The Five Musketeers: A conspiracy to foil

di Rack12345
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mademoiselle Treville ***
Capitolo 2: *** Di Nuovo a Casa ***



Capitolo 1
*** Mademoiselle Treville ***


Mademoiselle Treville
I
 
 



1631
Vicino Parigi

Christine si svegliò di soprassalto. Dei cani abbaiavano in lontananza, voci di uomini agitate urlavano indicazioni a destra e a manca e il rumore degli zoccoli dei loro cavalli si faceva sempre più vicino.
Doveva fuggire. Di nuovo. Si tirò su dal suo momentaneo letto che era costituito da tappeto di foglie nascosto sotto un grande masso che creava una specie di grotta. Arrotolò in fretta la coperta e la legò sulla sella del suo cavallo, poi saltò in groppa al suo fedele amico e partì. Con lo schioccare della lingua diede cenno al cavallo di muoversi lentamente. Se gli uomini che la cercavano avessero sentito il rumore dei suoi zoccoli che sfrecciavano nella foresta l'avrebbero sicuramente trovata. Dopo pochi minuti le loro voci si erano fatte più lontane, così con dei piccoli calci ai lati del cavallo, questo cominciò a galoppare. Lei gli si aggrappò affidandosi completamente a lui.
Era da più di una settimana che quegli uomini l'avevano trovata. Era riuscita a fuggire dalla Spagna indisturbata e in Francia, a pochissimi chilometri da Parigi, si era ritrovata questi banditi alle calcagna.
Assurdo. pensò.
Qualcuno evidentemente non voleva il suo ritorno, che si era fatto più complicato del previsto. Se non fosse stato per il fatto che doveva continuamente nascondersi da quegli uomini sarebbe arrivata da suo padre già da tre giorni.
Il suo fedele Philippe continuava a galoppare più veloce della luce. Mancava meno di un'ora per arrivare a Parigi, non poteva proprio farsi prendere adesso. Purtroppo per lei non era riuscita a scrivere a suo padre del suo ritorno, ma le avrebbe fatto molto comodo, in quel momento, se lui fosse arrivato a soccorrerla con i suoi uomini.
Era stanca. Da una settimana non dormiva al chiuso su un letto vero (per fortuna era quasi estate) e non si cibava di altro che di acqua e frutti che trovava appesi agli alberi della foresta. Sarebbe stata perfettamente in grado di cacciare, grazie alla sua abilità con arco e frecce, ma accendere un fuoco per arrostire qualsiasi cosa era troppo rischioso, avrebbero potuto scoprirla sentendo l'odore del fumo o semplicemente vedendolo. La debolezza iniziava a farsi sentire parecchio.
Proprio quando pensava di essere ormai fuori pericolo e quando ormai riusciva a scorgere in lontananza la cima di Nôtre-Dame, un voce rauca parlò poco dietro di lei.
-Ti abbiamo trovato ragazzo.- disse la voce.
Lei  alzò gli occhi al cielo.
Questi idioti non sanno nemmeno riconoscere una donna.
Si voltò appena e lo vide dietro di lei che le puntava contro una pistola. Il suo volto era coperto grazie al cappello ed un fazzoletto di stoffa che gli copriva naso e bocca. Con lo sguardo notò che dietro l'uomo non ce ne era nessun altro. Poteva ucciderlo. Almeno uno se lo sarebbe tolto dai piedi.
Fece girare il suo cavallo in direzione del suo interlocutore ed estrasse la pistola dal cinturone puntandola verso l'uomo sconosciuto.
Quello ebbe un fremito. Non si aspettava che la ragazza fosse armata, probabilmente, o che potesse ribellarsi, visto che da una settimana scappava soltanto.
-Io non lo farei se fossi in te.-
Un altro uomo dietro di lei parlò e sentì il rumore del cane della pistola che veniva tirato indietro dall'uomo alle sue spalle. Si voltò e vide che anche quello aveva il volto coperto e le puntava contro la pistola.
Era finita. Qualsiasi suo movimento avrebbe potuto far venire in mente a quei due di spararle e lei aveva una sola pistola. Se avesse sparato ad uno, l'altro le avrebbe a sua volta sparato.
-Scendi da cavallo e getta la pistola a terra.- le intimò il secondo uomo con un gesto della pistola.
La ragazza fece quello che le era stato detto mentre anche gli altri due scendevano dai loro cavalli.
Si stavano avvicinando. Per lei era finita. Se le lettere che portava con se nella borsa fossero finite in mani sbagliate, quello si che sarebbe stato un problema. Un problema molto più grande della sua morte.
Ciò che le venne subito in mente fu che sarebbe stato meglio che fossero andate perse piuttosto che nelle mani di un branco di banditi assoldati da chissà chi.
In fretta aprì la borsa di pelle marrone che aveva addosso e gettò le lettere nel ruscello che era di fianco al sentiero su cui si erano fermati.
-Puttana!- L'uomo alla sua sinistra si precipitò a cercarle, ma di esse non c'era più traccia.
L'altro la raggiunse di fretta, la agguantò a sè e le puntò la pistola  sotto il mento.
-Non importa.- le sussurrò minaccioso. -Tu sai che cosa contenevano quelle lettere. In un modo o nell'altro ci dirai tutto.-
Christine fu invasa dalla puzza di quell'uomo che le fece venire la nausea, ma riuscì comunque a rispondergli.
-Vi sbagliate. Io non vi dirò proprio nulla.-
Era coraggiosa lei e sapeva combattere con la stessa destrezza di un moschettiere del re. Suo padre le aveva insegnato. Ma il fatto che fosse una donna, e il fatto che i due uomini se ne fossero appena accorti, complicò ancora di più la situazione.
L'uomo che la tratteneva le tolse il cappello e da esso spuntò una riccia chioma bruna lunga fin sotto le spalle di lei.
-Guarda guarda. Una donna. Questo non ce lo avevano specificato.- disse l'uomo sorridendo  con i suoi denti ingialliti.
Christine rimase immobile.
-La ragazza ha fegato Sebastien. Non credo che parlerà.- disse l'altro uomo.
L'uomo chiamato Sebastien la guardò e le passò la pistola su tutto il profilo del suo volto.
-Se non teme per la sua vita allora vorrà dire che temerà per la vita di suo padre.-
La giovane strabuzzò gli occhi. Come sapevano chi era suo padre? Qualcuno li aveva assoldati per forza.
-Voi non avete idea di cosa è capace mio padre.- disse lei velenosa. -starà già venendo qui ad aiutarmi.-
-Io non credo. Sai cara, tuo padre lo abbiamo noi.-
-State bleffando.-
-Parlerai o lui morirà. Semplice.-
-Non sareste mai in grado di catturare mio padre, state bleffando!- la ragazza iniziò ad alzare la voce e ad agitarsi stretta nell'abbraccio doloroso del suo interlocutore.
-Potrebbe essere come dici tu. Ma sei disposta a rischiare?- continuò Sebastien sorridendo diabolico. 
Christine era stanca. Troppo stanca. Sentì il suo corpo cedere, ma si riprese subito.
-Voi non avete mio padre.- sussurrò in preda ad un fortissimo giramento di testa che le fece strizzare gli occhi, come se volesse fermarlo.
Li riaprì e vide tutto bianco. Non mangiava da giorni cose sostanziose, il suo cervello le stava facendo brutti scherzi. Non riusciva più a reggersi in piedi. Sentiva che stava per svenire e chissà cosa avrebbero fatto di lei. Gettò la testa all'indietro stanca, ma riuscì a sentire un rumore di zoccoli che galoppavano verso di loro.
-Ehi!!- urlò una voce maschile che lei non conosceva.
Il bandito la lasciò e lei capì che qualcuno era corso in aiuto dalla sua parte. Cadde a terra a peso morto e tutto quello che riuscì a sentire fu rumore di due spari seguito da due tonfi. Il suo misterioso salvatore le si avvicinò e le sollevò la testa.
-Mademoiselle, riprendetevi.- disse il suo salvatore.
Lei aveva sperato fosse suo padre, ma la gentilezza della voce che le parlava le fece capire che poteva fidarsi comunque.
Prima di svenire del tutto al suo naso arrivò un odore buonissimo di fresco. Sapone alla vaniglia, forse.
Poi il buio.
 
 
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Il fruscio di un ruscello fu la prima cosa che Christine sentì quando iniziò a riprendere conoscenza. Fu quello a farle capire di essere ancora viva. Si beò per qualche secondo di quel rumore così rilassante, poi iniziò ad aprire gli occhi. Li aprì uno alla volta per abituarsi alla luce del sole che era ormai alto. Doveva essere quasi l'ora di pranzo.
Tastò intorno a lei e capì che era distesa sulla sua coperta poggiata sull'erba umida e sotto la sua testa un groviglio di altri stracci la tenevano sollevata. Si voltò leggermente verso il ruscello e a pochi metri da lei vide un uomo che si sciacquava il volto e le mani con l'acqua del ruscello. Era quello il suo salvatore?
Dei capelli mossi e castani gli ricadevano spettinati poco più sotto delle orecchie, Barba e baffi lo rendevano più affascinante e spiccavano sulla sua pelle chiarissima. Indossava una lunga giacca di pelle marrone sbiadita stretta in vita da una fascia azzurra che alla ragazza non era nuova. Accanto a lui a terra vide i suoi effetti personali: la spada, due pistole, un moschetto e un cappello grigio chiaro con tanto di piuma.
Guardò di nuovo il suo volto. Era bello.
Poi si rese conto di un dettaglio molto importante sul  braccio dell'uomo.
Christine sgranò gli occhi e si tirò su a sedere di scatto.
-Voi! Siete un moschet-
Non riuscì a finire la frase che di nuovo la vista le mancò, facendole vedere tutte chiazze bianche. Si portò una mano sul volto e strizzò gli occhi.
Il moschettiere si avvicinò alla ragazza trasmettendole una grande calma. Di nuovo quell'odore di fresco e di vaniglia la invase.
-Non così in fretta, mademoiselle.- disse il moschettiere accucciandosi accanto a lei. Le mise una mano dietro la schiena per sostenerla.
-Siete svenuta, ma non siete ferita per fortuna. Cosa vi è successo?-
Il giovane le porse una fiaschetta in pelle con dentro dell'acqua. Christine la scolò tutta d'un fiato, ignorando la domanda che le era appena stata fatta.
-Perdonatemi, sono giorni che bevo poco e mangio solo bacche e frutti come se fossi un uccellino.- rispose lei quasi con il fiatone.
Probabilmente il moschettiere accanto a lei voleva più che altro sapere come mai era inseguita da quei banditi. Ma lui non lo aveva chiesto esplicitamente quindi non serviva rispondere.
-E posso chiedervi cosa ci facevate sola nella foresta, vestita da uomo, inseguita da quegli uomini?-
Ecco appunto.
La ragazza rimase impassibile. E' vero che lui l'aveva salvata ed è vero che quello che aveva davanti era un moschettiere del re, ma non era sicura più di nulla dopo essersi sentita minacciata più dai francesi che dagli spagnoli.
Cercò di rimanere sul vago.
-Sono in viaggio verso Parigi per incontrare mio padre. Devo consegnargli qualcosa di molto importante.-
Fino a quel momento non aveva ancora sollevato lo sguardo verso il suo interlocutore. Quando lo guardò ebbe la conferma che era un moschettiere davvero affascinante. I suoi occhi neri e profondi per poco non la risucchiarono. Scosse la testa sperando che lui non si fosse accorto di nulla, ma il moschettiere sapeva benissimo qual era l'effetto che provocava alle donne e sorrise sotto i baffi.
Christine tentò di cambiare argomento, anche se l'argomento "affascinante moschettiere" era cominciato solo nella sua testa.
-Posso conoscere il nome del mio salvatore?- chiese sorridendo.
-Oh, perdonatemi mademoiselle.- Il moschettiere fece un lieve gesto di riverenza con la mano  -Io sono Aramis, moschettiere del Re.-
Aramis.
Aveva già sentito quel nome. In qualche lettera di suo padre. Una delle poche che gli era stato possibile inviarle.
-Aramis... ho già sentito il vostro nome.- sorrise la ragazza.
-Spero solo cose buone siano legate ad esso!- rispose l'uomo. -E voi chi siete? Se posso chiedere.-
Christine si gonfiò di orgoglio. Finalmente poteva di nuovo pronunciare il suo nome per intero, senza essere uccisa.
-Aramis, sono certa che anche voi abbiate già sentito il mio nome. O meglio il mio cognome.- fece una pausa. -Voi conoscete molto bene mio padre.-
-Non capisco, mademoiselle.- Aramis deglutì rumorosamente. Temeva che la ragazza potesse essere la figlia di qualcuno che aveva ucciso. O peggio di qualcuno a cui aveva rubato la moglie per una notte.
La ragazza si alzò in piedi e si sistemò la giacca di pelle nera per poi iniziare a sistemare le coperte che il moschettiere aveva preso dal suo cavallo.
Aramis rimase seduto a terra imbambolato con lo sguardo dove poco prima era la giovane.
-E dunque? Il vostro nome?-
Chrtistine tacque ridendo sotto i baffi senza farsi vedere. Aveva sentito che la voce di Aramis era agitata. Forse non era proprio questo il modo di ringraziare il proprio salvatore!
Il ragazzo si precipitò ai suoi piedi in ginocchio e con le mani giunte e la pregò con voce leggermente tremante.
-Vi prego mademoiselle, ditemi che torto ho fatto a vostro padre e saprò fare a menda. Ditemi, ho per caso.. preso in prestito sua moglie per qualche giorno parecchio tempo fa?- le chiedeva guardandola dal basso.
Christine aprì la bocca in una piccola o per parlare, ma non le uscì nulla. Non si sarebbe mai aspettata una reazione del genere!
Un momento.
Ma certo! Ora ricordava in che occasione suo padre le avesse menzionato Aramis. Lo aveva fatto anni prima parlandole dei suoi tre più fidati moschettieri, Athos, Porthos ed Aramis e le aveva detto che Aramis era un "romantico eroe libertino".
Scoppiò a ridere.
-Oh Aramis, perdonatemi, non volevo tenervi così in ansia.- lo fece alzare.
Aramis rimase ancora con le mani giunte continuando a non capire.
-Il mio nome è Christine. Christine de Tréville.-
Aramis sgranò gli occhi.
-Tréville?- chiese.
La ragazza annuì.
-Oh mio Dio, voi siete la figlia del capitano??!!- esclamò l'uomo salendo con la voce di qualche tonalità per lo stupore.
-In carne ed ossa!-
-Ma non eravate morta quindici anni fa per una grave febbre?-
Christine allargò le bracca per constatare l'ovvio.
-Evidentemente no!-
Christine sorrise di nuovo, poi vide Aramis muovere le labbra, ma non sentì il suono della sua voce. La testa iniziò a girarle di nuovo. Vide Aramis mutare espressione in una più preoccupata e si sporse verso di lei, prendendola in tempo, prima che svenisse.
Di nuovo.
Aramis la osservò. Lui l'aveva vista una volta. Non era ancora diventato moschettiere quando Treville comunicò che per qualche giorno si sarebbe assentato per prestare cure a sua figlia malata. Quindici anni erano passati. Per questo non l'aveva riconosciuta. I capelli scuri che le ricadevano sul volto fecero risalare ultieriormente il pallore della sua pelle e Aramis capì che non poteva di nuovo aspettare che si riprendesse. Doveva portarla alla guarnigione e farle mangiare qualcosa di buono per farla riprendere.
La adagiò sul terreno, solo il tempo di legare il cavallo di lei al suo, poi la riprese e salì, con non poca difficoltà sul cavallo, adagiando con più cura possibile ragazza tra le sue braccia che non era del tutto svenuta.
Chissà se era fuggita dopo giorni di prigionia o se Treville sapeva dove era stata per tutto questo tempo. Chissà se sapeva che sua figlia stava tornando a casa. Chissà se sapeva che era viva. Chissà cosa contenevano quelle lettere che aveva trovato sulle rive del ruscello.
Con due schiocchi di lingua diede il via al cavallo che partì ciondolando lentamente verso Parigi.
-Tranquilla dolcezza, entro mezz'ora sarai da tuo padre.-


 
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-Aramis! Che cosa hai combinato stavolta! Sei il solito..-
-Giuro nulla! Aiutatemi.-
...
-Cosa sta succedendo qui?-
-Capitano credo che..-
-Oh mio Dio, Christine!-
-Non sei stato.. vero?-
-Che?? Certo che no!!-
-Christine, ci sono io. Portatela dentro.-



 
Questo era ciò che ricordava Christine quando aprì gli occhi. Un miscuglio senza senso di voci. La voce di Aramis, di altri uomini e, finalmente, la voce di suo padre. Il profumo di vaniglia che continuava a riempirle le narici le dava la consapevolezza che fosse ancora viva.
Aprì gli occhi e sopra di sé vide delle assi di legno. Un tetto.
Finalmente.
Si mosse appena ed il letto sotto di lei scricchiolò, facendo scattare sull'attenti l'uomo seduto al tavolo poco distante da lei. L'uomo si alzò abbandonando le sue scartoffie e corse dalla ragazza. Si inginocchio al lato del letto e le prese le mani baciandogliele.
-Christine. Dovevi avvertirmi.- sussurrò, quasi sbuffò, come a buttare fuori tutta la tensione che aveva accumulato in quelle due ore.
-Ciao, papà.- disse debolmente la ragazza guardando il capitano Treville.


























Ciao!
Io sono Rack e questa è la mia umile fanfiction, spero possa piacervi!
Sono ben accette recensioni e critiche costruttive!
A presto! =)

 

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Capitolo 2
*** Di Nuovo a Casa ***


Di Nuovo A Casa
II
 
 
 




-Papà mi sei mancato. Scusami se non ti ho avvertito.-
Christine sciolse l'abbraccio che lei e suo padre si stavano dando. Lo guardò negli occhi e si accorse che in quei quindici anni era cambiato parecchio. Due solchi erano comparsi sotto gli occhi del capitano ed il suo volto aveva delle cicatrici in più. Una in particolare sotto l'occhio sinistro. I suoi capelli erano meno folti e la barba iniziava ad avere qualche pelo bianco.
Era vero che gli era mancato. Si erano inviati talmente poche lettere in quindici anni che si potevano contare sulle dita delle mani di uno solo di loro due.
Avrebbe voluto avvertirlo del suo ritorno, ma non ne aveva avuto il tempo e tra l'altro era stata spiata dagli spagnoli per tutta la sua permanenza nel loro paese.
-Non importa. Non avevo tue notizie da sei mesi, Christine. Ero preoccupato come non lo sono mai stato.- disse Treville ricacciando indietro qualche lacrima dovuta alla tensione e alle forti emozioni che provava nel riavere di nuovo sua figlia in Francia accanto a sè, illesa.
La ragazza si alzò. Stavolta non ebbe nessun giramento di testa. Nessun mal di schiena. Ma aveva comunque la stessa fame di quando era svenuta la prima volta quel giorno.
A proposito di svenimenti. Chissà dove era ora il suo salvatore. Ancora non lo aveva ringraziato.
-Se non fosse stato per Aramis mi avrebbero presa e torturata. E' una fortuna che sia passato di lì in quel momento.- disse la giovane.
-Già.- rispose il padre pensieroso. -Mi ha detto che stavi morendo di fame.-
Treville prese dei vestiti per sua figlia e glieli porse.
-E questi vestiti da donna di chi sono? Adesso esistono le Moschettiere?- chiese sorridente Christine, quasi sperando che il padre le rispondesse di sì.
-No, per fortuna. Sono di un'amica. Indossali e scendi le scale, sulla sinistra troverai un tavolo zeppo di cibo per te.- le diede un bacio sulla fronte. -Ti aspetto giù con Aramis, Athos, Porthos e D'Artagnan.-
Treville aprì la porta ed uscì.
Christine si chiese chi mai fosse questo D'Artagnan. Un nuovo fidato moschettiere?
Poco importava, se a suo padre stava simpatico tanto da accostarlo ai suoi tre migliori, stava bene anche a lei.
Si sfilò la camicia da notte che non si sa chi le aveva messo (preferì non pensarci: le opzioni erano suo padre o Aramis) ed indossò l'abito che suo padre le aveva dato. Era formato da gonna e corsetto blu scuro e sotto al corsetto aveva indossato una camicia bianca che le lasciava scoperte le spalle. Non perchè le piacesse avere le spalle nude, ma le andava larga, così come il vestito. Era dimagrita molto a causa di questo viaggio in cui non aveva fatto altro che correre qua e là stancandosi.
Infilò degli stivali ai piedi e poi si guardò allo specchio. Quasi si spaventò per lo stato dei suoi capelli. Cercò di sbrigliare i nodi dei suoi ricci il più possibile e li raccolse in una treccia laterale.
Quando il suo stomaco brontolò per l'ennesima volta, si fiondò giù per le scale e ai piedi di esse trovò un tavolo imbandito come aveva detto suo padre.
Cinque facce di cinque uomini seduti a quel tavolo la guardavano.
Suo padre, Aramis ed altri tre uomini.
-Signori vi presento mia figlia Christine. Christine loro sono Athos, Porthos, D'Artagnan e Aramis beh, già lo conosci.- disse il capitano indicando di volta in volta i proprietari dei nomi che aveva appena detto.
-E' un piacere fare la vostra conoscenza.- disse la giovane. -Mio padre mi ha parlato di voi in ogni lettera che mi ha scritto.-
Christine si sedette e cominciò a mangiare poco elegantemente. Poi riprese a parlare.
-Anche se di voi, D'Artagnan, non mi ha mai parlato. Siete nuovo?-
-Si può dire di sì, mademoiselle. Sono nei moschettieri giusto da un anno.-
-Capisco.- annuì lei.
I moschettieri la lasciarono mangiare in pace, senza farle troppe domande e lei li ringraziò mentalmente. Del resto erano moschettieri, sapevano quando parlare o meno e sapevano che lei aveva bisogno di mangiare in santa pace. Christine li aveva visti scambiarsi qualche occhiata ogni tanto. Porthos ed Aramis in particolare, probabilmente si stavano chiedendo come potesse una ragazza piccola come lei mangiare così tanto e così in fretta. Ogni tanto lei aveva farfugliato uno "scusatemi" o "non mangio da una settimana" e loro le avevano detto di non preoccuparsi.
Dopo aver finito di mangiare si scolò quattro bicchieri di acqua uno di seguito all'altro. Posò il bicchiere si lasciò andare sullo schienale della sedia soddisfatta.
-Credo che vomiterò.- disse sorridendo.
Porthos emise una risata che bloccò subito. Del resto era la figlia del capitano, non sapeva come avrebbe reagito se l'avesse presa in giro. Così finse di schiarirsi la voce per iniziare a parlare.
-Ah ehm...- iniziò il moro -Capitano, credo che voi due abbiate qualcosa da raccontarci.-
Treville lasciò che fosse la figlia a raccontare loro tutta la storia.
Raccontò che suo padre le aveva insegnato quasi tutto ciò che insegnava ai suoi moschettieri. Tirare di spada, sparare con pistole e moschetti, l'onore. Per quanto riguarda arco e frecce, quelli glieli avevano insegnati in Spagna. Giunta all'età di 15 anni suo padre le aveva detto che da quel giorno lei sarebbe dovuta diventare una spia spagnola, e così fu infatti. Finsero il suo funerale e lei partì per la Spagna. Raccontò di come era sgusciata all'interno della corte Spagnola, di come era diventata lentamente una di loro, apprezzata per le sue abilità ed ingegno, di come era riuscita ad ingraziarsi il figlio del primo ministro Spagnolo. Non raccontò di preciso come lo fece perché farlo davanti a suo padre non le sembrava appropriato, ma lasciò intendere che fu per le sue doti femminili. Aramis che stava seduto con un braccio appoggiato al tavolo, si arricciò l'estremità destra dei baffi e sorrise, come se si fosse sentito chiamato in causa.
Comunque era riuscita a non farsi scoprire. Ora dopo anni aveva in mano qualcosa di molto importante per la Francia.
-Sono tornata così in fretta perché..- esitò per poco. Quello che stava per dire non lo aveva ancora saputo nessuno a parte lei e il figlio del primo ministro.
Iniziò a boccheggiare e si tormentava le mani che le sudavano come non mai.
-Christine, mi fai preoccupare.- disse suo padre serio.
Lei continuava ad aprire la bocca ma non le usciva nessun suono.
Continuò a tormentarsi le mani finché delle dita non si posarono sulle sue a rassicurarla.
-Calmatevi, mademoiselle. Voi siete una spia di Francia, non dovete agitarvi per due parole.- disse Athos che era seduto accanto a lei.
Il tono della sua voce basso poteva sembrare severo, quasi un rimprovero, ma lei si rese conto che non era così. Il messaggio che le trasmise fu di ricordarsi che non doveva temere nulla perchè era giunta fin li sana e salva ed era in grado di fare qualsiasi cosa.
Christine tornò a respirare regolarmente .
I moschettieri la guardavano con le facce sospese, curiosi di sapere cosa mettesse tanta agitazione alla ragazza.
-Allora.- iniziò lei -Io sono fuggita, non perchè qualcuno mi avesse scoperto. Il figlio del primo ministro è stato assassinato.-
I cinque di fronte a lei rimasero in silenzio. Come era possibile che la voce non si fosse sparsa? Non capivano, ma la ragazza aveva iniziato a sputare fuori un fiume di parole ed interromperla per farle delle domande avrebbe potuto bloccarla di nuovo.
D'Artagnan si portò una mano sul viso accarezzando l'accenno di barba che aveva con fare pensieroso. Athos si tolse il cappello in segno di rispetto. Porthos smise di ciondolare sulla sedia. Aramis continuò ad arrotolarsi intorno al dito quel filo di paglia che aveva raccolto da terra e socchiuse gli occhi come se volesse leggere i pensieri della ragazza.
Solo suo padre parlò.
-Come è successo?- chiese.
-E' stato assassinato... da suo padre.-
Qui i moschettieri strabuzzarono gli occhi.
-Lui si era... innamorato di me, e vi garantisco signori che non era ricambiato, ma dovevo fare la mia parte. Suo padre non era contento, il mio falso nome era pur sempre un nome francese. Lo uccise per paura che mi potesse rivelare qualcosa, ma non riuscì a fermarlo. Federico aveva capito che fossi una spia ed in punto di morte, oltre a ripetermi quanto mi amasse, mi diede delle lettere dicendomi che avrei dovuto consegnarle ai miei capi se avessi voluto salvare la pace tra Francia e Spagna.-
-E dove sono queste lettere?- chiese Athos.
Christine si passò entrambe le mani sul volto per poi infilarle tra i capelli.
-Vi prego, perdonatemi.- iniziò -Quando credevo di essere spacciata ho pensato che sarebbe stato meglio che fossero andate distrutte piuttosto che in mano a quei banditi assoldati da chissà chi.-
-Christine...- disse il padre passandosi una mano sul volto.
-Ho dovuto farlo! Non credevo che sarei sopravvissuta!-
Aramis infilò la mano dentro la giacca e frugò per qualche secondo.
-L'ho trovata vicino alla riva del ruscello..- disse tirando fuori la lettera -Magari può essere utile.-
Gli occhi di Christine, e un po' anche quelli degli altri moschettieri, si illuminarono.
-Oh Dio! Ma come..-
-Eh a quanto pare non avevate fatto pienamente centro, mademoiselle.- Aramis porse la lettera al suo capitano. -Non l'ho aperta ovviamente, non sapendo nemmeno chi foste.-
Treville prese la lettera e se la mise in tasca.
-La leggerò e speriamo che non siano cattive notizie.-
-E speriamo anche che le altre lettere siano finite davvero nel fiume.- aggiunse D'Artagan.
In effetti.
-Bene.- disse Treville. -Io ho urgenza di leggere questa lettera. Christine, tu fai quello che vuoi. Riposati, mangia, passeggia. Per oggi non hai altri compiti.- le si avvicinò e le diede un bacio sulla fronte. -Sei stata brava, figlia mia.-
Treville sparì su per le scale e non appena la porta del suo ufficio si chiuse Christine potè sentire dietro di sè i moschettieri mormorare "Figlia. L'ha chiamata figlia", "le ha dato un bacio" e "Ha detto figlia mia".
Christine si morse un labbro cercando di trattenere un sorriso e si voltò verso i quattro rimasti.
-Guardate che vi ho sentiti. Che immagine vi siete fatti di mio padre in questi anni?- disse lei sorridendo.
Porthos prese parola -Beh, è strano per noi vedere il nostro capitano così. Al massimo ci da una pacca sulla spalla!-
D'Artagnan era rimasto in disparte e Aramis, vedendolo, gli andò accanto.
Lo guardò alzando le sopracciglia, facendogli capire che voleva sapere cosa fosse a turbarlo. Il guascone distolse lo sguardo dalla forchetta che continuava a girarsi tra le mani.
-Che c'è?-  chiese.
Aramis si portò una mano al mento con fare pensieroso. Aveva capito che il suo amico era ancora con la testa a casa della sua innamorata. Constance.
-Ho un'idea per tirarti su il morale e per farti rivedere Constance!- sussurrò.
-Cosa??! No Aramis non..-
-Christine!- Il moschettiere si avvicinò alla ragazza -scommetto che voi non abbiate un posto dove dormire.-
La giovane sollevò lo sguardo verso il suo interlocutore. Era parecchio più alto di lei.
-Beh, io avevo pensato di fermarmi qui alla guarnigione.-
Aramis scosse la testa. -Nah, non credo sia il caso. Sai, con tutti questi uomini.-
Christine rise -Beh!- esclamò -Da quanto ho sentito siete voi il peggiore di tutti, Aramis!-
-Oh sì!- si aggiunse Porthos -Non consiglio a nessuna donna di avvicinarsi a lui!-
Aramis fece come a scacciarlo con un gesto della mano -Ah, sta zitto.-
-E dove proponete di abbandonarmi?- chiese la giovane.
-In mani più che sicure! Abbiamo un'amica che vi ospiterà volentieri. Non è vero D'Artagnan?-
-Sicuro.- rispose quello con aria persa.
-Bene! D'Artagnan vi scorterà da Madame Bonacieux.-
Prima che la ragazza potesse fiatare, il moschettiere si girò verso di lei e le prese le braccia delicatamente.
Quel contatto fece uno strano effetto a Christine.
-Prima che possiate dire qualsiasi cosa, mademoiselle, dovete sapere tre cose importanti: uno, D'Artagnan e Constance Bonacieux sono molto innamorati. Due, sono in rotta. Tre, lei è sposata.- sussurrò.
-Aehm..- Christine stava ancora pensando alle mani forti di Aramis sulle sue spalle e al suo viso che si era fatto molto vicino al suo. -Certo, situazione complicata, me lo ricorderò.-
 
 




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D'Artagan bussò alla porta di casa Bonacieux. Era da due settimane che non vedeva il volto di Constance o che non sentiva la sua voce. Le mancava come l'aria. Le mancava vederla prendere a schiaffi il povero Aramis. Le mancava non vederla girare per la guarnigione con la sua grande gonna ed i suoi boccoli pieni di nastri e perline al vento.
La porta si aprì e quando Christine posò gli occhi sulla donna si rese conto di non aver mai visto una bellezza così genuina. Era bella, le guance tonde e rosee, gli occhi grandi e leggermente spalancati per lo stupore di trovarsi davanti il giovane che tanto desiderava ma che non poteva avere. Una frangetta arricciata le ricadeva sulla fronte, rendendo il suo viso ancora più aggraziato. Christine li osservò entrambi. Erano rimasti tutti e due con le bocche socchiuse come se gli si fossero smorzate le parole in bocca. Solo quando la ragazza si schiarì la voce, Constance parlò.
-D'Artagnan.- deglutì a fatica -Cosa posso fare per voi?- disse con una formalità troppo forzata.
Il ragazzo aggrottò la fronte. -Adesso ci diamo del voi?-
Non era arrabbiato, forse solo deluso.
In risposta Constance posò gli occhi sulla ragazza accanto al guascone come per dire "ti sei accorto che c'è un'altra persona?"
Probabilmente era solo per quello che lei aveva usato un tono così formale.
D'Artagnan osservò la sua nuova amica e scosse la testa come se si fosse appena svegliato da un sogno.
-Oh, perdonatemi madame- disse lui. Mise un braccio dietro la schiena di Christine per farla avanzare verso Constance. -Lei è Christine, una nuova arrivata. Ha bisogno di un posto dove alloggiare.-
Christine fece una lieve riverenza -Sono Christine de Treville, è un piacere conoscervi Constance.-
La donna aggrottò le sopracciglia.
-Avete detto Treville???!-
D'Artagnan serrò le labbra per farle capire che la strada non era proprio il luogo adatto per parlarne.
-Prego, entrate. Mio marito non tornerà prima di stasera.-  mise una mano sulla spalla di D'Artagnan -Avete parecchie cose da spiegarmi.-
Una volta dentro, Constance offrì loro del tè e D'Artagnan le spiegò per filo e per segno la storia di Christine e la ragazza capì che Constance doveva essere un'amica davvero fidata se le stavano raccontando proprio tutto.
Si accordarono sul pagamento dell'affitto e Christine aveva esclamato con rapidità che a quello avrebbe senz'altro pensato suo padre.
Christine salutò madame Bonacieux dicendole che sarebbe tornata la sera stessa con i suoi pochi effetti personali ed uscirono. Sulla soglia vide che D'Artagnan non voleva muoversi da lì e si voltò pensando di lasciar loro un po' di 'intimità'.
Beh, non credo che possano sbaciucchiarsi in mezzo alla strada.
D'Artagnan baciò con estrema lentezza la mano della sua amata.
-E' stato un piacere rivedervi D'Artagnan.- le aveva detto lei.
-Spero che i nostri incontri ricominceranno ad essere più frequenti, madame.-
E se ne andò con un lieve sorriso stampato sulla faccia. Christine lo guardò. Sembrava che anche gli occhi gli ridessero. Capì che l'amore che provavano l'uno per l'altra doveva essere intenso come pochi ne esistevano. A lei non era mai capitato di innamorarsi così.
-Sembrate un'altra persona ora.- gli disse.
D'Artagnan continuò a sorridere. -E dovrei ringraziare voi per questo.- le disse.
Arrivati alla guarnigione Christine si sedette sulle scale dell' ufficio di suo padre ed osservò i moschettieri che si allenavano a tirare di spada poco lontano da lei.
Se fosse nata maschio sarebbe stata lì in mezzo a loro probabilmente.
Aramis e Porthos si stavano rotolando nella paglia in un combattimento che era diventato un corpo a corpo. Ovviamente Porthos stava avendo la meglio.
D'Artagnan li raggiunse.
-Ho voglia di tirare di spada!- esordì sorridente. -Chi si offre?-
I due si alzarono. Aramis emise un lamento e si portò una mano dietro la schiena mentre si allontanava zoppicando.
-Io passo.- disse con un espressione di dolore sul volto.
-Oh andiamo, per cosi poco?- rise Porthos.
-Dammi un moschetto e ti faccio vedere!- rispose ridendo Aramis. Si sedette sulle scale accanto alla figlia del capitano.
Christine si prese le ginocchia tra le braccia.
-Vi ha stracciato, eh?-
L'uomo si passò una mano tra i capelli.
-Andiamo, l'avete visto? Nessuno lo batte con il corpo a corpo!- alzò un dito verso la ragazza -Datemi un moschetto, una pistola, o una spada. Sono il migliore con il moschetto.-
-Oh non ho dubbi su questo.- disse lei.
Aveva atterrato i suoi aggressori con un solo colpo a testa a parecchi metri di distanza.
-Come è stato?- le chiese Aramis avvicinandosi di più a lei ed abbassando il tono della voce.
-Cosa?- 
-L'incontro tra i due innamorati, ovvio!-
-Ah!- esclamò lei.
A che altro avrebbe potuto riferirsi altrimenti?
-Formale.-
-Formale? In che senso?-
Aramis appoggiò i gomiti sullo scalino superiore e si stirò la schiena. La velatura della camicia verde che indossava lasciò intravedere le sue spalle forti. Christine fu costretta a distogliere lo sguardo per poter formulare una frase di senso compiuto.
-B-beh,  facevano finta di non conoscersi. Si davano del voi. Ma è stato malinconicamente romantico. D'Artagnan non ha smesso di sorridere un attimo da quando è uscito da quella casa.-
Aramis sorrise compiaciuto.
-Non c'è di che, amico.- disse come se potesse sentirlo ,chiudendo gli occhi e beandosi del sole che gli baciava il volto. 
Lei sorrise. Era un eroe romantico davvero, allora. Gli piaceva aiutare la gente. Del resto era un moschettiere.
-A proposito di cose per cui bisogna ringraziarvi..- cominciò lei. Aramis si voltò per guardarla. -Non vi ho ancora ringraziato per avermi salvato la vita.-
-Oh, è stato un piacere mademoiselle. Siete stata una piacevole scoperta.- sorrise lui.
Aramis si tirò su meglio e guardò la ragazza.
Lei si perse di nuovo nella profondità dei suoi occhi neri e quando l'uomo le accarezzò il profilo del viso con il dorso della mano sussultò, colta alla sprovvista. Che cosa le prendeva? Non era mai stata una di quelle ragazze che si sconvolgono con poco.
-Certo..- sussurrò lui. -Dovrei aspettarmi di ricevere un premio per aver riportato a casa la figlia del capitano sana e salva.-
Lei avvampò e sperò che il moschettiere non lo notasse.
Non era certo la prima volta che qualcuno le dava attenzioni, ma era la prima volta che lei si sentiva così coinvolta. L'effetto che Aramis aveva su di lei era qualcosa di nuovo, ed era difficile resistergli.
Si avvicinò alla guancia del soldato e vi schioccò un bacio rapido.
-Spero basti, mio salvatore.- sussurrò lei sorridendo leggermente imbarazzata.
Aramis passò lo sguardo dagli occhi alle labbra di lei. Si allontanò leggermente rendendosi conto che, diamine, era la figlia del capitano.
-Non aspiravo ad altro.- concluse sorridendo.
Una voce dall'alto li interruppe.
Per fortuna.
-Porthos, D'Artagnan!- Era Athos che era appena uscito dall'ufficio di Treville.
Con un cenno della testa fece capire ai suoi compagni di salire ed entrare piuttosto urgentemente. Poi abbassò lo sguardo sulle scale dove vide che Christine e Aramis si erano ormai allontanati.
-Anche voi due, sbrigatevi.- aggiunse guardandoli.
Salirono tutti in fretta le scale. Per ultimo Aramis. Quando passò  davanti ad Athos, questi lo afferrò per un braccio.
-Aramis.-
-Sì?-
-Che stai facendo.- più che una domanda sembrava che Athos volesse dire "Non farlo".
-Niente!-
Athos sospirò e prima di entrare aggiunse -Almeno non è la regina.-
Quando furono tutti dentro Athos chiuse la porta.
Treville stava in piedi dietro al suo scrittoio ed osservava la lettera che aveva recuperato Aramis con aria preoccupata.
Quella poca gioia che aveva portato il ritorno della figlia era appena svanita.
-Signori.- cominciò -Abbiamo un problema.-


























Buondì!
Ecco il secondo capitolo. Spero che il personaggio e storia di Christine vi stiano piacendo =)
Datemi un vostro parere con una recensione!
Vi ringrazio per avermi letto e a presto!
Rack 




 

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