Ricominciare

di Tetide
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


RICOMINCIARE- CAPITOLO1























RICOMINCIARE








 



Disclaimer: I personaggi presenti in questa storia non mi appartengono, ma sono di proprietà dell’autrice Riyoko Ikeda, della casa editrice Shueisha e della Tokio Movie Shinsha. Questa storia non è stata scritta a fini di lucro, ma con intento esclusivamente amatoriale. Il diritto d’autore dei personaggi originali appartiene all’autrice Tetide.





CAPITOLO 1


Oscar era arrivata in ritardo al lavoro, quel giorno: cosa imperdonabile per una stakanovista come lei!
Immediatamente, salì le scale e si precipitò in ufficio; posò la ventiquattrore sulla scrivania e si tolse il soprabito; quindi, si mise a sedere, tirando un gran respiro.
Quasi subito dopo, sentì delle voci nel corridoio; qualcuno bussò alla sua porta e lei rispose “Avanti!”.
Entrò Victor Girodel, uno dei direttori generali, accompagnato da una sconosciuta.
“Ciao, Oscar! Scusa se ti disturbiamo, ma ci sono delle novità: da oggi, avrai una nuova collega!”; così dicendo, indicò la ragazza che lo accompagnava. Quella le andò incontro, tendendole la mano “Felice di conoscerti! Mi chiamo Madeleine Noissant”.  
Oscar si alzò e le prese la mano, stringendogliela “Piacere mio! Sono Oscar Françoise De Jarjeays, ma puoi chiamarmi solamente Oscar. Sono il responsabile ufficio vendite ed esportazioni”.
Si intromise Girodel “Lei è il nuovo direttore del centro ricerche; viene da una delle nostre sedi in America, sai?”,
“Però sono di Marsiglia”,
“Da oggi lavorerà qui a Parigi, con noi. E’ in gamba, in America si è fatta onore: è una manna dal cielo, per noi, che abbia chiesto il trasferimento qui”.
La nuova arrivata sorrise “Sei troppo buono, Victor. L’onore, qui, devo ancora guadagnarmelo!”.
Oscar le sorrise a sua volta; quella ragazza dal sorriso vagamente triste le piaceva.
Oscar lavorava alla Alpha-Beta, una delle più grandi società farmaceutiche di Francia, la quale produceva medicinali per la microchirurgia; aveva un ruolo importante, di alta responsabilità; ma da quando il precedente direttore del centro ricerche, il signor Rayon, era andato in pensione, doveva farsi in cento per ricoprire due ruoli; aveva così accolto con molta gioia l’arrivo della nuova collega e collaboratrice.
“O.K., allora io vado. Ci penserà Oscar ad istruirti su tutto; per qualsiasi cosa, rivolgiti a lei”, disse Victor, uscendo dalla stanza.
Le due donne si guardarono, sorridendosi.
“Beh, allora benvenuta fra di noi!”, fece Oscar,
“Grazie” rispose l’altra,
“Vieni, ti mostro il tuo nuovo ufficio”.
Oscar prese un mazzo di chiavi dalla sua scrivania e si diresse alla porta che conduceva nella stanza accanto alla sua; la aprì ed entrò, seguita dalla nuova collega.
Si trattava di una stanza molto grande, dai toni chiari, con una grande scrivania addossata alla parete di fondo, ed un’altra, più piccola, alla parete di fronte.
“Ecco, quella è la tua nuova scrivania” fece Oscar indicando la scrivania più grande “mentre lì ci sta Gerard Lassalle, che sarà praticamente il tuo tuttofare”. Poi prese la chiave con cui aveva aperto la porta e la sfilò dal portachiavi, consegnandola a Madeleine “Ufficialmente tua, da adesso”.
Questa la prese “Grazie”, disse.
“O.K., allora io vado: dico a Gerard di portarti i risultati delle ultime ricerche”; detto questo, Oscar si avviò verso la propria stanza.
“Oscar, aspetta…”.
Si voltò “Dimmi”,
“Ecco, io volevo chiederti… sì, lo so che ci conosciamo appena e dovrei farmi gli affari miei, ma… beh, sì, insomma… com’è che porti un nome da uomo?”;
lei sorrise di un sorriso luminoso “Mi sono meravigliata che tu non me lo abbia chiesto prima! In effetti è un po’ strano, vero? C’è una spiegazione, però: mio padre avrebbe tanto voluto un figlio maschio, che però non è mai arrivato; allora, quando sono nata io, mi ha messo due nomi, uno da donna ed uno da uomo, sperando che sua figlia diventasse una bellissima donna con il piglio di un generale dell’esercito!”,
“Allora, deve essere molto soddisfatto di te!”,
“Infatti, lo è; quando ho avuto il primo avanzamento qui non stava nella pelle: abbiamo dato una festa con decine di invitati!”.
Le due donne risero. Poi Oscar riprese.
“Sai, mio padre era nell’esercito, da giovane. Ha un carattere forte e un po’ duro, ma non è cattivo; gli piacciono le donne forti,  non sopporta le “gatte morte”: non potevo deluderlo, ti pare?”,
“Certo che no!”.
Poi si separarono.

                                                 **********

Erano oramai passati due mesi dall’arrivo di Madeleine in azienda, e le cose andavano molto bene; il nuovo direttore del centro ricerche piaceva a tutti, ed era anche molto brava.
Oscar era contenta: finalmente poteva occuparsi appieno delle sue mansioni, ora che l’ufficio adiacente era passato a chi di competenza.
Lei e Madeleine erano divenute amiche: stavano insieme durante le pause, mangiavano assieme in sala mensa, spesso si scambiavano confidenze. O più esattamente, Oscar faceva all’altra le proprie confidenze.
Madeleine, infatti, era piuttosto chiusa, restìa a parlare di sé a parte che del lavoro, e si sbottonava di rado.
Oscar non capiva questo suo atteggiamento; eppure, la vedeva sempre triste, come se avesse dentro un enorme peso che portava a fatica, ma che non voleva condividere con altri.
Un giorno, mentre erano a mensa, decise di andare in avanscoperta.
Madeleine era ancora in fila con gli altri colleghi, il vassoio in mano attendendo di ricevere il suo pasto; osservandola, Oscar vide che teneva gli occhi bassi, stanchi, quasi spenti. Strano, per una persona tanto efficiente ed attiva sul lavoro!
Era dal suo arrivo che l’aveva notato: la ragazza era sempre stata così, triste e difficilmente incline ai guizzi di entusiasmo o di allegria; quando, per esempio, in ufficio accadeva qualche cosa di divertente e tutti scoppiavano a ridere, Victor compreso, lei se ne restava buona e quieta, limitandosi ad un sorriso dal suo angolino.
Che fosse una nota del carattere? Oscar lo escludeva: Madeleine era una donna ancora giovane, aveva da poco superato i trent’anni, e quella non è un’età da malinconie immotivate; e poi, se davvero il suo carattere fosse stato così languido, non avrebbe tirato fuori quella grinta che invece aveva più volte mostrata sul lavoro. No, doveva esserci dell’altro, ed Oscar era intenzionata a scoprire cosa.
“Che fila, oggi! Sembra che di Venerdì abbiano tutti più fame!”, esclamò Madeleine arrivando e posando il vassoio sul tavolo; Oscar le sorrise “Non preoccuparti, ti ho aspettata!”,
“Grazie!”, rispose l’altra mettendosi a sedere ed aprendo la bottiglia dell’acqua, “Tu che cosa hai preso?”, fece poi,
“Soufflé di riso. E tu?”,
Omelette al prosciutto. E’ uno dei miei piatti preferiti”,
“Interessante… e dimmi, quali altri sono i tuoi piatti preferiti?”, le chiese Oscar sottovoce con un finto fare insospettito;
l’altra finse di pensarci un poco, poi disse “Vediamo… gelato di mandorle e caffè, bistecca alla fiorentina, pomodori ripieni… ed il pesce! Qualunque cosa contenga del pesce!”.
Oscar scoppiò a ridere. “Ma che combinazione! Anche io lo adoro, il pesce! Ed infatti, mio marito si diverte a farmelo gustare in tutte le salse!”,
“Non mi avevi detto di avere un marito!”,
“E’ vero, scusa se non te ne ho mai parlato. Si chiama André. Ha l’hobby della cucina”. Madeleine sorrise.
“E tu?” le chiese a bruciapelo Oscar “Sei sposata?”.
Quella la guardò un po’ interdetta, la forchetta in mano a mezz’aria; poi abbassò lo sguardo sul piatto e rispose “No”.
Oscar capì di averla messa in imbarazzo, così cambiò subito argomento “Senti, che ne diresti di venire a cena da noi, stasera?”,
“A cena da voi?”,
“Sì. Così ti faccio conoscere mio marito e mio figlio Pierre”.
La ragazza sorrise timidamente all’indirizzo di Oscar “Ecco… ti ringrazio, ma… non vorrei disturbare…”,
“Oh, nessun disturbo! Se ti ho invitata…”.
Quella fece un altro sorriso “D’accordo, con piacere. Qual’ è il vostro indirizzo?”,
“Rue Montmartre, 12. Secondo piano, citofono Grandier. Alle nove va bene?”,
“Sì, va bene”,
“Allora ti aspettiamo stasera!”.
Madeleine fece ad Oscar un altro debole sorriso.

                                           **********

“Certo che sarò felice di avere un ospite a cena, Oscar: se è una tua amica, saremo lieti di conoscerla! Vero, Pierre?”,
“Sì, papà”.
Oscar sorrise con calore al marito ed al figlio. Erano tutti e tre seduti in salotto, una stanza dall’aria vagamente anticheggiante, con alcuni mobili settecenteschi, proprietà di famiglia di Oscar, provenienti dal palazzo dei suoi antenati vicino Versailles. Lei aveva annunciato ad André l’arrivo, per quella sera, di un’ospite a cena, e lui, dolce e mite come sempre, aveva accettato con gioia di fare la conoscenza di Madeleine Noissant, la nuova collega di Oscar.
Presente alla scena era anche il piccolo Pierre, il figlio della coppia, di circa sette-otto anni. Oscar si rivolse proprio a lui.
“E questa sera ci sarai anche tu?”,
“Sì, mamma”,
“Non vai a casa di Joseph a giocare ai videogiochi come al solito?”,
“No. Stasera Joseph esce con il padre”.
“Louis è tornato dal Belgio, a quanto pare” rispose André dalla cucina, dove stava dando sfogo alla sua passione per la culinaria per l’ospite di quella sera “Così ne approfitta per stare un po’ con il figlio: è il suo turno dell’affidamento, d’altronde!”,
“Già. Allora perché non diciamo a Marie Antoinette e ad Axel di venire a farci compagnia, stasera? Potremmo presentarli a Madeleine”,
“Spiacente di deluderti! Questa sera Marie Antoinette e Axel saranno al rettorato ad un incontro ufficiale con ospiti stranieri!”,
“Ah, già, il gemellaggio! Me ne ero dimenticata! Certo che la vita di due docenti universitari non deve essere facile. A proposito, non dovresti essere là anche tu?”, fece Oscar avvicinandosi sorniona al marito;
“No: la presenza dei docenti di fisica non è indispensabile in un gemellaggio. E poi, io non parlo il Russo!”,
“Beeenee!! Così potremo avere il miglior cuoco di Parigi tutto per noi! Quale onore!”, Oscar andò dietro al marito, cingendogli la vita e scoccandogli un sonoro bacio sulla guancia.
“Sì! Papà è il miglior cuoco che ci sia”, il figlio li aveva raggiunti.
“Pierre, tu vai a cambiati d’abito, e cerca di comportarti bene, hai capito?”,
“Sì, certo”. Il ragazzino corse in camera sua.
Oscar si avvicinò di nuovo al marito, abbassando la voce.
“C’è un’altra cosa che devo dirti”, aggiunse appoggiandosi al tavolo,
“Dimmi”,
“Madeleine è… come dire… un po’ malinconica! Io non lo so ancora perché, ma ad ogni modo dobbiamo cercare di metterla a suo agio. Intesi?”,
“Conta su di me!”, le disse di rimando lui, alzando verso di lei uno dei suoi sguardi verde scuro profondo.


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Ciao a tutti!!! Ecco la mia nuova storia, di nuovo su Lady Oscar. Si tratta di un'altra AU, che poi è uno dei generi che preferisco: che ve ne pare di Oscar ed André nella Parigi di oggi, affermati professionisti ed insieme da una vita? Scusate, non vi anticipo niente. Se volete vedere il seguito, dovete leggere!!!! Lasciatemi qualche commento, O.K.? Spero che sia buono... in ogni caso, fatemi sapere.


 
 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Ricominciare - Capitolo 2 CAPITOLO 2


“… E queste sono fette di melone con roselline di bresaola e salsa di asparagi: una mia specialità!”, stava dicendo André,
“Caspita! Qui è tutto buonissimo! Devo davvero farvi i miei complimenti, ragazzi!”.
Oscar rise “Falli ad André: io ho soltanto apparecchiato la tavola!”.
Madeleine sorrideva, cosa rara per lei; all’inizio era stata un po’ rigida, è vero, ma con il passar delle ore, e con la calorosa accoglienza che i signori Grandier le avevano riservata, si era man mano sentita più a suo agio, ed aveva finito con lo sciogliersi del tutto.
Oscar si alzò “O.K.: André ha cucinato, quindi oggi tocca a me fare i piatti! Porto tutto in lavastoviglie!”,
“Ah, neanche per idea!” il marito si era alzato a sua volta “Penso io! Tu hai un’ospite, non puoi essere maleducata!”,
“Ma André…”,
“Niente MA!”, così dicendo prese alcune stoviglie e scomparve in cucina.
Le due donne si guardarono, sorridendosi.
“Hai una bella famiglia, davvero! E tuo marito, poi, è un uomo splendido: sei fortunata, davvero!” disse Madeleine ad Oscar.
“Pierre, siedi più composto! Non si accavallano le gambe a tavola, te l’ho detto centinaia di volte!”, poi volta alla collega “Grazie. Sono contenta che tu sia venuta qui, stasera”,
“Sono stata molto bene. Voi siete i primi veri amici che mi faccio da quando sono a Parigi”,
“Allora, siamo amici?” Oscar le prese le mani e l’altra ricambiò la stretta.
“Certo che sì!”,
“E’ bello sentirtelo dire!” le due donne si abbracciarono. “Vieni, andiamo sul divano in soggiorno. Sta tornando anche André”.


“Così hai viaggiato per lavoro!” André conversava con l’ospite, mentre Oscar stava mettendo a letto il figlio;
“Sì, e parecchio anche. Sono stata anche in Nord Europa, in Svezia”,
“In Svezia! E’ la patria di mio cognato Axel!”,
“Il marito di tua sorella?”,
“No, il marito della sorella di  mia moglie, Marie Antoinette. A dir la verità, il suo secondo marito: è divorziata”,
“E vive in Svezia con lui?”,
“No: vivono entrambi qui a Parigi; sono docenti universitari, lei di storia e lui di diritto”.
In quel mentre ritornò Oscar.
“Parlate di mia sorella Antoinette? E’ un peccato che non sia qui, avrei voluto fartela conoscere!”,
“Potrai farlo quando vorrai, cara: da oggi in poi, Madeleine farà parte della famiglia: potrai tornare qui quando vorrai, sarai sempre la benvenuta!”, disse André con un sorriso;
“Molte grazie ragazzi, davvero”, rispose Madeleine; si voltò verso Oscar, la quale le stava sorridendo con calore anche lei.

                                               **********

Erano passati alcuni giorni; Oscar e Madeleine si trovavano al lavoro, come ogni giorno; Victor entrò, zuppo di pioggia dalla testa ai piedi.
“Che tempo da cani!”, disse scuotendo prima l’ombrello e poi l’impermeabile, entrambi fradici; le due ragazze, vicino alla macchinetta del caffè, lo videro e risero.
“Che succede, Victor?” fece Oscar “Hai fatto la doccia vestito?”,
“Spiritosa! Vorrei veder te a prendere tanta acqua tutta insieme! Certo che per esser primavera, fa un tempo orribile, davvero!”,
“In effetti, è una strana primavera questa” fu il commento distratto di Madeleine “Siamo già in Aprile e piove come a Febbraio”,
“Capita, quando si aspetta un’estate molto calda: sembra che quella che viene sarà da far paura all’Equatore”, così dicendo, Victor si rintanò nel suo ufficio.
Charlotte Polignac, la sua segretaria personale, gli corse dietro “Signor direttore, volevo dirle che oggi ha chiamato…”.
“Povero Victor! E’ innamorata persa di lui, e lui non se ne accorge nemmeno!” fece Oscar,
“Te ne sei accorta pure tu, eh?” le si rivolse la collega,
“Qui lo sanno tutti; tutti tranne lui”, Oscar tracannò l’ultimo sorso di caffè e gettò il bicchiere di carta nel cestino.
“Dì un po’: cosa ti sembra del nostro Victor?” chiese Oscar, a bruciapelo, a Madeleine,
“Beh, è bello, senza dubbio…”,
“E a te piace?”,
“Che razza di domande mi fai?!?”,
“No, scusa, sai… te lo chiedo perché… ti vedo sempre sola… dovrai pur trovarti qualcuno, prima o poi…”.
Madeleine abbassò la testa, persa in chissà quali pensieri. Oscar la osservò per un lungo attimo, poi pensò a lei ed a Victor assieme.
Lui aveva una gran bella figura: alto, atletico, lunghi capelli biondi da rocker, occhi verdi, modo di vestire elegante… e lei non era da meno, alta quanto lui, magra, riccioli castano-mogano ed occhi color nocciola: insieme avrebbero fatto davvero una bellissima coppia!
Ma, chissà perché, Madeleine era lì a Parigi da quasi sei mesi, eppure mai una volta l’aveva vista assieme a qualcuno, od aveva visto un uomo che la venisse a prendere all’uscita dal lavoro: una donna tanto bella, e per di più raffinata, era inspiegabilmente sola; ed inspiegabilmente triste.
Si limitava solo ad andare a casa loro, di solito il fine settimana, ed a trascorrere con lei ed André ore piacevoli in allegria; aveva anche fatta la conoscenza di sua sorella Marie Antoinette e di suo marito Axel Fersen; ma con tutti loro, pur dimostrandosi una buona amica, non si era mai aperta veramente.
Celava dentro di sé un enorme peso, che non voleva condividere con nessuno.
“A proposito, ti ricordi di Domenica prossima, vero?” fece Oscar per stemperare un po’ la tensione che si era creata,
“Certo!”, le rispose l’altra “Domenica, tutti nella vostra casa di campagna!”,
“Ci saranno anche mia sorella e la sua famiglia”,
“Mi farà piacere”, Madeleine sorrise.
Quanto vorrei poterla aiutare, qualunque cosa abbia! pensava Oscar.


                                                 **********

Domenica mattina, casa Grandier; o meglio, seconda casa Grandier, nelle campagne attorno a Parigi.
“… Incredibile! Ma sono davvero tanto scatenati?”, Madeleine aveva sgranato gli occhi,
“Assolutamente sì! Questo corso mi sta costando la salute mentale!” rispondeva Marie Antoinette, la sorella di Oscar,
“Ma dovrebbero comportarsi un po’ meglio: sono studenti universitari, in fin dei conti!”,
“Sìììì! Coi docenti si scatenano sempre! Il signor o la signora “rompi” non mancano mai” faceva eco Axel Fersen, il marito di Antoinette,
“Quelle domande sono un fuoco incrociato! Anche tu ne sei vittima, Axel?”, Antoinette si era girata verso il marito con aria allarmata,
“Come no! Anzi, è pure peggio, dato che io sono straniero!”, Axel infatti era di origini Svedesi.
“Però anche noi ne abbiamo combinate ai nostri tempi, eh?” si intromise Oscar portando il vino ed il formaggio per tutti;
“Vero! Ti ricordi quella volta sulla moto di André?”,
“E come dimenticarlo, sorellina? Mia sorella aveva una passione per le cose pericolose! Una volta si mise in testa di fare un giro sulla moto di mio marito, solo che perse il controllo ed andò a schiantarsi contro un albero del cortile della facoltà; io che avevo cercato di raggiungerla con la mia moto per aiutarla, riportai una lussazione ad un braccio, ed André venne sonoramente strigliato dal rettore, in quanto proprietario della moto! Certo che ne facevi di guai, sorella cara!” concluse Oscar.
Tutti risero. “Te la ricordi la faccia di Louis, Oscar? Era incredulo che io avessi voluto fare una cosa del genere!”,
“Chi è Louis?”, chiese Madeleine,
“Il mio ex-marito. All’epoca era il mio fidanzato: è lui il padre di mio figlio. Oh, scusa amore!”, Antoinette si era accorta dell’espressione triste apparsa sul volto di Axel.
“Vorrei proprio sapere dove si sono andati a cacciare Pierre e Joseph!”, Oscar era maestra nello stemperare la tensione “Non li si può lasciare un attimo da soli e loro spariscono!”.
“Frittata in arrivo!”, era arrivato André.
L’allegra compagnia si mise a tavola, completa dei due ragazzini, su cui la parola “frittata” aveva avuto lo stesso effetto di un richiamo per cani.
“Accidenti, Joseph! Mangia più piano! Lo scorso inverno non sei stato bene, lo sai” diceva Antoinette,
“Ha sofferto di febbri” spiegò Oscar a Madeleine, sedute entrambe all’altro capo del tavolo.
Madeleine guardava tutto con pacato compiacimento, e sorrideva: era contenta di aver trovato dei nuovi amici, che le erano apparsi da subito brave persone, e soprattutto era felice che l’avessero accolta con affetto; ma più di tanto, non si sbilanciava in slanci di allegria.

                                                   **********
“Non capisco che cosa abbia, davvero!”, stava dicendo, più tardi, Oscar ad Axel mentre gli altri tre facevano una nuotata in piscina, sull’altro lato della casa.
“In effetti, è un po’ triste; ma forse è una nota del carattere”,
“Lo escludo! La dovresti vedere sul lavoro: sembra un treno lanciato a tutta velocità!”,
“Magari non ha gradito il trasferimento dall’America a qui”,
“Fuori discussione anche questo: da quanto so, è stata lei a chiederlo”,
“Mi arrendo!”, fece Axel alzando entrambe le mani.
Oscar si accese una sigaretta, accomodandosi meglio sulla sdraio “Non è bene che una persona tanto giovane ed attiva stia così giù! E’ uno spreco!”, soffiò fuori  una nuvoletta di fumo.
“Ci risiamo: ecco l’economista in azione! Non credi di essere un tantino invadente adesso, Oscar?”; lei si tirò avanti sulla sedia.
“Guarda che io non sto facendo assolutamente nulla per violare la sua privacy: né indagini, né domande. Soltanto, se non si trova bene per un qualche motivo, è nostro dovere aiutarla, o almeno provarci: siamo o non siamo amici?”,
“Già! Gli amici servono a questo!”, Axel  appoggiò la testa sulle proprie braccia incrociate sullo schienale, “Ma cosa conti di fare a proposito?”,
“Io una mezza idea ce l’avrei!”, Oscar lo guardò intensamente,
“Se è come quella del costume di André alla festa in maschera di due anni fa, te la puoi anche tenere! Te lo ricordi? Con quel costume tutto nero addosso, sembrava un bandito! Bernard lo prendeva anche in giro: lo chiamava “il Cavaliere Nero”!”,
“Se è per questo, mi ricordo anche di me travestita da duchessa: nemmeno tu mi avevi riconosciuta!”. Axel sorrise, ed Oscar lo guardò.
“Eppure, è solo grazie a te se oggi io ed André siamo marito e moglie e felici: sei stato tu a farmi capire di essere una donna vera per la prima volta, tanto tempo fa!”,
“Avevi sbagliato persona a perdere la testa per me, mia cara Oscar: sono contento, in un certo senso, di non averti dato seguito: avrei distrutto la felicità di entrambi, perché tu ed André siete fatti l’uno per l’altra!”,
“E’ proprio così! E sono davvero felice che noi due abbiamo un amico affezionato e sincero come te: più che un cognato, sei un fratello! E poi, anche tu ed Antoinette siete fatti l’uno per l’altra!”. I due si diedero una amichevole stretta di mano.
“Allora, quale sarebbe la tua idea?” fece lui dopo una manciata di secondi.

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3 Chiedo scusa per il ritardo nell'aggiornare, ma ho avuto dei giorni pesanti; comunque, ecco il terzo capitolo. Buona lettura!


CAPITOLO 3

“… Ma Oscar! Io non li conosco nemmeno! Non vorrei essere invadente!”,
“Ma certo che non lo sei! Se te lo sto chiedendo, è perché so che la cosa farà piacere a tutti! Allora, accetti o no?”.
Quel pomeriggio, Oscar aveva dato seguito alla sua “idea geniale” per cercare di tirar su di morale Madeleine: presentarla all’intera comitiva dei suoi amici come nuovo membro ufficiale: l’occasione concreta sarebbe stato il compleanno di Marie Antoinette, alla metà di Maggio.
Alla collega l’idea in sé non era dispiaciuta, ma temeva di risultare troppo inopportuna, entrando a far parte, tutto d’un colpo, di una comitiva di persone già affiatata da anni e che non la conosceva affatto; ma Oscar era divenuta ogni giorno più persuasiva ed insistente, ed alla fine, più per compiacerla che per altro, lei aveva accettato l’invito.
L’appuntamento era fissato per la sera di Sabato di due settimane dopo, e per quell’occasione Madeleine aveva tirato fuori il suo miglior guardaroba e le sue migliori intenzioni, che avrebbero dovuto, almeno in parte, sopperire alla mancanza di loquacità ed allegria che oramai da anni la caratterizzava: da quando….
Scosse la testa; non era quello il momento di pensare a cose tristi! Ripiegò i pantaloni di seta a vita bassa color amaranto e li infilò nell’armadio, poi andò in cucina e si mise a riflettere, sedendosi.
Come sarebbero stati gli amici di Oscar ed André? Era vero che con loro si era trovata molto bene, sentendosi come in famiglia; lo stesso era accaduto con Marie Antoinette ed Axel. Ma ora, con gli altri come sarebbe stato?
“Potrebbe anche essere che siano loro a non piacere a me!” disse a voce alta, tanto per consolarsi; ma non ci credeva nemmeno lei. In qualche modo, sentiva che gli amici di Oscar e di André dovevano essere persone un po’ speciali, come loro: in fin dei conti, ognuno di noi si sceglie gli amici più adatti a sé, o no?
Ad ogni modo, avrebbe sempre goduto della compagnia di Oscar, di suo marito e dei signori Fersen.
La sera del giorno tanto atteso giunse presto; Oscar passò con la macchina sotto casa della collega, ed insieme si recarono alla festa, dove gli altri le stavano aspettando: il luogo prescelto era una discoteca di Parigi, presa in affitto per una notte soltanto dall’allegra brigata.
“Ci divertiremo, vedrai! A proposito, a te piace la musica Anni ’80, vero? La serata è a tema, dato che quel tipo di musica è il preferito di mia sorella!”,
“Certamente! E poi, il piacere è quello di stare insieme, qualunque sia la musica, no?”.
Mentre guidava, Oscar guardava di sbieco l’amica: a prima vista, quella sera sembrava più allegra, ma ad un esame più attento la sua eterna malinconia appariva chiaramente, seppur celata dalla maschera di quella serata speciale.
Accidenti, Madeleine, non voglio che tu sia triste!, pensava Oscar, Non lo meriti davvero, sei una brava ragazza, una gran lavoratirce ed un’ottima collega! Voglio vederti godere la vita e gioire di essa, come tutti quanti: è per questo che ti presento ai miei amici!

“Eccoci! Siamo arrivate!” annunciò festosamente Oscar, tirando il freno a mano “Dài, scendiamo!”.
Madeleine si guardò intorno, perplessa; il posto appariva oltremodo lussuoso, e conoscendo i gusti di Marie Antoinette si sarebbe meravigliata del contrario; c’era già la musica che suonava, la si poteva sentire fin da lì fuori.
“Cosa c’è? Non ti piace il posto?” le chiese Oscar, avvicinandosi.
“No, che dici! E’ che non conoscevo questo locale”,
“Ti piacerà, vedrai! E’ stato aperto da poco, ma ci va un sacco di gente! Entriamo!”.
Le due ragazze fecero il loro ingresso nel locale: Oscar portava una camicia di seta bianca ed un paio di attillatissimi pantaloni color verde acqua, che mettevano in evidenza ancor di più i suoi occhi color del cielo; Madeleine, invece, aveva alla fine optato per un abitino dalla vita alta, in chiffon beige tempestato di fiorellini rosa.
Le accolse André: “Le mie bellissime signore!”, fece, abbracciando e baciando la moglie e porgendo poi la mano a Madeleine; questa sorrise.
“Vieni, che ti presentiamo agli altri” disse Oscar tirandola per un braccio.
Accanto alla pista era stato allestito il buffet con ogni sorta di ben di Dio, dal roast-beef ai formaggi, dalle pizzette ad ogni sorta di dolci; e poi, naturalmente, c’era la torta alla panna, la preferita dalla festeggiata.
Proprio verso di lei si diressero le nuove arrivate; Oscar abbracciò e baciò la sorella, che indossava un elaborato abito di pizzo con minigonna ed una vistosa collana, mentre l’altra ragazza era andata a salutare Axel.
“Sorellina! Ma dove hai trovato questa meraviglia?” stava chiedendo Oscar, riferita alla collana,
“L’ha disegnata Jeanne per me: è il suo regalo!”.
Nell’aria suonava Vamos alla playa dei Righeira.
Marie Antoinette si voltò “Ehi, Jeanne! A mia sorella è piaciuto il tuo regalo!”.
Una ragazza si fece loro incontro, uscendo dalla penombra della zona del buffet: era alta, magra e molto ben fatta, lunghissimi capelli neri lisci ed occhi verdi; indossava una minigonna ridottissima di pelle ed un top con lustrini molto scollato.
“Ci ho azzeccato, a quanto sembra!”, disse rivolta al gruppo; poi si volse a Madeleine “Ciao, io sono Jeanne De la Motte, amica ed ex-collega di università della nostra Oscar. Piacere di conoscerti!”.
Madeleine le strinse la mano, presentandosi a sua volta.
“Jeanne e sua sorella Rosalie sono state le nostre compagne di scorribande per anni, prima che arrivassero i ragazzi; lei è una disegnatrice di gioielli, mentre quella colonna intenta a ridere laggiù è suo marito Nicholas”, Oscar aveva abbracciato la nuova venuta,
“Nicholas è un medico” aggiunse questa “psichiatra, per l’esattezza: in una parola, uno strizzacervelli!”.
Scoppiarono a ridere tutte e quattro.
“Chi è il ragazzo che parla con tuo marito?”, chiese Madeleine a Jeanne,
“Quello è Bernard Chatelet, il convivente di mia sorella Rosalie; è un architetto: lui e Rosalie gestiscono uno studio insieme”.
“Scusate se vi interrompo, ma… dove sono Alain e Louis?” era stata Oscar a parlare,
“Sono andati a prendere da bere: le bevande non bastavano, e così…” rispose Antoinette.
In quel momento, ecco entrare due uomini dall’aspetto giovanile: uno moro, alto e dall’aspetto possente, l’altro molto slanciato, capelli lunghi castano-rossicci ed occhi blu scuri dalla forma lievemente allungata.
Il moro si avvicinò al banco delle vivande e vi depose tre bottiglie di qualcosa di incomprensibile sotto le luci false della discoteca; poi si incamminò verso di loro.
“Madeleine, voglio presentarti adesso gli ultimi due che mancavano all’appello: lui è Alain Soisson, insegnante di judo ed ex compagno di studi di mio marito André”,
“Studi interrotti, però, Oscar! Altrimenti, adesso sarei anch’io ad insegnare  come tuo marito” fece l’altro avvicinandosi “Ciao, molto piacere”, disse abbracciando Madeleine; lei gli sorrise.
“…E questo” riprese Oscar, indicando l’altro che si avvicinava “è Louis Saint-Just, che insegna filosofia e storia al liceo Victor Hugo”,
“Non potrei fare diversamente, dopo che uno dei miei antenati ha partecipato alla Grande Rivoluzione: io porto anche il suo nome”.
Madeleine strinse la mano anche a lui: quel ragazzo dagli occhi vagamente tristi la faceva pensare un po’ a sé stessa.
“Beh, ora che le presentazioni sono fatte, possiamo dare inizio alla festa, vi pare?” la voce di Oscar.
Iniziarono a mangiare, mentre Nicholas si improvvisava dj.
Madeleine si sentiva sempre più a suo agio, man mano che le ore passavano: tutte quelle persone le erano sembrate gente allegra e buona, e l’avevano accolta molto bene.
C’era solo una cosa che non si spiegava affatto: Alain e Louis, gli unici due singles del gruppo oltre a lei, sembravano piuttosto tristi, e tendevano a starsene in disparte dagli altri.
Quando sei triste, non fatichi a riconoscere lo stesso male negli altri, pensava Madeleine.
Oscar la osservava.
“O.K.. Adesso si fa una gara di ballo!” annunciò Nicholas a sorpresa “Latino-Americano, a coppie: io cambierò un disco ogni dieci minuti, e voi dovrete indovinare di che ballo si tratta, e muovervi di conseguenza!”.
Le coppie si ricomposero sulla pista.
“Alain, razza di sfaticato, muoviti: vai a fare da cavaliere a mia moglie, che è rimasta come un moccolo di candela!”,
“Non dovresti farlo tu?”,
“Io sono il dj!”.
Alain si alzò con malagrazia, e raggiunse Jeanne, che si trovava da sola sulla pista.
Louis si avvicinò a Madeleine “Siamo rimasti solo noi due, a quanto pare!”;
lei gli sorrise “Così sembra”.
Lui le cinse la vita, ed iniziarono a muoversi; Nicholas aveva messo su una salsa, tanto per non iniziare con qualcosa di troppo forte tipo tango, e tutte le coppie si scatenarono prese dall’allegria.
Madeleine osservava attentamente il suo compagno di ballo: Louis era alto e muscoloso, ma nonostante tutto aveva un’aria timida e triste, e le fece tenerezza.
Anche tu porti un grande dolore come il mio?
Dopo la salsa, fu la volta di merengue e bachata; infine, si chiuse in  bellezza con il tango.
La gara fu vinta da Oscar ed André, mentre Rosalie e Bernard si piazzarono al secondo posto; ma tutti si erano divertiti moltissimo.

Venne il momento della torta: Marie Antoinette spense le candeline, accompagnata da un applauso fragoroso, quindi tagliò la torta e la distribuì agli invitati.
Madeleine ed Oscar si sedettero allo stesso tavolo.
“Scusa Oscar, vorrei chiederti una cosa, se non ti dispiace”,
“Dimmi pure”,
“Alain e Louis… sono molto simpatici come gli altri, certo, ma credo… sì, insomma, di non piacergli molto!”,
“Perché dici questo?” chiese Oscar con la forchetta a mezz’aria,
“Ecco… durante tutta la serata li ho visti sempre un po’ in disparte; semmai parlavano fra di loro”.
Oscar lasciò ricadere la forchetta nel piatto ed abbassò gli occhi, sospirando.
“Ho detto qualcosa di male?” le chiese la collega,
“No, figurati… è che… beh, d’altronde è giusto che tu lo sappia, ora che sei diventata una di noi…”,
“Sappia cosa?”.
Oscar si alzò, facendole cenno di fare altrettanto e di seguirla; raggiunsero un angolo defilato, non viste dagli altri.
Oscar attaccò a parlare.
“Una volta, Alain aveva una sorella più giovane: si chiamava Diane; era la fidanzata di Louis”.
Madeleine ascoltava con attenzione.
“Erano molto felici assieme. Ma una brutta sera, tutto cambiò”,
“Cosa accadde?”,
“Diane era andata a passare una serata in un pub con Rosalie e Jeanne; avevano bevuto parecchio, quando si accinsero a ritornare. Era Jeanne che guidava, ed era molto alticcia. Ebbero un brutto incidente e Diane rimase uccisa; Rosalie passò un mese e mezzo in ospedale, mentre Jeanne ne uscì quasi illesa”,
“Oh, è terribile!”,
“Io, André e mio padre fummo i primi a giungere sul luogo dell’incidente: ricordo che quella sera avevamo avuto una riunione di famiglia a casa dei miei, quando una telefonata ci raggiunse per avvertirci. Poi dovemmo comunicare la cosa ad Alain e Louis: al primo pensò André; mi disse che era completamente annichilito, non riusciva nemmeno a piangere; di Louis, invece, ci occupammo mio padre ed io; ma la sua reazione fu affatto diversa: ebbe una vera e propria crisi di nervi, colpì perfino mio padre in piena faccia con un pugno. I dottori dell’ospedale dovettero sedarlo. Da allora, entrambi sono diventati molto chiusi, ed il dolore comune li ha uniti ancora di più; Louis non è mai riuscito a perdonare del tutto Jeanne, dato che era lei a guidare ed aveva anche bevuto, anche se, come fu stabilito in seguito, la colpa dell’incidente non era del tutto sua”.
Madeleine si girò e rivolse lo sguardo verso la parte opposta della sala, sui due giovani di cui aveva appena udito la triste storia: erano seduti su di un divanetto, in disparte dagli altri, Louis con le gambe accavallate e gli occhi rivolti verso terra, Alain seduto su di un bracciolo con una sigaretta tra le mani e lo sguardo malinconico sugli altri che ridevano sulla pista.
Il cuore di Madeleine si strinse per la compassione.


Uscirono dalla discoteca intorno alle quattro; albeggiava.
“Ah, l’aria dell’alba dopo una notte al chiuso ha un profumo speciale!” fece André stiracchiandosi,
“Voglio dormire fino a stasera!” gli fece eco Bernard,
“Facciamo una cosa: ci vediamo stasera alle sei alla chiesa del Sacre Coeur per la messa; fino ad allora, ognuno sarà libero di fare quel che crede!”, propose Oscar,
“Cioè dormire!” rise Marie Antoinette.
Tutti furono d’accordo. Si separarono ed Oscar riaccompagnò a casa la collega.

_____________________________________________________
Allora, come vi pare questo capitolo? E che vi sembra di un Louis Saint-Just timido e malinconico? Difficile da immaginare, vero? Mooolto OOC! Ad ogni modo, fatemi sapere!

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4 CAPITOLO 4


I giorni seguenti furono assai piacevoli per tutti loro.
Madeleine stava legando sempre più con Oscar ed i suoi amici: uscivano spesso insieme la sera, andando a ballare od a cena insieme, anche se spesso all’appello mancavano i Grandier ed i Fersen, i quali non potevano sempre lasciare da soli i figli piccoli; ma Madeleine non era affatto in imbarazzo in assenza di Oscar, anzi; ne aveva approfittato per conoscere meglio gli altri.
Aveva così scoperto che Jeanne e Nicholas, a dispetto della loro aria imbronciata, erano molto amichevoli e simpatici; in particolare Jeanne, che aveva alle spalle un’infanzia da bambina povera nei sobborghi operai di Parigi e che era rimasta orfana molto presto, trovandosi così a fare da madre alla sorella minore, era una “tosta” nel senso vero del termine, ma quando c’era un qualche problema si poteva sempre contare su di lei, anche se i metodi che usava non erano sempre ortodossi.
I due architetti della comitiva, invece, cioè Bernard e Rosalie, erano i più loquaci insieme ad Oscar ed André; era stato grazie a loro se la nuova venuta aveva scoperto qualcosa di più sul passato della sua collega.
“Oscar ed André sembrano molto uniti: li invidio un pò” stava dicendo Madeleine a Rosalie, sedute al tavolino di un pub,
“Sono innamorati persi l’uno dell’altra: sono fatti per stare insieme, sono una cosa sola”,
“Che bella coppia! Come li hai conosciuti?”;
Rosalie posò il bicchiere sul tavolino davanti a sé “E’ una lunga storia” disse “ma se ti va di sentirla…”,
“Certo. Sentiamo” rispose Madeleine con aria interessata.
“Io e mia sorella siamo rimaste orfane quando eravamo molto piccole: i nostri genitori sono morti giovani, mamma di polmonite e papà per un tumore. Siamo state mandate in orfanotrofio”,
“Oh! Mi dispiace tanto, Rosalie”.
L’altra alzò una mano, con gesto di rassegnazione; poi riprese “Siamo rimaste lì per molti anni, ed abbiamo finito gli studi superiori in un istituto di suore convenzionato con l’orfanotrofio. A quell’età dovevamo andar via, a lavorare ovviamente, dato che i nostri genitori erano stati poveri, e che nessuna di noi due poteva permettersi l’università. Ma un giorno, poco prima della nostra partenza dall’orfanotrofio, arrivarono Oscar e sua madre, che erano di ricca famiglia e facevano spesso beneficenza. Oscar si accorse di me, ed iniziammo a parlare ed a conoscerci; io le raccontai tutta la nostra situazione, e lei ne rimase molto colpita; ne parlò con sua madre, dicendole queste parole: “Mamma, io studio all’università e questo fa di me una ragazza molto fortunata; ma qui ci sono due ragazze che, pur avendo gli stessi miei diritti, non hanno avuto la mia stessa fortuna. Dato che siamo venute per aiutare qualcuno, aiutiamo loro! Fallo come se si trattasse di me!”. Non dimenticherò mai quelle parole e lo sguardo severo con cui le disse”.
Rosalie abbassò gli occhi, persa nei ricordi.
“E poi?”, la risvegliò Madeleine,
“La signora Jarjeays si convinse: ci pagarono due borse di studio, una per me ed una per Jeanne, e ci offrirono anche un piccolo appartamento dove alloggiare. Mia sorella, all’inizio, non voleva accettare, era troppo orgogliosa: “Ci arrangeremo”, disse. Ma data l’insistenza di Oscar, finì col cedere, anche se preferì non andare all’università, ma frequentare l’Accademia di Belle Arti; io, invece, mi iscrissi in Architettura”.
Madeleine aveva ascoltato con attenzione tutto, lo sguardo perso in alto sopra la testa della sua interlocutrice “Una storia a lieto fine… è bello quando le storie finiscono così!”.
“E tu dove hai studiato?”,
L’altra tornò ad abbassare lo sguardo “Oh, la mia è una storia molto più banale: sono nata a Marsiglia, dove vivono ancora i miei, due avvocati in pensione; poi, finite le superiori, sono andata a studiare a Tolosa, e dopo la laurea sono stata assunta dalla Alpha-Beta, che per un po’ mi ha tenuto a Tolosa, poi mi ha spedito in America, facendomi lavorare in diverse sedi: si può dire che ho girato un po’ tutti gli Stati Uniti”.
Rosalie fischiò “Caspita! Che fortuna che hai avuto! Come piacerebbe anche a me visitarli! E’ tutto un altro mondo quello, vero?”,
“Già, proprio così” lo sguardo di Madeleine era tornato a farsi triste.
In quel mentre arrivò Bernard, insieme a Louis Saint-Just.
“Signore, che ne dite di andare a fare tutti un giro in macchina al lungosenna?”,
“Volentieri! Vieni, Madeleine?”. L’altra esitò.
“Ecco, io… non vorrei essere di troppo… magari è meglio se mi riaccompagnate a casa…”,
“E dài!” Louis la prese per un braccio “Non vorrai lasciarmi da solo con quel bestione di Alain! Finiremmo per parlare di sport e litigare!”.
La ragazza sorrise, abbassando gli occhi “Va bene. Vengo”.

                                                  **********

Un pomeriggio, Oscar e Madeleine si trovavano al lavoro, come sempre. Erano i primi di Luglio.
“Che stress, oggi!” sbottò ad un tratto Oscar,
“Lo puoi ben dire!”, rispose l’altra,
“Madeleine, scusa se te lo chiedo, ma… che hai oggi? Mi sembri più mogia del solito”,
“Trovi?” le disse quella, sollevando la testa dallo schermo del computer “Sarà una tua impressione”.
Oscar si alzò e le si fece incontro “No, non lo è. Mi sembri una di quelle statue piangenti che si trovano all’interno delle chiese barocche. Non ti senti bene?”.
L’altra continuava a tenere lo sguardo fisso sullo schermo del computer, senza guardare Oscar; a quest’ultima parve di avvertire un tremito trattenuto nelle mani della collega.
“A dir la verità, la notte scorsa non ho dormito bene: sai, a casa mia fa un caldo infernale ed ora c’è il condizionatore rotto…”.
Ma Oscar, per nulla convinta, continuava a fissarla.
“O.K.! Ho finito! Grazie per avermi prestato il tuo computer, questi dati mi erano proprio necessari”, Madeleine si alzò dalla scrivania di Oscar; dal canto suo, Oscar scosse la testa, con fare sconsolato.
“Torno al mio posto: se ti serve qualcosa, sono nel mio ufficio!”,
“Non dimenticarti dell’appuntamento di oggi!”,
“Certo che no! Ci vediamo!”, Madeleine chiuse la porta.
Quel pomeriggio infatti, come tutti i pomeriggi da un poco a quella parte, André e Louis sarebbero andate a prenderle per fare una passeggiata insieme al tramonto sul lungosenna: era una trovata di Oscar ed André per cercare di tirar su di morale la loro nuova amica, e Louis si era subito offerto di farle da cavaliere.
I due si erano piaciuti, sin dalla sera della festa, ma a parte l’amicizia non erano mai andati oltre, entrambi troppo presi dai reciproci fantasmi personali e troppo chiusi e titubanti per aprirsi di più.
Nel corridoio si udiva la voce di Victor, che sembrava stare litigando con un cliente, con toni abbastanza accesi; Oscar sorrise.
“Il caldo ti dà decisamente sui nervi, amico!”, pensò; alzò la testa verso l’orologio, e vide che mancavano venti minuti al loro appuntamento.
Si accese una sigaretta, appoggiandosi ad una mano per pensare: ma che accidenti aveva quella benedetta ragazza? Era lì da cinque mesi ormai, ma non era riuscita a cavarle una sillaba di bocca: era davvero una tosta!
Continuava a persistere nel suo atteggiamento di perenne tristezza, dissimulata a stento quando stavano tutti assieme, ma non parlava con nessuno di quali ne fossero le cause.
Devo aiutarla! Non è giusto, per una persona ancora giovane, buttarsi via così! Eppure con me non parla! E nemmeno con gli altri! Ci riuscisse almeno Louis, sembrano stare così bene assieme!

Bussarono alla porta; “Avanti!” disse Oscar. Era Lassalle.
“Scusi, dottoressa, ma c’è qui suo marito insieme ad un altro signore. Li faccio entrare?”,
“Naturalmente Gerard. Grazie”.
Subito dopo, entrarono André e Louis Saint-Just.
“Siete in anticipo!” sbottò Oscar alzandosi per andar loro incontro,
“Che ci vuoi fare? Quando si è a spasso, si va a disturbare gli altri”, rise André “I docenti, d’estate, sono disoccupati!”,
“Anche quelli universitari?”,
“Sì, se hanno completata l’ultima sessione da una settimana!”.
Oscar abbracciò e baciò il marito; Louis sorrise. Oscar si accorse di averlo messo in imbarazzo, ed andò a salutare anche lui. “Vedo se Madeleine è pronta” disse.
Così dicendo, passò nell’ufficio della collega; ma appena entrata, rimase di sale.
La ragazza era seduta alla sua scrivania, in lacrime.
Oscar le si precipitò addosso.
“Madeleine! Me che succede, per l’amor del Cielo!”,
“Nulla di importante, Oscar, non preoccuparti”, le rispose l’altra asciugandosi la faccia con un fazzoletto “I nostri accompagnatori sono arrivati?”,
“Sì, sono qui, ma… tu non stai bene, tesoro. Non vuoi parlarne?” Oscar le stava accarezzando lentamente il viso.
“No, Oscar te l’ho detto: non era niente di importante. Vado in bagno a rifarmi il trucco, poi andiamo”.
Mentre la collega si chiudeva nel bagno, Oscar ricordò di aver notato, per un istante, che mentre lei le si accovacciava accanto, Madeleine stava chiudendo in fretta una mail ricevuta. Decise allora di dare un’occhiata, per risolvere l’arcano. Si guardò intorno con fare circospetto: si sentiva una ladra, ma lo faceva a fin di bene, in fondo.
Aprì la posta elettronica della collega, e vi trovò un messaggio scritto in Inglese, che lesse agevolmente. Recava scritto:
 
 “In questo triste anniversario, ti porgo ancora le mie condoglianze, e spero che adesso tu stia bene, e ti sia rifatta una nuova vita.
                                                                         Helen.”


Oscar chiuse la posta e spense il computer appena in tempo, mentre la collega usciva dal bagno.
“Avevi dimenticato di spegnere il computer: l’ho fatto io”,
“Grazie. Allora, andiamo?”.
Le due ragazze uscirono e chiusero la porta dell’ufficio.
Un po’ più tardi, in macchina, Oscar sedeva accanto ad André che guidava, guardando l’auto davanti a loro, dove si trovavano Madeleine e Louis.
“André, comincio a capire qualcosa”,
“A che ti riferisci?”, lui si girò verso di lei,
“Parlo di Madeleine e del suo comportamento. Quando siete venuti a prenderci, prima, era in uno stato pietoso: piangeva come un rubinetto rotto”,
“Perché?”,
“Non me lo ha detto, ma io ho cercato di capirlo da sola”,
“Ed in che modo?”,
“Aprendo la sua posta elettronica”,
“Chee? Ma acci… Da quando in qua fai queste cose?”,
“Da quando c’è da aiutare un’amica che sta evidentemente così male!”,
“E che c’era, nella posta?”,
“Un messaggio di cordoglio, da una delle nostre sedi in America”,
“Tutto qua?”,
“Perché, non è abbastanza? Madeleine ha avuto una perdita, ormai è evidente! E si tratta di una perdita grave!”,
“Quand’anche fosse così, come pensi di aiutarla?”,
“Questo non lo so ancora; prima dovrei cercar di sapere di che perdita si tratta”,
“Come? Non puoi certamente dirle di aver aperto la sua posta elettronica!”,
“Troverò un modo, fidati!”.

Erano scesi a guardare il tramonto davanti a Notre Dame: Oscar guardava preoccupata la collega; lei e Louis erano abbracciati, ma sembravano così distanti l’una dall’altro! Lui timido, impacciato, lei con lo sguardo perso in qualcosa che non era la visione dei palazzi sulla Senna che aveva davanti.
Ti aiuterò, amica mia: troverò cosa ti tormenta!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5 CAPITOLO 5



Louis Saint-Just aprì lo sportello “Prego, madame!”, disse, con un ampio gesto del braccio, rivolto a Madeleine.
Da dentro la vettura, la donna gli sorrise: tristemente e distrattamente, com’era sua abitudine; poi scese dalla macchina.
“Louis, razza di caprone, guarda che ci siamo anche noi!”, una voce dal sedile posteriore dell’auto lo riscosse. Era quella di Axel; seduta accanto a lui, Antoinette rideva sommessamente.
“Scusami tanto, signor collega, ma non credi che dovrei pensare per prima alla dama con cui farò coppia stasera?”, gli rispose l’amico.
“Guarda che anche io sto qui con una dama!” bofonchiò lo Svedese scendendo a sua volta e porgendo una mano alla moglie,
“Quello è affar tuo! Ognuno deve fare il cavalier servente alla propria dama!”.
A sentir questo, tutti risero.
Era una afosa sera di fine Luglio; l’intera brigata, ad eccezione di Alain, Rosalie e Bernard, era andata in una sala da ballo rinomata.
Da tempo, ormai, Madeleine era entrata a far parte della brigata; e essendo l’unica donna single, aveva dovuto far coppia di ballo ora con Alain, ora con Louis, vale a dire con gli unici due uomini “liberi” del gruppo; ma era Louis quello con cui aveva fatto coppia più volte.
Lui, infatti, si era offerto di “farle da cavaliere” (come diceva lui) più spesso, ed era evidente che nutriva per lei una forte simpatia; ma la triste ragazza, sebbene fosse molto gentile nei confronti di lui, non gli aveva mai manifestato più di un’amicizia, peraltro la stessa amicizia che nutriva nei confronti degli altri.
Oscar era sempre più pensierosa: la tristezza perenne della sua collega le piaceva sempre meno. Da quel giorno in cui l’aveva trovata in lacrime nel suo ufficio si era ripresa un po’, è vero, ma la situazione permaneva sempre la stessa: Madeleine continuava a non aprirsi, né con lei, la sua collega che tanto stimava, né con Louis, che pure le si era dimostrato così disponibile, né con nessuno degli altri. Rimaneva malinconica e distante, pur trovandosi in mezzo a tutti loro, come se un velo scuro invisibile la separasse dal mondo e dalla vita.
Come, come la posso aiutare, se lei non me ne dà occasione? Non riesce ad aprirsi completamente, a fidarsi di noi, che pure le abbiamo dimostrato tanto affetto! Ma forse, la trovata di Bernard di questa sera servirà a qualcosa…

“O.K.! Attenzione, prego! Debbo fare un annuncio!” André si era alzato in piedi, attirando l’attenzione degli altri.
Tutti si volsero a lui: erano seduti sui divani violacei di quello strano posto dalle luci soffuse e dall’atmosfera ovattata, dove si ascoltava in sottofondo musica soft, e dove le danze vere e proprie sarebbero partite solo intorno alla mezzanotte.
“Dunque… dato che siamo vicini alle ferie d’Agosto, noi tutti abbiamo deciso di fare una vacanza assieme; e Bernard e Rosalie mi hanno incaricato di dirvi che metteranno a disposizione la loro barca per fare  una bella crociera nel Mediterraneo di quindici giorni circa, tutti quanti!”.
La proposta fu accolta da un’ovazione, che fece volgere diversi sguardi di disappunto sul gruppo, da parte del personale di quel luogo snob.
“…E non ho finito!” riprese André “Quest’anno c’è una persona in più, dato che abbiamo un nuovo membro nella nostra compagnia: anche Madeleine è invitata!”.
Seguì una seconda ovazione.
Solo l’interessata era rimasta senza parole, mentre Louis le stringeva la spalla, sorridendo.
“André, ma… siete sicuri? Io sono ancora un’estranea, in fondo…”,
“Non dire sciocchezze!” Oscar si alzò e le andò incontro “Non lo sei più, adesso! Quindi, abbiamo piacere che tu venga con noi! Bada che un rifiuto non sarà tollerato!”.
La ragazza era commossa “Grazie,… io… non so che dire…”,
“Non dire niente: non ce n’è bisogno!” aggiunse Louis, schioccandole un fraterno bacio sulla fronte; lei si asciugò le poche lacrime che le erano scese lungo le guance, e sorrise.
“Ma… siamo sicuri che Bernard e Rosalie siano d’accordo? E Alain?” obiettò,
“Sono stati proprio loro ad insistere affinché tu venissi; e gli è dispiaciuto molto non potertelo dire di persona; ma proprio in vista della partenza, sono partiti prima per andare a fare dei lavori di rimessaggio alla barca, ed Alain è andato con loro per aiutarli”,
“Io non so cosa dire… grazie, ragazzi! Accetto con gioia!”,
“Bene! Qui ci vuole un brindisi!” Nicholas si era alzato “Cameriere! La lista delle bevande, per favore!”.
Il cameriere si sentì sollevato nel portare a quei troppo allegri clienti il  menù: forse, con la bocca piena, avrebbero fatto un po’ di silenzio!

                                                 **********

8 Agosto 2008.
Siamo arrivati a Marsiglia; da qui, proseguiremo in aereo fino alla Corsica, dove si trova la barca di Bernard e Rosalie. Prima però, i miei nuovi amici hanno insistito per conoscere la mia famiglia, che vive ancora in questa città.

“Questa città è davvero bella: così colorata e luminosa!” André era entusiasta delle strade attorno al porto,
“E’ la prima volta che vieni qui, vero?”, gli chiese Madeleine, seduta sul sedile anteriore accanto al tassista,
“Sì, esatto”,
“Io invece c’ero già venuta da bambina” si intromise Oscar, seduta accanto al marito sul sedile posteriore “Questa città mi è sempre piaciuta; ma è molto diversa da come la ricordavo!”,
Madeleine sorrise, poi si girò sul sedile, tornando a guardare la strada.
Era una bella giornata di sole, erano arrivati con un volo diretto da Parigi; ed ora, con due taxi, si stavano dirigendo a casa dei genitori di Madeleine.
Sull’altra macchina, Axel ed Antoinette non smettevano un attimo di scambiarsi effusioni, sotto il fuoco incrociato dei motteggi di Jeanne e Nicholas.
“Ma guardali, quei due! Credono di stare in luna di miele!”, faceva lui,
“Lasciali stare, dài! Quando saremo arrivati a casa dei genitori di Mad dovranno smettere per forza!”.
L’unico a tacere era Louis Saint-Just, seduto in fondo alla vettura.
Se ne stava seduto con lo sguardo perso nel panorama che scorreva fuori dal finestrino della macchina, un braccio appoggiato sul vetro abbassato, i lunghi capelli scompigliati dalla brezza marina.
L’autoradio trasmetteva Attimo (1), di Gianna Nannini.

La casa dei Noissant era un po’ fuori città, su di una strada panoramica costruita su scogliere a picco sul mare.
“Quanto invidio Madeleine! Vorrei essere anch’io nata e cresciuta qui!”, faceva Jeanne,
“Sì, bel posto”, rispondeva Axel, “ma d’inverno deve essere piuttosto isolato”.
Infatti, le due auto presero ad inerpicarsi su per una strada alquanto scoscesa; il percorso durò ancora una mezz’ora, quindi arrivarono.
La villa dei Noissant era arroccata su di un promontorio roccioso, con una vista superba sulla baia e su Chateau d’If; la madre di Madeleine venne loro incontro, sorridente.
“Tesoro! Finalmente!”,
“Ciao, mamma!” la ragazza la abbracciò,
“Mi presenti i tuoi amici?”.
Nello stesso momento, André stava pagando i due taxi, mentre gli altri si guardavano attorno nel giardino, appena scesi dalle auto.
“Bene arrivati! Io sono Roxanne Noissant, la madre di Madeleine”,
“Molto piacere, signora!” Oscar fu la prima a presentarsi.

Più tardi, tutto il gruppo era seduto a tavola in veranda, con i signori Noissant ai due posti d’onore.
“Come ti trovi nel tuo nuovo incarico, a Parigi?”,
“Molto bene, papà. E molto lo devo ad Oscar”.
L’interpellata ingoiò un sorso di vino e posò il bicchiere sulla tavola “Troppo buona: io non ho fatto quasi nulla, a parte presentarti ai nuovi colleghi; hai fatto tutto da sola”,
“Non è vero, Oscar: senza di te avrei fatto un casino, soprattutto nei primi tempi!”,
“Ha una bellissima casa, signora”, stava dicendo Antoinette,
“Grazie. Noi ci teniamo molto, e la curiamo parecchio; ma la cosa più problematica è il giardino”,
“Per quale ragione?”, chiese Nicholas,
“Bé, innanzitutto perché è molto grande, e necessiterebbe di un giardiniere, ma mio marito non vuole sentire storie, e vuole curarselo tutto da solo; poi, perché vorremmo riempire la vecchia piscina per ingrandirlo: tanto oramai non serve più, dato che siamo soli!”,
“A proposito, com’è che Philippe non è qui?”, chiese Madeleine,
“E’ in Giappone fino a Settembre: questi ingegneri aeronavali non hanno mai le ferie!”,
“Scusa Mad, ma chi è Philippe?”, le chiese André,
“Mio fratello minore. Avrei voluto farvelo conoscere, ma non c’è, purtroppo!”.
“Signor Noissant, mi dica” la voce di Axel “da queste parti si fa buona pesca subacquea? Sa, sono un estimatore!”,
“No, da queste parti no: il fondale è sporco, data la quantità di navi che vi passano sopra; ma a qualche chilometro c’è una caletta che farebbe al caso suo, credo”,
“Scusate, vado a sparecchiare!”, la signora Noissant si alzò.
“Ti aiuto, mamma”, si alzò anche la figlia; entrambe sparirono dentro la casa.
“Scusi, sa, signor Noissant… avrei bisogno di andare in bagno… Potrebbe dirmi dov’è, per favore?” chiese Oscar,
“Certo: è la terza porta a sinistra, entrando in soggiorno”,
“Grazie mille”. Anche Oscar si alzò da tavola.
Entrò in casa: il soggiorno era un grande salone sui toni dell’azzurro, arredato in stile prettamente mediterraneo, con divani dello stesso colore delle pareti, tavolini bianchi e lumi schermati; in un angolo, stava il televisore.
Oscar si avviò verso la porta indicatale, ma nel fare ciò passò davanti ad una porta aperta, da cui fuoriuscivano delle voci: quelle di Madeleine e di sua madre: doveva essere la cucina.
Oscar si avvicinò per sentire meglio.
“Sono così contenta di vederti finalmente sollevata, figlia mia! L’anno scorso di questi tempi…”,
“Mamma, ti prego! Non parliamone più!”,
“Come hai detto che si chiama quel bel ragazzo che ti sedeva accanto prima?”,
“Louis. Louis Saint-Just”,
“Sembra davvero un bravo ragazzo, e deve volerti un gran bene: ti auguro di essere felice adesso, te lo meriti!”.
Oscar rifletté che per tutto il tempo, a tavola, Louis non aveva smesso di fare affettuosità a Madeleine, tipo riempirle il bicchiere, parlarle gentilmente o farle addirittura gli occhi dolci: quel ragazzo, in effetti, si comportava assai più che da amico, con lei.
Oscar sentì dei passi avvicinarsi, e d’istinto si allontanò dalla porta, aprendo quella del bagno ed entrandovi.

Un paio d’ore più tardi, salutata la famiglia di Madeleine, l’intero gruppo era all’aeroporto, in attesa del volo che li avrebbe condotti ad Ajaccio.
“Simpatici, i tuoi!”, diceva Oscar alla collega,
“Grazie; sono contenta che vi siano piaciuti; anche voi siete piaciuti a loro”,
“Già! Specialmente Louis!” Oscar sbuffò fuori una nuvoletta di fumo.
Madeleine si voltò, presa in contropiede “Sicché, lo ha detto anche a te, eh? Ma che vuoi farci, a quell’età si convincono di ciò che gli piace di più…”,
“In che senso?”;
la ragazza dai capelli rossastri abbozzò un sorriso “Mia madre si è convinta che Louis sia il mio ragazzo, ed io glielo lascio credere: sai, non era molto contenta che io mi trovassi a Parigi tutta sola!”,
“Beh, chiunque, vedendovi oggi a tavola, lo avrebbe pensato…”.
Madeleine guardò l’amica con uno sguardo paziente “Oscar… lo sai che non è così!”.
Accidenti se lo so, che non è così! Ma quanto vorrei che lo fosse, invece! Vorrei vederti felice, amica mia, vorrei che tu ti confidassi con qualcuno! Ma non ti sei accorta di quanto piaci a Louis?
Decise di chiederglielo apertamente.
“Senti, Mad… ma a te Louis piace? Lo trovi attraente?”.
Lei non si scompose dalla sua solita tristezza, illuminata appena dal solito sorriso “E’ molto bello, devo ammetterlo: non passa inosservato! Ma io non lo amo, se è questo che mi stai chiedendo Oscar!”.
Io non amo la vita e tutto ciò che la riguarda, dovrei dire! Questa è la verità!
“Allora, vi muovete, pigrone? Hanno chiamato il nostro volo!”, Jeanne era venuta a cercarle.
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(1) No, non è un' imprecisione: lo so che la canzone è di quest'anno, non dell'anno scorso, però mi sembrava adatta a questo momento, non trovate? ; )

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6 CAPITOLO 6


Ajaccio in quella giornata di piena estate era meravigliosa: abbagliante come solo le città di mare del Sud sanno essere, affollata di turisti di ogni nazionalità come ogni buon porto turistico che si rispetti, calda. L’allegra comitiva se ne accorse subito, con piacere.
“Che caldo che fa!”, esclamò Antoinette, mettendosi sulla testa un cappello di stoffa azzurra a falda larga,
“Proprio come la ricordavo!”, faceva eco Axel, portandosi dietro la propria valigia e quella della moglie,
“Dove si va adesso?”, chiese Nicholas,
“Ma al porto turistico, che domande!”, sbottò Oscar,
“Cheee? Non ci fermiamo neanche a prendere un boccone?”,
“Come fai ad avere sempre fame?”, Jeanne era stizzita,
“Lascia stare. Tanto mangeremo sulla barca: di sicuro, Rosalie avrà preparato qualche stuzzichino”, Oscar non mancava occasione di esibire la sua saggezza pratica,
“Eh?!? Mi si ruba il mio ruolo di cuoco ufficiale della barca? Io torno a casa!!!” scherzava André.
Tutti scoppiarono in una sonora risata.
“Stà tranquillo, nessuno vuole usurpare il tuo posto: sappiamo tutti che vuoi sbizzarrirti tu, in cucina. Ma aspetta prima di essere arrivato almeno!” la moglie lo guardava con aria paziente,
“Oscar, a proposito… non dovremmo telefonare ai tuoi per sapere come sta Pierre?”,
“Come vuoi che stia? Ogni volta che vede suo nonno, gli chiede di farsi raccontare una qualche campagna militare dei tempi andati! E mio padre gongola! Staranno benissimo entrambi, vedrai!”,
“Spero che anche Joseph si stia divertendo, in colonia”, si intromise Antoinette,
“Ma certo, sorella! Loro si stanno divertendo, e dobbiamo farlo anche noi! E’ un imperativo, capito?” le rispose Oscar, girandosi poi all’indietro verso il resto del gruppo.
Tutti avevano volti sorridenti ed allegri; in fondo alla fila, stavano Madeleine e Louis. Anche loro erano sorridenti, ma senza l’espansività degli altri: lei si guardava attorno, aggrappata al braccio dell’amico, mentre lui guardava davanti a sé, tenendo sul viso un sorriso triste, un po’ forzato.
 Di tutto il gruppo, erano gli unici due a non essere presi dall’entusiasmo tipico dell’estate.

“Eccoci al porto turistico!”, fece André,
“Meno male! Non ci vedo più dalla fame!”, Nicholas era accaldato,
“Qual è la barca dei ragazzi?”, Madeleine si stava rivolgendo a Louis, ma Oscar la sentì.
“Quella laggiù, in fondo al molo. Infatti, ecco là Bernard. Ehi, Bernard!” Oscar agitò un braccio in aria in direzione dell’amico; lui la vide e fece altrettanto.
“Ragazzi! Finalmente!”, il giovane scese dalla barca, facendosi loro incontro; indossava una camicia bianca ed un paio di bermuda jeans, ed era a piedi scalzi.
“Ciao, bucaniere!” gli andò incontro Oscar, “La piratessa è dentro?”,
“Sì, Rosalie sta preparando i cocktail. Entrate, su!”.
Tutti salirono sulla barca.
Era una barca a motore, non grandissima né lussuosa, ma confortevole e grande abbastanza da ospitare comodamente una decina di persone.
“Dunque, noi siamo undici” faceva Bernard “pertanto ci prendiamo una doppia a testa, ma qualcuno dovrà dormire sul divano-letto, nella dinette. Chi si offre?”,
“Io!”, ripose prontamente Madeleine “Dato che sono l’unica non in coppia…”,
“Veramente, anche io e Louis non siamo in coppia” intervenne Alain “quindi è meglio che lì ci dorma io, che sono un omaccione!”.
Madeleine rimase interdetta “Ma Alain… sono io l’outsider, non tu… non mi pare opportuno…”,
“E a me non pare opportuno che una donna dorma appollaiata su di un divano come una cameriera!” Alain non voleva sentire storie, la ragazza fu costretta a cedere.
In quel momento, fece capolino Rosalie dalla porta della dinette, recando in mano un vassoio pieno di cocktails.
“Ciao a tutti! Benvenuti a bordo! Bernard, per favore, vai a prendere l’altro vassoio di là, in cucina!”.
La ragazza depose il vassoio che teneva in mano sul tavolo bianco nel pozzetto, poi invitò i presenti ad accomodarsi sul divano che girava attorno al tavolo rotondo, anch’esso bianco.
Drink di benvenuto! Servitevi pure!”,
“Scusa Rosalie,” fece Axel “non sarebbe meglio se prima sistemassimo le valige in cabina?”,
“Hai ragione! Scusate!” Rosalie si incamminò all’interno della barca “Seguitemi!”.
L’interno della barca era nei toni del blu: blu i divani, blu le cornici dei quadri alle pareti, tutti di soggetto marinaro ovviamente, blu il ripiano della cucina. Gli ospiti presero posto nelle varie cabine: quella armatoriale era occupata da Rosalie e Bernard, in quella di poppa sinistra si sistemarono Oscar ed André, mentre Nicholas e Jeanne presero quella a destra; i coniugi Fersen scelsero una cabina laterale, con il letto in posizione obliqua, mentre Alain si sedette sul suo divano-letto.
Quanto a Madeleine e Louis, si trovarono a dividere una cabina a due letti separati, l’unica di tutta la barca.
“Beh, è da buoni amici, non trovi?” fece lui,
“Certo!”.

                                                **********

Più tardi, Oscar e Madeleine sedevano nella dinette, assieme a Rosalie;  Antoinette dormiva un po’, in cabina; Bernard, Louis, Axel ed André facevano un bagno fuori bordo.
Jeanne e Nicholas erano in cabina a “riposare” (così avevano detto loro, almeno), mentre Alain, invece, era andato in paese a comprare le sigarette.
Di tutte le coppie presenti, Madeleine e Louis erano gli unici a dividere una camera a due letti, anziché un letto matrimoniale; ma era anche vero che loro due non erano una “coppia” come le altre: erano solo una coppia di amici, e nulla più.
“Allora, “signora capitana”, per dove faremo rotta domani?” Oscar scherzava con Rosalie,
“Inizieremo con il giro dell’isola, ma ne faremo solo un tratto; poi, andremo verso la Sardegna, dove ci fermeremo per un paio di giorni. Per il resto della rotta dovete chiedere a Bernard”, ripose l’altra, lo sguardo dentro al bicchiere di Martini che stava sorseggiando,
“Immagino che faremo una puntata anche alle Baleari, vero? André ci tiene così tanto…”,
“Credo di sì: non si può scontentare il cuoco ufficiale della crociera, immagino”.
Le due ragazze risero.
Seduta accanto ad Oscar, sorrise debolmente anche Madeleine. La sua tristezza perenne si era appena attenuata in quello scenario di mare, luce e sole!
“E a te cosa piacerebbe visitare, Mad?” Oscar si voltò verso di lei,
“Va bene qualunque cosa, basta che stiamo insieme e ci divertiamo”,
“Mi sembra che tu e Louis possiate iniziare a divertirvi già da stasera, o sbaglio?” Rosalie le strizzò l’occhio.
Oscar rivolse un’occhiata severa alla vecchia amica, facendole capire l’infelicità della sua battuta; quella abbassò lo sguardo e, imbarazzata, cambiò subito argomento.
“Che ne dite di una partita a dama? Vedo se Antoinette si è svegliata, a lei piace molto quel gioco”.
“Scusatemi!” Madeleine si alzò,
“Ehi, dove stai andando? Non vuoi giocare con noi?”, Oscar cercò di trattenerla prendendola per un braccio,
“No, vi ringrazio, ma non ne ho voglia. Preferisco andare a fare un bagno anch’io”.
Oscar lasciò andare l’amica, abbassando lo sguardo, in segno di resa; non appena l’altra fu uscita, si alzò e raggiunse Rosalie nell’area cabine.
“Dì un po’, ma che ti è venuto in mente? Sei pazza, per caso?”,
“Oscar! Ma che…”,
“Dire a Mad quelle cose! Lei e Louis non stanno affatto insieme, si sarà offesa!”,
“Io non intendevo offenderla! E’ che… mi sembrava che… fossero una così bella coppia insieme!”.
Oscar si calmò un poco, sospirando “A chi lo dici! Se solo lei la smettesse con quella sua dannata tristezza…”,
“Ma che cos’ha, esattamente?”, Rosalie si appoggiò con la schiena alla porta della cabina di Antoinette ed Axel,
“Vorrei poterlo sapere anch’io. Di sicuro, ha perduto qualcuno, ma secondo me ci deve essere anche dell’altro: il dolore di una perdita, per quanto grave, viene attenuato dopo un certo tempo, ma non il suo; inoltre, mi sembra anche… come dire… oppressa… tormentata…”,
“Dobbiamo far qualcosa, povera ragazza!”.
In quel momento, Antoinette aprì la porta, spingendo leggermente in avanti una sorpresa Rosalie “Parlate di Madeleine?”,
“Ben svegliata, sorella! Sì, esatto. Te ne sei accorta anche tu, vero?”,
“Tutti ce ne siamo accorti, primo fra tutti Louis. Ma che accidenti avrà?”;
Oscar sospirò “Se lei non parla, non possiamo esser noi a cavarglielo di bocca, non credi?”,
“Cerchiamo almeno di farla stare allegra! Siamo qui per divertirci, o no?”, sbottò Rosalie,
“Giusto! Che ne dite di una lezione di ballo?” propose Antoinette “Non appena Nicholas si… sveglia, vado a proporglielo”,
“Seeee! Allora stai fresca! Quando attaccano con le maratone di sesso, quei due…”.
Le tre ragazze scoppiarono in una risata.

                                                    **********

L’oggetto di tutte quelle discussioni era seduta su uno dei bianchi divani del ponte superiore esterno; guardava il mare, lontano, verso l’orizzonte.
“Cosa c’è di tanto interessante laggiù?”, si sentì chiamare da una voce alle sue spalle.
Si voltò e vide Louis, i capelli ancora bagnati, che si stava asciugando con un telo. Gli sorrise.
“Allora? Non mi hai risposto! Fantasticavi di isole lontane piene di pirati?”,
“Più o meno” la ragazza si alzò,
“Vorrei fantasticare con te allora, se non ti dispiace” l’uomo le si sedette accanto,
“Figurati!” fece lei, facendogli posto accanto a sé.
Rimasero vicini, in silenzio.
Lentamente, lui le passò un braccio intorno alle spalle; lei non si mosse.
“Un tempo, le isole lontane erano piene di pirati e di damigelle rapite” le sussurrò in un orecchio,
“Già!” rispose lei, distrattamente,
“E molte volte un capitano coraggioso veniva a salvarle” aggiunse ancora Louis.
Madeleine abbassò lo sguardo “Non sempre, però, ci riusciva. A volte, non era possibile salvarle!”,
“Tu trovi? Abbiamo sempre una seconda occasione”,
“Certe ferite non si chiudono mai!” fece Madeleine alzandosi di scatto e dirigendosi verso il parapetto della barca.
Louis abbassò lo sguardo anche lui, con aria sconfitta.
Se solo potessi aiutarti! Se solo potessi capire chi o cosa ti ha ferito e diventare più forte di lui!
Era inutile, non c’era nulla da fare. Louis si alzò e si avvicinò alla ragazza con fare più spigliato.
“Senti, che ne dici di andare a fare due passi in paese? Domani partiamo e questo è l’ultimo giorno utile!”.
Lei si voltò, con un sorriso forzato sulle labbra “Buona idea! Vado a cambiarmi e sono da te”.
                                                **********
Ora di pranzo. Tutto il gruppo sedeva intorno alla tavola esterna, sul ponte superiore. Menù: triglie alla marinara, una specialità di André.
“Ah, però!” stava dicendo Rosalie “Così buone non le ho mai mangiate nemmeno nei ristoranti!”,
“Il nostro André è uno specialista” faceva eco Jeanne “doveva fare lo chef, non il professore!”,
“Madeleine, che hai? Non hai aperto bocca! Non ti piace la specialità culinaria del nostro André?”Antoinette era preoccupata.
L’altra ragazza alzò lo sguardo, fingendo un sorriso “No, figurati! E’ che sono… ancora un po’ stanca per il viaggio!”,
“Stanca per il viaggio? Proprio tu che hai girato in lungo ed in largo gli Stati Uniti? Non ci credo!”, Bernard spalancò gli occhi,
“In America! Caspita, che fortuna! Quanto mi piacerebbe andarci! Raccontaci un po’ dell’America, Mad!” Jeanne la incitava,
“Sì, dài!” rinforzò Nicholas.
Lei si guardò intorno, spaesata, non abituata ad avere tutta quell’attenzione addosso.
“Ecco… non c’è molto da dire…”,
“Non c’è molto da dire? Del Paese più grande ed eccitante del mondo? Raccontaci dove lavoravi!” era Rosalie a parlare.
Madeleine sorrise “All’inizio, ero a Boston, poi la compagnia mi ha spedito a New York”.
Dalla compagnia si levò un coro di fischi ed esclamazioni.
“E meno  male che non avevi molto da dire! Come ti trovavi?” Antoinette si era fatta curiosa,
“Molto bene” sorrise la ragazza “New York è piena di divertimenti d’ogni sorta, non ci si annoia mai, laggiù!”,
“E sei rimasta lì molto?” le domandò Axel,
“Un paio di anni circa. Poi mi hanno spostato ancora”,
“Dove?” André era tutt’orecchi,
“Prima a Houston, poi a Miami”,
“E poi sei venuta qui! Giusto?” Rosalie sollevò il bicchiere,
“No, sbagliato. Prima sono stata a Los Angeles”, lo sguardo della ragazza si era fatto di nuovo cupo,
“E com’è che ti hanno trasferita di nuovo in Francia?” Bernard la guardava incuriosito,
“Gliel’ho chiesto io” disse lei abbassando il tono di voce,
“Chee? Hai lasciato Los Angeles? La città dove tutto è possibile?” Bernard non si capacitava,
“Non tutto è oro quello che luccica” Madeleine aveva lo sguardo basso; prese il bicchiere e bevve un sorso.
Oscar non aveva aperto bocca per quasi tutto il tempo; ma aveva osservato bene l’amica, e si era convinta che, qualunque fosse, la causa del suo tormento doveva essere in qualche modo collegata con Los Angeles. Decise di tacere, per il momento.


                                                **********
Era quasi il tramonto, ormai. Oscar, Alain e Jeanne erano andati a far provviste per la partenza; Nicholas dormiva, come pure Madeleine; Bernard, Axel e Rosalie erano usciti con il gommone; invece, André, Antoinette e Louis si trovavano nella dinette.
Antoinette, che indossava un elegante kafkano ricamato, era accovacciata davanti al porta CD.
“Ma dov’è il disco della Nannini? Quando Axel mette mano qui, non si trova mai nulla!”.
André era intento a dimostrare il suo estro di cuoco nella preparazione della cena; Louis sedeva sul divano, con aria assorta, giocherellando con una piccola statuina in porcellana smaltata. Per un attimo, Antoinette si voltò verso di lui.
“Louis, ma dove l’hai presa quella?”,
“Eh? Oh, l’ho comprata oggi, quando sono uscito insieme a Madeleine. Lei ne ha comprata una uguale. Anzi, gliela porto in camera, ce l’ho qui, ancora in tasca!”.
Si alzò ed andò verso la cabina che divideva con l’amica; aprì piano la porta per non svegliarla, entrò e depose un pacchetto incartato sulla mensola della toeletta, poi si volse a guardarla: era addormentata, con il viso triste, ma bellissima; o almeno, lui la trovò tale.
Le si avvicinò e si accorse che la ragazza teneva in mano una piccola fotografia; spinto dalla curiosità, si avvicinò di più e delicatamente gliela prese, senza svegliarla.
La guardò: raffigurava un uomo incredibilmente bello, dai capelli biondi e dai profondi occhi verdi. Louis lo osservò indispettito: quell’uomo era davvero bello, pensò.
Le rimise in mano la foto; allora, la ragazza, immersa nel sonno, posò la mano su quella di lui, sussurrandogli: “… Kenneth…”.
Louis ebbe un moto di stizza. Aggrottò la fronte, si alzò dal letto ed uscì dalla cabina, badando di non fare troppo rumore per non svegliarla.
Tornò nella dinette; Antoinette stava ancora trafficando con i CD, André tagliava le verdura con la maestrìa di un cuoco provetto, canticchiando.
Louis si sedette sul divano. “Si chiama Kenneth” disse.
“Cosa?”André alzò la testa dal suo lavoro, di scatto,
“Che?”Antoinette si voltò.
“Di chi parli, amico?”André si pulì le mani e gli si avvicinò.
“Del motivo della sofferenza della nostra Madeleine!”, sbottò l’altro.
Nostra?, pensò André, Tu la stai prendendo un po’ troppo a cuore, mio caro!
Antoinette andò ad accovacciarsi accanto a Louis “Come fai a saperlo? Te lo ha detto lei? Louis…”,
“Ho visto la sua foto!”.
André gli si era seduto accanto, sul divano.
“Avresti dovuto vederlo! E’ bello, indubbiamente, ma deve essere un disgraziato senz’anima, per averla ridotta in quello stato!”. L’uomo si prese il viso tra le mani.
“Louis, ascolta… tu sai che la tua amica Antoinette è sempre stata dalla tua parte; ma non si può giocare con i sentimenti degli altri, non è giusto. Ragion per cui, se è stata lei a farti queste confidenze, bene; ma se invece hai in qualche modo “spiato” qualcosa che non ti apparteneva, non puoi invadere così la sua intimità, cercando di rubare di nascosto qualcosa del suo passato. Dunque, dimentica quello che hai visto e non dirle nulla. Hai capito, Louis?”.
L’uomo aveva continuato a singhiozzare sommessamente; si tolse la mano dal viso e guardò André “E’ che non sembrava affatto un disgraziato senz’anima… Sembrava uno di cui si potesse diventare amici!”.
André sospirò. “Ehi, Louis… non fare quella faccia, su! Madeleine è qui con noi, ora… e se quello è bello… beh, non è che tu sia da meno, amico! Le tue allieve ti sbavano dietro, ho visto, sai!”.
“Louis, dobbiamo parlarne con Oscar: è la sua collega ed amica! Lei saprà cosa fare; ma non fare parola con Mad, né con gli altri!”.
L’uomo annuì.
In quel momento, ecco arrivare Oscar, con Alain e Jeanne “Siamo di ritorno! Ecco qui le vettovaglie!”. I tre amici seduti sorrisero.
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E rieccomi con un nuovo capitolo! Se credevate che avrei fatto portar via André ad Oscar da Madeleine, vi sbagliavate di grosso! Certo che un Saint-Just sensibile ed innamorato è un pò difficile da credere, vero? Magia delle fanfic... Ad ogni modo, aspetto i vostri commenti: non mi linciate troppo, mi raccomando!!

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7 CAPITOLO 7


“Andiamo, André, muovi di più quelle gambe! Sembra che tu stia pestando l’uva per farci il vino!”.
Alla battuta di Nicholas risero tutti di gusto.
L’idea di Antoinette di fare una lezione di ballo sulla barca aveva riscosso abbastanza successo, ed ora tutti quanti, sgombrato il ponte dai mobili, stavano dandosi da fare sulle note della canzone ‘A camisa nera, un successo estivo di qualche anno prima.
C’era un sole magnifico, degno di una giornata di pieno Agosto, ed una leggera brezza accarezzava la superficie delle onde, mentre la barca era attraccata in una caletta della Corsica.
Oscar ed il marito ce la stavano mettendo tutta, ma la propensione di André al ballo aveva, finora, sortito scarsi risultati.
Rosalie non partecipava: si era seduta sul bordo della barca ed osservava gli altri agitarsi, battendo il ritmo della musica con la mano sullo scafo.
Oscar indossava un olimpionico bianco e nero; in tralice, guardava perplessa la collega Madeleine, ricordando una conversazione avuta la sera prima con Antoinette e Louis.
                           
                                                      **********

“Dobbiamo far qualcosa, sorella!” le stava dicendo Antoinette, “Mad si sta portando dietro un peso atroce, e magari per uno che non la merita affatto!”.
Lei era rimasta perplessa: “Se anche fosse così, sono affari di Madeleine, questi!”.
Louis era rimasto in silenzio, seduto sul divano blu, lo sguardo perso nel vuoto; ad un tratto, sospirò.
“E’ così… atroce veder soffrire qualcuno!”, sbottò;
Oscar gli si avvicinò “Capisco quello che vuoi dire. Perdere qualcuno che si ama è terribile, e nessuno lo sa meglio di te; ma non sempre possiamo aiutare chi si trova nelle nostre stesse condizioni, se questo non vuole farsi aiutare”,
“Ma cosa dici, Oscar? Se fino a qualche giorno fa eri proprio tu a voler intervenire per aiutare Madeleine! Hai cambiato idea, per caso?”.
Oscar gli si sedette accanto “No, Louis, non ho cambiato idea. Ma non vorrei farle…una sorta di violenza, ecco! E’ evidente che lei pensa ancora intensamente a questa cosa che la fa molto soffrire, e noi, con i nostri discorsi,  non abbiamo fatto che alimentare il suo dolore. Se vogliamo davvero aiutarla, dobbiamo aspettare che sia lei ad aprirsi!”,
“E se non volesse farlo proprio?”;
Oscar guardò l’amico con un’ aria da madre paziente “Lei non è come te, Louis: nella sua sofferenza non devi vedere la tua, anche se so che è la prima cosa che istintivamente ti verrebbe da fare”.
L’uomo aveva reclinato il capo, sconsolato.
“Non è giusto… lei è così… bella… così giovane...”.
Oscar passò una mano fra i capelli dell’amico “Senti, vuoi davvero aiutarla? Allora, fallo nell’unico modo possibile: falla divertire! Dobbiamo divertirci tutti, è estate! Sbaglio, o siamo qui per questo?”.

                                                   **********

“O.K.! Basta con la salsa! Adesso passiamo ad un bel merengue!” Nicholas andò a cambiare il disco.
“Su, muovete le chiappe, pigroni!”.
Tutto il gruppo mugugnò fingendo seccatura; in fondo al gruppo, Madeleine sorrise.
Louis si passava continuamente le mani fra i lunghi capelli “Fate senza di me, io vado a fare uno shampoo” e rientrò.
Antoinette si avvicinò a Madeleine.
“Non sei ancora stanca? Incredibile!”. L’altra la guardò.
“Dove hai preso quel bel costume firmato?”,
“Questo? Oh, in una boutique di Parigi, era in svendita l’anno scorso!”,
“E’ molto bello, sai?”.
Antoinette si tolse il pareo “Però così mi viene molto meglio a ballare!”, disse.
Axel aveva fatto coppia fissa con Jeanne fino a quel momento, ma adesso si avvicinò alla moglie e la prese in braccio.
“E se invece facessimo un bagno, signora?”.
I due attaccarono a ridere sommessamente; Madeleine li guardava, con aria triste.
“Non dirmi che un po’ li invidi” Oscar le si era avvicinata; lei si voltò.
“Forse. Voi… sembrate tutti così… felici!”; Oscar aggrottò le sopracciglia “Tutti? Proprio tutti?”,
“Sì, lo so: non Louis ed Alain. Ma nonostante il suo peso, Alain cerca di reagire; Louis, invece no”.
Oscar la guardò senza parlare.
Tu e lui avete molte più cose in comune di quanto crediate, pensò.
“Non è stato sempre così, sai” disse Oscar rivolta alla collega, “anche ognuno di noi ha avuto i suoi fantasmi privati da scacciare o le sue gatte da pelare; e ti assicuro che non è stato affatto facile”.
Madeleine la guardava “Parli di te ed André?”; Oscar sospirò e si voltò verso la distesa azzurra.
“Esattamente”.

                                                **********

Io ed André siamo cresciuti praticamente insieme, in una casa vicino Arras; io ero la maggiore delle figlie di mio padre, e lui era orgoglioso di me: per nulla al mondo lo avrei voluto deludere.
Mi parlava sempre delle sue campagne militari condotte in gioventù; io lo stavo ad ascoltare per ore, incantata: volevo diventare come lui.
Ma ad Arras avevo poche speranze: che possibilità possono esserci, in provincia, per una ragazzina piena di voglia di fare? Giocavo a calcio con i maschietti, e molte volte vincevo io, ma nessuno sembrava intenzionato a darmi retta quando dicevo che volevo fare qualcosa di serio, da grande: solo mio padre lo faceva.
Quando ci trasferimmo a Parigi a causa del lavoro di mia madre, papà chiese di diventare addestratore per i reparti speciali dell’esercito: per me, divenne una sorta di divinità, forte, grande ed irraggiungibile.
A Parigi stavo bene, molto meglio che ad Arras, non fosse stato che per una cosa soltanto: mi mancava André.
Durante tutta la mia infanzia, lui era stato il solo a dare corda alle fantasie un po’ troppo fuori dall’ordinario di quella bambina che ero io: era il solo ad apprezzarmi, era mio fratello (nonostante fosse già nata Antoinette), era la mia ombra; mi diceva sempre: “Tu sei la luce, io sono l’ombra”. Eravamo inseparabili.
Non riuscivo ad immaginare la mia vita senza di lui; e fu per questo che, una volta arrivata a Parigi, sotto questo aspetto fu dura: mi sentivo come tagliata a metà, come se fossi stata privata della metà di me stessa.
Intanto, ero un maschiaccio: continuavo a giocare a calcio, a vestirmi da ragazzo, a rifiutare di truccarmi o di andare a ballare con un ragazzo, ed avevo quasi diciotto anni.
Mia madre non si capacitava davvero di questo mio atteggiamento; continuava a dirmi che l’essere una donna non avrebbe mai, in nessun modo, potuto nuocere ai miei sogni; dunque, dovevo smettere di rifiutare la mia natura. Ma io non la stavo nemmeno a sentire.
Frattanto, anche mia sorella cresceva, e si faceva sempre più affascinante.
Io mi iscrissi all’Università, e due anni dopo lei mi seguì. Ma la grande sorpresa fu che all’Università ritrovai André.
Fu stupendo, per me, ritrovare il mio compagno di sempre, l’altra metà di me stessa; tornammo ad essere la luce e l’ombra, le due metà di una stessa mela, le due parti di un’anima sola: finalmente mi sentivo di nuovo completa, di nuovo me stessa.
Fino al giorno in cui mia sorella presentò a casa il suo fidanzato: era Axel.
Io persi letteralmente la testa, cosa che mi stava succedendo per la prima volta nella vita: mi accorsi di essere donna, o meglio di volerlo essere per lui, solo per lui; avrei fatto qualunque cosa, pur di aver per me sola quel ragazzo; e al contempo, mi sentivo terribilmente in colpa verso mia sorella.
Ed una sera, accadde il cataclisma.
Era una sera di Aprile; eravamo tutti ad una festa di compleanno di un’amica comune; Antoinette non c’era, aveva vinto una borsa di studio in Austria per alcuni mesi. Ma c’era Axel.
Quella sera, decisi che lo avrei fatto mio. Acquistai un bellissimo vestito da sera, di quelli che piacevano tanto a mia sorella e che io non avevo mai nemmeno guardato fino ad allora, mi truccai il viso con cura ed andai alla festa.
Lo avvicinai, in incognito: nessuno mi aveva mai vista conciata in quel modo, quindi ero più che sicura che non mi avrebbe riconosciuta subito. Ma mi aspettava una grande delusione.
Lo invitai a ballare e passammo del tempo assieme; poi, ad un tratto lui mi disse che somigliavo molto ad una persona che gli era molto amica, sua cognata Oscar.
Per me fu un colpo: non soltanto non mi aveva riconosciuta, ma ciò che aveva sempre provato per me era solo amicizia, anche se sincera: non aveva mai visto in me una donna di cui potersi innamorare! Mi sentii morire.
Stavo per scoppiare in lacrime, e fu allora che lui mi riconobbe, ma non gli diedi il tempo per parlare: scappai via.
Dove? Ma è ovvio: tra le braccia consolatrici del mio “compagno dell’anima”, André; piansi tutta la notte, abbracciata a lui, e lui cercò di consolarmi come poté, accarezzandomi, e dicendomi la più ovvia delle verità: che per essere una donna, una bella donna, io non dovevo essere diversa da quella che ero! Una verità che, a quel tempo, non riuscivo a credere.
André, il mio compagno dell’anima, il mio fratello, la mia ombra, fu per me la sola fonte di consolazione, anche quando Axel ritornò per un po’ di tempo in Svezia per sbrigare affari di famiglia.
Nel frattempo, Antoinette era tornata, ed aveva conosciuto un ragazzo goffo e timido, ma dal grande cuore, di nome Louis – no, non il “nostro” Louis – ed erano diventati grandi amici; la notizia della partenza di Axel la mandò su tutte le furie, questo poco prima della Laurea, e decise di rompere il fidanzamento; non appena laureata ed entrata all’Università, questa volta come docente, lo mise davanti ad un ultimatum: o torni qui, o mi sposo con un altro!
Axel avrà avuto i suoi motivi per non poter tornare, e così Antoinette, per fargli un dispetto, si sposò con Louis, il suo grande amico; sperava che l’amicizia potesse far funzionare un matrimonio, ma non fu così: suo marito, divenuto un valente avvocato, stava via sempre più spesso, trascurando lei ed il figlio che, intanto, avevano avuto; era molto freddo con lei.
Dopo un paio di anni circa, Axel ritornò, per insegnare anche lui nella stessa Università di Antoinette, quella in cui entrambi avevano studiato; così si trovarono ad essere colleghi, a vedersi ogni giorno, e l’antico amore, complice anche la freddezza di mio cognato Louis, si riaccese.
Ma la cosa più importante dovuta al ritorno di Axel accadde a me: un pomeriggio, ci incontrammo in un caffè, ed avemmo un franco colloquio.
Lui mi disse che era profondamente dispiaciuto di avermi ferito ed umiliato, e mi chiese se adesso io avessi un altro uomo accanto a me; io risposi di no.
“Male, molto male!” disse lui, “Possibile che tu non ti accorga che la felicità è accanto a te? Che l’unico uomo fatto per te, quello che puoi veramente amare ti sta vicino ogni giorno, presenza silenziosa eppure indispensabile, talmente vicino da sembrarti quasi naturale averlo accanto a te? E’ forse per questo che non ti accorgi di lui?”. Naturalmente, stava parlando di André.
Lui aveva capito molto tempo prima di me i sentimenti che da sempre André provava nei miei confronti, e si stupiva che io non me ne fossi accorta, nemmeno dopo tanto tempo. Le sue parole mi fecero riflettere, e fu allora che capii: io ed André eravamo fatti l’uno per l’altra! Quel mio sentirmi completa accanto a lui, quel senso di vuoto se lui mancava e di sicurezza se invece c’era, era un qualcosa che andava ben al di là di una fraterna amicizia: era amore! “Tu sei la luce, io sono l’ombra”: per una vita ce lo eravamo detti, ed André sapeva bene che quelle parole avevano un significato profondo per entrambi, molto, molto più di quanto io credessi! Solo allora lo capii! Ma fortunatamente non era troppo tardi: io ed André diventammo una coppia, lui era l’unico uomo che io potessi davvero amare, perché era stato da sempre l’unico ad apprezzarmi e ad amarmi per come ero veramente, ed anch’io lo amai con tutta me stessa.
E, inutile dirlo, rimasi per sempre grata ad Axel, che mi aveva aperto gli occhi: fui immensamente felice quando, divorziata da Louis, Antoinette lo sposò.
Poi, trovai lavoro alla Alpha-Beta, ed io ed André ci sposammo; è grazie a lui che, adesso, sono orgogliosa di essere una donna, “una donna vera, bellissima e forte”, come dice lui, come lui mi ha insegnato ad essere: non più un maschiaccio, anche se la grinta dei tempi andati non si è affatto perduta, anzi col tempo si è pure rafforzata! André mi ha insegnato che la mia è una femminilità forte, e mi ha insegnato ad amarla, ed a lasciarmi amare.
La sola cosa che ho cambiato rispetto ad allora è il modo di vestire: più femminile, come si conviene in un ufficio (te la immagini la faccia di Victor se mi vedesse combinata da ragazzo di borgata?!?), anche se non è femminile come il tuo o quello di mia sorella o Jeanne, ad esempio!

                                                 **********

Oscar tirò un profondo sospiro.
“E questa è la fine della storia!”, disse, lo sguardo ancora rivolto al mare.
“E’ molto bella, sembra una favola!”, le rispose l’altra; Oscar la guardò.
“Se te l’ho raccontata, è per dirti che tutti noi abbiamo i nostri scheletri nell’armadio, ma prima o poi tutto cambia:  nessuna felicità, di per sé, è dovuta, ma deve essere conquistata; tutti i tormenti sono destinati a finire, perché si può, e si deve, RICOMINCIARE A VIVERE!”.
Oscar si accorse che gli occhi dell’amica si erano fatti lucidi; “Grazie!”, le disse “Ti ringrazio davvero, Oscar! Come vorrei che fosse vero… anche per me!”, si asciugò una lacrima.
“Ragazze! E’ ora di pranzo! Venite a mangiare o no?” Rosalie aveva fatto capolino dalla dinette.
“Arriviamo subito!”, Oscar si alzò “Vieni, Mad?”.

                                                   **********

Il pranzo fu un momento di allegria, come sempre: Nicholas continuava a scherzare sulle doti di ballerino di André, e questo, dal canto suo, lo rimbeccava della vasta gamma di gemiti e mugolii che Nicholas faceva emettere alla moglie quasi ogni notte, tenendo sveglia tutta la barca.
Tutti ridevano, luminosi come quella giornata estiva; solo tre figure non condividevano l’allegria degli altri: si trattava di Madeleine, la quale, sebbene si sforzasse di sorridere, continuava a manifestare palesemente sul viso il suo stato di tormento interiore; Louis, il cui sguardo triste e cupo rabbuiava anche la loquace Antoinette, che gli sedeva accanto; infine c’era Alain, che sorrideva di un sorriso triste, ma almeno sorrideva.
“O.K.!” Rosalie si alzò “Ognuno porti il suo piatto nell’acquaio; Bernard, ti dispiace azionare la lavastoviglie, mentre io ripongo i resti delle leccornie del nostro André nel frigo?”;
Axel si stiracchiò “Qual è il programma per questo pomeriggio?”,
“Dobbiamo andare in paese, alle poste, per telefonare a casa!” gli rispose Oscar “I nostri figli si staranno preoccupando per noi. C’è qualcun altro che vuole venire?”.
“Vengo io con voi, debbo chiamare mio padre, in pensionato” esclamò Nicholas.
Madeleine si alzò dal suo angolo, silenziosa come sempre “Vengo pure io: debbo dare un colpo di telefono a mia madre per dirle che sto bene”,
“D’accordo, allora: andiamo tutti!” concluse Oscar.

Raggiunsero il paese intorno alle cinque, mentre il sole squillante delle ore centrali della giornata stava iniziando ad abbassarsi; gli altri avevano preferito rimanere in barca a riposare un po’.
Oscar ed André furono i primi a telefonare.
“… E che ti sta raccontando il nonno? Davvero? Addirittura questi particolari macabri? Quando torno mi sente!” Oscar fingeva un tono tra lo scherzoso e l’arrabbiato. André sorrideva.
Poi fu la volta di Antoinette, accompagnata da Axel, che aveva voluto dare un saluto al figlio adottivo; toccò poi a Nicholas.
“Roba da non credere: adesso, nei pensionati, fanno fare ginnastica! Certo che se la passano meglio di noi, là dentro!”, disse l’uomo mettendo giù il telefono “Madeleine, è il tuo turno!”, le gridò poi.
La ragazza era rimasta seduta in un angolo, mentre tutti gli altri stavano a discutere fra loro; a sentire il suo nome, si alzò ed andò all’apparecchio.
Prese la cornetta e compose il numero; gli altri si allontanarono per delicatezza; Oscar continuava ad osservarla.
Notò che la conversazione era piuttosto lunga, e che man mano che andava avanti, sul viso dell’amica stava producendosi quella che si potrebbe definire una trasformazione: il volto diventava più luminoso, i tratti più distesi, come di chi abbia ricevuto una stupenda notizia di cui non si era aspettato l’arrivo. Quando mise giù il ricevitore e venne verso di loro, aveva lo sguardo che le brillava ed il passo così leggero che sembrava non toccare nemmeno terra.
Arrivò dietro Antoinette e Nicholas, mettendo loro le mani sulle spalle
“Allora, si va? Ho voglia di fare un tuffo tutti insieme!”.
Oscar sorrise, ripensando alle parole che le aveva dette quella mattina.
Non credevo si sarebbero realizzate tanto presto, pensò.
Per tutto il tragitto verso la barca, continuò ad osservare Madeleine, la quale, sebbene sempre un po’ triste, sembrava finalmente sgravata di un peso.
E qualunque cosa fosse successa, Oscar ne ringraziò il Cielo per lei.

 
    

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


CAPITOLO 8 CAPITOLO 8


A bordo, l’atmosfera si era molto alleggerita, e se ne accorsero tutti.
Infatti, anche se continuava a non mostrare un’allegria esagerata, Madeleine non mostrava neanche più quell’espressione oppressa, quasi angosciata, che aveva avuto nei giorni precedenti.
Il giro proseguiva bene, la comitiva organizzava ogni giorno divertimenti sempre nuovi, ed i porti di attracco erano tra i più belli del Mediterraneo; solo il gran caldo appannava un po’ la perfezione di quel viaggio.
Oscar si era molto distesa; ogni giorno praticava immersioni, insieme ad André e ad Axel.
“Questa volta ne ho visto uno grosso: un banco di corallo grande così!” André fece un gesto eloquente con le mani,
“Dove?” gli chiese il cognato,
“Proprio qui, sotto i tuoi piedi, imbranato! Come hai fatto a non vederlo?”.
Dalla barca si udì uno scoppio di risa. Anche Madeleine, seduta sul bordo dello scafo con i piedi ciondoloni, vi si unì.
“Ci si diverte, eh?” Louis le era venuto vicino porgendole un bicchiere; lei lo prese, continuando sempre a guardare il mare, sorridendo.
“E’ una giornata troppo bella per non farlo”,
“Magari, vorresti fare un tuffo anche tu”,
“Al momento, no: ho mangiato troppo, stamattina!”,
“Quand’è così…”.
Il ragazzo si girò verso l’azzurra distesa, lo sguardo perso nel blu dell’orizzonte.
In quel momento, riemerse Oscar, e si sedette accanto alla collega.
“Ah, se ci vedesse Victor…”,
“Credi che approverebbe?”,
“Non credo! Lui è sempre così compassato, misurato…”,
“Di una noia mortale!”, la rossa lo aveva detto sottovoce, ma ad Oscar non sfuggì: si guardarono negli occhi, scoppiando entrambe a ridere sommessamente.
“Sono felice di essere venuta e di essere con voi. Siete persone speciali”.
Oscar la guardò “Anche noi siamo felici di averti qui, e soprattutto, siamo felici di vederti stare meglio”.
Madeleine ebbe un leggero sussulto; Oscar le si avvicinò col viso, abbassando la voce “Perché è così,  vero? Stai meglio, vero?”;
Madeleine abbassò gli occhi, buttandosi all’indietro una ciocca di riccioli rossi “Vi eravate accorti che… insomma, che io… non ero… prima…”,
“Sì, tesoro, tutti!” Oscar la abbracciò “E non importa se non vuoi raccontare cosa ti era successo, l’importante è che tu adesso stia meglio!”.
Louis non parlava. Per tutto il tempo era rimasto in disparte ad osservare la conversazione tra le due donne, spesso non riuscendo nemmeno a capire le parole, tanto parlavano piano. Si sentì di troppo e si alzò, dicendo di andare in cucina.
Madeleine lo seguiva con gli occhi bassi “Anche lui sta male…”,
“Sì, proprio così; ed anche questo vi unisce: non dirmi che non te ne sei accorta?”.
La ragazza sorrise “Sì, ci ho pensato. Ma non ho mai avuto il coraggio di ammetterlo. Fino ad ora, almeno”,
“E adesso sta scoccando una scintilla. Vero?” Oscar si era avvicinata al viso dell’amica; questa abbassò lo sguardo, sospirando.
“Non lo so. E’ tutto così… strano, ecco! All’improvviso, per la prima volta dopo tanto tempo, mi sento come sgravata da un peso… eppure non riesco a trovare la forza per…”,
“… Per?”,
“…Per ricominciare!”.
Le due ragazze rimasero un po’ in silenzio.
“Senti, Oscar…”,
“Dimmi pure”,
“Quand’è stato che tu ed André… che tu hai capito… beh, sì, insomma che lui era quello giusto?”.
Oscar rise nel suo solito modo cristallino, che faceva venire il sole nel cuore di chi la ascoltava; poi rispose: “L’ho sempre saputo, Mad; solamente, mi sono resa conto di saperlo solo nel memento in cui lui mi ha dato il coraggio di accettare la mia natura di donna”,
“Ma non mi avevi detto che era stato tuo cognato Axel a…”,
“No. Lui mi ha solamente dato il coraggio di ammetterlo con me stessa: ha tirato giù il paravento che mi ero costruita dentro di me, per impedirmi di vedere ciò che il mio cuore aveva scoperto ed urlava con forza. Ma è stata la stessa presenza di André al mio fianco per tanto tempo, il suo proteggermi silenzioso e costante, e soprattutto la verità evidente che mi ha messo di fronte riguardo alla mia natura, a farmi capire che l’amavo: il mio cuore, la mia anima lo hanno amato nel momento in cui lui ha tirato fuori la donna che avevo dentro di me, e che si nascondeva. Solo la mia testa si ostinava a non voler capire ancora; ma a quella, come sai, ha pensato Axel”.
La ragazza rossa tirò un profondo sospiro, girandosi a guardare il mare.
“Visto che siamo in vena di confidenze… Anche io ho avuto qualcosa da mandare giù, Oscar, qualcosa di molto amaro: una cosa chiamata colpa”,
“E per cosa, se è lecito?”,
“Per avere causata la morte di colui che amavo”,
“Cosa??? Ma che stai dicendo?”.
Madeleine sorrise tristemente “Succede anche ai migliori di doversi confrontare con i propri fantasmi; il mio ha stravolto la mia vita”.
Si girò a guardare Oscar, che tutto si sarebbe aspettata di sentire, ma non questo; le sorrise, poi tornò a fissare il mare.
“Sai che ho lavorato per mezza America; mi sono sempre trovata bene, ovunque andassi, ma non avevo mai avuto una storia davvero importante prima di allora, prima di lui”.
Oscar non parlava.
“Quando mi trasferirono a Los Angeles, dapprincipio non ne fui molto contenta; nella mia precedente destinazione mi ero trovata bene, andarmene e ricominciare tutto daccapo sarebbe stata dura; ma tant’è…
Ero a Los Angeles da circa un anno, quando conobbi lui: si chiamava Kenneth, era un giovane designer, che ogni tanto collaborava con l’azienda per creare le confezioni dei prodotti; ci trovammo a lavorare assieme, e sin da subito capii che lui era diverso: non era uno dei soliti, impegnatissimi miei colleghi superdirigenti, buoni soltanto a pensare al profitto; era un libero professionista, e solo di rado accettava di collaborare con qualche grossa azienda. “Voglio sentirmi libero, io! Non potrei mai vivere in una gabbia dorata, come voi!”, ripeteva sempre. Diventammo amici, poi un giorno andai a visitare il suo studio: era un vero guazzabuglio, c’era di tutto e di più, là dentro! Si vedeva che era vero ciò che aveva detto sulla propria scelta di vita!
Fu allora che capii che lui era l’uomo per me: quando vidi che era tutto ciò che io non ero! Era libero, privo delle rigide regole che scandivano la mia vita; era solare, travolgente: ti faceva sentire bene! Anche noi, come tu ed André, eravamo la luce e l'ombra! E poi era dolce, così dolce! Ci mettemmo assieme quasi subito. Ci amavamo. Eravamo felici. E nulla più.
Durò quasi un anno; poi, un brutto giorno, lui arrivò dicendomi che era finita; aveva deciso di fidanzarsi ufficialmente con Sherilyn Tall, la nipote di uno dei nostri azionisti di maggioranza. A me crollò il mondo addosso.
Sherilyn Tall: l’avevo conosciuta per caso ad un party; una vera oca, che a malapena sapeva mettere due parole in fila ed aveva interrotto gli studi di legge perché stanca di studiare dopo soli tre mesi! E poi, era una sgualdrina: era passata nei letti di tutti i milionari della città per farsi fare regali, favori e cose simili, almeno fino a quando il suo caro zietto non l’aveva presa sotto la sua ala, permettendole di fare la bella vita senza doversi più sollevare la sottana. Aarghh! Quanto detesto quelle come lei! Tu puoi capirmi, Oscar: è anche colpa di quelle come lei, se, a volte, le donne non sono apprezzate come dovrebbero per le loro capacità intellettuali, ma sono viste solo come oggetti!”.
Oscar ricordò quando, da ragazza, voleva a tutti i costi essere un ragazzo, accorgendosi di quanta poca considerazione, nel paesetto in cui era cresciuta, godessero le ragazze con un grande sogno nella vita.
“Dunque?” chiese, rivolgendosi alla collega,
“Dunque, quella sera io e lei avevamo litigato di brutto: una scenata, a cui aveva assistito buona parte del consiglio di amministrazione dell’azienda; lei mi aveva provocato per una stupidaggine ed io ero scoppiata. Ma tutti, o quasi, i presenti diedero ragione a me.
Lei divenne livida di rabbia: rimase ferma a guardarmi, e giurò che un giorno me l’avrebbe fatta pagare.
E quel giorno era arrivato: lei mi aveva portato via il mio Kenneth.
Feci di tutto per fermarlo, ma non ci fu verso: era diventato freddo, scontroso pure. Andò via, lasciandomi in lacrime, da sola, nella nostra casa che avevamo da poco affittato insieme.
Io ero disperata; più di una volta cercai di chiamarlo e di parlargli, ma non c’era nulla da fare: non mi permettevano di parlargli, oppure, se gli parlavo, lui troncava la conversazione. Tentai perfino il suicidio, una notte in cui non ce la facevo più.
Fu la mia migliore amica e collega a salvarmi, Helen. Mi portò all’ospedale ed avvertì Kenneth via e-mail; lui la raggiunse e parlarono a lungo. Quando mi svegliai, all’ospedale, lui era accanto a me, e mi disse che avrebbe ripensato a tutto e preso la decisione migliore per entrambi.
Circa una decina di giorni dopo, mi telefonò dicendomi che aveva deciso di ritornare con me; dietro di lui, potevo sentire le grida di Sherilyn che con la sua voce querula lanciava minacce ad entrambi. Poi interruppe la conversazione.
Io mi sedetti, aspettando gli eventi. Aspettavo che da un momento all’altro Kenneth riaprisse la porta, tornando da me. Invece passarono molte ore, e si fece buio, ma lui non veniva. Verso le dieci, squillò il telefono: era l’ospedale, che mi diede la notizia della morte dell’uomo che amavo, in un incidente avvenuto quel pomeriggio.
In quel momento, il mio mondo crollò.
Ai funerali, era presente anche Sherilyn: e la sola cosa che fece, fu di venirmi incontro dicendomi: “Lo hai ucciso tu! Quando ha messo giù il telefono è uscito come una furia per venire da te! E tutto per il tuo infantile tentativo di riavvicinarlo! Io ho cercato di fermarlo, dicendogli che non poteva guidare in quello stato, ma inutilmente! Se ne è andato via, ed è morto! Se tu non gli avessi fatto il lavaggio del cervello per riprendertelo, sarebbe ancora vivo, non avrebbe mai avuto quell’incidente!”.
Continuò a ripetermi queste sue terribili parole ogni giorno: mi telefonava in ufficio, a casa, mi mandava lettere minatorie; fu così che chiesi il trasferimento in Patria. Fui accontentata, e mandata a Parigi, nella prima delle filiali che chiedeva un direttore centro ricerche. Il resto lo sai”.
Per tutto il tempo, Oscar non aveva osato aprir bocca: era rimasta con gli occhi sbarrati, ravviandosi di tanto in tanto i capelli.
“Oh, Mad… come potevo… io non potevo immaginare che ci fosse questo dietro alla tua tristezza… credevo si trattasse di un semplice lutto, o di una separazione… scusami se non ho capito…”.
L’altra le sorrise debolmente, chinando il capo in avanti “E come avresti potuto sapere?”.
Oscar si mosse d’improvviso, andandole vicina e prendendole le mani tra le proprie “Però ora stai bene! Non è vero? Lo abbiamo visto tutti, in questi ultimi giorni…”,
“Sì, Oscar, ora sì. Le tue parole dell’altro giorno sono state profetiche per me: SI PUO ’ RICOMINCIARE A VIVERE, hai detto! Mi hai portato bene, amica mia.
L’altro giorno siamo andati tutti a telefonare a casa, ricordi? Ricordi anche che mio fratello era in Giappone, per lavoro? La verità era un’altra: non era in Giappone, era a Los Angeles; ed aveva preferito non dir niente né a me, né a papà ed a mamma”,
“E perché mai?”,
“Perché era stato chiamato là dalla polizia. Vedi, poco tempo  fa, i Tall sono stati coinvolti in un grosso scandalo finanziario: truffa, ricettazione, e chi più ne ha… sono stati arrestati, e la loro casa perquisita dalla polizia, che nel corso delle ricerche ha trovato il diario di Kenneth, che lui aveva lasciato lì, andando via; magari, quella serpe di Sherilyn glielo aveva nascosto per dispetto. Così, aprendolo e vedendo che Kenneth non aveva più familiari in vita, ma dovendo comunque consegnare a qualcuno il diario, e vedendo che il nome che compariva più spesso era il mio, ha cercato di contattarmi presso l’azienda dove avevo lavorato; là, li hanno avvertiti del mio trasferimento e hanno dato loro l’indirizzo della mia famiglia a Marsiglia, dove la polizia ha contattato per puro caso Philippe. Mio fratello è corso a Los Angeles per prendere il diario; e quando abbiamo telefonato, lui mi ha svelato una grande verità, che mi ha sciolto dalle catene della mia colpa: lì, Kenneth aveva scritto che i Tall lo avevano ricattato, che Sherilyn lo aveva praticamente costretto a fidanzarsi con lei, al solo scopo di portarmelo via per potersi vendicare di me a causa della figura vergognosa che le avevo fatto fare tanto tempo prima: se l’era legata al dito!”,
“Ma come avevano fatto a ricattarlo?”,
“Lo avevano minacciato di farmi risultare colpevole di appropriazione indebita di beni dell’azienda, e lui pur di salvarmi aveva accettato: cosa avrebbe potuto fare un piccolo designer di fronte al loro potere? Solo che, una volta fidanzati, quella lo aveva trattato come uno straccio, continuando a frequentare dei ricconi per i suoi sporchi scopi, e lo aveva messo continuamente in ridicolo, definendolo “un fallito”.
Kenneth non ce la faceva più, e minacce o non minacce aveva deciso di andarsene, magari denunciandoli alla polizia, qualunque cosa fosse successa in seguito: dunque, non era stato a causa mia, se quel giorno era uscito come una furia ed aveva poi avuto l’incidente; non era stata colpa né mia, né delle mie richieste di rivederci ancora, sarebbe tornato comunque. Non erano state le mie pressioni di poco tempo prima a farlo uscire di lì quel giorno, lo avrebbe fatto comunque!”,
“Quindi l’incidente non era colpa tua, lo avrebbe avuto comunque. Giusto?”,
“Giusto. Quel giorno aveva comunque deciso di andarsene da quella prigione dorata!”.
Cadde di nuovo il silenzio.
“Ora capisco che cosa devi avere vissuto, Mad. Mi dispiace… mi dispiace tanto per tutto!”.
Lei alzò il viso, gli occhi lucidi.
“Non importa: ora tutto è finito! E poi, ci siete voi, i miei amici, la mia nuova famiglia!”.
Scoppiò a piangere, abbracciata a Oscar: un pianto di sfogo, di sollievo.
In disparte, nascosto dietro un angolo, Louis aveva ascoltato tutto.
Anche tu sei stata ferita, amica mia…
Madeleine si calmò un po’, staccandosi da Oscar ed asciugandosi gli occhi “Senti, Oscar… anche se ora sto… meglio, non so se è il caso di ricominciare daccapo… in quel senso!”,
“Vuoi dire con Louis?”,
“Sì, esattamente. Non è giusto rimpiazzare Kenneth così in fretta, dopo quello che ha significato per me. Non credi?”,
“Tesoro, credi che il tuo amore sarebbe felice di vederti sola per sempre? Se davvero ti amava come dici, non è questo che vuole!”.
La rossa la guardava, perplessa; Oscar si alzò.
“Ad ogni modo, non ci sono regole su questo: nessuno può dirti cosa fare. Devi solo seguire il tuo cuore: segui il tuo cuore, e non potrai sbagliare! Io l’ho fatto, ed ora sono felice!” si rituffò in acqua.   

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


CAPITOLO 9 CAPITOLO 9

Erano passati tre giorni da quando Madeleine si era confidata con Oscar; e da quando Louis aveva appreso la verità su di lei, anche se di nascosto.
All’apparenza, aveva continuato a comportarsi come sempre con lei, premuroso e gentile come prima; eppure, ogniqualvolta si avvicinava a lei, la ragazza poteva leggere dentro ai suoi occhi una lontana luce, pallida come una fiammella che arde lontana, lo stesso triste luccicore di chi ha trovato un compagno dell’anima.
Di contro, lei gli rivolgeva sguardi inteneriti e timidi, ben conscia di sapere cosa significhi esser stati tormentati da qualcosa, ed avere rivisto lo stesso dolore negli occhi di un altro.
Erano i giorni dopo il Ferragosto; la grande frenesia estiva si andava stemperando, per poi passare alla riflessione dell’inizio di Settembre ed alla malinconia di fine estate.
L’allegra compagnia proseguiva con la sua crociera privata, che oramai si avvicinava al termine.

“Passa, passa, dài!”,
“Tira, su!”.
I ragazzi ci stavano dando dentro con grande energia: quella della partita di calcetto era stata un’ottima idea.
“Gol! Goool!”, André aveva letteralmente gridato, levando le braccia muscolose in aria, mentre Nicholas, in porta, era finito a terra ad inghiottire sabbia.
Si rialzò “O.K., ho capito: il nostro pessimo ballerino vuol rendermi la pariglia, dimostrandomi che io sono un pessimo portiere!”,
“E’ la vita, Nicholas! Se vuoi, posso darti la rivincita!”,
“No, grazie, non ci tengo affatto!”, rispose quello, scuotendosi via la sabbia dai capelli.
Tutto il gruppo, ad eccezione di Antoinette che faceva da arbitro, aveva preso parte alla partita; si erano fermati in una caletta ben riparata, ed avevano attrezzato quella spiaggia deserta a campo improvvisato.
Sorridente accanto ad Alain, Madeleine si volse a guardare la barca, ormeggiata poco più in là; il sole stanco delle sei illuminava la scena, gettando ombre rossastre sui visi dei giocatori.
“Va bene: la squadra di Oscar ha vinto”, decretò Antoinette alzandosi,
“Ma guarda che arbitro venduto! Ha fatto vincere la sorella ed il cognato!”, Nicholas simulava un’arrabbiatura, con le  mani puntate sui fianchi; Antoinette si volse verso di lui:
“Signor portiere, non è mica colpa mia se tu hai fatto entrare cinque gol: allenati meglio, la prossima volta!”.
Le due squadre erano state composte da Oscar, André, Bernard, Rosalie ed Alain da un lato, e Madeleine, Louis, Jeanne, Axel e Nicholas dall’altro; dapprincipio, il fatto che sia Louis che Axel avessero giocato in gioventù aveva regalato loro un discreto vantaggio; poi, però, la grinta e l’affiatamento dei coniugi Grandier aveva avuto la meglio.
“Ragazzi, è tardi! Che ne dite di rientrare a bere qualcosa, magari godendoci il tramonto dal ponte?”, Axel lanciò l’idea,
“Ottima pensata, fratello!”, André fu il primo ad accoglierla; avvicinatosi al cognato e dopo avergli passata una mano sulle spalle come un vecchio compagno di camerata, si erano avviati verso la barca, motteggiandosi a vicenda: “Però vi abbiamo fatti neri, eh?”,
“Mmmh! Pura fortuna!” aveva mugugnato Axel.
Tutti si avviarono verso la barca, seguendo il loro esempio.
Louis si avvicinò a Madeleine, prendendola delicatamente per un braccio “Allora, andiamo?”;
lei lo guardò, sorridendo “Certo”.
Dopo quella telefonata e lo sfogo con Oscar, Madeleine si era di molto alleggerita; certamente, il dolore della propria perdita non sarebbe mai stato cancellato da niente e da nessuno, ma, lentamente, stava ricominciando a riaprirsi alla vita, in maniera quasi inconsapevole; giorno dopo giorno, assaporava sempre più la luce del sole, il profumo del mare, la compagnia degli amici: e trovava tutte queste cose bellissime.
E poi c’era Louis.
Madeleine non aveva fatta chiarezza nel suo cuore su ciò che provava verso di lui: un po’ amico, un po’ compagno “speciale”, forse un po’ di più…

Innamorati sempre, innamorati mai,

non so mai
che sentimenti scegliere
quando ti stringo forte…

(Pooh, Innamorati sempre, innamorati mai)

Ed anche da parte di lui c’era la stessa confusione nei suoi confronti, soprattutto ora che aveva conosciuta la sua storia, così triste, così simile alla propria.
Stavano fianco a fianco ogni giorno, ridendo, respirando l’aria leggera dell’estate, l’aria di un’ amicizia che si andava facendo sempre più intima senza che loro lo capissero: perché entrambi si sentivano in colpa a rifarsi una vita accanto ad un’altra persona, dopo avere vissuto, e poi perduto, due grandissime storie d’amore; sia per Madeleine che per Louis, amare un’altra volta era uguale a commettere un sacrilegio, violare il tacito giuramento di fedeltà eterna che il lutto ed il dolore avevano strappato loro verso i rispettivi defunti compagni di vita.
Tuttavia, non potevano restare troppo tempo l’uno lontano dall’altra, e non potevano nemmeno impedire ai loro cuori di essere felici, quando erano assieme: rubavano piccoli attimi di gioia per loro stessi, senza pensare, né tantomeno desiderare, di poter dare un seguito, un futuro a quei momenti magici.

Vivi, resta così, non stancarti di me,
sarà confusione che provo per te
ma più della pelle, più in là dell’amore
un angelo amico è quel che ci vuole

(Pooh, Innamorati sempre, innamorati mai)

Vivere, sorridere, assaporare, seppur per breve tempo, attimi di vita che credevano di aver dimenticato, per troppo tempo sconvolti dai rispettivi dolori.

Ci vogliamo bene come due fratelli
anche se a dormirci accanto
non restiamo mai tranquilli

E siamo qui
lontani e vicinissimi
come la notte e il giorno…

(Pooh, Innamorati sempre, innamorati mai)

Perché ogni sera, quando tornavano nella cabina che dividevano come fratello e sorella sentivano un’inquietudine crescere dentro?
Louis, amico, compagno dell’anima… cosa ho il diritto di sentire nei tuoi confronti? Posso veramente sperare di poter provare ancora amore per qualcuno, di poter provare ancora l’amore? O non sono piuttosto condannata ad una devozione eterna ad un ricordo? La mia testa mi dice che non è giusto, non è affatto giusto, rimpiazzare Kenneth così… dopo tutto quello che lui ha significato per me; eppure, il cuore mi dice che posso farlo, che non c’è nulla di male: perché lui, dentro di me, non sarà mai rimpiazzato da alcuno! Il posto che occupa nel mio cuore e nei miei ricordi gli appartiene di diritto e gli apparterrà sempre. Louis, o chiunque sia, sarebbe solo “la seconda volta”, un nuovo amore, che mai avrebbe il potere di scalzare via il primo, il mio caro Kenneth: dopo tutto, ho diritto a rifarmi una vita, a RICOMINCIARE A VIVERE!
Ma davvero è giusto farlo?


Diane, amore mio…questa sera guardo le stelle su questo mare incantato. E penso a te. A te. Dai miei pensieri non te ne sei mai andata.
Amo un’altra donna? Sì, forse. Debbo ammetterlo con me stesso. Mi sento in colpa per questo? E’ possibile. Per quale ragione? A causa tua, amore. Sì, amore: non ho ancora perso il vizio di chiamarti amore.
E perché dovrei farlo, se è lecito? Tu rimarrai sempre il mio amore, il mio primo amore. Anche ora che non ci sei più.
E lei? Che cosa è per me lei? Un’altra vita, un nuovo inizio, ma che non potrà mai cancellare te.
Io ti ricorderò sempre, fino al giorno in cui ci rincontreremo.
Fino ad allora,  non odiarmi. Non odiarci: non ti ho dimenticata!
Ma mi trovo ancora su questa Terra, ed il mestiere di chi si trova qui è quello di vivere. Posso ancora farlo, Diane?


“La lezione di ballo di oggi era particolarmente impegnativa! Tutti, o quasi, si sono ritirati!”, rifletteva ad alta voce Nicholas, le mani puntate sui fianchi; accanto a lui, Jeanne annuiva.
Oscar ed André erano andati a letto, come pure Alain; Rosalie e Bernard, dopo avere provato con scarsi risultati i passi di quello strano ballo ritmato, ci avevano rinunciato, ed ora sedevano nel pozzetto, stanchissimi; stessa cosa avevano fatta Antoinette ed Axel, che però avevano preferito sfogare la stanchezza con lo shopping.
Gli unici due a continuare a ballare erano Madeleine e Louis.
Il loro timido entusiasmo incuriosiva Bernard e Rosalie, i quali continuavano ad osservare i sorrisi adolescenziali dipinti sui loro volti.
Uno stereo nell’angolo suonava Hey baby, canzone dei primi Anni Sessanta, che aveva fatto parte della colonna sonora del film Dirty Dancing.
I due compagni di ballo improvvisati continuavano a muoversi con lenta grazia, scendendo sulle proprie gambe giù fino a terra ed ancheggiando, senza mai smettere di guardarsi negli occhi, e talvolta sorridendosi a vicenda.
Dagli angoli dell’ampio pozzetto, gli altri li osservavano incuriositi.
I due “ballerini per un pomeriggio” non sembravano curarsi degli sguardi degli altri; si scioglievano sempre più al ritmo della musica, passando dal pozzetto della barca alle fiancate, per finire sulla carena anteriore, dove si trovavano i materassini prendisole: il tutto, senza mai smettere di muoversi.
La luce calante del pomeriggio disegnava ombre gialle sui fianchi della barca; dietro al porticciolo turistico, un gruppo di case colorate dagli occhi luccicanti al sole ricordava loro che si trovavano in Sardegna.
Madeleine e Louis si sorridevano, alleggeriti sempre più dai rispettivi pesi interiori: in quei momenti, credevano, o meglio capivano, che era perfettamente giusto ricominciare a vivere.

Fu solo quella sera, però, che si decisero a farlo sul serio.
La cena era stata abbondante, in perfetto “stile André”, ed ora la maggioranza degli occupanti della barca era andata a smaltirla in una passeggiata in centro; sul ponte della barca erano rimasti solo Madeleine, Louis, Oscar ed André.
Sorseggiavano un vino rosso in silenzio, ognuno avvolto nei propri pensieri; i coniugi Grandier sedevano vicini, intenti a scambiarsi tenerezze; Louis sedeva accanto a Madeleine, sul divano blu in fondo al pozzetto. Lei osservava il liquido rosso che si muoveva lentamente nel bicchiere, persa nei suoi lontani ricordi.
“Tristezza da fine estate?”, ruppe il silenzio lui;
Madeleine alzò lo sguardo lentamente “Non proprio. Diciamo piuttosto nostalgia del passato”,
“E quanto è importante, per te, questo passato?”, le si era fatto più vicino,
“Forse troppo” la ragazza tirò all’indietro la testa sul cuscino, sospirò, poi rialzò la testa e disse “E tu come stai messo a fantasmi del passato?”;
Louis fece una smorfia “Non meglio di te”, bevve un sorso di vino “eppure, da qualche tempo, stanno iniziando a lasciarmi in pace più a lungo del solito”.
La ragazza lo stava fissando “Non si può morire per sempre. Non si può indugiare per sempre. La vita ricomincia, prima o poi”,
“E per noi è stato un po’ troppo “poi”! Vero?”.
Madeleine fece un altro sospiro “Stavo pensando che forse la cosa che di più frena le persone a lasciarsi andare alla vita che ricomincia è la paura di soffrire ancora”,
“E chi dice che bisogni soffrire ancora? Solo perché è stato, non è detto che debba essere ancora!”adesso le si era fatto vicinissimo col viso,
“Il passo più difficile è il primo: il primo istante; è da quello che capisci se la strada che hai iniziato è buona oppure no. Ma quanto è difficile, quel primo passo! La paura lo governa, non c’è modo di ricacciarla indietro”,
“Eppure, un modo ci sarebbe”, Louis le si era fatto ancora più vicino, ed anche lei aveva alzato la testa; i loro visi, ora, si sfioravano,
“E quale sarebbe?”, avevano abbassato entrambi la voce fino a ridurla ad un sussurro,
“Lasciarsi andare…”.
Le loro labbra si avvicinarono, fino a sfiorarsi in un timido bacio; ma immediatamente dopo, si presero in un bacio profondo, languido e lungo.
Nascosti dietro l’angolo del ponte della barca, Oscar ed André avevano assistito a tutta la scena; si guardarono, sorridendosi.

                                             **********

Luglio 2009.
“Ah, oggi sono proprio stanca!”, Madeleine si stava stiracchiando seduta alla sua scrivania,
“Vorrei vedere! Non ti riposi mai! Sei una stakanovista più stakanovista di me!”, le disse di rimando Oscar, accovacciata davanti ad un cassetto aperto dell’archivio,
“Cosa vuoi, Louis mi fa stancare la notte, e voi tutti di giorno! Non ho un attimo di riposo!”,
“A proposito di riposo!” fece Oscar balzando in piedi “Sono le sei: è ora di uscita!”.
Le due amiche, presi gli effetti personali, chiusero i rispettivi uffici e si diressero all’uscita.
Le salutò l’usciere “Buonasera, dottoressa Grandier! A domani, dottoressa Saint-Just!”.
Entrambe sorrisero; poi si volsero verso il parcheggio, dove due uomini le stavano aspettando sorridenti.
André si fece loro incontro “Allora, stasera c’è una sorpresa: si va a cena in quattro!”, disse, aiutando la moglie a salire in macchina,
“Però il posto lo scegliamo noi!” fece eco Louis, abbracciando sua moglie Madeleine; lei gli stampò un bacio sulla guancia, sporcandolo di rossetto.
Saliti che furono in macchina, il gruppo si avviò verso il lungosenna.
Madeleine era felice: alla fine di quella memorabile estate, aveva iniziato un nuovo percorso di vita. Assieme a Louis: entrambi feriti, entrambi soli, entrambi desiderosi di ricominciare; allora perché non farlo insieme?
Erano andati a convivere quasi subito, e dato che la cosa aveva funzionato, dallo scorso Aprile erano marito e moglie: un matrimonio lampo, ma, d’altronde, entrambi avevano molto tempo da recuperare.
I due novelli coniugi, seduti sul sedile posteriore dell’auto, si abbracciarono, guardando il tramonto sul fiume; si guardarono, felici di aver colto la loro seconda occasione.

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Due parole di spiegazione: So benissimo che con questa mia storia "atipica" ho sconcertato molti fan; per lungo tempo mi sono chiesta se pubblicarla o no: alla fine, ho optato per la pubblicazione, dato che questa storia ha per me un profondo significato personale, anche se sapevo perfettamente che non avrebbe riscosso un grande successo. Ad ogni modo, ringrazio coloro che l'hanno seguita, anche se non hanno commentato, ed in particolare ringrazio Ninfea 306 per il sostegno che non mi ha mai fatto mancare  ;-)

Ho comunque in progetto, più avanti, di pubblicare una fic molto più "classica" su Lady Oscar, con la quale spero di avere maggior fortuna (Lady Oscar è anche il mio anime preferito, che credete? ;-) ); quando? No, non vi anticipo niente, sarà una sorpresa! Nel frattempo, mando un grande bacio a tutti coloro che avranno avuto la pazienza di leggere fino a qui.

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