di tuo padre ogni volta che varcherò la soglia di casa tua- continuò Brian, riuscendo a strapparle una risata.

Chrissie si alzò dal letto e si infilò una vecchia maglia sgualcita che utilizzava come pigiama. Aveva un milione di cose da preparare prima di tornare a casa e il fatto che Brian se ne stesse sul suo letto, mezzo nudo e con un’espressione provocante sul viso, non la aiutava affatto a concentrarsi.

“Dunque, i libri vanno nella sacca blu, mentre i vestiti e le scarpe nella valigia rigida e poi…”

-Potresti metterti qualcosa addosso?! – sbottò Chrissie, all’improvviso -Mi distrai parecchio –

Brian scoppiò in una fragorosa risata, per poi incrociare le braccia dietro alla testa e continuare ad osservare la povera ragazza affannarsi per riordinare tutto nelle valige: -Neanche per sogno –

Chrissie scosse la testa. Andò verso l’armadio e iniziò a tirare fuori un capo dopo l’altro, piegando e sistemando il tutto alla meno peggio nelle piccole valige rigide di pelle. Lanciò un’occhiata a Brian e notò con disappunto che il ragazzo era ancora sdraiato sul letto, senza maglietta e con un’espressione compiaciuta sul viso.

-Ti diverte vedermi sgobbare? – domandò senza neanche voltarsi.

-No, certo che no, però apprezzo molto il panorama che si vede da qui – biascicò Brian, accennando al fatto che la maglietta che Chrissie indossava le lasciava completamente scoperte le gambe e le mutandine di pizzo nero.

-Quanto sei idiota- sussurrò la ragazza, continuando ad impilare e piegare vestiti. Quando erano soli, Brian si trasformava completamente: diventava un po’ più sicuro di sé stesso, non aveva problemi a fare apprezzamenti sul suo corpo e ogni tanto si lasciava addirittura scappare qualche parolaccia. Probabilmente neppure Roger aveva mai conosciuto questo suo lato nascosto.

-Tornando a parlare di mio padre – gridò Chrissie dal bagno, affinché Brian la sentisse -sabato prossimo i miei ti hanno invitato a pranzo da noi. Ci sarà anche mio fratello e la sua nuova fidanzata –

Quando rientrò nella camera da letto, la ragazza notò che l’espressione di Brian non era più così compiaciuta. A dirla tutta, era un concentrato di dissenso e angoscia.

-Vorrai dire “mia madre” ti ha invitato a pranzo – disse lui, virgolettando le parole -Perché dubito fortemente che tuo padre avrebbe piacere a mangiare con me –

Chrissie ripose il beauty da bagno nella valigia e iniziò ad infilare alcuni libri scolastici in una sacca blu: -Se è per questo, non credo che abbia piacere a pranzare neppure con me. E comunque, che te ne importa? Come al solito, ti basterà ignorarlo o rispondere in modo intelligente alle sue provocazioni del cazzo -

Brian prese la chitarra acustica della ragazza e iniziò a strimpellare note a casaccio. Pranzare con i genitori di Chrissie sarebbe stato un massacro: suo padre lo avrebbe tampinato di domande e ad ogni sua risposta avrebbe commentato in modo arrogante, facendolo sentire un idiota fallito. Sperò almeno che se fosse stato presente il fratello di Chrissie, i suoi genitori avrebbero catalizzato tutta l’attenzione su di lui, elogiandolo e riempiendolo di complimenti, mentre lui e la sua ragazza se ne starebbero stati quatti in un angolino.

-Mi immagino già la scena- disse Brian, continuando a suonare.

 

“Saturday morning jumped out of bed and put on my best suit
Got in my car and raced like a jet, all the way to you
Knocked on your door with heart in my hand
To ask you a question
'Cause I know that you're an old-fashioned man”

Chrissie si voltò di scatto, colpita dall’incredibile capacità d’improvvisazione del ragazzo. Si avvicinò al letto e si sedette a gambe incrociate di fronte a Brian, il quale, nel frattempo, continuava a strimpellare e ad inventare frasi come se nulla fosse.

“Can I have your daughter for the rest of my life?
Say yes, say yes 'cause I need to know
You say I'll never get your blessing 'til the day I die
Tough luck, my friend, but the answer is no!”


-Semmai dovessi chiedergli una cosa del genere, probabilmente scoppierebbe a riderti in faccia – disse Chrissie, sogghignando.

L’atteggiamento che suo padre aveva nei confronti di Brian era completamente irrazionale: Chrissie non riusciva ancora a capire se fosse geloso della sua bambina o se semplicemente si divertisse a sfottere quel povero ragazzo perché si era messo con lei, come se gli stesse dicendo “ehi, complimenti! Ti sei beccato la ruota di scorta di questa famiglia!”. Uno strano presentimento la fece protendere per la seconda opzione.

-E tu invece? – domandò Brian, riponendo la chitarra di fianco al letto -Cosa faresti se ti chiedessi una cosa del genere? –
Chrissie si avvicinò alle labbra del ragazzo, scrutandolo con aria felina: -Direi che ne riparliamo come minimo fra quattro anni -


  

11 Luglio 1970

Chrissie era incollata alla finestra della cucina da dieci minuti, in attesa di vedere l’auto di Brian fermarsi sul ciglio della strada. Era passata una sola settimana da quando era tornata a Holloway dai suoi genitori e già ne aveva fin sopra i capelli: quando era arrivata, suo padre si era limitato a farle notare che era ingrassata, mentre sua madre la aveva abbracciata e spiccicato giusto due parole.

Non appena scorse una Fiat 124 nera tutta ammaccata parcheggiare di fronte al suo giardino, Chrissie lanciò un gridolino. Finalmente Brian era arrivato a salvarla.

-Sono arrivati Richard e Jacqueline? – domandò Charles Mullen, sporgendosi dalla sala da pranzo.

-No, papà. E’ Brian – l’uomo parve parecchio deluso e si sparì senza dire una parola.

Chrissie corse ad aprire la porta e si gettò a capofitto tra le braccia del ragazzo. Si attaccò al suo collo, affondando le mani tra i suoi morbidi riccioli scuri e annusando appieno quel suo profumo così familiare.

-Amore mio, anche tu mi sei mancata, ma così rischi di soffocarmi – biascicò Brian, incurvandosi per raggiungere l’altezza della ragazza.

Chrissie allentò la presa, scusandosi per l’eccessiva foga. Osservò il ricciolo da capo a piedi: indossava pantaloni di raso nero e una camicia di lino bianca, leggermente sbottonata sul petto e con le maniche risvoltate fino agli avambracci. Era bello da far paura.

-Non hai idea di cosa ti farei vestito così… - sussurrò Chrissie al suo orecchio, lasciandogli un bacio a fior di labbra.

Brian rimase frastornato, ma resse comunque il gioco della ragazza: -Tu non hai idea di cosa ti farei io, qualunque abito tu indossi… o non indossi –

Chrissie soffocò una risatina, accompagnando il ragazzo alla porta: -Pronto per la tortura? –

Brian annuì, accennando alla grande bottiglia di vino che teneva tra le mani: -Nel caso, possiamo sempre sbronzarci con questo –

Quando entrarono in casa, Chrissie annunciò che il suo ragazzo era arrivato. Edith Mullen comparve dalla cucina con indosso un grembiule e un sorriso sincero sul viso: -Oh Brian, che piacere vederti – disse, abbracciando il ricciolo -Sono così contento che tu sia riuscito a venire –
-Anche io sono contento di vederla, signora Mullen – rispose Brian, educatamente.

Non appena il padre di Chrissie uscì dalla sala da pranzo, Brian sentì un groppo alla gola: l’uomo lo stava fissando con sguardo arcigno, come un avvoltoio con la sua preda, scrutando ogni sua singola mossa.

-Buongiorno Signor Mullen – biascicò Brian, porgendogli la mano.

L’uomo gliela strinse, mantenendo un’espressione impassibile e commentando lo scarso vigore della sua stretta di mano: -Sei sempre un cuor di leone, eh Brian… -

Il povero ragazzo fece roteare gli occhi, fingendo di non aver sentito: -Le ho portato questo per pranzo – disse, porgendogli la bottiglia di vino.

Charles se la rigirò tra le mani, leggendo l’etichetta ingiallita: -Chianti classico, vino italiano… Alla fine non sei così inutile come credevo – E se ne andò dritto in cucina, dove la signora Mullen era super indaffarata a cucinare.

Chrissie fece cenno di non ascoltarlo e portò Brian sul balcone della sala da pranzo, lontano dai commenti meschini di suo padre.

-Beh, non è andata così male – sussurrò lui, ironico.

Chrissie scosse la testa, un misto di delusione e rabbia nel cuore: -Adesso tieni bene a mente il modo in cui ti ha trattato e osserva come accoglierà mio fratello e la sua stupida fidanzata francese. Sembrerà il papà più amorevole della Terra –

E in effetti, la storia andò proprio così: non appena Richard e la sua fidanzata Jacqueline misero piede in casa, il signor Mullen cambiò completamente personalità. Abbracciò calorosamente il figlio, domandandogli se avesse fatto un buon viaggio dall’aeroporto a casa, e fece il baciamano a Jacqueline, dicendole che era un piacere conoscerla e che poteva tranquillamente chiamarlo Charles. Chrissie e Brian osservarono quella scena da lontano, sulla veranda, sentendosi completamente fuori luogo.

Brian provò per un istante a mettersi nei panni della sua ragazza: vivere con un padre che non ti accetta, che critica ogni tua singola scelta, che dimostra palesemente di avere una predilezione per tuo fratello maggiore, non doveva essere affatto semplice. Ora capiva perché Chrissie cercasse di stare lontano da casa sua il più a lungo possibile.

Quando Richard si rese conto della presenza della sorella, la raggiunse a grandi falcate e l’abbracciò calorosamente: -Ciao sorellina, che bello vederti –

“Bugiardo”

-E’ un piacere anche per me, Rich – biascicò la ragazza, con una smorfia.

-Posso presentarti la mia fidanzata, Jacqueline? Viene dalla Francia – disse Richard, introducendo una ragazza alta e snella, dai lunghi boccoli biondi e gli occhi verdi. Pareva una modella.

Lei tese una mano e Chrissie gliela strinse, accennando il sorriso più falso che avesse mai fatto.

-Ti ricorderai di Brian, lo hai incontrato lo scorso anno – continuò lei.

Richard annuì, stringendo la mano al ragazzo. All’improvviso cadde un imbarazzante silenzio e Chrissie ebbe l’ennesima prova di quanto suo fratello fosse ipocrita: se le era mancata, perché non raccontarle qualcosa? Perché non iniziare una conversazione? Ma a lui non importava niente di lei, non gli era mai importato. L’unica cosa a cui teneva era fare una bella figura con quella Jacqueline, dimostrarle che era l’uomo perfetto che amava la sua perfetta famigliola.

Per fortuna quell’imbarazzante momento fu interrotto dalla signora Mullen, la quale richiamò tutti a tavola, annunciando che il pranzo era pronto.
I ragazzi presero posto sui lati lunghi del tavolo, mentre Charles e sua moglie si sedettero a capotavola. Edith mise in tavola un Sunday Roast dall’aria squisita, circondato da patate, verdure e innaffiato di salsa gravy.

-Sembra delizioso, tesoro – disse il signor Mullen, iniziando a tagliare qualche fetta di carne.

La prima parte del pranzo proseguì senza intoppi, caratterizzata dal rumore di stoviglie in sottofondo e qualche banale commento sul cibo. La situazione iniziò a degenerare quando il padre di Chrissie chiese a Richard come stavano procedendo gli studi a Oxford.

-Molto bene papà, penso che riuscirò a prendere il dottorato a metà del prossimo anno – rispose il ragazzo, addentando una carota.

La signora Mullen appoggiò i gomiti sul tavolo, incrociando le dita delle mani e appoggiandovi sopra il mento: -Sono curiosa di sapere qualcosa in più su di te, Jacqueline-

La biondina abbassò lo sguardo, con falsa modestia: -Oh, in realtà non c’è molto da sapere su di me. Sto studiando design della moda al Magdalen College di Oxford e nel tempo libero faccio la modella per una rivista universitaria –

“Non c’è molto da sapere eh…”

-E dimmi, come hai conosciuto il nostro Richard? – continuò la donna.

Jacqueline prese per mano il giovane, scambiando con lui un’occhiata romantica: -Ci siamo conosciuti ad una serata per studenti. Il Magdalen College aveva invitato i ragazzi del Merton per una festa di benvenuto, così, tra un cocktail e l’altro, io e Richard abbiamo fatto conoscenza e abbiamo iniziato a frequentarci. E’ stato amore a prima vista –

“Certo, come no. Avrai sentito l’odore dello stipendio di un medico ancor prima di guardare Richard in faccia”

-E da voi? – domandò Richard, fingendo di sembrare interessato a qualcuno che non fosse sé stesso -Come vanno le cose? –

Brian e Chrissie si guardarono con aria stupita: era tutta mattina che venivano bellamente ignorati, perciò il fatto di essere stati interpellati li lasciò di stucco.

-Tutto bene, direi – biascicò Chrissie con aria annoiata -Brian si è laureato da poco e l’anno prossimo inizierà il dottorato, mentre io continuerò a seguire il mio corso di economia –

-In cosa ti sei laureato? – domandò Jacqueline.

-Fisica e matematica – accennò Brian, sorridendo -Sono riuscito a laurearmi con lode e questo mi ha permesso di ottenere una borsa di studio per il dottorato – Sperò che l’ultima frase riuscisse a fare colpo sul padre di Chrissie.

L’uomo, tuttavia, non parve particolarmente impressionato, anzi: -Fisica e matematica, eh? – borbottò -Al giorno d’oggi non abbiamo bisogno di scienziati, ma di lavoratori seri! Operai, agricoltori e medici, come il nostro Richard. Che farai poi con quella laurea in mano? –

Brian cercò di tirare fuori il suo lato più pacato ed intelligente: -Come ho già accennato, il prossimo anno inizierò il dottorato in astrofisica. In seguito, credo che mi trasferirò negli Stati Uniti per lavorare alla NASA, sempre se otterrò risultati degni di quell’organizzazione –

-Certo che li otterrai, sei la persona più geniale che io abbia mai conosciuto – disse Chrissie, dandogli manforte.

Il signor Mullen non lo stette neanche a sentire: -Non ti sembra un’aspirazione un po’ troppo pretenziosa, per uno come TE, andare alla NASA?–

-Maledizione, piantala papà! – gridò Chrissie, stufa di quella cattiveria gratuita.

-Christine! – la rimproverò sua madre -Non usare quel tono con tuo padre –

Il signor Mullen guardò sua figlia in cagnesco: -Come osi parlarmi in questo modo? – sussurrò, alzandosi da tavola ed avvicinandosi a lei -Tu, che dilapidi i miei soldi frequentando l’università, quando dovresti prima imparare il rispetto e l’educazione per un tuo superiore –

-Non devo alcun tipo di rispetto ad una persona che per primo tratta gli altri come se fossero delle merde – disse Chrissie, con l’irriverenza che la contraddistingueva.

-Non rivolgerti così a papà, hai capito?! – intervenne Richard, puntandole un dito contro.

Fu una frazione di secondo.

Il signor Mullen alzò una mano e con tutta la forza che aveva in corpo, si abbatté sul viso della povera Chrissie. Quel colpo le ribaltò il volto, costringendola a ruotare la testa quasi di 180 gradi. Un bruciore dilaniante iniziò a diffondersi su tutto lo zigomo e sulla guancia destra, lasciando affiorare un grande ematoma dai toni violacei.

Chrissie rimase impalata, incapace di parlare, mentre due lacrime sottili le rigavano le guance, dandole sollievo dal dolore. Fissò gli sguardi severi dei suoi genitori e di suo fratello puntati su di lei e quelli attoniti e impauriti di Brian e Jacqueline.

Non appena vide la guancia di Chrissie completamente tumefatta, Brian fu accecato da una rabbia che non aveva mai provato. Senza pensarci
un secondo, il ragazzo si alzò da tavola, uscì dalla sala da pranzo e si fiondò al piano di sopra, nella camera da letto di Chrissie. Prese dal pavimento le valige mezze vuote che lei aveva portato a casa dal college e iniziò a riempirle con vestiti e scarpe di ogni tipo, i quaderni sui quali scriveva le sue canzoni e tutti i suoi effetti personali più importanti. Infilò la vecchia chitarra acustica nella sua custodia e, una volta caricatasela sulle spalle e con le valige in mano, ritornò al piano di sotto.

-Cosa diavolo credi di fare?! – gridò il signor Mullen, furente.

Brian aprì la porta di casa, prendendo Chrissie per mano e trascinandola fuori: -La porto il più lontano possibile da voi. Non lascerò che trascorra un altro secondo in questa casa di folli –

Chrissie era così frastornata da non rendersi quasi conto di ciò che stava succedendo. Sentiva uno strano ronzio nella sua testa, probabilmente dovuto alla botta, e vedeva tutto sfocato. Aveva visto Brian alzarsi, ma non aveva capito dov’era andato fino a quando non era ricomparso con tutte le sue cose. Non lo aveva mai visto così furente e le si strinse il cuore pensando che stava facendo tutto quello per lei.

Brian la fece accomodare in macchina, infilando le valige e la chitarra nel bagagliaio, per poi salire lui stesso e mettere in moto il motore, sotto lo sguardo pieno d’odio della famiglia Mullen.

Chrissie li osservò tutti dal finestrino: non dissero una parola. Nessuno di loro cercò di impedire che lei uscisse dalle loro vite per sempre.

 

Spazio Autrice:

Buongiorno carissimi lettori e buon mercoledì!
Come state? Tutto bene? Io sono super tesa perchè sabato e domenica ho un campionato regionale di pattinaggio artistico, nel quale mi giocherò la qualificazione ai campionati nazionali. Ho una paura folle!!
Parlando della nostra storia: questa settimana vi ho portato un capitolo un po' diverso da quelli che avete letto fin'ora, un capitolo un po' più serio. Facciamo conoscenza con la famiglia di Chrissie e con tutti i problemi che gravitano intorno ad essa: un padre che la considera una merdaccia, una madre troppo succube del marito e un fratello falso fino al midollo. MA CHE GIOIA! Per il personaggio di Charles Mullen (ovviamente nome inventato, non ho trovato informazioni sui reali nomi dei genitori di Chrissie) mi sono ispirata (purtroppo) ad una persona vera, in particolare al papà di una mia vecchia amica. Ogni volta che io e altre ragazze andavamo a casa sua, suo padre faceva in modo di metterla in soggezione, trattandola come se fosse una stupida e millantando le qualità di sua sorella maggiore. Perciò, che dire? Grazie A. per l'ispirazione!
Piccole info sui luoghi citati: Hampton è un sobborgo di Londra in cui Brian ha vissuto con i suoi genitori durante la sua infanzia e adolescenza, prima di andare al college, mentre Holloway è un quartiere di Londra Nord in cui sorgono alcuni stadi da calcio, come quello dell'Arsenal (l'ho scelto come ambientazione per la casa di Chrissie perchè mi piaceva il nome, lol!). Il Magdalen College e il Merton College di Oxford sono due univesità realmente esistenti: io ho fatto una vacanza studio presso il Magdalen nel 2015 e devo ammettere che è un'università stupenda. Il Merton l'ho citato perchè è il college più vicino a Magdalen.
Dopo queste noiosissime spiegazioni tecniche, passiamo alla canzone. Questa settimana ho preso in prestito uno dei brani più ascoltati del 2014, ovvero Rude dei MAGIC!. Quando ho letto il testo mi sono immaginata tutto il capitolo e così ho iniziato a scrivere di getto. Conoscevate questa canzone? Io l'ho sempre trovata molto carina!
Devo ringraziare Kim WinterNight per avermi fatto notare che la scorsa settimana mi ero dimenticata di inserire nella playlist di Spotify "Sunshine of Your Love" dei Cream, senza di lei non me ne sarei mai accorta!
Ringrazio ovviamente anche tutti coloro che leggono questa storia e che recensiscono, regalandomi tante gioie e un sacco di risate. Perciò ancora grazie a Kim WinterNight, Ancient Flower, Carmaux_95 e Soul_Shine. VI ADORO!
Anche per questa settimana mi sembra di avervi detto tutto, non mi resta che darvi appuntamento al prossimo mercoledì con un nuovo capitolo!
Un bacio,
              Jenny

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Capitolo 7
*** Capitolo 6: Spirits ***


CAPITOLO 6: Spirits

   

11 Luglio 1970


Brian guidò per un centinaio di metri, lo spazio necessario affinché la sua auto non fosse più visibile dal giardino di casa Mullen, dopodiché spense il motore e rivolse la sua attenzione a Chrissie.

-Come ti senti? Ti porto al pronto soccorso per un controllo –

La ragazza scosse la testa, trattenendo a stento le lacrime: -E’ solo una botta, non devi preoccuparti di questo – disse indicando il livido rosso e violaceo sul suo zigomo -Moralmente mi sento a pezzi. Non pensavo arrivasse a questo – Chrissie non riuscì più a trattenersi e le lacrime iniziarono a sgorgare copiose dai suoi occhi, generando bruciore a contatto con la tumefazione.

Brian le strinse entrambe le mani, baciandone dolcemente le nocche: -Ti prometto che non succederà mai più. IO non lascerò che accada di nuovo. Non hai bisogno di loro, Chrissie, per tutta la vita non hanno fatto altro che ignorarti o trattarti di merda. Fino a quando mi vorrai, io sarò sempre al tuo fianco, per qualunque cosa –

-Io avrò sempre bisogno di te – biascicò Chrissie, tra un singhiozzo e l’altro. Tremando, si sporse verso Brian e si lasciò circondare dalle sue braccia, appoggiando la guancia sana sull’incavo della sua spalla. Il ragazzo le baciò dolcemente il capo, accarezzandole i capelli come se fosse una bambina.

-Adesso ti porto a casa mia. Puoi rimanere da me quanto vuoi, i miei genitori saranno ben felici di averti tra di noi – disse Brian, rimettendo in moto l’auto.

Chrissie era terrorizzata: aveva incontrato i genitori di Brian solamente due volte -l’estate precedente, quando Brian la aveva presentata ai suoi, e durante la cerimonia di laurea del suo ragazzo- ma in entrambe le occasioni non aveva avuto modo di conoscerli bene e chiacchierare con loro. E se l’avessero trovata inadatta per loro figlio? Se avessero iniziato a fare battutine proprio come faceva suo padre con Brian?

Grazie alla sua innata empatia (e all’espressione torva dipinta sul viso di Chrissie), Brian dedusse quali paranoie stessero vorticando nella mente della sua ragazza e si affrettò a rassicurarla: -Stai tranquilla e non farti strane idee. I miei genitori sono delle persone adorabili e sono sicuro che ti adoreranno –

“Lo spero” pensò Chrissie, titubante.


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Quando arrivarono ad Hampton, era oramai pomeriggio inoltrato. Il sole era prossimo al tramonto e dal giardino dei May era possibile osservare in lontananza il grande palazzo purpureo che dava il nome al quartiere, completamente illuminato dagli ultimi raggi morenti del giorno.

-Benvenuta a casa, Chrissie – disse Brian, aprendo il bagagliaio dell’auto e scaricando le valige della ragazza.

Chrissie si guardò intorno, scrutando ogni centimetro della villetta gialla alla quale si trovava di fronte. Il posto che avrebbe chiamato “casa” fino a quando non fosse ritornata al college pareva uscito da una pubblicità di biscotti: un giardino perfettamente curato, persiane in legno chiaro al posto delle più tradizionali veneziane e un tetto di tegole scure in forte contrasto con il colore brillante dell’intonaco.

Chrissie prese in mano le due valige e continuò a guardarsi intorno, come un’orfanella che viene portata nella sua nuova casa. Brian aprì la porta, annunciando che era tornato. Pochi istanti più tardi, fecero la loro comparsa un uomo e una donna di mezz’età, con qualche striatura argentea tra i capelli e un paio di occhiali a tartaruga sul naso.

-Tesoro, mi avevi detto che rientravi tardi – disse la donna, facendo capolino dal salotto. Non appena vide Chrissie e il suo viso tumefatto, sobbalzò, portandosi le mani alla bocca -Buon Dio, cosa le è successo?! – Anche il signor May rimase sbigottito dal pessimo aspetto della ragazza.

Brian scosse la testa, facendo appello a tutta la sua forza di volontà per trattenere gli istinti omicidi che lo stavano assalendo: -E’ una lunga storia… più tardi vi racconto tutto – appoggiò le valige della ragazza all’entrata e chiuse la porta con un colpo secco -Per favore, mamma, potresti occuparti di Chrissie? –

La signora May rimase impalata per qualche secondo, osservando quella povera ragazza dal volto violaceo e un’espressione vacua, per poi scuotersi e accompagnarla in cucina: -Ma certo, tesoro – prese Chrissie per mano e la fece accomodare su una seggiola della cucina -Speravo di incontrarti in un’altra occasione, mia cara – ironizzò, aprendo il freezer.

Chrissie accennò un sorriso, torturandosi le mani per l’imbarazzo: -Anche io, signora May. Sono comunque felice di rivederla, anche se non è passato molto tempo dal nostro ultimo incontro –

La donna riemerse dal freezer con un secchiello colmo di ghiaccio e un sorriso materno: -Chiamami pure Ruth. Sono felice anche io di rivederti, Chrissie. Posso chiederti cos’è successo? Brian mi aveva detto che sarebbe venuto a pranzo da te oggi, ma deduco che sia andato storto qualcosa –

Chrissie sospirò, osservando la signora May prendere tra le mani un paio di foglie di aloe vera e strizzarle come se fossero dei panni bagnati: -E’ colpa mia, in realtà. Stavamo mangiando e mio padre ha iniziato a lanciare frecciatine a Brian sull’università. Io ho perso la calma, gli ho gridato contro e mi sono beccata un ceffone sulla faccia, tutto qui -

-Non è colpa tua – disse Ruth, mescolando il succo gelatinoso dell’aloe con il ghiaccio -La violenza non è mai giustificata, ricordalo sempre. Soprattutto quando un genitore, una persona che ti dovrebbe proteggere, osa farti del male –

Chrissie abbassò lo sguardo, permettendo alla signora May di spalmarle quel miscuglio sulla zona tumefatta e lasciandosi sfuggire qualche smorfia per il dolore: -Io non pensavo che sarebbe arrivato a tanto. Non mi aveva mai picchiata prima d’ora, mai, nemmeno quando ero bambina. Si era sempre limitato ad ignorarmi o a sgridarmi. Non so cosa sarebbe successo se Brian non fosse intervenuto –

Ruth continuò la medicazione, tamponando il livido con acqua gelida: -Spero che non abbia fatto a botte con tuo padre – disse, ironica.

Chrissie scosse la testa, sorridendo: -E’ stato fantastico. Non ha detto una parola, è semplicemente salito in camera mia, ha radunato tutte le mie cose e mi ha portato via. Non ha nemmeno alzato la voce con mio padre, ha fatto tutto con una calma disarmante –

La signora May sorrise sorniona: -Tipico di Brian. La violenza non è nella sua indole, non lo è mai stata; tuttavia, tiene a te più di ogni altra persona al mondo, perciò non mi sorprende che abbia deciso di agire –

Chrissie accennò un sorriso, ripensando a quanto fosse fortunata ad avere Brian accanto a sé: probabilmente, se non lo avesse mai incontrato, sarebbe rimasta la ragazza scorbutica e un po’ troppo piena di sé che era stata fino ad un paio di anni prima. Brian la aveva addolcita, le aveva insegnato che poteva essere forte senza essere aggressiva e che la Chrissie che si esibiva sul palco non doveva necessariamente essere la Chrissie di tutti i giorni.

-Sai una cosa, mia cara? – riprese la signora May, riempiendo un piccolo sacchetto di plastica con del ghiaccio -Non credo di aver mai visto Brian così felice come quando parla di te –

-Davvero? – domandò Chrissie, sgranando gli occhi per la sorpresa.

Ruth annuì, facendo un bel nodo stretto al sacchetto e porgendolo alla ragazza: -Assolutamente. Quando lo chiamo al telefono, mentre è al college, non fa altro che ripetermi quanto sia felice con te. Dice che è libero di essere sé stesso, senza essere giudicato. Come avrai potuto constare, Brian non è una persona molto estroversa, anzi, tende ad isolarsi parecchio, e teme il giudizio altrui più di ogni altra cosa –

-Ricordo bene il nostro primo incontro: era completamente terrorizzato all’idea di fare una figuraccia – disse la ragazza, sogghignando -Ci ha messo più di due settimane per chiedermi di uscire. Tutto merito di Roger e Tim –

-Ancora mi chiedo come abbia fatto a diventare amico di quel Roger Taylor… sono così diversi, eppure sono inseparabili da anni! – aggiunse la signora May, guardando un punto imprecisato di fronte a sé.

Chrissie fece spallucce, appoggiando l’impacco ghiacciato sulla guancia destra: -Può sembrare un ragazzaccio, ma alla fine della fiera Roger è un vero amico. Lo ha dimostrato in diverse occasioni, aiutando Brian con me e con il loro progetto musicale –

Entrambe stavano ancora chiacchierando, quando Brian fece capolino dalla porta della cucina con aria inquisitoria: -Allora, di cosa stanno parlando le donne della mia vita? –

La signora May e Chrissie si guardarono complici: -Stavamo parlando di Roger… -rispose la seconda, vaga.

Brian corrugò la fronte: -DI ROGER?? –

-Sì, ma nulla di importante –

Il ragazzo capì che quelle due non gliela stavano raccontando giusta, ma fece finta di nulla: -Se vieni su ti faccio vedere dove puoi sistemare le tue cose –

Chrissie lanciò un’occhiata sorniona alla signora May e seguì il ricciolo al piano di sopra. La stanza di Brian era lo specchio della sua anima: le pareti di legno erano ricoperte di gommapiuma grigia insonorizzante, mentre in un angolo, su un treppiedi, era appoggiata la Red Special insieme ad un piccolo amplificatore. Cavi di ogni forma e dimensione erano sparsi sulla moquette, collegati al Tremolo e al Delay. Sull’unica parete non contaminata da gommapiuma erano appesi decine di poster raffiguranti Jimi Hendrix, Elvis Preasley, i Rolling Stones e i Beatles, mentre sul piccolo comodino a fianco al letto troneggiava una cornice con all’interno una foto di lui e Chrissie, il giorno della sua laurea.

-Ti ho liberato un paio di cassetti e un’anta dell’armadio – disse Brian, aprendo ogni fessura del mobile -Puoi sistemare tutto qui –

Chrissie si lasciò cadere sul letto, rimbalzando di schiena sul materasso: -Hai già fatto tanto per me, non era necessario che svuotassi i tuoi armadi per farci stare la mia roba –

-Come puoi sentirti davvero a casa se lasci tutte le tue cose in valigia? – sussurrò Brian, stendendosi accanto a lei. Per qualche istante, si perse nei meandri di quegli occhi di ghiaccio così austeri e intimidatori, ma che in realtà raccontavano tutta un’altra storia.

Chrissie rotolò verso Brian e affondò una mano tra i suoi lunghi ricci scuri: -Per me, casa è dove ci sei tu. Non mi serve altro –


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Quella sera, i genitori di Brian uscirono per il loro settimanale appuntamento con il bingo e – soprattutto – per lasciare che Chrissie si ambientasse appieno. Ancora non riusciva a credere a tutto quello che era successo quella mattina: le immagini del pranzo, della reazione di suo padre e i volti di sua madre e di Richard vorticavano confusi nella sua mente, come se fossero solo dei brutti sogni.

Chrissie ripensò a quanto era accaduto fino a quando il sonno ebbe la meglio su di lei. Si svegliò un paio d’ore più tardi, con un dolore lancinante al viso per essersi addormentata sulla guancia tumefatta, mentre Brian la avvisava che la cena era pronta. Entrambi mangiarono ben poco, saturi del pranzo e degli strani eventi di quella giornata. Tutto ciò di cui avevano bisogno era ritrovare un briciolo di quotidianità e per farlo, avevano bisogno di una sola cosa: la musica.

Dopo cena, Brian e Chrissie si sistemarono sul divano del salotto e, imbracciate le loro chitarre, iniziarono a suonare: improvvisarono assoli, cover di brani famosi, pezzi degli Smile e delle Dark Shore, esattamente come facevano quando erano al college. Quando suonavano insieme, sapevano di essere connessi al 100%, avevano mente, mani e voce proiettati in un’altra dimensione, un luogo al quale potevano accedere solo loro. Le dita veloci di Chrissie scorrevano sulla chitarra per suonare la melodia, mentre Brian si occupava degli accordi o viceversa, a seconda del brano che decidevano di interpretare.

Erano entrambi talmente rapiti dalla loro “bolla musicale” da non accorgersi del ritorno dei signori May. I genitori di Brian rimasero per qualche minuto nella penombra del corridoio, osservando di soppiatto la romantica scena che si stava consumando in salotto.

-Direi che ha trovato quella giusta per lui, non credi Harold? – sussurrò la signora May, commossa.

L’uomo annuì, stringendo a sé la moglie: -Direi proprio di sì, cara –

Quando Chrissie e Brian finirono di suonare, sentirono alle loro spalle un paio di applausi concitati, accorgendosi solo in quel momento che i signori May erano rientrati.

-Voi due volete farmi venire un infarto?! – disse Brian, terrorizzato, portandosi una mano al cuore.

Harold appese il soprabito ad un attaccapanni e si infilò nel ripostiglio del sottoscala. Quando riemerse, aveva tra le mani una chitarra acustica dall’aria malandata, con le corde consumate e la vernice sbeccata: -Posso unirmi a voi? – domandò, entusiasta.

-Santo cielo, Harold, lasciali in pace – biascicò la signora May, cercando di trascinarlo in cucina, senza successo. Brian si passò una mano sugli occhi con fare drammatico: suo padre era davvero incorreggibile. Quando sentiva il richiamo della musica, doveva sempre rispondere, anche se era fuori allenamento massimo, come in quel caso. Dopo tutto, era stato lui a trasmettergli la passione per la musica e lo aveva anche aiutato a costruire la sua amata Red Special.

-Ma certo, signor May – disse Chrissie, contenta.

Con il sorriso di un bambino la mattina di Natale, Harold prese posto sul divano di fronte a quello dei ragazzi e iniziò ad accordare la sua chitarra, producendo stridii e rumori strani: -Datemi solo qualche secondo per sistemare questa vecchia signora e poi vedrete! –

La signora May si accomodò di fianco al marito, ormai rassegnata al fatto che non si sarebbe scollato da lì fino a quando non avesse suonato insieme ai due ragazzi.

-Allora, vediamo se riuscite a starmi dietro con questa canzone – disse Harold, schiarendosi la voce e iniziando a strimpellare la chitarra.


“I got guns in my head and they won't go
Spirits in my head and they won't go
I got guns in my head and they won't go
Spirits in my head and they won't”


Brian e Chrissie si scambiarono un’occhiata complice: eccome se sarebbero riusciti a stargli dietro. “Spirits” era una delle prime canzoni che lui le aveva insegnato. A sua volta, il signor May aveva insegnato questa canzone a Brian quando era bambino. Gli aveva sempre raccontato che era una canzone che i soldati cantavano quando andavano al fronte e che si era diffusa anche tra i cittadini comuni durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale.

Il signor May fece cenno a Chrissie di attaccare con la prima strofa, mentre lui e Brian si occupavano dei cori. La ragazza non se lo fece ripetere due volte.


“I been looking at the stars tonight
And I think oh, how I miss that bright sun
I'll be a dreamer 'til the day I die
But they say oh, how the good die young
But we're all strange
And maybe we don't wanna change”


La signora May iniziò a cantare insieme a loro e a tenere il tempo con le mani per tutto il ritornello.  Chrissie lesse immediatamente una sorta di nostalgia nel suo sguardo, come se fosse passato un’infinità di tempo dall’ultima volta che aveva sentito quella canzone o che aveva sentito suo figlio e suo marito suonare insieme.

“I got guns in my head and they won't go
Spirits in my head and they won't go
I got guns in my head and they won't go
Spirits in my head and they won't go
But the gun still rattles
The gun still rattles, oh
I got guns in my head and they won't go
Spirits in my head and they won't go”


Harold fece segno ai ragazzi di lasciargli cantare la prima parte del ponte, per poi attaccarsi a lui con la seconda parte e cantare tutti insieme la terza. Chrissie, Brian e Ruth squadrarono da capo a piedi il signor May: pareva un direttore d’orchestra. Era un concentrato di energia ed entusiasmo, in quei minuti pareva la persona più felice dell’universo.

“And I don't want a never ending life
I just want to be alive while I'm here
And I don't want a never ending life
I just want to be alive while I'm here
And I don't want to see another night
Lost inside a lonely life while I'm here”


Quando partirono con l’ultimo ritornello, Chrissie sentì uno strano calore provenire dal petto. All’improvviso, non percepiva più il dolore proveniente dalla guancia, l’unica cosa che sentiva era quella strana euforia, come se il cuore le stesse letteralmente scoppiando di gioia: si ritrovò a sorridere come una bambina, a cantare a squarciagola, senza pensieri, sicura che le persone che aveva intorno stessero provando le sue stesse sensazioni.

“I got guns in my head and they won't go
Spirits in my head and they won't go
I got guns in my head and they won't go
Spirits in my head and they won't go
But the gun still rattles
The gun still rattles, oh
But the gun still rattles
The gun still rattles, oh”


Quando anche l’ultima nota si dissolse nell’aria, calò nella stanza una commozione generale: il signor e la signora May avevano gli occhi lucidi, mentre Chrissie aveva stampato sul viso il sorriso più genuino che avesse mai avuto. Si sentiva felice.

-Era da tanto che non mi sentivo così – disse Harold, asciugandosi una lacrimuccia. Brian strinse a sé la ragazza, lasciandole un bacio sul capo, consapevole di averle regalato un momento che a casa sua non aveva mai sperimentato.

Per la prima volta in vita sua, Chrissie Mullen comprese cosa si provasse ad avere intorno una famiglia che ti ama, una famiglia che ti sta a fianco, che condivide le tue passioni.

Finalmente, si sentiva a casa.



Spazio Autrice:


Buon pomeriggio, miei cari lettori!
Come state? Questa settimana per me è stata un disagio totale, tra il campionato regionale (che per fortuna abbiamo vinto, lol) e l'esame di letterature scandinave che dovrò dare venerdì è stato un incubo ritagliare del tempo per scrivere, ma una promessa è una promessa, perciò eccomi qui, come sempre!
In questo capitolo vediamo l'altra faccia della medaglia "familiare", ovvero, facciamo la conoscenza dei genitori di Brian: due persone normalissime, con un carattere buono e gentile, esattamente come un genitore dovrebbe essere. La signora May, con tutte le sue attenzioni, è un po' la madre che Chrissie non ha mai pienamente avuto.
La canzone che ho scelto per questo capitolo è "Spirits" degli Strumbellas, un brano indie/rock uscito nel 2015. La versione originale ha un'armonia di suoni pazzesca, ma, ovviamente, pewr il capitolo dobbiamo immaginarci una versione acustica di questa canzone, senza campanacci e archi vari. 
Mi sono divertita da morire ad inserire il quadretto con il signor May che suona, ho scritto il tutto immaginando che fosse il mio papà a suonare, dal momento che fa il musicista. E' come se avessi inserito una piccola parte di me!
E adesso passiamo ai ringraziamenti. Questa settimana, oltre a ringraziare le mie adorate recensiste del cuore (Kim WinterNight, Soul_Shine, Ancient Flower e Carmaux_95) vorrei dedicare una menzione speciale a MeiStarr, che ha inserito la storia tra le preferite, e a yoonghvst, che ha messo la storia tra le seguite. GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE!!!

Questa settimana sono stata meno logorroica del solito, apprezzate il mio sforzo! Non mi resta altro da fare se non augurarvi una buona settimana e rinnovare il nostro appuntamento a mercoledì prossimo, con un nuovo capitolo e nuove canzoni.
Un bacione a tutti,
                             Jenny


LINK PLAYLIST SPOTIFY: 
https://open.spotify.com/user/21ekfspbopztn5dsisbmousna/playlist/5GFxDwTiDkQmFO9kNAJt1E?si=WWyNTzsgTBi8F2SlqFCXvg 


 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7: Love Songs ***


 CAPITOLO 7: Love Songs
 
7 Settembre 1970
Chrissie lasciò tutte le valige nel suo solito appartamentino e, quasi saltellando, si diresse verso la sede centrale del dipartimento di economia. 

Era una giornata piuttosto calda per essere inizio settembre, il sole splendeva alto e una brezza leggera rendeva l’aria frizzante. Ovunque c’era un via vai di studenti appesantiti da enormi bagagli, veterani – come lei – che girovagavano con aria annoiata, e nuove matricole, riconoscibili da una maschera di puro terrore dipinta sul volto.

Chrissie alzò il viso verso il cielo, godendosi il tepore di qualche raggio e respirando a pieni polmoni quell’aria familiare: finalmente era tornata al college, la sua vera casa. L’estate a casa dei signori May era volata in un batter di ciglia, ma per la prima volta in vita sua, Chrissie non se ne dispiacque. Adorava stare in una famiglia che la amava e la apprezzava per come era, senza giudicarla o trattarla come se fosse l’ultima arrivata, tuttavia aveva un po’ nostalgia della sua piccola quotidianità da studentessa universitaria: andare a lezione, suonare con le ragazze, studiare con Brian e godersi la serata con lui.

-Chrissie?! – era ancora così assorta nei suoi pensieri da non accorgersi che una voce familiare stava chiamando il suo nome – Chrissie Mullen, che cavolo stai facendo?? – 

La ragazza si scosse e vide venire verso di lei una figura dai lunghi capelli biondi e ondulati e un sorriso smagliante. Inizialmente, il colore di capelli la confuse parecchio, ma dopo aver messo meglio a fuoco la scena, si rese conto di aver di fronte la sua più cara amica.

-Oh mio Dio, Sheryl! – gridò Chrissie, correndole incontro e abbracciandola calorosamente. Sgranò gli occhi, osservando la chioma dell’amica: -E i tuoi capelli rossi da bambola di porcellana? –

Sheryl si passò una mano tra i boccoli dorati: -Un piccolo cambio di look. Che ne pensi? –

-Dico che tu staresti bene anche con un secchio dell’immondizia in testa – rispose Chrissie, sincera – Come stai? È da più di un mese che non ho tue notizie! Alla fine sei andata in vacanza con Roger?-

Non appena nominò il batterista, Sheryl s’incupì: -Non c’è nulla da raccontare. Perlomeno, su Roger  – bofonchiò, incrociando le braccia al petto.

Chrissie sollevò un sopracciglio con aria interrogativa. Stavano parlando dello stesso Roger? Sì, Roger Taylor, il migliore amico di Brian, nonché ragazzo con cui Sheryl aveva instaurato una solidissima scopamicizia. Fino a poche settimane prima, la sua amica del cuore la aveva chiamata ogni sera, raccontandole di quanto fosse felice di questa sua “relazione” con Roger, mentre ora se la ritrovava di fronte con un’aria imbronciata.

-Che è successo? – domandò, facendole cenno di sedersi sul prato -Sai bene che puoi raccontarmi qualunque cosa, bella o brutta che sia -
Sheryl abbassò lo sguardo, iniziando a strappare qualche ciuffetto d’erba in modo nervoso: -Ci sono cascata, Chrissie –

Chrissie si portò le mani alla bocca con un’espressione drammatica: -Oh Cristo, Sheryl, sei incinta?? –

La bionda la fissò per qualche istante, prima di tirarle uno schiaffo leggero sul braccio: -Che? Ma sei fuori?! Ma come ti viene in mente? – 

Chrissie tirò un respiro di sollievo: - Non lo so, mi sembrava un giro di parole per dire quello… - biascicò lei, massaggiandosi la zona colpita - E allora cosa intendi? –

Sheryl sospirò, continuando a torturare le aiuole verdi dell’Imperial College: - Mi sono innamorata di lui, ecco cosa intendo. All’inizio pensavo che la nostra fosse solo una relazione passeggera, una scopata fissa ogni sera, niente di più. Ma quando siamo andati in vacanza, sulla spiaggia, sotto il sole del tramonto, ho iniziato a sentire che c’era qualcosa in più –

Chrissie era senza parole: sin da che ne aveva memoria, Sheryl era sempre stata una ragazza dalle abitudini libertine (per dirlo in modo carino) e non si era mai fatta problemi ad uscire con più ragazzi contemporaneamente. Non la aveva mai vista impegnarsi seriamente in una relazione o provare dei sentimenti per qualcuno, MAI.

-Ho cercato di ignorare questi sentimenti, giuro che ci ho provato – continuò Sheryl – per tutta la vacanza ho fatto finta di niente, mi sono comportata come se niente fosse, ma alla fine, quando siamo tornati a casa, non ho più retto e ne ho parlato con Roger –

Sheryl si interruppe, lasciando Chrissie con l’amaro in bocca: -Beh? E cosa ti ha risposto? – domandò l’amica, impaziente.

-È questo il problema: lui non mi ha detto NULLA. Ho provato a chiamarlo per sapere che cosa ne pensasse, più di una volta, ma lui non si è mai degnato di rispondermi o di richiamarmi. Ho chiuso con Roger Taylor, non voglio più sentirlo nominare – sbottò Sheryl, lanciando per aria un malcapitato ciuffetto d’erba.

Chrissie le appoggiò una mano sulla spalla, con fare materno: -Sono certa che ci sia una spiegazione dietro a questo suo gesto. Sarà anche un po’ stronzo, un donnaiolo e un menefreghista, ma Roger non è un codardo. Se non avesse provato nient’altro che attrazione fisica per te, probabilmente te lo avrebbe detto in faccia senza problemi. Magari è semplicemente confuso –

Per un millisecondo, negli occhi di Sheryl baluginò una scintilla, come se le parole dell’amica le avessero riacceso una piccola speranza, poi però il suo malumore la riportò alla realtà: -Vorrei tanto che tu avessi ragione... - 


   
-Mi stai dicendo che lei ha ammesso di essere innamorata di te e tu la hai piantata in asso?! – domandò Brian incredulo. 

Roger fece capolino dalla sua camera da letto, occupato com’era a disfare le valige: - Non l’ho piantata in asso – biascicò – È che semplicemente mi sono preso del tempo per riflettere –

Brian alzò gli occhi al cielo, raggiungendo l’amico in camera: - Oh certo, “tempo per riflettere” – disse, virgolettando le ultime parole con le dita – Tu hai avuto paura, ammettilo –

Roger scagliò una maglietta sul letto con un gesto di stizza: - NON HO AVUTO PAURA: sono rimasto scioccato. Maledizione, Bri, mi conosci! Non ho mai avuto una relazione seria e ritrovarmi di fronte una ragazza innamorata che fino a poche ore prima consideravo semplicemente una scopata occasionale mi ha un po’ destabilizzato –

Brian iniziò a ridere sotto i baffi, ritornando serio solo dopo aver incrociato lo sguardo assassino di Roger: -Comunque, io credo che prima dovresti schiarirti le idee e poi parlarne con Sheryl. Non è corretto nei suoi confronti sparire in questo modo. Merita una risposta, qualunque sia la tua decisione–

-Il problema è un altro, Bri – disse Roger, continuando ad impilare i suoi vestiti nell’armadio -Anche io credo di provare qualcosa per lei, solo che non ho idea di come dirglielo –

Brian strabuzzò gli occhi per la sorpresa, fissando Roger con aria inquisitoria: il suo migliore amico. Innamorato. Erano due termini che non potevano trovarsi nella stessa frase.

-Sei serio? – domandò Brian, quasi del tutto certo che da un momento all’altro Roger se ne sarebbe uscito con una delle sue battutine idiote.

Il biondino sistemò l’ultima maglietta nell’armadio, sedendosi sul bordo del letto con la testa fra le mani: -Te lo giuro, mai stato più serio–

-Sto iniziando a preoccuparmi – sospirò Brian, accomodandosi accanto all’amico.

-Tu come hai fatto a dire a Chrissie che la amavi? – domandò Roger, confuso.

Brian fece spallucce: -Semplice, le ho scritto una canzone – lo disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo – Perché non provi a fare lo stesso? –

Roger scosse la testa: -Sai benissimo che faccio pena a scrivere canzoni, soprattutto quelle d’amore – L’ultima volta che aveva provato a scrivere qualcosa di simile per gli Smile, Tim aveva minacciato di cacciarlo, vista la quantità di termini scurrili e banalità presenti nel testo -Non hai qualche brano inedito da regalarmi? –

-Credo di sì… - biascicò Brian, dirigendosi in camera sua - Ma non so quanto possa funzionare –

Il ricciolo prese un enorme raccoglitore ad anelli dalla scrivania e iniziò a sfogliare lentamente le sue pagine. Roger rimase di sasso nell’osservare l’enorme mole di canzoni che il suo amico aveva composto: c’erano testi delle canzoni degli Smile, melodie per chitarra, assoli e partiture per basso e batteria. Brian concentrò la sua ricerca in una sezione del raccoglitore separata dal resto. Aveva una copertina in cartoncino azzurro, sopra la quale c’era scritto “Chrissie” in nero e a caratteri svolazzanti. Al suo interno erano archiviati decine e decine di testi, tutti – leggendo il nome sulla copertina– dedicati alla sua fidanzata. Alcuni erano scritti su fogli di giornale, altri su pagine di quaderni scolastici, ma ognuno di loro riportava la data di composizione e il titolo in inchiostro blu.

-Le hai davvero scritto tutte queste canzoni? – domandò Roger, un’espressione indecifrabile sul viso, a metà tra l’ammirato e l’incredulo.

Brian annuì, lasciandosi scappare un sorriso: -Lei è la mia musa ispiratrice e questo è il modo migliore che conosco per ricordarle che la amo -

-Quando te ne esci con queste perle ti sposerei anche io – sghignazzò Roger, tirando una gomitata all’amico.

Brian alzò gli occhi al cielo, continuando a sfogliare le pagine della sezione “Chrissie”. Doveva pur esserci qualcosa da poter regalare a Roger: -Aspetta… Forse ho trovato quello che fa al caso tuo! – disse, sfogliando le pagine al doppio della velocità. Si fermò poco dopo la metà, estraendo dal raccoglitore un foglio a quadretti spiegazzato, sul quale spiccava il titolo “Just the way you are”.

-Dunque, ora io la suono e tu mi dici se ti piace o meno – disse Brian, imbracciando la sua Red Special -Poi vedremo come procedere –

Roger annuì, sedendosi sul letto di Brian a gambe incrociate. 

“Oh, her eyes, her eyes make the stars look like they're not shinin'
Her hair, her hair falls perfectly without her trying
She's so beautiful and I tell her everyday
Yeah, I know, I know when I compliment her she won't believe me
And it's so, it's so sad to think that she don't see what I see
But every time she asks me "Do I look okay?"
I say”


“When I see your face
There's not a thing that I would change 'cause you're amazing
Just the way you are
And when you smile
The whole world stops and stares for a while
'Cause girl you're amazing
Just the way you are”


Quando finì di suonare, Brian notò un’espressione incerta sul viso di Roger: -Allora, che ne pensi? –

Roger fece una smorfia, cercando le parole giuste per non offendere l’amico: -Non mi fraintendere, trovo la canzone stupenda e sono certo che Chrissie la abbia apprezzata molto… -

-Ma? – lo anticipò Brian, sollevando un sopracciglio con aria interrogativa, leggermente stizzito.

-Ma credo che questo sia… TU – Roger non sapeva come spiegarsi -Insomma, mi hai mai sentito dire certe cose ad una ragazza? Io non sono il tipo da troppi complimenti, moine sulla sua bellezza interiore etc. Non so se riesco a rendere l’idea –

Brian lo guardò atono: -Perfettamente. Ora però ti faccio una domanda: come cavolo pensi di dirle che la ami se non vuoi usare complimenti o frasi zuccherose? –

-NON LO SO! – Sbottò Roger, sdraiandosi sul letto e fissando il soffitto della stanza, esasperato -Se lo sapessi non sarei qui a chiederti aiuto, non credi? –

“In effetti…” pensò il chitarrista.

-Comunque, vorrei solo dirle la verità su me stesso: che non sarò mai il ragazzo perfetto, quello che le compra i fiori, che le fa conoscere i suoi genitori dopo il primo appuntamento o che la difende a spada tratta come un fottuto cavaliere, ma che, anche con il tremendo casino che ho in testa, posso essere perfetto per lei. Io e Sheryl non siamo altro che due disagiati mal assortiti che per sbaglio si sono incrociati, però non mi vergogno a dire che da questo incontro è nato qualcosa di davvero bello. Forse non saremo delle persone del tutto convenzionali, ma credo che potremmo stare bene insieme – Probabilmente, quelle furono le parole più belle e sincere che Roger avesse mai detto in vita sua, riferendosi ad una persona che non fosse sé stesso.

Il biondino era talmente preso dal suo monologo celebrativo da non accorgersi del fatto che Brian si fosse appuntato ogni sua singola parola, come se fosse il suo psicanalista. Il chitarrista chiuse un taccuino con uno schiocco sonoro, lanciando uno sguardo di sfida all’amico: -Dammi un paio di giorni e ti scriverò la canzone d’amore in stile “Roger Taylor” più bella che si sia mai sentita-

 
  
12 Settembre 1970

Non appena Brian le aveva raccontato di Roger e Sheryl e della sorpresa che il batterista aveva in serbo per lei, Chrissie aveva deciso di dare una mano. Dopotutto, era proprio merito di Roger se Brian aveva superato la sua timidezza e le aveva chiesto di uscire, più di un anno addietro, con quel suo assurdo piano all’Open Mic; finalmente era giunto il momento di ricambiare il favore.

-Se non alzi il tuo maledetto culo da quel letto entro tre secondi, giuro che ti sollevo di forza – disse Chrissie, senza mezzi termini.

Sheryl giaceva sul letto dell’amica, a pancia in giù, in pigiama e con un’espressione affranta sul viso. Pareva una casalinga disperata: -Vacci tu all’appuntamento con quello stronzo! Io te l’ho già detto, non voglio più aver niente a che fare con lui –

Chrissie incrociò le braccia al petto e, persa ogni briciola di pazienza, strappò via il piumone dal letto, lasciando l’amica scoperta: -E’ una settimana che ti lamenti del fatto che Roger ti abbia piantata in asso senza motivo, e ora che vuole darti delle spiegazioni, tu ti comporti così? Cristo santo, Sheryl, certe volte non capisco cos’hai al posto dei neuroni! – 

-E VA BENE – sbraitò la bionda, alzandosi dal letto con fare isterico e dirigendosi in bagno per cambiarsi -Lo faccio solo perché in questo modo mi lascerai stare, ma non credere che questo cambierà le cose. Per me Roger Taylor è un uomo morto –

“Questo lo vedremo” Pensò Chrissie.

Con una buona dosa di insulti e minacce, la ragazza riuscì a trascinare Sheryl fuori da casa e a condurla presso il luogo dell’incontro. La bionda non proferì parola per tutto il tragitto, camminando svogliatamente e con un’espressione imbronciata sul viso.

-Quando usciremo da qui, vedrai che mi ringrazierai – disse Chrissie, una volta arrivate di fronte all’appartamentino di Brian e Roger. Sheryl fece roteare gli occhi, mantenendo quell’aria stizzita che aveva da ore.

La chitarrista bussò e sulla porta d’ingresso apparve Roger, teso come una corda di violino. Chrissie giurò di non averlo mai visto così preoccupato.

-Buonasera, ragazze – biascicò, facendole accomodare nel piccolo soggiorno. Sheryl lo superò senza degnarlo di uno sguardo mentre Chrissie gli lasciò un bacio amichevole sulla guancia.

-Andrà tutto bene, vedrai – disse lei, cercando di tranquillizzare l’amico -Sai com’è fatta. Andrà in brodo di giuggiole non appena ti sentirà cantare –

Sheryl si accomodò sul divanetto del soggiorno, accavallando le gambe e fissando Roger in cagnesco. Brian e Chrissie si sistemarono in un angolino, aspettando che il batterista gli desse il permesso per intervenire. La tensione nella stanza era palpabile, si poteva quasi tagliare con un coltello.

-Sheryl Richardson – esordì Roger, tirando un lungo respiro -Prima di tutto, vorrei chiederti scusa per essere sparito per settimane, dopo che mi hai parlato dei tuoi sentimenti. Sono stato un vero idiota –

-Bene, scuse accettate. Ora ce ne possiamo andare?! – borbottò Sheryl, alzandosi dal divano. Chrissie la incenerì con uno sguardo e la biondina tornò a sedersi al suo posto, più arrabbiata di prima.

-Voglio che tu sappia che non ho risposto alle tue chiamate perché ero molto confuso – continuò Roger, cercando di non prestare attenzione alla scenata della ragazza -Mi xono preso del tempo per riflettere e alla fine sono giunto alla conclusione più inaspettata. Anche io provo qualcosa per te, qualcosa che va oltre la semplice attrazione fisica. Perciò – Roger fece segno a Chrissie e Brian di prepararsi -Visto che mi pare di aver già detto abbastanza stronzate, e che non sono per niente bravo a fare dei discorsi seri, cercherò di spiegarti il resto nel modo più semplice e indolore possibile–

Non appena vide che i suoi amici erano seduti dietro di lui, con le chitarre in mano, Roger respirò profondamente e diede loro un cenno per iniziare a suonare. Pregò con tutto sé stesso che funzionasse e che Sheryl non se ne andasse a metà canzone.

“I might never be your knight in shining armor
I might never be the one you take home to mother
And I might never be the one who brings you flowers
But I can be the one, be the one tonight”
“When I first saw you
From across the room
I could tell that you were curious (oh, yeah)
Girl, I hope you’re sure
What you're looking for
'Cause I'm not good at making promises”


Dopo solo qualche verso, l’espressione di Sheryl iniziò a mutare lentamente. Non c’era più solo rabbia e rancore nei suoi occhi, ma anche una strana forma di curiosità. Incrociò le braccia al petto e iniziò a guardare il biondino con aria di sfida.

“But if you like causing trouble up in hotel rooms
And if you like having secret little rendezvous
If you like to do the things you know that we shouldn’t do
Then baby, I'm perfect
Baby, I'm perfect for you”


Sheryl sorrise tra sé e sé, ripensando al disastro che lei e Roger avevano fatto nella loro stanza d’albergo, quell’estate, durante la vacanza a Dover: completamente ubriachi e fatti di acidi, avevano deciso di fare una lotta con i cuscini, sballottandoli e tartassandoli, fino a quando di quei poveri oggetti non erano rimasti altro che centinaia di piume bianche sparse per la stanza. Anche se alla fine erano stati  costretti a pagare una bella multa, quella fu una delle cose più divertenti che avessero mai fatto insieme, oltre alle innumerevoli scopate, s’intende.

“And if you like midnight driving with the windows down
And if you like going places we can’t even pronounce
If you like to do whatever you've been dreaming about
Baby, you're perfect”


L’ennesimo ricordo di momenti trascorsi con Roger riaffiorò nella mente di Sheryl, rendendole arduo trattenere le lacrime. Ogni volta che il biondino la caricava sulla sua macchina e la portava in giro per le strade di Londra con il tettuccio abbassato, la faceva sentire come una di quelle attrici americane degli anni 50 che scorrazzavano beatamente sulle loro Mustang, con tanto di foulard in testa e occhiali da sole. A modo suo, contro ogni regola e convenzione, Roger era sempre riuscito a farla sentire una principessa, pur non dicendole mai “ti amo” o regalandole fiori ad ogni appuntamento.

“Baby, you're perfect
Baby, you're perfect
So let's start right now


Quando Roger finì di cantare, sul viso di Sheryl non c’era più traccia di astio o di rancore, solo di un’espressione compiaciuta. La ragazza si alzò e si diresse verso il biondino, cercando di non far trasparire alcun sentimento.

-Non ci casco, Taylor – disse lei, incrociando le braccia al petto -So benissimo che la canzone non l’hai scritta tu, ma Brian – Senza dargli il tempo di replicare o di capire dove stesse andando a parare, Sheryl si gettò a capofitto tra le braccia del batterista, baciandolo appassionatamente.

Chrissie e Brian si diedero il cinque, osservando la scena dal fondo della stanza. Entrambi gongolarono per la riuscita del loro piano, riportandoli indietro nel tempo ad un anno addietro, quando al centro della scena si trovavano proprio loro due.

-Direi che ha funzionato egregiamente- sussurrò Chrissie all’orecchio del ragazzo.

Brian le fece l’occhiolino, osservando Roger e Sheryl fare finalmente pace e perdersi in effusioni poco caste: -Forse anche fin troppo bene… E adesso chi li scolla più? -



Spazio Autrice:
Buonasera, miei cari lettori!                                                                                                                              
Mi scuso per l’orario di pubblicazione, ma è ricominciato il semestre e, avendo lezione fino a tardi, sono riuscita a prendere in mano il computer solo ora.
Comunque, tornando a noi. Come state? Spero tutto bene. Io, come ho detto, ho ricominciato ad andare in università e, tutto sommato, sono contenta di questo. L’unica cosa che mi pesa sono le ore passate sui treni per andare e tornare, sigh, proprio non le reggo!!                                  
Tralasciando questa inutilissima parentesi, passiamo al capitolo: questa settimana, ho deciso di portarvi una versione un po’ particolare di Chrissie e Brian, una sorta di cosplay da “Buoni Samaritani”. Ok, perdonatemi il pessimo paragone, ma è il primo che mi è venuto in mente. Per la prima volta li vediamo non attaccati, come dei piccioncini inseparabili, ma in situazioni diverse, le quali, tuttavia, hanno il comune scopo di riavvicinare quei casi umani di Roger e Sheryl. Io pagherei oro per avere degli amici come loro, non so voi…                                                                                            
Le canzoni che ho deciso di utilizzare per questo capitolo sono due: la prima, “Just the way you are” è un brano di Bruno Mars del 2010, mentre la seconda, “Perfect” è una canzone degli One Direction del 2015 e di quest’ultima ho usato la versione acustica. Come sempre potete trovarle sulla mia playlist  Spotify "My Sun and Stars".      
Dopo aver perso completamente la dignità con delle scelte musicali alquanto discutibili, direi che è giunto il momento dei ringraziamenti. Come sempre, un grazie speciale va alle mie fedelissime Ancient Flower, Soul_Shine, Kim WinterNight e Carmaux_95. Il capitolo di oggi è dedicato a Cathy Black, che ha recensito tutti i capitoli in un colpo solo e ha aggiunto la storia tra le seguite. GRAZIE! GRAZIE! GRAZIE!                                                                                                                                
Anche per questa settimana è tutto, io vi saluto, vi auguro una buona settimana e vi do appuntamento al prossimo mercoledì, sempre tra le pagine di questa storia.                        Un bacio,                                                                                                                                                                    
               Jenny

LINK PLAYLIST SPOTIFY: 
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Capitolo 9
*** Capitolo 8: Happy Birthday, Chrissie ***


CAPITOLO 8: Happy Birthday, Chrissie


31 Marzo 1971

Quella mattina, Chrissie si alzò all’alba, come tutti i mercoledì. La lazione di econometria sarebbe iniziata alle 8 in punto e lei doveva assolutamente farsi trovare in classe per quell’ora se voleva avere qualche chance di prendere la laurea.

Con uno sbadiglio mastodontico, Chrissie si stiracchiò e controllò la sveglia appoggiata sul comodino: le 6,30 del 31 Marzo. Era il giorno del suo compleanno. Tra lo studio, le prove della band e tutto il resto, le era completamente uscito di testa.

-Tanti auguri a me…” sussurrò, alzandosi dal letto e dirigendosi in cucina con passo ciondolante. Aveva una fame tremenda e sperò che nella dispensa fosse rimasto qualcosa di decente da mangiare, ma non appena accese la luce della stanza, trovò qualcosa di molto più invitante delle solite schifezze insaccate.

Sul tavolo della cucina, perfettamente impiattata, troneggiava una crostata al cioccolato dall’aria golosissima. Chrissie sorrise, immaginando chi fosse l’autore di quel capolavoro. Notò che di fianco al vassoio con il dolce era appoggiato un bigliettino bianco di cartoncino.

“Econometria alle 8 del mattino e la consapevolezza di essere invecchiata di un anno sono un mix alquanto letale. Per fortuna, ho studiato un rimedio infallibile contro i sintomi di questi mali, tutto a base di burro, cioccolato e tanto amore.                                                                                                                Buon compleanno,
                              Bri”                                                                                                                                             

La prima cosa a cui Chrissie pensò, dopo aver letto quel biglietto, non fu nulla di romantico. Piuttosto, quanto cavolo aveva dormito profondamente per non essersi accorta dell’arrivo di Brian, quella mattina?!

Facendo spallucce, la ragazza lasciò perdere i suoi dubbi amletici e si concentrò sul bendidio che aveva di fronte a sé: una fetta di torta era proprio quello di cui aveva bisogno, per lo meno per sopravvivere alle lezioni di quella mattina. Tagliò con cura una sezione triangolare e la divorò tutta in due bocconi: si lasciò avvolgere dai dolci sapori del cioccolato e della pasta frolla, come se si stesse nutrendo del nettare degli dei.

-Avresti dovuto fare il pasticcere, caro Brian, non l’astrofisico… - biascicò, tra sé e sé.




Erano da poco passate le cinque del pomeriggio, quando Chrissie rientrò in casa, sbattendo la porta con un violento tonfo. Una giornata partita alla grande, con quella piccola sorpresa da parte di Brian, era quasi del tutto andata a rotoli in poche ore.

Subito dopo la lezione di econometria, come ogni mercoledì, Chrissie si era diretta alla biblioteca centrale del campus, per studiare con Brian fino all’ora di pranzo e poi mangiare insieme. Si era seduta al solito tavolo, alla solita ora, aspettando che Brian arrivasse, tutto trafelato, COME SEMPRE. Peccato però che quella mattina non si era presentato proprio nessuno. Il suo primo pensiero fu che Brian fosse malato, ipotesi che scartò quasi subito, ricordando di averlo visto il giorno prima in ottima salute.

Aveva aspettato per più di mezz’ora, attendendo che il ricciolo facesse la sua comparsa, magari scusandosi per essersi trattenuto a lezione più del previsto o dicendole che si era scordato del loro appuntamento. Niente, non arrivò nessuno.

Un po’ amareggiata, aveva deciso di pranzare in mensa, sperando di incontrare Roger e Sheryl, per chiedere loro se avessero notizie di Brian, ma anche in quel caso le andò male. Dei suoi amici non c’era traccia. Si ritrovò a pranzare da sola, pregando che non fosse successo nulla di grave al suo fidanzato e che tutti quanti ritornassero a farsi vedere.

Con la mente persa tra i suoi pensieri, si era quindi diretta a lezione di diritto economico, sperando che Sheryl o Rachel, la batterista delle Dark Shore, si presentassero a lezione, dal momento che seguivano il suo stesso corso di laurea. Inutile dire che anche a lezione non si fece vedere nessuna faccia familiare e lei trascorse le successive tre ore a rimuginare su quanto stava accadendo.

Era evidente che qualcosa non andava, che probabilmente faceva tutto parte di una qualche forma di piano segreto per il suo compleanno, tuttavia Chrissie stava iniziando a stufarsi: mollarla da sola per tutta la giornata, senza dirle nulla non era affatto carino.

Ancora stizzita, si diresse in camera e quello che vi trovò la fece sussultare per la sorpresa: su una gruccia di legno, appeso all’anta superiore dell’armadio, era adagiato un abito da sera. Il corpetto di raso nero elasticizzato con le spalline sottili era in contrasto con la gonna ampia, tutta rouches e balze, ma nel complesso creava un effetto splendido.

Come quella mattina, Chrissie notò che sulla punta ricurva della gruccia era attaccato un cartoncino bianco, semplice e diretto:
 
“Niente domande. Passo a prenderti alle 19.                                                                                                                                                                                    Ps: il vestito lo ha scelto Sheryl, perciò, se non ti piace, sai a chi rivolgerti.
                                                                                                                      Bri”

Chrissie scosse la testa, alzando gli occhi al cielo: quegli enigmi misteriosi, tipo “caccia al tesoro” erano assolutamente nello stile di Brian. Conoscendolo, probabilmente aveva passato settimane a pensare a cosa organizzare per il giorno del suo compleanno, cercando di rendere tutto perfetto. Immaginare il suo fidanzato darsi così tanto da fare per lei, le strinse il cuore, così Chrissie decise di buttare via l’espressione dubbiosa e imbronciata che aveva sul viso per lasciare spazio a semplice curiosità.

Si fece una rapida doccia, si asciugò i capelli e provò in modo fallimentare a truccarsi bene. Dopo il nono tentativo per realizzare una linea di eyeliner accettabile dalla società, Chrissie gettò la spugna e si accontentò di mascara e rossetto bordeaux. Si infilò il lungo abito nero, affannandosi non poco per riuscire a chiudere quella maledetta cerniera lampo sulla schiena, e abbinò al vestito un paio di decolletè nere lucide, dal tacco a spillo.

La ragazza si rimirò nello specchio del corridoio, sorridendo. Sheryl non avrebbe potuto scegliere abito migliore: le calzava a pennello, mettendo in risalto il suo punto vita sottile e il seno poco abbondante. Erano rari i momenti in cui Chrissie si sentiva bella e attraente, ma quella sera nulla avrebbe potuto buttarle giù l’autostima: il suo riflesso nello specchio le diede conferma di quanto fosse carina. L’abito, il trucco e i capelli perfettamente ordinati la facevano somigliare ad una principessa.

Era ancora occupata a specchiarsi e a gongolare tra sé e sé, quando il trillo del campanello la fece sussultare. Fingendosi imbronciata, Chrissie andò ad aprire la porta, ritrovandosi di fronte Brian, perfettamente vestito da capo a piedi. Indossava un paio di pantaloni neri di tessuto, una camicia bianca leggermente sbottonata sul petto e una giacca scura, abbinata ai pantaloni.

Era una visione. Chrissie fece appello a tutta la sua forza di volontà per non tirarlo dentro in casa e saltargli addosso come un lupo famelico.

-Guarda un po’ chi si rivede… - disse lei, incrociando le braccia al petto -Allora, suppongo che tu voglia farti perdonare per essere sparito tutto il giorno, dico bene? –

-Niente domande – disse lui, secco. Trascinò Chrissie fuori dalla porta e, tenendola per mano, la condusse alla sua auto, parcheggiata proprio sotto l’appartamentino.

-Una fuga romantica, eh? – domandò la ragazza, chiudendo la portiera dietro di sé.

-Ho detto: niente domande – il tono di Brian non le piaceva per niente. Se il suo piano era quello di farla incazzare, ci stava riuscendo alla grande. Chrissie mise il broncio e iniziò a guardare il panorama fuori dal finestrino.

Brian guidò per una quindicina di minuti, fino ad una via poco illuminata di una zona residenziale, e si fermò di fronte ad una piccola casetta grigia.

-Dove cavolo mi hai portata? – domandò Chrissie, sempre più confusa, scendendo dall’auto.

Brian la ignorò completamente, la prese per mano e la condusse sulla porta della casetta grigia. Bussò, ma in un primo momento nessuno aprì. Dopo un paio di minuti, la porta cigolò, lasciando intravedere l’interno dell’abitazione, quasi del tutto immersa nell’oscurità.

Chrissie sentì un brivido scorrere lungo la sua schiena: detestava il buio e il fatto di trovarsi in un luogo che non conosceva, non la faceva sentire affatto tranquilla. Si attaccò all’avambraccio di Brian, come una bambina terrorizzata fa con il suo papà. Il ragazzo, tuttavia, non sembrava affatto spaventato, anzi, pareva perfettamente certo di dove mettere i piedi.

“Vorrei proprio sapere cosa diavolo si è inventato…” pensò Chrissie, sempre più angosciata.

All’improvviso, la luce della stanza si accese, rivelando un normalissimo soggiorno di una normalissima casa e… tutti i suoi amici. Sheryl, Rachel, Charlie, Roger, Freddie e John saltarono fuori dagli angoli più improbabili della stanza, al grido di “Buon compleanno, Chrissie”.

La ragazza si portò le mani alla bocca per lo stupore, sorridendo come un’ebete. Era la prima volta che qualcuno le organizzava una sorpresa del genere per il suo compleanno e sapeva benissimo chi potesse aver avuto l’idea. Con aria inquisitoria, Chrissie si voltò verso Brian, il quale nel frattempo aveva scattato una bella fotografia della scena.

-Sei stato tu – disse lei, incrociando le braccia al petto.

Brian alzò le mani, in segno di resa: -Mi dichiaro assolutamente colpevole –

Chrissie sorrise e lasciò un bacio leggero sulle labbra del ragazzo: -E’ una sorpresa meravigliosa –

Quel momento romantico fu, tuttavia, interrotto da Roger: -Piantatela, piccioncini. Venite qui, è il momento della torta –

Sheryl andò in cucina e ritornò pochi istanti dopo con una torta red velvet coperta di panna e 23 candeline rosse appoggiate sulla sua sommità: -Io e le ragazze ci siamo impegnate al massimo – disse la bionda, sistemando il dolce sul tavolo -Non sarà buona come quelle di Brian ma è accettabile –

-Questo lo vedremo – la punzecchiò Roger, guadagnandosi uno spintone da parte della ragazza.

Sheryl accese un fiammifero e illuminò tutte le candeline, iniziando a cantare la tradizionale canzoncina.

“Happy Birthday To You.
Happy Birthday To You.
Happy Birthday
Dear Chrissie.                                                                                                                                                                                                                                                     Happy Birthay To You”


Chrissie si sentì una stupida a starsene lì impalata, di fronte alla torta, circondata dai suoi amici che cantavano per lei. Quando finirono di cantare, la ragazza scoppiò in una fragorosa risata: -Dovreste sentirvi… - biascicò, riprendendo fiato -Siete tutti musicisti ma non ce n’era uno intonato –

-Tu pensa a soffiare quelle candeline, che al resto pensiamo noi – disse Roger, facendole l’occhiolino.

-E ricordati di esprimere un desiderio – aggiunsero Rachel e Charlie.

Chrissie chiuse gli occhi e visualizzò nella sua mente il suo desiderio più grande, come se fosse un’immagine vivida. Quando li riaprì, soffiò energicamente sulle candeline, spegnendole una ad una e lasciando che dei rivoli di fumo riempissero la stanza.

Tutti quanti applaudirono, sollevando in aria un bicchiere di plastica colmo di vino, probabilmente sottratto dalle scorte personali del povero John.

-A Chrissie! – gridò Roger, seguito dagli altri.

-Alla mia migliore amica! – seguì Sheryl, probabilmente già al terzo bicchiere.

-All’amore della mia vita – sussurrò Brian, mandandole un bacio volante.

A Chrissie si strinse il cuore nell’osservare quanto le volessero bene i suoi amici. Non aveva bisogno della sua famiglia biologica per sentirsi apprezzata, loro erano più che sufficienti.

Sheryl iniziò a distribuire le fette di torta, aiutata da Rachel e Charlie. Non appena ne assaggiò un angolino, a Chrissie venne un colpo per il saporaccio. Era chiaro come il sole che le sue compagne di musica non eccellessero nelle arti culinarie.

-Allora, cosa ne pensate? – domandò Sheryl, con un sorriso smagliante.

Chrissie mandò giù quel boccone controvoglia: -Non è affatto male – mentì, trangugiando un altro bicchiere di vino per coprire il pessimo sapore della torta.

-Amore mio, sarò sincero – disse Roger, schivo – E’ semplicemente orrenda. Non preoccuparti, hai altre splendide doti… e sai a cosa mi riferisco – l’allusione del biondino non passò inosservata alla sua ragazza, la quale gli rispose con un sorriso malizioso.

-Se vi serve una stanza, sappiate che di sopra ce ne sono tre – disse John, imbarazzato -Io credo che sia ora dei regali –

-Oh, finalmente! – rincarò Freddie, battendo le mani.

I ragazzi fecero accomodare Chrissie sul divano, mentre le Dark Shore le porsero una grande scatola nera, impacchettata con nel nastro argento: -Questo è da parte mia, di Rachel e di Charlie – disse Sheryl, super emozionata.

Chrissie afferrò la scatola e iniziò a trafficare con il nastro adesivo e la carta che ricopriva il pacchetto. Dopo una dura lotta, riuscì a ridurre a brandelli l’involucro e ad estrarre il contenuto della scatola.

-Non ci posso credere… - sussurrò la ragazza, rigirandosi fra le mani un paio di stivali bianchi, dal tacco medio, lunghi fino al polpaccio -Sono uguali a quelli di Twiggy! –

Sheryl annuì, contenta che l’amica avesse apprezzato il regalo: - Ero sicura che ti sarebbero piaciuti. Li hai fissati nella vetrina di Biba per più di un mese! –

-Non so cosa dirvi… Vi ringrazio, ragazze – sussurrò, abbracciando le sue compagne di band.

-Bene, bravissime, ma ora è il nostro turno – disse Roger, spingendo le ragazze via da Chrissie.

-Dunque – cominciò Freddie, solenne -Noi abbiamo optato per qualcosa di semplice, elegante, senza tempo, ma sempre attuale –

Roger batté le mani con fare teatrale: -Che entri il regalo! –

Pochi istanti dopo, John entrò nella stanza con un grande bouquet di fiori, avvolto in una fascia di cartapesta bianca e decorato con piccoli nastri di iuta. Era un tripudio di colori, in cui il giallo, l’azzurro e il bianco si mescolavano perfettamente.

-Io ho messo i girasoli – disse Freddie, tutto gasato.

-Io le ortensie – aggiunse Roger.

-E io ho scelto le rose bianche – concluse John, consegnando il bouquet alla festeggiata.

Chrissie annusò a pieni polmoni il mix di profumi emanato dai fiori, sorridendo come una bambina. Anche se da fuori poteva sembrare una tipa tosta, per niente incline alle cose frivole, aveva sempre avuto un debole per i fiori, qualunque essi fossero.

-Sono meravigliosi – sussurrò, fiondandosi tra le braccia dei suoi amici -Non me lo sarei mai aspettato da voi –

-Noto un pizzico di ironia, dico bene o dico giusto? – domandò Freddie incrociando le braccia al petto. Chrissie sogghignò, tirandogli uno spintone amichevole.

-Adesso sarebbe il mio turno – sussurrò Brian, immettendosi nella conversazione -Ma temo che il mio regalo non si possa trasportare. Dovrai venire a prenderlo tu stessa –

Chrissie osservò il suo fidanzato incuriosita: -Un altro regalo? –

Brian annuì, facendole cenno di andare.

La ragazza salutò e ringraziò tutti i suoi amici. Prese i due regali e li infilò in una grande borsa, facendo ben attenzione che i fiori non si sciupassero: -Vi ringrazio per tutto, ragazzi. Davvero, non mi aspettavo nulla del genere, siete fantastici –

Sheryl le fece segno di chiamarla il giorno dopo per farsi raccontare tutti i dettagli del regalo di Brian, mentre Roger se ne uscì con una delle sue perle di raffinatezza: -Brian, guarda che il tuo uccello non vale come regalo di compleanno! –

Il biondino si beccò un bel dito medio da parte del ricciolo e uno spintone da Sheryl. Chrissie scosse la testa, ormai abituata alle battute di Roger, e uscì dalla casa di John mano nella mano con Brian, curiosa fino alla punta dei capelli.


   

-Non ti sembra di aver già fatto abbastanza? – domandò Chrissie, salendo le scale che portavano all’appartamento di Brian -Insomma, la torta, la festa… hai già fatto tanto –

Brian sogghignò, cercando il mazzo di chiavi per entrare: -Per te non è mai abbastanza. Ora, dammi due minuti di tempo: devo controllare che il mio regalo sia pronto. E non sbirciare! –

-Come vuoi tu – biascicò Chrissie, alzando le mani in segno di resa e dando le spalle alla porta. Sentì Brian infilarsi in casa e qualche tonfo provenire dall’interno, ma non se ne curò più di tanto. La curiosità era a mille: quando partiva sulla tangente della creatività, Brian era inarrestabile. Se avesse avuto i mezzi (e il denaro) per farlo, probabilmente avrebbe chiesto ai Rolling Stones in persona di esibirsi in un concerto privato per lei.

Dopo qualche minuto d’attesa, Brian ricomparve, con un sorriso teso sul viso. Con una mano, le indicò la porta e le fece cenno di avanzare: -Buon compleanno, Chrissie –

La ragazza mosse qualche passo in direzione dell’appartamento, ma si bloccò quasi subito per lo stupore. Sul pavimento, dall’entrata fino alla stanza di Brian, erano appoggiate decine di piccole candele bianche, allineate in maniera tale da formare una sorta di corridoio luminoso. La stradina era coperta da petali di rosa di ogni forma, colore e dimensione.

Chrissie sorrise spiazzata, come una bambina che visita Disneyland per la prima volta. Seguì il corridoio luminoso fino alla camera da letto di Brian, ritrovandosi dinnanzi al letto del ragazzo, completamente invaso da un tripudio di petali colorati e circondato da altre candeline bianche. Le luci soffuse, il profumo dei petali e l’amore con cui Brian aveva preparato il tutto rendevano l’atmosfera dolcissima, tanto che Chrissie si ritrovò più di una volta a sospirare innamorata.

-Ti piace? – domandò, il ragazzo, appoggiandole le mani sulle spalle.

Chrissie si voltò, circondandogli il collo con le braccia: -E’ semplicemente perfetto –

-Non ancora – obiettò Brian. Il ragazzo aprì il cassetto del comodino ed estrasse qualcosa che Chrissie non riuscì a vedere. Si sedette al centro del letto e la invitò a fare lo stesso.

-Questo è il mio regalo per te – sussurrò, mostrando un piccolo sacchettino dall’inconfondibile color turchese Tiffany.

Il cuore di Chrissie perse un battito non appena vide il regalo: con mano tremante e gli occhi fuori dalle orbite, estrasse una scatolina dal sacchetto e la aprì lentamente. Al suo interno, appoggiata delicatamente su un cuscinetto di velluto nero, giaceva una catenina d’oro rosa con un ciondolo formato da due cuori, uniti da un piccolo diamante purissimo. Su ognuno dei cuori, erano incisi i loro nomi a carattere svolazzante.

-Tu sei completamente fuori di testa – biascicò Chrissie, tremando come una foglia -Questa è roba da ricconi, ti sarà costato un rene! –

Brian sorrise, scuotendo la testa: -A te questo non deve interessare. Spero che ti piaccia, in ogni caso. Ero indeciso tra l’oro rosa e l’oro giallo – Il ragazzo estrasse la catenina dalla scatola e accennò a Chrissie il permesso per farglielo indossare. La ragazza si voltò e spostò i capelli dal collo, lasciando che il ricciolo agganciasse la collana. Si alzò in piedi e si rimirò nello specchio dell’armadio, sorridendo nel constatare quanto le stesse bene quel ciondolo.

-Non ho abbastanza parole per ringraziarti – sussurrò Chrissie, ritornando sul letto -Sei l’uomo che ogni ragazza vorrebbe avere al suo fianco –

-Un’ultima cosa – disse Brian, imbracciando la sua Red Special -Volevo scriverti un biglietto normale, ma ho finito il cartoncino. Perciò, ho scritto qualcosa a modo mio, senza carta –

“When your legs don't work like they used to before
And I can't sweep you off of your feet
Will your mouth still remember the taste of my love
Will your eyes still smile from your cheeks”


Chrissie era certa che il suo povero cuore non avrebbe retto ancora a lungo: tutte quelle emozioni, quella gioia incontenibile, avrebbero finito per ucciderla. Non era la prima volta che Brian le dedicava una canzone, ma si sentiva sempre come quella sera, presso il Round Pond di Hyde Park, sotto le stelle, al loro primo appuntamento. Aveva in corpo la stessa frenesia di quella sera.

“And darling I will be loving you 'til we're 70
And baby my heart could still fall as hard at 23
And I'm thinking 'bout how people fall in love in mysterious ways
Maybe just the touch of a hand
Oh me I fall in love with you every single day
And I just wanna tell you I am”


Istintivamente, Chrissie portò una mano sul ciondolo. Sorrise, cercando di trattenere (con scarsi risultati) le lacrime. Maledetto Brian, le sue canzoni romantiche e la sua eccessiva emotività! Mai una volta in cui lei riuscisse ad arrivare alla fine di una canzone senza frignare come una ragazzina.

“So baby now
Take me into your loving arms
Kiss me under the light of a thousand stars
Oh darling, place your head on my beating heart
I'm thinking out loud
That maybe we found love right where we are

Oh maybe we found love right where we are
And we found love right where we are”

 

Chrissie non resistette più e, non appena Brian terminò la canzone, gli saltò addosso, riempiendolo di baci. Si aggrappò al collo del ragazzo, lasciando che le sue labbra roventi le marchiassero il viso. Si sistemò a cavalcioni su di lui e gli sfilò la giacca, iniziando a slacciare i bottoni della sua camicia, ma Brian fu più previdente e ribaltò le posizioni.
 
Chrissie continuò il suo operato, con una lentezza quasi disarmante. Non c’era fretta nei suoi movimenti, solo la consapevolezza di essere insieme al ragazzo che amava. Quando anche l’ultimo bottone fu libero, la camicia finì sul pavimento, seguita, ben presto dai pantaloni del ragazzo. Brian fece scorrere una mano lungo la coscia della ragazza, sollevando l’ampia gonna e stringendole una natica con una mano sottile. Le labbra dei due ragazzi non accennavano a staccarsi, rincorrendosi fameliche, come in una danza. Brian iniziò a tartassarle il collo, sfilandole rapidamente il lungo e pesante abito nero e provocandole dei gemiti di piacere.
 
In pochi minuti, anche gli ultimi lembi di stoffa che li separavano finirono sul pavimento e i corpi dei due ragazzi si ritrovarono a combaciare perfettamente. Brian iniziò a lasciare una scia di baci roventi sul corpo della ragazza, partendo dal collo, ormai completamente arrossato a causa della sua passione, per poi scendere sempre di più verso il basso, sul seno, torturandole i capezzoli turgidi, e proseguire fino al basso ventre, dove Chrissie iniziò a percepire uno strano calore.
 
La ragazza affondò le sue mani tra i lunghi riccioli del chitarrista, stringendoli con forza, mentre circondava il suo bacino con le gambe. Sentiva l’erezione del ragazzo sfiorare le membra della sua intimità, così, con un gesto quasi istintivo, Chrissie divaricò le gambe, lasciando che entrasse dentro di lei. Brian iniziò a muoversi lentamente, facendo abituare la ragazza alla sua presenza, per poi iniziare ad aumentare il ritmo.
 
-B- Brian… - gemette Chrissie, la vista quasi del tutto annebbiata dall’aria viziata prodotta dalle candele nella stanza. Si aggrappò famelica al corpo del ricciolo, graffiandogli la schiena con le unghie e lasciandogli delle strisce rossastre sulla pelle diafana.
 
Il chitarrista aumentò ancora di più le spinte, lasciando che la schiena di Chrissie si incurvasse sotto di sé, fino a quando entrambi non raggiunsero l’apice del piacere e un calore ardente come mille soli si dipanò in tutto il loro basso ventre. Brian uscì dalla ragazza in preda agli ansimi, per poi collare di fianco a lei, respirando a fatica. Si ritrovarono entrambi ansimanti e sudati, i capelli incollati alla fronte imperlata di goccioline di sudore.
 
Chrissie riprese fiato e si accoccolò accanto a Brian, appoggiando il capo sul suo petto ossuto. Il ragazzo le stampò un bacio sulla fronte, stringendola a sé.
 
-Ehi Bri – accennò la ragazza, ancora con il fiatone -Questo è stato il miglior compleanno della mia vita, non c’è che dire -


Spazio Autrice:
Buonasera a tutti, miei cari lettori!
Mi scuso per aver aggiornato a quest'ora, ma purtroppo oggi ho avuto una visita medica che mi ha tenuta impegnata per tutto il pomeriggio!
Comunque, parlando della storia: oddio, non so nemmeno da dove cominciare, anzi, forse lo so.
Comincio dicendo che la data del compleanno di Chrissie non è casuale e che fra moooolti capitoli verrà svelato il perchè. In questo capitolo mi sono lasciata andare di brutto con lo zucchero, tanto che credo che chiunque sia arrivato alla fine abbia almeno un paio di carie ai denti. Però, suvvia, è o non è appena passato San Valentino? Siamo tutti ancora contagiati dall'atmosfera romantica di questa dolciosa e inutile festa!
L'idea della festa a sorpresa mi è venuta prendendo spunto dalla mia vita quotidiana: quando ero al liceo, c'è stato un periodo in cui andava molto di moda organizzare feste a sorpresa per il compleanno e ricordo molto bene che per una mia compagna abbiamo fatto esattamente ciò che Brian ha fatto con la nostra Chrissie, le abbiamo lasciato dei foglietti di carta in casa e dei regali!
Se ve lo stavate chiedendo, sì la collana che Brian regala a Chrissie esiste davvero e la potete acquistare sul sito di Tiffany. Io sono dipendente da quel marchio di gioielli, difatti oramai ho perso il conto di quanti loro articoli ho acquistato nel corso degli anni. Qui sotto vi lascio l'immagine del prodotto da cui ho preso spunto!



Per quanto riguarda la scelta della canzone, oltre alla tradizionalissima "Happy Birthday", la scelta di questa settimana è caduta su "Thinking Out Loud" di Ed Sheeran, cavallo di battaglia dell'autore irlandese dal 2014. E' per eccellenza una canzone che io definisco in "Stile Brian", ovvero una ballata super romantica a ritmo di chitarra. Che ne pensate? Vi è piaciuta? Vi ladcio entrambe le canzoni nella playlist di Spotify!
Vi chiedo di avere pietà di me la prima scena hot di questa storia: non ho molta dimestichezza con il genere e questo è stato uno dei primi esperimenti che ho avuto il coraggio di pubblicare! Fatemi sapere se vi è sembrata troppo esplicita per il rating arancione o se la avete trovata nella norma.
Passiamo quindi ai ringraziamenti. Come ogni settimana, voglio dedicare una menzione speciali alle mie recensiste di fiducia, sempre presenti, in ogni capitolo: Carmaux_95, Soul_Shine, Kim WinterNight, Cathy Black e Ancient Flower. Come diciamo dalle mie parti: SIETE DEI PANDORI!
Per questa settimana mi sembra di essermi dilungata abbastanza e di avervi detto tutto. Non mi resta altro da fare se non augurarvi una buona settimana e uno splendido Week End.
Un bacione,
                  Jenny

PS: Non perdetevi l'esibizione dei Queen alla notte degli Oscar, domenica notte!

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Capitolo 10
*** Capitolo 9: Liar ***


CAPITOLO 9: Liar



1 Luglio 1971


Brian condì l’insalata con olio e sale e versò il contenuto in due piatti. In uno di essi, svuotò anche una scatoletta di tonno. Chrissie lo adorava, mentre lui non riusciva proprio a concepire l’idea di mangiare un animale. Il ragazzo prese i piatti e li appoggiò trionfalmente sul tavolo del cucinotto, dove Chrissie attendeva la cena, affamata, come al solito.

-Ci vuole così tanto a preparare un’insalata? – domandò lei, vedendo finalmente arrivare il ragazzo, dopo circa venti minuti passati ad aspettare.

Brian alzò gli occhi al cielo, prendendo posto a tavola, di fronte alla sua ragazza: -Ti ho messo anche il tonno, perciò ringraziami e mangia –

-Allora sei perdonato – disse lei, iniziando ad addentare voracemente il pesce sfilacciato all’interno dell’insalata.

Brian sorrise: vedere Chrissie apprezzare i suoi piatti, semplici o complessi che fossero, gli faceva sempre piacere. Si sentiva come quando lui era bambino e sua madre si sedeva al suo fianco, osservandolo ingurgitare qualunque cosa gli mettesse sotto il naso. La sua espressione compiaciuta era la stessa che lui aveva in quel momento.

-Siete carichi per domani? – domandò Chrissie, pulendosi le labbra con un tovagliolo.

Brian sospirò, con aria incerta: - Non saprei… O meglio, io mi sento pronto. Spero che anche gli altri lo siano, specialmente John–

L’indomani, difatti, i Queen avrebbero iniziato il loro tour estivo per i pub e le università del Paese, partendo dal Surrey College di Guildford. Quello sarebbe stato il loro primo concerto con la nuova formazione, ovvero con John Deacon al basso.

-A me sembra pronto – asserì Chrissie -Suona il basso divinamente, perlomeno in prova -

Brian punzecchiò nervosamente la sua insalata: -È solo che la sua espressione perennemente spaventata mi destabilizza un po’. Non voglio che passi un messaggio sbagliato al pubblico che ci osserva –

-Punto primo: John non ha l’aria spaventata mentre suona – rispose Chrissie, agitando la forchetta a mezz’aria -Punto secondo: quando suonate, Freddie riesce a catturare l’attenzione di chiunque. Il pubblico va in visibilio appena iniziate, dubito che qualcuno si curi dell’incertezza sulla faccia di John –

-Ne sei proprio sicura? – domandò Brian, continuando a tartassare la sua insalata.

Chrissie lasciò cadere le posate nel piatto, provocando un tintinnio fastidioso, per poi incrociare le braccia al petto e guardare Brian con aria assassina: -Ora chi è quello insicuro?! –

Il ragazzo alzò le mani in segno di resa: -Touchè -


   

2 Luglio 1971

Era oramai pomeriggio inoltrato e quel venerdì il sole scottava particolarmente. Chrissie e Brian si presentarono perfettamente in orario sotto l’appartamentino di Roger, pronti per partire alla volta del Surrey College.

Il biondino era occupato a caricare la sua batteria sul furgone e non li sentì arrivare. Un gridolino acuto della sua ragazza, tuttavia, gli lasciò intendere che la sua migliore amica e Brian erano arrivati.

-Finalmente! – gridò Sheryl, correndo in contro all’amica -Pensavo che non arrivasse nessuno. Qui, da sola, cominciavo ad annoiarmi –

Roger fece capolino dal retro del furgone, ansimando per la fatica: -Guarda che qui ci sono anche io – si asciugò un rivolo di sudore dalla fronte, appoggiando le mani sui fianchi -Anzi, potresti anche darmi una mano a caricare la roba, visto che non stai facendo nulla –

Sheryl scoppiò a ridere, come se Roger avesse detto la scemenza più grande di sempre: -Non esiste, tesoro. Il sole è troppo caldo anche solo per camminare, figurati per sollevare carichi pesanti –

Brian cercò in Chrissie uno sguardo d’appoggio, pregando che lei non seguisse l’esempio di Sheryl. La ragazza accennò un sorriso e iniziò ad aiutare Brian e Roger a sistemare strumenti e amplificatori sul furgone.

-Te l’ho mai detto che ti amo? -sviolinò Brian, stampandole un bacio casto sulla guancia.

-In questo momento ti amo anche io, Chrissie – biascicò Roger, sollevando insieme alla ragazza la cassa della batteria.

-Guarda che ti ho sentito! – gridò Sheryl, dal fianco del furgone.

I ragazzi soffocarono una risata, cercando di non farsi sentire dalla bionda: -No, sul serio: fa così anche quando andate a suonare con le Dark Shore? –
Domandò Roger, indicando la sua fidanzata con il pollice.

Chrissie annuì, facendo una smorfia: -Direi proprio di sì. In genere siamo io e Charlie le roadie della situazione. Lei e Rachel, al massimo, si degnano di portare i borsoni con i microfoni –

-Ve l’ho già detto – s’intromise Sheryl, avendo ascoltato tutto – E’ inutile che vi lamentiate, oggi non farò proprio niente. Non ho intenzione di macchiare di sudore questo capolavoro – disse, indicando il suo miniabito bianco di macramè.

Chrissie squadrò l’amica da capo a piedi: -E cosa dovresti macchiare, scusa? Sei praticamente mezza nuda – In effetti, il vestitino indossato dalla bionda non lasciava molto spazio all’immaginazione, mettendo ampiamente in bella vista il décolleté e le lunghe cosce affusolate della ragazza.

Sheryl incrociò le braccia al petto con aria offesa.

-Non ti preoccupare, bambola, lo sai che ti preferisco svestita – ammiccò Roger, facendole l’occhiolino.

I ragazzi continuarono a caricare gli strumenti sul furgoncino, fino a quando non videro avvicinarsi una figura esile dai lunghi capelli color nocciola.

John arrivò più trafelato che mai, facendo sballottare il basso che portava a tracolla. Insieme a lui c’era una ragazza dai capelli castani, con una frangetta buffa e gli occhi piccoli e vicini. Non era di certo una bellezza (specie se messa di fianco a Sheryl) ma aveva un’aria simpatica.

-Ragazzi… perdonate… il ritardo… - scandì John, tra un respiro e l’altro -Ho bucato con l’auto e sono dovuto venire a piedi –

Brian gli diede una pacca sulla spalla con fare quasi paterno: -Non devi preoccuparti. Come puoi notare, c’è qualcuno più in ritardo di te – disse, alludendo a Freddie.

John sorrise, sollevato che i suoi amici non se la fossero presa: -Comunque, vorrei presentarvi la mia compagna. Lei è Veronica –

La ragazza salutò timidamente, iniziando a stringere la mano a tutti i presenti con aria imbarazzata.

-Io sono Chrissie, piacere di conoscerti – disse la chitarrista.

-E io Sheryl. Benvenuta nel gruppo! – proseguì la bionda, accennando a sé stessa e alla sua migliore amica.

John ripose il suo basso di fianco alla chitarra di Brian, guardandosi intorno con aria confusa: -A proposito, dov’è Freddie? –

-Vorremmo saperlo anche noi – biascicò Brian, incrociando le braccia al petto e appoggiandosi con la schiena alla fiancata del furgone. Detestava quando Freddie faceva così: lui e la puntualità erano due concetti agli antipodi. Ciò che più gli dava fastidio era il fatto che il cantante non si curasse affatto di questo suo comportamento, presentandosi sempre quando cavolo voleva, in qualunque occasione.

I ragazzi dovettero attendere una buona mezz’ora prima di riuscire a scorgere in lontananza la figura del cantante. Freddie camminava come se si trovasse nel bel mezzo di una passeggiata al parco, con una buona dose di flemma, stringendo la mano della sua fidanzata, Mary.

-Oh, finalmente – sbottò Roger, alzandosi in piedi -Sei in ritardo, Fred, come al solito –

Il cantante finse di cadere dalle nuvole: -Davvero? –

-Direi proprio di sì – ringhiò Brian, alterato. Era raro vedere il pacato e tranquillo Brian May arrabbiato, ma le poche volte in cui accadeva era meglio non essere nei paraggi.

Freddie colse immediatamente l’antifona nella voce seccata del compagno e si affrettò a scusarsi, come un bambino fa con suo padre dopo aver combinato qualche sciocchezza: -Scusa per il ritardo, cercherò di rimediare – sussurrò all’orecchio del ricciolo.

Brian lo osservò in tralice, scosse la testa e gli fece cenno di salire sul furgone.

-Come va Mary? – domandò Roger, vedendo salire la compagna del cantante.

-Tutto bene, grazie – rispose la bionda, prendendo posto fra i sedili posteriori.
Sheryl lanciò un’occhiataccia allo specchietto retrovisore, in direzione della bionda: Mary Austen proprio non riusciva a sopportarla. Quando erano alle prove dei ragazzi, quell’ antipatica chiacchierava e rideva tranquillamente con Chrissie, mentre a lei non rivolgeva quasi mai la parola, lanciandole, talvolta, delle
frecciatine.

-Non fissarla in quel modo – sussurrò Roger, mettendo in moto il furgone.

Sheryl incrociò le braccia al petto, osservando Mary chiacchierare animatamente con Veronica e Chrissie: -Sai benissimo cosa penso di quella… quella… - la detestava così tanto da non riuscire a trovare le parole giuste per descriverla -STRONZA –

Roger le prese la mano e le baciò le nocche, continuando a mantenere l’attenzione sulla strada: -Prima o poi diventerete amiche, ne sono sicuro –
Sheryl fece roteare gli occhi, guardando fuori dal finestrino: -Ne dubito –

Per fortuna, il viaggio proseguì in maniera abbastanza tranquilla e, dopo circa un’ora e un quarto di strada, i ragazzi arrivarono a destinazione. Il Surrey College di Guildford pareva uscito da un libro di fiabe: gli edifici del campus erano circondati da vastissime distese di verde pianeggiante, colme di alberi e piante di ogni genere, e ogni singola costruzione era realizzata con vecchi mattoni bianchi.

I ragazzi parcheggiarono appena fuori dal campus, in una delle poche stradine che collegava quel luogo fuori dal tempo con il resto della città. Chrissie scese dal furgone con il capo rivolto verso l’alto, osservando il meraviglioso ambiente naturale circostante. A Londra non si vedeva mai tutto quel verde, gli unici colori dominanti erano il grigio del cielo e il bordeaux dei mattoni delle abitazioni.

-Si, tutto molto bello, ma ora ci toccherà portare gli strumenti a mano – disse Roger, scocciato.

-E temo anche per parecchi metri… - aggiunse Brian, con un’espressione affranta sul viso.

Armati di infinita pazienza- e dopo aver costretto Sheryl a portare ALMENO la borsa con i cavi della pedaliera – i ragazzi trasportarono tutta l’attrezzatura al centro del parco del campus, dove, per l’occasione, era stato allestito un piccolo palcoscenico. La parte più difficile fu spostare la batteria di Roger con tutti i suoi pezzi, richiedendo l’aiuto di tutti.

-Sia chiaro: io non mi alzo più fino a quando non comincia il concerto – disse Sheryl, tamponandosi la fronte sudata, dopo aver dato una mano.

Chrissie scosse la testa, guardando l’amica in cagnesco: -Tu sei troppo tragica –

Entrambe si sedettero nel prato, osservando i ragazzi fare il sound check pre - concerto, e invitarono Veronica ad unirsi a loro, visto che Mary era sparita, probabilmente in bagno per darsi una rinfrescata.

-Allora, sei emozionata? - domandò Chrissie alla “nuova arrivata”.

Veronica fece una smorfia, iniziando a strappare dei ciuffetti d’erba dal prato circostante: -Sono più che emozionata. Non ho mai sentito John suonare in una band. A casa si limita a strimpellare qualche nota, non gli piace che io lo ascolti mentre prova qualcosa –

Chrissie strabuzzò gli occhi, colpita da un comportamento tanto strano: -E perché mai? – Lei e Brian facevano completamente l’opposto: appena ne avevano l’occasione, facevano sentire all’altro ciò che avevano composto, testo o melodia che fosse, per avere un parere diverso dal proprio. Stessa cosa facevano Sheryl e Roger.

-È estremamente perfezionista e non vuole che io ascolti qualcosa che sia, a suo parere, incompiuta o imperfetta. Teme molto il giudizio altrui, soprattutto – Veronica indicò Freddie, Brian e Roger -quello dei ragazzi. Sa bene che hanno più esperienza di lui ed è terrorizzato all’idea di fare brutta figura –

Chrissie ripensò alle incertezze che Brian le aveva esternato la sera prima: alla fin fine, non erano così infondate. In poche parole, John se la stava facendo sotto dalla paura, cercando, tuttavia, di non darlo a vedere.

-Sono sicura che andrà tutto bene – la rassicurò Sheryl, con un sorriso -Questa sera, i Queen butteranno giù i muri di questo college –



Erano da poco passate le 22 e il concerto dei ragazzi stava andando a gonfie vele. Il parco del Surrey College si era riempito fin da subito e gli studenti si erano messi a cantare sotto al palco, osannando i quattro ragazzi sul palco.

Freddie, Brian, Roger e John avevano deciso di iniziare il loro concerto con delle cover di Elvis e Little Richard, come “Bama lama bama loo” e “Shake, rattle and Roll”, giusto per caricare il pubblico e iniziare a farlo interagire con loro. Facevano spesso così: preferivano tenere i loro inediti alla fine, quando oramai erano tutti conquistati dalla loro musica.

-Ma quando iniziano a suonare le loro canzoni? – domandò Veronica, curiosa di sentire l’operato dei ragazzi.

Le ragazze erano in prima fila sotto il palco, pronte a cantare a squarciagola ogni singolo pezzo, leggermente alticce per gli svariati bicchieri di birra bevuti durante la serata.

-Ok, ok – gridò Freddie dal microfono, riprendendo fiato, mentre le ultime note di “Big Spender” risuonavano nell’aria -Adesso cominciamo a fare sul serio.
Tutto quello che sentirete d’ora in avanti è roba nostra, scritta e prodotta da noi. Divertitevi! –

Il suono leggero di un campanaccio avvisò che era l’inizio di uno dei pezzi più particolari che i ragazzi avessero composto. A Chrissie e Sheryl s’illuminò il viso dopo le prime note e, come delle adolescenti, iniziarono a lanciare gridolini e a saltare esaltare.

-QUESTA È LIAR – dissero in coro.

Mary e Veronica osservarono le due ragazze con aria interrogativa, ma, non appena Brian iniziò a strimpellare la sua chitarra, andarono in brodo di giuggiole, cominciando a muoversi a ritmo di musica.

“I have sinned dear father, father I have sinned
Try and help me father
Won't you let me in ? Liar
Oh nobody believes me - Liar
Ooh, why don't you leave me alone?
Sire I have stolen, stolen many times
Raised my voice in anger
When I know I never should
Liar - oh everybody deceives me
Liar - ooh, why don't you leave me alone?”


Chrissie osservò il suo ragazzo destreggiarsi sul palco in assoli pazzeschi, i quali mandarono letteralmente fuori di testa tutte le ragazze presenti nel pubblico. Da una parte, il fatto che decine di ragazze stessero sbavando dietro a Brian le diede parecchio fastidio, dall’altro, tuttavia, si sentì lusingata ad essere l’unica che poteva godere delle sue attenzioni.

“Liar - I have sailed the seas
Liar - from Mars to Mercury
Liar - I have drunk the wine
Liar - Time after time
Liar - You're lying to me
Liar - You're lying to me
Father please forgive me
You know you'll never leave me
Please will you direct me in the right way
Liar liar liar liar
Liar that's what they keep calling me
Liar liar liar”


Chrissie diede una gomitata a Veronica, indicandole il suo fidanzato: -Ma quanto è gasato John? –

Le due ragazze puntarono lo sguardo sul giovane bassista, trovandolo irriconoscibile rispetto al timido e spaventato John Deacon di qualche ora prima. Il ragazzo, infatti, era completamente immerso nel suo mondo fatto di musica e cantava a squarciagola nello stesso microfono di Freddie, lasciando che le sue dita ossute scorressero rapide e precise sulle spesse corde del basso.

-Non credo di averlo mai visto così preso bene – gridò Veronica, esterrefatta.

“Listen, are you gonna listen ?
Mama I'm gonna be your slave
All day long
Mama I'm gonna try behave
All day long
Mama I'm gonna be your slave
All day long
I'm gonna serve you till your dying day
All day long
I'm gonna keep you till your dying day
All day long
I'm gonna kneel down by your side and pray
All day long and pray
All day long and pray
All day long and pray”


Chrissie e Sheryl iniziarono a gridare “All day long” ad ogni battuta, invitando i presenti a fare lo stesso. In pochi secondi, Freddie e gli altri si ritrovarono ad avere l’intero pubblico del Surrey College che cantava insieme a loro una canzone originale, non una cover.

Brian rimase incantato, osservando un centinaio di persone ripetere “All day long” insieme a loro, come se facessero tutti parte dei cori della band. Fu un’emozione indescrivibile, la prima grande soddisfazione della sua carriera da musicista. Per qualche secondo, il ricciolo chiuse gli occhi, concentrandosi su quelle mille voci che cantavano all’unisono, beandosi di quella meravigliosa sensazione.

"All day long, all day long, all day long
Liar liar they never ever let you win
Liar liar everything you do is sin
Liar nobody believes you
Liar they bring you down before you begin
Ooh, now let me tell you this
So now you know you could be dead before they let you”


Non appena l’ultima corda della Red Special smise di vibrare e le bacchette di Roger toccarono i cimbali per l’ultima volta, dai giardini del Surrey College si levò un applauso generale, accompagnato da urla, grida e fischi d’apprezzamento. Chrissie strinse a sé Veronica, completamente in lacrime per l’emozione, e mandò a Brian un bacio volante. Il ragazzo se ne accorse e finse di afferrare il bacio e di appoggiarselo sul cuore, in segno di ringraziamento.
-Avevi ragione, Sheryl – disse Veronica, asciugandosi un paio di lacrime solitarie e rivolgendosi alla bionda -Questa sera, i Queen hanno spaccato -



Spazio Autrice:
Buonasera carissimi lettori!
Lo so, è tremendamente tardi, ma abbiate pietà di me: oggi ho finito l'ultima lezione alle 18.30, sono arrivata in stazione e mi hanno cancellato il treno, così sono stata costretta a rimanere a Milano fino alle 20. Uffa, odio i treni e i loro maledetti ritardi!
Tralasciando queste inutilissime scuse, passiamo al capitolo: ohh, finalmente i Queen sono diventati i Queen che tutti noi conosciamo, con Disco Deaky al basso (per la gioia di tutti noi, lol).
Dopo l'overdose di zucchero dello scorso episodio, ho deciso di chiudere il barattolo, riporlo nella credenza e portarvi un capitolo meno romantico del solito ma comunque pieno di altri elementi. Abbiamo visto entrare in scena Mary Austen, il "Love of my life" di Freddie e Veronica Tetzlaff, la fidanzata e futura moglie di John. 
Il concerto tenutosi al Surrey College è stato davvero il primo che i Queen hanno suonato con la classica formazione, com'è vero anche il fatto che i ragazzi suonassero, soprattutto durante questi primi concerti, diverse cover di artisti rock 'n' roll degli anni '50 come Little Richard o Elvis Presley. Nelle lero prime scalette erano inclusi anche alcuni inediti ed è per questo motivo che ho scelto di "mettere in scena" Liar. Questa canzone, "Doing Alright" e "Keep Yourself Alive" sono i primi inediti che i Queen hanno suonato tra il 1970 e il 1972, quando ancora erano artisti semi sconosciuti. Se siete curiosi di sentire tutte le canzoni citate nel capitolo, ve le lascio, come sempre, nella playlist "My Sun adn Stars" su Spotify.
Passiamo quindi ai ringraziamenti (anche perchè mi sono dilungata già fin troppo): ringrazio le mie fedelissime recensiste che ritagliano ogni settimana 10 minuti del loro preziosissimo tempo per commentare questa storia. 
Soul_Shine, Kim WinterNight, Ancient Flower, Cathy Black e Carmaux_95 siete la mia gioia!!!
Per questa settimana mi pare di aver chiacchierato anche troppo, perciò non mi resta altro da fare se non salutarvi, augurarvi una buona settimana e darvi appuntamento a mercoledì prossimo! Mi scuso ancora per il ritardo, la prossima settimana cercherò di aggiornare nel pomeriggio.
Un bacione a tutti quanti,
                                      Jenny


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Capitolo 11
*** Capitolo 10: Shut Up And Dance ***


CAPITOLO 10: Shut Up And Dance


22 Agosto 1971

Chrissie aprì lentamente gli occhi, cercando di mettere a fuoco l’ambiente intorno a sé. Un caldo raggio di sole di mattina inoltrata filtrò bruscamente dalla finestra, costringendola a strizzare gli occhi per vederci meglio.

Erano le 11 passate. Brian dormiva beatamente di fianco a lei, le mani appoggiate sotto al cuscino e i riccioli scuri sparsi ovunque. Aveva un’aria serena sul viso, come se stesse facendo proprio un bel sogno. Osservando quella scena, Chrissie sorrise: gli lasciò un bacio leggero su una guancia, senza svegliarlo, permettendo al ricciolo di godersi qualche altra ora di sonno.

La sera precedente, infatti, i ragazzi avevano suonato al Tregye Carnon Downs Festival a Truro, l’ultima tappa del loro tour estivo. Avevano fatto uno spettacolo mozzafiato, la gente non aveva fatto altro che applaudire e cantare insieme a loro, trascinati dall’energia delle loro canzoni fino a quando l’organizzatore non li aveva avvisati che era passata la mezzanotte e che avrebbero dovuto finire di suonare al più presto. Presi dall’entusiasmo, erano poi andati tutti insieme – ragazze comprese- a far serata in una discoteca fino all’alba.

Chrissie sbadigliò, avvertendo un leggero mal di testa. Aveva esagerato con la vodka, non c’era alcun dubbio.

Convinta di non trovare nessuno, scese al piano di sotto, in cucina, per fare colazione e prendersi una bella aspirina.

Quando arrivò a destinazione, tuttavia, fu accolta da una voce allegra e squillante: -Buongiorno, bella addormentata! Dormito bene? –

Sheryl era seduta al tavolo della cucina, ancora in camicia da notte, intenta a scrivere chissà cosa e a fare colazione con una scodella di cereali e yogurt.

-Che ci fai in piedi quest’ora? – domandò Chrissie, infastidita per il tono di voce troppo alto dell’amica -Di solito dormi fino al primo pomeriggio… -

Sheryl fece spallucce: -Non avevo più sonno, ecco tutto. Roggie, invece, è ancora nel mondo dei sogni e dubito che si sveglierà presto –

-Anche Brian è completamente secco – aggiunse Chrissie, aprendo il frigorifero ed estraendone una caraffa di spremuta -Il concerto di ieri sera deve averli distrutti. E il fatto che si siano ubriacati fino all’alba non aiuta –

Sheryl guardò l’amica con aria inquisitoria, chiudendo il quadernino sul quale stava scrivendo: -A proposito di sbronze... Com’è che avevi detto all’inizio del tour? – proseguì, virgolettando le parole con le dita – “Non mi ubriacherò e resterò sempre sobria e vigile”. Ieri sera qualcuno ha trasgredito le regole, eh? –

-IO NON MI SONO UBRIACATA - Gridò Chrissie, beccandosi un’occhiataccia dall’amica, la quale le ricordò che i ragazzi dormivano ancora di sopra.

-Ah, sì? Non ti sei ubriacata? – domandò ironicamente la bionda -Allora, raccontami: come ci sei arrivata in camera? –

Chrissie fece per parlare, ma si bloccò di colpo. Effettivamente, aveva dei ricordi parecchio confusi della sera prima: i ragazzi avevano suonato al festival, avevano smontato tutto e, tutti insieme, erano andati a ballare in quella discoteca super affollata di Truro. Da quel momento in poi, non ricordava praticamente nulla, se non di aver bevuto qualche bicchiere di troppo di vodka. Il suo mal di testa ne era la prova lampante.

-Vuoi davvero sapere com’è andata? – domandò Sheryl con una fragorosa risata.

Chrissie incrociò le braccia al petto, lasciandosi cadere su una delle seggiole attorno al tavolo della cucina e mandando giù di colpo un’aspirina: -No, grazie. Sto bene così – lanciò un’occhiata furtiva al quaderno dell’amica -Tu, piuttosto: cosa scrivi? –

-Un nuovo pezzo per le ragazze – disse Sheryl, facendo strisciare il quadernetto sul tavolo, in direzione dell’amica -Non scriviamo nulla di nuovo da mesi, oramai. Questo tour mi ha portato un po’ di ispirazione –

Chrissie aprì il quadernino e iniziò a darci un’occhiata. Sheryl aveva fatto un lavoro spaventoso: aveva composto il testo, la sua parte di basso, quella della chitarra solista e persino quella d’accompagnamento per Charlie. In genere la bassista non era un’autrice molto prolifica: la maggior parte delle canzoni originali delle Dark Shore le avevano composte Chrissie e Charlie, mentre lei e Rachel si erano limitate a scrivere qualche assolo e un paio di testi.

Eppure, quella canzone sembrava una vera bomba. La chitarrista chiuse gli occhi e si immaginò “Shut Up And Dance” - questo, infatti, era il titolo della canzone - suonata su un palco vero, con le luci stroboscopiche intorno e i rivoli di fumo alle caviglie. Una visione divina.

-Come ti è venuta in mente? – domandò Chrissie, riconsegnando il manoscritto all’amica.

Sheryl si attorcigliò una ciocca di capelli fra le dita, dondolandosi sulla seggiola: -L’ho scritta pensando a Roger, alla prima volta che ci siamo incontrati alla discoteca del college e lui mi ha chiesto di ballare. So che non è un capolavoro di scrittura impegnata, però… -

-Ehi, è bella. E soprattutto è sincera – disse Chrissie, interrompendo il flusso di dubbi dell’amica – Da te non me lo sarei mai aspettato: questa tua storia con Roger ti ha cambiato, Sher. In meglio, ovviamente –

-Dici sul serio? – domandò la bionda, piuttosto scettica.

Chrissie fece una smorfia ironica: -Sei sempre altezzosa e scansafatiche ma ho notato dei miglioramenti. E poi, resti comunque la mia migliore amica –

La bionda si gettò fra le sue braccia, stringendo la chitarrista in un abbraccio che avrebbe potuto scaldare anche il più gelido dei cuori.

-Che ne dici di provarla? – domandò Chrissie, dirigendosi in salotto, dove i ragazzi avevano lasciato gli strumenti, la sera prima -Giusto per vedere che effetto fa –

Sheryl fece una smorfia: -Ma sei sicura? Non è che poi svegliamo i ragazzi? –

Chrissie fece spallucce, imbracciando la chitarra acustica di Brian e iniziando a sfogliare il quadernetto dell’amica, alla ricerca della sua partitura: -Cavoli loro, non possono pretendere che rimaniamo qui in silenzio ad aspettare il loro buon risveglio, no? –

La bionda concordò e, sottratto il basso al John, iniziò ad accompagnare l’amica in una versione acustica della canzone.

“We were victims of the night
The chemical, physical, kryptonite
Helpless to the bass and the fading light
Oh we were bound to get together
Bound to get together”


Sheryl cantò magnificamente la prima strofa, tracciando delle linee guida per l’amica. In genere era Chrissie a cantare le canzoni delle Dark Shore, vista la sua voce piena e potente e le basi aggressive, tuttavia, per quella canzone, la voce leggera della bionda era semplicemente perfetta.

“He took my arm
I don't know how it happened
We took the floor and he said”


-In questa tonalità non riuscirò mai a cantarla – disse Chrissie, smettendo di suonare -Direi di abbassarla di un tono o due, io non ho la voce cristallina come la tua, Sher –
La bionda prese il quaderno e iniziò a scarabocchiare qualcosa sulle sue pagine, per poi riportare l’attenzione sull’amica: -Proviamo così. Canta tu il ritornello–

“Oh don't you dare look back
Just keep your eyes on me
I said you're holding back
He said shut up and dance with me
This boy is my destiny
He said oh oh oh
Shut up and dance with me”


Quando le due ragazze finirono di suonare, non ci fu bisogno di commenti o parole. Entrambe si limitarono a sorridere, a guardarsi negli occhi e a darsi il cinque con aria vittoriosa.

-Ora dobbiamo solo provarla nella versione originale – disse Sheryl, contenta che l’amica approvasse il suo progetto.

-Che cosa dovreste provare in versione originale? – Chrissie e Sheryl furono interrotte da una voce maschile, stanca, appartenente ad un chitarrista riccio.
Brian apparve sullo stipite della porta con aria confusa, in parte a causa della sbronza della sera prima e in parte a causa della bizzarra scena che stava avendo luogo in salotto.

-Una nuova canzone per il nostro gruppo – trillò Sheryl.

Chrissie si avvicinò al ragazzo, circondandogli il collo con le braccia e stampandogli un bacio sulle labbra: -Ma ben svegliato –

-Buongiorno a te, vomitina – disse Brian, cercando di trattenere una risata e lanciando uno sguardo eloquente a Sheryl. Chrissie divenne rossa come un peperone, immaginando l’unico motivo che il suo ragazzo potesse avere per chiamarla con quell’appellativo.

-Dimmi solo se ho centrato il buco del water, solo questo – biascicò, pregando che la conversazione vertesse presto in un’altra direzione.

-Al terzo tentativo sì, non è vero, Brian? – la punzecchiò Sheryl, reggendo il gioco del ragazzo.

Brian annuì, stringendola a sé: -Per colpa tua ho dovuto buttare le mie scarpe preferite… Ma ti amo lo stesso, non preoccuparti-

Chrissie si sentì una vera idiota: non solo non si ricordava niente della sera precedente, ma aveva anche fatto una clamorosa figura di merda con il suo ragazzo e la sua migliore amica. OTTIMO.

-Comunque, capiti proprio a pennello, Brian – riprese Sheryl, sviando finalmente l’argomento “vomito” -Avremmo bisogno di una chitarra accompagnamento per provare una nuova canzone. Ci daresti una mano? –

Non appena sentì i termini “chitarra” e “canzone” gli occhi di Brian si illuminarono: -Certo che vi do una mano. Avete uno spartito? –

Sheryl consegnò al ragazzo il quadernino con il testo e la melodia della canzone, illustrandogli la parte d’accompagnamento che avrebbe dovuto eseguire.
-Se poi ti viene voglia di fare altro, improvvisa pure, sentiti libero di fare quello che vuoi – aggiunse la ragazza.

-Ma l’assolo lo devi lasciare a me, sappilo – concluse Chrissie, con tono falsamente minatorio.

Brian alzò le mani in segno di resa: -Come vuole lei, Madame –

-Che state facendo?! Ma avete visto che ore sono? – Una quarta voce, acuta e alquanto stizzita, fece la sua comparsa in salotto, interrompendo le ragazze per la seconda volta. Roger sbadigliò sonoramente, non curandosi affatto del fatto che indossasse solo i suoi boxer. Entrò in cucina con passo ciondolante, accasciandosi sulla prima sedia che trovò sulla sua strada.

-Oh, buongiorno, amore mio – gridò Sheryl, avvinghiandosi al biondino -Per tua informazione, è quasi mezzogiorno –

Roger sbuffò, lasciandosi tuttavia coccolare dalle carezze della sua compagna: -Sì, ma nessuno vi autorizza a fare tutto quel baccano. Dannazione, siamo rientrati all’alba. Fatemi dormire –

-Mi dispiace, bello mio, ma oramai sei sveglio e né io né Chrissie abbiamo intenzione di scusarci – disse Sheryl, in tono autorevole.

-Anzi- aggiunse Chrissie -Avremmo giusto bisogno di un batterista per provare una nuova canzone-

-E’ un modo carino per dirti: alza il culo da quella sedia, mettiti alla batteria e suona – tradusse Brian, imbracciando la sua chitarra -Io, fossi in te, non le farei arrabbiare –

-L’unico incazzato nero di prima mattina, qui, sono io… - bofonchiò Roger, prima di dirigersi annoiato alla batteria del salotto -Avanti, ditemi cosa devo fare, così poi me ne torno a dormire -

Sheryl guardò il ragazzo con aria truce, infastidita da un comportamento così rude: -Potresti evitare di essere così scorbutico? Mi fai saltare i nervi! – gli rifilò in mano le partiture che aveva scritto, spiegandogli a grandi linee la struttura della canzone – E per la cronaca: questa canzone l’ho scritta pensando a te –

Roger sfoderò uno dei suoi sorrisi sornioni più letali, di quelli che facevano cadere ai suoi piedi centinaia di ragazze quando suonavano con i Queen: -Davvero, bambola? –

-Sì- sbottò la bionda, imbracciando il basso di John – E non chiamarmi bambola –

Chrissie si guardò intorno, controllando che tutti quanti fossero pronti. Ognuno aveva il suo strumento a portata di mano, potevano cominciare. Lanciò un’occhiata a Sheryl e, insieme, iniziarono a suonare. Ripeterono l’intro più volte, facendo abituare Roger e Brian al ritmo della canzone.

“A backless dress and some beat up sneaks
My discotheque Romeo teenage dream
I felt it in my chest as he looked at me
I knew we were bound to be together
Bound to be together”


Chrissie gioì nel constatare che la tonalità provata poco prima coincideva perfettamente con la sua voce anche nella versione originale della canzone. Il reef di chitarra d’accompagnamento di Brian e il basso di Sheryl fornivano una base solidissima alla canzone, rendendola molto più aggressiva e in pieno stile Dark Shore.

“He took my arm
I don't know how it happened
We took the floor andshe said”


Durante il breve bridge, Sheryl iniziò a cantare il coro. La sua voce e quella di Chrissie armonizzavano benissimo insieme, proprio come accadeva a Roger e Brian nelle loro canzoni.

“Oh don't you dare look back
Just keep your eyes on me
I said you're holding back
He said shut up and dance with me
This boy is my destiny
He said oh oh oh
Shut up and dance with me”


Eseguendo il ritornello, Chrissie ebbe l’impressione che i muri della casa di Roger potessero sgretolarsi da un momento all’altro. L’armonia di suoni generati dalle chitarre, dal basso e dalla batteria era fenomenale. Sentiva l’energia scorrere in ogni centimetro del suo corpo, come se si trovasse davanti ad una vera platea di persone, durante uno dei piccoli concerti che aveva fatto in passato con le Dark Shore. Presa dall’euforia, Chrissie incanalò tutta quell’energia nella sua chitarra, esibendosi in un assolo spettacolare, il quale lasciò tutti a bocca aperta, soprattutto Brian.

“Deep in his eyes
I think I see the future
I realize this is my last chance

He took my arm
I don't know how it happened
We took the floor and he said”

 
I ragazzi erano così presi dalla loro performance da non accorgersi del fatto che John, Veronica, Freddie e Mary fossero appena rientrati in casa dopo una passeggiata mattutina.
 
-Cosa diavolo stanno facendo? – sussurrò Mary, entrando per prima in salotto. Non appena Sheryl incontrò il suo sguardo, la bionda alzò gli occhi al cielo, con aria annoiata.
 
-Direi che quelle due ci stanno rimpiazzando, che ne dici Fred? – domandò John, ironico e, allo stesso tempo, ammirato, indicando con il capo Sheryl e Chrissie.
 
-Direi anche che quello è il tuo basso, caro John – aggiunse Veronica, indicandogli lo strumento che Sheryl aveva in mano.
 
-Oh beh, se mi insegna a suonarlo bene come lei, può usarlo quante volte vuole – ammise candidamente il bassista, beccandosi un’occhiataccia da Veronica.
 
“Oh, don't you dare look back
Just keep your eyes on me
I said you're holding back

He said shut up and dance with me
This boy is my destiny
He said oh oh oh
Shut up and dance with me

Oh oh oh shut up dance with me
Oh oh oh shut up dance with me”

 
Non appena finirono di suonare, Chrissie lanciò un’occhiata ai suoi amici, constatando un sorriso radioso sul viso di ciascuno di loro, persino su quello di Roger, prima completamente imbronciato. La loro performance fu accolta dal calpitio di quattro paia di mani e da qualche grido d’apprezzamento da parte di Freddie.
 
-Voi due – disse il cantante, rivolgendosi a Brian e Roger -Avete deciso di cambiare gruppo? –
 
Il chitarrista e il batterista si lanciarono un’occhiata complice: -Direi di sì Fred, la mia ragazza canta meglio di te – disse Brian, circondando le spalle di Chrissie con un braccio.
 
-E la mia suona il basso meglio di te, John – aggiunse Roger, tirando uno schiaffo sul fondoschiena di Sheryl e beccandosi, di rimando, una sberla in faccia.
 
Freddie e John finsero di offendersi, assumendo un’espressione tragica: -Basta, il mio cuore non può reggere cotanta cattiveria – disse il cantante con fare teatrale.
 
-A questo punto dovremmo mettere su un gruppo noi quattro – propose John, indicando gli “esclusi” da quella jam session clandestina.
 
Mary e Veronica si guardarono allibite, per poi scoppiare in una fragorosa risata.
 
-Non so te – disse Mary, alzando le mani in segno di resa -Ma io sono davvero negata a suonare qualunque strumento –
 
-Io sono stonata come una campana, mi spiace – fece eco Veronica.
 
-Tranquilli, ragazzi – concluse Chrissie, facendo l’occhiolino alla sua migliore amica -Li abbiamo solo presi in prestito. Non li portiamo da nessuna parte… per ora-



Spazio Autrice:
Heilà, buonsalve a tutti!
Mi scuso per il clamoroso ritardo di questa settimana, praticamente è quasi giovedì, ma ho avuto una montagna di cose da fare e il fatto di tornare a casa tardissimo dall'università non mi aiuta per niente.
Tralasciando i miei drammi personali, passiamo al capitolo: come potrete aver notato, questo è il primo capitolo che scrivo senza seprarare più scene. Il fatto è che questo era stato inizialmente concepito in due parti, tutavia, proseguendo nella stesura, mi sono resa conto che stava diventando troppo lungo, così ho deciso di dividere il tutto in due capitoli separati, in modo tale da non dover fare tagli inutili e dannosi per la storia. 
Che ne pensate? Vi è piaciuto?
La canzone che ho scelto per questa settimana è "Shut up and dance" dei Walk the Moon, uscita nel 2014. Non sono una fan di questa canzone ma il testo mi ha ispirato moltissimo e una cover realizzata da una ragazza su Youtube mi ha letteralmente mandato fuori di testa, così ho deciso di inserirla nella mia storia. Dal momento che su Spotify ho trovato solo la versione originale del brano, qui sotto vi lascio il link alla versione dalla quale ho preso spunto.
Come sempre, vorrei ringraziare tutti coloro che leggono questa storia, in particolare le mie recensiste di fiducia, 
Soul_ShineKim WinterNightAncient Flower, Cathy Black e Carmaux_95. Grazie mille per l'immenso affetto che dimostrate a questa storia!
Non vedo l'ora di aggiornare, ci stiamo avvicinando ad un momento molto importante per la trama, e non vedo l'ora di poterlo condividere con voi!
Per il momento vi abbraccio tutti e vi do appuntamento a settimana prossima (si spera in un orario più decente)!
Un bacio,
               Jenny


LINK PLAYLIST SPOTIFY:  https://open.spotify.com/user/21ekfspbopztn5dsisbmousna/playlist/5GFxDwTiDkQmFO9kNAJt1E?si=QaorkBfzQ-GoqUn5xc9ABQ
 
SHUT UP AND DANCE FEMALE ROCK COVER: 
https://www.youtube.com/watch?v=oAt0UQvSTPg
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11: Summer Paradise ***


CAPITOLO 11: Summer Paradise


30 Agosto 1971:


Quella mattina, nella casa di Roger Taylor regnava un’atmosfera strana. La luce del sole, calda e rigenerante, filtrava dalle finestre di ogni stanza, inondando la casa per bene e riflettendo bagliori dorati sul parquet color noce. Tutto taceva, o meglio, quasi tutto. Gli unici rumori che si distinguevano erano le voci tremolanti delle ragazze.

-Non posso credere che quest’avventura stia per finire… Non sono affatto pronta a tornare alla vita reale - sussurrò Chrisse, iniziando a preparare la valigia. Aveva sperato più e più volte che quel fatidico giorno non arrivasse mai, che rimanesse lontano come una sorta di miraggio. Invece eccolo qua, puntuale e inesorabile.

Sheryl prese in mano l’abitino bianco in macramè che aveva indossato il giorno della partenza e le venne un groppo alla gola: non era mai stata una persona eccessivamente sentimentale, ma quel pezzo di stoffa le riportò alla mente tanti bei ricordi, causandole un attacco di malinconia.

-Non credo di aver mai passato un’estate bella quanto questa – disse la bionda, preoccupandosi di riporre in valigia l’abitino bianco prima di scoppiare in lacrime da un momento all’altro.

Veronica accennò un sorriso privo di gioia: -Nemmeno io. E’ stata l’esperienza più emozionante che abbia mai fatto. Non pensavo fosse così divertente seguire il proprio ragazzo in tour – Strinse a sé la maglietta che John aveva indossato la sera del loro primo concerto, al Surrey College, ricordando quanto si era emozionata nel sentirlo suonare per la prima volta.

-Come siete malinconiche! Ci saranno altre occasioni per andare in tour – L’intervento di Mary mandò in frantumi l’atmosfera blu che si stava creando, riportando le ragazze alla realtà.

“Con te, spero proprio di no, razza di guastafeste antipatica” pensò Sheryl, lanciando uno sguardo di fuoco alla bionda. Persino a Chrissie non andò giù il suo commento e, per la prima volta, si ritrovò a guardare la fidanzata di Freddie con aria torbida.

Fortunatamente, Veronica lasciò correre il commento della Austen, prendendo parola prima che Sheryl potesse lanciarle una scarpa dritto in fronte: -Lo so che ci saranno altre occasioni. Il fatto è che in questi due mesi mi è sembrato di vivere in un mondo parallelo, fatto di musica, luci e divertimento. Non mi sento ancora pronta a lasciarmi tutto questo alle spalle, anche se avrò comunque John a casa con me ogni giorno –

-A chi lo dici… - aggiunse Chrissie, piegando con cura una maglietta -Una vita sempre in tour, ogni sera un palco diverso, un pubblico nuovo, grida, urla, musica ed energia è quello che qualunque musicista vorrebbe dalla propria carriera. E’ un sogno che si avvera. Credo che siamo state davvero fortunate a poter condividere questa esperienza con le persone che amiamo –

-Concordo pienamente – asserì Veronica, sorridendo per la prima volta dall’inizio della conversazione.

Le ragazze erano così prese da pensieri e ricordi malinconici che non si accorsero minimamente di un certo ticchettio proveniente dalla porta della stanza.

-Toc-toc! Possiamo entrare? – domandò Roger, facendo capolino dall’ingresso, seguito dagli altri.

Non appena misero piede nella stanza, i ragazzi capirono subito che qualcosa non quadrava affatto: le ragazze (eccetto Mary) avevano tutte un’espressione mogia e sconsolata sul viso, come se avessero appena ricevuto la peggior notizia della loro vita. La cosa che più li allarmò fu il fatto che persino Sheryl, di solito un vulcano di positività ed energia, fosse ridotta in quello stato.

-Cosa sono quelle facce tristi? – domandò Freddie, entrando trionfalmente nella stanza -Sembra che abbiate visto un morto –

Mary si alzò in piedi, raggiungendo il suo ragazzo sull’uscio: -Tra un po’ sarò io morta, se non cambio un po’ aria. Questa stanza sta diventando opprimente –
Senza aggiungere una parola, la bionda uscì, seguita da Freddie, il quale la fissò con aria interrogativa ma non osò porre ulteriori domande.

-Ohh, da quando qualcuno è uscito da questa stanza, inizio a sentirmi molto meglio, non siete d’accordo? – domandò Sheryl, ironica, facendo accomodare Roger accanto a sé.

Chrissie e Veronica si lanciarono un’occhiata complice e finirono entrambe per scoppiare a ridere, contagiando anche la bionda, il tutto sotto gli sguardi interdetti di Brian, John e Roger, i quali non riuscivano a capire cosa diavolo stesse succedendo.

-Eddai, sul serio – incalzò il ricciolo, facendo sedere Chrissie sulle sue gambe -Come mai avevate tutte quell’aria triste? E’ successo qualcosa? –

La ragazza scosse la testa, intrecciando la sua mano con quella di Brian e baciandone le nocche ossute e pallide nonostante l’abbronzatura estiva: -Niente di cui preoccuparsi. Solo un po’ di tristezza per il fatto che il tour sia finito e che domani dovremo tutti tornare a casa –

Brian accennò un sorriso e strinse a sé la ragazza, accarezzandole il capo: ad un osservatore esterno, Chrissie poteva sembrare una ragazza tutta d’un pezzo, per niente incline a smancerie e sentimentalismi, ma il suo cuoricino da bambina raccontava tutt’un’altra storia. E Brian lo sapeva bene.

-Allora, per fortuna che qui ci siano tre bravi giovani che hanno pensato ad un metodo infallibile per risollevarvi il morale – disse Brian, misterioso, lanciando un’occhiata eloquente a Roger e John.

Sheryl si lasciò scappare una risatina nervosa: -Ripeto, già solo il fatto che una certa persona sia uscita da questa stanza mi ha riportato il morale alle stelle –

-Peccato, bimba, era una gran bella sorpresa – sussurrò Roger, inumidendosi le labbra con aria provocatoria.

-Beh, io e Veronica siamo molto, molto tristi e vorremmo sapere cosa avete preparato per noi povere anime disperate – disse Chrissie, facendo una smorfia teatrale.

-Che dici Brian? Glielo diciamo? – domandò John, in maniera retorica, per far rimanere sulle spine le ragazze. Brian annuì, facendogli segno di procedere.

-Adesso vi toccherà disfare nuovamente le valige, perché abbiamo deciso di portarvi al mare per un ultimo giorno di totale relax –

Non appena le ragazze udirono i termini “mare” e “relax” nella stessa frase, ogni traccia di tristezza e malinconia sul loro volto sfumò completamente, lasciando spazio solo a tre sorrisi smaglianti.

-Freddie e Mary ci raggiungeranno più tardi – disse John, alzandosi e uscendo dalla stanza insieme ai ragazzi – Vi diamo dieci minuti per preparare tutto –

Sheryl alzò gli occhi al cielo con fare drammatico: -In dieci minuti non credo di riuscire nemmeno a ripescare il bikini dalla valigia –




-Maledizione, possibile che in tutta la Cornovaglia non ci sia una fottuta spiaggia libera?! – sbraitò Roger, colpendo il volante del furgone e rimettendosi in carreggiata. Era più di un’ora che giravano alla disperata ricerca di una spiaggia in cui le persone non fossero accalcate le une sulle alle altre per un misero lembo di sabbia baciata dal sole, e per il momento non erano stati affatto fortunati.

-Avranno avuto tutti la nostra stessa idea – sussurrò John, intimorito dalle urla del biondino.

L’umore nero, che fino ad un paio d’ore prima sembrava essere del tutto scomparso dai volti delle ragazze, ricominciò lentamente a palesarsi: Sheryl sbuffava in continuazione, tenendo le braccia incrociate saldamente al petto e Veronica osservava il paesaggio fuori dal finestrino del furgone con aria annoiata, appoggiando il capo sull’incavo della spalla di John.

Chrissie era seduta accanto a Brian, assorta nei suoi pensieri, quando all’improvviso, in lontananza, notò un cartello sbiadito che indicava la presenza di una piccola spiaggia a pochi metri di distanza, chiamata “Wilkins Point”.

-Rog, a quel cartello gira giù a destra, quella spiaggia potrebbe essere libera – disse Chrissie, richiamando l’attenzione del batterista.

Dal canto suo, Roger si accorse del cartello di cui stava parlando la ragazza solo dopo averlo superato e, preso da un impeto di rabbia, fece una pericolosa (oltre che illegale) inversione a U sulla strada, beccandosi svariati insulti e suoni di clacson da parte degli altri automobilisti.

-CHE NON TI VENGA IN MENTE DI FARE UN’ALTRA VOLTA UNA STRONZATA DEL GENERE QUANDO CI SIAMO ANCHE NOI IN MACCHINA, SONO STATO CHIARO?! – sbraitò Brian, nero di rabbia fino alla punta dei capelli.

-Senti un po’, vuoi andare in spiaggia o no? – domandò Roger, per nulla impressionato.

-Sì, ma vorrei arrivarci TUTTO INTERO e possibilmente senza infrangere duecento regole del codice stradale – Il ricciolo aveva gli occhi fuori dalle orbite.

Per fortuna, proprio come aveva detto Chrissie, la spiaggia si trovava a pochi minuti di distanza e, quando arrivarono, i ragazzi constatarono anche che era completamente vuota. Un piccolo angolino di paradiso marittimo tutto per loro.

-Finalmente possiamo dare il via a quest’ultima giornata di relax – disse Sheryl, scendendo dal furgone -Non svegliatemi per le prossime tre ore e mezza, siete stati avvisati –

Roger iniziò a ridere sotto i baffi: -Nemmeno se vai a fuoco? – La bionda gli lanciò un’occhiataccia d’avvertimento, così il batterista girò i tacchi e si preoccupò di scaricare dal van il necessario per la spiaggia.

-Ho visto che più avanti c’è una cabina telefonica. Chiamo a casa e avviso Freddie che siamo qui – disse John, indicando la strada.

-Noi invece andiamo a fare una passeggiata. Tutto quel tempo passato seduto mi ha fatto venire i crampi – disse Brian, prendendo Chrissie per mano.

I due ragazzi si incamminarono lungo il bagnasciuga, lasciando che l’acqua cristallina della Manica bagnasse i loro piedi, rinfrescandoli dal sole cocente di quella mattina. Chrissie alzò il capo verso il cielo, strizzando gli occhi per l’eccessiva luce e beandosi dei raggi caldi e rigeneranti che colpivano la sua pelle.

-Ora ne sono assolutamente certa: non ho nessuna intenzione di tornare a casa – biascicò la ragazza, sospirando - Resterò qui vita natural durante –

Brian sorrise: -Credo che qui d’inverno il paesaggio non sia così idilliaco. Cento volte meglio il divano di casa e un camino acceso –

La ragazza si voltò di scatto, fissandolo con aria interrogativa: -Possibile che tu riesca a rompermi le uova nel paniere ogni santa volta? –

-Io non rompo proprio niente, mia cara – asserì Brian, cingendole la vita e riducendo la distanza fra i loro corpi -Ma non posso lasciare che la mia principessa decida di vivere da sola su una spiaggia così tanto lontano da me –

Chrissie incrociò le braccia dietro al collo del ragazzo, lasciandogli un bacio leggero a fior di labbra: -Allora temo che sarò costretta a ritornare a Londra, ma per una sola ragione –

-E che ragione sarebbe? – domandò il ricciolo, intuendo che si trattasse di una domanda retorica.

-Che tra una settimana inizio il mio master in management e finanza – La risposta di Chrissie lasciò completamente di stucco il povero Brian, il quale, nella sua mente, si era immaginato uno scenario decisamente più romantico.

-Ah, sì? – domandò il ricciolo, con aria di sfida -E’ questo l’unico motivo? Vediamo se con questo ti farò cambiare idea – Senza pensarci due secondi di più, il ragazzo si avventò sulla brunetta, tempestandola di solletico in ogni parte del corpo.

-Sme – smettila, B- Bri! -biascicò Chrissie, cercando di divincolarsi dalla stretta del ricciolo, con scarso successo. In pochi secondi, si ritrovarono entrambi completamente impanati di sabbia, con il fiato corto per aver riso troppo e qualche lacrima ilare che scorreva sul volto.

-Mi arrendo, hai vinto tu – sussurrò Chrissie, cercando di riprendere fiato. Senza destare sospetti e approfittando di un secondo di distrazione di Brian, la ragazza infilò le mani in mare e schizzò completamente il chitarrista, infradiciandogli i vestiti -O forse no! –

-Questa è guerra aperta –

La lotta fra acqua e sabbia andò avanti per diverso tempo, alternata da risate e urla. Chrissie e Brian sembravano due bambini che giocavano spensieratamente sulla spiaggia, senza alcuna preoccupazione, concentrati solamente sul gioco di quel momento. Continuarono a rincorrersi, a lanciarsi la sabbia e a schizzarsi fino a quando non sentirono più le gambe e il fiato si fece corto.

-Credo che dovremmo tornare indietro o inizieranno tutti a chiedersi che fine abbiamo fatto – sussurrò Brian, riprendendo aria e porgendo le mani a Chrissie per aiutarla a rialzarsi. La ragazza annuì e insieme ritornarono sui loro passi, fino all’accampamento dove avevano lasciato  i loro amici.



Il pomeriggio stava oramai lasciando spazio alle tinte più scure della sera e, all’orizzonte, un sole vermiglio con i suoi raggi morenti iniziava ad inabissarsi inesorabilmente.

-Rog! Rog! – sussurrò Chrissie, cercando di attirare l’attenzione del batterista -Ma ha dormito tutto il giorno?  - disse indicando Sheryl con il capo.

Roger annuì: -Non si è mossa di un millimetro, è secca come un sasso – La biondina, in effetti, se n’era rimasta sdraiata sul suo asciugamano, con gli occhi chiusi, a prendere il sole, per tutta la giornata.

-Sei sicuro che respiri ancora? – domandò Chrissie, preoccupata. D’accordo, la sua migliore amica era una pigrona, ma a tutto c’era un limite.

Roger lanciò uno sguardo sadico alla chitarrista, invitandola a prendere l’amica per i piedi: -Vogliamo scoprirlo? –

-Perché prevedo urla isteriche e un sacco di insulti, non appena la lascerete andare? – domandò Mary, ironica.

-Perché è proprio quello che succederà – rispose Roger, sprezzante del rischio.

Senza pensarci un secondo di più, il biondino prese la povera e inerme Sheryl sotto le ascelle, mentre Chrissie la afferrò per i piedi e, cercando di non farla divincolare troppo, la lanciarono di peso in mare, generando un sonoro Splash!

-ROGER MEDDOWS TAYLOR, CONSIDERATI IN ASTINENZA DA QUESTO MOMENTO FINO AL GIORNO DELLA TUA MORTE! SEI UN VERO DEFICIENTE! –

-Eccoli gli insulti e le urla… - sussurrò Mary, divertita.

-E TU CHRISSIE! COME CAVOLO TI VIENE IN MENTE DI ASSECONDARE QUESTO IDIOTA?! DA TE NON ME LO SAREI MAI ASPETTATO –

Roger e Chrissie iniziarono a rotolare dalle risate, seguiti a ruota dagli altri.

Sheryl uscì dall’acqua nera di rabbia e, con passo pesante, ritornò sul suo asciugamano, cercando di asciugarsi i capelli alla meno peggio.

-Eddai, amore, non fare così. Era solo uno scherzetto innocuo – disse Roger, abbracciando da dietro la sua ragazza, preoccupato per la minaccia appena ricevuta.

-Tu dì un’altra parola e l’astinenza si prolungherà anche dopo la tomba – grugnì Sheryl, liberandosi dalla sua presa.

Brian scambiò un’occhiata eloquente con Freddie e John: -Mi sa che qui c’è bisogno di un po’ di zucchero, che ne dite? –
Il bassista e il cantante annuirono e seguirono Brian verso il furgone.

-Che state facendo? – domandò Mary, curiosa.

Poco dopo, i ragazzi ritornarono con un paio di chitarre acustiche, un tamburello e un paio di maracas.

-Dunque – iniziò Brian, lanciando il tamburello a Roger -In teoria volevamo farvela sentire a casa, con una strumentazione decente, tuttavia, visto che ci troviamo in spiaggia al tramonto, con un’atmosfera mozzafiato, e dal momento che a qualcuno qui presente serve una buona dose di dolcezza, abbiamo deciso di suonare qui e ora –

-Tutti e quattro abbiamo lavorato a questa canzone come ringraziamento a voi per esserci state vicine in questo nostro primo tour. Senza la vostra presenza, probabilmente non ci saremmo mai divertiti così tanto, né saremmo riusciti a salire sul palco carichi – disse John, accordando la chitarra -Perciò, speriamo che vi piaccia. E che vi faccia tornare il sorriso – aggiunse, riferendosi a Sheryl.

“My heart is sinking as I’m lifting 
Up above the clouds away from you
And I can’t believe I’m leaving
Oh I don’t kno-kno-know what I’m gonna do
But someday                                                                                                                                                                             
I will find my way back to where 
Your name Is written in the sand”


Non appena i ragazzi iniziarono a cantare, Veronica si portò le mani al volto: -Però non è giusto, lo sapete che queste cose mi commuovono terribilmente – biascicò, prima di iniziare a lacrimare come una bimba.

Chrissie le fece posto accanto a sé e la invitò a sedersi, cingendole le spalle con le braccia.

“‘Cause I remember every sunset
I remember every word you said
We were never gonna say goodbye, yeah
Singing la-la-ta-ta-ta 
Tell me how to get back to                                                                                                                                                                                                          
Back to summer paradise with you
And I’ll be there in a heartbeat             
I’ll be there in a heartbeat”


Alle prime note del ritornello, il broncio di Sheryl iniziò a smuoversi, lasciando lentamente posto ad una smorfia curiosa. Veronica si emozionò ancor di più quando si rese conto che anche John stava cantando nel ritornello, per lei, anche se non era affatto intonato come i suoi compagni.

“Well, real life can wait
I’m crashing like waves
Playing in the sand
Holding your hand”


Continuando a suonare una delle maracas e a cantare, Freddie si avvicinò a Mary, le prese una mano e gliela baciò dolcemente, seguendo il testo della canzone. A quel piccolo gesto, le guance della ragazza si tinsero di rosso e un sorriso sincero spuntò sulle sue labbra.

-Allora non è un robot, è davvero umana – sussurrò Sheryl a Chrissie, beccandosi una gomitata. La bruna dovette fare appello a tutta la sua forza di volontà per non scoppiare a ridere.

“Cause I remember every sunset
I remember every word you said
We were never gonna say goodbye                                                                                                                                                                                                                       Singing la-ta-ta-ta-ta                                                                                                                                                                                                                                                Tell me how to get back to
Back to summer paradise with you
Yeah, and I’ll be there in a heartbeat”


Con il secondo ritornello, il cuore di Sheryl si sciolse definitivamente. Cercò, con scarso successo, di trattenere dei singulti, per non dargliela vinta a quello stronzo di Roger, ma fu tutto vano. L’emozione e le lacrime sul suo viso raccontavano tutt’altro.

-Tra poco farete piangere anche me, se non la smettete – biascicò Chrissie. Con tutte le canzoni d’amore che il ricciolo le aveva dedicato, si era fatta le ossa, tuttavia, in un modo o nell’altro, sapeva bene che quando Brian cantava non c’era partita: i lacrimoni vincevano sempre.

“I remember where we first kissed                                                                                                                               
How I didn’t wanna leave your lips
And how I’ve never ever felt so high
Singing La-la-ta-ta-ta
So tell me how to get back to
Back to summer paradise with you
I’ll be there in a heartbeat                                                                                                                                                  
Oh-oh
I’ll be there in a heartbeat”


Nell’ultimo ritornello, anche Chrissie cedette e le sue guance si rigarono di lacrime: come sempre, aveva vinto Brian. Maledetto lui e le sue canzoni smielate.

-Mi sa che invece di sollevare gli spiriti, abbiamo procurato un pianto generale – disse John, smettendo di suonare. Non appena posò la chitarra, il ragazzo fu investito in pieno da Veronica, la quale lo riempì di baci, bagnandogli il viso con le sue lacrime.

Anche Chrissie e Mary si lasciarono andare in effusioni poco caste con i rispettivi compagni.

-E tu? Non vieni a darmi un bacio? – domandò Roger a Sheryl, con tono malizioso.

La bionda gli si avvicinò, fingendo per un momento di cedere alle sua avances, per poi porsi ad un millimetro dalle sue labbra e sussurrare: -Diciamo che con questa canzone hai semplicemente ridotto la tua pena, ma una settimana di totale astinenza non te la toglie nessuno, mio caro… -




Spazio Autrice:
Buonasera a tutti, carissimi lettori!
Come state? Tutto bene? Io sto uscendo da una settimana orrenda, passata tra febbre, raffreddori e dolori di vario genere. Insomma, un vero inferno!
Dunque, dunque, dunque: eccovi qui la seconda parte del capitolo che avevo originariamente pensato come singolo insieme a quello della scorsa settimana. Cosa ne pensate? Vi è piaciuto?
Con questo capitolo possiamo dire di aver fatto un giro di boa. Dal prossimo episodio, infatti, ci saranno delle novità per i nostri protagonisti. Questo capitolo rappresenta una specie di conclusione per quanto riguarda l'introduzione della storia: abbiamo imparato a conoscere i protagonisti, le loro spalle e come vivono. Adesso è giunto il momento di entrare nel vivo della storia.
Ma per il momento concentriamoci su questo capitolo: per chi se lo stesse chiedendo, esiste davvero una località marittima chiamata Wilkins Point e si trova davvero a circa 25 minuti da Truro. Non avete idea delle sessioni di Google Maps, Google immagini e Youtube che mi faccio per rendere il tutto più versosimile possibile, bah... Credo di avere dei problemi, lol!
La canzone scelta per questa settima è "Summer Paradise" dei Simple Plan, tormentone estivo del 2012, che credo tutti conoscerete. Io ricordo che quell'estate non facevano altro che mandarla continuamente in loop insieme a quell'aborto mancato del Pulcino Pio. Ho pensato che il testo si sposasse benissimo con il contesto del capitolo, perciò eccovela qui!

Come sempre, vorrei ringraziare tutti coloro che leggono questa storia, in particolare le mie recensiste di fiducia, Soul_ShineKim WinterNightAncient Flower, Cathy Black e Carmaux_95. Grazie mille per l'immenso affetto che dimostrate a questa storia! Vi adoro!
Con questo mi sembra di avervi detto tutto: vi auguro una buona settimana, un buon weekend e vi do appuntamento al prossimo mercoledì con uno dei capitoli più importanti che io abbia scritto fino ad ora.

Un bacione a tutti,
                             Jenny



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Capitolo 13
*** Capitolo 12: Seven Nation Army ***


Capitolo 12: Seven Nation Army



28 Settembre 1971
 
Non appena aveva ricevuto quella splendida notizia, Brian era corso immediatamente da Chrissie per comunicargliela. Sarebbe impazzita dalla gioia, ne era sicuro.

Attraversò tutto il campus di economia in fretta e furia, arrivando alla porta della ragazza con il fiatone.

Con le poche forze rimaste, Brian bussò alla porta, cercando di riprendere aria. -Chrissie… io… ho una notizia… pazzesca – disse, ansimando, non appena la ragazza aprì la porta.

-Buongiorno anche a te, io sto bene, grazie per averlo chiesto – disse Chrissie ironica, divertita per la scena che aveva davanti.

-Oh, piantala – Brian alzò gli occhi al cielo e le stampò un rapido bacio sulle labbra.

Chrissie lo fece accomodare nella piccola cucina, porgendogli un bicchiere d’acqua. -Adesso respira e poi dimmi tutto – disse lei, prendendo una sedia e accavallando le gambe.

-Dunque, sai che la settimana scorsa Terry Yeadon ha offerto a me e ai ragazzi di registrare qualche pezzo nei De Lane Lea Studios per testare le attrezzature? - domandò Brian retoricamente, trangugiando il contenuto del bicchiere.

Chrissie annuì. Eccome se lo sapeva: Brian era sparito per giorni, rinchiuso in quello studio di registrazione, senza dargli sue notizie. Poi era ricomparso, felice come una pasqua e con la prima demo dei Queen tra le mani.

Inizialmente, si era ripromessa di cantargliene quattro non appena fosse uscito da quel maledetto studio di registrazione, tuttavia, il sorriso trasudante di soddisfazione che lui e gli altri avevano in volto non appena erano tornati al campus le aveva fatto completamente cambiare idea. Vedere Brian felice per il suo lavoro con la band era una gioia.

-Uno dei collaboratori della Trident Audio Productions, Roy Thomas Baker, e uno dei discografici della Mercury Records, John Anthony, hanno ascoltato i nostri pezzi e sono rimasti molto colpiti dal nostro lavoro. Questa mattina il signor Baker ci ha chiamato, proponendoci un contratto discografico e la supervisione di Jack Nelson come manager! Un contratto, Chrissie, ci pensi? – Brian era così emozionato che per poco non scoppiò in lacrime.

Chrissie giurò di non averlo mai visto così felice: e come poteva non esserlo? La musica era sempre stata la più grande passione di Brian, persino più grande delle stelle e del cosmo, e diventare un musicista di professione era probabilmente il sogno più grande che avesse mai avuto.

Trascinata dall’emotività del compagno, Chrissie si commosse: -Sono così fiera di te, Bri. La passione che ci metti nella musica sono certa ti porterà lontano –

Brian le asciugò una lacrima, appena sotto l’occhio: -E spero che tu sarai lì con me, a condividere ogni istante di questa fortuna –

-Io ci sarò sempre per te – sussurrò Chrissie, prima di baciarlo appassionatamente -Non dimenticarlo mai –

Brian le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio: -Questa sera ti va di festeggiare? Andiamo fuori a cena, che ne dici? –

Chrissie scosse la testa: -Questa sera non posso, devo lavorare. Ho il turno serale, lo hai dimenticato? –

L’espressione di Brian mutò immediatamente, lasciando trapelare un velo di delusione: -Non puoi proprio staccare prima? E poi, ora che ci penso, non mi hai mai detto dove lavori… -

Chrissie fece una smorfia, portando le mani dietro al collo del ragazzo: -E non lo saprai mai, tesoro mio. Non voglio che ti presenti al lavoro mentre servo ai tavoli o il mio capo penserà che mi distraggo troppo e che non ti faccio pagare le consumazioni –

-Quindi mi dovrei limitare a sapere che lavori in un pub in cui suonano musica dal vivo? – domandò Brian per punzecchiarla.

-Direi di sì – disse Chrissie, baciandolo di nuovo.

-Allora me ne farò una ragione – sussurrò Brian, approfondendo il bacio e facendole fare un bel casquette.

Chrissie scoppiò a ridere, dimenandosi tra le braccia del ragazzo: -Smettila Bri, devo andare a lezione! –

-Ci vediamo domani allora? – domandò lui, uscendo dalla porta.

-Certo, a domani – 


    

-Allora, siete pronti per una bella sbronza? – domandò Roger retoricamente.

-Noi siamo sempre pronti, tesoro – rispose Freddie, già leggermente alticcio.

In occasione della firma del loro primo contratto discografico, Brian, Roger, Freddie e John avevano deciso di festeggiare trascorrendo una bella serata tra fiumi di alcool e musica dal vivo. E quale poteva essere la destinazione perfetta per una serata del genere? Ovviamente il Soho.

Non appena giunsero in quell’area di Londra perennemente illuminata da led e animata dalla musica proveniente dagli innumerevoli locali notturni, i ragazzi si misero alla ricerca di un posto in cui potersi divertire.

Dopo qualche tentativo andato a vuoto, un locale underground con una vistosa insegna a led viola ispirò Freddie. -Ehi, che dite di quello? – biascicò il cantante, indicando il posto con il pollice -Fanno jazz e blues fino all’alba –

Brian e Roger si guardarono annuendo e quando arrivò anche l’ok di John, i ragazzi entrarono. Il locale si chiamava “Poisoned Garden” e si trovava in una sorta di scantinato. Da fuori sembrava un locale per giovani adulti, un classico pub con musica dal vivo e un bar dai prezzi accessibili, ma non appena misero un piede all’interno, i ragazzi capirono immediatamente di trovarsi fuori luogo.

L’interno del locale era arredato in stile barocco e di fronte ad un piccolo palco erano situati decine di tavoli tondi, ai quali sedevano uomini adulti o anziani, perfettamente vestiti.

-Dove diavolo siamo finiti? – sussurrò John, sentendosi a disagio.

-Freddie, non è decisamente il nostro ambiente, andiamo via – rincarò Roger, scrutando l’aria snob dei presenti seduti ai tavoli.

Freddie, però, non parve dello stesso avviso; li liquidò con un semplice gesto della mano: -Miei cari, abbiamo appena ricevuto un contratto discografico. Godetevi l’euforia del momento! Questo posto è perfetto – 

Brian, Roger e John si guardarono nervosi: quando Freddie decideva qualcosa era praticamente impossibile fargli cambiare idea.

-Ok, restiamo. Ma non azzardarti ad avvicinarti al palco, diamo troppo nell’occhio – lo minacciò Brian, indicandogli il tavolo più in fondo al locale.

-Oh, come siete noiosi… E va bene – asserì Freddie, prendendo posto al tavolino.

Poco dopo, una cameriera si presentò al tavolo, porgendo loro quattro bicchieri di champagne e il menù delle consumazioni: -Siete fortunati ad essere appena entrati – disse lei, segnandosi gli ordini dei ragazzi – Sta per iniziare lo spettacolo della nostra ospite… -

-Quale ospite? – domandò Roger, incuriosito più dalla cameriera e dalla sua gonnellina inguinale che dall’oggetto della conversazione.

-Adesso lo vedrai –

Non appena la cameriera si fu allontanata, nel locale piombò il buio e un occhio di bue illuminò il centro del palco. Un motivetto jazz/blues, simile a quelli della New Orleans degli anni ’20, iniziò a suonare. Tutti i presenti, inclusi i camerieri e gli addetti dietro al bancone, iniziarono a schioccare le dita a ritmo di musica. Non sapendo che fare, Brian e gli altri iniziarono a imitarli.

“I'm gonna fight 'em all
A seven nation army couldn't hold me back
They're gonna rip it off
Taking their time right behind my back”


Una voce cristallina ma allo stesso tempo piena e potente iniziò a riempire la sala, senza tuttavia rivelarne la proprietaria.

-Sai una cosa Brian? – disse Freddie ad alta voce, per sovrastare quella della cantante -Non so se è perché sono già ubriaco, ma mi sembra che quella voce somigli un sacco a quella di Chrissie, non trovi? –

-Hai… Hai ragione, Freddie – disse Brian, mentre uno strano presentimento iniziava a farsi strada dentro di sé.

“Questa sera aveva il turno”

“Lavora in un bar in cui si fa musica dal vivo”

“Vuoi vedere che…”

And I'm talking to myself at night
Because I can't forget
Back and forth through my mind
Behind a cigarette
And the message coming from my eyes
Says leave it alone”


Le paure di Brian si concretizzarono quando dalle cortine viola e vellutate del palcoscenico emerse una ragazza snella, dai lunghi capelli castani e dagli occhi di ghiaccio. Indossava un lungo abito blu notte tempestato di strass, dallo scollo a cuore e con uno spacco vistoso sulla gamba destra. Ai piedi portava un paio di tacchi a spillo vertiginosi mentre sul suo viso risaltava un rossetto rosso fiammante, in netto contrasto con gli occhi lasciati quasi senza trucco, fatta eccezione per un velo di mascara.

Chrissie.

La sua ragazza.

Roger e John per poco non si strozzarono con lo champagne non appena videro la loro amica sul palco: la fidanzata acqua, sapone e rock n roll di Brian ora si trovava sulla scena di un locale underground per adulti, vestita come una vera femme fatale.

-A- amico, dimmi che sono ubriaco… -biascicò Roger senza riuscire a staccare gli occhi da quella visione divina. In quelle vesti, persino una meraviglia come Sheryl veniva offuscata dalla bellezza di Chrissie.

Brian non rispose, si sentiva come se il suo cervello fosse stato disconnesso dal resto del corpo. Niente in quella situazione pareva aver senso. Rimase impietrito a fissare la sua ragazza che, in maniera del tutto disinvolta – come sempre, del resto – camminava avanti e indietro per il palco, lanciando sguardi provocanti agli uomini accalcati ai suoi piedi.

“Non sta facendo nulla di male, sta solo cantando su un palco. Proprio come fa con le Dark Shore” pensò Brian, cercando di tranquillizzarsi. Era abituato a vedere la sua ragazza circondata da sguardi poco casti, quando si esibiva su un palco, tuttavia il fatto che la maggior parte degli avventori di quel locale avesse almeno vent’anni in più di lei gli diede parecchio fastidio.

“Don't want to hear about it
Every single one's got a story to tell
Everyone knows about it
From the Queen of England to the hounds of hell”


Nel frattempo, Chrissie non si accorse minimamente della presenza di Brian e degli altri, continuando il suo show come se nulla fosse. Ritrovandosi dinnanzi un uomo sulla quarantina, completamente rapito dalla sua bellezza, lo spinse via con il piede, per poi riprendere a camminare lentamente sulla passerella del palco. Non c’era uomo nella sala che non avesse lo sguardo puntato su di lei e questo le fece capire che anche per quella sera aveva centrato il suo obiettivo.

“Perfetto” pensò Chrissie, accennando un sorriso malizioso.

Con nonchalance, la ragazza scese dal palco e si sedette a gambe incrociate sul bordo del tavolino di un paio di uomini, lasciando intravedere la pelle diafana della sua coscia attraverso lo spacco del vestito.

Si avvicinò ad uno dei due, sfilandogli il fazzoletto da taschino che aveva nella tasca: con lo sguardo più sensuale di cui fosse capace, Chrissie lasciò un bacio su quel lembo di stoffa, imprimendoci sopra uno stampo rosso fuoco delle sue labbra. Lasciò poi cadere il fazzoletto sul tavolo, sogghignando alla vista di quegli uomini che facevano a gara per riuscire ad impossessarsi del prezioso straccetto.

And if I catch it coming back my way
I'm gonna serve it to you
And that ain't what you want to hear
But that's what I'll do
And the feeling coming from my bones
Says find a home”


Secondo dopo secondo, Brian vide le sue certezze su Chrissie sgretolarsi lentamente davanti ai suoi occhi: la ragazza tutta pepe e rock‘n’roll che aveva conosciuto più di due anni prima e che aveva amato da quel momento non era di certo quella sorta di femme fatale che si aggirava tra i tavoli del locale, sedendosi in braccio agli ospiti e stuzzicandoli con il suo innegabile fascino.

Vedere la sua ragazza atteggiarsi da sciacquetta mandò Brian su tutte le furie: gli uomini ai quali Chrissie si avvicinava le toccavano la schiena, le stringevano le cosce e si ritrovavano ad un centimetro dalle sue labbra e dal suo seno. Il fatto che dei perfetti sconosciuti, per di più in là con l’età, si permettessero di esplorare quella parte così intima di Chrissie che solo lui da due anni a quella parte aveva avuto il diritto di toccare, lo mandò letteralmente in bestia. E la cosa che più gli spezzò il cuore fu vedere la sua fidanzata stare al gioco di quei porci schifosi, facendosi toccare come se nulla fosse.

-Brian, stai calmo – disse Roger all’amico, vedendolo stringere la tovaglia del tavolo con tale foga da avere le nocche bianche.

-Io li ammazzo e poi ammazzo anche lei- biascicò il ricciolo a denti stretti, gli occhi iniettati di sangue.

I'm going to Wichita
Far from this opera for evermore
I'm gonna work the straw
Make the sweat drip out of every pore
And I'm bleeding, and I'm bleeding, and I'm bleeding
Right before the lord
All the words are gonna bleed from me
And I will sing no more
And the stains coming from my blood
Tell me go back home”


Quando Chrissie finì di cantare e si nascose di nuovo dietro alle cortine del sipario, sentì un forte scroscio di applausi e un sacco di fischi d’apprezzamento. Soddisfatta, tirò un sospiro di sollievo: il suo show aveva riscosso un grande successo, perciò il proprietario la avrebbe pagata profumatamente.

Si tolse rapidamente i tacchi a spillo e quell’abito ingombrante e, indossati nuovamente i suoi vestiti e delle scarpe da ginnastica, si guardò allo specchio del piccolo camerino che le avevano allestito.

Cercò inutilmente di trattenere le lacrime: si sentiva sporca, una grande bugiarda nei confronti di Brian. Ogni sera che passava in quel posto, sentiva che una parte della sua intimità spariva inesorabilmente. Era una mezza puttana, non c’erano altri termini per descrivere ciò che era.

Con la poca faccia tosta rimasta, Chrissie cercò di darsi una sistemata e raggiunse il proprietario del locale per ottenere il suo compenso.

Dall’altra parte del locale, il giovane Brian May si alzò dal tavolo non appena la vide sparire dietro al sipario e, senza dire una parola, si incamminò verso la fermata della metro più vicina, con il cuore pieno di amarezza e delusione, completamente a pezzi. 


    


29 Settembre 1971

Era ormai pomeriggio inoltrato e Brian non aveva risposto a nessuna delle sue telefonate per tutto il giorno.

Inizialmente, Chrissie aveva pensato che i ragazzi fossero tornati all’alba la sera prima e che quindi Brian fosse ancora a letto addormentato e con dei postumi di sbronza da paura, tuttavia, ora iniziava davvero a preoccuparsi.

Senza pensarci due volte di più, Chrissie attraversò il campus dell’Imperial College e si diresse verso l’appartamento di Brian. Bussò un paio di volte ma non ricevette alcuna risposta. Bussò nuovamente e questa volta, dopo alcuni minuti d’attesa, qualcuno le aprì.

-Che cosa vuoi? – domandò Brian secco, guardandola in cagnesco.

Chrissie rimase scioccata alla vista delle condizioni del suo ragazzo: aveva profonde occhiaie violacee, gli occhi rossi e gonfi, come se avesse pianto a lungo e un’espressione stravolta dipinta sul volto, una maschera di tormento.

-Sono ore che provo a chiamarti – disse lei, titubante -Che ti è successo? –

-Hai anche la faccia tosta di chiedermi cosa mi sia successo… -

Chrissie era confusa, anche se un brutto presentimento iniziò a farsi largo tra i suoi pensieri, il quale si concretizzò non appena Brian nominò quel maledetto posto in cui lavorava.

-Poisoned Garden ti dice qualcosa? – domandò retoricamente il ragazzo, incrociando le braccia al petto.

“Oh no” pensò Chrissie “Non ora, non così”.

-Di che diavolo stai par… -

-CRISTO, PIANTALA DI MENTIRMI! – gridò Brian.  Chrissie sobbalzò. Non aveva mai visto il ricciolo così arrabbiato -Ti ho vista, ieri sera. Tu e il tuo spettacolino da donna vissuta –

Chrissie abbassò lo sguardo, sentendosi una vigliacca. Si voltò, dando le spalle a Brian. Provava così tanto ribrezzo nei confronti di sé stessa da non riuscire nemmeno a guardare il suo ragazzo in faccia.

-Come hai potuto farmi questo? – sussurrò lui -GUARDAMI QUANDO TI PARLO, DANNAZIONE –

Chrissie si scosse, tremando. Si voltò lentamente, lasciando che le lacrime scorressero sul suo viso, ma non rispose.

-Hai sempre detto di amarmi, che nella tua vita non c’erano altri uomini se non io– rincarò Brian, ricominciando a piangere -Tutte stronzate. Te ne andavi quasi ogni sera in quel maledetto posto, a farti guardare e toccare da quei porci schifosi –

Chrissie continuò a rimanere in silenzio, incassando ogni colpo. Ad ogni parola di Brian sentiva che un pezzo di lei stava morendo, consumato dalle sue stesse bugie. E la cosa che più la faceva stare male era che il suo ragazzo aveva ragione su tutto. Era solo colpa sua.

-Avevi bisogno di più attenzione? – domandò Brian, con tono più pacato, trattenendo dei singulti -Dimmelo, perché non riesco a capire le ragioni di questo tuo comportamento. Cosa possono darti quei miserabili in più di quello che ti ho dato io? Mi sono completamente aperto a te, ho fatto i salti mortali per trattarti come una regina anche se non avevo niente, ho sempre cercato di renderti felice –

-I- io… Tu… Non hai fatto niente di sbagliato. Mi hai sempre resa felice – sussurrò Chrissie flebilmente.

Brian batté un pugno sul tavolino del salotto, mandando in frantumi il portacenere di ceramica che era appoggiato sopra: -ALLORA DIMMI PERCHE’ CAZZO LO HAI FATTO –

Chrissie non rispose, continuando a piangere in silenzio, fino a quando l’ennesimo urlo di Brian non la riportò alla realtà: -RISPONDIMI CHRISTINE -

-PER SOLDI, MALEDIZIONE – Chrissie scoppiò in un pianto isterico, alternato da singulti e colpi di tosse che tuttavia non parvero impressionare Brian più di tanto.

-Quando mi sono laureata, i miei genitori mi hanno tagliato i fondi – ammise Chrissie, riprendendo fiato -Dopo tutto quello che è accaduto la scorsa estate, durante il pranzo a casa mia, i miei genitori hanno deciso di non finanziare più i miei studi per il master. Una volta presa la prima laurea, avrebbero smesso di pagare la retta universitaria e l’affitto dell’appartamento, e così hanno fatto. All’inizio dell’anno accademico io mi sono ritrovata senza più un centesimo in mano, non avevo scelta –

Brian continuò a guardarla in cagnesco: -Ce l’avevi una scelta. Nessuno ti ha obbligata a fare quello sporco lavoro, sempre che si possa definire tale –

-E come avrei fatto a pagare l’università e l’appartamento? – gridò Chrissie, ricominciando a piangere -Un misero lavoro part time come barista mi avrebbe dato a malapena il denaro sufficiente per mangiare –

-Potevi parlarmene – continuò Brian, spietato – Avremmo trovato una soluzione, insieme. Non avrei avuto problemi a ospitarti nel mio appartamento. E anche Roger avrebbe appoggiato l’idea –

-Facile parlare adesso, non credi? – lo attaccò Chrissie -Al mio posto avresti fatto lo stesso –

-Certo che no! – sbraitò Brian -Non avrei mai usato il mio corpo come mezzo di guadagno. Non ti avrei mai tradita così -

Chrissie si sentì profondamente umiliata: -Adesso mi parli come se io fossi una puttana… Lo hai visto con i tuoi occhi, non ci ho fatto nulla con quegli uomini. Niente di niente. Perciò non osare dire che ti ho tradito –

Brian rise istericamente: -Non ci hai fatto niente? Devo forse elencarti il numero di persone che solo ieri sera ho visto toccarti gambe, seno e sedere? E tu in tutto ciò non hai detto niente –

-Fa tutto parte dello show – disse Chrissie, arrabbiata – Il proprietario del pub mi paga per quello! Pensi che a me faccia piacere? Pensi che mi piaccia farmi toccare da degli sconosciuti? –

-Io non so più cosa pensare di te, Chrissie – sussurrò il ragazzo, ricominciando a sentire le lacrime sgorgare dagli occhi e rigargli il viso.

La ragazza incrociò le labbra al petto: -Te lo dico io, allora: no, non mi fa affatto piacere. Ma se il mio corpo e la mia voce sono l’unico mezzo che ho per potermi permettere una casa e degli studi, allora mi dispiace, ma accetto il compromesso -

-Non pensavo che saresti stata disposta a perdere la tua dignità per denaro – riprese Brian, scuotendo la testa – Credevo di conoscerti, Chrissie Mullen, ma evidentemente non è così –

-No, infatti –

Nella sala piombò improvvisamente un triste silenzio. Entrambi si guardarono con aria devastata e delusa, senza dire una parola. Chrissie si tolse la collana con il diamante che Brian le aveva regalato per il suo ventitreesimo compleanno, lasciandogliela in mano e dirigendosi verso la porta d’ingresso dell’appartamento.

-Allora credo che tu ed io non abbiamo più niente da dirci - 




Spazio Autrice:
Buon pomeriggio a tutti, carissimi lettori!
Come state? Spero bene. Io sono stra in ansia perchè domani partirò per Firenze per un campionato italiano di pattinaggio. Speriamo di non fare troppe figuracce, anche perchè c'è la tv a riprendere la competizione e se dovessi fare qualche cagata probabilmente ne morirei ahahaha. 
Dopo questi inutili incisi che non fregano a nessuno, direi di passare al capitolo. 
Io vi avevo avvisati che sarebbe successo un po' un casino...
Ok, probabilmente metà delle persone starà chiedendo la mia testa su un vassoio d'argento, ma suvvia, prima o poi doveva pur succedere! In una relazione non può essere tutto rose e fiori, anche se hai come partner Brian May che ti vizia come una principessa. Se volete, date pure la colpa ai genitori di Chrissie psr questo scempio, tanto ho constatato che li odiate tutti!
Per la scena al Poisoned Garden, mi sono ispirata al personaggio di Jessica Rabbit quando si esibisce al club "Inchiostro e Tempera" in "Chi ha incastrato Roger Rabbit?", film del 1988. Potete tranquillamente trovare l'esibizione da cui ho preso spunto su Youtube, cercando semplicemente Jessica Rabbit.
La canzone di questa settimana, invece, è una versione rivisitata della celeberrima "Seven Nation Army" dei White Stripes, 2003. La versione che ho scelto per il capitolo è stata relizzata da Scott Bradlee's Postmodern Jukebox e da Haley Reinhart. Ve la lascio, come sempre, nella playlist di Spotify, ma potete trovarla anche su Youtube.
Ed ora, passiamo i ringraziamenti: come al solito, ringrazio le mie fedeli recensiste che mi portano qualche gioia con i loro bellissimi commenti settimanali. Il capitolo di oggi lo dedico a Carmaux_95 che ho avuto il piacere di incontrare di persona e con la quale ho condiviso un'ottima cioccolata delle macchinette dell'università. Cara Bea, è tutto per te!
Per questa settimana mi pare di avervi detto tutto. Vi ringrazio di cuore per aver seguito la storia anche questa settimana e vi do appuntamento a mercoledì prossimo, per scoprire sequesti due faranno pace oppure no.
Un bacione a tutti,
                                Jenny

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Capitolo 14
*** Capitolo 13: Habits ***


CAPITOLO 13: Habits

  
22 Ottobre 1971

Erano passate tre settimane da quando lei e Brian si erano lasciati e Chrissie sentiva che ogni giorno che passava una piccola parte dentro di sé moriva lentamente.

Il tempo cura ogni ferita” aveva sempre sentito dire.

Tutte stronzate.

Era dal 29 settembre che Chrissie non usciva dal suo appartamento, che non vedeva nessuno a parte la sua ombra e che non faceva altro che singhiozzare. Mangiava a stento, passava le giornate a piangere e a rimuginare su quello che aveva fatto e che Brian le aveva detto, per poi ricominciare a piangere fino a quando il sonno aveva la meglio. Anche dormire era diventata un’impresa. Sempre più spesso, si risvegliava gridando nel cuore della notte, madida di sudore, a causa di innumerevoli incubi. Era entrata in un circolo vizioso dal quale pareva impossibile scappare.

Chrissie aveva perso il conto delle innumerevoli volte in cui Sheryl, Roger, Charlie e tutti i suoi amici avevano telefonato per sapere come stava, tuttavia non aveva mai osato alzare la cornetta: l’idea di poter essere giudicata anche da loro per tutte le menzogne e per quello che aveva fatto la terrorizzava.

Con passo tremante, la ragazza si diresse in bagno. Osservò il suo riflesso nello specchio e per poco non le venne un colpo: faceva schifo, era irriconoscibile. Il viso roseo e sorridente di tutti giorni aveva lasciato spazio ad una maschera mostruosa. Aveva il volto scavato da profonde occhiaie scure, gli occhi rossi e gonfi per aver pianto troppo e la pelle – oramai bianca come quella di un cadavere – era perennemente infradiciata da lacrime salate. I capelli castani un tempo lunghi e lisci si erano trasformati in un groviglio selvaggio e le clavicole alla base del collo si erano fatte più sporgenti e spigolose a causa della scarsa alimentazione.

Disgustata da quell’orrida visione, Chrissie si spogliò e si infilò in doccia. Ruotò la manopola e lasciò che l’acqua bollente la investisse completamente, lavando via ogni cosa. Chiuse gli occhi, cercando di non pensare a niente, concentrandosi solamente sullo scroscio dell’acqua sopra di sé, ma fu tutto inutile. La sua mente dirottava continuamente i suoi pensieri verso un’unica persona: Brian.

Chrissie non riusciva a darsi pace per quello che aveva fatto, per tutte le bugie che gli aveva raccontato: aveva ragione lui, anche se non carnalmente, lo aveva tradito. Aveva tradito la sua fiducia, il suo amore, il suo rispetto e questo era molto più grave di una scappatella.

Con quei pensieri in testa, il precario equilibrio umorale di Chrissie collassò, rigettandola nuovamente nello sconforto. Iniziò a singhiozzare violentemente, appoggiandosi con i gomiti alle pareti bianche del box doccia, le lacrime che si mescolavano all’acqua corrente. Rimase a lungo in quella posizione, le sue urla e i suoi singulti ovattati dallo scroscio dell’acqua.

Una volta uscita, Chrissie si asciugò i capelli e si diresse in camera da letto. Pescò dall’armadio un pigiama pulito e lo indossò, guardandosi nello specchio a parete appoggiato sopra la cassettiera: aveva ancora un’aria orrenda ma perlomeno era pulita.

Stanca e con la testa pesante per aver pianto tanto sotto la doccia, Chrissie si lasciò cadere sul letto, coprendosi con una pesante trapunta blu fino alla testa. Chiuse gli occhi, pregando di riuscire ad addormentarsi velocemente e di dormire almeno qualche ora di fila, dal momento che la notte precedente si era riposata sì e no quattro ore, sempre a causa di quei maledetti incubi.

Si lasciò cullare dal tepore delle coperte, dalla morbidezza dei cuscini e dal silenzio che regnava sovrano, cadendo lentamente fra le braccia di Morfeo. Era oramai praticamente addormentata, quando sentì la porta di casa sbattere e un fastidioso ticchettio di scarpe rimbombare sul pavimento.

Sheryl apparve sulla porta della camera con aria preoccupata e, non appena vide in quali condizioni era ridotta l’amica, l’espressione sul suo viso mutò in sconforto: -Cristo santo Chrissie… Ma come ti sei ridotta? –

La ragazza sollevò leggermente il capo dal cuscino, giusto il necessario per riuscire a vedere l’amica: -Lo so, faccio schifo, Sher… Come hai fatto ad entrare? –

Sheryl si sedette sul bordo del letto, togliendosi il cappotto di pelliccia e scrutando la sua migliore amica da capo a piedi: sembrava una morta.

-Roger mi ha dato le chiavi. Che ti succede? Sono tre settimane che non ti fai vedere e quando mi presento qui mi ritrovo una sottospecie di cadavere al posto della mia migliore amica! –

La ragazza si rigirò nel letto, dando le spalle a Sheryl e coprendosi nuovamente con la trapunta: -Non ne voglio parlare Sher, non ce la faccio. Ho solo bisogno di rimanere sola per un po’ –

-Ma non puoi barricarti in casa e lasciarti consumare in questo modo! – gridò Sheryl – D’accordo, hai fatto una stronzata, UNA GRANDE, ANZI, GRANDISSIMA STRONZATA, ma ti assicuro che fare l’eremita qui dentro non ti porterà a niente –

-Come fai anche solo a parlarmi dopo tutto quello che ho fatto? Ho mentito a tutti, a te, a Roger, a… Brian – sbottò Chrissie, crollando di nuovo in un pianto isterico. Solo il fatto di nominare il ricciolo le costava uno sforzo sovrumano per trattenersi e non scoppiare in lacrime.

Sheryl fece roteare gli occhi, avendo previsto un’imminente crisi di pianto: -Perché sei la mia migliore amica e puoi fare tutte le cazzate del mondo ma io sarò sempre qui a darti una mano –

-Davvero? – pigolò Chrissie, strofinandosi un occhio.

La bionda annuì, spalancando le braccia per accogliere la sua migliore amica. Chrissie si lasciò completamente avvolgere dal suo abbraccio, sentendosi come una bimba indifesa insieme alla sua mamma.

-Adesso ti do mezz’ora di tempo per prepararti, dopodiché ti porto fuori a prendere una bella boccata d’aria fresca. Hai bisogno di divertirti un po’, tesoro mio – disse Sheryl, risoluta. Si alzò dal letto, spalancando l’armadio dell’amica, alla ricerca di qualcosa di adatto per quella serata.

Chrissie sgranò gli occhi, nascondendosi nuovamente sotto la trapunta blu: -Non ne ho voglia Sher, ti ringrazio per l’offerta ma non ce la faccio. Come ti ho già detto, ho solo bisogno di rimanere qui tranquilla per un po’. Prima o poi mi passerà ma è ancora troppo presto –

Sheryl incrociò le braccia al petto e sollevò un sopracciglio con aria disgustata: -Tu, razza di mezzo cadavere, cosa ne hai fatto della mia migliore amica? La Chrissie Mullen che conosco da anni non direbbe mai una cosa del genere. La Chrissie Mullen che conosco è sempre pronta ad affrontare qualunque cosa a testa alta, non rimarrebbe mai chiusa in casa per settimane ad autocommiserarsi e piangersi addosso. Perciò, adesso, ti dico solo una cosa: fuori i coglioni che Madre Natura (non) ti ha fatto, datti una sistemata e vestiti perché ti riporto immediatamente nel mondo reale –

Chrissie ascoltò tutto il discorso di Sheryl e alla fine non riuscì a trattenere una sonora risata, la prima dopo tanto tempo. Ora capiva perché quella ragazza bionda tutto pepe era la sua migliore amica.

Una persona del genere era una su un milione.

  

-Tu lo sai che finirò per scolarmi tutto il bar e che sarà tuo dovere riportarmi a casa, vero? – domandò Chrissie in maniera retorica.

Sheryl annuì: -Oh, lo so bene. Ma accetto anche una Chrissie sbronza piuttosto che rivedere di nuovo una Chrissie mezza morta – barricata in casa! –

Con una buona dose di pazienza e capacità di persuasione, Sheryl era riuscita a convincere la brunetta ad uscire di casa per trascorrere la serata insieme. Non appena lasciarono l’appartamento, un vento freddo e rinvigorente attraversò i corpi delle due ragazze, facendole rabbrividire. Chrissie inspirò a pieni polmoni quell’aria gelata, percependola per la prima volta dopo tanto tempo.

A passo svelto, le due ragazze si diressero verso il bar dell’università, poco distante dall’appartamento di Chrissie, vicino alla sede centrale del campus di economia. Quando entrarono, furono accolte da un forte odore di alcool e un’assordante musica di sottofondo, che annebbiarono i loro sensi già dopo pochi secondi. Il locale era strapieno di gente, dal momento che era venerdì sera, ma per fortuna le due ragazze riuscirono a trovare un tavolino a cui accomodarsi.

-Uff, non ho mai visto così tanta gente qui dentro – borbottò Sheryl, sedendosi, dopo aver ricevuto diversi spintoni per farsi largo in quella bolgia.

Chrissie appoggiò i gomiti e il mento al tavolo con aria sconsolata: -Te l’ho detto che era meglio rimanere a casa… -

La bionda fulminò l’amica con lo sguardo, passandole il menù delle consumazioni: -Taci e prendi qualcosa da bere –

Chrissie osservò per qualche minuto il lungo elenco, fino a quando la sua attenzione non fu catturata da un particolare cocktail segnalato in rosso, in quanto parecchio pesante: AK- 47.

Brandy, vodka, rum, bourbon, scotch, gin e Cointreau tutto nello stesso bicchiere. Perfetto” pensò la brunetta, accennando un sorriso.

-Come mai quel sorriso? – domandò Sheryl, incuriosita.

Chrissie le indicò il cocktail letale sull’elenco del menù, richiamando l’attenzione del cameriere più vicino: -Credo di aver trovato qualcosa che mi metterà a nanna per un bel po’ –

Quando lesse il nome del cocktail, Sheryl sollevò un sopracciglio, incredula: d’accordo, la sua migliore amica aveva uno stomaco di ferro ed era parecchio difficile farla ubriacare ma quella cosa era davvero pesante anche per lei.

-Vacci piano Chrissie, non vorrei portarti in ospedale –

-Non succederà, voglio solo che il casino che ho in testa sparisca per un po’ – sussurrò la ragazza, abbassando lo sguardo. In effetti, con il senno di poi, l’idea di Sheryl di uscire per bere qualcosa non era stata poi così cattiva.

Pochi minuti dopo aver ordinato, il cameriere arrivò con i cocktail delle due amiche: -Ecco a voi, ragazze. E… -lanciò un’occhiata al bicchiere di Chrissie, contenente un liquido trasparente accompagnato da diversi cubetti di ghiaccio -Buona fortuna con quello! –

-Cin – trillò Sheryl, facendo tintinnare i bicchieri.

-Quando pensi di ritornare alle prove? Le ragazze sono preoccupate, suonare senza di te non è la stessa cosa – continuò la bionda, sorseggiando il suo margarita.

Chrissie fece roteare la cannuccia all’interno del bicchiere, facendo spallucce: -Non lo so, Sher. Credo di aver bisogno ancora di un po’ di tempo per realizzare ed accettare questa cosa –

-Forse suonando con noi ti sentiresti meglio. La musica è un ottimo strumento per distrarsi, lo sai bene, e poi credo che… OH, CRISTO – Il discorso di Sheryl si interruppe immediatamente non appena vide un ragazzo alto, dai lunghi riccioli scuri entrare dalla porta d’ingresso del bar, in compagnia di una ragazza dai boccoli color del fuoco, gli occhi chiari e dei lineamenti dolci sul viso.

Brian. Con un’altra ragazza.

-Ma che ti succede? – domandò Chrissie, osservando lo sguardo fisso dell’amica su qualcosa alle sue spalle.

Sheryl le afferrò rapidamente un braccio, prima che l’amica potesse voltarsi: -Non girarti, non vuoi sapere cosa c’è là dietro –

Chrissie aggrottò le sopracciglia, guardando la bionda come se si fosse rincretinita tutto d’un tratto: -Sher, quando fai così mi spaventi, cosa potrà mai esserci di così terribile? –

Incurante degli avvertimenti di Sheryl, Chrissie si voltò in direzione della porta del bar e, non appena vide Brian in compagnia di quella ragazza dai boccoli rossi, il suo cuore perse un battito e il respiro le si mozzò in gola.

Ecco, appunto” pensò Sheryl, osservando lo sguardo scioccato dell’amica.

Chrissie non riusciva a credere ai suoi occhi: Brian May, il timido, impacciato e maldestro Brian May non ci aveva messo molto a dimenticarla. E il fatto che se ne stesse seduto su uno degli sgabelli del bancone a ridere e scherzare in compagnia di una rossa super sexy le fece capire che probabilmente si era lasciato alle spalle la loro rottura già da parecchio tempo.

Stupida io che sto ancora male per lui” pensò Chrissie, sentendo la rabbia montare e le lacrime offuscare la sua vista per l’ennesima volta.

Per qualche secondo, lo sguardo di Brian attraversò gli occhi di Chrissie, facendola sentire come se qualcuno la stesse pugnalando. Il ragazzo non disse niente, rimase a fissarla negli occhi con un’espressione neutra, aspettando una sua reazione.

-Non farlo di fronte a lui – sussurrò Sheryl, consapevole del fatto che la sua migliore amica fosse prossima ad un pianto isterico.

Chrissie annaspò, cercando di ricacciare indietro le lacrime. Prese il bicchiere che aveva ordinato e ne trangugiò l’intero contenuto in pochi secondi, incurante del fatto che fosse una botta non solo per il suo stomaco ma anche per il suo cervello.

-Ho bisogno d’ aria – biascicò la brunetta, prendendo la sua borsa e uscendo a grandi falcate dal locale, senza dare il tempo a Sheryl di controbattere.

L’aria della sera era gelata ma Chrissie non si curò nemmeno di prendere la giacca. Si sedette su una panchina fuori dal locale e ricominciò a singhiozzare, le lacrime che si ghiacciavano a contatto con l’aria fredda. Ripensò a quanto fosse stupida quella situazione: lei che stava male, che piangeva da settimane come una bambina mentre Brian se ne stava dentro al bar a divertirsi con la sua nuova fiamma. Ma d’altronde se lo meritava, se si trovava in quella situazione di merda era solo colpa sua.

Aveva perso la cosa più preziosa che aveva e lo aveva fatto per una cazzata.

Qualche minuto dopo, Sheryl si presentò al suo fianco, porgendole il cappotto che aveva lasciato all’interno del bar: -Ti riporto a casa e questa notte rimango a dormire da te. Non ti lascio da sola, te lo prometto –


   

Chrissie si svegliò con un mal di testa tremendo e con dolori in tutto il corpo. La luce bianca che filtrava dalle finestre le dava parecchio fastidio e persino le tinte chiare e brillanti della sua camera da letto la urtarono non poco.

Cercando di mettere a fuoco i numeri segnati sulla sveglia, Chrissie controllò l’orario: le 13,20. Aveva dormito veramente tanto. Cercando di non fare caso al lancinante dolore alla testa e al senso di nausea, sorrise fra sé e sé: quel cocktail assurdo alla fine aveva funzionato. Aveva dormito almeno dieci ore di fila senza svegliarsi, senza piangere e senza avere incubi.

Con passo traballante, appoggiandosi ai mobili della stanza per evitare di cadere, Chrissie si diresse in cucina, dove trovò Sheryl intenta a studiare su un enorme manuale.

-Oh, finalmente sei sveglia! – trillò la bionda, chiudendo il libro per concentrarsi sull’amica -Come ti senti? –

Chrissie prese un bicchiere dalla credenza, lo riempì d’acqua e fece sciogliere al suo interno un’aspirina, per poi trangugiare il tutto: -Mi sento un po’ a pezzi. Ma che cavolo è successo ieri sera? – domandò, confusa.

In effetti, non ricordava granché della sera precedente: aveva diverse immagini nebulose che vorticavano nella sua mente, come per esempio lei e Sheryl al bar, lei che piangeva e giurò a sé stessa che in quel locale fosse presente anche Brian, ma non ne era certa. Le era capitato così tante volte di sognarlo durante la notte, che oramai non distingueva più la realtà dai suoi incubi.

-Non ti ricordi davvero nulla? – domandò Sheryl, appoggiando i gomiti sul tavolo e incrociando le mani sotto il mento.

Chrissie scosse la testa, pregando di non aver fatto qualche altra stronzata.

-Beh, dopo che hai visto Brian, ti sei scolata in due secondi quel cocktail maledetto e sei uscita a piangere –

Quindi non me lo sono immaginato. Brian era davvero lì” pensò Chrissie, rattristandosi improvvisamente.

-Ti ho riportata a casa, visto che eri già parecchio alticcia dopo quel cocktail. Sei andata in fame chimica e ti sei sbafata da sola una scatola intera di Twinkies. Immagina il risultato dell’operazione alcool + aria gelida + una marea di dolcetti ipercalorici –

Chrissie si portò una mano sulla fronte, cercando di nascondere la sua faccia: -Non dirmelo, ho dato di stomaco –

-Per un’ora intera, tesoro mio – disse Sheryl, sincera -Alla fine ti ho messa a letto, ho aspettato che ti addormentassi e sono andata a dormire anche io –

-Perdonami Sher, non volevo causarti tanto disturbo – sussurrò Chrissie, sentendosi una lattante che ha bisogno di una baby - sitter h24.

La bionda fece spallucce, raccogliendo tutte le sue cose dentro ad una borsa e dirigendosi verso la porta: -Non dirlo neanche, sai che se hai bisogno io ci sono. Ora devo scappare a lezione, ce la fai a non combinare disastri per qualche ora? – domandò, ironica.

Chrissie accennò un sorriso: -Certo, Sher. Vai pure –

-Ti chiamo questa sera. Vedi di rispondermi, altrimenti torno qui a prenderti a calci nel sedere – l’avvertì Sheryl, richiudendo la porta dietro di sé.

Non appena la bionda se ne fu andata, Chrissie rimase nuovamente sola con i suoi pensieri. Una cosa la aveva capita dalla sera precedente: non poteva andare avanti così. Quella routine di pianti, mezze dormite e autocommiserazione la stava uccidendo.

-Non è la prima volta che vieni piantata, cosa hai fatto quando Jimmy ti ha lasciata? – si domandò Chrissie, retoricamente.

Ho scritto una canzone: I Miss The Misery

La ragazza ripensò alla situazione simile che aveva vissuto più di due anni addietro, quando lei e il suo ex fidanzato avevano rotto: ci era stata male per un po’, aveva pianto, ma alla fine Sheryl le aveva consigliato di sputare fuori tutte quelle sensazioni malsane e di scrivere una canzone, ovvero fare la cosa che le veniva meglio in assoluto. Alla fine, aveva realizzato un capolavoro, non c’era brano di cui fosse più fiera in tutta la discografia delle Dark Shore.

E se scrivere una canzone su ciò che provava in quel momento potesse aiutarla?

Se anche questa volta la musica fosse la sua ancora di salvezza?

Tentar non nuoce

In preda all’estasi del momento, Chrissie afferrò un foglio bianco e iniziò a scrivere qualche riga: gli avvenimenti della sera prima la avevano ispirata, perciò, perché non parlare proprio di come era andata quella serata?

“I eat my dinner in my bathtub 
Then I go to sex clubs 
Watching freaky people getting it on 
It doesn't make me nervous 
If anything I'm restless 
Yeah I've been around and I've seen it all


I get home, I got the munchies 
Binge on all my Twinkies 
Throw up in the tub, then I go to sleep 
And I drank up all my money 
Tasted kind of lonely”


Il prossimo passo era affrontare le sue sensazioni: perché era andata in qual bar a ubriacarsi?

Voglio solo che il casino che ho in testa sparisca per un po’” così aveva detto a Sheryl.

In effetti, era vero. Stare rinchiusa in casa a deprimersi, a domandarsi mille perché, a incolparsi di tutto ciò che era accaduto fra lei e Brian la stava lentamente consumando, non solo mentalmente ma anche fisicamente. Si sentiva in gabbia.

“Staying in my play pretend 
Where the fun ain't got no end 
Oh, can't go home alone again 
Need someone to numb the pain"


"You're gone and I got to stay high 
All the time to keep you off my mind,
High all the time to keep you off my mind,
Spend my days locked in a haze 
Tryin' to forget you babe, I fall back down 
Got to stay high all my life to forget I'm missing you”


Chrissie trascorse l’intero pomeriggio a scrivere la melodia per la sua canzone, a provarla, a sistemare ogni singolo suono e le sue sfumature. Voleva che fosse perfetta, che fosse paragonabile ad “I Miss The Misery”.

Si fece prendere così tanto la mano dalla produzione di quella canzone che quando controllò l’orologio per sapere che ore erano si stupì nello scoprire che erano le sei e mezza passate. Aveva completamente perso la cognizione del tempo e per un pomeriggio intero non aveva versato nemmeno una lacrima.

Era ancora sovrappensiero, quando sentì il telefono di casa squillare. Sicura di chi ci fosse dall’altro capo del telefono, Chrissie sollevò la cornetta: -Sher, ho scritto un nuovo pezzo per le ragazze. Domani verrò alle prove per farvelo sentire, non vedo l’ora –

Per la prima volta, dopo quasi un mese, Chrissie Mullen sentì un peso in meno sull’anima.



Spazio Autrice:

Buonasera a tutti, miei carissimi lettori!
Rieccomi qui, dopo il drammatico capitolo della settimana scorsa, fresca come una rosa, come se non fosse successo niente.
Ok, la maggior parte di voi vorrebbe prendere a schiaffi Chrissie per quello che ha fatto, but hey, he's only human, after all! No, scherzavo. Prendetela pure a pugni, ha fatto una cagata ed è giusto che adesso si becchi tutte le beghe di questo mondo, crisi di pianto si o crisi di pianto no.
In questo capitolo abbiamo solo il suo punto di vista ma non preoccupatevi, il prossimo sarà interamente dedicato a Brian!
Allora, che ne pensate di questo capitolo?
Finalmente abbiamo conosciuto una Chrissie completamente spogliata di ogni certezza, di ogni sicurezza, abbandonata alle sue angosce. Per fortuna che ha ancora la sua amica Sheryl a sostenerla, altrimenti, probabilmente, si sarebbe già buttata da un balcone.
La canzone che ho scelto per questo capitolo si chiama Habits (Stay High) ed è un brano elettropop del 2013, scritto dalla cantante svedese Tove Lo. Io ho deciso di utilizzare una cover degli Our Last Night per quest'occasione, in quanto rock e sicuramente più adatta allo stile di Chrissie. Io amo questa canzone, in qualunque salsa o remix!
Per chi se lo stesse chiedendo, l' AK-47 è davvero un cocktail allucinante che non auguro a nessuno di provare, bleah! 
Passando ai ringraziamenti, come sempre faccio una statua d'oro alle mie fedelissime recensiste che dedicando dieci minuti alla settimana a questa storia, a chi legge in maniera silenziosa e a chi mette la storia tra le preferite/ seguite!
In particolare, vorrei ringraziare Badgirl99, killerqueen95 e PiccolaStella94 che hanno messo la storia fra le preferite e fra le seguite. Davvero, non so come ringraziarvi, questa cosa mi fa molto piacere!!
Anche per questa settimana mi sembra di avervi detto tutto, come sempre vi ricordo che potete trovare tutte le canzoni utilizzate in questa storia nella playlist di Spotify, il cui link vi lascio qui sotto.
Alla prossima settimana!
Un bacione,
                    Jenny


LINK PLAYLIST SPOTIFY:   https://open.spotify.com/user/21ekfspbopztn5dsisbmousna/playlist/5GFxDwTiDkQmFO9kNAJt1E?si=QaorkBfzQ-GoqUn5xc9ABQ

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14: I'm Not The Only One ***


 CAPITOLO 14: I'm Not The Only One

   

11 Ottobre 1971

Roger entrò in casa facendo meno rumore possibile, preoccupandosi (per la prima volta) di non sbattere la porta. Molto probabilmente, Brian stava dormendo e non aveva alcuna intenzione di svegliarlo, non nelle sue recenti condizioni.

Dopo aver chiuso a chiave la porta d’ingresso, Roger si diresse in cucina a passo felpato. Aveva una fame assurda: era rimasto in sala prove con i ragazzi per più di cinque ore e Freddie, da maledetto perfezionista qual era, non aveva voluto sentir parlare di andare via fino a quando il pezzo a cui stavano lavorando non fosse venuto perfettamente, così aveva costretto lui e John a balzare la cena.

Avvicinandosi al cucinotto, Roger notò con stupore che la luce era accesa. All’interno, trovò Brian seduto al tavolo, intento a scrivere qualcosa su un bloc notes a quadretti, mentre la sua vecchia e sgangherata chitarra acustica era appoggiata sulla sedia accanto alla sua.

-Ehilá Bri… - sussurrò Roger, facendo capolino dalla porta.

Non appena sentì la voce dell’amico, Brian sussultò. Era talmente concentrato sul suo operato che non si era minimamente accorto del rumore prodotto dall’uscio: -Ciao Rog. Uscito ora dalla sala prove? –

Il biondino annuì, aprendo il frigorifero alla ricerca di qualcosa di decente da mangiare: -Esattamente. Sai com’è fatto Freddie… finché non è tutto preciso come vuole lui non ci pensa nemmeno a lasciarci andare. John aveva i calli alle dita dopo aver strimpellato quella maledetta canzone per tutta la sera –

Brian accennò un sorriso, quasi del tutto privo di gioia.

-Tu come stai? – domandò Roger, cauto. Sapeva bene che quella domanda non andava affatto a genio a Brian, tuttavia era impaziente di sapere se il suo amico si stesse riprendendo da quella specie di depressione in cui era caduto.

-Come al solito – biascicò il ricciolo, pacatamente. La sua voce era atona, sembrava una sottospecie di robot.

 Roger intuì che era meglio sviare il discorso: -A cosa lavori? – domandò, realmente incuriosito.

-Ad una canzone per il gruppo – mentì Brian in tono nervoso, spostando istintivamente la mano sul foglio per coprire il testo della canzone.

Sta dicendo una cazzata” pensò il biondino. Conosceva il suo migliore amico fin troppo bene e sapeva che quando mentiva si innervosiva parecchio.

Lanciando un’occhiata fulminea al foglio di bloc notes, Roger notò che sulla parte superiore della pagina, all’altezza dell’intestazione, c’era scritto “I’m Not The Only One” con lo stesso inchiostro blu che aveva visto usare per le canzoni stivate nella sezione “Chrissie” del suo raccoglitore.

-Questa, però, non mi sembra una canzone della nostra tracklist – insinuò il biondo, estraendo dal frigo un paio di uova da cucinare in padella -Sul serio, Bri. A cosa stai lavorando? –

Brian sospirò con aria stanca. Se non avesse vuotato il sacco, Roger sarebbe andato avanti a tampinarlo di domande per ore e discutere con lui era l’ultima cosa che voleva, in quel momento. Decise, quindi, di raccontargli tutto: -Sai, in questi due anni ho scritto a Chrissie più di cento canzoni… Mi sembrava doveroso scriverne una che parlasse anche della… della… -

La voce di Brian si spezzò improvvisamente e un paio di lacrime solitarie iniziarono a rotolare rapidamente giù dalle sue guance, rigando la sua perfetta pelle diafana. Roger appoggiò una mano sulla spalla dell’amico, cercando di tranquillizzarlo: -Ho capito, Bri –

La situazione andava avanti così da circa dieci giorni, oramai: da quando lui e Chrissie avevano rotto, Brian si era lentamente chiuso in sé stesso, trasformandosi in una specie di soprammobile. Usciva la mattina, andava a lezione, tornava la sera e si chiudeva in camera sua per ore, probabilmente a piangere. Roger era convinto che ancora non fosse riuscito ad assimilare ciò che Chrissie aveva fatto e che non fosse nemmeno riuscito ad accettare di aver piantato in asso l’unica ragazza che, più di due anni addietro, si era innamorata di lui anche senza sapere che era un genio della fisica e un chitarrista di una rockband.

-Sono curioso di sentire questa canzone – disse Roger, porgendogli un fazzoletto azzurro di tela.

Brian si asciugò il viso, tamponando via le lacrime: -Non mi va Rog. E poi non è ancora pronta, ha bisogno di essere perfezionata –

Il biondino insistette: -Io credo che tu abbia bisogno di sfogarti per bene. Strimpella quella maledetta chitarra e se ti viene da piangere, fallo. Tenendo dentro tutte queste emozioni, ti stai logorando –

Brian scrutò l’amico con aria incerta: era raro sentire Roger parlare di cose serie, soprattutto di sentimenti. Ma forse aveva ragione lui: sfogandosi, magari quel macigno che sentiva sul cuore si sarebbe alleggerito e lui avrebbe ricominciato a vivere appieno le sue giornate senza passare ore ed ore chiuso in camera a deprimersi e a domandarsi mille perché che non avrebbero mai trovato una risposta certa.

-E va bene – biascicò il ricciolo, imbracciando la chitarra acustica -Ma guai a te se osi prendermi in giro –

Roger si sistemò su una seggiola, trepidante come un bambino al cinema: -Questo mai –

“You and me we made a vow
For better or for worse
I can't believe you let me down
But the proof is in the way it hurts
For months on end I've had my doubts
Denying every tear
I wish this would be over now
But I know that I still need you here”


L’ultimo verso di quella prima strofa confermò i dubbi di Roger: Brian non si era affatto dimenticato di Chrissie. Il fatto che continuasse a tormentarsi per quella triste vicenda ne era la riprova.

Probabilmente si sentiva anche in colpa per come la aveva trattata quel pomeriggio, tuttavia doveva ancora avere dentro parecchia rabbia per quanto accaduto al “Poisoned Garden”. Era un miscuglio indecifrabile di emozioni che lo facevano stare ogni giorno peggio.

“You say I'm crazy
'Cause you don't think I know what you've done
But when you call me baby
I know I'm not the only one”


A Roger vennero i brividi per l’emozione. Non aveva mai sentito Brian suonare una canzone dalla portata emotiva come quella che stava eseguendo in quel momento. I suoi occhi erano fissi sulla chitarra ma erano vacui, probabilmente persi nei meandri del suo inconscio, cercando vagamente di far riaffiorare le dolorose immagini di quella sera al “Poisoned Garden” e del pomeriggio successivo.

“I have loved you for many years
Maybe I am just not enough
You've made me realize my deepest fear
By lying and tearing us up

You say I'm crazy
'Cause you don't think I know what you've done
But when you call me baby
I know I'm not the only one”


Durante l’intermezzo, Brian si lasciò completamente trasportare dalle emozioni e iniziò a singhiozzare rumorosamente. Lacrime salate gli rigarono nuovamente il volto, costringendolo a smettere di suonare. Continuando a piangere, Brian affondò il viso fra le mani, cercando invano di asciugarsi.

Roger era completamente scioccato: non aveva mai visto il suo migliore amico abbattersi in quel modo. Brian era il ragazzo più razionale che avesse ma conosciuto, un tipo di persona che non si sbilancia quasi mai emotivamente, pacato e guidato dalla logica. Vederlo piangere in quel modo, abbandonandosi completamente alle sue sensazioni, fece quasi paura al biondino.

Non era affatto preparato ad affrontare una situazione del genere. Di solito, quando Sheryl era triste per qualche motivo, bastava la sua presenza a tirarle su il morale, ma qualcosa gli fece intendere che quella volta non sarebbe stato sufficiente. In preda al panico, fece ciò che gli consigliò il suo istinto: si alzò dalla sedia e abbracciò stretto Brian.

-Supererai anche questa, Bri – sussurrò il biondo, senza mollare la presa -Sei un cazzo di genio, troverai sicuramente un modo per andare avanti. Nel frattempo, io sono qui. Non ti lascio, fratello-





15 Ottobre 1971:

Roger si presentò in biblioteca tutto trafelato. Erano le 14,30 e sapeva bene che il venerdì, a quell’ora, il suo migliore amico si rintanava sempre lì per portarsi avanti con lo studio. Incurante di avere le scarpe fradice e sporche di fango per la pioggia, ignorando bellamente gli insulti della signorina Bellman, la bibliotecaria, Roger si diresse verso il secondo tavolo della sezione di fisica.

Com’era prevedibile, il biondino trovò il suo migliore amico chino sui libri, intento a ricopiare appunti di chissà quale genere. Spostando rumorosamente una delle sedie (e beccandosi l’ennesima occhiataccia dalla signorina Bellman), Roger si sedette di fronte a Brian, fissandolo con aria compiaciuta.

-Che ci fai tu qui? – domandò il ricciolo, confuso.

-Ho trovato – un sonoro “shhh” da parte della bibliotecaria lo costrinse ad abbassare il tono della voce -Ho trovato un rimedio a tutti i tuoi problemi –

Brian sollevò un sopracciglio, quasi irritato: -Se hai trovato una soluzione alla teoria delle stringhe sono tutt’orecchi, perché io proprio non riesco a venirne a capo –

-Ah ha, molto divertente – biascicò Roger -Non fingere di cadere dal pero, astrofisico dei miei stivali. Sai bene di quali problemi parlo –

Brian si rabbuiò, chiudendo l’enorme manuale di meccanica quantistica che stava consultando prima che l’uragano Roger facesse irruzione in biblioteca: -Non ho voglia di parlarne Rog. Ora scusami, ma vorrei finire di studiare –

-No, adesso noi ne parliamo e affrontiamo insieme la cosa – la signorina Bellman proferì un altro “shhh” al quale Roger rispose con un raffinatissimo dito medio -Non puoi andare avanti così, Brian-

-Così come? –

Roger era sull’orlo di una crisi di nervi. Quando il suo migliore amico si comportava in quel modo ottuso, gli veniva seriamente voglia di prenderlo a testate sui denti.

-Piantala, Bri – disse Roger, secco -Il fatto che tu e Chrissie vi siate lasciati dopo più di due anni di relazione non può costringerti a deprimerti per sempre –

Sentendo il nome della sua ex ragazza, Brian percepì un nodo formarsi in gola.

-D’accordo, hai sofferto e tutt’ora stai soffrendo – riprese il biondino -Ma Cristo santo, sono più di venti giorni che vaghi per l’università come un fottuto robot, non fai altro che piangere e non vieni nemmeno più alle prove con i ragazzi. Questa “cosa” ti sta uccidendo –

Brian fissò il suo migliore amico negli occhi senza proferire parola. Non voleva dargliela vinta, ma doveva ammettere che aveva ragione su tutto: -Hai finito? –

-No, porca puttana – gridò Roger, attirando l’attenzione di alcuni studenti presenti in biblioteca. Con un tono più pacato, riprese il suo discorso -Chrissie sarà anche stata la prima ragazza che si è sinceramente innamorata di te, che ti ha reso felice, ma di certo non è e non sarà l’unica. Ci sono centinaia di ragazze in questo college, ce ne sarà almeno una in grado di riportarti il sorriso, no? –

Brian tentennò: l’idea di ricominciare a frequentare qualcuno così presto non gli piaceva per niente. Forse, in un futuro più o meno lontano, sarebbe riuscito a superare quel brutto colpo, ma per il momento non se la sentiva affatto.

-So a cosa stai pensando – disse Roger, interpretando ogni singola emozione sul volto di Brian –Non dico che devi trovarti subito una nuova ragazza, penso solo che dovresti ricominciare a uscire e a fare nuove conoscenze, tutto qui –

Ancora una volta, Roger aveva ragione. Doveva fare una scelta: ritornare sui suoi passi e cercare di riallacciare i suoi rapporti con Chrissie oppure andare avanti e fare nuove amicizie. Ben conoscendo la sua ragazza e il suo caratterino, Brian ipotizzò che in quel momento lo odiasse a morte e che lo stesse maledicendo in tutte le lingue del mondo, così, improvvisamente, l’idea di fare nuove conoscenze non lo terrorizzò più di tanto.

Se solo avesse saputo quanto si sbagliava…


    

15 Ottobre 1971:

Quando Roger gli aveva presentato una sua collega del corso di biologia, Brian era rimasto piuttosto spiazzato. Il biondino, infatti, si era presentato al loro consueto pranzo del martedì con una ragazza alta e snella, dai lunghi boccoli color del fuoco, in netto contrasto con i suoi occhi chiarissimi, azzurri come quelli di Roger. Una ragazza stupenda, insomma.

-Brian, lei è Helena Tomlinson. Frequenta il mio corso di biologia ma è una grande appassionata di fisica. È rimasta molto affascinata dalla tua tesi di laurea dello scorso anno ed era molto curiosa di conoscerti – disse il biondino -Helena, ti presento il quasi dottore Brian May. Avete molto di cui discutere, divertitevi –

Rapidamente come era arrivato, Roger aveva preso le sue cose e se n’era andato, lasciando i due sconosciuti in balia di loro stessi. Per fortuna, quella ragazza aveva dimostrato fin da subito di avere una buona parlantina e non si era fatta alcun tipo di problema ad avviare una conversazione, durante la quale Brian si era sentito sempre più in soggezione.

A discapito di quanto si potesse pensare dal suo aspetto fisico, Helena non era affatto una stupida, ma un vero genio. Era all’ultimo anno di biologia ma, nel frattempo, cercava di seguire anche i corsi di fisica e matematica per puro piacere personale. Aveva un carattere forte e determinato ed era la prima ragazza con cui Brian sentiva di poter affrontare una discussione su astronomia dell’infrarosso, sulla teoria della relatività o sul paradosso del gatto di Schrödinger senza sembrare un perfetto idiota.

Senza che se ne accorgesse, il ricciolo aveva ricominciato a sorridere e a chiacchierare come un tempo, sentendosi vagamente felice. Dopo un paio di giorni, Brian aveva raccolto tutto il coraggio che aveva in corpo e aveva deciso di fare un tentativo, invitando Helena a bere qualcosa insieme. Lei, dal canto suo, aveva accettato contenta.

-Credo che sia innamorata di te – suggerì Roger, quella sera, prima che Brian uscisse di casa per dirigersi all’appuntamento.

Il ricciolo sbuffò, facendo capolino dalla sua camera da letto: -È innamorata del mio cervello, di questo sono più che certo. Non so quanto effettivamente sia interessata al resto di Brian May –

-Smettila di farti paranoie – continuò il biondo, dandogli una leggera pacca sulla spalla -Tu, invece? Che ne pensi di Helena? –

Brian fece spallucce. Era una domanda difficile ed era ancora troppo presto per dare una risposta definitiva. Helena le piaceva, certo, ma aveva un nonsoché che non lo convinceva appieno.

“Non sei convinto perché lei non è Chrissie… “  

Cercando di ignorare il suo subconscio, Brian si scosse, dando a Roger la risposta più razionale che gli venne in mente: -Trovo la sua compagnia intellettualmente stimolante –

-È la cosa meno sexy che io abbia mai sentito in vita mia – biascicò Roger, passandosi una mano sul viso con fare drammatico.

Brian alzò gli occhi al cielo, infilandosi la giacca e dirigendosi al bar dove aveva appuntamento con Helena: -Ti farò sapere quando tornerò–

-Vuoi dire, SE tornerai – lo stuzzicò Roger con aria maliziosa -Magari questa bella serata finirà a casa sua tra un paio di coperte e –

-Non farti strane idee, Roger Taylor – ribatté Brian, uscendo definitivamente dalla porta.

A passo svelto, il ricciolo superò il dipartimento di fisica e si diresse verso quello di economia, dove si trovava il bar che avevano scelto per quell’appuntamento. Camminando per le stradine acciottolate di quel dipartimento, Brian ripensò a quante volte lui e Chrissie avessero percorso insieme quei tratti, mano nella mano durante la sera o pieni di libri fino al collo durante il giorno.

Per la seconda volta in meno di un’ora, il ricciolo si ritrovò a pensare a quella brunetta dagli occhi di ghiaccio che gli aveva rapito il cuore più di due anni addietro e che, nemmeno ora che si erano lasciati, osava uscire dai suoi pensieri.

“Smettila di pensare a lei e goditi la serata”

Arrivato a destinazione, Brian trovò Helena fuori dal bar, seduta su una piccola panchina. Osservava con occhi vispi il circondario, alla ricerca della folta chioma riccia dei suoi ricci e, non appena lo intravide, scattò subito in piedi, agitando una mano per attirare la sua attenzione.

-Perdona il mio ritardo – biascicò Brian, abbracciando la ragazza.

Lei ricambiò, non perdendo il sorriso nemmeno per un istante: -Non ti devi preoccupare, sono io ad essere in anticipo –

-Allora… entriamo? – domandò retoricamente il ricciolo, aprendole la porta da vero gentleman.

Il locale era un vero pandemonio: le luci soffuse, la musica, il forte odore di alcool e il fumo presenti nella sala creavano un’atmosfera malsana, alla quale andava ad aggiungersi un certo sovraffollamento.

-Accidenti, non ho mai visto questo posto così pieno come stasera. Forse ci conviene andare da qualche altra parte – gridò Brian per farsi sentire dalla ragazza.

-Va benissimo qui, non preoccuparti – rispose Helena, indicando gli sgabelli di fianco al bancone principale -Ho trovato un paio di posti liberi –

I ragazzi si accomodarono, avvicinando gli sgabelli per poter conversare con un tono di voce vagamente normale, senza gridare per sentire la voce dell’altro.
Il barista porse loro il menù delle ordinazioni, sparendo subito dopo dietro al bancone.

-Che tipo da alcolico sei, Brian May? – domandò Helena, con un’espressione maliziosa sul viso -Sei più un tipo da shot, da cocktail o da calice? –

Brian accennò un sorriso, stupito per la curiosa domanda: -Credo di essere semplicemente un disgraziato a cui piace bere parecchio. Ma per questa sera credo che andrò di calice. E tu? –

-Lo stesso –

Pochi minuti dopo aver ordinato, il barista ritorno con un paio di calici di vino rosso colmi fino all’orlo. Helena lo impugnò e invitò il ragazzo a fare lo stesso.

-A noi e a questa serata – disse la rossa, facendo tintinnare il bicchiere del ricciolo.

Quelle parole rimbombarono nella mente di Brian come un’eco lontana.

-Propongo un brindisi: a noi e a questa serata – Erano le stesse parole che lui aveva detto a Chrissie durante il loro primo appuntamento.

Era ancora con il bicchiere a mezz’aria e perso nei suoi pensieri quando Brian si accorse che un paio di tavoli più indietro, in penombra, era seduta Sheryl insieme ad una ragazza dai capelli castani.

Chrissie.

La bionda si accorse immediatamente del suo sguardo e Brian la vide cercare di trattenere la sua migliore amica dal voltarsi. Non era pronto a rivedere il suo viso dopo quasi un mese, non lo era affatto.

Fu una frazione di secondo. Chrissie si voltò nella sua direzione e i loro occhi si incontrarono per qualche istante. Brian si sentì come se una morsa di ferro gli stesse stritolando il cuore: Dio, cosa aveva fatto a quella ragazza? La Chrissie che conosceva era bellissima, aveva le guance rosee e gli occhi vispi, nei quali brillava sempre una scintilla di curiosità; invece, la ragazza che aveva davanti ora era pallida, smunta, come se non mangiasse da giorni e aveva gli occhi solcati da profonde occhiaie. La vide scoppiare in lacrime e correre fuori con aria disperata, seguita da Sheryl, la quale lanciò a Brian un lieve cenno di saluto.

Chrissie stava piangendo per lui? La aveva vista con i suoi occhi e non pareva affatto arrabbiata, solo profondamente triste. Forse non si era lasciata alle spalle tutto quello che era successo, forse si era pentita di ciò che aveva fatto, forse…

-Tutto bene, Brian? – la voce di Helena lo riportò alla realtà.

-Cosa? –

-Mi sembri strano – disse la rossa, aggrottando le sopracciglia -Sei rimasto con il bicchiere a mezz’aria per più di cinque minuti –

-Io… - Brian non sapeva cosa inventarsi -Credo sia l’aria viziata. Esco un secondo –

Il ricciolo si precipitò all’esterno del locale, ma di Chrissie non c’era più traccia. Probabilmente Sheryl la aveva riportata a casa, viste le sue condizioni. Si appoggiò al muro del locale, chiudendo gli occhi, cercando di ricacciare indietro le lacrime. Inspirò profondamente, lasciando che l’aria gelida di quella sera di ottobre gli riempisse i polmoni completamente.

-Sei sicuro di star bene? – domandò nuovamente Helena, raggiungendolo fuori dal locale.

-Credo di sì – sussurrò il ricciolo, strofinandosi gli occhi per far sparire ogni traccia di commozione -Alcuni ricordi hanno deciso di tornare a galla nella serata
sbagliata, tutto qua. Perdonami se mi sto comportando da stupido, di sol –

Le farneticazioni di Brian vennero messe a tacere da Helena, la quale gli afferrò il viso e, senza alcun timore, appoggiò le sue labbra su quelle del ricciolo. Si staccò per un solo secondo, osservando nei suoi occhi una scintilla che non aveva mai notato, una sorta di desiderio represso. Brian la fissò scosso, per poi abbandonarsi completamente ai suoi istinti, congiungendo nuovamente le sue labbra con quelle di Helena. Appoggiò le mani sui suoi fianchi, attirandola saldamente a sé e lasciando che le loro lingue si inseguissero come se stessero giocando a nascondino.

In quel momento, nulla avrebbe potuto turbare la quiete emotiva di Brian: si sentiva felice, al settimo cielo, ora che aveva tra le sue braccia quella brunetta testarda dagli occhi di ghiaccio che aveva amato per tanti anni.

Ma mentre la sua mente cantava già vittoria, colei che languiva appesa ai suoi baci era solo una ragazza dai capelli di fuoco.





Spazio Autrice:
Buonasera miei adorati lettori!
Se ve lo stavate chiedendo, no, non sono morta, semplicemente ho degli orari del cazzo in università che mi tengono bloccata lì fino a tardi e quando poi torno a casa la gente fa di tutto per farmi perdere tempo e non farmi aggiornare,uffa!
Tralasciamo che è meglio. Dunque, dunque: cosa ne pensate di questo capitolo?
Ecco a voi il tanto agognato capitolo con il POV di Brian: qualcuno qui, come la sua compare dispersa chissà dove, non se la sta passando molto bene. Per fortuna (o per disgrazia, sono punti di vista) Rog decide di intervenire, anche se in un modo alquanto invasivo. Ed ecco, dunque, che facciamo la conoscenza di Helena, una fanciullina completamente intrippata da Brian. Quanto duerà questo loro "rapporto"? Si accettano scommesse.
La canzone che ho scelto per il capitolo di questa settimana è la celeberrima "I'm not The Only One" di Sam Smith, uscita nel 2014, anche se, per esigenze di trama, ho utilizzato la cover acustica realizzata dai Boyce Avenue. Come sempre, vi lascio la canzone sulla Playlist Spotify!
E' già tardissimo, quindi propongo di passare direttamente ai ringraziamenti: ringrazio Carmaux_95, la mia personale spammatrice di immagini e GIF, nonchè compagna di pranzi e di caffè, ringrazio di cuore le nuove recensiste Jacksonnie97 e killerqueen95, e,  ovviamente i miei pandori fedelissimi Kim WinterNight, Soul Dolmayan e Cathy Black. Grazie infinite anche a tutti coloro che leggono in silenzio!!! SIETE LE MIE GIOIE.
Ora vi saluto, vi auguro un sereno weekend e vi do appuntamento alla settimana prossima con un nuovo capitolo. Lo prometto, pubblicherò nel pomeriggio, mai più così tardi!
Un bacione,
                   Jenny

PLAYLIST SPOTIFY:   
https://open.spotify.com/user/21ekfspbopztn5dsisbmousna/playlist/5GFxDwTiDkQmFO9kNAJt1E?si=QaorkBfzQ-GoqUn5xc9ABQ 


 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15: When There Was Me And You ***


CAPITOLO 15: When There Was Me And You


    

23 Ottobre 1971:

Un insistente pigolio di uccellini costrinse Brian ad aprire gli occhi: se quelle bestiole si mettevano a starnazzare in quel modo, probabilmente il sole doveva già essere alto da un pezzo.

Stropicciandosi il viso per cacciare via il sonno, Brian osservò le lancette sul suo orologio da polso. Maledizione, era quasi mezzogiorno. Quanto cavolo aveva dormito?

Sbuffando, il ricciolo si passò nuovamente una mano sul viso con fare stanco, constatando solo in quel momento che qualcosa non quadrava affatto. La stanza in cui si trovava non era la sua.

Un brutto presentimento iniziò a farsi strada nella sua mente, presentimento che si avverò inesorabilmente quando Brian notò che, nell’altro capo del letto, era addormentata una ragazza dai lunghi capelli cremisi. Era coperta da una trapunta color avorio ma, a giudicare dai diversi indumenti sparsi sul pavimento della camera, probabilmente non indossava nient’altro.

“Oh, merda”

L’immagine di Helena addormentata fu più che sufficiente per riportare alla memoria del ricciolo quanto accaduto la sera precedente: il primo bacio con una ragazza fuori dal bar dell’università, lei che lo trascinava nel suo appartamento e… tutto il resto.

La mente del ragazzo era confusa: era pronto a giurare che la ragazza che aveva baciato la sera prima non fosse Helena, bensì… Chrissie. Ricordava bene quel magico istante in cui aveva sentito le labbra della ragazza premere sulle sue per la prima volta, dopo tanto tempo: si era sentito come in paradiso, leggero, libero da ogni preoccupazione. Nessuna ragazza lo aveva mai fatto sentire così se non quella brunetta dagli occhi gelidi che tanto aveva amato.

“Allora perché al posto di Chrissie c’è questa ragazza?”

Un’altra immagine, ancora più vivida, balenò nella mente del ricciolo: Chrissie che lo fissava con aria stravolta, prima di scoppiare in lacrime e uscire dal locale, per poi sparire chissà dove. Se era scappata via in quel modo, era alquanto improbabile che fosse poi tornata indietro e che lo avesse baciato.

“Quindi sono davvero andato a letto con Helena…”

Brian si sentì immediatamente sporco, come se fosse appena uscito da un enorme pantano. Cosa diavolo gli era preso? Lui non era di certo quel tipo di persona. L’idea di essere andato a letto con una ragazza che conosceva da nemmeno una settimana gli diede i brividi, anche se la ragazza in questione era una bellissima laureanda in biologia appassionata di fisica e matematica.

Avvertendo un forte senso di nausea, Brian afferrò i suoi indumenti, si rivestì rapidamente e, cercando di fare meno rumore possibile per non svegliare la rossa, si diresse alla porta dell’appartamento. Ringraziò il cielo che non ci fosse nessuno sul pianerottolo e si incamminò a passo svelto verso casa sua.

Secondo i suoi calcoli, Roger sarebbe rimasto a dormire da Sheryl e non si sarebbe fatto vivo fino al tardo pomeriggio, dandogli tutto il tempo di rilassarsi sotto una bella doccia bollente e, soprattutto, di evitarsi un imbarazzante e irritante terzo grado su cosa avesse fatto quella notte con Helena.

Peccato, però, che i calcoli del giovane astrofisico non si rivelarono affatto accurati. Non appena Brian mise piede in casa, si accorse che Roger non era da Sheryl, bensì appollaiato sulla poltrona del salotto con un panino al prosciutto in mano e un sorriso serafico stampato in faccia.

-NON DIRE NIENTE, ROGER TAYLOR – sbraitò Brian, rintanandosi nella sua stanza.

Il biondino alzò le mani in segno di resa, continuando ad addentare il suo pranzo: -Non ho fatto niente –

-Però lo hai pensato! – farfugliò il ricciolo.

-Sì, lo ammetto – continuò Roger, appoggiandosi allo stipite della porta -Ho pensato: TE L’AVEVO DETTO –

Brian si voltò in direzione del suo migliore amico e gli scagliò contro una pallina di carta straccia: -Sei un insopportabile rompiscatole –

-Ma ho anche dei difetti. Sul serio, Bri. Cos’è successo? – domandò il biondino, asserendosi improvvisamente.

Brian sbuffò, vedendo realizzarsi davanti ai suoi occhi quello scenario che aveva dato per utopico solo pochi minuti prima: -Perché mai vuoi saperlo? Sai già la risposta, o sbaglio? –

-Perché se il mio migliore amico, il quasi dottor Brian May, diplomato al liceo “non lo do via neanche sotto tortura” e laureato alla facoltà di “la mia ex ragazza ha dovuto aspettare quasi un anno prima che ci facessimo una sana scopata”, decide di andare a letto con una ragazza che conosce da circa tre giorni… beh, se permetti, inizio a farmi qualche domanda – disse Roger, virgolettando le sue assurdità.

-Dovresti farti due domande anche per tutte le stronzate che dici – biascicò Brian, scuotendo la testa, offeso.

Il biondino si sedette a gambe incrociate sul letto dell’amico: -Forse sì, ma non è questo il punto. Non sto dicendo che quello che hai fatto sia sbagliato, sarei un maledetto ipocrita, visto tutte le ragazze non fidanzate che hanno percorso questo corridoio verso la mia stanza, negli ultimi anni. Vorrei solo capire cosa ti abbia spinto a fare una cosa così tanto lontana dalla tua personalità –

Brian fece spallucce, passandosi una mano sugli occhi con aria stanca: -Sai, sembrerà una stronzata ma ieri sera, quando ho baciato Helena, io… io ero più che certo che quella non fosse lei ma… ma che fosse… -

-Pensavi che fosse Chrissie, giusto? – sussurrò Roger.

Il ricciolo annuì e una lacrima solitaria scivolò giù dalla sua guancia: -Te l’ho detto, sembra una stupidaggine. Eppure, anche quando siamo andati nel suo appartamento e abbiamo… insomma hai capito, io ero sicuro che quella fosse Chrissie, non Helena –

-Sai che ti dico Bri? – domandò Roger retoricamente, porgendo all’amico un fazzoletto -Credo che con questa faccenda abbiamo appurato che non sei ancora in grado di lasciar andare quella ragazza. L’unica cosa da fare, a questo punto è chiarire con Helena, dirle che quanto è accaduto ieri sera è stato
solo un errore e, soprattutto, prendere coraggio e riallacciare i rapporti con Chrissie –

Brian sogghignò: Roger aveva ragione, ancora una volta. Doveva assolutamente rimettere ogni tassello della sua vita al suo posto e recuperare quello più importante.

-E se non volesse più avere niente a che fare con me? –

Roger sbuffò, scuotendo la testa: -Io non credo possa succedere. Sheryl dice che è profondamente triste per ciò che è successo e che l’unica persona con cui è arrabbiata a morte, al momento, è sé stessa. D’altronde, dovresti essere tu quello incazzato nero, di certo non lei –

Brian scosse la testa, rincuorato dalle parole dell’amico: -Sai bene che non riesco a portare rancore per troppo tempo... Comunque, adesso il problema è un altro –

-Ovvero? – domandò Roger, sollevando un sopracciglio.

-Come faccio a dire ad Helena che per me è stato solo un errore? –

 



29 Ottobre 1971

Era passata quasi una settimana da quando lui ed Helena avevano trascorso la notte insieme, tuttavia Brian non era ancora riuscito a trovare il coraggio di andare dalla ragazza e confessarle ciò che provava realmente.

“Non posso dirle solamente che è stato un errore. Le spezzerei il cuore”

Con qualche piccola strategia e diversi colpi di fortuna, Brian era riuscito ad evitare la compagnia della ragazza per tutta la settimana, procrastinando sempre di più l’inevitabile. Era terrorizzato all’idea di rivedere il viso della rossa, dopo quello che avevano fatto e, soprattutto, di poter ferire in qualche modo i suoi sentimenti. Non voleva che un’altra ragazza stesse male per colpa sua, non di nuovo.

Quel venerdì mattina, Roger gli aveva comunicato che si sarebbe trattenuto più del dovuto a lezione di microbiologia e che il loro pranzo insieme sarebbe saltato. Quella notizia abbassò ulteriormente il pessimo umore di Brian, il quale si ritrovò a dover mangiare da solo, seduto su una delle panchine del parco del campus. Detestava pranzare in solitudine: l’unica compagnia che aveva era quella dei suoi pensieri, i quali, negli ultimi tempi, non erano affatto positivi.

Con scarso entusiasmo, Brian tirò fuori le sue verdure bollite e iniziò a mangiare silenziosamente, osservando gli altri ragazzi presenti nel parco.

-Mi stai evitando, non è vero? –

Una voce dolce, appartenente ad una persona che Brian ben conosceva, lo fece sobbalzare, rischiando quasi di farlo soffocare con una manciata di carote: -He- Helena! – biascicò il ricciolo, tossicchiando -Ehm… ecco, io… -

Senza aspettare un suo invito, la rossa prese posto sulla panchina, piantando i suoi enormi occhi blu in quelli del chitarrista: -E’ da quando siamo andati a letto insieme che non ti sei più fatto sentire –

La schiettezza della ragazza disorientò non poco il timido Brian: -Io… Non so come dirtelo Helena… -

-Pensi che sia stato un errore, giusto? – lo anticipò lei -Perché credo lo sia stato anche per me -

Brian spalancò gli occhi incredulo. Non erano quelle le parole che si era immaginato da parte della rossa: -Davvero? Sei seria? –

-Sì. Insomma, credo di essermi lasciata andare un po’ troppo e di aver confuso la profonda ammirazione che provo per te con qualcos’altro. Non volevo che capitasse una cosa del genere, è solo che quella sera il mio cervello si è completamente staccato e io… beh, non ho pensato alle conseguenze, ecco tutto –

Brian accennò un sorriso, osservando la rossa mentre sproloquiava una serie di scuse: -Non ti devi preoccupare, non mi sono di certo offeso, anzi. La mia preoccupazione era che, dopo quella sera, potessi esserti fatta un’idea sbagliata su di me e su cosa io provassi nei tuoi confronti. Per questo sono “sparito” –

-Non mi aspettavo di certo che cascassi ai miei piedi in meno di tre giorni, ma ammetto di aver sperato, per un istante, che tra noi potesse nascere qualcosa. Sono una sciocca, lo so. Il mio comportamento non è per niente razionale – ammise la rossa, piuttosto imbarazzata.

Brian iniziò a torturarsi le nocche delle dita, incapace di rispondere ad una tale affermazione.

“E adesso cosa le dico?”

-Non sei affatto una sciocca, Helena – cominciò Brian, incerto -E’ solo che… credo che la mia mente e il mio cuore siano ancora presi da una persona, anche se è passato diverso tempo dall’ultima volta che ci siamo parlati. Spero che tu possa capirmi –

La rossa annuì, un triste sorriso stampato sul viso: -Certo che ti capisco. Spero solo che potremo rimanere amici, in futuro –

Helena allungò una mano e Brian gliela strinse calorosamente: -Assolutamente. Mi piacerebbe molto avere un’amica con cui condividere la mia passione per la fisica. Sai, con Roger e gli altri non c’è molto da discutere –

-Immagino, lo stesso succede a me. Le mie coinquiline sono arcistufe di sentirmi blaterare di fisica o matematica –

Brian sorrise, contento che la conversazione, alla fine, non fosse degenerata in qualche scenata di gelosia o robacce simili.

-Allora, ci vediamo – disse Helena, prendendo le sue cose e accennando un saluto, per poi ritornare sui suoi passi.

-A presto – biascicò il ricciolo. Inspirò profondamente, sentendo che un altro pezzo del suo puzzle mentale era finalmente andato a posto.

Ora doveva solo pensare a sistemare il pezzo più importante, quello che avrebbe finalmente completato l’opera. Doveva assolutamente parlare con Chrissie.



       

31 Ottobre 1971


-Ho deciso Rog – esclamò Brian, convinto -Questa sera andrò da Chrissie e le parlerò: non mi importa se non vorrà nemmeno farmi entrare in casa, vorrà dire che le parlerò dal pianerottolo –

Roger sbucò dalla cucina con un toast al formaggio tra le mani: -Perderai solo tempo andando a casa sua – biascicò, addentando la fetta di pane.

 -Che vuoi dire? – domandò Brian stizzito, avvicinandosi all’amico a grandi falcate -Non eri tu che fino ad un paio di giorni fa mi incitavi a riallacciare i rapporti con lei? –

Roger continuò a fissarlo con aria di sufficienza, ridendo sotto i baffi: -Volevo solo dirti che se andrai a cercare Chrissie nel suo appartamento perderai tempo perché questa sera lei sarà ad Hyde Park –

-Hyde Park?! – Brian era alquanto confuso.

Il biondino alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa: -Sì, Hyde Park. Questa sera ci sarà un grande concerto a cui prenderanno parte diversi gruppi di Londra per festeggiare Halloween. Se non ricordo male, Sheryl mi ha detto che loro suoneranno vicino al Round Pond -

Brian rimase impalato a fissare il suo migliore amico per almeno cinque secondi buoni: -Perché cavolo io non ne so niente? –

-Forse perché nell’ultimo mese e mezzo ti sei praticamente barricato in casa? – domandò Roger, ironico.

Il ricciolo gli lanciò un’occhiataccia ma preferì evitare di scatenare una litigata: -AH AH, spiritoso. Comunque, tu ci vai? –

Il biondino annuì, dando un altro morso al suo toast: -Certo che ci vado, suona la mia ragazza! Dovresti venire anche tu, così non appena le Dark Shore finiscono di suonare avrai tutto il tempo di fermarti a parlare con Chrissie –

Brian storse la bocca in una smorfia dubbiosa: -Io? Parlare con lei in mezzo a tutta quella gente? –

-Vedila così, Bri – replicò Roger -Non può fare scenate se siete in un luogo pubblico –

Il ricciolo sogghignò: -Oh beh, conoscendola, non credo si farebbe problemi a prendere la sua chitarra e a fracassarmela sul cranio, anche se ci sono un
centinaio di persone ferme a guardare –

Quelle parole fecero affiorare alla mente di Brian un sacco di ricordi. Quante volte in cui avevano discusso o bisticciato, alla fine, Chrissie aveva preso qualcosa e glielo aveva letteralmente scagliato addosso… Si ricordò di quella volta, un anno addietro, quando si era arrabbiata da morire perché lui era rimasto in sala prove con i ragazzi fino a tarda notte senza avvisare e lei, giustamente, era andata nel panico. Al suo ritorno, prima aveva appurato che lui stesse bene e che non gli fosse successo nulla di grave, poi aveva preso ogni singolo cuscino della stanza e in pochi secondi lo aveva sommerso di (affettuose) legnate, fino a quando entrambi non avevano ceduto e si erano ritrovati a fare l’amore.

Gli mancavano da morire quei momenti con lei, dai più semplici e banali a quelli più importanti. Ecco perché doveva assolutamente presentarsi al loro concerto, quella sera.

Brian trascorse il resto del pomeriggio nella sua stanza, rimuginando su quale fosse la mossa migliore da fare: lasciar finire il concerto e poi parlarle oppure rimandare il tutto al giorno più tardi?

Questo irrisolvibile dilemma attanagliò il chitarrista fino a quando Roger, oramai stufo dello stato catatonico dell’amico, lo costrinse a uscire per andare ad Hyde Park.

-Però non avviciniamoci troppo. Non voglio che mi veda subito – brontolò il ricciolo, seguendo l’amico fuori dal loro appartamento.

-Smettila di essere così in ansia, stai iniziando ad inquietare anche me – rispose Roger, secco.

Brian incrociò le braccia al petto, piuttosto irritato: -Scusa tanto se dall’esito di questa serata dipende la mia sanità mentale! –

Già dai cancelli dell’Imperial College era possibile udire urla di gioia e applausi che stavano accompagnando in quel momento le esibizioni delle band ad Hyde Park: centinaia di persone, chi in maschera e chi in “borghese”, erano radunate all’interno dell’area verde, gustandosi dell’ottima musica dal vivo.

Vicino alla collinetta del Round Pond, dove si stavano esibendo le Dark Shore, erano accalcate un centinaio di persone, completamente rapite dal sound energetico delle ragazze. Roger e Brian si avvicinarono a quella zona, restando tuttavia in disparte rispetto al pubblico. Si avvicinarono ad un enorme quercia secolare, godendosi lo spettacolo da lì.

Brian notò piacevolmente che Chrissie stava molto meglio rispetto alla settimana precedente: non aveva più occhiaie né la pelle pallida, ma sembrava in forma. Pregò solo che non fosse tutta una messa in scena e che, una volta terminato lo spettacolo, sarebbe tornata a casa a piangere e deprimersi, proprio come gli aveva raccontato Roger. Scosse la testa, cercando di scacciare via quei pensieri negativi e di godersi lo spettacolo delle Dark Shore.

-Allora ragazzi, come andiamo? – domandò Sheryl al pubblico. I ragazzi accalcati alle pendici della collinetta risposero con grida d’apprezzamento e applausi
-Il prossimo pezzo che andremo a suonare è una ballata della nostra Chrissie Mullen –

La brunetta sventolò una mano per salutare il pubblico: -Spero apprezzerete questa canzone anche se non è aggressiva come le altre – Con un lieve cenno di capo, diede il segnale alle altre per partire.

“It's funny when you find yourself
Looking from the outside
I'm standing here but all I want
Is to be over there
Why did I let myself believe
Miracles could happen?
'Cause now I have to pretend
That I don't really care”


Già dalle prime note, Brian intuì che Chrissie dovesse aver composto quella canzone nell’ultimo mese: le ballate non erano proprio il suo genere preferito e i pezzi che componeva erano, di solito, pezzi rock estremamente potenti, a meno che, ovviamente, non fosse in crisi mistica. Proprio come in quell’ultimo periodo.

Era in ascolto della prima strofa quando si accorse che la brunetta stava guardando proprio nella sua direzione. Brian si voltò, pregando che dietro a lui e Roger ci fosse qualcuno, ma, come aveva immaginato, non c’era nessuno.

“Maledizione mi ha beccato”

“I thought you were my fairy tale
A dream when I'm not sleeping
A wish upon a star
That's coming true
But everybody else could tell
That I confused my feelings with the truth
When there was me and you”


Chrissie suonò e cantò l’intero ritornello senza staccare gli occhi da Brian, cosa che mandò in iperventilazione il riccio: sentire gli occhi di ghiaccio della ragazza fissi sui suoi per così tanto tempo, lo destabilizzò alquanto.

Brian sospirò, percependo quanto strazio ci fosse dietro al testo di quella canzone, ma ciò che lo mandò ancor di più fuori di testa fu la consapevolezza di essere stato lui a ad aver messo Chrissie nelle condizioni di scrivere un testo del genere.

“I swore I knew the melody
That I heard you singing
And when you smiled
You made me feel
Like I could sing along
But then you went and changed the words
Now my heart is empty
I'm only left with used-to-be's
And once upon a song”

 
Brian non riuscì più a trattenersi e il suo viso si ritrovò presto bagnato da innumerevoli lacrime. Sentire Chrissie cantare così disillusa, così cinica gli frantumò il cuore: nella coppia, era sempre stato lui quello razionale, il ragazzo con i piedi per terra e degli obiettivi specifici da raggiungere, mentre lei era più sognatrice, sempre con la testa fra le nuvole, prendendo ciò che la vita le offriva con un sorriso e con un bel caratterino.

Quella ragazza che cantava non poteva essere la sua Chrissie. Doveva assolutamente intervenire.

“Now I know you're not a fairy tale
And dreams were meant for sleeping
And wishes on a star
Just don't come true
'Cause now even I can tell
That I confused my feelings with the truth
'Cause I liked the view
When there was me and you”


Quando l’ultima nota si dissolse, il pubblico impazzì, cominciando ad applaudire fragorosamente. Chrissie fece un leggero inchino, ringraziando tutti i presenti per la bella serata.

Anche Brian si ritrovò ad applaudire, nonostante ancora non riuscisse a credere al fatto che la sua ragazza fosse riuscita a concepire un testo così disincantato.

Le Dark Shore suonarono altri quattro pezzi del loro vecchio repertorio, quelli che il ricciolo aveva sentito Chrissie provare fino alla nausea, quelli in cui emergeva la sua personalità più forte, percependo nuovamente una profonda malinconia.

Quando le ragazze annunciarono la buonanotte al pubblico, Brian realizzò che il momento tanto temuto era finalmente arrivato.

-Ehi, io vado da Sheryl – disse Roger, poggiandogli una mano sulla spalla -Forza amico, ce la puoi fare –

Il ricciolo annuì, insicuro. Fece un respiro profondo e, con tutto il coraggio e l’adrenalina che aveva in corpo, si diresse verso la collinetta del Round Pond. Charlie e Rachel, batterista e tastierista del gruppo, stavano chiacchierando con altre due ragazze, mentre Sheryl era già fra le braccia di Roger, strapazzandoselo di baci.

Chrissie era sola, stava riponendo la sua chitarra nella custodia. Doveva agire.

-Ciao Chrissie –

Il cuore della ragazza perse un battito non appena riconobbe il proprietario di quella voce che non sentiva da tanto, troppo tempo: -Ciao Brian –

-Come stai? – domandò il ricciolo, sull’orlo di una crisi di nervi.

Chrissie fece spallucce: -Sono stata meglio in altri periodi. E tu, invece? –

-Ci sono stati giorni migliori anche per me –

Tra i due calò un imbarazzante silenzio, fino a quando la brunetta non lasciò cadere a terra la custodia della chitarra, riprendendo parola: -Senti, saltiamo questi inutili convenevoli e andiamo al sodo – inspirò profondamente, facendo appello a tutta la sua forza di volontà per non scoppiare a piangere -Io credo di doverti delle scuse. Sono stata meschina, una maledetta bugiarda. Credevo di riuscire a gestire da sola quelle menzogne, che tutto sarebbe filato liscio senza che tu te ne accorgessi mai, ma evidentemente mi sbagliavo di grosso. Non volevo ferirti in questo modo, non volevo che le cose tra noi andassero a rotoli –

Chrissie non resse più e anche dal suo viso iniziarono a rotolare piccole lacrime salate.

Brian osservò la scena in silenzio, mentre la ragazza si metteva completamente a nudo di fronte a lui, confessando tutto. Le fece una profonda tenerezza, ma decise di mantenere quell’aria impassibile ancora per un po’: -Non dirò che non è stata colpa tua, che non hai fatto nulla etc. Però devo prendermi anche io le mie responsabilità e scusarmi con te per l’eccessiva reazione che ho avuto, quella sera. Ero completamente fuori di senno, non riuscivo a ragionare e perciò ti ho aggredita con parole che in realtà non pensavo affatto e che tutt’ora non penso. Spero che tu possa comprendermi e perdonarmi per questo –

-Ma certo che ti perdono – piagnucolò Chrissie.

-Un'altra cosa – sussurrò Brian -Non so te, ma credo che questo mese sia stato il più brutto della mia intera esistenza. Non credo di essere in grado di andare avanti senza di te, Chrissie Mullen – dalla tasca del giubbotto estrasse la collana di Tiffany con i due cuori che le aveva regalato per il suo ventitreesimo compleanno -Saresti disposta a darci una seconda opportunità? –

Chrissie si lasciò completamente andare e si gettò fra le braccia di Brian, lasciandosi stringere per la prima volta dopo quella che le era parsa una vita intera. Affondò le mani nei suoi capelli, baciandolo ripetutamente, percependo solo in quel momento quanto le era effettivamente mancato quel ragazzo stralunato dai ricci scuri.

-Lo prendo per un sì? – domandò Brian, in preda all’euforia.

Chrissie annuì, asciugandosi un paio di lacrime solitarie, le prime di felicità dopo tante di dolore: -Sì, certo. Non hai idea di quanto tu mi sia mancato –
Brian la strinse a sé, sollevandola leggermente da terra e facendole fare una piccola piroetta: -Posso immaginarlo. Perché tu mi sei mancata allo stesso modo –

Finalmente, dopo un mese di pianti, lamenti e crisi di nervi, tutti i tasselli del puzzle erano tornati al loro posto.

Tutto combaciava perfettamente.



Spazio Autrice:

Buonasera carissimi lettori e perdonatemi ancora una volta per l'orario indecente d'aggiornamento.
Questa volta non ho scuse: it's my fault. Mi sono autoregalata per Pasqua il libro "Queen in 3D" ed è da questo pomeriggio che sono persa nei suoi meandri e mi sono ricordata troppo tardi che è mercoledì e che è ora di aggiornare. Un applauso a Jenny e alla sua incapacità di aggiornare presto!
Cooooomunque. Passiamo al capitolo: chi se lo aspettava un inizio del genere? Spero di avervi stupiti almeno un pochino.
Alla fine, in un modo o nell'altro, i nostri due protagonisti si sono ricongiunti. Devo ammetterlo, persino io non ne potevo più di tenerli separati, tanto che scrivendo la terza e ultima aprte del capitolo mi sono commossa, come sono patetica.
La canzone che ho scelto per questa settimana è un brano interpretato da Vanessa Hudgens, di nome "When there was me and you", famoso per essere stato parte della colonna sonora di High School Musical nel 2006. Inizialmente il brano doveva essere un altro, ma appena ho sentito questa canzone ho capito che doveva essere lei la prescelta. Anche se dal dubbio gusto, spero vi sia piaciuta la mia scelta.
Questa settimana vorrei ringraziare tutti indistintamente: grazie, grazie grazie, perchè da un paio di settimane a questa parte ho visto che il numero di letture sta aumentando esponenzialmente e questo non può che rendermi super felice!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, vi ringrazio per essere passati anche questa settimana e vi do appuntamento a mercoledì prossimo!
Un bacione,
                  Jenny


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Capitolo 17
*** Capitolo 16: Side To Side ***


CAPITOLO 16: Side To Side

   

25 Novembre 1971


-Buongiorno, professor Lovell. Voleva vedermi? -domandò Brian, facendo capolino dalla porta dell’ufficio.

Non appena vide il giovane dottorando, sul volto dell’uomo si formò un grande sorriso: -Ah, Brian. Accomodati pure, ragazzo –

Brian fece come gli era stato detto e prese posto su una grande poltrona di pelle scura, di fronte alla scrivania del suo professore. Quando la segreteria dell’università lo aveva contattato, dicendogli che il signor Lovell voleva vederlo, Brian era rimasto parecchio colpito. Qualche settimana prima, difatti, il professore gli aveva chiesto di poter dare un’occhiata alla sua prima stesura della tesi di dottorato, giusto per controllare che fosse partito con il piede giusto, e Brian era stato ben felice che una mente eccelsa come il professor Lovell si fosse interessato al suo lavoro. Forse, quella mattina, avrebbe finalmente avuto un responso.

-Dunque, Brian – iniziò il professore -Ho dato uno sguardo alla tua tesi e devo ammettere che sono rimasto piacevolmente colpito. Non sono molti gli studenti che decidono di buttarsi a capofitto in argomenti complessi come le velocità radiali della nube zodiacale –

Il ricciolo accennò un sorriso, riempiendosi d’orgoglio: -La ringrazio, professore –

Il signor Lovell afferrò un fascicolo di carte dalla copertina in cartoncino giallastro, lo aprì e iniziò a sfogliarlo: -Trovo che la tua tesi sia una delle più interessanti che mi siano capitate fra le mani negli ultimi anni, anche se ci sono alcune parti che mi piacerebbe tu rivedessi, prima del colloquio finale –

Brian annuì, constatando tristemente che tutte le parti che andavano ricontrollate erano quelle che aveva scritto durante il mese di ottobre, quando si era praticamente chiuso in casa a deprimersi per ciò che Chrissie aveva fatto.

-Credo che questi due paragrafi possano essere approfonditi meglio e che la conclusione debba essere più riassuntiva, ma, per il resto, la trovo eccellente – asserì Il professor Lovell, stringendo la mano al ricciolo.

Brian fece per alzarsi, ma l’uomo lo fermò, richiamando la sua attenzione: -Un’ultima cosa, Brian. Non ti ho fatto venire qui solo per parlare della tesi –

-Ah, no? – domandò il ricciolo, piuttosto confuso.

Il professor Lovell appoggiò i gomiti sulla scrivania, intrecciando le mani sotto al mento: -Brian May, tu sei uno degli studenti più brillanti che io abbia mai avuto il piacere di incontrare in questi miei ventisei anni di carriera. Una mente come la tua non si trova facilmente, perciò, una volta ottenuto il dottorato, mi piacerebbe che tu venissi a lavorare al mio laboratorio di ricerca a Jodrell Bank, nel Cheshire –

Brian rimase imbambolato, con la bocca semiaperta e lo sguardo da stoccafisso, per almeno dieci secondi buoni. Non riusciva a crederci. Il professor Lovell, un astronomo e fisico di fama mondiale, voleva che LUI lavorasse al suo laboratorio.

-Dovrei… Dovrei trasferirmi nel Cheshire e lavorare al centro di ricerca a tempo pieno? – balbettò Brian, ancora sotto shock.

Il professor Lovell annuì: -Certamente. Il laboratorio coprirà ogni genere di spesa, se è questo che ti preoccupa. Avrai un’abitazione per te e la tua compagna e anche un’automobile nuova –

Il ricciolo sgranò nuovamente gli occhi, colpito dall’ennesima notizia bomba della giornata. Avere una casa già pagata e persino una nuova automobile era un lusso che in pochi potevano permettersi. Probabilmente con quel lavoro avrebbe anche guadagnato uno stipendio abbastanza dignitoso per avere un futuro solido con Chrissie.

-E’ un’offerta meravigliosa, professor Lovell, io non so come ringraziarla per avermi preso in considerazione per questo progetto – biascicò Brian. Quella era l’occasione della sua vita.

Il signor Lovel annuì, facendogli segno di tacere: -Voglio essere completamente trasparente con te, Brian: questo lavoro occuperà la tua testa giorno e notte e talvolta richiederà dei sacrifici, primo fra tutti il tempo libero. Se hai degli hobby che oggi ti occupano più di un’ora al giorno, temo che dovrai abbandonarli –

Le ultime parole del professor Lovell furono come una pugnalata in pieno petto. Quell’offerta era troppo bella per non contenere almeno una fregatura.

Doveva rinunciare alle sue passioni? Cosa ne sarebbe stato della sua carriera da musicista?

-Non devi darmi una risposa adesso – aggiunse l’uomo, notando lo sgomento sul viso di Brian -Ti do tutto il tempo che ti serve per pensarci. Quando avrai preso la tua decisione, sai dove trovarmi –

Brian accennò un sorriso, parecchio scosso. Strinse la mano al professor Lovell e uscì dallo studio.

-Allora? Che ti ha detto? – domandò Chrissie impaziente. Quando notò l’espressione catatonica sul viso del ragazzo, cambiò completamente tono: -Bri, stai bene? –

Il ricciolo scosse la testa, respirando profondamente: -Il professor Lovell mi ha fatto una proposta assurda, ma preferirei parlarne più tardi –

Chrissie corrugò la fronte, preoccupata. Era strano vedere Brian così turbato dopo un colloquio con un professore. Sperò solo che il signor Lovell non gli avesse completamente bocciato la tesi di dottorato, visto tutto il tempo che il suo ragazzo aveva speso per prepararla.

-D’accordo, come vuoi – disse lei -Sicuro di stare bene? –

Brian annuì, accennando un sorriso e lasciandole un casto bacio a fior di labbra: -Adoro quando ti preoccupi per me –

Chrissie sorrise, accarezzandogli il viso con il dorso di una mano: -Io mi preoccupo sempre per te –

-Hai fame? – domandò Brian, cambiando completamente registro – Tra poco è ora di pranzo –

-Veramente avrei le prove con le ragazze tra mezz’ora, ma... direi che uno spuntino non può che farmi bene – concluse Chrissie, seguendo Brian verso la caffetteria del dipartimento.

Dopo aver preso da mangiare, entrambi si misero alla ricerca di un tavolo libero in cui pranzare. Era l’ora di punta e quasi tutti i posti della caffetteria erano occupati da studenti affamati.

Stavano per rassegnarsi al fatto che avrebbero mangiato sulle scale, quando una voce squillante attirò la loro attenzione: -Ehilà, Brian! –

Una ragazza dai lunghi boccoli fulvi e gli occhi da gatta agitò un braccio per salutare il giovane, invitandolo a raggiungerlo al tavolino dov’era seduta.

Non appena riconobbe quei capelli rossi, a Chrissie si gelò il sangue: era la ragazza che aveva visto quella sera, al bar dell’università, insieme a Brian.

“Calma, non farti prendere dalla gelosia. E’ solo una sua amica, solo un’amica. Spero…”

-Oh, ciao Helena! – disse Brian, accennando un sorriso piuttosto imbarazzato.

-E’ un po’ che non ci si vede. Come stai? – domandò lei, candidamente.

Brian fece spallucce, osservando l’espressione indecifrabile sul viso di Chrissie: -Abbastanza bene. E tu invece? –

-Non c’è malaccio –

-Posso presentarti la mia ragazza? Lei è Chrissie – disse Brian, cercando di rendere partecipe della conversazione anche lei -Chrissie, ti presento Helena. E’ una collega di Roger appassionata di fisica e matematica-

La rossa tese una mano con un sorriso sornione e Chrissie gliela strinse, biascicando un “piacere” sottovoce: -Allora è lei la brunetta che ti ha rubato il cuore,
eh? –

Brian si voltò verso la sua ragazza, accennando un sorriso dolce: -E’ proprio lei –

-Beh, complimenti – asserì Helena, assumendo un’espressione di sfida -Sei riuscita a conquistare l’astrofisico più sexy dell’intero Imperial College –

Chrissie strabuzzò gli occhi, colpita da tanta franchezza, mentre Brian desiderò solamente sotterrarsi. Pregò che la sua ragazza non si fosse ingelosita, dal momento che non aveva per niente voglia di passare la serata a litigare con lei.

-Io, ehm, credo di dover andare – balbettò Chrissie. Era evidente che quella rossa volesse chiacchierare da sola con Brian e che la sua presenza fosse di troppo -Ho le prove con le ragazze, non voglio fare tardi. E’ stato un piacere conoscerti… Helena –

-Ti aspetto a casa? – domandò Brian, accarezzandole una guancia per poi lasciarle un bacio sulle labbra. Voleva constatare da vicino se ci fosse traccia di
invidia negli occhi della sua ragazza.

Chrissie annuì, ricambiando il bacio: -Certo, vieni da me per cena… e per il dopo





-Ti ho detto di no, Sheryl. E’ fuori questione – gridò Charlie.

La bionda incrociò le braccia al petto: -Tu non vuoi aggiungere questa canzone alla scaletta perché sai benissimo che farebbe sfigurare i tuoi pezzi –

-Porca puttana, Sheryl, non è affatto vero – riattaccò la ragazza asiatica -Semmai è la tua canzone ad essere improponibile! –

Chrissie entrò nella stanza tutta trafelata, ansimando per la corsa che aveva appena fatto: -Lo so, sono in ritardo. Che succede qui? –

Rachel accennò con la testa alle due ragazze che stavano litigando pesantemente: -Indovina? –

-Oh, benarrivata, principessa – biascicò Charlie, velenosa -Ti sei persa, per caso? –

Chrissie alzò gli occhi al cielo, estraendo la sua chitarra dalla custodia e collegandola all’amplificatore: -Vaffanculo, Charlie. Ero dal professor Lovell con Brian. Comunque, che state facendo voi due? –

-Charlie non vuole inserire la mia nuova canzone nella scaletta – si lamentò Sheryl, sbattendo un piede per terra.

L’asiatica alzò le mani in segno di resa: -Mi rifiuto di suonare una canzone che parla delle scopate che ti fai con Roger –

Chrissie spalancò gli occhi per la sorpresa: -Come, scusa? –

-Hai sentito bene – riprese Charlie, sbattendole in mano un foglio di carta stropicciato -Sheryl si è messa a scrivere una canzone che parla delle “cavalcate” che lei e il suo biondino si fanno notte e giorno –

Lo sguardo della brunetta passò da Charlie alla sua migliore amica, la quale rispose con una semplice alzata di spalle.

-Insomma, che cavolo vuoi, Charlie? Chrissie può scrivere tutte le canzoni deprimenti che le pare sui suoi ex mentre io non posso metterne in scaletta nemmeno una che parla di qualcosa che mi fa stare bene? – sbottò la bionda, paonazza in viso.

-Ti rendi conto di tutte le puttanate che stai dicendo? Sono due cose diverse! Nelle sue canzoni, Chrissie non ha mai parlato di… queste cose -

La brunetta alzò gli occhi al cielo e fece segno con le mani di tacere. Detestava quando le sue amiche litigavano: -Volete smetterla?! Fatemi dare un’occhiata a questo stramaledetto testo e poi vedremo cosa fare-

Una volta aperto il foglio contenente il testo della canzone e gli accordi per chitarra, Chrissie iniziò ad analizzarlo scrupolosamente, sollevando un sopracciglio ogni volta che vi trovava allusioni sessuali e termini scurrili, ovvero ogni tre parole, circa.

“I've been here all night
I've been here all day
And boy, got me walkin' side to side

This the new style with the fresh type of flow
Wrist icicle, ride dick bicycle
Come true yo, get you this type of blow
If you wanna menage I got a tricycle”


-Come cavolo ti è venuto in mente di scrivere una canzone del genere? – domandò Chrissie, scioccata.

Sheryl sbuffò, strappando di mano il foglio all’amica: -Se devi dire che ti fa schifo, fallo e basta. Sono stufa di sentire certe cattiverie gratuite –

-In realtà, io la trovo geniale –

Sheryl, Rachel e, soprattutto, Charlie credettero di aver sentito male.

-Sul serio. Non c’è niente di male in questa canzone, al diavolo tutti i pregiudizi. Già mi immagino il riff di chitarra – Chrissie afferrò la sua Stratocaster, la accordò rapidamente, alzò al massimo il volume dell’amplificatore e iniziò a suonare, producendo un suono aggressivo e graffiante.

“I'm talkin' to ya
See you standing over there with your body
Feeling like I wanna rock with your body
And we don't gotta think 'bout nothin'
I'm comin' at ya
'Cause I know you got a bad reputation
Doesn't matter, 'cause you give me temptation
And we don't gotta think 'bout nothin' “


-Ci servirà una base forte, quindi chitarra e basso – riprese Chrissie, entusiasta -Tu, Rachel, suonerai l’accompagnamento, mentre io farò la parte della melodia. Per questo pezzo, batteria e basso dovranno essere un vulcano d’energia, la voglio super aggressiva –

Sheryl iniziò a saltellare e ad applaudire, emozionata per il piano della sua migliore amica: -È esattamente così che la immaginavo –

Charlie incrociò le braccia al petto, un’espressione imbronciata sul viso. Cercò sostegno in Rachel, ma anche la polistrumentista pareva oramai stuzzicata all’idea di suonare quel pezzo come lo aveva pensato Chrissie.

-Eddai, Charlie – incoraggiò la brunetta -Abbiamo bisogno di te per rendere questo pezzo una bomba –

L’asiatica sbuffò: -Risparmiatevi le stronzate. Sarà meglio per voi che questa canzone venga uno spettacolo, altrimenti vi prendo a calci in culo –


-Sempre raffinata, tesoro – biascicò Rachel, accogliendo l’amica in un grande abbraccio di gruppo.

Chrissie appoggiò una mano sulla spalla di Charlie, scrutandola per bene negli occhi: -Verrà una figata, te lo posso assicurare. Alla fine, sono sicura che dovremo ringraziare tutte Roger per l’ispirazione…-





Brian si accasciò di fianco a Chrissie, ansimando. Erano entrambi sudati e accaldati dopo l’ennesimo giro di valzer di quella nottata.

-Cavolo, quando hai detto “ci vediamo per cena e per il dopo” non immaginavo di certo questo - biascicò il ricciolo, cercando di riprendere fiato.

-E cosa pensavi? – domandò Chrissie, tra un respiro e l’altro -Che avremmo giocato a carte? –

Brian si fiondò di nuovo sulla ragazza, iniziando a farle il solletico ovunque, conscio del fatto che non ci fosse parte del corpo in cui lei non lo soffrisse: -Sei proprio una sporcacciona, Chrissie Mullen –

-Smettila, Bri! Così rischio di schiattare! – biascicò la brunetta, sentendo il respiro mozzarsi per le eccessive risate.

Brian mollò la presa e la ragazza si accoccolò accanto a lui, stringendosi al suo petto: -Non so che cosa ti ha fatto venire tutta questa voglia, ma la prossima volta avvisami, così mi preparo –

Chrissie soffocò una risata, ripensando alle prove di quel pomeriggio con le Dark Shore e alla canzone ideata da Sheryl.

-È una lunga storia – disse -Prima o poi te la racconterò –

Chrissie appoggiò la testa sulla spalla del ragazzo, iniziando a disegnare dei piccoli cerchi sul suo petto ossuto. All’improvviso, le venne in mente il viso di Helena, la sua disinvoltura nei confronti di Brian e il fatto di averli visti insieme quella sera, quando si erano lasciati.

-Ehi, Bri – iniziò, titubante -Posso farti una domanda? –

Brian colse immediatamente l’antifona: -Stai per chiedermi tutto quello che c’è da sapere su Helena, non è vero? –

Chrissie sollevò la testa, fissandolo dritto negli occhi. A volte era seriamente convinta che il suo ragazzo avesse trovato un modo per leggere nella mente delle persone e non glielo avesse detto: -Non è per gelosia, voglio che questo sia chiaro. È solo che ricordo di averla vista insieme a te, quella sera di ottobre, al bar dell’università… -

-Sarò sincero con te, anche se temo che non ti piacerà ascoltare tutta la storia – asserì Brian.

“Oh, Dio…”

-Ho conosciuto Helena durante il mese di ottobre. È stato Roger a presentarmela, credeva che conoscendo una ragazza con la mia stessa passione per la fisica sarei riuscito a superare la depressione dopo la nostra separazione. Abbiamo iniziato a chiacchierare più frequentemente e, alla fine, le ho chiesto di uscire –

Chrissie sapeva bene che non poteva affatto biasimarlo. In quel momento, loro non stavano insieme, perciò Brian era liberissimo di frequentare chiunque volesse.

-Siamo usciti insieme una sola volta, ovvero quella famosa sera, al bar. Io ero tranquillo, mi sentivo meglio, solo che quando ti ho visto… Dio, quando ti ho visto ho capito che stavo sbagliando tutto –

La brunetta gli accarezzò una guancia, invitandolo a guardarla negli occhi: -Ehi, non è successo niente. Stai, tranquillo –

Brian scosse la testa, sentendo che di lì a poco sarebbe scoppiato in lacrime: -No, Chrissie. Purtroppo, qualcosa è successo. Qualcosa di cui non vado affatto fiero –

“Se l’è portato a letto, ne sono sicura”

-Quella sera, quando ti ho vista correre fuori, sono uscito anche io dal bar. Pensavo di trovarti lì, ma purtroppo te n’eri già andata. Helena mi ha raggiunto,
non mi ha dato molto tempo per le spiegazioni e mi ha baciato. Siamo andati a letto insieme, Chrissie –

“Ecco, appunto”

Un velo di tristezza attraversò gli occhi della brunetta, la quale cercò, con scarsi risultati, di mascherare il fastidio che in quel momento provava per quell’ochetta rossa.

-Ti prego, non prenderla male -sussurrò Brian, seriamente dispiaciuto -Non volevo che succedesse. Io ero convinto che quella fossi tu, non lei –

Chrissie scosse la testa, allontanandosi leggermente dal ragazzo: -Ti prego, Bri. Non inventarti queste stronzate. Non sono arrabbiata perché sei andato a letto con lei, te lo giuro –

-Non è una stronzata – riprese il ricciolo -È la verità. Io ero talmente ridotto male che la mia mente ha iniziato a giocarmi brutti scherzi. Non è un caso che, la mattina dopo, io abbia preso la mia roba e sia scappato. Non mi ero reso conto, fino a quel momento, che quella non fossi realmente tu. Forse è stato uno scherzo del mio subconscio, il quale mi avvertiva che, per quanto ci provassi, i l’unica ragazza giusta per me eri tu –

Chrissie gli accarezzò il viso, invitando Brian a calmarsi: -Ehi, ehi. Stai tranquillo, è tutta acqua passata. Spero solo che tu abbia chiarito con lei –

Il ricciolo annuì: -Certo che ho chiarito. So che ti può sembrare una ragazza un po’ superficiale, però ti posso assicurare che è davvero intelligente e,
soprattutto, che per me è solo un’amica con cui poter discutere di teoria delle stringhe, buchi neri e tutte quelle cose che di solito definisci noiosissime –

-Perché lo sono! – esclamò Chrissie, scoppiando a ridere -Mi fido di te Bri. Se mi dici che tra te e lei non c’è niente, allora ci credo –

-Te lo giuro – concluse Brian, baciandola dolcemente.

Chrissie si aggrappò al suo collo, approfondendo il bacio e circondando il bacino del ragazzo con le sue gambe.

-Cambiando completamente discorso – sussurrò la brunetta, mentre Brian le lasciava una scia di baci sul collo -Cosa ti ha detto il professor Lovell, questa mattina? –

Il ricciolo sollevò la testa per un secondo, prima di attirare nuovamente la ragazza a sé: -Niente di cui al momento io abbia voglia di parlare. Che ne dici, invece, di passare ad un secondo round? -


Spazio Autrice:

Buonasera, carissimi lettori!
Come sempre aggiorno ad orari improponibili, ma suppongo che oramai non ci facciate nemmeno più caso.
Rieccoci qui, con un capitolo un po' più spicy degli altri. Il tanto temuto confronto fra Chrissie ed Helena è finalmente arrivato ma, come abbiamo visto, la nostra protagonista ha reagito nel modo migliore possibile, senza sbraitare nè uccidere nessuno. Alla fine della fiera, Chrissie non è una stupida ragazzina gelosa, perciò non mi sembrava corretto farla incavolare come una iena per una cosa del genere, facendole anche risuonare nell'anticamera dell'orecchio
quel campanellino che la avverte che solo 2 mesi prima era stata lei a fare una bella cazzata.
Piccola nota storica: il professor Bernard Lovell, celeberrimo astronomo e fisico inglese, ha realmente chiesto a Brian di poter lavorare con lui presso il suo centro di ricerca, tuttavia, come possiamo dedurre dalla ventennale carriera dei Queen, il nostro ricciolino preferito ha preferito continuare a percorrere altre strade.
Per quanto riguarda la scelta musicale di questa settimana, mi sono buttata a capofitto su un brano che io, personalmente, amo alla follia, ovvero "Side To Side" di Ariana Grande, sebbene io abbia un rapporto di odio/amore nei confronti della sua interprete. Essendo l'originale un brano pop/reggae, ho preferito utilizzare la versione realizzata dagli Jotun Studios, per questo capitolo. Vi lascio, as usual, il link della playlist di spotify in cui trovate l'originale e vi aggiungo anche il link Youtube per coloro che fossero interessati a sentire la versione che io ho immaginato essere suonata da Chrissie.
Madonna, quanto sono logorroica...
Vabbè, passiamo ai ringraziamenti! Per farvela breve, ringrazio tutti quanti, indistintamente. Grazie di cuore a coloro che recensiscono, leggono, aggiungono la storia alle preferite e alle seguite, davvero, non so cosa farei senza di voi.
Detto ciò, vi auguro una serena Pasqua e vi do appuntamento al prossimo mercoledì!
Un bacione,
                    Jenny

LINK "SIDE TO SIDE" JOTUN STUDIOS: 
https://www.youtube.com/watch?v=p3Z3MiJsJNk
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Capitolo 18
*** Capitolo 17: Doing Alright ***


CAPITOLO 17: Doing Alright



26 Novembre 1971


Quella mattina, nonostante il notevole sforzo fisico della notte precedente, Chrissie si svegliò molto presto. Sbadigliò sonoramente e si stiracchiò per bene, per poi posare il suo sguardo sulla figura al suo fianco. Brian giaceva esausto sul lato sinistro del letto, profondamente addormentato, con la bocca leggermente socchiusa e un’espressione beata sul viso.

Alla vista di quella tenera immagine, Chrissie accennò un sorriso. Si avvicinò alla guancia del ragazzo e gli stampò un bacio impercettibile su di essa, senza svegliarlo, per poi sgusciare via dal letto e infilarsi in bagno, bramando una lunga doccia bollente.

Rimase sotto lo scroscio dell’acqua calda per quelle che le parvero ore, godendosi il tepore del bagno surriscaldato e della doccia. Adorava restare ferma immobile, ad occhi chiusi, sotto l’acqua corrente. Era un ottimo momento per riflettere.

In quell’occasione, Chrissie ripensò all’incontro di Brian con il professor Lovell, il giorno prima, e alla reticenza del suo ragazzo di parlarne. C’era sicuramente qualcosa di brutto sotto, ne era certa. Ogni volta che Brian riceveva una bella notizia, lei era sempre la prima a cui decideva di comunicarla, sia che fosse qualcosa inerente al corso di studi, sia che si trattasse della band. Il fatto che il ricciolo non ne volesse parlare, non le lasciava presagire nulla di buono.

“Forse la sua tesi è stata bocciata”

“Magari il professor Lovell gli ha detto di non voler più seguire il suo scritto”

Chrissie rimase immobile, sotto il getto bollente della doccia, ipotizzando simili teorie per una buona mezz’ora, fino a quando si rese conto che l’acqua stava iniziando a raffreddarsi. Ancora con mille dubbi in testa, ma grande determinazione nello scoprire cosa gli stava nascondendo quel geniaccio del suo ragazzo, la brunetta uscì dalla doccia, si asciugò rapidamente i capelli e si diresse in cucina, per preparare la colazione.

Mise sul fornello il bollitore per il tè e infilò un paio di fette nel tostapane, andando poi alla ricerca di alcuni vasetti di marmellata con cui condirle. Stava ancora frugando nella credenza, quando lo strascinio di un paio di pantofole la avvisò che il ricciolo si era finalmente svegliato.

-Buongiorno, raggio di sole – trillò Chrissie.

Brian sbadigliò, allontanò una seggiola dal tavolo e si lasciò cadere sopra: -Avrei dormito un altro paio d’ore se quell’aggeggio infernale non mi avesse trapanato i timpani. Comunque, buongiorno a te –

La brunetta rise sotto i baffi, riconoscendo che utilizzare l’asciugacapelli di prima mattina non era stata una mossa molto gentile. Alzando le mani in segno di resa, si avvicinò a Brian e gli stampò un bacio sulla guancia, circondando il suo collo con le braccia: -Come posso farmi perdonare? –

-Non nel modo in cui hai in mente – asserì il ricciolo, notando un pizzico di malizia nella voce della sua ragazza -Questa notte mi hai distrutto. Dannazione, sono esausto –

Chrissie finse una smorfia di delusione, passando una mano fra riccioli scuri di Brian: -Vorrà dire che mi limiterò a prepararti la colazione. D’altronde, hai bisogno di recuperare le forze –

Il ragazzo incrociò le braccia al petto con aria compiaciuta: -Questa è un’ottima idea –

Pochi minuti più tardi, la brunetta appoggiò sul tavolo un paio di tazze di tè, un piatto colmo di pane tostato e tre vasetti di marmellata.

-Sto seriamente valutando l’idea di trasferirmi qui da te se questo significa svegliarsi al mattino con tutto questo bendidio – disse Brian, stupito. Si avventò immediatamente sulle fette tostate, quando, senza preavviso, la sua ragazza gli schiaffeggiò la mano.

-Ah, ah, ah – disse Chrissie, scuotendo la testa – Potrai averle quando mi racconterai per filo e per segno ciò che ti ha detto ieri il professor Lovell per mandarti in paranoia –

Sentendo nominare il suo relatore di tesi nonché docente di fisica, Brian si rabbuiò: -Il tè si raffredda. Passami quel pane, cortesemente –

Chrissie piantò i suoi occhi di ghiaccio in quelli del ricciolo, fissandolo con l’aria più truce di cui fosse capace. Brian capì immediatamente che ci teneva davvero a sapere cosa fosse successo e che avrebbe fatto meglio a vuotare subito il sacco, onde evitare litigate future.

-E va bene – sbuffò il giovane, arrendendosi -Mi ha fatto una proposta di lavoro, ok? –

Chrissie sollevò un sopracciglio, non riuscendo a capire cosa ci potesse essere di sbagliato in tutto ciò.

-Il professor Lovell mi ha invitato a lavorare con lui nel suo laboratorio di ricerca a Jodrell Bank, nel Cheshire, una volta preso il dottorato. Ha detto che, oltre al lavoro, potrei avere anche una casa per noi due e un’auto nuova, oltre ad uno stipendio più che decente –

Chrissie incrociò le braccia al petto, aspettando che Brian proseguisse: -Ma? Mi sembra troppo bello per essere vero, ci sarà sicuramente qualche falla –

Il ricciolo sospirò, passandosi una mano sugli occhi con aria stanca: -Il professor Lovell ha detto che questo lavoro mi occuperà la testa al 100%, perciò, qualunque hobby impegnativo deve essere abbandonato. Si riferiva alla musica, alla carriera con i ragazzi –

Chrissie aprì la bocca per parlare, ma non riuscì ad emettere alcun suono. Sentì un respiro mozzarsi in gola e non osò immaginare come si potesse sentire
Brian in quel momento. Quella non era una proposta di lavoro, era un fottuto ricatto.

-Ora capisci perché non volevo parlarne? – domandò lui, retoricamente -E’ complicato –

La brunetta provò ad immaginare il suo ragazzo con indosso un lungo camice bianco, rinchiuso giorno e notte all’interno di un laboratorio pieno di scienziati folli che discutevano riguardo a tutte quelle cose complicate di cui lui parlava nella sua tesi di dottorato. Non fu difficile visualizzare quell’immagine, anzi.
Probabilmente, Brian sarebbe anche stato a suo agio in un ambiente del genere.

Provò ad immaginare il ricciolo senza la sua Red Special, senza Roger, Freddie e John al suo fianco che suonavano, senza il suo raccoglitore ad anelli in cui collezionava tutte le sue canzoni.

Non ci riuscì.

-Ti prego, dimmi cosa ne pensi – biascicò Brian, riportandola immediatamente alla realtà -Non credo di essere mai stato più indeciso in vita mia –

Chrissie lo fissò con aria confusa, spingendo verso di lui il tanto agognato piatto colmo di pane tostato: -Credo che qualunque strada deciderai di intraprendere avrai dei rimpianti. Sei affezionato a questi due mondi allo stesso modo –

Brian osservò le fette di pane con aria disgustata. All’improvviso, tirando in ballo quell’argomento, il suo stomaco si era completamente chiuso: -Da una parte ho un lavoro sicuro, con uno stipendio abbastanza profumato da garantirci una vita più che dignitosa. Dall’altra una marea di incertezze, scarsa disponibilità
economica e la possibilità, tutt’altro che remota, di non riuscire mai a sfondare. Eppure, sebbene sembri abbastanza ovvia come scelta, non riesco ancora a decidermi –

Chrissie si avvicinò al ragazzo, facendogli cenno di lasciarle spazio per sedersi sulle sue gambe. Gli accarezzò il viso con il dorso di una mano, accennando un sorriso: -So bene quanto tu ti senta in difficoltà, è una scelta che non augurerei a nessuno. Ma, se me lo permetti, vorrei darti il mio parere personale –

Brian annuì, appoggiando la fronte contro quella della ragazza: -Sai quanto sia importante, per me, il tuo parere –

-Scegli la cosa che ti fa emozionare di più, quella per la quale senti il cuore esploderti in petto. Scegli ciò che ti rende felice –





9 Dicembre 1971

Nelle due settimane seguenti a quella mattina, Brian e Chrissie non avevano più parlato della proposta di lavoro del professor Lovell. Avevano cercato di evitare il più possibile l’argomento anche con i loro amici, sviando la conversazione ogni volta che si finiva a parlare di università e della tesi del ragazzo.

Il ricciolo era ancora sommerso da una marea di dubbi: abbandonare per sempre il suo sogno di diventare un musicista gli stringeva il cuore, come l’idea di ridurre la sua passione ad un paio di strimpellate di chitarra dopo cena, senza alcuna pretesa. D’altro canto, la possibilità di avere, finalmente, una vita più che dignitosa, una casa tutta per sé e prospettive solide e rosee per il suo futuro, lo tentava da morire.

-Bri, sei pronto? Roger ci sta aspettando! – le parole di Chrissie risvegliarono il ragazzo da una sorta di trance. Scosse la testa, cercando di ritornare alla realtà, accorgendosi solo in quel momento di non essersi ancora messo le scarpe.

La brunetta comparve sulla porta della camera, già pronta, con la fodera della chitarra acustica sulla spalla. Vedendo Brian imbambolato, inarcò un sopracciglio: -Ma che fai? Non sei ancora pronto? –

-Scusami – farfugliò il ricciolo, infilandosi gli zoccoli -Ero sovrappensiero –

Chrissie appoggiò la chitarra al bordo del letto e si accomodò di fianco al suo ragazzo: -Ancora per il lavoro del professor Lovell? –

Brian annuì, sospirando con aria desolata: -Ho pensato che quello di oggi potrebbe essere il mio ultimo concerto con i ragazzi… Devo dare una risposta al professore entro la fine dell’anno e quella di oggi sarà la nostra ultima data per questo 1971-

Sentendo quelle parole, l’umore della ragazza precipitò a terra. Aveva il brutto presentimento che il suo compagno stesse protendendo sempre di più verso l’opzione della carriera scientifica. Certo, sarebbe stata molto felice per lui, dal momento che era più che sicura che con il suo cervello e le giuste conoscenze
– come il professor Lovell, appunto – Brian sarebbe riuscito ad arrivare molto in alto, magari a lavorare addirittura per la NASA. Tuttavia, vederlo abbandonare il mondo della musica, probabilmente la avrebbe rattristata parecchio, visti tutti gli sforzi che gli aveva visto fare per migliorarsi sempre di più, per ottenere uno straccio di contratto discografico e qualche data in giro per l’Inghilterra con i ragazzi.

-Sai che non deve per forza essere l’ultimo, vero? – sussurrò Chrissie, stringendogli una mano.

Brian gliela strinse di rimando, accennando un sorriso del tutto privo di gioia: -Non credo che continuare a suonare in posticini come lo stabilimento balneare di Epsom nel Surrey sia la carriera che avevo in mente. Di certo, un’occupazione del genere non mi permetterà mai di farti vivere come vorrei –

Chrissie gli prese il viso tra le mani, costringendolo a guardarla negli occhi: -A me non importa un bel niente di vivere in una casa nuova casa lussuosa, di avere una bella macchina etc. se tu non sei felice. L’unica cosa che desidero è vederti alzare al mattino con il sorriso sulle labbra, pienamente soddisfatto della tua scelta, che sia andare in laboratorio con il professor Lovell o in sala prove per suonare con i ragazzi. Non prendere questa decisione in base a quanto ti porterà a guadagnare economicamente, fallo in base a ciò che ti rende più felice –

Brian sorrise, allungò il collo e baciò la sua ragazza appassionatamente: -Come farei senza di te? –

Chrissie sogghignò, afferrando nuovamente la chitarra acustica del ragazzo e caricandosela in spalla: -Brancoleresti nel buio. Ora ci conviene andare, siamo parecchio in ritardo –


     


-Mi spiegate chi ha avuto quest’idea del cazzo? – domandò Roger piccato, entrando nello stabilimento balneare -Come si fa a suonare decentemente in un posto del genere?! –

Non appena misero piede nel Leisure Rainbow Centre di Epsom, nel Surrey, i ragazzi capirono che qualcosa non quadrava. I dirigenti dei De Lane Lea Studios gli avevano accennato che avrebbero dovuto suonare in una sorta di piscina pubblica, tuttavia, i ragazzi avevano presupposto che si trattasse di uno spazio all’aperto.

-C’è un’acustica orrenda, non si sentirà nulla – aggiunse John, sbuffando.

Freddie batté le mani, portando l’attenzione su di sé: -Oh, smettetela di lamentarvi, tesori. Faremo un figurone, come sempre. Ne sono più che sicuro! – Il suo perenne buonumore era davvero invidiabile -Ora iniziamo a preparare tutto, voglio che sia tutto perfetto –

Chrissie diede un bacio a Brian e lo lasciò andare a preparare il palco insieme ai suoi amici. Notò tristemente che il ragazzo aveva ancora un’espressione funerea dipinta sul volto e pregò che nessuno dei presenti ci prestasse troppa attenzione.

-Ho paura che l’esibizione di oggi sarà un completo disastro – disse Veronica, comparendo al suo fianco -Non è stata una mossa intelligente farli suonare qui –

“Non in un momento così delicato per Brian. Si sentirà una merda dopo questo concerto”

-Spero che almeno si divertano – biascicò Chrissie. Nemmeno lei era convinta delle sue parole.

La fidanzata di John si voltò verso la brunetta, aggrottando le sopracciglia: -Ti senti bene? Hai una faccia sconvolta… -

Con la sua empatia, Veronica era in grado di captare anche il più piccolo dei problemi. Chrissie accennò un sorriso, mentendo spudoratamente. Non voleva che il dilemma di Brian diventasse di dominio pubblico: -Sono solo un po’ dispiaciuta per i ragazzi. Sicuramente non si aspettavano un palco del genere –

-Sei sicura che si tratti solo di questo? – rincarò Veronica.

Chrissie annuì, sfoggiando il suo miglior sorriso: -È tutto a posto, Vero. Seriamente, non c’è niente di cui preoccuparsi –

La brunetta scorse in lontananza Mary e Sheryl che si sbracciavano per attirare la loro attenzione, invitandole a raggiungerle sugli spalti: - Guarda un po’ là.
Quelle due sembrano andare d’accordo, oggi –

Veronica sollevò le sopracciglia, del tutto stupita. Di solito, Sheryl e Mary erano come cane e gatto, invece quel pomeriggio, per la prima volta, sembravano quasi in sintonia: -Ci conviene approfittare di questa sepoltura dell’ascia di guerra. Non so quando ci ricapiterà una cosa del genere –

Dopo aver attraversato tutto lo stabilimento, Chrissie e Veronica riuscirono a raggiungere le amiche sugli spalti, prendendo posto in attesa dell’inizio dell’esibizione.

Prima dei Queen, entrarono in scena Arthur Browne i suoi Kingdom Come ma gli avventori della piscina non parvero emozionarsi più di tanto. Anzi, addirittura un signore anziano domandò loro di abbassare il volume.

Quando i ragazzi entrarono in scena, subirono lo stesso trattamento dei loro “colleghi” dei De Lane Lea Studios. La gente non li ascoltava per niente oppure si lamentava continuamente per l’acustica e per il volume troppo alto. Era un pubblico maledettamente ingrato.

-Che siamo venuti a fare qui se la gente non ha voglia di ascoltare musica rock mentre si fa il bagno? – domandò Sheryl piccata, all’ennesimo fischio.

-Per una volta ti do ragione… E’ completamente inutile - biascicò Mary, arrabbiata.

I ragazzi avevano cercato di ingraziarsi i presenti eseguendo delle cover, senza ottenere alcun risultato. L’acustica era semplicemente orrenda e faticavano a sentirsi persino tra di loro, a pochi metri di distanza gli uni dagli altri. Avevano tutti un’espressione delusa e arrabbiata sul viso, persino Freddie, il quale,
solitamente, era un dispensatore di buonumore.

-Per concludere – disse il cantante, producendo un’eco orribile -Vorremmo proporvi un nostro brano originale. S’intitola “Doing Alright” –

I bagnanti non prestarono alcun tipo d’attenzione alle sue parole, continuando tranquillamente a farsi i fatti propri, mentre le ragazze applaudirono, cercando di tirare un po’ su il loro morale.

-Hanno fatto bene a scegliere quella canzone, come inedito – disse Mary, continuando a battere le mani -Tra tutti i loro singoli, è quello meno rumoroso –

Le altre tre annuirono, godendosi l’ultima esibizione dei ragazzi.

“Yesterday my life was in ruin
Now today I know what I'm doing
Gotta feeling I should be doing all right
Doing all right”


Chrissie era estremamente preoccupata. Era abbastanza sicura che, dopo quel concerto osceno, Brian avrebbe deciso di accantonare per sempre la sua carriera di musicista per dedicarsi a quella scientifica. Questa cosa le dava un gran dispiacere: adorava seguire il suo ragazzo in tour, sentirlo suonare nei piccoli pub di Londra e nei college, adorava sentirlo strimpellare la sua chitarra per tutta la sera, cercando di inventarsi una nuova canzone e, soprattutto, adorava veder spuntare un sorriso genuino sul suo viso ogni singola volta che prendeva in mano il suo strumento.

“Where will I be this time tomorrow
Jump in joy or sinking in sorrow
Anyway I should be doing all right
Doing all right”


Dopo le prime strofe, le ragazze iniziarono a notare un netto cambiamento sui volti dei loro compagni. Gli sguardi afflitti per la pessima acustica e per il menefreghismo del pubblico lasciarono presto spazio a quattro sorrisi smaglianti. Accadeva sempre così quando iniziavano a suonare i loro pezzi personali.
Certo, probabilmente le cover stuzzicavano maggiormente gli spettatori e li invitavano a cantare testi che già conoscevano, ma suonare i propri inediti li gratificava il doppio, era completamente un altro paio di maniche.

“Should be waiting for the sun
Looking round to find the words to say
Should be waiting for the skies to clear
There a time in all the world
Should be waiting for the sun
And anyway I've got hide away”


Quando attaccarono con la strumentale, i volti dei ragazzi si illuminarono, se possibile, ancora di più. Chrissie lanciò un’occhiata al ricciolo mentre eseguiva l’assolo di chitarra e vederlo così soddisfatto e concentrato le sciolse il cuore. Era quello il vero Brian: lui, con i suoi capelli disordinati e lo sguardo perso fra le corde della sua Red Special.

“Yesterday my life was in ruin
Now today God knows what I'm doing
Anyway I should be doing all right
Doing all right”


Quando la canzone terminò, i pochi applausi che rimbombarono nello stabilimento balneare furono quelli delle ragazze e di qualche avventore. Chrissie osservò compiaciuta la soddisfazione trasudante dai visi dei ragazzi, soprattutto su quello di Brian che pareva essere al settimo cielo.

Quell’espressione beata fu sufficiente per farle intendere che quello al Leisure Rainbow Centre di Epsom non sarebbe stato il suo ultimo concerto. Anzi, sarebbe stato il primo di una lunga, lunghissima serie.


Spazio Autrice:

Buonasera a tutti, carissimi lettori!
Come state, tutto bene? Io sono appena tornata dal cinema, dopo la visione di Avengers: Endgame. Credo di aver bisogno di un paio di settimane per realizzare cosa stracavolo è successo il quel film. Ho pianto quasi quanto con Bo Rhap e la cosa è abbastanza grave.
Tralasciando le mie personali cagate, passiamo al capitolo effettivo. Cosa ne pensate?
Finalmente Brian ha raccontato a Chrissie della proposta ricevuta dal professor Lovell, ma ha preferito non mettere i suoi amici al corrente di nulla. Credo che lo abbia fatto per evitare alcune scenate: un carattere forte come quello di Roger, probabilmente avrebbe reagito molto male ad una notizia del genere. Secondo voi avrebbe dovuto parlarne anche con loro? Sono curiosa di sentire le vostre opinioni!
Info di servizio: il concerto ad Epsom si è tenuto realmente il 9 Dicembre del 1971 ed è stato realmente un disastro a causa della pessima acustica. 
La canzone scelta per questo capitolo è stata una dei primi brani dei Queen, precedentemente suonata dagli Smile, appunto "Doing Alright". Ho pensato che questa canzone, non solo fosse probabilmente nella scaletta di quel concerto, visto che proveniva da un repertorio precedente, ma che fosse anche in linea con le emozioni di Brian in quel momento. 
Prima che mi dilunghi troppo, vorrei dedicare questo capitolo a due persone speciali, ovvero Soul_Dolmayan e Kim WinterNight, che ho avuto il piacere di conoscere di persona e con cui ho trascorso una meravigliosa Pasquetta (insieme anche alla mia spammatrice di foto, Carmaux_95). Adoro quando Efp si trasforma magicamente in una sorta di sito d'incontri!
Ringrazio moltissimo anche le mie recensiste del cuore Cathy Black e Killerqueen95, insieme alla new entry crazy lion. Siete davvero speciali!
Non mi resta altro da fare se non augurarvi una buona settimana e darvi appuntamento a mercoledì prossimo.
Un bacio,
              Jenny

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Capitolo 19
*** Capitolo 18: Happy Xmas ***


CAPITOLO 18: Happy Xmas



18 Dicembre 1971


-Tesoro, io ti amo tanto e tutto il resto, ma quello che mi chiedi è veramente troppo –

-Sai benissimo che non sono adatto a queste situazioni! –

-Ti stai comportando come una bambina, te ne rendi conto? –

Erano circa venti minuti che Roger vagava per tutto l’appartamento come un’anima in pena, portandosi dietro il telefono fisso e gridando come una ragazzina mestruata. Brian era sdraiato sul suo letto, le braccia incrociate dietro la nuca, appoggiato alla testata. Osservava silenziosamente il suo migliore amico fare avanti e indietro per il corridoio che separava la porta d’ingresso da tutte le altre stanze, un’espressione furente dipinta sul volto.

Roger gridò per l’ennesima volta e Brian soffocò una risata, godendosi lo spettacolo. Quando lui e Sheryl litigavano per telefono era sempre uno spasso, dal momento che entrambi erano testardi come muli e volevano avere l’ultima parola ad ogni costo.

Il ricciolo riuscì a udire un “vaffanculo” dall’altro capo del telefono, prima che il suo migliore amico riattaccasse la cornetta. Roger si fermò davanti allo stipite della sua stanza, guardandolo con aria assassina.

-Se non la smetti di ridere, giuro che ti prendo a pugni – bofonchiò il biondo.

Brian alzò le mani in segno di resa, non riuscendo tuttavia a trattenere una fragorosa risata: -Scusa, ma non ce la faccio –

Roger si lasciò cadere sul letto dell’amico, sbuffando sonoramente. Si sdraiò di fianco a lui, giocherellando con gli innumerevoli ciondoli delle sue collane.

-Che c’è? – domandò Brian, preoccupato -Sheryl ti ha obbligato ad affrontare l’ennesima sessione di shopping natalizio? –

Il biondino scosse la testa, lanciando un’occhiata eloquente all’amico: -Peggio. Molto peggio –

Brian aggrottò le sopracciglia. Da che ne aveva memoria, nulla terrorizzava Roger più di andare a fare shopping con la sua ragazza. Ogni volta era costretto a seguirla come un cagnolino per tutta Kensington, entrando in ogni singolo negozio e visitando le bancarelle di ogni singolo mercatino, dalla mattina presto fino al tardo pomeriggio. Era in momenti come quelli che ringraziava il cielo per il fatto che Chrissie detestasse andare per negozi.

-Sheryl vuole che passi la Vigilia di Natale con la sua famiglia, a Lincoln – ammise Roger, passandosi una mano sugli occhi con aria stanca -Dice che i suoi genitori vogliono conoscermi e stronzate simili –

Brian fece spallucce, non riuscendo a capire quale fosse il problema: -Cosa c’è di male? Insomma, tu e Sheryl state insieme da più di un anno, oramai: avrà parlato loro di te un’infinità di volte. E’ normale che i suoi genitori vogliano conoscerti –

-Il problema è che io non ci tengo a conoscere loro – Roger si affrettò a correggersi, avendo intuito subito di essere stato abbastanza scortese -Sai bene che queste “cose formali” mi mettono a disagio. Non sono bravo con i genitori, Bri –

Il ricciolo si alzò, mettendosi a sedere: -Devi stare tranquillo, Rog. Sii semplicemente te stesso e sono sicuro che farai un’ottima impressione. Devi solo evitare di bestemmiare, ruttare a tavola e, soprattutto, di fare allusioni sessuali ogni volta che apri bocca –

-Praticamente, impossibile – bofonchiò il biondino, incrociando le braccia al petto. Anche se a tratti sboccato e grezzo, lui era così. Gli sembrava alquanto stupido fingere di essere il principe azzurro davanti ai genitori della sua ragazza.

Brian gli diede una pacca sulla spalla con fare bonario: -Devi solo trattenerti un pochino. Sono sicuro che ce la farai. Se sono sopravvissuto io alla famiglia di Chrissie, puoi farcela tranquillamente anche tu. Non saranno mai peggio di quei… quei… –

-Grandissimi figli di puttana? – alluse il biondino, lanciando un’occhiata eloquente al suo migliore amico.

Brian alzò gli occhi al cielo, constatando per l’ennesima volta l’eccelsa finezza di Roger Taylor: -Stavo per dire “dinosauri bifolchi” ma tu hai reso meglio l’idea –

-Che razza di espressione è “dinosauri bifolchi”?! – abbaiò il biondino, virgolettando le parole interessate con le mani -Nemmeno mia nonna usa più quel termine –

Brian scoppiò a ridere, spingendo Roger amichevolmente: -Non tutti siamo aulici come te, caro mio - Il biondo schioccò le dita, riprendendo immediatamente parola: -Fossi in te, non riderei così tanto… -

-E perché mai non dovrei? – domandò il ricciolo, facendo spallucce.

Roger accennò un sorriso sadico, del tutto in contrasto con il suo aspetto angelico: -Perché Sheryl ha detto che tu e Chrissie verrete con noi –

Brian pregò di aver sentito male.




24 Dicembre 1971


La mattina della Vigilia, i ragazzi partirono da King’s Cross molto presto, carichi di bagagli come muli. Dopo quella giornata a Lincoln, difatti, Roger sarebbe tornato a Truro per il resto delle vacanze, mentre Brian avrebbe ospitato Chrissie a casa sua fino alla fine della pausa invernale. La brunetta non aveva alcuna intenzione di ritornare a Holloway e trascorrere i pochi momenti liberi dallo studio e dagli impegni quotidiani in compagnia di quelle serpi dei suoi famigliari, così accettò di buon grado l’invito dei signori May, i quali, oramai, la consideravano come una figlia.

-Ripetimi perché anche io e Chrissie ci siamo fatti incastrare in questa situazione – bofonchiò Brian, incrociando le braccia al petto e prendendo posto in uno scompartimento vuoto del treno.

Roger sorrise languido, sistemando le valige negli appositi spazi vuoti della cabina: -Perché la madre di Sheryl voleva assolutamente rivedere la tua ragazza –

Brian si voltò di scatto verso Chrissie, la quale si stava sedendo proprio di fianco a lui: -Aspetta, quindi tu conosci già la famiglia di Sheryl? –

-Certo che sì – disse la brunetta, candidamente -Conosco Sher e la sua famiglia da anni, oramai, dai primi giorni d’orientamento all’Imperial College –

-E come sono i suoi genitori? – domandò Roger, sottovoce.

-Te lo dico io come sono – intervenne Sheryl, entrando nello scompartimento e prendendo posto di fronte al biondino. Era evidente che fosse ancora un po’ alterata per la litigata fatta con lui, qualche giorno prima -Di mio padre non ti devi preoccupare, è un pezzo di pane. Mia madre ha avuto la sfortuna di partorire due figlie mongoloidi prima della sottoscritta, perciò non spaventarti se dimostra di avere una cazzo di ossessione per me e, di conseguenza, per te –

Brian richiamò l’attenzione di Sheryl, alzando una mano per avere il permesso di porre una domanda: -Cosa intendi con “mongoloid”? Hanno… hanno la sindrome di Down? –

-Mi sembra una cosa abbastanza crudele definire in quel modo le tue sorelle – biascicò Roger.

Chrissie soffocò una risatina: -Oh, si vede che non le hai mai conosciute. Senza offesa, Sher –

-No, mia cara, hai ragione tu – continuò la biondina, dandole manforte -Le mie sorelle sono perfettamente sane, non hanno alcuna malattia o stronzate simili.
Semplicemente, sono delle complete troglodite. Non studiano, non lavorano, sono dannatamente in sovrappeso e non fanno altro che starsene chiuse in camera dalla mattina alla sera, facendosi i cavoli loro e dipendendo in tutto e per tutto dai miei genitori –

Sulle facce di Roger e Brian si dipinse un’espressione di puro sgomento.

-Tranquilli – li rassicurò Chrissie -Anche io ho reagito così, quando me lo ha raccontato per la prima volta –

Brian roteò gli occhi, borbottando sottovoce: -Ma che deliziosa famigliola… -

Sheryl accennò un sorriso serafico: -Non fate troppo caso a quelle due. Sono sicura che vi divertirete –

Brian e Roger si scambiarono un’espressione terrorizzata proprio nel momento in cui il treno partì alla volta del Lincolnshire.

       

Il treno arrivò alla stazione di Lincoln in perfetto orario e, carichi di bagagli, i ragazzi si misero in cammino alla volta di Rudgard Lane, la via dove abitava la famiglia di Sheryl.

La città non era poi così diversa da Londra, fatta eccezione per il traffico: stesso cielo perennemente grigio, stesse strade mal asfaltate e stesse case coperte da mattoni rossastri.

Dopo aver camminato per una ventina di minuti, i ragazzi imboccarono una via lunga e stretta, sui cui margini si ergevano un’infinità di villette a schiera completamente identiche.

-Come cavolo fai a ricordarti dove abiti? – domandò Roger, spiazzato -Sono tutte uguali –

Sheryl si avvicinò al cancelletto della numero 22, facendo segno agli amici di seguirla -Esistono i numeri civici, Capitan Ovvio… -

La biondina suonò il campanello e, pochi secondi dopo, una donna grassoccia con i capelli ricci, corti e castani aprì la porta. Non appena vide Sheryl, un sorriso a trentadue denti s’impossessò del suo viso e, agitata, iniziò a battere le mani.

-Finalmente la mia stellina è a casa! – gridò la donna con voce acuta -David! David, corri! E’ arrivata Sheryl con i suoi amici. Fatti abbracciare da mamma, tesoro –

La biondina si lasciò stritolare dalle braccia enormi della madre, trattenendo a stento un’espressione di puro imbarazzo, mentre – fuori dalla porta – gli altri ridevano a crepapelle.

-Ti ho portato anche Chrissie, sei contenta? – biascicò Sheryl, staccandosi dall’abbraccio stritolatore della madre.

Non appena si accorse della presenza della brunetta sulla soglia di casa, la signora Richardson si fiondò ad abbracciarla: -Oh, santo Dio, Christine! Sei ancora più graziosa di quanto ricordassi. Come stai, cara? Tutto bene? –

-E’ un piacere rivederla, signora Richardson. Io sto bene e lei? – disse Chrissie, con un sorriso, abbracciando calorosamente la donna. Richiamò l’attenzione di Brian e glielo presentò: -Lui è Brian May, il mio fidanzato. Brian, ti presento la signora Richardson, la mamma di Sheryl –

-Oh, chiamatemi semplicemente Miranda – disse la donna, stringendo energicamente la mano del ricciolo -Brian, è un piacere conoscerti. Sentiti come a casa tua –

-Anche io devo presentarti qualcuno – s’intromise Sheryl, ricomparendo sulla porta di casa. Prese per mano il biondino, il quale nel frattempo era rimasto fuori ad occuparsi dei bagagli, e lo portò di fronte a sua madre: -Finalmente, anche se con un anno di ritardo, ti presento Roger Meddows Taylor, il mio ragazzo –

Alla vista del bel biondino, la mascella della signora Richardson cadde letteralmente a terra. In tutta la sua vita, non aveva mai visto un ragazzo così affascinante come lui. Aveva lunghi capelli dorati, un paio di oceani al posto degli occhi e un sorriso serafico. Pareva uscito da un libro di fiabe.

-Salve – biascicò Roger, con una smorfia.

-Sembri un dio greco… - farfugliò la donna, guardandolo incantata -Chissà che meravigliosi bambini nasceranno da te e la mia Sheryl… -

-Ok, mamma… - La ragazza si affrettò a trascinare il suo fidanzato in casa, prima che sua madre dicesse qualche altra stupidaggine per metterla in imbarazzo.

-Stava scherzando, vero? – sussurrò Roger, preoccupato -Non ho intenzione di avere figli adesso, sia ben chiaro –

Sheryl lo spinse dentro, scuotendo la testa: -No, lei non stava scherzando. Ma io non ho alcuna intenzione di diventare una ragazza madre, perciò puoi dormire sogni tranquilli, bello mio –

Roger tirò un sospiro di sollievo, seguendo la sua fidanzata all’interno della casa.

“Se sua madre è così svitata, non oso immaginare il resto della famiglia…”

Sheryl era sul punto di portare Roger in salotto, per presentargli suo padre, quando, lungo il corridoio fecero la loro comparsa due figure assai poco gradevoli. Erano due ragazze enormi, evidentemente in sovrappeso, dai capelli rossi e crespi e gli occhi acquosi. Erano identiche, fatta eccezione per
l’acconciatura: una aveva i capelli corti, quasi a scodella, mentre l’altra li aveva lunghi e raccolti in una coda molle.

-Fanny – borbottò Sheryl, incrociando le braccia al petto -Junie –

“Devono essere le sorelle troglodite” pensò Roger, quasi inorridito da quella visione.

-Sheryl, sorella cara – iniziò quella con la scodella in testa, melensa -Che piacere rivederti. E vedere quanti bei ragazzi hai portato a casa –

-Il fidanzato della tua amica è un figo da paura, ma il tuo, Cristo santo, è da togliere il fiato – continuò l’altra, maliziosa -Scommetto che ci sa davvero fare a letto –

“Sì, direi proprio di sì” s’inorgoglì Roger “Sono bello come il sole e ci so anche fare sotto le coperte”

Notando l’espressione compiaciuta sul viso del suo ragazzo, Sheryl gli lanciò un’occhiata assassina, per poi riportare la sua attenzione sulle sue sorelle: -
Perché voi due non ve ne tornate in camera a sgrillettarvi o a fare qualunque cosa facciate da 25 anni a questa parte? –
Fanny e Junie finsero di essere offese: -Come siamo acide, sorellina… -

-Sono realista, non acida – ribatté la bionda, stringendo le mani al braccio di Roger - Ora scusateci, papà vorrebbe conoscere l’unico ragazzo di sesso maschile che sia mai entrato in questa casa, visto che voi non avete mai portato a casa nessuno… -

Le gemelle incrociarono le braccia al petto con un’espressione furente sul viso: -Vaffanculo, Sheryl. Sei solo una maledetta stronza –

-Andateci voi – concluse la bionda, facendo loro il dito medio e superandole.

Roger soffocò una risatina. Dopo aver conosciuto le sorelle di Sheryl si sentiva decisamente meglio. Quella famiglia era un vero coacervo di stranezze.

-Davvero non hai mai portato a casa nessun ragazzo, prima di me? – domandò Roger, colpito.

Sheryl scrollò le spalle, come se il suo fidanzato avesse appena fatto la domanda più stupida del pianeta: -Mica potevo presentare loro gente con cui andavo semplicemente a letto, ti pare? –

-Suona quasi come una cosa romantica – aggiunse il biondo, con uno sguardo tenero.

La ragazza accennò un sorriso: -Quasi –



   

Alla fine del pranzo, Roger e Brian avevano constatato che la persona più “normale” della famiglia Richardson era senz’alcun dubbio il padre di Sheryl, David. Si era presentato in modo semplice e gentile e aveva fatto di tutto, sin dall’inizio, per farli sentire a proprio agio in mezzo a quella banda di stralunate.

-Perdonate l’eccessiva foga di mia moglie e delle mie figlie – aveva detto, servendo loro la prima portata -Non sono abituate a vedere ragazzi così interessanti in giro per casa –

Per tutto il pranzo, l’uomo aveva intrattenuto con loro conversazioni di ogni tipo, spaziando dalla fisica alla biologia, dalla politica alla musica, senza mai risultare noioso, banale o retorico. Proprio durante una chiacchierata sul tema “musica”, Brian e Roger avevano scoperto che il signor Richardson era un grande appassionato di rock ‘n’ roll e blues, proprio come loro.

-Sheryl dice che anche voi siete dei musicisti – disse David, sorseggiando il suo caffè -E anche molto bravi –

Roger e Brian si guardarono per un secondo e il biondo prese la parola: -Sì, diciamo di sì. Io e Brian suoniamo insieme in un gruppo chiamato Queen. Lui sta
alla chitarra e io alla batteria –

Il viso della signora Richardson si illuminò ancora di più, mentre le gemelle si scambiarono l’ennesima occhiata maliziosa della giornata.

-E avete fatto qualche tour? – domandò Miranda, estasiata.

Roger fece spallucce: -Abbiamo fatto un piccolo tour estivo, quest’anno. Per il momento, giriamo tra pub e università, non abbiamo ancora un vero e proprio contratto discografico–

-Con impegno e caparbietà si può raggiungere ogni obiettivo – rispose candidamente il signor Richardson – Siete giovani, di bella presenza e con tanta voglia di fare. Prima o poi avrete sicuramente un’occasione –

-Perché non ci fate sentire qualcosa, tutti insieme? – domandò Miranda, includendo anche Sheryl e Chrissie nella conversazione.

Sheryl scosse la testa, imbarazzata. Perché sua madre non se ne stava mai zitta? Roger stava dialogando civilmente con suo padre – senza usare termini scurrili ogni due parole – e i suoi amici parevano finalmente a loro agio.

-Non credo sia una bella idea, mamma – borbottò la bionda.

-Perché no? – rincarò Miranda, cercando appoggio nel marito -David, non ti piacerebbe sentirli suonare? –

L’uomo annuì, entusiasta: -Oh, certo che mi farebbe piacere. Sono molto curioso di sentirvi all’opera –

Chrissie fece spallucce, cercando di convincere la sua migliore amica: -Eddai, Sher. Cosa vuoi che succeda? –

La bionda osservò Roger e Brian, entrambi dello stesso parere della brunetta, così si rassegnò: -E va bene. Però una canzone sola –

-Una sola, promesso – disse la signora Richardson, emozionata.

I ragazzi andarono a recuperare i loro strumenti e si sistemarono in salotto, trafficando con i fili del basso e della Red Special.

-Niente batteria, oggi – disse Roger, accennando alla evidente mancanza dello strumento -Vi dovrete accontentare di tamburello e maracas –

-Non preoccuparti, caro – disse la signora Richardson, trascinando sul divano il resto della famiglia. Il padre di Sheryl pareva molto curioso di sentire i quattro ragazzi suonare, mentre Fanny e Junie non staccavano gli occhi da Roger e Brian.

-Allora, avete preferenze? – domandò Chrissie, imbracciando la sua chitarra acustica.

La signora Richardson alzò la mano, proponendo la sua idea: -Potreste suonarci “Carol of the Bells”? –

-Che palle, mà – sbottò Fanny, sbuffando sonoramente -Non potete suonarci “Leti t snow!” di Crosby? –

Junie spintonò la sorella, facendola quasi cadere dal divano: -Che lagna sei, Fanny. Io voto per “Santa Claus is coming to town” –

Le donne di casa Richardson andarono avanti a litigare per un bel po’, sotto lo sguardo imbarazzato dei ragazzi (soprattutto di Sheryl), fino a quando David
non prese parola, riportando tutti all’ordine.

-Visto che in questa casa non si riesce a prendere una semplice decisione senza azzuffarsi, vorrà dire che sceglierò io – concluse l’uomo, risoluto. Poi si rivolse a Sheryl -Tesoro, che ne pensi della nuova canzone di John Lennon? –

-“Happy Xmas”? – domandò la bionda -Quella con Yoko Ono? –

Il signor Richardson annuì. Sapeva bene quanto sua figlia adorasse John Lennon e i Beatles: l’anno precedente, quando il gruppo aveva annunciato lo scioglimento, Sheryl lo aveva chiamato più e più volte, piangendo disperata come una bambina.

-Va bene, papà – disse la bionda, constatando l’approvazione dei suoi amici.

“So this is Christmas and what have you done?
Another year over, a new one just begun.

And so this is Christmas, I hope you have fun,
The near and the dear one 
the old and the young”

 
I ragazzi iniziarono a suonare, lasciando cantare a Roger la prima strofa. Prima attaccarono Chrissie e Brian con le loro chitarre, poi, a metà, si inserirono anche Sheryl e il biondo con il basso e con le percussioni improvvisate di tamburello e maracas.

Fin dall’inizio, la canzone natalizia riportò il buonumore nel salotto di casa Richardson, facendo completamente dimenticare la discussione di poco prima.

“A very merry Christmas 
and a happy new year,
Let's hope it's a good one 
without any fear”


Chrissie e Sheryl si impadronirono del ritornello, armonizzando le loro voci alla perfezione.

Non appena la signora Richardson sentì la sua figliola cantare, si emozionò moltissimo, lasciando che una lacrimuccia solitaria rotolasse giù dalla sua guancia grinzosa. Era passato un bel po’ di tempo dall’ultima volta che aveva visto e sentito la sua bambina esibirsi e doveva ammettere che era migliorata davvero tanto. Oramai non era più la Sheryl tredicenne che suonava il basso in cameretta, starnazzando come una cornacchia.

“And so this is Christmas
for weak and for strong,
For the rich and the poor ones,
the road is so long.
And so happy Christmas for black and for whites,
For the yellow and red ones,
let's stop all the fight”
 

La seconda strofa toccò a Brian, mentre Chrissie e Sheryl si occuparono dei cori in sottofondo.

La signora Richardson era oramai in lacrime e persino suo marito sembrava quasi commosso.

-Sono proprio bravi, non credi? – domandò Miranda all’uomo, appoggiandosi al suo braccio.

David annuì, stringendo la mano della moglie: -Hai ragione, cara. Sono davvero bravi –

“A very merry Christmas 
and a Happy New Year,
Let's hope it's a good one 
without any fear”


Quando ripartì il ritornello, l’intera famiglia Richardson si unì ai ragazzi, cantando a squarciagola e battendo le mani. Persino Fanny e Junie si unirono al coro, lasciando da parte, per un secondo la loro rivalità con la sorella più piccola.

Il signor Richardson iniziò a tenere il tempo insieme a Roger, applaudendo o battendo le mani sulle gambe. Sheryl s’intenerì a quella visione, contenta che – alla fine – Roger fosse riuscito a creare una certa intesa con la sua famiglia, soprattutto con suo padre.

“War is over
If you want it
War is over now”


Con l’ultimo coro, i ragazzi lasciarono sfumare la canzone, concludendo con un leggero accordo da parte della chitarra acustica di Chrissie. Appena finito di suonare, nel salotto calò un indecifrabile silenzio. Non durò più di cinque secondi, dal momento che le risate dei ragazzi e della famiglia Richardson riempirono la stanza quasi subito dopo aver terminato la canzone.

Tutti i presenti si ritrovarono a ridere di gusto, in maniera sincera e i genitori di Sheryl si complimentarono con la figlia e i suoi amici.

-Ora che vi ho sentito suonare dal vivo, non ho più alcun dubbio – disse David, stringendo la mano a Roger e Brian -Voi due, ragazzi miei, sfonderete sicuramente nel mondo della musica –



Spazio Autrice:

Buon pomeriggio a tutti, cari lettori, e buon 1° Maggio!
Ah, che bello scrivere capitoli natalizi con un sole rovente fuori dalla finestra. Quando mia madre mi ha sentito metter su "Happy Xmas" di John Lennon ha seriamente pensato che fossi impazzita.
Comunque, che ne pensate?
Questo capitolo è interamente dedicato a Carmaux_95, la quale da tempo agognava di poter vedere Roger incontrare la famiglia di Sheryl, così, alla fine, ho deciso di accontentarla.
Per la serie "avere famiglie normali è fuorimoda" ecco qua la Richardson's Family! Due sorelle imbecilli, una madre un po' appiccicosa e un padre dotato di una pazienza inesauribile, sono i termini più precisi per descrivere i parenti più stretti della nostra Sheryl.
Come citato nel testo, la canzone di questa settimana è "Happy Xmas" di John  Lennon e Yoko Ono, uscita nel dicembre del 1971, poco prima degli eventi narrati in questo capitolo. Personalmente, ritengo questa canzone la mia preferita durante il periodo delle feste, non solo per il suo groove ma anche per il bellissimo messaggio di fondo. Ve la lascio, as usual, nella playlist di Spotify!
Oggi sono stata brava e non ho aggiornato ad orari improponibili, perciò mi impegnerò ancor di più nel non essere prolissa come sempre.
Vi ringrazio per essere passati anche questa settimana, vi aspetto mercoledì prossimo con un nuovo aggiornamento!
Un bacione,
                   Jenny

PLAYLIST SPOTIFY:   
https://open.spotify.com/user/21ekfspbopztn5dsisbmousna/playlist/5GFxDwTiDkQmFO9kNAJt1E?si=j-fAcWXGS8qPsllLX-pc-A


 

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Capitolo 20
*** Capitolo 19: California Dreamin' ***


CAPITOLO 19: California Dreamin’



2 Febbraio 1972


Brian bussò alla porta dell’appartamento di Freddie e pochi istanti dopo il ragazzo Parsi gli aprì, sfoderando un sorriso a trentadue denti: -Finalmente, tesoro. Aspettavamo solo te –

-Scusatemi, mi hanno trattenuto a scuola più del previsto – si giustificò il riccio, raggiungendo i suoi amici nel salotto/cucina dell’appartamento.

-Alla buon’ora, Professor May – lo punzecchiò Roger, candidamente spaparanzato su un divanetto malridotto -Hai trovato una bella insegnante con cui darci dentro? –

Brian alzò gli occhi al cielo, fingendo di non aver sentito. Da quando il professor Lovell gli aveva trovato quel posto di lavoro come supplente di matematica e fisica in una scuola media, il suo migliore amico non aveva fatto altro che infastidirlo con battutine oscene e inopportune.

-Questa è vecchia, Rog, me l’hai già ripetuta tre o quattro volte – ribatté il ricciolo, senza scomporsi -Stai perdendo colpi, vecchio mio –

-E tu lavori troppo – ribatté il biondo.

-Almeno lui lavora in modo serio – s’intromise John, alzando la voce -Tu dovresti mettere più impegno nello studio se vuoi ottenere quella laurea in biologia entro la fine dell’anno –

Roger rimase spiazzato dal tono dell’amico. Solitamente il bassista era un tipo estremamente pacato che si intrometteva raramente nei battibecchi altrui, eppure questa volta non ci aveva pensato un secondo di più a tirare fuori la voce.

-Piantala Deacy, ho tutto sotto controllo con la laurea – sbuffò il biondino, accendendosi una sigaretta -Entro dicembre avrò in mano quella fottuta pergamena e me ne andrò via dall’Imperial College –

-Di questo passo, la vedo dura – disse Brian, ridacchiando e beccandosi in faccia un cuscino.

Freddie riportò tutti sull’attenti battendo le mani e rientrando trionfalmente in salotto: -Bambini, non vi ho convocati qui per scannarvi ma per discutere di qualcosa di molto, molto importante –

Brian, Roger e John si guardarono straniti. Nessuno di loro aveva sentito aria di news sconvolgenti provenienti dal mondo del mercato discografico, perciò non avevano proprio idea di cosa stesse parlando il cantante.

-Ho trovato un modo super geniale per farci pubblicità e allo stesso tempo guadagnare qualcosa – asserì Freddie, gongolando.

Gli altri tre continuavano a non capire, mantenendo delle espressioni piuttosto interrogative sul viso.

-Non ti seguo, Freddie – ammise John, scuotendo la testa.

Il ragazzo Parsi schioccò le dita, afferrando dal tavolo della cucina un foglio di carta stropicciato -sopra al quale vi era lo schizzo a matita di una lunga strada e di una sorta di bancarella di vestiti in mezzo ad un mercato affollato di persone-  e lo porse ai compagni.

-Vuoi andare a suonare in un mercato? – domandò Brian, piuttosto confuso.

Freddie scosse la testa stizzito e ripose nuovamente il disegno sul tavolo: -Certo che no, bello mio. Io ho intenzione di aprire una bancarella nel mercatino di
Kensington Street. Quel posto è il cuore pulsante del mondo della moda, qui a Londra, ogni giorno viene frequentato da artisti di ogni genere e da personaggi famosi -

-Frena, frena, frena – borbottò Brian, per niente convinto -Cosa diavolo centriamo noi col mondo della moda? –

Freddie portò le mani sui fianchi, assumendo un’espressione sbigottita: -Cristo, Brian, mi deludi. Una mente eccelsa come la tua dovrebbe aver capito cosa intendo, no? –

Il ricciolo incrociò le braccia al petto, offeso. Quando Freddie si comportava in quel modo gli faceva venire voglia di prenderlo a schiaffi.

-Io credo di aver capito – s’intromise Roger, facendo un lungo tiro di sigaretta -Apriamo una bancarella a Kensington, ci facciamo notare tra gli avventori e in
breve tempo dovremmo riuscire a trovare qualche aggancio per sfondare nel mondo della musica, visto che la Trident non ci sta aiutando molto –

Freddie indicò il biondino con un gesto teatrale e gli fece un lungo applauso, stupendosi non poco che il suo amico fosse riuscito ad afferrare il concetto
prima di Brian.

-Credo ci siano due problemi fondamentali – asserì John, scettico -Primo: come la rimedi una bancarella? Secondo: cosa intendi vendere se a malapena noi abbiamo tre o quattro stracci con cui vestirci ogni giorno? –

Il ragazzo Parsi si sedette sul divanetto malconcio del soggiorno, accanto a Roger, e accavallò le gambe: -Sono contento che tu me l’abbia chiesto, Deacy caro. Punto primo: la bancarella ce la fornirà Alan Mair. E’ un ragazzo di Glasgow che lavora in quell’ambiente già da un po’ di tempo e mi ha detto che possiamo tranquillamente aggregarci a lui. Punto secondo: per quanto riguarda la merce, io e Mary abbiamo trovato svariate cose carine in alcuni mercatini dell’usato che possiamo rivendere ad un buon prezzo. Alan lavora con la pelle, perciò può darci una mano a migliorare la qualità dei prodotti. Allora, cosa ne pensate? –

Brian lanciò un’occhiata poco convinta a John, il quale rispose allo stesso modo. L’idea di Freddie pareva a entrambi parecchio ridicola: loro non erano dei commercianti, erano musicisti. Trascorrere del tempo a Kensington cercando di attirare l’attenzione di qualche personaggio influente non era esattamente il modo in cui il ricciolo desiderava sfondare nel mondo della musica.

-Non lo so, Freddie… - farfugliò John -Questa cosa non mi ispira per niente. Ci sono altri modi per guadagnare dei soldi –

-Per esempio? – sbottò Freddie, piccato. Odiava essere contraddetto.

John fece spallucce: -Infiniti modi. Io, per esempio, mi sentirei più a mio agio riparando qualche macchinario. Ho sentito che alla Trident cercano dei tecnici
per sistemare le nuove attrezzature. Preferirei di gran lunga lavorare in un posto del genere che in un mercatino super affollato. Non ho la stoffa del commerciante –

Freddie incassò il colpo e si rivolse al ricciolo senza degnare il povero John di una risposta: -E tu che ne pensi, Bri? –

Brian scosse la testa, incrociando le braccia al petto: -Io concordo con Deacy, Freddie. Nemmeno io me la sento di fare una cosa del genere. Per di più, ho già un lavoro. La scuola media mi paga abbastanza bene e non mi va di togliere altro tempo alla musica per fare qualcosa che non mi piace –

Freddie abbassò la testa, sconsolato. Quel progetto gli era sembrato una piccola miniera d’oro, un modo per fare qualche soldo divertendosi e senza sgobbare eppure i suoi amici gli avevano bocciato l’idea fin da subito: -La tua opinione, Rog? – domandò disperato, pregando che anche il batterista non lo liquidasse come John e Brian.

-Sai che ti dico, Fred? A me piace l’idea – esclamò il biondino -Al momento non ho un lavoro e non mi interessa di certo rinchiudermi in qualche laboratorio del cazzo ad analizzare campioni di sangue o quant’altro. Perciò, se ti basta anche un solo uomo, conta pure su di me –

In un secondo, un sorriso smagliante balenò nuovamente sul viso di Freddie, il quale si alzò dal divano saltellando e battendo le mani: -Oh Roger, sono così contento! Sono certo che non te ne pentirai. Insieme faremo un ottimo lavoro! Non vedo l’ora di dirlo ad Alan, sarà super felice anche lui–

-E voi due ve ne pentirete – aggiunse il biondino, indicando John e Brian.

I diretti interessati fecero spallucce, ben convinti della propria scelta.

-Vedi di non perderti nei meandri di quel mercatino, Rog – riprese Brian -Se non prendi la laurea entro fine anno, tua madre ti uccide –

Il biondino sbuffò: -In questo momento sembri tu mia madre… -

-Almeno verrete all’inaugurazione della bancarella? – domandò Freddie, in tono supplichevole -Si terrà il prossimo sabato. Sarebbe bello se suonaste qualche canzone mentre i clienti danno un’occhiata –

Vedendo l’aria titubante di Brian e John, Roger iniziò a supplicarli: -Dai, per favore, ragazzi. Solo questa volta –

Alla fine, cedettero entrambi e iniziarono a pensare a quali brani eseguire in quell’occasione. L’idea non piaceva molto a nessuno dei due, ma non avevano mai visto Freddie così infervorato per qualcosa che non fosse la musica. Era evidente che ci tenesse moltissimo.

-Ti dispiace se avviso anche Chrissie e Sheryl? – domandò Brian, alla fine -Credo che un paio di strumenti in più ci faranno comodo –

Freddie fece una smorfia, sollevando i pollici: -Certo caro, invitale pure. Più siamo meglio è! –

-Meraviglioso… - John pregò che quella tortura passasse in fretta.





12 Febbraio 1972

-Eddai, fate un sorriso – sogghignò Chrissie, rivolgendosi a Brian e John -Sembra che stiate andando ad un funerale –

I due ragazzi si lanciarono un’occhiata cupa. Dire che avevano voglia di presenziare all’apertura della bancarella di Freddie e Roger era una bugia. Per di più erano fermamente convinti che nessuno avrebbe preso mai sul serio dei musicisti che si esibivano ad un mercatino.

-Più o meno l’umore è quello – brontolò Brian, trascinandosi lentamente verso il Kensington Market.

Veronica si strinse al braccio di John, lasciandogli un bacio leggero sulla guancia: -Per un pomeriggio, pensate solo a divertirvi –

John fece roteare gli occhi. Mettersi a suonare a casaccio in un mercatino chiuso super affollato, in mezzo a gente che gridava e si spintonava non era proprio la sua idea di divertimento. Durante i concerti non gli dava per nulla fastidio sentire le persone gridare e cantare con loro le canzoni, anzi, più la folla
era grande più gli faceva piacere, tuttavia il fatto di ritrovarsi in mezzo a quella bolgia e in mezzo a quelle urla gli dava i brividi.

-Muoviamoci. Freddie ci darà per dispersi – asserì Chrissie, trascinando i ragazzi verso la stazione metro più vicina.

Dopo un breve viaggio, il quartetto si ritrovò sulla High Street, di fronte ad un enorme edificio a tre piani, all’entrata del quale troneggiava un’enorme scritta in ferro battuto che riportava il nome di “Kensington Market”.

Chrissie e Veronica corsero dentro non appena videro il casermone, lasciando indietro i due ragazzi. Emozionate, andarono immediatamente alla ricerca della bancarella dei loro amici, muovendosi tra decine e decine di piccoli stand accatastati gli uni di fianco agli altri. Alcuni erano così vicini da non riuscire nemmeno a capire dove terminasse uno e iniziasse l’altro.

Le ragazze continuarono la loro ricerca per qualche minuto, fino a quando, in un angolo più ampio e appartato, non trovarono la bancarella tanto agognata.

Era una bancarella piuttosto ampia, ricca di appendiabiti sui quali erano appesi decine e decine di capi coloratissimi. Su un tavolino erano appoggiati diversi scatoloni contenenti bigiotteria d’ogni tipo, da accessori semplici e fini a enormi pendagli super kitsch, simili a quelli che indossavano i ragazzi durante i loro concerti. Un’intera sezione della bancarella era dedicata a stivali e accessori realizzati in pelle, probabilmente – pensò Chrissie – realizzati da quel ragazzo che aveva accolto Freddie e gli altri nella sua bancarella.

Non appena il ragazzo Parsi si accorse di loro, iniziò a sbracciarsi, invitandole a raggiungerlo.

-Perdona il ritardo, Freddie – biascicò Chrissie, scusandosi e abbracciando l’amico -Come puoi immaginare, i bambini hanno fatto i capricci –

Il ragazzo si guardò intorno, alla ricerca dei suoi compagni: -E dove sono ora? –

Veronica alzò gli occhi al cielo: -Sono rimasti indietro. Arriveranno a momenti –

-Sarà meglio per loro – s’intromise Roger, sbucando dall’interno di un camerino improvvisato dietro alla bancarella -Altrimenti Brian ne vedrà di tutti i colori
fino alla fine dell’anno scolastico e Deacy verrà direttamente buttato fuori dalla band –

L’ultima affermazione terrorizzò Veronica a tal punto che Roger si sentì immediatamente in colpa per aver detto una cosa simile, anche solo per scherzo.

-Era una battuta, Vero… - tentò di giustificarsi il biondo, sentendo le occhiate assassine della bruna su di sé -Non dicevo per davvero –

-Sarà meglio per te –

-Dov’è Sheryl? – domandò Chrissie, cercando di smorzare la tensione.

Roger fece spallucce, indicando l’area circostante con una mano: -E’ andata a farsi un giro veloce tra le bancarelle con Mary, prima che arrivi la marmaglia –

La brunetta strabuzzò gli occhi per la sorpresa: -Con… Mary? –

-Già, assurdo – disse Roger, sghignazzando -Fino a poco tempo fa non si sopportavano ed ora si comportano come se fossero amicone da sempre… Siete strane voi ragazze, lo sapete? –

Chrissie annuì, ancora incredula: -Complicate, eccome… –

-Per lo meno, adesso non si lanceranno più frecciatine durante i vostri concerti – s’intromise Veronica, riscuotendo un consenso generale con la sua affermazione.

Stavano ancora chiacchierando animatamente quando Brian e John si presentarono alla bancarella di Freddie, sempre con un’espressione annoiata sul viso.

-Finalmente, tesori – li accolse Freddie, facendoli accomodare su dei pouf colorati e ricoperti di centrini in macramè -Avevamo paura che aveste cambiato idea e ci aveste abbandonati –

Brian sospirò, appoggiando a terra la custodia della sua chitarra: -Credimi, la tentazione era forte –

-Molto forte – rincarò John.

Freddie sbuffò, abbracciandoli entrambi: -Suvvia, smettetela di essere così melodrammatici e godetevi il pomeriggio in questo piccolo angolo di Paradiso –

-Più che Paradiso a me sembra un Inferno… - bofonchiò il ricciolo, iniziando ad accordare la sua chitarra acustica.

Udita l’ennesima lamentela, Chrissie raggiunse il suo ragazzo a grandi falcate e lo prese per un orecchio, proprio come fanno le mamme con i loro bambini: -
Brian Harold May, se sento ancora un’altra stronzata uscire dalla tua bocca ti metto in astinenza per un mese intero, sono stata abbastanza chiara? –

-CRISTALLINA, TESORO -



      

Dopo nemmeno un’ora dal loro arrivo, il Kensington Market aveva iniziato a riempirsi di gente: ovunque c’erano ragazzi che provavano vestiti, trattavano i prezzi degli accessori con i venditori o semplicemente di facevano un giro tra le bancarelle. Sebbene fuori fosse pieno inverno, all’interno del casermone l’aria era calda e accogliente come se fosse stata estate inoltrata, a tratti soffocante per via della grande folla.

Ad un certo punto arrivò anche Alan Mair, il vero proprietario della loro bancarella. Era un ragazzo alto e secco, dai capelli scuri e leggermente mossi. Aveva uno sguardo affascinante e un’aria carismatica, da vero negoziante.

Dopo il suo arrivo, la bancarella dei ragazzi fu letteralmente presa d’assalto. Evidentemente Freddie non aveva mentito quando aveva raccontato loro che
Alan era un veterano del mercatino di Kensington.

La gente iniziò a spintonare per accaparrarsi un capo della bancarella, travolgendo completamente gli attaccapanni e creando una lunga coda in direzione dell’unico camerino di prova.

Notando l’irritazione dipinta sui volti degli acquirenti per via della lunga attesa per il camerino, Chrissie ebbe una piccola idea. Senza dire niente a nessuno, si
avvicinò alla folla in coda e invitò tutti a sistemarsi intorno a lei, John, Brian e Sheryl.

-Mentre attendete il vostro turno per provare i vestiti, potete accomodarvi qui davanti e godervi un po’ di musica dal vivo – disse la brunetta, sfoggiando il suo
miglior sorriso -Suoniamo quello che volete! –

Annoiati per la coda ferma e stufi di stare in piedi, gli avventori della bancarella non ci pensarono due volte a radunarsi intorno ai quattro musicisti, seduti in terra o sui pouf colorati della bancarella.

-Ma che succede? – domandò John, piuttosto spiazzato.

Chrissie gli mimò un “Fa quello che faccio io” in labiale e imbracciò la sua chitarra acustica: -Allora, qualcuno ha delle richieste particolari? –

Una ragazza dai capelli corti e biondi alzò una mano: -Sapete suonare “California Dreamin’ ”?-

-Direi di sì – disse Chrissie, annuendo. Con un rapido cenno invitò i suoi amici a prepararsi a suonare e insieme iniziarono ad improvvisare una cover dei The Mamas & The Papas.

“All the leaves are brown (all the leaves are brown)
And the sky is grey (and the sky is grey)
I've been for a walk (I've been for a walk)
On a winter's day (on a winter's day)
I'd be safe and warm (I'd be safe and warm)
If I was in L.A. (if I was in L.A.)

California dreamin' (California dreamin')
On such a winter's day”

 

Al ritmo delle chitarre di Brian e Chrissie, del basso di John e del tamburello di Sheryl, i ragazzi in coda per il camerino dimenticarono momentaneamente i loro disagi e iniziarono a cantare insieme ai musicisti, dividendosi in voci maschili e femminili per il “botta e risposta” della canzone.

Sotto lo sguardo strabiliato di Freddie e Roger, la piccola esibizione dei loro amici iniziò ad attrarre numerose altre persone alla loro bancarella, incuriosite da quell’insolito spettacolo.

“Stopped into a church
I passed along the way
Well, I got down on my knees (got down on my knees)
And I pretend to pray (I pretend to pray)
You know the preacher like the cold (preacher like the cold)
He knows I'm gonna stay (knows I'm gonna stay)

California dreamin' (California dreamin')
On such a winter's day”

 
Quando finirono di suonare, un sonoro e lungo applauso travolse i quattro musicisti, invitandoli a suonare qualcos’altro. Ognuno alzava la mano proponendo la propria canzone preferita, l’ultimo pezzo che aveva sentito alla radio o qualche classico del rock ‘n’ roll, in un tripudio assordante di voci.

Chrissie gongolò nel vedere le espressioni soddisfatte sui visi di Brian e John, i quali, fino a poche ore prima, avevano reputato una stupidaggine esibirsi in un mercatino: -Siete dei maledetti testoni, voi due - gridò, cercando di sovrastare il rumore della folla -Se avessi qui la macchina fotografica vi farei vedere quanto cazzo state ridendo -

Brian e Roger alzarono le mani in segno di resa, riconoscendo il loro errore. Aveva ragione Chrissie: si erano divertiti un sacco. Avevano anche compreso che non era importante dove suonassero, la magia della musica li seguiva sempre e comunque.

Freddie e Roger osservarono quella scena estasiati, constatando quanta gente fosse riuscita ad attirare la musica dei loro amici.
-Direi che come inaugurazione ce la siamo cavata piuttosto bene, non credi? – domandò Freddie, retoricamente. Gli abiti sugli appendiabiti erano dimezzati e le scatole di bigiotteria erano state praticamente svuotate.
-Oh, assolutamente – concordò Roger, annuendo -Mi chiedo solo come faremo la prossima settimana senza quei quattro… -
 


Spazio Autrice:
E buonasera carissimi lettori!
Oggi segnamo definitivamente il record di ritardo, complimenti Jenny... 
A parte gli scherzi, vi chiedo scusa per i lmostruoso ritardo (oramai è giovedì, lol) ma venerdì ho un esame che mi sta letteralmente facendo impazzire e mi sta togliendo ogni momento libero, uffa.
Tralasciando il tutto, vi do il mio personale benvenuto nel 1972! Un anno abbastanza tranquillo per i nostri Queen, l'ultimo prima dell'inizio della loro effettiva carriera come band.
Questa settimana ho deciso di portare tra le pagine della mia storia un reale evento della storia dei Queen, ovvero il fatto che Roger e Freddie avessero una bancarella al Kensington Market di Londra insieme ad Alan Mair, in cui si dilettavano a vendere capi all'ultima moda e accessori di vario genere.
La canzone scelta per questo capitolo è "California Dreamin'" dei The Mamas & The Papas, brano sunshine pop del 1965. L'atmosfera calda della canzone mi ha fatto immaginare come ci si doveva sentire all'interno di questi piccoli mercatini, perciò ho deciso di fidarmi del mio istinto e di inserirla.
Visto che è già tardissimo non mi dilungherò più di tanto: come sempre, ringrazio tutti quelli che supportano questa storia, sia leggendo che recensendo. Davvero, siete delle persone speciali!
Vi aspetto la settimana prossima (magari ad un orario meno indecente) con un nuovo capitolo!
Un bacione,
                 Jenny

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Capitolo 21
*** Capitolo 20: Dangerous Woman ***


CAPITOLO 20: Dangerous Woman



25 Febbraio 1972


Quando Sheryl la aveva chiamata dicendo che lei e Mary avevano intenzione di programmare una sessione obbligatoria di shopping per quel sabato pomeriggio, Chrissie era rimasta un paio di minuti buoni in fissa, con la cornetta del telefono alzata, incapace di rispondere.

Non fu tanto la notizia di dover trascorrere l’ennesimo pomeriggio girovagando per negozi a lasciarla di stucco, quanto più il fatto che quell’idea provenisse da Mary e Sheryl.

Cane e Gatto.

Il Sole e la Luna.

Era un po’ di tempo, oramai, che quelle due teste calde parevano aver sotterrato l’ascia di guerra, diventando quasi amiche. Già nel mese di dicembre, quando i Queen avevano suonato all’Epsom Centre, si erano comportate in maniera più civile del previsto, chiacchierando animatamente sugli spalti, senza scannarsi. Tuttavia, la scena che mandò completamente in tilt il cervello di Chrissie (e quello di Veronica) fu vedere Mary e Sheryl scorrazzare per tutto il Kensington Market, a braccetto, ridendo e scherzando come se fossero migliori amiche da tempo immemore.

Erano oramai lontani i tempi in cui, durante i concerti dei ragazzi, Mary pregava che Sheryl rimanesse a casa con una febbre da cavallo e la sua migliore amica sperava che la compagna di Freddie si strozzasse nel sonno.

Approfittando di questo apparente cameratismo fra le due, Chrissie accettò la proposta dell’amica e si fece trovare davanti all’ingresso di Hyde Park più vicino all’Imperial College verso le tre del pomeriggio. Era febbraio inoltrato, nel pieno dell’inverno, e il vento gelido proveniente da nord non pareva voler
dare tregua agli abitanti di Londra.

Chrissie incrociò le braccia al petto, cercando di scaldarsi. Maledetta Sheryl e le sue pessime idee. Se non la avesse chiamata, avrebbe potuto godersi un pomeriggio al calduccio, sotto il piumone del suo letto, a scrivere musica o a guardare la televisione.

Brian la aveva avvisata che avrebbe trascorso il pomeriggio in biblioteca, per correggere alcune verifiche dei suoi piccoli studenti, e che l’avrebbe raggiunta per l’ora di cena. Chrissie accennò un sorriso immaginando il suo ragazzo lavorare insieme a dei bambini: se c’era una persona con abbastanza pazienza per sopportare dei marmocchi indisciplinati, quello era proprio lui.

Era ancora sovrappensiero quando scorse in lontananza due ragazze bionde con indosso un lungo cappotto fucsia accesso, identico. Mary e Sheryl erano un vero pugno in un occhio.

-Come cavolo vi siete vestite? – domandò Chrissie, squadrando le amiche da capo a piedi -Siete parecchio inquietanti! –

Sheryl strabuzzò gli occhi, non capendo che cosa non andasse nel suo outfit: -Perchè? Cosa c’è che non va? –

-Sono tornati di moda gli abiti alla Jacqueline Kennedy, non lo sai? – civettò Mary, facendo una giravolta -Questo pomeriggio devi assolutamente prenderne uno simile al nostro –

Chrissie fece roteare gli occhi, sbuffando sonoramente: -Ehm, diciamo che non ci tengo a diventare la vostra terza gemellina, sto meglio così, grazie. Ma Veronica che fine ha fatto? –

Le due bionde scossero il capo, lasciando intendere di non averne la minima idea.

Pochi minuti dopo, Veronica si presentò al luogo dell’appuntamento, tutta trafelata: -Scusate il ritardo, ragazze. Io e John siamo tornati a casa poco fa –

Non appena si rese conto che le due bionde indossavano lo stesso soprabito fucsia fluorescente, l’unico commento che uscì dalla sua bocca fu un “wow” sussurrato. Chrissie gioì nel percepire che l’amica era della sua stessa opinione: stava seriamente iniziando a pensare che fosse lei quella strana, in mezzo a quelle due scalmanate.

Lasciato da parte ogni commento sugli abiti improponibili di Sheryl e Mary, le quattro ragazze si diressero verso Carnaby Street, la loro meta preferita, pronte per un pomeriggio di shopping sfrenato.

Le successive tre ore andarono esattamente come tutte le altre volte: le due bionde trascorsero la maggior parte del tempo chiuse nei camerini dei vari negozi, provando decine e decine di abiti, accessori e scarpe, mentre Chrissie e Veronica si limitarono a commentare i loro outfit stravaganti e a provare giusto qualche capo. Alla fine del pomeriggio, Sheryl e Mary erano cariche di borse, mentre la compagna di John aveva in mano solo un paio di sacchettini.
Chrissie decise di non comprare nulla per quel pomeriggio, visto che voleva risparmiare più soldi possibili per il regalo di compleanno di Brian. Dopo tutto quello che lui aveva fatto per lei l’anno precedente, era determinata a ricambiare degnamente.

-Ragazze, non so voi, ma io sono abbastanza stanchina -biascicò Sheryl, stiracchiandosi -Che ne dite di una pausa caffè? –

Le tre amiche concordarono immediatamente. Avevano tutte mal di piedi dopo gli svariati chilometri percorsi su e giù per Carnaby Street e dintorni.

-C’è un Costa Coffee giusto dietro l’angolo – disse Mary, indicando con il pollice la strada alle sue spalle -Possiamo andare lì –

Stavano per appropinquarsi al caffè, quando Veronica attirò l’attenzione di Chrissie, picchiettandole nervosamente una mano sulla spalla: -Ehi, ma quello non è… Brian? –

La brunetta si voltò stranita, convinta che l’amica si stesse sbagliando. Il ricciolo le aveva detto che sarebbe rimasto in biblioteca fino a tardi, perciò era alquanto improbabile che fosse in giro per le strade del centro di Londra.

Eppure, quando i suoi occhi incontrarono la figura indicata da Veronica, il cuore di Chrissie perse un battito: un ragazzo alto, dagli inconfondibili riccioli scuri camminava mano nella mano lungo il marciapiede con una ragazza che lei conosceva bene.

Brian ed Helena.

Mano nella mano.

-Oh, porca puttana – sussurrò Sheryl. I ricordi della sua migliore amica ridotta ad uno zombie per colpa di quel maledetto incontro fra Brian ed Helena, al bar dell’università, pochi mesi prima, erano ancora vividissimi nella sua mente e non aveva alcuna intenzione di rivederla in quello stato. Pregò, dunque, che la brunetta non scoppiasse in un pianto isterico o roba simile.

Chrissie non fece niente di tutto ciò. Rimase impalata come uno stoccafisso, facendo appello a tutta la sua forza per non correre da quella maledetta rossa e spaccarle la faccia a suon di pugni.

Brian ed Helena camminarono lungo quella strada per un po’, fermandosi, infine, di fronte ad un negozio di fiori. Chrissie vide la rossa abbracciare forte il suo ragazzo, e lui lasciarle un bacio galante sulla mano, per poi ritornare sui suoi passi, in direzione dell’Imperial College.

Vedere le labbra del suo ragazzo sfiorare delicatamente la pelle diafana della mano della rossa mandò completamente in bestia la brunetta, la quale fece dietrofront e -senza dire una parola – ritornò anche lei al college, estremamente delusa.




Quella sera, Chrissie non ritornò al suo appartamento. Sapeva bene che Brian sarebbe venuto da lei per cena e, al momento, non aveva nessuna intenzione di vedere la sua faccia. Dentro di sé provava un miscuglio di emozioni e nessuna di esse era vagamente positiva.

Si sentiva delusa. Tanto delusa.

Non riusciva a capire per quale ragione Brian le avesse mentito così spudoratamente. Più di una volta gli aveva ripetuto di non essere gelosa di Helena o del fatto che ogni tanto si trovassero per studiare insieme. In genere, non era così possessiva, tuttavia, vedere le mani della ragazza intrecciate a quelle del ricciolo la fece arrabbiare non poco.

Quella non era una cosa che si faceva tra amici.

Le uniche mani con cui Brian poteva intrecciare le dita erano le sue.

Con i nervi a fior di pelle, Chrissie si diresse verso i laboratori della sede centrale dell’Imperial College. Com’era prevedibile – visto l’orario del sabato sera – trovò l’aula di musica completamente vuota e, senza pensarci ulteriormente, si infilò in quella stanza, attaccandosi all’enorme pianoforte a coda come se fosse un magnete.

Adorava rinchiudersi in quella piccola oasi, circondata solo da strumenti musicali, ogni volta che era triste o arrabbiata. Lì dentro si sentiva protetta, al sicuro da ogni delusione.

Si sedette allo sgabello del pianoforte, facendo scorrere delicatamente le dita sui suoi tasti lucidi.

Che sensazione meravigliosa.

Chrissie cercò di svuotare del tutto la sua mente, immaginandola come un’immensa tavola bianca, pronta per essere dipinta. Chiuse gli occhi, espirando lentamente, e iniziò a suonare la prima canzone che le passò per la testa.

“Don't need permission
Made my decision to test my limits
'Cause it's my business
God as my witness
Start what I finished
Don't need no hold up
Taking control of this kind of moment
I'm locked and loaded
Completely focused my mind is open”


Dangerous Woman”, una delle prime canzoni che aveva scritto dopo aver iniziato la sua relazione con Brian.

Chrissie si stupì del fatto che la sua mente le avesse riportato a galla proprio quel pezzo. Lo aveva scritto pensando a lui, a quando la notte si insinuava tra le sue lenzuola e passavano ore aggrovigliati l’uno con l’altro, lasciandosi caldi baci su ogni centimetro di pelle e facendo l’amore fino all’alba.

“All that you got, skin to skin, oh my God
Don't ya stop, boy”

Ripensando a quei momenti, Chrissie accennò un sorriso triste. Il fatto che Helena si fosse buttata a capofitto tra le braccia di Brian le faceva ribollire il sangue. Non era stato l’abbraccio in sé ad averla turbata ma il modo in cui quella rossa si era avvinghiata al petto ossuto di Brian.

Quante volte Sheryl, Mary, Vero o altre ragazze presenti ai concerti avevano abbracciato il suo ragazzo, eppure non aveva mai sentito una fitta di gelosia come in quel momento.

Era terrorizzata all’idea che Helena potesse portarle via l’uomo che amava.

“Somethin' 'bout you makes me feel like a dangerous woman
Somethin' 'bout, somethin' 'bout, somethin' 'bout you
Makes me wanna do things that I shouldn't
Somethin' 'bout, somethin' 'bout, somethin' 'bout you”


Chrissie premette i tasti con maggior foga, dando il via ad un crescendo non solo musicale ma anche emotivo. Per un secondo si concentrò solo sulla canzone, sulla sua melodia e sul suo testo, lasciando fuori dalla sua mente qualunque pensiero legato a Brian ed Helena.

La tabula rasa della sua mente si riempì di chiazze nere, dello stesso colore dei piccoli tasti del pianoforte, dipingendo le note della canzone come se si trovassero in un pentagramma.

Ma, inesorabilmente, il volto del riccio e i capelli color del fuoco della ragazza ricominciarono a vorticare nel suo subconscio, facendola sentire nuovamente a disagio.

“All girls wanna be like that
Bad girls underneath like that
You know how I'm feeling inside
Somethin' 'bout, somethin' 'bout
All girls wanna be like that
Bad girls underneath like that
You know how I'm feeling inside”


Quando anche l’ultimo tasto risuonò nel silenzio della stanza, Chrissie percepì una lacrima solitaria rotolare giù dalla sua guancia. Tutte quelle emozioni la avevano sfinita, in un certo senso.

Sospirando, la brunetta richiuse il coperchio sulla tastiera del pianoforte e, afferrate le sue cose, uscì dall’aula di musica, in direzione del suo appartamento.
Non appena aprì la porta, tuttavia, trovò la strada sbarrata dalla figura del ricciolo, fermo, dinnanzi allo stipite, con le braccia incrociate al petto.

-Sheryl ha detto che hai visto tutto e mi ha tirato un ceffone, perciò non c’è bisogno che lo faccia anche tu –

-Come hai fatto a trovarmi? – sussurrò Chrissie, asciugandosi via l’unica lacrima presente sul suo viso.

Brian sospirò, trascinando di nuovo la ragazza all’interno dell’aula: -Ti conosco da tre anni, Chrissie Mullen. Quando hai le palle girate, ti chiudi sempre in questa stanza –

La brunetta si sedette su uno sgabello, fissando il ricciolo con aria offesa: -Credo di avere tutto il diritto di “avere le palle girate”, come dici tu. Perché mi hai mentito su dove saresti andato questo pomeriggio? – domandò, diretta e delusa -Sai benissimo che se mi avessi detto che saresti uscito con Helena non ti avrei di certo detto di no –

-Non ti ho mentito – tentò di giustificarsi Brian -Sono davvero andato in biblioteca, come ti avevo detto –

Chrissie sogghignò, infastidita dal modo stupido in cui il suo ragazzo cercava di arrampicarsi sugli specchi: -Certo, allora sono proprio curiosa di sapere come ci sei finito in centro, a Carnaby Street con quella cozza rossa –

-Posso spiegarti tutto, se me ne darai la possibilità – rispose Brian, tranquillamente.

Chrissie alzò le braccia in segno di resa e accavallò le gambe per essere più comoda. Era proprio curiosa di sapere quante stronzate gli aveva raccontato il
ricciolo nell’ultimo periodo.

-Questo pomeriggio sono andato in biblioteca, esattamente come ti avevo detto. Sono rimasto lì a correggere le verifiche dei ragazzi per un’oretta, fino a
quando mi sono accorto che Helena era seduta ad un tavolo e continuava a piangere –

“Oh, povera stella. Piangeva lei…”

-Quando le ho chiesto come stava mi ha detto che non era niente, ma era evidente che stesse soffrendo molto. Ho insistito un po’ e alla fine mi ha raccontato che sua nonna, alla quale era molto legata, è venuta a mancare ieri. Vederla lì triste e sola mi ha fatto pena, così l’ho invitata a fare due passi fuori dal
campus per prendere una boccata d’aria –

“Ed eccola qui la maledetta indole da buon samaritano di Brian”

-Quando mi ha preso la mano, ho sentito chiaramente che aveva solo bisogno di un po’ di conforto, niente di più. E’ per questo che non mi sono staccato.
L’ho accompagnata al negozio di fiori di Carnaby Street per prendere dei bouquet per il funerale di sua nonna e… -

-E le hai baciato la mano – concluse Chrissie per lui. Non pareva minimamente impressionata dalla storia del riccio, anzi.

Brian sospirò. Non c’era un minimo di pietà nello sguardo della sua ragazza, era semplicemente arrabbiata: -L’ho fatto per cortesia. Non avevo secondi fini, te lo giuro –

Per qualche secondo, nella stanza calò un triste silenzio. Osservando l’espressione colpevole sul viso di Brian, Chrissie intuì che il ragazzo aveva davvero agito in buona fede, tuttavia l’immagine della rossa e delle sue mani intrecciate a quelle del suo ragazzo le dava ancora parecchio fastidio.

La ragazza si avvicinò al ricciolo, lasciandogli una carezza sulla guancia, e appoggiò la fronte contro la sua: -Ti credo, Brian. So che volevi solo farla sentire meglio. Non ti chiederò di non vedere più Helena o di non parlarle più, solo di evitare tutto questo contatto fisico. Puoi farlo per me? –

Brian annuì, sentendosi uno stupido per aver agito in questo modo alle spalle della sua ragazza: -Te lo prometto –

Chrissie si lasciò avvolgere dall’abbraccio del ricciolo, pregando che le sue non fossero solamente parole gettate al vento…


Spazio Autrice:

Buon pomeriggio a tutti, carissimi lettori!
Mi scuso per non aver pubblicato ieri sera ma è iniziata ufficialmente la sessione e io sono ricoperta da libri e studio fino alle orecchie. 
In questo capitolo vediamo ritornare in scena un personaggio che non vedevamo da tempo: la cara vecchia Helena. In quanti si aspettavano un suo ritorno?
E che ritorno, ragazzi... La signorina rossiccia qui presente ha iniziato ad espandere un po' troppo i suoi orizzonti e la cosa non è andata molto giù alla nostra Chrissie. 
La canzone che ho scelto per questo capitolo si chiama "Dangerous Woman" ed è un brano di Ariana Grande pubblicato nel 2016 e non esagero nel dire che sia una tra le mie canzoni preferite di sempre. La versione utilizzata per questa storia, tuttavia, è una cover di Sara Farell realizzata al pianoforte. Come sempre vi lascio la canzone nella playlist di spotify!
Oltre a scusarmi di nuovo per i lritardo, questa settimana vorrei ringraziare NewBornSwan, la quale ha inserito questa storia tra le seguite. Ti ringrazio davvero di cuore! Ringrazio anche tutte le mie fedeli recensiste e tutti coloro che leggono questa storia in silenzio. Grazie perchè riuscite a sopportare i miei perpetui ritardi!
Vi aspetto (se tutto va bene, lol) mercoledì prossimo con un nuovo capitolo!
Un bacione, 
                  Jenny


LINK PLAYLIST SPOTIFY:  https://open.spotify.com/user/21ekfspbopztn5dsisbmousna/playlist/5GFxDwTiDkQmFO9kNAJt1E?si=hky2ofpKRG2Mquh-IIPoZg
 

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