Outside my troubles are over (But in your eyes the melody is frozen)

di Gemini_no_Aki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Here’s to you ***
Capitolo 2: *** Just a scratch ***



Capitolo 1
*** Here’s to you ***


Here’s to you”


Francesco temeva che Jacopo avrebbe fatto qualcosa dal momento in cui aveva chiuso dietro di sé il portone del Palazzo, dal momento in cui aveva scelto di restare dalla parte di Guglielmo a qualunque costo, - «Siete fratelli.» Aveva detto una volta sua madre stringendoli entrambi a sé. «Quando il resto del mondo finirà con il tradirvi voi resterete leali l’uno all’altro.» e Francesco vi aveva sempre continuato a credere. Perché sua madre aveva sempre ragione, e Guglielmo era suo fratello. E i fratelli non si tradiscono. - Dal momento che si era schierato apertamente con i Medici. Al tempo stesso però sapeva che Jacopo era un uomo cauto, non avrebbe mai attaccato apertamente, non durante una cena, non contro i suoi stessi nipoti. O forse in un impeto di ingenuità Francesco desiderò credervi. Nessuna persona sana di mente avrebbe ucciso qualcuno ad una festa nella casa di una delle famiglie più potenti di Firenze, – Solo in seguito gli tornerà alla mente il giorno in cui i suoi genitori morirono e forse era davvero stato troppo ingenuo. - Jacopo era sempre cauto e Francesco credeva di conoscerlo.

Credeva.

Iniziò a fine serata, – Perché pur nella sua follia, Jacopo Pazzi era davvero cauto. - quando gli ospiti iniziavano a ritornare alle proprie abitazioni, Guglielmo era in piedi accanto a lui, sorrideva tranquillo, come se tutte quelle preoccupazioni che affollavano la mente di Francesco non potessero toccarlo.

«È andata meglio di quanto tu avessi previsto. - Perché Francesco lo aveva messo in guardia, ricordando le parole di loro madre, perché era leale a Guglielmo, specialmente a lui. Perché nonostante gli anni passati ancora cercava di proteggerlo. Perché erano fratelli, e sarebbe morto pur di salvarlo. - Non che fosse difficile.» Guglielmo continuava a sorridere, come se non avesse preso sul serio le sue parole ad inizio serata, come se non gli avesse creduto, avrebbe voluto sentirsi ferito, quasi tradito da quella scarsa fiducia riguardo i suoi sospetti, ma non accadde.

Ciò che sentì invece fu un senso di calore propagarsi all’interno del petto, un calore strano, sbagliato, come se il vino che aveva appena finito di bere fosse puro fuoco. Annuì piano, il movimento della testa fu abbastanza da causargli un capogiro costringendolo ad aggrapparsi in parte alla manica di Guglielmo per non cadere.

«Devo aver esagerato con il vino.» Disse riprendendo l’equilibrio e lasciando la manica, aveva imparato anche troppo presto a mentire in modo convincente, e spesso, troppo spesso, era facile farlo con suo fratello, in quelle cose gli credeva, mentre quando era serio nei suoi sospetti…

Battendogli una mano sul braccio lo salutò decidendo che la cosa migliore fosse ritirarsi per quella notte e lasciare che la sensazione che nulla aveva a che vedere con l’ubriachezza se ne andasse, non aveva nemmeno bevuto così tanto, eppure la sensazione era simile. Eppure diversa, troppo diversa.

Quando finalmente giunse nella sua stanza Novella non era ancora tornata, ricordava, vagamente, di averla vista impegnata in una chiacchierata con Bianca, il fuoco che lo aveva attraversato fino a poco prima divenne di colpo ghiaccio, così di colpo da spezzargli il respiro. Sembrava avvolgerlo come una gelida mattina d’inverno, Francesco si ritrovò ad arrancare verso il letto, allungò una mano sperando di trovare un appoggio sulla sua strada ma finì soltanto con il far cadere quei pochi oggetti che aveva lasciato sul comodino.

Era sbagliato, ogni cosa era sbagliata.

«Devi essere più furbo di lui. Più attento. Non esiterà a fare qualcosa, lo so.» Ricordava di aver messo in guardia Guglielmo e allora perché proprio lui non aveva seguito il suo stesso consiglio? Perché non aveva fatto attenzione?

Le gambe furono le prime a cedere, la mano lasciò la presa che aveva sul comodino e cadde a terra, - In un lontano ricordo rivide suo padre arrancare lungo il corridoio del Palazzo, appoggiarsi al muro, ad un mobile, crollare a terra ansimando, tirando a terra con sé ogni cosa fosse sul mobile, ricordò il suono di vetri infranti nella caduta, i gemiti dell’uomo, gli spasmi del suo corpo. Era stato così ingenuo anche allora. - avrebbe voluto chiamare qualcuno, chiedere aiuto, non importava a chi, chiunque fosse passato davanti a quella stanza. Voleva chiamare Guglielmo, voleva vedere suo fratello ancora una volta, anche se erano passati pochi minuti da quando lo aveva salutato, perché Guglielmo era l’unica persona al mondo che mai avrebbe potuto tradirlo e aveva bisogno di lui. - Possibile che servisse trovarsi ad un passo dalla morte per ammetterlo? -

Il colpo di tosse lo colse alla sprovvista, avvertì il corpo sussultare, tremare per un freddo che aveva dell’inspiegabile, e quando qualcuno aprì di più la porta che aveva lasciato socchiuso faticò a mettere a fuoco la figura. Finché non parlò.

O forse doveva dire che urlò. Perché il suono che uscì dalle labbra di Novella non poteva essere descritto altrimenti. Francesco non la vide, la vista ormai troppo offuscata, non notò come si portò le mani alla bocca né come sgranò gli occhi. Non vide il terrore imprimersi sul suo viso o le lacrime rigarle le guance quando si gettò al suo fianco e lo prese tra le braccia.

Era stato così ingenuo, così incauto, aveva accettato quell’unica coppa di vino, per brindare a cosa alla fine?

«Alla tua salute, nipote.» Aveva detto Jacopo bevendo dalla sua coppa, e Francesco aveva fatto lo stesso. Così ingenuo, così stupido.

Novella urlava, chiedeva aiuto tra i singhiozzi, mentre le mani gli accarezzavano il viso, mentre cercava di tenere il suo corpo, ancora scosso dagli spasmi, fermo tra le sue braccia, la testa posata sulle ginocchia, gridava eppure Francesco riusciva a sentire solo alcune sillabe sconnesse, e il suo nome di tanto in tanto ripetuto.

- Ricordava sua madre cadere in ginocchio nel corridoio, stringere il corpo di suo padre e chiedere aiuto. Ricordava un uomo in fondo a quel corridoio che la guardava, e poi le dava le spalle. Non avrebbe mai dovuto vederlo, avrebbe dovuto essere a letto a quell’ora, ma il temporale infuriava al punto di spaventarlo quella notte. O forse era solo la sensazione che qualcosa sarebbe accaduto. Era così ingenuo all’epoca. E alla fine lo era rimasto. -

«Francesco!» La voce di Guglielmo era lontana, Francesco non capiva da dove arrivasse, sembrava giungere da ogni lato ma non si mosse, non si voltò per cercarlo. - Perché poi cercarlo quando non vedeva altro che ombre scure e sfocate? -

L’ultima cosa che vide, accompagnata dalla voce di sua moglie, furono dei ricci rossi così vicini al suo viso. Poi ogni cosa svanì.


Angolino di quella sciagurata dell'autrice: Perchè una sola fanfic mi sembrava poca, sapete... E perchè non c'è abbastanza angst nell'opera originale. Ho preso la lista tumblr del Whumptober e ho iniziato, in ordine sparso, seguendo l'ispirazione ballerina, a scriverne alcune. Questa, come prima, non è la mia migliore, lo so e me lo ripeto ogni volta che la rileggo, è semplice e veloce, anche troppo, ma è stato un modo per mettermi in carreggiata a scrivere.
Come noterete presto (suona come una minaccia, sì.) quel povero disgraziato di Francesco è il mio preferito e, per sua immensa sfortuna, anche la mia vittina preferita. Riguardo alle coppie invece... Ce n'è di tutti i tipi se devo essere sincera, ero partita che la maggior parte sarebbero state su Lorenzo e Francesco, poi Giuliano s'è tuffato a pesce in mezzo e ha preteso attenzioni da me, da Francesco, da tutti.

Spero vi piaceranno e, se vorrete lasciare un commentino sentitevi liberi (e incoraggiati)

Alla prossima disgrazia fanfic.

Aki

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Capitolo 2
*** Just a scratch ***


Just a scratch”


Giuliano si era ripromesso di ignorare la presenza di Francesco nel modo più civile possibile, per rispetto di Lorenzo. E ci stava anche riuscendo, limitandosi a cenni del capo quando capitava di incrociarsi o cose del genere. Di sicuro ignorarlo non comprendeva ritrovarselo tra le braccia in mezzo al cortile, Giuliano era più che sicuro di questo. Eppure era accaduto comunque e il giovane Medici non aveva avuto il tempo - né la tentazione, per quando volesse dire il contrario - di ritirarsi.


Parlare con Jacopo era stata l'idea peggiore che Francesco avesse mai avuto ma non poteva sottrarvisi, non quella volta, erano questioni importanti e se avessero avuto per una volta, una soltanto, anche il suo supporto avrebbero potuto evitare una possibile guerra. Non aveva alcuna intenzione di rivedere le scene di Volterra, non voleva che altri le rivivessero, lo sguardo spaesato di Giuliano quando lo avevano ritrovato a battaglia finita lo aveva tormentato per giorni. Ma Jacopo non aveva intenzione di ascoltarlo, come sempre, non aveva intenzione di evitare una guerra, un massacro, ancor meno aveva intenzione di appoggiare Lorenzo. Non che Francesco non lo sapesse, ma per un breve istante ci aveva sperato. Non era un sognatore come Lorenzo, o come in passato lo era stato suo padre, e non aveva nemmeno la loro forza, ma ci aveva davvero sperato.

Le cose erano sfuggite al suo controllo velocemente, i toni calmi che aveva cercato di mantenere si erano dissolti in urla, nell'ennesima discussione che lui ancora non era riuscito a vincere, Jacopo era troppo esperto, sapeva su cosa far leva, sapeva che minacciare Guglielmo lo avrebbe assoggettato alle sue idee anche quella volta come era sempre accaduto, perché tra tutti Guglielmo era il suo punto debole, e Jacopo lo sapeva. In realtà servì solo ad alimentare l'odio che provava nei suoi confronti. Un odio sempre crescente che talvolta minacciava di annegarlo nelle sue tenebre.

Col senno di poi si sentì incredibilmente stupido nel momento in cui aveva pensato che estrarre il pugnale fosse una buona idea contro suo zio, ma non subito, non quando avrebbe dovuto. L'impeto di rabbia che provò alla minaccia contro Guglielmo fu tale da annullare ogni cosa, strinse il pugnale e scattò contro di lui, un attimo dopo indietreggiava, l'arma cadeva sul pavimento e le sue mani si posavano sul petto, dove il farsetto era stato tagliato nel momento in cui Jacopo aveva rivolto il pugnale contro di lui. Non c'era dolore, solo sorpresa, si aspettava che si difendesse ma non così rapidamente, non lo credeva ancora così veloce da poterlo battere.

Le parole di Jacopo risuonavano nella sua mente ad ogni passo che faceva verso Palazzo Medici.

«E ora ritorna da loro come il cagnolino che sei diventato.»

Facevano più male di ogni ferita subita negli anni, non era di colpo diventato il cane dei Medici, non lo era mai stato e mai sarebbe accaduto, la maggior parte della sua lealtà era verso suo fratello, l'altra parte verso Lorenzo, non poteva negarlo, alla fine il suo idealismo era riuscito a coinvolgerlo, Francesco aveva finito con il credergli nonostante tutto. - Perché in fondo un po’ idealista lo era anche lui, sepolto sotto le parole di suo zio negli anni. Nascosto agli occhi di quel mondo che Lorenzo voleva così ardentemente cambiare e che Francesco sapeva avrebbe finito con l’amare. - Eppure quelle parole facevano male comunque.

Fu quando finalmente varcò la porta ed entrò nel cortile che si rese conto che Jacopo non aveva solo tagliato il farsetto. Fu quando si rese conto del dolore pungente che aveva ignorato fino a quel momento, la sua mente troppo concentrata su un altro tipo di dolore. Fu quando abbassò lo sguardo e notò il sangue sporcargli le mani. Fu quando sentì Giuliano rivolgergli la parola che si decise che forse le cose erano peggiori di quanto non sembrassero. E in quel momento la terra sotto i suoi piedi sembrò svanire.

«Potevi anche pulirti le mani dopo - Giuliano si interruppe per pensare un attimo a quale fosse il termine migliore in quella situazione. - aver ammazzato qualcuno. Stai sporcando il pavimento.»

Francesco fu tentato dal ribattere, dal dire che non aveva di certo ucciso un uomo, e che se lo avesse fatto non avrebbe poi attraversato le vie della città con le mani ancora sporche del suo sangue. Nessun uomo sano di mente avrebbe mai fatto una cosa del genere. Invece tutto ciò che riuscì a tirar fuori fu un sospiro strozzato. Si portò nuovamente le mani al petto, alla stoffa tagliata, il sangue caldo si mischiò a quello che si stava rapprendendo sulle mani. Sentiva la testa leggera, la vista si era brevemente offuscata prima di tornare più scura di quanto non fosse poco prima, come se fosse improvvisamente calata la notte. Si mosse di un paio di passi nel tentativo di entrare nel palazzo e magari raggiungere la sua stanza dove sarebbe finalmente stato al sicuro, dove avrebbe potuto riposare, ma fu di colpo troppo per il suo corpo.

Le gambe gli cedettero e non si accorse subito di essere caduto su Giuliano. Non se ne rese conto finché non sentì le sue braccia afferrarlo ed impedirgli di cadere senza pietà, probabilmente non per sua volontà quanto più per caso. Lo sentì imprecare a denti stretti mentre si inginocchiava in una posizione più comoda tenendolo con il busto contro di sé, sentì la mano posarsi sul suo petto e sporcarsi di sangue e voleva dirgli di smetterla, dirgli che il sangue avrebbe dovuto stare ovunque ad eccezione delle sue mani, o di quelle di Lorenzo o di suo fratello, dire che lo aveva visto insanguinato una volta - e non parlava di quando era stato lui a farlo picchiare a sangue - e avrebbe dato tutto per far cambio con lui, avrebbe dovuto cercare di convincerlo ad andare con Lorenzo. Perché alla fine le sue mani erano già sporche di sangue, non sarebbe cambiato molto se si trovava in mezzo ad una guerra, ma Giuliano… Giuliano non meritava quel peso, non meritava quel sangue né quel dolore. Il perché non lo avrebbe mai rivelato al diretto interessato, Giuliano non gli avrebbe mai creduto, magari lo avrebbe sbeffeggiato o accusato di prenderlo in giro. Perché non erano amici, non avrebbero mai potuto esserli. Nonostante quello Francesco pensava davvero che Giuliano meritasse di più.

«Lorenzo!» Chiamò Giuliano riportando Francesco alla realtà. Una mano gli premeva sulla ferita nell'intenzione di fermare il sangue che scivolava attraverso le sue dita, l'altra gli reggeva indietro la testa, il pollice gli accarezzava la guancia, come se Giuliano in fondo tenesse a lui, cosa impossibile, lo sapeva, ma il gesto era comunque confortante.

I passi che rimbombavano all'interno si fecero più veloci quando Giuliano lo chiamò una seconda volta, più forte, più disperato quando notò che Francesco aveva chiuso gli occhi. - Anche la sua voce aveva uno strano eco nella mente di Francesco, ogni cosa aveva un'eco. - Socchiuse gli occhi a fatica cercando di abbozzare un sorriso per convincerli che stava bene, era poco più di un graffio - sanguinava più del dovuto ma non era che un graffio, o così Francesco tentava di convincersi - ma nessuno dei due fratelli sembrò credergli.

Giuliano avrebbe voluto prenderlo a schiaffi. Senza se né ma. Non c'era nulla da sorridere in quella situazione, non c'era nulla da sorridere in generale. Non mentre stava sanguinano nel cortile, tra le sue braccia, non mentre il viso perdeva lentamente ogni traccia di colore.

Per un attimo si fermò a pensare al perché lo avesse afferrato mentre stava cadendo, poteva lasciarlo andare, ignorarlo come aveva fatto ogni altra volta, voltarsi dall'altra parte e andarsene, lasciare che fossero altri a trovarlo, ma se poi fosse stato troppo tardi? Se la ferita fosse stata troppo profonda e grave? Poteva davvero fare quello a Guglielmo? Perché quel ragazzo ora era anche suo fratello, ed era troppo buono per dover sopportare quello, per dover perdere un fratello, per quanto lui potesse odiarlo. Nessuno avrebbe mai dovuto subire quella sorte, nessuno avrebbe mai dovuto provare quel dolore. Così lo aveva afferrato, accompagnato a terra e lo sosteneva mentre le mani di Lorenzo - che tremavano ben più del dovuto - tentavano di sfilargli i vestiti imbrattati di sangue.

«Devi restare calmo Lorenzo.» Mormorò cercando di farsi ascoltare, cosa non semplice di norma, in quel momento quasi impossibile. Lorenzo tremava, a stento aveva sbottonato il farsetto e ora nemmeno riusciva a disfare il nodo, per altro debole al punto che sarebbe bastato tirare uno dei fili per disfarlo, della camicia.

« Sì… Ascolta tuo fratello per una volta.»

«Tu non hai voce in capitolo.» Lo zittì secco Giuliano spostando lo sguardo dal fratello a Francesco, Dio, avrebbe davvero voluto prenderlo a schiaffi. - Ma ora, forse, più per tenerlo sveglio o fargli tornare un po’ di colore in volto, non che lo avrebbe mai ammesso. - «E di certo non mentre ti stai dissanguando nel nostro cortile. Mi hai capito?!» La domanda uscì con tono più alto, altri l’avrebbero definito quasi isterico, come se fosse sul punto di esplodere, ma non di rabbia, non quella volta.

Giuliano voleva odiarlo, se lo continuava a ripetere senza sosta nella mente, voleva odiarlo, voleva essere felice che fosse ferito, magari avrebbe capito come si era sentito lui, ma c’era qualcosa nelle sue parole che gli sussurrava che quella non era la prima volta che una cosa simile succedeva, forse non in modo così evidente o forse non lo aveva mai notato. C’era una sorta di rassegnazione in Francesco, come se fosse abituato, – e nessuno dovrebbe essere abituato a rimanere ferito, ancor meno per mano di un membro della propria famiglia – come se negli anni avesse imparato a sminuire sempre meglio quegli avvenimenti.

- «Suvvia, non c’è bisogno di far preoccupare Guglielmo per una cosa del genere. E si preoccuperebbe, credimi. Entrerebbe in quell’ottica da fratello maggiore che deve a tutti i costi proteggere il minore da qualunque cosa. E per una sciocchezza del genere non ne vale la pena.» -

«È solo un graffio, – ripeté con una sorta di ostinazione nella voce debole – smettetela di trattarmi come se stessi morendo…» Francesco ci provò, davvero, a sembrare convincente, le espressioni di entrambi i fratelli Medici erano troppo da poter sopportare, specialmente se nello stesso momento. Ma non funzionò come aveva sperato, non funzionò come solitamente accadeva con Guglielmo.

E non sentì le due voce che all’unisono lo chiamavano preoccupate.


Angolino dell'autrice: Seconda disgrazia capitolo. A dire il vero sto attualmente scrivendo i capitoli 5 e 6, ma stanno andando decisamente lenti, e mi scuso tantissimo per questo. (Also, il corso sulla sicurezza che ho dovuto seguire online mi ha occupato tantissimo tempo, e quella voce piatta mi faceva addormentare e basta D: ) Detto ciò, questo è il capitolo che ha "portato" alla coppia che farà da sfondo al prossimo, perchè come già detto Giuliano pretende attenzioni a destra e a manca e le ottiene. 

Il finale, come per il precedente, è aperto, Francesco può benissimo sopravvivere e tutti vissero felici e content-- Ok, no, non esageriamo adesso...

Spero vi piaccia, se avete suggerimenti, idee, un prompt della famigerata lista  (di cui ho fatto, per ora, i numeri: 02, 05, 13, 23, 28 e 31) fate pure richiesta. So che sono lenta a scrivere, ma giuro che lo faccio.

Love~ (e angst)

Aki

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