Macerie

di Queen of Snape and Joker
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Macerie ***
Capitolo 2: *** Whisky ***
Capitolo 3: *** Somiglianze ***
Capitolo 4: *** Salvezza ***



Capitolo 1
*** Macerie ***


La Granger stava scrostando il centesimo dell'alta pila di calderoni che si trovavano sul tavolino. Era nello studio di Piton a scontare la sua prima punizione della storia, nel suo ultimo anno, mentre l'uomo se ne stava a correggere compiti dietro la sua scrivania, in tutta tranquillità. Era sabato sera e si trovava a sbrigare quell'infausto compito per colpa di una smorfiosa del secondo anno, che stava per lanciare un Levicorpus contro una povera ragazza di primo senza nessun motivo apparente. Ovviamente, Hermione non aveva potuto far altro che intervenire, ma tra urla e incantesimi aveva scagliato per sbaglio una fattura contro la ragazza più grande. Che, guarda caso, era di Serpeverde. La vita non era mai stata facile per Hermione Granger, e Severus Piton sembrava fare di tutto per complicargliela. Il professore, dopo aver scritto l'ennesimo "Troll " sulla pergamena di un Tassorosso, posò la penna e venne subito assalito da un gigantesco interrogativo: che fare? Non poteva leggere un libro, perché era troppo stanco, né poteva aprire una nuova bottiglia di whisky incendiario, perché si trovava in compagnia di un'alunna. La Granger, che ottimo passatempo. L'eroina del mondo magico stava lì, nel suo studio, a sgrassare calderoni a mano. Prima della guerra l'avrebbe presa in giro, ma dopo... non pensava nemmeno che l'avrebbe più rivista. Non pensava che avrebbe più rivisto nessuno. Ma se lui non era morto, questo non spiegava ancora la presenza della Granger al castello; era una domanda che lo torturava da quando aveva rivisto la Grifondoro in Sala Grande durante lo smistamento dei primini di quell'anno. Un interrogativo così semplice, ma senza alcuna apparente risposta sensata, almeno per l'uomo.

 «Granger», Hermione alzò il capo ed interruppe il lavoro. Prima della guerra sarebbe stata colpita da quel richiamo improvviso; si sarebbe chiesta che cosa stesse sbagliando nel suo modo di pulire i calderoni, ma adesso non aveva più importanza. Fissò gli occhi in quelli di Piton e aspettò che l'uomo continuasse:

«Perché sei tornata?»

Il mago era molto serio. 

Nella sua casacca nera, con i suoi occhi neri e i suoi ricordi neri riusciva ad incutere terrore a qualunque studente. Tutti i giorni faceva molte domande ai suoi alunni, ma pareva non curarsi delle loro risposte: gli servivano solo per distinguere i ragazzi con un potenziale nella sua materia dalle teste di legno. Ma questa volta era diverso: dimostrava un sincero interesse nella risposta della ragazza; anzi, sembrava ne avesse l'assoluto bisogno.

«Credo lo sappia, professore. Sono tornata per lo stesso motivo per cui è tornato lei:

per raccogliere le macerie.»

Hermione sorrise all'espressione sbigottita di Piton, poi riprese a sgrassare i calderoni.

 

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Capitolo 2
*** Whisky ***


Severus Piton era ubriaco. 

Era la notte del 31 ottobre e, come ogni anno, il Pozionista stava abusando di una bottiglia (ormai vuota) di whiskey incendiario. Stavolta non si era fatto frenare dalla presenza silenziosa della Granger, che quell'anno aveva deciso di abbandonare la sua facciata da So-Tutto-Io ed iniziare a trasgredire le regole, in mancanza di un Harry Potter al castello che potesse farlo. Questa volta la ragazza non aveva ferito nessuno:

si era semplicemente presentata nel suo ufficio. Severus l'aveva lasciata entrare - perché no? -, tanto era sicuro che Potter le avesse raccontato del suo passato, se non fatto addirittura vedere i suoi ricordi. La Granger era entrata nelle segrete e si era seduta - con estrema nonchalance, doveva concederglielo - su una poltroncina davanti alla sua scrivania, di solito destinata alle rare visite che gli concedevano i colleghi. Poi aveva trasfigurato un bicchiere di vetro e aveva cominciato a bere con lui e adesso appariva ebbra, proprio come lui.

«Granger, perché mi perseguiti?»

«Lei mi fa troppe domande, professore. Lasci che gliene faccia una io.»

La Grifondoro era seria e all'uomo non importava più un granché di nulla: quella era una notte destinata al ricordo, una notte che sarebbe svanita l'indomani mattina e, probabilmente, che li avrebbe lasciati troppo occupati a gestire i postumi di una sbornia per poter curarsi ancora di una conversazione insignificante.

La Granger prese quel silenzio per un invito a procedere nell'interrogatorio:

«Lei chi è davvero?»

A quella domanda gli venne da ridere, così si coprì gli occhi con una mano:

«Hai bevuto troppo, Granger» 

«Conosco i suoi ricordi; dopo averli visti ho realizzato di non averla mai veramente conosciuta. Quindi glielo richiedo: chi è lei davvero?»

Il professore posò la mano che aveva sul volto sulla bottiglia di whisky vuota (che adesso appariva magicamente piena), la sollevò e la puntò in direzione della ragazza, ridendo più forte di prima: 

«Io, Granger? Io non sono nessuno.»

Poi si versò un altro bicchiere.

 

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Capitolo 3
*** Somiglianze ***


«Quando Bellatrix è salita sopra di me, con quel coltello, all'inizio ho provato terrore».

La Granger aveva evidentemente scambiato il suo ufficio per un confessionale, ma ormai non aveva neanche più la forza di mandarla via. Si era avvicinata alla scrivania e ora stava prendendo posto sulla sedia davanti a lui.

«Poi, ha iniziato a premere sulla mia pelle. Sentivo che stava scrivendo qualcosa. Ho percepito ogni lettera entrarmi nella carne».

Nonostante non ce ne fosse bisogno - sapeva perfettamente quali danni Bellatrix aveva inflitto alla ragazza - sollevò la mano sulla quale era stata incisa la parola Sanguesporco, mostrandogliela da ogni angolazione. La cicatrice era ancora rosso fuoco. Soppresse con violenza il ricordo di Lily, il viso imperscrutabile, come sempre.

«Sa, professore, ho pensato tanto a quel momento. Per molto tempo mi sono convinta del fatto che stessi bene, anche se non era vero. Io e lei abbiamo qualcosa in comune».

Quasi rise, alla sua ingenuità. Io e te non abbiamo niente in comune, per tua fortuna.

Invece disse:

«E cosa sarebbe, Granger?»

«Siamo entrambi dei sopravvissuti. La morte ci ha guardato negli occhi e ci ha risparmiati, per qualche ragione».

Questa volta rise. La ragazza lo scrutò, confusa e forse offesa.

«Mi dica, Granger, lei voleva morire?»

«Io...»

«Mi risponda».

«No».

«Vede? Non siamo uguali, Granger. E ora se ne vada, ha sprecato già abbastanza del mio tempo».

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Capitolo 4
*** Salvezza ***



«Perché voleva morire?»
«Credevo fosse più intelligente di così, Granger».
Hermione lo aveva trovato in cima alla Torre di Astronomia, proprio dove era morto Silente. Dove lo aveva ucciso.
Il Ballo del Ceppo era diventato insostenibile per lei. Che peccato, scoprirlo! Le era sempre piaciuto. Aveva impiegato ore ed ore a prepararsi negli anni passati, in vista di quella serata. L'abito doveva essere perfetto. Così il trucco. Così i capelli. Per chi? Aveva creduto di farlo per Ron, un tempo...
Anche stavolta si era preparata. Si era detta che lo doveva almeno a sé stessa. Non aveva mai avuto intenzione di chiedere a qualcuno di accompagnarla, né alcun ragazzo aveva osato farsi avanti. Ginny probabilmente li aveva affatturati tutti. Eppure, aveva creduto di essere davvero felice. Andare al Ballo con la sua migliore amica le era parsa la scelta migliore. Ma poi le danze erano iniziate e gli occhi degli studenti si erano riempiti di gioia. Tutti avevano iniziato a scatenarsi follemente sulla pista. Ed era bello, giusto? Perché avrebbe dovuto arrabbiarsi per una cosa del genere? Erano stati degli anni estremamente duri. Finalmente i suoi compagni più grandi e i nuovi arrivati potevano comportarsi secondo la loro età: potevano ballare, ridere e fare idiozie, perché erano solo dei ragazzi, e non dei soldatini pronti a morire. Eppure la vista l'aveva colmata di rabbia. Aveva approfittato della distrazione di Ginny, che era andata a prendere da bere, per darsi alla fuga. E ora si trovava difronte a Piton. Perché gli aveva fatto proprio quella domanda? Non lo ricordava più...
«Lo vuole ancora?»
Gli si avvicinò timidamente, sollevando con le mani l'abito viola per non inciampare nelle sue grandi balze. Lo vide stringere con forza la balaustra di pietra, stagliata contro il cielo stellato, e all'improvviso se lo figurò lì, a salire e a buttarsi di sotto proprio davanti a lei, come uno di quei disperati nei film babbani che aveva visto con i suoi genitori da bambina. Provò a scacciare quell'immagine dalla sua mente, ma non ci riuscì del tutto. L'inquietudine che l'aveva seguita per tutta la serata, e che forse la seguiva da anni, le si manifestò ad un tratto, con violenza.
«Non dovrebbe farmi domande del genere, Granger. Sono un suo docente, non certo Potter o Weasley. Dieci punti in meno a Grinfondoro per la sua spavalderia».
Un waltzer indistinto giunse ai loro orecchi, assieme a risa di giovani. 
«Mi risponda». 
«La sa già la risposta». 
Perché? Perché? Non riusciva a smettere di chiederselo. Pensava che non avrebbe più pianto dopo la guerra, ma si sbagliava. E dato che era pur sempre una sciocca Grinfondoro, lo abbracciò, di getto. Non le importava di essere rigettata, e nemmeno degli improperi di Piton. Se l'avessero espulsa, non avrebbe protestato. Ma aveva bisogno di farlo. Doveva farlo per lui e per sé stessa. 
Sorprendentemente, Piton non si scansò. Si irrigidì nella sua stretta - poteva essere più rigido di quanto già non fosse? -, ma non fece nulla per scacciarla. Dopo minuti - forse ore? - le toccò una spalla con le lunghe dita, il contatto quasi impercettibile. 
«Non avrebbe dovuto salvarmi, Granger». 
«Oh, ma non l'ho fatto. Non ancora». 

 

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