OLD SONIC - THE HEDGEHOG

di Blade the KnightRevenant
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una.. non bella nottata ***
Capitolo 2: *** Una pessima giornata ***



Capitolo 1
*** Una.. non bella nottata ***


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CAPITOLO I: UNA NON BELLA NOTTATA

È appena passata la mezzanotte, nessuno nei paraggi. Siamo a Westopolis, una giovane città dello stato federale dell’Arizona a confine con il Messico. Una città molto forte, sempre accesa e in movimento, a suo modo incredibile visto che non sono passati neanche vent’anni dalla sua fondazione. Ma non è qui che ci dobbiamo interessare.

 

Appena fuori all’uscita della città la strada è deserta e buia, eccetto per una piazzola di sosta con un enorme e acceso cartellone pubblicitario olografico con su scritto: "Welcome to Westopolis, we haven’t forgotten Mobius". Nessuna macchina arriva o esce da Westopolis, fatta eccezione per una Mercedes classe s nera parcheggiata proprio sotto l’enorme cartello. Un binario ferroviario poco distante che parte dall’interno della città e niente, nessun altro.. o forse no. In lontananza, dal buio della strada si scorgono due luci, quelle di una macchina accompagnata da musica ad alto volume, un furgone grigio. Arriva all’entrata della città e si ferma proprio a fianco alla Mercedes parcheggiata. I fanali rimangono accesi, quella frastornante e orrenda musica rap continua e dal furgone escono fuori sei individui, quattro umani e due mobiani. Hanno tutti tratti del sud, alcuni di loro sono ispanici, gangster da ghetto e ognuno di loro è armato, da spranghe a piedi di porco, pistole e uno di loro ha persino un fucile a pompa, probabile il capo della banda.

-È questa la macchina?- domanda uno degli umani, mentre un altro prende il cellulare -WER 112 Texas, è questa la macchina – conferma lui. -Allora prendete l’occorrente e smontiamo questa chica.- fa il capo guardandosi attorno -E se arriva qualcuno jefe?- chiede uno dei due mobiani. Non risponde subito ma carica fortemente un colpo del fucile -Usa questa idiotà e adesso smantellate la macchina.-

 

Dal furgone prendono un cric e lo posizionano sotto la Mercedes, mentre uno dei cholo con una chiave a croce inizia a forzare i bulloni della ruota mentre gli altri stanno ad aspettare e a fargli luce con delle torce. Peccato che non sanno che la macchina che stanno provando a forzare non è da sola.

 

-Che.. caz-zo..-

Si chiede l’autista della Mercedes che pochi minuti fa stava tranquillamente dormendo all’interno dell’auto. È stanco dalla sua giornata di lavoro ma non ci mette molto a capire che stanno provando, di nuovo,  a rubare la sua macchina. Un conto è rubargli i pezzi dell’auto, ma disturbagli il sonno e tenere a tutto volume quella musica di merda ha un limite. 

Si rialza stordito dai sedili della macchina sui quali dormiva ed esce dalla portiera posteriore a destra, visto che a sinistra stanno provando a forzare i bulloni della ruota. La cosa buffa è che stanno facendo così tanto baccano a forzare solo un cerchione dello pneumatico che neanche si sono accorti che il porcospino è sceso dall’auto. È un tipo sulla cinquantina d’anni, un mobiano per l’esattezza. Barba corta grigia ma incolta, per non parlare dei suoi aculei blu, in certi punti spettinati e le punte molto più tendenti al grigio che al suo blu naturale. Gli occhi rossicci e stanchi e il colore verde delle sue pupille ormai sono molto più vitrei che accesi. Le rughe, le borse sotto agli occhi, si salva forse il suo completo, un elegante camicia bianca accompagnata da uno smoking nero, un po’ stropicciato per le pieghe che si sono formate durante il suo sonnellino. 

Cammina lento ed esausto tenendosi appoggiato al tetto dell’auto, gira intorno alla macchina fino a ritrovarsi di fronte a quei cosiddetti gangster, che ancora non si sono accorti di lui. Molto di loro saranno anche alti un metro più di lui ma a detta sua sembrano davvero dei coglioni. –R-ragazzi..- prende la parola tranquillo e proprio quando apre bocca tutti e sette i malviventi si girano di scatto verso il mobiano. Alcuni perfino si mettono a ridere di lui, perché a vederlo sembra quasi un barbone qualsiasi. 

–Ragazzi è meglio che non lo fate i cerchioni sono rinforzati apposta, al massimo potete rovinare la croma- e senza che potesse finire di parlare il capo dei cholo spara un colpo di fucile in pieno petto sul riccio e dopo essersi fatti tutti una risata tornano a smontare la Mercedes.

 

Il riccio è accasciato al suolo si, peccato che non è ancora morto. Tossisce per il forte colpo improvviso, ma ci vuole ben altro a farlo fuori. Si rialza lentamente, accompagnando la fatica dell’azione con un paio di bestemmie e si rivolge di nuovo ai suoi aggressori ancor più stordito di prima –R-ragazzi..- sentendolo di nuovo parlare tutti si girano di nuovo verso di lui, sbalorditi che sia ancora vivo. –Ragazzi ragazzi, è meglio che ve ne andiate fidatevi.- dice già sfinito, tenendosi in guardia.

-Ammazzatelo!- urla di nuovo il cholo e tutti e sei armati si avventano contro il riccio. Uno ad uno vari colpi di spranghe e altri oggetti contundenti colpiscono sul torace e sul viso del mobiano, incassando i colpi senza riuscire a difendersi, ma mentre un altro prova d’un tratto a colpirlo con un coltello, il vecchio riccio blu compie uno scatto improvviso, quasi impossibile da vedere, bloccando il coltello dal braccio del malvivente. Lo disarma, prende il coltello e per ripicca gli pianta in un attimo sedici coltellate sull’avambraccio e senza esitare lo scaraventa addosso a due del gruppo. Uno è probabilmente andato, ma è già sfinito per lo sforzo e i colpi subiti.

Non lascia il coltello e tiene la lama dal basso per proteggersi, ma per una distrazione non si accorge che ne manca uno all’appello, infatti uno dei mobiani lo colpisce con forza con una chiave inglese da dietro la schiena. Il colpo lo fa traballare ma senza esitare uno prende la pistola e gli spara un colpo a un fianco, mentre un altro ne approfitta per avventarsi contro di lui e scaraventarlo al suolo. Il riccio grugnisce e urla di dolore, ma purtroppo per lui ad uno ad uno tutti e sei iniziano ad attaccarlo e tutto quello che può fare è mettere le mani davanti al viso per proteggere la testa. 

Colpi con spranghe di metallo, calci, imprecazioni da ambo le parti, fino a che i colpi non fanno girare il malcapitato, sguarnendogli la difesa e continuandolo a prenderlo a calci. Poi un colpo di piede proprio sotto la nuca e un fucile puntato sulla testa: è l’ultima goccia.

Il vecchio riccio stringe i denti e parte un urlo di rabbia che gela per un attimo quasi tutti i criminali, poi il tempo.. si ferma. Anzi, non si ferma: è lui che va troppo veloce.

Si svincola dai suoi aggressori, si rialza e con una velocità mai vista taglia di netto il braccio del cholo che gli puntava in testa il fucile.

Peccato però che il colpo era già partito e la caduta del braccio, per sua sfortuna, colpisce la portiera posteriore della sua Mercedes. 
–PEZZO DI MERDA!- urla il riccio, ancor più imbestialito per il colpo partito alla sua auto. Si avventa su uno degli umani, ma stavolta è molto più scattante di prima. L’umano lo attacca con il suo piede di porco, ma il vecchio riccio gli blocca il braccio con il quale tiene l’arma, lo disarma piantandogli una coltellata e con una agilità ancora più forte gli pianta la lama del coltello da sotto il mento. Talmente è andata in profondità la lama che la si può vedere all’interno della bocca dell’ormai morto umano. Rimane fermo due secondi, il tempo che l’umano muoia e con la sola forza di un braccio scaraventa il corpo sul terreno e prende con l’altra mano libera il piede di porco. Meno due. 

Davanti a lui c’è ne uno della sua stessa specie, ma non fa differenza. Scatta davanti a lui e con la destra lo pugnala selvaggiamente su tutto il petto e con la sinistra gli pianta il piede di porco nel cranio. Il colpo è talmente violento che l’arma rimane incastrata nella scatola cranica dell’assassino. Meno tre. 

Un ennesimo prova ad avventarsi contro di lui dalle spalle, ma il riccio lo intercetta, colpendolo con il coltello in pieno petto, si gira intorno al farabutto bloccato dal colpo e lo sgozza senza esitazione. Meno quattro. 

Nel frattempo però quello che gli ha sparato prima al fianco parte all’attacco e cerca di sparargli di nuovo, ma il mobiano ha la meglio ed evitare tutte le pallottole, fino a quando il caricatore non si svuota del tutto. Il malvivente trema dalla paura, invece il riccio rimane per un attimo tranquillo e immobile, ma il tempo di sbattere le palpebre e si trova a un centimetro e parte un colpo di lama che gli lacera la faccia e lo sbatte al suolo. E siamo a cinque. 

Poi un altro urlo di rabbia rivolto verso gli ultimi due rimasti, che uno impaurito e l’altro senza un braccio urlano di terrore e si dirigono al loro furgone per fuggire. Mentre fanno retromarcia per scappare il mobiano gli urla di nuovo e prendendo da terra una chiave inglese la lancia contro il parabrezza della loro auto mentre è intenta a fare retromarcia. Dopo pochi secondi non ci sono più e il riccio è quindi vittorioso, fatta forse eccezione per la sua auto.

Ansima per la fatica, ringhia per il dolore e per poco non sviene per gli sforzi. Era da tanto tempo che non scattava più così. Ignora totalmente i cinque cadaveri e il sangue e molla il coltello ancora attaccato alla sua mano.

Zoppicante rimuove il cric ancora appostato alla sua auto ed entra in macchina. Tossisce e respira a fatica, ma mette in moto la Mercedes e se ne va, lasciando dietro di se quei cadaveri.

Non torna a Westopolis, ora come ora potrebbe dare troppo nell’occhio, quindi continua ad andare fuori città per fermarsi a una piccola area di servizio che conosce.

È tarda notte e per fortuna passano si e no tre o quattro persone. Parcheggia vicino al bagno pubblico, isolato dalla sosta per la benzina e il negozio e prende da dietro il bagagliaio un cambio pulito del suo smoking, perfettamente identico al modello che indossa, in fondo tra un paio di ore dovrà lavorare.

Arriva ancora zoppicante ed esausto in bagno e per fortuna è da solo. Per prima cosa si spoglia e butta il completo sporco di sangue in un cestino a fianco al lavandino. Si toglie la canottiera, ormai anche quella rappresa del suo sangue e getta anche quella e sul suo petto si possono vedere anche i colpi di pistola e di fucile conficcati nei suoi pettorali. Con l’aiuto di un specchio appena davanti al lavello con le dita pian piano si leva quei bossoli di proiettile. Per lui non è molto doloroso, ma fa comunque fatica: ormai non è più abituato a combattere. 

Rimossi tutti i proiettili e gettati anche quelli nell’immondizia, si pulisce il petto con un asciugamano e per fortuna le ferite iniziano già a non perdere più sangue. Si mette i pantaloni, si abbottona la camicia e si rimette le scarpe e prima di rimettersi la giacca, si sciacqua la faccia, per poi respirare profondamente e guardare il suo riflesso nello specchio.

 

 –anf anf.. Sonic.. questa... è stata proprio.. una nottata del cazzo.-

 

 

 

SPAZIO DELL’AUTORE 
Ragazzi, spero di essere mancato a qualcuno in questi ultimi.. decenni? 
Ci sono molte cose che vorrei dirvi, tanto scuse da darvi, ma.. NO: oggi non lo farò. Piuttosto per calibrare al meglio la mia imminente dipartita da questo sito e la riuscita futura di The Darkness, vi propongo quest’altra storia che STAVOLTA sono sicuro che riuscirò a portare a compimento. Ho molta ispirazione per questa storia e voglio solo dirvi una cosa: tutto avrà una spiegazione a tempo debito e soprattutto, non avete visto ancora niente. Spero solo di essere più fedele nella pubblicazione, intanto fate tutte le domande che volete farmi.

P.s: avete capito a cosa mi sono ispirato per questa storia? ;)

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Capitolo 2
*** Una pessima giornata ***


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CAPITOLO II: UNA PESSIMA GIORNATA

Si risciacqua la faccia, si sistema più che può la barba e gli aculei e si aggiusta cravatta e colletto. Respira profondamente, i colpi inferti li sente ancora su tutto il corpo, specie i lividi che si sono formati a causa dei colpi di spranga.

 

Dopo il settimo respiro profondo non rimane un attimo di più: il fetore di urina di quella latrina lo sta asfissiando. Lentamente esce dal bagno, apre la porta con una gomitata e ritorna in macchina. Inserisce la chiave, accende l’auto, fa retromarcia e se ne va.

La sua prossima mossa? –Cazzo, è già mattina?- si chiede, guardando il cielo che pian piano si illumina dai raggi del sole. -Chissà quanto sono stato in quello schifo di bagno.- si domanda ancora, ma ecco che i suoi pensieri vengono interrotti da un messaggio proveniente dal suo cercapersone. Sarà sua moglie? Un amico? Niente di tutto questo, solo un imprenditore umano del Texas che ha bisogno di un passaggio dall’aeroporto di Westopolis.

 

-Si si certo, l’incontro è andato più che bene: un successo su tutti i fronti.- dice al cellulare il tipo appena seduto dietro al sedile. –Che coglione.- pensa il riccio, sbirciando il tipo senza dare troppo nell’occhio. Insomma, come si fa nel ventunesimo secolo a portare ancora in giro quei cappelli.

 

Quindi, ecco cosa fa il riccio blu per campare: l’autista privato. Chi l’avrebbe detto che fare l’autista a tempo pieno fosse così redditizio. – Te lo dico io Doc, calotte polari, riscaldamento globale, controllo dell’informazione, acqua inquinata, mobiani speciali: è tutto collegato!- -Blake siamo nel 2032, perché parliamo ancora di mobiani speciali? Insomma, non ne vediamo uno nuovo da quanto? Vent’anni? O almeno, non dall’incident..- a quelle parole il riccio cambia subito trasmissione radio: troppi ricordi di un passato messo alle spalle.

Non ne voleva saperne più di fare la differenza, ormai aveva una grossa responsabilità e fin troppi rimpianti. I tempi per le corse erano finiti da un bel pezzo per lui, ora tutto quello che vuole fare è prendere più soldi possibili per andarsene dal Texas: ormai le sue vecchie scarpe rosse le ha messe al chiodo.

 

All’inizio credeva che stare a Westopolis lo avrebbe motivato a resistere ma, a suo modo di vedere, ormai né gli umani e né i mobiani sono più gli stessi da tempo.

In questi ultimi due anni di lavoro gli sono davvero capitati tutti i tipi di passeggeri, da imprenditori ben ricchi, come il cretino che sta accompagnando proprio adesso, a ragazzini sballati di alcool e persino sposini brilli pronti a festeggiare tutta la notte il loro matrimonio.

A parte rare eccezioni, le sue giornate sono talmente ripetitive che certe volte perde persino la cognizione del tempo.

Dopo neanche quattro giri in macchina e una fermata a un bar per prendere una tequila che subito si fanno le dieci.

 

-Bene.- Adesso è in pausa dai suoi orari e, come ogni settimana, deve fare una passata al Westopolis Clinic Hospital. Posto davvero niente male, con tutti i comfort e le cure disponibili per i pazienti. Persino un tipo come lui che non gode di un’assicurazione può godere delle cure e dei servizi dell’ospedale.

 

Parcheggia l’auto più vicino possibile all’entrata dell’ospedale, scende dalla macchine e con la giacca sulla testa corre verso le porte scorrevoli: ci mancava solo che piovesse oggi. Come da orario, trova il suo fornitore, un medico umano del posto. Si danno un’occhiata, non serve neanche che aprano bocca che come sempre, lui gli passa una busta piena di medicine e il riccio gli allunga una bustarella. 

Tutto da programma per il riccio, peccato solo che qualcuno lo sta osservando dentro a una macchina parcheggiata.

 

 

Presa la busta Sonic rientra in fretta in macchina, poggia le medicine sul sedile a fianco e riprende a bere la Tequila mezza vuota. Mentre beve però, l’individuo che lo sta spiando è sceso dalla propria auto, e non appena Sonic finisce di scolarsi la bottiglia ecco che quella persona entra dalla portiera di dietro.

 

Mobiano classe leone, stranamente più alto e muscoloso per essere un mobiano normale. Gli occhi nascosti da dei tondi occhiali da sole retrò e il suo pelo dorato, doppio e ben curato, come quello di un alfa. Indossa un cappotto verde militare, sotto completo nero, scarponi e la mano destra è celata da un guanto doppio. Sonic non sa chi è, ma di certo non è un nuovo cliente che ha bisogno di un passaggio.

 

-Guarda guarda chi mi trovo davanti, Sonic the Hedgehog l’Eroe di Mobius. E adesso è un’alcolista.-

-E tu chi cazzo sei?- gli risponde di getto Sonic. Ha l’aria da sbruffone, troppo da sbruffone per i suoi gusti.

 

-Sai, i fori di proiettile su un’auto sono facili da vedere. So che lavori a Westopolis da molto tempo e che la polizia stradale mi ha chiamato per dirmi di aver trovato cinque cholo morti in una piazzola di sosta proprio di fronte all’entrata della città.
Ciò non sorprenderebbe oggi certo, peccato però che a qualcuno mancasse un braccio e a un altro le interiora. A parte il sangue sono però riusciti a raccogliere dei pezzi di una Mercedes Classe S 2028. Tu sei a Westopolis e.. hai una Mercedes Classe S 2028. Sai non mi aspettavo tutta questa violenza da parte tua Sonic, o forse dovrei chiamarti col tuo nome attuale, Naoto Jackson? Devo dire che l’originalità non ti manca per niente.-

 

Con quelle parole il riccio impallidisce di netto. Sa come si fa chiamare, sa chi è davvero e sa di stanotte. Chi diavolo è? Non può essere di certo un poliziotto, che possa lavorare per i servizi segreti? Se è così, è davvero possibile che dopo anni sono riusciti a rintracciarlo? Perché così? Perché adesso?

 

-Chi sei.- gli domanda. Deve assolutamente capire con chi ha a che fare.

 

-Mi chiamo Liam. Ascolta, non cerco te Sonic. Sto cercando qualcuno, una ragazza. Lei ti sta cercando e mi ha preso una cosa mentre ero distratto, una cosa della quale sono direttamente responsabile. È un’umana, messicana: Sonia. Non ti dice niente?-

-Non conosco nessuna Sonia perciò vaffanculo fuori dalla mia auto.- gli risponde secco il riccio blu. Chi diavolo è Sonia? E se esiste, che diavolo vuole da me? Che sia solo un imbroglio?

Ma Liam rimane indifferente alla risposta, si toglie gli occhiali e si avvicina di qualche centimetro al riccio. Basta guardarlo negli occhi da capire che non è un’idiota come il vecchio testa d’uovo.

 

-Guarda che conosco il tuo segreto Sonic: il mentecatto argentato venuto dal futuro.-

-Oh no.. s-sa anche degli altri. Ma si può sapere chi diavolo è.- pensa turbato Sonic, cercando di non distogliere lo sguardo da lui senza dare segni di cedimento. Forse, per una volta è meglio essere collaborativi con stronzi come questo. - Che cosa vuoi?- chiede ancora.

 

-Solo un po’ di collaborazione.- prendendo dal taschino un biglietto da visita e allungando la mano verso il riccio. Sonic non la prende subito così il leone gliela lancia nel posacenere vicino al cambio dell’auto.  -Per intenderci, sono un fan.- finisce con tono quasi amichevole, uscendo infine dall’auto per tornare alla sua vettura. Vedendolo allontanarsi Sonic prende in fretta il biglietto che gli ha lasciato e legge due parole: Thorndyke Transfusion. -No, non è possibile.- pensa.

 -Cazzo cazzo!- bestemmia forte, riaccende la macchina, fa manovra e va via dall’ospedale.

 

 

Ci vogliono due ore per uscire da Westopolis e arrivare così a un pedaggio pieno di posti di blocco che porta alla cosiddetta “Linea di Nessuno”, gli ultimi trenta chilometri che dividono il Texas con lo stato del Messico. La fila di macchine è lunga e mentre aspetta Sonic ne approfitta per parlare al telefono con un’agenzia immobiliare.

-Si, lo so che la villa l’avevo chiesta per l’anno prossimo ma ci sono stati dei problemi e mi serve adesso. Senta, l-lo so che la richiesta è centomila ma.. o-ok e se gliene porto ottantamila in contanti subito può venirmi incontro? Pronto? Pronto? Bastardo.-

 

Dopo dieci minuti il traffico torna scorrevole e dopo aver pagato e lasciato che i poliziotti facessero un veloce controllo di lui e della macchina, poté proseguire.

 

 

 

Deserto, solo lo stramaledetto deserto, l’autostrada e qualche cactus ai lati della strada. Non parliamo del sole pomeridiano, alto e sempre accecante per le retine. È sempre così quando deve tornare qui e ancora oggi non se ne è fatto l’abitudine.

Venti minuti per l’autostrada, svolta per la stradina malandata a sinistra e continua dritto, fino ad arrivare a casa, e per casa intende l’unico luogo dove può dormire comodamente senza che nessuno tenti di rubargli la macchina.

 

Un vecchio centro siderurgico abbandonato. Isolato, in mezzo al torrido deserto a confine col Messico. Un vecchio capannone per l’acciaieria con ben tre altiforni, di cui uno crollato per l’ormai inesistente manutenzione. Vicino al capannone una cisterna anche quella crollata e altri due capannoni inutilizzati, il tutto circondate da una vasta staccionata di fortuna: grate in metallo, staccionate in legno, filo spinato e vari cartelli all’entrata con su scritto: Proprietà privata, vietato l’accesso, non entrare senza permesso, eccetera eccetera.

Come solito deve scendere dall’auto, sbloccare i due lucchetti, aprire i cancelli scorrevoli ed entrare poi con la macchina.

Appena parcheggia a fianco all’entrata del capannone, una figura esce fuori dalla casa. Un altro mobiano forse? È un figuro di ottanta centimetri, quindi decisamente di razza mobiana, ma vestito da una larga felpa e pantaloni neri, con addosso ginocchiere e gomitiere militari. Ai piedi indossa delle particolari scarpe viola con strisce nere e il suo viso è totalmente celato da una maschera balistica nera con sopra il cappuccio della felpa. Non è solo particolare la maschera, ma sulla parte frontale è dipinto sopra uno strano simbolo, una parola colorata di rosso, che significa una cosa sola: Ronin. Non si può vedere niente del viso del figuro, ma una parte del suo corpo è scoperta, bensì la sua coda: una lunga coda viola dalla punta arrotolata .

Non appena il mobiano arriva sul portico della casa e incrocia lo sguardo del vecchio riccio blu, alza le mani dai fianchi e con la sinistra fa scendere il cappuccio, mentre con l’altra si toglie con calma la maschera, mostrando il suo viso.

Anche se i primi peli bianchi decoravano le sue creste e le sopracciglia, la coda confermava il suo pelo, un forte colore viola, fatta forse eccezione di qualche chiazza più chiara forse sempre dovuta alla vecchiaia.

Il muso rado, anche se alcuni peli grigi stavano già ricrescendo e il corno in mezzo alla fronte, unico della sua specie.
Come per il porcospino blu, anche quel camaleonte, un tempo una leggenda tra i mobiani, ora si ritrova lì, sperduto per sua scelta in quella terra di nessuno.

Gli occhi arrossati, stanchi per il poco sonno, e le rughe ben piazzate sul suo viso non bastano a nascondere né il suo sguardo, torvo e sicuro, né il forte colore delle sue iridi, più gialli persino del sole. Si può dire però che i suoi occhi sono più splendenti che mai, forse l’unica parte del suo corpo che non è per niente invecchiata.

-Finalmente sei tornato.- dice il camaleonte. Si aspettava che tornasse già da giorni. -Si lo so ho preferito lavorare senza sosta questa settimana.- gli risponde il riccio, allungandogli il sacchetto preso all’ospedale. Al camaleonte spunta un leggero sorriso: a quanto pare non è tornato a mani vuote stavolta. –Gli serviranno: sono state brutte giornate per lui.- afferma.

-Sono sempre brutte giornate Espio.- risponde sarcastico Sonic, mentre entra nel capannone.

 

Può darsi che un nuovo problema uscirà tra breve, un problema alto quanto loro.

 

 

 

SPAZIO DELL’AUTORE

Mizzica, meglio tardi che mai. Lo so, sono uno stronzo ma FINALMENTE ho pubblicato questo capitolo e per farmi perdonare, metà del terzo capitolo è già bello compilato. Spero che in Old Sonic riesca a tirare tutto questo che posso ragazzi, perché non nego che ho avuto non poche difficoltà a descrivere gli avvenimenti di questo capitolo. Con la differenza che a questo giro ammetto che non è stata la mia agenda di impegni a bloccarmi, bensì tentare di scrivere in ordine gli avvenimenti. Vabbè, spero di migliorare in fondo: non si può scendere più in basso di così no? ahahah.

INOLTRE, come potete vedere QUI in basso (e anche nel mio profilo se andate a vedere) che ho “assoldato” una disegnatrice tale ginger_dev_art con il quale mi sta aiutando a creare fan art delle mie storie su Sonic.

Infatti qui potete vedere in tutta la sua stanchezza il nostro Sonic e se controllate il mio profilo, potrete vedere lo sfondo (e in futuro anche TDIHE, il concept di Blade, la mia immagine di profilo avrà un’immagine tutta sua e altro ancora!) di Old Sonic. Link qui, se potete supportatela: https://www.instagram.com/ginger_dev_art/

Spero che questo capitolo vi abbia dato un pochino di hype e ora, ho davvero bisogno di una doccia perché mi sto sciogliendo. Sciao! old-sonic-v1

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