La piccola principessa degli Inferi

di Anonima Italiana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Autunno/ Inverno ***
Capitolo 2: *** Inizio autunno ***
Capitolo 3: *** Pensieri ed emozioni di un futuro papà ***
Capitolo 4: *** La Dea del focolare domestico e della famiglia ***
Capitolo 5: *** Macaria ***
Capitolo 6: *** Riconciliazione ***
Capitolo 7: *** Epilogo- Un anno dopo ***



Capitolo 1
*** Autunno/ Inverno ***


Persefone, Dea della Primavera e Regina dell’Oltretomba, sedeva tranquilla su un’ampia poltrona nera, in uno dei grandi saloni del palazzo in cui viveva con il marito Ade, signore degli Inferi. Era ormai inverno, il periodo che- secondo la decisione presa da Zeus, padre degli Dei- avrebbe potuto trascorrere accanto a suo marito nel suo nuovo regno e nella sua nuova casa, dopo aver trascorso la primavera e l’estate sulla Terra assieme alla madre Demetra.
Per la regina era una fortuna che fosse arrivato l’inverno: appena prima dell’autunno aveva infatti scoperto di essere incinta, e quindi avrebbe potuto trascorrere il periodo della gravidanza nel suo palazzo accanto al marito. Le sarebbe molto dispiaciuto dover fare altrimenti, anche se al momento della nascita del bambino – previsto per la primavera- il problema si sarebbe riproposto…ma Persefone  per ora non voleva pensarci, voleva vivere tranquilla e serena questo momento per lei meraviglioso dell’attesa del suo primogenito.
Quel pomeriggio, come ormai spesso accadeva, la Regina si stava dedicando alla realizzazione del corredino per il piccolo in arrivo, con la compagnia delle sue fedeli ancelle Mynthe, Leuce e Acasta, che oltre a tenerle compagnia con piacevoli e divertenti chiacchiere l’aiutavano in ogni suo bisogno, soprattutto ora che la pancia si era fatta evidente e non era più possibile nasconderla.  Persefone si godeva il momento con gioia: la sala era illuminata dalle torce appese al muro, nel camino acceso scoppiettava un bel fuoco, le tre ancelle intorno a lei sedute sulle loro poltroncine chiacchieravano e scherzavano, sul tavolo facevano bella mostra di sé in un vassoio d’oro alcuni dei frutti del Giardino degli Inferi, in caso le giovani donne avessero avuto voglia di uno spuntino, soprattutto la Regina vista la sua delicata condizione.
Accarezzandosi il ventre rotondo, Persefone sospirò di gioia: sentiva che il suo piccolo cresceva dentro di lei e circondato anche al di fuori dalla pace , dall’amore ed era atteso con gioia.
C’era solo un cruccio, piuttosto pesante, che turbava la gioia interiore della Regina…
 
(fine prima parte)
N.B: come in tutti i miti, anche per la storia della prole di Ade e Persefone ci sono molteplici versioni, quasi tutte drammatiche o violente. In alcuni miti poi, non ebbero proprio figli. Io ho scelto quella più banale, ma anche più tranquilla e normale, in cui Ade e Persefone ebbero tre figli: Macaria, Melione e Zagreo. E la mia storia si basa su questa, non sulle altre.
)

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Capitolo 2
*** Inizio autunno ***


In autunno, dopo essere tornata negli Inferi, aver dato la notizia a suo marito e aver condiviso con lui la gioia del momento, Persefone si era posta il problema di dare la notizia anche alla madre Demetra.
Perché ovviamente, nella loro situazione particolare, inutile fare finta che una cosa del genere non potesse rappresentare un problema…eppure, la nostra dea della primavera aveva davvero voglia di coinvolgere la madre nella propria gioia. Anche perché aveva imparato cosa poteva succedere se fosse stata esclusa come successo in occasione del suo matrimonio, e aveva imparato che non era comunque un comportamento giusto nei confronti di sua madre. Per quanto oppressiva, era la donna che l’aveva messa al mondo, che si era occupata di lei e che l’aveva amata: e anche lei come figlia la amava ancora molto.
Ade e Persefone avevano discusso a lungo della cosa, e alla fine avevano deciso che la giovane sarebbe brevemente salita in superficie e avrebbe visitato sua madre per darle personalmente la notizia del lieto evento. In realtà, Ade era intimamente scocciato di doversi separare dalla sua adorata moglie anche se per poco tempo, ma dato che anche durante il periodo che lei aveva trascorso con la madre si erano concessi diversi “interludi”, non poteva certo lamentarsi per uno solo, stavolta. Oltretutto comprendeva il desiderio della moglie di condividere la sua gioia con la madre, come del resto accadeva per tutte le spose del mondo nella stessa situazione. Era poi talmente felice della cosa che alla sua amata avrebbe concesso qualunque cosa, come del resto aveva fatto finora.

Così, il giorno stabilito, aveva accompagnato Persefone  praticamente sulla soglia dell’Averno, facendo talmente tante raccomandazioni a Ermes (che avrebbe accompagnato la Regina da Demetra) che a un certo punto il messaggero  non resistette e replicò sbuffando:


- Divino Ade, la tua sposa non sta partendo per una spedizione, sta semplicemente andando a trovare sua madre. Se continui così, ci toccherà partire tardi e viaggiare di notte, e allora sì sarebbe un bel problema…-

Sorridendo della “querelle” tra lo scocciato messaggero degli Dei e l’ansioso marito, la nostra Regina si accomiatò con un bacio da quest’ultimo, rassicurandolo sul fatto che si sarebbe riguardata al massimo.
Assieme a Ermes, si mise in cammino.
 


Arrivati a casa di Demetra, Ermes e Persefone furono accolti con gioia da quest’ultima, felice di questa visita a sorpresa della figlia nel periodo in cui non toccava stare da lei. Dentro di sé gongolò per un istante, pensando che la sua dolce bambina non poteva stare lontana da lei, e che forse cominciava già a stufarsi di quel …..(meglio non usare certi termini poco divini  che la dea dell’agricoltura aveva appioppato all’odiato genero) del marito, che del resto non poteva avere molto da offrire rispetto al dorato mondo della superficie.
Fece sedere i due ospiti e offrì loro dolci, frutta e birra calda speziata per riprendersi dal freddo. Guardando bene sua figlia, si accorse che qualcosa in lei era diverso…


- Madre, sono qui per darti una notizia –

- Cosa mi devi dire, cara figlia?-

- Sono incinta, madre – disse Persefone sorridendo felice ed emozionata.

L’espressione sul viso di Demetra cambiò in un attimo: divenne il ritratto della rabbia.

- COOOOOOOSAAAAA?! Non starai dicendo sul serio, vero?-

- Ma certo che dico sul serio madre! Ti pare che si possa scherzare su queste cose?- Rispose Persefone, delusa. Sotto sotto, aveva continuato a sperare che Demetra avrebbe reagito con gioia alla notizia.Mentre mentalmente faceva qualche calcolo per arrivare a scoprire quando poteva essere avvnuto il concepimento, Demetra commentava sorniona:

- Be’ a quanto pare nel periodo in cui dovevi stare con me mi è stati sottratto del tempo a mia insaputa…del resto non potevo aspettarmi altrimenti. Da quando è accaduto quello che è accaduto sei cambiata anche tu, ti sei lasciata contaminare dalla lussuria, dimenticando tutti i valori che ti avevo insegnato….-

- Madre, per favore….- cominciò a supplicare la figlia, ma Demetra fu irremovibile.

- Mi spiace, ma questo è davvero troppo! Ho dovuto accettare che ti avesse sottratta a me, ho dovuto accettare di dividerti con lui…ma no, questo decisamente non lo posso sopportare! Non accetterò mai il figlio di quel mostro! Mi fa compassione perché è un’innocente, ma in casa mia non metterà mai piede!-

A queste parole Persefone provò un fortissimo dolore , sia fisico che interiore. Trattenendo a stento le lacrime, posò istintivamente una mano sul ventre , come a voler proteggere la sua creatura da tanta cattiveria. Come poteva sua madre parlare in quel modo del suo bambino, che lei già amava con tutto il cuore? In fondo era il suo primo nipote, e ancora prima di questo, era una creatura innocente che non doveva scontare le colpe dei suoi genitori.
Che poi…quali colpe avevano, questi genitori? Quella di amarsi e di essersi sposati a discapito di tutti? Era una colpa, questa?
Abbattuta, la giovane dea cominciava a non sentirsi bene: le girava la testa e sentiva un dolore al fianco, vicino al ventre, che la preoccupava. Se ne accorse anche Ermes, che gentilmente si portò al suo fianco mettendole un braccio attorno alle spalle, e ritenne di dover intervenire.


- Divina Demetra, credo tu stia esagerando….-

Ermes non fece in tempo a concludere il proprio discorso che all’improvviso la porta di casa si aprì sbattendo con violenza, e facendo entrare una folata di vento gelido da fuori;  tutti si girarono verso la soglia, vedendo apparire su di essa un’alta figura nera, avvolta da un mantello dello stesso colore, che in modo concitato  entrò in casa sbattendo la porta dietro di sé e dirigendosi in un lampo verso Demetra. L’unica nota di colore erano gli occhi, letteralmente fiammeggianti d’ira.

- Te l’ho già detto una volta, donna: sei fortunata ad essere nata immortale, altrimenti ora saresti già cenere da spargere nella tua amata terra!-Demetra (che già prima dell’entrata di Ade si era pentita della sua collera e non sapeva come rimediarvi) arretrò, ma di poco.

- Come osi presentarti in casa mia senza permesso e parlarmi in questo modo…-

- Stai tranquilla che di te e della tua casa non me ne importa assolutamente nulla. E difatti sarei ancora alla mia, di casa, se tu non ti fossi permessa di trattare mia moglie come hai fatto poco fa- cominciò Ade, voltandosi e dando le spalle a Demetra per dirigersi verso Persefone, ancora seduta con Ermes a fianco. Ma subito si alzò e si rifugiò con un sospiro di sollievo nel rassicurante abbraccio del marito, abbandonando il capo sulla sua spalla.

- Come ti senti, cara?- chiese Ade premuroso accarezzandole i capelli.

- Adesso meglio ma…vorrei tornare a casa –

Ade fece un cenno a Ermes per congedarlo, facendogli capire che non c’era più bisogno di lui; il messaggero, dopo un veloce saluto alle tre divinità, ne approfittò volentieri per dileguarsi. Rimasero a fronteggiarsi Ade, Demetra e Persefone.

Il Signore degli Inferi , dopo aver aiutato la moglie ad infilare il mantello, si volse di nuovo verso la suocera e le parlò con calma dolorosa: percepiva infatti il dolore della moglie per questa situazione, ma non sapeva come fare per farla accettare da Demetra.


- Ascoltami, Demetra: se vorrai avere soddisfazione in qualche modo, te la devi prendere con me. E solo con me. Contro di me puoi fare o dire quello che ti pare, non me ne importa nulla; ma Non azzardarti mai più a rivolgerti in quel modo a Persefone  o a mio figlio, altrimenti non so se il nostro legame di parentela ti proteggerà- detto questo Ade tornò a rivolgere le sue attenzioni verso sua moglie, facendole capire che era pronto per andarsene.

- Aspetta, figlia,….- fece Demetra facendo un passo in avanti, ma Persefone, scostandosi un poco dall’abbraccio di Ade, si voltò, impenetrabile.

- Madre, sei stata fin troppo chiara. E anche mio marito lo è stato con te, e come sai io sono dalla sua parte. Capisco che nel tuo cuore non c’è posto per il nostro amato figlio, ma finchè sarà cosi credo sia meglio rimanere divise, per evitare situazioni spiacevoli per entrambe.  E, dato che non so fino a quando questa cosa potrebbe durare, ti prego di non prendertela nuovamente con i poveri mortali, altrimenti credo che il Divino Zeus potrebbe non essere così comprensivo stavolta…-

Detto questo Persefone fece un cenno di assenso al marito ed uscirono di casa.  Ade sollevò  Persefone fra le braccia, e insieme si avviarono sulla strada del ritorno per gli Inferi, lasciando Demetra in casa sua, sola e sconfitta.
 
(fine seconda parte)

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Capitolo 3
*** Pensieri ed emozioni di un futuro papà ***


Tornati a casa, Persefone fu messa a letto e, nonostante asserisse di essere solo stanca e turbata dalla scenata con Demetra, non ci fu niente da fare: Ade pretese (e ottenne) l’intervento quasi immediato di Asclepio, che dopo una visita accurata alla regina rassicurò i futuri genitori: niente di grave, mamma e bambino stavano benone e un po’ di riposo avrebbe riportato tutto alla normalità. Tuttavia, si raccomandò di non caricare la madre di eccessivo stress dato che ne avrebbe risentito negativamente anche il piccolo.

Inizialmente Ade prese alla lettera queste istruzioni: fosse stato per lui, la povera Persefone  non avrebbe più mosso neppure passo o fatto un cenno con la mano, al limite poteva spostarsi da una stanza all’altra del palazzo, ma solo se trasportata in braccio da lui o su una portantina apposita (che non esisteva ma che Ade aveva intenzione di commissionare al più presto il giorno dopo)  dai servitori . Niente più Cerbero (le feste irruente del cagnolone infernale avrebbero potuto danneggiare in qualche modo sua mogli ), niente più udienze nella sala del Trono (troppo faticoso come lavoro) , niente più giardino degli Inferi (anche peggio della sala del trono, dal suo punto di vista), ancelle in servizio 24 ore su 24 costantemente attaccate alla Regina prevedendo qualunque suo bisogno o movimento. 
Questo naturalmente quando a fianco di Persefone non ci fosse stato lui stesso.

A Persefone ci volle del bello e del buono per sventare un simile progetto, facendo capire al marito che la sua delicata condizione non era certo una malattia invalidante, e che molte cose se fatte con calma e serenità le avrebbero anzi giovato: oltretutto, non aveva alcuna intenzione di abdicare ai suoi doveri come sovrana, anche se concesse al marito di ridurre il carico di lavoro. 
L’ apprensivo Ade cedette solo dopo un nuovo urgente consulto con il solito Asclepio, che ormai cominciava a sentirsi monopolizzato e di casa negli Inferi, e che fece notare al sovrano che anche un atteggiamento troppo apprensivo poteva essere causa di forte stress per la futura mamma.
 
Bisogna capire che il Signore degli Inferi, terrore dei mortali che esitavano a pronunciarne anche il nome per paura di scatenare la sua collera, si trovava in una situazione per lui inusuale: se fino a poco tempo prima avere una compagna di vita per lui era un pensiero proibito, figuriamoci essere padre.
Del resto stando nell’Averno non aveva mai avuto molta dimestichezza con i bambini.
Non che li ignorasse del tutto: anche da lui ne arrivavano, molto spesso. Piccole anime innocenti che per ovvi motivi non dovevano subìre il giudizio dei giudici infernali ma venivano mandate di diritto nei Campi Elisi; gli capitava a volte di vederli, accompagnati da Ecate o da qualche ninfa, spauriti e piangenti, che volgevano ancora il capo al dolce sole chiamando i genitori; tra tutte le anime, erano quelle che vedeva meno volentieri, per le sensazioni dolorose che gli provocavano. Della sua infanzia non ricordava nulla, se non tanto buio e dolore;  e del resto, fino a quando non si era ritrovato sposato con l’ingegnosa Dea della prima vera, non sapeva nemmeno di poter generare.

E ora invece…srebbe arrivato un esserino creato da lui e da Persefone, bisognoso di cure e attenzioni. E lui aveva pochi mesi di tempo per prepararsi. E nessuno con cui confrontarsi o confidare i propri dubbi e angosce a riguardo. Non sua moglie, verso cui sentiva la responsabilità di farle vivere la gravidanza con la massima tranquillità e senza alcuna preoccupazione;  di certo non i suoi fratelli o gli altri dei, che seminavano figli ovunque  senza nemmeno occuparsene, spesso; Ade si chiedeva se anche loro, magari, avessero mai provato quello che provava lui.

Quando posava le mani sul ventre della moglie accarezzandolo, rimaneva sempre stupito di come la piccola aura del bambino crescesse sempre più di volta in volta, manifestando già vita propria; veniva travolto dalla tenerezza verso di lui (o lei) e verso la madre, e giurava che per loro tutto sarebbe stato perfetto. Non sapeva come, ma nonostante tutti i suoi pensieri, in un modo o nell’altro avrebbe dato al nuovo arrivato tutto quello che lui non aveva avuto, di questo era certo.

Ma Ade non sapeva che, contrariamente  a quanto credeva, qualcuno con cui avrebbe potuto confidarsi c’era; qualcuno che a insaputa di tutti, interessato compreso, aveva già intuito i suoi dubbi e preoccupazioni….
 
(fine terza parte)

N.B: la frase "
 volgevano ancora il capo al dolce sole chiamando i genitori" è ispirata alla poesia di Giosuè Carducci "Funere mersit acerbo", in cui il poeta narra la morte del figlioletto Dante. Il verso esatto è: "oh giù nell'adre / sedi accoglilo tu, chè al dolce sole/ ei volge il capo ed a chiamar la madre". Come noto, nella poesia il poeta si rivolge al fratello Dante, morto molti anni prima e che portava lo stesso nome del nipotino, chiedendogli di accoglierlo con sè nell'aldilà. 

N.B 2: come tutti sanno, a Crono, padre dei primi dei, era stato profetizzato che sarebbe stato spodestato e ucciso da uno dei suoi figli. Così ogni volta che sua moglie Rea partoriva, ingoiava il neonato. All'ultimo figlio, Rea decise di salvarlo, partorendo di nascosto Zeus e dando al marito una pietra avvolta in una copertina. Il neonato fu affidato a una famiglia di pastori e ad alcune ninfe ( a seconda dei miti), e una volta cresciuto e saputo della sua vera identità si recò da Crono facendogli rigettare con l'inganno i fratelli ingeriti: Estia, Demetra, Ade, Era e Poseidone. Assieme a loro sconfisse Crono conquistando il trono e spartendosi il mondo con Ade e Poseidone.

 

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Capitolo 4
*** La Dea del focolare domestico e della famiglia ***


Come ogni giorno, Ade, signore degli Inferi era nella sala del Trono intento al suo lavoro di supervisore del lavoro dei giudici infernali, quando venne  avvertito da un servitore che una persona desiderava vederlo.

- Una persona?- chiese infastidito il Signore degli Inferi.

- Ecco, in realtà era solo per dire….in realtà è un’altra dea- 

Incuriosito,Ade decise di prendersi una pausa per ricevere l’insolita visitatrice. Da quando aveva preso possesso del proprio dominio (ovvero secoli), vi era vissuto in solitudine quasi completa, dato che- a parte Ecate che vi risiedeva, Ermes con i suoi messaggi e ultimamente Asclepio-certamente nessuno dei suoi divini parenti si era mai sognato di andare a visitarlo. A parte qualche volta…
 

- Salute, fratello Ade-  disse in quel momento Estia, dea del focolare domestico, apparendo sulla soglia.

- Bentrovata, cara sorella- rispose Ade facendosi incontro all’unica sorella a cui fosse veramente affezionato.
- E’ passato molto tempo da quando questi luoghi hanno avuto l’onore di una tua presenza. Che cosa ti porta nell’Averno?-

- C’è bisogno di un motivo per visitare il proprio fratello?- rispose Estia sorridente, guardandosi attorno. Come ogni cosa nel palazzo di Ade, la sala del trono era improntata all’oscurità e al rigore, e non poteva essere altrimenti; ma Estia notò qualche cambiamento, qualcosa  che portava una nota di luce e di calore. Innanzitutto, il trono accanto a quello di Ade: era nero come quello del sovrano, ma qua e là vi erano intrecciati dei piccoli fiori- gioiello e sopra vi erano posati alcuni cuscini di vario colore. Su una delle pareti era appeso un bellissimo arazzo raffigurante il Regno di Ade, qui e là facevano capolino alcuni pregiati soprammobili  di porcellana. Insomma, un bel cambiamento rispetto all’ultima volta in cui vi era venuta!

- Ti piace? Merito della mia Regina e del suo impeccabile gusto- fece Ade con evidente orgoglio.

- Persefone ha approntato enormi cambiamenti- rispose Estia sorridendo, evidentemente non riferendosi solo all’arredamento.

-  Non mi hai ancora detto il motivo della tua visita-

- Il dover della Dea del Focolare domestico e della famiglia è essere laddove c’è bisogno di lei. Talvolta, anche quando il suo aiuto non è espressamente richiesto…- ed Estia guardò il fratello con occhi ridenti ma allo stesso tempo indagatori. 
Ade si sentì stranamente imbarazzato a quello sguardo


- Nella mia, di famiglia, va tutto a meraviglia: Persefone sta benissimo e il bambino pure, cresce a vista d’occhio.- 

- E tu invece? Come stai?- chiese Estia molto diretta. Sul primo momento, Ade non seppe cosa rispondere: la domanda era arrivata del tutto inaspettata. Prima di Persefone, mai nessuno si era preoccupato di lui, dei suoi sentimenti o bisogni.

- Mai stato meglio! Ma guarda che non sono io che aspetto un figlio…-

- Fisicamente no di certo! Ma sai, fratello, ti voglio rivelare una cosa: anche i padri attendono la nascita di un figlio. Solo, in modo diverso dalle madri- ed  Estia prese sottobraccio il fratello cominciando a condurlo fuori dalla Sala del Trono. Ade lasciò fare, preoccupato dalla piega che stava prendendo la discussione. Lui era il Signore degli Inferi, era il marito di Persefone e il padre del nascituro: era suo preciso dovere mostrarsi forte, addirittura granitico, per essere di sostegno alla compagna e alleviarle qualunque difficoltà o preoccupazione. E se qualche volta veniva preso da pensieri strani, dubbi, angosce, pazienza, era in grado di sopportare anche questo.

- Certo, fratello, nessuno mette in dubbio che tu sia in grado di fare fronte alle difficoltà e di dare un valido appoggio a tua moglie. Sei sempre stato il più solido tra noi dei, altrimenti questo tuo regno dell’Oltretomba sarebbe miseramente crollato in breve tempo- 
Ma…com’era possibile? Lui non aveva proferito parola! Eppure Estia stava rispondendo a tono a ciò che aveva pensato pochi secondi prima. Sua sorella leggeva nel pensiero?
E difatti Estia rise, stringendosi al suo braccio.


- Non ti devi preoccupare, Ade, non è una cosa così terribile o vergognosa avere delle preoccupazioni in vista della nascita di un figlio! Anzi, è cosa molto comune ed è sinonimo di profondo amore verso la madre, il bambino, la propria famiglia. Ma gli uomini sono anche più restii delle donne a parlare dei loro sentimenti: mentre le donne condividono queste cose con madri, sorelle, amiche, e in qualche modo si aiutano fra loro, gli uomini tendono a nascondere tutto. Così facendo i problemi si ingigantiscono….e non è un bene. Per nessuno- ed Estia lo fissò con i suoi occhi verdi penetranti, così simili ai suoi non nel colore ma nella profondità.
A questo punto, Ade gettò la spugna sospirando. Estia, e non solo grazie ai suoi poteri divini ma soprattutto alla sua sensibilità e perspicacia, era sempre stata quella fra di loro che per prima sapeva intuire stati d’animo a volte poco chiari anche al diretto interessato.
 

- Ebbene cara sorella hai perfettamente ragione. La gioia per quanto sta accadendo nella mia vita convive in me con tante paure e preoccupazioni…-

- Se vuoi parlarne con me, ti ascolto. Sono tua sorella, prima di tutto. E del resto, se si ha la fortuna di avere come sorella la Dea della famiglia qualche beneficio lo si dovrà pure trarre, no?- 

- Ecco…temo sempre che possa accadere qualcosa a Persefone e al piccolo; non chiedermi cosa, perché non lo so nemmeno io. Però è una sensazione che ho molto spesso, anche se non la lascio trapelare per non caricarla di preoccupazioni che sono solo mie. Ma quello che mi preoccupa di più è il dopo….-

- Cioè?-

- Cioè…tutta la vita del bambino. Gli Inferi non sono un posto ideale per crescere una creatura, se non l’avessi notato- 

Estia sospirò.

.- Beh….nemmeno la Terra, sai, se proprio vogliamo guardare bene. Guerre, malattie, cattiveria, odio, discordie…non risparmiano nemmeno i più piccoli, che anzi  ne sono più spesso vittime. Dovresti saperlo bene anche tu, con tutto quello che vedi arrivare ogni giorno-

- Certo che lo so, non credere. Ma è comunque diverso….non so…- Ade si fermò e fece un sospiro.

- Le volte che sono stato nel mondo di sopra, ho visto anche io cosa contiene. So anche io cos’è il calore del sole, il profumo dei fiori, la frescura dell’aria primaverile e l’afa di quella estiva, il gelo dell’inverno. Ho visto anche io i colori vividi delle cose, le risate e i canti delle persone. Solo perché sono relegato qui da secoli, non vuol dire che non conosca certe cose….e non veda la differenza. Ho paura sia ingiusto privare mio figlio di tutto ciò. Ho paura di fare il suo male-

Improvvisamente Estia sentì l’impulso irresistibile di abbracciare quel fratello così oscuro, che nessuno aveva mai conosciuto veramente…che nessuno, in realtà, aveva mai avuto voglia di conoscere, sarebbe meglio dire. Quanto era stato più comodo per tutti.  Si era accollato il peso del regno più grande e ricco ma anche più disprezzato e sofferto, senza mai combinare guai e scandali come gli altri dei e non aveva mai chiesto niente a nessuno…se non, forse, di essere amato. Ma nessuno aveva capito questa sua richiesta, solo Persefone aveva saputo farlo e soddisfare questo bisogno.

Ade si irrigidì:, non era abituato a contatti di questo tipo. Non era abituato a contatti umani di ogni genere, se proprio vogliamo, a parte quelli (abbondanti) con sua moglie, che comunque erano recenti. Ma dopo il primo momento, timidamente avvolse le braccia attorno al corpo di sua sorella, la prima a mostrargli affetto e non paura. Il tutto durò un attimo, poi l’abbraccio si sciolse lasciando Estia sorridente per quanto aveva percepito del fratello, e Ade felice ma lievemente arrossito per l’imbarazzo.


- Fratello Ade, il tuo cuore per secoli ha bramato l’amore e il calore che esso porta. Non averlo conosciuto non significa non sapere cosa è, e la prova ne è che da quando hai trovato la tua Regina, hai riversato su di lei tutto ciò che hai sempre tenuto dentro di te e presto sarà così per tuo figlio; con la tua esistenza hai reso migliore (e felice) la loro vita, come loro la tua. Non angustiarti inutilemente per il futuro, che nessuno di noi può prevedere; forse tuo figlio crescerà fra due mondi, ma per lui questa possibilità sarà solo un’ulteriore ricchezza, assieme all’amore che voi gli darete. E’ questa la cosa più importante- concluse Estia sorridente.

Ade si sentì improvvisamente più sollevato e sicuro, come da tempo non gli capitava.

Fratello e sorella continuarono a passeggiare ancora un po’, in silenzio ma felici l’uno della presenza dell’altra; poi Estia si fece accompagnare a salutare la cognata, constatando la grande gioia che la Regina degli Inferi emanava  non solo come futura madre ma anche come felice consorte. E fu a sua volta molto felice di questo risultato, visto che lei stessa aveva personalmente benedetto la coppia: Ade e Persefone, volendo, avrebbero davvero potuto dare a molti più di una lezione sul tema “matrimonio felice”.

Alla fine della visita, Ade volle accompagnare personalmente la sorella fino alla soglia dell’Averno, dove si salutarono affettuosamente: quella visita era stata preziosa per entrambi.
 
(fine quarta parte)

N.B: non pretendo di conoscere così bene l'animo umano o i sentimenti e le paure di un futuro padre, e nemmeno il modo in cui queste paure possono essere fugate. Spero solo che il mio dialogo tra Estia e Ade non risulti troppo banale o senza senso. 

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Capitolo 5
*** Macaria ***


 
Il tempo passò, le settimane diventarono mesi. L’inverno trascorse tranquillo, così come la gravidanza di Persefone, costantemente accudita e coccolata da Ade e dalla servitù, tutti in trepida attesa della nascita dell’erede. Il quale (o la quale) cominciava a manifestare i segnali della sua presenza anche al di fuori del ventre materno, tramite l’incolpevole mamma; capitò più di una volta alla povera Regina di incenerire un oggetto, un fiore o altro mentre lo toccava, segno che il piccolo aveva ereditato il medesimo potere paterno e che ci teneva a manifestarlo da subito; e per fortuna non capitò mai decidesse di usarlo quando la mamma accarezzava il papà…

Con il passare del tempo e il crescere del bambino, la Regina dovette rallentare ancora di più i suoi impegni, dato che tendeva a stancarsi più in fretta; il grosso del tempo era quindi dedicato all’allestimento della nursery per il nascituro e al completamento del corredino, invero piuttosto cospicuo per un neonato. Il fatto è che, nonostante i capi realizzati dalla mamma e dalle ancelle (tutte abilissime con ago e filo), Ade non si era sentito rassicurato e aveva ordinato anche una serie di capini e biancheria da lettino più “principeschi” e di colore rigorosamente nero. Quando Persefone si era trovata davanti la fila di servitori che le portava la sorpresa preparatale da suo marito dapprima era rimasta allibita (non credeva che Ade sarebbe arrivato al punto da pensare al corredino), ma poi aveva fatto sistemare il tutto intenerita: erano cose di un colore estremamente improbabile per un bimbo (o bimba), ma avrebbe trovato comunque il modo di utilizzarli. Bellissima invece la culla di legno di ebano nera con intarsi d’oro, sempre ordinata da Ade; le pareti della stanza erano poi state decorate di migliori pittori con personaggi di antiche fiabe, tra cui non c’è bisogno di dire che erano presenti molti dei divini parenti del nascituro. Già pronti anche numerosi giocattoli, tra cui  un Cerbero- peluche e un cavallo a dondolo con le sembianze di un Pegaso nero.
Per il resto bisognava solo aspettare di conoscere se sarebbe stato un piccolo principe o una piccola principessa…e, quando l’inverno fu agli sgoccioli, arrivò il momento.

Un bel giorno la Regina cominciò ad avvertire dolori piuttosto insistenti; fu immediatamente avvertita Ilizia, la Dea delle partorienti fidata aiutante di Era, che arrivò in men che non si dica. Nel volgere di alcune ore, trascorse tra ninfe agitate che andavano e venivano con lenzuola, asciugamani, pezze pulite e pentoloni di acqua da far bollire, tra Ade che agitatissimo consumava i pavimenti del corridoio fuori dalla stanza a furia di camminare su e giù e tra i lamenti e le sofferenze della partoriente…si sentì finalmente un vagito forte e chiaro!
Ade, che da tempo ormai non stava più nella pelle, non riuscì a resistere ed entrò nella stanza. Persefone giaceva stravolta ma con un radioso sorriso nel loro letto, e Ilizia gli si fece incontro reggendo un fagottino avvolto in una copertina scura:


- Divino Ade, vi presento vostra figlia- 

Dopo averlo aiutato a sistemare le braccia in modo da poter prendere correttamente la bimba in braccio, Ilizia gliela affidò. Ade era rimasto letteralmente senza parole: una figlia! Lui e Persefone avevano avuto una figlia! Era un padre, ora!
Scostò piano la copertina dalla bimba per vederle meglio il visino: era bellissima, perfetta. Per qualche secondo, gli occhi neri del padre si fissarono in quelli neri e identici ai suoi della figlia, che così lo riconobbe, come aveva già riconosciuto la mamma dall’abbraccio e dal profumo. Non potè fare a meno di baciarla in fronte. Era questo che i mortali chiamavano miracolo?
Si avvicinò felice al letto da dove la sua stanchissima sposa lo guardava sorridente, anche lei l’emblema della gioia nonostante tutto, e si sedette accanto a lei, posando la bimba sul letto accanto alla madre, e accarezzando sul viso quest’ultima.


- Hai sofferto molto, mia Regina….come ti senti?-

- Felice- rispose Persefone gioiosa, prendendo in braccio la figlioletta.

- Sì, ho sofferto molto, mio Signore. Ma ne valeva la pena, vero?-
Ade non rispose, ma dalla sua epsressione di gioia era evidente che condivideva quanto detto dalla moglie. La baciò dolcemente sulla fronte mentre la piccola si impadroniva del seno materno e cominciava a succhiare con appetito, tra gli sguardi amorevoli dei genitori.

- Come la chiamiamo?- chiese Ade. Persefone ci pensò un attimo.

- Mi è sempre piaciuto Macaria-

Il Signore degli Inferi allungò un dito verso la piccola mano di sua figlia, che improvvisamente si chiuse attorno ad esso stringendolo a pugno. Ade comprese in quel momento che sua figlia con il suo piccolo pugno lo aveva “agganciato” per l’eternità.

- E Macaria sia. Principessa Macaria…- mormorò rivolto alla piccola.

Dei, mortali…se qualcuno di loro l’avesse visto in quel momento, chi l’avrebbe mai riconosciuto?

(fine quinta parte)
 
N.B: non ho figli e quindi non ho esperienza diretta di cosa sia un parto, anche se ovviamente ho sentito decine di racconti di amiche, parenti e conoscenti. Per questo non ho voluto descrivere nei dettagli il parto di Persefone, mi sono limitata all’essenziale per paura di non riuscire a rendere la cosa in maniera adeguata. Ho preferito concentrarmi sulla parte emozionale di entrambi i genitori (e anche qui purtroppo non sono soddisfatta di quanto ho scritto perché mi sembra molto carente. Ma meglio di così non riesco a fare…). Chiedo scusa quindi per tutte le mancanze e imperfezioni di questo capitolo.

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Capitolo 6
*** Riconciliazione ***


Estia sapeva di accingersi a una missione ardua quando bussò  alla porta di Demetra, ma d’altra parte era convinta che bisognava tentare il tutto per tutto per risolvere la situazione che Demetra stessa aveva in parte creato, e di cui ora si trovava vittima. Nonostante tutto, non poteva credere che avrebbe davvero rifiutato un suo nipote, e sapeva benissimo quanto soffrisse per aver tagliato del tutto i ponti con sua figlia.
Sfoderando il suo migliore sorriso bussò energicamente alla porta.

- Salute Demetra! Spero di non disturbarti…-

- Salute a te, Estia- rispose Demetra fredda ma cordiale, facendola accomodare in casa
- Qual buon vento ti porta nella mia umile dimora?

- Credo che tu lo possa facilmente immaginare-
Demetra la fissò negli occhi con uno sguardo indecifrabile. 

- Sono venuta per felicitarmi assieme a te della nascita della nostra comune nipote- rispose allegr Estia.
Demetra si sedette di fronte a lei, sospirando.

- Ti ringrazio per la premura, ma  temo di non essere la persona giusta a cui rivolgersi per queste cose. Mi è stata comunicata da Ecate la nascita della figlia di Persefone,  ma come saprai sono persona sgradita alla sovrana – rispose sarcastica. Andando però oltre all’apparenza, come sempre, Estia intuiva il dispiacere di Demetra e la voglia di riconciliarsi con l’amata figlia. Solo, aveva bisogno di un aiuto.

- No, non penso tu sia sgradita fino al punto in cui credi. Anzi, so per certo che Persefone sarebbe stata felice di averti accanto durante il parto, e che anche lei come te desidererebbe risolvere questa brutta situazione che si è creata fra di voi. Solo, non sa come fare, dato che anche lei pensa di essere sgradita a te-

- E come potrebbe essere? E’ sempre mia figlia, e una madre non smette mai di amare i propri figli nonostante tutto. Ora che è madre, anche lei forse si renderà conto di ciò che ho provato-

- Sai qual è il problema? Il carattere orgoglioso di entrambe. Vi assomigliate talmente in certe cose che per voi è impossibile prendere in considerazione che l’idea che recedere dalle proprie posizioni a volte non è segno di debolezza, ma anzi di forza. Soprattutto se si pensa di avere sbagliato…-
Demetra fece un piccolo sorriso di orgoglio a sentire parlare della somiglianza tra lei e sua figlia.

- Ecco, in  questi mesi ho pensato che forse ho esagerato…non certo riguardo a tuo fratello, quello MAI! Ma ho sbagliato a parlare in quel modo del bambino, un innocente. Se fosse successo a me quando ero incinta, avrei reagito nello stesso identico modo-

- E’ bello che tu abbia capito tutto ciò. E sarebbe ancora più bello se queste cose tu le comunicassi direttamente a Persefone.-  Demetra esitò ma Estia non era intenzionata a lasciare cadere il discorso. A lei bastava quello che percepiva nei pensieri dell’altra Dea: la voglia di riappacificarsi con la figlia e di conoscere la nipotina.
Così tese una mano a Demetra:

- Vieni, andiamo insieme a conoscere Macaria-

Dopo un minuto di esitazione, in silenzio Demetra afferrò la mano tesa.


Una piccola delegazione stava scendendo negli Inferi per portare gli omaggi delle divinità alla coppia reale e alla neonata principessa Macaria. Alla guida ovviamente Ecate, che già conosceva la neonata, assieme a lei Ermes, Estia e Demetra, per la quale l’avventura nell’Averno era doppiamente difficoltosa per i motivi che sappiamo, e per questo si teneva ben stretta al braccio di Estia, sfogandosi  in continue critiche.

“Che freddo!”, “Attenti a non inciampare, non si vede nulla in questo posto!”, “Che puzza di zolfo!”, “Non dovremo mica salire sulla barca guidata dal quel vecchio maleducato, vero?”, "Ma tutta questa umidità, è normale?!"
sempre più incredula del fatto che sua figlia avesse scelto di vivere in quel posto, con quel marito poi! Ma era meglio non pensarci e concentrarsi sull’imminente incontro, su cosa avrebbe detto per farsi perdonare e soprattutto, sulla nipotina che non vedeva l’ora di vedere. Speriamo assomigli alla madre!

Gli altri tre reagivano alle uscite di Demetra pazientemente anche se Ermes sbuffò di nascosto più volte: sapevano, o meglio immaginavano, quale paziente lavoro di diplomazia aveva condotto Estia nei confronti del fratello regnante per portare lì la suocera, e non volevano certo rischiare di rovinare tutto facendo arrabbiare Demetra, di cui conoscevano fin troppo bene il caratterino.

Ed era stata un’opera di mediazione tra le più faticose per Estia: fin dall’inizio Ade si era impuntato su quella che per lui era una certezza assoluta, e cioè che l’odio che Demetra nutriva per lui era fortemente ricambiato, e quindi – alla luce soprattutto di ciò che era successo quando Persefone  le aveva annunciato la gravidanza, - non avrebbe mai permesso a quella rancorosa piantagrane di sua suocera di mettere piede nel suo regno, turbandone la tranquillità e soprattutto turbando quella della sua famiglia. Gli dispiaceva per Persefone perché si rendeva conto che in realtà sua moglie avrebbe volentieri condiviso quel particolare periodo della sua vita con la madre, come accadeva a tutte le donne, ma del resto anche lei era d’accordo su un punto: se Demetra non cambiava atteggiamento, figlia e nipote non le avrebbe viste nemmeno in fotografia (anche perché all’epoca queste ultime nemmeno esistevano).
In particolare Ade non poteva dimenticare che Macaria non ancora nata era stata definita “figlia di un mostro”; quelle parole purtroppo gli avevano riportato una realtà che gli aveva fatto male per molto tempo, e ora suo dovere di padre era evitare che ciò che aveva colpito lui colpisse anche sua figlia. E l’avrebbe fatto senza guardare in faccia nessuno!
Estia aveva lavorato di santa pazienza in modo estenuante, in un continuo andirivieni dagli Inferi che si era protratto per parecchi giorni: alla fine era riuscita a convincere Ade a fare almeno un tentativo, giurando e spergiurando che Demetra era veramente pentita ed era giusto concederle almeno una possibilità; forse suo fratello non si fidava più della sorella che, unica, lo aveva supportato ed era perfino venuta a conoscenza dei suoi turbamenti senza che lui aprisse bocca? Alla fine, Ade accettò, non dopo aver specificato che – riuscendo a percepire sentimenti e pensieri della moglie e ora anche della neonata- se avesse sentito anche solo un piccolo malessere da parte di una delle due avrebbe provveduto personalmente a rimandare Demetra  sulla Terra, stavolta a tempo indeterminato.
E così quel giorno, appena avuto l’annuncio che la delegazione divina aveva appena varcato la soglia dell’Averno, era corso a chiudersi nel suo studio.

Alla fine, il gruppetto arrivò alle soglie del palazzo di Ade, dove fu accolto dai servitori che li introdussero immediatamente, e da Mynthe che si incaricò di condurli alla nursery dove si trovavano Persefone e Macaria.
La Regina si stava riprendendo molto bene dalle fatiche del parto anche se mostrava ancora qualche segno di stanchezza; ma quel giorno, per ricevere i primi visitatori divini venuti a omaggiare la figlia, si era preparata di tutto punto, indossando una bellissima veste nera, gioielli e anche la corona nera di Regina degli Inferi: intendeva così rimarcare il proprio ruolo e la propria scelta, anche se attendeva anche lei con ansia l’incontro con la madre, speranzosa che potesse risolversi tutto positivamente.

- Benvenuti Ermes, Estia e Ecate! E benvenuta anche a te madre- disse loro appena li vide entrare, sorridendo.

- Grazie Divina Persefone. Ecco i doni provenienti dal Monte Olimpo per la principessa Macaria- rispose per primo Ermes appoggiando a terra il pesante sacco che aveva dovuto trascinare fin lì.

Ma era chiaro che l’incontro più atteso era quello tra madre e figlia. Le due si guardavano, ma nessuna delle due aveva il coraggio di fare il primo passo. Poi, Estia diede un colpetto sulla spalla a Demetra, e quest’ultima avanzò timidamente tenendo in mano un pacchettino.

- Ecco, figlia…ho portato un regalo a Macaria. Spero possa andare bene …- disse esitante, tendendo il pacchetto a Persefone. La quale lo aprì, estraendone un sonaglio colorato a forma di melograno rosso.

- Grazie, madre! E’ bellissimo!- disse commossa la neomamma.

- Ecco…io volevo anche dirti che…..- ma Demetra non riuscì a finire il suo discorso perché Persefone avanzò verso di lei a braccia tese. Le due si lasciarono andare così, dopo tanto tempo, a un consolante abbraccio riparatore, che cancellava tutto quanto successo in precedenza. Il perdono era ormai garantito, tra gli sguardi sorridenti degli altri spettatori.Mentre accadeva ciò la neo principessa si fece sentire improvvisamente con un vagito arrabbiato: del resto, era o non era lei la protagonista della visita? Persefone si staccò così dalla madre andando verso la culla, prese in braccio la piccola calmandola e, portandola verso la madre, le disse:

- Ecco ti presento la nonna Demetra…e quella laggiù è la zia Estia…e quello è Ermes che ti ha portato tanti bei doni!-

Anche gli altri dei si avvicinarono, lodando e vezzeggiando la principessina e soprattutto i capelli biondi che aveva preso dalla mamma (anche se in tonalità più scura) mentre nessuno, in presenza di Demetra, si azzardò a fare notare che gli occhi erano proprio quelli del papà. Uno strano e interessante miscuglio, questa piccina!

Persefone porse con naturalezza la piccola a Demetra, che la prese in braccio emozionata e le diede un bel bacione sulla fronte. Poi aprì il sacco contenente i doni mandati dagli dei dell’Olimpo: un pupazzo colorato a forma di pavone (Era), un libro sulle leggende e i grandi eroi (Atena), un mini arco con frecce e faretra (Artemide), una bella spilla di ceramica smaltata a forma di narciso (Afrodite), un carretto di legno con dentro il sole che, girando una chiavetta, funzionava davvero (Apollo),  una pergamena con un messaggio di felicitazioni da parte di Zeus, una bottiglia di ottimo vino per festeggiare il lieto evento da Dioniso (ovviamente quest’ultimo regalo destinato ai genitori della ricevente) e altri ancora: insomma, il tempo trascorse lietamente anche se la festeggiata, causa tenera età, dopo un po’ fu riportata a dormire: del resto era ancora troppo piccola per godersi la maggior parte dei regali.

Quando arrivò il momento del congedo, Demetra e Persefone si abbracciarono di nuovo: per quell’anno, Zeus aveva emesso una deroga in cui concedeva alla Regina degli Inferi da poco diventata mamma di rimanere nel proprio Regno anche nel periodo che avrebbe dovuto trascorrere in superficie. Sarebbe stato troppo difficoltoso e ingiusto sballottare una neonata e una donna che aveva partorito da poco tra due regni. Ma dall’anno dopo tutto sarebbe tornato come era stato deciso.

- Ci terremo comunque in contatto madre. Stavolta non mancherò- promise Persefone.

La primavera sarebbe comunque arrivata nel mondo di sopra, e più splendida degli altri anni, dato che Demetra festeggiava la nascita della sua prima nipote.
 


Alla notizia, portatagli da un servitore, che la visita si era conclusa e i divini visitatori erano ormai fuori dall’Averno, Ade si lascio sfuggire un sospiro di soddisfazione, suo malgrado. Non aveva percepito negatività o sofferenze di alcun tipo, si vede che anche quell’arpia di Demetra era rimasta conquistata dalla piccola Macaria, cosa di cui lui personalmente non dubitava dato che al riteneva la bambina più adorabile mai esistita. E se le sue donne erano felici, a lui andava benissimo così.
 

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Capitolo 7
*** Epilogo- Un anno dopo ***





 
Macaria aveva festeggiato da pochi giorni il suo primo anno di vita quando cominciò la sua prima grande avventura: avrebbe seguito la mamma sulla Terra per sei mesi, a casa della nonna Demetra.
La decisione era stata molto difficile e non certo presa a cuor leggero: Ade e Persefone  si rendevano conto che la loro particolare situazione si sarebbe complicata con l’arrivo di un figlio, che inevitabilmente avrebbe dovuto fare a meno di uno dei due genitori per metà anno. E viceversa, ovviamente: uno die due genitori si sarebbe dovuto privare della piccola per così lungo tempo, perdendosi tanti momenti importanti. Nessuno dei due avrebbe voluto che ciò accadesse, se avesse potuto scegliere; ma dato che non si poteva era necessario trovare una soluzione.
E Ade non se la sentiva di privare una bimba così piccola della presenza della mamma. Oltretutto, per quanto lui fosse disposto a curare Macaria anche da solo, i suoi impegni come Signore Degli Inferi lo avrebbero costretto a lasciare comunque la bimba molto spesso con le ninfe o la servitù; senza contare che in questo modo, Macaria avrebbe avuto l’opportunità di conoscere anche il mondo di sopra con tutte le sue bellezze , e Ade non se la sentiva di negare a sua figlia questa possibilità . Come aveva detto Estia, sua figlia sarebbe appartenuta a due mondi, era quindi giusto che li conoscesse entrambi sapendo adattarvisi fin dalla più tenera età.

E così, pochi giorno dopo aver spento la prima candelina con mamma e papà, Macaria si preparò (o meglio, fu preparata dalla mamma) per il suo primo viaggio.
Ade accompagnò le sue donne fin sulla soglia dell’Averno, dove le aspettava Ermes, tenendo in braccio Macaria per ritardare il più possibile il momento del distacco: aveva sofferto anche della partenza di Persefone, ma stavolta il dispiacere era doppio.  Teneva stretta la piccola che, appoggiata alla sua spalla, tentava di tirare i capelli del padre, e pensava che ogni anno sarebbe stato così: sarebbe stato difficile dire a Macaria “Tanti auguri a te!” a ogni compleanno e poi vederla andare via da sé, un po’ di più ogni anno. Sarebbe stato difficile lasciarla al mondo e tenere un pezzetto per sé. Ma ce l’avrebbero fatta. E lei, assieme alla mamma, sarebbe sempre ritornata prima o poi, senza nemmeno far rumore, e sarebbero rimaste mentre le foglie cambiavano colore e l’autunno odorava di caldarroste.

Arrivati sulla soglia aperta, Ade porse a malincuore la piccola a Persefone, dopo averle dato un bacio su ogni guancia; poi strinse di nuovo tra le sue forti braccia mamma e figlia in un’ultimo abbraccio, mentre Ermes distoglieva discretamente lo sguardo
Ma già Macaria fissava incuriosita la luce che proveniva dall’entrata, indicandola con il dito stupita e attirata da quel bagliore che non conosceva; stringendola tra le braccia Persefone le disse dolcemente: “Sei pronta, amore?Andiamo!!”
Insieme si incamminarono verso l’uscita, e mentre la soglia si richiudeva e negli Inferi tornavano l’scurità e il silenzio, l’ultima immagine che Ade vide furono mamma e figlia che sorridendo si voltavano un’ultima volta agitando la mano in segno di saluto verso di lui.
Avrebbe portato quell’immagine nel cuore per sei lunghi mesi.
 


Un mese dopo…

Persefone si svegliò improvvisamente sentendo il pianto di Macaria nel lettino di legno bianco che Demetra aveva fatto costruire apposta per la nipotina e collocato nella stessa stanza della mamma. La quale si alzò e prese immediatamente in braccio la sua piccola cullandola per calmarla.
Quel primo periodo era stato molto intenso per Macaria: la bimba stava scoprendo letteralmente un mondo totalmente nuovo rispetto a quello cui era abituata, dove ogni cosa l’affascinava: il verde degli alberi, il colore delle foglie, la forma strana delle nuvole, lo scodinzolo dei cani, il succo delle mele, il rosso delle fragole, un’aranciata fresca, il miele e la farina, lo splendore delle stelle…quando riusciva a vederle, visto che a sera crollava sfinita dopo una giornata di scoperte.
La nonna Demetra, deliziata dalla piccina, la portava quasi ovunque mostrandola con orgoglio: anzi, dimentica della somiglianza con il padre, riteneva che fosse proprio identica a lei, Demetra. Quando sentiva questa affermazione Persefone ridacchiava tra sé, pensando che era una vera fortuna che Ade non fosse lìa sentire le uscite della suocera, altrimenti chissà che avrebbe detto!

Ma tornando a quella notte,  Macaria faticava a calmarsi, era molto agitata: Persefone capì che aveva avuto un incubo. Provò a cantarle l’antica ninna nanna che anche sua madre aveva cantato a lei da bambina: “Tu che sei nata dove c’è sempre il sole/ sopra a uno scoglio che ci si può tuffare…e quel sole ce l’hai dentro il cuore, sole di primavera…” ma niente, neanche questo funzionava. 
All’improvviso la Dea della primavera percepì una voce profonda che canticchiava a Macaria: “Chiudi gli occhi, non aver paura; il mostro è sparito, è in fuga e papà è qui con te…”
Quasi istantaneamente la piccola si acquietò chiudendo gli occhi serena e riaddormentandosi poco dopo. La mamma la rimise nel lettino e ritornò essa stessa al suo.

“Come sono andato, mia Regina?”

“Favoloso…"

“Allora sono un bravo papà, che ne dici?”

Persefone sorrise nonostante una lacrimuccia si affacciasse ai suoi occhi. “Mi manchi, Ade”

“Non dirlo a me, amore mio. Da quando siete partite, qui tutto è tornato grigio e freddo, non vedo l’ora che facciate ritorno. Ma dobbiamo avere pazienza…”
Prima di riaddormentarsi a Persefone sembrò di sentire un’invisibile carezza sul viso….


L’estate era calda e bellissima, come sempre. Nel boschetto nelle vicinanze del lago di Pergusa, una mamma e una bambina erano sedute ai piedi di uno dei grandi alberi, mentre il sole filtrava dalle fitte fronde degli alberi. La mamma  aveva posato sulla testa della figlioletta una coroncina di fiori, e ora ne stava intrecciando un’altra più grande sotto il suo sguardo attento.

A un certo punto dal fondo del bosco comparve un’alta figura nera che avanzava lentamente verso di loro; quando la bimba se ne accorse cominciò a trillare di gioia alzandosi sulle gambette ancora insicure e tendendo le braccine verso la figura che veniva verso di loro, sorridente.
Persefone sorridendo aiutò Macaria a mettersi in piedi poi le mormorò dolcemente: “Su tesoro…vai da papà!”
Macaria partì più veloce che poteva sulle gambette traballanti, mentre Ade si fermava ad aspettarla, mettendosi in ginocchio e godendosi  i progressi di sua figlia : era già così cresciuta la sua piccola principessa, camminava già?!

Quando la piccina finalmente arrivò la sollevò fra le braccia baciandola forte sulle guance e sulla fronte; poi tenendola in braccio si rialzò e proseguì nel cammino, raggiungendo Persefone all’ombra dell’albero  dove li stava aspettando. Ade posò Macaria sulla coperta e prese tra le braccia la moglie baciandola con passione, mentre la piccola protestava rumorosamente cercando di attirare nuovamente su di sé l’attenzione tirando gli abiti di entrambi.

A quel punto Persefone porse a Macaria una coroncina di fiori appena finita, bisbigliandole qualcosa all’orecchio; la piccina la prese e cominciò a maneggiare in modo da metterla correttamente sulla testa di Ade, il quale stava pazientemente con la testa china per agevolare la figlioletta. Dopo qualche manovra, Macaria riuscì nel suo intento, e dopo essersi seduta nuovamente sulla coperta rimirò  soddisfatta il risultato assieme a Persefone che con una mano si copriva la bocca ridente, anche se il riso le si vedeva negli occhi; a questo punto Macaria felice indicò con un dito Ade dicendo:


- Bello papà!-

Il temibile signore degli Inferi ridacchiò anche lui, mentre sua moglie lo baciava su una guancia.
Non c’erano testimoni in quel momento nel folto della foresta, ma se qualcuno fosse passato di lì avrebbe visto nient’altro che quello che semplicemente erano: una famiglia.
 
 
     FINE
 
N.B: come potete notare ho inserito in quest’ultimo capitolo varie strofe di canzoni che artisti famosi hanno composto alla nascita dei loro figli. Era una cosa che avevo già in mente di fare sin dall’inizio della storia, ma non sono riuscita a trovare il modo di inserirle negli altri capitoli: ho quindi calcato la mano con la fantasia concentrando tutto in questo. Ecco le canzoni citate:

Per te, di Jovanotti, dedicata alla figlia Teresa
Celeste, di Laura Pausini, dedicata alla figlia Paola
A modo tuo, di Elisa ma scritta da Luciano Ligabue, dedicata a Emma Cecile (figlia di Elisa) e Linda (figlia di Ligabue)
Fiore di maggio, di Fabio Concato, dedicata alla figlia Carlotta
Beautiful boy, di John Lennon, dedicata al figlio Sean
 
N.B 2: l’immagine che illustra quest’ultimo capitolo è stata trovata su Deviantart  ed è stata  realizzata  da “Rocco- lotteria” ,  e si ispira chiaramente all’Ade del film Disney “Hercules” (1997). In quel film non compare Persefone, ma dato che Ade risulta uno dei cattivi più amati (e meglio caratterizzati) dei cartoon Disney, il popolo del Web si è sbizzarrito nel cercare di realizzare una degna Persefone che, eventualmente, avrebbe potuto comparire nel cartone. Questa è una delle tante e anche la mia versione preferita del personaggio; ho scelto questa immagina in particolare perché, come vedete, compare anche Baby Macaria.

 

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