Noi, Io, Voi

di Reine_De Poiters
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Disclaimer:
 
Il titolo di questa storia è particolare, non del tutto immediato, e fa riferimento a una evoluzione, alla condizione dei personaggi stessi in questa fanfiction. Questa è divisa in tre parti, ognuna di essa in riferimento alla parte del titolo. I p.o.v. saranno principalmente quelli di Lily e Severus, ma nel corso della storia verrà introdotto anche quello di altri personaggi, fondamentali per la comprensione degli avvenimenti nella loro globalità.
La storia non vuole essere incentrata su di un personaggio in particolare , infatti,  nonostante Lily e Severus potranno sicuramente considerarsi personaggi principali, questi si ritroveranno a muoversi in una storia che può solo definirsi corale. Lily e Severus, il loro rapporto e la loro evoluzione, saranno il mezzo per ripercorrere le avventure dei Malandrini, l’ascesa di Voldemort e dei suoi anni del terrore e la creazione dell’Ordine della Fenice. Entrambe i personaggi  permetteranno di addentrarci all’interno delle due fazione che hanno caratterizzato la prima guerra magica. Per questo la trama coprirà un arco di tempo molto ampio, quasi dieci anni.
Mi scuso preventivamente per il possibile e involontario OOC di alcuni personaggi, cercherò di essere il più possibile attinente al carattere conosciuto dei personaggi.
Qualsiasi appunto, critica, consiglio è ben accetta.
Dopo questa “introduzione” (altamente pallosa, lo so) che non potevo non fare, vi lascio alla lettura del primo capitolo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

                                                                        NOI
                                                                (parte prima)
 

 
 
Il vento fresco della prima mattina entrò dalla finestra, spalancata perché rotta, e solleticò i piedi scoperti del bambino che sonnecchiava scomposto tra le coperte. I folti capelli scuri gli coprivano il volto spigoloso e giallognolo. Si muoveva nervoso nel sonno, complici le coperte e il lenzuolo bianchi aggrovigliati.

Quando un piccolo corvo spennacchiato, pareva aver incontrato un tifone ed esserne uscito vivo per miracolo, si poggiò sul davanzale dalla finestra ed iniziò a cantare, il voltò del bambino si contrasse in una smorfia e dalla sua bocca uscì uno sbuffo. Ormai era sveglio, non poteva farci nulla.

Si mise seduto sulla sponda del letto, accatastando le coperte sul fondo del letto, passò le sue mani ossute a stropicciarsi il volto per cercare di svegliarsi e si mise in piedi.
Severus cacciò via il corvo gracchiante dalla sua finestra, stando attento a far il minimo rumore. Suo padre ancora dormiva e non si sarebbe mai permesso di svegliarlo in anticipo.

Provò l’impulso di rimettersi sotto le coperte ancora calde, ma il fischiare del suo stomaco lo spinse a convincersi ad andare in cucina. Si infilò il primo pantalone stropicciato che trovò sulla sedia accanto al letto e scese le scale come un fantasma, stando attento a non inciampare nei suoi stessi piedi.

Quando arrivò in cucina la trovò in disordine, una tazza e dei piattini sporchi sul tavolo gli fecero intuire che sua madre era già uscita. Grattandosi la testa si chiese che ore fossero e mentre si mise a sparecchiare il tavolo scoccò un’occhiata veloce al vecchio pendolo sulla parete opposta a quella della cucina e notò che era ancora molto presto.

Sua madre, Eileen, era uscita prima del solito perché alle nove, appena suo padre sarebbe uscito per andare a lavoro, o almeno lo sperava, avrebbero avuto la loro lezione. Severus era euforico e tanto era l’eccitazione che per poco non fece cadere rovinosamente nel lavello la tazza che stava lavando.

Adorava le lezioni di sua madre sul mondo magico, molto più di quelle noiose materie babbane che era costretto a studiare per il resto della settimana. Certo, leggere qualche romanzetto di chissà quale autore inglese sulla riva del fiume non gli dispiaceva e risolvere quegli astrusi problemi di geometria gli dava spesso soddisfazione, ma non poteva far a meno di leggere e rileggere Teoria della Magia o esercitarsi con le Antiche Rune.

Aveva nascosto tutti i libri che sua madre le aveva dato sotto il letto, non che suo padre curiosasse mai nelle librerie sparse in tutta la casa, ma voleva evitare guai. Spesso sgattaiolava fuori casa con qualche libro nascosto sotto il cappotto e, percorrendo veloce tutta Spinner’s End, si nascondeva a leggere e a curiosare in giro per tutta la giornata.

Severus sistemò i piattini e la tazza a scolare sul lavello arrugginito, mentre osservava dalla finestra proprio al di sopra del lavandino la tenue nebbia che ricopriva le strette vie del piccolo quartiere.

Spinner’s End non era di certo un luogo da scoprire come non lo era, d’altronde,  tutta Cockworth. Piccola, cupa e grigia. L’immensa ciminiera della fabbrica tessile imperava su tutta la città, mentre i suoi fumi impregnavano i mattoni, ormai non più rossi, delle vecchie casupole di tutta la via. Nonostante questo, passava gran parte delle sue giornate fuori casa.

Non appena ebbe nuovamente reso presentabile la cucina, si preparò velocemente un paio di fette di pane imburrato, che buttò giù altrettanto frettolosamente, e corse di nuovo su per le scale, per poi infilarsi e chiudersi in camera. Ebbe la tentazione di iniziare a tirare fuori i suoi libri, ma il mormorio sempre più concitato che sembrava provenire proprio da sotto la sua finestra lo distrasse.

Curioso si protrasse verso la sua finestra, sporgendo il naso adunco verso l’esterno. Le voci si fecero più nitide, tuttavia  non riuscì a intendere con chiarezza il discorso. Parlavano di uno sfratto e non capì molto di più.

Severus si ritirò velocemente quando qualcuno sembrò notare la sua presenza, oltre a quella delle tante altre teste che spuntavano dalle finestre vicine.

Dopo aver cincischiato in camera per quella che gli sembrò essere un’eternità ed essersi assicurato che suo padre fosse andato a lavoro, i passi pesanti e la porta che sbattendo fece tremare anche le pareti di mattone non potevano bla bla bla, si vestì alla bell’e meglio e, presi tutti i libri, si fiondò seduto al tavolo della cucina.

Tutto emozionato si mise a contare i libri ad uno ad uno, spargendoli sull’ampio tavolo di legno: Teoria della Magia; Storia della Magia; Infusi e pozioni magiche; Metodo semplificato per la lettura delle Antiche Rune e  Affrontare l’Informe, anche se sua madre non voleva lo leggesse, questo era senza dubbio il suo preferito.

Era quasi passata un’ora, in cui non aveva fatto altro che ciondolare le gambe magre sotto il tavolo, quando si rassegnò al fatto che sua madre, quel giorno come tanti altri, non sarebbe arrivata. Frustrato e col volto pallido contratto dalla delusione risistemò i libri sotto il suo letto, tenendo per sé Metodo semplificato per la lettura delle Antiche Rune con qualche foglio giallognolo all’interno.

Uscì di casa prendendo la strada più lunga, cercando di non farsi notare da quella impicciona della signora Powell, e corse per tutta Spinner’s End noncurante di tutte le pozzanghere in cui erano finiti i suoi piedi, con un sonoro squash. Nonostante la primavera fosse alle porte e il verde dei timidi boccioli delle piante rampicanti aveva ridato colore al quartiere, il vento era tagliente e scapigliava i suoi capelli corvini, mentre una tenue pioggerellina era caduta per tutta la nottata.

Quando arrivò alla sua “tana”, un grosso salice spelacchiato a pochi metri dalla riva del fiume, si premurò di stendere il cappotto sull’erba ancora bagnata, così da non sporcare né i libri né i fogli. Stendendocisi sopra, fogli e libri alla mano, ricominciò il suo meticoloso lavoro da dove lo aveva interrotto alcune settimane prima. Sua madre gli aveva promesso, infatti, che non appena sarebbe stato in grado di tradurre un gran quantitativo di Rune le avrebbe fatto un regalo speciale e quando sua madre parlava di speciale non poteva che intendere qualcosa che riguardava il mondo magico, Severus ne era più che certo.

Rialzò la testa da suo libro solo a quella che gli sembrava essere l’orda di pranzo, il suo stomaco, infatti, languiva prepotentemente. Strappò, nervoso, alcuni ciuffi d’erba intorno a sé. Non aveva per nulla voglia di tornare a casa, probabilmente suo padre era già tornato a casa e non avrebbe potuto continuare la sua lettura: meno tempo aveva per imparare le Rune, più tempo doveva aspettare per il suo regalo. Aprì la mano in cui ancora teneva alcuni ciuffetti di erba , che di improvviso presero a volare in cerchio, formando un vortice, come tante piccole farfalle.

Lui era un mago, non aveva tempo da perdere. Quando la sopracciglia si crucciarono a quel pensiero, le piccole farfalle smisero di volare e caddero di colpo a terra, morte.

Intristito raccolse le sue cose da terra e, dopo aver dato una forte sgrullata al cappotto, se lo mise sulle spalle.

-Tunia! Olivia! Cindy! Venite!-

Una vocina, tenue e dal tono divertito, lo catturò totalmente. Proveniva dal parchetto al di là della salita e che sovrastava il fiume stesso; Severus la sentì sempre più chiara man mano che una sagoma minuta dalla folta chioma di capelli rossi trotterellava giù per la discesa d’erba.

Si nascose, vergognoso per il suo aspetto trasandato, dietro la grande corteccia del salice. Non gli piaceva farsi vedere dagli altri, specialmente dai suoi coetanei, ne tantomeno aveva intenzione di farsi vedere da qualcuno quando era costretto ad indossare quella vecchia camicetta di sua madre.

-Tunia!- urlò tutta allegra la bambina, quando vide scendere, tutte impettite, un altro gruppetto di tre ragazzine, probabilmente di poco più grandi.

Quella che a Severus sembrò essere la capo banda scoccò uno sguardo severo alla bambina, incrociando le braccia al petto.

- Quante volte ti ho detto che non devi scappare via da sola, la mamma non vuole- .

Severus intuì che erano sorelle, ma non sembravano assomigliarsi molto: la più piccola, dai lunghi capelli rossi e le gote paffute, sembrava quasi una bambola avvolta in quel largo vestito a fiori ; l’altra, sguardo torvo e collo lungo, come se le servisse per tenere tutto sotto controllo, aveva l’aria di essere una gran fanatica.

-Volevo solo farvi vedere una cosa…- rispose dispiaciuta la più piccola, con lo sguardo basso e fisso sui suoi sandaletti argentati. Tutta decisa, noncurante dello sguardo di sfida della sorella, ma più concentrata su quello curioso delle sue due amiche, afferrò alcuni ciuffi d’erba da terra e li strinse forti nelle mani sottili. Con sommo stupore di Severus, che spalancò la sua bocca stupefatto, non appena la rossa ebbe aperto la mano alcuni fili d’erba presero a danzare sul suo palmo.

“Tunia” sbiancò, non perché fosse sorpresa dalla sorella, o almeno così sembrò a Severus, ma piuttosto per le urla di terrore che le altre due bambine, Olivia e Cindy, lanciarono prima di fuggire verso il parco giochi.

Non appena la bambina distolse lo sguardo dalla sua mano, i due fili smisero di danzare e si ritrovò scaraventata a terra da uno spintone della maggiore. Pareva un bufalo tanto era rossa di rabbia in viso.

-Lily sei una stupida! Lo dirò alla mamma, ti farò chiudere in camera per sempre!- urlò con tutta la forza che aveva in gola, prima di scappare all’inseguimento delle sue  amiche.

Severus ancora non riusciva a crederci, provava un misto di gioia e dispiacere: gioia perché per un attimo smise di sentirsi estremamente solo e diverso in quel freddo quartiere di periferia, dispiaciuto perché Lily era rimasta a terra sola e piangente, e lui sapeva benissimo quanto fosse brutto.

Istintivamente cercò di uscire allo scoperto, superando tutto l’imbarazzo che gli immobilizzava le gambe, ma non appena Lily sentì il suo sospetto frusciare da dietro l’alberò scatto in piedi. Con le maniche del vestito si asciugò frettolosamente gli occhi e osservò timorosa il salice. Severus non poté far altro che pietrificarsi, letteralmente, e iniziare a convincersi che iniziare una conversazione sbucando da dietro un albero non fosse poi un’idea così intelligente.

Quando il salice smise di attirare l’attenzione di Lily quella corse nuovamente via, probabilmente verso casa. Così, Severus, poté finalmente riprendere a respirare.
Mentre tornava frettolosamente a casa, con lo stomaco sottosopra a causa della sorpresa, si chiese se lei, come lui, sapesse. Era talmente preso dalla contentezza e dai suoi contorti ragionamenti, che non si accorse che, anche quel giorno, i suoi genitori stavano litigando, poiché i suoi pensieri coprivano le forti urla cariche di rancore.
 


Dopo quell’episodio, non vide in giro Lily per una settimana. Era quasi sicuro che quella cornacchia di “Tunia” non fosse riuscita a chiuderla in camera per sempre, ci voleva molto di più di una semplice porta per tenere fermo un mago od una strega.

Senza darsi per vinto, continuò ad andare al parco sopra il fiume anche la settimana seguente. Ebbe la fortuna di rincontrarla un paio di volte, tra cui una quella mattina.

Nascosto fra gli alberi, ben attento a non farsi vedere, l’osservava dondolarsi in solitaria sull’altalena e giocare nella sabbia, tuttavia gli mancava il coraggio di presentarsi.
Aveva l’intenzione di sbucare fuori dal suo nascondiglio mentre Lily, tutta presa a costruire uno storto castello con la sabbia, si trovava di spalle, così che non avrebbe avuto bisogno di giustificare con mirabolanti scuse la sua presenza.

I suoi piani, però, furono rovinati dall’arrivo di ‘Tunia. Con passo veloce si era fiondata verso l’altalena più comoda, ignorando totalmente Lily, che aveva incominciato a seguirla trotterellandole dietro.

Mentre la più grande già dondolava a gran velocità, Lily si avvicinò alla seconda altalena.

-Tunia, posso? Sei ancora arrabbiata? - chiese, puntando con un ditino lungo il sellino dell’altalena  ancora ferma.

-Fa come ti pare- rispose. Con un ampio sorriso a solcarle il volto roseo, Lily si sedette sull’altalena dandosi le prime forti spinte con i propri piedi.

Severus, accovacciato tra i cespugli, osservava con lo sguardo colmo di desiderio la più piccola delle due bambine che dondolava sempre più in alto, molto di più della sorella.

-Lily, non farlo!- strillò la maggiore.

La bambina, però, non le diede assolutamente retta e, arrivata nel punto più alto dell’arco, si lanciò a volo. Per un attimo Severus ebbe timore e il suo volto spigoloso impallidì, ma la bambina si librò nell’aria ridendo, proprio come una trapezista, e atterrò con troppa leggerezza.

- La mamma ti ha detto di non farlo!-
La più grande delle due, con il viso lungo contratto dalla rabbia, fermò l’altalena piantando i sandali a terra con uno scricchiolio, poi balzò in piedi, le mani sui fianchi.

-La mamma ha detto che non puoi, Lily! -

-Ma non mi sono fatta niente - ribatté Lily, che ancora rideva. -Tunia, guarda. Guarda cosa so fare -.

Il parco giochi era deserto, ma la bambina si guardò comunque attorno e Severus fu costretto a nascondersi meglio fra i cespugli, ringraziando il leggero fischiare del vento che copriva il rumore dei suoi goffi movimenti.

Tra le foglie, vide Lily avvicinarsi al cespuglio in cui era nascosto e trattenne il fiato, cercando di coprirsi meglio con quella ridicola giacca che portava. Lily raccolse un fiore caduto dal cespuglio e non sembrò far caso a Severus, che tirò un sospiro di sollievo e cominciò ad osservare la mano sottile della bambina.

Non appena Petunia si fu avvicinata, il viso contrariato e curioso allo stesso tempo, Lily allungò la mano aperta verso di lei e le mostrò il piccolo fiore, che apriva e chiudeva i petali come una bizzarra ostrica con molte valve.

-Smettila!- strillò Petunia, con quella vocina stridula e fastidiosamente gracchiante che Severus non sopportava per niente.

-Mica ti fa del male - osservò Lily che, dispiaciuta, gettò il bocciolo a terra.

-Non è giusto- protestò Petunia.

Severus la trovava infinitamente lagnosa e, da come osservava il fiore caduto a terra, anche piuttosto invidiosa. I suoi pregiudizi furono confermati quando, con tono indispettito ma chiaramente colmo di desiderio, chiese alla sorella : -Come fai?-.

Severus non riuscì più a trattenersi e spuntò fuori dai cespugli, alcune foglie gli si erano incastrate tra i capelli corvini.
- È ovvio, no?-

Petunia strillò, come uno di quei corvi che ogni tanto si posavano sulla finestra della sua camera, e tornò di corsa alle altalene.

Lily, per quanto Severus notasse il suo sguardo allarmato, rimase dov’era. Si vergognò subito per quello che aveva fatto e sentì un cupo rossore pervadergli le guance.
-Che cos’è ovvio? - chiese Lily, sorprendendolo. Severus era agitato, cercava di chiudere bene il vecchio cappotto, così che la bambina non potesse notare quell’orribile camicetta della madre, e prima di parlare di nuovo scoccò un’occhiata a Petunia che gironzolava vicino alle altalene, poi abbassò la voce e disse: -Io so che cosa sei -.

-Cioè? - chiese timorosa Lily.

- Tu sei… sei una strega - sussurrò lievemente il bambino, ma se ne pentì subito poiché Lily parve offesa.

-Non è una cosa carina da dire! -

Si voltò, il naso per aria, e si allontanò a grandi passi verso la sorella, non prima di aver rivolto uno sguardo di disappunto a Severus che, paonazzo e dispiaciuto, provò a correggersi.

-No!- esclamò, saltellando dietro le due bambine. Le sorelle lo osservavano, unite nel disprezzo, e Severus se ne dispiacque, non gli capitava mai di riuscire a giocare con qualche altro bambino e quando capitava, con le parole, era in grado di rovinare sempre tutto, nonostante avesse le più buone intenzioni.

Si sentì particolarmente demoralizzato e si strinse nelle scarpe e nel cappotto di suo padre, avvicinandosi alla vecchia altalena cigolante a cui erano appoggiate le due bambine cercò di rimediare ai suoi modi bruschi.

-Lo sei - insistette, più convinto di prima. -Sei una strega. È un po’ che ti tengo d’occhio. Ma non c’è niente di male. Anche la mia mamma è una strega, e io sono un mago- Severus accennò un sorriso a Lily, che leggermente incurvò i lati della sua bocca facendo risaltare le fossette delle sue guance paffute. Era proprio carina, venne da pensare a Severus.

La risata di Petunia fu come una doccia fredda, per entrambe.

-Un mago! - si mise a urlare, ripresasi totalmente dallo spavento dell’apparizione improvvisa.-Io so benissimo chi sei. Sei il figlio dei Piton! Abitano giù a Spinner’s End, vicino al fiume - spiegò Petunia alla sorella, che sembrò recepire dal suo tono la poca raccomandabilità dell’indirizzo.
Severus si dispiacque nuovamente, non sapeva, e soprattutto non pensava, di aver quel certo tipo di fama. Cercò di incrociare lo sguardo di Lily, ma quella sembrava tutta presa da quella sciocca di sua sorella Petunia.

-Perché ci stai spiando - lo incalzò Petunia, avvicinando il suo volto a quello di Severus grazie a quel collo esageratamente lungo.

-Non vi spio - rispose Severus. In quel momento, sotto il sole caldo della primavera, si sentiva a disagio e accaldato dalla vergogna. Avrebbe tanto desiderato tornare indietro e non sbucare mai da quel cespuglio, per alcuni secondi si domandò se esistesse un qualche incantesimo per tornare indietro nel tempo e si rammaricò di non conoscerlo, ma spinto da quel poco coraggio che aveva si scansò da Petunia e la guardò sprezzante.

-Non te, comunque. Tu sei una Babbana - fu probabilmente troppo cattivo nel cercare di darsi un tono, perché, anche se Petunia non conosceva il significato della parola, non poteva di certo fraintendere il tono.

Indispettita, quella piantò i piedi a terra, alzando molta più polvere di quanto non facesse il vento stesso, e afferrò Lily dall’avambraccio - Lily, su, andiamo via!- esclamò. La sorellina obbedì immediatamente e si allontanò con Petunia, scrutando torva Severus.

Severus rimase solo, amareggiato e paonazzo, non era di certo una buona impressione quella che aveva fatto. Non gli importava nulla di aver offeso Petunia, anzi, aveva la sensazione di essersi tolto un sassolino dalla scarpa, ma non poté far a meno di chiedersi cosa pensava di lui Lily in quel momento.
 
 




Note dell’autrice

Come avrete notato, l’ultima parte del capitolo (quella del vero e proprio incontro tra Lily e Severus) è ripresa fedelmente (almeno nei dialoghi) e rielaborata da me, poiché tengo particolarmente all’attinenza della storia al canone e non credo possa essere ci “miglior primo incontro” di quello originale scritto da JKR.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


 
Lily stava osservando distrattamente le foglie che cadevano lente dal suo albero preferito, che lei e suo padre avevano piantato insieme  un paio d’estati prima, quando Petunia entrò in camera loro, tutta ringalluzzita dall’aver ottenuto finalmente giustizia.

-Puoi  fissare la finestra quanto ti pare, non penso uscirai a breve. Ben ti sta!- le disse, buttandosi di peso sul suo letto ancora sfatto.

Non che sua madre avesse propriamente creduto a Petunia, nonostante avesse iniziato a sospettare che ci fosse qualcosa di più strano di un semplice “Lily è sempre stata la più vivace, non c’è nulla che non vada!”, tuttavia le aveva comunque dato una settimana di punizione

-Sei antipatica Petunia, non ti ho fatto nulla! - rispose Lily, imbronciandosi e buttandosi a peso morto sul proprio letto. Di getto, lanciò uno dei suoi unicorni di peluche, Miss Pluff, a sua sorella.

Petunia lo afferrò in volo, senza troppi sforzi, e lo scaraventò a terra, decisamente irritata.

-Invece sì! Mi metti sempre in imbarazzo e attiri tipi loschi. Ho dovuto supplicare sia Cindy che blbl per farle uscire di nuovo con me - Petunia si fece rossa di rabbia nel dirlo, Lily sapeva che supplicare non era mai stato nel vocabolario della sorella.

-Non era losco…- rispose sbuffando Lily, ripensando a quel ragazzino. Sicuramente era strano, si disse, a dirla tutta gli sembrava un pipistrello con quel cappotto nero sformato, ma nemmeno per un attimo aveva pensato potesse essere cattivo.

- Ma hai sentito come ti ha chiamata o con tutte le sciocchezze che fai ti si sono forati i timpani? -

-Non penso lo abbia detto con cattiveria- Lily ripensò subito al tono con cui quel ragazzino aveva appellato sua sorella. Babbana, babbana, babbana. Più ci ragionava più sapeva di non aver mai sentito quella parola, tuttavia non poteva essere una cosa carina.

-Se strega non è un insulto… - Petunia rise forte, per canzonare l’ingenuità della sorellina.

-Ha detto che anche sua madre è una strega e che lui è un mago! - ribatté Lily, sempre più convinta che l’appellativo datogli da quel bambino le calzasse a pennello.

-Ma ti senti, chi ti ha messo tutte queste sciocchezze nella testa? Tu non sai quante storie strane girano sui Piton. Ti sei mai domandata perché non hai mai visto quel ragazzino a scuola?-.

Lily abbassò lo sguardo sui suoi piedi scalzi che ciondolavano, profondamente infastidita dal fatto che sua sorella se la prendesse con tutto e tutti, senza un briciolo di empatia.

-Due mostri come voi potrebbero diventare amici- Petunia sbatté la porta talmente forte da far tremare le pareti della loro cameretta e se ne andò, lasciando Lily sola con i suoi pensieri.
 


Era il terzo giorno di punizione quando le acque tra lei e sua sorella iniziarono a calmarsi, Petunia si fece molto meno scontrosa ed accettò anche di aiutarla a farsi le trecce per il compleanno della loro amichetta Kelly. Sua madre non se l’era sentita di tenerla in punizione anche quel giorno, nonostante i piagnistei e l’irritazione di Petunia.

-Sei molto brava - le disse Lily ,mentre le pettinava la folta chioma ribelle di fronte allo specchio della loro cameretta.

-Lo so - rispose Petunia, mostrando fieramente alla sorellina l’arzigogolata treccia in cui aveva raccolto i suoi capelli biondi. Lily trattenne una risata, nascondendola dietro un sorriso beffardo. Sapeva benissimo il perché di tutto quell’affanno.

-E io so perché ti sei conciata come una signorina! È tutto per quell’attaccapanni del fratello di Olivia- la prese in giro Lily, mentre Petunia diventava sempre più paonazza e le tirava dispettosamente qualche ciocca -Stai zitta! E poi Mitch non sembra un attaccapanni- borbottò offesa, senza però riuscire a nascondere una risatina.

- Senti, mi devi promettere che non farai niente di strano oggi- disse Petunia, facendosi  improvvisamente.
Lily, con tutto il cuore, avrebbe voluto risponderle che sì, gliel’avrebbe promesso, tuttavia le sue stranezze non erano qualcosa che poteva totalmente controllare.

-Ci proverò- di quella risposta Petunia non fu molto contenta, per questo si chiuse in un … mutismo, continuando distrattamente a intrecciare i capelli della sorella.
 


I successivi 5 giorni di punizione furono estenuanti, Lily avrebbe fatto di tutto pur di uscire, anche promettere di fare i compiti di Petunia per i prossimi 100 anni.

Era quasi l’inizio dell’estate e di pomeriggio, dalla sua finestra, poteva sentire gli schiamazzi dei suoi coetanei. Scoccò uno sguardo ai bambini sotto la sua finestra, alla ricerca di un vecchio cappotto nero, senza però trovarlo. Lily sapeva che tutto quello era profondamente ingiusto, se veramente era una strega come affermava quello strano bambino lei aveva il diritto di fare tutte quelle stranezze, come le chiamava sua sorella.

Ci aveva ragionato, ed anche molto bene, aveva avuto molto tempo libero per farlo, e aveva deciso che se davvero era una strega, aveva bisogno di qualcuno e che gli insegnasse tutto quello che sapeva, perché di certo non poteva accontentarsi di far volare qualche fiorellino.

Abbracciando Miss Puff e sdraiandosi sul letto, pensò a quante cose avrebbe potuto fare se solo avesse potuto controllare le sue stranezze: rimettere in ordine la sua camera con uno schiocco di dita? Finire i suoi compiti con una sola formula magica? Abbuffarsi di caramelle senza che sua madre la vedesse?

Un largo sorriso solcò le sue guance al sol pensiero di tutte quelle cose fantastiche, ma fu sostituito da un broncio non appena si rese conto che non sapeva nemmeno il nome dell’unico mago che conosceva, nemmeno Petunia aveva voluto dirle come si chiamava perché non voleva stramberie nella sua cameretta.

Nonostante tutto, però, sapeva bene dove cercare.
 




Non appena ebbe finalmente la possibilità di uscire di casa, dopo un’estenuante settimana di noia, sgattaiolò veloce fuori dalla sua camera e, zompettando tutta allegra, si diresse verso  la cucina dove sua mamma era tutta indaffarata ai fornelli. Quella, con i capelli biondi arruffati e una mano ancora ad amalgamare l’impasto che stava preparando, si voltò verso di lei con un grande sorriso .

- Vado a cercare dei fiori per ‘Tunia- le disse Lily, sfoggiando un sorriso altrettanto grande. Se le avesse detto che voleva andare a Spinner’s End probabilmente sua madre l’avrebbe nuovamente chiusa in stanza e questa volta avrebbe buttato la chiave, definitivamente.

Lily dondolò da un piede all’altro, mentre la madre la fissava sospettosa. Lily sorrise nuovamente, e cercando di essere ancora più convincente disse: -Domani è il suo compleanno e non ho potuto farle alcun regalo -.

A quelle parole lo sguardo di sua madre si sciolse e i suoi piccoli occhi verdi brillarono grazie alla luce del sole che penetrava prepotentemente dalle finestre.
-Va- disse, facendo cenno a Lily con il capo  -Ma non fare tardi!- quasi urlò, ma Lily già trotterellava per il vialetto di casa.
 
 


Arrivare a Spinner’s End era stato facile, le era bastato seguire il fumo nero proveniente dalla ciminiera che sovrastava tutta la città, orientarsi per le viuzze grigie del quartiere un po’ meno. A Lily parve di trovarsi in un labirinto quando per la terza volta risbucò di fronte alla stessa, piccola, macelleria subito dopo aver girato l’angolo.

Incrociò le braccia al petto e crucciò le sopracciglia, infastidita. Non era possibile non ci fosse nessuno in tutto l’isolato, non che avesse interesse a incontrare qualcuno in particolare in quel posto, infatti secondo sua sorella non vi si trovavano persone del tutto normali.

Decise di riprendere il suo giro, osservando di nuovo attentamente tutti i campanelli, di tutte le case grigie, che incontrava. Non le ci volle ancora molto per capire che era un lavoro del tutto inutile, molti nomi erano scoloriti, sporchi o del tutto assenti.

Mentre per poco non rischiava di consumare il campanello di una casina meno grigia e più bassa delle altre, a furia di cercare di smacchiare la targhetta con il nome, una vocina tenue la fece sobbalzare. Lily si sentì presa con le mani nella marmellata, ma cercò di stamparsi sul viso il sorriso più rassicurante che aveva.

-Signorina! - cinguettò una signora minute e ricurva, appoggiata a un vecchio bastone metallico.
Le due si scambiarono uno sguardo veloce e l’imbarazzo di Lily scomparve non appena la signora, a piccoli passi, iniziò ad avvicinarsi con un sorriso furbo stampato sul volto.

-Cercava qualcosa? -

-Qualcuno! - rispose prontamente Lily.

-Non credo questo sia il posto adatto per trovare qualcuno adatto a lei, signorina. Qui gira molta gente..- - l’ammonì morbidamente la signora, lasciando in sospeso la frase e picchiettandosi la tempia con l’indice a mo’ di spiegazione. 

Lily tentennò, e se avesse avuto ragione Petunia? Scacciò via ogni incertezza pensando al fatto che non avrebbe mai e poi mai dato ragione a sua sorella.

-Cercavo un bambino…- tentennò, incerta su come descriverlo,  non poteva  dicerto dirle cerco un bambino che sembra un pipistrello - con un caschetto nero e uno strano cappotto-.

La signora sembrò pensarci su per qualche secondo, poi, avvicinandosi di molto a Lily le disse:
- Parli del figlio dei Piton, il piccolo Severus?- le disse, poggiandole una mano rugosa sulla spalla -abitano alla fine di Spinner’s End, proprio sotto la fabbrica - si interruppe, facendosi più cupa nello sguardo e stringendole la spalla -ma non ti consiglio di andare a casa sua… cercalo al fiume, sgattaiola lì tutte le mattine -.

A Lily sembrò , dallo sguardo e dalla voce della signora, che quella si fosse tenuta per sé alcuni dettagli non proprio irrilevanti. Tuttavia la signora sgattaiolò verso la porta di casa facendole intendere che non le avrebbe detto di più.

-Grazie signora…- disse Lily, senza poter continuare poiché non era proprio riuscita a leggere il suo nome sul campanello.

-Powell, mia cara- sorrise e svanì velocemente dentro casa.

Lily buttò un’occhiata alla fabbrica a fine via, non era abbastanza coraggiosa per rimanere ancora  un altro minuto in quel posto così orribilmente grigio, per questo scappò via veloce verso il fiume.

Non appena arrivò al parco, ancora senza fiato per la lunga corsa, si mise a urlare a squarciagola , ignorando gli sguardi perplessi degli altri bambini che giocavano.

Fortunatamente non c’era sua sorella che le aveva giurato che sarebbe stata il più possibile lontana da lei e dalle sue stranezze.

-Severus! - urlò più forte che poté, muovendosi goffamente verso il grande salice proprio sotto il parco.

Vide qualcosa muoversi veloce fra gli alberi sulla riva del fiume e rise.

-Sembri un pipistrello Severus! Non ti nascondere!- poi si tappò subito la bocca, pensando a quanto non fosse una cosa carina da dire.

Quando lo raggiunse, correndo fra l’erba, lo trovò dietro il fusto di un albero molto affusolato, forse non si era accorto che era troppo piccolo per coprirlo?

-Non era un insulto! È che sei veloce e ti nascondi sempre - cercò di recuperare, allungando verso di lui la mano tesa -Io sono Lily -.

-S-severus - balebettò. Visibilmente emozionato strinse la mano sottile di Lily -Non volevo spiarti  l’altro giorno, cercavo… cercavo s-so-

-Voglio sapere che cosa sai fare- tagliò corto Lily, squadrandolo dalla testa ai piedi. Per un attimo ebbe l’impressione che le sue gambe fossero di gelatina, tanto tremavano.
Severus l’osservò basito, stringeva al petto alcuni libri e sembrava spaesato. Per essere un mago, non sembrava essere molto perspicace pensò Lily.

-Sì, hai detto che sei un mago!  Tu hai già visto quello che so fare...- disse la rossa con voce morbida, alludendo ai fatti della settimana precedente. Avvicinandosi sempre più all’angolo in cui Severus cercava di nascondersi incrociò , curiosa, il suo sguardo con quello imbarazzato dell’altro bambino. Non appena i loro occhi si incrociarono, Lily gli fece un grande sorriso di incoraggiamento.

Severus balbettò qualcosa che Lily non capì e si affrettò a staccare un ramoscello dalla chioma del salice dietro la sua schiena.
Lily lo osservò, titubante, stringere forte il ramo nella mano ossuta e lasciarlo andare alcuni secondi dopo, non appena gli sembrò di esser sicuro di quello che stava per fare.

Non appena il suo palmo fu totalmente aperto il fuscello prese a danzare sulla sua mano come fosse un piccolo ballerino. Lily rimase stupefatta, gli occhi verdi puntati sul piccolo ballerino, mentre il volto di Severus si aprì in un sorriso soddisfatto.

-Quando saremo adulti faremo cose più grandi di questo - le disse solennemente Severus, sorridendole e poggiando il dorso della sua mano su quella di Lily, cosi che il fuscello prese a ballare sulla sua mano.

-Insegnami- fu l’unica cosa che, un’ammaliata Lily, riuscì a dire.
 
 
 






Note dell’autrice
Il capitolo è leggermente più corto del precedente e anch’esso introduttivo dell’altro personaggio “principale”, tuttavia già dal prossimo capitolo ci troveremo ad Hogwarts e all'interno della storia vera e propria.
Alla prossima e buon anno a tutti!

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Quando a Severus, la mattina del  9 Gennaio del 1971, era arrivata quella lettera  l’aveva  letteralmente strappata dal becco del minuto assiolo grigio che gliel’aveva consegnata, ingnorando il bubolio infastidito dell’animale, e l’aveva aperta senza troppi convenevoli.  Aveva passato tutta la mattina a leggere e rileggere la lista dei libri, felicissimo di sapere che gran parte dei libri che aveva già letto non fossero in uso ad Hogwarts. Era così eccitato, probabilmente era il giorno più bello della sua vita.

Non appena aveva sentito sua madre Eileen ritornare dal lavoro, si era catapultato giù per le scale e aveva iniziato un vero e proprio assalto. Si era scollato da lei e dalla sua gonna scura solo quando fu riuscito a convincerla a rispondere subito alla lettera, nonostante mancassero più di sei mesi alla data.

Dall’arrivo di quella lettera erano susseguiti diversi giorni molto piacevoli per Severus ; solo un paio di giorni dopo era riuscito a costringere sua madre a recarsi subito a Diagon Alley, con la metropolvere. Aveva scoperto che sicuramente non era il suo mezzo di trasporto preferito, lo lasciava sporco e con il viso impiastrato di polvere, ma lo portava direttamente al Ghirigoro, una libreria enrome di cui Severus non riusciva nemmeno a vedere il soffitto.

Quando erano tornati a casa, con il calderone pieno di libri e il rammarico per non aver ancora potuto comprare la sua bacchetta (sua madre credeva fosse ancora troppo presto), corse verso la riva del fiume sperando che Lily fosse lì ad aspettarlo, come promesso. Non appena la vide, avvolta in un piumino beige e con uno strano cappello a fiori talmente grande da coprirele addirittura gli occhi, non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere. Era il cappello più brutto che avesse mai visto.

-Non ridere- borbottò imbronciata Lily, dandogli una spintarella che subito lo fece cadere sull’erba bagnata – è un regalo di Petunia-.

- È bellissimo- rispose, cercando in tutti i modi di ridarsi un contegno mentre estraeva dalla sua vecchia cartella alcuni libri e quello che  Lily sembrò essere un giornale.

-Che cos’è?- disse Lily completamente catturata dalle immagini che si muovevano in sequenza su quello strano giornale. Severus gongolò dentro di sé, gli piaceva moltissimo stupire Lily e gli piaceva ancor di più quando arricciava le labbra, sorpresa.

- È il giornale dei maghi, l’abbiamo preso oggi a Diagon Alley- le rispose, mentre srotolava il quotidiano sulle sue gambe.

-Ma si muovono!- aveva ripetuto Lily, gesticolando per far esprimere alle mani tutto lo stupore che le parole non potevano descrivere.

-Tutte le foto dei maghi si muovono; stamattina ho addirittura visto un quadro che parlava!- disse, tutto soddisfatto, come se avesse fatto la più grande rivelazione del secolo.
Lily non aspettò un momento di più, così prese subito a sfogliare la Gazzetta del profeta. Le notizie erano oltremodo bizzarre: “ Parita tra HolyHead Harpies e  Montrose Megpies interrotta sul più bello a causa di una fattura orcovolante lanciata dagli spalti”, “Strega tedesca usa Amortentia  su Ippogrifi, salvata dal suo Elfo”, “”. Tuttavia, sulla prima pagina, imperava il volto storto e volgare di un uomo con i capelli ricci e unti, che faceva da contorno a due occhi incavati e neri, completamente folli.

A Severus sembrò l’uomo più cattivo che avesse mai visto, anche più di suo padre. Antonin Dolohov. Cercò di sfilare silenziosamente il quotidiano a Lily, così che non leggesse la pagina, ma quella era stata più veloce di lui.

-Che farò se inconterò un mago cattivo come lui? Mi farà sparire?- disse, preoccupatissima, fissando la foto che rideva a squarciagola.

-Non dovrai preoccuparti- le rispose, calmo, riuscendo finalmente a sfilargli il giornale  e prendendogli , dolcemente, una mano – dove andremo noi c’è Silente! Lui ha sconfitto il puù grande mago oscuro di tutti i tempi- cercò di rincuorarla con un grande sorriso.

-E se la lettera non arrivasse?- Lily si era fatta improvvisamente triste e strinse forte la mano di Severus.

-Sono certo che arriverà-
E, in effetti, la lettera di Lily era arrivata pochi giorni dopo la sua.

Quel giorno, Lily, si era catapultata alla loro tana, travolgendolo con il suo entusiasmo e urlando a squarciagola dalla felicità, raccontandogli di come fosse venuta una strega in carne ed ossa a consegnare la sua letter, una professoressa di Hogwarts. Lily l’aveva decritta come giovane ed alta, dallo sguardo felino e dallo strano accento scozzese e aveva riso mentre raccontava le bizzare reazioni dei genitori e di come Petunia non fosse quasi svenuta quando la professoressa si era trasformata in un gatto.
 
 
 
Il resto dell’anno era trascorso molto lentamente, Severus contava i giorni che lo separavano dall’abbandonare la sua cameretta e passava le giornate ad eserciarsi con la bacchetta, che aveva potuto comprare solo verso fine luglio.

Quando,alla conclusione di un’estenuante e afosa estate, si era ritrovato a trascinare il suo enorme bagaglio, preparato quasi due settimane prima, a King’s Cross non stava davvero più nella pelle. Anche sua madre, sciattamente vestita, aveva un dolce sorriso ad illuminarle il volto giallastro e sempre crucciato.

Non appena entrarono nel binario nove e tre quarti, Severus si guardò subito intorno e, tra la folla, riuscì ad individuare la famiglia Evans. I genitori di Lily, due stangoni,  sembravano completamente persi nel far vagare gli occhi su tutto ciò che li circondava, mentre Petunia, come suo solito urlava indispettita:

-… mi spiace, Tunia, mi dispiace! Ascolta…- udì Lily supplicarla, mentre la sorella sembrava sull’orlo di esplodre.

-Forse quando sarò là… no, ascolta Tunia!- Lily cercò di convincerla in tutti i modi a prestarle attenzione, mentre sinceramente dispiaciuta scoppiò a piangere.

Severus non riuscì ad udire di più, poiché il gran frastuono che si era alzato nella stazione copriva qualsiasi voce. L’Espresso stava per partire, una folla di giovani delle più disparate età correva per la banchina, trascinando con sé i loro bagagli.

Sua madre gli poggiò una mano sulla spalla e poi si piegò alla sua altezza, gli accarezzò con dolcezza una guancia prima di parlare:

-Fa buon viaggio, tesoro-  sua madre gli sorrise e Severus si dispiacque sarebbe stata l’unica a mancarle. Le scoccò un bacio lieve sulla guancia e salì velocemente sul treno, facendo volare lo sguardo sulla banchina prima di entrare in carrozza. Aveva perso Lily.

Non appenà entrato nel treno fu letteralmente travolto da una schiera di ragazzini che correvano, avanti e inditro, per i corridoi dell’Espresso. Decise che prima di tutto si sarebbe tolto quegli odiosi abiti babbani e che poi avrebbe cercato la sua amici.

Con la tunica nera e svolazzante indosso, adesso molto più a suo agio, correva lungo l’Espresso per Hogwarts che sferragliava attraverso la campagna. Trovò Lily nello scompartimento più chiassoso dell’intera carrozza.Non fece in tempo ad aprire la porta dello scompartimento, che fu travolto da una ragazza, più grande di lui, che, affannosamento, inseguiva due giovani.

-Andromeda, aspetta!-urlò.
La sua mano mano ossuta afferrò il polso della più grande delle giovani, facendole cadere a terra alcuni bagagli. Andromeda, con la divisa di Serpeverde già indosso, si girò stranita verso la sua affannata interlocutrice.

-Amelia, ti avevo detto di...-sussurrò, ma fu subito interrotta quando l’altra ragazza,-mingherlina, notò Severus- le lanciò quello che sembrava essere un quotidiano.
Dalle foto in prima pagina, Severus notò subito che non poteva essere un giornale babbano.

Andromeda mutò il suo sguardo da severo a preoccupato man mano che leggeva. Severus,scoccando uno sguardo perplesso al giornale, notò che, in prima pagina, si trovava lo stesso, pazzo ed inquietante, uomo che si trovava già in prima pagina quando lui e Lily avevano letto la Gazzetta del Profeta molti mesi prima. Amelia sembrava decisamente infastidita e si premurò di strapparle il giornale dalle mani non appena vide l’ altra ragazza, più bassa di Andromeda ma decisamente molto simile a lei, avvicinarsi.

-Andromeda, ti vuoi sbrigare? Lucius ha già portato Miss Luffy alla carrozza-disse con voce fredda e gracchiante, del tutto in contrasto con l’azzurro caldo dei suoi occhi.

-Arrivo Cissy -.

Andromeda riprese in fretta le sue cose e se ne andò, non prima, però, di rivolgere ad Amelia un ultima frase che Severus non riuscì a capire, perché solamente mimata con le labbra.

Andromeda si mosse veloce e scomparve tra la folla, nel corridoio del vagone, mentre Amelia si appoggiò alla parte di ferro dello scompartimento, sbuffado.

Ora che riusciva a guardarla meglio, poteva notare una certa stanchezza nel suo corpo, sembrava decisamente preoccupata e i capelli che le fuoriscivano dallo chignon biondo cenere gli ricordavano tanto quelle acconciature un po’ sciatte che si faceva sua madre per le occasioni che lei chiamava speciali.

Quando la giovane si girò a guardarlo Severus si vergognò e arrossì, pensò subito che era maleducato spiare le persone –glielo diceva sempre Lily e anche quella spregevole di Petunia- e per un attimo credette che la giovane se la sarebbe presa con lui, ma quella se ne andò per il corridoio della carrozza senza nemmeno far caso a lui.
Severus, finalmente, aprì la porta dello scompartimento e si sedette di fronte a Lily, rannicchiata nell’angolo vicino alla finestra, con il volto schiacciato contro il vetro.

-Non voglio parlare con te- mormorò, con voce soffocata.

-Perché?- chiese, curioso e dispiaciuto, ignorando le i gridolini divertiti degli altri occupanti della carrozza.

-Tunia mi… mi odia. Perché abbiamo lette la sua lettera a Silente-.

-E allora?- Lily lo guardò con profonda avversione e Severus si mortificò subito, nonostante odiasse con tutto il cuore quell’oca starnazzante di Petunia, era sempre la sorella di Lily.

-Allora è mia sorella!- disse a denti stretti.

- È solo una…- riuscì, fortunatamente, a trattenersi e Lily, troppo impegnata ad asciugarsi gli occhi, non lo sentì.

-Vedi- disse Severus dopo alcuni minuti di silenzio – ci stiamo andando!- esclamò, incapace di trattenere la gioia. –Stiamo andando a Hogwarts!-.
Lily annuì, stropicciandosi nuovamente gli occhi, ma questa volta lo guardò sorridendo.

-Speriamo che tua sia una Serpeverde- le disse, rinfrancato. Quella era stata la casa di sua madre, avere un figlio in Serpeverde l’avrebbe di certo resa fiera, si disse, Severus.

Uno dei due ragazzi nello scompartimento, smilzo e dalla folta chioma nera scompigliata, concentrò il suo interesse su Lily e Severus, smettendo di dare pizzicotti al suo vicino, e li guardò con l’aria indefinibile di chi è molto viziato.

-Chi vuole diventare Serpeverde? Io credo che lascerei la scuola, e tu?- chiese al ragazzo accanto a sé, mollemente abbandonato sul sedile accanto al suo. Tuttavia quello non sorrise.

-Tutta la mia famiglia è stata in Serpeverde- rispose, lapidario.

-Oh, cavolo- commentò il moro – E dire che mi sembravi a posto!- .

- Forse andrò contro la tradizione- affermò, ringhiando – Dove vorresti finire , se potessi scegliere?-

Quello, tutto  ringalluzzito, alzò una spada invisibile.
-Grifondoro… culla dei coraggiosi di cuore! Come mio padre-.

A Severus, istintivamente, uscì un ghgno sprezzante. Solo gli incoscenti e chi non teneva alla propria pelle finiva a Grifondoro, gli sciocchi, insomma.

-Se preferisci i muscoli al cervello…- sogghignò, rivolgendosi al ragazzin che, come una statua, ancora teneva in alto la spada.

-E tu dove vorresti finire, visto che non hai nessuno dei due?- intervenne l’altro, dando una botta al braccio dell’amico così che lo abbassasse. Probabilmente lo trovava ridicolo anche lui, oensò Severus.

Entrambe i bambini scoppiarono in una fragorosa risata, mentre Lily si raddrizzò nel sedile e guardò i suoi interlocutori disgustata.

-Andiamo, Severus, cerchiamo un altro scompartimento-

-Oooooh- la canzonarono, imitando la sua voce altezzosa e mentre Severus si alzò, trascinato via da Lily, uno dei due provò a fargli lo sgambetto.

-Ci si vede, Mocciosus!- gridò qualcuno quando Lily chiuse la porta dello scompartimento.

Severus si sentì trascinare dalla mano forte di Lily, ben salda sulla manica della sua divisa.

-Ma che fai!- disse Severus sottovoce, ferito nell’orgoglio. Non aveva di certo bisogno di farsi difendersi.

Lily lo ingnorò, continuando a trascinarlo lungo il corridoio dell’Espresso. Quando le sembrò di esser soli, scoccò un’occhiata ai due scompartimenti più vicini ed entrò, sempre trascinando l’amico, in quello che le sembrava essere meno pieno.

-Non mi piaccione le persone cattive- gli disse sussurrando al suo orecchio, mentre entrambe si sedevano sui sedili vuoti.

Di fronte a loro, una bambina, sembrava del tutto persa in chiacchiere con il suo gatto. Severus trattenne una risata, sembrava quasi più strana di lui.
-Ciao, mi chiamo Lily!- disse entusiasta, ignorando totalmente quello che lui aveva notato. Allungò la mano sottile verso di lei e la bambina, paffuta e bassa, ricambiò subito la stretta, altrettanto felice.

-Sono Emmeline e lei è Levia –disse,  accarezzando la sua gatta nero che rispose producendo innumerevo fusa. Poi scoccò un’occhiata a Severus, che imbarazzato, si affrettò a presentarsi

-Io sono Severus- e le porse la mano ossuta, che per poco non gli venne rotta dalla stretta vigorosa che la bambina gli diede.

- Siete scappati anche voi dalla carrozza di Black? Voleva far diventare la mia Levia un orologio- borbottò, continuando ad accarezzare l’animale che l’aveva riempita di pelo fin sopra i capelli color nocciola.

-Li conosci?-

-Sirius? No, l’ho incontrato sull’Espresso. Però mio padre lavora al Ministero e conosce suo zio Alphard, dice di lasciare perdere i Black perché sono tutti un po’ svitati – disse, picchiettandosi l’indice alla tempia.

Mentre le due ragazze continuarono a parlare del più e del meno, Severus iniziò a sentirsi sempre più rilassato, il suo sogno, il loro sogno stava per avverearsi. Erano lì, a poche ore di distanza, e nessuno avrebbe mai potuto togliergli la gioia che provava in quel momento.  La sua testa si piegò stanca sulla spalla di Lily e travolto da mille e più pensieri si addormentò.
                                                                                                                                            ∫∫∫∫∫
 
Quando il treno iniziò a rallentare era già notte e Lily si premurò di svegliare Severus, la cui guancia aveva i segni del sedile per quanto profondamente aveva dormito.

-Tra cinque minuti arriveremo ad Hogwarts. Siete pregati di lasciare il bagaglio sul treno; verrà portato negli edifici della scuola separatamente- disse una voce, che risunò per tutto il treno.

-Mi infilo la tunica e arrivo- disse Lily, mentre Severus si stiracchiava sui sedili.
Lily aveva lo stomaco chiuso dall’emozione, ci aveva messo molto a prepararsi, più di cinque minuti per infilarsi correttamente la tunica, ma quando scese dalla carrozza Severus era lì ad aspettarla.

Non appena scese, notò subito un omone dal faccione peloso che con un lanternone nella mano destra faceva cenno di avvicinarsi a lui. Lily strinse più forte che potè la mano di Severus.

-Primo anno!- urlava, sventolando la lanterna che per poco non colpiva uno studente leggermente più alto della media –Primo anno con me!-
Quando un gruppetto di una quarantina di nanetti si raggruppò intorno a lui, quello gli sorrise.

-Io sono Hagrid, guardacaccia e custode delle chiavi di Hogwarts. Seguitemi e attenti a dove mettet i piedi- disse, tutto contento. Nonostante l’apparenza feroce, pensò Lily, aveva un sorriso etremamente buono.
 
La piccola gita in barca sul lago nero su cui si specchiava Hogwarts aveva dato una leggera nausea a Lily, o forse era paura? Una bambina, sulla barchetta, le aveva detto che la Cerimonia dello Smistamento è pericolosissima e che solo chi sopravvive poteva entrare.

Severus le aveva detto che quelle erano tutte sciocchezze e che un scuola non avrebbe mai messo in pericolo i suoi studenti, ma i suoi timori non erano spariti, anzi, si erano fatti sempre più forti.  Specialemente quando la Professoressa McGranitt, che li aveva accolti all’entrata del castello, li aveva stipati una piccola stanza  dicendogli di farsi belli, perché tutta la scuola li avrebbe visti.

Tuttavia non era l’unica ad essere così preoccupata, infatti, gettando un’occhiata ai suoi coetanei nella stanza, solo in pochi sembravano essere a loro agio e calmi. Anzi, un bambino, piccolo e gracilino, sembrava ancora più spaventato di lei visto l’entità dei tremori che lo scuotevano.

La McGranitt tornò a prenderli una manciata di minuti dopo ed ordinadogli di sistemersi in fila indiana li guidò verso la Sala Grande, sotto lo sguardo di alcuni fantasmi.
A Lily per poco non venne un’accidenti ed urlò, non appena uno di quelli, divertito, la trapassò.

-Sicuramente una Grifondoro!- sentì sussurrare da qualche bambino poco più avanti di lei, probabilmente era lo stesso che aveva preso in giro Severus sull’Espresso.
-Andrà tutto bene- le disse l’amico, mentre finalmente entravano nel salone.

La sala era gremita e imbandita a festa, ogni studente era seduto ad un lungo tavolo pieno delle cibarie più squisite. Alzò per un attimo gli occhi al soffitto e si stupì di non trovare un soffitto, ma un cielo nero trapunto di stelle. Abbassò subito lo sguardo non appena la McGranitt si schiarì la voce con un profondo colpo di tosse e il silenzio cadde nella sala.

Vide la professoressa appoggiare un logoro cappello su di uno sgabello, che dopo una serie di contrazioni prese a parlare:
Forse pensate che non son bello, 
ma non giudicate da quel che vedete 
io ve lo giuro che mi scappello 
se uno più bello ne troverete. 

Potete tenervi le vostre bombette 
i vostri cilindri lucidi e alteri, 
son io quello che al posto vi mette 
e al mio confronto gli altri son zeri. 
Non c'è pensiero che nascondiate 
che il mio potere non sappia vedere, 
quindi indossatemi ed ascoltate 
qual è la casa in cui rimanere. 
forse Grifondoro la vostra via, 
culla dei coraggiosi di cuore: 
audacia, fegato, cavalleria 
fan di quel luogo uno splendore. 
O forse è a Tassorosso la vostra vita, 
dove chi alberga è giusto e leale: 
qui la pazienza regna infinita 
e il duro lavoro non è innaturale. 
Oppure Corvonero, il vecchio e il saggio, 
se siete svegli e pronti di mente, 
ragione e sapienza qui trovan linguaggio 
che si confà a simile gente. 
O forse a Serpeverde, ragazzi miei, 
voi troverete gli amici migliori 
quei tipi astuti e affatto babbei 
che qui raggiungono fini ed onori! 
Venite dunque senza paure 
E mettetemi in capo all'istante 
Con me sarete in mani sicure 
Perché io sono un Cappello Parlante! 


Non appena il cappello concluse la sua performance la sala scoppiò in un forte applauso, che scemò non appena la McGranitt srotolò una piccola pergamena.

-Quando chiamerò il vostro nome, voi metterete il cappello in testa e vi siederete sullo sgabello per essere smistati- disse. Lily fece un profondo sospiro di sollievo, come molti altri piccoli studenti. Aspettò il suo turno in silenzio, quando il suo nome rimbombò per tutta la Sala Grande le sue gambe tremarono, ma prese il cappello dalla punta e si sedette sullo sgabello, mise il vecchio e unto cappello in testa e aspettò qualche secondo, nell’incertezza più totale e stringendo forte gli occhi.

Quando il cappello urlò – GRIFONDORO!- tutto un tavolo si alzò ad applaudire e, non aspettando un momento di più, corse da quella che sarebbe stata, da lì in poi, la sua Casa.

Mentre si presentava e dava mani a ragazzi della più disparata età, notò lo sguardo dispiaciuto di Severus. Lui avrebbe voluto fosse una Serpeverde, le aveva raccontato tutto dei grandi maghi Serpeverde, addirittura di Merlino.

Provò a rincuorarlo con un sorriso, a lei non importava nulla di Grifondoro e Serpeverde. Loro sarebbero sempre rimasti amici.









Angolo dell'autrice:
Salve a tutti i miei lettori e Buon Anno!
In questo capitolo si entra finalmente ad Hogwarts e abbiamo dei primi accenni di trama, che man mano si faranno sempre più chiari!
Ringrazio chi ha messo la storia nelle seguite chi ha recensito, fatemi sempre sapere che ne pensate, anche le critiche sono molto ben accette!
Alla prossima.

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