L'orgoglio dell'anguilla

di Shaara_2
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte I ***
Capitolo 2: *** Parte II ***



Capitolo 1
*** Parte I ***


Boys over Flowers

L'orgoglio dell'anguilla

Parte I di II



 

Il vento volava nei suoi capelli leggeri e delicati. Il mare rifletteva i raggi del sole con un bagliore sfrontato e abbagliante, facendo sembrare le onde come composte di un sottile strato di diamanti liquidi agitati solo dalla brezza marina.

 

Una lieve folata di vento portò una goccia d’acqua di mare sulle labbra di Jan-di, colpendo invece con energia il viso di Jun-pyo, lasciandolo bagnato e divertito allo stesso tempo.

 

“Tutto a posto?”, disse alla ragazza.

 

Tolse un fazzoletto di seta dalla tasca dell’abito scuro, lasciò che i rigagnoli di acqua salata scivolassero sul suo viso occupandosi unicamente di quella goccia che da sola aveva osato colpire le labbra di Jan-di.

 

Nell'osservarla cadere si domandò se la ragazza avrebbe accettato una soluzione alternativa al suo fazzoletto. Aprì le labbra sognando di poter asciugare Jan-di con la sua stessa pelle, ma sapeva che quella sarebbe stata una confidenza che ancora non gli avrebbe permesso. Così aspettò, rimanendo a fissarla con il suo sguardo beffardo e sognante, immobile, perso in un immagine in cui lei era l’unica stella del cielo. Abbassò gli occhi e si rassegnò a porgerle il fazzoletto per farla asciugare da sola.

 

“Si, tutto ok, solo qualche goccia. L’onda voleva farci uno scherzo.” Jan-di prese il fazzoletto passandolo sulle sue labbra.

 

Alzò gli occhi con fare furtivo, trovandolo totalmente assorto in numerosi e inafferrabili pensieri. Osservò il suo viso, non si era neanche asciugato dopo che quell’onda li aveva colpiti. Si domandò che cosa potesse distrarlo in quel modo. Di sicuro non doveva essere stata lei a fargli perdere l’attenzione sul loro discorso.

 

“Ti va di mangiare?”

 

“Ok, dove andiamo?”

 

Jun-Pyo le sorrise in risposta. “Dove ti piacerebbe andare?” Questa volta l’aveva sorpresa. Questo non era l’atteggiamento dell’arrogante Jun-Pyo. Possibile che fosse cambiato così tanto?

 

Erano passati quattro anni dall’ultima volta che si erano visti. Era tornato da lei con il suo solito fare beffardo, ma questa volta sembrava veramente risoluto e deciso a conquistarla. Se non fosse stata certa che Jun-Pyo, al suo interno, fosse sempre il solito prepotente che conosceva, probabilmente, gli avrebbe dato più speranza. Invece era ancora incerta sui suoi sentimenti. Non poteva veramente essere cambiato tanto.

 

Jan-di non sapeva proprio che cosa pensare di Jun-Pyo: si erano lasciati per la loro incredibile caparbietà e orgoglio e anche se era tornato per lei, con un anello in mano e un’allettante proposta di matrimonio, continuava a chiedersi se fosse veramente quello che voleva, almeno questo era quello che le suggeriva la sua mente, perché il suo cuore, di sicuro, batteva più forte ogni volta che Jun-Pyo ondeggiava guardando le sue labbra. A volte aveva il dubbio che fosse sempre sul punto di baciarla. Eppure non cedeva mai a quel trasporto.

 

La toccava appena e solo il tanto necessario, mai una mano fuori posto, mai un azzardo, nemmeno un bacio rubato al chiaro di luna e Jan-di si ritrovò a domandarsi se questo fosse veramente quello che desiderava…

 

“Allora? Vuoi rispondere? Ti ha mangiato la lingua un gatto? Cosa ti piacerebbe mangiare?”

 

“Jun-Pyo, da quando ti interessa che cosa desiderano gli altri?”

                                   

“Ancora me lo domandi?” Il ragazzo scosse la testa sorridendo, “te l’ho detto che devi prenderti le tue responsabilità verso di me Jan-di. Non ho nessuna intenzione di lasciarti andare.”

 

“Chi ti ha detto che io voglia prendermi quelle responsabilità?” Jan-di incurvò le labbra accennando un broncio per poi ridere divertita. “Quattro anni fa ti ho detto che se fossi stato una persona migliore, avrei considerato di prendermi questa responsabilità! Non ti ho detto che l’avrei fatto e basta!”

 

Jun-Pyo alzò la testa guardando il cielo, sapeva quanto Jan-di fosse tenace e ostinata nel suo orgoglio, ma l’aveva già conquistata più volte, nonostante incredibili ostacoli e forse, con un po’ d’impegno, sarebbe riuscito a conquistarla di nuovo, ma questa volta per sempre.

 

“Ragazza ordinaria, la tua memoria non funziona bene ma, sì, questa cosa la ricorda.” Abbassò lo sguardo sul suo viso minuto, “... anche io ti dissi qualcosa riguardo al mio ritorno.” Jun-Pyo prese fiato, i suoi occhi cominciarono a tremare. “Ti ho detto che se fossi tornato, l’avrei fatto per non lasciarti più…”

 

Jan-di sorrise, mostrando appena delle tracce di quella emozione confusa che la stava divorando dall’interno.

 

“E’ vero l’hai detto”, poi qualcosa le impedì di continuare a parlare. Sebbene fosse ancora indecisa su quale fosse l’uomo giusto per lei, l’ostinata persistenza di Jun-Pyo iniziava a fare il suo effetto.

 

Guardò in alto cercando il suo viso e lo trovò pronto per risolvere la questione con un bacio. Non sarebbe stato il primo che le dava, sarebbe stato come gli altri dolce e appena accennato sulle labbra, come il bacio di un fratello, ma questa volta la sorprese. Si chinò avvicinandosi al suo viso e come sempre lei rimase immobile, come aveva sempre fatto, ma lui era decisamente cambiato, almeno in questo.

 

Posò le labbra dolcemente, poggiandole piano, piano, eppure, diversamente dalle altre volte, sembravano più calde e pressanti come se qualcosa le bruciasse nel contatto. Qualcosa di inaspettato. Qualcosa che da quel giorno le avrebbe tolto il sonno al loro ricordo.

 

“Jan-di” disse Jun-Pyo con un filo di voce, poi cominció a baciarla come un uomo, togliendo di colpo l’innocenza in quel gesto che fino ad allora era stato solo un gioco.

 

Alcuni istanti ancora e la sua mano le diede una ulteriore certezza di quanto fosse diverso. Le sue dita si posarono sul suo viso, cingendolo come in un abbraccio, eppure il suo tocco era ancora dolce e gentile, senza forza e senza possesso, decisamente in contraddizione con la sua bocca che invece si espandeva al contatto con le sue labbra.

 

Che cos’era quello strano senso di vuoto nello stomaco che provava solo a guardarlo? Come osava adesso, dopo quattro anni, cercare di baciarla in quel modo? Poi i pensieri divennero più bagnati e carichi quando, arrendendosi a qualcosa di insensato, lo lasciò aprire dolcemente le sue labbra facendosi assaggiare, gustare, esplorare in ogni angolo della sua bocca e si lasciò bere come se lei fosse pioggia e lui un naufrago che muore di sete.

 

Aprì gli occhi, forse gli stava cedendo una confidenza che ancora non meritava eppure qualcosa in lei si era arresa. Si abbandonò a quella sensazione calda e avvolgente che proveniva dalla sua mano. Anche questa era una nuova confidenza che non gli aveva apparentemente ancora concesso, e ora la confondeva.

 

Le sue dita posate tra la nuca il viso le facevano sentire il brusio del mare come ovattato e quel senso di incredibile vuoto al petto le ricordava quanto fosse ridicola la loro intricata relazione. Eppure qualcosa in lei stava scricchiolando, l’aveva sentito mentre cedeva a quella lusinga, baciandolo e maledicendo ogni bacio. Rispondeva a quel caldo e sconosciuto piacere senza potersi fermare, e più lo faceva, più lui prendeva coraggio, toccandole i capelli, il collo, accarezzandole le orecchie poi il mento, diventando sempre più affamato ad ogni ad ogni contatto o minima concessione.

 

Anche Jun-Pyo aprì gli occhi senza mai smettere di fissarla, affondava tra un bacio morbido e uno più audace, cambiando l’inclinazione del viso, per poi tuffarsi ancora e ancora nelle sue labbra come se fosse un pesce e la sua bocca il mare. Un altro passo verso l’abisso e si ritrovò ad aver afferrato il suo viso con entrambe le mani mentre lei si arrendeva incredula e tremante tra le sue braccia.

 

Questo deve essere un sogno, pensó afferrando un battito mentre scivolava nell’oceano dei suoi desideri. Quanto sei bella, disse ancora, ma quando aprì le labbra le parole non vennero fuori proprio uguali ai suoi pensieri.

 

“Scommetto che non puoi più fare a meno di baciare il grande Jun-Pyo” disse il giovane con il suo inconfondibile fare arrogante.

 

“Jun-Pyo, tu vuoi morire?”

 

Normalmente si sarebbe staccato simulando una falsa indifferenza, ma questa volta no, continuó a fissare le sue labbra, cambió ancora inclinazione prendendo fiato e con una stretta l’avvicinó al suo corpo, stringendola più forte che poteva.

 

Era la prima volta che osava tanto. Si fissarono per un istante senza fiato, come se respirare fosse diventato pesante, poi chiusero gli occhi insieme, nascondendo quel pizzico di emozione che avevano lasciato passare tra le fronde dell’orgoglio, riprendendo timidamente a baciarsi dal punto esatto in cui si erano fermati.

 

Forse Jan-di si era messa troppi problemi su quella relazione. Forse doveva solo lasciare andare le cose oppure poteva ancora ritirarsi e rinnegare tutto, ma adesso, in riva al mare, mentre Jun-Pyo reclamava per sé le sue labbra, tutto era talmente perfetto che poteva lasciarlo fare, al domani avrebbe pensato un altro giorno…

 

*

 

“Allora, cosa ti va di fare?” la voce mezza divertita risvegliò Jan-di da tutti i suoi pensieri.

 

“Cosa?”

 

“Se ti va possiamo andare a casa mia, posso mostrarti la mia cucina e preparare qualcosa.”

 

“A casa tua?” Affermò Jan-di, spalancando gli occhi con un briciolo di disappunto. “Incontrare tua madre dopo 4 anni? Non ci penso proprio!”

 

“Non hai capito, non abito più con la mia famiglia, mi sono comprato una casa tutta mia.”

 

“Hai una casa?” Jan-di si girò a guardarlo divertita, proprio non lo immaginava a vivere da solo.

 

Anche Jun-Pyo rise come se facesse tutto parte di un piano ben programmato. “Allora? Perchè ci metti tanto a rispondere? Vuoi vederla?”

 

Jan-di gli sorrise divertita.

 

Arrivati a casa, Jun-Pyo aprì la portiera dell’auto aiutandola a scendere e accompagnandola fino al portone con una mano dietro la schiena.

Il cuore di Jan-di iniziò ad allarmarsi quando il ragazzo la superò per aprire la porta d’ingresso, però, una volta entrata nell’appartamento, di colpo, si sentì come a casa.

 

Era una appartamento piccolo, confortevole, con un arredamento sobrio ed essenziale, prevalentemente bianco e con poche rifiniture in acciaio. Sembrava la classica casa di un uomo solitario con l’evidente assenza di una donna a curare i dettagli.

 

Jan-di cominciò a toccare le mensole e i mobili vuoti, senza polvere. Era tutto nuovissimo, bello, ordinato e piacevole alla vista. Pensò che anche lei avrebbe potuto arredare quella casa in quel modo, forse con qualche dettaglio in più per ravvivare tutto quel bianco, ma nell’insieme le sembrò piacevole e luminoso. Proseguì ad analizzare l’arredamento fino al bancone che separava il salone dalla cucina a vista. Era bellissima, grande e attrezzata per un solo cuoco o al massimo poche persone. Era evidente che Jun-Pyo non aveva cameriere in questa nuova casa, non ci sarebbe stato lo spazio. Sembrava più la casa di una coppia normale, senza eccessi o inutili ostentazioni.

 

“Ma...è tua?”, Jan-di si fermò ad osservare un vaso vuoto al centro del tavolo della cucina. Dei fiori rossi avrebbero di sicuro reso la stanza più gradevole.

 

Jun-Pyo posò un gomito sul bancone, restando a guardare i suoi spostamenti.

 

“Sì, ti piace?”disse roteando il bacino per seguire i suoi movimenti nella stanza, poi la ragazza si piegò colta dalla curiosità di aprire i cassetti. Un’infinità di pentole e piatti immacolati riempivano gli armadi. “Li hai mai usati?” disse prendendo i piatti ancora imballati tra le mani.

 

Jun-Pyo la raggiunse, spostandola con un colpo di bacino. La ragazza perse l’equilibrio cadendo per terra.

 

“Ehi! ti sembra il modo?” disse afferrando la mano che il ragazzo le aveva allungato per aiutare ad alzarsi. Fortunatamente era riuscita a non rompere neanche un piatto, ma certo quello era il solito modo di fare di Jun-pyo, come aveva fatto a pensare che fosse cambiato?

 

“Togliti da lì che cucino qualcosa”, disse lui guardandola dall’alto al basso con una sottilissima espressione di sfida.

 

Jan-di rise divertita e sorpresa. “Perchè sai cucinare?”

 

Jun-Pyo sembrava aver aspettato quella domanda per millenni e adesso si gongolava sapendo di sorprenderla. “In quattro anni da solo, si imparano un sacco di cose”. Spostò la ragazza di peso, sollevandola per le braccia e poi aprì il frigo rivelando il prezioso contenuto.

 

Quattro anguille ancora vive e parecchio arrabbiate aspettavano l’apertura dello sportello.

 

Si inginocchiò ad afferrare un pentolone e un grosso coltello, poi prese le anguille mettendole sul tavolo. Afferró le mani di Jan-di per metterle sopra la prima anguilla che gli capitò tra le mani, sollevando il coltello verso l’alto. Tutti seguirono il movimento del coltello anche le anguille tremanti per la paura.

 

Chiuse gli occhi prendendo coraggio e li riaprì prendendo la mira.

 

“Aaaaaaaa” Urlò Jan-di cercando di fermare l’anguilla che si agitava tra le sue mani, mentre le altre tre, ormai libere, sgattaiolavano sul pavimento.

 

Per la paura gli cadde il coltello. “Jan-di sei pazza? Se il coltello mi cadeva sui piedi ora avrei perso tre dita.”

 

“Tu vuoi ucciderla? Non dirmi che fai queste cose?” Jan-di era furente.

 

Jun-pyo la guardò sconcertato. “Ti ho visto mangiarla cotta in qualsiasi modo, a pezzi, nel sugo, nel brodo, arrosto, impanata e fritta… dimmi: qual è il problema?”

 

Jan-di iniziò a balbettare muovendo le mani: “I...io...non posso mangiarla viva”, disse la ragazza continuando a tenere l’anguilla mentre questa cercava di morderla. Prese il pesce e lo passò in mano al ragazzo che lo osservò inorridito, evitando di far finire le sua dita tra le fauci affilate dell’animale.

 

Jun-Pyo posò il coltello, ripassò l’animale in mano a Jan-di e cercò di riacciuffare le anguille che si divincolavano nel pavimento in cerca di una via di fuga, ma l’impresa era ardua: ogni volta che ne afferrava una altre due riuscivano a scappare.

 

Una volta che riuscì ad afferrarle tutte, mentre Jan-di urlava cercando di tenere stretta quella che aveva tra le mani, le infilò in un insalatiere riuscendo a chiudere il coperchio.

 

L’anguilla che teneva Jan-di, vedendo la situazione, non si arrese e con un movimento scattante riuscì a liberarsi dalla presa della ragazza per dare una frustata con la coda proprio sul naso di Jun-Pyo.

 

“Uch, maledetta anguilla!” Urlò il ragazzo tenendosi il naso. Con gli occhi infuocati si girò verso il pesce con aria di sfida, lanciandosi nella cattura come un forsennato, ma l’anguilla continuò a strisciare nel pavimento sfiorando la velocità della luce e soprattutto attorcigliandosi nella caviglia di Jan-di che per la paura urlava da sopra una sedia.

 

Infine afferrò l’anguilla con tutta la caviglia di Jan-di, sollevandola per aria.”Presto metti il sale in una busta che la soffochiamo!”

 

“Co-cosa?”, disse Jan-di sconvolta.” Tu vuoi fare questo ad un povero animale indifeso?”

 

Jun-Pyo si girò intorno guardando in quale modo aveva devastato la casa nella folle rincorsa dei viscidi animali. Tutte le sedie stavano per aria, due vasi si erano rotti, le tende del salone erano staccate, il tappeto mezzo arrotolato, sporco e bagnato, il tavolino sdraiato su un lato, il sale sparso per terra e una montagna di coltelli erano rovinosamente caduti per tutta la cucina. “Indifeso?”, disse senza riuscire a trattenersi.

 

Jan-di fece di sì con la testa, osservando l’anguilla che si teneva stretta e salda alla sua caviglia e la fissava con gli occhi grandi in cerca di conforto. “Non vedi ? Sta cercando di parlarmi: sta chiedendo aiuto.” La ragazza si piegò verso la sua gamba sospesa per aria per parlare con l’animale: “hai ragione piccolina, è solo un mostro cattivo, ma adesso ci sono io.”

 

Jun-Pyo la guardò incredulo e con un labbro tremante per l’esasperazione: tutto il suo programma culinario stava andando decisamente a farsi benedire per colpa di un’anguilla. Di sicuro quel pesce era un lontano parente di Jan-di e dovevano essersi alleate.

 

“Jan-di, l’ho comprata per mangiarla!” Non era possibile che una sola anguilla avesse interferito in questo modo con i suoi piani. Avvicinò il viso alla caviglia di Jan-di cercando di strappare il pesce, ma sia l’animale che la ragazza fecero resistenza scappando e facendo cadere l’ultima sedia. Jun-pyo le rincorse fino ad afferrare la ragazza per un polso spingendola contro il lavandino. Con un movimento brusco cercò di afferrarla per entrambe le braccia mentre lei si divincolava, così fu costretto a sovrastarla mentre Jan-di, come unica alternativa, allargava le gambe scalciando con la caviglia dove teneva il pesce, il quale,  comprendendo che la situazione si stava facendo pericolosa, pensò bene di darsela a gambe e, dato che l’anguilla non ha zampe e visto che di gambe intrecciate c’è n’erano già abbastanza, strisciò via senza farsi notare …

 

Restarono solo Jan-di e Jun-Pyo letteralmente incastrati davanti al lavandino. Jun-pyo sentiva la gamba di Jan-di sollevata fino al suo bacino, mentre l’altra gamba era totalmente attorcigliata nella sua, rendendo impossibile ogni movimento. Uno strano pensiero occupò improvvisamente la sua mente. Qualcosa di inconfessabile, in qualche modo legato ai suoi pensieri notturni più caldi e meno romantici, che vedevano sì la ragazza in quella posizione, ma con molti meno vestiti.

 

Un turbine di immagini prese il possesso della sua mente, rendendolo muto e spaventato dalla sua stessa reazione a quel contatto. Qualcosa di inarrestabile iniziò a muoversi nel suo corpo dando evidenti segni di una nascosta vita sotterranea che, nonostante la sua battaglia interiore per tenere la situazione sotto controllo, sembrava decisa a riemergere. Era un dettaglio personale che, anche volendo, non riusciva più a nascondere. Arrossì timoroso, grattandosi la testa.

 

Anche Jan-di si accorse dell’imbarazzante posizione e del caloroso effetto che aveva causato in Jun-pyo. Aprì gli occhi confusa e vagamente curiosa di una ulteriore e personale verifica. Era proprio quello che pensava? No, non era possibile, Jun-pyo era sempre stato molto serio su queste cose.

 

Si guardarono per un istante imbarazzati.

Un dolore acuto e un senso di vuoto la colpì verso sud del suo corpo, un'emozione anomala che la costringeva a restare avvinghiata al ragazzo e a respirare più in fretta, come se fosse in pericolo, ma non era pericolo quello che sentiva, sembrava più ...attrazione, come una calamita.

 

Un senso misto di dolore e piacere cancellò tutti i suoi precedenti pensieri, neanche ricordava più che erano finiti in quella posizione per colpa di un’anguilla.

 

Fu solo dopo qualche istante che si rese conto che una mano del ragazzo era poggiata sulla sua coscia nuda e la teneva stretta e sollevata, ancorata al suo bacino, mentre un’altra parte dei loro corpi era finita pericolosamente in attrito.

 

Ci volle poco per capire che stava in piedi solo perchè lui la teneva stretta abbracciandola dietro la schiena e quando l’immagine le fu chiara, si domandò come mai la sua mente non le suggerisse alcun piano di fuga.

 

Si risvegliò del tutto quando il ragazzo si piegò su di lei per darle un bacio sulla fronte. Rimase immobile, senza respirare, fingendosi assente. Però, a veder bene, fingersi morta non era la risposta giusta, visto che lui lo interpretò in modo differente, passando a baciarla dalla fronte al collo. Cosa doveva fare? Mostrare quanto fosse in suo potere? Lasciarsi andare a fargli credere che lei avrebbe ceduto al suo fascino? No, questo lei non l’avrebbe permesso.

 

Alzò lo sguardo convinta di dargli una sberla, ma lui la sorprese con un bacio sulle labbra, un bacio caldo, un bacio senza fiato, carico di una strana magia che le impediva di lasciarlo andare e la costringeva a cingergli le braccia intorno al collo. Adesso erano in due a non riuscire a respirare, entrambi persi e avvinghiati totalmente dimentichi di quell'anguilla che li aveva fatti baciare. Forse Jun-pyo avrebbe dovuto ringraziarla.

 

Passò qualche minuto quando entrambi si resero conto con quale trasporto si erano lasciati andare. Jun-pyo iniziò a tossire spostandosi e guardando verso il basso, mentre Jan-di abbassò la gonna, stirando le pieghe con le mani.

 

Il ragazzo posò una mano sui capelli, spostandoli all’indietro e andando a sdraiarsi sul divano.

 

Jan-di, rimasta immobile per alcuni minuti e, dopo aver sbuffato diverse volte, andò a sedersi o meglio a lasciarsi cadere sul divano accanto a lui.

 

“Andiamo a mangiare una pizza?” Jun-pyo girò la testa all’indietro per guardarla.  

 

“Eh?” Rispose Jan-di ancora mezzo stordita, ancora non riusciva a capire come il suo corpo e la sua mente l’avessero tradita in questo modo. Si era ripromessa di non fare alcuna concessione a Jun-pyo e, neanche un minuto dopo averlo pensato, si era liquefatta tra le sue braccia. Doveva stare più attenta e concentrata. Non poteva regalare così il suo cuore. Se veramente Jun-pyo la voleva, doveva dimostrare di essere cambiato.

 

“Ehi! ragazza comune sei sorda? Ti va di mangiare una pizza?” Jun-pyo alzò il suo tono di voce con fare scortese.

 

“Uh?” grugnì Jan-di fingendo di ignorarlo, poi le venne una bella idea.“Ok per la pizza, ma prima liberiamo le anguille.”

 

“Cosa? Parli di quello che penso io? Sei pazza? Vuoi liberare la cena?” Jun-pyo si sedette a guardarla sbigottito. “Il tuo cervello non funziona bene?”

 

“Sì!” Jan-di era sicura che fosse la cosa giusta. “Andiamo!” Prese il cesto di anguille ancora vive dal tavolo, prese il ragazzo per un polso e lo costrinse a portarla fino allo stagno dove le liberò e si sentì subito contenta.

 

“Sei felice adesso?” Il viso di Jun-pyo sembrava alterato.

 

“Sì”, disse lei, tornando verso il ragazzo e guardandolo con aria trionfante. “Adesso andiamo a mangiare!”

 

Dopo aver mangiato un pezzo di pizza in riva al mare, Jun-pyo convinse Jan-di a tornare a casa per vedere un film e qui si addormentarono insieme molto prima che finisse il primo tempo.

 

Quando il ragazzo si svegliò rimase indeciso se portarla nel suo letto o se metterla a dormire nella camera accanto alla sua. Alla fine pensò che sarebbe stata più serena se si fosse svegliata in una stanza diversa, così la posò nel letto a castello e andò a dormire nella camera accanto.

 

*

 

L’indomani, diversamente dagli altri giorni, non fu il sole a svegliare la ragazza ma il profumo di una calda colazione. Jan-di aprì gli occhi convinta che si trattasse di un sogno. In canottiera e calzoncini corti, Jun-pyo, con un cerchietto in testa per evitare che i capelli gli finissero in faccia, preparava i pancake con le sue mani, brucciachiandosi e ringhiando contro i fornelli ogni due o tre secondi.

 

Era uno spettacolo delizioso. Jan-di non avrebbe mai pensato di vedere quell’immagine neanche nei suoi sogni migliori.

 

Jun-pyo si girò verso di lei con un sorriso trionfante. “Che fai? Aspetti che si sfredda? Mangia! E’ un ordine!”

 

“Tu non mi ordini nulla”, rispose la ragazza ingoiando due o tre pancake insieme.”Niente male, però, niente male..” e ne afferrò altri quattro eliminando il mucchietto di pancake caldi dal tavolo.

 

Quando Jun-pyo si voltò per portare a tavola le uova, rimase senza parole nel constatare che per lui non era rimasto neanche un pancake.

 

“Li hai mangiati tutti?” disse incredulo guardando la ragazza che ingoiava tutto quello che poteva senza neanche riuscire a chiudere la bocca.

 

“Mmmgnnnn” Jan-di indicò il boccone facendo capire di non poter rispondere. A quel punto il ragazzo si girò con la padella delle uova ancora in mano e si affrettò per metterle tutte in bocca in modo da non lasciare nulla alla ragazza che, per cercare di anticiparlo, gli saltò sulla schiena con una forchetta.

 

“Vieni a prenderle” Jun-pyo scappava con la padellina e la forchetta in mano, cercando di ingoiare tutte le uova che poteva, evitando che Jan-di, aggrappata alla sua schiena, riuscisse a rubarle. “Dammene almeno una!” Urlava la ragazza, cercando di allargare la sua bocca dagli angoli per impedirgli di masticare.

 

“Neanche se me le levi dalla bocca” rispose il ragazzo divorando l’ultimo pezzo. Fu proprio in quel momento che Jan-di capì quanto fosse inutile lottare contro i suoi i sentimenti. Scese dalla schiena del ragazzo per posizionarsi davanti a lui, si allungò sulle punte dei piedi per raggiungere la sua altezza e aprendo le labbra si infilò nella bocca di Jun-pyo con l’intento di rubargli la colazione.

 

Durò meno di un istante quella frazione di tempo in cui entrambi si dimenticarono delle uova e dei pancake per perdersi uno tra le braccia dell’altro. Jun-pyo rimase immobile non riuscendo neanche ad immaginare che la ragazza avrebbe preso quella iniziativa: lei che a malapena si faceva baciare sulla labbra, lei che non cedeva mai al suo orgoglio, lei che non era mai certa dei suoi sentimenti, lei che gli aveva promesso di non amarlo… eppure era lei adesso che lo stava baciando in quel modo. Forse stava solo sognando.

 

Era sicuramente il sogno più bello che avesse mai fatto e, poiché era un sogno, sollevò la ragazza per i fianchi posandola sopra il tavolo apparecchiato della cucina, lasciando che lei lo avvolgesse tra le sue gambe nude, riprendendo a baciarsi senza più una ragione che non fosse solo sentimento. Jun-pyo non ricordava di aver mai fatto una colazione migliore.

 

“Jan-di, perchè non vieni a stare in questa casa?” la guardò con gli occhi traballanti e carichi di emozione.

 

“Uh?”, rispose lei imbronciata, “Che dici? Devo finire gli studi, non posso vivere qui, cosa direbbe la gente?”

 

“Non mi importa della gente, potresti semplicemente venire qui a studiare, lì avresti la tua stanza, io starò nella mia… e poi non ci sarei sempre, ogni tanto sarò fuori per lavoro.”

 

“Da quando non ti importa cosa dice la gente? Non voglio farmi trovare qui quando tua madre organizzerà il tuo nuovo matrimonio o ti aspetti di essere lasciato anche dalla prossima sposa? E se non ti lasciasse?” Jan-di lo guardò con aria triste, ricordando come in passato Jun-pyo avesse accettato il matrimonio imposto da sua madre e di come l’avesse evitato solo perché era stata la sposa a scappare.

 

“Jan-di, io non sono tornato per la mia famiglia. Se sono partito, se ti ho lasciato per quattro anni, è stato solo per essere l’unico artefice del mio futuro, per non dovere più niente a nessuno, per non essere più prigioniero di niente. Sono un uomo libero adesso, sono io a gestire la mia azienda e la mia vita, se in passato mia madre ti ha ferito e ha potuto distruggere te e la tua famiglia è stato solo perché ero impotente, e comunque la sposa mi lasciò perchè la pregai in ginocchio.”

 

“Che cosa?” Jan-di rimase sorpresa, aveva creduto che Jun-pyo avesse accettato suo malgrado quel matrimonio, sapeva che era innamorato di lei, ma era certa che non avesse mai avuto la forza di ribellarsi a sua madre.

 

“Vedi,” continuò il ragazzo, “l’azienda era in crisi, mia madre vedeva in quel matrimonio l’unica soluzione, ma io ero innamorato di te, non potevo sposarla. Se io avessi rotto il fidanzamento sarei stato la causa del fallimento dell’azienda, per questo sono andato via per quattro anni. Volevo tirare su l’azienda di mio padre con le mie stesse mani, senza più dipendere o dover niente a nessuno” Inclinò la testa verso la ragazza che lo ascoltava con le lacrime agli occhi, poi riprese a parlare.

 

“Quanto alla sposa, la sera prima del matrimonio, la implorai in ginocchio di lasciarmi, le spiegai che ero innamorato di te e che ti avrei amato per sempre. Se lei mi avesse sposato con la forza io comunque non l’avrei mai amata perchè il mio cuore, ora come allora, ti appartiene.” Jun-pyo piegò la testa vedendo una lacrima scendere dal viso di Jan-di.

 

“Jan-di, non so se sono quell’uomo che desideri, sono cambiato grazie a te e ho capito cosa sono le cose più importanti della vita, non i soldi, non quello che posso comprare, non il mio continuo orgoglio o il mio desiderio di primeggiare o competere. Non so se sono cambiato abbastanza o se sono quel brav’uomo che desideri, ma sono innamorato di te e non penso di poter vivere senza di te…” Un filo di emozione rese rauca la voce di Jun-pyo, un nodo alla gola lo strinse e fu costretto a fermarsi.

 

“Jan-di, resta con me e sposami..” Una lacrima attraversò il viso di Jun-pyo, ma nel timore che la ragazza lo rifiutasse ancora una volta alzò il viso verso l’alto e si spostò da lei sedendosi accanto.

 

Jan-di rimase immobile, era decisamente scossa dal discorso di Jun-pyo e anche se lei non aveva smesso di amarlo, aveva deciso di non sposarlo e di non partire con lui, anzi l’aveva lasciato quattro anni prima, perché voleva costruire una sua indipendenza. Era stata così povera e debole economicamente da non potersi difendere dalle angherie di Jun-pyo prima e da sua madre in seguito. Aveva promesso a se stessa di trovare la sua autonomia prima di sposare Jun-pyo, se mai fosse stata ancora innamorata di lui dopo quattro anni.

 

Ora i quattro anni erano passati, ma la sua indipendenza economica ancora non era arrivata. Forse sposare Jun-pyo non era il suo destino. L’amava ancora, ma non voleva accettare nessun compromesso con il suo orgoglio.

 

Jun-pyo rimase accanto a lei senza parlare. Poi vedendo che Jan-di non rispondeva, sospirò e andò a cambiarsi nell’altra stanza. Quando tornò vestito elegante per una conferenza, nonostante gli occhi rossi dal pianto, le sembrò risoluto.

 

“Tre mesi” disse con fare deciso.

 

“Cosa?” Jan-di si girò a guardarlo, ma vedendo che il ragazzo parlava appena sul confine delle lacrime, tornò a fissare il muro della cucina.

 

“Ho detto tre mesi”, fece una pausa, “resta con me per tre mesi in questa casa. Se riuscirò a farti cambiare idea mi sposerai, altrimenti…, ognuno andrà per la sua strada. Per quanto possa sembrarti strano anche io desidero sentirmi amato…” Il ragazzo procedette verso la porta. “E non è una questione di orgoglio…” la voce si strozzò ma non abbassò lo sguardo dal suo viso “Jan-di, io ti amo.”

 

“Jun-pyo”, disse la ragazza con un filo di voce, ma lui interruppe le sue parole. “Non devi dirmi niente, però mi aspetto che tu vada da Ji-hoo e capisca quello che vuoi veramente…” Infine il giovane aprì la porta e si avviò verso la strada senza più guardare indietro.

 

Angolo dello scrittore:

 

Ciao a tutti, ho visto da poco Boys over Flowers e sono rimasta incantata.

Ho guardato questo Kdrama (Dramma Coreano) perché mi è stato indicato da alcune ragazze del forum REYLO. In particolare cercavo ispirazione per un arco di redenzione credibile per un cattivo ed inoltre, chi l’aveva già visto mi diceva che in questa storia c’era una grande componente REYLO e devo dire che avevano ragione.

Questa storia mi ha impressionato, ammaliato, colpito e conquistato, ho pianto, ho riso e ho sperato che tutto si risolvesse.

Non avevo mai visto un dramma Coreano e ora capisco cosa vuole dire appassionarsi “immediatamente” in qualcosa. Però, però … sicuramente sono io che non riesco ad apprezzare appieno questo dramma, ma alla fine mi è mancato qualcosa.

La parte drammatica a dire il vero era perfetta  mentre il lieto fine era appena accennato. Forse è questo che mi ha dato fastidio.

Dunque sono qui per fare questo: scrivere il lieto fine che forse era sottinteso, ma a me è comunque mancato …

Ti consiglio di leggere entrambi i capitoli, il senso della storia si capisce solo leggendo entrambi. Mi piacerebbe tanto sapere se, anche secondo voi, è una dinamica Reylo, ma temo che non entrerà a nessuno a leggere una Fan fiction di una storia di 10 anni fa.

Ciao a tutti 

Shaara

 



Note:

Per chi non l’avesse visto ecco di che cosa parla questo kdrama:
 

 https://www.viki.com/videos/44699v-boys-over-flowers-episode-1 qui puoi vedere tutte le puntate con i sottotitoli in italiano.
 

Trama di Boys over Flowers

La trama ruota attorno alle vicende di Jan-di e degli F4. Lo Shinhwa è un liceo per ragazzi ricchi, frequentato dall’arrogante ma popolare Gu Jun-pyo, erede della multinazionale Shinhwa Group, insieme a Yoon Ji-hoo, So Yi-jung e Song Woo-bin, forma il gruppo degli F4 (I Flower Boy): i quattro ragazzi non solo sono intelligenti e abili, ma sono considerati i ragazzi più belli e popolari della scuola e “governano” su tutti gli altri liceali.

Geum Jan-di, d’altro canto è una ragazza ordinaria di umili origini che vive con i suoi genitori e il fratellino. I suoi possiedono una lavanderia a secco e lei dopo la scuola li aiuta effettuando a domicilio le consegne della biancheria dei clienti. Quando un giorno salva casualmente uno degli studenti della Shinhwa dal tentativo di suicidio, la presidentessa del Shinhwa Group, nonché finanziatrice della scuola, le offre una borsa di studio gratuita per mettere a tacere il polverone causato dalla pubblicità negativa prodotta dall’incidente, generato dagli atti di bullismo perpetrati dagli F4. La ragazza è grata dell’opportunità ma è anche infastidita dall’atteggiamento dei quattro ragazzi.

Si scontra presto con Jun-pyo, decidendo che non vuole essere bullizzata per le sue origini. Colpito dal carattere della ragazza il leader degli F4 si prende una cota per lei. Jan-di, però, prova qualcosa per un altro membro degli F4 ovvero Ji-hoo, il membro più tranquillo e silenzioso. L’unico problema come sempre è il suo background.

Ben presto Jan-di capisce che Ji-hoo è innamorato di un’altra ragazza e non c’è posto per lei in questa storia, mentre Jun-Pyo, con la sua arroganza e disinvoltura decide di conquistarla ad ogni costo. La rapisce, la copre di regali, la porta nei posti più esclusivi, ma lei è decisa a fargli resistenza. Lui è certo che tutto abbia un prezzo e con la sua estrema ricchezza pensa di conquistarla, ma ben presto capisce che l’unica cosa che i soldi non possono comprare è l’amore. A questo punto Jun-pyo intraprende un percorso di cambiamento personale, è lento, graduale, ma da carnefice di tutti i mali di Jan-Di diventa il suo protettore, auto-dichiarandosi suo fidanzato.

Jan-di fa resistenza ma lui insiste, va a trovarla a casa dei suoi genitori, dorme con loro, cucina con loro, fa il bagno con padre e il fratellino di Jan-di scoprendo per la prima volta che cosa sia una famiglia.

Ji-hoo però si lascia con la ragazza e anche lui vuole conquistare il cuore di Jan-di.

Purtroppo, la madre di Jun-pyo decide di costringere Jan.di a lasciarlo e siccome lei si sta innamorando di lui, subisce infinite angherie da parte della madre che arriva a mandare in rovina la famiglia di Jan-di. I genitori perderanno il lavoro e saranno costretti a lasciare la figlia con il suo fratellino, arriverà al punto di minacciarla di morte e le farà distruggere la casa con lei dentro e per ultimo organizza un matrimonio per suo figlio.

Il ragazzo Jun-Pyo subisce sua madre: è ancora minorenne ed è totalmente in balia delle decisioni della donna, anche perché sua madre fa cercare Jun-Pyo e lo fa riportare con la forza dalle sue guardie del corpo. Infine davanti alla paura che sua madre arrivi ad uccidere la ragazza parte, senza darle più notizie. Lei nel mentre è sempre combattuta tra quello che prova per Ji-hoo dolce e comprensivo e Jun-Pyo arrogante, ma comunque in grado da fare breccia nel suo cuore.

Passati 6 mesi senza notizie Jan-di raggiunge Jun-Pyo il quale le fa capire che tra loro è finita. La ragazza a questo punto non si arrende. Viene quindi aiutata dalla nonna e la sorella di Jun-Pyo e diventa persino la sua cameriera personale andando a vivere a casa sua. Qui lui rinnova il suo interesse per lei, a dispetto del matrimonio che sua madre ha organizzato con una ricca ragazza figlia di un altro potentissimo manager. Jun-Pyo sa che adesso è ricambiato dalla ragazza, ma non ha la forza di contrastare sua madre. Per evitare il matrimonio si inginocchia davanti alla futura sposa implorandola di lasciarlo andare e dichiarando che lui è innamorato di Jan-di. Alla fine la promessa sposa lo lascia.

Ji-hoo nel mentre ha deciso di ignorare i sentimenti del suo amico Jun-Pyo perché ha fatto soffrire troppo Jan-di, ed è disposto a tutto per conquistare la ragazza. Jan-di viene ricattata ancora dalla madre di Jun-pyo, che scoperta la sua amicizia particolare con Ji-Hoo, questa volta, si propone di distruggere il suo amico.  Per evitare altri problemi Jan-di decide di lasciare la città. Lasciando entrambi i ragazzi.

Però entrambi la trovano e decidono di raggiungerla. Jun-pyo scopre che un malvivente cerca di uccidere il suo amico e rivale Ji-hoo e nel salvarlo viene gravemente ferito e perde la memoria. Jan-di decide che deve fargli tornare la memoria di lei e dopo disperati tentativi si butta in piscina, pur non potendo nuotare, sperando che Jun-Pyo si ricordi di aver imparato a nuotare solo per lei. Ovviamente a questo punto, senza più nessun impedimento al loro amore, Jun-Pyo decide di essere lui a guidare l’azienda di famiglia liberandosi dal giogo di sua madre. Chiede a Jan-di di sposarlo ma lei non accetta. È sempre stata povera e ha deciso di studiare, così poiché lui starà via 4 anni decidono di lasciarsi con la promessa che se dopo quattro anni lui fosse diventato migliore Jan-di avrebbe valutato se sposarlo.

I quattro anni passano e Jun-Pyo è un affermato manager, non più così ricco ma sicuramente capace. Finalmente libero nelle sue scelte torna da Jan-di. Nel mentre la ragazza era stata raggiunta da Ji-hoo che è ancora innamorato di lei. Forse sta per farle una proposta ma arriva Jun-Pyo che, sempre con il fare un po’ arrogante, dichiara nuovamente il suo amore e le chiede ancora una volta di sposarlo.

Jan-di riconosce che Jun-Pyo è cambiato ma non risponde alla sua richiesta.

Da qui inizia il mio racconto…

 

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Capitolo 2
*** Parte II ***


Boys over Flowers

L'orgoglio dell'anguilla

Parte II

Jan-di decise di restare.

 

Non sapeva se era rimasta per non spezzargli il cuore, perché l’amava o solo perchè, in fondo, insieme stavano bene. Però rimase a vivere con lui, fregandosene di quello che diceva la gente.

 

Restó, ma non gli parló mai della sua decisione sul matrimonio, avrebbe dovuto fare i conti con il suo orgoglio o con il desiderio di vederlo penare per averla e lei si era ripromessa di non regalargli niente.

 

Così, Jan-di rimase in quella casa.

 

Portò tutti i suoi vestiti e i libri nella stanza con il letto a castello. In breve tempo trovarono una sorta d’accordo che andava bene ad entrambi, lui si alzava sempre per primo, le preparava la colazione e poi andava a lavoro, mentre lei restava per lo più a casa a studiare e quando la sera lui tornava gli faceva sempre trovare un pasto caldo.

 

Dopo cena spesso uscivano e andavano a bere qualcosa o stavano semplicemente in riva al mare a parlare di niente o della loro noiosa giornata solitaria. Lei gli parlava spesso degli esami e di cosa avrebbe voluto fare dopo la laurea in medicina, mentre lui la ascoltava in silenzio, quasi sempre accarezzando i suoi capelli e finendo per addormentarsi abbracciati da qualche parte, ma ogni mattina Jan-di si svegliava nel suo letto a castello che ormai, dopo tre mesi, sentiva veramente come se fosse qualcosa che le apparteneva.

 

Una mattina però ebbe una sorpresa.

 

“Svegliati, svegliati pigrona!” Jun-Pyo la scuoteva nel suo lettino.

 

“Co-cosa? Jun-pyo, sono le 5:30, non devo andare all’università, lasciami dormire…”

 

“Forza, forza, hai un colloquio di lavoro!”

 

“Smettila di rigirarmi come un salame e lasciami riposare!” Jan-di si rigirò dall’altra parte del letto.

Il giovane prese un bicchiere d’acqua, si sedette sul bordo inferiore della struttura a castello e glielo versò sulla faccia.

 

“Arrrg! ma è gelida!” Jan-di si alzò di colpo prendendo a sberle il ragazzo. Jun-pyo fu costretto a difendersi e nella frenesia di scappare dagli schiaffi, abbondanti e generosi di Jan-di, andò a sbattere contro la rete del materasso sopra di lui.

 

“Aiah! Ancora un colpo e mi romperó la testa!” Portò le mani davanti per difendersi.”Fermati Jan-di!” Rispose evitando gli schiaffi e cercando di tenere le mani della ragazza immobili.

 

“Mi hai fatto inzuppare con quest’acqua gelida, ora te ne do altre!”

 

“No, smettila” diceva ridendo Jun-pyo mentre lei gli saliva sopra il busto, cingendolo con le sue gambe  magre come se volesse fargli mancare l’aria.

 

Forse c’era riuscita…

 

Jun-pyo la fissava immobile sotto di lei e solo in quell'istante si accorse che, incredibilmente, lui si stava lasciando picchiare.

 

“Oh!” sospirò guardando il giovane che la guardava sdraiato e immobile nel suo letto. Normalmente avrebbe riso, ma i suoi occhi rivelavano troppo delle sue emozioni.

 

Forse era meglio darsela a gambe. Sì, doveva decisamente scappare da quello sguardo e da lui. Era incredibilmente bello, così, semplicemente sdraiato sotto di lei.

 

“No, no, cosa sto facendo!” Non doveva illuderlo in nessun modo, doveva giusto liberarsi le braccia dalla sua stretta e …

 

“Caspita!” non la stava tenendo, non le stava impedendo di andare da nessuna parte. Jan-di doveva scegliere se piegarsi a baciarlo di sua volontà o scappare.

 

Sospiró confusa, guardò in alto verso la rete del materasso di sopra. Posò le dita tra le grate della rete, accorgendosi in quel momento di essere seduta proprio su di lui, in un modo inequivocabilmente romantico.

 

Però era ancora in tempo per scegliere una battuta e andare via, fingendo come sempre di aver da fare qualcosa, invece scivolò nel letto accanto a lui, senza sciogliere le gambe ancora incastrate tra di loro.

 

“Jun-pyo...io...”, disse Jan-di sdraiandosi su un fianco accanto a lui. Non era scappata, non c’era riuscita o forse… non voleva farlo.

 

Jan-di non sapeva più cosa stava facendo o chi stesse decidendo al suo posto, ma di sicuro non voleva andarsene. Si voltò per guardarlo negli occhi, sentendo che il tuffo al cuore si stava espandendo ad ogni angolo del suo corpo e un lieve tremore la sorprese. Un tremore caldo accompagnato da brividi.  Sì, erano brividi quello che provava quando, spostando lo sguardo, si accorse che Jun-pyo le accarezzava dolcemente un braccio.

 

“Eih”, riuscì a dire con dolcezza, prima che Jun-pyo si spostasse nel lettino e si sdraiasse su di lei, e le sembrò persino normale allargare le gambe per accoglierlo in una posizione apparentemente casuale, o più comoda.

 

No, in effetti non era per niente più comoda, lui pesava parecchio steso sul suo corpo, ma c’era qualcosa tra loro che stava diventando difficile da fermare come una marea in prossimità della luna piena.

 

Jan-di chiuse gli occhi e aspettò che lui la baciasse sulle labbra e, quando lo fece, le fu chiaro del perchè era rimasta: era innamorata di lui e anche se nessuno riusciva più a parlare, ora sapeva che entrambi volevano e potevano solo stare insieme.

 

Senza farsi altre domande, Jun-pyo posò le mani sui suoi fianchi, poi le accarezzò il collo e poi le clavicole magre, scendendo e ansimando fino al contorno del suo seno, che accarezzò senza timore semplicemente baciandola in ogni punto di contatto e ascoltando il suo respiro affannato che si chiudeva dentro ogni singolo bacio.

 

Jan-di si scoprì tremante e nuda tra le sue braccia calde, senza pensare l’aiutó a togliersi i vestiti, trovandosi per la prima volta nudi e abbandonati, totalmente arresi alle loro emozioni, lontani dalle piaghe dell’orgoglio o i fraintendimenti, senza più niente da dover evitare o battaglie da perdere.

 

Erano solo loro, liberi di scegliersi e amarsi senza altre condizioni che non fosse la volontà di entrambi o i loro sentimenti.

 

Jan-di abbasso lo sguardo vergognandosi di colpo, il suo seno così piccolo, i suoi fianchi stretti, per istinto incroció le braccia sul seno, ma lui aprì gli occhi sconcertato.

 

“No, lascia che ti veda” lo disse con un filo voce. Abbassò lo sguardo scrutando il suo corpo nudo per adorarlo senza neanche riuscire a toccarla.

 

Jan-di lasció che la guardasse in quel modo, come se volesse mangiarla, alzó gli occhi vergognandosi e sentendosi esposta, ma presto il peso dei suoi occhi divenne insostenibile e fu lei a dire qualcosa per prima.

 

“Toccami!” Disse guardando verso il letto di sopra.

 

“Co-Cosa?” Jun-pyo non sapeva veramente se credere a quello che sentiva. Forse era un sogno oppure stava per fregarlo in qualche modo, oppure aveva solo frainteso, così rimase fermo a contemplarla, sicuro che avesse solo sognato quelle parole.

 

“Ehi! Sei sordo?” Disse la ragazza muovendo le mani sulla rete.

 

Scosse la testa confuso. “Cosa?”

 

Jan-di prese la sua mano e la posó sul suo fianco offrendogli il collo.

 

Jun-pyo pensó che il suo cuore sarebbe esploso, l’adorava, aveva sognato tutta la vita questo momento e ora si sentiva paralizzato nel suo stesso corpo.

 

“Jun-pyo sei un’idiota!” Jan-di allungó le mani intorno al collo del ragazzo, si sistemò sotto di lui lasciando che i loro corpi si toccassero e cominció a baciarlo sulle labbra.

 

Il ragazzo ansimó girando gli occhi all’indietro e ricambiando i baci, accarezzandola sui fianchi e nella schiena. Le bacio il collo e ancora il petto e, poiché lei gemeva contorcendosi ad ogni bacio, scese ancora fino all’addome e più giù fino a dove sentiva calore fermandosi in mezzo alla sue gambe calde e profumate. Era certo di essere morto e questo era un sogno.

 

“Jan-Di, io ti amo…” la sua voce era un misto tra consenso e confusione, poi prese coraggio vedendola fremere e contorcersi tra le sue mani e aprì le sue labbra per gustarla dolcemente, lasciando che lei si infrangesse contro la sua bocca come un’onda si frantuma sugli scogli e rimase a baciarla fino a lasciarla esausta.

 

Quando la ragazza smise di ansimare, tornó su di lei per baciarla sulla bocca. Jun-pyo sentiva il proprio corpo carico e voglioso: se le sue cellule avessero potuto parlare sicuramente avrebbero espresso tutte lo stesso inquieto desiderio: amarla, immergersi in lei completamente, possederla e prenderla in ogni modo, girarla come un giocattolo e ricominciare ancora e ancora fino a morire d’amore, ma non poteva farlo. Se l’avesse presa senza sposarla, un domani l’avrebbe visto come un tradimento, così, facendo violenza a sé stesso e alla sua natura di uomo, la coprì con il lenzuolo e si ritirò in camera sua per mettersi dei vestiti comodi e andare a lavoro.

 

Una volta pronto, tornó da lei. “Alzati hai un impegno!”

 

“Mmmmm, ora ho proprio bisogno di dormire…Jun-pyo, torna a letto.”

 

“Ehi, ragazza comune, sei ancora senza fare nulla? Vedi perché non farai mai niente nella vita! Avanti, alzati, hai un colloqui di lavoro!”

 

“No, non è vero” disse alzando le braccia in uno sbadiglio. Non si era mai sentita così bene e non si era mai svegliata di buon umore come quel giorno, il sapore dolce delle labbra di Jun-pyo in ogni angolo del suo corpo ancora l’avvolgeva e si sentiva piena, calma e sazia di calore: era una sensazione inebriante. Aveva sempre rifiutato di concedersi a chiunque e ora questa sua deliziosa esperienza con Jun-pyo, per la prima volta, l’aveva fatta sentire felice. Era stato tutto così naturale, forse Jun-pyo era veramente la persona giusta, forse avrebbe dovuto ripensare alla sua offerta di matrimonio…, forse, se …

 

Aprì gli occhi di colpo.  Cosa diavolo stava pensando? Perché aveva lasciato che Jun-pyo la baciasse in quel modo? Era impazzita o cosa? Forse era ubriaca? L’aveva drogata?

 

Di colpo capì che era ancora nuda ed esposta alla sua vista. Si vergognó diventando rossa. Alzó lo sguardo verso di lui, e si accorse che continuava a scuoterla e dirle qualcosa.

 

“Hai un colloquio di lavoro, sei sorda? Sbrigati, sei idiota o cosa? Perché fai finta di non sentire?”

 

“Cosa?”

 

“Hai un incontro con il dottor Pong.”

 

“Che?”

 

“Jan-di, mi sono permesso di spedire il tuo curriculum alla Health Global Solution, stanno cercando laureandi per fare il tirocinio con loro. Vuoi andare?”

 

“Chi ti ha detto di farlo?” Jan-di si alzó dal letto alterata, totalmente avvolta nel lenzuolo.

 

“L’ho fatto perché ho bisogno del tuo aiuto.”

 

“Cosa? Vedi decidi sempre tutto senza chiedere niente a nessuno! Dici che sei cambiato, ma invece sei sempre uguale!”

 

“Aspetta, fammi almeno spiegare”, ma la ragazza lo buttó fuori dalla stanza, si vestì in fretta e furia, prese i libri di medicina e uscì dalla stanza sbattendo la porta.

 

Ancora una volta Jun-pyo l’aveva delusa. Aveva deciso per lei senza consultarla e chissà quante altre volte l’avrebbe fatto. Forse l’avrebbe delusa per sempre e tutto sarebbe peggiorato se dalla loro unione fossero nati dei figli.

 

Jan-di doveva valutare bene le sue scelte per il futuro. Non poteva pensare di rimanere imbrigliata in un matrimonio poco confortevole, doveva ben valutare se sposarlo, sempre che lui non avesse cambiato idea.

 

Ah! Pensare a Jun-pyo la rendeva nervosa. Doveva proprio evitare di farlo. “Ah! Povera me!” Disse a voce alta decidendo che passeggiare sulla spiaggia l’avrebbe aiutata a distrarsi.

 

Lasció la casa di Jun-pyo, passando per il giardino. Era bello, verde, con un grosso laghetto artificiale e adornato di aiuole fiorite. Era proprio davanti alla sua stanza e ogni mattina adorava guardarlo prima di vestirsi.

 

Qualche volta le era sembrato persino di vedere l’anguilla, proprio quella che lei è Jun-pyo volevano mangiare, nuotare nel laghetto, ma quella giornata il suo malumore aveva reso il suo bellissimo giardino trasparente.

 

Jan-di era delusa e nervosa, doveva camminare per sfogare la sua rabbia.

 

Camminó per alcuni minuti fino a raggiungere la spiaggia quando arrivò un messaggio sul suo cellulare. Un tuffo al cuore le anticipó chi la stava cercando: era Jun-pyo.

 

“Mi dispiace di averti fatto arrabbiare, non era quello che volevo. Vediamoci alle 13:00 al bar sulla spiaggia perché devo parlarti.”

 

Jan-di sorrise. Jun-pyo aveva capito il suo sbaglio e stava cercando di recuperare. Guardó l’orologio senza accorgersi che aveva camminato per ore e adesso mancava poco alle 13:00, così si avviò verso il bar dove le aveva dato appuntamento.

 

Arrivata nella caffetteria si sedette di fronte al mare. Una ragazza la raggiunse portandole il menù del locale. Visto che era affamata prese dei fagioli di soia al vapore e una bevanda calda, restando in attesa di Jun-pyo. “Uff!” Sospiró. Jun-pyo era in ritardo. Guardó l’orologio e quando sollevó lo sguardo si trovó Ji-hoo in piedi, proprio davanti a lei.

 

“Ciao, anche tu qui?”

 

“Cosa?” Rispose la ragazza guardando l’amico.

 

Sorrise e lui si avvicinó alla sedia.

 

“Aspetti qualcuno?”

 

“Em, io…, aspetto Jun-pyo. Ha detto che vuole parlarmi.” Disse Jan-di indicando a Ji-Hoo la sedia davanti a lei.

 

Ji-hoo guardó la sedia, decidendo di sedersi davanti a Jan-di, guardó l’orologio e scoppió a ridere.

 

“Jan-di”, disse avvicinandosi al viso della ragazza.

 

“Sì? Cosa c’è?”

 

“Jun-pyo ha detto anche a me di venire qui alle 13 perché voleva parlarmi”. Ji-hoo le prese una mano. “Forse non verrà Jan-di, forse voleva solo farci incontrare.”

 

“Cosa?” Jan-di fece una faccia perplessa. Ji-hoo dici sul serio?”

 

*

 

Il giovane abbassò la testa, mettendosi a frugare in una tasca della giacca bianca. Poi prese una busta e la posó sul tavolo fissando Jan-di.

 

“Un po’ di tempo fa mi diede questa per te.”

 

“Per me?” Jan-di fece una smorfia inarcando le sopracciglia. “Ji-hoo, mi stai spaventando.”

 

“Jun-pyo è sempre imprevedibile”,  disse Ji-hoo scuotendo la testa.

 

La ragazza prese la busta. Afferró il coltello, prendendolo dalla tavola apparecchiata e taglió la carta.

 

Nella busta c’era una lettera di Jun-pyo ed era indirizzata a lei.

 

Jan-di sollevó gli occhi fissando Ji-hoo spaventata e confusa. “Ji-hoo…”

 

“Jan-di” il ragazzo le afferró entrambe le mani con dolcezza. “Jan-di, non voglio più vederti soffrire, tu sai che io sono sempre accanto a te e vorrei dirti che…”

 

“Aspetta!” Jan-di sollevó una mano, fermando il suo discorso. “Aspetta, leggi qui cosa ha scritto!”

 

Ji-hoo abbassó lo sguardo scorrendo velocemente le parole fino al punto indicato da Jan-di.

 

“Ti chiedo scusa per aver sempre ostacolato la tua relazione con Ji-hoo, sono stato un egoista ed è per questo che me ne vado.”

 

“Cosa??” Ji-hoo alzó lo sguardo sorpreso, avrebbe voluto dire a Jan-di che anche lui la amava e che, da sempre, aspettava una sua mossa, ma non era il momento, così rimase a guardarla senza dire niente. Il suo cuore era in fiamme come migliaia di altre volte che guardava Jan-di soffrire quando lui avrebbe voluto e potuto offrirle ogni cosa. Jan-di piangeva disperata, forse era veramente troppo tardi.

 

Il cuore di Jan-di apparteneva ad un’altra persona.

 

Non c’era bisogno di dichiarare i suoi sentimenti alla ragazza o di chiederle che cosa avesse deciso in merito a Jun-pyo perché il suo viso bagnato dalle lacrime dava già tutte le risposte. Lei amava Jun-pyo, solo l’orgoglio, quella forza interiore che l’aveva aiutata nei momenti  difficili ora la bloccava e le impediva di correre per riprendersi l’unico uomo che veramente voleva.

 

Cosa doveva fare? Aiutarla a superare il suo stesso orgoglio e lasciarla andare da Jun-pyo o vederla soffrire fino a che si fosse dimenticata di lui? No, non poteva fare questo a loro. Amava troppo Jun-pyo e Jan-di, anche se gli avesse spezzato il cuore ancora una volta doveva aiutarli.

 

Alzó lo sguardo su Jan-di: piangeva sconsolata e rassegnata, sembrava essersi arresa.

 

Prese la lettera dalle sue mani. “Posso leggerla?”

 

Jan-di fece un cenno con la testa e lui inizió a leggerla dall’inizio.

 

“Cara Jan-di,

i tre mesi che ti avevo chiesto sono passati e ti ringrazio per essere rimasta con me per tutto questo tempo. Ho fatto di tutto per conquistare il tuo cuore. Ho comprato questa casa per viverci insieme, come persone comuni, senza curarmi delle dicerie della gente, della diversa situazione economica, del ceto sociale, delle aspettative di mia madre o della mia famiglia in generale.

 

Ho lavorato, cercando di non stare a lungo fuori città e mi sono preso cura di te. È stato bello vederti mangiare quello che cucinavo ogni mattina o venire a svegliarti nel tuo letto a castello e non sai quanto ho sognato, ogni notte di tutti questi mesi, che tu mi raggiungessi nel mio letto per stare con me, per dirmi che mi ami e che accetti di sposarmi.

 

Non sai quante volte ho sognato di vederti prendere quell’anello che ho comprato. Quell’anello davanti al quale ti ho chiesto mille volte di essere mia moglie, ma tu non mi hai mai risposto: mai!

 

Per questo ho deciso di farti incontrare con Jin-hoo. Ogni volta che io ti parlo di noi, tu mi parli di lui: di quanto è bello e buono, perfetto. Ho capito che sono in torto e voglio scusarmi.

 

Ti chiedo scusa per aver sempre ostacolato la tua relazione con Ji-hoo, sono stato un egoista ed è per questo che me ne vado.

 

Voglio che tu sia felice e che faccia la scelta giusta, la scelta che ti rende felice.

 

Permettimi però, prima di andare, di fare qualcosa per te. Non posso sopportare l’idea di saperti senza niente e in difficoltà economiche. La casa dove abbiamo vissuto in questi mesi la lascio a te: è tua. Lo so che non la accetterai mai, ma tanto non potrai più dirlo a nessuno perché se stai leggendo questa lettera sarà perché io sono già andato via.

 

Mi dispiace di non essere l’uomo che hai sempre desiderato, ho fatto il possibile, ma non era mai abbastanza. Forse non sono abbastanza in gamba per stare con te, oppure, semplicemente non era il nostro destino.

 

Sappi che non sono arrabbiato con te, ho deciso di partire  perché ti amo e non posso starti vicino sapendo che ami un altro. Non sono così forte e non posso passare tutta la vita strisciando o cercando di farmi perdonare per quanto sono stato stupido in passato o per quanto sono stato vigliacco subendo le decisioni di mia madre.

 

Hai ragione, sono stato uno stupido vigliacco e me ne vergogno, ma, anche se poco, non ho mai smesso di amarti e forse non potrò smettere mai.

 

Addio per sempre

Jun-pyo

 

Ps: In questi giorni stavo pensando di chiedere il tuo aiuto. Ho deciso di investire una parte dei profitti della mia azienda per acquisire una piccola casa farmaceutica. Sai, volevo dare un’immagine più etica al mio marchio e stavo pensando di lanciare una campagna di vaccinazione gratuita per i bambini poveri della città. Per questo ho contattato alcuni medici, sperando che volessero dedicare del tempo a questa iniziativa no-profit, ma non ho trovato nessuno con l’animo così generoso da voler accettare. Per questo ho pensato di chiederti aiuto, ma forse, con il mio modo di fare, ho sbagliato anche questo … “

 

Ji-hoo guardó verso la ragazza immobile e sciolta nel pianto.

 

“Jan-di, dimmi una cosa: tu lo ami?”

 

Jan di si vergognó di confidare i suoi sentimenti al suo amico. In effetti era stata a lungo indecisa tra lui e Jun-pyo, a volte le sembrava di amare sempre e solo il ragazzo che non aveva accanto e mai uno in particolare, ma gli ultimi tre mesi l’avevano cambiata.

 

Vivere con Jun-pyo l’avevano resa consapevole dei suoi veri sentimenti e di quante incredibili varietà di emozioni la legassero a lui. Alla fine, tutti i loro litigi erano solo un modo per sentirsi vivi e combattere, era una sorta di rituale, una battaglia che sempre più spesso trovava un epilogo in un bacio o qualche altra effusione che giorno dopo giorno diventava sempre più esplicita e bisognosa. Avevano bisogno l’uno dell’altro.

 

Ed era questa la verità: stare con lui, litigare con lui, era diventata una droga: qualcosa a cui non poteva più rinunciare se non fosse per quell'orribile orgoglio che la tratteneva e le impediva di rincorrerlo e dirgli che l’amava e che l’avrebbe sposato, e che, sì, anche lei voleva stare con lui e sposarlo e fare l’amore ogni sera, perché lui era già una parte di lei, ed era tutto ciò che voleva, ma non era mai riuscita a dirglielo e adesso era troppo tardi. Jun-pyo l’aveva lasciata per sempre.

 

“Jan-di”, disse Ji-hoo alzandosi in piedi. “Rispondi, facciamo ancora in tempo!”

 

La ragazza alzó la testa. “In tempo per cosa?”

 

“In tempo per raggiungerlo all’aeroporto, se prendiamo la mia moto forse riusciamo a precedere la sua partenza, ma tu devi dirgli che lo ami.”

 

Jan-di incurvó le labbra.

 

Ji-hoo, allora, decise di raccontarle una storia.

 

“Sai tempo fa sono stato in Polinesia, in un posto chiamato Raiatea, è un posto bellissimo, un piccolo paradiso dove la gente ama ancora prendersi cura delle altre persone e dove vivono ancora miti e leggende raccontati oralmente, come nei tempi antichi.

 

Ero lì per distrarmi, pensare e dimenticare... e siccome andavo sempre a passeggiare nei pressi di un bellissimo stagno, vicino la Baia di Tupua, un giorno un vecchio perscatore mi fermó e decise di raccontarmi una leggenda del posto.

 

La leggenda racconta che un tempo, un uomo chiamato Tii arrivo’ a Raiatea, una delle Isole Sottovento. Aveva con se una giovane anguilla che aveva trovato all’interno di una conchiglia gigante, e una giovane ‘fara‘, una pianta della specie ‘Pandanus’ .

Raggiungendo l’isola di Raiatea, Tii cerco’ un posto isolato dove poter tenere la propria anguilla, che aveva trasportato in un pezzo di bambù, e il suo Pandanus. Gli fu dato il permesso di metterli in uno stagno sul fondo del cratere del Monte Temehani.

 

Tii si affezionó all’anguilla e al suo pandanus, come se fossero suoi figli decidendo di dare loro un nome. All’anguilla diede il nome ‘Nana i Taithi’  che significa ‘guardando verso Thaiti’ . Alla fara, diede il nome ‘Tupai i Tupai ite fara roa’ che significa ‘battere, battere il tempo farà.


Tii rimase a Raiatea per un certo periodo, prendendosi cura di Nana e di Tupai fino a vederli cresciuti e fioriti. Ma un giorno Tii capì di essersi perdutamente innamorato della giovane anguilla, e per paura di perdere l’amicizia dell’anguilla e della fara, decise di lasciarli per far ritorno a Thaiti.

 

Disse a Tupai: “Prenditi cura di Nana, la piccola anguilla, fino al mio ritorno e fai attenzione ai pescatori che vorranno mangiarla” . E all’anguilla disse: “Stai qui con Tupai e aspettatemi: presto tornerò”.

 

Cosi Tii decise di riprendere i suoi viaggi, sperando che l’amore che provava per Nana sarebbe diminuito ed era sereno, sapendo che Nana è Tupai erano al sicuro.

 

Sapeva che fino a quando poteva scorgere gli uccelli di mare volare intorno al loro stagno entrambi erano vivi e stavano bene e tutto poteva restare immutato. Così partiva certo di ritrovarli dopo ogni viaggio.

Sfortunatamente però’, gli uccelli attrassero anche i pescatori che scoprirono l’anguilla che viveva sotto la pianta fara. Prepararono un grande gancio per catturare l’anguilla e un giorno riuscirono a prenderla. Ma quando tentarono di tirarla fuori dall’acqua, istintivamente l’anguilla si arrotolò’ intorno al tronco del robusto albero fara.
L’albero iniziò’ a staccarsi a causa del continuo tirare dei pescatori e stava quasi per essere estirpato quando l’anguilla – per salvare la pianta – la lasció, lasciandosi  catturare e così morì per salvare la sua amica pianta senza aver mai detto a Tii che anche lei l’amava.

Quando Tii torno’ a Raiatea, non vide gli uccelli di mare sopra lo stagno, e i suoi timori vennero  confermati. Inizio’ a piangere e il suo dolore fu così grande che ne morì.

 

Jan-di guardó Ji-hoo perplessa mente le sorrideva nascondendo una lacrima. “Vedi Jan-di,” disse il ragazzo sottovoce: “ho pensato che Tii, Nana e Tupai siamo noi tre. Siamo legati da un forte affetto, ma se Tii lascerà l’anguilla Nana da sola questa morirà, e in seguito alla sua morte anche Tii si lascerà morire. Non ha senso che Tupai sopravviva ancora una volta per raccontare questa storia …

 

Jan-di allungóle mani verso l’amico senza toccarlo. “Ji-hoo, cosa stai cercando di dirmi?”

 

Ji-hoo le sorriso, con il cuore infranto, ma l’animo generoso e fiero. “Voglio dire che l’anguilla deve lasciare andare il suo orgoglio e deve dire a Tii che lo ama e che se si lasceranno entrambi moriranno di dolore”.

 

“Tu dici che l’anguilla è troppo orgogliosa?” Disse Jan-di mordendosi le mani.

 

Ji-hoo sorrise facendo un sì con il capo.

 

Jan-di incurvó le labbra.“Ma tu sai che le anguille nascono nel mar dei Sargassi e per vivere devono attraversare tutto l’oceano fino a raggiungere l’Europa dove resteranno fino a diventare adulte per poi attraversare ancora gli oceani e tornare fino al Mar dei Sargassi per fare le uova?”

 

“Beh, è un bel viaggio!” Disse Ji-hoo, “ma, forse, ne vale la pena. Forse è per questo che l’anguilla non ha mai paura ed è coraggiosa. Eppure, a volte, tutto il coraggio e l’orgoglio vanno messi da parte e bisogna fermarsi e dire a qualcuno di importante di restare … forse anche un’anguilla, arrivata nel mare dei Sargassi, può fermarsi e dire al suo compagno che l’ama: in fondo passa tutta la vita aspettando di essere pronta ad amare…”

 

Ji-hoo guardó la sua amica con dolcezza. “Sei pronta?” Gli mise una mano sulla spalla, “morirete di dolore entrambi Jan-di … “

 

Gli occhi di Jan-di si fecero enormi. Le sue labbra cominciarono a tremare. “Ji-hoo, come farei senza di te?”

 

Ji-hoo le sorrise. “Siamo amici e questo è ciò che conta!” Porse una mano alla ragazza, frugó in una tasca e lasció i soldi dovuti al ristoratore sul tavolo. “Andiamo!”

 

Salirono in moto e dopo pochi minuti arrivarono all’aeroporto.

 

“Ji-hoo, dov’era diretto Jun-pyo?”

 

“Mi ha detto che partiva per New York con il volo delle 14:00”, cerchiamolo sugli schermi sicuramente stanno chiudendo gli imbarchi.”

 

I due ragazzi si precipitarono a guardare gli schermi, individuato il volo come pazzi si presentarono all’ingresso delle partenze, implorando in ogni modo i controllori di farli passare. Dopo innumerevoli suppliche e alcune telefonata a qualche vecchio ministro amico del suo defunto padre, Ji-hoo, ottenne il permesso di passare e arrivare fino agli imbarchi.

 

“C15, corriamo stanno chiudendo.” Jan-di fece di sì con la testa seguendo Ji-hoo in una corsa disperata. Infine arrivati davanti all'imbarco trovarono solo una hostess che contava i biglietti.

 

“Mi dispiace signori, il volo è al completo, i passeggeri sono tutti a bordo, vi consiglio di contattare il vostro amico all’arrivo.”

 

“Non è possibile” urlava Jan-di, “la prego deve esserci un modo per parlare con qualcuno sull’aereo!” Disse mettendosi in ginocchio. “ La prego!”

 

Ji-hoo le mise una mano sulla spalla aprendo il portafoglio.” Signora se fosse possibile fare qualcosa?”

 

L’hostess li guardó sconvolta! “Che sta facendo? Non è proprio possibile, il tempo non si può comprare, e se era così importante per voi, anziché pregarmi, dovevate semplicemente arrivare prima.”

 

L’hostess prese le sue cose e sparì dietro una porta. Lasciando Ji-hoo in piedi a bocca aperta e Jan-di in ginocchio disciolta nelle sue stesse lacrime.

 

Si alzó in piedi andando ad inginocchiarsi contro il grande vetro che dava alla pista di volo. Forse Jun-pyo avrebbe guardato indietro, forse …, ma era tardi. Di colpo si rese conto di quanto era stata stupida e di aver dato retta soltanto al suo inutile e stupido orgoglio, quando le sarebbe bastato solo dire a Jun-pyo quello che provava.

 

Ancora in ginocchio, con le mani appoggiate al vetro, vide l’aereo staccarsi dalla scala mobile e muoversi verso la pista di decollo.

 

Lo seguì con la sguardo fino a vederlo alzarsi in volo e quando lo vide chiudere le ruote e sparire nel cielo, come ubriaca, inizió a piangere e urlare tutto l’amore che infuriava nel suo petto.

 

Amore che, senza il suo amato, l’avrebbe uccisa come l'orgogliosa anguilla Nana, morta senza mai aver dichiarato i suoi veri sentimenti.

 

Così devastata dal pianto e dal dolore cominció a parlare, non curante di Ji-hoo e delle persone che aveva intorno.

 

“Jun-pyo, mi dispiace! Sono stata una sciocca. Mi avevi chiesto tre mesi per dirti se ti amavo e io ho aspettato troppo per dirtelo e adesso tu sei andato via e io ho rovinato tutto con il mio orgoglio.

 

“Sono stata una cretina, ma credevo che non ci fosse bisogno di dirtelo: perché credi che sono rimasta a vivere con te in quella casa? Avevi proprio bisogno che te lo dicessi?

 

“Se solo me l’avessi chiesto ancora una volta, … ancora una. Ti avrei detto di sì …

 

“Ed invece sono stata una scema, non dovevo aspettare che fossi tu a chiedermelo ancora e ancora, dovevo essere io a darti che ti amo, perché questo è quello che provo e che ho sempre provato e mi dispiace che tu non l’hai mai capito e che hai frainteso i miei sentimenti.

 

“Eppure, amo te, sempre te, e se non fossi stato così stupido te ne saresti accorto di quanto anche io ti voglio e di quanto mi sia impossibile vivere lontano da te e, anche se litighiamo e ogni cosa raggiunta è un compromesso, tu sei tutto quello che voglio, tutto ciò che amo, tutto ciò che mi rende felice.

 

“In fondo, mi sono sempre chiesta che cos’è l’amore? E stando accanto a te sono riuscita a capirlo: l’amore è un accordo, è una colla che tiene unite parti di vasi diversi che stanno insieme solo per la volontà di continuare ad amarsi.

 

“Perché le due metà perfette di una stessa mela, che tutte le ragazze sognano di incontrare, in fondo, non esistono: ci sono solo pezzi rotti di qualcosa che possono ancora formare un’unità intera se solo entrambi ci credono e sono disposti a lottare per restare insieme.

 

“Perché a tenere insieme le coppie non è solo l’amore, ma la volontà di credere che l’altro, quel pezzo sbilenco che pretende di completarti, sia veramente il pezzo giusto, quello che fa di te un voi, una coppa mezza rotta, imperfetta, ma indistruttibile e pronta a riempirsi di altro amore, per non sentirsi mai più soli, rotti e sbagliati.

 

“E io sono la più grande delle stupide perché, per orgoglio, non ti ho detto che eri tu la metà del mio cuore e che ti amo, e adesso morirò di dolore per averti perso.”

 

Jan-di scivoló con le mani a terra tra le lacrime. Non si curó di Ji-hoo in piedi dietro di lei, della gente che passava, del rumore dei motori e degli aerei che andavano e venivano, non si curó della pioggia che aveva iniziato a scendere e delle gocce che avevano iniziato a battere sul vetro oscurando il cielo e i suoi occhi affogati nel pianto.

 

Non so curó di nulla, neanche le porte del Gate che si aprirono per far passare altra gente, e altra gente che saliva e scendeva le stesse scale fino a che il Gate venne chiuso e le persone smisero di passare.

 

Fino a restare solo loro lei inginocchiata a piangere e pregare Jun-pyo di tornare, Ji-hoo immobile dietro di lei e un signore che leggeva un grosso giornale.

 

Quando la luce del Gate si spense, l’uomo posó il giorno sul tavolino, si toccó il cappello e si strinse il nodo del suo impermeabile, accorgendosi in quel momento che aveva iniziato a piovere.

 

Si alzó per guardare il cielo cupo e denso di pioggia e quando lo fece, inavvertitamente, andó a sbattere contro Jan-di ancora inginocchiata sul pavimento e gonfia di lacrime, e forse fu proprio per questo che non si accorse di nulla quando l’uomo bussó sulla sua spalla.

 

Jan-di, non aveva voglia di parlare, si scusò con lo sconosciuto ed evitó di guardarlo, quando una voce familiare la fece saltare.

 

“Hai intenzione di passare tutta la sera inginocchiata a piangere?”

 

Jan-di alzó la testa riconoscendo Jun-pyo, con il suo solito sorriso beffardo, ma gli occhi gonfi di milioni di lacrime e una timorosa speranza.

 

La ragazza si alzó in piedi spalancando la bocca sorpresa. “Jun-pyo, da quanto tempo sei qui che mi ascolti?”

 

Jun-pyo rimase immobile a guardarla, un po’ emozionato e un po’ confuso. “Da prima che tu arrivassi…”

 

“Voi dire che tu, … non sei partito… per … me?”

 

“Se dovevo dimenticarti, volevo almeno essere sicuro che non saresti venuta a cercarmi …, ma … sei qui …” Sorrise, trattenendo una lacrima. “Devi dirmi qualcosa?”

 

Jan-di strinse le mani giocherellando con le dita. “Jun-pyo…, io…”  alzó lo sguardo facendo una smorfia, non riusciva proprio a dirlo.

 

“Tu?”

 

Jin-hoo dietro di loro bisbiglió qualcosa.” Ricordati dell'anguilla Nana”.

 

“Un’anguilla? “ disse Jun-pyo alzando le sopracciglia.

 

“Jun-pyo, io ti amo!” Disse Jan-di tutto d’un fiato come se stesse ingoiando una grossa pastiglia, ma a Jun-pyo bastarano quelle parole.

 

Prese una piccola scatolina che teneva nella tasca e velocemente si piegò su una gamba, mentre la gente si avvicinava curiosa intorno a loro.

 

Jun-pyo ormai conosceva abbastanza Jan-di e riprovó a farle la sua proposta, ma questa volta cambió strategia.

 

“Jan-di, mmmm gngn mmmmarmi ??” Sorrise, aprendo la scatolina e infilandole velocemente il piccolo anello nel dito magro della ragazza.

 

Jan-di rise, forse era la migliore proposta che gli aveva mai fatto. Prese l’anello più grosso e lo mise nel primo dito di Jun-pyo che trovó tra le sue mani poi guardandolo dolcemente si affrettò a rispondere: “Jun-pyo, mmm gngn mmm SÌ!”

 

I due ragazzi si baciarono tra gli applausi della folla che intanto si era radunata intorno a loro.

 

“Ma che lingua parlano?”, disse un signore indiano con un grosso turbante verde rivolto verso sua moglie”. Questa lo guardó perplessa e allargando le braccia gli rispose: “Non lo so, forse sono sordomuti!”

 

*

 

Così Jan-di e Jun-pyo finalmente si sposarono. Jan-di lasció che fossero i suoi genitori ad organizzare tutto il ricevimento con le loro piccolissime finanze. Accettó l’abito da sposa della nonna di Jun-pyo ed entró nella sala della cerimonia emozionata come non mai. Suo padre per l’emozione si perse due o tre volte e a posteriori fu abbastanza evidente che era stata Jan-di a portare sua padre fino all’altare e non il contrario.

 

Tutti gli amici sorridevano commossi e felici, persino Ji-hoo sembrava felice e Jan-di si sorprese parecchio quando, guardando tra le file del modesto locale, vide la madre e il padre di Jun-pyo.

 

La vide piangere per tutto il tempo e per un attimo ebbe un brivido pensando a tutto il male che le aveva fatto e quanto ancora le avrebbe potuto fare.

 

Jun-pyo si accorse che Jan-di era distratta. Osservó che guardava nella direzione di sua madre. Noncurante della funzione la bació sulle labbra, poi si staccò leggermente per parlare sottovoce. “La mia famiglia sei tu, l’unica e sola veramente importante!”

 

Jan-di sorrise e per una volta era veramente felice.

 

*

 

Tornati a casa, finalmente da soli e neo sposi, Jan-di si infilò la camicia da notte che le aveva regalato sua madre. Perché aveva comprato una cosa così trasparente? Di sicuro avrebbe avuto freddo tutta la notte.

 

Si infilò nel letto e dopo un lungo quarto d’ora di respirazione forzata, si fece coraggio e chiamó suo marito.

 

La prima notte di nozze, non poteva crederci che avrebbe permesso a Jun-pyo di fare quelle cose. Forse doveva alzarsi, mettersi il solito pigiama di flanella e andare a dormire nel suo letto castello, ma quando Jun-pyo entrò nella stanza nella sua vestaglia da notte notó che anche lui sembrava imbarazzato.

 

Si sedette dall’altra parte del letto, rosso in viso e con gli occhi di un animale pronto alla fuga.

 

Si guardarono fingendo indifferenza, sdraiandosi insieme rigidi e immobili come due pezzi di legno.

 

Dopo alcuni minuti in cui nessuno parlava, Jan-di spense la luce. “Allora buona notte marito!”

 

Jun-pyo grugnì facendo qualche colpo di tosse. “Em, em buonanotte moglie!” Ed entrambi si girarono rannicchiandosi nel loro lato, entrambi rigidi contratti e con gli occhi aperti come due fari.

 

Per almeno un'ora fecero entrambi finta di dormire senza muoversi, respirando a tratti, simulando un ritmo normale quando invece il cuore batteva senza sosta.

 

Infine credendo l’altro addormentato si girarono nello stesso momento andando a sbattere uno nell’altro come due idioti.

 

“Aia! Ti sembra il modo di girarti?”

 

“Che botta! Ma che fai? Tiri cazzotti mentre dormi?”

 

Ma la distanza era veramente troppo poca per litigare, Jun-pyo afferró sua moglie per i fianchi fino a chiudere ogni spazio e aggrovigliare le loro gambe tremule e stanche.

 

Sembró naturale sciogliersi dentro un bacio e senza neanche accorgersi le mani di Jun-pyo scivolarono sotto la camicia da notte per accarezzarle i seni e fermarsi, felice ed innamorato, ad ogni curva di sua moglie e baciare centimetro di pelle e tenerla stretta a sé per ogni attimo della sua vita.

 

Sua moglie era perfetta e già lo sapeva, ma l’idea di averla tutta per sé lo faceva tremare. Non poteva credere che Jan-di ansimasse ad ogni suo tocco, non gli sembrava possibile che lo toccasse e accompagnasse la sua biancheria con le mani mentre lui la accarezzava e la istruiva a come prenderlo con le sue tenere dita.

 

Gli sembrò che ogni stella del cielo si fosse accesa, quando sua moglie aprì per lui le gambe per accoglierlo, pensó che sarebbe morto, e tra un respiro e un affanno poteva solo dirle quanto l’amava e quanto fosse bella prima di congiungersi a lei nell’infinità della …

 

“Aaaaaaaaaaw”

 

“Jan-di che succede? Sono qui tesoro”

 

“Un’anguilla, un’anguilla!”

 

“Tesoro, non capisco… stai parlando di me ? Ti garantisco che …”

 

“Stai zitto! Non sentì come è viscido?”

 

“Eih!? Cosa stai dicendo? Ti garantisco che è tutto pulito!”

 

Jan-di abbassó la camicia da notte e alzatasi in piedi  spostó le lenzuola dal letto.

 

Jun-pyo, rimasto mezzo nudo, posó le mani sul davanti.  Era vero che ormai era sua moglie, ma non poteva attaccarlo in quel modo! “Che diavolo stai facendo?”

 

Ma quando Jan-di disfó il letto un’anguilla verde e spaventata cercaó di scappare dalle lenzuola. Incredibilmente, sembrava ancora quella maledetta anguilla che voleva cucinare tempo addietro.

 

“Ancora tu!” Urló Jun-pyo arrabbiato.

 

Marito e moglie si guardarono senza sapere cosa fare, poi, Jun-pyo sorrise: “questa anguilla si trova proprio bene in questa casa... “

 

I due sposi iniziarono a ridere come due ubriachi poi tenendosi per mano andarono verso la cameretta accanto, lasciando dormire l’anguilla nel loro letto.

 

Jan-di aprì le coperte e si strinse nel lettino, facendo spazio a Jun-pyo. Il ragazzo controlló bene il letto a castello, chiuse bene la porta, e raggiunse sua moglie: niente e nessuno avrebbe più potuto disturbarli … almeno per quella notte.

 

Angolo della scrittrice:

 Ciao a tutti, ecco qui la seconda e ultima parte della storia.

Lo so che pubblico una storia su una serie TV uscita 10 anni fa ... ma io l'ho vista adesso :-D ... che devo fare?

Spero che vi piaccia!

Grazie per la lettura e, se mai decidessi di farmelo sapere, ne sarò felice.

Un abbraccio a tutti

Shaara


 



Note:

Per chi non l’avesse visto ecco di che cosa parla questo kdrama:
 

 https://www.viki.com/videos/44699v-boys-over-flowers-episode-1 qui puoi vedere tutte le puntate con i sottotitoli in italiano.
 

Trama di Boys over Flowers

La trama ruota attorno alle vicende di Jan-di e degli F4. Lo Shinhwa è un liceo per ragazzi ricchi, frequentato dall’arrogante ma popolare Gu Jun-pyo, erede della multinazionale Shinhwa Group, insieme a Yoon Ji-hoo, So Yi-jung e Song Woo-bin, forma il gruppo degli F4 (I Flower Boy): i quattro ragazzi non solo sono intelligenti e abili, ma sono considerati i ragazzi più belli e popolari della scuola e “governano” su tutti gli altri liceali.

Geum Jan-di, d’altro canto è una ragazza ordinaria di umili origini che vive con i suoi genitori e il fratellino. I suoi possiedono una lavanderia a secco e lei dopo la scuola li aiuta effettuando a domicilio le consegne della biancheria dei clienti. Quando un giorno salva casualmente uno degli studenti della Shinhwa dal tentativo di suicidio, la presidentessa del Shinhwa Group, nonché finanziatrice della scuola, le offre una borsa di studio gratuita per mettere a tacere il polverone causato dalla pubblicità negativa prodotta dall’incidente, generato dagli atti di bullismo perpetrati dagli F4. La ragazza è grata dell’opportunità ma è anche infastidita dall’atteggiamento dei quattro ragazzi.

Si scontra presto con Jun-pyo, decidendo che non vuole essere bullizzata per le sue origini. Colpito dal carattere della ragazza il leader degli F4 si prende una cota per lei. Jan-di, però, prova qualcosa per un altro membro degli F4 ovvero Ji-hoo, il membro più tranquillo e silenzioso. L’unico problema come sempre è il suo background.

Ben presto Jan-di capisce che Ji-hoo è innamorato di un’altra ragazza e non c’è posto per lei in questa storia, mentre Jun-Pyo, con la sua arroganza e disinvoltura decide di conquistarla ad ogni costo. La rapisce, la copre di regali, la porta nei posti più esclusivi, ma lei è decisa a fargli resistenza. Lui è certo che tutto abbia un prezzo e con la sua estrema ricchezza pensa di conquistarla, ma ben presto capisce che l’unica cosa che i soldi non possono comprare è l’amore. A questo punto Jun-pyo intraprende un percorso di cambiamento personale, è lento, graduale, ma da carnefice di tutti i mali di Jan-Di diventa il suo protettore, auto-dichiarandosi suo fidanzato.

Jan-di fa resistenza ma lui insiste, va a trovarla a casa dei suoi genitori, dorme con loro, cucina con loro, fa il bagno con padre e il fratellino di Jan-di scoprendo per la prima volta che cosa sia una famiglia.

Ji-hoo però si lascia con la ragazza e anche lui vuole conquistare il cuore di Jan-di.

Purtroppo, la madre di Jun-pyo decide di costringere Jan.di a lasciarlo e siccome lei si sta innamorando di lui, subisce infinite angherie da parte della madre che arriva a mandare in rovina la famiglia di Jan-di. I genitori perderanno il lavoro e saranno costretti a lasciare la figlia con il suo fratellino, arriverà al punto di minacciarla di morte e le farà distruggere la casa con lei dentro e per ultimo organizza un matrimonio per suo figlio.

Il ragazzo Jun-Pyo subisce sua madre: è ancora minorenne ed è totalmente in balia delle decisioni della donna, anche perché sua madre fa cercare Jun-Pyo e lo fa riportare con la forza dalle sue guardie del corpo. Infine davanti alla paura che sua madre arrivi ad uccidere la ragazza parte, senza darle più notizie. Lei nel mentre è sempre combattuta tra quello che prova per Ji-hoo dolce e comprensivo e Jun-Pyo arrogante, ma comunque in grado da fare breccia nel suo cuore.

Passati 6 mesi senza notizie Jan-di raggiunge Jun-Pyo il quale le fa capire che tra loro è finita. La ragazza a questo punto non si arrende. Viene quindi aiutata dalla nonna e la sorella di Jun-Pyo e diventa persino la sua cameriera personale andando a vivere a casa sua. Qui lui rinnova il suo interesse per lei, a dispetto del matrimonio che sua madre ha organizzato con una ricca ragazza figlia di un altro potentissimo manager. Jun-Pyo sa che adesso è ricambiato dalla ragazza, ma non ha la forza di contrastare sua madre. Per evitare il matrimonio si inginocchia davanti alla futura sposa implorandola di lasciarlo andare e dichiarando che lui è innamorato di Jan-di. Alla fine la promessa sposa lo lascia.

Ji-hoo nel mentre ha deciso di ignorare i sentimenti del suo amico Jun-Pyo perché ha fatto soffrire troppo Jan-di, ed è disposto a tutto per conquistare la ragazza. Jan-di viene ricattata ancora dalla madre di Jun-pyo, che scoperta la sua amicizia particolare con Ji-Hoo, questa volta, si propone di distruggere il suo amico.  Per evitare altri problemi Jan-di decide di lasciare la città. Lasciando entrambi i ragazzi.

Però entrambi la trovano e decidono di raggiungerla. Jun-pyo scopre che un malvivente cerca di uccidere il suo amico e rivale Ji-hoo e nel salvarlo viene gravemente ferito e perde la memoria. Jan-di decide che deve fargli tornare la memoria di lei e dopo disperati tentativi si butta in piscina, pur non potendo nuotare, sperando che Jun-Pyo si ricordi di aver imparato a nuotare solo per lei. Ovviamente a questo punto, senza più nessun impedimento al loro amore, Jun-Pyo decide di essere lui a guidare l’azienda di famiglia liberandosi dal giogo di sua madre. Chiede a Jan-di di sposarlo ma lei non accetta. È sempre stata povera e ha deciso di studiare, così poiché lui starà via 4 anni decidono di lasciarsi con la promessa che se dopo quattro anni lui fosse diventato migliore Jan-di avrebbe valutato se sposarlo.

I quattro anni passano e Jun-Pyo è un affermato manager, non più così ricco ma sicuramente capace. Finalmente libero nelle sue scelte torna da Jan-di. Nel mentre la ragazza era stata raggiunta da Ji-hoo che è ancora innamorato di lei. Forse sta per farle una proposta ma arriva Jun-Pyo che, sempre con il fare un po’ arrogante, dichiara nuovamente il suo amore e le chiede ancora una volta di sposarlo.

Jan-di riconosce che Jun-Pyo è cambiato ma non risponde alla sua richiesta.

Da qui inizia il mio racconto…

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