Crucifixum: noi siamo uno, amore mio. ✠

di Lila May
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. ***
Capitolo 2: *** II. ***



Capitolo 1
*** I. ***


Crucifixum ✠.

“Noi siamo uno, amore mio.”

[ EzioCristina ]

♦ la chance.
Continua a fissarla. Non smette. Non può smettere, no, come potrebbe, perché lei è così bella, così mistica, seduta laggiù nella prima fila dei secchioni, persa a guardarsi le punte nere della lunga chioma mossa. Sembra un grumo di nuvole cariche di tuoni. Pronto a scatenar tempesta alla prima folata di novembre, a scurire il mondo intero. E' bellissima.
Ezio non sa come si chiama. Ne ignora la famiglia, la zona in cui abita, i perché che l'hanno spinta a trasferirsi a Firenze, da quale città proviene realmente, perché si veste di arancione quando, si sa, l'arancione è passato di moda dall'ormai datato Duemila e Nove. Non sa nulla, di lei, sa solo che in quel momento il suo cuore pompa troppo sangue, e i suoi sensi sono tutti concentrati in ciò che ella fa, che ella scrive, che dice, come gesticola, fendendo la mano color latte in aria.
Vorrebbe concentrarsi sulla bionda al suo fianco, ma tutto nella nuova arrivata in quel momento lo cattura, lo isola dalla lezione, dal respiro pesante di un compagno, il motorino rotto dell'altro. Si sente come immerso in una bolla impermeabile, emozioni contrastanti duellano all'interno del suo ego rimasto attonito. Quanto splendore. Quanta grazia.
Spezza la matita, smuovendo la mandibola, e in un istante le parole di Federico gli risuonano nel cervello, rizzandolo sull'attenti. “Ezio, molti uomini sono così impauriti dalle donne belle, che non appena ci parlano, hanno subito un vantaggio.”
Arriccia il naso. Forse può fare qualcosa per avvicinarsi alla ragazza, ma la realtà è che, non avendo mai provato talmente tante sensazioni in un solo millesimo di secondo, tutte le sue tattiche da corteggiatore provetto gli appaiono come nulle. Tuttavia, può sempre tentare.
E mentre pensa a come richiamarne l'attenzione, ad un certo punto lei si gira in sua direzione, forse distratta da qualcosa.
Destino o meno che sia, lo guarda pure.
Ezio si fa rigido. Non può farsi certo sfuggire l'occasione.
Sfodera uno dei suoi sorrisi più incantevoli e si pone a petto in fuori. Poi ammicca a non sa bene nemmeno lui cosa, sollevando i folti sopraccigli castani in una perfetta arcata costruita minuziosamente. << bellezza. >> sussurra, più a se stesso che alla ragazza.
La risposta di lei non è dolce. Sbuffa, alza gli occhi azzurri al cielo. Lo guarda come se fosse pazzo.
Ezio è sconvolto. Deve aver sorriso male. Deve aver passato un messaggio erroneo. Si agita, diventa nervoso, inizia a mugolare un “che c'è, perché mi guardi così?”, ma-- << Auditore!! >> grida la prof, e schianta la mano sul libro aperto di storia. Già, alla prof non interessa dei suoi tormenti. Fa spallucce e ridacchia quando uno dei suoi più fidi amici gli tira una gomitata d'intesa. << pensavo fossi capace a corteggiare. >>
<< Lo sono. >>
<< Ma...? >>
<< Ma mica mi arrendo. >>


Infatti, Ezio non si arrende. Perché dovrebbe. Non fa certo parte del suo spirito, gettare la spugna. Domani sera Vieri darà una festa a casa sua, e lui non è invitato a prenderne parte, chiaramente, ma ha deciso lo stesso di andarci. Gli piace far baldoria, far arrabbiare la gente presentandosi come ospite - indesiderato - d'onore. Detesta De Pazzi, ma i suoi party privati, deve ammetterlo, hanno un che di affascinante. Vuole infiltrarsi ancora. Non è la prima volta che ci prova, e soprattutto, che la cosa va a buon fine. E' poi l'occasione giusta per invitare la ragazza. Infiltrarsi con lei. Ezio sa che è azzardata, come mossa, ma è sicuro di poterla convincere, proprio come sostiene di avere tutte le doti per conquistarla; nessuna donna si è mai ritratta ad un suo invito, perché dovrebbe farlo la nuova della classe? Sembra così sola mentre vaga per il corridoio osservando i manifesti dell'Erasmus, così timida. Ha bisogno di compagnia. Di uno come lui, che le regali un po' di fuoco, la faccia sciogliere come un gelato dimenticato su una panchina.
E' bassa, nota mentre la segue controcorrente. Sorride e sente la gola infiammarsi a quel piccolo dettaglio. Quindi le si avvicina da dietro.
Gli piace. Gli piace da impazzire. Già sogna di doverla sollevare per poterla far passare al di là del muro che circonda il giardino di Vieri, toccare. << Eh, tu! >> urla, e la corvina si volta, stralunata. Non appena lo riconosce, il suo viso pallido diventa una maschera scocciata. Ezio è divertito dal suo particolare modo di corrucciare le sopracciglia, non fa che renderla ancora più bella. << credo ci sia stato un fraintendimento, prima, a lezione. >> spiega, e si porta una mano ai lunghi capelli castani, sciogliendosi il codino con un gesto automatico del polso ampio. E' nervoso, ma conscio di dover mantenere i nervi saldi, il sorriso dolce. Con una del genere, non si sa mai. Meglio non rischiare.
Lei non risponde, che simpatica. Forse è troppo irritata, per farlo. Oppure già si è rotta le palle, ancora più plausibile. Ezio trema un pochino.
Molto bene.
<< senti, bellezza. >> esordisce, appellandosi al suo fascino di donnaiolo passionale. << come ti chiami? >>
<< Non ti serve saperlo. >>
<< sei furba, dolcezza, ma non abbastanza. Prima o poi, qualcuno in classe dirà il tuo nome. Io lo saprò. E lo userò, che ti piaccia o meno. >>
<< Lo avresti saputo, carino, se non avessi mancato il primo giorno di scuola. Il secondo. Il terzo. Il quarto. Una settimana intera. >>
<< Ero in vacanza. >>
<< E io a scuola a dire il mio nome davanti a tutti. Te lo sei perso. Pazienza. >>
Ezio la sente all'improvviso lontana, e la cosa lo disarma alquanto. << ehm, beh... io... domani c'è una festa a casa di Vieri. >>
La ragazza pare irritarsi a quel nome, e quasi la comprende. Forse conosce Vieri De Pazzi? Sono amici? Magari si frequentano? No, impossibile, pensa Auditore, allucinato. Quale donna oserebbe mai andare con un coglione simile? Preferirlo a lui? << andiamoci insieme, usciamo. Passo a prenderti per le sei se mi dici come ti chiami. E magari anche dove ab--
<< No. >> è la gelida risposta della giovane, che, dopo essersi stretta nelle spalle, gira sulle nike e se ne va lapidaria verso i bagni delle ragazze. Ezio è disperato, la fissa con la mano rimasta a mezz'aria, il cuore in fase di suicidio. Arriva a pensare di doverla seguire, perché di essere rifiutato proprio non gli va. Non da lei. Ma preferisce stare fermo, dirsi che forse non è il caso. Forse le ha dato fastidio. Forse è andato troppo in là, ha preteso cose che lei non prova minimamente. << Dammi una chance!! >> le grida dietro.
Lei si gira.
<< Un'altra ancora. Una sola. >>
Sorride compassionevole. << mettiti in fila. >>
E se ne va.
In fila? Quale fila? Ezio sospira amarezza e speranza insieme. E quel sorriso? E' un no? Un sì? Oppure un “te lo dico domani, così passi la notte in bianco?”; è una ragazza tosta, la cara. Potrebbe farlo, torturarlo così, pare molto sadica. Magari la diverte.
Ezio non capisce, eppure all'improvviso si sente benissimo. Sente che qualcosa è scattato, dentro di lui, in lei. Qualcosa è nato, da quella dolce smorfia di bambina.



♦ Sorriso.
Cristina è seduta sul prato del giardino di casa De Pazzi, gli occhi azzurri persi ad osservare le casse della musica vomitare una penosa canzone di Cremonini. E' stanca, le fanno male i piedi. Vuole tornare a casa, finire di studiare filosofia. Vorrebbe solo avere un paio d' ali, per poter andare via da quella festa senza senso, senza scopo.
Non sa nemmeno perché si trovi lì, esattamente. Perché abbia ceduto così in fretta alle insistenze stupide di un cretino. Il fatto era che Vieri non avrebbe mai smesso di romperle, se lei non fosse stata saggia abbastanza da accettare l'invito. Il cretino era riuscito pure ad avere il suo numero. Cristina non vuole pensare a chi potrebbe averglielo dato, anche perché sarebbe una ricerca destinata solo a non trovare risposta. Non conosce nessuno, lì, a Firenze. Non ha amici, eppure qualcuno deve aver trovato lo stesso il modo di ottenere il suo contatto. Pensa ad Ezio Auditore. Magari è stato lui.
Ma no, impossibile. Nemmeno conosce il suo nome.
Cristina è trafitta da brividi in tutto il corpo. In quel momento ammette di desiderarlo vicino a lei, perché lo preferisce a Vieri.
No, non è che lo preferisce.
Le piace, punto.
Adora Auditore. Anche se, come De Pazzi, aveva insistito, anche se le aveva chiesto una seconda opportunità. Anche se pareva determinato a pregarne altre, se necessario, ed era stato proprio quello, quella tempra decisa, ad averla attratta, ieri mattina a scuola.
E' un pensiero che la lascia attonita.
Non c'è niente di incoerente in ciò che ha appena partorito la sua mente, ma d'altronde, da quando in qua l'amore è presente a se stesso? Le cade il bicchiere di analcolico dalla mano, lo raccoglie prima che il poco contenuto rimasto possa essere assorbito dalla terra fresca di fine settembre. Non sa che dire.
Non vuole pensarlo, ma non ci riesce. Si era aspettata di vederlo lì. Era stato lui, d'altronde, ieri, ad accennarle della festa. Ma Auditore non c'è.
Non è da nessuna parte, maledizione.
Basta, si è rotta il cazzo. Si alza, si pulisce i jeans neri con una manata, poi getta il bicchiere in un sacco tramutato in bidone temporaneo. Deve finire filosofia. Deve levarsi Ezio Auditore dalla testa. Non ha intenzione di dargli una seconda chance. Inutile che si arrovella.
Sta per uscire, quando una mano forte la tira indietro e la sbatte contro il muro. Spalanca la bocca, ma non emette grido. E' terrorizzata.
Davanti al naso, Vieri le sogghigna divertito, anche se non c'è nulla per cui farlo. << ti stavi annoiando, madama? >>
<< Lasciami. >> sbotta Cristina, animata da un lieve barlume di forza, ma lui le mette una mano sulle labbra, per farla stare zitta. Vuole mordergli il palmo, staccarglielo dai muscoli, ma è paralizzata dal terrore. E' disperata, all'idea di poter essere violata a tal punto. La mano di Vieri le finisce tra le gambe, e inizia con una nocca a sfiorarle con prepotenza la coscia. Vespucci serra forzatamente, per impedirgli di avanzare, ma lui ricambia solo stringendole ancora di più la carne tra le dita. Le viene da vomitare dallo schifo.
Non sa cosa fare.
<< ora ti faccio divertire io, principessa. >>
<< Mm...!! >>
<< ti ho messo su gli occhi da quando sei venuta a studiare qui da noi. >>
Cristina riesce a gridargli che non è interessata. A Vieri non frega nulla. Le da un bacio rabbioso, viscido, tenendole bloccati i polsi. Ma per fortuna non ha bisogno di spingersi oltre. Una mano lo afferra per il collo della felpa e lo spintona indietro di metri, facendolo gridare di dolore al collo.
Cristina ansima come se avesse corso una montagna in salita. Si accascia a terra, si abbraccia, solleva lo sguardo trapassato di fini capelli neri sfuggiti alla tenuta della crocchia. E' Ezio.
E' davvero lui.
<< Ezio...! >> sospira, pronuncia quel nomaccio con un amore che sfugge ai limiti dell'amore stesso. E' scioccata, malferma sulle ginocchia tremanti mentre lo osserva afferrare De Pazzi per la scollatura, sollevarlo da terra. E' grata per il suo pronto intervento, felice di rivederlo. Così felice che le si riempiono gli occhi di lacrime. Vorrebbe benedirlo. Abbracciarlo. Non vuole nemmeno pensare, a cosa sarebbe accaduto senza il suo pronto intervento.
<< Che ci fai qui, merdaccia!! >> grida De Pazzi, furioso. Ezio non risponde, non ha voglia di farlo. E' troppo incazzato per concedergli quella minima attenzione. Schianta il naso contro il suo, vuole essere chiaro e conciso. << toccala ancora >> dice, a voce rauca. << e ti ammazzo. >>
Vieri sgrana gli occhi, spaventato e muto dinanzi a simile minaccia. Ezio lo lascia andare con una gelida strafottenza. De Pazzi casca per terra come un sacco di patate, e prontamente soccorso dagli amici. Ad Auditore però la scenetta non interessa affatto. Va da Cristina. << tutto bene...? >>
Cristina si alza solo quando sente le gambe di nuovo in forma per poterla reggere e trascinare almeno fino al portone di casa. E' emozionata, troppo. Un turbinio di emozioni la travolge, apre una gabbia piena di farfalle, che prendono il volo in lei sferzandole i lati del cuore. Non sa che dire. Come ringraziarlo. Le ha salvato la dignità, la vita, tutto. E si pente di averlo trattato male. Si pente, di non aver ammesso per tempo di amarlo da morire. << Ezio... i-io... >>
<< Stai bene? >>
Cristina non riesce a non guardarlo negli occhi. Sembra così serio. Un altro ragazzo, rispetto allo stupido che le si era presentato al capezzale. << io... b-bene. >>
<< Sicura? >>
<< Sì. Sì >> si porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio, mostrandogli l'orecchino a forma di crocifisso color rubino. Ezio lo fissa per un momento. Poi ritorna a guardarla intenso, le sopracciglia lievemente premute contro l'infossatura degli occhi.
<< bene, grazie. G-grazie a te. >>
<< Usciamo da qui. >>
La prende per la mano, e Cristina diventa più rossa del blazer in pelle che sta indossando in quell'istante. Gliela stringe, e sussulta appena di un piacere che la disarma: Ezio ha il palmo caldo, morbido, di un tenue caramello fuori stagione. E' il risultato della sua vacanza? Oppure, è davvero quella la sua carnagione naturale? Se lo chiede, confusa mentre lui si occupa di trascinarla via dall'eccessivo importunismo di Vieri.
Oltre il muro dell'abitazione dei De Pazzi si respira la notte, la vita.
Il cielo nero è, per Cristina, un immenso manto in cui avvolgersi. Si sente al sicuro, lì, lontana, sotto quella fila di lampioni che illuminano appena la strada principale. A guardare Auditore sistemarsi la coda bassa.
<< Ora stai meglio? >> le chiede, dolce.
<< Passa. E' stato solo un bacio non voluto. >>
Ezio annuisce e guarda in basso, quasi riluttante a voler accettare il senso viscido di quella frase. Poi solleva le iridi su di lei, e Cristina si sente scottata, infiammata. Non riesce a capire se ha gli occhi marroni, o verdi. Ora paiono più del secondo colore. Ieri più del primo. Tempo di chiederselo che lui ha già estratto le chiavi della moto. Arrossisce mentre lo guarda montare, sollevare la gamba forte avvolta dai jeans.
Allora è sua. E' molto bella. << grazie, Ezio. >> mormora, e si appresta a chiamare i suoi, perché possano venire a prenderla. Non conosce Firenze, ancora. Non si sente sicura a tornare a casa a piedi.
<< Monta su. >>
Si volta, imbarazzata. << Eh..? >>
Ezio indica il posto rimasto dietro di lui, col mento. Poi sorride. << ti porto a casa io. >>
Cristina si avvicina. Non può dire di no. Non vuole. Gliela da davvero, la seconda opportunità. Ed è fiera di affidarla alle sue mani. Fiera di essersi scoperta pazza di lui, dei suoi occhi, la sua voce che bolle animata d'energia. << sei furbo. Così saprai dove abito. >>
Ezio fa ruggire la moto, e anche accendere qualche luce oltre le finestre delle case. << ma non il tuo nome, vero? >>
<< Mi chiamo Cristina. >>
<< … è molto bello. >>
<< Ti ringrazio. >>
<< Prendi il mio casco, ne ho solo uno. >>
Lo fa. Se lo mette, anche se le sta vistosamente largo, e l'odore di Ezio la pervade, la fa arrossire ancora. Il cuore perde due battiti, sopraffatto dall'amore. Mio dio. Ha quasi voglia di sapere come andrà a finire quella serata, se con un bacio, con un nulla, un accenno a ciò che prova lui per lei. Gli sale dietro, gli fissa la schiena larga. Vuole abbracciarla, ma è troppo timida. Non sa bene come comportarsi.
Ezio alza il cavalletto e mette la freccia per uscire dal parcheggio, anche se non c'è nessuno, anche se da l'idea di averla inserita solo per fare bella figura con lei. << mi sembra giusto >> commenta Cristina, intenerita a quel pensiero buffo, e ride, avvicinandosi a lui e avvolgendogli con delicatezza la vita. Ha paura di strizzarlo, suda freddo, ma o così, o davvero sarebbe potuta cascare all'indietro alla prima salita. Auditore le sorride sghembo e si porta allo stop. Si ferma, guarda a destra, a sinistra. Si sistema. La coda lunga gli accarezza il colletto inamidato, soffiando leggera a contatto con la brezza ancora estiva.
<< sei bravo col codice stradale, ma ti ricordo che non hai il casco. >>
<< l'ho fatto per proteggere te, Cristina, su. >>
<< E non hai nemmeno vent'anni – cristo, stai guidando una moto! >>
<< Regalino di mio padre. Diciamo che mi concede il permesso di provarla, ogni tanto. Tanto a quest'ora non gira nessuno. >>
<< Non ci credo nemmeno. >>
<< E fai bene. >>
Cristina è ammaliata dalla confidenza con cui lui le parla. Le sembra di conoscerlo da una vita. Di amarlo da quando possiede memoria. << non credo che la polizia sarà così clemente, con queste giustificazioni, Auditore. >>
<< Mio babbo lavora in banca, saranno clementi eccome. >>
E' l'ultima frase di Ezio, poi il motore copre tutto intorno a lei. La moto sfreccia veloce sulla strada vuota, e Cristina è travolta da un freddo che prima non c'era. Chiude gli occhi chiari, anche se ha il casco, lo abbraccia con una forza che non sa riconoscere. Poi porta lo sguardo  allo specchietto, eccitata come una molla pronta a rimbalzare contro un muro.
Ezio sta sorridendo.
Può vedergli la bocca riflessa sullo specchio, le fossette incidergli le gote.

E' un sorriso che la fa sentire la ragazza più felice dell'universo.


♦ Per sempre.
Cristina guarda Ezio adorante, piena d'amore. Gli sta sfilando i bottoni bianchi dalle asole della camicia, agile, flessuosa, e lui ne sta guardando il movimento delle mani, con i capelli sciolti riversati in massa sul collo forte piegato in avanti divertito. E' la seconda volta che la ragazza lo vede senza coda, e deve ammettere che sta benissimo privo di elastici. Freme dalla voglia di passare le mani tra quelle crini lunghe fatte di cioccolata fondente, di saggiarle sulla lingua. Non le è bastato farlo a scuola poche ore prima, farlo ieri, un mese fa, la prima volta che si sono baciati, che si sono detti “ti amo” a Piazza Michelangelo, di notte, dopo una litigata ormai priva di significato per entrambi.
Gli apre la camicia, scoprendogli il petto su cui lividi vistosi ancora pullulano di un tenue viola. Cristina ride. Sa chi glieli ha fatti. Ancora può assaporare la dolcezza della sua pelle tra i denti, il suo sapore fiorentino, forte. << e adesso...? >>
Adesso ci pensa lui, a loro. Ezio si toglie la camicia con uno strattone delle spalle, la fa scivolare a terra. E in un attimo è sopra di lei, pazzo, di lei, e le ruba un bacio ardente che Cristina accoglie risucchiandolo tra le labbra con una passione che la fa gemere di vertigini. E' la prima volta che fa quel tipo di cose. Che si apre intimamente con un ragazzo, che gli permette di entrare in casa sua alle tre del mattino, lo fa stare in camera, sul letto ad una piazza in cui a malapena riescono a entrarci con tutto il corpo. Lo abbraccia, affoga le dita nel mare castano che gli adorna il capo. Ezio geme piano, emozionato. Si stacca appena per poterla guardare negli occhi, mentre le accarezza i fianchi delicato. << amore mio >>
Cristina ha i brividi. Gli sfiora le labbra con un dito, è felice. Le tremano gli occhi. Ha paura di come potrebbe andare a finire quella notte senza stelle. Di ciò che potrebbero fare. Ma si fida. Ciecamente. Di lui non può che fidarsi. Da quel giorno alla festa di Vieri, Ezio non l'ha mai delusa. Sempre protetta. Amata. Venerata come una principessa. Gli prende la mano, se la porta sulle guance, sul collo, fino ad adagiargliela sui seni. Auditore arrossisce appena mentre socchiude gli occhi di piacere.
<< spogliami... >>
Non se lo fa ripetere due volte. Le apre la felpa abbassando la cerniera, le fa scivolare le spalline del reggiseno color smeraldo. Il resto del petto finisce vittima dei suoi baci, piccoli, maliziosi, che si posano in punti che a Cristina esaltano le più profonde e spaziali vertigini di piacere. La ragazza inizia a sospirare, il profumo di Ezio è allucinante. Le da alla testa. Si sente pronta, pronta a donarsi, concedergli la possibilità di entrare in lei. Non può più aspettare. La sua sicurezza è radicata nel cuore, prende energia da lì. Perciò gli solleva la mascella lunga, per poterlo fissare, e lui brontola, in completa estasi. << amami... >> gli sussurra, e nulla tremula nella sua voce di donna decisa.
Ezio la guarda, e questa volta qualcosa gli luccica negli occhi d'un intricato bruno scuro. Si baciano ardentemente. Sono l'uno per l'altra, sono uno, sono fusi e l'unica cosa che conta in quel momento è diventarlo ancora di più. Fanno l'amore piano, dolcemente, per non svegliare i genitori di lei. Cristina sente male, un dolore atroce. E' la prima volta, per lei. Non per Ezio.
Ma è come se lo fosse. Nulla vale tanto quanto la ragazza stesa sotto di lui, con gli occhi rivolti verso il cielo, la bocca secca.


Quando finiscono, Auditore si accascia accanto a lei, sospirando piano il suo nome. Non ha mai fatto un amore tanto bello. E' talmente preso dalla situazione, da ciò che prova per Cristina, che per la prima volta non è lui a rompere il ritmo sconnesso dei loro ansiti ancora eccitati. Ma lei. Che lo accarezza, lo guarda, con le lacrime premute sopra le ciglia spettinate. << Ezio... >>
Si baciano con candore, e Cristina, trafitta dal dolore, appoggia la guancia contro il suo petto. Rimangono ad ascoltarsi per un'ora, un'ora e mezza. Poi solleva la mano a sfiorargli il ciondolo che si è recentemente comprato. E' a forma di crocifisso, rosso, simile ai suoi orecchini. Ezio la ammira, e le acciuffa il lobo con le dita dopo aver pescato a caso dalla fitta coltre di capelli neri. << mia bella colomba. >>
Cristina sorride e tira su dal naso. Ha il cuore che è un tamburo, che la sfianca ed esalta al contempo. E' sicura di morire d'infarto, tra poco, infarto per troppi battiti. Non che sia male morire tra le braccia di Ezio.
Morire, sapendo di chiudere gli occhi col ricordo del suo viso impresso nel centro del petto. << e questa...? >>
Ezio lo bacia, quel crocifisso, e poi percorre il mento bagnato di lacrime di Cristina.
<< L'ho comprato io. >>
<< E' simile ai miei orecchini... >>
<< Esatto. Così tutte le volte che lo vedo, mi vieni in mente tu. >>
<< … E-Ezio... >>
<< Amore mio... >>
<< Quanto è costata? >>
<< Quanto basta per averti vicina al cuore. >>
Si sorridono come due bambini. Poi Auditore la copre con le lenzuola. Vi è del sangue, ma non si preoccupa più di tanto. Sa che Cristina farà in modo che nessuno della sua famiglia venga a sapere della loro notte speciale. E' una ragazza riservata. La ama da morire, non può far altro che baciarla ancora, asciugarle gli ultimi resti di pianto. Sente la collana bruciargli intorno al collo graffiato. << così staremo insieme per sempre. >>

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Capitolo 2
*** II. ***


✠ second part.


♦ punizione.
Cristina si era fidata di quelle parole. In quel frangente di tempo passato insieme, aveva creduto davvero all'amore di Ezio. Lo aveva realmente preso con serietà.

Eterno, sarebbe dovuto essere. Magico. Speciale. Loro due, una cosa sola. Per sempre.

Illusioni. Illusa lei, solo una povera illusa. Avrebbe dovuto saperlo prima che lui non l'aveva mai pensata alla sua stessa maniera. Che gli era bastato atteggiarsi un po' da fenomeno, mostrarsi come paladino della giustizia, qualche battuta ironica, un po' di scopate. E poi lasciarla lì, a marcire sola. A distruggersi, sola.
Quell'estate era partito per Monteriggioni, dallo zio. Ci era stato per tre mesi interi, mesi in cui Cristina aveva vissuto delle sue foto, i suoi messaggi, le sue chiamate sempre più rare. Era tornato a Firenze soltanto il primo giorno di settembre, di sera, abbronzato, con i capelli ancora più lunghi, e le aveva dato la brutta notizia con una delicatezza che le aveva sciolto il cuore di dolore. Ezio cambiava scuola. Andava là a fare l'ultimo anno, perché i suoi avevano deciso così, suo padre aveva avuto problemi gravi a lavoro e aveva deciso di stabilire temporaneamente la famiglia dal fratello.
Cristina aveva sentito un castello crollarle addosso. Ogni speranza di vivere una vita con lui cancellata, tutto distrutto, demolito da quella scelta improvvisa annunciata solo a pochi giorni dal trasloco definitivo. E aveva pianto. Tanto. Troppo, inutilmente. Gli era sparita tra le braccia, si era aggrappata come una disperata alla sua maglia, al suo profumo. Mai avrebbe voluto farlo andare via, ma se per il padre era giusto così, inutile insistere. Inutile instillargli dubbi, farlo ricredere, ribellare. Avevano fatto l'amore per l'ultima volta. << cercherò di tornare, ogni tanto, per rivederti. >> le aveva sussurrato il suo Ezio all'orecchio, per poi baciarglielo e tenerla stretta a sé fino all'alba. Nessuno dei due era riuscito a dormire.  Quando il sole era ormai sorto, le aveva lasciato la collana tra le mani, poi gliele aveva baciate, e tenute strette tra le sue. << tienila tu. >>
c'era stato un altro bacio. L'ultimo.
<< così mi avrai sempre con te. >>

E invece ora, a distanza di mesi, Cristina la guarda, quella collana che ha intorno al collo, distrutta, spettinata, con gli occhi gonfi di lacrime, e sente che Ezio le ha solo raccontato un mucchio di cazzate. Sente di doverlo definire peggio di Vieri, per essersi preso così gioco di lei, del suo cuore immaturo, ingenuo, per infine tradirlo a scapito degli occhi di un'altra, il corpo di un'altra.
Sì.
Ezio ha un'altra. E' stato un suo vecchio amico a dirglielo, mostrandogli persino la foto di loro due insieme in un colle di Monteriggioni. Cristina non riesce a togliersi l'istantanea dalla testa. Non riesce a dimenticare il sorriso che è ritratto in quello scatto fatto di sfuggita, lo sguardo sognante della sua attuale ragazza, come lo guarda, così piena d'amore, così presa da lui e la sua essenza di uomo. Le si rode il fegato di dolore, tutte le volte. La gelosia avanza ad ogni secondo. Non sa che dire.
Si porta una mano alla collana, tira verso il basso. Vuole romperla, e buttarla nella mondezza comunale.

Aveva creduto in un per sempre illusorio e stupido, e ora ne paga le conseguenze. Come era stato possibile avergli permesso di aiutarla con Vieri, quella sera, di salire in moto con lui...? Sarebbe dovuta tornare indietro da sola. Impedirgli di avere quella seconda opportunità.
Perché Ezio l'aveva bruciata.
E continua a farlo, continua a ferirla solo col nome, solo con la forza dei ricordi. Cristina vorrebbe rovesciarsi il cervello in un pozzo senza fine. Smarrirlo da qualche parte, istigarlo a sottoporsi ad un completo lavaggio. Vuole dimenticarlo, quell'Auditore del diavolo. Ma cammina per le strade di Firenze e legge il suo cognome sulle banche, ne sente parlare in giro, guarda quella collana e le viene voglia di scagliarla lontano.
Verso Monteriggioni.
Che possa ritornare al proprietario. Tira ancora di più, si lascia sfuggire un gemito di dolore. Una lacrima le inonda la nocca del medio.

Non può farlo.
Non ci riesce.
No.

Scoppia a piangere e rinuncia a rompere il ciondolo.

Non vuole.

Ama Ezio. Lo ama troppo per farsi vincere così dalla gelosia, dall'invidia, dalla nostalgia che ha di lui. Lo ama troppo, per divenire vittima di una foto. Lo ama troppo, però, per essere felice della sua nuova vita. Quello no, non può chiederglielo. Non prova gioia quando osserva la chioma della sua attuale ragazza, quando osserva il cellulare consapevole che Ezio mai più le darà un colpo di telefono. Mai più ci saranno quei ti amo.
Mai più quei sospiri.
Finite, le sue carezze dolci sul viso.
Guarda il ciondolo, ricorda con immenso dolore come faceva contrasto il rosso della croce con la sua pelle color caramello.
Prende a pugni lo specchio, vuole spaccarlo ma non ci riesce nemmeno in quello.
Terrà la collana.

Sarà la sua peggior punizione, per aver creduto che con lui sarebbe stato per sempre.



♦ Illuso.
<< Cristina...? >>
Ezio si volta all'improvviso, e il vento di aprile gli sferza il viso avvolto da una dolce barba scura.
Cristina, santo dio. E' lei. Lei, con quel maglione color mandarino troppo largo, i capelli neri raccolti in una crocchia. Cammina veloce dinanzi alle statue fittizie di Michelangelo, la testa bassa e le spalle curve su un libro non meglio identificato.
Sta andando nella biblioteca nazionale di Firenze, sicuro, quella verso Piazza Cavalleggeri, ipotizza Ezio, e il cuore gli esplode nel petto tremante d'amore. La strada è lunga, pensa, e la gola gli si fa secca, gli occhi lucidi. Sono lontani dall'Arno. Pensa sono al posto di "è", perché forse può andare con lei, forse può accompagnarla. Può ancora raggiungerla, se muove quelle dannate gambe. Un vortice lo travolge mentre avanza, indeciso, a bocca aperta. Poi si mette a correre chiamandola, facendosi largo tra i turisti che affollano i dintorni di Piazza del Duomo a causa della monumentale presenza della Basilica di Santa Maria del Fiore; la acciuffa per una mano, la fa girare. Era tornato da poco a Firenze per trascorrervi le vacanze di pasqua, ma aveva sempre coltivato la lieve, flebile, fiacca speranza di poterla rivedere. Anche solo di sfuggita. Per errore. Per un secondo.
Ecco di nuovo la sua occasione.
Cristina si gira.
E' gelido il suo sguardo su di lui, ma ad Auditore non importa. E' così felice di riaverla di nuovo al suo fianco. << Cristina... oh, Dio... >>
<< Ezio. >>
Le sorride dolce. Quanto le era mancata. Non aveva fatto altro che pensare a lei, in tutti quei mesi passati a Monteriggioni. Aveva provato a dimenticarla, ad andare avanti, aveva avuto storie, lasciato ragazze. Niente che fosse servito a cavargli dalla testa Cristina. La sua colomba. La sua unica gioia di vita. << Cristina, che ci fai qui--
<< Domanda che dovrei porre a te, Ezio Auditore. >> le iridi di Cristina diventano di nebbia densa, mentre la brezza primaverile solleva intorno a loro risate e sussulti di stupore dinanzi alla potenza della vicina Galleria degli Uffizi. << che ci fai qui. >>
<< Vacanze di pasqua. >> risponde Ezio, e si china, per poterla abbracciare. Ma Cristina fa un passo indietro. Cristina costruisce un muro, tra loro, e lui lo sente bene contro la faccia. All'improvviso gli pizzica il naso.
Le certezze crollano. Non capisce se ha fatto bene a fermarla. A pretendere ancora di recuperare qualcosa di già perduto. << Cristina, mi sei manc--
<< Monteriggioni ti ha scocciato? >>
<< Cosa...? >>
Cristina fa spallucce, nonostante la voce pesante. << come va con la tua ragazza...? >>
Allora Ezio capisce. Capisce, non c'è bisogno che la ragazza aggiunga altro. Capisce che ciò che ha fatto a Monteriggioni, le giovani con cui è andato, le tipe che ha avuto, per lui non hanno significato.
Per lei sì.
Glielo legge nelle iridi che si è rotto qualcosa, tra loro, nel modo in cui lo fissa, riottosa, prepotente, ferita. E' spiazzato. E' deluso, da se stesso, per non aver pensato prima di chiederle se volesse continuare ad amarlo nonostante la distanza. Per aver scelto da solo secondo il conto di entrambi, di averla tenuta distante per non ferirla.
Si guarda le mani. Sono le mani artefici di un disastro.
Non stacca più gli occhi di lì.
<< Ezio, io ti amavo...! >> ora la voce di Cristina è rotta, spezzata come cristalli di vetro. Ezio non ha cerotti per rimetterla a posto. Li cerca, ma non li trova. Lo distrugge sentirla gridargli così. << ti amavo, diavolo, perché!!! All'improvviso hai smesso di cercarmi, hai lasciato che il tempo ci allontanasse, hai fatto vincere solo ciò che contava per te, ciò che ti veniva più comodo...!! >>
<< No, Cristina. >> prova a rimanere calmo, tende una mano. Cristina la guarda con odio, si allontana. Ezio la riprende. La fa ancora girare. La piazza intera ha occhi solo per loro due, e qualche flash di cellulare puntato addosso. << Cristina, io credevo che--
<< Tu credevi quello che volevi tu!! Hai demolito tutto perché A TE faceva comodo, hai ricominciato perché TU non ce la facevi, ma non mi hai mai presa in considerazione!! Sei semplicemente sparito, non ti sei più fatto vivo, mi hai eclissata dal tuo mondo!! >>
<< Cristina, non ho fatto altro che pensare a te in questi mes--
<< NON MI INTERESSA! Non hai scusanti, Ezio!! Avrei dovuto capirlo prima che in realtà non te ne fregava nulla. Quello che tu provi per me è passeggero, mi ami solo quando di pare, quando ti conviene--
<< CRISTINA!! >>
<< NO!!! LASCIAMI, VATTENE VIA! Torni, mi pretendi, mi vuoi, arrivi e pensi di poter sistemare tutto, ma io...? Io?? quello che provo dentro io conta, per te, Ezio?! >>
Ezio è morto dentro. Cristina non aggiunge nient'altro. Si ripara dietro il libro, volta le spalle e scappa. E questa volta Auditore non la ferma. E' furioso, confuso. Disperato. Cristina ha ragione, ma il suo orgoglio non vuole crederci. Non può credere che sia tutto finito con lei. Che per un trasloco sia tutto saltato in aria, il loro amore, le loro notti passate a carezzarsi tra i capelli. La ama. La ama, ma in quel momento solleva il braccio e la manda a fanculo davanti a tutti. E' nervoso. Non è la reazione che si era aspettato. Che aveva preteso. Illuso lui, ad aver creduto che Cristina lo avrebbe aspettato.
Si sarebbe fidata.




♦ requiescat in pace, amore mio.
Ezio è partito senza casco, quella notte.
E' disperato, guida storto, veloce, troppo, vuole raggiungere Firenze ma più accelera più la città gli scappa dall'obbiettivo. Sta piangendo. Il vento gli spinge indietro le lacrime, gli appanna la vista, gli inonda le iridi marroni trafitte d'orrore. E' tutta colpa sua. E' colpa sua, se è accaduto quel che è accaduto.
In quel momento non sente nulla intorno a lui. Nulla lo tocca, non gli arriva il rombo del motore, non vede la strada, i lampioni che la illuminano, i clacson che suonano.
Firenze non arriva, porca puttana. Questo conta. Conta che non arriva, la dannata, che lui non può stare ai suoi comodi, che ha un disperato bisogno di tornarle in seno. Non si ferma allo stop, e come una saetta evita uno schianto, salendo su per una scorciatoia secondaria.
Non può perdere tempo. Non ne ha, questa volta, non è più tutto facile come in estate. Non più mesi, non più anni per decidere cosa fare con Cristina. Ore, adesso. Minuti, forse. Ha paura. Ha la mente vuota, lucida da star male, ferita ovunque.
Trema, anche se fa caldo.
Arriva in ospedale alle due e mezza di notte, e scende dalla moto quando questa ancora va, la ferma col cavalletto, scivola sulla ghiaia. Ansimando fa le scale, leva di mezzo la gente. << Cristina...! >> geme, entra e si precipita alla reception. L'infermiera capisce senza chiedere. Lo indirizza verso una stanza ed Ezio va, corre, monta altri gradini perché l'ascensore a suo dire non lo farebbe arrivare in tempo. Arriva, e dinanzi alla porta chiusa vi sono i genitori di Cristina.
La madre lo vede, lo riconosce, e gli corre incontro per abbracciarlo. Ezio non riesce a ricambiare. E' talmente ansioso, disperato, che nemmeno percepisce il calore della donna avvolgerlo. << dov'è Cristina >> chiede, furioso. << è lì dentro...? Perché?! >>
I due genitori si guardano pallidi, nessuno dei due gli da una risposta. Ezio scuote il padre con talmente tanta forza da farlo gemere. Non è mai andato d'accordo con lui. Ma in quel momento non importa a nessuno dei due. << Cosa cazzo è successo a Cristina, qualcuno me lo vuole dire?! >>
La madre trova il coraggio di parlare. << io e mio marito siamo usciti a cena fuori... l'abbiamo lasciata a casa da sola, e... >>
<< E?! >>
<< sono entrati dei ladri... erano armati... Cristina... lei... io... >>
Ezio perde forza. Si aggrappa al muro, ansante, e sente di voler svenire. La testa gira, la testa gira, si incolpa, si dice che se fosse rimasto con Cristina, se l'avesse tenuta stretta al petto, protetta, amata come meritava, forse, ai ladri ci avrebbe pensato lui. Forse ora ci sarebbe stato lui al posto suo, in quella stanza.
Ha bisogno di vederla.
Spinge la maniglia, furioso, con le lacrime che bruciano, e un infermiere di guardia lo ferma. << no, ragazzo >>
<< No un cazzo, togliti! >> Ezio lo spinge ed entra. Ma non c'è nessuno sul lettino. << dov'è Cristina?! >> chiede, in panico, e il padre di lei prova a calmarlo. Lo respinge con una spallata, è furioso, non vuole essere toccato, calmato. Vuole solo sapere dov'è la sua colomba. Dove gliel'hanno portata. Cosa le hanno fatto quei bastardi cani infami. << ditemelo!! PARLATE!! >>
Ad un certo punto, una barella trasportata da quattro dottori muniti di mascherina esce da una sala piena di medicinali di pronto soccorso.
Sopra c'è Cristina. Ha il braccio scaraventato verso il pavimento, gli occhi chiusi, tubi a circondarla ovunque. Ezio diventa viola. Verde. Bianco. Il cuore gli si spacca per il troppo battere. << CRISTINA!! >> grida, e si mette a seguire la barella, ansante << Cristina..! >> le prende la mano, gliela bacia. E' fredda come quella di un morto. << Cristina...!! >>
<< Signore, si allontani >>
Non li ascolta, quei dottori, loro non sanno. Non sanno cosa sta provando dentro in quel momento. Quanto dolore lo sta annientando. Cristina apre gli occhi piano, quasi disturbata dalla luce dei neon che le illuminano il viso di un cereo giallo. << E-Ezio....! >> vuole esclamare, ma le esce un gemito flebile dalle labbra viola. << Ezio... >> mormora, e gli occhi le si riempiono di lacrime. Ezio accelera, vuole stare al passo. Non vuole perderla. Le tiene la mano, a quella si aggrappa, disperato. << Cristina... Cristina, sono qui con te... >> le guarda la ferita allo stomaco per errore, e basta a farlo scoppiare a piangere. E' tutta rossa. Cola sangue, nonostante sia circondata da una fascia provvisoria a quattro spessi strati impermeabili. << Cristina... >>
<< Ezio, non ti preoccupare... >> il respiro si condensa nella mascherina che le circonda il naso pallido. << sei sempre stato con me... >> gli lascia la mano con debolezza, ed estrae dalla maglietta sporca di sangue la collana con la croce rossa.
Ezio vorrebbe strapparsi i capelli.

L'ha tenuta.

Cristina ha tenuto la collana. La sua collana, la loro collana. Le lacrime sono troppe, si gettano dai suoi occhi sciogliendogli le gote intirizzite di dolore.
<< hanno cercato di prenderla, ma io ho lottato con tutte le... >>
<< Non parlare più amore mio... >>
<< Ezio... ho sperato fino all'ultimo di avere una seconda possibilità con te... >>
<< Non lasciarmi Cristina... possiamo ancora essere qualcosa... ti amo, e... e mi dispiace... mi dispiace così tanto, io... i-io... >>
<< Shhh, Ezio... andrà tutto bene... >>
Le riprende la mano, se la porta sulle labbra gelide e lì la tiene, speranzoso, seguendo quella barella fino a che non arriva in sala operatoria.

Ma Cristina non regge.

Cristina all'improvviso smette di lottare, e le dita allentano la presa intorno a quelle sudate di Auditore. Gli occhi le si chiudono, la testa finisce reclinata verso il basso. Il respiro cessa di appannare la mascherina, la flebo di ribollire.
Ezio diventa di pietra. Non vuole guardare.
Lo sa già. La coltellata al cuore che riceve lo avverte prima di qualsiasi altro marchingegno.
Uno dei quattro dottori lo trascina via, e il giovane si fa ammansire come una bestia, distrutto. << mi dispiace, ragazzo... >>
Gli permette di trasportarlo fuori, perché possa prendere una boccata d'aria, ma nessun filo di vento gli entra dalle narici chiuse di muco, pianto e dolore. Casca per terra e rimane seduto sui gradini freddi, privo di forze. Guarda la sua moto in lontananza.
Non sente più nulla. Non il cuore battere, non i nervi reagire.

I ricordi lo annientano. I rimorsi lo ammazzano.

E lo cerca, quel disperato crocifisso color rubino, lo cerca davvero, sulle clavicole, intorno al collo, anche se sa perfettamente che è rimasto incantenato in quello di Cristina. Si porta le mani sul viso morto. << riposa in pace amore mio... >> mormora, piangente, distrutto, e preme le dita sulla pelle del cuore fino a farle diventare bianche. Batte ancora. Ancora, per lei.

E avrebbe per sempre continuato a farlo.



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nda
ok, so che è pessimo fare un angolo autrice dopo roba tanto deprimente, ma devo in qualche modo dire la mia, farmi sentire. Prima di tutto, sottolineo che non ho mai scritto su AC, e non credo tornerò a farlo. Secondo, io adoro Cristina, e questa è la sua vendetta.
Lei ed Ezio erano semplicemente tutto, erano i signori di Firenze, e sono in assoluto la mia coppia preferita di tutto AC 2. Ho sempre amato il modo costante di Auditore di pensarla, la sua disperazione nell'andarla a cercare a Venezia, fino a fingersi addirittura suo marito pur di passare degli istanti d'amore con lei. E quando Cristina muore... ed Ezio finalmente dichiara di amarla...
quell' "amore mio" che forse avrebbe dovuto dirle più volte, che forse avrebbe dovuto trattenere con più forza, diventa così immortale, davvero. Immmmmortale.
Tuttavia, il suo atteggiamento -quello di Ezio- mi ha, spesso e volentieri, indignata, e mio malgrado mi ritrovo ad essere d'accordo con Cristina. Ecco perché la sua vendetta.
Ezio, ti sta bene che sia morta. Ti muovevi prima(?)
In questa fiction ispirata ai momenti del gioco (avrete notato molti dialoghi simili o "ripresi", che chiaramente NON mi appartengono: ci tengo a specificarlo, anche se è ovvio), ho voluto provare a riscrivere la loro storia d'amore in chiave molto alternativa spero di non aver fatto una cazzata e moderna, ambientata nella Firenze dei nostri giorni anche se sì, lo so, era più bella quella Rinascimentale--
sta a voi cogliere tutti i momenti Eziostina(?) contenuti all'interno della mini long, perché se mi mettessi a parlare di ciascuno di loro probabilmente non finirei più le nda.
L'importante per me era rimarcare quanto sia fondamentale quel medaglione, per entrambi, dal primo momento in cui lui glielo lascia, al momento in cui lo scorge sul petto di Cristina mentre sta per morire. Per me non è un tassello, E' IL TASSELLO. E' ciò che li ha tenuti legati fino alla fine, e ciò che continuerà a tenerli uniti per sempre.

Il testo era uno solo, in origine, ma l'ho diviso in due mini capitoli secondo momenti felici e momenti tristi, per comodità, e la scritta "noi siamo uno, amore mio", è presa da un'immagine che purtroppo non riesco più a trovare, e raffigurava la mano di Ezio che stringeva con forza il medaglione. Bellissima.

Spero che la mini long sia stata di vostro gradimento! Fatemi sapere cosa ne pensate con un commento, anche critica, insomma, qualsiasi cosa!
Baci!

Lila

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