Oltre il velo

di Karyon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lo specchio delle fate ***
Capitolo 2: *** Il processo ***
Capitolo 3: *** Kreacher ***
Capitolo 4: *** Riavvicinamenti ***
Capitolo 5: *** Age gap ***
Capitolo 6: *** La spilla da Prefetto ***
Capitolo 7: *** L'ultima notte a Grimmauld Place ***
Capitolo 8: *** La canzone del Cappello Parlante ***
Capitolo 9: *** Dolores Umbridge e Blaise Zabini ***
Capitolo 10: *** L'ora delle streghe ***
Capitolo 11: *** Le selezioni ***
Capitolo 12: *** Litigi ***
Capitolo 13: *** La maledizione ***
Capitolo 14: *** Il piano di Hermione ***
Capitolo 15: *** Buon compleanno ***
Capitolo 16: *** A Hogsmeade ***



Capitolo 1
*** Lo specchio delle fate ***


Colui che della Morte è il custode nascerà nella casa dell’aquila al principio del mese doloroso. Giunge, senza ombra né timore, colui che per due volte ha sfidato l’oscura signora e per due volte è sfuggito al destino manifesto. Il Corvo avrà come suo alleato e insieme compiranno il fato che sui due mondi ha posto il suo sigillo. Egli dovrà strappare il velo della conoscenza e, per diventar della Morte il custode, dovrà tra le sue braccia perire. Tre sono le missioni che si frapporranno sul suo cammino: Per ritrovarsi dovrà perdersi, per custodire dovrà lasciare e per amare dovrà odiare. Colui che della Morte è il conquistatore lo designerà come suo rivale e la guerra imminente li vedrà ai due versanti contrapporti. Il Corvo scenderà a riconciliare e la guerra non potrà terminare se la Morte non troverà la sua unità. Colui che della Morte è il custode nascerà nella casa dell’aquila, al rintocco della decima campana.
12,5 Libro di Micah – Biblioteca Rossa della Famiglia White

La gioventù, al contrario di quello che si pensa, non ha nulla a che vedere con l’età; è qualcosa di più profondo e al tempo leggero, è qualcosa che ha a che fare con lo spirito. Quando si è giovani, lo spirito è capace di sprofondare negli abissi più oscuri e di elevarsi nei cieli più sconfinati. A quei tempi percepivo, senza esserne davvero consapevole, che Andreas White era in quel senso la persona più giovane che conoscessi. Fu una sorta di riscoperta, perché c’era una parte di me che lo sapeva da sempre; una riscoperta lenta, vissuta giorno dopo giorno, dolore dopo dolore, rinuncia dopo rinuncia. Col senno di poi forse non rifarei tutto alla stessa maniera, forse scapperei al primo accenno di cambiamento, forse mi butterei nel fuoco prima, forse addirittura non muoverei un solo passo, immobile ad aspettare. Forse è proprio questo il bello: a dispetto di qualunque magia, non si puoi mai tornare indietro davvero. È stato proprio lui a insegnarmelo: se una cosa deve accadere, accadrà.
A dispetto di tutto e tutti. Persino di te stesso.

Dal diario di Laurell D. White, “Quando la luna diventò rossa” (pag. 15)

 
Lo specchio delle fate

06 agosto 1995
Quel maledetto ritratto aveva ricominciato a urlare, scuotendo le fondamenta stesse della casa, e Sirius si chiese ancora una volta se davvero la voce di sua madre avesse avuto quella potenza anche da viva. Francamente, pur odiandola con tutte le sue forze, non riusciva a ricordare che fosse davvero così fastidiosa.
Tuttavia quella volta non poteva darle tanto torto, considerando che le urla di quello che sembrava essere il suo figlioccio dovevano aver raggiunto anche Voldemort in persona.
Uscì dalla stanza in tempo per notare Molly che schiantava gli altri quadri della sua vecchia casa, poi corse verso le scale.
*«Taci, orrida vecchia strega, taci!» Ringhiò, afferrando la tenda abbandonata dalla donna.
Il ritratto di sua madre lo riconobbe e impallidì «Tuuuuu!» Ululò, gli occhi fuori dalle orbite. «Traditore del tuo sangue, abominio, vergogna della mia carne!»
«Ho... detto... taci!» ruggì Sirius, e con uno sforzo formidabile lui e Remus riuscirono a richiudere le tende. Gli strilli di sua madre si spensero ed echeggiarono nel silenzio.
Un po' ansante, Sirius si scostò i capelli lunghi dagli occhi e si girò verso i ragazzi fermi sulle scale, cercando un sorriso per Harry che non riuscì a trovare; l‟unica cosa che riusciva a pensare era a quella dannata donna dietro alla tenda.
«Ciao» disse in tono cupo. «Vedo che hai fatto conoscenza con mia madre».
«Tua...?» cominciò Harry, facendosi quasi venire un colpo.
«La mia cara vecchia mamma, sì» disse Sirius. «È un mese che cerchiamo di tirarla giù, ma deve aver gettato un Incantesimo di Adesione Permanente sul retro della tela. Scendiamo, presto, prima che si risveglino tutti quanti».
«Ma che cosa ci fa qui il ritratto di tua madre?» chiese Harry, sconcertato, mentre varcavano la porta e scendevano per primi lungo una rampa di stretti scalini di pietra.
«Non te l'hanno detto? Questa era la casa dei miei genitori» spiegò. «Ma io sono l'ultimo Black rimasto, quindi adesso è mia. L'ho offerta a Silente come Quartier Generale... praticamente è l'unica cosa utile che sono riuscito a fare» borbottò, mentre scendevano le scale, diretti verso la cucina*.
Sirius lanciò un‟occhiata a Harry che entrava in cucina e si girò velocemente verso Hermione, che scendeva dietro di lui «Ha dato di matto, vero?»
«Più o meno… voglio dire-» Hermione si bloccò di botto, imbarazzata. Le sembrava in qualche modo non giusto sparlare di Harry col suo padrino.
Sirius scosse la testa «Non preoccuparti, l‟ho sentito anche da solo. Come tutti in città» ironizzò, mentre Ron dietro di loro roteava lo sguardo «Io gli voglio bene, a volte sarebbe da prendere a bolidi sulla testa» grugnì, beccandosi un‟occhiataccia.
Sirius fece un ghigno approssimativo «Gli passerà» fece, prima di raggiungerlo in cucina.
Hermione mantenne il sorriso fino a quando l‟altro non fu sparito dietro la porta della cucina, poi fissò Ron come se fosse stato uno Schiopodo molto brutto «Bolidi sulla testa
Ron scrollò le spalle «Beh? Devi ammetterlo pure tu: questa volta Harry ha esagerato! Insomma, c‟eri pure tu! Non è che abbiamo passato il tempo a combattere Mangiamorte, partecipare alle riunioni dell‟Ordine o a fare cose fighe in generale…»
«Sì, ma lui non lo sa!» Sbottò Hermione, mentre ritornavano al piano di sopra per evitare che la Signora Black ricominciasse. «Ragiona Ron: Harry ha visto quello che ha visto solo poche settimane fa e poi è stato escluso da tutto… tu come ti sentiresti?»
Ron si aggrottò «Beh, ma l‟ha deciso Silente!» Grugnì cocciuto, buttandosi sul letto. «Non doveva prendersela con noi!»
Hermione fece uno sbuffo «Certo, perché ovviamente è così facile prendersela con Silente in persona» ironizzò, poi si sedette pensosa sulla sponda del letto di Harry. «Chissà perché ha deciso che doveva restare all‟oscuro…»
«Lo sai com‟è: Silente opera in modi misteriosi» ribatté Ron, poi la zazzera rossa di Ginny apparve con un guizzo dalla porta «Ragazzi, si cena!»
La cena fu piuttosto piacevole, nonostante il brusco arrivo di Harry: la tetra cucina era resa più accogliente dagli odori della cucina della Signora Weasley e dalle chiacchiere di tutti gli ospiti. A parte Sirius, Harry, Ron, Hermione, Fred, George e Molly che ormai vivevano lì, c‟erano il Signor Weasley e Bill, Ninfadora Tonks, Mundungus Fletcher e Remus Lupin che, sebbene vivesse ufficialmente a Grimmauld Place con gli altri, partiva per lunghe trasferte top secret sugli ordini di Silente.
Hermione si servì incredibilmente di una terza pozione di stufato, evidentemente pulire una casa come quella richiedeva più forze di quanto pensasse, e tornò a ridere delle trasformazioni del naso di Tonks, ritrovandosi a pensare che forse essere una Metamorfomagus le sarebbe piaciuto. In quel modo avrebbe potuto diradare la tensione con un solo schiocco delle dita, pensò incrociando per un attimo lo sguardo di Harry, seduto all‟altro capo del tavolo, che rideva con tutti gli altri del naso innaturalmente lungo di Tonks. Persino lui sembrava aver dimenticato la sfuriata di poco prima, anche se sapeva benissimo che Harry non dimenticava mai nulla per davvero. Certo, poteva sempre esserci la possibilità che quella serenità fosse dovuta più alla presenza del suo padrino, finalmente accanto a lui: anche nel caos di una cucina stipata poteva notare le frasi furtive e le occhiate d‟intesa che si lanciavano.
Tuttavia, quando Hermione guardava Sirius, non poteva fare a meno di pensare che la parola “serenità” fosse quella che gli si addiceva meno. E la sua prima impressione non aveva fatto altro che confermarsi nelle poche settimane che aveva vissuto in quella casa, non solo a contatto con lui, ma letteralmente immersa nella sua vecchia vita. Stranamente, riusciva proprio a percepire quella che sembrava una specie di aura che lo avvolgeva sempre e comunque: anche adesso, durante una cena in cui tutti sembravano rilassati e persino Harry riusciva a ridere alle storie di Mundungus, riusciva a vedere qualcosa che ribolliva sotto la superficie. Era come una sensazione che pizzicava la sua mente, la sensazione che ci fosse una specie di animale intrappolato in gabbia e che premeva per scappare via lontano. Eppure non aveva mai creduto a sciocchezze come aure e sensazioni, come le avevano ben ricordato le lezioni della Cooman durante il terzo anno. Però era sicuramente una che pensava troppo, si disse quando Ginny le diede una gomitata in un fianco per sbaglio. Hermione si rese conto con orrore di aver fissato Sirius e Harry per tutto il tempo delle sue elucubrazioni, perché se il suo amico non diede segno di averla
notata, Sirius la stava guardando con aria interrogativa. Hermione si affrettò a rivolgergli un sorriso, per poi abbassare velocemente la testa sul piatto vuoto. Il resto della serata non fu piacevole quanto la cena; quando Sirius si schiarì la gola guardando Harry, Hermione fu sicurissima che qualcosa stesse per accadere. Fu proprio grazie a lui che ottennero le prime vere informazioni da quando si trovavano al Quartier Generale dell‟Ordine, ma la Signora Weasley era così furiosa che si affrettarono a seguirla su per le scale per evitare di diventare i suoi bersagli.
Nonostante Hermione fosse molto spesso d‟accordo con lei e considerasse pericoloso per Harry andare contro le direttive di Silente, quella volta era d‟accordo con Sirius: se non era il caso di sapere tutto ciò che faceva l‟Ordine, era sicuramente positivo che Harry conoscesse qualcosa in più su quello che lo aspettava. Dopotutto, come aveva detto Lupin, era meglio ricevere le notizie nel modo più corretto possibile, piuttosto che cercarsele da soli e rischiare fraintendimenti.
«Buonanotte» fece pensierosa fermandosi al primo piano, mentre Ron e Harry salivano verso la loro camera al secondo. Si girò per andare al bagno ma era già occupato mentre la camera che divideva con Ginny era vuota, segno che la stava davvero aspettando per conoscere le novità. Hermione aspettò per qualche secondo davanti alla porta chiusa del bagno, poi si fiondò in camera non appena sentì dei passi sulle scale: probabilmente era la Signora Weasley, ma dopo l‟ultima mezz‟ora non voleva farsi beccare ancora alzata. Si buttò sul letto e, suo malgrado, continuò a rimuginare su quello che era successo poco prima e di come sembrassero amare le parole di Sirius: aveva passato molti anni ingiustamente ad Azkaban, e lei l‟aveva visto come l‟aveva ridotto, senza poter stare vicino a Harry e adesso si doveva sentire di nuovo inutile perché non poteva uscire… “Però ti è stato abbastanza difficile prenderti cura di lui mentre eri rinchiuso ad Azkaban, vero?” Le parole della Signora Weasley le apparivano ora così insensibili, soprattutto guardando la faccia di Sirius che perdeva quel poco di colore che aveva.
Non sapeva neanche lei perché ci stesse pensando tanto, ma forse l‟atmosfera tetra e cupa di quella casa non giovava, soprattutto se si aggiungevano l‟asprezza del padrone di casa e la tensione degli ospiti. Persino una persona mite come Remus le era sembrato brusco.
Quando fu sicura che la Signora Weasley fosse ormai andata a dormire, Hermione sgattaiolò fuori dalla camera per andare nel bagno del terzo piano, visto che anche quello accanto alla camera di Harry e Ron era occupato. Fu solo quando uscì che sentì nettamente delle persone che parlavano al piano di sopra, cercando di tenersi basse senza riuscirci; non era mai ancora stata al piano di sopra, ma da pezzi di conversazione presi qua e là aveva intuito che doveva esserci la camera di Sirius. Più tardi si sarebbe data della stupida per essere stata così incredibilmente sfacciata, ma in quel momento qualcosa la spinse a salire qualche scalino per cercare di capire meglio cosa si stessero dicendo le voci.
«Sei stato incredibilmente avventato, eppure ti avevo avvertito di stare attento quando arrivava Harry…» stava dicendo la voce di Remus, col tono di rassegnazione di chi si fosse aspettato quello che era successo.
«Non ho bisogno della balia, Remus» grugnì Sirius, che sembrava pronto a esplodere.
Hermione provò a fare qualche scalino in più, ma non riusciva comunque a vederli e salire ancora era fuori discussione perché l‟avrebbero vista, così si arrischiò ad accucciarsi.
«Abbassa la voce… a me sembra proprio di sì. Non avevi alcun diritto di comportarti così con Molly» ribatté Remus e Sirius proruppe in uno sbuffo sarcastico «E lei allora? Non mi sembra di essere stato l‟unico esagerato, questa sera!»
«Lo sai che parla per il bene di Harry…»
Hermione sentì un rumore metallico, come se qualcuno avesse colpito qualcosa, probabilmente la maniglia della porta. Li sentiva con troppa chiarezza perché fossero chiusi in camera, forse si trovavano sulla soglia.
«Perché io no, allora? Credi che io farei qualcosa per metterlo in pericolo?»
Hermione accolse il silenzio di Remus quasi con più preoccupazione di Sirius.
«Moony, rispondimi... Non fare la statua di sale, dannazione!»
«Okay! Senti, io e te sappiamo che la tua concezione di pericolo potrebbe non coincidere esattamente con quella degli altri, non di Molly comunque. Solo che dovresti…»
«Dovrei cosa? A parte non partecipare alle missioni, non posso neanche esprimere il mio punto di vista su quello che il mio figlioccio dovrebbe o non dovrebbe fare? Dovrei essere io a occuparmi di lui».
«Non prenderla sul personale, non c‟entrano nulla le direttive di Silente in tutto questo… dovresti solo sforzati di essere più collaborativo».
La risata fredda e senza allegria colpì profondamente Hermione, che si sentì rabbrividire: quante cose doveva aver sopportato una persona per ritrovarsi con una risata simile?
«Collaborativo? Ma ti rendi conto di dove mi trovo? Sono intrappolato in questa casa maledetta come quando avevo quindici anni, maledizione! A questo punto tanto valeva restare ad Azkaban!» Sbottò Sirius, alzando la voce di un tono.
Remus sbuffò come se non ci credesse «Mi dispiace. Mi dispiace davvero che ti ritrovi di nuovo qui, mi dispiace che non puoi uscire, mi dispiace davvero, credimi. Lo so quanto debba essere difficile per uno come te, ma cerca di capire anche quello che voglio dirti io: non è colpa di nessuna di queste persone se hai i tuoi problemi con la tua famiglia, né che non puoi uscire da qui, non riversare su di loro la tua frustrazione!»
«Non doveva andare così, Remus».
«Lo so».
«Questa vita da… da reietto non fa per me. Combattere fino alla morte come James, questo faceva per me. Proteggere Harry al costo di andare a sbattere un pugno sul muso di Voldemort in persona, questo fa per me» mormorò e la voce gli si spezzò, mentre si sedeva sulla sponda del letto.
Remus gli si avvicinò e gli poggiò una mano sulla spalla «Lo so. Ma cerca di prenderti le cose positive della situazione e se te lo dico io… insomma, ormai hai donato questa casa per il bene dell‟Ordine, cerca di sfruttarla al massimo!»
Sirius fece una risata sgradevole «Perché credi che l‟abbia fatto? Era l‟unico modo per essere coinvolto in questa cosa, senza sentirmi completamente e totalmente inutile… c‟è da giurarci che sarei stato escluso ancora di più, se fosse per Silente!» Sbottò e Hermione sussultò perché quella volta aveva quasi urlato e temette che qualcuno si svegliasse.
«Non te la prendere con Silente, adesso. Lo sai che ha sempre un piano per tutto e tutti».
«Già…» sibilò l‟altro e Remus gli batté la spalla «Vai a dormire e riprenditi, Harry non deve vederti così depresso. Buonanotte».
«Sì, buonanotte».
Accidenti. Hermione si rese conto troppo tardi che quello voleva dire che Remus sarebbe dovuto scendere da lì e si precipitò al secondo piano, fingendo di uscire dal bagno. Remus si bloccò un solo secondo per guardarla, un po‟ come se stesse ponderando sull‟idea che li avesse ascoltati, o forse era soltanto la sua paura a parlare. In ogni caso, Remus si limitò a lanciarle un‟occhiata «Sei ancora sveglia?
Hermione indicò rapidamente il bagno «Quello sul mio piano era occupato».
Remus annuì stancamente «Buonanotte, Hermione».
«B-buonanotte!»
Remus le diede le spalle per andare nella sua camera e solo quando sentì la porta chiudersi Hermione si arrischiò a sospirare, rendendosi conto che aveva rischiato di farsi beccare in flagrante dai Signori Weasley che dormivano sullo stesso piano.
«Che stupida…» mormorò, girandosi per ridiscendere le scale. Eppure l‟idea che Sirius dormisse da solo all‟ultimo piano, ancora una volta isolato da tutti e dopo una serata così dura la disturbava; si sentiva agitata e dispiaciuta per lui, ancora una volta.
In un ultimo slancio di follia non proprio da sé, Hermione risalì le scale e si trovò precisamente di fronte alla camera di Sirius. Peccato che non fosse chiusa come sperava e, infatti, si ritrovò inchiodata ancora una volta dai suoi occhi.
«Oh. Ehm, ciao Sirius».
L‟uomo, che fino a quel momento stava seduto sul letto con le mani nei capelli, si alzò «Hermione, cosa ci fai quassù a quest‟ora?» Sussurrò, uscendo dalla camera a piedi nudi.
«Ecco, io…» si guardò intorno, poi ebbe un‟illuminazione «Non ci crederai, ma tutti i bagni sono occupati! E credevo che qui ce n‟è fosse un altro…»
Sirius scosse la testa «Niente bagni qui, solo una torre d‟avorio con due camere» ironizzò lui, caustico. Hermione aveva già notato che tendeva a farsi sfuggire dettagli negativi su quella casa quando era arrabbiato o frustrato. Seguì il suo sguardo fino all‟altra camera, poi tornò a fissarlo con aria interrogativa.
«Quella è la stanza del mio fratellino, suppongo che nostra madre pensasse potesse renderci più uniti isolarci dal mondo, o magari che ci ammazzassimo a vicenda…» mormorò perso in chissà quali ricordi, poi tornò a guardarla di scatto come se si fosse reso conto solo in quel momento con chi stesse parlando «Mi dispiace».
Hermione sussultò «Cosa? Perché?»
«Perché non mi rendo conto di quanto possa essere… ruvido, certe volte. Questa casa mi porta troppi brutti ricordi» fece e lei capì che stava rimuginando sulle parole di Remus.
«Non devi scusarti, posso capire…» cominciò ma, quando Sirius sgranò lo sguardo, lei si sentì mancare le parole: che diritto poteva avere nel dirgli determinate cose? Era solo una ragazzina con una visione parziale delle cose e se ne stava lì, a pretendere che un uomo con un passato come quello di Sirius potesse trovare conforto nelle sue parole.
Tuttavia lui non sembrava né scocciato né arrabbiato per il suo ardire e, poiché continuava a fissarla, si schiarì la gola.
«Nel senso, ovviamente non posso pienamente capire tutto, ma tornare a vivere nella casa dei tuoi genitori che avevano idee così diverse dalle tue deve essere terribile. Poi sei andato via quando eri molto giovane, deve essere ancora più difficile…»
Il silenzio si protrasse un po‟ troppo a lungo e Hermione non osava guardarlo negli occhi. Considerò come, in realtà, capitasse molto raramente di guardare le persone direttamente negli occhi; lei pensava fosse un gesto troppo intimo, un po‟ come se una persona potesse tirarti fuori chissà che cosa da lì, anche senza Legilmanzia. Decisamente aveva problemi anche con gli amici, visto che l‟unico che avesse fissato negli occhi più del dovuto era stato Harry. Di sicuro non capitava mai di guardarsi così intensamente con persone adulte, Harry le aveva raccontato che gli capitava spesso con Silente e la cosa lo metteva decisamente a disagio. Per Morgana, Hermione, smettila di pensare.
«Sai, è proprio per persone come te che li odiavo» le fece a voce bassa Sirius e Hermione dovette per forza guardarlo, anche se lui sembrava perso da qualche altra parte «Per persone come te, come Remus, come Lily. Per l‟idea che il sangue potesse determinare la sensibilità, l‟intelligenza e la bellezza di una persona» continuò, per poi focalizzarsi di nuovo su di lei, come se fosse tornato a guardarla davvero. «Però è anche vero che non dovrei permettere a quest‟odio di continuare a perseguitarmi» terminò con un soffio, poi le posò una mano su una spalla. «Buonanotte, Hermione. Ti conviene andare a dormire, c‟è da scommetterci che ci sveglieranno all‟alba per muovere guerra alla casa» ironizzò un‟ultima volta, per poi darle le spalle e chiudere la porta della stanza.
Hermione rimase congelata sul posto per un lungo istante, senza capire esattamente cosa le stesse accadendo: aveva già parlato, spesso a lungo e cordialmente, con Sirius e non era neanche la prima volta che si ritrovavano soli. Tuttavia sentiva che quella volta era diverso e non sapeva dire se era per l‟intera atmosfera avvolgente e intima che si creava di notte o perché avevano sfiorato argomenti così privati.
Quel che era certo era che sentiva ancora quel pizzicore, quella volta non solo nella mente ma anche sulla pelle, sulla spalla, dove Sirius l‟aveva toccata. La sua solita e attiva razionalità era pronta a declassificare quel momento a “cotta adolescenziale temporanea per uomo adulto”, ma la parte più profonda di sé sapeva che non era così. Dopotutto aveva già avuto delle cotte in passato, come gli ricordavano gli imbarazzanti momenti del secondo anno con Allock e persino una parte del terzo con Remus stesso. Eppure non se n‟era mai preoccupata, perché era sempre stata ben attenta ad analizzare tutti i suoi sentimenti e a catalogarli con precisione, per capire come comportarsi o cosa aspettarsi.
Forse era proprio quello il problema: Sirius era l‟unica persona in quella casa e in generale con cui era in contatto che non riusciva a definire e, quindi, a catalogare. E, nonostante quello, una parte di sé sentiva di capirlo perfettamente.
«Vai a dormire Hermione, ti stai suggestionando» borbottò a se stessa, cercando di tornare in camera sua in punta di piedi e per paura di incontrare qualcuno sulle scale. Fortunatamente Ginny si era addormentata, così non fu costretta a ripercorrere la discussione. S‟infilò sotto le coperte, certa che non si sarebbe addormentata troppo presto.
«Hermione, sveglia!»
Un cuscino volò per la stanza e si spiaccicò sulla sua faccia. Hermione borbottò qualcosa e si raggomitolò sotto le coperte, mentre Ginny spalancava la finestra per lasciare entrare il sole. «Fingi quanto vuoi di dormire, ma mamma è già passata e lo sai come fa quando non scattiamo sugli attenti!» Esclamò, ritornando a sedersi su letto con uno sbuffo. «Ha detto che oggi dobbiamo occuparci dei Doxy in salone, che bello» ironizzò.
Hermione sospirò e si tolse le coperte dalla testa.
«Bei capelli» ironizzò l‟altra, prima di legarsi i suoi in una coda «Senti, ma in tutta sincerità avresti mai immaginato che vivere al Quartier Generale dell’Ordine della Fenice fosse così noioso? Insomma, non dico che mi aspettassi duelli tutti i giorni, ma non le pulizie di Primavera perenni!»
Hermione si mise a sedere, mentre si grattava il cespuglio che purtroppo aveva per capelli «Beh, dopotutto siamo invisibili quindi è ovvio che non ci veda nessuno. E non facciamo parte dell‟Ordine, quindi è ovvio che non andiamo in missione» replicò, con la solita inoppugnabile razionalità, prima di alzarsi. Ginny la guardò per un istante, ma si zittì come ogni volta che Hermione spegneva i suoi slanci di ribellione con argomenti efficaci.
Hermione si guardò un attimo nello specchio del bagno, notando come dormire poco e male non facesse per lei, poi prese una boccetta color acquamarina dal ripiano più alto e cominciò a massaggiarsi i capelli con una sorta di gel dello stesso colore, sbadigliando.
Ginny le lanciò un‟occhiata, poi saltò sul suo letto «Cosa c‟è, hai dormito poco?»
Hermione sbadigliò di nuovo e annuì, mentre continuava a massaggiarsi i capelli.
«La discussione è durata così tanto?» Chiese l‟altra perplessa.
«Posso usare la tua spazzola?»
«Ma certo, è sul bordo della vasca».
Hermione prese la spazzola e la passò tra i capelli, che furono istantaneamente meno crespi e molto più morbidi: la Tricopozione Lisciariccio che le avevano dato per il Ballo del Ceppo era davvero noiosa da usare tutti i giorni, tuttavia ne aveva scovata una che donava un risultato simile con un quarto del tempo. Per quanto non fosse una persona vanitosa, i suoi capelli assomigliavano troppo a un nido di rovi per non provarci nemmeno.
«Comunque non è durata molto» continuò, mentre si pettinava. «Però è stata intensa».
Ginny fremeva di curiosità e cominciò a dondolarsi sulla spalliera del letto di Hermione «Devi raccontarmi tutto! Ieri ti ho aspettato, ma quando sono uscita dal bagno non c‟eri!»
«Ero nel bagno di sopra, infatti!» Replicò subito lei, come per giustificarsi.
«Allora, cosa-»
«Ragazze, siete pronte?» La voce della Signora Weasley irruppe a vedere cosa stavano facendo e Ginny sussultò come colta in flagrante «Scendiamo subito, Hermione si sta vestendo!» Esclamò e la madre annuì «La colazione è pronta».
Quando la porta si richiuse, Ginny si girò a guardarla con un‟espressione di sopportazione che la fece ridere «Vado giù prima che cominci a urlare di nuovo… parliamo nelle pause!»
«D‟accordo».
Ginny saltò giù da letto e si avviò di sotto con la sua consueta mancanza di delicatezza, seconda solo alla goffaggine di Tonks; Hermione poté finalmente respirare un po‟ e prendersi qualche momento per sé, prima di scendere di sotto con gli altri.
In cucina, la Signora Weasley era già intenta a preparare la colazione per tutti e Hermione fu accolta da un buon odore di pancetta e uova.
«Mh che fame!» Esclamò entusiasta, appollaiandosi sulla prima sedia. «Harry e Ron?»
Ginny scrollò le spalle «Ancora intenti a riconnettere il cervello, suppongo».
«Buongiorno a tutte» fece cordialmente Remus, salutandole con un sorriso pacato. Si sedette su una sedia e subito arrivò il suo piatto di uova in camicia e bacon non troppo cotto. «Oh, grazie Molly, non dovevi!»
«Non dire sciocchezze, abbiamo tutti bisogno di energie!» Esclamò la donna, rivolgendogli un gran sorriso che appassì impercettibilmente quando la porta si aprì di nuovo.
«Buongiorno» fece Sirius cauto, prendendo posto accanto a Remus.
«Buongiorno» replicò Molly, pochi secondi dopo gli altri e con lo stesso tono.
Erano entrambi cordiali, ma la leggera tensione nei gesti rigidi faceva chiaramente intendere che qualcosa era accaduto tra loro. Remus guardò Sirius, poi mi mise a bere il suo caffè mentre Ginny inarcava le sopracciglia all‟indirizzo di Hermione.
«Allora, cosa dovete fare oggi?» Provò a dire Remus, guardando gentilmente Hermione. Lei, che stava cercando di prendere del pane tostato dal piatto comune senza farsi notare, sussultò «Ehm, credo che dobbiamo occuparci del salotto?» Provò a dire, guardando l‟amica in cerca di aiuto.
Ginny annuì con veemenza «Infestazione di Doxy!»
«Ah» fece Remus con un sorriso molto simile a un ghigno. «Brutti i Doxy, sono una specie velenosa e aggressiva».
Hermione e Ginny gemettero allo stesso tempo, mentre Sirius fu distratto da Molly che gli mise un piatto davanti al naso «Le uova ti piacciono strapazzate, vero?» Chiese. Ormai cucinava da settimane per tutti, conosceva i piatti preferiti a memoria.
«Oh, grazie Molly. Non dovevi» replicò lui, con le stesse parole di Remus ma con un tono a metà tra il guardingo e il sorpreso. Remus sorrise, ma si affrettò a bere un‟altra sorsata di caffè per non farsi vedere, mentre Hermione non si curò di nasconderlo.
Molly provò a fare un sorriso a sua volta «Anche tu hai bisogno di energie, dopotutto».
«Già» replicò lui, girandosi verso il piatto. Per un attimo incrociò lo sguardo di Hermione e, suo malgrado, sorrise alla sua espressione contenta.
Per un lungo momento stettero in silenzio a mangiare, poi Remus si alzò con un sospiro «Devo andare, mi aspetta una giornata molto lunga».
Molly annuì «Torni per questa sera?»
«Non lo so, ma ti avviserò via Patronus» replicò, andando verso la porta della cucina.
«Ciao!» Salutarono in coro le ragazze, mentre Sirius lo seguì verso la porta l‟ingresso.
«Senti…» cominciò, mentre si passava una mano nei capelli scomposti.
«Non preoccuparti, va bene» lo anticipò Remus, girandosi a fissarlo. «Però…»
«Lo so, me ne starò buono» grugnì Sirius, interrompendolo. Ormai si conoscevano talmente bene da poter anticipare ogni espressione, ogni frase.
Remus gli sorrise «Vedrai che il momento passerà».
Sirius annuì «Portiamo a termine questa maledetta guerra e staremo tutti meglio».
«Ben detto!» Esclamò l‟altro, smaterializzandosi con un sonoro „crack‟.
Hermione, che aveva osservato la scena dalla porta della cucina, non riusciva a non sorridere: era contenta che Sirius stesse meglio; era un po‟ come se l‟intera casa reagisse al suo umore e adesso sembrasse molto meno cupa del giorno prima.
Sirius sospirò al punto dove Remus era appena sparito, poi sentì il verso inconfondibile di un ippogrifo affamato «Sìì, la mamma arriva!» Urlò, correndo su per le scale e richiudendo con somma indifferenza le tende di sua madre che erano già scattate ad aprirsi.
Hermione rise, poi sussultò quando Ginny le arrivò alle spalle «Cosa fai?»
«Eh? N-niente!»
«Su ragazze è ora di lavorare! Andate in salotto, Fred e George vi spiegheranno cosa fare!»
Arrivarono in salotto che George e Fred stavano saltando verso le tende, rischiando l‟osso del collo o, in alternativa, che il bastone della tenda gli finisse sulla testa.
«Cosa state cercando di fare?» Sbottò Ginny, ma i ragazzi non poterono dire nulla perché la Signora Weasley entrò dietro di loro, armata di bottiglie a beccuccio e stracci.
«Niente! Hai le allucinazioni sorella, fatti curare!» Esclamò Fred, ma intanto notarono perfettamente George infilarsi qualcosa in tasca con aria cospiratoria.
«Non avete ancora iniziato?» Fece la donna, ma poi non attese risposta e si limitò a lanciare uno straccio per uno. «Legate questi stracci intorno alla bocca e al naso, non dovete respirare le esalazioni» spiegò, mentre loro ubbidivano. Due secondi più tardi entrarono anche Harry e Ron, adocchiando le tende ronzanti con una certa inquietudine.
«Che roba è?» Si lamentò Ron e, per tutta risposta, ottenne uno straccio pure lui.
«Copritevi la faccia e prendete uno spray» disse la signora Weasley a Harry e a Ron non appena li vide, indicando altre due bottiglie di liquido nero posate su un tavolino dalle zampe sottili. *«È Doxicida. Non ho mai visto un'infestazione così grave... ma che cosa avrà fatto quell'elfo domestico negli ultimi dieci anni...»
Hermione si girò a guardarla con aria di rimprovero, come ogni volta che qualcuno azzardava ipotesi sugli elfi «Kreacher è molto vecchio, probabilmente non è riuscito...»
«Saresti sorpresa di scoprire che cosa riesce a fare Kreacher quando vuole, Hermione» disse Sirius, che era appena entrato nella stanza reggendo un sacco insanguinato pieno di quelli che sembravano ratti morti. «Ho appena dato da mangiare a Fierobecco» aggiunse, per risposta allo sguardo curioso di Harry. «Lo tengo di sopra, nella stanza da letto di mia madre. Comunque, questo scrittoio...» lasciò cadere il sacco di ratti in una poltrona, poi si curvò a esaminare il mobiletto chiuso a chiave che, lo notarono per la prima volta, vibrava appena. «Beh, sono sicuro che sia un Molliccio» disse Sirius, spiando dal buco della serratura. «Ma forse dovremmo lasciare che Malocchio gli dia un'occhiata prima di farlo uscire... conoscendo mia madre, potrebbe essere qualcosa di molto peggiore».
«Hai ragione, Sirius» disse la Signora Weasley*, cominciando a spruzzare sulle tende che prima emisero un forte ronzio e poi si afflosciarono, lasciando cadere dei cosi neri rinsecchiti. Hermione, invece, abbassò lo straccio e continuò a fissare Sirius che intanto raccoglieva un po‟ di roba da buttare in uno scatolone, indecisa se parlare o no.
«Sirius» chiamò, ma pentendosi praticamente all‟istante, nel momento stesso in cui lui si rizzò a guardarla con aria interrogativa «Dimmi».
La ragazza si schiarì la gola «Non credi di essere stato un po‟ troppo duro prima? In fondo Kreacher è uno schiavo, come tutti gli elfi domestici, non dovrebbe essere la sua condizione naturale questa!» Cominciando a infervorarsi troppo; secondo lei la condizione degli elfi domestici rappresentava una delle più grandi forme d‟ingiustizia che esistesse al mondo. Poteva anche capire che Sirius ci fosse abituato, un po‟ come tutti i maghi e soprattutto i Purosangue, ma non riusciva a capire come riuscissero a non pensarci mai.
Sirius la fissò per un attimo «Si vede che non conosci bene Kreacher…»
Hermione si accigliò e Sirius sospirò, appoggiando un attimo lo scatolone sullo scrittoio «Lui è… come dire…» cominciò, ma si rese conto di non riuscire a trovare le parole adatte per quello che provava. Kreacher non era solo un elfo domestico, era un simbolo: del suo sangue, del suo status, della sua famiglia. Di tutto. Non poteva fare a meno di rivedere in lui sua madre e le loro ideologie, anche se fondamentalmente non era colpa sua. Ma come poteva spiegarlo a una ragazza di quindici anni, idealista come Hermione?
«Non sei stato tu un giorno a dire: “Se vuoi sapere com’è un uomo, guarda bene come tratta i suoi inferiori, non i suoi pari” a proposito proprio degli elfi? » Disse ancora Hermione, ben sapendo di stare andando oltre, ma senza riuscire a fermarsi.
Non poteva capacitarsi che una persona intelligente come Sirius potesse essere così incoerente.
Sirius batté le palpebre, sinceramente sorpreso che lei ricordasse a memoria una cosa detta da lui molti mesi prima, poi sorrise «Hai ragione, l‟ho detto. Purtroppo non è sempre possibile essere coerenti con se stessi, ci sono cose che sfuggono alla razionalità» fece, ma al suo sguardo corrucciato sospirò ancora.
«Vieni, ti faccio vedere». Si spostarono un po‟ più sul fondo del salone, dove un enorme albero genealogico raffinatamente decorato si apriva su tutta la grandezza della parete.
La sommità recava scritto “La Nobile e Antichissima Casata dei Black” e sotto c‟era il motto francese toujours pur, puri per sempre. Hermione rimase a bocca aperta per la vastità del disegno che, a quanto pareva, faceva risalire la discendenza della famiglia Black fino al Medioevo.
«Questo è l‟intero albero genealogico della tua famiglia?»
«Esattamente» replicò Sirius, freddamente. «Generazioni e generazioni di maghi talmente preoccupati di restare puri da aver inserito questa condizione nel loro motto di famiglia, oltre che da sposare i propri parenti prossimi. Ora: riesci a vedermi?» Hermione gli lanciò un‟occhiata preoccupata, ma Sirius annuì incoraggiante.
Ovviamente lui doveva fare parte dei rami più bassi dell‟albero, eppure non riusciva a vederlo; era persino riuscita a trovare Draco Malfoy, ovviamente le famiglie nobili erano tutte imparentate, ma non c‟era traccia di un “Sirius Black” dei tempi moderni. «Dovresti essere qui…» fece, accucciandosi per indicare un piccolo foro bruciacchiato.
«Ottimo, sei davvero sveglia» replicò Sirius, accucciandosi accanto a lei. «Qui è dove dovrei essere io. Sono stato cancellato, reo di essere un traditore del mio sangue» sbottò con acidità.
Hermione si girò a fissarlo «È perché eri un Grifondoro?»
Sirius sbuffò «Era perché ero diventato un Grifondoro e non me ne vergognavo, era perché avevo amici come Remus e non me ne vergognavo, era perché non seguivo la loro idea di “mania del sangue puro”, era perché rifiutavo di sposarmi con qualche nobile Purosangue a caso solo per perpetuare il buon nome di famiglia. Per tutto. La mia incantevole madre ha preso il suo primogenito e l‟ha cancellato così, la notte stessa che ho deciso di averne abbastanza» spiegò, mentre il suo tono diventava sempre più aspro. «Un colpo di bacchetta e via» mormorò, facendo il gesto di cancellare il nome dall‟arazzo.
oteva provare a ingannare tutti, ma il suo tono le faceva chiaramente capire che, seppur non fosse pentito di nulla, in realtà una parte di sé soffriva ancora per quello.
Rimasero un secondo in silenzio, Hermione sentiva ancora una strana stretta al petto nel rendersi conto di quanta freddezza, di quanto odio ribollisse sotto quel disegno.
«Ah, oh e questo è mio zio!» Fece Sirius, spostandosi un po‟ a destra. «Zio Alphard, che è stato eliminato solo perché mi aveva fatto erede dei suoi soldi e mi aveva permesso di non trovarmi in mezzo a una strada all‟età di diciassette anni. E qui ci sono Cedrella e Andromeda… puoi immaginare di essere tagliato fuori dalla tua famiglia, dal tuo sangue, solo per amore?» Fece, facendola sussultare
«A-amore?»
Sirius annui «Cedrella Black non è altri che la madre di Arthur Wesley, eliminata perché aveva sposato un “amico di babbani e Sanguesporco”, mentre la mia povera cugina Andromeda ha sposato il babbano Ted Tonks».
«Vuoi dire…»
«Già, il padre di Ninfadora».
Hermione inspirò profondamente, tornando a guardare l‟arazzo «È terribile…» mormorò a se stessa, accarezzando leggermente il tessuto.
«Non esiste amore in questa famiglia, non esiste il perdono. Ormai l‟ho imparato da tempo» sussurrò lui con tono sommesso, facendola indietreggiare: non credeva l‟avesse ascoltata, ora si sentiva colpevole di avergli peggiorato l‟umore.
Tuttavia, quando si alzò per tornare al lavoro, lei ricominciò «Cosa c‟entra Kreacher in tutto questo? È solo…»
«È solo che fa parte di tutto questo, Hermione. Non dico che sia giusto, non dico che sia intelligente…» ribatté lui, mentre le dava le spalle per riprendere la scatola. «È quello che ti dicevo sulla razionalità: io lo so, ma non posso fare altrimenti. Mi capisci?» Le fece, tornando a guardarla.
Hermione lo fissò negli occhi per un lungo istante, poi annuì: capiva forse fin troppo bene, anche se non approvava.
«Ho sentito la parola “Kreacher”, Hermione non starai rompendo Sirius con quella storia del CREPA, vero?» Sbottò Ron, finendo finalmente di spruzzare e togliendosi lo straccio.
Hermione e Sirius si lanciarono un‟occhiata d‟intesa, poi lei sbuffò «Non si chiama CREPA, Ron!» Sbottò, andandogli incontro.
Sirius la guardò andare via con una strana stretta nel petto: Hermione Granger era tutto quello che aveva visto in una giovane Lily, idealista e risoluta; in Remus, pronto a perdonare, nonostante tutto; quello che era stato James, spavaldo e battagliero. Tutto quello che erano stati loro da giovani, tutto quello che lui non era più da un bel pezzo.
A un certo punto il campanello d‟ingresso suonò e si ritrovò a lasciare di nuovo il suo lavoro con uno sbuffo «Dico sempre a tutti di non suonare quel dannato campanello!» Sbottò, mentre sua madre di sotto ricominciava la solita litania.
ermione lo guardò correre via con sguardo triste, mentre tutti gli altri ridevano, e ancora più tristemente assistette al sipario tra lui e Kreacher, quando l‟elfo sgattaiolò nel salone per rubare qualche cimelio. Lei sarebbe sempre stata una strenua sostenitrice della libertà degli elfi domestici e della necessità di trattarli come esseri viventi con diritti, eppure quando conobbe meglio Kreacher non riuscì a non capire come si sentisse Sirius: l‟attaccamento e l‟amore di quell‟elfo per la famiglia Black erano talmente profondi e presenti che poteva capire perché Sirius non riuscisse a fare altro che odiarlo.
Tuttavia dovette costringersi a mordersi la lingua per non rispondere alle frasi di puro veleno che Sirius gli rivolgeva, anche se offendeva tutti, anche se la chiamava Sanguesporco. Lei aveva odiato, odiava sicuramente Voldemort per quello che aveva fatto e che continuava a fare a Harry, a tutti loro, al mondo intero, però… un odio cosi puro e così personale non l‟aveva ancora mai provato e non poteva fare a meno di chiedersi come avrebbe potuto essere. Anche lei sarebbe stata accecata da quel sentimento al punto di non ragionare? La sua razionalità rappresentava il suo equilibrio, la bilancia con cui pesava il mondo; perderla era la cosa che più la spaventava al mondo. La Signora Weasley arrivò con i panini e Hermione gettò una leggera occhiata a Harry e Sirius, accovacciati sull‟arazzo dei Black, prima di prenderne uno con un sospiro.
I giorni seguenti furono all‟insegna del lavoro duro: l‟intera casa sembrava essere decisa a muovere guerra contro i loro tentativi di pulizia e la Signora Weasley sembrava altrettanto pronta a non demordere, rendendoli tutti decisamente suscettibili a fuggire al primo accenno di abbassamento delle difese.
«Io non ce la faccio più» comunicò a un certo punto Ron, sedendosi sulle scale dopo ore di lotte contro tutte le creature più strane del pianeta.
Harry annuì, gettandosi accanto a lui «Sono decisamente d‟accordo».
«Fortunatamente mamma è impegnata a gridare contro Mundungus. Di nuovo».
«Ehi, si batte la fiacca eh?» Ironizzò Fred, scivolando per il corrimano delle scale fino a finire addosso a Ron «Idiota!»
«Volete provare queste?» Fece invece George, piazzandogli delle caramelle viola sotto il naso.
Sia Harry che Ron inarcarono le sopracciglia con espressione scettica.
«Che c‟è?» Fece il gemello con aria falsamente innocente.
Il manuale di sopravvivenza di casa Weasley mi ha già insegnato a tre anni di non fidarmi mai di voi due» sbottò Ron e Harry annuì con un ghigno «Ieri stavate vomitando pure l‟anima per provare delle “caramelle”, grazie ma passo».
«Harry, Harry… insomma, che razza di finanziatore sei se non ti fidi del tuo affare?» Fece Fred, del tutto dimentico che c‟era anche Ron lì con loro.
«Al contrario, mi fido tanto che vi lascio fare tutto quello che volete» fece Harry, davanti alla faccia perplessa di Ron.
«Ma di cosa state parlan-» cominciò, ma Ginny lo interruppe dandogli un paio di colpetti alla schiena, mentre scendeva. «Cos‟è, il parcheggio dei poveri relitti?» Ron sbuffò «Ho paura che se vado in salotto mi viene un‟improvvisa voglia di spruzzare veleno per altre ottocento ore!» Si lamentò, facendoli ridere.
«Ehi, sorellina cara, vuoi?» Provò George tanto per, porgendole una delle loro nuove caramelle. La verità è che era stati troppo male perché provavano sempre tutto loro due; avevano bisogno di cavie.
Ginny fece un sorriso a trentadue denti «Non sono mica scema».
«Andiamo, è per la causa di famiglia piccola ingrata!»
«Oh, c‟è Sirius!» Esclamò lei, svignandosela in cucina appena il fratello si girò a guardare.
«Cosa state combinando voi altri?» Fece l‟uomo, inarcando un sopracciglio.
Ci suicidiamo» ironizzò Ron, mentre Fred tentava un ardito approccio, appoggiandogli un braccio sulle spalle.
«Tu devi per forza stare con noi Sirius, vuoi provare queste?» Sirius lanciò un‟occhiata perplessa ai tre che tentavano di non scoppiare a ridere, poi ghignò «Sei sulla buona strada, ma ti serve ancora molto per farmela… vomito, pus o sangue?»
Un silenzio imbarazzato scese tra loro, George e Fred si guardarono borbottando una cosa che suonava terribilmente come “tutte e tre”.
«Che cosa?» Gridò Ron, sulle risate di Harry.
«Ehi, non urlate troppo che la Madama si sveglia» sbottò Sirius. «Ora vado di sopra, fatemi spazio. E mettetevi a lavorare o Molly se la prenderà con me» fece.
«Scusa!» Sussurrò Ron. «Allora, ce ne scappiamo in camera fino a prossimo ordine?»
«Oddio, sì!» Fece Harry.
Fred e George scrollarono la testa «Questi giovani lavativi» fece uno, imitando perfettamente il tono di sua madre.
«Non sanno più cos‟è il duro lavoro…» diede manforte l‟altro.
Ron e Harry superarono velocemente Sirius per andarsi a buttare sul letto e dormire il più possibile prima del ritorno della Signora Weasley, mentre Sirius si fermò al primo piano, dove aveva scorto qualcuno che come al solito non si riposava mai. Hermione aveva approfittato dell‟insperata pausa per sedersi, ma anche per leggere qualcosa: erano giorni e giorni che non facevano altro che pulire! In realtà c‟era ancora moltissimo da fare ma avevano notato che, in assenza della Signora Weasley, Sirius non ci provava nemmeno a proporre di fare qualcosa, preferendo lasciarli a godersi se non l‟estate, almeno il tempo libero. E loro non avevano alcuna intenzione di lamentarsene.
Detto fatto e proprio Sirius apparve dal corridoio, fermandosi sulla soglia con un sorriso: la sala era quasi totalmente vuota, a parte mucchietti di cianfrusaglie in ogni angolo, lo scrittoio che ogni tanto sobbalzava e il grosso divano ammuffito messo giusto in mezzo alla stanza; divano sul quale c‟era Hermione a gambe incrociate, totalmente incurante del caos attorno a sé.
Che bel posticino» ironizzò, facendole alzare la testa.
Aveva i capelli talmente crespi che sembrava ci avesse piazzato una bomba, ma in qualche modo era riuscita a legarseli sulla testa; la tuta era sporca in più punti e il tomo polveroso che aveva sulle gambe sembrava avere duecento anni.
Sirius inarcò un sopracciglio «Sembri pronta a una battaglia, soldato!» Le fece notare e lei rise «Ho finito la pozione per i capelli e dubito di poter uscire a comprarla».
Sirius annuì «Un problema di proporzioni monumentali, ne convengo. I miei ne avevano bisogno di lozione, una volta». Hermione fissò i suoi capelli con un‟espressione abbastanza eloquente, ma se ne vergognò quasi subito.
Sirius rise e, per una volta, era la sua bella risata a mo‟ di latrato e non il ghigno acido dei giorni negativi «Ok, forse non è il momento adatto per dirlo» commentò, passandosi una mano nei capelli lunghi.
Tendeva sempre a farli crescere quando si sentiva depresso, forse era un riflesso istintivo per cercare di mostrare in qualche modo quello che provava.
«Dovrei tagliarli, prima o poi» fece, soprappensiero.
«No» commentò istintivamente Hermione, poi arrossì quando lui la guardò. «Cioè, non per forza. Anch‟io sarei tentata di rasarmeli a zero per quanto siano da curare, ma poi non è così male» spiegò sbrigativamente e Sirius sorrise «Già… e quello dove l‟hai trovato?» Fece, indicando il tomo; non aveva visto la copertina, ma le miniature che vedeva erano fin troppo esplicative. Almeno per lui che era stato costretto a marchiarsele a fuoco in testa.
«Oh, questo!» Esclamò Hermione, tutta eccitata. Lo alzò per mostrargli il titolo e Sirius sbuffò in modo automatico: il Compendio della storia della Magia Purosangue lo conosceva a memoria e aveva sperato appassionatamente che bruciasse tra le fiamme dell‟Ardemonio. La copertina era di un verde petrolio scuro e lucido, mentre la scritta arzigogolata del titolo era in argento; Hermione era stata attirata proprio dalla sua bellezza, mentre girovagava per le cianfrusaglie raccolte da Sirius.
«Sbaglio o quello lo aveva scartato?» Fece sarcastico e lei gli lanciò un‟occhiata decisamente negativa «Infatti mi chiedevo perché, è un libro bellissimo!»
Sirius inarcò le sopracciglia e Hermione si morse nuovamente la lingua; ultimamente le capitava un po‟ troppo spesso con lui, doveva decisamente parlargli di meno.
«Non in quel senso, insomma ok parla della “mania del sangue” come la chiami tu, ma è proprio un bel libro! Guarda le miniature, i colori, la precisione dello scritto…» fece lei con fervore, mentre accarezzava una pagina in cui campeggiava una grossa „B‟ in rosso.
Sirius annuì «È vero, è decisamente un bel libro… esteriormente. Ma se non ti piace quel che c‟è scritto o non ti serve, cosa te ne fai di un bel libro? È il contenuto che conta».
Hermione a quel punto lo guardò come se fosse pazzo, indecisa come sempre se lanciarsi e sembrare la solita ragazzina infervorata o starsene zitta. Sirius sembrava aver capito perfettamente quale fosse il genere di dubbio che la tormentava, perché non capitava mai che prendesse superficialmente una risposta o una considerazione. Hermione non si aspettava questo da una persona che in passato si era dimostrata così impaziente e poco attenta alle sfumature.
Dal canto suo, Sirius era il più fervente sostenitore della giovinezza e delle idee che scaturivano da essa, fossero estreme, dettate dall‟ingenuità o dalla passione del momento. Molly a volte gli diceva, e neanche tanto velatamente, che tendeva a essere immaturo e che la prigionia ad Azkaban aveva accentuato quel tratto. Probabilmente era vero, a volte si sentiva un ragazzo intrappolato in un corpo da adulto.
Con un sospiro divertito, si sedette accanto a lei «Andiamo, dimmi».
Hermione scosse la testa «Forse è stupido…»
«Forse lo è ma se ci credi, vale sempre la pena» ribatté, per darle coraggio.
«Per me un libro non racconta qualcosa solo perché ha delle parole all‟interno… sì, le parole dicono effettivamente qualcosa, ma non è solo questo. Un libro parla per la sua interezza: lo spessore e il tipo di carta, le case in cui è vissuto e le persone che lo hanno maneggiato, persino chi l‟ha scritto… questo libro è la storia dell‟amanuense che ha passato tante ore per cercare la „B‟ perfetta, è la storia del periodo in cui è stato scritto ed è persino la tua storia, di te che l‟hai letto per qualche motivo e in un periodo preciso della tua vita…» fece lei appassionata, bloccandosi quando sentì il suo sguardo addosso. «Scusami» mormorò, abbassando il libro.
Sirius sussultò «Perché ti scusi? Hai detto una cosa bellissima, non l‟avevo mai davvero vista da quest‟angolatura. Probabilmente il fatto che questo libro faccia parte di questa casa ha fatto in modo che, sai… sparisse, come tutto» spiegò, guardandosi intorno. «Ecco, vedi quello?» Fece, alzandosi per prendere un vecchio specchio argentato buttato in un angolo. «Questo era lo specchio della mia bisnonna. Mia madre lo usava prima di andare a dormire e vale moltissimo. Però a me e mio fratello non interessava il valore in sé, quanto il fatto che fosse così scintillante».
«In effetti, è molto luccicante» convenne Hermione.
«Non ti sembra strano che sia ancora così lucido, nonostante tutto e dopo tanto tempo?»
Hermione annuì «Sì… ha qualche potere particolare?»
Sirius rise «Non lo so!»
«Ma come…?»
L‟altro scosse la testa «Davvero! Io e Regulus ce ne siamo accorti e, quando nostra madre non c‟era, abbiamo provato a sporcarlo in tutti i modi. Lo abbiamo persino immerso in una ciotola di fango, ma niente da fare. Non ha incantesimi repellenti, né niente del genere. È semplicemente, beh, splendente».
Hermione fece il gesto di volerlo vedere e Sirius glielo porse. In effetti, era uno degli specchi più belli che avesse mai visto: la parte posteriore era leggermente bombata e mostrava un reticolo di rami intarsiati che sfumavano fino a diventare due serpenti; questi si attorcigliavano a formare il lungo manico che terminava con due teste serpentesche. E, per l‟appunto, luccicava come se fosse stato appena creato, emanando bagliori argentati.
È meraviglioso» fece, porgendolo nuovamente a Sirius.
«Per me non era altro che uno dei tanti pezzi di anticaglia argentata dei Black, ma la sua storia… ricordo anche che un giorno nostra cugina Andromeda ci ha beccato a fare uno dei soliti tentativi e ci ha raccontato che restava brillante perché era argento fatato».
Hermione lo fissò con aria talmente scettica che Sirius rise «Oh, credimi: eravamo così ben educati da sapere già che l‟argento veniva dai Goblin e che loro lavoravano per donare ai maghi Purosangue l‟argento più fine del mondo, ma quella volta Dromeda aveva voluto farci tornare dei bambini veri e ci aveva raccontato di questo principe delle fate che creava argento con la magia e lo donava alla sua principessa della vita».
Hermione sorrise «Che bella storia!»
«Già, inutile dire che passammo il resto dell‟estate a cercare il presunto regno delle fate» terminò e risero insieme per un po‟. «Quanto tempo è passato…» fece poi, guardando lo specchio sovrappensiero. «Il succo è proprio questo: io ho dei ricordi in questa casa, certo pochissimi belli come questo, ma il punto è che non voglio più averli. Preferisco gettare tutto e non pensarci più» concluse bruscamente, alzandosi.
Ancora una volta Hermione ebbe la sensazione che ribollisse, come se avesse paura di stare fermo troppo a lungo. Forse la sua paura era che, a stare fermo, avrebbe potuto mettere radici e diventare una parte della casa per sempre, come quegli oggetti che odiava.
«Tu non sei come questi oggetti, puoi avere un‟altra vita. Come loro» mormorò, senza essere sicura che l‟avesse sentita.
Sirius si bloccò un attimo, mentre le era di spalle, e sospirò prima di abbassarsi a rimettere lo specchio dov‟era.
«Quel libro puoi tenerlo se vuoi, dagli una nuova vita o come vuoi» replicò con tono leggermente più freddo, mentre usciva. Hermione cominciò a chiedersi se non fosse lei ad avere il potere di rendere Sirius sempre malinconico o di malumore; non le sembrava che con gli altri accadesse, men che meno con Harry. Accarezzò sovrappensiero il libro con un sospiro laconico, poi lo strinse: probabilmente avrebbe tenuto quel libro che parlava di bizzarre ideologie e complicate genealogie magiche solo per quel momento; poi, con un gesto furtivo, andò a riprendersi lo specchio delle fate e lo nascose sotto la tuta, correndo verso camera sua.



Note
La storia conterrà, almeno per i primi tempi, dei pezzi presi direttamente dai libri originali e saranno contrassegnati da degli asterischi. Questo perché la storia è un missing moment del 5 libro fino a quando non ci sarà una modifica abbastanza importante che porterà la storia verso un'altra direzione. Spero vi piaccia, buona lettura. 

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Capitolo 2
*** Il processo ***


 
Il processo

12 agosto 1995
La mattina del 12 agosto Sirius si svegliò alle quattro del mattino, completamente e di colpo, come se qualcuno gli avesse urlato in un orecchio. Calciò via le coperte, ma rimase sdraiato ancora per qualche istante a godersi il buio quasi totale della stanza.
Ricordava perfettamente che era la mattina dell‟udienza-pagliacciata di Harry e si sentiva teso per lui; non tanto perché avesse paura che lo espellessero da Hogwarts, Merlino Amelia Bones doveva impazzire di colpo per dare retta alle fandonie di Caramell, ma perché conosceva benissimo le tecniche del Ministero per screditare le persone. Aveva letto anche lui gli articoli degli ultimi mesi apparsi sulla Gazzetta del Profeta, né Harry né Silente ne uscivano bene.
A lui interessava essenzialmente poco, ormai si era rassegnato alla sua vita da emarginato, ma Silente era una figura pubblica molto importante e Harry… era solo un ragazzo, maledizione! Ogni volta che ci pensava, l‟ingiustizia della situazione lo colpiva allo stomaco come una mazzata.
«Smettila con questi discorsi allegri di prima mattina, Sirius» si disse ironicamente, mentre si alzava.
Girovagò per la stanza a piedi nudi, facendo attenzione a non svegliare Fred e George che dormivano al piano di sotto, e afferrò dei vestiti a caso. Harry si sarebbe svegliato entro un‟ora e voleva essere con lui prima dell‟udienza perché sicuramente doveva essere spaventato. L‟idea che quel bastardo di Caramell avrebbe fatto di tutto per intimidirlo gli faceva desiderare ardentemente di rompere la sua quarantena e andare al Ministero con Harry per dirgliene quattro. Sperò che almeno ci fosse Silente, per quanto in quel momento non fosse contento di lui e delle sue mancanze.
Un „toc toc‟ attutito gli fece capire di non essere l‟unico già sveglio.
«Avanti» mormorò, infilandosi una maglia grigio scuro, in tinta con l‟umore e il clima di quella giornata.
Remus, che intanto gli lanciava occhiate accusatorie dalla porta, sembrava pensarla allo stesso modo. «Cosa?»
«Dovresti andare a fare shopping, magari puoi comprare qualcosa di grigio chiaro» ironizzò, e con notevole faccia tosta visto che il suo armadio non prevedeva nuovi acquisti da quando aveva sedici anni.
Infatti, Sirius si prese tutto il tempo per osservare il suo solito completo marrone, sformato e logoro, poi tornò a fissarlo «Dicevi?»
Remus sorrise a mo‟ di scusa «Non è che mi serva vestirmi bene tra i Lupi Mannari».
«Beh, non ho in programma nessun ballo dell‟alta società, quest‟anno» ribatté sarcastico Sirius, prima di legarsi i capelli in una coda. «Ti concedo al massimo i cappelli ordinati».
«Sono veramente commosso, grazie. Harry è già sveglio?»
Sirius scrollò le spalle «Non sono ancora uscito dalla camera, Arthur è già in piedi?»
Remus annuì «Lui e Molly stanno mangiando e c‟è anche Tonks che ha finito il turno notturno. Harry ha ancora un‟oretta, lasciamolo tranquillo» considerò, guardando il suo vecchio orologio da polso babbano.
Sirius lo notò e non riuscì a trattenere una risata «Non avevo mai notato che avessi ancora quella vecchia anticaglia!»
Remus sbuffò «Questi orologi sono molto più precisi delle vostre cavolate magiche, signor Purosangue, lo sai. E poi il mio mensile non è ancora arrivato» ironizzò, tagliente.
Sirius scosse la testa e gli posò una mano sulla spalla «Benvenuto nel club, scendo subito».
«D‟accordo. E mettiti una maglia pulita o Molly non ti lascerà in pace per tutto il giorno!»
L‟altro sospirò con tono di sopportazione, ma in realtà cominciava ad abituarsi a quella specie di quotidianità, all'idea che ci fossero così tante persone diverse sotto il suo tetto. Non osava immaginare come sarebbe stato quando la guerra sarebbe finita e il Quartier Generale si sarebbe svuotato… ma sapeva che una parte di sé non riusciva a pensare a un‟eventualità simile: o morto o in un posto figo tipo Cuba, non c‟erano altre soluzioni.
Alla fine cambiò quella dannata maglia e s'infilò un maglione blu, tanto per rendere felici le ragazze di casa che sembravano prendere molto a cuore il suo vestiario. L'ultima volta Ginny l‟aveva chiamato “l'uomo in grigio”, anche se pensava non stesse ascoltando, e Molly si lamentava un giorno sì e l‟altro pure che era tetro anche a causa di quello che indossava; come se vivere reclusi a Grimmauld Place richiedesse un guardaroba particolarmente curato. Se non andava in giro praticamente in mutande, era solo per il timore che Mocciosus passasse da quelle parti per caso.
Entrò in cucina che Arthur, Molly, Remus e Tonks stavano confabulando qualcosa e s'interruppero di botto quando lo videro.
«Prego, cospirate pure. Non badate a me» fece sarcastico, andando a prendersi del tè.
Tonks sbuffò «Pensavamo fossi Harry: sono stanchissima, ma il turno è andato bene t-t-utto sommato» fece, con un grosso sbadiglio. «Però dovete sentire questa: Lucius Malfoy ha fermato Kingsley in corridoio».
«Cosa?» Fece Sirius, scambiandosi un‟occhiata con Remus. «E perché?»
La tensione della ragazza, che guardò per un attimo Arthur, non gli piacque per niente.
«Io credo… beh, per te».
Sirius sentì freddo di colpo, un po' come se un fantasma gli fosse passato attraverso. Aveva la sensazione che, appena abbassava la guardia, qualcuno tornava a punzecchiarlo per il gusto di dargli fastidio. In realtà gli era balenata nella mente l'idea di chiedere a Silente di mollarla con la sua storia: con tutto quello che c‟era da fare e tutte le persone che c‟erano da controllare, faticava a credere che stessero ancora davvero cercando lui.
Ed ecco, invece, che quel viscido Mangiamorte di Lucius Malfoy spuntava dal cilindro.
«Cosa… cosa ti ha detto?» Fece Remus, dopo avergli lanciato un‟occhiata di avvertimento.
Tonks scrollò le spalle «Prima ha detto qualcosa a proposito del fatto che gli sembrava strano che un Auror bravo come lui non riuscisse a occuparsi di un… insomma, di te. Kingsley ha detto che ha fatto un bel po‟ di allusioni sul fatto che lui non ti starebbe davvero cercando, è stato inquietante» spiegò, mentre in cucina calava il silenzio.
Molly rimase seduta per un attimo con le mani in grembo, poi lanciò velocemente un‟occhiata a Sirius prima di schiarirsi la gola; non aveva ancora parlato che Sirius già si sistemò meglio per cominciare male quella giornata.
«Io credo che dovremmo stare ancora più attenti, queste supposizioni non sono buone…»
«Mh, certo» mormorò Sirius con tono acido.
«Hai detto qualcosa?»
Sirius avvertì la mano di Remus che gli stringeva la gamba sotto il tavolo, così tentò di calmarsi inspirando profondamente «Sì, dico che io sono stato attento! Più attento di così si muore. In effetti, faccio così poco da poter tranquillamente passare per un cadavere ambulante» cominciò e notò che Molly si tratteneva dal roteare gli occhi in cielo. «No, ascoltatemi bene: io non esco da questa maledetta casa da quando Voldemort ha ripreso il suo corpo, a oggi sono quasi due mesi interi. Se Malfoy o chi per lui ha dei dubbi, non è certo colpa mia. Quindi siete pregati di non guardarmi tutti quanti come se avessi nove anni, grazie».
Il silenzio che seguì queste parole gli fece capire di aver colpito nel segno: dopotutto lui aveva seguito alla lettera le disposizioni di Silente, per quanto non passasse giorno che non desiderasse di infrangerle per uscire a guardare il sole. Se qualcuno non stava facendo il suo lavoro, quello non era lui.
Tonks si batté una mano «Ah, e n-on vi ho detto di Scrimgeour!» Cominciò, ma a quel punto si zittirono perché Harry entrò nella cucina, guardandoli con aria sorpresa.
*La Signora Weasley balzò in piedi «La colazione» disse sfoderando la bacchetta, e corse verso il camino.
«Buo-buo-buongiorno, Harry» sbadigliò Tonks. «Dormito bene?»
«Sì» rispose Harry.
«Sono sta-sta-stata su tutta la notte» disse, con un altro sbadiglio che la scosse tutta. «Vieni a sederti...» prese una sedia e rovesciò quella accanto.
«Che cosa vuoi, Harry?» domandò la Signora Weasley. «Porridge? Muffin? Aringhe? Uova e pancetta? Pane tostato?»
«Solo... solo pane tostato, grazie» rispose Harry.
Lupin gli lanciò un'occhiata e poi disse a Tonks «Che cosa stavi dicendo su Scrimgeour?»
«Oh... sì... beh, dobbiamo stare più attenti, ha fatto anche lui strane domande...»*
Sirius perse il resto del discorso perché stava continuando a osservare Harry: a giudicare dal colorito e dall‟espressione tesa, era sicuro che non avesse dormito per tutta la notte.
«Ehi, tutto bene?» Provò a sussurrargli wHarry gli rivolse un sorriso nervoso «Diciamo di sì » mormorò, mentre la Signora Weasley gli sistemava l'etichetta della maglia e gli lisciava le spalle.
Harry avrebbe preferito che non lo facesse e quando notò l‟espressione scocciata di Sirius, sentì un improvviso trasporto per lui.
Il restante del tempo che rimaneva fu per Sirius solo chiacchiere a vuoto e tentativi di risollevamento dell‟umore, ma lui sapeva benissimo che niente poteva far sentire meglio qualcuno che rischiava di essere espulso da Hogwarts.
Sirius sentì un inaspettato calore quando immaginò un Harry espulso che andava a vivere con lui a Grimmauld Place; lo avrebbe fatto felice e sapeva che anche Harry ne sarebbe stato contento, ma doveva guardare la realtà: anche se c‟era sempre di peggio, lui e quella casa ammuffita non potevano competere con Hogwarts. Tuttavia fu bello immaginarlo, almeno per qualche secondo.
Intanto, qualche piano sopra, Hermione si alzò di scatto a sedere come se un fulmine l‟avesse colpita in pieno petto «Oh no!» Esclamò, fortunatamente Ginny dormiva così profondamente che non la sentì nemmeno. «Oh no, oh no…» mormorò, scalciando via le coperte e correndo verso la porta.
Uscì così di scatto che finì addosso a Remus «Ehi, Hermione! Che succede?»
«Harry è già andato?!» Chiese lei, guardandosi intorno come sperando di vederlo spuntare dalle sue spalle.
Remus annuì «Sì, da mezz‟ora ormai. Tutto bene?»
«Oh no, avevo puntato la sveglia per le cinque! Volevo salutarlo e fargli gli auguri!» Si lamentò, passandosi le mani nei capelli.
Remus sorrise «Non ti preoccupare, c‟eravamo noi a tenergli compagnia. Non era neanche teso» mentì spudoratamente, per calmarla.
«Sì, ma cosa avrà pensato che né io né Ron eravamo svegli? E se non torna a Hogwarts e non lo rivediamo più?» Continuò a dire, agitandosi e alzando la voce a ogni domanda.
Remus le mise le mani sulle spalle e la scrollò «Harry lo sai che gli volete bene e lo vedrete ancora, questo è sicuro. Non c‟è nulla che possa incriminarlo davvero. Ora calmati, d‟accordo?»
Hermione annuì, poi la Signora Weasley scese dal secondo piano «Hermione, cara, cosa succede?» Esclamò, con aria preoccupata.
Remus minimizzò il tutto con una scrollata di mano «Solo un po‟ di tensione per via di Harry, ma è normale…»
Molly annuì «Ma certo… ora andiamo giù e ci facciamo una bella tisana calmante in due, cosa ne dici?» Le fece, passandogli un braccio sulle spalle e Hermione ringraziò con un sorriso, pulendosi furtivamente una lacrima.
Remus annuì con entusiasmo, poi andò a cambiarsi per la sua lunga giornata di lavoro, sperando di non dover dire a quella povera ragazza di essersi sbagliato; sapeva quanto il Ministero poteva essere duro quando voleva fare fuori qualcuno.
Sperò che almeno Silente fosse con Harry a dare a Caramell ciò che meritava.
«Ehi, che succede?» Sirius alzò lo sguardo dalla Gazzetta che stava leggendo, quando Molly e Hermione entrarono in cucina; dall‟espressione dell‟una e gli occhi rossi dell‟altra, non sembrava difficile da intuire.
Hermione si sedette di fronte a lui e Molly le preparò velocemente una colazione da Guinness «Ecco, cara».
«Grazie…» mormorò lei, senza osare alzare lo sguardo su Sirius; doveva sembrare così stupida e infantile ai suoi occhi.
Sirius le lanciò un‟occhiata casuale, poi si schiarì la gola e tornò al giornale «Per Merlino, questo giornale diventa sempre più spazzatura ogni giorno che passa!» Esclamò, mentre la Signora Weasley sbuffava «Di cosa parla stavolta?»
«Hanno ricamato tutta una storia assurda sull‟udienza di Harry. E menomale che non c‟è più la Skeeter!» Sbottò e l‟altra annuì «Quella donna orrenda! Ho sentito dire che è sparita dalla circolazione!» Esclamò, mentre Hermione alzava lo sguardo a fissarli.
Sirius rise con un certo ardore «Sono sicuro che qualcuno le abbia dato una mano» commentò, facendo a Hermione un occhiolino fugace.
Hermione sorrise brevemente, poi tossì «E cosa dicono su Harry?» Provò a chiedere.
Sirius liquidò il giornale con una scrollata di spalle e lo gettò «Niente di vero, sicuramente. Non dobbiamo preoccuparcene! E poi con lui ci sarà Silente e lo sappiamo che Silente non sbaglia mai!» Commentò con sicurezza.
In realtà loro speravano che Silente andasse all‟udienza, ma comunque non era il caso di dirlo a una ragazza ansiosa.
Si sorrisero per qualche istante, poi Sirius si batté le mani sulle ginocchia «Bene! Io devo dar da mangiare a un ippogrifo affamato!» Esclamò, mentre tirava fuori da una credenza un sacco che non sembrava promettere nulla di buono.
Per tutta l'ora successiva la casa si rianimò e tutti furono più o meno messi a lavoro. Tuttavia Hermione non riusciva a pensare ad altro che all‟udienza, a come stava Harry, a quale sarebbe stato il verdetto… le sembrava davvero assurdo che gli altri riuscissero a far finta di nulla. Alla fine perse definitivamente la pazienza quando beccò Ron, Fred e George che se la ridevano in salone, come se nulla fosse.
«Ah, siete qui!» Esclamò, fermandosi sulla soglia con le braccia conserte e le labbra contratte come nemmeno la McGranitt riusciva a fare.
Fred nascose velocemente delle cose che, Hermione ne era sicura, la Signora Weasley non avrebbe mai approvato «Oh, sei tu Hermione. Per un attimo mi sei sembrata-»
«Ed io che pensavo foste tutti preoccupati per Harry, che scema che sono» lo interruppe lei, mentre i tre si accigliavano in contemporanea.
«Ehi, noi siamo preoccupati!» Protestò George. «Ma non possiamo fare niente, quindi-»
«Perché non divertirsi a discapito suo che intanto sta solo affrontando un processo, vero?» Concluse lei, indignandoli ancora di più.
Ron si pulì le mani polverose sul jeans e si alzò «Ma cosa stai dicendo? Credi davvero che non siamo preoccupati anche noi per lui? Però ha ragione George, non possiamo farci assolutamente niente. Dobbiamo aspettare e sperare che tutto vada per il meglio. E poi ci sarà sicuramente Silente con lui…» fece, cercando di abbracciarla.
Hermione si scostò con uno sbuffo «Lo so, solo che…» esplose, distogliendo lo sguardo. «Potrebbe non tornare più a Hogwarts con noi, potrebbe essere espulso!» Sbottò e Ron annuì «Lo so, davvero io-»
«Davvero? Perché da come ti comporti, non sembra proprio!» Sbottò, correndo via.
Ron si grattò nervosamente la testa «Ma cosa l‟è preso? Accidenti!»
Sirius quasi non la notò, mentre tornava da camera di sua madre. Poi si accorse che in un angolo, seduta a terra davanti alla sua porta, c‟era qualcuno che non doveva esserci «Comincio a essere ripetitivo, ma: cosa ci fai qui?»
Hermione alzò la testa «È il punto più silenzioso della casa» borbottò e Sirius si sedette a terra accanto a lei.
«Non credevo t‟infastidisse avere troppa gente attorno».
«In questo momento sì» mormorò funerea.
Sirius sorrise lievemente «Sei ancora preoccupata per Harry?»
«Tu non lo sei?» Gli chiese, guardandolo.
«Certo che lo sono! Sono sempre preoccupato per lui… solo che tormentarmi non serve a niente, tanto più che non ho il potere di aiutarlo adesso» replicò, con tono più scuro.
«È quello che dice anche Ron» commentò in tono strano, come se fosse sorpresa che Ron e Sirius potessero pensare le stesse cose.
«Beh, forse dovresti dargli ascolto più spesso» rifletté Sirius, portando le gambe al petto e appoggiandoci le braccia.
Hermione sbuffò incredula poi si rizzò di un colpo, passandosi le mani sugli occhi arrossati «Sembra che a nessuno importi! Prima quei tre scemi se ne stavano in salone a fare qualche esperimento pericoloso o qualche gioco infantile, mentre Harry deve affrontare un processo!»
Sirius sorrise con indulgenza «Sei troppo dura con loro, non puoi credere davvero che non siano preoccupati per lui».
«Lo so! Solo che vorrei…» cominciò lei, guardandosi intorno senza trovare le parole.
«Che lo mostrassero di più, così da non sembrare l‟unica in preda al panico?» Ribatté lui, tra l‟ironico e il comprensivo.
Hermione lo guardò a occhi sgranati; aveva c‟entrato in pieno il punto: quante volte era stata lei a essere l‟unica preoccupata, l‟unica organizzata, l‟unica sempre pronta? A volte si sentiva un fardello enorme sulle spalle e non capiva più se lo aveva messo volontariamente o le era stato affibbiato.
«Già…» gemette, riabbassando la testa sulle ginocchia.
Sirius fissò il suo profilo per qualche secondo, poi rise piano a un ricordo inaspettato che gli era venuto in testa «Ogni volta che io, Remus e Peter continuavamo a preoccuparci per la guerra imminente che ci aspettava fuori da Hogwarts, James ci colpiva in testa con qualcosa» si lasciò sfuggire, mentre Hermione rialzava la testa a guardarlo.
«Diceva “Non puoi vincere la guerra a suon di lamentele” e aveva ragione. Le uniche cose per cui l‟abbia mai sentito lamentarsi nella vita erano il Quidditch e Lily, almeno quando non lo considerava» raccontò, mentre sospirava. «Io, come hai potuto notare, non ho preso un bel niente da lui ma ogni tanto ci provo. E dovresti provare anche tu, sia con Harry sia con tutto il resto. Sei ancora giovane, puoi salvarti» la prese in giro, facendola ridere. «E sicuramente Harry sarebbe più contento di vedere il tuo sorriso al ritorno che non le tue lacrime» continuò, alzandosi e offrendole la mano.
Hermione la prese con una certa titubanza, ma si sentiva già meglio «G-grazie, Sirius».
Lui sorrise, poi sembrò volesse dirle qualcosa ed esitò un attimo «Lo so che non è facile vivere qui: tante persone, membri dell‟Ordine che fanno riunioni alle quali non potete partecipare, tante pulizie inutili… posso capire che si senta il bisogno di stare da soli, ogni tanto. È per questo che sono tutto sommato felice che non ci sia stato bisogno della camera di Regulus, almeno posso venire qua e stare, sai…»
«Da solo» convenne Hermione. «Io voglio bene a tutti quelli che vivono qui e sono orgogliosa dell‟Ordine e tutto quanto, solo che a volte è come se mi sentissi fuori posto, voglio dire» si bloccò di colpo e si sentì arrossire fino alla punta dei capelli.
Ormai era abbastanza chiaro che Sirius riuscisse a tirarle fuori le cose peggiori del mondo, quelle che più la imbarazzavano. Eppure lui riusciva sempre a mantenere quel sorriso indulgente che la faceva sentire sicura; supponeva fosse quella, la forza della maturità. Hermione desiderò, anche solo per un attimo, essere un‟adulta come lui e non avere tutti quei pensieri da sciocchi adolescenti ai quali, suo malgrado, apparteneva.
Sirius annuì poi si girò a salire qualche gradino della stretta scala a chiocciola che si trovava giusto fuori dalla sua camera e puntò la bacchetta al soffitto, mormorando qualcosa; con sommo stupore di Hermione, un pezzo di soffitto si aprì.
«Andiamo, ti faccio vedere una cosa» fece Sirius, sparendo alla vista.
Hermione guardò nervosamente verso le scale che davano ai piani inferiori, poi tornò a fissare la botola: sentiva che c'era qualcosa di sbagliato in tutte quelle conversazioni che sembravano così intime, in quella complicità che si stava instaurando tra loro.
Tuttavia, a guardarla razionalmente, Sirius non faceva altro che comportarsi con lei come un adulto saggio e giudizioso, non meno di quello che era per Harry e tutti gli altri.
Nonostante quel pensiero la rincuorasse, però, lo seguì su per le scale con il cuore che faceva buffe capriole. La botola rivelò un enorme attico stracolmo di oggetti di qualsiasi tipo e provenienti da ogni parte del mondo; tra il caos, verso il fondo, spuntavano un„enorme finestra tonda e una bella libreria lucida in legno scuro.
«Uao» mormorò, notando la libreria: era vuota ma imponente ed era costruita con un legno talmente bello che pensò all'istante fosse un peccato lasciarla lassù.
Sirius batté sulla libreria «Questa avrebbe dovuto essere il pezzo forte del grande studio Black, peccato che qualcuno a caso della famiglia abbia gettato tutto all‟aria, scappando».
Hermione lo guardò interdetta, come sempre indecisa se ridere o no alle sue uscite acide, poi ritornò a fissare la libreria «È un peccato che non ci siano dei libri».
«Oh, ci sono!» Esclamò l‟altro, dirigendosi verso un mucchio di scatoloni in un angolo; li aprì con un colpo di bacchetta e le indicò i libri come per presentarglieli «Divertiti».
Hermione batté le palpebre «C-cosa?»
«Hai bisogno di distrarti e vuoi stare da sola, ho pensato che questo fosse il posto giusto. Scegli i libri che vuoi e leggili pure, sono belli quanto quello che hai preso» spiegò, mentre lei si sentiva quasi commossa da tanta premura.
«Io non so che dire…» mormorò.
Sirius scosse la testa «Promettimi solo che ti rilasserai e non ucciderai Ron, Fred o George prima di stasera» ribatté, facendola ridere.
«Bene, io torno giù. Quando esci avvisami, questa stanza ha un incantesimo di chiusura fatto apposta per evitare che qualcuno ci entri» fece, tornando di sotto.
Rimasta sola con la stanza, Hermione continuò a curiosare un po‟ tra gli oggetti dimenticati della famiglia Black, sentendosi un po‟ come un‟intrusa. Quella stanza era chiusa per un motivo e lei era probabilmente l‟unica della casa ad averci messo piede.
Quella situazione le metteva addosso un‟inquietudine tutta particolare, come se fosse una sorta di segreto condiviso solo da due persone, dove l‟altra persona era sorprendentemente Sirius.
Nonostante gliel'avesse promesso, non riusciva a stare ferma e continuava a ripensare a quante cose stesse scoprendo su di lui e a quanto le sue parole e la sua voce riuscissero a calmarla più di chiunque altro. Quando si lasciava sfuggire dei pezzi del passato, per Hermione era come raccogliere brandelli di storie interrotte a metà o di racconti mai terminati.
Si rese conto che Sirius era un po‟ questo, una persona la cui storia era momentaneamente interrotta e di cui avrebbe voluto sapere tutto.
Con un sospiro, cominciò a dare un‟occhiata ai libri e si rese conto che Sirius non aveva mentito: avevano quasi tutti delle copertine meravigliose, impreziosite da inserti in oro o argento e scritte barocche; ne scelse uno sui Fondatori di Hogwarts e si accoccolò sul pavimento polveroso. Non seppe neanche dire quanto tempo trascorse nell‟attico, ma sicuramente era passata più di un‟ora e, forse, la Signora Weasley la stava cercando per fare qualche lavoro.
Un po' a triste di dover abbandonare il suo unico rifugio tranquillo, si alzò e ripose il libro al suo posto; avrebbe voluto portarlo via con sé o sigillare bene la scatola, ma dovette abbandonare tutto così com'era. Probabilmente avrebbe detto a Sirius di proteggere quei libri in un altro modo, sempre che non avesse intenzione di buttarli. Tuttavia, nonostante quello che dicesse, il fatto che quei libri fossero in una stanza protetta e dopotutto confortevole le fece intuire che non era sua intenzione sbarazzarsene.
Aprì la botola il più piano possibile, cercando di notare se c‟era qualcuno: non capiva esattamente bene perché, ma sentiva che l'idea di conoscere il “posto segreto di Sirius” non potesse essere vista come una cosa positiva da parte degli altri.
Dopo aver chiuso la botola e controllato che aderisse perfettamente al resto del soffitto, si girò a guardare la porta della camera di Sirius, indecisa se bussare o no. Non era sicura che fosse in camera sua, ma preferiva parlare privatamente di quella cosa perché non sapeva quanto ne sapessero i signori Weasley.
Facendosi forza, bussò piano ma non ricevette alcuna risposta; provò a spingere e la porta si aprì, rivelando un‟enorme camera che un tempo doveva essere stata molto luminosa, visto le due grandi finestre sulla parete sinistra. Ora, invece, era totalmente immersa nell'oscurità e solo dopo qualche passo Hermione si rese conto che Sirius stava dormendo nel grande letto intarsiato.
Persino nel buio riusciva a scorgere l‟estrema raffinatezza del mobilio e l'argento brillante della testata del letto.
Hermione comprese di stare facendo una vera sciocchezza: era nella camera di Sirius, che era decisamente geloso della sua privacy in una casa così affollata, e soprattutto il suo proprietario stava dormendo nel suo letto.
Dandosi della sciocca, fece dietrofront per uscire, ma un particolare incatenò il suo sguardo ancora una volta: sulla parete di destra c‟era un‟infinità di foto, magiche e non, che facevano capolino dalla parete che sembrava tinta di rosso scuro.
Le foto più vicine a lei mostravano un Sirius giovane, in compagnia di quelli che dovevano essere i famigerati Marauders: gli abiti un po' scomposti e le cicatrici di Remus Lupin erano inconfondibili, così come l‟aspetto fisico di Peter Pettegrew e… i capelli arruffati e gli occhiali di James! Tutti avevano ragione quando paragonavano lui e Harry, erano effettivamente identici a parte gli occhi.
Hermione, però, rimase incantata dal ragazzo al suo fianco: il Sirius degli anni di Hogwarts era sicuramente molto bello, con i suoi capelli neri lucidi e gli occhi grigi. Nonostante tutto non era solo quello a colpirla, quanto l‟apertura e la spontaneità del suo sorriso e il fatto che gli occhi lo seguissero, sorridendo a loro volta. Il Sirius della foto stava lanciando una Pluffa verso Peter che poi franava addosso a James, facendolo cadere nel lago; due secondi dopo, Sirius rideva sguaiatamente, tenendosi la pancia.
Hermione si portò una mano alla bocca per non ridere, poi passò alle foto successive: una seminascosta dal calendario di una moto, mostrava Sirius intendo ad abbracciare una ragazza che, dai capelli rosso cupo e occhi di un verde splendente, doveva essere la madre di Harry. Lei cercava di scostarsi ridendo, mentre Sirius provava a baciarla su una guancia; due secondi dopo, un James alterato arrivava a colpirlo in testa con un libro di Trasfigurazione, mentre lei rideva. Sembrava incredibile che quello stesso ragazzo giovane, bello e spensierato fosse la stessa persona che dormiva in quel letto.
Le altre foto erano quasi tutte con i Marauders e punteggiavano stemmi di Quidditch, stendardi di Grifondoro e calendari babbani con donne seminude. Sembrava che l‟intera camera del Sirius quindicenne urlasse di non essere come il resto della sua famiglia.
Fu però una delle ultime foto a sorprenderla: mostrava Sirius e una ragazza seduti in riva al lago di Hogwarts; lei aveva lunghi capelli scuri e dalla divisa doveva essere una Tassorosso, mentre Sirius aveva la solita aria ribelle con i capelli lunghi.
Nella foto si stavano abbracciando, poi Sirius provava a baciarle il collo e lei si scostava, facendolo cadere nell‟erba; i due ridevano insieme, poi lei gli stampava un bacio sul naso.
Hermione provò a staccare la foto dalla parete con delicatezza e, per sua fortuna, venne via facilmente: la scritta sul retro diceva “Sirius e Violet, 03.04.75”, doveva essere il suo quarto anno di scuola.
Hermione non riusciva neanche a capire perché la incuriosisse tanto; probabilmente una parte di sé continuava a vedere Sirius solo nei panni di un ex ricercato e non in quelli di quello che doveva essere stato un ragazzo che normale, con scuola, scherzi, gioie e amori.
Chissà cosa era stata per lui quella ragazza, pensò mentre rimetteva la foto dov'era.
Si girò, pensando di aver abusato troppo della sua fortuna e si ritrovò di fronte al letto, dove Sirius dormiva in posizione scomposta e con la faccia parzialmente coperta dai capelli. Con un sorriso, Hermione pensò che fosse esattamente in quel modo che immaginava dormire un tipo come Sirius: scomposto e senza regole.
«Harry!» La voce squillante della Signora Weasley arrivò fin lì e Hermione guardò terrorizzata verso la porta, prima di tornare a fissare il bel volto di Sirius. Con un colpo al cuore si rese conto che i suoi occhi erano aperti e la stavano fissando senza dire una parola.
Hermione si diede qualche secondo per rendersi conto che erano così luminosi da brillare di una luce cupa anche nel buio della stanza.
Sirius, dal canto suo, era bloccato sul posto, indeciso su cosa fare: perché lei era lì? Perché lo fissava in quel modo? Forse fu la prima volta a notare davvero i suoi occhi: erano castani, ma di una sfumatura tendente al dorato, e in quel momento brillavano troppo.
Sirius pensò che non volesse muoversi per paura di rompere un equilibrio.
«Ragazzi, è tornato Harry!» L'urlo di Ron li riscosse e Hermione sussultò come se fosse stata pizzicata; tornò a lanciare un'occhiata a Sirius, che si mosse come per cambiare posizione, e scappò via.
Corse per tutte le rampe di scale che la separavano dal piano terra, col cuore in gola e le lacrime agli occhi: cosa diavolo le era saltato in mente di fare? Si sentiva un'idiota e aveva ormai preso coscienza di cosa le stesse accadendo; se n‟era resa conto nel momento stesso in cui Sirius aveva aperto gli occhi su di lei.
Quando vide Harry con i soliti capelli per aria, si costrinse a sorridere e gli volò in braccio, piangendo tutta la tensione sulla sua spalla.
«Ehi!» Fece lui. «Quanto entusiasmo!» Ironizzò, scambiandosi uno sguardo con Ron.
«Ero così preoccupata! Com‟è andata?» Fece a voce alta, un po‟ per sollievo un po‟ per soffocare i battiti del suo cuore.
Nell‟ora successiva si radunarono tutti in cucina per ascoltare il racconto dell‟udienza, ma Hermione non riusciva a concentrarsi neanche con tutte le sue forze; le faceva male il collo a furia di non guardare in direzione di Sirius. Sentiva la sua presenza come se ci fossero solo loro due nella stanza e l'imbarazzo cresceva di secondo in secondo; come avrebbe potuto parlargli da quel momento in poi?
Si sentiva come se l'avessero colta in flagrante mentre faceva qualcosa di osceno.
«Ehi, tutto bene?» Le sussurrò a un certo punto Ginny e Hermione annuì, rigida.
«Sei tutta tesa…» osservò l‟altra e Hermione si costrinse a sorridere «Sono solo stanca».
Sirius, in piedi accanto al Signor Weasley, continuava a lanciarle delle occhiate a metà tra il preoccupato e il perplesso, pensando di poter finalmente confermare la sottile paura che si era insinuata in lui da un po‟ di settimane a quella parte.
La vocina che rispondeva al suo intuito aveva cominciato a mandargli messaggi d'allarme già da un po', ma lui aveva preferito zittirla. Da tempo non capitava che si prendessero una cotta per lui, di certo non una quindicenne, non una quindicenne così sveglia, non un'amica del suo figlioccio.
Non aveva idea di come ci si dovesse comportare in queste situazioni, ma forse non fare niente era la mossa più saggia: non doveva essere facile per una ragazza così rendersi conto di quello che provava e non era sua intenzione metterla in imbarazzo.
Dopo qualche minuto, Molly cominciò a preparare per il pranzo con George e Fred che aiutavano come potevano, usando la magia per ogni minima cosa e rischiando di tranciare qualche dito, mentre Harry e il Signor Weasley parlavano seduti a tavola.
Con una scia argentata, il Patronus di Remus fece il suo ingresso trionfale in salotto da Sirius, strappando un gridolino di sorpresa sia a Ginny, che stava giocando con Grattastinchi sul pavimento, sia a Hermione, che invece se ne stava cupa in un angolo a leggere.
«Non ci sarò per cena, avvisa Molly» fece la voce di Remus, poi il Patronus sparì in una nuvola di fumo.
Ginny batté le palpebre, poi guardo Sirius «Che animale era?»
Sirius si alzò dal pavimento e sorrise «Un Fennec! È un tipo di volpe».
«Ma... io credevo che il suo Patronus fosse un lupo!» Esclamò Ginny, ma Sirius scosse la testa.
«No, no, no. Remus non riuscirebbe mai a evocare un lupo come Patronus. Ricordatevi che è l'insieme di tutti i ricordi e gli elementi più felici di una persona» spiegò e le due ragazze sembrarono colpite da quella rivelazione; Hermione ricordò che il Patronus di Remus era stato qualcosa d'informe, durante il terzo anno.
Con il solito „crack‟ di avvertimento Fred apparve a pochi passi da lei, strappandole un grido «Piantatela di fare così!» Sbottò, ma lui la ignorò per rivolgersi alla sorella «Mamma dice che ha bisogno di te in cucina, a quanto pare i nostri servigi non sono graditi».
«Stavi per tagliare la coda a Grattastinchi, sfido io…» borbottò la rossa, lasciando il gatto e scendendo di sotto mentre il fratello spariva.
Grattastinchi miagolò per un po‟ attorno alle gambe di Hermione, poi si fiondò su Sirius. Lui lo prese in braccio e alzò la testa verso Hermione, indeciso su come cominciare il discorso.
Solo allora lei si rese conto che erano orrendamente soli e, quando notò che stava per aprire bocca, cominciò «Ero venuta in camera tua per avvisarti che stavo lasciando l‟attico. Ci sarebbero da sigillare gli scatoloni e chiudere la botola, ecco» spiegò velocemente, prima di andare via.
«Avranno bisogno di me in cucina!» Esclamò, rendendosi perfettamente conto di dare l‟impressione, tra l‟altro veritiera, di essere in fuga.
Sirius la guardò andare via con una spiacevole sensazione nel petto: si doveva convincere che quella strana intesa che si era formata con una ragazza di quindici anni non era naturale ed era meglio che scemasse, soprattutto se davvero lei mostrava un interesse non proprio amichevole nei suoi confronti.
E poi lui lo sapeva di non essere nell'umore per prendere le cose con la giusta lucidità, non quando la sua vita cadeva a pezzi giorno dopo giorno. Gli unici ormeggi che ancora lo tenevano alla riva erano Harry e quella guerra, tuttavia il primo sarebbe presto ritornato a Hogwarts, anche se per un solo secondo aveva sperato… Sirius sospirò, dandosi dell'egoista e dell‟idiota.
Che razza di padrino poteva essere se pensava una cosa del genere?
Poi c'era la guerra, una guerra cui poteva partecipare solo tenendo pulito il Quartier Generale di un Ordine a cui faceva parte quasi solo per caso. Lui era praticamente il relitto di un passato che insisteva a ripresentarsi, cosa avrebbe mai potuto offrire a chiunque? Cosa poteva offrire a una ragazza giovane come Hermione, che aveva ancora tutta la vita davanti a sé?
Pensare a tanta giovinezza, a tanta libertà, gli faceva quasi tremare le vene dei polsi.
Poi si rese conto che la sua mente stava ormai vagando non più sull‟impossibilità della cosa quanto sulla plausibilità che lei potesse trovare interesse nella sua persona. Per la prima volta, Sirius si sentì sporco come non mai e pensò che probabilmente Remus avesse ragione quando gli diceva che una piccola parte di sé, di loro, era probabilmente impazzita quando James e Lily erano morti.
Lui, in quel senso, doveva essere il più impazzito di tutti.

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Capitolo 3
*** Kreacher ***


Kreacher
 
La gioia per la mancata espulsione durò l’arco di poche ore, perché già nel pomeriggio la Signora Weasley li rimise ai lavori forzati. In quella casa sembrava che le cose da pulire, risistemare, gettare e disinfestare non finissero mai. Nessuno era di buon umore in quei giorni, ma Harry notò che il peggiore di tutti era Sirius: nonostante si fosse congratulato con lui con un gran sorriso, non sembrava particolarmente sopraffatto dalla gioia all’idea che lui tornasse a Hogwarts. A un certo punto del pomeriggio si ritrovò a parlarne con Hermione a un angolo del salone «Beh, io credo che una parte di lui avrebbe voluto che tu restassi qui, dopotutto è solo da troppo tempo» fece lei con buonsenso, scegliendo un tono che fosse a metà tra quello che avrebbe scelto qualche settimana prima e adesso. Era sempre stata d’accordo con la Signora Weasley quando diceva che a volte Sirius sembra cercare più un amico in Harry che un figlioccio, eppure da quando si era avvicinata a lui non era più così pronta a giudicarlo. Harry annuì con aria un po’ affranta, poi Ginny li richiamò dal pavimento; era seduta a gambe incrociate, insieme a Ron, Fred e George, mentre lucidavano e pulivano oggetti con spazzole di varie dimensioni.
«Ehi, è una cornice!» Esclamò. «Sembra Sirius da giovane».
Harry e Hermione si piegarono alle sue spalle per vedere «Non è lui» fece decisamente Hermione, che dopotutto ne aveva viste di sue foto da giovane, e Harry assentì «Dev’essere suo fratello, Regulus».
Ginny lo osservò meglio e notò che il ragazzo in questione aveva un viso meno squadrato di quello di Sirius, capelli corti e ordinati e occhi scuri ma luminosi.
«Cosa c’è sorellina, ci siamo presi una cotta per una foto?» La prese in giro George, notando che stava ancora fissando la foto.
Ginny sussultò «C-cosa? Non fare l’idiota, è semplice curiosità!» Sbottò, colpendolo con la spazzola, mentre gli altri ridevano. «Insomma, se ci pensate siamo qui che puliamo da settimane, ma non conosciamo nulla di questo posto a parte Sirius».
Harry si rabbuiò un attimo «E non lo urlerei troppo forte, se fossi in te. Non ci sono bei ricordi qui dentro, a quanto pare».
«Cosa è successo al fratello di Sirius?» Sussurrò Ginny, tornando a guarda la foto: il ragazzo sembrava allegro, mentre mostrava la sua nuova fiammante divisa; solo allora Ginny notò la cravatta verde-argento di Serpeverde.
«Diciamo che, a differenza di Sirius, ha seguito le orme di famiglia» fece Harry, leggermente a disagio all’idea di spifferare cose personali che gli aveva raccontato Sirius.
Ron cambiò posizione in una più comoda «Vuoi dire che era-»
«Probabile» lo interruppe Harry e Hermione notò la sua espressione cupa.
«D’accordo, cambiamo argomento?» fece, afferrando il primo oggetto a caso e cominciando a strofinare energicamente. Harry le lanciò un sorriso di riconoscenza.
Continuarono a ritrovare manufatti di un’epoca che doveva essere stata sfavillante per i Black e, molto spesso, sia Harry che Hermione notarono Fred e George lanciare sguardi di puro desiderio ai fantastici argenti.
«Non vedo l’ora di essere abbastanza ricco da permettermi cose del genere!» Esclamò uno dei due, mentre faceva risplendere un vecchio portagioie.
Ron ghignò malignamente «Ti piacerebbe!»
«Abbi fede, fratellino. Siamo sulla buona strada!»
«Sì, sono convinta che i Black abbiano fatto fortuna a suon di caramelle vomitose» rincarò la dose Ginny, facendoli ridere.
«Silenziati e pensa al tuo Regulus, sorellina» frecciò sarcastico George, visto che la ragazza aveva causalmente evitato di riporre la cornice nello scatolone degli oggetti lucidati.
«Che poi adesso avrebbe più o meno l’età di Sirius, piccola maniaca» fece Fred, mentre Ron faceva una smorfia. Hermione lo notò e sbuffò. «Cosa?» Grugnì lui.
«Vorrei ricordarvi che nessuno di voi si è mai fatto particolari problemi con Madama Rosmerta dei Tre Manici di Scopa e lei è di sicuro più grande di Sirius» commentò feroce. Non si stava rivolgendo a nessuno in particolare, ma a Ron arrossirono le orecchie come ogni volta che veniva colto in fragrante. Harry, che dal canto suo non aveva mai avuto interesse per la donna, nascose un sorriso nella coppa che stava lucidando.
«Beh, è una cosa diversa!» Esclamò Ron.
«Perché è una donna?» Cominciò lei e dalla sua espressione sembrò si dovesse preparare una guerra. Ron guardò Harry, ma lui non sembrava volersi immischiare, così sbuffò «No, perché… lei è… insomma, è come se una di voi due si innamorasse di Sirius!» Sbottò, facendo andare la saliva di traverso a Harry che cominciò a tossire. Hermione sussultò, ma riuscì a dare colpetti sulla schiena di Harry con notevole impassibilità.
«Beh, Sirius è un bell’uomo e sicuramente avrebbe la possibilità di trovarsi una donna, se volesse!» Esclamò Ginny e Hermione quasi le fu grata che parlasse per lei.
George e Fred guardavano da Ron e Ginny con un certo interesse, mentre il fratellino diventava sempre più rosso «Non dico di no…» borbottò, ma Ginny scosse la testa «Tu sei solo il solito bigotto, tutto ciò che va fuori dagli schemi non ti va bene!»
Ron si zittì un attimo, poi guardò Harry «Tu che ne pensi?» Chiese, con tono leggermente alto, mentre Hermione scuoteva la testa: povero Ron, sempre così rigido.
Harry si schiarì la gola, pensando che in effetti non aveva mai immaginato la possibilità di un futuro di Sirius con una donna. Tuttavia si rendeva conto che la guerra e Voldemort risucchiavano tutte le sue fantasie.
«Beh, anch’io non ho mai pensato a quest’eventualità…» cominciò e l’altro sorrise raggiante. «Però sì, immagino non sarebbe un problema per lui o per… chiunque altro. Insomma, anche Remus…» borbottò, senza guardare l’amico. Hermione annuì, ma poi Harry continuò. «Solo che… insomma, voi state parlando di estreme disparità di età, non credo sia una cosa, ecco, buona».
«Oh per l’amor del cielo» cominciò Ginny, roteando lo sguardo in cielo.
Uno dei ragazzi stava per aggiungere qualcosa, poi Sirius entrò nella stanza con una manciata di roba tra le mani «Passavo per la cucina e vostra madre mi ha detto di portarvi anche questi, auguri» annunciò ironico, rovesciando tutte quelle cianfrusaglie in mezzo al cerchio, tra le proteste di tutti. «Allora, come sta andando?» Provò a chiedere, con le mani sui fianchi. Probabilmente era la sua spiccata tendenza all’osservazione, ma dagli sguardi che gli rivolgevano i Weasley e il rossore sulle facce di Hermione e Harry capì di non aver fatto la domanda giusta. «Di cosa stavate parlando?» Chiese, mentre un ghigno gli si apriva sul viso: non era nato ieri, sapeva perfettamente di cosa potevano parlare degli adolescenti, lasciati soli in una stanza; con la coda dell’occhio vide Hermione arrossire ancora di più e ne fu praticamente certo.
Ginny si rizzò un attimo e tossì con una certa dignità «Persone con età tanto differente che si innamorano» telegrafò, senza minimamente arrossire. Harry invidiò per un attimo tanto coraggio, mentre Ron accanto a lui sembrava volersi seppellire.
Sirius sgranò lo sguardo «E perché?»
Ginny prese un’espressione nervosa e Harry corse in suo aiuto «Lascia perdere, cavolate».
Sirius fece un altro giro sui loro sguardi imbarazzati, poi sciolse la tensione con una risata «Adesso sono curioso, parlavate di qualcuno in particolare?»
Hermione notò Ginny lasciar cadere il suo straccio sulla foto di Regulus e sbuffò per non ridere «No, in generale… i ragazzi qui pensano che degli adulti, per esempio come te, non debbano e non possano innamorarsi di persone più giovani» proclamò, godendosi le espressioni imbarazzate degli altri.
Sirius nascose una leggera esitazione con un gran ghigno «Cioè mi state dando del vecchio decrepito, ho capito bene?» Ironizzò, causando una piccola rivolta nella parte maschile.
«Ehi, noi due non abbiamo detto nulla del genere!» Esclamarono in coro Fred e George.
Ron continuò a stare zitto, sempre più rosso, mentre Sirius guardò direttamente Harry «E tu cosa ne pensi?»
Harry cominciò a pensare che la gente gli si rivolgesse un po’ troppo spesso per risolvere discorsi imbarazzanti. Lanciò uno sguardo infastidito a una divertita Hermione, poi si sedette meglio «Io credo che ognuno può fare la vita che vuole… solo che-»
«Solo che devo trovarmi una vecchia decrepita come me o non se ne fa niente» terminò Sirius, ma era divertito. Harry sbuffò, ma il padrino gli diede un’affettuosa pacca sulla spalla. «Tranquillo, è la visione che hanno tutti i giovani come voi. Da grandi capirete che non è così semplice» commentò.
«Ma noi non eravamo d’accordo!» Esclamarono in coro Ginny e Hermione, zittendo Sirius che si fece pensieroso. Hermione continuò a pensare che stesse fissando lei e l’idea di cosa avrebbe potuto pensare dopo la scena della camera da letto la imbarazzava a morte.
Fortunatamente Remus irruppe nella stanza, con un altro scatolone di cose da pulire tra parentesi, e Sirius si girò a fissarlo con un grande ghigno sulla faccia.
«Cos’è quella faccia?» Sbottò Remus, accigliandosi di colpo; conosceva Sirius da almeno vent’anni e ogni volta che aveva fatto quell’espressione non ne era uscito bene.
Sirius fece una risatina sommessa e si avvicinò a lui, poggiandogli n braccio sulle spalle «I nostri ragazzi qui stavano discutendo di relazioni sentimentali» fece, mentre l’intero gruppo mormorava a disagio. Ecco, ora ci mancava lo raccontassero anche alla Signora Weasley e stavano apposto. George quasi si pentì di essere così spiritoso.
Remus assunse il colore dello scatolone che reggeva «Oh, davvero?»
«Già, in particolare parlavano delle relazioni tra persone con grande differenza di età…» alluse lui e agli altri sembrò quasi che cantasse. Hermione non l’aveva mai visto così entusiasta e Harry pensò che doveva essere quella la sua espressione tipica, negli anni di Hogwarts; quella che lasciava presagire catastrofi.
Remus comunque non sembrava tanto d’accordo e si girò a lanciargli un’occhiata che prometteva torture «E quindi?»
«Beh, tu cosa ne pensi, caro Moony? Condividi la tua saggezza con noi!»
Ora sei paia di occhi lo stavano guardando e Remus pensò che avrebbe volentieri scambiato Sirius con Severus Piton, se Voldemort l’avrebbe permesso. Si diede tutto il tempo di posare lo scatolone a terra, poi si rizzò «Perché tanta curiosità ragazzi?»
Nessuno di loro pensò fosse il caso di nominare il fratello morto di Sirius, così Ron si fece coraggiosamente avanti «Parlavamo di Madama Rosmerta» borbottò e i due Marauders si scambiarono un sorriso d’intesa.
«Oho, Madama Rosmerta! Quanti ragazzi ha fatto sognare!» Esclamò Sirius sedendosi sul bracciolo del divano dietro di lui.
Remus rise «Veramente dovremmo precisare che ha fatto sognare soprattutto te» fece e tutti i ragazzi risero, tutti tranne Hermione. Sirius non mostrò nessuna traccia di imbarazzo «Ma io, differenza di tutti gli altri, ero riuscito a conquistarla!»
«D-davvero?» Esclamarono in coro Ron, Fred e George.
Remus fu grato che il discorso si fosse spostato dalla sua persona, quindi era molto più disposto a partecipare punzecchiando Sirius «Diciamo che dopo il tredicesimo mazzo di fiori, la quarta scatola di cioccolatini e il dodicesimo biglietto cantante ha ceduto».
«Tu non lo sai, ma mi ha offerto due Burrobirre e un Firewhiskey gratis!» Si difese Sirius.
Remus si accigliò «Ma il Firewhiskey era illegale!»
«Questo è precisamente il motivo per cui non lo sapevi, Signor Prevedibile» fece Sirius, scuotendo la testa, mentre Remus sbuffava.
L’atmosfera si distese, ma Hermione non riuscì ad allontanare il fastidio di un Sirius giovane che ci provava con Madama Rosmerta che, purtroppo, rendeva il cervello di qualsiasi ragazzo in pappa. Per Merlino, era proprio messa male.
«Non avete ancora finito?» Fece la Signora Weasley, entrando in salotto e smorzando le risate. «Sirius, Remus, non li starete mica distraendo?»
«No!» Si difesero in contemporanea, facendola inarcare un sopracciglio.
Remus sorrise a mo’ di scusa «Chiedo venia, mi metterò a lavorare in un angolo e non darò fastidio, promesso».
«Anch’io!» Fece Sirius sarcastico, mentre la donna usciva borbottando qualcosa a proposito della pazienza.
I ragazzi abbassarono subito la testa, spazzolando gli oggetti con più energia, mentre Ginny e Hermione si alzavano a prenderne altri dallo scatolone di Remus.
«Allora, tu cosa ne pensi?» Chiese Ginny.
«Riguardo a cosa?» Fece Hermione distratta, mentre rovistava nella scatola.
«Al discorso di prima!»
Hermione ne emerse con un po’ di oggetti e lanciò un’occhiata ai due uomini seduti sul divano, suo malgrado si ritrovò a sorridere «Non vedo perché non possano rifarsi una vita, quando tutto questo sarà finito. Sono ancora giovani, tutto sommato» commentò, poi notò lo sguardo di Ginny. «E sì, secondo me anche con persone più giovani potrebbero... però, insomma, che ne sappiamo noi, giusto?» Terminò sbrigativamente, tornando a lavoro. Il problema era che, non appena aveva immaginato Sirius Black rifarsi una vita era lei che aveva immaginato al suo fianco. Hermione pensò che le fantasie da ragazzina non avevano mai fatto per lei e non voleva cominciare adesso; nonostante i suoi propositi, però, si ritrovò a dardeggiare verso di lui più volte nel corso del pomeriggio.
Dal canto suo, Sirius si era seduto accanto a Remus solo per continuare il suo personale divertimento giornaliero. Remus resistette qualche secondo ai suoi ghigni sommessi, poi abbassò il libro sui licantropi che stava leggendo «La pianti?»
Sirius annuì «Scusa, stavo solo ripensando a color ‘tappezzeria da nonna’ che aveva preso la tua faccia prima» ironizzò, mentre l’altro sospirava.
«Beh, dove ti è venuta l’idea di fare allusioni di quel tipo? Ti avrei ucciso!»
«Andiamo, sappiamo entrambi a cosa mi riferivo… e a dirtela tutta non o ancora capito perché non ti fai avanti. È palesemente chiaro che la mia cuginetta abbia un debole per te».
Remus arrossì vagamente, ma non si concesse altro «Tu devi essere impazzito» mugugnò, lanciando una vaga occhiata ai ragazzi che lavoravano. Si alzò e si avviò fuori dal salone, al riparo da orecchie indiscrete. Sirius sbuffò e lo seguì fuori, frenandosi all’ultimo secondo dal gettare un’occhiata a Hermione. Da quando l’aveva beccata in camera sua quella mattina, la ragazza aveva fatto di tutto per evitarlo e un po’ gli dispiaceva.
«Allora, perché sarei impazzito?» Fece, quando raggiunsero la cucina al piano di sotto.
«Perché non ha senso quello che dici!» Esplose Remus, sempre bene attento a tenere la voce bassa. Sirius roteò lo sguardo «Io lo so che Tonks prova qualcosa per te e ti conosco abbastanza bene da vedere che anche tu provi qualcosa. E ho notato i vostri sguardi, quindi perché no?»
Remus si passò una mano nei capelli ingrigiti e rise di se stesso «Perché Tonks ha tredici anni meno di me Sirius, tredici».
«E da quando l’età è un problema? Moony, Tonks è adulta e vaccinata, se ha scelto te è perché le piaci tu. Non è come se avesse preso una cotta da ragazzina» commentò e, per un attimo, si rese conto ce non stava solo parlando della condizione di Remus: Hermione Granger era una quindicenne e probabilmente aveva preso una cotta da adolescente per lui, ma se fosse stata perlomeno maggiorenne? Le cose sarebbero state diverse?
Si riscosse per sentire Remus dire «Non è solo questo… Pad, io sono un licantropo» fece e Sirius batté le palpebre «Grazie per la confessione, ma lo so da almeno diciotto anni».
«Non scherzare, lo sai che è una cosa seria» mormorò lui, con un’aria talmente triste che Sirius annuì seriamente «Lo so, lo so che è una cosa seria, amico mio. Ma tu hai passato tutta la tua vita a preoccuparti di questa maledizione, noi altri abbiamo dovuto praticamente costringerti a stare con noi i primi tempi, così come abbiamo dovuto costringerti a darci retta con gli Animagi e tutto il resto. Non puoi continuare a vivere così. Ora c’è la guerra e sei occupato, ma dopo? Cosa vuoi fare, vivere da reietto tutta la vita?»
Le parole fluivano come un fiume in piena e Sirius si rese conto che non parlava solo con lui perché, tolta Tonks, la loro situazione era identica; chissà quale sarebbe stato il loro posto nel mondo, dopo Voldemort. L’espressione di Remus diceva che sapeva cosa stava pensando e Sirius sospirò «Mi ero rassegnato a una vita ad Azkaban dopo la morte di James e Lily, ma la vista di Peter mi ha infuso quella rabbia, quella voglia di vivere giusto per vendicarmi, ma adesso… sono rinchiuso di nuovo in una casa che odio, mi sento inutile, ma la voglia di vivere sovrasta tutto questo, Remus, la voglia di lottare per la mia vita futura. Non costringerti alla reclusione forzata anche tu».
Remus sembrò colpito da quelle parole «Cos’è che ti infonde tanta forza?»
«Harry» replicò con sicurezza Sirius. «Almeno all’inizio: la voglia di vederlo vincere e finire Hogwarts, di sposarsi e magari farsi una famiglia, o diventare un campione di Quidditch o quello che vorrà in futuro… l’idea di esserci in tutto questo mi ha infuso la speranza. Ma adesso comincio anche a pensare a quello che vorrei io, chissà come sarà…»
la voce di Sirius si fece sognante e Remus quasi invidiò tanta aspettativa: Sirius era così, passava da momenti di profonda depressione a momenti di pura estasi, mentre lui era più equilibrato; peccato che quell’equilibrio lo portava a frenarsi su qualsiasi cosa.
«E tu hai la fortuna di aver trovato una persona che ti accetta per come sei: Tonks sa che sei un licantropo, sa che sei più vecchio, sa che hai cicatrici che non andranno mai via. Però, amandoti, ha accettato tutto quello che sei, non fartela scappare» continuò Sirius, con tono leggermente più triste. Era un po’ come se fosse invidioso di lui, come se fosse invidioso del fatto che avesse almeno una possibilità. Il che era stupido, perché se c’era uno che si meritava la felicità nella vita, quello era Remus Lupin.
Remus sospirò profondamente «C’è anche un’altra cosa…» mormorò.
«Cosa?» Spinse Sirius, che lo vedeva titubante.
«Come dici tu… adesso c’è la guerra, ma dopo? Supponiamo che tutto vada per il meglio, io sono e resto comunque un Licantropo, povero in canna, e vecchio. Cosa posso promettere a una ragazza giovane come Tonks? È una mezza Black, per la miseria!»
Sirius non riusciva a credere alle sue orecchie che per Remus uno dei problemi fossero i soldi, anche se doveva ammettere che quello di dare poca importanza ai soldi era sempre stato un suo grosso difetto, anche a scuola. Gli appoggiò una mano sulla spalla con un gran sorriso «Tu hai la fortuna di aver conquistato uno dei pochi frutti buoni dell’albero Black: ti ricordo che la madre di Tonks ha rinunciato a tutto per un babbano e, sebbene Dromeda abbia comunque l’altezzosità delle donne Black, non farebbe una piega all’idea che tu diventi suo genero, credimi. E a Tonks non gliene frega nulla dei soldi, dovresti averlo capito ormai» gli spiegò, facendolo sorridere. «Secondo me ti stai facendo un mucchio di problemi inutili, sono sicuro che lei sarebbe d’accordo» fece e per lui il discorso era concluso così. Remus annuì sommessamente «Ci penserò» mormorò e Sirius gli diede una forte pacca «Bravo! E poi, francamente, è lei che dovrebbe essere fiera di mettersi con un uomo coraggioso, altruista, intelligente e buono come te, Remus Lupin».
Remus arrossì vagamente, come ogni volta che chiunque gli faceva dei complimenti, e lo scostò malamente «Cos’è tutta questa gentilezza oggi?»
Sirius rise e gli arruffò i capelli come faceva sempre da giovane, come non faceva da moltissimo tempo «Ti voglio bene, stupido lupo».
«Va al diavolo, stupido cane» grugnì Remus, mentre Sirius si avviava alla porta.
«E tu? Cosa hai intenzione di fare dopo questa guerra?»
Sirius ci pensò un attimo, poi ghignò «Probabilmente chiederò a Madama Rosmerta di sposarmi!» Ironizzò, continuando a ridere su per tutte le scale e scontrandosi proprio con Hermione. «Oh, scusa!» Esclamò, prendendola per le spalle e osservandola meglio: dalla sua espressione non sembrava propriamente contenta.
«Volevamo solo sapere dove mettere questi…» disse, facendo del suo meglio per ignorare le mani di Sirius sulle sue spalle. Tuttavia non ricordava la toccasse tanto, in precedenza. Sembrò quasi che Sirius pensasse la stessa cosa, perché le tolse subito non appena se ne accorse «Da’ pure a me…» fece, prendendo la scatola piena di oggetti lucidati. «Qualcosa non va?» Continuò poi, mentre lei sbuffava «No, siamo solo un po’ stanchi…»
«È noioso lucidare oggetti, vero?» Chiese lui, con una certa intuitività.
«No! Questi oggetti sono molto belli, meritano di essere lucidati!» Protestò Hermione, quasi imbarazzata che lui potesse aver credo che lei odiasse i splendidi oggetti della sua infanzia. «Solo che lo stiamo facendo da almeno cinque ore…»
Sirius annuì «Non ti preoccupare, capisco benissimo. E infatti credo dovreste smettere!» Esclamò, lasciando la scatola a se stesso e battendo le mani. «Inventiamoci qualcosa!»
«Ma la Signora Weasley…» cominciò Hermione dubbiosa, ma Sirius scosse veementemente la testa «Nessuno dirà nulla se se ci prendiamo un attimo di pausa: dopotutto tutti possono andarsene in missione o all’aria aperta e noi no, giusto?» Fece lui con un ghigno che non lasciava presagire nulla di buono. Solitamente Hermione non avrebbe assolutamente dato retta a una cosa che strillava ‘pericolo’ da tutti i punti di vista, ma era davvero stanca e un diversivo piacevole ci voleva. Con tutto quello che avevano avuto da fare, non avevano neanche festeggiato Harry come si doveva.
Alla fine si ritrovo a sorridere al ghigno di Sirius, ma ormai aveva capito che aveva un pessimo ascendente su di lei «D’accordo» mormorò, ancora una volta stupidamente contenta che fosse felice. Entrarono in salone che i gemelli stavano bestemmiando su un vecchio medaglione Serpeverde che non si apriva, ma Sirius li liquidò con un gesto della mano «Lasciate perdere. Abbiamo deciso che è l’ora della pausa!» Annunciò allegramente, mentre tutti si giravano come un sol uomo verso Hermione.
La ragazza arrossì «Io non ho fatto niente!» Esclamò avvicinandosi a Ron, che intanto la squadrava con aria perplessa «Sei la stessa Hermione che rompe le scatole ogni secondo per fare più compiti di quelli assegnati così ‘siamo già avanti?’»
«Sei la stessa Hermione che ci ricorda ogni mattina alle otto di riordinare la stanza?» Rincarò Harry, mentre i gemelli ridevano.
«Sei la stessa Hermione che neanche due ore fa ci ha maltrattato perché stavamo facendo, guarda un po’, una pausa?» Aggiunse Fred con un ghigno, mentre Hermione se ne stava a metà tra l’imbarazzo e la voglia di malmenarli.
«D’accordo piantatela. Prima non era il momento, ora sì!» Fece Sirius, corredo in suo aiuto.
«Perché lo decidi tu?» Ironizzò Harry con un gran sorriso.
Il suo padrino annuì «Diavolo, avrò qualche diritto come padrone di questo posto!»
Passarono una mezz’ora a cercare qualcosa da fare che andasse bene a tutti e alla fine la spuntò Hermione con un gioco babbano che dovette spiegare praticamente a tutti, Harry compreso visto che di giochi nella sua sfavillante vita dai Dursley non ne aveva sentito parlare. Sirius ci provò pure a sentirsi fuori luogo, ma la verità era che tutte quelle risate e quelle battute lo facevano sentire leggero, per a prima volta dopo mesi. Dopotutto doveva prepararsi all’inevitabile di una casa vuota da lì a pochi giorni, tanto valeva approfittare dei momenti. Il gioco consisteva nel dividersi in squadre e indovinare il libro, film, favola, spettacolo, oggetto che il compagno cercava di mimare; la vittoria era una cena preparata dai perdenti, mentre la sconfitta era ovviamente cucinare, cercando di ignorare le proteste che la Signora Weasley avrebbe sicuramente imbastito. Dopo un pericolosissimo momento in cui Ron esordì con un delicato «Ma voi donne siete di meno, perderete di sicuro!», seguito dal feroce botta e risposta di Ginny a proposito del fatto che se valeva l’intelligenza allora erano già in vantaggio, Sirius pensò di salvare capra e cavoli proponendosi come compagno di squadra in extremis.
«Visto che sarei comunque solo e la cosa non mi diverte, che ne dite che vengo io in squadra con voi?» Propose alle due ragazze, mentre Ginny fissava pericolosamente il fratello «Con piacere, così vinciamo di sicuro!» Esclamò con un ghigno.
Sirius scosse la testa «Grazie per la fiducia, ma non è detto che io sia bravo in questo gioco… Hermione, tu cosa ne dici?»
Hermione lo fissò come a chiedersi cosa ci fosse dietro e Sirius lo capì; quando si rese conto che Harry la guardava con una certa perplessità, si costrinse a sorridere «Ma certo!»
La sfida andò avanti per un po’: la capacità dei gemelli di mimare era ben equilibrata con la conoscenza praticamente sconfinata di Hermione per i libri e Ginny per i film; Harry, intanto, era alle prese con un Ron che non aveva veramente capito come funzionava quella cosa. Inoltre più sbagliava, più la sorella lo prendeva spietatamente in giro e più si innervosiva, mentre Hermione non sapeva se aiutarlo o meno. La ruota girava un po’ quando uscivano film o libri del mondo magico, nei quali sia Hermione che Harry erano piuttosto scarsi; dopo una buona mezz’ora che Ron si riproduceva in corse affannate e risate gracchianti, Harry si arrese con aria sconfitta.
«Era Baba Raba e il ceppo ghignante!1» Esclamò Ron con aria sconfortata. «Come fai a non conoscerlo!» Commentò, mentre Hermione roteava di nuovo gli occhi al cielo «Per la milionesima volta, Ron, noi abbiamo fiabe diverse!»
Sirius rise con Harry, poi lanciò un’occhiata all’orologio babbano che Lily una volta aveva deciso di regalargli: ogni tanto si confondeva, ma ormai era diventato bravo a leggerlo.
«Quello è un orologio babbano» notò Hermione, senza inflessioni di sorta.
Sirius le lanciò un’occhiata «Già» mormorò, poi si girò verso Harry con un sorriso commosso. «Me lo ha regalato tua madre credendo che quello magico fosse troppo impreciso. Comunque è tardissimo, dovremmo cominciare a preparare la cena!» Erano le otto e mezza di sera il che voleva dire che Molly era stranamente in ritardo, ma comunque non gli andava che tornasse e non trovasse nulla di pronto; di solito era lei a viziare tutti.
«Allora!» Esclamò, battendo le mani e alzandosi. «A chi tocca l’arduo compito?»
Gli altri quattro si guardarono con aria funerea, poi si girarono verso il tabellone dove per magia avevano fatto apparire il punteggio: la squadra Ron-Harry aveva fatto decisamente schifo e giaceva in basso alla classifica con 3 punti, mentre quella formata dai gemelli aveva ottenuto un rispettabile 6. Hermione e Ginny sorrisero contemporaneamente, guardando il loro 12 che svettava su tutti.
«Grande, sorella!» Esclamò Ginny, dandole un sonoro cinque.
Hermione fece una cosa molto simile a un ghignetto, soprattutto alla faccia scocciata di Ron, poi entrambe corsero ad abbracciare Sirius di slancio.
«Ehi, potrei abituarmici» scherzò, mentre le due ridevano e i ragazzi borbottavano.
«Bah, eravate in maggioranza…»
«… e poi Sirius ha la saggezza millenaria dalla sua!»
«E Hermione praticamente divora libri…»
Ginny indirizzò una linguaccia, staccandosi da Sirius «Tutte scuse, non fate i bambini!»
«Poi credo che la cucina debba essere una capacità da sviluppare. In futuro, e quando vivrete soli, capirete» aggiunse Sirius, mentre Harry lo guardava malissimo.
Senza farci caso, sia Hermione che Sirius rimasero appoggiati l’uno al braccio dell’altra per più del tempo necessario ma nessuno di loro ci face caso, almeno fino a quando un paio di colpi di tosse fece loro capire che il parco giochi si era ritrasformato in un Quartier Generale. Sirius si alzò praticamente di scatto, nonostante non stesse facendo nulla di sconveniente: la sua mano era rimasta sul braccio di Hermione per qualche secondo e si stava prendendo una pausa da tanto lavoro. Allora perché sia Molly che Remus li guardano in quel modo? O meglio, Molly stava guardando tutti loro con le braccia conserte, ma Remus guardava specificatamente lui e conosceva fin troppo bene cosa voleva dire quello sguardo. Con un leggero tremolio interno, Sirius ghignò «Scusami Molly, per farmi perdonare del ritardo coi lavori ti ho rimediato quattro aiutanti…» cominciò, spiegando tutta la storia. La donna stesse ad ascoltare con aria severa, ma alla fine sospirò e scrollò la testa «Va bene, va bene. Anzi, sono stanchissima, mi servirebbero proprio quegli aiutanti…» alluse, mentre Ron programmava l’idea di fuggire.
Harry si avviò verso la cucina con aria rassegnata, mentre Hermione gli soffiava un bacio per farsi perdonare. «Ipocrita» borbottò lui, facendola ridere.
I gemelli furono convinti solo dopo un po’ di moine, ma tanto Molly sapeva benissimo che sarebbero stati più un danno che una risorsa. Quando riuscì a portarli tutti giù con sé, Sirius era quasi tentato di chiedere alle due ragazze di proteggerlo, visto che Remus continuava a puntarlo; sembrò quasi che stesse per parlare, ma poi campanello e sua madre urlante lo salvarono in contemporanea.
«Smettetela di suonare quel maledetto campanello!» Urlò pure lui, avviandosi di sotto.
«Sirius, è Kingsley. Vuole parlare con te!» Gridò Molly di rimando.
Remus sospirò e guardo verso le due ragazze, che intanto toglievano di mezzo le sedie in più e il tabellone «Qual era la penitenza per gli sconfitti?»
«Cucinare per tutti» fece Hermione con tono allegro, mentre Ginny rideva. Remus, suo malgrado, rise con loro «Un’idea di Sirius, ne sono sicuro. Voi vi riposerete immagino…»
«Assolutamente!» Mentre salivano le scale Hermione fu sicura che Ginny avesse qualcosa da dirle in privato, perché continuava a darle colpetti impazienti sulla schiena per farla andare più veloce; con uno sbuffo, arrivò finalmente in camera e chiuse la porta «Cosa?»
Ginny si tolse i lunghi capelli rossi dagli occhi e prese un’espressione neutra «Cosa?»
Hermione roteò lo sguardo «Andiamo, sembrava volessi spingermi dalle scale!»
L’altra cominciò incredibilmente a guardarsi intorno, cosa che irritò ancora di più Hermione che sapeva quanto l’amica non fosse timida «Ginny…»
«Sai» cominciò. «Io credo che» continuò, ma poi si bloccò di botto e scosse la testa.
«Andiamo, dimmi!» Esclamò Hermione, ormai divorata anche lei dalla curiosità. Non era da lei essere così reticente.
Ginny le lanciò un’occhiata strana, poi si grattò il collo con aria imbarazzata «Ecco… è che ho l’impressione di non essere l’unica a cui piace un Black» fece velocemente.
Il silenzio calò su di loro e a Hermione servirono un paio di minuti per assorbire quelle parole «Ti sei ammattita per caso?»
Ginny prese un’espressione nervosa «Non lo so… c’è qualcosa nei gesti o nel modo in cui dici le cose che… senti, te lo chiederò direttamente, ma ti piace Sirius?»
Hermione si congelò sul posto, riflettendo su quanto sembrasse assurdo detto così, ad alta voce. Realizzò che quella fantasia stava diventando non solo ridicola, ma anche pericolosa. Immaginò l’imbarazzo estremo se solo l’avesse scoperto Harry!
Cercando di calmare i tremiti freddi che le erano venuti, sorrise «Non dire sciocchezze, è un’assurdità. Sirius è sicuramente una persona piacevole, non dico di no, ma insomma… è Sirius!» Spiegò, con una certa ragionevolezza. Ginny annuì veementemente, ma continuò a osservarla «Già e poi io potrei pure essermi presa una cotta per una foto, ma Sirius è, beh, vivo. E reale. Ed è il padrino di Harry».
Hermione assentì «Lo so, perciò mi sembra assurdo che tu ci abbia anche solo pensato».
«E poi a te piace Ron» continuò ancora lei e, quella volta, Hermione sentì di dover distogliere lo sguardo. «Hermione?»
«Beh…» cominciò con una certa titubanza e Ginny si sedette su suo letto con un sospiro. «Fino a un anno fa mi dicevi che forse provavi qualcosa per Ron, che con Krum non era andata anche per colpa sua… cosa è cambiato?»
Hermione si morse un labbro e si sdraiò su suo letto «Non lo so… cioè, a me piace Ron».
«Ma non come ti piaceva l’anno scorso?» La interruppe Ginny, intuitiva.
«Può darsi…» alluse Hermione poi, alla sua espressione, sbuffò. «E no, non deve essere per forza perché mi piace qualcun altro! Non mi dire che stai pensando ancora a Sirius, dai!» Sbottò con espressione che pretendeva d’essere infastidita, abbassando la voce.
«Beh, devi ammettere che non c’è storia» ironizzò Ginny, con un sorriso.
«Non c’è storia perché Sirius è un uomo adulto, che ha vissuto molti anni più di noi…»
«Perché è bello, ha il fascino del mistero e del l’uomo turbolento…»
«… Ron invece è un ragazzo come noi, è giovane e non ha ancora fatto molte cose…»
«… ed è immaturo, puritano e pure un po’ tardo».
Hermione le lanciò un’occhiata arrabbiata, ma Ginny sorrise a mo’ di scusa «Dai bisogna dire le cose come stanno! Persino per Harry non c’è storia con Sirius…»
Hermione sorrise «Ecco, non cominciamo con Harry, Signorina ‘come sta bene vestito di verde bottiglia’!» La prese in giro Hermione e Ginny arrossì leggermente, appoggiandosi meglio ai cuscini «Ok, la smetto».
L’altra rise trionfante poi si alzò un attimo a prendere il libro che le aveva dato Sirius e si ributtò sul letto.
«Che cos’è?» Chiese Ginny curiosa, ma quando vide l’espressione da ‘gatto preso nel sacco’ di Hermione, soffocò una risata. «Non mi dire, Sirius?»
«Piantala!» Grugnì Hermione, lanciandole un cuscino.
«Piuttosto, me lo diresti vero se c’è qualcosa? Io e te siamo amiche, ricordatelo» fece dopo un po’ e seriamente, cogliendola di sorpresa.
Hermione annuì «Certo» quando l’inferno congelerà e Sirius mi chiederà di sposarlo, concluse nella sua testa, immergendosi più a fondo nel suo libro. Dopo quella conversazione fu estremamente contenta di aver nascosto lo specchio d’argento in fondo al suo baule in un recesso di senso di colpa.
Al piano di sotto, intanto, la situazione non andava granché bene: Ron aveva quasi rischiato di tagliarsi via un dito mentre affettava cipolle, mentre Harry stava martoriando i suoi fagiolini.
«Non così, caro, devi cercare di farli uguali» gli fece per la centesima volta la Signora Weasley, con meno pazienza del solito. Forse, dopo tanti anni, Harry aveva trovato un campo in cui lei non lo avrebbe mai appoggiato del tutto. Intanto invece, quei due che potevano fare magie si divertivano a mandare tutto gli utensili della casa in giro per la cucina, rovinando la visuale a tutti.
«Santo cielo, Fred, di’ a quel mestolo di fermarsi di girare, ci fa venire la nausea!»
«Io sono George, insomma!»
«Sì, caro, come vuoi» liquidò la Signora Weasley, mentre si abbassava per controllare le patate. In realtà, i quattro ragazzi avevano fatto un giro di scommesse per indovinare quanto altro tempo avrebbe resistito prima di cacciarli via e, infatti, dopo altri dieci minuti di broccoli maltrattati, cipolle spiaccicate al pavimento e calderoni volanti, non ce la fece più «D’accordo, ora basta. Siete stati molto, ehm, carini ad aiutarmi ma adesso potete andare… dite pure a Sirius che avete portato a termine la punizione o quel che è» fece distrattamente e gli altri gioirono dall’interno.
Sirius fece in tempo a vederli scappare al piano di sopra dall’ingresso e sorrise «Ovviamente…» mugugnò, poi ritornò a concentrarsi su Kingsley, che gli parlava con la sua voce profonda «Mi dispiace Sirius, non avrei voluto che voci sul tuo conto si diffondessero…» gli stava dicendo, mentre si toglieva il soprabito.
Sirius scrollò le spalle «Ormai ci sono abituato» commentò caustico, ma poi si calmò: non era colpa di Kingsley se Malfoy era un viscido bastardo. «Dopotutto, Voldemort ha dalla sua un paio di persone che non vedono l’ora di prendermi» dichiarò, mentre Kingsley lo guardava male: aveva capito il riferimento a Severus Piton, ma non fece commenti; sapevano che Silente si fidava di lui e la sua parola doveva bastare.
Remus sbuffò dalle scale «Non ti starai riferendo ancora a Severus, vero
Sirius roteò gli occhi «No, mamma. E scendi da lì o l’altra mamma comincerà a rompere l’anima… e comunque non è colpa tua Kingsley, sono solo stanco di dovermi nascondere, tutto qui» continuò amaro, mentre andavano in cucina. L’altro gli mise una mano sulla spalla «Quando questa guerra sarà finita, ti riabiliteremo. Stanne certo!»
Sirius sorrise più che altro per non offenderlo, ma la verità era che lui il suo futuro continuava a vederlo nero, guerra o no, nonostante quello che aveva detto a Remus. Dopotutto voleva davvero si buttasse con Tonks e mettesse su famiglia.
«Oh, ciao Kingsley. Sei a cena con noi?» Fece Molly, asciugandosi le mani sul grembiule.
L’uomo annuì «Sì, dovrebbe arrivare anche Tonks».
«Bene! Più siamo meglio è!»
La cena fu piuttosto piacevole per tutti, anche se il Signor Weasley dovette trattenersi in ufficio oltre il solito orario e Tonks inviò il suo bradipo Patronus per avvisare che arrivava molto tardi. Più di una persona notò che Sirius aveva cambiato umore nel giro di qualche ora; non riusciva a scacciare dalla testa l’idea che non sarebbe mai stati riabilitato e probabilmente sarebbe morto in guerra, cosa che avrebbe comunque preferito alla reclusione, ma col nome infangato. Mai nella sua vita si era interessato al nome di famiglia o a quello che pensavano gli altri di lui, ma per la prima volta pensò che avrebbe voluto un riconoscimento per quello che aveva vissuto, per quello che aveva perso; per sé, ma anche per Harry che rimaneva comunque legato a lui. Ah, James, tu si che sei stato un furbo gli venne da pensare con acidità: se pensava ai vecchi Marauders, si rese conto di quanto fossero finiti male e quanto fosse proprio James quello a cui secondo lui era andata meglio: morire o vivere in disgrazia? Non doveva pensarci neanche un secondo.
Qualcosa gli strattonò la gamba e dopo un po’ si abbassò con uno scocciato «Che c’è?» Dove credeva di trovare Grattastinchi, c’era invece un Kreacher furtivo che tentava di cercare manufatti Black addosso agli ospiti.
«KREACHER!» Urlò, facendo rabbrividire l’intera tavola.
«Ma insomma, Sirius…» cominciò indignata la Signora Weasley, ma lui si rizzò in tutta la sua altezza, tenendo l’elfo domestico per il gonnellino. Sia Ron che Harry si girarono automaticamente e involontariamente verso Hermione, che teneva le mani sulla bocca spalancata «Sirius, mettilo giù!»
«Sarebbe ora che imparasse come si ci comporta con degli ospiti presenti» cominciò Sirius, che non voleva sentire ragioni. Kreacher continuava a borbottare insulti a tutti, ma non poteva disubbidire direttamente al suo padrone e si limitò a restarsene floscio tra le sue mani. Sirius uscì dalla cucina, senza ascoltare le proteste di Molly che chiedeva di lasciarlo in pace. Tuttavia, nonostante gli sguardi imbarazzati, nessuno fece segno di alzarsi da tavola e Hermione li guardò con aria decisamente arrabbiata, prima di seguire l’uomo.
«Sirius, lascialo stare!» Provò a dire, mentre Ron, Ginny e Harry si guardavano leggermente sconvolti: l’idea che Hermione stesse gridando contro Sirius era al dir poco impressionante. Remus rimase accigliato per un attimo, poi si alzò e li seguì fuori, dando una pacca consolatoria a Harry mentre passava.
«Dovremmo andare anche noi?» Sussurrò Ron, ma Harry scrollò le spalle. Quando stavano pensando di alzarsi, la Signora Weasley li anticipò lanciandogli un vassoio di pane abbrustolito sotto al naso «Prendete, ragazzi!»
I due si lanciarono un’occhiata offuscata e si risedettero.
«Ti ho già detto mille volte che non devi mai mettere le mani addosso a degli ospiti! E devi piantarla con questa storia degli oggetti, spariranno tutti che tu e quella matta di mia madre lo vogliate o no, capito?»
«Sissignore» fece Kreacher, poi abbassò la voce e mugugnò qualche insulto.
«E piantala di fare così, non ci crede nessuno che sei pazzo!» Sbottò ancora, scrollandolo. Lo stava portando nel seminterrato, dove sapeva che c’era il suo nascondiglio prediletto.
«Sirius, smettila di maltrattarlo!» Sbottò Hermione, sull’orlo delle lacrime. Era furiosa con lui, ma una piccola parte di sé le ricordava malignamente che non erano affari suoi; tuttavia erano mesi che aveva preso a cuore quella questione degli elfi domestici, davvero non riusciva a credere che Sirius non capisse. Sentirsi così impotente, senza autorità e giovane la fece infuriare ancora di più.
Sirius si girò a guardarla «Smettila di difenderlo. Ti ho già detto che è un caso particolare».
«No, tu mi hai detto che avresti voluto smetterla ma non ce la facevi!» Ribatté lei, furiosa. «Se è davvero così, almeno provaci!»
Sirius scrollò la testa, nervoso «Stava provando a rubarvi delle cose! Elfo domestico o meno, nessun essere decente farebbe una cosa simile!»
Hermione annuì «Ma non è colpa sua, lo hanno educato così!»
Sirius fece un sorriso senza gioia «Oh, sicuramente la mia famiglia l’ha educato malissimo, questo è sicuro!»
«Io non volevo-»
«Dillo pure, non è certo una novità! Educato o meno, sono io che mi trovo a vivere con lui e non posso vivere con un essere che incarna tutti i valori che odio! Deve perlomeno imparare a comportarsi, ma più che dirglielo…»
«Tu glielo ordini, è diverso! Anche a te non piace prendere ordini! Se lo liberassi, lui-»
«Correrebbe diritto di filato dalle mie cugine e da Voldemort, questo è sicuro. Non posso liberarlo, sa troppe cose su questo posto e su di voi!» La interruppe lui, sempre più arrabbiato. Nessuno dei due seppe dire su cosa stavano realmente discutendo, era un po’ come se due cosmi si stessero scontrando. Sirius lo sapeva che stava facendo la parte del Purosangue snob che difendeva la schiavitù, ma non poteva farci niente: forse era cinismo, forse vecchiaia, forse semplice rabbia… fatto stava che non credeva agli ideali di Hermione, non in quell’ambito.
«Allora dovresti trattarlo meglio e scongiurare quest’ipotesi!» Urlò lei alla fine, colpendolo in quello che vedeva come uno dei suoi difetti più grandi: l’incoerenza.
Remus, che aveva ascoltato abbastanza dalle scale, scese a recuperarli «State urlando» fece notare, mentre Sirius metteva giù Kreacher senza guardare nessuno dei due.
«Stammi a sentire: ti ordino di andare nel tuo letto e starci chiuso fino a nuovo ordine. Chiuso, Kreacher, mi hai capito?» Ordinò, non senza una certa cattiveria, mentre Hermione tratteneva il respiro; era rossa in viso, accaldata e furiosa come non mai. Tuttavia sapeva che non poteva farci niente, ne aveva semplicemente più diritti di lei.
Kreacher si inchinò fino al pavimento e trotterellò fino il fondo della stanza; lo sentirono lamentarsi fino a che non sparì alla vista.
«Andiamo a mangiare» fece solo Sirius, rizzandosi e passando davanti a Hermione senza guardarla. Remus sospirò e guardò la ragazza «Tutto bene?»
«Sì…» mormorò lei, tornando su dietro di lui. Tuttavia non tornò a cena e, quando Ginny entrò in camera, finse di dormire da un bel pezzo.
 
 

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Capitolo 4
*** Riavvicinamenti ***


Riavvicinamenti
 
15 agosto 1995
I giorni successivi furono all'insegna del silenzio scazzato: Sirius era diventato sempre più immusonito e ormai non parlava quasi più con nessuno, passando sempre più tempo nella camera di sua madre da Fierobecco. Hermione, dal canto suo, quando non se ne stavano a pulire le stanze in silenzio si limitava a bersi i libri di Casa Black piantata sul divano.
«Oh, andiamo. Non se ne può più con questa storia!» Sbottò Ron a Harry, mentre se ne stavano incastrati in un armadio ammuffito del primo piano. «Non pensi anche tu che questa volta abbia decisamente esagerato? Urlare contro Sirius, poi…»
Harry non si espresse, ma effettivamente non capiva cosa le fosse saltato in mente: era vero che loro sottovalutavano troppo l‟interesse che Hermione dimostrava per il CREPA, però era pure vero che non si era mai dimostrata troppo irrispettosa o audace con un adulto… qualsiasi adulto. Persino Sirius.
«Chissà, forse era già nervosa di suo» provò a dire.
«O forse» cominciò una voce gelida alle loro spalle. «Voleva far sentire la sua su una grossa ingiustizia che si consumava sotto i suoi occhi».
I due ragazzi sussultarono e si girarono a fissarla con la stessa espressione stupida, spazzole anti-muffa alla mano. Hermione se ne stava di fronte a loro con le braccia incrociate e un cipiglio da fare invidia alla McGranitt.
Ron sbuffò «Lo sappiamo, il CREPA eccetera… però non ti sembra di avere un filino esagerato? Insomma, hai urlato contro Sirius!»
Hermione parve solo leggermente imbarazzata, ma si riprese all'‟istante «Beh, anche Sirius può sbagliare, mica è infallibile!»
«Sì, ma questa è casa sua! A nessuno piace essere rimproverati a casa propria! E non da una ragazzina comun-» stava dicendo Ron, ma Hermione lo interruppe con un verso sprezzante «Aha, ragazzina! Adesso saremmo ragazzini? Quando tutti gli altri ci impediscono di fare o capire cose no, vero? Quante volte ti ha dato fastidio essere definito 'ragazzino' dagli adulti e quante volte ti ho detto che esageravi?» Sbottò lei, girandosi verso Harry; lui non disse niente, ma ce l‟aveva scritto in faccia che le dava ragione.
«E se voi siete così… così ciechi da non rendervi conto che questa è una cosa importante, allora non posso farci niente!» Continuò, andandosene verso il salone.
«A-aspetta un momento!» Urlò Ron, uscendo con fatica dall'‟armadio e inseguendola. «Cosa sarebbe importante, liberare elfi contro la propria volontà?»
«Tutti vogliono essere liberi, Ron, tutti! Posso capire che tu sia troppo abituato perché sei un mago, ma potresti sempre imparare qualcosa di nuovo e cambiare idea!»
«Io non voglio cambiare idea! Quegli elfi fanno un sacco di lavori utili! Tu-»
«Non sono pagati, quindi non è un lavoro: è schiavitù!»
Ormai i due stavano decisamente urlando e fortunatamente non c‟era nessuno, a parte Sirius chiuso al secondo piano e la Signora Weasley nel seminterrato. Harry incrociò le braccia e si addossò allo stipite della porta, indeciso se intervenire o meno.
Le orecchie di Ron stavano diventando decisamente paonazze e, per un attimo, sembrò non sapesse cosa dire «Be, funziona così da secoli! Non vedo perché adesso debba venire tu a incasinare tutto!» Scoppiò, rendendosi conto che era la cosa peggiore da dire.
Hermione sciolse le braccia e strinse lo sguardo «Ah, è così allora! È sempre stato così e allora tutto bene, non facciamo niente per cambiare in meglio…» sibilò, i capelli che quasi criptavano di elettricità. Ron roteò lo sguardo in cielo e provò a dire qualcosa, ma lei cominciò a passeggiare nervosamente in giro per la stanza «Beh, allora a che serve l‟Ordine della Fenice se la situazione con Tu-Sai-Chi è questa… che ci interessa di babbani, mezzosangue, goblin, troll, centauri, elfi… la situazione della magia attuale è questa, i maghi vincono, al diavolo gli altri!» Continuò a dire, con voce sempre più acuta.
Ron lanciò un‟occhiata di puro terrore a Harry che si vide costretto a intervenire «Hermione, Ron non intendeva dire questo…» cominciò, con tono rassicurante.
«Ah e cosa voleva dire?» Ironizzò, lanciando un‟occhiata a Ron che quasi indietreggiò.
«Quello che, credo, volesse dire è che cambiamenti di questo tipo possono avvenire solo col tempo e tanta pazienza… non puoi pretendere che maghi come Sirius riescano a capire e ad accettare subito quello che tu vuoi dire» fece, con il tono di chi sta maneggiando una bomba. Ron, alle sue spalle, annuì veementemente e Hermione sospirò «Si parla di persone intelligenti, però, e teoricamente abbastanza sagge per capire che-»
«Lo so, ma ci vuole comunque tempo» rimbeccò Harry. «Cosa vuoi fare nel frattempo? Odiare tutti e non parlare più con nessuno?»
Si guardarono per un lungo istante, poi Hermione sospirò sconfitta «No…»
Harry sentì Ron sospirare dietro di sé, però non era ancora finita: aveva evitato di immischiarsi prima, ma già che c‟erano voleva effettivamente dire a Hermione quello che aveva rimuginato sulla discussione di qualche giorno prima. Sirius passava già tutto il suo tempo chiuso in un posto sgradevole, la cui unica compagnia in futuro sarebbe stata quella Kreacher; lei non poteva guastargli in quel modo gli unici giorni spensierati che aveva, né minare la sua autorità. «Poi volevo dirti anche un‟altra cosa…» cominciò e Ron sembrò capire al volo che la cosa si metteva male: si sposto da Harry e si avviò a grandi passi fino al divano, sprofondandoci. Hermione si girò a fissarlo con sguardo di sfida.
«Sai, credo che tu non ti sia comportata bene con Sirius».
«Cosa?»
Harry prese un‟aria nervosa, ma sicura «Beh, Ron su questo ha ragione: è comunque casa sua e Kreacher è comunque ancora il suo elfo domestico. Hai ragione sul fatto che potrebbe trattarlo meglio» aggiunse frettolosamente, notando la sua espressione. «Ma lui ha il diritto di dirgli quello che vuole per adesso, ecco» terminò in un borbottio, chiudendo un attimo gli occhi e preparandosi alla guerra; tuttavia le urla non arrivarono e Harry li riaprì per vedere se per caso non stesse strangolando Ron. Hermione, invece, aveva lo sguardo fisso come a rimuginare qualcosa; dopo quello che sembrò un lungo minuto di pensieri si girò a guardarli «Oh, lasciate perdere» sbottò, correndo via con aria pensierosa.
Ron emerse dal divano con un grugnito «Certo, quando abbiamo torto noi va avanti per delle ore! Adesso invece liquida la faccenda così e Sirius neanche viene fuori da quella stanza… che c‟è Harry?»
Harry scosse la testa, ma rimase accigliato: c‟era qualcosa di strano nei comportamenti di Hermione da qualche settimana a quella parte, ma non riusciva ad afferrare; comunque si riscosse e tornò a Ron «Non crederai che Sirius stia così per Hermione!»
«E per cosa allora?»
Harry si sistemò nervosamente gli occhiali sul naso «Sai tra poco andremo via… non penso che gli piaccia l‟idea» fece e, nello stesso momento in cui lo disse, si rese conto che non ne aveva ancora parlato a quattr'‟occhi con lui. «Anzi, vado a parlargli adesso!» Decise, avviandosi al piano di sopra, nella camera patronale.
Ron annuì «Buona idea, io mi nascondo in camera prima che tornì Hermione».
La ragazza, invece, aveva deciso di andarsene a leggere in cucina, sperando si restare sola: le parole di Harry l‟avevano fatta un po'‟ vergognare, soprattutto perché era lei di solito a doverli riprendere sul buon senso. Tuttavia continuava a pensare che tutta quell'apatia sulla quella questione non andasse bene; Harry l‟aveva provata sulla sua pelle quell'estate ed era arrivato da loro furioso! Perché allora non pensava la stessa cosa degli elfi? Sirius, poi, la fece infuriare ancora di più: era una persona intelligente e capace, ma alle volte si comportava peggio di un quindicenne. Stava ancora cercando di sbollire la rabbia, quando Ginny e Tonks apparvero dall'‟ingresso.
«Ciao, Hermione» fece allegra la seconda; portava lunghi capelli argentati e Ginny si stava complimentando per la scelta «Vorrei avercela anch'‟io questa capacità!»
Tonks rise «Credimi sarà anche utile adesso, ma da giovane era un disastro: se sei preda delle emozioni e non sai controllarlo, i capelli cambiano colore da soli! Una volta ero a un appuntamento con Eric Buster ed ero così annoiata che i ricci mi si afflosciarono tutti…»
Ginny rise, ma Hermione si limitò ad alzare vagamente gli angoli della bocca.
«Cosa è successo?» Le chiese l‟amica, rendendosi conto della sua espressione mentre si sedeva di fronte a lei con del tè.
«Discussione» mormorò lei, chiudendo di scatto il libro, e Tonks sospirò «Sirius?»
Hermione scrollò la testa «Ron e Harry».
«Maschi» borbottò l‟altra con uno strano tono acido, mentre si lasciava cadere di fronte a Hermione. «Tutto quello che posso dirti per quel poco di esperienza che ho, è che non vale la pena scontrarsi a muso duro».
Hermione alzò uno sguardo pieno di rimproverò «E dovrei stare zitta?»
«Ma no» rispose dolcemente Tonks. «Solo che a volte delle parole scelte bene e un tono gentile possono fare miracoli! Gli uomini dopotutto sono ancora un po'‟… insomma» si bloccò, senza riuscire a trovare le parole.
«Insensibili?» Cominciò Ginny.
«Immaturi?» Provò Hermione.
«Infantili, bruschi, irrazionali?»
Tonks sorrise «Anche».
Due secondi dopo stavano ridendo su altre storie di ragazzi ai tempi di Tonks a Hogwarts, quando Remus aprì la porta con un cipiglio «Ehm, torno dopo» fece, lanciando uno sguardo perplesso sulla stanza. Per qualche motivo, il sorriso di Tonks divenne più ampio mentre si alzava in piedi «Ma no Remus, prendi una tazza di tè con noi».
«Non sono sicuro di volerlo fare» commentò lui, osservando le tre espressioni identiche, tutte cospiratorie. «Di cosa stavate parlando?» Chiese sospettosamente.
«Uomini» liquidò velocemente Tonks, fissandolo, e Remus sospirò perché era proprio quello che temeva «E i ragazzi saranno fuggiti lontano, immagino».
«Immagini bene».
«Allora mi tolgo di mezzo anch'‟io» replicò lui con un sorriso affabile, prima di svignarsela.
Tonks lanciò un‟occhiata alle ragazze, poi lo seguì fuori «Aspetta un attimo…»
Ginny rivolse uno strano ghigno a Hermione, poi si affrettò ad andare alla porta della cucina «Pensi anche tu a quello che penso io?»
Hermione inarcò le sopracciglia «Cosa?»
«La storia della differenza di età, delle relazioni… ho l‟impressione che qui stia accadendo qualcosa» le sussurrò, mentre osservava i due che si parlavano sulla porta di ingresso. Purtroppo da lì non poteva sentire molto, ma i loro gesti e la loro vicinanza le sembravano comunque significativi.
«Ma non è possibile!» Sbottò Hermione bruscamente. «Se fosse così, avrebbero circa…»
«Tredici anni di differenza, già… ma può essere possibile» terminò Ginny, tornando al suo posto. «Sarebbe così romantico!» Esclamò, stupendo non poco l‟altra: Ginny non si era mai dimostrata una tipa particolarmente interessata a quelle cose.
«Beh, è diverso!» Si giustificò lei, leggendole praticamente il pensiero. «Qua non parliamo di cotte adolescenziali, ma di due membri dell'‟Ordine, di cui una Auror e uno Licantropo, che si amano nonostante la differenza di età e la guerra!»
«Come corri…» fece Hermione con un sorriso ma, chissà perché, l‟idea che una Tonks e un Remus Lupin potessero innamorarsi la faceva sentire più leggera… voleva dire che tutto era possibile, che l‟amore era davvero più forte di tutto, che forse c‟era speranza anche che lei… Hermione interruppe la sua visione con una scrollata di testa e una risatina di scherno per se stessa. Ginny era troppo assorta nelle sue illusioni per notarla e Tonks rientrò in cucina con aria meno allegra, ma determinata.
Harry, dal canto suo, era salito fino al secondo piano in punta di piedi e aveva bussato delicatamente, attendendo una risposta. Sirius aveva borbottato un sommesso 'avanti' e Harry era entrato guardandosi intorno; era la prima volta che vedeva la camera dei genitori di Sirius: era una stanza enorme e molto luminosa, con ampie finestre su due pareti rivestite di fine tappezzeria verde a fiori argentati. Il letto doveva essere stato un tempo splendido con quella tastiera d‟argento battuto, ma adesso le morbide coperte erano gettate di lato o a terra e Sirius vi stava pesantemente sdraiato, con le braccia dietro la testa. Fierobecco scalciava in un angolo della stanza, irrequieto.
«Ciao» borbottò Harry, lanciando un‟occhiata all'‟ippogrifo; si ricordò delle spiegazioni di Hagrid su come presentarsi all'‟animale e si inchinò brevemente, ma con sicurezza. Fierobecco s‟inchinò dopo qualche secondo, poi torno a frullare a terra con le zampe anteriori artigliate; tutto lo splendido pavimento in legno di rovere attorno a lui era praticamente disastrato, ma Sirius sembrava non curarsene.
«Allora, come va nel mondo?» Ironizzò il suo padrino, mentre Harry si sedeva sul letto. «Abbiamo quasi finito di pulire per oggi, abbiamo solo un problema con un demone»
Sirius sorrise brevemente «Sì, è il vecchio Pudding nel bagno del terzo piano. Lo chiamiamo così perché gocciola» rispose, poi calò un breve silenzio.
 «Perché non esci più da qui?» Provò a chiedere Harry, ma Sirius sembrava decisamente concentrato sulla parete di fronte a sé. «È colpa nostra?» Sussurrò Harry, ma Sirius sussultò e si girò a fissarlo «Chi ti ha detto questa sciocchezza?»
Si guardarono negli occhi per un istante, poi Harry distolse lo sguardo «Hermione ha detto che forse sei stato solo troppo a lungo e io penso che lei abbia ragione» fece, sapendo di colpirlo direttamente in un punto debole. Infatti quella volta il silenzio fu più lungo, poi avverti il materasso muoversi e Sirius si mise a sedere con un sospiro «Può darsi» disse con fare cauto. «Ma questo non è un problema tuo, né suo, né di nessun altro».
«Beh, io mi sento in colpa» grugnì Harry e questa volta era il suo turno di fissare la parete.
«E perché mai, di grazia?» Sbottò Sirius con un tono talmente sconvolto che Harry dovette girarsi a guardarlo «A volte…» cominciò nervosamente. «A volte ho come la sensazione che non ti abbiamo fatto proprio un piacere a liberarti, due anni fa».
Sirius lo fissò con un‟espressione strana, un po' come se stesse riflettendo velocemente «Cosa era meglio, allora… lasciare che mi baciassero?» Rispose lentamente, con voce roca.
«No!» Protestò Harry, arrabbiato che potesse pensarlo. «Certo che no! Solo… mi dispiace vederti così, ecco, vorrei fare qualcosa».
Sirius scrollò la testa con un sorrisino e gli mise una mano sulla spalla «Ah, Harry, Harry… vedi, il problema non è questo. Certo, non sono contento delle disposizioni di Silente e non sono contento di non poter uscire da qui, ma sono orgoglioso di fare ancora parte dell'Ordine, di combattere Voldemort e di essere vivo alla faccia del Ministero» spiegò, con aria feroce. «Il fatto è che mi è difficile, soprattutto alla luce della mia… diciamo reclusione, non ripensare a tutti gli errori che mi hanno portato qui. Capisci?»
Harry aggrottò la fronte «Suppongo di sì…»
Sirius si lasciò cadere sui cuscini «Il fatto non è che voi mi abbiate liberato e che io abbia dovuto nascondermi…. purtroppo non c‟era scelta in quello, o così o morire ingiustamente per un‟accusa infamante. Tu, Hermione e Ron mi avete salvato da una cosa peggiore della morte che è una memoria infangata per sempre, vi sarò eternamente grato per questo» spiegò, ma dall'espressione di Harry era chiaro che aspettasse la parte dura del discorso. «Però sono io che sono arrivato a quel punto, sono io che mi sono messo nella condizione di non avere scelta. La verità è che io me la prendo con Silente, con Piton, con Peter, con Voldemort… ma la responsabilità delle mie scelte è solo mia. E non c‟è fuga quando la persona che non sopporti è te stesso».
Harry rimase a giocherellare con un buco nelle lenzuola, pensando a quello che gli aveva appena detto «Però… non potevi fare diversamente, no? Peter aveva ucciso i miei genitori…» mormorò e Sirius annuì «Sì, confesso di aver perso la testa quando ho saputo… però bisognerebbe essere capaci di calmarsi e pensare, senza reagire d‟impulso. Una cosa che non sarò ma in grado di fare» commentò, poi con un sogghigno.
Harry annuì, ma non riusciva a capire fino a che punto per cosa o con chi ce l‟avesse precisamente Sirius: sembrava molto preso da se stesso e in quel caso non poteva farci molto. Tuttavia non riusciva a togliersi dalla testa che, in qualche modo, fosse colpa sua. Forse avrebbe potuto organizzare un piano migliore quando avevano deciso di tornare indietro nel tempo per salvarlo; forse avrebbe dovuto trovare un modo per insistere con Silente, per non lasciarlo rinchiuso in quella maledetta casa… fatto stava che si sentiva felice di tornare a Hogwarts per allontanarsi da quella casa e quel pensiero lo faceva vergognare enormemente.
«A cosa stai pensando?» Gli chiese Sirius, sdraiato a fissare il soffitto.
«Non vedo l‟ora che la guerra finisca, potrai rifarti una vita!» Esclamò Harry di slancio.
Sirius sorrise «Già…» mormorò, ma nessuno dei due osava arrivare a tanto col pensiero; sarebbe stato già tanto arrivarci vivi. Harry sospirò e si lasciò cadere accanto a lui.
«Hermione ce l‟ha ancora con me?» Soffiò Sirius, dopo un po'‟.
Harry scrollò le spalle «Lei tende a infervorarsi troppo su alcune cose, devi scusarla…»
«Non c‟è niente da scusare, Harry, tutti si infervorano quando tengono davvero a qualcosa. Mi è dispiaciuto deluderla, purtroppo non sono una persona perfetta» si fermò un attimo. «Kreacher è…»
Harry gli lanciò un‟occhiata di sbieco «Non devi giustificarti con me, io non sono come Hermione!» Sbottò, quasi scandalizzato che il suo padrino potesse vederlo più come una specie di Remus all'‟ennesima potenza che come suo padre e lui.
Sirius rise, ma stava pensando ad altro «Già… vorrà dire mi scuserò più tardi» commentò, prima di chiudere gli occhi e sentirsi finalmente più rilassato.
La cena fu piuttosto silenziosa, soprattutto perché Sirius continuava a essere meditabondo mentre la Signora Weasley dardeggiava tra lui e Remus, alla ricerca di qualcosa da dire.
C‟era Tonks che ogni tanto provava coraggiosamente a dire qualche frase, ma Sirius rispondeva a monosillabi, anche se gentilmente. Fortunatamente, all'‟altro lato del tavolo c‟erano Fred e George che davano spettacolo con la magia, sotto gli sguardi di Hermione e Ginny, indecise se ridere o meno. Sirius in realtà non avrebbe saputo dire qual era il problema, dal momento che pensieri come quello del pomeriggio erano una costante della sua vita ormai. Qualche giorno prima avrebbe detto che arrabbiato per la discussione con Hermione, ma l‟aveva rivissuta più volte in quei giorni e si era reso conto che le motivazioni profonde erano molto diverse di quelle che credeva. Certo, era ancora infastidito dalla discussione, ma non perché lei l‟avesse affrontato o gli avesse dato torto… lo infastidiva il fatto che si fosse comportato da immaturo, esattamente come avrebbe fatto il Sirius di quindici anni prima.
Esattamente quello che sia Molly che Remus gli recriminavano. Probabilmente avevano ragione quando gli dicevano che non era mai cresciuto davvero.
Sirius osservò il profilo rigido di Hermione, poi infilzò una patata con un certo malumore.
«Ehi, Harry! Più tardi possiamo andare un attimo sopra? Dobbiamo farti vedere una cosa!» Esclamò a un certo punto Fred, mentre sparecchiavano la tavola.
«Eh? Oh, certo!» Esclamò lui, dopo un momento di perplessità. Sicuramente dovevano fargli vedere qualche altra follia per il negozio di scherzi; continuando di quel passo avrebbero avuto abbastanza prodotti da superare Zonko‟s, e ovviamente da farsi scoprire.
«Mi raccomando, statevene buoni di sopra, stasera. Abbiamo una riunione dell'‟Ordine» fece severamente la signora Weasley, guardandoli severamente. Harry sussultò un attimo prima di annuire, ma Ron si limitò a scrollare le spalle con uno sbuffo; ormai, ogni volta che la signora Weasley lo guardava, Harry si sentiva istantaneamente in colpa: viveva nella costante paura che lei si rendesse conto che era tutta colpa sua se i gemelli si erano lanciati in quel progetto pericoloso. Ginny intanto lasciò cadere tutte le stoviglie nel lavandino e si girò verso Hermione «Tu cosa farai, Hermione?»
«Oh, io credo che mi riguarderò gli ultimi appunti prima della partenza» replicò lei, distratta. Sirius se ne stava ancora seduto al suo posto e lei si sentiva impacciata a muoversi intorno a lui per sgombrare la tavola.
«Ti pareva» sibilarono contemporaneamente i gemelli.
«Sei l‟unica persona che studia prima che comincino gli studi!» Esclamò indignato George.
«Dovresti rilassarti un attimo» continuò Fred, scrollando la testa.
Hermione prese la sua migliore espressione maliziosa «Ognuno si diverte come vuole… c‟è chi legge libri e chi pratica azioni illegali, per dire…» commentò, zittendoli all'‟istante.
Sirius, che fino a quel‟istante la stava guardando di sottecchi, abbassò la testa sul suo bicchiere e ghignò. Ron la guardò con aria ammirata «Wow, non ho mai visto nessuno zittire quei due così velocemente!» Esclamò, guadagnandosi due occhiatacce che promettevano vendetta. Harry sorrise vagamente, poi diede una pacca sulla spalla di Ron «Ti va una partita di scacchi, prima che Fred e George ti facciano mangiare una pasticca vomitosa per ripicca?» Lo prese in giro, mentre le orecchie di Ron si tingevano di rosso come ogni volta che era nervoso «Va bene…» grugnì con un cipiglio, seguendolo di sopra.
Ginny terminò di asciugare i piatti e batté le mani «Io ho finito la mia parte, dopo ti va di giocare a carte?» Fece a Hermione, con un‟occhiata significativa. L‟altra sapeva benissimo che 'giocare a carte' era diventato un eufemismo per dire che doveva parlarle di qualcosa di privato e ormai temeva si sarebbe trattato di Sirius o delle questioni in sospeso tra Remus Lupin e Tonks; sembrava un argomento decisamente interessante per Ginny.
«Ehm, ok. Finisco… finisco delle cose e arrivo» replicò lei, cercando di evitare qualsiasi tipo di espressione e, soprattutto, di girarsi verso Sirius. Quando Ginny sparì dalla cucina, Hermione tirò un sospiro di sollievo e cominciò a ritirare i bicchieri con aria svagata, mentre pensava velocemente: stare lì stava diventando sempre più pericoloso per la sua salute mentale; menomale che da lì a qualche giorno sarebbero partiti.
«Hermione? Hermione!»
«Eh?» La ragazza si riscosse e si ritrovò a fissare l‟espressione divertita di Sirius. «C-cosa?»
«Quella è la mia mano. Generalmente non si stacca dal braccio» ironizzò, abbassando gli occhi sul bicchiere. Hermione seguì il suo sguardo e sussultò: in effetti stava cercando di prendere il bicchiere di Sirius da buoni cinque minuti, peccato che fosse ben saldo nella sua mano. Mano che lei stava cercando di tirare verso di sé.
«Ah, ehm, scusa Sirius!» Esclamò sconvolta, ritirandola come se si fosse scottata. Quella era la prova finale che si stava totalmente bevendo il cervello; fu contenta che né Ron, né Harry né Ginny fossero li ad assistere.
Remus si alzò dalla tavola con aria assente «Io mi riposerei un po'‟prima della riunione, sono davvero stanco. Credi sia possibile, Molly?» Fece casualmente, ma solo Sirius poteva rendersi conto degli atteggiamenti rigidi che aveva; lo sapeva che doveva stare più attento davanti a lui, perché Remus era dannatamente intuitivo quando ci si metteva, ma non era così facile: gli atteggiamenti di Hermione erano piuttosto buffi e anche teneri e lui non era mai stato esattamente bravo a nascondere le cose.
Molly diede un‟occhiata al suo orologio magico da polso «Arthur sarà qui tra un‟ora, hai tutto il tempo per riposarti, credo».
Remus annuì «D‟accordo. Qualcuno venga a svegliarmi, nel caso non senta la sveglia».
«Impossibile Moony, vorrebbe dire che l‟Apocalisse e vicina» commentò ironicamente Sirius, artigliando il suo bicchiere. Hermione nel frattempo era uscita di gran carriera, senza degnarlo di uno sguardo e pensando al suicidio per l‟ennesima figuraccia.
Remus gli rivolse un sorriso stanco, poi uscì dalla cucina. Tonks gli lanciò un‟occhiata nervosa, poi si batté una mano sulla fronte «Io ho dimenticato che non ho il turno al Ministero, stasera. Sirius, pensi che potrei restare qui a dormire?»
«Ma certo. C‟è la camera di Regulus libera, sul mio stesso piano» replicò lui, indifferente. Era ora che pure il suo fratellino servisse la causa.
Tonks gli sorrise «Fantastico! Allora Io vado… a sistemare le mie cose, così per stanotte sono già pronta!» Esclamò con voce leggermente acuta per poi uscire velocemente, rovesciando un paio di sedie al suo passaggio. Sulle scale per il primo piano si scontrò con Remus «Oh, eccoti!»
Remus si girò a guardarla e cambiò espressione all'‟istante: in realtà la stava evitando da giorni e dopo le parole di Sirius era andato tutto sempre peggio. Aveva quasi timore che volesse riprendere il discorso. «Oh ciao, ehm, cosa succede?»
Tonks si morse le labbra a disagio e la cosa era sempre sconvolgente per lui che la considerava priva di qualsiasi forma di imbarazzo o indecisione.
«Ecco, ti ho visto un po'‟ strano prima e volevo sapere se… insomma, se va tutto bene».
Remus sospirò «Tonks, non mi sembra il caso di parlarne ora e-»
«No, no, no io non volevo parlarne ora» lo interruppe lei frettolosamente. «Credevo ci fosse altro a parte quello» provò a dire e dalla sua espressione nervosa capì di essere nel giusto.
Lui lanciò un‟occhiata sulle scale e la prese per le spalle, spostandosi più all‟interno del pianerottolo «Non lo so» sussurrò, passandosi una mano nei capelli. «Forse è una cosa stupida…»
«Oh andiamo, da quando ti preoccupi di questo con me?» Replicò Tonks con uno sbuffo.
«Ok, senti. Io…» cominciò Remus, ma si bloccò di nuovo.
«Cosa?» Incalzò Tonks e lui si sospirò, senza sapere come continuare senza essere troppo esplicito. «Hai presente quello che dicevamo l‟altra volta su… sai, sull'‟età?» Chiese e lei si rabbuiò immediatamente «Seh…»
«Beh, io credo stia succedendo una cosa simile, solo con… con Hermione, ecco» terminò seccamente lui, come se non avesse voluto dirlo. L‟espressione di Tonks si trasformò in una sorpresa «Intendi dire…»
«Già».
«Ma… beh, con te?» Provò a chiedere lei e se Remus non era proprio totalmente ammattito pensò di sentirci una nota di preoccupazione in quella domanda. Si ritrovò a sorridere come un tredicenne e, in un fugace istante, pensò che Sirius aveva sempre avuto ragione sui sentimenti che facevano andare in avaria il cervello.
«No, no di certo! Io penso che sia, sai, Sirius» continuò in un sussurro più basso.
Tonks si portò un dito al mento e sorrise alla faccia inquieta di Remus «Beh, non è una cosa così folle» considerò, pensierosa.
«Cosa? Hermione ha quindici anni!» Sbottò lui, scandalizzato.
«Appunto! Lasciatelo dire Remus, avrai pure fatto il professore ma di ragazzine adolescenti non ci capisci niente… a quella‟età si è attratti da tutto ciò che sembra diverso da sé, più adulto, più pericoloso e più interessante. E Sirius incarna perfettamente tutte e quattro le cose. In più è bello e ciò non guasta» spiegò con leggerezza, mentre Remus inarcava un sopracciglio «Ah. Ma lei dovrebbe essere interessata ai ragazzi della sua età».
«Certo…. solo quando nei paraggi non c‟è nessuno che personifica le caratteristiche che ti ho detto. Dai, è ovvio che gli adolescenti siano interessati ai più grandi, ti sarà capitato!»
Remus pensò che a lui non era mai capitato niente del genere, ma poi gli vennero in mentre Sirius e James con Madama Rosmerta e sospirò «Però lui dovrebbe essere interessato alle donne della sua età, su questo non credo si possa ribattere!» Si riprese e Tonks prese un‟aria scandalizzata «Certo che sì! Andiamo, ovviamente Hermione è troppo piccola per Sirius. E, insomma, non è come se lui fosse interessato a lei in quel senso, no?» Continuò velocemente, ma Remus fece uno sbuffo poco raccomandabile «Non ne sono così sicuro» commentò cupo. «Sirius ha i suoi limiti, sai con la prigionia a Azkaban eccetera, e Hermione è, insomma, Hermione: sicuramente più matura della sua età».
Tonks annuì «Tutto giusto, ma considera che una cotta non si traduce per forza in altro. E Sirius è comunque un adulto, limiti o no. Capirà che… insomma, non è normale che-»
Remus inarcò così tanto le sopracciglia che lei arrossì vagamente «Andiamo, non è la stessa cosa! Nel caso tu non te ne sia accorto, io sono maggiorenne e vaccinata!» Sbottò arrabbiata e lui sospirò «Scusa. Questo dubbio mi stressa troppo. È contrario a qualsiasi morale però, allo stesso tempo, mi sento un idiota a farmi tanti problemi per una cotta adolescenziale e anche un po'‟ troppo duro perché conosco Sirius da anni e, per quanti limiti possa avere, non sarebbe mai così incosciente.
«Forse parlarne con lui ti farebbe sentire meglio…» replicò lei, passandogli dolcemente una mano su una guancia. Remus si irrigidì vagamente, ancora non era abituato alle sue dimostrazioni di affetto, ma a parte quello non si scostò «E se non fosse vero? Pensa solo alla faccia disgustata che potrebbe fare alla sola idea che io possa accusarlo di- no, non se ne parla».
Tonks annuì «Senti, i ragazzi andranno via tra qualche giorno e la cosa scemerà da sola».
«Hai ragione….» mormorò lui.
«Come ti è venuto in mente, comunque? Hai notato qualcosa?»
«Non lo so, avevo solo captato qualche movimento diverso, ma la litigata per Kreacher mi ha acceso una specie di lampadina».
Tonks ripensò al fatto che, quando Molly gli aveva raccontato l‟episodio della discussione tra i due, aveva fugacemente pensato allo strano comportamento di Hermione che, sotto quella luce, diventava automaticamente più chiaro.
«Capisco…»
Le voci si allontanarono e Hermione si rimise in piedi con un sospiro esitante: aveva cominciato a sentire delle voci e si era nascosta istintivamente per non dover parlare con nessuno; ma quando aveva sentito il suo nome si era bloccata e si era seduta sugli scalini giusto sopra al primo piano per ascoltare. Da lì non aveva potevo vedere, ma aveva capito che si trattava di Remus e Tonks. «Oh mio Dio…» mormorò, passandosi una mano tremante sulla bocca e riavvolgendo il dialogo che aveva appena ascoltato nella testa: non solo Remus aveva dei sospetti sui suoi sentimenti, ma ne aveva anche parlato con Tonks; poi tutto quello che avevano detto su Sirius… all‟inizio si era sentita quasi bene quando aveva detto che forse lui poteva ricambiarla, ma tutte le orribili cose successive… il tono di Remus era così indignato alla sola idea, come se fosse disgustato al solo pensiero. Non aveva assolutamente pensato che avrebbe potuto metterlo nei guai con i suoi atteggiamenti né che il solo pensiero di loro due insieme potesse scandalizzare tanto uno come Remus. La cosa la colpiva particolarmente, perché lei ci aveva sempre tenuto a passare come una persona intelligente e razionale, soprattutto con chi rispettava tanto come il suo ex professore. Inoltre lo aveva sempre considerato qualcuno dalla mente aperta, con cui avrebbe potuto parlare potenzialmente di tutto.
Hermione provò a respirare profondamente più volte, ma la cosa non la faceva sentire meglio: sentiva le lacrime premere dall'‟interno per uscire, non poteva farsi vedere così da Ginny. Pensò per un attimo di andare nell'‟attico segreto di Sirius, ma chiedere l‟incantesimo di apertura a lui era l‟ultima cosa che voleva fare. Così decise di andare nel seminterrato dove nessuno metteva mai piede se non durante le feste.
Passò davanti alla cucina in punta di piedi, sperando ardentemente che la signora Weasley non scegliesse proprio quel momento per uscire, e si permise di respirare solo quando si chiuse la porta del seminterrato alle spalle.
Sentiva un miscuglio di sensazioni inedite e nuove premere alla base dello stomaco per uscire; per la prima volta, avrebbe voluto urlare, distruggere qualcosa, fare qualunque cosa. In vita sua non si era mai sentita cos tanto a disagio col suo corpo o la sua età, neanche una volta aveva voluto essere qualcun altro, neanche quando la prendevano in giro per le sue origini o per il suo modo d‟essere. Adesso invece sentiva addosso un‟energia inquieta che cercava una via d‟uscita che lei non poteva darle… avrebbe voluto essere adulta, avere il potere e la libertà di innamorarsi di chi voleva, di essere ricambiata, di urlare per le cose che considerava ingiuste senza che le dessero della ragazzina.
«Hermione…» una voce la chiamò dal fondo della sala e lei batté le palpebre, scorgendo Sirius nel buio: se ne stava a gambe incrociate sul pavimento, tenendo aperto un piccolo sportello polveroso sotto la caldaia. Hermione si irrigidì, lanciandogli un‟occhiata torva «Scusa, me ne vado subito» fece, freddamente, ma Sirius si alzò con notevole fluidità e scosse la testa «No resta. Io stavo… stavo parlando con Kreacher» fece, attirando la sua attenzione. Hermione tornò a guardarlo, ma non fu abbastanza veloce a nascondere l‟espressione sorpresa.
Sirius sorrise nervosamente «Sono passati tre giorni. Credo siano abbastanza per, sai…»
Hermione annuì «Già» mugugnò, ma le uscì un tono acido.
Sirius sospirò e tornò a chinarsi «Kreacher, vieni fuori!»
L‟elfo uscì zampettando, guardandolo con un‟espressione che se possibile era ancora più odiosa di prima «Sì, padrone?» Grugnì, con occhi iniettati di sangue.
Hermione notò che si trattenne dal fare i soliti commenti a mezza voce; a quanto pareva, Sirius gli aveva ordinato ufficialmente di smetterla.
«Sei libero di tornare al tuo lavoro, ma ti proibisco di importunare gli ospiti in qualsiasi modo, di offenderli o mettergli le mani in tasca. D‟accordo?» Ordinò Sirius con severità.
L‟elfo annuì, ma Sirius continuò «Sei sempre confinato a questa casa, non puoi uscire e non puoi rivelare cose che riguardano quello che succede qui ad altri» fece e Hermione ebbe la sensazione che fosse una formula imparata a memoria. L‟elfo annuì di nuovo e Sirius sorrise soddisfatto; lanciò un‟occhiata in tralice a Hermione, poi fece un altro sospiro e tornò a guardare Kreacher. «Puoi portare nella tua camera tutti i cimeli Black su cui riesci a mettere le mani. A patto che non escano da questa casa» Aggiunse in tono monocorde e, per la prima volta, Hermione poté vedere un gran sorriso fiorire sul viso raggrinzito dell'‟elfo, il quale squittì di sorpresa e trotterellò di sopra, sicuramente per cercare di soddisfare quel‟ordine. Quando la porta si richiuse dietro di loro, Hermione guardò Sirius con aria interrogativa. «Se è felice almeno non importunerà nessuno per un po'‟» spiegò con aria seccata, ma Hermione sorrise «È stata una bella cosa» disse. Per lei era sempre troppo poco, ma avevano ragione Harry e Ron quando dicevano che non poteva pretendere un cambiamento epocale in una settimana. Sirius si zittì un attimo, poi le diede le spalle mentre andava ad accendere la luce «Mi dispiace, Hermione» disse, lentamente. «Ci ho pensato molto e mi sono reso conto di essere stato troppo brusco con te».
Hermione scosse la testa «No, sono io che ho sbagliato!» Esclamò, frettolosamente. «Cioè, credo ancora fermamente in quello che dicevo, ma non avevo nessuno diritto di mettermi in mezzo, né di contestare un sistema che dura da così tanto tempo… ho letto tutto il tuo libro e non immaginavo che certe tradizioni fossero così tanto radicate».
Sirius inclinò la testa a fissarla «Sai, io credo di invidiarti molto» commentò, ma alla sua espressione scettica continuò. «Tu hai dei valori molto forti e non hai paura di fare qualcosa per perseguirli, credo sia una cosa ammirevole».
«Sono solo una sciocca che non conosce molte cose…» replicò lei, quasi scocciata dalla sua mancanza di competenza.
«La conoscenza si può ampliare, sei ancora molto giovane e hai tutto il tempo del mondo. E poi la conoscenza non è tutto» replicò Sirius, quasi leggendole la mente.
Hermione fece qualche passo in avanti «È buffo, perché invece io invidio te perché hai tutte la libertà e l‟autorità di dire quello che vuoi e diffondere le tue idee» confessò, ma Sirius sbuffò «Libertà? Credimi, ho così tanta libertà che, se mi fosse possibile, verrei con voi a Hogwarts per un altro anno di G.U.F.O. piuttosto che restare qui».
Hermione si accigliò «Credo che la libertà di poter pensare liberamente sia più importante della pure azione pratica…»
Sirius sorrise «Incredibile, sei esattamente come Remus alla tua età… ma, lasciamelo dire, se non hai sperimentato l‟impotenza più assoluta o la mancanza di libertà totale, non puoi capire» fece e, per un attimo, nei suoi occhi passò un lampo che la inquietò.
«Azkaban?» Sussurrò e Sirius annuì, prima di scuotere la testa con una specie di sbuffo di frustrazione «Mi dispiace, per quanto io cerchi di mantenermi su discorsi leggeri, queste… cose strabordano da me in modo incontrollabile» ironizzò amaramente, ma Hermione scosse la testa «Io trovo che tutte queste cose siano invece molto interessanti. Starei ad ascoltare tutto il giorno» rivelò, prima di zittirsi stringendosi le mani sulla bocca.
Sirius le sorrise, poi un silenzio agitato calò su di loro. Hermione sentiva nelle gambe la voglia di scappare ma allo stesso tempo il cuore le batteva di un‟aspettativa strana, un po'‟ come se sentisse che doveva accadere qualcosa. No, avrebbe voluto che accadesse qualcosa.
Sirius, dal canto suo, pensava che avrebbe dovuto andarsene prima di fare qualche azione avventata delle sue, prima di compiere l‟ennesima imprudenza su cui pentirsi poi.
«Come mai hai deciso di liberare Kreacher?» Provò a dire Hermione per tagliare quel silenzio pesante; dall'‟espressione burbera di Sirius capì che forse non era l‟argomento giusto per sciogliere la tensione, ma ormai il danno era fatto.
«Per quanto lo odi, non è umano lasciarlo chiuso lì dentro troppo a lungo» borbottò un po'‟ di malavoglia; ora che avevano raggiunto toni civili non voleva indispettirla di nuovo con quel discorso, ma al contrario di quello che credeva Hermione sorrise raggiante e quel sorriso gli fece, se possibile, ancora più male. Fu con una certa consapevolezza di sbagliare che sussurrò un «E poi mi sentivo in colpa… anche per te».
Quella rivelazione provocò dentro di lei qualcosa di incredibile; avvertiva sulla pelle sia un caldo bruciante che un freddo gelido contemporaneamente, cominciando a tremare per entrambe le sensazioni. Talmente presa dal suo sguardo, Hermione di mosse verso di lui senza neanche accorgersene, riducendo la distanza tra loro in un secondo. Sirius continuava a fissarla con uno sguardo che non gli aveva mai visto, la comprensione che vi scorgeva le fece intuire che lui ormai avesse capito quello che lei provava. Anzi, in qualche modo voleva che lo capisse. L‟idea che uno come Sirius – col suo passato, la sua educazione e i suoi sentimenti nei confronti di un elfo domestico che incarnava tutto ciò che aveva odiato e abbandonato – avesse fatto una cosa così piccola, ma bella, per lei la sconvolgeva nel profondo. Quel gesto le fece capire che Sirius aveva intuito di lei molto più di quel che sembrava, si sentiva quasi nuda.
«Grazie» mormorò, senza smettere di fissarlo.
«Non c‟è di che» replicò Sirius, abbassando la voce fino al sussurro. Se c‟era una cosa su cui Hermione aveva ragione, era che lui aveva capito. Aveva capito tutto e molto altro ancora dal suo sguardo; da una distanza fisica ormai così ridotta, gli parve di scorgere un‟altra persona rispetto a qualche settimana prima. Lo sapeva che avrebbe dovuto allontanarsi, o quantomeno che avrebbe dovuto scostare lo sguardo, ma sembrava che tutto il suo corpo non fosse d‟accordo. Non voleva perdere quelle sensazioni, anche se sentiva che erano profondamente sbagliate. Cosa poteva fare se una ragazza, che probabilmente non si era mai ancora trovata in una situazione come quella, lo guardava come se fosse l‟unico uomo al mondo? Da adulto qual era, avrebbe dovuto prendersi la responsabilità di quella comprensione.
«Hermione…» cominciò e, nonostante le parole nella sua testa si fossero organizzate a formare un discorso preciso e maturo su quanto tutto quello fosse sbagliato, le sue mani si allungarono a sfiorare le sue.
Hermione pensò che una scossa elettrica diritta nel petto avrebbe fatto meno danni.
«Sirius, io lo so…» provò a dire con un mormorio. Aveva la bocca talmente secca che non riusciva a parlare e le parole le si erano bloccate tutte sulla punta della lingua. Si sentiva così stupida come non le era mai capitato: sapeva che le parole giuste erano lì, da qualche parte nella sua testa, ma non riuscivano a trovare la via di uscita.
Forse era perché la testa le girava troppo.
Sirius si era avvicinato ancora e le sue mani le premevano le braccia, lasciandole la sensazione di un‟ustione. Ma aspettarono entrambi un secondo di troppo, un‟occhiata di troppo, e Kreacher ritornò a trotterellare nella sala, con le braccia piene di oggetti. Hermione sussultò e Sirius si scostò velocemente, con un‟espressione che Hermione gli aveva visto solo una volta, impressa sulle prime pagine di tutti i giornali: era ferale, in qualche modo, quasi feroce. Tuttavia non ebbe il tempo di dire nulla, perché dopo un‟ultima occhiata Sirius si smaterializzò con un debole crack‟.
Hermione si sentiva tremare in modo incontrollabile, si accosciò un attimo per cercare l‟aria che non riusciva a trovare. Lei e Sirius si erano quasi baciati. Lei e Sirius. Sirius.
Tutto era così irreale e ovattato che sembrò quasi che nulla fosse successo, ma le braccia continuavano a bruciare e la debolezza che si sentiva in corpo era talmente reale da renderle difficili i movimenti. Poi le lacrime ruppero una barriera invisibile e non riuscì più a fermarle; si lasciò cadere a terra e cominciò a singhiozzare, mentre Kreacher le lanciava un‟occhiata indifferente, prima di chiudersi la porta dello sportello alle spalle.
«Maledizione!» Urlò Sirius, materializzandosi direttamente sull'‟attaccapanni che aveva in camera, facendolo cadere; nello stato in cui era doveva già essere grato di non essere finito spaccato. Lo sapeva che si era comportato da vigliacco andandosene via così, ma aveva dovuto farlo: un po'‟ come se una specie di incantesimo fosse stato lanciato su quella stanza, aveva dovuto allontanarsene per far cessare l‟effetto. Era stato così… così incosciente! Quel termine non poteva davvero spiegare cosa provava per se stesso in quel momento: un disgusto prepotente, unito a un forte senso di irrequietezza, gli fecero venire voglia di vomitare. Dio, baciare una ragazzina di quindici anni, approfittare in modo così spregevole di un momento di debolezza… Sirius si mise le mani nei capelli e tirò quasi da farsi male, ma non gli importava; continuò a girare per la stanza come in preda ai fumi dell'‟alcool, con un‟energia che non sapeva come scaricare altrimenti. Avrebbe voluto distruggere tutto, picchiarsi e ferirsi tanto da rinsavire. La cosa peggiore era che parte di quel disgusto era attutito da un‟eccitazione strisciante e leggera, la vecchia amica che conosceva da tempo, quella che gli nasceva nel petto ogni volta che faceva qualcosa di rischioso. Maledizione, Sirius, non hai più sedici anni! Controllati!
Eppure non poteva farci niente: se Kreacher non fosse entrato, l‟avrebbe baciata. Infischiandosene di tutti, della moralità, di Harry… Harry che avrebbe potuto scoprirlo e giudicarlo come una specie di depravato. E cosa avrebbe potuto fare poi con una ragazza innamorata genuinamente di lui? Avrebbe davvero rubato il suo probabile primo bacio per un istinto così egoistico? Si faceva davvero schifo, anche se una parte di sé ironizzava sul fatto che quello non era altro che un altro pezzo di puzzle che andava ad aggiungersi al disastro che era. Si buttò sul letto e nascose la faccia tra le mani con un gemito.
Qualcuno bussò alla porta e per un folle istante pensò potesse trattarsi di Hermione.
«Avanti» mugugnò, la voce soffocata tra le mani.
«Sirius, inizia la riunione» fece Tonks, per poi accigliarsi nel guardarlo. «Tutto bene?»
Sirius gemette, ma si mise a sedere «Sì, tutto bene. Arrivo subito» grugnì tra i denti.
Qualche piano più sotto, Ginny stava guardando due idioti chiedendosi cosa avesse fatto di male per meritarseli «Buongiorno? Hermione? La vostra amica, sapete…» stava dicendo con aria di estrema sopportazione. Harry e Ron stavano a gambe incrociate sul letto di Ron a giocare a carte, del tutto incuranti della sua agitazione.
«Starà leggendo da qualche parte» commentò solo Ron, scrollando le spalle.
«Cioè, non la vedete da più di un‟ora e non vi preoccupate neanche un po'‟?» Sbottò lei.
Harry si accigliò un attimo, mentre guardava le sue carte «Aha, fregato!» Esclamò, mettendo giù il suo re che continuava a protestare per la mossa a suo dire sbagliata. «Ginny, Hermione sparisce sempre per leggere da qualche parte. Non è una novità per noi» disse poi a Ginny, ma la ragazza prese un‟aria nervosa «Sì, ma in salone non c‟è e neanche in nessun‟altra parte della casa!»
«Forse è in cucina!» Provò Ron, mentre guardava sconfortato il re di Harry vincere la gara di offese con il suo jack.
«Non è possibile c‟è la riunione dell'‟Ordine» replicò lei, poi andò velocemente a chiudere la porta. «Sentite… non vi sembra che Hermione sia un po'‟ strana, ultimamente?» Chiese, approfittando della situazione per condividere i suoi dubbi sull'‟amica.
«Strana in che senso?» Le chiese Harry, lanciandole un‟occhiata.
«Boh, non so… distratta e tesa?»
«Io non-» cominciò Harry ma Hermione aprì la porta di scatto, bloccandosi sulla soglia alla vista di Ginny «Oh, accidenti! Ho dimenticato il nostro appuntamento!» Cominciò, cercando di trovare una scusa per il suo estremo ritardo. Scusa che le fu risparmiata, perché invece Ginny esclamò «Ti ho cercato dappertutto, mi stavo preoccupando!»
Hermione sospirò, poi sorrise debolmente «Sciocchezze, non potevo mica essere fuori!»
Nonostante avesse aspettato di calmarsi prima di tornare di sopra, i suoi occhi erano ancora rossi e sentiva che la voce era ancora un po'‟ roca. A giudicare dall'‟occhiata significativa che Ginny e Harry si lanciarono e che lei notò, probabilmente se n‟erano accorti. Provò a pensare ad una scusa che potesse essere abbastanza plausibile da non attirare altre domande ed ebbe un lampo di genio «Io ero da Kreacher» fece e i due ragazzi smisero di giocare per sospirare all'‟unisono. «Dove?»
«Da Kreacher» ripeté a voce più alta e Ron sbuffò più forte «Cosa vuoi fare, litigare di nuovo con Sirius?» Sbottò, mentre Harry la fissava con aria torva. Hermione si sentiva quasi male a mentire così, ma non poteva sopportare le loro domande o i loro dubbi, non dopo tutto quello che era successo quella sera. Si sedette sul letto di Harry e sospirò «No, io volevo solo…» mormorò, ma poi si rese conto che era un bene sia per lei che per Sirius continuare la messinscena; prese un‟aria più dura ed esclamò «Insomma, non era giusto rimanesse rinchiuso!»
Gli altri sbuffarono di nuovo e Ginny roteò gli occhi al cielo «E io che mi preoccupavo…» grugnì, alzando le mani in cielo. «Me ne torno in camera, cerca di non sparire di nuovo» commentò più freddamente, uscendo.
Harry si alzò per posare le carte «Cerca di non esagerare, ne abbiamo già parlato…»
Hermione si accigliò «Lo so, lo so… ma per tua informazione io e Sirius abbiamo già parlato e ci siamo chiariti, va bene?» Il sorriso che Harry le rivolse le fece rivoltare lo stomaco. Si sentiva così in colpa di nascondergli una cosa così importante… allo stesso tempo però, non riusciva a non pensare a quello che non era accaduto. Al contrario della debolezza che avrebbe dovuto instillarle, il piano le aveva lasciato addosso un‟irrequietezza che non sapeva come sfogare, qualcosa che non aveva mai provato prima.
«Bene, mi fa piacere Hermione» riuscì a sentire dire da Harry.
«Ora magari smettila di terrorizzare tutti con questa storia» aggiunse con meno tatto Ron.
«Bene! Vuol dire che non vi disturberò mai più!» Sbottò, alzandosi di scatto con una forza che non scaturiva ovviamente solo dall'‟indignazione per la solita insensibilità di Ron.
«Andiamo Hermione…» cominciò Harry, ma lei sbatté la porta uscendo di gran carriera. «Devi per forza essere così brusco?» Grugnì scazzato a Ron, quando furono soli.
«È lei che mi innervosisce! Deve'‟essere per forza così… fissata?» Sbottò Ron, ma Harry lo sapeva che il vero motivo della sua rabbia era che lei non lo tenesse in grande considerazione. Ormai era quasi un anno che si era reso conto che era innamorato di lei.
«Va bene, va bene… giochiamo» ribatté in tono neutro, ributtandosi sul letto. Se Ron non se n‟era ancora accorto, non sarebbe stato lui a dirglielo.

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Capitolo 5
*** Age gap ***


Age gap
 
22 agosto 1995
Harry ormai aveva deciso di rinunciarci: aveva passato l‟ultima settimana a tentare di tirar su il morale a Sirius, ma ormai sembrava che niente potesse funzionare. Non riusciva a capire cosa gli avesse mutato di nuovo l‟umore, ma era certo che più agosto volgeva al termine più lui s‟incupiva. Facendo il conto, Sirius aveva trascorso con loro solo le ore della cena, mentre il restante delle giornate le passava ai piani superiori a fare chissà cosa.
«Andiamo, smettila con questa storia» sbuffò Ron, uscendo finalmente da quel maledetto armadio ammuffito. Quella casa era assurda, sembrava che le cose da pulire non finissero.  
«Scusami tanto se mi confido!» Sbottò Harry, mentre si avviavano in salotto per il meritato riposo. Fortunatamente mancavano pochi giorni a Hogwarts; ormai sognava persino la stanza  dei ragazzi sulla torre, libera da polvere e muffa.
«No, volevo dire che la devi smettere di sentirti in colpa per tutto. Sirius è adulto e decide da solo cosa fare o no. E se vuole starsene chiuso in camera sono affari suoi» spiegò Ron, un po' irritato: in quella casa erano tutti lunatici, cambiavano umore ogni secondo.
«Di cosa state parlando?» Fece Ginny, che intanto se ne stava già sprofondata sulla nuova e comoda poltrona del salone. In quella settimana erano riusciti a rendere quella stanza quasi irriconoscibile, con tende sgombre di Doxy e nuovi mobili privi di muffa e ragnatele.
«Sirius» commentò solo Ron, con tono di sopportazione.
«Oh» replicò la sorella, tornando alla sua rivista di Quidditch.
«Beh sì, sono preoccupato per il mio padrino! Allora?» Scoppiò Harry, buttandosi accanto a Ginny. La ragazza lanciò un‟occhiata al suo profilo scocciato, poi sospirò «Harry, non è tanto il fatto che tu sia preoccupato… è una bella cosa, per carità. Solo che ha ragione Ron: Sirius è un adulto e può decidere da solo come vuole passare le sue giornate e, guarda un po', può farlo anche senza interpellarti. Inoltre-» stava dicendo, ma si bloccò di colpo.
«Cosa?»
Ginny prese un‟aria tesa e lanciò un'occhiata a Ron, ma lui si limitò a scrollare le spalle. «Beh, diciamo pure che Sirius tende a essere, come dire, un tipo depresso» provò a dire titubante, ma dall'espressione indignata di Harry era ovvio che l‟opinione non fosse condivisa. Il ragazzo si rizzò in piedi fulminandola con gli occhi, ma quando stava aprendo bocca per replicare, Hermione entrò nel salone.
Il sollievo di vederla fu talmente grande che Ginny quasi urlò «Grazie al cielo!»
Hermione si fermò sulla soglia del salotto e osservò Ron, le cui orecchie rosse di solito erano indicativo di argomenti imbarazzanti o difficili, e si accigliò «Ok, che succede?»
Harry le lanciò un‟occhiataccia perché sapeva già qual era la sua opinione in merito, visto che ne avevano parlato solo la sera prima «Sirius».
«Ancora» ribatté lei, che ormai non ne poteva più di pensare e sentir parlare solo di Sirius Black. Quando dormiva sognava tutte le notti il modo di potergli parlare senza scavarsi una fossa per l‟imbarazzo o, ancora peggio, sognava che Kreacher non li avesse interrotti quella sera. Se non dormiva, sentiva parlare solo di lui: i Signori Weasley ne parlavano tra il preoccupato e l‟indignato, Tonks e Remus sussurravano soluzioni, Harry si colpevolizzava a tutto spiano e lei avrebbe voluto andare lassù e prenderlo a schiaffi per il fatto che non le avesse rivolto la parola una sola dannata volta da una settimana.
Harry sospirò come se si fosse aspettato quella reazione «Già, di nuovo. Sentite, se vi sembro così ripetitivo basta smettere di chiedermi che cos‟ho» ironizzò, e nemmeno tanto. Quando non voleva che gli altri gli ripetessero fino alla nausea cose come “ti possiamo capire” s‟indignavano e gli davano dell'‟ingrato, però quando invece era lui a ripetere cosa per Sirius, tra parentesi l‟unica persona più simile a un padre che avesse mai avuto, erano loro a non capire. Hermione scosse la testa con un borbottio, si mosse di gran carriera fino a sprofondare sul divano accanto a Ginny e picchiettò il posto accanto a lei «Siediti» fece perentoria.
«Ma, io-»
«Siediti Harry, per favore» ripeté in tono più mansueto. Harry si accigliò, ma si appollaiò comunque sul bracciolo affianco a lei. «Penso di parlare per tutti se ti dico che siamo sempre interessati alle tue preoccupazioni o ai tuoi dubbi. Siamo tuoi amici, è normale che sia così» cominciò e Ron, a distanza di sicurezza, annuì con veemenza. «Il fatto è che con Sirius è una cosa diversa».
«Lo so, è un adulto, decide lui, eccetera» ribatté frettolosamente Harry, ma Hermione scosse la testa «No, il fatto è che né tu né io né nessuno di noi può capire davvero quello che sta passando lui e non c‟entra solo il fatto che tra poco tornerai a Hogwarts» spiegò, poi si girò a fissarlo con aria severa. «E tu questo lo sai».
Harry si zittì, rimuginando su quelle parole: non credeva che, a parte lui, anche Hermione avesse analizzato tanto Sirius. La verità era che lui bramava sapere quello che provava, quello che pensava, quello che voleva. Sirius non era solo il suo padrino, era anche l‟elemento più vicino ai suoi che esistesse in vita, il simbolo di un passato che voleva conoscere. Anche Remus faceva parte di quel passato ma, in virtù del ruolo nella vita di suo padre, con Sirius aveva sviluppato un legame molto più profondo. Sirius non era solo il ricordo di suo padre, era una figura che poteva farlo rivivere nella realtà. E l‟idea che si nascondesse a tutti come si nascondeva a lui, l‟idea che trattasse lui come tutti gli altri lo uccideva.
«Lo so» mormorò dopo un po'‟, abbassando la testa. «Però vorrei che non fosse così».
Hermione annuì e gli passò una mano per la schiena «Lo so, ma non è così facile… soprattutto non può essere un cambiamento così veloce. Come mi dicevi l‟altro giorno, è un processo graduale, dovete imparare a conoscervi pian piano…»
Harry la fissò con gli occhi leggermente lucidi «Ormai ci siamo ritrovati da almeno due anni, mi aspettavo qualche progresso in più, sai…» commentò a fatica, tirando finalmente fuori quello che teneva dentro da almeno un anno a quella parte. Ginny non si girò a guardarlo per non imbarazzarlo, mentre Ron si mosse a disagio su una gamba, ma nessuno di loro si spostò o se ne andò. Nonostante tutto, Harry non si sentiva a disagio: chissà perché, guardare negli occhi Hermione mentre parlavano di Sirius lo tranquillizzava, un po'come se stessero condividendo qualcosa di speciale solo loro due.
Hermione si guardò un attimo intorno, poi sospirò tristemente «Credo che questa casa, il suo passato, il suo status di ricercato abbiano rallentato il processo. Forse sarebbe stato più facile se non avesse dovuto tornare qui e stare rinchiuso» mormorò, cominciando a capire alcune cose proprio mentre le tirava fuori per Harry. «E questo lo rende forse meno lucido» concluse, sentendo che quella era la pura verità. Anche quello che era successo tra loro poteva far parte di quella visione e non riusciva a capire se il calore che sentiva nel petto fosse dispiacere o sollievo. Alzò gli occhi a incrociare quelli di Harry, che adesso sorridevano «Che strano: credo che tu abbia capito Sirius in pieno. È molto bello».
Hermione sentì il viso prenderle fuoco e le mani tremare leggermente; quasi temette che Ginny potesse capire qualcosa da quella‟uscita e si affrettò ad alzarsi «Però credo che tu non debba demordere. Se lui non si sente pronto per questo, cerca di esserlo tu».
«Dici che dovrei?»
«Certo!» Esclamò con fin troppo entusiasmo. «Non dico di essere invadente, però dovresti comunque stargli vicino e provare ad avvicinarlo».
Harry annuì «Hai ragione, vado da lui!» Fece rianimato, prima di uscire dal salone.
Hermione sorrise, poi notò lo sguardo particolarmente intenso di Ron, le occhiate di Ginny e cominciò a temere di aver esagerato. Ginny, dopo qualche secondo di silenzio, decise di evitare di riaprire argomenti scomodi e lasciare perdere per momenti migliori «Io vado a vedere se è arrivata Tonks…» disse, lanciandole comunque un‟occhiata piuttosto chiara. Hermione sapeva quello che voleva dire: Ron forse non era molto intuitivo, ma di certo non era del tutto cieco o sordo. Infatti, appena Ginny fu sparita, tornò a fissarla come a volerle leggere la mente con la Legilmanzia.
Hermione cercò di calmare la sua agitazione interiore con un sospirò profondo «Cosa?!»
«Bel discorso» notò solo lui, incrociando le braccia.
«Grazie» replicò Hermione, prendendo la rivista lasciata da Ginny solo giusto per fare qualcosa. Ci mancava davvero che Ron si accorgesse di qualcosa e poi tanto valeva rendere di pubblico dominio i suoi pensieri folli.
«Ti sta molto a cuore questo discorso» continuò Ron, in un tono casuale e poco convincente.
Hermione sbuffò «Mi sta a cuore Harry, certo!»
«E Sirius» aggiunse Ron, inarcando le sopracciglia.
«Beh sì, in un certo senso» borbottò Hermione ma, al suo sguardo perplesso, continuò «Andiamo, cosa vuoi dire? Sirius è il padrino di Harry e cercavo di aiutarlo!»
L‟altro scrollò la testa «Dico che sei strana da un po'di tempo, da quando sei arrivata qui in effetti. Insomma, con la storia del CREPA e di Kreacher, poi-»
«Oddio, non ricomincerai di nuovo…» sbottò lei, cominciando ad arrabbiarsi. Non era corretto rivangare quella storia proprio adesso che stava cercando di dimenticarla e, soprattutto, di dimenticare le sue conseguenze. Ron sembrò capire di starsi avventurando in un campo pericoloso e alzò le mani in segno di resa «Ok, la smetto».
«Ecco, meglio. Sai, credo che andrò da Ginny e Tonks» commentò rigidamente lei, prima di uscire dal salone e lasciarlo solo. Ron continuò a fissare la porta, dandosi un po'dell'‟idiota per aver insinuato che… insomma, non poteva essere possibile. Eppure continuava ad avvertire la strana sensazione che ci fosse effettivamente qualcosa che nascondeva. Al piano di sopra, Harry si ritrovò a bussare di nuovo alla porta di Sirius e, come gli era capitato altre volte, di sentirsi quasi un intruso nella sua ricerca di recuperare vecchie memorie. Ora che ci pensava, non aveva neanche mai messo piede in camera sua. Quando la sua voce biascicata rispose, aprì la porta e il buio lo colpì come una mazzata allo stomaco. Dopotutto era primo pomeriggio e l‟idea che lui se ne stesse rinchiuso nella sua vecchia camera ammuffita e immersa nelle tenebre lo faceva stare male.
«Ciao, Harry» lo salutò, sdraiato sul letto. Dalla bottiglia di Firewhisky vuota e il leggero odore di alcool, Harry poteva giurare che avesse bevuto, cosa che non lo rendeva più favorevole di prima alla conversazione.
«Tutto bene?» Provò a dire, guardandosi intorno; non era mai stato nella camera di Sirius e ora poteva notare come tutto fosse rimasto intatto, congelato in un tempo che non sarebbe più tornato. Hermione aveva ragione, stare in quella casa gli doveva fare troppo male, forse solo in quel momento se ne rendeva conto davvero. Le foto di suo padre, di Peter il traditore e di Remus gli sorridevano da ogni angolo della stanza, così come qualsiasi cimelio di Hogwarts sui cui fosse riuscito a mettere le mani. Hogwarts doveva essere stato il posto felice di Sirius come lo era per lui e il fatto che tutto fosse finito così tragicamente doveva essere devastante.
Sirius gli lanciò un‟occhiata sommaria, poi tornò a fissare il soffitto «Certo» commentò, ma Harry non sembrava convinto «Sai, penso che forse dovrei chiederti scusa…»
Sirius sbuffò «Non starai ricominciando con quella storia! Ti ho già detto che-»
«No» lo interruppe Harry. «Cioè, non è per il senso di colpa. L‟ho capito che sei adulto e hai i tuoi pensieri e il tuo carattere e dovrei essere meno egocentrico» aggiunse con una risata un po'stonata. «Però credo di essermi accorto solo adesso di quanto dev‟essere difficile per te stare qui e so che lo fai in parte anche per starmi vicino».
Sirius lo fissò immobile per un po'‟, poi fece un sorrisino «Un‟altra intuizione di Hermione?»
Harry annuì e Sirius ghignò, mettendosi a sedere «Diamine, quella ragazza è fin troppo intuitiva… una dote pericolosa» ironizzò con un sussurro, ma alla faccia di Harry continuò più seriamente. «Hai ragione, lo faccio quasi esclusivamente per te, ma tu sei anche il motivo per cui riesco a essere felice dopo tutto quello che è successo. Forse non riuscirò mai a farti capire fino in fondo quanto tu mi abbia salvato» spiegò, con un sguardo così intenso che Harry sentì il cuore fare una capriola. Tuttavia non era abbastanza sentire delle parole, lui voleva fare qualcosa, cambiare il modo di concepire il loro rapporto.
«Io sono felice di questo Sirius, ma vorrei fare di più… vorrei che facessimo di più».
«Beh, adesso non posso cambiare troppo la nostra condizione. Insomma, c‟è la guerra e-»
«Lo so, ma io non intendo per forza un cambiamento epocale…» Harry si guardò intorno con espressione desolata. «Insomma, non ero neanche mai stato in camera tua! Per dire» buttò lì, ma stranamente fu proprio quella battuta a far capire a Sirius cosa volesse dire.
Da quando era riuscito a fuggire ai Dissennatori due anni prima non aveva altro fatto che rimuginare sulla sua condizione e sulla sua vita; certo, era normale farlo quando era un fuggiasco con tanto tempo da perdere, ma ora… ora era lì, aveva tutto sommato un posto sicuro in cui vivere e ricostruire un posto nel mondo. E poi c‟era Harry.
Sirius guardò in quegli occhi dal verde incredibile e gli ritornarono in mente le parole di Lily, che lo tiravano su ogni volta che si rendeva conto di non sapere cosa fare nella vita. Lily gli aveva sempre detto che aveva dimostrato di essere una brava persona e doveva smetterla di rimpiangere il passato. Che ironia.
Che senso avrebbero avuto i dodici anni passati ad Azkaban, il loro salvataggio e il suo anno passato a zonzo se non riusciva a fare nemmeno a essere presente per Harry?
«Sai, credo che tu abbia ragione!» Esclamò, battendosi le mani sulle ginocchia. «A dirla tutta, mi sa che non sei tu quello egocentrico tra di noi…»
Harry lo guardò con aria stupita, quasi come se fosse ancora indeciso se sorridere o meno.
Lo spettro del Sirius quindicenne sembrò ritornare per un attimo, quando Sirius ghignò «Non ti ho mai parlato troppo di cosa combinavamo a scuola io e James, vero?»
Harry scosse la testa con una certa aspettativa. Sirius si picchiettò un dito sul meno, rendendosi solo in quel momento quanto fosse stato inadempiente col suo figlioccio; lui e Remus erano gli unici da cui poteva conoscere qualcosa sui suoi genitori e lui era stato talmente preso dai suoi problemi da non pensarci nemmeno. «Che ne dici se la rendessimo una specie di abitudine?» Provò a dire e Harry lo abbracciò di slancio «Certo!»
Sirius pensò che quella era forse la prima volta che lo abbracciava in modo così sentito. Forse era ancora in tempo per cambiare le cose e, soprattutto, per cambiare se stesso.
Probabilmente avrebbe dovuto ringraziare Hermione per quello che riusciva a fare per lui, anche se indirettamente.
Hermione girò una pagina del Compendio, arrestandosi al quinto capitolo: gli accordi matrimoniali tra famiglie Purosangue nella Francia e nell'‟Inghilterra del XIV secolo.
«Per l‟amor del cielo Ron, che c’è?» Sbottò, mentre l‟altro sussultava perché preso palesemente in castagna. Hermione si era accoccolata sul divano in salone per continuare a leggere il suo libro, ma aveva notato le occhiate sempre più frequenti dell'‟amico, sprofondato in poltrona a leggersi “Pluffe&Bolidi”.
«Niente…» borbottò lui.
«Allora smettila di fissarmi» grugnì Hermione, tornando alle pagine ingiallite.
«Perché leggi quel libro?» Riuscì finalmente a chiederle, con aria nervosa.
«Scusa?» Probabilmente il suo tono fu molto più aggressivo di quel che avrebbe voluto, ma la verità era che tutte quelle insinuazioni cominciavano a spaventarla e in più era già abbastanza irritata di suo: continuava a guardare verso il soffitto come se potesse ascoltare la conversazione tra Sirius e Harry da lì.
«Sì, cioè… mi sembra il tipico libro che leggerebbe uno come Draco Malfoy…» borbottò Ron e quella volta Hermione si concentrò totalmente su di lui, con tanto di occhi «Cosa?»
Per la prima volta l‟altro non volle demordere e prese un‟aria accigliata «Compendio della magia Purosangue? Andiamo!»
«Beh, è un libro interessante!» Sbottò lei sulla difensiva.
«Sì, ma… insomma, è un libro sui Purosangue! Quel tipo di gente che di solito ti chiama una Tu-Sai-Cosa!» Rimbeccò Ron, innervosendosi.
Hermione non riuscì a non reprimere uno sbuffo di sopportazione: con Ron era sempre la stessa storia, non riusciva a essere neanche minimamente flessibile sulle cose.
«Vorrei farti notare che anche tu sei un Purosangue e non sei esattamente l‟anticristo… e poi anche Sirius l‟ha letto».
«Ah beh, allora questo sistema tutto» terminò lui con un ghignetto di soddisfazione che la irritò ancora di più.
«Scusa?»
«Se l‟ha letto Sirius va tutto bene, no?» Commentò sprezzante, calcando sul suo nome.
Hermione si bloccò per un attimo, poi si costrinse a ridere «Ma cosa stai insinuando?!»
Le orecchie di Ron ormai avevano raggiunto una sfumatura color pulce «Beh, non è colpa mia se ultimamente sei così lunatica… e poi tutti questi commenti su Sirius… passi quasi più tempo con lui che con noi!».
«Allora» cominciò Hermione arrabbiata, alzandosi. «Primo, potresti anche chiedermi come sto come tutte le persone normali, invece di aggredirmi. Secondo, puoi anche essere tu ad avvicinarti per parlarmi se ti va, non aspettare sempre che siano gli altri a farlo. Ma è dall'‟anno scorso che abbiamo capito che non ne sei capace, vero?» Sbottò, mollandolo da solo a chiedersi se non fosse per caso rincitrullito. Era dalla vicenda con Krum che non sapeva più cosa fare con lei e gli sembrava che tutti andassero bene con Hermione a parte lui; anche Harry, persino Sirius.
Harry arrivò in salone con uno spettro di risata ancora sul volto, ma si spense quasi istantaneamente quando notò la sua faccia congestionato «Cosa è successo?»
«Niente» borbottò Ron buttandosi in poltrona. «Cosa hai fatto tu?»
Harry sorrise di nuovo «Ero con Sirius, mi ha raccontato un sacco di cose sul passato! Hermione aveva ragione, dovevo solo farmi avanti e parlargli sinceramente!»
Ron si morse la lingua per non dire niente di quello che stava pensando. L‟espressione del suo migliore amico era troppo felice per guastarla, ma avrebbe davvero voluto andarsene a dormire piuttosto che passare un intero pomeriggio a parlare di Sirius o di quanto fosse intelligente e intuitiva Hermione. Ovviamente avrebbe sopportato comunque, alla fine.
«Dimmi tutto» fece dopo un po'‟, mimando un finto sorriso.
Hermione era uscita dalla stanza col naso per aria, ma fortunatamente era riuscita a fermarsi appena prima di spuntare sul pianerottolo del terzo piano, dove Remus e Tonks stavano parlando davanti alla camera di Remus.
«Lo sai che stato un errore, non dovrà capitare più» stava dicendo Remus a denti stretti. Sapeva che quel piano era vuoto dal momento che avevano appena visto Fred e George confabulare in cucina e i signori Weasley erano assenti; era il momento adatto per parlare con Tonks di quella… quella follia.
«Che cosa non dovrà capitare più, Remus?» Gli rispose Tonks, talmente furiosa che i capelli le erano diventati rosso fiamma. Remus lo sapeva che stava continuando a rovinare tutto, ma doveva correre ai ripari prima di… rendere tutto più difficile.
«Quello che… beh, quello che è successo tra noi» ribatté e Hermione, ferma dietro l‟angolo delle scale, sussultò sentendo il cuore stringersi: ricordava ancora l‟espressione felice di Tonks quando parlavano di sentimenti o quando parlava a Remus; non poteva credere che tutto sarebbe finito così, prima ancora che cominciare.
Tonks sospirò «Non ti ho costretto con la forza mi pare, non ti ho lanciato un Imperio per farmi la proposta quella notte, mi pare» ribatté, abbassando la voce di un tono.
Remus arrossì leggermente «Lo so, sono stato io. Ma-»
«Ma è stato un errore» lo interruppe lei, ogni parola dura come l‟acciaio. Vedere lei, che era sempre allegra e goffa, così rigida e scostante gli faceva male. Tuttavia, nel momento stesso in cui la mattina dopo si era risvegliato con lei al suo fianco, aveva sentito un freddo glaciale scendergli giù per la gola e una paura sorda martellargli le tempie. Non poteva farle questo, non poteva distruggere il suo futuro piazzandoglisi davanti.
«Quante volte te lo devo dire che tu mi piaci? Che non mi interessa né che tu sia un Licantropo né che tu sia povero? Credo di aver dimostrato abbastanza quanto mi interessi dei soldi, rinnegando quella pazza di mia zia e i Black. Così come credo di aver dimostrato abbastanza della mia paura della guerra, facendo il lavoro che faccio o entrando nell'‟Ordine» spiegò con una certa ragionevolezza. In cuor suo, Hermione era totalmente d‟accordo con lei; si sentiva talmente presa dal discorso che sentiva il cuore battere forte e i piedi incollati alle assi del pavimento. Perché certa gente aveva così paura di essere felice?
«Tu adesso magari non puoi capire, ma…» cominciò Remus, con un incipit che sapeva essere odioso. Infatti Tonks colpì violentemente la porta con uno schiaffo e i capelli le divennero di un nero cupo «Smettila di fare così! Non sono una ragazzina, non ho dodici anni! Se vuoi affrontare il discorso, affrontalo da uomo, come io lo affronterò da donna!»
Remus si girò a fissarla con un cipiglio battagliero e Tonks capì di aver fallito ancora una volta; anche se molti non lo sapevano, Remus non era meno orgoglioso e cocciuto di Sirius; doveva essere una qualità che accomunava tutti i Marauders, a parte Peter.
«Bene. Allora te lo dico chiaramente: non voglio stare con te. Ora scusami…» replicò duro, prima di entrare nella camera, salutarla e chiudersi dentro.
A Hermione sembrò di smettere di respirare nel momento stesso in cui Remus chiuse la porta; immaginava Tonks, piantata di fronte alla camera, cercando le parole giuste senza trovarle. Dio, doveva essere così difficile.
«Certa gente non vuole essere felice» commentò una voce dietro di lei, talmente vicina che fece un balzo. Sirius era sceso un po'dopo di lei e si era appoggiato alla parete con una spalla, braccia incrociate ed espressione amara.
Hermione aspettò che il cuore si riprendesse dallo spavento, poi annuì «Ma perché?» Sbottò, con tono quasi tormentato. Sirius le fece segno di seguirla e si avviarono al piano di sopra, l‟unico sgombro da persone.
«Perché Remus ha così paura?» Chiese di nuovo, quando furono sul pianerottolo; si sedette a terra, nella stessa posizione in cui Sirius l‟aveva trovata qualche tempo prima, e cominciò a mordersi un pollice, sovrappensiero.
Sirius si sedette accanto a lei e sospirò «Credo sia comprensibile, dopotutto. Remus ha già paura tutti i giorni di non uscire vivo dalla guerra visto la missione che ha da compiere, non è facile pensare di doversi preoccupare di qualcun altro».
Hermione si accigliò «Tonks sa cavarsela da sola direi!»
«Aha sicuramente!» Esclamò Sirius con una risata. «Ma qui non si tratta di capacità, piuttosto di diritti…»
«Diritti?»
«Se Remus accetta questa storia avrebbe poi il diritto, e in qualche modo il dovere, di preoccuparsi per lei, di pensarci, si sentirebbe il diritto di proteggerla…»
Hermione pensò molto a quel punto di vista, ma c‟era qualcosa che non la convinceva «L‟ho sentito il loro discorso, Remus prova già qualcosa per Tonks… anche così si preoccuperà per lei e ci penserà, no?»
Sirius scosse la testa e si allungò sul pavimento «È qualcosa di molto diverso, credimi. Quando ti impegni con una persona, magicamente tutto quello che prima consideravi solo superficialmente ti sembrerà importante; eventi, argomenti, opinioni che prima sarebbero stati superflui o anche frivoli… e comincerai a interessarti a tutto quello che riguarda quella persona. Con una guerra in corso è ancora più vero, impegnativo e pericoloso» spiegò lui e Hermione si chiese per un istante se lui avesse mai provato quella sensazione, magari con la ragazza Tassorosso della foto in camera sua.
«Però… potrebbe valerne la pena, no? Se quella persona ti piace, anche se dovessi impegnarti di più per pensarci o per preoccuparti, ne varrebbe la pena…»
Sirius sorrise «Sai, io credo di sì. Ma Remus… lui ha altre complicazioni».
«La Licantropia?» Sussurrò lei e Sirius annuì «Già, non puoi capire quanto possa segnare psicologicamente una persona. Remus è stato morso quando era molto piccolo, ha trascorso tutta la sua vita a preoccuparsene e lo ha sempre fatto… far entrare una persona in una sfera così intima è difficile».
«Ma si può affrontare, lui lo fa ogni giorno! E i nuovi rimedi rendono la vita molto più facile!» Esclamò Hermione, quasi arrabbiata che Remus non ci pensasse.
Sirius sorrise con indulgenza a tanto fervore e, senza pensarci, le mise una mano sulla testa «Sei molto dolce, ma non è davvero così: tu leggi e ne sai molto, sai quanto la Licantropia sia ancora mal vista. Secondo te, se non fosse stato per l‟Ordine, Remus avrebbe mai trovato un lavoro?» Chiese retoricamente e, per una volta, Hermione non seppe rispondere. La voce di Sirius divenne aspra, quando ricominciò «Prima che Silente pensasse a lui come vostro professore al terzo anno, Remus era disoccupato. E, a dirla tutta, credo che abbia provato altre vie prima di lavorare per l‟Ordine: stare tutto il tempo con i Lupi Mannari non era certo un suo desiderio».
Il silenzio li avvolse per un po'‟, poi Sirius le lanciò un‟occhiata prima di dire «E poi c‟è la questione dell'‟età, sicuramente ci ha pensato razionale com'‟è».
Hermione sussultò e si girò a guardarlo «Età?»
«Remus e Tonks hanno tredici anni di differenza, non lo sapevi?»
In realtà Ginny glielo aveva già detto, ma sentirlo da Sirius dava quasi un nuovo significato alla cosa: non solo per quello che sembrava stesse accadendo tra loro, ma anche per il tono a metà tra l‟arrabbiato e l‟ironico che stava dimostrando adesso.
«E poi gente come me o Remus è più vecchia di quello che sembra, dentro» commentò ancora Sirius, sovrappensiero. «Tonks è molto più brava a restare leggera, non so come spiegarmi».
Tuttavia Hermione annuì perché aveva capito dove volesse arrivare, anche se l‟intero discorso la rendeva molto triste «Quindi non c‟è proprio nessuna soluzione?» Soffiò dopo un po'‟, mentre quell'idea la colpiva direttamente allo stomaco; nessuno dei due avrebbe saputo dire se si riferisse a Remus e Tonks o addirittura a se stessi.
«Sai che ti dico? Io credo ci possa essere sempre una soluzione!» Esclamò decisamente Sirius. «Dopotutto io avrei dovuto marcire a Azkaban e poi essere baciato dai Dissennatori, se non fosse stato per il tuo utilizzo improprio quanto provvidenziale del tempo…»
Hermione arrossì, ma di piacere: era stata una delle poche volte che aveva infranto la legge e non avrebbe potuto esserne più felice.
«Quindi… tu credi che-» cominciò lentamente e Sirius annuì, girandosi a guardarla «Sì».
Si fissarono per un po'ed entrambi sembrarono rendersi conto in quell'istante che non si parlavano davvero da quando si erano quasi baciati. Hermione sentiva che quel discorso non era solo per Remus e l‟ultima risposta le era entrata dentro come una promessa.
Sirius si staccò dalla parete e si mise in ginocchio, allungandosi verso di lei «Io vorrei fare una cosa molto molto sbagliata» confesso, mentre Hermione era talmente concentrata sui suoi occhi da scordarsi di respirare. «E so che me ne pentirei per il resto della vita».
Hermione sapeva che avrebbe dovuto dire qualcosa, o magari urlare un “no” come stava facendo la voce nel suo cervello, ma non poteva: era come congelata sul posto e, nonostante le gambe intorpidite dalla posizione, non osava neanche battere le palpebre per paura di spezzare il momento. Tuttavia sembrò che Sirius avesse visto qualcosa nei suoi occhi o nella sua espressione o nella sua rigidità da roccia informe, perché sospirò e le si avvicinò quel tanto per baciarle la fronte. Hermione si rese conto di quello che stava succedendo e aveva l‟impressione di avere tutto il tempo del mondo per cambiare il corso di quel momento. E comunque continuava a non muoversi, a non respirare, a non fare niente; riusciva solo a sentire il profumo della sua pelle, il solletico dei suoi lunghi capelli sulla faccia e un bruciore dove le sue labbra la stavano baciando. Sirius stette in quella posizione più del dovuto, ma la verità è che aveva bisogno di tempo per metabolizzare che il suo cuore aveva accelerato i battiti e che avvertiva il buon profumo dei suoi capelli anche così. Maledizione.
Si staccò a fatica e si fissarono a distanza ravvicinata per quella che doveva essere un‟eternità, tanto da poter indovinare la sfumatura dorata negli occhi castani di Hermione o il taglio lievemente allungato degli occhi di Sirius.
«Buon pomeriggio, Hermione» disse stupidamente lui, più per la necessità di trovare una formula di chiusura che gli permettesse di interrompere quella tortura.
«Sirius…» cominciò Hermione, ma lui si alzò e la salutò con un sorriso quasi triste, scendendo le scale con una calma che non gli apparteneva.
Hermione rimase lì per un‟altra mezz'‟ora, il tempo necessario per rendersi conto che era stata tutta colpa sua, che la sua paura e la sua rigidità dovevano avergli fatto cambiare idea. Sicuramente non era stata coraggiosa come Tonks, che difendeva il suo sentimento con le unghie e con i denti. Per la prima volta Hermione si sentì profondamente invidiosa.
Forse fu proprio per quello che durante la cena continuò a osservare sia lei che Remus, impegnati in una guerra senza parole: Tonks fissava ostentatamente il suo piatto, con cipiglio bellicoso e chioma arruffata come i suoi sentimenti, mentre Remus continuava a discutere con Arthur d‟ipotesi, dandole la schiena. Era più o meno quello che facevano anche lei e Ron, visto che lui non le parlava dalla discussione del pomeriggio; continuava a ridere esageratamente alle battute di Fred e George, scoccandole ogni tanto qualche occhiata. Fortunatamente tra di loro c‟era Harry che non solo era così impegnato ad ascoltare le storie di Sirius di fronte a lui da ignorare i loro battibecchi, ma le dava anche la possibilità di non dover affrontare direttamente il problema con lui. Ginny, seduta al suo fianco dall'‟altra parte, si allungò su di lei «Che cos‟ha mio fratello?»
«Mh?»
«Sembra essere in preda a un Rictusempra, o a una Pastoia al collo verso la tua direzione» aggiunse con uno sguardo carico di sottintesi.
Hermione sbuffò «Abbiamo discusso oggi e non mi parla da allora» replicò, disinteressata.
«Come? E perché?!»
Hermione lanciò un‟occhiatina nervosa sia a Sirius che a Harry, poi abbassò il tono «Perché leggevo il libro di Sirius, sai quello sui Purosangue…»
Ginny batté le palpebre, senza capire «E quindi?»
«Lo sai com'‟è Ron: dice che è un libro per razzisti, che non dovrei leggerlo… e che praticamente mi sto trasformando in Draco Malfoy» ironizzò caustica, artigliando il suo bicchiere. Ginny sbuffò così forte che Sirius si girò un attimo a guardarle, poi annegò una risata nel suo succo di zucca; Ron doveva capire cos‟erano le sfumature e come si trattavano le donne prima di poter avere davvero una chance con Hermione.
Dopo qualche altro secondo in cui continuò a rimuginare su quello che non era accaduto tra lei e Sirius, Hermione decise di concentrarsi su qualche altro discorso. Peccato che gli unici a ululare più di tutti erano proprio quei due, al centro della tavola.
«Davvero ha detto così?» Stava esclamando Harry, mentre Ron sghignazzava.
«Te lo assicuro! E quel bastardo di Crabbe non ha mai più potuto guardare le cimici allo stesso modo» concluse Sirius con un ampio ghigno sul viso.
«Ehm-ehm» la Signora Weasley tossì in maniera così eloquente che la sentirono anche a cinque posti di distanza. Sirius sbiancò un attimo «Ehm, volevo dire… quel “figlio di madre ignota” di Crabbe…»
«Sirius!» Esclamò scandalizzata Molly, mentre Remus e Arthur sbuffavano in sincrono.
Dopo cena tutti i ragazzi aiutarono la Signora Wesley a sparecchiare e lavare i piatti, a parte i gemelli messi in punizione perché avevano quasi accecato Harry con la bacchetta, mentre Sirius e Tonks erano immersi in una discussione quanto mai inedita sulla famiglia.
«Andiamo, mamma ne sarebbe felice lo sai!» Stava dicendo lei, allungandosi sulla tavola verso di lui. Fortunatamente era immune alle smancerie Black da tutta la vita.
«Non esiste, la nostra ultima cena è stata disastrosa!» Sbottò lui e Tonks inarcò un sopracciglio «Me l‟ha detto: cos‟è che erano, ah sì, salamandre salterine…»
Sirius ghignò «James le aveva liberate per sbaglio, c‟erano salamandre per tutto il salotto».
Harry e Ron risero, mentre Molly fingeva di non sentire.
«Vuoi dire che c‟era anche mio padre alla vostra cena?»
Sirius annuì «E tua madre. Dromeda è sempre stata la mia cugina preferita e un giorno ha invitato tutti a casa sua, Remus non venne perché aveva… un certo problema» borbottò, girandosi verso Remus che se ne stava seduto all‟estremità del tavolo con aria fintamente pacifica «Sì, un certo problema peloso come diceva James» sbuffò, roteando gli occhi al cielo.
«E quindi cosa ha fatto con le salamandre?» Incalzò Ron, che voleva sentire tutta la storia.
«James era molto più maturo da quando stava con Lily, solo che le salamandre…»
«… le aveva comprate da Jimmy Fellon a prezzo stracciato, in ricordo dei bei tempi di Hogwarts» concluse Remus.
Harry si accigliò «Ma se era subito dopo Hogwarts, io allora non ero ancora nato?»
Sirius ci pensò su «Lily era incinta da pochi mesi, forse due. Credo che non avesse poi tutta la voglia del mondo di contrastare James per queste sciocchezze e lui aveva bisogno di svagarsi un po'‟, sai…» la voce cadde nel vuoto perché Harry avrebbe voluto chiedere tante, troppe cose su quel periodo. Ma non era il momento, non ora che erano tutti rilassati e pronti per andare a letto. «E non so perché le avesse con lui, probabilmente non aveva avuto il tempo di nasconderle a Lily. Così quando arrivammo da Andromeda e Ted si liberarono e fu un vero disastro» continuò Sirius, la cui espressione felice smentiva le sue parole.
Tonks sbuffò «Beh, sono sicura che ormai se ne sarà dimenticata…»
«Aha, allora non conosci tua madre! Si ricordava ancora uno scherzo fatto a lei e Narcissa durante il secondo anno di Hogwarts! Una memoria di ferro e un pugno altrettanto forte».
Era davvero strano sentire Sirius parlare così serenamente della sua famiglia, persino di membri negativi come Narcissa Malfoy, moglie di Lucius e madre di Draco. Ormai erano tutti curiosi, probabilmente perché stare lì li faceva sentire tutti un po'partecipi.
Tonks scosse la testa «Beh, mio padre sicuramente non ha problemi».
«Ah, il vecchio Ted… sicuramente no, giocava con le salamandre più di noi. Dromeda voleva ucciderlo. Comunque avrei paura di offenderlo con la mia pessima conoscenza del mondo babbano, mi è già successo» commentò Sirius con una smorfia.
Remus sbuffò «Certo, perché nonostante due dei tuoi migliori amici fossero babbani, tu non ti sei mai preso la briga di capirci qualcosa!»
«Senti, non è colpa mia se fate tutto così complicato!»
Remus e Hermione inarcarono un sopracciglio con la stessa espressione scettica.
«Certo, i maghi hanno incantesimi semi-impronunciabili e poi sarebbero i babbani quelli complicati» cominciò lei, mentre Harry sorrideva e Ron si rabbuiava.
«Ti dirò una sola parola: sciarada» fece Remus, ritornando al suo giornale.
Sirius sembrò vagamente in imbarazzo, ma Ron era decisamente confuso «Cos‟è?»
«Un rompicapo babbano, è un po'complesso ma-» cominciò Hermione, poi si interruppe a osservare l‟espressione nervosa di Sirius. «Tu non ci sai giocare!» Esclamò, quasi accusatoria, per poi arrossire vagamente allo sguardo di Harry.
Sirius sbuffò, minimizzando la cosa con un gesto della mano «Diciamo che non è mai stato il mio forte… e poi ce l‟hanno insegnato a quelle noiosissime lezioni di Babbanologia…»
«Tu facevi Babbanologia?!» Ulularono all‟unisono Ron e Harry.
«Io ero stato costretto a fare Babbanologia da tuo padre, perché fosse mai che non seguisse una lezione con Lily… però dai, ho imparato un sacco di cose! Tipo come usare il telefono, che il postino è praticamente la variante babbana di un gufo e, soprattutto, mai dire a una ragazza che è un Grinch. Potrebbe offendersi» Hermione e Harry risero alle facce perplesse di Ginny e Ron.
«Almeno ti sei sforzato di capire qualcosa dei tuoi amici, rispetto a qualcun altro…» fece Hermione con tono neutro, ma Ron si sentì colpito in pieno «Non ricominciamo…»
«Ehi, io sono cresciuto tra i babbani!» S‟indignò Harry e Hermione scrollò le spalle.
«Allora vuol dire che posso farli venire qui, saranno felici di vedere il Quartier Generale dell'‟Ordine!» Tornò all‟attacco Tonks, mentre il cugino sbuffava «Come vuoi, se proprio ci tieni che incontrino me…» alluse e Hermione notò perfettamente il rapido scambio di sguardi tra lui, Tonks e Remus; quest'ultimo si tuffò velocemente dietro il giornale, mentre Tonks spediva un calcio a Sirius da sotto al tavolo.
Sirius rise, poi si alzò e si stiracchiò «Sono davvero stanco… ci sarà una riunione stasera?»
Arthur guardò l‟orologio da muro «Kingsley sarà qui tra qualche istante, deve aggiornarci sul suo lavoro; poi dovrebbero venire anche Mundungus, Alastor e Bill, se ha finito di lavorare…» spiegò, mentre Molly sbuffava all‟idea che ci fosse anche Mondungus; poi guardò severamente i ragazzi «Voi cercate di starvene tranquilli di sopra, d‟accordo?»
Fred e George si riprodussero in un identico ghigno «Ma certo!»
Harry si trattenne dal non ridere: era certo che avrebbero cercato di ascoltare il più possibile con le loro Orecchie Oblunghe. Lui invece intendeva rilassarsi, così salutò tutti con uno sbadiglio e si avviò verso il salone, con la testa già persa i complicati schemi di “Quidditch attraverso i secoli”; fortunatamente Hermione gli aveva regalato un nuovo volume dopo la perdita del suo a causa di Piton al primo anno. Ron lo seguì di sopra, lamentandosi del quantitativo di lavoro che avevano dovuto fare quel pomeriggio «Insomma, ci sfruttano fino all‟ultimo secondo! Tra l‟altro tra una settimana dovremmo partire e non si parla ancora né di lettera da Hogwarts né di Diagon Alley, hai notato?»
Harry annuì «Forse quest'anno le cose sono un po'rallentate, sai… però abbiamo ancora un po'di tempo, ci preoccuperemo se non ci saranno cambiamenti nei prossimi giorni».
Hermione, dal canto suo, ciondolò ancora per un po'nei pressi della cucina ma l‟unica cosa che ottenne fu qualche occhiata furtiva di Sirius e quella severa della Signora Weasley. Un po'avvilita si avviò al piano di sopra, ma non aveva voglia di battibeccare di nuovo con Ron, così se ne andò in camera. Qui Ginny se ne stava a pancia in giù su letto, ad accarezzare Grattastinchi che faceva le fusa.
«Ciao…»
«Ciao, non vuoi stare in salone con Ron giusto?» La apostrofò lei, piuttosto intuitiva, mentre sfogliava una rivista di rock babbano. «Questa rivista è una forza, dev‟essere appartenuta a Sirius da giovane…»
Hermione annuì distrattamente, mentre s‟infilava una tuta per stare più comoda.
«E a proposito di cose appartenute a qualcuno» fece la rossa, battendosi una mano sulla fronte. «Oggi, mentre io e Fred pulivamo il seminterrato, abbiamo trovato questa. Forse Kreacher l‟aveva nascosta, chissà…» spiegò, tirando fuori una scatola di scarpe che un tempo doveva essere stata bianca. Hermione saltò sul letto di Ginny e l‟aprì, rivelando un enorme fascio di lettere e biglietti, alcune risalenti addirittura ai tempi di Hogwarts.
«Ginny, hai capito cosa sono queste?» Sussurrò, quasi come se avesse paura che qualcuno le scoprisse. Si sentiva una specie di guardona nel ficcanasare tra la vecchia corrispondenza della famiglia Black. «Queste cose dovrebbero ritornare a Sirius» osservò, con tono più severo. Se c‟erano delle lettere tra lui e gli altri Marauders erano sicuramente cose che avrebbe voluto conservare, ricordi belli del passato. E se c‟erano lettere di James Potter o Lily Evans… Harry ne sarebbe stato così felice!
Ginny annuì «Ovviamente, però volevo fartele vedere per… insomma, decidere cosa fare».
Hermione si accigliò «Perché?»
Ginny scrollò le spalle «Conosci Sirius meglio di me e sicuramente hai più confidenza con Harry… tu sai come parlargli, troverai le parole giuste».
Hermione non sembrava così convinta, tuttavia annuì mentre le mani si muovevano distrattamente per le lettere. Ginny lo notò e sorrise «Vuoi leggerle?»
«No!» Protestò Hermione scandalizzata. «Sono cose private!»
L‟altra scrollò le spalle, perdendo interesse nella questione «Come vuoi…» commentò solo, tornando alla sua rivista. Hermione scese dal suo letto e uscì dalla stanza, portando con sé la scatola; Ginny la notò, tuttavia fu abbastanza saggia da evitare di sottolinearlo.
Hermione si avviò nell'‟unico posto dove sapeva che non c‟era mai nessuno, l‟angolo che ormai poteva considerare suo: quarto piano in fondo, davanti alla camera di Sirius.
Si sedette a gambe incrociate e aprì la scatola, osservandola per molto tempo: lo sapeva che non era giusto ficcanasare così negli affari di Sirius e della sua famiglia, lo sapeva che Harry ne avrebbe avuto più diritto di lei. Tuttavia, quando notò un fascio di lettere legato da un spago consunto, non seppe resistere: sulla prima lettera c‟era scritto Sirius e Violet (1976- 1978). Quella doveva essere la corrispondenza tra un giovane Sirius e una ragazza, probabilmente quella della foto in camera sua. Guardando l‟anno, Hermione poté notare che si trattava del suo quinto anno, quando Sirius aveva la sua stessa età.
Lo sapeva che poteva essere ancora più sbagliato leggere le sue lettere d‟amore, sicuramente poteva essere anche amaro per lei, eppure le sue mani avevano già deciso, sfilando lo spago che le legava. Erano molte buste, circa una trentina, e Hermione aprì tremante la prima in ordine temporale. La scrittura di Sirius, sebbene sregolata e frettolosa, aveva dei bei caratteri corsivi e Hermione cominciò a fantasticare sull'‟idea che avesse preso lezioni di calligrafia come i nobili di cui si parlava nel Compendio.
La lettera era datata 31 agosto 1976, il giorno prima della partenza per Hogwarts.
Hermione si rese conto di essersi concentrata tanto che quando le voci dei vari membri dell'‟Ordine ritornarono a sentirsi per tutta la casa, segno che la riunione era evidentemente terminata, era solo a metà lettera. Con un sussulto, scattò in piedi prima che Sirius o Tonks arrivassero al piano e corse al primo bagno libero; lì pensò a cosa fare, ma alla fine decise che era più giusto che Sirius riavesse i suoi ricordi.
Tuttavia, quando un‟oretta dopo Sirius mostrò a un eccitato Harry la sua vecchia scatola dei ricordi, si rese conto che mancava uno dei fascicoli in cui aveva suddiviso le sue corrispondenze; per esattezza quello che riguardava lui e Violet, la sua ragazza ai tempi di Hogwarts.
«Tutto bene?» Chiese Harry quando lo vide esitante.
«Sì…» mormorò Sirius dopo un po'‟, scrollando la testa con un sorriso. Immaginava di sapere perfettamente dove fossero finite.

Angolo autore
Prima di tutto, volevo ringraziare tutti coloro che stanno aggiungendo (o ri-aggiungendo) questa storia tra preferiti/seguiti/ricordate. Ovviamente ringrazio anche i vari commentatori, spero continuerete a farmi sapere come la trovate. Mi diverto molto a leggervi!
Volevo segnalare che pubblicherò un capitolo ogni settimana/10 giorni, così riuscite a seguire il filo perché ultimamente stavo andando un po' a caso. Bon, questo è tutto. Buona lettura.  

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Capitolo 6
*** La spilla da Prefetto ***


La spilla da Prefetto

29 agosto 1995

*I giorni che li separavano dal ritorno a Hogwarts trascorsero decisamente lenti per tutti.
Harry si scoprì a fantasticare su Hogwarts sempre più spesso via via che si avvicinava la fine delle vacanze; non vedeva l'ora di ritrovare Hagrid, di giocare a Quidditch, perfino di passeggiare tra i rettangoli dell'orto verso le serre di Erbologia; sarebbe stata una festa solo lasciare quella casa polverosa e muffita, dove metà degli armadi erano ancora sprangati e nell'ombra Kreacher sibilava insulti, anche se Harry stava bene attento a non lasciar indovinare questi suoi sentimenti a Sirius*.
Questo ultimo cercava con tutte le sue forze di mantenere l’umore allegro dei giorni precedenti, divertendo i ragazzi con le storie dei suoi anni a Hogwarts, delle loro punizioni e delle loro malandrinate in giro per la scuola.
Ormai i membri dell’Ordine passavano da lì molto meno regolarmente, segno che le vacanze stavano per volgere al termine per tutti. Molly approfittava della situazione per coinvolgerli nelle ultime grandi pulizie pre-partenza e Sirius sembrava essere l’unico rimedio a giornate lunghe ed estremamente monotone.
Tuttavia cominciava a sentire anche lui il peso di quel giorno che si stagliava minaccioso nel suo futuro: il primo settembre rappresentava per lui il brusco risveglio, il ritorno a una casa desolata e in sola compagnia di un vecchio elfo domestico pazzo.
Alla mancanza di un minimo di movimento e di Harry, si aggiungevano le strane sensazioni che si mescolavano in lui quando, per caso, incrociava Hermione Granger. Molly li impegnava tanto che non avevano mai più parlato da soli e sospettava che la ragazza ne approfittasse anche per evitarlo più del normale.
Nelle sue notti insonni, l’insonnia era il regalo più gradito che gli avesse lasciato Azkaban a parte l’aria da cadavere ambulante perenne, aveva mandato e rimandato più volte quel filmato e si era reso conto di quanto fosse stato spregevole: non solo per aver anche solo provato a baciarla di nuovo, ma anche perché una parte di sé doveva ammettere di essersi aspettato un comportamento diverso da occhi sgranati e membra congelate.
Dio, credeva davvero che una ragazza di quindici anni avrebbe reagito in modo diverso da quello, che magari avrebbe ricambiato il suo gesto? Soprattutto se a fare quella mossa era stato un adulto fatto e finito?
Più passavano le notti, più Sirius si convinceva del fatto che avesse approfittato non solo della sua età, ma in qualche modo anche della sua condizione di padrone di casa e della posizione che lo teneva al corrente dei sentimenti di Hermione per lui. Quello lo rendeva non solo un adulto con evidenti incapacità mentali, ma anche un manipolatore ignobile e vigliacco.
Quella visione della situazione non faceva altro che rimpolpare la già desolante visione che aveva di se stesso, così aveva deciso di prendere al volo l’occasione che Hermione gli porgeva e di evitarla allo stesso modo, sperando che tutto scemasse in un ricordo imbarazzante e nient’altro. Tuttavia erano le sensazioni che gli trasmetteva lei che, pur se in imbarazzo, non sembrava particolarmente oltraggiata per il suo comportamento e la cosa lo confondeva ancora di più.
Fortunatamente, anche se non credeva l’avrebbe mai pensato, quella storia sarebbe finita e l’indomani sarebbero tutti partiti per Hogwarts, lasciando quei ritagli di qualcosa a un futuro che non sarebbe mai esistito.
Hermione, dal canto suo, sentiva che il tempo aveva praticamente mangiato tutte le sue possibilità di capire fino in fondo cosa fosse davvero successo con Sirius, cosa lui pensasse davvero e cosa dopotutto davvero provasse lei. Pur restando spesso sveglia di notte a pensarci, non aveva trovato nessuna soluzione che potesse essere davvero risolutoria, a parte una confessione totale e onesta che era fuori qualunque discussione.
Dopotutto lui non aveva fatto nulla di davvero esplicito nei suoi confronti, se ignorava le sensazioni dei suoi sguardi o delle pause tra loro. Il bacio che le aveva dato poteva quasi essere scambiato per un gesto fraterno e la prima volta ancora le aveva solo sfiorato le mani; cose che, forse, se fosse stata più lucida avrebbe forse categorizzato come “sciocchezze da nulla”.
Viveva nel terrore di essersi immaginata tutto e, nonostante avvertisse i ticchettii del tempo fin dentro il suo cuore, non aveva mai avuto il coraggio di andare oltre. Nessuna di quelle notti aveva lasciato stare la sua insonnia per andare a parlargli, nessuna delle mille volte che si erano sfiorati mentre pulivano aveva provato a parlargli… si limitava a guardarlo quando nessuno la notava e, per quanto poteva, a stare nella stessa stanza con lui.
«Sirius, questa roba dove va?» Gridò a un certo punto Harry, arrivando nel seminterrato con uno scatolone stracolmo.
Sirius, che stava cercando di capire cosa c’era di salvabile nella carta da parati di quella stanza, vorticò paurosamente dalla cima di una scala altissima «Mh, non so. Che roba è?»
«Non fare così, mi fai venire le vertigini solo a guardarti!» S’indignò Harry, appoggiando lo scatolone a terra. D’accordo, lui voleva e anche piuttosto bene, giocava a Quidditch e tutto, ma non riusciva a non sentire uno strappo allo stomaco quando Sirius ballava incoscientemente su quella scala sbilenca.
«Ti annuncio che questo l’hai preso da tua madre. La prima volta che ho provato a farle uno scherzo sulla torre di Astronomia ha urlato come un’aquila e mi ha quasi buttato di sotto» raccontò lui, tornando alla sua analisi: quella carta da parati non era solo rovinata, era anche orrenda, giudicò con uno sbuffo; ricordava ancora che la scelta era stata fatta dal suo elettrizzato padre, contento di aver potuto contribuire a una piccola parte dell’arredamento di casa Black.
«D’accordo… tu vai sicuramente via» mormorò, sicuro che sua madre non si fosse preoccupata di applicare incantesimi di permanenza a una carta da parati orrenda. «Qualcuno ha visto la mia bacchetta?» Urlò a caso, mentre Hermione entrava nella stanza.
«Intendi questa bacchetta di legno chiaro con cui stava giocando Grattastinchi?» Fece sarcastica, con tono severo. Sirius scese per qualche scalino e prese la bacchetta che gli porgeva con aria indifferente «Ci gioca sempre, prima o poi si brucerà la coda».
«Non rischi di romperla?» Provò a dire Harry, mentre Hermione ci provava davvero a evitare di fare la saccente e starsene zitta, ma continuava a osservare il pelo arruffato del suo gatto con aria rigida.
Sirius scosse la testa, mentre strappava la carta da parati tenendo la bacchetta stretta tra i denti «Nah, il tasso è un legno forte» bofonchiò tra i denti, mentre il parato si staccava a grossi pezzi dal muro.
«Oh, la tua è legno di tasso?» Fece curioso Ron, spostandosi di lato per evitare i pezzi di carta colorata che cadevano dall’alto.
«Per Merlino, questa parete è totalmente da ristrutturare» sbottò Sirius, pulendosi le mani sporche sui pantaloni e scendendo dalla scala, incredibilmente senza essere caduto neanche una volta. «Sapessi come era felice mio padre, quando Ollivander mi ha dato questa bacchetta!» Continuò in tono acido, lasciando la bacchetta a Harry e prendendosi dell’acqua.
Harry inarcò un sopracciglio e fissò la bacchetta tra le sue mani «E perché?»
«Perché “il tasso è l’albero dei grandi maghi, figliolo, non ha mai generato bacchette per mediocri e, soprattutto, non per mollaccioni figli di babbani o mezzosangue!”» recitò, usando il tono greve che si supponeva fosse quello di suo padre.
«Ah sì?» Borbottò Harry e Ron scrollò le spalle «Ma è una cosa falsa, no? Come faceva a saperlo, era un esperto di bacchette o-»
«Per le storie che circolavano» lo interruppe Hermione, mentre tutti e tre la fissavano.
«Cioè?» Chiese ancora il rosso, scambiandosi un’occhiata perplessa con Harry.
Hermione sospirò «Sono stati fatti degli studi sui legni usati per le bacchette e anche delle ricerche storiche… il legno di tasso ha una fama sinistra, almeno per la maggior parte della gente» concluse guardando Sirius, il quale stemperò il nervosismo di tutti con una risata latrante.
«Già, ovviamente per i Black erano tutti motivi di vanto… E quel vecchiaccio di Ollivander non migliorava la situazione, visto che cianciava ai quattro venti delle grandi capacità delle bacchette di tasso nei duelli e, soprattutto, nelle maledizioni».
Ron si grattò la fronte «Quindi tu saresti più bravo nelle maledizioni di altri?»
Sirius scrollò le spalle «Quando dicono così è perché il legno è capace di assorbire determinate magie e renderle più potenti. Le bacchette fungono solo da catalizzatore. Tuo padre, per esempio aveva una bacchetta portentosa per la Trasfigurazione. Minerva ancora si commuove».
Harry si stupì «Davvero? Di che legno era?»
Sirius si passò un dito sul mento «Se non sbaglio era Mogano, con corde del cuore di drago o una cosa del genere… Era decisamente potente, gli ho visto fare dei diavolo di incantesimi con quella bacchetta. Però è vero che effettivamente nei duelli vincevo io».
«Voi avete duellato?!» Esclamò Harry, immaginandosi un giovane Sirius e un giovane James che duellavano nel parco di Hogwarts.
Sirius prese un’espressione circospetta «È capitato sì... ovviamente è illegale» aggiunse, osservando l’espressione dura di Hermione. «E, ricordandomi le facce di Silente e della McGranitt, io vi suggerei di non provarci mai. Abbiamo lucidato coppe e pulito il Castello per un mese buono» borbottò, mentre Harry e Ron ridacchiavano.
«Ragazzi, c’è da sistemare la vostra camera!» Cantilenò la Signora Weasley dalla porta.
Ron sospirò «Non pensavo l’avrei mai detto, ma non vedo l’ora che le vacanze finiscano!» Sbottò, correndo di sopra seguito da un avvilito Harry.
Hermione aspettò qualche secondo poi si girò verso Sirius, o meglio verso la sua schiena «Mi dispiace, forse non dovevo aprire quel discorso stupido sulle bacchette…» cominciò, ma Sirius si girò verso di lei e scosse la testa, minimizzando.
«Almeno hai evitato di dire che era il legno che si usava per le bacchette dei maghi oscuri o che anche la bacchetta di Voldemort è fatta con lo stesso legno» ironizzò, ricordandosi vecchie lezioni imposte.
Hermione scosse la testa «Non credo avrebbero retto».
«Già» replicò distratto Sirius. Stettero in silenzio per un po’ poi, quando Hermione aprì bocca per provare a dire qualcosa, lui l’anticipò «Credo andrò di sopra, stavo pensando di riempire finalmente la libreria» fece, giusto per riempire il silenzio.
Hermione sgranò gli occhi «Davvero? Finalmente, se lo meritava!»
«Sì, lo credo anch’io… ci vediamo a cena, Hermione» si congedò, lasciandola da sola a pensare che il suo nome pronunciato da lui facesse tutto un altro effetto.
Lo sapeva che doveva smetterla con pensieri del genere, soprattutto quando il tempo di partire si avvicinava così velocemente. Entrò in camera sua che aveva una grande voglia di urlare, ma si bloccò quando notò la lettera di Hogwarts appoggiata sul suo letto ben rifatto.
Quella lettera non solo indicava la fine delle vacanze, ma ancora una volta la portava di nuovo a rendersi conto di quanto fosse vicina la fine per quel bel sogno che aveva imbastito. Tuttavia tutti i pensieri cupi del mondo furono diradati per un momento dalla visione rosso-dorata che arrivò insieme alla solita lettera di inizio anno: a guardare meglio, era una piccola spilla con impressa una grande „P’ sul leone di Grifondoro. Prefetto. Lei era diventata Prefetto.
In realtà aveva sempre detenuto grandi aspettative sulla sua carriera scolastica e ci aveva pensato per tutto l’anno precedente, ma tra gli eventi di giugno e quell’estate lo aveva totalmente dimenticato. Chissà se anche Harry… Hermione corse a perdifiato fino al secondo piano e spalancò la porta con violenza.*«Hai... ti è arrivata...?»
Vide la spilla in mano a Harry ed emise uno strilletto «Lo sapevo!» Esclamò eccitata, brandendo la sua lettera. «Anch'io, Harry, anch'io!»
«No» rispose Harry in fretta, premendo di nuovo la spilla nella mano di Ron. «È Ron, non sono io».
«È... che cosa?» Borbottò Hermione, girando la testa di scatto verso Ron.
«Ron è prefetto, non io» ripeté Harry.
«Ron?» Hermione spalancò la bocca. «Ma... sei sicuro? Voglio dire...» diventò rossa, mentre Ron la guardava con aria di sfida «C'è il mio nome sulla lettera» disse.
«Io...» mormorò lei, sconcertata. «Io... beh... wow! Bravo, Ron! È davvero...» cominciò, non sapendo in realtà come finire la frase.
«Inaspettato» concluse George per lei, annuendo.
«No» disse Hermione, più rossa che mai. «No, non lo è... Ron ha fatto un sacco di... è veramente...» cominciò ad arrancare, ma fortunatamente la signora Weasley le risparmiò altre figuracce, entrando di spalle nella stanza con una pila di abiti appena lavati e stirati fra le braccia «Ginny mi ha detto che finalmente sono arrivate le liste dei libri» disse, guardando le buste mentre raggiungeva il letto e cominciava a dividere i vestiti in due pile. «Se le date a me, le porto a Diagon Alley oggi pomeriggio e vi prendo i libri mentre voi fate i bagagli. Ron, dovrò comprarti altri pigiami, questi sono troppo corti di almeno quindici centimetri, è incredibile come stai crescendo in fretta... che colore ti piacerebbe?»
«Prendiglieli rossi e oro, così s'intonano alla spilla» suggerì George con un sorrisetto maligno.
«S'intonano a cosa?» chiese la signora Weasley distrattamente, arrotolando un paio di calzini marroni e sistemandoli sulla pila di Ron.
«Alla sua spilla» disse Fred, con il tono di chi vuole che il peggio passi in fretta. «La sua deliziosa splendente nuova spilla da prefetto».
Ci volle un momento perché le parole di Fred facessero breccia nella mente della signora Weasley, concentrata sui pigiami «La sua... ma... Ron, non sei...?»
Ron mostrò la spilla. La signora Weasley emise uno strillo identico a quello di Hermione.
«Non ci credo! Non ci credo! Oh, Ron, è meraviglioso! Prefetto! Come tutti in famiglia!»
«Io e Fred chi siamo, i vicini della porta accanto?» disse George indignato, ma sua madre lo spinse da parte e gettò le braccia attorno al più piccolo dei suoi maschi.
«Aspetta che lo sappia tuo padre! Ron, sono così fiera di te, che notizia meravigliosa, potresti diventare Caposcuola come Bill e Percy, è il primo passo! Oh, che bella cosa, tra tutti questi pensieri, sono emozionata, oh, Ronnie...»
Fred e George facevano finta di vomitare, e forte, alle sue spalle, ma la signora Weasley non se ne accorse; con le braccia strette attorno al collo di Ron, gli baciava tutta la faccia, che era diventata più rossa della spilla.
«Mamma... non... mamma, controllati...» balbettò lui, cercando di allontanarla.
Hermione intanto continuava a fissare Harry che, nel frattempo, evitava il suo sguardo. Lo conosceva abbastanza bene da capire che la notizia non lo entusiasmava.
La signora Weasley lasciò andare Ron e disse, senza fiato «Beh, che cosa vuoi? A Percy avevamo regalato un gufo, ma tu ce l'hai già».
«C-che cosa vuoi dire?» chiese Ron, come se non osasse credere alle proprie orecchie.
«Ti meriti un premio!» disse la signora Weasley in tono affettuoso. «Che cosa ne dici di un bel po' di vestiti nuovi?»
«Glieli abbiamo già comprati noi» intervenne Fred in tono acido, quasi rimpiangendo quell'atto di generosità.
«O un calderone nuovo, quello vecchio di Charlie è tutto arrugginito, o un topo nuovo, ti piaceva Crosta...»
«Mamma» disse Ron speranzoso, «posso avere una scopa nuova?»
L'espressione gioiosa della signora Weasley si attenuò lievemente.
«Non una bella!» si affrettò ad aggiungere Ron. «Solo...solo una nuova, per una volta...»
La signora Weasley esitò, poi sorrise «Ma certo... beh, è meglio che mi muova se devo comprare anche una scopa. Ci vediamo più tardi... il piccolo Ronnie prefetto! E non dimenticate di fare i bauli... prefetto... oh, sono tutta un tremito!»
Diede a Ron un altro bacio sulla guancia, tirò su forte col naso e uscì agitata.
Fred e George si scambiarono uno sguardo.
«Non ti dispiace se non ti baciamo, Ron?» chiese Fred con voce falsamente preoccupata.
«Possiamo inchinarci, se vuoi» aggiunse George.
«Oh, piantatela» rispose Ron, guardandoli torvo.
«Se no?» disse Fred, con un ghigno perfido che si allargava sul suo viso. «Ci vuoi mettere in castigo?»
«Vorrei proprio vedere» ridacchiò George.
«Può anche farlo, se non state attenti!» intervenne Hermione, giusto per farli stare zitti. Non li sopportava quando esageravano nel prenderlo in giro.
Fred e George scoppiarono a ridere, e Ron borbottò: «Lascia perdere, Hermione».
«Dovremo stare attenti, George» disse Fred, fingendo di tremare, «con questi due alle costole...»
«Sì, sembra proprio che i nostri giorni da fuorilegge siano giunti all'epilogo» commentò George, scuotendo il capo. E con un altro sonoro crac i gemelli si Smaterializzarono.
«Quei due!» esclamò Hermione furibonda, fissando il soffitto, attraverso il quale si sentivano Fred e George in preda alle risate nella stanza di sopra. «Non badarci, Ron, sono solo invidiosi!» Sbottò, dimentica che lei e Ron avevano teoricamente litigato
«Non credo» disse lui dubbioso, guardando a sua volta il soffitto. «Hanno sempre detto che solo gli stupidi diventano prefetti. Però…» aggiunse in tono più allegro. «Loro non hanno mai avuto delle scope nuove! Vorrei poter andare con la mamma a sceglierla, non potrà mai permettersi una Nimbus, ma è uscita la nuova Tornado, sarebbe magnifico... sì, credo che andrò a dirle che mi piace la Tornado, così, perché lo sappia...» E schizzò via, lasciando Harry e Hermione soli.
Per qualche motivo, Harry scoprì di non aver voglia di guardare Hermione. Si voltò verso il suo letto, raccolse la pila di abiti puliti che la signora Weasley vi aveva posato e attraversò la stanza diretto al suo baule.
«Harry» fece Hermione incerta, facendo qualche passo verso di lui.
«Complimenti, Hermione» disse Harry, con una voce così affabile che non suonò affatto come la sua, e aggiunse, sempre senza guardarla: «Brava. Prefetto. Grandioso».
«Grazie» disse Hermione, con un sospiro. Lo sapeva che quello non era il solito tono di Harry e che non era davvero felice per lei, ma non sapeva cosa farci. «Ehm... Harry... mi presti Edvige, così lo dico alla mamma e a papà? Saranno contenti... insomma, prefetto è una cosa che possono capire» fece, scoprendo che voleva uscire il più presto possibile dalla stanza perché non aveva ancora idea di come affrontare quella cosa.
«Sì, non c'è problema» disse Harry, sempre con lo stesso orrendo tono cordiale che non gli apparteneva. «Prendila pure!» Si chinò sul baule e posò i vestiti sul fondo, mentre Hermione andava all'armadio e chiamava Edvige.*
Solo quando fu fuori dalla stanza si permise finalmente di respirare. Ora che era da sola poteva ammettere, ameno con se stessa, che era stupida quanto Harry del fatto che fosse Ron il Prefetto e non lui; dopotutto, a parte tutti i pericoli che aveva dovuto affrontare, Harry aveva dimostrato molta più tempra di Ron.
Hermione capiva bene il senso di ingiustizia che Harry Poteva avvertire da quando era stato lasciato solo e ignorato a Privet Drive per metà dell’estate; sapeva che una parte di lui sentiva la cocente ingiustizia di non essere stato “premiato” per quanto aveva fatto, anche se ovviamente l’avrebbe fatto comunque perché la sua natura era tutto sommato quella del bravo ragazzo.
Si avviò verso la sua camera, accarezzando distrattamente il nuovo distintivo ma con l’aria meno felice di prima; entrò in camera e scrisse una veloce lettera per i suoi.
Mentre osservava Edvige sparire nel cielo, una certa idea si fece strada nella sua testa: lei e Ron avevano appena ricevuto le spille, non potevano risollevare il morale di Harry, ma c’era qualcuno che poteva… qualcuno che poteva raccontargli com’era stato per lui e i suoi amici ai loro tempi.
Pensando in cuor suo che fosse l’idea migliore per aiutarlo, Hermione corse fino al quarto piano, dove la porta della camera di Sirius era spalancata e poté finalmente vedere la stanza alla luce del sol.
«Sirius?» Provò a chiamare, facendo un timido passo verso l’interno.
«Sì?» La voce arrivò dall’esterno, seguita da una serie di rumori piuttosto preoccupanti. «Accidenti!» Sbottò ancora, con voce soffocata.
«Ehm, tutto bene?» Fece ancora Hermione, uscendo sul pianerottolo e guardando in alto; la voce proveniva dalla botola e capì che era ancora nell’attico a occuparsi della libreria. Rimase ai piedi della scalinata a chiocciola, indecisa se salire o meno.
«Hermione, sei lì?» Sbottò Sirius e lei sussultò «Eh? Sì!»
«Potresti salire un attimo?»
«Ok…» mormorò, per poi battere le palpebre alla scena che le si presentava davanti agli occhi: a quanto pareva, Sirius aveva avuto un diverbio con una vecchia toeletta e questa doveva aver provato a inglobarlo per ripicca. «Avete litigato?» Ironizzò senza riuscire a fermarsi, osservandolo a braccia incrociate e testa inclinata su un lato.
Sirius le lanciò un’occhiataccia «Molto divertente» frecciò e lei si rese conto di aver esagerato come suo solito. Sirius non riusciva solo a tirarle fuori confessioni imbarazzanti, ma anche lati comici di cui non era consapevole.
«Scusa… come posso aiutarti?» Provò a dire con un sorriso premuroso, giusto per recuperare in extremis.
Sirius sbuffò e provò a girarsi di lato; neanche tra mille anni avrebbe potuto spiegare come diavolo aveva fatto a infilarsi là dentro, a metà tra lo specchio e il mobile.
«Non ne ho idea, sto provando a disincastrarmi da dieci minuti ma lo l’impressione che stia vincendo lei al momento» ironizzò, appoggiando le mani sul ripiano e cercando di fare leva per sfilarsi dall’alto.
«Se sei riuscito ad entrare, dovresti riuscire anche ad uscire» ribatté Hermione, logicamente.
Sirius soffocò una risata sarcastica in uno sbuffo «Ma davvero? Comunque credo che il problema sia che il mio piede ha deciso di infilarsi dentro un qualcosa, laggiù» replicò, indicando una parte nascosta tra un armadio e quello che sembrava un pianoforte.
Hermione annuì e provò a fare il percorso ad ostacoli che la divideva da quel lato della stanza «Possibile che nessuno abbia mai pensato a sistemare questo posto?» Si lamentò, all’ennesima botta che prendeva contro una suppellettile.
Sirius, che si godeva la scena a braccia incrociate sul mobile come se fosse in una specie di strano baracchino di strada, scrollò le spalle «Abbiamo provato a mandare qui qualche elfo domestico, ma rischiavano sempre di rimanere schiacciati sotto qualche cosa» fece e Hermione si girò così di scatto e che inciampò su un attaccapanni messo in orizzontale sul pavimento.
«Stai scherzando?» Sbottò e Sirius fece un ampio e pigro sorriso «Sì».
Hermione rimase un attimo a fissare gli occhi illuminati dal divertimento, poi si rese conto che avrebbe dovuto essere arrabbiata «Non è divertente» borbottò, costringendosi a dargli le spalle per arrampicarsi sul pianoforte.
Sirius si diede dell’idiota «Hai ragione… non per noi, almeno. Mia madre, invece, pensava fosse estremamente buffo».
Lei sbuffò al “noi”, sicura che non fosse il sentimento condiviso anche dal giovane Sirius, poi riuscì a arrivare nel punto preciso dov’era affondata la sua gamba.
«A quanto pare il tuo piede è finito in… una borsa da medico?» Grugnì, accovacciata sotto il pianoforte.
«Quanto è grave?»
«Aspetta, forse posso provare a…» cominciò lei, afferrando i lati della borsa.
Quella situazione era talmente paradossale che non sapeva se ridere o meno. «Io tengo la borsa e tu tira fuori la gamba» propose e Sirius annuì, puntellandosi con le braccia e riuscendo a tirarsi su da quella dannata toeletta. Hermione ne approfittò per godersi la scena di un Sirius atletico che si arrampicava, salvo poi essere beccata in flagrante quando lui riuscì a girarsi per vedere dove fosse finita.
«Ci sei?» Le fece, allungandole la mano senza pensare Hermione annuì e, dopo qualche secondo di dubbio, la prese, facendosi guidare da lui per uscire dall’ingorgo. «Grazie» soffiò, quando praticamente gli finì addosso.
Sirius si allontanò velocemente, ma ostentando nonchalance «Grazie a te» mormorò, dandole le spalle per spostarsi verso la libreria.
Hermione cercò di spazzolarsi la tuta dalla polvere, cercando di riprendersi dal momento, poi tossì «Quindi… di chi è il pianoforte?»
Sirius roteò lo sguardo «Giusto. Sia io che Regulus ci siamo allenati per molti anni» spiegò, stupendola non poco.
«E sai suonarlo, davvero?» Esclamò, pensando a quante cose doveva ancora ignorare di Sirius e della sua gioventù. In realtà non avrebbe dovuto essere così stupita visto quel che aveva letto sull’educazione dei giovani maghi Purosangue, ma con lui si sentiva sempre così incompetente.
Sirius le lanciò un’occhiata divertita «Ma ovviamente! L’educazione dei maghi di famiglia nobile Purosangue prevede un sacco di cose: è buona formazione saper suonare uno strumento, conoscere a menadito le regole del bon ton a tavola, avere una calligrafia elegante e leggibile…» spiegò e Hermione si ricordò di aver pensato la stessa cosa quando aveva letto le sue lettere.
«Aha, lo sapevo» sussurrò tra sé, ma Sirius la sentì comunque; per un attimo penso di farle notare in qualche modo quella storia delle lettere rubate, poi decise fosse meglio fare finta di nulla.
Dopotutto lui non voleva rileggerle e gli faceva piacere, in fondo, che Hermione avesse qualcosa lo ricordasse.
«E non ti ho ancora parlato delle istruzioni sui balli di società!» Grugnì, quella volta in tono meno spensierato; se ripensava alle mille ore a ballare il valzer abbracciato a Regulus o a Bellatrix, gli veniva da vomitare.
Hermione sbuffò «Dovevi esserci al Ballo del Ceppo, allora» fece, sedendosi sulla poltrona davanti alla libreria.
Sirius raccolse qualche libro da terra e cominciò a posizionarli a caso sulla libreria «È stato così terribile?»
Hermione rise «Sicuramente Harry e Ron non ne avranno mai un bel ricordo, erano tremendi. Io tutto sommato me la sono cavata, almeno Victor sapeva cosa fare».
Sirius si distrasse un attimo per capire dove mettere i vari libri che gli aveva regalato Remus nel corso degli anni, poi si girò a guardarla «Victor?»
Hermione si morse la lingua, pentendosi all’istante di aver aperto l’argomento; era una cosa stupida, ma l’idea di parlare di Victor davanti a Sirius la agitava per qualche motivo. In un secondo di analisi, si rese conto che non voleva scoprire dai suoi gesti se gli interessava o meno. Non voleva ancora svegliarsi, era troppo presto.
«Sì… Victor Krum, il-»
«Il giocatore di Quidditch? Davvero?» Si stupì lui, inarcando le sopracciglia.
«Lo conosci?» Chissà perché, Hermione non credeva che Sirius avesse avuto tempo o voglia di seguire una cosa così normale come il Quidditch. Si rese conto che le veniva ancora facile associarlo a una vita fuori dal comune, come quella che aveva vissuto fino ad allora.
Sirius scosse le spalle «In realtà mi ricordo le lettere di Harry, non ho mai seguito il Quidditch. A Hogwarts andavo alle partite solo sotto costrizione di James» confessò lui, tornando a darle le spalle.
Hermione arrossì, penando al fatto che fosse possibile che Harry avesse raccontato cose a Sirius, cose che riguardavano anche lei, Victor o la litigata con Ron durante quell’infausto anno.
Solo in quel momento si chiese di che natura fossero le loro corrispondenze.
«Oh… quindi Harry ti ha raccontato qualcosa del Ballo?» Provò a chiedere, con noncuranza.
Sirius, che le dava ancora le spalle, ghignò «Qualcosa» alluse, rendendola sospettosa.
Si girò di nuovo a fissarla e mise le mani sui fianchi «Ho un’immagine vivida del vestito di Ron, questo è certo» ironizzò e Hermione rise «È stato molto imbarazzante, povero Ron».
Sirius annuì, poi rise «Solo perché voi non avete avuto modo di apprezzare quello di Remus, un malaugurato anno in cui decisero di organizzare un ballo tra Case. Silente doveva essere particolarmente ubriaco quell’anno…»
«Questo dove va? È un libro babbano, no?» Le fece poi, allungandole un libro.
Hermione si alzò e si avvicinò, con un cipiglio quasi duro «Quello è “Il Conte di Montecristo” di Dumas! Chi te lo ha regalato?»
«Mh, dal tuo tono leggermente protettivo, immagino sia un bel libro» fece sarcastico, ma Hermione non sembrava in vena di scherzare «Immagini? Non l’hai ancora letto?!» Sbottò lei, con troppa enfasi.
Sirius batté le palpebre, poi prese un’aria leggermente offesa «Ehi, ho avuto un po’ da fare in questi ultimi anni!»
Hermione arrossì «Oddio, scusa!» Urlò quasi e lui si senti istintivamente in colpa, anche perché non intendeva certo nel senso che aveva capito lei.
«In realtà l’ho ricevuto al terzo anno di Hogwarts» precisò, giusto per allontanare la gaffe, e lei si accigliò di nuovo, mordendosi la lingua per non ribattere. «Immagino di non avere scusanti» incoraggiò ancora Sirius, guardandola di sottecchi.
«Diciamo di no» replicò allora Hermione, sorridendo. «Comunque andrebbe lì, in alto, con gli altri classici».
«Mh, ok. Se lo dici tu… praticamente è la sezione “libri di Remus”. Ce n’è anche uno regalatomi da James, ma sono sicuro che gliel’abbia consigliato comunque lui. James faceva regali orrendi, poveraccio» scherzò, facendo qualche passo indietro per ammirare la libreria.
Hermione lo seguì e osservò il tutto con soddisfazione «È ancora più bella così. E poi hai molti bei libri».
«Grazie» replicò Sirius, battendo le mani tra loro per eliminare la polvere. «A parte la parentesi “inglobato nella toeletta”, cosa volevi?» Fece poi, sedendosi su uno scatolone ancora chiuso.
«Cosa?» Replicò Hermione, non capendo di cosa parlasse.
«Sì, eri sul pianerottolo davanti camera mia e mi chiamavi… volevi qualcosa?»
Hermione considerò l’idea di non dirgli nulla ma, quando Sirius alzò la testa a guardarla, capì al volo «Lo noto solo adesso… quello è il distintivo da Prefetto?» fece, indicando la „P’ argentata sul suo petto.
Hermione annuì, sedendosi sulla poltrona di fronte a lui «Sono arrivate le lettere da Hogwarts…» cominciò titubante e Sirius la scrutò meglio «E se Harry non è qui a stressarmi, vuol dire che…»
«Già» commentò solo, felice che fosse così intuitivo.
Sirius sospirò «Questo è un problema per Harry, vero?»
Hermione scrollo le spalle «Non so, ma anche Ron ha preso il distintivo…» alluse, senza in realtà rispondere. Sirius le lanciò un’occhiata attenta «Tu cosa pensi?»
«Io penso che sia un problema per lui, sì. Ma non riesco a capire fino a che punto…»
«Voi siete migliori amici e avete vissuto tante avventure e pericoli, insieme» analizzò lui. «E ora voi due avete la spilla, che è una specie di premio, mentre lui no. Nonostante tutto» continuò, sviscerando perfettamente i pensieri di Hermione che annuì veemente.
«Esatto! Io penso che questo possa farlo sentire un po’… messo da parte. E Silente non gli parla nemmeno. Io mi sento quasi in colpa di averla presa, la mia spilla…» borbottò, mentre cominciava a sentire le lacrime agli occhi.
«Ehi!» Esclamò Sirius, arrivando in ginocchio davanti a lei. «Hermione, tu sei una strega brillante e ormai dovresti averlo capito visto che tutti te lo ripetono ogni tre secondi» le fece ironico e lei alzò la testa a fissarlo. «A prescindere da Voldemort e da Harry, avresti comunque meritato la spilla e questo Silente lo sa».
Hermione annuì, incantata dalle sue parole e dal fatto che la sua mano fosse appoggiata sulla sua gamba: sembrava che, come per magia, irradiasse energia e vitalità su per tutti i suoi muscoli; se non fosse stato per la sua forza di volontà, sarebbe scattata in aria come un petardo.
«Grazie mormorò, senza abbassare lo sguardo.
Sirius sorrise «Di niente…» sussurrò, poi si alzò. «E Harry non deve temere nulla: è vero che la spilla si da a studenti brillanti, ma anche a studenti che in genere seguono le regole. E non mi risulta che lui sia un loro assiduo frequentatore».
Hermione si accigliò «Ma Ron… anche lui infrange sempre le regole con Harry».
«Ma loro le infrangono soprattutto in circostanze non ufficiali, tipo quando si tratta di affrontare Voldemort, e poi Harry è parecchio più in vista di Ron» ribatté saggiamente Sirius. «Neanche io e James siamo stati Prefetti, in effetti. Troppi guai e troppe punizioni» rifletté con una risata.
Hermione s’illuminò «Credo che a Harry farà piacere saperlo!»
Sirius s’incantò per un attimo sulla sua espressione, poi si riscosse «Tu dici?»
Hermione scattò in piedi e annuì «Certo!»
«D’accordo, allora. Vorrà dire che prenderò l’argomento con lui, stasera».
«Grazie Sirius, ci speravo!» Esclamò ancora, battendo entusiasticamente le mani.
Sirius fece una risatina, poi tornò a fissarla «Non c’è di che… Hermione» mormorò, con un tono che le faceva venire voglia di scappare via.
E nonostante tutto rimase piantata lì, a sorridergli come un’allocca, fino a quando Sirius non le allungò un libro «Vuoi aiutarmi a decidere come sistemare gli ultimi tomi?»
Digli di no. La mente di Hermione praticamente urlava in tutti i modi e in tutte le lingue di allontanarsi da lui, dal suo profumo un po’ selvatico, dalla sua bellezza tormentata e dai suoi modi a metà tra il suadente e il sarcastico, ma non poteva farci niente. Era in trappola e lo sapeva.
Tuttavia la consapevolezza che il giorno dopo sarebbe andata via era fin troppo presente, non voleva privarsi di quegli ultimi momenti «D’accordo».
Scesero dall’attico dopo un’oretta, con le braccia piene di oggetti strani e ridendo di altri oggetti, altrettanto strani, che avevano avuto la fortuna di trovare.
«Sul serio, ti dico che quella lampada era pericolosa. Da dove l’avrà tirata fuori?»
Sirius rise «Te l’ho detto che mio zio era un po’ matto. Passava il tempo a cercare di creare una nuova specie, incrociando oggetti trasfigurati… un’assurdità».
«Ehm-ehm» qualcuno fece un colpo di tosse ed entrambi si congelarono sul posto, come colti in flagrante.
Tonks, lunghi capelli rosso pomodoro e sopracciglia inarcate fino al limite fisico possibile, li osservava dalla camera di Regulus, a braccia incrociate «Salve».
Hermione sentì la paura che si agitava dentro di lei e un brivido freddo su per la schiena, ma Sirius si riprese velocemente e le diede un colpetto invisibile per convincerla a scendere gli ultimi scalini «Ciao, Tonks. Ce l’hai fatta a venire dal lavoro?»
«Abbiamo inventato un’emergenza in famiglia, Arthur ci ha avvisato della festicciola. Cosa ci facevate lassù?»
Sirius scosse lo scatolone che aveva in mano «Altri oggetti a cui fare il funerale. Che festicciola?»
Tonks si sciolse un po’, sciogliendo le braccia incrociate «Ma come? Per i due neo-Prefetti, no? Complimenti Hermione» fece un grosso sorriso rivolto alla ragazza.
Hermione sorrise di rimando, ma quasi timidamente, poi rimase ferma davanti alla camera di Sirius con la scatola in mano, indecisa sul da farsi.
Sirius roteò lo sguardo «Felice di essere messo al corrente di cosa succede in casa mia» ironizzò, poi tornò a guardare Hermione. «Entra pure. Metterò tutto in camera per decidere cosa è abbastanza pericoloso e cosa no».
La ragazza annuì e Tonks le aprì la porta, sempre con uno sguardo perplesso per Sirius.
Lei sicuramente aveva molti difetti, primi tra tutti la sbadataggine e la goffaggine, però era intuitiva e aveva capito al volo che lì stava succedendo qualcosa.
Hermione e Sirius posarono a turno le scatole a terra, poi Hermione guardò Sirius «Io vado a vedere cosa c’è da fare per la festa» annunciò e lui annuì meccanicamente.
La guardarono sparire per le scale, poi Sirius si girò verso Tonks «No» fece solo e lei sorrise «No, cosa?»
«Ti conosco da quando sei nata e riconosco quell’espressione. La risposta è no» grugnì lui, facendo dietrofront in camera sua.
Lei lo seguì, inciampando automaticamente sul primo oggetto abbandonato sul pavimento «Andiamo! Non mi dire fandonie!» Esclamò.
«In questa casa nessuno si fa gli affaracci suoi» notò leggermente Sirius, ghignando.
Tonks inarcò un sopracciglio «E senti chi parla! Comunque la ragazza ha la stessa espressione che avevo io con Remus, ammettiamolo…» commentò, buttandosi sul suo letto. Il ghigno di Sirius si allargò «Ecco, parliamo di questo piuttosto!»
Tonks si rabbuiò un attimo, mentre il sorriso spariva «Io pensavo sapessi…»
«Diciamo che io e Remus evitiamo di parlare di argomenti scomodi, ultimamente» frecciò sarcasticamente Sirius e Tonks si rialzò con un sospiro «Già… è quale potrà mai essere il tuo argomento scomodo?» Alluse, ritornando alla porta a grandi passi.
Per la prima volta Sirius lasciò cadere l’aria strafottente, ma finse di spostare una scatola per girarsi di spalle e non farsi vedere «E se pure fosse?» Sussurrò, ma nonostante tutto Tonks lo sentì. 
Si fermò sulla soglia e si girò a fissargli la schiena «Tu conosci la mia situazione, sarei ipocrita a farti la ramanzina. Però ti dico anche di stare attento e andarci con i piedi di piombo, è una situazione molto delicata».
«Lo so…» borbottò Sirius e si girò a guardarla.
Con sua sorpresa, Tonks non aveva nessuna espressione schifata sul viso, anche se sembrava preoccupata «E voglio anche dirti che io non sono Remus. Con me puoi parlare anche di questo, se vuoi».
Sirius sorrise «Grazie… Ninfadora» aggiunse con un ghigno.
«‘fanculo, Black» ringhiò lei, sbattendosi la porta alle spalle. Sirius rise e, per la prima volta da quando era iniziata tutta quella storia, si sentì molto più leggero.
Hermione corse velocemente fino al primo piano, sperando di non incrociare nessuno dei due mentre scendeva e dove quasi si scontrò con Ron.
«Scusa» borbottarono all’unisono, poi Ron si schiarì la gola e cominciò «Senti, io volevo chiederti scusa…»
«Cosa?» Chiese lei distratta, mentre tornava a guardare le scale.
Ron si schiarì di nuovo la gola, cercando di farla concentrare su di sé.
Aveva parlato con Ginny e lei gli aveva consigliato un approccio diverso nei confronti di Hermione; per la precisione, gli aveva detto di essere meno camionista e un po’ più elastico. La verità era che non era mai stato troppo bravo con le parole, in nessun caso, ma visto con Hermione erano decisamente davvero troppo importanti, voleva provarci. Insomma, se uno come Victor Krum, che non parlava neanche un inglese decente, c’era riuscito, perché non poteva farcela lui?
«Io, ehm, sono stato forse un po’ troppo… brusco con quella storia del libro» cominciò e Hermione dimenticò le scale per dedicarsi totalmente a lui.
«Oh, “forse” dici?» Replicò con voce flautata, tanto per metterlo in difficoltà; il comportamento di Ron era decisamente fuori personaggio e qualcosa le diceva che tutta quella sensibilità non era opera del suo sacco.
«No, ehm. Sono stato sicuramente troppo brusco, ero solo… solo stupito, ecco» continuò lui, con lodevole coraggio. Certo, balbettava ancora come un babbuino, ma almeno aveva provato a scusarsi con parole sua e non imparando un discorso a memoria.
Hermione si sciolse e sorrise, scuotendo la testa «D’accordo Ron, non fa niente. La prossima volta potresti provare a essere più… non so, flessibile sulle situazioni?» Propose, facendolo accigliare.
«Ehi, non sono proprio così rigido!» Sbottò e si rese conto troppo tardi che forse stava vanificando l’apprezzabile sforzo di poco prima. Hermione sospirò «Beh, io direi di sì. Ma se proprio non riesci…»
«No! Cioè, voglio dire, posso… tentare?» Provò a dire e Hermione si rese conto che, come per Sirius, non poteva pretendere un cambiamento epocale in mezza giornata. Supponeva dovesse considerarla già una mezza vittoria.
«Ehi, cosa c’è una festa sul pianerottolo?» Scherzò Sirius, arrivando dietro di loro e osservandoli con curiosità. Hermione scattò e quella volta Ron credé di notare chiaramente il rossore sulle sue guance.
«Parlavamo soltanto…» borbottò, pronta a buttarsi di sotto se Sirius non la smetteva di guardarla con aria canzonatoria o Ron di fissarla con l’espressione tipica di un pesce palla.
«Ma certo!» Esclamò solo Sirius, continuando a scendere per andare a vedere come andavano i preparativi.
A Hermione sembrò sottolineasse il “certo” con un tono piuttosto ironico, ma non poteva esserne sicura. Era sicura, invece, che Ron avrebbe detto una frase delle sue se Ginny non fosse piombata tra loro con un ghigno. «Ehi, i miei due Prefetti Perfetti!» Cantilenò, abbracciandoli entrambi. «Ron, la mamma ti cerca. Forse è arrivato il tuo regalo… vai su» fece sbrigativamente.
L’espressione rabbuiata del fratello sparì, sostituita da un sorriso entusiasta «Uh, vado!» Esclamò, scendendo le scale a due per la contentezza.
Ginny sospirò «Appena in tempo…»
«Appena in tempo cosa?» Sbottò Hermione, con un’occhiata di sbieco.
Ginny roteò gli occhi al cielo «Stai scherzando? Il tuo disagio davanti a Sirius era così evidente che tra un po’ se ne accorgevano anche le pareti!» Ironizzò e Hermione arrossì.
«N-non dire sciocchezze!» Balbettò, ma ormai pareva che Ginny non fosse così pronta a ingoiare tutte le sue fandonie. Poteva pure chiudere gli occhi sull’innocente cotta di Hermione per Sirius, ma non se quello rischiava di rovinare le possibilità che lei e quel tonto di suo fratello si mettessero finalmente insieme.
«Senti, io posso pure fingere che non provi nulla per Sirius…»
«Ma, io-»
«… però Ron ci sta provando sul serio e ti sarei grata se privassi a dargli almeno una chance» continuò, con sguardo severo e voce più alta.
Hermione sospirò e annuì, sapendo però di mentire. In quelle ultime settimane aveva capito che il problema non era tanto Sirius, quanto il fatto che tutti quei limiti che aveva riscontrato in Ron e che un tempo considerava superabili e accettabili, adesso non riusciva più a metterli da parte. Ron probabilmente non era fatto per lei e quella verità sarebbe stata sempre così, cotta per Sirius o meno.
«Quindi tu dici che è visibile…» ricominciò a dire, mentre scendevano le scale.
Ginny sbuffò «Oh, ti prego! E posso capirlo, davvero, ma è meglio che Harry e Ron non ci arrivino mai. Dopotutto sono ragazzi e Harry è… beh, Harry» fece lei con semplicità e Hermione non poteva essere più d’accordo e, al contempo, più sollevata. L’idea che qualcun altro sapesse e non la considerasse una pazza la faceva stare meglio, un po’ come se potesse giustificare il suo sentimento. 
Così, quando entrò in cucina e incrociò lo sguardo di Sirius, lo fece con animo più leggero.
«Ho mandato dei gufi e ci saranno un po’ di persone… portate giù questi!» Stava dicendo la signora Weasley.
Era felice come non lo era da tempo e nessuno osò contraddirla, mentre cucinava e faceva girare i piatti fischiettando. Persino George e Fred, seppur pieni di battutine contro Ron, evitarono di farle davanti a lei.
Harry diede una mano come tutti, ma a Hermione parve piuttosto chiaro che li stesse evitando. Si ripromise di parlare con lui prima della fine della serata e si scoprì a sperare che Sirius mantenesse la sua promessa di parlargli a sua volta.
Ogni tanto beccava Ron a fissarla e si chiese quanto davvero di quello che era successo l’anno prima avesse colpito nel segno. Poi guardava Sirius e si chiedeva come fosse possibile anche solo immaginare di stare con Ron quando c’era lui.
Più il tempo che la separava da Hogwarts scorreva e più si sentiva al contempo confusa, triste ed eccitata.
Ginny notò la sua espressione pensierosa e si accigliò «Tutto bene?»
Hermione si riscosse e annuì «Sì».
«Posso darti una mano, Hermione?» Chiese gentilmente Ron, aiutandola a portare i piatti.
Lei batté un attimo le palpebre, poi annuì «Certo».
Sirius, poco distante da loro, li guardò andare verso il seminterrato con un miscuglio di sentimenti strani; si sentiva a metà tra un maniaco e un deficiente, soprattutto quando i suoi sentimenti viravano verso il fastidio. Santo cielo, poteva davvero essere seccato da Ron, un ragazzo di quindici anni che faceva la corte a una sua coetanea? Il problema vero era che la vocina maligna dentro di sé scavava in terreni fertili, ricordandogli quanto fosse vecchio sia per età anagrafica che per animo, quanto fosse vecchio per lei e per competere con chiunque altro non avesse la sua età e i suoi trascorsi.
Forse poteva farcela giusto con Remus, se proprio ci si metteva di impegno.
Remus che doveva aver migliorato le sue capacità di Legilmens, perché arrivò dietro di lui come per evocazione «Ciao, Sirius» gli fece, con lo stesso tono che aveva usato Tonks.
«Ti ho evocato per magia? Ormai sono vicino a Silente, per capacità. Posso batterlo» ironizzò, facendolo sbuffare.
«Io e te dobbiamo parlare dopo la festa» gli fece duramente, mentre lo superava e scendeva di sotto con gli altri. Sirius sospirò: quella sarebbe stata una lunghissima serata.
 
Note:
Per chi non lo sapesse ed è nuovo a questa storia, essa segue abbastanza pedissequamente l’originale quinto libro della saga, tanto che ci sono dei pezzi ricavati direttamente dal libro segnalati con gli asterischi. L’idea era di creare una storia missing moment che s’inserisse perfettamente nella storia originale. Ovviamente la cosa andrà scemando man mano che le cose cambieranno.
Per quanto riguarda il capitolo, spero vi piaccia!

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Capitolo 7
*** L'ultima notte a Grimmauld Place ***


L'ultima notte a Grimmauld Place

*Giù nel seminterrato, sopra la tavola ingombra di piatti, la signora Weasley aveva appeso uno striscione scarlatto:

CONGRATULAZIONI
RON E HERMIONE
NUOVI PREFETTI
 
C‟erano già la maggior parte degli ospiti, con Kingsley, Tonks, Moody e persino Mundungus. Quando tutti ebbero da bere, il Signor Weasley si alzò.
«Beh, credo che un brindisi sia d'obbligo. A Ron e Hermione, i nuovi Prefetti di Grifondoro!»
Ron e Hermione sorrisero e tutti bevvero alla loro salute e applaudirono.
«Io non sono mai diventata prefetto» disse Tonks allegramente alle spalle di Harry, quando tutti si spostarono verso il tavolo per servirsi. «Il Direttore della mia Casa diceva che mi mancavano alcune qualità necessarie».
«Tipo?» chiese Ginny, che stava scegliendo una patata al forno.
«Tipo comportarmi bene» rispose Tonks.
Ginny rise; Hermione non sapeva se sorridere o no e scese a un compromesso bevendo un sorso troppo lungo di Burrobirra e soffocandosi.
«E tu, Sirius?» Ginny diede grandi pacche a Hermione sulla schiena. Sirius, che era accanto a Harry, si sforzo di fare la sua solita risata e lanciò un‟occhiata in tralice al figlioccio, prima di dire «Nessuno mi avrebbe voluto come Prefetto, passavo troppo tempo in punizione con James. Il bravo ragazzo era Lupin, lui sì che ha portato la spilla».
«Silente sperava che sarei riuscito a esercitare un po' di controllo sui miei migliori amici» aggiunse Lupin. «Inutile dire che ho fallito clamorosamente»*.
Hermione notò il cambio di espressione di Harry e sorrise nel suo bicchiere di Burrobirra, mentre Sirius le lanciava un‟occhiata trionfante. Doveva ammettere che lanciare la frase su James in quel modo così naturale era stato un colpo di puro genio.
Quando Harry si spostò per prendersi altro cibo, con umore più affettuoso e allegro con tutti, Hermione si avvicinò a Sirius «So che non devo dirtelo, ma grazie».
Sirius sorrise «No c'è di che! Devo ammettere che sarei stato molto deluso se il mio figlioccio avesse preso la spilla… che ne sarebbe stato delle tradizioni?» Ironizzò, beccandosi un'occhiataccia. «Sto scherzando, vado a prendermi da bere» fece, lasciandola a sospirare di sopportazione. A volte sembrava una fotocopia più grande dei gemelli.
«Non ho mai visto Sirius tanto allegro» le fece una voce alle spalle, facendola sussultare.
«Oh, ciao Tonks…» borbottò.
«Ti va se ci prendiamo da mangiare insieme e chiacchieriamo un po'?»
Hermione annuì, mentre i suoi sensi urlavano “pericolo” da ogni poro. Tonks era una persona amica, si diceva, dopotutto sta vivendo quasi quello che stai vivendo tu, potrebbe persino capire. Allora perché aveva così paura?
Si presero da mangiare, poi Tonks la dirottò in un angolo della stanza e si sedette su un tavolino ammucchiato con gli altri lungo la parete per fare spazio al centro.
«Allora, come ti senti dopo questa piacevole nomina?» Le fece, appoggiando il piattino di plastica sulle gambe.
Hermione tenne il suo in bilico in una mano. «Ah, aspetta…» fece Tonks, spostando un tavolino accanto a lei con un incantesimo.
Hermione ringraziò, vi posò il piatto e la fissò, cercando ancora di calmarsi. Eppure Tonks aveva un'espressione così rilassata e un sorriso così ampio che non poteva non ispirare fiducia. «Bene. Insomma, un po' me lo aspettavo» confessò.
Il sorriso di Tonks si allargò «Ma certo! Remus mi ha detto che sei una studentessa brillante! Ha già pensato alla tua carriera futura?»
Hermione si accigliò, perplessa dal fatto che Tonks volesse davvero parlarle di quello; comunque provò a sorridere e scosse le spalle «Non so… forse qualcosa nel campo medico o nella legge… non sono proprio portata alla Difesa Contro le Arti oscure come Harry».
Tonks annuì «In ogni caso ci sarà da fare nei prossimi anni» commentò e, quando si girò a fissare tutti gli altri, l'espressione mutò. «Io sono sempre una persona molto positiva e ottimista, tuttavia mi rendo conto di pensare alla guerra più di quanto vorrei…» le confessò. Hermione si accigliò «Posso capire».
«Davvero?» Le sfuggì, mentre tornava a fissarla.
«Credo di sì» ribatté Hermione, inarcando un sopracciglio.
Tonks la fissò per un bel po', come a voler tirare fuori i pensieri dalle sue espressioni, poi sospirò «Io non voglio essere come Molly o, peggio, come Remus» le disse, con una risata. «Però voglio essere sincera con te, perché non credo che l'età faccia la maturità di una persona. Posso?» Domandò e il suo sguardo era così intenso che Hermione la prese molto seriamente. «Certo».
«Io ho visto come guardi Sirius» Fece Tonks, direttamente e senza fronzoli com'era da lei. Hermione sentì il cuore fermarsi, forse perché era la prima volta che qualcuno glielo sbatteva in faccia così. Certo, ne aveva parlato con Ginny ma lei immaginava fosse una cotta, mentre l‟espressione di Tonks… era così seria da farla tremare e così sincera che non provò nemmeno a mentire; stette in silenzio ad aspettare che continuasse.
Tonks sospirò, ma la voce non tremò nemmeno quando disse «È lo stesso sguardo con cui io guardo Remus» confessò.
Tonks aveva ricominciato a rivalutare la situazione tra i due non solo perché aveva cominciato a rivedersi in Hermione, ma anche perché aveva visto Sirius: le sue espressioni, la sua risata, il modo in cui le parlava... aveva pensato di Remus che meritasse la felicità dopo tutto quello che aveva passato, non la meritava forse anche Sirius? Chi era lei per decidere se Hermione fosse giusta o meno, considerando quanto la guerra rendesse labili le categorizzazioni?
Il mondo come lo avevano conosciuto stava crollando, così crollava anche ogni certezza. E lei, per natura, avrebbe sempre scelto la felicità sopra ogni cosa.
Hermione si stava chiedendo come aveva fatto a capire, ma dopotutto Tonks era diventata un Auror a soli ventuno anni: dietro l'apparenza dovevano esserci capacità sensazionali.
«Sì, lo so» fece solo, rendendosi conto che era meglio dirle la pura verità.
«Proprio per questo ho voluto parlare con te. Non c'è nessuno meglio di me che può capirti, ma anche per questo voglio che ti siano ben chiari i sacrifici e gli aspetti negativi».
Hermione sussultò e si affrettò a scuotere la testa «No, non ce n'è bisogno!»
Tonks le lanciò un'occhiata in tralice «Se ho capito un poco come sei fatta, io credo di sì. Tu non sei esattamente il tipo di persona che si innamora per caso».
Hermione si zittì, non trovando di meglio da fare che bere di nuovo un lungo sorso di Burrobirra. Lei era davvero così? Non lo sapeva. A conti fatti non poteva nemmeno dire se si fosse davvero mai innamorata di qualcuno.
«Il periodo che stiamo vivendo è complicato… e sarà sempre più difficile analizzare e vivere i propri sentimenti» continuò e Hermione si chiese se stesse parlando a lei o a se stessa.
Tonks sorrise amaramente «La paura della guerra può portare le persone a prendere le decisioni più assurde o più lontane da sé. La parte difficile e capire fino a che punto quelle emozioni siano autentiche, valga la pena viverle e lottare per esse… mi capisci?»
Hermione annuì e posò il bicchiere «Io credo che… che sia troppo presto» fece solo, sperando capisse quello che voleva dire. Non aveva ancora davvero incorporato l'idea che Voldemort fosse vivo, ancora doveva davvero scontrarsi con il pensiero di quello che doveva accadere. Era ancora troppo presto, era ancora troppo.
Hermione si girò un attimo a guardare sia Harry che Sirius, pensando che non voleva ancora affrontare quell'argomento, non voleva ancora fare quel passo. E poi Sirius… pur provando qualcosa di diverso da quello che aveva provato per Ron o Viktor, non poteva ancora sapere se quel sentimento sarebbe cresciuto o meno.
Tonks seguì il suo sguardo «La cosa peggiore nell'amare qualcuno è sentirsi morire un poco alla volta anche per le loro scelte» sussurrò, poi le poggiò una mano sulla spalla.
«Scusami Hermione, non volevo esagerare. Visto il poco tempo che abbiamo ancora insieme, volevo anticiparti qualcuno dei dubbi che ti verranno poi. Sappi che, semmai vorrai scrivermi, potrai sempre farlo».
Hermione annuì e le sorrise, poi però tornò ad oscurarsi: erano almeno quattro anni che tutto i suoi pensieri, tutta la sua anima e tutto il suo corpo erano impegnati a pensare ad Harry e a quello che lo aspettava; stare accanto a lui, vivere quello che avevano vissuto, l'aveva temprata e resa più forte, ma anche più desiderosa di serenità e di pace. Tonks doveva essere spaventata per tutto il tempo quando Remus partiva per le sue missioni con i lupimannari… poteva immaginarselo: passare notti insonni a pensare cosa poteva accadere, a sentirsi quasi dilaniati dalla necessità di preoccuparsi anche di un'altra persona… era proprio quello di cui le aveva parlato anche Sirius, un giorno. Lei si sarebbe mai sentita così coraggiosa per qualcuno?
Remus aveva notato le due ragazze parlare in un angolo della sala, così come aveva notato Sirius dardeggiare verso di loro con espressione tesa. Quando Tonks si allontanò da Hermione per prendersi il dolce provò ad avvicinarla, ma ottenne solo un'occhiata gelida.
«Tonks…»
«No».
«Cosa?»
«No, non voglio parlare con te» precisò. «Ho bisogno di tempo, non forzarmi la mano…»
Remus sospirò «Lavoriamo insieme e ci toccherà vederci spesso, non potremmo…?»
Tonks inarcò un sopracciglio «Mi dispiace che il mio sentimentalismo rovini i tuoi piani» sibilò, dandogli le spalle di scatto e avvicinandosi a Kingsley e Arthur che conversavano di sport. Remus sospirò di nuovo, mentre si rendeva conto di quanto quella situazione gli stesse sfuggendo di mano. Avrebbe voluto parlarne con Sirius, ma prima doveva togliersi dalla testa il tarlo che scavava grossi e inquietanti dubbi; lo vide che chiacchierava con Harry e sospirò, rivolgendosi verso Hermione.
«Ciao Hermione, come stai?»
Hermione, che stava tutta assorta a bere un altro po' di Burrobirra, tossì.
«Oh, ciao Remus! Io… bene! Sono felice dell'incarico...»
Remus annuì «Sì, fa sempre un bell'effetto ricevere quella spilla».
«Ricordo che hai detto di averla presa anche tu…» provò a dire Hermione, per evitare silenzi imbarazzanti. Per la prima volta notò un ghignò simile a quello di Sirius sul suo viso.
«Già, peccato che non ha fatto altro che aumentare la mia fama di secchione tra gli amici» rispose e Hermione notò l'occhiataccia che lanciò alla schiena di Sirius.
«Immagino che accadrà lo stesso anche a me» sospirò Hermione. «Già non mi lasciano in pace con la storia del CREPA» mormorò, imitando senza volerlo il tono di Ron.
Remus tornò a fissarla, battendo le palpebre «Il cosa?»
«Il Comitato per la Riabilitazione degli Elfi Poveri e Abbruttiti» fece lei tutto ad un fiato e Remus inarcò un sopracciglio «C.R.E.P.A? Ah, capisco…»
Hermione sorrise e si lanciò in uno dei suoi soliti sermoni sul progetto, mentre a pochi passi sia Ron che Harry sbuffavano. Quest'ultimo non si era ancora ripreso dalle parole che purtroppo aveva sentito pronunciare a Kingsley pochi minuti prima mentre parlava con Remus del perché non fosse stato eletto Prefetto e se ne stava in un angolo con aria imbronciata.
*«Tutto bene, Potter?» Abbaiò Moody, raggiungendolo con la solita camminata claudicante.
«Sì, bene» mentì Harry.
Moody bevve una sorsata dalla sua fiaschetta, l'occhio blu elettrico che guardava Harry in tralice «Vieni qui, ho una cosa che potrebbe interessarti» disse. Da una tasca interna dell'abito estrasse una vecchia foto magica molto consunta.
«L'Ordine della Fenice originario» ringhiò. «L'ho trovata ieri sera mentre cercavo il mio Mantello dell'Invisibilità di riserva, visto che Podmore non ha avuto il garbo di restituirmi quello buono... ho pensato che alla gente qui sarebbe piaciuto vederla».
«Sì» disse Harry dopo aver guardato per un po' la foto, cercando di nuovo di sorridere. «Ehm... senta, mi sono appena ricordato che non ho messo via il mio...» la fatica di inventare un oggetto che non aveva riposto gli fu risparmiata; Sirius si era appena girato verso di loro. «Che cos'hai lì, Malocchio?»*
«Oh Sirius, è una vecchia foto dell'Ordine… ricordi?» Ringhiò Moody e Sirius si spostò accanto a lui per guardare meglio, mentre anche Remus e Hermione si avvicinavano.
«Oddio non ci posso credere, come eravamo giovani…» mormorò Remus, ma Hermione osservava l'espressione di Sirius: più Moody pigiava sulla foto per mostrarne gli occupanti, più Sirius si rabbuiava. Quando infine la foto mostrò James e Lily Potter, in piedi accanto a Peter Minus, la sua espressione ormai ricordava quella dell'evaso pronto a uccidere.
Fortunatamente Moody fu richiamato da una discussione sulla difesa tra Bill, Arthur e Kingsley, così abbandonò il discorso mentre la foto rimaneva nella mano inerte di Sirius.
«Guarda…» mormorò commosso, porgendo la foto a Remus. «C‟è anche quel bastardo» sibilò, mentre Remus sembrava pietrificato alla visione di un sorridente Peter che salutava.
«Calmati» fece solo, ma a fatica. «Prima o poi tutto avrà un termine, anche questa storia».
Sirius emise una specie di ringhio soffocato, ma Remus gli riconsegnò la foto come se non volesse averla troppo tra le mani. «Vedrai» ripeté, per poi andarsene.
Hermione sette a guardare il profilo rigido di Sirius, gli occhi fissi e incollati su James e Lily che gli sorridevano, poi provò a fare qualche passo verso di lui; tuttavia non ebbe il tempo di dire nulla, che l'urlo di Harry - sparito al piano di sopra - li allarmò tutti.
«Harry!» Urlò Remus, correndo di sopra seguito da Sirius e da Moody.
Quando tornarono di sotto, un quarto d‟ora dopo, Harry non era con loro e sembravano tutti e tre piuttosto scossi.
«Il Molliccio si è rivelato un po' più duro del previsto» fece solo Remus, in risposta agli sguardi perplessi.
«Sciocchezze! Non bisogna farsi prendere dalla paura!» Grugnì Malocchio, zoppicando verso il tavolo e prendendo un‟altra coscia di pollo.
«Ma ho sentito Harry urlare qualcosa a proposito di nostra madre!» Continuò ancora Bill, mentre tutti gli altri Weasley annuivano tesi.
Remus fece un gesto di noncuranza «Niente, era un falso allarme. Ora cercate di finire, che tra poco si va tutti a letto. Domani avete la partenza».
Ron scattò in piedi «Oh cavolo, devo finire di impacchettare delle cose!» Esclamò, mentre il padre lo guardava severamente. «Vado subito...» mormorò correndo via, anche se Hermione era sicura volesse solo sapere da Harry cosa fosse successo.
Intercettò lo sguardo e il sorriso di Ginny, che sicuramente stava pensando la stessa cosa, poi notò Sirius uscire dalla stanza in silenzio, cercando di non attirare l‟attenzione. Si girò un attimo intorno per assicurarsi che tutti fossero impegnati e lo seguì in cucina.
«Sirius…?» Chiamò, entrando con un po' di esitazione.
«Entra pure» fece lui, alzandosi per prendere da bere e risedendosi con uno schianto al tavolo; rimase un attimo così, con la mano chiusa sulla bottiglia di Firewhisky e lo sguardo perso nel vuoto. «Sono un idiota» disse poi, versandosi da bere.
Hermione dimenticò il disagio e si sedette di fronte a lui, scuotendo la testa con veemenza. «Cosa? E perché?»
Sirius scrollò le spalle e svuotò il bicchiere tutto d'un fiato «Sono più volubile e capriccioso di un bambino» grugnì, con un ghigno vuoto. «E che non mi aspettavo di vedermeli spiattellati davanti così, capisci?»
Hermione annuì, comprensiva «A nessuno sarebbe piaciuto» convenne, sentendo un moto di stizza per Moody e i suoi modi bruschi.
«E pensare che ne ho mille di foto di James e Lily, foto che evito accuratamente da almeno quindici anni e poi, a una festa… ah, Malocchio, Malocchio…» borbottò Sirius, scuotendo la testa e riempiendosi di nuovo il bicchiere.
Hermione stette a guardarlo senza parlare, sentendosi impotente. Tuttavia, al terzo bicchiere svuotato, sentì di dovere intervenire: erano giorni che lui riusciva a trovare sempre le parole adatte per farla sentire meglio, voleva cercare di essergli utile almeno la metà di quanto lui lo era stato per lei. Quasi trattenendo il respiro, allungò la mano e la posò sulla sua, fermandolo dal riempirsi il quarto bicchiere di whisky.
«Sirius… è normale stare così per una cosa del genere, Moody è stato troppo brusco» cominciò, mentre lui si bloccava a fissarla. «Nessuno può fartene una colpa, nemmeno le persone che sono alla festa, nemmeno io. L'importante, però, è riuscire ad andare avanti» fece, senza riuscire a non pensare a quanto suonassero banali le sue parole.
Tuttavia Sirius strinse la sua mano e sorrise «Grazie, Hermione. Sei un angelo».
Hermione sorrise di rimando poi adocchiò la foto in bianco e nero, dove James e Lily continuavano a sorridere e a salutare.
«Hai voglia di parlarmi di loro?» Provò a chiedere, pensando potesse aiutarlo.
Sirius guardò la foto poi sbuffò «Non voglio annoiarti facendoti ascoltare storie da vecchio bacucco malinconico» ironizzò, cercando di scostare la mano dalla sua per alzarsi.
Hermione la strinse, più forte non permettendogli di allontanarsi «Invece mi interessa, davvero» replicò con sicurezza.
«Quando fai così mi ricordi Lily» mormorò Sirius, tornando a guardare la foto.
«Era gentile, premurosa e una buona ascoltatrice?» Chiese Hermione, tra il serio e il faceto.
Sirius scosse la testa, guardandola con l'ombra di un ghigno sulla faccia «Assolutamente no! Una maniaca dell'ordine di prima categoria! Se non aveva tutto sotto controllo non riusciva a starsene serena» rimbeccò e Hermione rise.
«E James, invece, com'era? Uguale a Harry?» Chiese, curiosa.
Sirius ci pensò un attimo «Sai che no? Harry è molto più simile a Lily di quanto possa sembrare in un primo momento… è molto più gentile e sensibile di quel rompiboccini di James!» Esclamò, rendendosi conto solo in quel momento con chi stava parlando. «Chiedo scusa, a volte dimentico che dovrei mantenere un certo linguaggio...» ironizzò.
Hermione scosse la testa «Va bene, sempre che tu non lo dica alla signora Weasley. Non approverebbe» si fece sfuggire, con un sorrisino che sarebbe stato più appropriato su Fred o George che su Hermione Granger.
Sirius la fissò per un lungo attimo, incantato, poi si salvò in extremis col solito ghigno.
«Sarà il nostro piccolo segreto» le fece con un occhiolino.
Remus, intanto, sempre più intuitivo della media aveva notato la loro assenza ed era partito alla carica, intenzionato a interrompere qualsiasi cosa stesse accadendo tra loro. Si era reso conto dal discorso di Malocchio e dell'espressione di Sirius che era entrato nella fase depressiva e, quando si trovava in quella fase, tendeva a essere più imprudente e indisciplinato del solito.
Tuttavia doveva anche ammettere che non lo sentiva ridere in quel modo da tempo, forse a quando aveva scoperto di avere un figlioccio due anni prima.
Remus si addossò alla porta e sospirò: qualsiasi cosa facesse o dicesse Hermione, sembrava fargli bene; forse poteva lasciarlo sereno per un po', prima di farlo ripiombare nella dura realtà.
 
Probabilmente stettero a parlare per un'altra ora, senza che nessuno li disturbasse. Hermione lanciò un'occhiata all'orologio babbano - lo stesso che aveva visto in casa Weasley e che forse la signora Weasley aveva portato con sé lì - e sbadigliò.
«È molto tardi, dovrei andare a dormire…» fece.
Sirius annuì «Mi dispiace, devi ancora impacchettare qualcosa?» Provò a chiedere e, di nuovo, apparve quel ghignetto sarcastico che trovava interessante.
«Non sono Harry, ho già fatto tutto da una settimana!» Esclamò.
«Ai miei tempi quelle come te le chiamavo secchione» frecciò lui, ironico. Rendendosi conto un secondo troppo tardi quanto sembrasse vecchia quella frase, detta da lui.
Hermione scrollò le spalle, mentre si alzava «È la mia natura, ci convivrò!» Scherzò.
Sirius si alzò dopo di lei e Hermione, di colpo, si sentì molto più consapevole del fatto che fosse l'una di notte, che non si sentissero voci da nessuna parte - segno che erano andati tutti a dormire - e che lei e Sirius fossero completamente da soli.
«Quindi domani si parte per Hogwarts…» cominciò lui casualmente, aggirando il tavolo.
«Già» mormorò Hermione, senza riuscire a staccare lo sguardo da lui.
«Sai, dovrei ringraziarvi: senza di voi quest'estate sarei stato ancora più inutile» fece Sirius.
Hermione si accigliò «Tu sei fondamentale per l'Ordine».
Sirius scosse la testa «Non è vero, la mia casa è fondamentale per l'Ordine. Ma mi basta sapere di essere utile a qualcuno, di tanto in tanto. Ho Harry, è già qualcosa» commentò.
«Sappi che sei stato molto utile a me, quest'estate» ebbe il coraggio di dire Hermione, abbassando la testa sui suoi piedi.
Sirius si stupì e la guardò, o meglio guardò la sua testa, a occhi sgranati «Davvero?»
Hermione annuì, sentendo le guance andarle in fiamme. Se avesse dovuto restare lì ancora per molto non avrebbe mai osato parlarne, ma ora che era in partenza e non avrebbe visto Sirius per almeno un anno, aveva speranza la che lui dimenticasse tutto.
«Hermione» mormorò lui, avvicinandosi. Le posò entrambe le mani sulle spalle ed era così vicino che la costrinse ad alzare gli occhi per guardarlo.
«Stasera mi sei stata preziosa come nessun altro... Tutti sanno che non sono un tipo facile, ma tu hai saputo risollevarmi il morale con poche semplici parole».
«Oh, ma non era niente… io, cioè, non sono stata banale?» Arrancò, con sguardo un po' perso.
Sirius sorrise, pensando a quanto fosse tenera con tutto quell'imbarazzo. Eppure, come per il sorriso di poco prima, lo vedeva dai suoi occhi che c'era qualcosa che andava oltre.
Qualcosa che avrebbe voluto scoprire.
«Sei stata perfetta» sussurrò e lei arrossì di nuovo. Per Morgana, da quando arrossiva tanto?
Sirius continuò a fissarla con il suo sguardo serio «Devo confessare che ti ho sottovalutata».
«S-sottovalutata?»
Sirius annuì «Sì, sei giovane ma hai una maturità e una sensibilità particolari e oggi credo che tu mi abbia dimostrato qualcosa. Ti chiedo scusa».
Hermione batté le palpebre, confusa: Sirius si stava scusando con lei?
Perché il suo cervello la abbandonava proprio quando le serviva per dire qualcosa di intelligente, maturo e tutte quelle belle cose su cui lui l'aveva appena lodata?
«Non penso tu debba scusarti, è normale pensarlo… io sono, beh, piccola» balbettò, dandosi della stupida non appena le parole presero forma in quella frase.
Anche se doveva ammettere che la mano di Sirius che sfiorava i suoi capelli era una cosa abbastanza… abbastanza da giustificare la sua temporanea infermità mentale.
Sirius sorrise «Potremmo dire che sei… giovane?» Propose e Hermione sbuffò con veemenza. «Ecco qual era la parola, “giovane”! Come diavolo ho fatto a non pensarci!»
L‟ultima cosa che sentì fu la sua risatina, prima che il cervello si scollegasse definitivamente, proclamando la fuga generale dei suoi neuroni. Quando Sirius appoggiò le labbra sulle sue, Hermione avvertì il sapore dell'alcool ma non era fastidioso come ci si poteva aspettare.
Le sue mani strinsero leggermente le spalle come se temessero potesse scappare via, ma lei non aveva intenzione di andare da nessuna parte.
Sirius Black la stava baciando e non c'era niente di più bello nel mondo.
Hermione chiuse gli occhi e la sua mente cominciò a lavorare per ricordarsi ogni millesimo di fotogramma, per imprimere quell'istante a fuoco nel cervello.
Osò aprire furtivamente un occhio per due secondi e sussultò quando vide che Sirius la stava fissando, i suoi occhi erano ben aperti a non perdersi neanche un istante. Solo in quell'istante, Hermione capì cosa s'intendeva per occhi cangianti: era senza fiato per la quantità di sfumature che era possibile notare nelle sue iridi.
Hermione avvertì panico quando lo sentì allontanarsi, così si sbilanciò d'istinto in avanti, tornando a posare le labbra sulle sue e strappandogli un verso di sorpresa.
Sirius sorrise nel bacio e infilò una mano nei lunghi capelli crespi, sulla nuca, per avvicinarla ancora di più. Si baciarono per un lungo momento, entrambi non del tutto certi su cosa fare: Hermione si era quasi ritratta quando la sua lingua aveva incontrato quella di Sirius, ma una passione che non credeva di possedere la spingeva comunque verso di lui.
Sirius, dal canto suo, stava facendo una certa violenza su se stesso per evitare di andare oltre. Non poteva nascondersi dietro l'ipocrisia del perbenismo, gli anni in mancanza di contatto umano si sentivano tutti, però cercava di ricordarsi chi stava baciando: Hermione Granger non era solo una ragazza di diciannove anni più giovane, era anche la migliore amica del suo figlioccio, era anche una di famiglia.
Nonostante si fosse più o meno preparato psicologicamente a una cosa del genere, fu quasi sorpreso nel sentire le sue mani sulla faccia, i suoi movimenti farsi più sicuri; Hermione si stava abituando e la cosa lo spaventò: quello era di certo andare oltre.
Sirius si scostò delicatamente e si rizzò, tenendola in bilico sulle punte dei piedi; rimasero così, a fissarsi in silenzio da distanza ravvicinata, mentre Hermione ascoltava il cuore batterle all'impazzata nel petto e avvertiva la mano di Sirius ancora incastrata nei suoi capelli.
Sirius la guardava così intensamente negli occhi che sembrava volesse tirale fuori l'anima, senza osare fare nessun tipo di movimento né parlare, limitandosi a godere dello spettacolo dei suoi occhi brillanti.
L'avrebbe baciata altre mille volte ma non poteva: quello che aveva fatto era anche troppo. Dopo un lungo sospiro, sfilò la mano dai suoi capelli e le sfiorò una guancia.
«Buonanotte, Hermione» mormorò, non sapendo bene cos'altro dire.
Hermione batté le palpebre come se fosse stata bruscamente risvegliata da un sogno, un sogno dove Sirius non era il padrino trentacinquenne di Harry, e sospirò con lui.
«Buonanotte, Sirius» riuscì a dire, allontanandosi verso la porta.
Si guardarono per un altro istante, entrambi sperando che uno dei due dicesse qualcosa di importante o risolutorio, ma nessuno dei due aprì bocca.
Hermione si costrinse a sorridere, poi uscì velocemente dalla cucina senza più guardarlo. Era una ragazzina stupida così non riuscì a impedirsi di salire le scale molto lentamente, nella speranza che lui cambiasse idea e la richiamasse indietro. Contò tutti i centoventicinque passi che separavano la cucina dalla sua camera, ma Sirius non la richiamò mai e si mise a letto ridendo di se stessa.
Sirius continuò a fissare la porta a lungo, poi tornò a sedersi con una calma che non provava. Avrebbe voluto dire qualcosa di più, qualcosa che le facesse capire che per lui non era stato solo un passatempo a caso, ma a che pro se poi niente di tutto quello avrebbe avuto una continuazione? Che senso aveva illuderla?
Se ne stette al buio ad ascoltare i rintocchi dell'orologio e, quando Remus aprì la porta un'ora dopo, lo trovò nella stessa posizione; non aveva più bevuto un goccio di alcool, stupidamente aveva avuto paura di cancellare quel sapore dalle sue labbra.
«Allora» fece Remus, con l'aria di chi la sapeva lunga. «Cicchetto della staffa?» Propose e Sirius ghignò, roteando la bacchetta a evocare un altro bicchiere.
Remus si sedette di fronte a lui, alzando il bicchiere di Firewhisky «Alla gioventù…»
«… e ai giovani decrepiti» aggiunse Sirius, battendo il bicchiere contro il suo. Esitò solo un istante, poi buttò giù tutto d'un soffio.
Remus bevve un sorso, poi continuò a ruotare il bicchiere semipieno «Sono andato a letto con Tonks» rivelò con un sussurro.
Sirius si bloccò un attimo col bicchiere a mezz'aria, poi torno a riempirselo senza una parola. Remus alzò lo sguardo su di lui «Poi le ho detto che non voglio continuare».
«Lo so» replicò Sirius. «Io e Hermione vi abbiamo ascoltato per sbaglio» rivelò.
«A proposito, l'ho baciata» aggiunse, tornando a bere un altro bicchiere.
Remus gli lanciò un‟occhiata accusatoria mentre Sirius non guardava, ma giudicò fosse meglio non fare commenti in quel momento. Si girò a fissare la foto accanto al gomito di Sirius, dove Lily e James sorridevano e salutavano. Improvvisamente scoppiò a ridere.
Sirius abbassò il bicchiere e lo guardò a occhi sgranati «Sei già ubriaco? Un tempo reggevi» fece, ma Remus scosse la testa, con le spalle scosse da singulti.
«Quei due ci prendono in giro» fece, indicando James e Lily.
Sirius si girò a fissare la foto e rise.
«Ah, ragazzi. Se ci foste voi ci avreste già preso a calci» fece, riempiendo il bicchiere e alzandolo nella direzione della foto, come per brindare alla loro salute.
Remus si riempì il bicchiere e lo alzò a sua volta «Ben detto» borbottò e fecero cozzare di nuovo i bicchieri.
Quella volta Remus lo bevve tutto d'un fiato, poi si alzò un po' barcollante «Vado a dormire, domani i ragazzi si svegliano presto per andare a King's Cross, devo fare la scorta».
Sirius sbuffò «Lo so, col casino che farete sveglierete tutto il mondo. Buonanotte, Moony».
«Buonanotte Pad, andrà tutto bene» gli fece, battendogli un braccio e uscendo dalla cucina.
Sirius guardò per un altro secondo la foto «Buonanotte ragazzi» mormorò, per poi infilarsela in tasca e alzandosi. Forse aveva esagerato con l'alcool quella sera, eppure si sentiva troppo sveglio di testa per essere così intorpidito di membra.  Non avvertiva quell'adrenalina da molti anni, ma tutto sommato erano almeno quindici anni che non baciava nessuno.
Quindici anni, patetico.
Hermione si rigirò per l'ennesima volta, senza riuscire a convincere il suo cervello a spegnersi. Sentiva il suo corpo pieno di un'energia inespressa che girava senza requie e s'infilava nei suoi muscoli e nei suoi pensieri. Avrebbe voluto alzarsi e correre a perdifiato, o magari urlare e scuotere Ginny fino a svegliarla o lanciare cuscini o lanciare incantesimi fino al mattino seguente. Come avrebbe potuto andare a Hogwarts e dimenticarsi di quello che era successo? Dimenticarsi di quel profumo che le s'infilava nei sensi, delle sensazioni scaturite dal suo tocco, la debolezza che la prendeva quando certe immagini le arrivavano alla mente o quando immaginava quel ghigno a metà tra l'irritante e il sornione?
«Per l'amor di Dio, Hermione, dormi» si sussurrò, allungandosi le lenzuola sulla testa.
Quasi urlò quando qualcosa apparve per magia sulla sua faccia, poi capì essere una lettera.
«Lumos» sussurrò, col cuore in gola.
Prima ancora di leggere il nome capì dalla calligrafia raffinata e corsiva che la lettera era di Sirius e il cuore cominciò a battere di nuovo di aspettativa.
 
Hermione,
non sono sicuro che sia giusto scriverti, soprattutto dopo quello che è successo. Forse sarebbe giusto chiederti scusa per quello che ho fatto, ma non sono nella posizione di decidere cosa sia giusto e cosa no.
Una parte molto egoista e, lo ammetto, molto vanesia di me spera che conserverai questa lettera come ricordo di una cosa che credo sia stata meravigliosa.
Un’altra parte molto più umile, e probabilmente più saggia, ti consiglierebbe di fare qualunque cosa possa farti stare meglio, anche (e lo scrivo a malincuore) eliminare questo frammento di ricordo per sempre.
Temo che nulla in questa lettera ti sembrerà coerente, ma ho voluto farlo prima che l’energia che mi scorre nel corpo adesso mi lasci. Sono una persona istintiva, capricciosa, egoista (e dopo stasera nessuno esiterebbe nel dire anche “immorale”), ma sicuramente né vile né bugiarda.  
Quindi è con notevole coraggio e onestà (uniti a buone dosi di Firewhisky e istinto e egoismo) che ti confesso: rifarei tutto quello che ho fatto. Forse la parte più piccola di me, quella morale che capirai essere piuttosto denigrata all’interno del ricco mosaico della mia personalità, se ne dispiacerà sempre.
Tuttavia ti considero troppo intelligente per mentirti con una finta moralità e ti considero anche troppo importante per perderti a causa di un superficiale egoismo.
Spero che quanto sia accaduto non ti abbia spaventato e spero che userai questa lettera per ricordarti che avrai sempre qualcuno, fuori da Hogwarts, che tiene a te e a cui puoi rivolgerti.
Sempre tuo (qualsiasi cosa significhi),
Sirius
 
Hermione lesse la lettera tutta ad un fiato, poi si calmò e la rilesse di nuovo, un‟altra volta ancora e altre dieci. Ogni volta con più passione o con più divertimento per i toni a metà tra il contegno stilistico e il sarcasmo spinto, ogni volta con il cuore che batteva più forte e la mente che volava più in alto.
Se fosse stata appena più grande, più adulta, più intelligente o forse più furba, più razionale o forse meno, sarebbe corsa da lui e avrebbe passato quell'ultima notte a Grimmauld Place con lui, qualsiasi cosa avrebbe potuto significare. Invece si limitò a prepararsi a una notte insonne.
 
La mattina seguente fu un vero delirio e tra gente che doveva partire, bagagli, scorta, la signora Black e la signora Weasley che urlavano all'unisono e a pieni polmoni non si capiva niente. Hermione beneficiò di qualche secondo di pace solo perché Tonks ebbe l'accortezza di svegliarla prima di tutti gli altri, cosa di cui le sarebbe stata grata a vita.
Purtroppo, appena dopo aver fatto colazione immerse nel silenzio della cucina, la signora Weasley svegliò i ragazzi, qualcuno suonò il campanello e il caos cominciò.
«Oh per l'amor del cielo, sta zitta brutta megera!» Urlò Sirius passando davanti alle scale.
«Sirius, chiudi le tende!» Urlò a sua volta Molly, ma Sirius fece un gesto noncurante.
«Con tutti il casino che fate sarebbe inutile, ricomincerebbe due secondi dopo» grugnì, entrando di gran carriera in cucina.
«Beh, buongiorno» ironizzò Tonks, appoggiata al lavello con il caffè in una mano.
«Parla per te» ringhiò lui, buttandosi sul tavolo con la testa tra le mani. «Mi scoppia il cranio e sono appena le sette» ironizzò, mentre la cugina gli porgeva il caffè e una pacca di consolazione.
Hermione lo guardò in tralice per tre millisecondi, poi scattò in piedi «Per Morgana, devo controllare se è tornata Edvige!» Esclamò, schizzando fuori dalla cucina.
Sirius riuscì giusto a notare la sua chioma che ballonzolava fuori dalla stanza, poi tornò a grugnire sul suo caffè.
*«Potevate farle male sul serio, idioti!» Stava urlando la Signora Weasley verso i gemelli, mentre Ginny si rialzava dolorante dal fondo delle scale.
Hermione agguantò Edvige dalle mani della Signora Weasley e corse su per le scale proprio quando la signora Black ricominciò con la solita litania.
«Oh, stia zitta» brontolò con stanchezza, afferrando al volo un pigro Grattastinchi e scaraventandosi nella stanza di Harry e Ron.
*«Mamma e papà hanno appena rimandato Edvige» fece distrattamente, mentre la civetta sbatté piano le ali e si appollaiò in cima alla propria gabbia. «Sei pronto?»
«Quasi. Ginny sta bene?» chiese Harry, infilandosi gli occhiali.
«La signora Weasley l'ha risistemata» disse Hermione. «Ma ora Malocchio brontola che non possiamo uscire se non arriva Sturgis Podmore, altrimenti mancherà una persona alla scorta».
«La scorta?» disse Harry. «Dobbiamo andare a King's Cross con la scorta?»
«Tu devi andare a King's Cross con la scorta» lo corresse Hermione.
«Perché?» chiese Harry seccato. «Credevo che Voldemort fosse nascosto, o mi stai dicendo che salterà fuori da dietro un cestino dell'immondizia per farmi fuori?»
«Non so, è Malocchio che lo dice» rispose Hermione, guardando l'orologio. «Ma se non usciamo in fretta perderemo il treno di sicuro...» fece, a metà tra l'agitazione e la voglia di mollare tutto e restare lì. Lei e Sirius si erano a malapena incrociati e lui non le aveva mai rivolto la parola; dopo il bacio e la lettera non c'era altro da dire, ma Hermione si ritrovò a pensare che avrebbe volentieri barattato il primo mese di Hogwarts per stare da lui e parlarne.  
«Volete scendere tutti quanti, per favore?» Urlò furiosa la signora Weasley di sotto e Hermione fece un balzo come se si fosse scottata e corse fuori dalla stanza.
Tonks, in cucina, posò la tazza di caffè e sospirò «Esco anch'io o mi uccide» ironizzò, uscendo dalla cucina per unirsi alla scorta fuori, e Sirius fece qualche mugugno distratto.
Era deciso ad accompagnarli a King's Cross trasformato in Animagus e sapeva che a Molly non sarebbe andato a genio, quindi si stava preparando psicologicamente. Se ne infischiava di quello che diceva Malfoy, non voleva perdere quell'unica occasione di salutare Harry, e sì anche Hermione, prima di mesi di reclusione forzata.
*Nel frattempo Harry afferrò Edvige, la ficcò senza tante cerimonie nella gabbia e scese dietro a Hermione, trascinando il baule giù per le scale. Il ritratto della signora Black continuava a ululare dalla rabbia, ma nessuno si diede la pena di chiuderle le tende in faccia; come diceva Sirius, tutto il fracasso nell'ingresso l'avrebbe risvegliata comunque.
«Harry, tu devi venire con me e Tonks» Urlò la signora Weasley sovrastando gli strilli ripetuti della signora Black. «Lascia qui baule e civetta, ai bagagli ci pensa Alastor... oh, per l'amor del cielo, Sirius, Silente ha detto di no
Sirius si era trasformato nell'enorme cane nero ed era comparso al fianco di Harry, che stava scavalcando i vari bauli stipati nell'ingresso per raggiungere la signora  Weasley.
 «Oh, insomma...» sbottò lei, esasperata. «Be', la responsabilità è solo tua!» Sbottò, aprendo con forza la porta d'ingresso e uscendo nel debole sole settembrino.
Harry e il cane la seguirono. La porta si richiuse con un tonfo alle loro spalle e gli strilli della signora Black s'interruppero all'istante, lasciandoli finalmente nel silenzio.
«Dov'è Tonks?» chiese Harry, guardandosi intorno mentre scendevano i gradini di pietra del numero dodici, che sparirono non appena raggiunsero il marciapiede.
«Ci sta aspettando laggiù» rispose la signora Weasley in tono severo, distogliendo lo sguardo dal cane nero che avanzava a balzi al fianco di Harry.
Una vecchia signora li salutò all'angolo. Aveva i capelli grigi a riccioli fitti e portava un cappello viola a forma di pasticcio di maiale in crosta.
«Ciao, Harry» disse, con una strizzatina d'occhio. «Meglio muoversi, no, Molly?» aggiunse.
«Lo so, lo so» gemette la signora Weasley allungando il passo. «Malocchio voleva aspettare Sturgis... se solo Arthur fosse riuscito a mandarci un'altra volta delle macchine dal Ministero... ma di questi tempi Caramell non gli lascia prendere in prestito nemmeno una boccetta vuota d'inchiostro. Come fanno i Babbani a viaggiare senza magia!»
Sirius diede in un latrato di gioia e saltò attorno a loro, cercando di mordere i piccioni e inseguendo la propria coda. Harry rise: Sirius era rimasto rinchiuso per troppo tempo. La signora Weasley strinse le labbra in un modo che ricordava tanto zia Petunia*.
Hermione, invece, era andata avanti con Ron e il signor Weasley e quasi si dispiacque di non aver potuto passare più tempo con Sirius, anche se in forma di cane.
«Hermione, tutto apposto?» Provò a chiedere Ron, rallentando per affiancarsi a lei.
Hermione annuì distrattamente, ma poi pensò che avrebbe dovuto cominciare a essere più affabile visto che stavano per passare molte ore insieme a Hogwarts.
Lo guardò e si costrinse a sorridere «Sono solo un po' tesa per questa cosa della scorta…»
Ron sbuffò «Hai ragione, ma ci vogliono solo venti minuti per arrivare a King‟s Cross. E poi finalmente torneremo a Hogwarts!» Esclamò il suo entusiasmo, suo malgrado, la coinvolse. Arrivarono a King's Cross dopo pochi minuti, si appoggiarono con noncuranza alla parete tra i binari 9 e 10 e arrivarono sulla piattaforma del treno scarlatto, dove c'erano già tutti.
Sirius latrò felice e saltellò attorno a tutti. Hermione approfittò delle distrazioni del gruppo per osservarlo con espressione triste mentre lui le leccava la mano per farla ridere.
I momenti dei saluti arrivarono con una stretta al cuore e quando tutti cominciarono a salutarsi, Hermione abbassò istintivamente la testa verso il cane.
«Ciao. Ti scriverò» sussurrò senza riuscire a frenarsi e, anche se sembrò che la sua voce si perdesse tra gli schiamazzi e gli ululati del treno, Sirius le leccò la mano di nuovo, come per farle capire che aveva sentito.
Dopodiché fu Tonks ad avvicinarsi «È stato magnifico conoscerti» le fece, abbracciandola. «Mi raccomando, scrivimi se hai bisogno. Io mi occuperò di Sirius» le sussurrò e Hermione le sorrise come gesto d'intesa.
Remus le guardò con un'espressione strana, poi su avvicinò e prese la sua mano tra le sue.
«Mi raccomando, Hermione» le fece, con un tono che lei non riuscì ad afferrare. Comunque gli sorrise, ma non riuscì a dire nulla perché il treno emise un fischio di avvertimento.
*«Svelti, svelti!» esclamò la signora Weasley concitata, abbracciandoli a caso.  «Scrivete e fate i bravi... se avete dimenticato qualcosa ve la spediremo. Ora salite sul treno, presto...»
Per un breve istante, l'enorme cane nero si rizzò sulle zampe di dietro e posò quelle davanti sulle spalle di Harry, ma la signora Weasley spinse via Harry verso lo sportello del treno, soffiando «Per l'amor del cielo, comportati in modo più canino, Sirius!»
«Ci vediamo!» Gridò Harry dal finestrino aperto, mentre il treno cominciava a muoversi; Ron, Hermione e Ginny salutavano con la mano accanto a lui.vLe sagome di Tonks, Lupin, Moody e dei signori Weasley rimpicciolirono in fretta, ma il cane nero corse accanto al finestrino, scodinzolando; le persone sfocate sul marciapiede risero nel vederlo inseguire il treno, poi questo fece una curva, e Sirius sparì *.
Hermione fece un ultimo gesto di saluto, poi richiuse il finestrino con un insieme di emozioni indefinibili: la consueta eccitazione per il ritorno a Hogwarts, a casa, si mescolava alla paura per quell'anno così insolito e per i nascenti sentimenti che prima non c'erano.
Sempre con l‟ultima immagine di Sirius Animagus che correva sulla banchina per salutarli, sospirò e si avviò per il corridoio con Harry e Ron. Pronta ad andare incontro al suo futuro, qualunque esso fosse.

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Capitolo 8
*** La canzone del Cappello Parlante ***


 

La canzone del Cappello Parlante

 
       *Fred e George li salutarono per poi sparire a destra lungo il corridoio, mentre il treno prendeva velocità e loro tre cominciavano a barcollare. Harry si girò verso gli altri due «Andiamo a cercarci uno scompartimento, allora?» chiese, ma notò subito Ron e Hermione guardarsi.
«Ehm» fece Ron.
«Noi, beh... io e Ron dovremmo andare nella carrozza dei Prefetti» disse Hermione cauta.
Ron non stava guardando Harry, sembrava profondamente interessato alle unghie della propria mano sinistra.
«Oh» disse Harry. «D'accordo. Va bene».
«Non credo che dovremo restarci per tutto il viaggio» aggiunse in fretta Hermione. «Le lettere dicevano che dobbiamo ricevere istruzioni dai Capiscuola e poi sorvegliare i corridoi ogni tanto».
«Va bene» ripeté Harry. «Beh, allora magari ci vediamo dopo».
«Sì, sicuro» disse Ron lanciandogli uno sguardo furtivo e ansioso. «È uno strazio doverci andare, preferirei... ma dobbiamo... insomma, non mi diverto, non sono mica Percy» concluse con enfasi.
«Lo so» Harry sogghignò e cominciò ad andare verso la direzione opposta*.
Quando fu abbastanza lontano, Hermione e Ron sospirarono quasi all’unisono, poi si avviarono verso la carrozza dei Prefetti in testa al treno.
«Ho quasi avuto paura che urlasse di nuovo…» confidò Ron con un borbottio.
«Non dire sciocchezze» lo redarguì Hermione, che in realtà aveva pensato la stessa cosa. Nonostante quello che le aveva detto Sirius, continuava a sentirsi tremendamente in colpa per Harry e la sensazione di esclusione che doveva provare a causa di Silente; non riusciva davvero a capire dove volesse andare a parare il preside.
«Vuoi dire che non eri neanche un po’ tesa?» Le domandò scettico Ron e lei dovette parzialmente concordare «Ok, forse solo un pochino…»
Ron si girò a sorridere per la piccola vittoria, ma poi si scontrò con qualcuno che faceva la bella statuina in mezzo al corridoio.
«Ehi tu, che diav-» cominciò, ma si morse la lingua quando capì al volo di chi si trattasse: i capelli biondo pallido non lasciavano spazio ai dubbi. «Malfoy» grugnì freddamente.
Draco Malfoy si girò verso di loro con un’espressione a metà tra il sarcastico e il disgustato «Non ci posso credere, voi due. Questo posto raggiunge sempre nuove vette di bassezza» sputò, mentre Hermione sospirava «Non abbiamo tutta la giornata».
«Oh, Granger. Io posso pure capire che tu possa essere diventata Prefetto, da so-tutto-io e sputa-sentenze quale sei. Ma tu» continuò, rivolgendosi a un nervoso Ron. «Hai per caso ucciso Potter per avere questo posto?»
Le orecchie di Ron divennero ancora più rosse e, per risposta, il ghigno di Draco si allargò «Suppongo possa valere come un sì?»
«Cos’è, vi siete addormentati là fuori?» Sbottò una voce dalla carrozza, tirando fuori la testa per capire da dove provenisse il problema. Blaise Zabini, pelle scura e profondi occhi neri, lanciò un’occhiata sommaria a tutti, arrestandosi su Draco «Malfoy, lo sapevo che in qualche modo c’entravi tu. Vuoi muovere il tuo regale fondoschiena?»
Draco roteò su se stesso «Zabini, non rompere il cazzo» replicò con voce flautata.
L’altro non fece una piega «Allora muoviamoci, non ho tutto il giorno» rimbeccò ritornando dentro e Hermione prese un’espressione sollevata, passando davanti a Draco.
«E grazie!» Fece, sedendosi vicino al finestrino; Ron si posizionò al suo fianco con aria perplessa.
«Granger, non ti avevo visto sotto quel cespuglio» fece Zabini, lasciandosi cadere sul sedile di fronte a lei. Ron si accigliò e lo fissò meglio: ovviamente l’aveva visto andare in giro per il castello, ma non l’aveva mai visto parlare con Hermione.
«E dire che neanche io ti avevo visto, considerando come svolazzi a mezzo metro da terra a causa dell’ego gigantesco» replicò Hermione indifferente, già immersa in un libro che si era portata dietro. Il ragazzo rise, poi si girò verso Ron e allungò la mano «Scusami, non mi sono presentato: io sono Blaise Zabini».
Ron allungò la mano a sua volta «Io sono Ron-»
«Weasley, immagino» ironizzò lui, dando un’occhiata ai capelli rossi di cui era fornito.
Pensandoci bene, Ron considerò che Zabini – pur essendo un Serpeverde piuttosto conosciuto – non aveva mai fatto gruppo con Malfoy. Già solo per quello poteva considerare di dargli una mezza possibilità.
«Allora!» Cominciò una voce autoritaria, mentre lo sportello si apriva di botto. Sulla soglia c’era un ragazzo dagli arruffati capelli biondi e lentiggini su praticamente qualunque parte del corpo visibile; indossava già la divisa scolastica su cui aveva appuntato la spilla di Caposcuola: una grossa H viola sovrapposta allo stemma di Hogwarts.
Il ragazzo inarcò un sopracciglio e li contò «Per amor di Merlino, dove sono finiti i vostri compagni?» Sbottò, rivolgendosi a Hannah Abbott di Tassorosso e il Prefetto Corvonero. «Dio mio, questa cosa mi farà impazzire, lo so già» grugnì, risistemandosi gli occhialetti scivolati lungo il naso sottile e buttandosi accanto a Ron.
Draco provò ad aprire bocca per fare una risatina, o per sparare una battuta delle sue, ma il ragazzo gli puntò minacciosamente un indice contro «Non è il momento».
«Adrien!» Una ragazza, che era evidentemente l’altra Caposcuola di quell’anno, spuntò dal corridoio. «Questi due» cominciò, indicando due persone che Hermione non riusciva a vedere dalla sua posizione. «Hanno fatto tardi perché si stavano sbaciucchiando in una carrozza» spiegò con un ghignetto.
Draco borbottò qualcosa che suonava molto come «Cominciamo bene», poi il Caposcuola biondo sospirò «Soprassediamo, entrate e cominciamo questa benedetta riunione».
I due ragazzi beccati in flagrante, che si dimostrarono essere l’altra Prefetto Corvonero  e uno dei Prefetti Tassorosso, entrarono, entrambi rossi come il sole al tramonto.
«Ah, già» fece distrattamente la Caposcuola, mormorando un incantesimo per allungare le panche della carrozza in modo che potessero starci tutti comodamente seduti.
Hermione sentì distintamente Zabini complimentarsi con la sua collega, ancora molto imbarazzata, mentre Draco e Ron ghignavano sotto i baffi. Una situazione paradossale.
«Allora, come ormai avrete capito noi siamo i due Capiscuola di quest’anno. Io sono Adrien Brown e sono un Serpeverde… Malfoy non guardarmi in quel modo, niente favoritismi… mentre lei è Alice Fayle di Tassorosso».
«Tassorosso?» Si lasciò sfuggire ancora Draco e quella volta quasi perse due anni di vita quando la ragazza si allungò su di lui e lo tirò per la cravatta, rischiando di soffocarlo «Hai qualcosa da dire sulla mia Casa, mh?»
«Chi io? Per niente» ironizzò lui, a voce mozzata.
Zabini scrollò la testa e si sistemò meglio nel sedile.
Alice ghignò di nuovo «Bene» commentò solo, mentre si rizzava scostandosi dalla faccia i lunghi ricci scuri. «Voi siete, nostro malgrado, il gruppo di Prefetti scelto per quest’anno. Come immagino già saprete, i Prefetti sono due per ogni Casa e hanno la responsabilità di mantenere l’ordine anche attraverso la sottrazione dei punti» cominciò a spiegare.
«Spero non sia necessario dover sottolineare che questo, chiamiamolo, “potere” non debba essere utilizzato per scopi personali: non potete usarlo, direttamente o indirettamente, per fare favoritismi, non potete usarlo come vendetta, non potete usarlo in modo parziale» aggiunse Adrien in tono neutro, anche se per tutti era palese che ce l’avesse con Draco.
«Non potete sottrarre punti agli altri Prefetti, ovviamente, e dovrete cercare di collaborare nel caso serva mantenere l’ordine tra le varie Case» continuò Alice, mentre sia Ron che Draco sbuffavano piano – Ron prendendosi una gomitata da Hermione nelle costole.
«Tra i compiti dei Prefetti c’è anche quello di gestire l’arrivo al castello: appena prima che il treno arrivi in stazione dovrete controllare che tutti si siano preparati per scendere, poi dovrete smistare i primi anni per la traversata del lago e controllare che tutti gli altri prendano le carrozze» snocciolò ancora Alice.
Hermione aveva già tirato fuori il suo blocchetto e prendeva appunti, mentre Ron desiderava ardentemente mollare tutto e andarsi a rimpinzare di Cioccorane con Harry. Zabini lanciò un’occhiata a Hermione «Hai addirittura bisogno di appunti, Ms. Aritmanzia?» Frecciò e Hermione gli lanciò un’occhiataccia «Riparliamone quando riuscirai a distinguere un numero concavo da un cavo» ribatté e l’altro ridacchiò, ritornando a concentrarsi.
Ron ovviamente non capì quello scambio di battute, ma era abbastanza sveglio da intuire che si conoscevano già da un bel po’ e la cosa gli sembrò davvero strana, considerando che né lui né Harry l’avevano mai notato.
«… ovviamente sarete voi a donare le parole d’ingresso agli studenti, quindi cercate di mantenere un bel rapporto con i custodi o sono guai. L’ultima volta che si è indisposta, la Signora Grassa di Grifondoro ha cambiato una password all’ora per una settimana. Percy Weasley stava impazzendo» stava raccontando Adrien e Ron gemette, roteando gli occhi in cielo: possibile che la sua famiglia dovesse sempre essere fonte di imbarazzo?
Alice diede un’occhiata ai suoi appunti «Ah, ricordatevi che dovete tener sotto controllo anche la vostra Sala Comune: niente schiamazzi o disturbi a chi studia, tutti devono essere in Sala dalle sette e mezza in poi, nove per gli studenti dal quinto in su; controllate che nessuno se ne vada a zonzo di notte per la scuola. E, di nuovo, per l’amor del cielo, il bagno dei Prefetti è un bagno pubblico!» Esclamò, mentre le ragazze presenti arrossivano e i ragazzi sogghignavano perché avevano pensato tutti la stessa identica cosa.
Adrien notò quello scambio di sguardi e si sistemò nervosamente gli occhiali «Non scherziamo: se vi becchiamo vi mandiamo da Silente; la spiegherete a lui la… situazione» borbottò, ritornando alla lista. Passarono un’altra ora di chiacchiere, battute e appunti e poi furono finalmente fuori.
«Ah, libertà!» Esclamò Ron, stiracchiandosi. Hermione gli pestò un piede, indicando i due Capiscuola che si allontanavano velocemente, poi lo guardò male «Ancora dobbiamo iniziare e già cominci a…»
«Dio mio Granger, rilassati» sibilò Draco, uscendo dietro di loro. «Verrò a trovare il povero appestato tra poco» annunciò sarcastico e gli altri due sospirarono.
«Non vediamo l’ora» frecciò ironica Hermione e, finalmente, Mr. Lingua Biforcuta se ne andò per i fatti suoi, quasi atterrato da Pansy Parkinson che lo stava aspettando al varco.
«Sempre simpatico quanto una ginocchiata sui denti…» stava commentando Ron quando Zabini uscì dallo scompartimento, ridacchiando alla sua battuta e facendo un mezzo inchino ironico a Hermione «Ci vediamo in giro allora Ms. Artimanzia» fece, prima di avviarsi nella direzione opposta a quella di Draco. Hermione roteò gli occhi al cielo, chiedendosi perché li conoscesse tutti lei gli strambi, e si avviò verso lo scompartimento di Ginny e Harry.
Ron corse per raggiungerla e affiancarsi a lei «Quindi?»
«“Quindi” cosa?»
«Come cosa? Quello!» Sbottò Ron, indicando il vuoto dietro di sé.
«Si chiama treno, Ron» ironizzò Hermione, ma aveva capito benissimo dove voleva andare a parare; in realtà temeva quell’incontro da quando aveva capito che lei e Ron sarebbero stati Prefetti, ma oramai il danno era bello che fatto. La sua idea iniziale era che Harry diventasse Prefetto e naturalmente la cosa sarebbe stata più facile da gestire, ma Ron…
Ron scosse la testa con veemenza e cominciò «Sai benissimo di chi parlo… “Mr. Aritmanzia”» rimbeccò sarcasticamente, calcando sul nomignolo.
Hermione sbuffò per non ridere «È un mio compagno di corso, tutto qui…»
«E un Serpeverde,  amico di Malfoy! E perché io e Harry non sapevamo vi parlaste?» Incalzò ancora e Hermione fece una cosa a metà tra il grugnito e lo sbuffo «Perché voi avete scelto di fare quella materia inutile invece di Aritmanzia, ecco perché» ribatté, fermandosi in mezzo al corridoio: aveva appena intravisto Harry, Ginny e Neville in una carrozza, accompagnati ad una ragazza bionda un po’strana. «Eccoli!»
*«Muoio di fame» annunciò di colpo Ron facendo scorrere lo sportello.
Stipò Leotordo vicino a Edvige, afferrò una Cioccorana di Harry e si gettò nel sedile vicino al suo. Strappò la busta, staccò con un morso la testa della rana e ricadde all'indietro con gli occhi chiusi, come se avesse appena passato una mattinata estenuante.
«Beh, ci sono due Prefetti del quinto anno per ogni Casa» cominciò a dire Hermione, che prese posto con aria assai scontenta. «Di solito maschio e una femmina…»
«Non sempre. Indovina chi è uno dei Prefetti Serpeverde?» chiese Ron, a occhi chiusi.
«Malfoy» rispose subito Harry, certo che il suo peggior timore avrebbe avuto conferma.
«Naturale» commentò Ron amareggiato.
«Chi sono quelli di Tassorosso?» chiese Harry.
«Hannah Abbott e Wayne Hopkins» fece Ron con un ghignetto. «Che tra l’altro si stava già dando parecchio da fare prima di essere beccato…» alluse, mentre Harry sgranava gli occhi «Cosa? E con chi?»
«Con Lisa Turpin, uno dei Prefetti Corvonero» Rispose Hermione, già scocciata dal gossip.
«Vogliamo parlare dell’altro Prefetto Serpeverde?» Chiese Ron e Hermione fu sicura che l’avesse lasciato per ultimo apposta e sbuffò.
«Di chi state parlando, si può sapere?» Aggiunse Ginny, con tanto di occhi.
«Blaise Zabini. È un mio compagno del corso di Aritmanzia. Non capisco per quale motivo, ma Ron è andato fuori di testa» commentò lei e Ron arrossì.
Harry e Ginny si scambiarono una significativa occhiata con tanto di sorrisino, ma Hermione non ci fece troppo caso mentre continuava «Eppure pensavo ti sarebbe piaciuto visto come ha trattato Malfoy».
«Dimmi che fa parte del club “Malfoy è un povero idiota”» provò a dire Harry e Hermione annuì veemente «Assolutamente, dovevi vedere come l’ha zittito!»
«Strano per un super Purosangue» frecciò Ron, un po’ duramente.
Hermione ebbe la netta sensazione che stavano ricominciando lo stesso discorso che avevano già fatto una volta a Grimmauld Place sulla purezza del sangue e lanciò un’occhiata esasperata a Ginny, che aprì bocca per dire qualcosa e troncare una probabile discussione sul nascere. Tuttavia Neville finalmente staccò gli occhi dalla sua rivista sulle piante magiche e intervenne «Di chi parlate?»
«Blaise Zabini» fece Hermione fredda, anticipando il grugnito di Ron.
Neville s’illuminò «Oh sì, allora lo conosco. La signora Zabini è una famosissima ereditiera… nonna dice che è una brava persona!»
Hermione lanciò un’occhiata soddisfatta a Ron come se quello sistemasse tutto; si sedette accanto a Harry con l’idea di tornare a leggere l’altro libro che era riuscita a prendere da casa Black – La Purezza del sangue: da Salazar Slytherin a Voi-Sapete-Chi –, invece riuscì a cacciarsi in un altro guaio offendendo Luna Lovegood, suo padre e la sua rivista, sotto gli sguardi perplessi o imbarazzati degli altri; eppure secondo lei era sano far capire a qualcuno che viveva fuori dalla realtà.
Chiaramente era l’unica persona razionale nel raggio di chilometri.
Dopo qualche lungo minuto di silenzio, però, cominciò a pensare di dover dire qualcosa per distendere quell’atmosfera un po’ tesa, ma il disturbo le fu risparmiato dalla porta che si aprì per la milionesima volta. Non dovette neanche tirare a indovinare, visto che le era stato già preannunciato: *Draco Malfoy rivolse alla cabina il solito sorrisetto compiaciuto, in piedi tra i suoi compari Tiger e Goyle.
«Che cosa c'è?» chiese Harry in tono aggressivo, prima che Malfoy potesse aprir bocca.
«Sii educato, Potter, o dovrò metterti in castigo» rispose Malfoy con la sua voce strascicata. «Vedi, io, a differenza di te, sono stato scelto come Prefetto, il che significa che io, a differenza di te, ho il potere di infliggere punizioni».
«Sì» disse Harry. «Ma tu, a differenza di me, sei un idiota, quindi esci e lasciaci in pace».
Ron, Hermione, Ginny e Neville risero, ma Draco fece un sorrisetto «Dimmi, che cosa si prova a essere secondi a Weasley, Potter?» chiese e Hermione si accigliò «Taci, Malfoy».
«A quanto pare ho toccato un nervo scoperto» continuò Draco con un ghigno. «Stai attento, Potter, perché io ti starò addosso come un segugio aspettando che tu faccia un passo falso».
Hermione sentì qualcosa scattarle dentro, a metà tra il cervello e il cuore, e si alzò d’impulso, indicando loro la porta «Fuori!» urlò.
Sogghignando, Malfoy scoccò a Harry un ultimo sguardo maligno e se ne andò, con Tiger e Goyle che si trascinavano alle sue spalle. Hermione chiuse violentemente la porta dello scompartimento e si voltò a guardare Harry: come lui, aveva registrato le parole di Malfoy e ne era altrettanto turbata.
«Butta un po' un'altra rana» disse Ron, che evidentemente non si era accorto di nulla.
Harry non poteva parlare in libertà davanti a Neville e Luna, perciò si limitò a scambiare con Hermione un'altra occhiata nervosa, per poi mettersi a guardare fuori dal finestrino *.
La ragazza aveva capito perfettamente cosa aveva voluto sottintendere Draco, così come aveva notato lo sguardo nervoso di Harry. Si risedette accanto a Ron e la mente cominciò a vagare, tornando a Sirius: non ci aveva più pensato da quando erano partiti, ma adesso le parole di Malfoy le avevano messo addosso una sorta d’inquietudine mista a nostalgia.
Si rese conto, con una stretta allo stomaco, che Sirius le mancava: le mancavano i suoi ghigni sghembi e la risata latrante, il suo sarcasmo un po’ amaro e persino i discorsi inquieti ma profondi che le facevano avvertire un legame profondo con lui.
Soprattutto, se si concentrava, riusciva persino a sentire il primo e ultimo bacio che si erano scambiati. Continuava a chiedersi come fosse possibile entrare così velocemente in connessione con qualcuno in così poco tempo e come avrebbe dovuto are per cancellare quella connessione altrettanto rapidamente.
Hermione lanciò un’occhiata di sottecchi al gruppo: Ginny era andata dai suoi compagni del quarto, Harry e Ron avevano cominciato a giocare a carte, mentre Luna e Neville erano ancora sprofondati, rispettivamente, ne Il Cavillo e Erbe Magiche&Affini.
Visto che erano tutti impegnati, poteva anche provarci: si fece coraggio con un profondo sospiro e aprì la sua agenda su una pagina scritta per metà. Da quando aveva ricevuto la sua lettera, stava cercando le parole giuste da scrivere a Sirius, tuttavia continuava a cancellare e riscrivere tutto; niente le sembrava abbastanza per quello che provava, niente sembrava descrivere adeguatamente quello che pensava… a essere sincera, non sapeva nemmeno se doveva in effetti scrivergli qualcosa visto lo stato informe del loro rapporto.
Il padrino del suo migliore amico l’aveva baciata, tuttavia probabilmente non si sarebbero più visti per un bel pezzo… cosa significava quel bacio? Era stato un modo per iniziare qualcosa o una semplice parentesi estiva? Come faceva a sapere se per Sirius che significavo aveva? Certo, le aveva scritto di non essersi pentito, ma la sua lettera era stata anche poco chiara e dettata dall’emozione del momento.
Adesso invece era passato quasi un giorno intero, il cuore si era raffreddato e la mente aveva cominciato a muoversi; col senno di poi non era poi più tanto convinta di quello che doveva fare. Così, alla fine, l’unica cosa di cui poteva dirsi davvero sicura era un banale “Ciao Sirius come stai?”  Ottimo incipit per una lettera memorabile.
Senza pensarci troppo, le venne da sbuffare talmente forte che si girarono tutti verso di lei.
«Cosa c’è?»
«Eh? Oh, niente!» Esclamò, portando per istinto l’agenda al petto.
«Cosa stai facendo?» Provò a chiedere sospettosamente Ron, allungandosi su di lei per leggere. Hermione sussultò e si allontanò «Niente che siano affari tuoi!» Sbottò troppo aggressivamente, mentre lo scompartimento si apriva di nuovo, rivelando una decisamente allegra Ginny «Non potete credere chi ho beccato a baciarsi nel corridoio!» Cominciò, poi notò gli atteggiamenti di Ron e Hermione. «Che state facendo voi due?»
Ron si drizzò sul suo posto «Cercavo di scoprire chi fosse il corrispondente segreto di Hermione…» alluse, mentre lei arrossiva e Ginny inarcava un sopracciglio. La sua espressione non voleva dire nulla di buono e Hermione fu praticamente certa che l’amica gliel’avrebbe fatto sputare fuori per sfinimento.
«Ma davvero?» Sibilò infatti, addossandosi al sedile e incrociando le braccia.
Hermione si morse un labbro con nervosismo, dandosi dell’idiota: avrebbe dovuto immaginare che non era il momento giusto per fare quella cosa. Si girò speranzosamente verso Harry, ma lui sorrise a mo’ di scusa «Se ti aiuto adesso, poi dovrai dirmelo».
«Siete dei ficcanaso!» Commentò lei risoluta, rimettendo l’agenda in borsa con gesto deciso e tirando fuori il suo nuovo libro. Ron si abbassò a leggere il titolo e ritirò la testa con una smorfia schifata, mentre lei riuscì a schermarsi dallo sguardo accusatorio di Ginny.
*Il resto del viaggio passò piuttosto lentamente, mentre il clima rimaneva incerto anche più a nord. La pioggia spruzzava i vetri di malavoglia, poi il sole faceva una debole comparsa prima che le nuvole lo coprissero di nuovo. Quando calò il buio e le lampade si accesero negli scompartimenti, Luna arrotolò Il Cavillo, lo ripose con cura nella borsa e prese invece a fissare tutti i compagni di viaggio.
Harry era seduto con la fronte premuta contro il finestrino e cercava di avvistare un primo scorcio di Hogwarts, ma era una notte senza luna e il vetro rigato di pioggia era sudicio.
«Meglio cambiarsi» disse infine Hermione. Lei e Ron si appuntarono con cura le spille da Prefetto sulla veste. Sia Harry che Hermione videro Ron scrutare il proprio riflesso nel finestrino nero, ma lei sorrise indulgente. Infine il treno prese a rallentare; lungo il convoglio, con un gran chiasso, tutti si davano da fare per recuperare bagagli e animali. Poiché Ron e Hermione dovevano sorvegliare tutto questo, scomparvero di nuovo, lasciando Harry e gli altri a occuparsi di Grattastinchi e Leotordo*.
«Andiamo Ron!» Esclamò Hermione, proiettandosi autoritariamente in avanti e fermando un gruppetto del secondo che correva in modo disordinato. Anche osservandola per un solo secondo era chiaro che fosse fatta per quel lavoro; Ron, invece, provò a stare un po’ più nelle retrovie ma, all’ennesima occhiata esasperata di Hermione, salutò Harry con uno sbuffo e le corse dietro.
«Che caos» grugnì, afferrando un ragazzino a caso e ammucchiandolo con altri compagni alti quanto lui. «State qui. Hermione, mettiamo qui quelli del primo anno!» Urlò e la ragazza si accigliò «Non sono degli oggetti Ron, sii più delicato!»
«Ehi voi due, dove avete messo quelli del primo?» Si aggiunse Zabini, mentre scendeva dal treno con un gruppetto alle calcagna.
Hermione sbuffò, rendendosi conto che era una partita persa contro entrambi; indicò Ron e gli altri del primo, poi corse verso l’altra estremità del treno, seguita da Lisa Turpin.
«Ehi, i ragazzi del primo mi seguano!» Urlò con autorità.
«Io mi occupo di quelli sulla carrozza, allora» fece Lisa con efficienza, correndo velocemente a richiamare quelli più grandi.
Hermione fece un cenno di approvazione; nonostante la prima apparenza, quella ragazza le piaceva già. Sicuramente era meglio di Malfoy, che in quel momento stava strattonando uno del primo manco fosse uno straccio.
«Malfoy, smettila!» Sbottò arrabbiata, osservandolo tra la folla.
Stava per mollare tutto e andargli contro quando vide Zabini spuntare da un lato e gridargli, con lo stesso tono: «Malfoy, la pianti di fare il bullo?»
Zabini sbuffò, poi guardò il ragazzino «Tu, la vedi quella ragazza laggiù con la spilla?  Vai da lei, ti porterà dai tuoi compagni» fece, facendo un cenno a Hermione che gli sorrise.
Alla fine riuscirono a radunare tutti i primini dalla Caporal sul lago, mentre molti studenti più grandi avevano già preso le prime carrozze per il castello.
Zabini arrivò da Hermione con un diavolo per capello «Io Malfoy lo ammazzo un giorno di questi» annunciò, guardandosi intorno per cercare i suoi compagni.
«Ti do una mano allora» borbottò Hermione sullo stesso tono, mentre osservava Ron raggiungere Harry poco più avanti.
«Irritante come pochi, davvero. Oh i miei compagni, vado così posso evitarli» ironizzò, salendo su una carrozza a caso.
Hermione si soffiò via i capelli dalla faccia, pensando a quante altre belle giornate così le aspettavano come Prefetto, poi andò verso Harry e Ron.*«Malfoy è stato assolutamente tremendo con uno del primo anno, laggiù. Giuro che farò rapporto, ha la spilla da tre minuti e la usa per fare il bullo... dov'è Grattastinchi?» Cominciò, guardandosi poi intorno alla ricerca del gatto.
«Ce l'ha Ginny» rispose Harry. «Eccola...»
Ginny era appena sbucata dalla folla; teneva stretto Grattastinchi, che si divincolava.
«Grazie» disse Hermione, prendendo il gatto. «Andiamo, saliamo su una carrozza insieme prima che si riempiano tutte...»
«Non ho ancora Leo!» disse Ron, ma Hermione era già diretta verso la carrozza vuota più vicina. Harry rimase indietro con Ron.
«Che cosa sono quelle cose, ne hai idea?» gli chiese, indicando gli orrendi cavalli, mentre gli altri studenti li superavano.
«Quali cose?»
«Quei cava...»
Luna apparve reggendo la gabbia di Leotordo tra le braccia; il minuscolo gufo cinguettava eccitato, come sempre.
«Eccoti» disse. «È un gufetto tanto carino, vero?»
«Ehm... sì, è a posto» rispose Ron burbero. «Be', allora andiamo, saliamo... che cosa dicevi, Harry?»
«Dicevo, che cosa sono quelle specie di cavalli?» chiese Harry, mentre lui, Ron e Luna raggiungevano la carrozza in cui erano già sedute Hermione e Ginny.
«Quali cavalli?»
«Questi... guarda!»
Harry prese per un braccio Ron e lo fece voltare in modo che si trovasse proprio di fronte al cavallo alato. Ron lo fissò per un secondo, poi tornò a guardare Harry.
«Che cos'è che dovrei guardare?»
«Lì, in mezzo alle stanghe! Attaccato alla carrozza! È proprio davanti a...»
Ma poiché Ron rimaneva perplesso, uno strano pensiero attraversò la mente di Harry.
«Non... non li vedi?»
«Vedere che cosa?»
«Non vedi che cos'è che tira le carrozze?»
Ron ormai era seriamente preoccupato.
«Ti senti bene, Harry?»
«Io... sì...» Harry era sconcertato. Il cavallo era lì davanti a lui, scintillante e concreto nella luce tenue che emanava dalle finestre della stazione, col vapore che gli usciva dalle narici nella fredda aria notturna. Eppure, a meno che non facesse apposta - ed era uno scherzo molto stupido, se lo era - Ron non riusciva proprio a vederlo.
«Allora, saliamo?» chiese Ron dubbioso e guardò preoccupato Harry.
«Sì» rispose Harry. «Sì, prima tu...»
«Stai tranquillo» disse una voce sognante accanto a Harry, mentre Ron spariva nel buio interno della carrozza. «Non stai impazzendo. Li vedo anch'io».
«Davvero?» chiese Harry disperato, voltandosi verso Luna. Vide i cavalli con le ali da pipistrello riflessi nei grandi occhi argentei della ragazza.
«Oh, sì» confermò Luna. «Li vedo dal primo giorno che vengo qui. Hanno sempre tirato le carrozze. Non preoccuparti. Sei sano di mente quanto me» con un vago sorriso salì dietro Ron nell'aria stantia della carrozza. Non del tutto rassicurato, Harry la seguì.
Hermione, che aveva assistito a metà del dibattito, ci pensò pure di spiegare loro la storia dei Thestral, ma poi si rese conto di essere troppo stanca anche solo per tenere gli occhi aperti e si limitò ad appoggiare la testa, chiudendo gli occhi per un attimo. Le preoccupazioni su Malfoy e Sirius, lo stress del nuovo ruolo la stavano già un attimo sopraffacendo e non avevano ancora incominciato l’anno scolastico! Tra tutto quello e i GUFO sarebbe stato un anno infernale.
Le carrozze arrivarono davanti al portone di legno massiccio con la solita andatura sbilenca.
La Sala d'Ingresso era, come sempre, splendente alla luce delle torce; in file ordinate raggiunsero la doppia porta a destra che portava alla Sala Grande e riempirono i quattro lunghi tavoli delle Case. Nonostante ci fossero ormai abituati, era sempre bello vedere la grande sala illuminata da candele a mezz’aria e la volta magica che rifletteva il tempo all’esterno; anche se quella sera era buio e senza stelle.
Hermione pensò che c’era qualcosa di molto rassicurante nell’essere di nuovo lì, un po’ come se la sola esistenza di Hogwarts potesse proteggerli da ogni male. Nonostante le preoccupazioni esternate da Harry e Ron sulla mancanza di Hagrid, l’idea che tutti i loro professori e soprattutto Silente fossero lì le infondevano una grande speranza.
Tuttavia, una parte di quella sicurezza si affievolì quando notò il preside, seduto sul seggio d’oro in mezzo al tavolo, chino sulla strega accanto a lui che gli parlava a un orecchio. Non sapeva dire perché, ma nulla in quella donna gli infondeva sensazioni piacevoli: tarchiata, con corti capelli ricci color topo in cui aveva infilato un orrendo cerchietto, rosa come il vaporoso cardigan che indossava sopra la veste.
E ne fu ancora più sicura quando *Harry esclamò «È la Umbridge!»
«Chi?» chiese, leggermente agitata.
«Era alla mia udienza, lavora per Caramell!»
«Bel cardigan» commentò Ron con una smorfia.
«Lavora per Caramell!» ripeté Hermione, accigliata. «Ma allora che cosa diavolo ci fa qui?»
«Non so...» borbottò Harry, poi il portone della Sala d’ingresso si spalancò e i bambini del primo entrarono, con la solita aria atterrita che Hermione ancora ricordava.
In testa alla fila c’era la professoressa McGranitt con il Cappello Parlante; lo adagiò su uno sgabello e tutta la sala piombò nel silenzio. Erano tutti curiosi di sapere come sarebbe stata la nuova canzone, alla luce di quanto successo. Lo strappo vicino al bordo del cappello si spalancò come una bocca e il Cappello Parlante prese a cantare:
 
«Un tempo, quand'ero assai nuovo berretto e Hogwarts neonata acquistava rispetto,
i gran fondatori del nobil maniero sortivan tra loro un patto sincero:
divisi giammai, uniti in eterno per crescere in spirito sano e fraterno
la scuola di maghi migliore del mondo, per dare ad ognuno un sapere profondo.
'Insieme insegnare, vicini restare!' Il motto riuscì i quattro amici a legare:
perché mai vi fu sodalizio più vero che tra Tassorosso e il fier Corvonero,
e tra Serpeverde e messer Grifondoro l'unione era salda, l'affetto un ristoro.
Ma poi cosa accadde, che cosa andò storto per rendere a tale amicizia gran torto?
Io c'ero e ahimè qui vi posso narrare com'è che il legame finì per errare.
Fu che Serpeverde così proclamò: «Di antico lignaggio studenti vorrò».
E il fier Corvonero si disse sicuro: «Io stimerò sol l'intelletto più puro».
E poi Grifondoro: «Darò gran vantaggio a chi compie imprese di vero coraggio».
E ancor Tassorosso: «Sarà l'uguaglianza del mio insegnamento la sana sostanza».
Fu scarso il conflitto all'inizio, perché ciascuno dei quattro aveva per sé
un luogo in cui solo i pupilli ospitare, e a loro soltanto la scienza insegnare.
Così Serpeverde prescelse diletti di nobile sangue, in astuzia provetti,
e chi mente acuta e sensibile aveva dal fier Corvonero ricetto otteneva,
e i più coraggiosi, i più audaci, i più fieri con ser Grifondoro marciavano alteri,
e poi Tassorosso i restanti accettava, sì, Tosca la buona a sé li chiamava.
Allora le Case vivevano in pace, il patto era saldo, il ricordo a noi piace.
E Hogwarts cresceva in intatta armonia, e a lungo, per anni, regnò l'allegria.
Ma poi la discordia tra noi s'insinuò e i nostri difetti maligna sfruttò.
Le Case che con profondissimo ardore reggevano alto di Hogwarts l'onore
mutarono in fiere nemiche giurate, e si fronteggiaron, d'orgoglio malate.
Sembrò che la scuola dovesse crollare, amico ed amico volevan lottare.
E infine quel tetro mattino si alzò che Sal Serpeverde di qui se ne andò.
La disputa ardente tra gli altri cessava ma le Case divise purtroppo lasciava,
né furon mai più solidali da che i lor fondatori rimasero in tre.
E adesso il Cappello Parlante vi appella e certo sapete qual è la novella
che a voi tutti quanti annunciare dovrò: ma sì, nelle Case io vi smisterò.
Però questa volta è un anno speciale, vi dico qualcosa ch'è senza l'uguale:
e dunque, vi prego, attenti ascoltate e del mio messaggio tesoro ora fate.
Mi spiace dividervi, ma è mio dovere: eppure una cosa pavento sapere.
Non so se sia utile voi separare: la fine che temo potrà avvicinare.
Scrutate i pericoli, i segni leggete, la storia v'insegna, su, non ripetete
l'errore commesso nel nostro passato. Adesso su Hogwarts sinistro è calato
un grande pericolo, un cupo nemico l'assedia da fuori, pericolo antico.
Uniti, e compatti resister dobbiamo se il crollo di Hogwarts veder non vogliamo.
Io qui ve l'ho detto, avvertiti vi ho... e lo Smistamento or comincerò»
 
Il Cappello tornò immobile; scoppiò un applauso, anche se inframmezzato, per la prima volta a quanto ricordava Harry, da borbottii e sussurri. Per tutta la Sala Grande gli studenti si scambiavano commenti e Harry, battendo le mani con gli altri, sapeva con precisione di che cosa parlavano.
«Ha un po' esagerato quest'anno, eh?» Commentò Ron, le sopracciglia inarcate.
«Altroché» rispose Harry.
Il Cappello Parlante di solito si limitava a descrivere le qualità diverse che ciascuna delle quattro Case di Hogwarts ricercava e il proprio ruolo nel riconoscerle. Harry non ricordava che avesse mai cercato di dare consigli alla scuola.
«Chissà se ha mai dato avvertimenti prima d'ora» si chiese Hermione, un po' preoccupata*. Successivamente, anche quando la professoressa McGranitt cominciò a elencare i nomi dei ragazzi allo Smistamento, Hermione non riuscì a non pensare alla canzone: Ron aveva ragione, quell’anno aveva davvero esagerato e non in senso positivo; se persino un manufatto antico come quello, che probabilmente aveva vissuto numerosi conflitti e visto molte guerre, aveva sentito il bisogno di dire la sua, allora probabilmente le cose erano più gravi di quel che poteva sembrare.
Eppure, pensò alzando la testa verso Silente, Hogwarts era lì per loro, stoica e solida come sempre; il loro saggio e potente preside era lì, a sorridere bonario anche con una spia del Ministro letteralmente al suo fianco.
Possibile che ci fossero cose ancora più gravi di cui non fossero a conoscenza? Per un momento ripensò a tutti gli scontri tra Sirius e la signora Weasley su cosa fosse o non fosse giusto che loro sapessero e ebbe un moto di solidarietà per lui: era l’unico che avesse davvero provato a renderli partecipi di cosa davvero stesse accadendo, mentre tutti gli altri – persino Silente – continuavano a giudicarli troppo giovani. Ma come potevano esserlo, se erano tutti in pericolo allo stesso modo?
La fine dello Smistamento e il rumore di piatti e posate la riportò sulla terra e si girò verso Nick-Quasi-Senza-Testa per riprendere il discorso interrotto precedentemente; almeno fino a quando Ron non lo offese con la consueta delicatezza.
Comunque ottenne di sapere che il Cappello dava consigli quando prevedeva grossi pericoli per la scuola, che era esattamente la cosa che pensava.
Alla fine della cena, Silente si alzò di nuovo per fare il solito discorso sui divieti e gli avvisi a cui tutti diedero scarsa attenzione, poi finalmente presentò il nuovo membro degli insegnanti. O meglio, i due nuovi membri, perché esaudì i loro incubi rendendo chiaro che la Caporal sarebbe rimasta a insegnare per qualche tempo.
Ron, Harry e Hermione ebbero solo il tempo di scambiarsi qualche sguardo preoccupato, quando Silente s’interruppe, guardando interrogativo la professoressa Umbridge; siccome non era molto più alta in piedi che da seduta, per un attimo nessuno capì perché Silente avesse smesso di parlare, ma poi lei si schiarì la voce e fu chiaro che intendeva tenere un discorso.
Silente parve stupito solo per un attimo, poi si sedette prontamente e guardò con molta attenzione la professoressa Umbridge, come se non desiderasse altro che ascoltarla.
Altri membri del corpo insegnanti non furono così abili nel nascondere la loro sorpresa: le sopracciglia della professoressa Sprite scomparvero sotto i capelli svolazzanti e la bocca della professoressa McGranitt era sottile come Harry non l'aveva mai vista.  Nessun nuovo insegnante aveva mai interrotto Silente prima d'allora.
Hermione si rizzò sulla sedia prevedendo un discorso lungo e complesso sulla sua presenza a Hogwarts, soprattutto prevedendo di doverlo rispiegare parola per parola ai suoi due amici.
«Grazie, Preside» disse in tono lezioso la professoressa Umbridge, «per le gentili parole di benvenuto» la sua voce acutissima, tutta di gola, le scatenò un impulso di repulsione piuttosto strano per lei. Anche se arrivava spesso a dare un giudizio sommario su una persona a prima vista, non le capitavano quasi mai istinti negativi così forti a pelle.
Qualche minuto dopo era disgustata: il discorso di quella… donna era stato davvero chiarificatore certo, ma nel peggior modo possibile. Si era resa conto che più della metà della sala, tra cui Harry e Ron ovviamente, aveva perso attenzione quasi subito ma lei aveva bevuto tutto come una pozione amara.
Quando la donna terminò si sentì decisamente solidale con lo sforzo di Silente e degli altri professori nell’applaudire, e non si stupì delle loro espressioni fredde, arcigne o sconvolte. Tuttavia Silente si alzò e ringraziò la professoressa per l’intervento, continuando la lista degli avvisi come nulla fosse stato.
Non si stupì nemmeno che Ron e Harry non avessero capito un’acca e alla fine tagliò le loro domande con un minaccioso «Vuol dire che il Ministero si sta intromettendo negli affari di Hogwarts». Il discorso della Umbridge le aveva messo addosso un gran nervosismo e tutto quello che voleva fare era andarsene a letto e risposarsi prima dell’inizio di un anno che adesso si confermava davvero impegnativo.
Solo quando le sedie si mossero sul pavimento si ricordò che dovevano portare quelli del primo anno ai dormitori.
*«Ron dobbiamo mostrare la strada a quelli del primo anno!»
«Oh, sicuro» disse Ron, che chiaramente se l'era dimenticato. «Ehi, voi! Nanerottoli!»
«Ron!»
«Be', è vero, sono minuscoli...»
«Lo so, ma non puoi chiamarli nanerottoli! Voi del primo anno!» gridò Hermione in tono autoritario lungo il tavolo. «Da questa parte, per favore!»*
Un gruppetto di ragazzini timidi si avvicinò e Hermione cominciò «D’accordo, seguitemi!»
«Ehi, Granger» le fece Adrien il Caposcuola, avvicinandosi di fretta. «Questa è la vostra parola d’ordine. Leggi e impara a memoria, liberati del biglietto poi» le fece, consegnandole un foglio.
Hermione lesse e annuì «Grazie».
Si avviarono con tutto il gruppo del primo anno fino al settimo piano, davanti al ritratto della Signora Grassa, che accolse i nuovi venuti con un gran sorriso «Buongiorno, cari».
Tuttavia i bambini erano ancora troppo presi dall’agitazione per essere a loro agio e pochi risposero con un sorriso nervoso.
«La parola d’ordine è Mimbulus Mimbletonia» fece Hermione, girandosi a guardarli. «Imparatela perché è l’unico modo per entrare ai dormitori e nella Sala Comune» spiegò severamente, mentre Ron si limitava a fissare il loro sguardi un po’ vitrei.
Il ritratto si spostò di lato, rivelando l’accogliente e scarlatta Sala Comune circolare.
«Questa è la Sala Comune di Grifondoro: qui potete studiare, giocare, parlare e incontrare gli altri… a partire dalle sette e mezza c’è il coprifuoco in tutto il castello, quindi dovete tornarci obbligatoriamente per quell’ora» spiegò ancora, entrando. «Sulla sinistra ci sono le scale per i dormitori maschili e sulla destra quelli femminili; sarete in gruppi di cinque, quindi disponetevi come volete».
Ron annuì, poi continuò «Ah, vedete di comportarvi bene perché se perdete punti, fate perdere anche la nostra Casa» grugnì e Hermione lo guardo male. «Ok, continua tu» fece, alzando e mani in segno di resa.
«Come diceva Ron, il sistema delle Case funziona a punteggio: qualsiasi vittoria scolastica ve ne farà guadagnare, qualsiasi punizione o violazione del regolamento perdere. I punti vengono accumulati nelle clessidre che avete visto all’ingresso e alla fine dell’anno la Casa con più punti vince una coppa. Rendete la vostra Casa orgogliosi!» Terminò con un sorriso d’incoraggiamento. I ragazzi le sorrisero di rimando, poi si divisero per curiosare o per andare verso i dormitori; Ron guardò ammirato Hermione «Ben fatto, sei sicuramente decisamente portata a fare il Prefetto. Non che la cosa mi stupisca!»
Hermione rise «Migliorerai anche tu, v-vedrai…» cominciò, prima di fare un gran sbadiglio. «Mi sa che andrò a letto, sono stanchissima!»
«Andrò anch’io, buonanotte» fece Ron, andando a cercare Harry.
Hermione si avviò in camera sua, pregando che le ragazze non avessero già cominciato a cianciare di cose futili. Il mal di testa era sfumato in un leggero pulsare di tempie, ma comunque sentiva il bisogno di starsene un po’ da sola. Quando aprì la porta notò che Lavanda Brown e Calì Patil si zittirono all’istante, mentre Aveline Carson e Brienne Wilson si scambiarono un’occhiata torva.
«Cosa succede?» Chiese nervosamente Hermione con un sorrisetto; sorrisetto che sparì quando Brienne alzò le mani in segno di resa e annunciò «Io non ne voglio sapere nulla!»
«Di cosa?» chiese Hermione, inarcando un sopracciglio.
Lavanda guardò male Brienne, poi sospirò «Oh, e va bene! Dicevo che sono davvero fortunata di essere tornata a Hogwarts quest’anno!»
Hermione si diede tutto il tempo per sistemare le sue cose nel baule ai piedi del letto; sapeva benissimo di cosa stesse parlando e scoprì di non avere voglia di aprire l’argomento così presto. Tuttavia, dal pizzicore sulla nuca, avvertiva che la stavano guardando tutti, quindi qualcosa doveva pur dire. Inspirò profondamente, si rizzò e fissò Lavanda diritto negli occhi «Perché?» Domandò, pur conoscendo perfettamente la risposta.
Brienne si limitò a ridere amaramente, per poi sedersi sul suo letto come per godersi lo spettacolo, mentre Aveline si sistemò meglio le lenzuola addosso con un sospiro.
Lavanda incrociò le braccia al petto in assetto di guerra «Per colpa di Harry».
«Ah» fece solo Hermione, sedendosi rigidamente sulla sponda del letto. «E cioè?»
«I miei genitori pensano che abbia detto un sacco di sciocchezze su Tu-Sai-Chi» spiegò freddamente Lavanda. «E a dirla tutta lo penso anch’io».
Hermione si scostò i capelli e prese un’espressione di sussiego «Allora mi dispiace dire che i tuoi genitori non sono ben informati. E neanche tu».
Cercava di mantenere un tono tranquillo, anche se cominciava a sentire una certa rabbia a causa dell’ignoranza volontaria in cui sceglievano di vivere alcune persone. Lei non pensava che la gente dovesse credere a Harry a occhi chiusi, anche se non vedeva come fosse possibile dargli ancora del pazzo dopo tutte le volte che aveva salvato la scuola, ma che almeno si adoperasse per informarsi e utilizzare altre fonti a parte il Ministero!
Calì fece un sorrisino di superiorità «Tu credi ciecamente a quello che dice Silente, vero?»
«Certo!» Esclamò lei, senza alcun dubbio. «Come fate voi a non credergli?»
Un silenzio disagiato si diffuse nella stanza, poi Lavanda cominciò «Insomma, io penso solo che gli unici che dicono queste cose sono Harry e Silente e quest’ultimo ha saputo tutto da Harry e lui, beh…»
«Lui cosa?» Sibilò Hermione, stringendo gli occhi.
«Beh, lui non si è dimostrato sempre… affidabile» continuò Lavanda, cercando aiuto con lo sguardo. Brienne scosse veemente la testa.
«Io credo a Silente. E a Harry» annunciò e Hermione le sorrise, mentre Aveline annuiva. «Anch’io!»
Lavanda sbuffò, sconfitta «Beh, allora siete delle credulone!»
Hermione si alzò, ormai tremante «Fammi capire: Harry è un tuo compagno di scuola da cinque anni, sei stata presente tutte le volte che sono accadute cose strane nel castello, e che lui ha prontamente sventato tutti gli anni, l’anno scorso è stato l’unico testimone della morte di Cedric e adesso saresti pronta a dargli del bugiardo così facilmente?» Fece, ogni parola vibrante di rabbia.
Calì, Brienne e Aveline presero un’espressione preoccupata, ma Lavanda continuò imperterrita «Preferisco credere al nostro Ministero della Magia, piuttosto che a un quindicenne strano e a un preside ancora più strano, se permetti!»
Hermione sciolse la rabbia in una risatina acida «Certo, però è stato proprio quel preside strano a salvarci tutti da Voldemort, carina» ribatté, mentre tutte trattenevano il respiro con espressioni terrorizzate.
«Hermione!» Esclamò Aveline sconvolta, facendo ricadere il lenzuolo con le mani sulla bocca. Calì e Lavanda erano pietrificate, non credevano che qualcuno avesse il coraggio di nominare quel nome così impunemente.
«Andiamo, è solo un nome» sbottò Hermione irritata, mentre il mal di testa cominciava a batterle più forte sulla tempia.
Lavanda scosse la testa «Tu stai diventando pazza insieme a lui» mugugnò atterrita, mentre si arrampicava sul letto a baldacchino.
«Oh, chiudi quella boccaccia Lavanda» concluse Hermione, dandole le spalle come a dire che la conversazione per lei finiva lì.
Si cambiò velocemente e s’infilò sotto le coperte, mentre sentiva le altre che ancora borbottavano per qualche secondo prima di spegnere finalmente le luci.
Hermione continuò a sentire il battito nervoso del suo cuore, mentre si chiedeva quante altre conversazioni di quel genere avrebbero dovuto subire prima che la verità uscisse fuori; quante discussioni come quelle Harry avrebbe dovuto sopportare prima di essere creduto. La sua testa vagò ancora una volta fino a Sirius, ricordandosi come anche lui subisse indirettamente quel tipo di deformazione della realtà, costretto a starsene imprigionato nel suo stesso nome, infangato suo malgrado da una bugia.
Hermione sospirò piano e prese dal comodino la lettera che lui le aveva scritto prima di partire; ormai l’aveva riletta mille volte e, nonostante tutto, continuava a non avere parole da scrivergli. Che cosa ironica, pensò un secondo prima di addormentarsi: riusciva a riempire pagine e pagine di compiti, ma non riusciva a scrivere due parole alla persona della quale, ormai lo sapeva, si era innamorata.

 

 

 

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Capitolo 9
*** Dolores Umbridge e Blaise Zabini ***


Dolores Umbridge e Blaise Zabini

La mattina seguente Hermione si vesti e uscì prima ancora che le altre, soprattutto Lavanda e Calì, avessero finito di alzarsi dai letti. Aveline la guardò sfrecciare fuori attraverso i lunghi capelli biondi che stava pettinando a testa in giù.
«Dove corri?» Le urlò dietro e Hermione si limitò a un freddo «Ho da fare!»
Tra Sirius e la discussione su Harry non aveva chiuso occhio ed era decisamente nervosa. Tuttavia, quando notò Harry e Ron in Sala Comune, si fermò un attimo e inspirò, cercando di calmarsi e non fargli notare nulla.
Peccato che anche Harry non sembrava aver dormito granché.
*«Che cosa succede? Sembri assolutamente... oh, per l'amor del cielo...» fece, notando un annuncio sulla bacheca.

 
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«Hanno passato il limite» commentò Hermione in tono cupo, staccando il cartello che Fred e George avevano appeso sopra la comunicazione del primo finesettimana a Hogsmeade, che sarebbe stato in ottobre. Ron fece una faccia decisamente preoccupata «Perché?»
«Perché siamo Prefetti!» Esclamò Hermione, attraversando il buco del ritratto. «Sta a noi stroncare questo genere di cose!»
Ron non rispose; Harry capì dalla sua espressione accigliata che la prospettiva di impedire a Fred e George di fare esattamente quello che volevano non gli sembrava allettante.
«Ma insomma, che cosa c'è, Harry?» Continuò Hermione mentre scendevano una rampa di scale fiancheggiate da ritratti di vecchi maghi e streghe che, immersi in una loro conversazione, li ignorarono. «Sembri proprio arrabbiato».
«Seamus crede che Harry stia mentendo su Tu-Sai-Chi» spiegò Ron succinto, quando Harry non rispose. Hermione, da cui Harry si aspettava una reazione stizzita, sospirò.
«Sì, anche Lavanda la pensa così».
«Avete fatto una bella chiacchieratina, avete discusso se sono un idiota bugiardo che cerca di attirare l'attenzione?» scattò Harry.
«No» rispose Hermione tranquilla. «Le ho detto di chiudere quella boccaccia, veramente. E sarebbe carino se la smettessi di aggredirci, Harry, perché, nel caso non te ne sia accorto, io e Ron siamo dalla tua parte». Ci fu una breve pausa.
«Scusa» mormorò Harry.
«Figurati» disse Hermione con grande sussiego.
Poi scosse il capo,* ricordandosi tutto il discorso fatto da Silente alla fine dell’anno precedente, discorso che si accordava perfettamente con i consigli dati dal Cappello con la nuova canzone.
Uno dei più grandi poteri di Voldemort era collegato alla capacità di saper dividere le persone ed era precisamente il modo in cui riusciva a isolare quelli che combattevano contro di lui.
Per un attimo ricordò un discorso tra Remus e Sirius legato all’Ordine della Fenice e a quanto fossero in svantaggio numerico: la politica dello stare uniti non aveva funzionato quella volta ed ecco com’erano finiti. Hermione fu presa da un’improvvisa voglia di trovare qualche libro interessante sulla Prima Guerra Magica – il periodo che stavano vivendo era stato già ribattezzato da quelli dell’Ordine come “Seconda Guerra Magica” – e vedere se riusciva a trovare anche qualcosa sul primo Ordine.
Si scoprì curiosa di seguire le vicende dei primi combattenti, dei Marauders… continuarono a parlare di Silente e del Cappello fino alla Sala Grande, dove Angelina Johnson si avvicinò a Harry nello stesso istante in cui Blaise Zabini si avvicinò a lei.
«Buongiorno, Granger» fece spicciò, con l’umore che a quanto pare rifletteva il cielo magico della Sala: grigio e pesante.
«Buongiorno, anche tu di buon umore vedo…» fece Hermione con un sospiro.
Zabini scosse la testa «Diciamo che per una Casa i cui punti forti sarebbero astuzia e intraprendenza, ne ho sentite di sciocchezze codarde ieri!»
Hermione lanciò un’occhiata nervosa a Harry «Intendi su Vol-Tu-Sai-Chi?» Fece, cercando di limitarsi per non creare il panico ogni volta che lo nominava. Ormai aveva perso la paura atavica che le veniva ogni volta che si pronunciava quel nome e, ancora una volta, probabilmente lo doveva a Sirius: veder la tranquillità e lo sprezzo con cui pronunciava il suo nome quell’estate l’aveva convinta più di quando lo faceva Harry.
Zabini fece un sorriso sgradevole «Certo, perché pensano che Cedric Diggory si sia ucciso da solo o, magari, sia stato proprio Harry Potter per accaparrarsi la Coppa Tremaghi!»
Hermione sentì una piccola speranza nascere dentro di lei «Tu quindi gli credi?»
L’altro prese un’espressione quasi offesa per l’insinuazione «Ehi, io mi fregio di essere intelligente! Certo che gli credo… e credo al nostro preside più di chiunque altro. Silente non è uno sprovveduto».
Hermione sorrise, più felice di quanto lo fosse stata al risveglio, ma Zabini continuò «Però resto un Serpeverde, quindi sono in leggero svantaggio numerico.».
Hermione sospirò di nuovo «Mi spiace».
«Oggi sei ad Aritmanzia e Antiche Rune?»
Hermione annuì «Come al solito direi!» Del suo anno solo lei aveva scelto di seguire Aritmanzia che era una delle materie più difficili e, di conseguenza, una delle meno scelte dagli studenti.
Probabilmente era l’unica classe formata da tutte le Case, tra cui spiccavano ben quattro Corvonero, seguiti da tre Tassorosso e due Serpeverde. Antiche Rune, invece, era stata scelta solo da lei e Brienne tra i Grifondoro mentre era una delle materie più amate dai Corvonero con i quali quindi seguivano le lezioni, e da Zabini, che poteva tirare un sospiro di sollievo per la lontananza dalla sua Casata.
Si salutarono con un ultimo sorriso, poi Hermione tornò dai ragazzi, che stavano parlando della ricerca del nuovo portiere per la squadra di Quidditch.
Si sedettero al tavolo Grifondoro per fare colazione, poi un frullio di ali annunciò l’arrivo della posta; per un attimo Hermione sperò in una lettera da parte di Sirius, ma poi si diede della completa idiota due secondi dopo. In realtà, non aveva davvero nemmeno capito com’erano rimasti: insomma, sulla banchina di King’s Cross gli aveva detto che gli avrebbe scritto, quindi magari stava aspettando una sua reazione prima di fare qualunque cosa, giusto? Poi c’era una piccola parte di sé che pensava invece che probabilmente se ne fosse già dimenticato, archiviando quella situazione come un momento piacevole ma temporaneo e passato.
Era certo che se avesse continuato a pensarci, sarebbe impazzita presto.
Si riprese giusto in tempo per sentire Ron dire ad Harry «Niente?»
Harry scrollò le spalle «Lo sai chi è il mio unico corrispondente e dubito che abbia qualcosa da dirmi in meno di ventiquattr’ore» borbottò, alludendo a Sirius.
Hermione annuì anche a se stessa: ecco, forse le cose stavano proprio così, si disse speranzosa mentre La Gazzetta del Profeta planava verso di lei. Rispose a tono alle accuse di Harry e poi sparì nel giornale, senza fortunatamente trovare nulla su sospetti cani Animagi.  
«Niente su di te o Silente o nient’altro» annunciò sollevata, mentre la McGranitt distribuiva l’orario a tutti gli studenti.
Ron cominciò a lamentarsi del suo orario a voce molto alta, ma Hermione trovava che potesse essere una buona occasione per “testare” la nuova professoressa proveniente dal Ministero. Harry diceva che era terribile, ma lei voleva prove di prima mano.
La prima mattina di lezioni si dimostrò, come predetto, piuttosto distruttiva: l’ora di Storia della Magia fu noiosa come al solito, ma a Hermione irritò più il menefreghismo dimostrato un po’ troppo apertamente da Harry e Ron; Pozioni invece fu terribile come previsto, il compito di preparare la Bevanda della Pace fu davvero difficile e come al solito ci andò di mezzo Harry. Avrebbe voluto consolarlo ma era già in ritardo per la sua lezione di Aritmanzia, così li salutò frettolosamente sulle scale di marmo e corse al terzo piano, finendo quasi addosso a un impalato Draco Malfoy.
«Guarda dove metti le tue sudice mani, Granger» sbottò quello, scostandosi con l’aria di aver toccato qualcosa di orrendo.
Hermione non ci penso nemmeno per un istante a scusarsi, anche se purtroppo non poteva evitare di sentire uno strappo allo stomaco ogni volta che alludevano alle sue origini.
«Potrei dire la stessa cosa, Malfoy» sbottò, riproducendo la stessa smorfia disgustata.
Draco fece un ghigno «Andiamo, non ci crede nessuno».
«Oh, eccoti qui!» Esclamò Zabini, arrivando dietro di loro e mettendo un braccio sulle spalle di Hermione. «Ti ho cercato dappertutto!» Fece, zittendo automaticamente l’altro. Draco Malfoy continuava ad avere problemi con l’idea che ci fossero Purosangue così amici di Nati Babbani, soprattutto se appartenevano a famiglie influenti come i Zabini.
Anche se perseguiva la sua strada pensando semplicemente che fossero dei traditori del sangue come i Weasley, doveva ammettere che la cosa lo confondeva comunque. Non che avrebbe dato la soddisfazione agli altri di accorgersene, pensò, mentre con un’ultima occhiataccia dava loro le spalle ed entrava in classe.
Zabini si scostò da Hermione e sospirò «Devo sempre salvarti incredibile».
«Ero in gran pericolo, infatti. Mi chiedevo disperatamente chi mai mi avrebbe salvato dalle terribili parole taglienti di Malfoy?» Ironizzò lei, avviandosi verso il solito primo banco.
Zabini rise, ma continuò a seguirla fino a ritrovarsi entrambi allo stesso posto. «Ah no. Questo è il mio posto da almeno due anni!»
«Beh, è anche il mio!» Ribatté Zabini, ma lei si accigliò «Ma non è vero, tu ti siedi sempre in fondo a destra!»
«Oh che dolce, ti ricordi persino dove mi siedo sempre… Sono oltremodo lusingato, ma ho deciso di cambiare posto» replicò lui, sedendosi.
Hermione sospirò, invocando la sacra pazienza, e si sedette accanto a lui «Incredibile… e comunque non sto mica a guardare quello che fai» sibilò, mentre lui ghignava.
«Buongiorno a tutti» fece una voce severa, mentre tutti si placavano. La professoressa Vector ricordava in qualche modo la McGranitt, specialmente per le caratteristiche d’insegnamento: era molto preparata, ma severa e rigorosa. Fisicamente, invece, era più giovane e con lunghi capelli di un rosso malva molto scuro; indossava sempre un vestito nero chiuso fino al collo e il cappello da strega.
«Allora, come ormai tutti saprete questo è l’anno dei G.U.F.O. Sono sicura che i miei colleghi vi abbiano già dato un’infarinatura» cominciò la donna, mentre vari gemiti si alzavano tra gli studenti.
«Sì, come no… Vitious ha passato tutta la prima ora a stressarci» borbottò Zabini e Hermione ridacchiò.
«I G.U.F.O. testano il vostro livello come maghi ordinari, ognuno di voi dovrà superare una prova teorica e una pratica in ogni materia. Oltre a testare le vostre capacità, questi test vi serviranno per decidere le vostre classi per i M.A.G.O. alle quali potrete accedere solo se riuscirete a raggiungere il livello di ingresso deciso dall’insegnante» continuò a spiegare, appoggiandosi con i palmi aperti sulla scrivania. «Personalmente, nella mia classe M.A.G.O. non accetto nessuno che non superi o perlomeno raggiunga Oltre Ogni Previsione. Per il momento direi che la classe, in generale, ha una media che si attesta sull’Accettabile, quindi vi suggerisco di impegnarvi di più se vi interessa Aritmanzia nella vostra carriera futura».
Hermione si drizzò, ostentando una maggiore attenzione.
«Prendete il nuovo volume di Artimanzia Avanzata ed apritelo a pagina sei. Avete circa una mezz’ora per leggere il primo capitolo, poi ci dedicheremo allo studio dei numeri primi» assegnò, mentre con un colpo di bacchetta faceva comparire sulla lavagna una vecchia pergamena con una complicata rete di numeri.
Hermione aprì il libro e cominciò a leggere, ma poi notò il suo compagno di banco che se ne stava a fare disegni distratti su un angolo di una pergamena vuota.
«Leggere è troppo indegno per te?» Ironizzò a mezza voce e Zabini sorrise «Ho già letto quel capitolo e anche i due successivi, mia cara».
Hermione scosse la testa e tornò al suo libro «Già, io infatti sto leggendo il capitolo dieci. Non vorrei mai trovarmi indietro tra dieci settimane» frecciò, stupendolo.
Zabini lanciò un’occhiata al suo profilo «Sei sempre un passo davanti a tutti, eh?»
«È un modo come un altro per non perdere terreno, nonostante tutto» mormorò Hermione, mentre un pezzo di pergamena appallottolato atterrava sul suo banco; lesse velocemente quello che c’era scritto poi lo mise al centro del tavolo.
«Appunto» borbottò e, nonostante il tono, non riuscì a non farsi tremare la voce.
Zabini si allungò per leggere il foglio dove, tra i vari epiteti, campeggiava una sorta di filastrocca intitolata “Sanguesporco” e si accigliò.
«Cos’ha, due anni?» Sbottò, girandosi subito per guardarsi intorno: ovviamente dal fatto che Malfoy lo salutasse dal fondo della sala era chiaro che c’entrasse qualcosa.
«Mi dispiace…»
Hermione scosse le spalle «Ormai sono cinque anni che accade, ci sono abituata. È appunto per questo che la mia intelligenza è importante, mi difende» spiegò, continuando a leggere. Zabini sorrise perché cominciò a pensare che Hermione Granger era decisamente una persona interessante da avere attorno, poi tolse di mezzo la pergamena scarabocchiata e aprì il libro «Scommettiamo che arrivo alla fine prima di te?»
«Sì, sogna pure» replicò lei, facendolo ridere.
Fortunatamente per il resto della lezione furono tutti così occupati a capirci qualcosa che nessuno ebbe il tempo di fare altri scherzi, neanche Draco Malfoy. Tuttavia sia Hermione che Zabini sentivano il suo sguardo maligno su di loro e, quando la campanella suonò per segnare la fine delle classi mattutine, Zabini ormai ne aveva abbastanza.
Hermione si alzò di scatto e si preparò «Devo trovare Harry e Ron, Harry non era proprio di buon’umore…» gli spiegò, mettendosi la tracolla sulla spalla.
«Ci vediamo dopo a Antiche Rune?»
Zabini annuì, ma in realtà continuava a tenere d’occhio Malfoy per evitare che gli sfuggisse come il serpente che era. Hermione, ignara di tutto, gli sorrise e uscì dalla classe.
Draco, intanto, aveva sgomberato il tavolo ed aveva appena alzato la testa, rendendosi conto solo in quell’istante che erano rimasti solo lui ed Zabini; lo guardò per un attimo, poi abbassò la testa con un ghigno «Che c’hai da fissare, Zabini?»
Zabini scosse la testa, mentre si allontanava dal banco «Cercavo di capire quale fosse la tua età mentale, perché evidentemente cozza con quella anagrafica» frecciò, ma Draco rise «Mi pare di capire che le mie doti poetiche non siano state apprezzate».
Zabini lo fissò diritto negli occhi «Sei un vero idiota».
«Beh, tu e la tua amichetta non eravate troppo elevati rispetto a noi altri per dare conto a inezie del genere?» Chiese l’altro e dal suo silenzio fu chiaro che avesse colto nel punto. Draco fece qualche passo verso di lui «Se sei qui a parlarmene immagino che la cosa, per quanto idiota, abbia colpito comunque. La cosa non può farmi che piacere» sibilò.
«Sei coraggioso solo quando hai i tuoi scagnozzi dietro, Malfoy. Dove sono Tiger e Goyle?»
Draco rise piano «Beh, adesso non ci sono. Vuoi fare a botte?» Ironizzò poi, alla sua immobilità, si avviò verso la porta.
«Dimenticavo… come mai tanto interesse a fare il Cavalier servente della Sanguesporco? Abbiamo una cotta?» Chiese malignamente, mollandolo lì.
Hermione, nonostante la buon’ora di lezione in più rispetto a Harry e Ron, riuscì comunque a trovarli in Sala Grande, mentre mangiavano. Si costrinse a eliminare tutto l’accaduto con Malfoy, dopo Piton ci mancava la rabbia verso di lui e i suoi “scherzi” deficienti, e si sedette accanto ad Harry.
«Ehi, pensavo aveste già smesso di pranzare!» Esclamò.
Ron, dall’altro lato di Harry, scosse le spalle «Abbiamo pensato di aspettarti…»
Hermione gli sorrise, ma poi si concentrò su Harry *«È stato davvero ingiusto, Piton dico» disse per consolarlo. «La tua pozione non era nemmeno lontanamente orrida come quella di Goyle; quando l'ha versata, la fiaschetta è andata in frantumi e gli si è incendiato il vestito».
«Già» mormorò Harry, guardando minaccioso il piatto. «Quando mai Piton è stato giusto con me?» Nessuno dei due rispose; tutti e tre sapevano che l'ostilità reciproca tra Piton e Harry era totale dal momento in cui Harry aveva messo piede a Hogwarts.
«Ero convinta che sarebbe andata un po' meglio quest'anno» disse Hermione in tono deluso. «Voglio dire, insomma...» Si guardò intorno, cauta: c'erano una mezza dozzina di posti vuoti da entrambi i lati e nessuno stava passando. «Adesso che fa parte dell'Ordine».
«Il lupo perde il pelo...» disse Ron saggiamente. «Comunque, io ho sempre pensato che Silente fosse pazzo a fidarsi di Piton. Dove sono le prove che ha davvero smesso di lavorare per Voi-Sapete-Chi?»
«Io credo che Silente abbia un sacco di prove, anche se non le racconta a te, Ron» ribatté Hermione.
«Oh, smettetela, voi due» sbottò Harry con veemenza, mentre Ron apriva la bocca per rispondere a tono. Sia lui che Hermione rimasero lì immobili, arrabbiati e offesi.
«Non potete darci un taglio?» Continuò Harry. «Non fate altro che beccarvi, è una cosa che mi fa impazzire». E, abbandonando il suo arrosto, si gettò di nuovo la borsa in spalla e li piantò lì seduti*.
Hermione e Ron continuarono a mangiare in un silenzio scocciato, poi Hermione si alzò per andare alla sua lezione di Antiche Rune.
Lei voleva bene sia a Ron che a Harry, ma a volte pensava fosse una fortuna che avessero qualche lezione separati, così potevano evitare di farsi fuori; salutò un Ron ancora seccato e scappò verso l’aula dodici a piano terra. Quando entrò la professoressa non c’era ancora, ma scorse Brienne salutarla dal secondo banco: era l’unica Grifondoro ad aver scelto quella materia al secondo mentre tutti gli altri avevano scelto Divinazione; insieme a Aritmanzia, che comunque seguiva solo lei, restava l’unica lezione che seguivano insieme a Corvonero.
«Ciao» la salutò la compagna di dormitorio, mentre faceva un incantesimo per tenere su le punte dei cortissimi capelli scuri; secondo Hermione quello, insieme ai vivaci occhi nocciola e mento appuntito, la rendevano una delle ragazze più particolari del Castello.
«Ciao… funziona?» Provò a chiedere, sedendosi al suo fianco.
Brienne sbuffò «In realtà non molto, però non conosco altri metodi per tenerli su, sono intrattabili».
Hermione sorrise «Posso portarti un po’ di gel da casa, la prossima volta» propose, non conoscendo altri incantesimi più efficaci per acconciare i capelli; la Tricopozione per i ricci era l’unico prodotto magico che conoscesse.
Brienne batté le palpebre e la fissò «Gel?» Domandò perplessa.
Al contrario Aveline che era una fiera Nata Babbana come Hermione, lei era una Mezzosangue che sapeva poco o nulla del mondo non magico, a causa della volontà di sua madre di immergersi totalmente nella magia, ignorando le sue origini.
«Un prodotto che ti sistemerà i capelli così bene da resistere persino agli sbuffi di Zabini» promise Hermione con un sorriso, proprio mentre il nominato entrava in aula con l’aria da assassino seriale; si sedette davanti a loro con il predetto sbuffo, senza neanche salutarle.  
Hermione e Brienne si scambiarono un’occhiata perplessa.
«Beh, ma buongiorno» ironizzò Brienne e Zabini sospirò «Ho avuto una brutta mattinata» mormorò, lanciando una significativa occhiata a Hermione, che fece finta di nulla.
«Oggi abbiamo Difesa, vedremo com’è la Umbridge!» Continuò Brienne, dando un’occhiata al suo orario. Il nuovo sbuffo di Zabini attirò l’attenzione di entrambe.
«Cosa?»
«Abbiamo già avuto la Umbridge questa mattina, prima di Incantesimi. Fortunatamente era una sola ora, ma mi basterebbe per tutta la settimana!» Spiegò con un tono così amaro che Hermione prevedeva il peggio: conosceva Zabini abbastanza bene da sapere che aveva sempre una buona parola per qualsiasi insegnate potesse fargli conoscere qualcosa in più; persino di Piton, Rüf e la Cooman riusciva a dire qualcosa di buono. Se per la Umbridge non trovava proprio nulla, allora era una cosa grossa.
«Cosa vuol dire?» Chiese, infatti, accigliandosi.
Zabini prese un’aria misteriosa, ma per niente allegra «Vedrete…»
«Buon pomeriggio, ragazzi» la professoressa, Bathsheda Babbling, entrò in aula con la solita aria frettolosa e le braccia cariche di alfabeti astrusi e libri polverosi. Rispetto alla più rigorosa Vector di Artimanzia, la professoressa di Antiche Rune era una maga scarmigliata, eccentrica e acuta.
«Buongiorno, ragazzi!» Esclamò, con un grande sorriso che abbracciò tutti. «Ho appena scovato due manuali che sono sicura vi interesseranno un mondo! Uno è un manoscritto datato 1500 in cui si raccontano gli esperimenti portati avanti da un grande mago che tentò di analizzare gli effetti della magia runica sull’alchimia… chi mi sa suggerire un probabile nome per questo mago?» Domandò con una luce maliziosa negli occhi.
Zabini alzò pigramente la mano «Merlino?»
La professoressa annuì entusiasta «Esatto! E perché hai pensato proprio a lui?»
«Merlino era, tra le varie cose, un abile alchimista…» continuò ancora Zabini. La mano di Hermione scattò in aria «Il Sillabario di Spellman, se non sbaglio, cita delle traduzioni effettuate sulle lettere runiche presenti sulle vesti di Merlino. A meno che non fossero opera di qualche sarto particolarmente dotato, probabile che sapesse usarle».
Zabini la fissò con l’ombra di un ghigno sulla faccia, poi alzò nuovamente la mano «Sul Manuale Avanzato di traduzione di Bethenbom, viene citato come esempio gli studi sui legami tra l’alchimia e il numero 7, portati avanti proprio da Merlino».
La professoressa rise nel notare che neanche con il nuovo anno i suoi due studenti migliori si facevano sfuggire l’occasione di un duello verbale «Ottimo, come al solito. Cinque punti a entrambe le Case» fece, girandosi verso la lavagna. «Allora, qui di seguito il programma per questo nuovo anno…» cominciò, mentre tutti tiravano fuori penne e calamai.
Zabini si sollevò sulle due gambe inferiori della sedia per avvicinarsi a Hermione «Il Sillabario, davvero? Pensavo avessi smesso di leggerlo almeno un anno fa» la stuzzicò, ma Hermione non fece una piega, mentre continuava a scrivere «Il Manuale Avanzato, davvero? Io ho finito di leggerlo a metà quarto anno» rimbeccò sullo sesso tono, facendolo sogghignare. Brienne, accanto a loro, continuava a pensare che fossero due pazzi. 
Quello era il motivo principale per cui le lezioni con i Corvonero la stimolavano tanto: non si limitavano a una conoscenza superficiale delle materie, ma approfondivano sempre e il più possibile gli argomenti. Zabini era particolarmente brillante e indisponente, ma quasi tutti i Corvonero erano fatti di pasta simile. Inoltre, anche i professori che appartenevano a quella Casa tendevano sempre a dare qualcosa di più, come Vitious che cercava di farli appassionare alla materia in sé, piuttosto che esaurire il programma.
Anche senza ascoltare le lodi svenevoli dei suoi studenti, Hermione avrebbe capito che la Babbling era stata una Corvonero: oltre alle lezioni canoniche, arrivava sempre con nuove letture e manufatti, cercava di stimolarli con scoperte e nuove interpretazioni; soprattutto non si accontentava di risposte superficiali e persino una così dettagliata come quella di Zabini gli valeva solo cinque punti e non di più.
La lezione andò avanti interessante come sempre, il nuovo programma di studio era proprio come piaceva a lei: corposo, consistente e approfondito. Tuttavia c’era una vocina fastidiosa che continuava a ricordarle le insinuazioni di Zabini sulla nuova professoressa di Difesa e, quando suonò la campanella, era ormai talmente convinta della sua negatività che odiava la Umbridge ancora prima di averla conosciuta davvero.
Brienne al suo fianco si risistemò la tracolla come se dovesse andare in guerra «Ci siamo» fece con tono battagliero, mentre Zabini le salutava con un grosso ghigno «Divertitevi» ironizzò, lasciando Hermione decisamente scazzata.
 «Dai, alla fine non può essere così male, no?» Provò a dire, mentre si avviavano alla classe di Difesa Contro le Arti Oscure. «Santo cielo, abbiamo avuto Raptor al primo anno!»
Brienne annuì con un sorrisino «E Allock al secondo» le ricordò, mentre Hermione ripercorreva quei momenti imbarazzanti. Nonostante tutto però, quando arrivarono davanti all’aula con gli altri avevano tutti un certo timore. La Umbridge era già seduta alla cattedra, con il solito cardigan rosa e un fiocco nero sulla testa. 
«Ciao» fece Hermione, mentre salutava Brienne e si sedeva con Harry e Ron, tirando fuori Teoria della Magia Difensiva.
*«Beh, buon pomeriggio!» disse la professoressa quando finalmente tutti si furono seduti. Alcuni borbottarono in risposta, ma la professoressa scosse la testa «Mmm, mmm. Così non va, no? Vorrei per favore che rispondeste 'Buon pomeriggio, professoressa Umbridge'. Un'altra volta, prego. Buon pomeriggio, ragazzi!»
«Buon pomeriggio, professoressa Umbridge» le risposero in coro.
«Bene» disse la professoressa Umbridge in tono amabile. «Non era troppo difficile, vero? Via le bacchette e fuori le piume, prego».
Molti ragazzi si scambiarono sguardi cupi; l'ordine 'Via le bacchette' non era mai stato seguito da una lezione interessante. Harry ripose la sua ed estrasse piuma, inchiostro e pergamena. La professoressa Umbridge aprì la borsa, sfilò la bacchetta, che era insolitamente corta, e batté forte la lavagna; subito apparvero le parole:
Difesa contro le Arti Oscure
Ritorno ai principi base
«Allora, l'insegnamento di questa materia è stato piuttosto discontinuo e frammentario, non è così?» esordì, voltandosi verso la classe con le mani intrecciate davanti a sé. «Il continuo cambio d'insegnanti, molti dei quali pare non abbiano seguito alcun programma approvato dal Ministero, ha purtroppo sortito l'effetto di porvi assai sotto la media d'istruzione che ci aspetteremmo di vedere nell'anno dei G.U.F.O.
«Vi farà piacere sapere, tuttavia, che questi problemi saranno finalmente risolti. Quest'anno seguiremo un corso di magia difensiva strutturato con cura, fondato sulla teoria, approvato dal Ministero. Copiate le frasi seguenti, prego».
Colpì di nuovo la lavagna; il primo messaggio sparì e fu sostituito dagli 'Obiettivi del Corso':

1. Comprendere i principi base della magia difensiva.
2. Imparare a riconoscere le situazioni nelle quali la magia difensiva può
essere usata legalmente.
3. Porre la magia difensiva in un contesto per l'uso pratico.
 
Per un paio di minuti l'aula fu invasa dal fruscio delle piume sulla pergamena. Quando tutti ebbero ricopiato i tre obiettivi del corso, la professoressa Umbridge chiese: «Avete tutti Teoria della Magia Difensiva di Wilbert Slinkhard?»
La classe fu percorsa da un cupo mormorio di assenso.
«Credo che dobbiamo riprovarci» disse la professoressa Umbridge. «Quando vi faccio una domanda, vorrei che rispondeste 'Sì, professoressa Umbridge', o 'No, professoressa Umbridge'. Allora: avete tutti Teoria della Magia Difensiva di Wilbert Slinkhard?»
«Sì, professoressa Umbridge» risuonò nell'aula.
«Bene» disse la professoressa Umbridge. «Vorrei che apriste il libro a pagina cinque e leggeste 'Capitolo Uno, Fondamenti per principianti'. Non ci sarà bisogno di parlare».
Si allontanò dalla lavagna e si sedette dietro la cattedra, osservandoli con quegli occhi gonfi da rospo.*
Hermione non aprì neanche il libro di teoria e continuò a fissare i tre punti scritti alla lavagna con un certo sgomento, sperando di aver letto male: se quella era Difesa Contro le Arti Oscure, lì non c’era nulla che ricordasse anche solo minimamente l’atto pratico del difendersi.
Rilesse i tre punti almeno dieci volte, tanto per essere sicura di quello che stava per fare, poi alzò la mano. Dopo circa cinque minuti le fu dolorosamente chiaro che la professoressa la stesse ignorando, tuttavia continuò a tenere la mano per aria, certa che i suoi compagni si sarebbero stancati presto di leggere quel noioso capitolo.
Infatti, uno a uno, cominciarono tutti a osservare i suoi muti tentativi di richiamare la professoressa, piuttosto che leggere.
*Quando ormai più di metà della classe fissava Hermione al posto dei propri libri, la professoressa Umbridge parve decidere che non poteva più ignorare la situazione «Voleva chiedere qualcosa a proposito del capitolo, cara?» Le domandò, come se si fosse appena accorta di lei.
«Non a proposito del capitolo, no» rispose Hermione.
«Be', adesso stiamo leggendo» disse la professoressa Umbridge, mostrando i dentini affilati. «Se ha altre domande, possiamo affrontarle alla fine della lezione».
«Ho una domanda sugli obiettivi del suo corso» ribatté Hermione.
La professoressa Umbridge alzò le sopracciglia «Il suo nome è?»
«Hermione Granger» rispose Hermione.
«Be', signorina Granger, credo che gli obiettivi del corso siano perfettamente chiari se li legge attentamente» disse la professoressa Umbridge con deliberata dolcezza.
«Veramente non mi pare» obiettò Hermione brusca. «Là non c'è scritto niente sul fatto di usare incantesimi di Difesa».
Ci fu un breve silenzio durante il quale molti ragazzi si voltarono a guardare corrucciati i tre obiettivi del corso ancora scritti sulla lavagna.
«Usare incantesimi di Difesa?» ripeté la professoressa Umbridge con una risatina. «Beh, non riesco a immaginare una situazione nella mia classe che richieda di ricorrere a un incantesimo di Difesa, signorina Granger. Lei non si aspetta di venire aggredita durante le lezioni, no?»
«Non useremo la magia?» domandò Ron ad alta voce.
«Gli studenti alzano la mano quando desiderano parlare durante le mie lezioni, signor...?»
«Weasley» disse Ron, scagliando la mano in aria.
La professoressa Umbridge, con un sorriso ancora più ampio, gli voltò le spalle. Anche Harry e Hermione alzarono subito la mano. Gli occhi gonfi della professoressa Umbridge indugiarono su Harry un istante prima di rivolgersi a Hermione.
«Sì, signorina Granger? Voleva chiedere qualcos'altro?»
«Sì» rispose Hermione. «Senza dubbio lo scopo di Difesa contro le Arti Oscure è esercitarsi negli incantesimi di Difesa, no?»
«Lei è per caso un'esperta di istruzione del Ministero, signorina Granger?» chiese la professoressa Umbridge con la sua voce falsamente dolce.
«No, ma...»
«Be', allora temo che non sia qualificata per decidere qual è lo 'scopo' di un corso. Maghi molto più anziani e capaci di lei hanno ideato il nostro nuovo programma di studi. Apprenderete gli incantesimi di Difesa in un modo sicuro, privo di rischi...»
«A che cosa serve?» chiese Harry ad alta voce. «Se verremo attaccati, non sarà in un...»
«La mano, signor Potter» cantilenò la professoressa Umbridge.
Harry scagliò il pugno in aria. Di nuovo, la professoressa Umbridge gli voltò rapida le spalle, ma ormai parecchi ragazzi avevano la mano alzata.
«Il suo nome è?» chiese la professoressa Umbridge a Dean.
«Dean Thomas».
«Allora, signor Thomas?»
«Be', è come dice Harry, no?» disse Dean. «Se verremo attaccati, non sarà privo di rischi».
«Ripeto» rispose la professoressa Umbridge, sorridendo a Dean in modo assai irritante, «si aspetta di venire aggredito durante le mie lezioni?»
«No, ma...»
La professoressa Umbridge lo interruppe. «Non ho intenzione di criticare il modo in cui le cose sono state condotte in questa scuola» disse, con un sorriso nient'affatto convincente che le stirava la bocca larga, «ma in questo corso siete stati esposti all'influenza di maghi assai irresponsabili, davvero assai irresponsabili. Per non parlare…» e diede in una risatina maligna «… di ibridi estremamente pericolosi».
 «Se intende il professor Lupin, è stato il migliore che abbiamo mai...» cominciò Dean, arrabbiato.
«La mano, signor Thomas! Come stavo dicendo, siete stati introdotti a incantesimi complessi, inadatti alla vostra età e potenzialmente letali. Siete stati indotti con la paura a credere che sia probabile imbattersi in Attacchi Oscuri un giorno sì e uno no...»
«Non è così» disse Hermione. «Abbiamo solo...»
«La sua mano non è alzata, signorina Granger!»
Hermione alzò la mano. La professoressa Umbridge si voltò dall'altra parte.
«Mi pare di aver capito che il mio predecessore non solo ha praticato maledizioni illegali davanti a voi, ma addirittura su di voi».
«Beh, è saltato fuori che era un pazzo, no?» disse Dean accalorandosi. «Ma comunque abbiamo imparato un sacco di cose».
«La sua mano non è alzata, signor Thomas!» Trillò la professoressa Umbridge. «Ora, è opinione del Ministero che una conoscenza teorica sarà più che sufficiente a farvi superare gli esami, e dopotutto è questo lo scopo della scuola. Il suo nome?» aggiunse, fissando Calì che aveva appena fatto scattare in aria la mano.
«Calì Patil, e al G.U.F.O. non c'è anche una prova pratica di Difesa contro le Arti Oscure? Non dobbiamo dimostrare di saper concretamente eseguire le contro-maledizioni, eccetera?»
«Se avrete studiato abbastanza a fondo la teoria, non c'è ragione per cui non dovreste essere in grado di eseguire gli incantesimi durante gli esami, in circostanze di massima sicurezza» rispose la professoressa Umbridge categorica.
«Senza mai averli provati prima?» chiese Calì incredula. «Ci sta dicendo che la prima volta che potremo fare gli incantesimi sarà agli esami?»
«Ripeto, se avrete studiato a fondo la teoria...»
«E a che cosa servirà la teoria nel mondo reale?» Intervenne Harry ad alta voce, la mano di nuovo levata. La professoressa Umbridge alzò lo sguardo «Qui siamo a scuola, signor Potter, non nel mondo reale».
«Allora non dobbiamo prepararci a ciò che ci aspetta là fuori?»
«Non c'è niente che ci aspetta là fuori, signor Potter».
«Oh, davvero?» ribatté Harry. La rabbia che gli borbottava dentro sommessa da tutto il giorno stava raggiungendo la temperatura di ebollizione.
«Chi immagina possa desiderare di aggredire ragazzini come voi?» Indagò la professoressa Umbridge con voce tremendamente mielosa.
«Mmm, mi lasci pensare...» rispose Harry in tono falsamente meditabondo. «Forse... Lord Voldemort?»
Ron trattenne il fiato, Lavanda Brown emise un gridolino, Neville scivolò giù dallo sgabello, mentre Hermione sospirò perché era sicura sarebbe successo.
La professoressa Umbridge non batté ciglio e fissava Harry con aria di cupa soddisfazione «Dieci punti in meno per Grifondoro, signor Potter». La classe era immobile e silenziosa; tutti fissavano la Umbridge o Harry. «Ora, permettete che chiarisca un paio di cose».
La professoressa Umbridge si alzò e si sporse verso di loro, le mani dalle dita tozze allargate sul piano della cattedra «Vi è stato riferito che un certo Mago Oscuro è tornato dal mondo dei morti...»
«Non era morto» disse Harry con rabbia, interrompendolo. «Ed è tornato!»
«Signor Potter, lei ha già fatto perdere dieci punti alla sua Casa non peggiori la situazione» disse la professoressa Umbridge tutto d'un fiato, senza guardarlo. «Come stavo dicendo, vi è stato riferito che un certo Mago Oscuro è di nuovo in circolazione. Questa è una bugia».
«Non è una bugia!» Esclamò Harry. «Io l'ho visto, io ho combattuto contro di lui!»
«Punizione, signor Potter!» La professoressa Umbridge era trionfante. «Domani sera. Alle cinque. Nel mio ufficio. Ripeto, questa è una bugia. Il Ministero della Magia garantisce che non correte alcun pericolo da parte di alcun Mago Oscuro. Se siete ancora preoccupati, venite assolutamente da me dopo le ore di lezione. Se qualcuno vi mette in agitazione diffondendo frottole su Maghi Oscuri rinati, vorrei esserne informata. Sono qui per aiutarvi. Sono vostra amica. E ora, volete per favore continuare la lettura? Pagina cinque, 'Fondamenti per principianti'».
La professoressa Umbridge sedette dietro la cattedra, invece Harry si alzò; lo guardavano tutti e Seamus era mezzo spaventato, mezzo ammaliato.
«Harry, no!» Sussurrò Hermione allarmata tirandolo per una manica, ma lui allontanò il braccio con uno strattone.
«Quindi secondo lei Cedric Diggory è morto così, da solo, vero?» Chiese con voce tremante. Trattennero tutti il respiro perché nessuno di loro, tranne Ron e Hermione, aveva mai sentito Harry parlare di ciò che era successo la notte della morte di Cedric. Spostarono gli sguardi curiosi da Harry alla professoressa Umbridge, che aveva alzato gli occhi e lo guardava senza alcuna traccia del suo sorriso posticcio.
«La morte di Cedric Diggory è stata un tragico incidente» rispose in tono gelido.
«È stato un assassinio» disse Harry, avvertendo la propria voce tremante.
Non aveva parlato quasi con nessuno della cosa, men che meno davanti a trenta compagni di classe avidi di sapere. «Voldemort l'ha ucciso, e lei lo sa».
Il volto della Umbridge era privo di espressione. Per un attimo Harry pensò che gli avrebbe urlato contro, invece con la voce più morbida e più dolcemente infantile che riuscì a trovare gli disse «Venga qui, signor Potter, caro».
Lui calciò via la sedia, oltrepassò Ron e Hermione e raggiunse la cattedra.
Sentì il resto della classe trattenere il respiro, ma lui era così arrabbiato che non gli importava di quello che sarebbe successo. La professoressa Umbridge estrasse un piccolo rotolo di pergamena rosa dalla borsetta, lo srotolò sulla cattedra, intinse la piuma in una boccetta di inchiostro e prese a scrivere in fretta, chinandosi in modo che Harry non potesse vedere quello che scriveva.
Dopo un minuto la Umbridge arrotolò la pergamena e la colpì con la bacchetta; il rotolo si sigillò completamente, in modo che lui non potesse aprirlo.
«Lo porti alla professoressa McGranitt, caro» disse la professoressa Umbridge e gli porse il messaggio. Lui lo prese e uscì dall'aula senza fiatare, senza nemmeno voltarsi a guardare Ron e Hermione, e si sbatté la porta alle proprie spalle*.
Un disastro. Un vero e proprio disastro.
La classe uscì dall’aula come uno sciame di api imbizzarrite, bisbigliando a più non posso su quanto fosse accaduto; c’erano gli indignati contro la Umbridge e il suo nuovo programma inutile, c’erano gli sconvolti da quanto detto da Harry, c’erano i complottisti e i maligni. Hermione e Ron aspettarono che uscissero tutti per evitare di essere messi in mezzo, poi si avviarono lentamente verso cena, sicuri che le voci si sarebbero sparse come al solito alla velocità della luce. Nonostante fosse dispiaciuta per Harry, però, Hermione continua a pensare al programma di quella donna orribile: come avrebbero potuto superare gli esami senza praticare un solo incantesimo di difesa? Come avrebbero potuto combattere contro i Mangiamorte e Voldemort senza fare progressi nelle contro-magie oscure? Era furiosa per il fatto che, pur di andare contro Silente, il Ministero preferisse creare una grossa lacuna in un’intera generazione di maghi inglesi.
Presa da quell’idea si bloccò di colpo e pestò un piede a terra «Ma come diavolo è possibile? A che gioco sta giocando Silente?» Sbottò, facendo addirittura sussultare Ron.
«Non lo so… vuoi andare a cena?» Replicò lui, nervoso.
«Sì, cerchiamo Harry» ribatté cupa, ma col senno di poi non fu proprio una buona idea.
Erano tutti talmente presi dalla novità e dalla volontà di strappare qualche verità a Harry, che nessuno si preoccupava di abbassare la voce o usare un minimo di tatto nei suoi confronti.
All’ennesima battuta di cattivo gusto, le mani tremavano così forte ad entrambi che decisero di andarsene, seguiti dopo poco da Ron. Fortunatamente la Sala Comune era vuota, così trascinarono le loro poltrone preferite davanti al camino e vi si gettarono con sollievo. Hermione si sedette a gambe incrociate sulla sua, mentre Grattastinchi si acciambellava su di lei come un grosso cuscino rosso.
Per un breve secondo ripensò a quando il suo gatto si acciambellava su Sirius a Grimmauld Place. Sirius… chissà cosa stava facendo… lasciò per un attimo che la mente vagasse ai vari momenti che avevano passato insieme quell’estate, sentendo persino la nostalgia dei lavori in casa, ma la faccia della brutta rospa ritornò alla sua mente.
*«Com'è possibile che Silente l'abbia permesso?» gemette all'improvviso, facendo trasalire Harry e Ron; Grattastinchi balzò via, offeso. Lei per la rabbia prese a pugni i braccioli della poltrona, tanto che pezzetti d'imbottitura sfuggirono dai buchi. «Come può permettere che quella donna orribile sia nostra insegnante? E nell'anno dei G.U.F.O. per di più!» Sbottò, ma niente poteva farla stare meglio, neanche rimettere al loro posto quei due sconsiderati di Fred e George che continuavano coi loro esperimenti. Hermione provò a studiare per altri dieci minuti ma non riusciva a concentrarsi, così mise via i libri e tirò fuori i suoi cappelli di lana per elfi. La verità era che dopo tutta la discussione su Kreacher con Sirius aveva quasi pensato di abbandonare l’idea di liberare elfi, perché dopotutto potevano esserci altre soluzioni… però ormai li aveva fatti, quindi tanto valeva provarci. Ovviamente il tutto sotto lo sguardo semi-scandalizzato e quello neutro, rispettivamente, di Ron e Harry, ma era troppo stanca per discutere anche di quello, così lasciò cadere il discorso e corse di sopra. Fortunatamente nessuna delle sue compagne di dormitorio era ancora ritornata, così si mise il pigiama e si infilò nel letto in tutta calma e tranquillità. Peccato che non riuscisse a dormire neanche volendo: la testa vorticava di così tanti pensieri che avrebbe potuto impazzire. Provò a rigirarsi nelle coperte per un po’, ma alla fine decise che aveva bisogno di muoversi, di fare qualcosa di attivo.
Fu in quel momento che le venne l’idea più folle del mondo. Talmente folle che sentiva il bisogno di doverla attuare subito, prima di perdere coraggio. Si alzò di scatto e si rivestì in tutta fretta, proprio mentre entravano Brienne e Aveline che notò la sua agitazione e si accigliò «Che succede?»
«Ho dimenticato di dover inviare una lettera importante» borbottò Hermione, afferrando pergamena, calamaio e piuma prima di uscire;  erano ancora le sette e il coprifuoco non sarebbe scattato prima delle nove. Si avviò a grandi passi per la Sala Comune, sollevata dal fatto che sia Ron che Harry fossero già nel loro dormitorio, e uscì dal buco del ritratto.
Mentre ascoltava l’eco delle sue scarpe sui pavimenti silenziosi del Castello, Hermione pensò che doveva davvero distrarsi per non perdere coraggio prima ancora di arrivare alla Guferia. Una volta alla torre ovest, salì  la scala a chiocciola e aprì la porta con così tanta verve che i gufi più vicini sbatacchiarono le ali, indignati.
Hermione li ignorò, fece qualche passo avanti e si guardò intorno; con un sorriso notò la civetta di Harry che sonnecchiava su un trespolo poco lontano.
«Edvige…» sussurrò, arrivandole vicino. «Ciao, pensi che potresti portare una lettera per me, anche se non sono Harry?» Provò a dirle, mentre l’animale alzava la testa.
Aveva sempre considerato i gufi degli animali molto intelligenti e la civetta di Harry in particolare aveva qualcosa di speciale. Edvige la fissò a lungo con i suoi occhi ambrati, quasi come se si stesse accertando di conoscerla, poi fece uno schiocco di incoraggiamento.
Hermione approvò con un sorriso, poi aprì la pergamena di botto e cominciò a scrivere, presa da una sorta di frenesia. Quando ebbe finito, legò subito la pergamena alla zampa di Edvige e sussurrò «La lettera è per Sirius, a Grimmauld Place, va bene? Anche se sopra non c’è scritto l’indirizzo».
La civetta annuì, schioccò il becco e si sollevò in aria; Hermione fissò il cielo fino a quando non diventò un piccolo puntino scuro, con una strana sensazione addosso: si sentiva a metà tra il febbrile e l’eccitato.
Finalmente aveva scritto a Sirius.
Batté le palpebre un paio di volte poi fece un piccolo gridolino: oddio, aveva scritto a Sirius una lettera! A un certo punto si era quasi dimenticata a chi stesse scrivendo ed era andata a ruota libera, quasi come se stesse scrivendo più un diario che una lettera vera e propria. Hermione si mise entrambe le mani sulla bocca, inorridendo ogni secondo che le ritornavano in mente le parole che aveva usato; la sua mente doveva essere andata in completo black out! Sirius si sarebbe fatto una bella risata a leggere il suo parto folle o, ancora peggio, le avrebbe dato della matta completa.
Hermione tornò in dormitorio e si rifiutò di parlare con chiunque, mentre si sentiva sempre più in imbarazzo ogni volta che si immaginava l’espressione di Sirius mentre leggeva la lettera; si sentiva così stupida che dormì male tutta la notte e il mattino dopo il suo umore era grigio come il soffitto magico della Sala Grande.
Almeno i suoi cappellini erano spariti, quindi forse qualcosa di buono l’aveva fatto; continuò a battibeccare con Ron su quella storia, ma si rendeva conto che era più uno sfogo per l’agitazione che sentiva in corpo. La sua mente era tutta per l’arrivo della posta mattutina da lì a qualche secondo.
Fu solo quando si sedette al tavolo che si rese conto di un dettaglio fondamentale che incredibilmente non gli era venuto in mente fino ad allora: se anche Sirius avesse risposto, avrebbe rimandato la lettera tramite Edvige. Come avrebbe potuto giustificare a Harry una cosa del genere?
Tutta la stupidità delle sue azioni le crollò addosso e gemette così forte che sia Harry che Ron la sentirono «Tutto bene?»
«Sì» sibilò tra i denti, poi dovette farsi forza per non scattare in piedi quando i gufi entrarono dalle piccole finestre in alto. La civetta di Harry era così candida da spiccare nel mucchio e Hermione sentiva il cuore balzarle in gola.
«Guarda Harry, c’è Edvige!» Esclamò Ron, stupito.
«Cosa? Oh, davvero! Che strano…» si stupì pure Harry, mentre il gufo atterrava davanti a loro. Harry si rese stranamente conto che portava ben tre lettere tra le zampe e prese quella più voluminosa, indirizzata a lui. «Perché ha tre lettere?» Chiese, accigliandosi.
Poi notò che le altre due lettere erano indirizzate anche a Ron e Hermione, così si allungò per dare un’occhiata a quella di Ron, firmata dalla Signora Weasley.
Ron diede una scorsa a quella di Harry, firmata sotto il nome di suo padre, e sorrise «A quanto pare hanno deciso di fare una spedizione unica sotto il nome Weasley per non destare sospetti… che dice la tua?»
Harry lesse velocemente la sua lettera «Sì, infatti è scritta un po’ in codice… è firmata da tuo padre e mi parla anche di cose babbane, però lo capisco tra le righe che non è scritta da lui…»
«Forte, grande… S-Tartufo!» Si corresse al volo Ron a un’occhiataccia di Harry. «E la tua Hermione?» Chiese poi, stupendosi del fatto che pure lei avesse ricevuto una lettera sotto nome Weasley.
Hermione sembrava ipnotizzata dalla lettera, ma batté le palpebre «Eh? Oh è Remus che mi consiglia dei libri sui quali gli avevo chiesto, ma è firmata Bill» spiegò con un balbettio che nessuno dei due notò; l’umore di Harry era troppo buono per aver ricevuto una lettera da Sirius ed entrambi erano ancora impegnati a leggere.
Hermione ritornò furtivamente alla sua lettera dove scorse la lista di libri che, era sicura, qualcuno avesse preso da una certa libreria organizzata da poco; fu soprattutto un titolo a balzarle all’occhio, soprattutto perché non l’aveva mai sentito nominare tra i classici della letteratura Babbana. S’intitolava:
“Il Camino Scarlatto all’ora delle streghe”.
 
 
Note autrice:
Per farmi perdonare, ho deciso di pubblicarvi due capitoli insieme. Per chi seguiva già la versione precedente, troverà un enorme cambiamento ma non è casuale. Ho solo rispolverato un mio vecchio amore.
In ogni caso, fatemi sapere.
Intanto vi auguro buon Natale e anche un felice anno nuovo, perché la nuova pubblicazione sarà sicuramente dopo l’uno.
Baci <3
 
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** L'ora delle streghe ***


L'ora delle streghe

         Hermione passò la maggior parte della mattinata a pensare freneticamente al messaggio di Sirius, immaginandosi mille modi in cui sarebbe potuta andare una conversazione tra loro, soprattutto dopo quello che era successo tra loro l’ultima volta. Certo, l’idea che fosse tutto molto pericoloso l’aveva sfiorata, ma non era la cosa che la preoccupava di più. Si sentiva la testa leggera-leggera, come se qualcuno le avesse fatto un incantesimo testa-bolla; era in balia di un’immagine a occhi aperti in cui chiarivano la loro situazione o addirittura si baciavano di nuovo. Lo sapeva che era meglio non farsi troppi castelli in aria, ma non riusciva a farne a meno.
Le quattro ore di lezione della mattina, due di Incantesimi e due di Trasfigurazione, furono tra le lezioni più dure e stressanti della loro carriera scolastica e ormai c’era chi già si faceva venire crisi di nervi al solo sentire la parola “G.U.F.O.”; sentirono persino qualcuno sperare in un nuovo disastro che interrompesse gli esami di giugno.
Quando arrivarono all’ingresso della Sala Grande, Harry esitò «Non vorrei fare il secchione della situazione, ma forse dovremmo studiare gli usi della pietra di luna».
«Eh?» Borbottò Ron, che evidentemente aveva già cancellato i ricordi della prima giornata.
Harry si accigliò «Abbiamo Piton domani e se non strappo almeno un Accettabile, la pila di compiti aumenterà di sicuro» gemette e Hermione fece uno sbuffo sarcastico.
«Non sei di aiuto» grugnì Harry, guardandola di sbieco.
«Non intendevo esserlo» replicò lei con voce flautata.
Alla fine Ron si fece trascinare con l’aria del condannato verso la biblioteca, mentre lo stomaco si ribellava per la violenza. Hermione gli diede una pacca consolatoria sulla spalla, ma non aveva intenzione di fare altro: lei il tema lo aveva già finito, quindi poteva rilassarsi.
Entrò in Sala Grande e intercettò Brienne e Aveline in fondo al tavolo.
«Buongiorno» trillò, sedendosi di fonte a loro mentre Brienne sbuffava.
«Fammi indovinare: Harry e Ron sono andati a studiare Pozioni?» Ironizzò Aveline con un sorriso. Hermione roteò lo sguardo per risposta e si girò verso l’altra che aveva l’aria di un Goblin scazzato. «Che succede?»
Brienne alzò il mento per indicare Calì e Lavanda che chiacchieravano a voce bassa tra loro. «Quelle due mi fanno venire il nervoso…»
Hermione lanciò un’occhiata indifferente e ritornò al suo pranzo «Ignorale».
«Che poi posso capire la paura davvero, voglio dire è una cosa enorme, però almeno tienitelo per te e non andare in giro a sparlarne» fece Aveline e Hermione la guardò con curiosità, rendendosi conto che non aveva mai pensato di chiederle una cosa.
«I tuoi genitori cosa sanno?»
I genitori di Aveline erano Babbani come i suoi, a volte era curiosa di sapere come i suoi compagni trattavano le “vicende di Hogwarts” con la propria famiglia.
Aveline scrollò le spalle «Sanno le cose davvero più grosse… tipo non ho mai raccontato loro della faccenda del basilisco del secondo anno o di Raptor del primo, ma gli ho raccontato del Torneo Tremaghi e di… di Cedric Diggory. Quest’anno la lettera è arrivata così tardi e si sono sentite cose così brutte che l’hanno capito da soli» spiegò.
Brienne batté le palpebre con aria stupita «Gli hai detto di Tu-Sai-Chi?»
Aveline fece un sorrisetto furbo «Beh, ne sanno qualcosina… diciamo che ho molto insistito su Silente e le sue grandi qualità magiche, ecco».
Brienne scosse la testa «Mi stupisce sempre molto questa cosa…»
«Cosa?» Fece Hermione.
«Beh, noi che abbiamo almeno un mago in famiglia non possiamo farci niente: la famiglia lo verrà comunque a sapere, perché gli eventi che riguardano Hogwarts e Tu-Sai-Chi sono sempre qualcosa di grosso e pericoloso. Inoltre, sono cose così tanto radicate nella nostra storia, nella leggenda, che persino i bambini piccoli ne sono a conoscenza. Ma voi… insomma, mi fa strano che voi potreste non dire nulla ai vostri genitori e loro potrebbero rimanere per sempre all’oscuro di tutto. Per me è inconcepibile che esistano persone che non sappiano di Tu-Sai-Chi, della paura anche di pronunciare il suo nome, dell’importanza di Silente nel mondo magico…» spiegò poi, al calo di silenzio, le guardò con aria preoccupata. «Ovviamente non volevo offendere…»
Hermione scosse la testa «No, anche a me fa sempre strano. È un po’ come se esistessero due Hermione: quella del mondo non magico con i genitori dentisti che pensano alla sua scuola come a una scuola speciale e basta, e la Hermione di Hogwarts» mormorò.
«I tuoi genitori non sanno nulla di nulla?» Le chiese Aveline, con tono stupito.
Hermione la fissò per un attimo senza parlare, poi si alzò di scatto.
«Scusate devo fare una cosa importante. Ci vediamo a lezione!» Esclamò, scappando via.
Mancava solo mezz’ora alla lezione di Cura delle Creature Magiche, ma aveva bisogno di stare un po' da sola. All’insaputa di tutti, persino dei suoi migliori amici, lei portava avanti quella lotta da almeno quattro anni: dire o non dire? I suoi genitori erano i più soddisfatti del mondo, non avevano mai fatto storie sulla magia, volevano che raggiungesse grandi vette in qualsiasi ambito, volevano che fosse felice e avevano accettato Ron e Harry senza fare une piega... eppure continuavano a vivere ignari di tutto. Non gli aveva mai raccontato né di Raptor al primo, né del basilisco, né della rinascita di Voldemort, né dell’importanza di Harry nel mondo magico, né della guerra che si stava affacciando nelle loro vite. Nonostante fosse la prima a biasimare i suoi compagni per i pregiudizi e la paura di sapere, era anche stata la prima a togliere la possibilità di sapere ai suoi genitori.
Hermione si sedette sotto i porticati dai quali poteva osservare la capanna di Hagrid col campo di zucche e sospirò, sentendo uno strano nodo alla gola. Si diceva sempre che non era importante che i suoi sapessero, che aveva un intero mondo a disposizione per essere compresa, che c’erano i suoi amici, che voleva proteggerli. Eppure quando raccontava loro della scuola e delle lezioni, sentiva che c’era sempre un buco che non veniva riempito, un vuoto fatto di consigli non dati, di conforto non ottenuto, di storie mai raccontate. Hermione si rendeva conto che aveva cercato per quattro anni, inconsapevolmente o meno, di fare in modo che la sua vita ne mondo non magico non cambiasse troppo. Sì, era una strega e studiava a Hogwarts tuttavia per i suoi genitori, la famiglia, lei restava la ragazza che leggeva i classici della letteratura mentre aiutava il padre in ufficio, come tutte le estati. Aveva cominciato a preoccuparsi davvero di tutto quello alla fine dell’anno precedente: il ritorno di Voldemort, la morte che per la prima volta entrava a Hogwarts… era tutto così tanto che non sapeva neanche com’era riuscita a non parlarne.
Però lo avvertiva, quel nodo alla gola, in tutti i momenti della sua vita.
«Hermione…» Ron le toccò una spalla e lei sussultò.
«Mi hai fatto venire un colpo!» Esclamò, mentre entrambi la fissavano.
«Tutto bene?» Chiese Harry, mentre si avviavano per il parco.
Hermione annuì «Sì, aspettavo che tornaste... Come è andata?»
Ron sbuffò e Harry scrollò le spalle «Abbiamo rimediato un altro gran mal di testa».
Hermione scrollò la testa con fare severo e decise di ricacciare i pensieri più cupi nell’angolino nascosto del cervello dove ormai erano di casa.
La giornata era fresca e ventosa, sebbene ogni tanto sentissero qualche goccia temporanea sulla faccia. Le classi di Serpeverde e Grifondoro erano quasi al completo accanto alla rigida professoressa Caporal; Hermione sbuffò alla vista di Malfoy che, con l’umore che aveva quel giorno, era l’ultima persona che voleva vedere. Blaise, poco lontano da lui, sorrise alla sua espressione di sopportazione ma si affrettò ad allontanarsi: quando era con gli altri Serpeverde, cercava sempre di tenere un profilo basso ed evitare scocciature.
La lezione di quel giorno era appassionante: gli Asticelli erano creature interessanti, anche se poco simpatiche e poco desiderose di farsi disegnare, si rese conto quando lei e Ron ne presero uno da ritrarre.
«Ma non stanno mai fermi?» Sbottò Brienne, mentre lei, Aveline e Neville cercavano di tenere fermo il proprio.
«A quanto pare no» grugnì Ron, mentre si scorciavano le maniche.
Blaise passò accanto a loro con un carico di legname, osservò la scena con una risatina e tossì «Forse dovreste provare ad accarezzarlo».
«Stai cercando di farci saltare un occhio, per caso?» Sbottò Ron, ma Hermione gli diede una gomitata e lo guardò con attenzione.
«Zabini, spiegati meglio» sbottò, col tono con cui ogni Grifondoro si sarebbe rivolto a un Serpeverde. Blaise ghignò.
«Strano a dirsi ma a questi tronchetti piace il caldo. Quindi...»
Hermione lo guardo con sguardo rapito «Quidi gli piace i lcontatto umano!» Esclamò, togliendosi subito i guanti e accarezzando l'Asticello in barba ai suoi tentativi di tagliarla.
«Prego, non c'è di che» fece Zabini con aria di susseguio. Notò Harry arrivare con un diavolo per capello e capì al volo, dall'espressione compiaciuta di Draco poco lontano, che i due avessero discusso    quindi si affrettò a tornare dai suoi ed evitare l'ennesima guerra. 
Hermione notò la stessa cosa e lo salutò velocemente, prima di avvicinarsi da Harry con Ron al seguito.
*Harry prese piuma e pergamena, si accoccolò vicino a loro e riferì in un sussurro quello che Malfoy aveva appena detto.
«Silente lo saprebbe, se fosse successo qualcosa a Hagrid» disse subito Hermione. «Farsi vedere preoccupati significa stare al gioco di Malfoy, fargli capire che non sappiamo bene che cosa sta succedendo. Dobbiamo ignorarlo. Ecco, tieni un momento l'Asticello, così riesco a disegnare la faccia...»* fece con buonsenso, anche se il suo desiderio in quel momento era di assestare a Malfoy di nuovo un bel pugno, o magari di ritrasformarlo in un furetto salterino. Nonostante avesse avuto la sua buona dose di lezioni, non imparava mai.
Ovviamente Malfoy continuò a blaterare e altrettanto ovviamente Harry si arrabbiò, facendosi ferire dall’Asticello e rimediando un disegno disastroso e insanguinato.
Hermione sospirò e gli passò un fazzoletto nel quale avvolse la mano ferita «Harry, non puoi sempre farti prendere così da quello che dice Malfoy, lo fa apposta».
*«Se dice ancora una volta che Hagrid è un deficiente...» mormorò Harry a denti stretti. «Non attaccare briga con Malfoy, non dimenticare che adesso è un Prefetto, potrebbe renderti la vita difficile» continuò Hermione, ma Harry sbuffò.
«Accidenti, chissà come dev'essere, una vita difficile» commentò Harry, sarcastico.
Ron rise, ma Hermione s'incupì. Insieme si trascinarono attraverso l'orto per Erbologia.
Le nuvole si stavano caricando di un grigio intenso, prima di notte avrebbe piovuto.
«Vorrei solo che Hagrid si spicciasse a tornare, tutto qui» disse ancora Harry a bassa voce, mentre si avvicinavano alle serre. «E non dire che quella Caporal è un'insegnante migliore!»
«Non ne avevo l'intenzione» rispose Hermione, tranquilla*.
Lei continuava a credere che Hagrid non fosse un buon insegnante, per quanto ne capisse più lui di creature della Caporal. Insegnare era davvero una cosa che o la si sapeva fare o no e non aveva davvero a che fare con le conoscenze. Tuttavia, lei adorava Hagrid e di certo lo rivoleva a casa il prima possibile.
«Perché non sarà mai brava come Hagrid» concluse Harry perentorio.
Hermione annuì, ma sapeva che anche Harry stava pensando la stessa cosa: quella della Caporal era stata una lezione esemplare e la cosa rendeva l’assenza di Hagrid ancora più facile da accettare per tutti. 
Una delle porte della serra si aprirono e ne uscirono i ragazzi del quarto, Grifondoro e Corvonero. Ginny si fermò per un attimo di fronte a loro.
«Ciao!» Fece allegramente. «State attenti» avvisò poi, in un sussurro divertito.
Hermione e Ron si accigliarono «Cioè?»
Ginny sorrise ma, prima che potesse dire alcunché, Luna Lovegood si avvicinò a Harry e dichiarò in un sol fiato che credeva a tutto quel che aveva detto.
Lo spiazzato davanti alla serra si ammutolì e Harry balbettò qualche ringraziamento.
«Ma che succede?» Chiese Ron con un’espressione strana, un po’ come se non sapesse se essere perplesso o contento.
Ginny scosse la testa «Oggi abbiamo avuto un dibattito poco simpatico su, sapete, Harry e Silente eccetera» spiegò e gli altri due gemettero in contemporanea. «Ma lei è dalla parte di Harry da sempre» terminò Ginny e Hermione avrebbe anche sorriso se non se ne fosse uscita con una delle solite frasi da strampalata.
«Beh, avevano ragione, no?» disse Hermione in tono spiccio. «Il Cannolo Balbuziente o il Ricciocorno Schiattoso non esistono» fece, mentre Ron borbottava qualcosa.
Ginny ridacchiò e si avviò verso la classe, mentre Luna lanciò a Hermione un’occhiata incendiaria e le andò dietro, seguita dalle risate della classe Grifondoro.
Harry sgridò Hermione al proposito del fatto di non offendere le uniche persone che lo seguivano, ma fortunatamente anche uno normale come Ernie MacMillan si unì al club e Hermione fu compiaciuta di vedere le facce perplesse di Lavanda, Calì o Seamus.
Come al solito la lezione di Erbologia cominciò col discorso sui G.U.F.O. e ormai lei tendeva a isolarsi per buoni dieci minuti quando succedeva.
Con un balzo al cuore pensò che quella era l’ultima lezione, quindi il suo incontro con Sirius era sempre più vicino. Insieme a quella consapevolezza arrivò anche il dubbio, feroce e persistente: avrebbe davvero dovuto nascondere la cosa a Harry e Ron? Forse avrebbe dovuto lasciare stare e far cadere la cosa… immaginò Sirius aspettare nel camino Grifondoro fino alle prime luci dell’alba, mentre lei se ne stava ben nascosta nei dormitori… no, non poteva farlo. In un momento di vera sincerità, si rese conto che lei voleva vederlo; non stava davvero nella pelle. La loro ultima chiacchierata e il loro bacio sembrava materiale di una vita prima, si rese conto che aveva cercato di riporre a cosa in una piccola parte del cervello, ma ci aveva sempre pensato.
Tuttavia, alla fine delle due ore di Erbologia erano talmente stanchi e puzzolenti che non aveva neanche il tempo di pensare al fatto che il suo stomaco reclamava cibo; pensò al fatto che avrebbe dovuto lavarsi i capelli duecento volte prima di eliminare la puzza della cacca di drago, poi sentì le soavi urla di Angelina, che sicuramente ce l’aveva con Harry, e rise. «Angelina?» Chiese solo, quando lei e Ron raggiunsero un frastornato Harry all’ingresso.
*Harry annuì «Sapete una cosa? Credo che sarà meglio verificare col Puddlemere United se per caso Oliver Baston è stato ucciso durante un allenamento, perché pare che Angelina incarni il suo spirito».
«Secondo te quante probabilità ci sono che la Umbridge ti lasci libero venerdì?» chiese Ron scettico, mentre si sedevano al tavolo di Grifondoro.
«Meno di zero» rispose Harry tetro. Si fece scivolare sul piatto delle costolette d'agnello e cominciò a mangiare.
«Meglio provare, però, no? Mi offrirò di stare in punizione altri due giorni, non so...» Mandò giù un boccone di patate e aggiunse. «Spero che non mi trattenga troppo, stasera. Lo sapete che dobbiamo scrivere tre temi, esercitarci negli Incantesimi Evanescenti per la McGranitt, trovare un contro incantesimo per Vitious, finire il disegno dell'Asticello e cominciare quello stupido diario dei sogni per la Cooman?»
Ron gemette e levò lo sguardo al soffitto «E pare che stia per piovere».
«Che cosa c'entra con i compiti?» chiese Hermione, le sopracciglia inarcate.
«Niente» rispose subito Ron, arrossendo sulle orecchie*.
Harry finì la cena, salutò gli altri e si avviò all’ufficio della Umbridge al terzo piano, mentre Ron si girava verso Hermione con l’aria di chi fosse stato fulminato da un’idea geniale.
«Allora…» cominciò ma Hermione sbuffò, senza neanche alzare la testa dal piatto.
«Non ti aiuterò con i compiti, Ron».
«Ma tu hai già finito tutto!» Si lamentò lui, giocherellando col suo pollo.
Hermione gli lanciò un’occhiata «A parte che non è vero, ho da finire delle cose di Aritmanzia per domani mattina, ho altro da fare» aggiunse e Ron la notò arrossire.
«Che cosa devi…»
«Ho finito, vado! Ci vediamo più tardi e studia!» Esclamò lei, alzandosi di scatto e correndo di sopra. Doveva stare più attenta o Ron avrebbe cominciato a fare domande e ficcanasare. Una delle cose più belle dell’essere Prefetti era la possibilità di usare il loro bagno, che era il paradiso in terra. Vi si accedeva dal quinto piano, superando la statua di Boris il Basito, e dentro c’erano anche degli armadietti in cui mettere un cambio pulito. Lo avevano visto durante la visita con i Caposcuola, ma non aveva ancora avuto il tempo di provarlo.
Con l’animo più leggero all’idea di un bel bagno lungo e caldo, si avviò al quinto piano senza beccare altra gente in giro. Di solito tutti i Prefetti usavano il bagno verso sera, quindi avrebbe dovuto essere a sua disposizione. Arrivò alla statua un po’ malconcia di Boris e si fermò davanti alla porta; stava per dire la parola d’ordine, ma la porta di aprì da sola.
«Beh, salve di nuovo Granger» fece un poco affabile Blaise Zabini.
Hermione inarcò un sopracciglio «Salve… Zabini» replicò con lo stesso tono. Sapeva che usavano quel tono solo quano c'erano i suoi compagni di Casata in giro, quindi non capiva cosa... ma poi la vista di chi altri uscì da quel bagno la congelò sul posto: Pansy Parkinson si affiancò a Blaise con l’espressione soddisfatta di un gatto, mentre lui roteava lo sguardo in cielo. Hermione inarcò tanto le sopraciglia da farle sparire nei capelli.
«Oh, Granger. Menomale che ho finito prima, così posso evitare di toccare la tua acqua. Blaise, grazie per il bagno» fece con voce lasciva.
«Per l’amor di Morgana» sbottò lui, quasi rabbrividendo. La guardarono andare via, poi tornarono a fissarsi. «Non fare domande» sibilò lui.
«Non ne avevo intenzione, credimi» ribatté Hermione, ma non poteva lasciarsi sfuggire un momento d’oro come quello. «E poi quello che tu e Pansy Parkinson fate in bagno non sono affari miei» aggiunse con sarcasmo.
«Non sei affatto divertente».
«Cioè, non è la persona che avrei scelto per te. Ma all’amor non si comanda, giusto?» Continuò ancora, godendosi la sua espressione imbarazzata mentre si scambiavano il posto.
«Spero che non anneghi nella vasca, Granger» grugnì lui, mentre se la dava a gambe. Hermione rise, poi si chiuse la porta alle spalle.
Quasi le dispiaceva che Blaise avesse dovuto vivere brutti momenti, ma lei era felice di essere arrivata quel secondo dopo da non condividere il bagno con Pansy.
Si girò verso la stanza e fece un’esclamazione sorpresa: il bagno era molto spazioso e arieggiato, le tende di lino e il marmo lucido lo rendevano ancora più luminoso di quel che ricordava. Al centro c’era un’enorme piscina quadrata con almeno venticinque rubinetti per lato, ciascuno con un pomello di colore diverso. Sulla sinistra c’era una fila di armadietti, ugualmente bianchi, con targhette di ottone.
Hermione cercò la targhetta col suo nome e l’aprì: all’interno ci aveva già messo un paio di cambi per evitare di fare su e giù dalla Torre Grifondoro, mentre su un tavolo in un angolo c’era una pila di asciugamani. Hermione ne prese uno e si spogliò, coprendosi con l’asciugamano che era così lungo da arrivarle alle caviglie.
Da quando aveva visto quel bagno si era ripromessa di provare tutti i rubinetti per vedere quante combinazioni di getti ci fossero, così ne aprì più di uno: c’era quello che versava acqua molto densa dal profumo di mandorle, quello che sparava bolle rosa e azzurre grandi come palloni da calcio, quello che spargeva nuvole viola dal profumo intenso di lavanda. Tuttavia, il suo preferito era quello dal pomello dorato: lo aprì quando era già immersa nell’acqua calda, così si stupì del getto d’acqua che rimbalzava sulla superficie e creava grandi archi dorati tutti intorno a lei, rendendo dorata l’acqua che toccava.
«Wow» mormorò, poi una voce un po’ acuta quasi le fece venire un colpo.
«Ti piace?»
«Eh, chi parla?» Esclamò, rizzandosi e guardandosi intorno.
«Sono qui… ciao!»
Hermione batté le palpebre e osservò l’unico quadro presente nella stanza, che ritraeva una sirena su uno scoglio «Ehm, ciao…»
«Allora, ti piace il mio bagno?» fece la sirena, lisciandosi i lunghi capelli biondi.
Hermione capì il volo che conveniva blandirla sull’argomento, in modo da non avere problemi in futuro «È molto bello» convenne, annuendo. 
La sirena la fissò meglio «Sei il Prefetto di quale Casata?»
«Ehm, Grifondoro».
«Oh, oh! Devi essere amica di quell’Harry Potter, allora. L’anno scorso è venuto qui per la prova del Torneo.Non è finita bene, vero? Povero ragazzo, era così bello…»
Hermione immaginò parlasse di Cedric e si rabbuiò «Già… da quanto tempo sei qui?»
La sirena ci pensò «Credo che Silente mi abbia posto qui non appena divenne preside!»
Hermione la osservò a bocca aperta: non sapeva da quanti anni Silente fosse preside, ma sicuramente si parlava di più di cinquant’anni prima. Rimuginò per qualche istante, mentre s'insaponava, poi le venne un’idea stupida ma tanto valeva tentare.
«Quindi eri qui anche negli anni settanta?»
La sirena si sistemò meglio sugli scogli e annuì con aria d'importanza «Ma certo, cara».
«Quindi avrai conosciuto anche i Prefetti di quegli anni, ma magari non ti ricordi…» balbettò Hermione, indecisa se continuare o meno il discorso.
La sirena cifinse di pensarci ma in realtà era facile capire di chi stesse parlando, perché quelli erano stati gli anni dei Marauders. E lei ricordava perfettamente quei quattro casinisti, come tutti i quadri del Castello dopotutto.
«Oh, ricordo bene quegli anni… quel ragazzo era così pieno di cicatrici… è venuto nel bagno solo una volta, dopo penso si fosse imbarazzato» fece con tono un po’ più freddo. Hermione sussultò perché conosceva una sola persona che poteva avere così tante cicatrici e quella persona era Remus Lupin.
Forse non era così saggio mostrare così apertamente di avere ancora contatti con lui, così se ne stette zitta. La sirena, tuttavia, sembrava presa da felici ricordi di quel periodo e continuò «Fortunatamente aveva dei buoni amici. Un giorno quei due sono riusciti a organizzare una festa qui dentro tutta per lui, ci siamo divertiti molto! Anche oggi nessun altro c’è più riuscito» raccontò.
«Quei due?»
«Sì, James Potter e Sirius Black. Due fenomeni! E Black non poteva neanche entrarci visto che non era né un Prefetto né tantomeno un Capitano di Quidditch!»
Hermione sorrise, pensando che era sicura che sarebbero arrivate a parlare di quei due. Dovevano essere stati davvero una forza della natura per restare così impressi a tutti.
Hermione chiuse gli occhi e affondò ancora un po’ di più nell’acqua calda e profumata, mentre la sirena continuava a raccontarle di quella famigerata festa che, come tutti gli eventi che riguardavano i Marauders, era entrata nella storia.
Purtroppo, dopo circa un’oretta che era in ammollo, sentì delle voci sospette alla porta e scattò in aria quando sentì la voce di Malfoy.
«Oh, no no» grugnì, facendo evanescere l’acqua e uscendo velocemente dalla vasca. «Oh, no no» ripeté, vestendosi con un tocco di bacchetta e chiudendo l’armadietto.
Ci mancava solo rimanere intrappolata in quel bagno con Draco Malfoy, non quella sera.
«Beh ciao, alla prossima» fece alla sirena, prima di avviarsi alla porta.
L’aprì di scatto prima che potesse farlo lui e l’espressione di Draco, che stava sghignazzando con Tiger e Goyle, mutò di botto «Granger».
«Sì, lo so: menomale che non devi condividere l’acqua con me, eccetera, sto andando. Tiger e Goyle, a voi non è neanche permesso conoscere l’ubicazione del bagno. Cinque punti in meno a Serpeverde» fece tutto a un fiato, davanti alle facce inespressive dei tre. Hermione li guardò per un ultimo secondo e andò via di gran carriera, prima che Draco potesse riprendersi per l’affronto. Arrivò correndo davanti al ritratto della Signora Grassa, sospirò per riprendersi ma poi sorrise: forse era stato il bagno rilassante, forse tutti quei discorsi sulla vecchia generazione con la sirena, ma si sentiva bene.
Poteva affrontare quella serata, poteva farcela.
«Mimbulus Mumbletonia» fece. L'allegria che sparì in dieci secondi quando il ritratto scivolò di lato e rivelò due gemelli Weasley molto alterati e una Sala Comune silenziosa.
«Cosa succede?» Sbottò, entrando e intercettando subito Ron, il cui rossore alle orecchie non indivava nulla di buono.
«Oh eccoti, poi dovremmo parlare degli annunci che ci strappi tutte le volte, ma magari in un altro momento» fece Fred, accigliato.
George le lanciò un’occhiata nervosa, poi tornò a girarsi verso il gruppo «Allora, qualcun altro ha qualcosa da ridire già che ci siamo tutti?» Ironizzò, ma a parte qualche mormorio nessuno disse nulla e tutti tornarono alle loro vicende.
«Piccoli vigliacchi» grugnì George, lasciandosi cadere su una poltrona, tra Fred e Ron.
«Cosa è successo?» Ripeté Hermione, prendendosi una poltrona e avvicinandosi al fuoco.
Fred e George si lanciarono un’occhiata, poi sbuffarono «Immagino non sia una cosa nuova neanche a voi…»
«Ginny mi ha detto dell’episodio davanti alla serra con la Lovegood…»
«E Ron ci ha detto del litigio con Finnegan…»
Hermione sospirò perché aveva capito al volo «Ovviamente si parla di Harry e di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato».
Ron prese un’aria nervosa «Sta diventando sempre peggio e siamo solo al secondo giorno!»
«Anche nel nostro anno ci sono sempre un sacco di discussioni, Harley faceva bene a starsene zitto, ora non parlerà per un po’» fece soddisfatto Fred, mentre il gemello rideva. Hermione sorrise per un secondo, poi si costrinse a tornare seria «No, non potete usare i vostri esperimenti per vendetta! Bisogna convincere la gente, non costringerla!»
«E come fai? Vai a prendere Tu-Sai-Chi e lo porti qui di persona?» Ironizzò George, mentre Ron sorrideva debolmente alla battuta.
«Harry non deve saperlo, la cosa è già troppo stressante… è in punizione per tutta la settimana per colpa della Umbridge che non vuole sentire la verità» fece decisa Hermione e i gemelli sbuffarono così forte che sobbalzò.
«Quella megera, è una donna decisamente irritante».
«… E cattiva.»
«… e pericolosa» concluse Hermione. «Non fate cose stupide con la Umbridge, sapete da dove viene e sapete a chi fa riferimento» avvertì, mentre una strana sensazione la prendeva.
Si sentiva quasi in mezzo a una vera cospirazione contro una qualche forma di potere, come se quella volta il pericolo fosse molto più subdolo e strisciante del solito. Dopotutto Silente li aveva avvertiti che il più grande potere di Voldemort era dividerli, anche inconsciamente. Quella donna, proprio quell’anno, non ci voleva; Silente avrebbe dovuto essere più cauto.
«Spero che fuori da qui facciano qualche passo avanti… stare qui mi innervosisce» sbottò all’improvviso Fred.
«Cosa dici? Devi finire la tua istruzione!»
«E perché? Finire Hogwarts e diplomarci non è una nostra ispirazione, abbiamo altri piani» replicò Fred, mentre George annuiva «E poi potremmo essere più utili fuori».
Ron si accigliò «Mamma e papà non ve lo perdonerebbero mai, lo sapete!»
Fred fece una risatina aspra «Certo, il Perfetto Percy si è diplomato con il massimo dei voti e ha fatto carriera. E adesso dov’è?»
E su quella frase sprezzante, si alzarono e si avviarono nel loro dormitorio.
Ron e Hermione si guardarono per un istante, poi Ron sospirò e si alzò per prendere i libri; tra tutti quei casini vari non aveva iniziato ancora a studiare.
Hermione scosse la testa e cambiò poltrona, per avvicinarsi a lui: a volte aveva la sensazione che lei e Harry avessero preso un po’ troppo sottogamba i sentimenti che Ron doveva provare a causa del distacco di Percy dalla famiglia. Doveva essere terribile.
«Vedrai che tornerà…» mormorò, sfiorandogli un attimo la mano. «Tutto sommato è un ragazzo intelligente, lo capirà».
Ron fissò la sua mano, poi alzò lo sguardo su di lei «Grazie» disse solo, poi aprì la borsa e tirò fuori pergamene e calamai. «Studiamo?»
Hermione sorrise «Certo».
Terminò il suo compito sui numeri primi per Aritmanzia e la ricerca per Antiche Rune; insieme finirono il tema per Piton e Hermione decise comunque di correggere il suo, tra le promesse di amore eterno.
«Piantala» fece, ma rideva mentre la sua piuma scorreva le pagine del compito di Ron.
Il ragazzo rise «Davvero! Non so come faremmo a sopravvivere senza di t-» si bloccò a metà frase, poi si schiaffò una mano sulla fronte.
Hermione gli lanciò un’occhiata e batté le palpebre «Che c’è?»
«Ho dimenticato una cosa che devo fare!» Esclamò Ron, prendendo un’aria stupida.
«E cioè?»
«Non posso dirtelo» mormorò subito, arrossendo. «Io… devo andare! Quando finisci metti il compito in borsa e basta, insomma. Grazie!» Fece, scappando via.
«Ma devi finire di…» cominciò lei, ma ormai era già scappato verso il dormitorio. «…studiare. Vabbé, vorrà dire che andrò avanti col libro» si disse Hermione, tirando fuori il manuale di Aritmanzia.
Pensò di poter andare avanti coi capitoli per irritare ancora un po’ Blaise, ma alla fine si rese conto che non ne aveva poi tanta voglia. Si guardò intorno e si sistemò meglio vicino al camino, in un angolo un po’ più riparato, tirando fuori il libro che stava leggendo sulla purezza del sangue. Chissà perché, aveva notato che tutti tendevano a essere sospettosi quando tirava fuori quel libro, quindi o lo leggeva al ripario nel dormitorio o quando c’era poca gente in giro. Intanto contava i minuti: erano le sette e un quarto, mancavano ancora quattro ore e mezza all’incontro.
Quella giornata era passata così scandita dall’euforia e dall’ansia, a metà tra l’estrema lentezza e la paura della velocità. Hermione desiderava fosse già mezzanotte, ma in realtà ringraziava di avere ancora un po’ di tempo per decidere cosa fare.
Prima di tutto perché doveva trovare le parole per giustificare quella lettera oscena che gli aveva scritto; con più lucidità, se l’era mandata in mente e si era resa conto che avrebbe dovuto sotterrarsi anche solo per l’idea di scriverla. Poi doveva decidere se affrontare o no il discorso di un probabile futuro. Poi doveva capire se prima lei lo voleva, quel futuro: davvero voleva passare quell’anno a mentire ai suoi migliori amici per ritagliarsi del tempo con un uomo che non avrebbe più rivisto di persona chissà fino a quando? Davvero voleva lanciarsi in quella cosa con Sirius Black? Si era così tanto concentrata su quello che lui poteva pensare o dire, che non aveva neanche pensato a cosa lei provasse e cosa lei avrebbe dovuto dire semmai lui fosse stato assurdamente d’accordo con la situazione. 
Hermione si alzò a prendere uno degli innumerevoli plaid che vagavano per la stanza e tornò ad accoccolarsi meglio in poltrona, tirando fuori la sua agenda. Era ora di fare una delle sue liste dei pro e dei contro, di approntare un piano di combattimento.
Quando sentì un rumore sordo si destò di colpo, chiudendo l’agenda che aveva in grembo.
«Hermione?» Sussurrò una voce.
Hermione illuminò la punta della sua bacchetta e strizzò gli occhi «Harry! Ma cosa…?»
«Shh» fece lui, inclinando il capo. «Che ci fai ancora in Sala Comune?»
Hermione si guardò intorno e notò le luci spente, il camino che languiva e la sala vuota. «Devo essermi a-addormentata…» fece con uno sbadiglio. «Ma tu hai appena finito la punizione con la Umbridge?» Sbottò lei, stupita.
Harry annuì esitante «Ne parliamo domani… vado a dormire».
Hermione annuì «Sì, raccolgo le mie cose e vado anch’io. Buonanotte».
«Buonanotte» Harry scappò su un po’ troppo velocemente per non destare sospetti, ma la sua preoccupazione fu cancellata dal fatto che il suo orologio segnasse mezzanotte e mezza e lei si fosse addormentata.
«Oh no!» Gemette, lasciandosi scivolare sul tappeto. Da quel che vedeva le fiamme nel camino erano solo fiamme normali e nessuna traccia di teste umane all’interno. «Maledizione…» sibilò, cercando di ravvivare il fuoco con un incantesimo. Continuò a osservare le fiamme da sempre più vicino, ma di lui neanche l’ombra.
«Sirius» sussurrò nel camino. «Sirius, ci sei?»
«Ciao!» La testa di Sirius spuntò all’improvviso dalle fiamme, talmente vicino che Hermione fece un balzò all’indietro. «Uh, scusa. Ti ho spaventata?»
Hermione si rimise a sedere e lo osservò meglio: la testa di Sirius fluttuava a mezz’aria tra le fiamme verdognole con i soliti capelli lunghi, ma con un sorriso che non aveva niente a che vedere col suo ghigno sardonico.
Il buffo balzo del suo cuore le fece capire che non solo le era mancato da morire, ma era anche felice che fosse lì; senza riuscire a trattenersi, Hermione sorrise di rimando «Ciao…»
Il sorriso di Sirius si addolcì «Ciao, Hermione».
Hermione lo fissò, imbambolata per un secondo, poi si rese conto che doveva sembrare un’idiota completa e si riscosse «Ehm, devo essermi addormentata, mi dispiace!»
Sirius rise «Direi di sì, ti ho osservato per almeno mezz’ora prima che ti svegliassi».
Hermione annuì «Già, non so come sia potut-che vuol dire mi hai osservato per mezz’ora?» Fece senza fiato e con espressione a metà tra l’imbarazzato e l’infuriato.
La testa di Sirius fece un movimento strano, un po’ come se volesse scrollare spalle invisibili «C’erano due studenti del settimo che non accennavano ad andare via. Ho controllato ogni dieci minuti».
Hermione quasi scattò in piedi «Mi stai dicendo che sei apparso più volte?!»
Sirius si accigliò «Sì, sono apparso a intermittenza… non mi ha notato nessuno giuro!» Aggiunse frettolosamente, visto che la solita razionale Hermione sembrava sul punto di volerlo picchiare a distanza.
«Ehi, avevamo detto a mezzanotte!» Aggiunse poi sulla difensiva.
Hermione fissò la sua aria indignata e scoppiò a ridere; non ce la faceva a essere davvero arrabbiata con lui, soprattutto visto che era lì per lei e perché… beh, era Sirius.
«Hai ragione» fece solo, prendendo il plaid dalla poltrona e ributtandosi a terra. «E poi non sapevo come dirti che Harry era in punizione e probabilmente sarebbe rientrato tardi…»
Sirius si corrucciò «Mi pareva di averlo visto, infatti. Volevo stare lì ad ascoltarvi, ma temevo potesse riconoscermi. Perché è in punizione?»
Hermione fece una risatina amara «Discorso lungo…»
«Aspetta» fece solo Sirius, sparendo un attimo. Dall’altra parte del camino, a Grimmauld Place, prese anche lui una coperta e vi ci sdraiò sopra, infilando braccia e testa nel camino. 
Hermione si allungò su di lui «Ma sei comodo?»
Sirius annuì «Sono praticamente sdraiato nel camino, ma suppongo che Kreacher abbia visto cose più strane nella sua lunga carriera coi Black» ironizzò. «Allora, quanto la punizione di Harry ha a che vedere con l’assunzione di Dolores Umbridge?»
Hermione batté le palpebre «E tu come lo sai?»
Sirius ghignò «Le voci viaggiano veloci… e poi ho le mie spie di fiducia nel Ministero».
Hermione si accigliò «Tonks?»
«Io non l’ho detto» fece subito lui, ma sorrideva. «E immagino che Harry non sia riuscito a starsene zitto…»
Hermione sospirò «Beh, lei non diceva belle cose» decise di difenderlo.
Sirius ricordò per un attimo la lettera che lei gli aveva inviato e non riuscì a non ridacchiare. «Ho presente…»
Hermione sembrò pensare la stessa cosa e arrossì «Ehm, Sirius… per quanto riguarda la lettera…» cominciò, abbassando la testa.
«Ha negato tutto, vero? Voldemort, la rinascita o quel che è, le parole di Silente…» la interruppe Sirius, senza lasciarle la possibilità di scusarsi.
Avrebbero parlato della lettera, ma mai e poi mai le avrebbe permesso di scusarsi; lui aveva accolto quella lettera con una felicità che non credeva avrebbe mai riprovato. 
Hermione non si offese per essere stata interrotta, anzi ne fu sollevata: parlare della Umbridge e di Harry allontanava l’imbarazzo e la rendeva più padrona di sé attraverso la rabbia per l’ingiustizia.
«Già, come se fosse possibile! Ha negato tutto, ha eliminato la pratica nel programma di Difesa Contro le Arti Oscure, così avremo un vuoto di conoscenze pauroso e non parlo solo di superare gli esami!» Sbottò, facendo del suo meglio per tenere la voce bassa.
Sirius ci pensò un attimo «Su questo ci torneremo, troveremo una soluzione… non potete stare senza preparazione in Difesa, non di questi tempi. Anche se suppongo sia proprio quello che vuole il Ministero» aggiunse con disprezzo.
«Ma perché? Cioè, anche se non vogliono credere al suo ritorno, perché proibirci di fare pratica?» Gemette Hermione, con tono disperato.
«Pensaci, cos’è che il Ministero può dimostrare con una scelta del genere? Con una scelta del genere qui e adesso?» Fece Sirius, fissandola.
Hermione ci pensò «Dimostrano di aver potere decisionale sulle scelte di Silente?»
«Bingo. Silente ha parlato di Voldemort, di unione e di difesa. Se elimini o rendi inefficace la Difesa come materia a Hogwarts vanifichi tutto il suo discorso dell’anno scorso».
«Cioè, rovinano la nostra carriera scolastica, ci stressano per i G.U.F.O., ci rendono deboli contro Voldemort solo per un gioco politico contro Silente?» Sbottò Hermione, indignata.
«Non è sempre così?» Ribatté sprezzante Sirius.
Il silenzio calò per un lungo attimo, poi Sirius si raddolcì di nuovo «E, a parte la Umbridge, com’è andato questo ritorno a Hogwarts?»
Hermione sussultò, rendendosi conto che non avevano neanche cominciato a parlare di loro e quell’argomento la agitava ancora di più della Umbridge, di Voldemort e dei suoi esami.
Hermione si schiarì la gola «Bene… a parte i discorsi sui G.U.F.O.» scherzò.
Sirius rise «Oh per Merlino, non mi ricordavo! Fammi indovinare: la McGranitt e Vitious ne hanno parlato per almeno un’ora, mentre Rüf se l’è scordato».
Hermione annuì «Esatto. Ormai non iniziamo una lezione che non ne parlino...»
Sirius annuì «Fa parte del pacchetto stress&insonnia del quinto. La Vector ha già cominciato il discorso del “non si entra nelle mie classi M.A.G.O. senza almeno un Oltre Ogni Previsione?”»
«Sì! Tu facevi Aritmanzia?» Esclamò Hermione, piacevolmente stupita.
«Ehi, io ero un genio in Aritmanzia! Chiedilo a Remus, battevo persino lui!» Esclamò e risero insieme, anche se Hermione ebbe per un attimo una spiacevole sensazione: davvero stava passando il tempo con Sirius parlando di esami, G.U.F.O. e professori?
Cercando di allontanare quella sensazione, si sdraiò nella sua stessa identica posizione e appoggiò il mento ai pugni chiusi.
«E lì, invece? Come va?» Le sembrò quasi di notare un lampo negli occhi di Sirius.
«Diciamo che si sta tranquilli… io e Kreacher ci facciamo compagnia a vicenda» replicò, con un tono che voleva sembrare spensierato.
Hermione lo vedeva dal suo sguardo che non era così «Remus e Tonks?»
«Tonks viene ogni tanto a trovarmi, ma ormai non ha più né tempo né possibilità di spostarsi senza farsi scoprire: il Ministero controlla a vista tutti i dipendenti e venire qui sarebbe pericoloso. Remus… l’ultima volta che ho controllato viveva ancora qui, ma non lo vedo dalla festa per le vostre spille. È in missione» spiegò amaramente.
Hermione si sentì dispiaciuta per lui «Vorrei tanto essere lì» si lasciò sfuggire e Sirius sgranò lo sguardo «E perché mai? Sei a Hogwarts, chi vorrebbe stare da un’altra parte?»
Hermione lo fissò perplessa per un attimo, come a chiedersi se poteva essere possibile che non avesse capito, poi scrollò le spalle.
«Io adoro Hogwarts, lo studio e i G.U.F.O. lo sai» fece, mentre lui sorrideva. «Però questo posto diventa irreale ogni giorno di più e lì fuori le cose sono talmente pesanti che filtrano attraverso le pareti del Castello…» mormorò, mentre Sirius si allungava verso di lei il più possibile per quanto gli permettesse la comunicazione via Metropolvere.
«Qual è il problema?» Le sussurrò, fissandola come per poterle leggere nella mente.
«Nessuno, sono solo pensieri casuali» ribatté lei, ma fu inchiodata dai suoi occhi e aveva già capito che avevano il potere di tirarle fuori tutto.
«No, non è vero» ribatté Sirius. «Se non vuoi parlarmene va bene, ma non hai bisogno di mentirmi» fece e, nonostante il tono si mantenesse basso, sembrò quasi offeso.
Sirius continuava a fingere che tutto quello non avesse per lui il carattere di una cosa importante: sì, era corso alla sua lettera ma non era davvero così importante; sì, gli interessava che lei stesse bene a Hogwarts, ma non ci perdeva il sonno; sì, aveva pensato ogni secondo alla sera in cui avrebbero fatto quella conversazione, ma non è che ci perdeva l’appetito… tutto era teso a ridimensionare la situazione, a rendere Hermione Granger né più né meno quello che era Harry, solo un po’ più… diversa. Aveva immaginato lei che lo aspettava davanti al camino fino alla mattina successiva, mentre lui si andava a nascondere in camera senza presentarsi… poi aveva capito che voleva vederla, che voleva parlarle.
E, avendola ora di fronte a sé, si rendeva conto che avrebbe voluto poterla toccare.   
«Non voglio mentirti, ma magari queste cose non ti interessano…» replicò lei a disagio. Ora che ce l’aveva lì, si chiedeva cosa davvero potesse spingere Sirius a rischiare libertà e notti insonni per parlare con lei di esami e professori, paturnie da quindicenne.
A Grimmauld Place era diverso, erano tutti costretti a stare lì e poteva capitare che due persone si trovassero inspiegabilmente bene nonostante si fossero parlati poco in precedenza. Ma perché continuare a cercare quella situazione con mille sotterfugi e piani?
Sirius sembrò intuire quello che avveniva nel suo cervello e risolse tutto con un sorriso «Sono qui no?»
«Ma…»
Sirius scrollò la testa e pensò che forse era il caso di chiarire delle cose, prima di andare avanti con quella storia.
«Hermione» cominciò con tono più serio e senza distogliere lo sguardo da lei. «Se avessi solo voluto sapere quello che succedeva al Castello avrei chiesto a Harry; lui mi racconta sempre tutto e, visto che di solito è lui quello sempre in mezzo ai guai, mi sarebbe bastato. Se sono qui con te stasera è perché voglio essere qui, con te».
Hermione lo fissò per un attimo: il fatto che ci fosse solo la sua testa che volteggiava in mezzo alle fiamme rendeva il tutto una cosa a metà tra il sogno e la realtà; però quello che sentiva mentre assorbiva quelle parole era dannatamente vero.
«E-e la mia lettera?» Balbettò, abbassando la testa.
Sirius scosse la testa «Questo devi dirmelo tu. Io ho risposto perché mi interessa sapere quello che ti succede, perché voglio sentirti e vederti. Tu perché me l’hai scritta?»
Hermione non poteva capirlo, forse non poteva sentirlo, ma il tono di Sirius era teso quanto tutto il corpo. Si era buttato con quella specie di dichiarazione e ora poteva aspettarsi anche che lei decidesse di porre fine a quella follia; dopotutto era la più razionale dei due, nonostante l’età.
Hermione lo fissò «Perché volevo scrivertela» si decise a dire, mentre tratteneva il respiro. Il sorriso che le fece Sirius avrebbe avuto il potere di farla svenire se non fosse stata già sdraiata a terra.
«D’accordo» replicò lui e, anche se Hermione non aveva capito cosa aveva voluto dire, non osò chiedere altro e continuarono a chiacchierare. Hermione alla fine gli disse cos’è che la corrucciava e gli parlò  tutti i litigi che c’erano già stati con i suoi compagni sull’argomento.
«Il potere più grande di Voldemort è proprio quello di seminare discordia» fece lui, usando quasi le stesse identiche parole di Silente.
Hermione percepì la voce di Sirius lontana, un po’ come se stesse per andarsene. Si chiese per un momento se stesse pensando a Peter Minus.
«Sirius?»
Sirius batté le palpebre «Scusami… Io comunque vi consiglierei di non lasciare soli quelli che vi sono contro. A volte è solo paura e la paura è una cattivissima consigliera» mormorò e Hermione fu praticamente certa che pensasse a lui.
«Per caso stavi pensando a… Peter Minus?» Chiese, senza riuscire a trattenersi.
Capì di aver sbagliato quando lui le lanciò un’occhiata che non avrebbe mai dimenticato. Quasi la spaventò e inconsciamente si rizzò a sedere per allontanarsi «Mi spiace, io non-»
«Io non parlo di Peter Minus» ribatté lui, con tono acido.
Hermione annuì, mortificata «Mi dispiace, non sono affari miei».
Sirius fissò la sua espressione e sospirò «Scusami tu. È che… questo non è un discorso felice e non sono pronto a farlo. Forse un giorno, non adesso» spiegò, provando a sorridere.
Hermione annuì e cambiò argomento.
Parlarono ancora e ancora, per ore, di tutto: ripresero i discorsi sui libri e Sirius rise quando Hermione gli parlò delle occhiatacce che riceveva per il suo tomo di magia oscura; parlarono di Draco Malfoy e di quanto la lui e suo padre fossero due ficcanaso. Sirius cercò di rassicurarla sul fatto che Draco sembrasse sapere un sacco di cose, ma Hermione non ne era convinta. Tornarono di nuovo a Tonks e Remus, alla loro storia che sembrava essersi tristemente congelata, poi parlarono ancora di Harry e dell’ingiustizia che stava subendo.
«Menomale che c’è tanta gente che gli crede, e crede a Silente!» Stava dicendo Hermione. «Blaise Zabini, per esempio, pur essendo un Serpeverde crede che Harry abbia ragione e il Ministero stia insabbiando tutto» fece, prima di bloccarsi.
Lanciò un’occhiata nervosa a Sirius, poi si deide della deficiente anche solo all’idea che lui potesse essere geloso di lei o di chiunque altri.
«Ti sei bloccata?» Scherzò Sirius, ma registrando in realtà tutte le informazioni che si faceva anche solo sfuggire. Forse Hermione credeva di averla scampata, ma lui capiva al volo l’imbarazzo di una situazione ambigua; aveva vissuto anni accanto a James Potter e Lily Evans, per Merlino!
E poi anche se aveva vissuto in braccio ai Dissennatori per tredici anni, non era così fuori dal mondo da credere che Hermione non potesse interessarsi a un ragazzo della sua età. Semma fosse successo, non avrebbe potuto fare altro che mettersi da parte.
Quello che lei non sapeva, era che prima di quell’incontro Sirius si era posto delle regole ben precise, regole che non avrebbe infranto per evitare di fare disastri.
La prima regola era: lascia che le cose accadano.
La seconda era: se ce ne sarà l’occasione, lasciala andare.
«Sirius, ci sei?»
Sirius si costrinse a sorridere «Scusami, ogni tanto i fumi del fuoco mi assopiscono» rise, tornando a concentrarsi su di lei. «Dicevamo?»
Passò un’altra ora e ormai Hermione si rese conto che non avrebbe mai più potuto fare a meno di quelle chiacchierate con lui, della sua risata latrante e delle sue battutine sarcastiche. Era notte fonda, il suo corpo era stanco e l’indomani avrebbe avuto serie difficoltà a seguire e lezioni, ma se ne fregava.
Il suo cuore batteva forte come il primo momento che l’aveva visto, la sua mente era leggera e il tutto le metteva addosso un’estrema felicità. Tuttavia temeva ancora il momento dei saluti, il momento della verità: da quel momento in poi avrebbero dovuto decidere cosa fare.
Avevano rimandato parlando di tutto quello che venisse loro in mente, come in uno strano flusso di coscienza a due, ma ormai era tempo. Sirius sembrò pensare la stessa cosa quando lanciò un’occhiata all’orologio di casa; si rinfilò nel fuoco e la fissò a occhi sgranati.
«Ma sono le tre! Tu domani hai lezione!» Esclamò, quasi sconvolto.
Hermione pensò che non avrebbe mai immaginato che Sirius si sconvolgesse tanto per la scuola e, infatti, rise «Non credevo fossi così diligente o ti interessasse così tanto la scuola».
«A me no, ma a te sì, devi essere pronta!» Esclamò, così genuinamente che Hermione sentì di innamorarsene davvero in quel’istante preciso.
Sorrise, lo fissò diritto negli occhi e con estremo coraggio disse «Non m’importa, sei una buona causa».
La testa di Sirius smise di oscillare sui palmi aperti e la fissò con un’espressione significativa «È ora di andare» fece con voce dolce.
Hermione si rizzò a sedere con un sospiro «Già» fece, ma aspettò.
«Ti scriverò» fece Sirius all’improvviso, facendola sorridere. «Ti va se venissi altre volte? Magari non per così tanto tempo…»
Hermione annuì prima ancora che finisse la frase «Sì».
Si scambiarono un ultimo sorriso, entrambi consapevoli che avrebbero voluto baciarsi, poi Sirius sparì e le fiamme si spensero.
Hermione si alzò, prese le sue cose e si avviò al dormitorio come avvolta da una nuvola.
A molti chilometri di distanza, Sirius si buttò sul suo letto consapevole che quella notte non avrebbe dormito di nuovo, ma per una volta non importava. Per una volta era un motivo bello, Hermione.

Note 
Ricordo, a chiunque si fosse appena sintonizzato o non ricordasse, che questa storia - fino a più o meno la fine del quinto anno - ricalca quasi per filo e per segno il quinto libro originale. In questo senso si pone come un vero e proprio missing moments, in cui si seguono le vite di Hermione e di Sirius allo stesso momenti di quella di Harry (che di solito è protagonista). Questo per spiegare come mai ci sono interi inserti del libro (segnalati con gli asterischi) e le mie aggiunte si fondono con quello che già ricordate dei personaggi. Detto ciò, buona lettura!

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Capitolo 11
*** Le selezioni ***


 

Le selezioni

         I giorni successivi furono piuttosto difficili e non solo perché il clima fu umido, freddo e incostante tutto il tempo. Hermione parlò a malapena sia con Harry che con Ron, considerate le grandi quantità di compiti che avevano da fare e il ritardo cronico in cui entrambi imperversavano. Harry non riusciva a stare dietro alla scuola e alle punizioni della Umbridge contemporaneamente, mentre Ron aveva qualcosa da nascondere che non era ancora riuscita a scoprire.
In ogni caso, Hermione aveva deciso di stare alla larga per un po’ da entrambi perché si prendessero le loro responsabilità. Dopotutto lei aveva già abbastanza da fare da sola, senza dover aggiungere anche dover convincere loro a studiare. Per esempio, cercare di non strangolare Draco Malfoy quelle rarissime volte che s’incrociavano per sbaglio nei corridoi e si metteva a fare allusioni cretine.
Non aveva avuto il tempo mentale neanche per  pensare a Sirius o di rimuginare sul loro primo incontro al camino. La parte razionale di lei diceva che forse era meglio così, che Sirius poteva essere solo un’altra distrazione in un anno già troppo complicato, ma la parte sciocca e sentimentale ancora era lì davanti al camino ad aspettare.
Non capiva bene perché, ma Brienne e Aveline avevano preso a invitarla a stare con loro e così ne approfittò per non starsene chiusa nel castello a guardare Ron e Harry studiare. Intuì che avevano cominciato ad apprezzarla dopo la faida con Lavanda e Calì in dormitorio, visto che da allora le altre due non parlavano con nessuna di loro.
Hermione si era resa conto di averle sempre un po’ ignorate negli anni, ma non era male stare anche con qualcun altro di tanto in tanto; qualcuno che non si mettesse nei guai un giorno sì e l’altro pure, per dire. Mercoledì pomeriggio, prima delle due ore di Cura delle Creature Magiche, approfittarono del tempo più aperto per pranzare nel parco, mentre Harry e Ron cercavano di rifarsi del ritardo coi compiti.  
«Ehi, Hermione, che hai lì?» Fece a un certo punto Aveline, mentre se ne stavano sotto una quercia vicino al lago.
Hermione sussultò, colta alla sprovvista: era così concentrata a cercare le parole giuste per una lettera a Sirius, di essersi dimenticata di essere con qualcuno «Ehm, una lettera…»
«Che risposta poco evasiva» ironizzò Brienne con un sorriso, mentre si metteva a sedere. Hermione si sentì accaldata, ma sperò che non si vedesse dall’esterno.
«Ma quindi hai un ragazzo?» Chiese ancora la prima, stranendola per un attimo.
Era così abituata a stare con Harry e Ron da non aver mai pensato di ritrovarsi a fare quei tipi di discorsi con delle ragazze. Certo c’era Ginny, ma lei era la sorella di Ron ed era più piccola di loro quindi tendeva a essere più riservata, o almeno lo era stata fino a quell’estate. E anche se considerava sia Harry che Ron i suoi migliori amici, erano entrambi troppo poco sensibili per fare qui tipi di discorsi.
Hermione pensò per un attimo all’idea di parlare con Harry delle sue cotte e quasi scoppiò a ridere, mentre Ron… beh, era Ron. E qualcosa le diceva che non sarebbe stato felice di sentirla parlare di ragazzi, Viktor Krum l’anno prima ne era stata la dimostrazione.
«Diciamo una specie» si trovò a rispondere, visto che la guardavano da due minuti buoni. Avrebbe voluto approfittare di qualcuno che non conoscesse Sirius per aprirsi e chiedere consiglio, ma non sapeva davvero quanto loro fossero discrete e non voleva rischiare che voci strane su di lei girassero per il castello.
Aveline scosse la testa, mentre si legava i lunghi capelli biondi sulla nuca «Guarda che puoi fidarti, mica siamo come Lavanda e Calì» fece con una smorfia.
«Grazie al cielo, ti immagini a venerare la Cooman in quel modo?» Ribatté Brienne.
Hermione anche rise, provando a sciogliersi  «È che è una cosa un po’ complicata… voi?» Chiese, tanto per nicchiare.
Brienne fece un sorrisino «No, almeno fino a quando Seamus Finnegan non si accorgerà che  esisto» fece, stupendola non poco.
«Seamus Finnegan?» Esclamò Hermione, guardando Aveline a occhi sgranati.
«Ha una cotta per lui da almeno due anni, imbarazzante» ironizzò, scuotendo il capo.
Poi, inevitabilmente, Hermione le rivolse la stessa domanda e Aveline sospirò, appoggiandosi meglio con la schiena al tronco.
«A me non piace nessuno» fece, con tono nervoso.
Brienne, sdraiata accanto a Hermione su un plaid, ridacchiò «Certo. A proposito di cotte imbarazzanti, vogliamo parlare di Cho Chang?»
Hermione si accigliò un attimo, pensando di aver capito male «Cho Chang? Perch-Oh» si girò verso la bionda, che evidentemente aspettava la sua reazione.
«E Cho Chang…» ricominciò Hermione, ma Brienne la interruppe, spiccia «… è stata una cosa davvero ridicola».
«Mah, non mi sembra proprio il tuo tipo» decise di rispondere Hermione.
Poté chiaramente notare una distensione da parte di Aveline a quell’uscita, ma fece finta di niente: era troppo intelligente per porsi certi problemi.
«Perché siete tanto sollevate?» Chiese.
Aveline sospirò di nuovo, un po’ a disagio «Beh, credo che tu sia l’unica a saperlo a Grifondoro… a parte Brienne s’intende. Accidenti, non so mai come aprire il discorso». 
«Neanche Calì e Lavanda lo sanno?» Si stupì Hermione. Pensò di poter capire la difficoltà di nascondere i proprio sentimenti a tutti, anche se per lei era una cosa diversa.
«Non dev’essere facile, vero?» Sussurrò.
«Beh, in realtà fino a ora non mi sono mai davvero fatta dei gran problemi… voglio dire, non mi sono ancora mai interessata a qualcuna abbastanza da pormi il problema, ma non voglio che comincino a vedermi diversamente per questo» borbottò e Hermione si corrucciò, come ogni volta che sentiva parlare di gravi ingiustizie.
«Secondo me non cambierebbe nulla, non a Grifondoro. Non voglio crederci, dai!» Esclamò, in cuor suo non davvero del tutto convinta dalla cosa. Dopotutto non si stavano dimostrando poi così aperti di mente con la storia di Harry e di Voldemort.
Brienne fece una specie di grugnito «Mah, non mi sembra che la nostra Casa sia così lontana dai pregiudizi… guarda cosa stanno facendo con Harry!  Con due persone come Lavanda e Calì ti sentiresti sicura nel confessare una cosa così?»
Aveline ridacchiò «E pensare che la sorella di Calì non è poi così tanto estranea alla, diciamo, situazione» rivelò.
Questa volta sia Brienne che Hermione si stupirono «Che cosa?!»
«Ma è andata al Ballo del Ceppo con Ron!» Esclamò Hermione, semi-sconvolta.
Aveline annuì con una risatina «Ve lo assicuro, me l’ha detto una ragazza di Tassorosso… a quanto pare sono uscite un paio di volte a Hogsmeade, ma non è andata bene».
«Chi è questa ragazza di Tassorosso?» Chiese curiosa Brienne, ma l’altra la guardò male.
«Spiacente, non rivelo cose che magari altri non vogliono si sappiano».
Brienne sbuffò «Sei sempre così… noiosamente retta. Con chi posso soddisfare la mia curiosità? Ah, ecco, tu devi ancora dirci a chi scrivi!» Esclamò, ritornando a Hermione che fece una cosa a metà tra uno sbuffo e un sorriso.
«A qualcuno di lontano… che non è detto mi risponda» rispose.
Brienne minimizzò «A volte i ragazzi devono solo essere spronati…»
«… disse colei che cerca di parlare con la stessa persona da due anni» concluse Aveline, rischiando di prendersi un libro sulla testa.
Continuando a cianciare di ragazzi, Hermione non ricordava di averlo mai fatto per così tanto tempo, arrivarono alla lezione di Cura delle Creature Magiche dove purtroppo continuava a non esserci traccia di Hagrid.
Ron la notò arrivare con le altre due e sgranò lo sguardo «Dove sei stata?»
«Con loro, voi eravate occupatissimi…»
Brienne e Aveline si lanciarono un’occhiata carica di sottintesi.
«Non aver paura, Ron, nessuno te la ruba» fece Brienne, prendendosi una gomitata.
«Ci vediamo dopo, Hermione» salutò Aveline, tirandosela via.
Hermione nascose un sorriso, mentre Ron abbassava la testa farfugliando qualcosa, con le orecchie rosse come il sole al tramonto.
A parte per la mancanza di Hagrid, continuavano a distrarsi spesso anche per le continue gomitate che Ron doveva rifilare a Harry per tenerlo sveglio.
«Ce la fate?» Sbottò Hermione, dopo l’ennesima volta che facevano cadere la legna che stavano raccogliendo.
«Se continuo così a fine settimana dovrò suicidarmi per il carico di c-c-c-ompiti» replicò Harry con l’ennesimo grosso sbadiglio della giornata.
«Ci avevano avvisati di stare attenti alla Umbridge» replicò Hermione, cercando di non essere troppo tagliente. Come Harry odiava le sue continue bugie, ma dovevano cercare di essere più bravi a limitarsi e magari essere più furbi. Harry non sembrava troppo d’accordo.
«E dovremmo permetterle di continuare a mentire su quello che è successo? Mai!» Sbottò infatti, cocciuto come al solito.
Hermione, che in realtà sembrava immersa in una profonda riflessione, si girò verso di lui con un leggero «Oh, hai ragione Harry. Ma magari si può fare in altro modo…»
Harry si girò a occhi sbarrati verso Ron «Ho le traveggole o mi ha appena dato ragione?» Scherzò, mentre lei tornava  allo loro postazione.
Ron, per tutta risposta, guardò verso l’alto «Infatti sta per diluviare».
Fortunatamente per loro quelle erano le ultime due ore della giornata e al suono della campana salutarono Hermione davanti al ritratto della Signora Grassa, mentre lei si avviava ad Antiche Rune. Per loro non significava proprio pausa visto che avevano ancora da recuperare un’infinità di compiti, mentre Hermione dal canto suo se non aveva la testa oppressa dai compiti, sicuramente ce l’aveva piena di pensieri non richiesti che le si formavano in momenti casuali. In quel momento, ad esempio, le era sembrato opportuno chiedersi perché diavolo Sirius non si fosse ancora fatto sentire.
In realtà era passato solo un giorno e si rendeva conto che il problema era un altro: era così abituata ad avere le sue persone a contatto ventiquattro ore su ventiquattro che si era dimenticata di quanto potesse essere frustrante la distanza. Dopotutto le uniche che sentiva meno erano i suoi genitori e i ragazzi quando andava via per l’estate, ma con i primi era una cosa tutto sommato normale e nel secondo caso si trattava sempre di una cosa temporanea. Un momento… aveva appena definito Sirius una sua persona?
Continuò a rimuginare così tanto anche durante tutta la lezione di Antiche Rune che per la prima volta nella storia di Hogwarts non aveva preso neanche un appunto.
Alla fine della lezione neanche ci fece caso e si avviò verso la torre Grifondoro con la testa per aria, finendo addosso a qualcuno senza neanche accorgersene.
Stava quasi per gridare in automatico “Malfoy”, considerando la sua pessima abitudine di starsene fermo in mezzo ai corridoi, ma poi si rese conto trattarsi di Blaise.
Il ragazzo neanche le diede il tempo di parlare, che le pose una mano sulla fronte e la fissò. «Non sembra che tu abbia la febbre» commentò, prima di afferrarle il polso. «E il battito sembra regolare» sentenziò, mentre Hermione tirava via il braccio, battendo le palpebre.
«Ti sei ammattito per caso?»
«Beh, ma buongiorno. Siamo tornati tra i vivi?» Chiese lui ironicamente.
«Di cosa stai parlando, per Morgana?»
Blaise scosse la testa «Ti ho fatto più di una domanda a lezione e non mi hai mai risposto. E poi non hai preso neanche un appunto» spiegò, mentre s’incamminavano.
«E allora?»
«E allora non è mai esistito che Hermione Granger non avesse neanche un appunto di una qualche materia! Ti ricordi che quando sei stata malata l’anno scorso mi hai costretto a darti tutti i miei appunti?»
«Beh, è una cosa normale» sbottò lei, piena di sussiego.
«Sì, ma mi hai anche costretto a ricopiarli in una “scrittura decente” perché il tuo quaderno degli appunti non avesse dei buchi» rimbeccò lui, con una smorfia.
Hermione tentò di non sorridere, ostentando la faccia più menefreghista che riuscisse a fare «Beh, l’anno scorso era l’anno scorso. Quest’anno è quest’anno» rispose.
«E cosa sarebbe cambiato?»
Hermione aprì la bocca per rispondere qualcosa, poi la richiuse: possibile che in tutto quello fosse cambiato solo… Sirius? Che le sue priorità fossero mutate per un uomo?
«Cosa vuoi, si può sapere? E comunque il tuo sotterraneo è parecchi metri di sotto» grugnì lei, quando si fermarono avanti al ritratto della Torre Grifondoro.
Stava per aprire bocca e risponderle qualcosa, ma un colpo di tosse li distrasse e Hermione si rese conto che non tirava una buon’aria dall’espressione sardonica di Ron, che li fissava con un sopracciglio inarcato «Salve».
Blaise sorrise «Ciao Weasley. Ci vediamo Venerdì, Hermione» fece, salutando.
Hermione scosse la testa: casualmente il suo nome di battesimo ritornava in auge solo davanti ai suoi amici. Comunque pensò fosse il caso di evitare l’apertura di qualsiasi tipo di discorso e si affrettò a dare la parola d’ordine alla Signora Grassa, per poi infilarsi velocemente nell’apertura. Sentiva lo sguardo di Ron dietro alla nuca, ma riuscì a intercettare Harry appena in tempo e gli si sedette accanto.
«Ciao!» Esclamò e Ron le lanciò un’occhiataccia, prima di lasciarsi cadere nella poltrona.
Harry mugugnò un saluto, poi tornò a ficcare la testa nei libri; aveva un’aria talmente sbattuta che gli altri due decisero all’istante di seguirne l’esempio e trascinarono le borse fino al camino per studiare fino a notte fonda.
 
Venerdì iniziò decisamente male e non solo perché Hermione si svegliò con un mal di testa incipiente, pronto a crescere e svilupparsi con le prime due ore di Storia della Magia. Avevano passato tutto il Giovedì a studiare come matti fino a mezzanotte e poi aveva passato un’altra ora insonne a pensare ai mille e più motivi per cui Sirius non le aveva ancora scritto dopo tre giorni. Da una parte si sentiva una completa idiota perché permetteva a quel pensiero d’infiltrarsi nella mente nei momenti più disparati e, in più, si vedeva come una ragazzina disperata in attesa di risposta. Dall’altra, pur pensandoci lucidamente, s’infuriava comunque: non le sembrava una pretesa così assurda attendere quantomeno una risposta, visto che era stato lui a promettere di scriverle.
«D’accordo, è ora di smetterla» grugnì a se stessa, a voce alta.
Brienne si passò una mano nei capelli sparati per aria «Eh? Cosa hai detto?»
«Niente» borbottò ancora lei.
Aveline si mise a sedere e si stiracchiò «Ancora nessuna risposta dall’uomo misterioso?»
Hermione notò con la coda dell’occhio la schiena di Lavanda farsi rigida come se fosse in ascolto, così rispose con un alto e chiaro “Lascia stare”.
Ci mancava quella pettegola che spargeva voci in giro sui suoi problemi sentimentali.
Nonostante la decisione di cambiare registro, rimase di malumore per tutta la mattina. Verso mezzogiorno salutò Ron e Harry e si avviò a Aritmanzia, dove avvenne la prima cosa strana di quella giornata: Draco Malfoy, fermo impalato davanti alla classe, la fissava come se la stesse aspettando. Hermione batté le palpebre.
«Malfoy».
«Granger».
«Che ci fai già qui?» Borbottò lei, adocchiando l’orologio da polso. Mancavano solo dieci minuti all’inizio della lezione, ma di solito lui se ne stava a ciondolare con i suoi amici senza cervello e arrivava appena in tempo.
Draco scrollò le spalle «Non vedevo l’ora di venire a lezione» rispose, con un tono che non convinceva neanche le pietre del castello. «Dov’è il tuo ragazzo?» Chiese, ghignando. Hermione si accigliò «Di cosa stai parlando?»
Il ghignetto sardonico di Draco si allargò ancora di più, soprattutto alla vista di chi stava arrivando alle spalle di Hermione «Ciao, Zabini. Si parlava giusto di te».
Blaise terminò lo sbadiglio con calma «Per Merlino Malfoy, non ricominciamo così presto!»
Draco lanciò a Hermione un’occhiata che voleva essere carica di sottintesi e si avviò nella classe, lasciandola perplessa.
«Che voleva?» Chiese Blaise con uno strano tono, ma lei scrollò le spalle «Non saprei».
La lezione continuò normalmente, ma Hermione non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione che Malfoy stesse cercando di dirle qualcosa di spiacevole. La sensazione di disagio si acuiva a causa della sua generale stanchezza. Aveva già bisogno di una pausa ed erano passati solo cinque giorni dall’inizio dell’anno scolastico!
Quando la campanella suonò e uscirono dalla classe, Hermione ricordò improvvisamente qualcosa; fermò Blaise e cominciò «Cosa volevi dire prima?»
«Mmh? Prima quando?» Chiese lui, fdistratto mentre guardava verso la direzione da dove era sparito Malfoy.
«Non ricominciamo... perché "ricominciare"? Cosa è successo con Malfoy?»
Blaise si girò a fissare Hermione e fece un ghigno poco rassicurante, quasi scocciato «Non ti sfugge niente, vero?»
Hermione scrollò le spalle e replicò «Di solito è una cosa che non ti infastidisce».
Blaise sospirò «Diciamo che sono cose da Serpeverde».
«Cose da Serpeverde? Andiamo!»
Blaise si sistemò la borsa e tornò a fissarla, serio questa volta «Davvero. Lascia perdere, c'è solo da diventare matti. A dopo».
Hermione lo guardò andare via con la certezza che stesse accadendo qualcosa in quella Casata. Ma dopotutto era vero che non erano affari suoi, né ci teneva a ingaggiare un'esasperante lotta alla "frase sibillina" con quella serpe di Malfoy.
 
A pranzo, tutti i Grifondoro erano elettrici per i provini della squadra di Quidditch e Ron era il più teso di tutti; continuava a sobbalzare alle pacche degli altri, mentre aveva lo stomaco talmente chiuso da non riuscire a mandare giù nulla.
«Andiamo, andrai bene!» Esclamò incoraggiante Harry.
«Già!» Fece eco Hermione, all'occhiataccia di Harry visto i suoi silenzi distratti.
Ron aveva assunto una sfumatura color terra e persino i gemelli si trattenevano dal dire qualsiasi cosa. Ginny si avviò verso di loro saltellando e gli arrivò così di soppiatto alle spalle da farlo saltare dalla panchina.
«Fratello, che tensione!» Esclamò, poggiandogli le mani sulle spalle. «Andrai benissimo!»
Harry le sorrise «Glielo dicevo anch’io… peccato non poter assistere!»
Ginny sbuffò «Maledetta rosp! Però ci saremo io e Hermione. Andiamo insieme, vero?»
Hermione annuì «Certo».
Ginny sorrise e guardò l’orologio «Ho due ore di Incantesimi, ci vediamo all’ingresso per le cinque! A dopo» fece e sgattaiolò via.
Harry la salutò, poi si rivolse verso Hermione «Tutto bene?»
«Eh? Cosa?»
«Niente, solo che sembri un po’ distratta da qualche giorno…» provò a dire.
In realtà a lui sembrava strana da settimane e settimane, forse addirittura dall’estate, ma voleva limitarsi per non sembrare esagerato. Hermione comunque si limitò a sorridergli e Harry scosse la testa: avrebbe dovuto riprendere il discorso, ma in quel momento dovevano occuparsi più di Ron, che stava assumendo l’aria di uno ricoperto da Puzzalinfa.
«Ok, butta giù questo! Devi mangiare o starai male in volo!» Lo avvertì Harry, costringendolo a ingollare del pane.
Ron obbedì e quasi non si rese conto che lo portarono fino alle serre per le due ore di Erbologia. Alla fine, erano talmente stanchi e scazzati che per un attimo dimenticarono l’euforia del momento, mentre a Harry purtroppo non riuscì neanche per un istante di dimenticare la sua punizione dalla Umbridge.
«Proprio oggi non ci voleva, maledizione!» Si lamentò per la decima volta, mentre Ron sbuffava «Grazie amico, avevo dimenticato della nausea per un secondo…»
«Oh, quante storie!» Sbottò Hermione, beccandosi due occhiatacce di fuoco che ignorò. «Io ho un’altra ora di lezione, ci vediamo allo stadio Ron! Harry non dire cose che potrebbero peggiorare le cose, ok?»
Harry annuì con una certa irritazione: da quando si era beccato la punizione, Hermione lo trattava come se avesse due anni. Poi non sapeva cosa davvero faceva durante le punizioni, non sapeva che non emetteva neanche un fiato per più di sei ore. 
«Tu vai dalla Umbridge?» Riuscì a dire Ron, dopo essersi calmato un attimo; le pacche di tutti i Grifondoro che passavano non aiutavano di certo.
Harry scrollò la testa «Manca un’ora, ti va di fare una partita a scacchi per rilassarci?»
«Ok» I due si avviarono verso la torre Grifondoro, mentre Hermione andava a Antiche Rune con Brienne. La lezione fu piuttosto tranquilla, ma non riuscì ad allontanare l’idea che Blaise continuasse a fissarla con una strana espressione; avrebbe voluto parlargli, ma a fine lezione era già in ritardo per l’appuntamento con Ginny.
«Vieni anche tu allo stadio?» Chiese a Brienne, mentre scattava in piedi.
Brienne sbuffò «Ho altra scelta? Vado a prendere Aveline in biblioteca e ci vediamo lì!»
Hermione annuì, continuando ad adocchiare Blaise che usciva dalla classe,  poi gli corse dietro. «Ehi stavo pensando... quando hai un po’ di tempo parliamo?»
Lui si girò a guardarla con espressione stranita «Uhm».
Hermione sorrise «Bene, scusa ora ho un appuntamento col Quidditch!»
Blaise scosse la testa, seguendola verso l'ingresso «Da quando ti interessa il Quidditch?»
Hermione scrollò le spalle. Poco più avanti, all’ingresso, Ginny la stava aspettando.
«Eccoti, cosa stavi-» cominciò la rossa, ma fu interrotta alla vista di Blaise Zabini che le salutava, uscendo dal portellone verso il parco.
«Blaise Zabini».
«Sì» mugugnò Hermione, ben sapendo dove sarebbe andato a parare il discorso.
«Ah, quindi vi parlate proprio? Credevo fosse una cosa estemporanea per il lavoro da Prefetti...» Fece infatti Ginny, mentre si avviavano anche loro all’esterno.
«Siamo compagni di classe sia ad Aritmanzia che ad Antiche Rune, può capitare» fece Hermione, quasi col tono di una poesia imparata a memoria.
Ginny si fece pensosa per parecchi minuti «Mi chiedo se...»
«Cosa?»
«So di alcune discussioni scoppiate tra i Serpeverde ieri sera e, a giudicare dai racconti, uno era sicuramente Malfoy. Dell'altro non si sa niente, ma Lisa Turpin ha detto che ha dovuto togliere dieci punti a "due Prefetti, vergognoso", quindi immagino fosse Zabini».
Hermione sussultò, collegando l'episodio all'espressione di Blaise «E...?»
Ginny scrollò le spalle «E sappiamo come la pensa Malfoy delle fraternizzazioni con i Babbani e tu non gli stai particolamente simpatica, che io sappia...»
Hermione scosse la testa con veemenza «Zabini non è tipo di mettersi a far casino per delle schiocchezze» fece, sedendosi sugli spalti.
«Oh, come lo conosci bene...» alluse, ma Hermione ghignò «Tu non sei messa meglio».
Ginny sbuffò, soffiandosi via i lunghi capelli del viso «Lasciamo perdere!»
«Micheal?» Provò Hermione, poi sospirò. «Dai, lo sai che ci vuole tempo…»
«Beh, cosa dovrei fare? Gli ho detto di essere paziente, ma più di questo non posso fare nulla. Non ho nessuna intenzione di forzarmi per lui».
«I ragazzi sono sempre così insensibili. Dopotutto hai deciso solo da quest’estate di provare con qualcuno che non fosse Harry...» fece Hermione e Ginny annuì.
«Infatti, non posso mica fare i salti mortali! Ci sto provando e gli deve stare bene così». Hermione sorrise «Sei così sicura di te, ti invidio alle volte».
Ginny rise di se stessa, scuotendo la testa «Sono sicura di me adesso, ma devo ricordarti tutte le figuracce, le scene mute e le lamentele degli ultimi quattro anni?»
«Ognuno ha avuto i suoi momenti… io ho avuto Allock al secondo, ricordi?»
«Ok, vinci tu a mani basse» ironizzò Ginny, ridendo.
«Ah, grazie! Ma, ehm, a Ron hai intenzione di dirglielo prima o poi?» Provò a dire Hermione, provocando come si aspettava la sua reazione sconvolta «Ah, non esiste».
«Ma è tuo fratello! E lo sai come diventa lui quando gli si nascondono le cose...»
«Ma io non glielo nascondo, confido nel fatto che non se ne renderà conto perché è tonto» replicò Ginny, facendola sbuffare. «E poi, appunto, so com’è fatto mio fratello e l’hai visto pure tu quest’estate: non riesce a concepire determinate cose…»
Hermione sorrise con indulgenza alla solita uscita melodrammatica «È solo un ragazzo e, come tutti i ragazzi, ha problemi a parlare di sentimenti. Dubito che Harry sarebbe molto più aperto di lui in questi discorsi» fece, meditabonda.
Per un attimo pensò all’idea di spiegargli quello che si stava creando tra lei e Sirius e le venne da ridere. Impossibile. Ginny liquidò il discorso con una scrollata di spalle.
«Non saprei… per ora mi va bene che non lo sappiano e basta. Tu invece?»
«Io cosa?»
«Oh andiamo, non parliamo da giorni!» Esclamò l’altra. Si guardò intorno con fare cospiratorio e abbassò la voce «Sirius?»
Hermione sussultò un attimo e, quasi per un secondo intero, pensò di dirglielo. Sarebbe stato bello avere qualcuno con cui confidarsi lì al castello, da cui andare per sfogarsi o con cui ragionare sui suoi dubbi. Purtroppo fu un solo secondo di felicità, perché poi ritornarono la paura e l’ansia che la cosa fosse troppo anche per una come Ginny. Doveva stare attenta perché quello non era solo un segreto suo, doveva farlo anche per Sirius.
«Beh niente. Ti avevo già detto che non c’era niente a Grimmauld Place, figurati qui!» Esclamò, fingendosi scandalizzata.
«Peccato, continuo a pensare che sarebbe stato così…»
«Così come?» Chiese Hermione, inarcando un sopracciglio.
L’intento era di imbastire un’espressione severa, ma era curiosa di sapere come avrebbe potuto vedere la cosa. Si rendeva conto di stare testando il terreno, ma era più forte di lei; avrebbe tanto voluto avere qualcuno con cui vuotare il sacco. Forse era tempo di comprarsi un Pensatoio, pensò ironicamente.
Ginny si accomodò meglio con un sorrisino enigmatico e l’aria  pensierosa.
«Sarebbe inaspettato, ecco» decise di dire, mentre Hermione sorrideva tra sé e sé.
«Non sembra male, inaspettato».
Ginny scosse la testa «Non lo è. Forse stupirebbe all’inizio, ma poi ti verrebbe da pensare che è una bella cosa, no? Ti verrebbe da pensare che tutto è possibile».
Hermione la fissò, poi scosse la testa «Non siamo mica in una favola… e poi per questo ci sono già Tonks e Remus, no?» Disse, anche se pensare a quei due la intristiva un po'.
Ginny sembrò pensare la stessa cosa «Non saprei, io parlavo di cose che funzionano…»
Hermione batté le palpebre «E dove ti viene in mente che tra me e Sirius avrebbe potuto funzionare?» Sbottò, abbassando di colpo la voce e guardandosi intorno nervosamente.
Ginny ci pensò su un attimo «Non so, sensazioni».
Hermione la guardò, decisa a chiederle di spiegarsi meglio, ma Aveline e Brienne piombarono tra loro e Hermione dovette capitolare. Si sedetterono accanto a loro e cominciarono a parlare con Ginny, che conoscevano appena, mentre Hermione continuava a ripensare alle parole di Ginny e a sorridere, stupidamente.
 
Le selezioni non erano ancora iniziate ma si preannunciavano difficili, soprattutto perché la banda di Draco Malfoy non aveva trovato nulla di meglio da fare che andare a vederli, schiamazzando tutto il tempo. Hermione sospettava che volessero mettere Ron a disagio e, infatti, uscì dagli spogliatoi Ron rosso come il sole al tramonto.
«Ah, povero Ron…» sospirò Ginny, come leggendole il pensiero, poi si girò all’indirizzo di Malfoy che sghignazzava e indicava i giocatori in aria. «Ora vado lì e lo abbatto!» Sbottò. aHermione la tenne per la maglietta «Risiediti e ignoralo, non ne vale la pena».
«Salve, ladies» salutò Blaise, sedendosi con sicurezza accanto a Hermione, che lo guardava con un'espressione sconvolta. «Gelatina?» Fece, piazzandole un pacchetto sotto al naso.
Hermione inarcò un sopracciglio «Che ci fai qui?»
Blaise scrollò le spalle «Sopralluogo» disse semplicemente.
Hermione avvertiva gli sguardi malevoli degli altri Serpeverde su di loro e un silenzio che non prometteva nulla di buono. Continuò a fissare con insistenza Blaise, ma lui la ignorò.
Ginny si stupì «Non fai parte della squadra, però».
Blaise sorrise, ma era più un ghigno «Grazie a Cartesio» ironizzò con incredibile faccia tosta, lanciando una gelatina in aria e prendendola al volo.
Hermione roteò gli occhi al cielo «Se non sei qui per il Quidditch, cosa-»
«Chi ci prova dei vostri?» La interruppe lui, sempre parlando con Ginny.
«Oh, mio fratello Ron» replicò Ginny, con tono leggermente teso.
«Ed è bravo?» Provò a chiedere ed Hermione si ritrovò a prendee le sue difese senza neanche sapere perché.
«Certo che è bravo! È solo un po’ teso ma andrà bene» sbottò, come per accusarlo.
Blaise le lanciò un'occhiatina derisoria, poi sentirono uno strano movimento e si ritrovarono Malfoy, Pansy Parkinson e il resto della gang dietro di loro.
«Oh, da qui si vede tutto molto meglio» fece Malfoy, mentre Blaise roteava gli occhi.
«Certa gente è peggio delle piattole, me li ritrovo dappertutto» sibilò, mentre Pansy Parkinson gli soffiava un bacio.
«Ce l'hai ancora con me, piccolo Blaise?»
Blaise la ignorò e Ginny batté le palpebre «Sbaglio o la Parkinson…»
«Già» grugnì lui, con un solo suono schifato.
«E perché?»
«Per rompere le scatole» ribatté tagliente Blaise, ma Draco fece un ghignetto.
«Perché non racconti a tutte noi del tuo incontro focoso nei bagni dei Prefetti?» Ironizzò.
«Vaffanculo, Malfoy. Ti converrebbe stare più attento alle cazzate che fa tuo padre che a me. Non sia mai te li ritrovi in prigione prima della fine dell'anno».
Le Grifondoro si lanciarono sguardi preoccupati, gli occhi di Malfoy lampeggiarono dall’ira.
«Non ti preoccupare Zabini: c'è una ricompensa per i Babbanofili come te e tua madre...»
Blaise scattò in piedi, mentre Malfoy scattò a stringere la bacchetta sotto il mantello. Hermione si pose tra i due, ma guardava Blaise.
«Spostiamoci ragazze, qua c'è troppo casino. Vero, Zabini?»
«E qui c'è troppa puzza, Granger» ripose Malfoy ma, a dispetto dello sguardo sincronizzato di Hermione e Blaise, il sonoro "sciaff" non arrivò da nessuno dei due.
Malfoy si tenne una guancia e si girò a fissare Brienne come se le fosse spuntata un'altra testa. Brienne si rizzò con aria indifferente.
«La prossima sarà una una fattura, Malfoy, e non sbaglierò mira» replicò, uscendo dagli spalti per spostarsi più in basso. Nel silenzio dell'evento, Ginny, Aveline e Hermione la seguirono mentre Blaise rimase indietro di qualche passo.
«Zabini, sei morto» fece Malfoy, mentre Tiger e Goyle si scrocchiavano le mani.
Blaise scrollò la testa e li ignorò, ma sapeva che la vita a Serpeverde sarebbe diventata ancora più dura da quel momento in poi.
Si risedette accanto a Hermione, parecchi spalti sotto, e la ragazza sussurrò «Mi spiace».
«Non fa niente» replicò solo Blaise, guardando in alto mentre i giocatori uscivano. 
Le prove iniziarono e, in realtà, non andarono troppo male anche se Ron era così teso che fece degli errori piuttosto gravi; Hermione ci capiva poco, ma poteva capirlo dai borbotti di Ginny. Ogni tanto ossevava il profilo di Blaise, ma quello aveva preso uno studiato sguardo neutrale, anche se Hermione notò che fissava soprattutto Ron.
«Ti stia divertendo?» Gli sibilò.
«Sì, perché ti da così fastidio?»
Le risate di Malfoy e i suoi quasi coprirono le loro parole. Hermione sbuffò.
«Ci sono già quegli idioti e, come loro, ti stai divertendo a spese dei miei amici…»
Blaise si accigliò «Non mi paragonare a Malfoy, per favore. Io mi sto divertendo alle spese di un amico e non perché è un Grifondoro, ma perché non è bravo. Mica è colpa mia».
Hermione sbuffò «Se sei venuto per questo potevi anche risparmiarci la tua presenza».
Blaise rise, scuotendo il capo «Ma guarda che il Quidditch funziona così, ci si mette sempre alla prova rischiando anche un po’ di prese in giro. Tu perché te la prendi tanto?»
Hermione aprì la bocca per ribattere, ma il fischio finale li distrasse.
Ormai il cielo aveva virato verso un blu scuro e il sole stava tramontando, segno che dovevano essere passate almeno due ore. Tutti i giocatori atterrarono e lei fece la sua migliore espressione incoraggiante, mentre Ron si girava verso di loro con sguardo cupo; lanciò un’occhiata perplessa a Blaise Zabini, seduto accanto a Hermione, poi ritornò su Angelina che stava decidendo il da farsi. Alla fine, miracoli dei miracoli, decise di dagli un’occasione e lo proclamò nuovo portiere di Grifondoro.
«Che cosa?» Balbettò Ron, battendo le palpebre.
Angelina annuì, severa «Però voglio che ti alleni per migliorare i tuoi punti deboli, chiaro?»
Ron annuì, ancora in trance, mentre i gemelli e gli altri correvano ad abbracciarlo.
«Ce l’ho fatta! Hermione, Ginny, sono il nuovo portiere!» Urlò, quando furono fuori. Ginny scambiò un’occhiata perplessa coi gemelli, l’aveva visto anche lei che altri erano stati più bravi di lui a volare, ma corse comunque ad abbracciarlo, seguita a ruota da Hermione.  
«Qui c’è bisogno di una festa… Burrobirra, grossi quantità di Burrobirra! Fratello…?»
«Sì, subito! Espresso di Burrobirre in arrivo!»
Fecero i due gemelli, sparendo per andare a reperire la bevanda chissà dove. Ron era così contento da non riuscire a smettere di sorridere, ma Hermione continuava a fissare Blaise. «Allora, che sta succedendo? »
Blaise smise di guardare la banda rosso-oro per girarsi verso di lei «Cosa?»
«Andiamo, so per certo che hai già litigato con Malfoy ieri sera e oggi quella scena, poi Ron... che problemi hai?»
Zabini scosse la testa «Io penso che sei tu a essere strana in questi ultimi tempi, Hermione Granger, vuoi dirmi tu che cos'hai?»
Hermione batté le palpebre, zittita. Possibile che la sua distrazione fosse così chiara? E se fosse stato vero, perché i suoi migliori amici non se n’erano accorti e lui sì?
«Non sono affari che ti riguardano».
Blaise anuì come se lo fosse aspettato «Appunto. Lascia stare i miei problemi, Hermione. Sarai anche una ragazza intelligente, ma ci sono cose che continui a non capire…» Hermione lo osservò andare via chiedendosi di cose stesse parlando. Lo sapeva di non essere sempre intuitiva per tutte le faccende che non riguardavano una conoscenza di tipo enciclopedico, ma non era una sprovveduta.
Con un’ultima scrollata di spalle, si avviò anche lei verso la Torre Grifondoro, pronta a qualsiasi disastro quei due scalmanati avessero deciso di architettare.  Infatti, non appena il ritratto della Signora Grassa scivolò di lato, fu invasa da un insieme di voci, colori e cose.
«Ma cosa diavolo…?» Cominciò, stringendo gli occhi e mettendo le mani sui fianchi; intercettò al volo i due gemelli, con una sospetta cassa sotto al braccio, e si avviò a passo di marcia verso di loro. «Fred!» Sbottò, tirandolo per attirare la sua attenzione.
Il sorriso del gemello appassì solo per due secondi, ma si riprese quasi all’istante «Oh, festeggiamo la nuova squadra e… Ron!» Esclamò, tirando a se un Ron decisamente e insolitamente felice, che rideva e abbracciava tutti.
Fred continuò a ghignare e Hermione sapeva perché: lui lo sapeva che, anche se severa, non avrebbe mai rovinato i festeggiamenti di Ron. Un colpo basso.
Hermione fissò per un po’ l’aria serena dell’amico, poi sospirò sconfitta «D’accordo, ma non voglio cose illegali…» cominciò, ma Fred prese un’aria imbarazzata mentre la cassa che conteneva Burrobirra si agitò come dotata di vita propria.
«Scusa?» Provò a fare, mentre Hermione tornava a guardarlo male. «Che festeggiamenti sono senza Burrobirra? E non è neanche troppo illegale, possiamo berla anche a Hogsmeade!» Protestò, ma Hermione infilò la mano nella cassa aperta e prese una bottiglia.
«Questa la prendo per me» fece solo, avviandosi con tono deciso verso una delle poltrone.  
Fred la guardò sconvolto per un lungo istante, poi si risvegliò quando l’altro gemello gli picchiettò la spalla con aria impaziente «Ok, grazie Hermione! Se ne vuoi altra, chiedi!» Urlò ancora, per poi girarsi a confabulare col fratello.
«Sì sì» mugugnò solo lei, mentre si lasciava cadere su una poltrona con un grosso sbadiglio.
La giornata era stata lunga e lei non aveva le forze per contrastare un’intera Casata pronta a festeggiare. Chiedendosi per un istante se Harry era ancora in punizione, pensò che forse poteva provare a leggere un po’ del suo libro visto che di studiare non se ne parlava. Non si sentiva più tanto sociale e il pic-nic del pranzo sembrava essere avvenuto mille anni prima. In realtà sapeva cosa aveva contribuito a cambiarle l’umore, solo che non le andava di pensarci perché la irritava; era qualcosa che riguardava Remus e Tonks: pensare a loro la intristiva, ma la riportava anche per l’ennesima volta al solito punto di partenza; ormai stava diventando monotona. Sarebbe stato sempre così? In attesa del momento successivo in cui avrebbe rivisto o sentito Sirius?
«Ti prego, dimmi che questa cosa finirà a breve!» Esclamò Brienne, arrivandole alle spalle. Hermione sorrise «O i miei dubbi. Penso sia una scusa per sfogare lo stress…»
«Beh, George Weasley potrebbe sfogare lo stress in altro modo, invece di decidere di farmi il bagno» grugnì Aveline, scostandosi le ciocche fradice e sedendosi accanto a Hermione.
«Scusa!» Sentirono urlare George, perso chissà dove nella folla.
«Seh» borbottò lei, mentre Hermione scuoteva la testa e mormorava un incantesimo; la bacchetta cominciò a ruotare lentamente, emettendo aria calda che le asciugò i capelli. «Ehi, figo!» Esclamò Brienne ammirata e Hermione sorrise.
«Io giuro che lo ammazzo» sibilò Ginny, trascinandosi una poltrona fino al camino e unendosi all’allegra compagnia con le mani nei capelli.
«Beh, ciao anche a te!»
«Chi ha fatto cosa?»
«Posso pure capire che sia contento di essere stato preso, ma se si riproduce di nuovo nella terza parata della selezione io lo affogo nella Burrobirra» mugolò, facendole ridere.
Hermione lanciò un’occhiata a Ron e sorrise «È una bella cosa vederlo soddisfatto, dai!»
«Sì, sì…» borbottò Ginny, poi si guardò intorno. «Dove è Harry, a proposito?»
«Credo sia ancora in punizione… non ha degli orari fissi, ma di solito finisce a mezzanotte»
«Mezzanotte?!» Fecero incredule le altre tre, che dopotutto non erano mai state sveglie abbastanza da vederlo ritornare.
«Quella donna è un mostro» stabilì Ginny, mentre Grattastinchi le volava in grembo e lei prendeva ad accarezzarlo sovrappensiero.
«Già, bisognerebbe trovare un modo per scavalcarla. Non possiamo a fare quella roba come Difesa» grugnì Brienne, con una  smorfia.
«Pensa se riuscissimo a farla cacciare e ad avere un altro insegnante prima della fine di quest’orribile anno» continuò Aveline, ma Hermione sentiva già la mente vagare oltre: forse c’era un modo per fare qualcosa senza andare troppo contro le regole e senza uscire dal castello… avrebbe dovuto ragionarci un po’ su, ma forse era fattibile.
«Hermione, ci sei?»
Lei batté le palpebre e rimise a fuoco la stanza «Eh?»
«Dicevo, domani pranziamo insieme?» Le chiese Aveline e lei annuì con un sorriso.
«Ok, allora io vado in dormitorio prima di dover uccidere George e la sua pistola ad acqua» proclamò, alzandosi in piedi. «Poi dobbiamo riparlare del gancio da boxer di Brienne!»
Brienne ridacchiò «Oh, riproverei volentieri con Malfoy altre mille volte... buonanotte»,
Hermione e Ginny le salutarono, poi calò un silenzio strano e Hermione notò il profilo concentrato della seconda sul fuoco che schioppettava nel camino «Ginny, tutto bene?»
«Cosa? Oh sì, pensavo…» replicò lei con tono vago. Hermione poteva notare le sue mani irrequiete sul pelo di Grattastinchi.
«A cosa?» Provò a chiedere e la vide arrossire.
«Niente, niente…» sospirò, come se uscisse da una trance. «Mi sa che vado anch’io...»
«Ginny...»
«Buonanotte, Hermione».
«Ok» rispose, arrendendosi. Molto spesso notava che Ginny si estraneava dai loro doscorsi per fissarsi su punti casuali della stanza, ma non voleva forzarla: tutti avevano i propri segreti e Ginny aveva il diritto di averne i suoi.
Con un nuovo sbadiglio, Hermione lanciò un’altra occhiata a Ron e si sistemò meglio nella poltrona: non voleva andar via perché le sembrava indelicato dal momento che non c’era neanche Harry a festeggiarlo, però era troppo stanca per partecipare attivamente.
Alla fine decise di accoccolarsi meglio vicino al fuoco e di incantare i ferri perché cucissero da soli qualche nuovo berretto per gli elfi, giusto per non lasciare il lavoro a metà, e tirò fuori il libro sulla purezza del sangue che ormai aveva quasi finito; purtroppo non aveva pensato a prenderne altri da Grimmauld Place, ma chiederli a Sirius poteva essere sospetto. 
E, a proposito di Sirius, tra le pagine del diciottesimo capitolo c’era una delle numerose lettere incompiute che aveva provato a scrivergli in quei giorni.
Sirius era sembrato piuttosto convinto a continuare ma lei? Avvertiva sempre dei sentimenti contrastanti: quando Sirius era con lei, non faceva altro che sentire il suo cuore battere all’impazzata e non riusciva a togliersi il sorriso dal viso; però quando non c’era pensava sempre a come, dove e quando quella situazione sarebbe andata storta.
Senza neanche farci caso, continuò a scrivere la lettera come sfogo, quasi come se stesse scrivendo un diario e arrivò alla fine della pergamena in un soffio; la rilesse e rise di se stessa, per poi strapparla a metà e infilarla in borsa. Forse avrebbe dovuto organizzare un discorso e parlare lei la prossima volta, in modo da chiarire tutti i suoi dubbi.
Hermione bevve un sorso di Burrobirra, cercando di stare sveglia, ma nonostante il casino della festa sentiva gli occhi chiudersi. Si risvegliò con un sussulto circa mezz’ora dopo, quando Harry andò a sedersi accanto a lei e posò la borsa con un tonfo.
*Oh, Harry, sei tu... bello per Ron, vero?» Bofonchiò, ma poi sbadigliò. «Sono così stanca. Sono stata sveglia fino all'una a fare altri berretti. Spariscono in un soffio!» Esclamò.
«Grandioso» disse Harry. «Senti, Hermione. Sono appena stato su nell'ufficio della Umbridge e mi ha toccato il braccio...» cominciò a raccontare, con aria concitata. Hermione aveva capito che aveva bisogno di parlarne e ascoltò con attenzione.
«Temi che Voldemort possa controllarla come controllava Raptor?» Chiese, scettica.
«Beh è possibile, no?» rispose Harry, abbassando la voce.
«Immagino di sì. Però non credo che riesca a possederla come possedeva Raptor, voglio dire, ora è di nuovo vivo e vegeto, no? Ha il suo corpo, non ha bisogno di usare quello di un altro. Potrebbe controllarla con la Maledizione Imperius, però...» provò a dire, ma in realtà non era molto convinta di quell’ipotesi. Per lei la Umbridge era una donna malvagia, ma probabilmente non aveva niente a che fare con Voldemort.
Harry osservò per un attimo Fred, George e Lee Jordan che facevano i giocolieri con le bottiglie vuote di Burrobirra. Poi Hermione disse «Ma l'anno scorso la cicatrice ti faceva male senza che nessuno ti toccasse. E Silente non ha detto che dipendeva da quello che provava Voldemort in quel momento? Voglio dire, forse quello che senti adesso non c'entra affatto con la Umbridge, forse è solo una coincidenza che sia successo mentre eri con lei».
«È cattiva» disse Harry in tono piatto. «Perversa».
Hermione annuì «È tremenda sì, ma... Harry, credo che dovresti dire a Silente che ti fa male la cicatrice» fece, consapevole che non avrebbe ascoltato. Poteva capire il senso di frustrazione di Harry nell’essere ignorato da Silente, ma stava sbagliando nel nascondergli tanti dettagli importanti.  
Infatti la risposta di Harry fu sbrigativa e anche un po’ scocciata «Non lo voglio seccare con questa faccenda. Come hai appena detto, non è una gran cosa. Mi ha fatto male per tutta l'estate, stasera è stato solo peggio, tutto qui...»
Hermione sospirò, cercando di mantenere una certa pazienza «Harry, sono sicura che Silente vorrebbe essere seccato per questa-»
«Sì» sbottò Harry prima di riuscire a trattenersi. «È la sola parte di me che interessa a Silente, vero? La mia cicatrice…» ribatté lui, con tono amaro.
«Non dire così, non è vero!» Saltò su Hermione, cercando di rassicurarlo.
«Credo che scriverò a Sirius, per sapere che cosa ne pensa...» provò a dire lui e Hermione sbottò, prima di rendersene conto «Harry, non puoi scrivere una cosa del genere in una lettera! Non ti ricordi? Moody ci ha detto di stare attenti! Non siamo più sicuri che i gufi non vengano intercettati!»
Si sentiva in colpa nel fare la ramanzina a Harry sul contattare Sirius quando loro due si erano visti appena un giorno prima, ma supponeva ci fosse differenza tra parlare di cose non troppo pericolose e spedirgli una lettera in cui si parlava di Voldemort. Nonostante quel pensiero, però, si morse un labbro preoccupata quando Harry si alzò in piedi di botto.
«Va bene, va bene, allora non glielo dico! Vado a dormire. Dillo tu a Ron, d'accordo?»*
«Harry…» cominciò, senza in realtà sapere come finire. Dopotutto non poteva dirgli di lei e Sirius e non poteva fare nulla per consolarlo. Così, quando Harry si girò di nuovo verso di lei, si limitò a dire «Se vai tu vuol dire che posso andare anch'io senza essere scortese. Sono completamente sfinita e domani voglio fare altri berretti. Senti, puoi aiutarmi se ti va, è divertente, sto migliorando, so fare i disegni e i pompon e un sacco di cose, adesso…» provò, senza tanta convinzione.
Harry si limitò a mugugnare qualcosa, poi sparì verso il dormitorio.
Hermione sospirò, andò a salutare Ron – che la guardò con aria di rimprovero e per una volta a ragione – e si avviò afflitta verso il dormitorio, lasciando le sue cose in Sala Comune.  Quella giornata era finita malissimo e non vedeva l’ora di andarsene a dormire, possibilmente senza pensare né a Harry, né a Sirius, né a Voldemort.
Ron la osservò risalire le scale del dormitorio femminile, poi scrollò la testa e si lasciò cadere davanti al camino; evidentemente era destino che i suoi amici dovessero stare male proprio lo stesso giorno in cui lui era felice. Chissà, magari un giorno si sarebbero occupati anche un po’ di lui, oltre che di se stessi… con una sorta di affettuosità mista a rassegnazione notò il berretto in via di composizione che Hermione aveva lasciato sulle sue cose e lo prese, nascondendolo nella sua borsa. Ormai era quasi certo che gli elfi avrebbero cominciato a boicottare la Torre Grifondoro se non avesse smesso di fare quelle cose.
Stava per dire ai gemelli che se ne andava anche lui a dormire, quando la sua attenzione fu catturata dal grosso libro che Hermione stava leggendo in quel periodo: “La Purezza del sangue – Da Slytherin a Tu-Sai-Chi”. Lei gli diceva sempre che era poco flessibile, ma sinceramente non vedeva cosa potesse esserci di bello in un libro così impregnato di storia disgustosa… lo prese e lo fece roteare tra le mani, dovendo ammettere però che i libri di Sirius erano davvero molto belli. Poi, dalle pagine ingiallite, volò fuori un foglio su cui gli cadde l’occhio prima ancora che la decenza gli permettesse di allontanare lo sguardo.
Era una lettera sentimentale.
Ron si guardò per un attimo intorno, sapendo benissimo che ormai non avrebbe potuto distogliere lo sguardo neanche se si fosse costretto. La lettera era scritta nella calligrafia minuta e fitta di Hermione, ma purtroppo mancava la parte superiore del foglio.
Cercando di far finta di nulla, provò a cercarlo sotto il divano e attorno alle sue cose, ma non lo trovò; probabilmente era finito nella sua borsa, così dovette accontentarsi della parte finale, che cominciò a leggere incastrandosi meglio nella poltrona.
Era una lettera così bella e strana che per un momento Ron pensò potesse far parte di qualche altro libro, ma la scrittura era troppo inconfondibile per non essere riconosciuta. Quando la finì rimase inebetito per un lungo istante, ad ascoltare lo strano fastidio che avvertiva alla base dello stomaco. Cosa poteva essere? L’idea che Hermione avesse scritto quelle parole così sentite a qualcuno, lei che era sempre così razionale, lo infastidiva.
Forse era geloso  Più o meno erano le stesse sensazioni che aveva provato al Ballo del Ceppo nel vederla con Krum, ma non era poi così bravo ad analizzarsi. E a quanto pare non era, non erano, neanche così bravi ad analizzare Hermione visto quello che scriveva quando non la guardavano.
Con un sospiro tremolante, Ron si avviò al dormitorio senza salutare nessuno e si mise al letto con la lettera ancora appallottolata tra le mani, addormentandosi solo molto tempo dopo. E con le parole di Hermione che gli rimbalzavano nella testa.
 
Note autrice:
Mi dispiace per il capitolo privo della fulgida presenza di Sirius, ma dai prossimi mi farò perdonare: cominceranno a distaccarsi molto dal libro originale e seguiranno molto di più Sirius, che avrà una storia parallela a quelli dei ragazzi a Hogwarts. Giusto per avviso.
Spero che la storia vi stia piacendo, buona lettura e alla prossima.
 
 

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Capitolo 12
*** Litigi ***


Litigi
 
Il week-end arrivò come una manna dal cielo considerando quanto erano stati difficili quei giorni per tutti. Hermione non poteva credere che fosse passata una sola settimana dall’inizio della scuola e non solo perché la presenza delle Umbridge li aveva fisicamente sfiancati come se fossero già a metà anno: la quantità di compiti per i G.U.F.O. era talmente abnorme che non si vergognava con se stessa all’idea di sentirsi impreparata. E lei non era mai stata impreparata.  
Ormai del tutto sveglia, Hermione si prese qualche attimo per starsene distesa a occhi chiusi, assaporando il delicato riverbero del primo sole mattutino. Fortunatamente doveva essere una bella giornata; magari poteva proporre alle ragazze di fare un pic-nic nel parco. Aprì un occhio per sbirciare nel dormitorio, ma sembravano tutte ancora profondamente addormentate, e sbuffò: anche lei avrebbe voluto dormire di più nel weekend, se la sua sveglia interna non avesse deciso il contrario. Si mise a sedere lentamente e si stiracchiò con attenzione come faceva ormai tutte le mattine; magari non era una sportiva come Ginny, ma cercava quantomeno di tenere i muscoli svegli il più possibile. Si alzò dieci minuti dopo, indossando il nuovo maglione rosso che sua madre aveva voluto regalarle prima della partenza; era sempre piacevole poter dismettere la divisa per vestirsi con abiti più colorati. 
La Sala Comune, sebbene luminosa a causa delle tende tirate di lato, era ancora semi-vuota a parte qualche sparuto studente del settimo anno. Se quelli del quinto erano stressati, loro che avevano i M.A.G.O. dovevano essere già al limite mentale possibile. 
«Buongiorno, Ron» salutò, riconoscendo la zazzera rossa nascosta dietro al divano. «Che stai facendo?» Gli chiese poi, sospettosamente.  
Ron si sollevò, rosso come il sole al tramonto e afferrò un paio di libri a caso, scuotendoli.
«Avevo… avevo dimenticato i miei libri!» Esclamò con voce acuta. 
Hermione inarcò un sopracciglio, poi raccolse le cose lasciate la notte prima e notò piacevolmente che i ferri avevano completato due nuovi berretti per elfi. Ron lanciò un’occhiata veloce al grosso tomo di storia oscura, poi tossì «Ehm, andiamo a fare colazione?» 
«Certo!» 
In realtà Ron stava pensando ancora al fatto che, accartocciandola senza rendersene conto, aveva stupidamente rovinato la parte della lettera di Hermione che aveva letto; aveva tentato di riportarla allo stadio originale con un incantesimo e di riporla dove l’aveva trovata, ma lei era entrata proprio in quel momento e quindi adesso ce l’aveva nella tasca. Sperò davvero che non leggesse quel dannato libro e che non se ne accorgesse prima di sistemare le cose. 
«Devi studiare molto oggi?» Provò a indagare, con tono indifferente. 
Hermione sbuffò «Ovviamente, quest’anno è davvero faticoso…» 
Ron quasi si stupì, guardandola a occhi sgranati «E se lo dici tu è la fine!» Esclamò, facendola ridere. Si sedettero al tavolo Grifondoro per la colazione, notando come anche il tavolo insegnanti fosse insolitamente vuoto.   
«Dici che sono tutti occupati con il tu-sai-cosa?» Sussurrò lui, pensando all’Ordine.  
«Guarda che se lo chiami così attiri ancora di più l’attenzione» lo redarguì severamente Hermione, poi scosse le spalle. «Non saprei, sicuramente vogliono evitare la Umbridge» borbottò funerea, considerando che la professoressa di Difesa era invece seduta a fare colazione con il suo solito sguardo malevolo e vigile sulla sala.  
Altri studenti cominciarono a oltrepassare il portone e sedersi per fare colazione, ma loro furono colpiti soprattutto da un fischiante e decisamente allegro Harry. 
*«'Giorno» disse allegro a Ron e Hermione, unendosi al tavolo di Grifondoro. 
«Come mai sei così contento?» domandò Ron sorpreso.  
«Ehm... per il Quidditch, dopo» rispose Harry con gioia, tirandosi vicino un gran vassoio di uova e pancetta.  
«Oh... sì...» fece Ron. Posò il pezzo di pane tostato che stava mangiando e bevve un lungo sorso di succo di zucca. Poi chiese «Senti... non ti andrebbe di uscire un po' prima con me? Solo per, ehm, farmi fare un po' di pratica prima degli allenamenti? Così posso, insomma, prendere un po' le misure».  
«Sicuro» disse Harry.  
«non mi sembra il caso» intervenne Hermione seria. «Siete tutti e due indietro con i compiti...»  
Ma s'interruppe: stava arrivando la posta del mattino e, come al solito, La Gazzetta del Profeta planava verso di lei nel becco di un allocco, che atterrò pericolosamente vicino alla zuccheriera e tese una zampa. Hermione infilò uno zellino nella borsetta di cuoio, prese il quotidiano e scrutò la prima pagina con sguardo critico mentre il gufo partiva.  
«Qualcosa d'interessante?» chiese Ron. Harry fece un gran sorriso, sapendo che l'amico era deciso a distoglierla dall'argomento compiti.  
«No» sospirò lei, «solo qualche sciocchezza sulla bassista delle Sorelle Stravagarie che si sposa» disse Hermione, poi aprì il giornale e vi si immerse.  
Harry si dedicò a un'altra porzione di uova e pancetta, mentre Ron fissava le alte finestre un po' preoccupato, pensando al volo.  
«Aspettate» disse all'improvviso. «Oh, no Sirius!» Esclamò quasi boccheggiando; le era bastato leggere il suo nome per sentire il cuore batterle impazzito nel petto.  
«Che cosa è successo?» chiese Harry, afferrando il giornale con tanta violenza che si strappò e lui e Hermione se ne ritrovarono in mano metà per ciascuno.  
«Il Ministero della Magia ha ricevuto una soffiata da una fonte attendibile sul fatto che Sirius Black, famigerato terrorista... bla bla bla... al momento si nasconde a Londra!» Lesse Hermione sulla sua metà, in un sussurro angosciato.
Avevano trovato Sirius, stava urlando una vocina nella sua testa, eppure stava cercando di mantenere il controllo davanti a Harry. Le immagini di un Sirius circondato da Dissennatori ritornarono a infestarle la mente e dovette mettere giù la sua parte di giornale per non farsi vedere tremare.  
«Lucius Malfoy, ci scommetto quello che volete» stava mormorando Harry, furioso. «Ha riconosciuto Sirius al binario...»  
«Cosa?» disse Ron, preoccupato. «Non avevi detto...»  
«Ssst!» lo zittirono gli altri due.  
«Il Ministero avverte la comunità magica che Black è molto pericoloso... ha ucciso tredici persone... evaso da Azkaban... Le solite sciocchezze» concluse Hermione. Poi posò la sua metà del giornale e guardò Harry e Ron, spaventata. «Beh, non potrà più uscire di casa, ecco tutto» sussurrò. «Silente gli aveva raccomandato di non farlo» continuò, sempre più piano.
Sapeva benissimo come Sirius avrebbe potuto prendere l’idea, ma d’altra parte era per il suo bene; sperò che davvero lo capisse. Si chiese se l’avesse già letto e come stesse reagendo… il fatto che non potesse essere con lui, né fisicamente né moralmente, in situazioni dure come quelle le davano la misura di quanto potesse essere limitato quel rapporto. 
Harry approfittò dal silenzio causato da quella notizia per guardare sconsolato la parte del Profeta che aveva strappato. Gran parte della pagina era dedicata alla pubblicità di Madama McClan.  
«Ehi!» esclamò, appiattendo il foglio in modo che Hermione e Ron potessero vederlo. «Guardate qui!»  
«Non ho bisogno di vestiti» disse Ron.  
«No. Guardate... questo pezzo...»* 
Passarono il resto della colazione a fare congetture sull’articolo su Sturgis Podmore e il suo arresto, poi Hermione cercò di ritornare all’argomento “compiti”, meno pesante ma ugualmente impegnativo.  
«Giusto, bene, credo che dovremmo affrontare per primo il tema per la Sprite sugli arbusti autofertilizzanti, e se siamo fortunati riusciremo a cominciare con l'Incantesimo Inanimatus Conjurus della McGranitt prima di pranzo...» cominciò a dire, ma quei due riuscirono a svignarsela per gli allenamenti di Quidditch e si ritrovò come al solito a ripromettersi di non passargli neanche un rigo dei suoi temi. Sbuffando e borbottando, si avviò alla Sala Comune e si scelse il solito angolino per cominciare a studiare. Tuttavia, solo un’ora dopo, si ritrovò a distrarsi dal tema di Erbologia per tornare a pensare a Sirius… a quell’ora doveva aver letto il giornale visto che era una delle poche fonti di conoscenza che poteva permettersi. Avrebbe tanto voluto parlargli, cercare di entrare in connessione con lui come la fatidica sera della festa, quando si erano baciati. Però stava diventando tutto troppo pericoloso e non poteva permettergli di mettersi ancora di più nei guai e lui doveva averlo capito, visto che non gli aveva più scritto.  
Continuò a studiare fino a mezzogiorno, riuscendo a completare il tema di Erbologia e un allenamento completo per la McGranitt. Mise giù la penna e si stiracchiò, notando solo allora che aveva lasciato una parte della lettera che aveva scritto a Sirius sul pavimento della Sala Comune. Per Morgana, menomale che non l’aveva firmata! Controllò febbrilmente più volte, ma non c’era niente che potesse rifarsi a lei o a Sirius, eppure molti dei compagni del suo anno conoscevano la sua scrittura… 
Hermione si morse un labbro, poi continuò a guardarsi intorno per cercare la parte mancante. 
«Hermione?» La voce di Brienne la richiamò da qualche parte sopra il divano e lei si rialzò dal pavimento, con i capelli per aria. «Cosa stai facendo?» 
«Ehm, cercavo una cosa… ma forse l’ho lasciata in dormitorio… che fate?» 
Brienne e Aveline si lanciarono un’occhiata, poi la seconda le indicò il suo orologio da polso «Non dovevamo pranzare insieme? Ginny dice che ci raggiunge al parco!» 
«Ah, vero!» Esclamò Hermione, afferrando al volo la borsa ma facendo cadere il calamaio. 
«Sei sicura di stare bene?» Chiese gentilmente Aveline e Hermione annuì veemente. 
«Ok, allora dove andiamo?» Chiese Brienne, fissando l’orologio dell’amica. «Andiamo a  prendere qualcosa dalla Sala Grande e avviamoci, c’è una bella giornata fuori!» 
Hermione sorrise «Conosco un albero che fa al caso nostro!» 
La giornata era davvero bella, anche se fredda come una tipica giornata invernale. Tuttavia erano pochi quelli che si godevano il bel tempo e quasi tutti degli anni inferiori al loro. Hermione fece strada verso il suo albero preferito, posizione perfetta per lo studio perché né troppo lontano dal Castello né troppo vicino al rumore.  
Ginny le raggiunse solo mezz’ora dopo, correndo a perdifiato «Scusate, ero andata a guardare gli allenamenti con Michael!» Fece, lasciandosi cadere accanto a Hermione.  
«E come stanno andando?» S’informò quest’ultima, mentre addentava un panino. 
Ginny fece un verso strano, poi scrollò la testa «Non bene. Ho dovuto mollare lì Mike perché stava cominciando a ridere un po’ troppo». 
«Mike?» fece Brienne, con una risatina allusiva.  
«Come va con lui?» Chiese Aveline, guardando male l’altra.  
Ginny si accigliò «Non bene uguale. Brutta mattinata, insomma!» 
Hermione preparò un panino e glielo ficcò in una mano «Non ci pensare, tieni!» Esclamò, facendole ridere. Si girò per preparare qualcosa anche per sé, ma sussultò quando vide arrivare Blaise dal portone di ingresso. «Oh no!» Gemette, prima ancora che lui potesse dire qualcosa.  
Il ragazzo si fermò a poca distanza da loro con un sopracciglio inarcato «Non mi dire…»  
«Già…» 
«Ti sei dimentica che dovevamo studiare Aritmanzia?» Continuò lui con aria divertita.    
Hermione sospirò «Non ho idea di come abbia fatto a togliermelo dalla testa!» 
Ginny guardò dall’uno all’altra con un’espressione scocciata, ma Brienne cominciò «Se volete possiamo andare via così studiate» utilizzando un tono innocente che non convinse nessuno. 
Hermione arrossì e sperò non si notasse, ma fortunatamente fu Blaise a rispondere per primo.
«Ma no, ormai… Però poi non ti lamentare se rimani indietro con le letture» ironizzò con un sorrisino, sapendo che gli avrebbe sicuramente risposto per le rime.
Infatti, Hermione lo incenerì con lo sguardo, prima di sbottare «Non mi sono mai lamentata di una cosa del genere! Piuttosto sei tu quello indietro, signor “capitolo cinque”». 
Blaise scrollò la testa come a sottolineare l’ovvietà della sua risposta «D’accordo, mi arrendo. Ci riproviamo domani?» 
Hermione annuì «Ok, la mattina sul tardi? Prima devo-» 
«Finire il lavoro per Antiche Rune, immagino. Ok, alle undici» concluse lui, che ormai conosceva i suoi orari quasi a menadito. 
Hermione annuì e lo guardò andare via, poi si preparò ai commenti delle altre. Brienne continuò a ridersela sotto i baffi, ma Ginny continuò a starsene stranamente in silenzio.  
«Tutto bene?» Provò a chiedere Hermione, anche se credeva di sapere cosa la affliggeva: scherzavano molto su Sirius, ma la verità era che Ginny non vedeva di buon occhio il suo allontanamento da Ron.
Comunque le risposte con uno sbuffo che decide di non sindacare e cambiarono argomento per il resto del pranzo, almeno fino a quando Aveline e Brienne non se ne andarono prima per terminare i compiti del pomeriggio. Hermione aspettò che fossero fuori portata di orecchio e fissò insistentemente il profilo corrucciato di Ginny, prima di sospirare.
«Che ne dici, vogliamo parlarne adesso?»
«Non ho niente da dire» grugnì l’altra, ma Hermione scosse la testa.
«Sei cocciuta quando ti ci metti… se non avessi alcun problema, non avresti l’aria di un troll costretto a fare il bagno».
Ginny la guardò con l’ombra di un sorriso, poi sospirò «Boh è che non vi capisco».
«Di chi stai parlando?»
«Di tutti!» Esplose lei, sdraiandosi sull’erba. Alzò un dito in cielo perché Hermione potesse vederlo. «Harry si lamenta tanto che è solo e, a parte voi due, non ha nessuno con cui confidarsi. Poi mi avvicino per chiedergli alcune cose e scappa come se fossi la morte in persona» spiegò, poi alzò un secondo dito. «Ron sembra un deficiente quando ci sei tu nei paraggi, ma poi non fa niente per avvicinarsi, neanche ci prova ad avere un atteggiamento meno amichevole e fare il passo successivo…»
«Ma lo sapevi già, Ron-»
«E tu!» La interruppe Ginny, girandosi a guardarla. «Tu mi avevi promesso di provarci a dargli retta. Di tentare di capirlo! Invece, appena mi giro, c’è sempre Zabini a ronzarti intorno… ma poi, Zabini. Hermione, è un Serpeverde di quelli ricchi da fare schifo e con idee tutte sue sul sangue e quelle schifezze lì. Dopo Malfoy e la Umbridge credevo avessi più amor proprio…»
Hermione sussultò, come colpita da uno schiaffo. Sentiva la rabbia scuoterla fin dall’interno, tremava.
«Hai finito?» Sibilò e Ginny sospirò, sentendo dal suo tono che avrebbero litigato.
Si rimise a sedere e annuì.
«Prima di tutto io mi sono rotta le scatole con questa storia di Ron: mi conosce da cinque anni e passiamo undici mesi all’anno gomito a gomito, a dirtela tutta passiamo così tanto tempo insieme che non so neanche più dove sta di casa la privacy. Non credete che se fosse stato davvero interessato a me a questo punto si sarebbe fatto avanti in qualche modo? Soprattutto dopo l’anno scorso e Viktor Krum?»
Ginny aprì la bocca per replicare, ma Hermione la fulminò sul posto e riprese.
«E se pure avesse bisogno di tempo, non credete sia il caso che ci provi da solo senza avere voi angeli custodi a proteggerlo? Ha bisogno di maturare, ha bisogno di crescere e non lo farà con voi sempre pronti a insistere come se fosse un incapace. E, da parte mia, dopo cinque anni avrò pure il diritto di interessarmi a qualcuno che non sia Ron, che sia Blaise Zabini o… qualcun’altro».
Ginny sospirò «Ma io su questo sono d’accordo, in parte, solo che boh… trovo il tuo comportamento un po’ incoerente?»
Hermione scrollò la testa «Gin, tu critichi sempre tuo fratello perché si forma dei giudizi senza approfondire, ma tu fai esattamente la stessa cosa. Tu stessa hai sentito delle liti tra Zabini e Malfoy, tu stessa lì hai visti discutere al campo di Quidditch. Non è abbastanza per farti capire che tipo è? E ti fidi così poco del mio giudizio da credere che riuscirei a farmi andare bene uno come Malfoy?»
Ginny non rispose ma si mosse a disagio.
Hermione la guardò come se la vedesse per la prima volta e capì.
«E poi… tu che critichi Ron sulla lentezza… tu  che ci hai messo cinque anni per cominciare anche solo a parlare con Harry? Devo ricordarti come ti comportavi con lui fino a due anni fa?»
Ginny sussultò e sbottò «Cosa fai, colpisci basso?!»
Hermione scosse le spalle «Hai cominciato tu. Ora, mi vuoi dire qual è il vero problema o dobbiamo davvero fingere che sia la mia relazione con Ron?»
Ginny ammutolì e le due si fissarono in cagnesco a lungo, prima che la rossa si sciogliesse in un sorriso.
«Non te la si può fare, è inutile» commento, scrollando la testa.
«Ti conosco da sempre e so per certo che non sei una ragazza stupida. Cosa è successo con Harry? Perché devo supporre che il problema sia lui, vero?»
Ginny sospirò per la terza volta, ma non pronunciò parola; tornò a isolarsi un attimo come il giorno prima, poi scosse la testa come alla fine di un suo ragionamento mentale e scattò in piedi.
«Lascia stare, risolverò da sola…» fece, prendendo tutto al volo. «Però… davvero, sta attenta a Zabini e i Serpeverde in generale, diciamo che sono sensazioni, ok?»
Hermione annuì tanto per farla contenta «E tu mi prometti di venire a parlarmi, se hai bisogno?»
«Sì, a dopo».
Ginny scappò via e si fermò solo quando fu fuori portata d’orecchie e di vista. Si appoggiò un attimo alla parete dei porticati e sospirò: ancora una volta non aveva avuto il coraggio di chiederle consiglio.
Stupida stupida stupida.
Alzò la testa e notò un gruppo di ragazze Serpeverde parlare davanti ala porta. Ginny si guardò intorno, poi si avvicinò a una di loro con passo sicuro: aveva lunghi capelli neri e profondi occhi castani da cerbiatta; nonostante quello, però, non si poteva dire avesse uno sguardo dolce.
«Ehi, Blitchey…» salutò Ginny e la ragazza si girò con aria perplessa.
Come al solito, Ginny si stupì del bel tatuaggio che si notava dall’apertura del collo e che, era sicura, si sarebbe rivelato come un banalissimo serpente.
La ragazza la osservò a lungo, prima di salutare le altre con un gesto della mano e avvicinarsi a lei.
«Weasley, che vuoi ancora? Se mi vedono con te, mi fanno fuori» fece, ma Ginny la ignorò.
«Ho bisogno del distillato».
Miles Blitchey la guardò con più attenzione: aveva occhiaie più profonde di quelle che ricordava.
«Ancora? Weasley, non sono tua madre ma devo dirti che questa roba non fa bene tutti i giorni…»
«Esatto, non sei mia madre» replicò freddamente Ginny, poi tirò fuori dei soldi. «Te la pago subito».
La Serpeverde scrollò le spalle «Sono due galeoni».
Ginny, che stava contando le monete nel palmo, alzò la testa «Scusa? Sei impazzita per caso?»
«Nuove tariffe. Se non ti stanno bene, smamma».
Ginny scrollò la testa e contò un galeone e 17 falci «Te ne stai solo approfittando…»
Miles Blitchey fece un ghignetto «Finché c’è gente che compra… è un mercato instabile, meglio approfittarne» fece, mentre prendeva i soldi. «È un piacere fare affari con te. Fatti trovare domani alle 10 alla statua di Boris il Basito al quinto piano e ti do tutto».
Ginny annuì e scappò via, guardandosi intorno con aria circospetta.
Miles Blitchey aspettò che si allontanasse poi, senza neanche girarsi, cominciò «La smetti di fare il guardone?»
Blaise uscì dall’ombra del portone con espressione perplessa «Cosa voleva Ginny Weasley da te?»
L’altra lo guardò con aria sardonica «Non sei mica l’unico che può intessere relazioni con altre Casate… sbaglio o due secondi fa eri a pranzo nel parco con i grifoni?»
«Non ero a pranzo proprio con ness- va bene, anche se fosse non sono affari tuoi. Cercavo Malfoy».
La faccia di Miles cambiò espressione e Blaise fu felice di sapere che c’era una persona di più al mondo che avrebbe voluto far fuori quel borioso platinato.
«E perché dovrei saperlo?»
Blaise fece il finto tonto, prendendo un tono flautato «Oh, voi due non eravate una coppiettina felice?»
«Per quello c’è quella schifosa di Pansy Parkinson» replicò lei, con disgusto. «E che se ne vada a farsi fottere Malfoy!»
«Ho capito, gli passerò i tue gentili saluti. Lo vado a cercare...»
«Guarda che Tiger e Goyle saranno pure stupidi, ma sono forti!» Avvertì lei, facendolo ridere.
«Che carina, ti preoccupi per me. No, comunque quei due non possono toccarmi manco col pensiero, siamo seri… con Malfoy ho solo due o tre cose da dirgli, ma non ho intenzione di sprecarci neanche il sonno credimi» spiegò lui, frettolosamente. Si avvicinò per baciarle una guancia e scappò via.
Blitchey aspettò che i passi si allontanassero, poi spostò una pietra smossa sotto ai primi porticati di sinistra; nella cavità creata al suo interno, c’erano un paio di manuali di magia nera, delle ricette e alcune boccette ben chiuse.
«Allora… distillato soporifero, distillato soporifero…» mormorò tra sé, mentre leggeva le etichette; si potevano leggere Tricopozione Liscariccio,Pozione Scacciabrufoli, e la più pericolosa Amortentia, il genere di infusi che facevano gola a qualunque adolescente. Ma era possibile scorgere anche Pozione Polisucco e persino la Felix Felicis.
Miles prese una pozione dal color lavanda e se lo infilò in borsa, per poi chiudere bene il buco. Si allontanò di qualche passo per verificare che non si notassero fessure e spazi tra la murata e la pietra mobile poi corse all’interno del castello per la lezione successiva.
 
Intanto, nella Sala Comune Girfondoro Hermione se ne stava a leggere il solito voluminoso tomo di magia oscura, continuando a fissare il buco del ritratto: Ginny non era ancora tornata né gli aveva più rivolto la parola. Cominciava a preoccuparsi per lei, ma sperava che fosse abbastanza furba da parlarle quando e se avesse avuto un problema serio.
Le venne quasi da ridere quando il buco del ritratto di aprì e due avviliti, sporchi e distrutti Ron e Harry entrarono in sala comune.
*Com'è andato l'allenamento?» chiese Hermione, gelida.
«E stato...» cominciò Harry.  
«Completamente schifoso» concluse Ron con voce sepolcrale, sprofondando in una poltrona vicino a Hermione. Lei guardò Ron e la sua freddezza parve sciogliersi.  
«Be', per te era solo il primo» disse per consolarlo, «ci vorrà del tempo...»  
«Chi ha detto che sono stato io a farlo diventare schifoso?» sbottò Ron.  
«Nessuno» rispose Hermione, colta alla sprovvista. «Credevo...»  
«Credevi che dovessi far schifo per forza?»  
«No, certo che no! Senti, tu hai detto che era stato schifoso, e io ho solo...»  
«Vado a cominciare un po' di compiti» disse Ron arrabbiato; salì a passi pesanti la scala del dormitorio e sparì. Hermione si rivolse a Harry.  
«Ha giocato così male?»  
«No» mentì Harry.  
Hermione inarcò le sopracciglia.  
«Be', suppongo che avrebbe potuto giocare meglio» borbottò Harry, «ma era solo il primo allenamento, come hai detto tu...»* 
Hermione stava guardando Ron con una strana espressione «Oh, datemeli qui» disse all'improvviso.  
«Cosa?» chiese Ron.  
«Dateli a me, gli do un'occhiata e li correggo» si offrì lei.  
«Sul serio? Ah, Hermione, tu ci salvi la vita» disse Ron. «Che cosa posso...?»  
«Potete dire: 'Promettiamo di non fare mai più i compiti così in ritardo'» rispose lei, allungando le mani per prendere i temi, ma aveva l'aria divertita.  
«Un milione di grazie, Hermione» mormorò Harry debolmente.
Le diede il suo tema e sprofondò di nuovo nella poltrona, strofinandosi gli occhi. Era mezzanotte passata e la sala comune era deserta, a parte loro tre e Grattastinchi. Gli unici rumori erano quelli della piuma di Hermione che cancellava frasi qua e là sui loro temi, e il fruscio delle pagine mentre controllava varie informazioni nei libri sparsi sul tavolo*. Dopo un’altra ora buona, Harry emise un gridolino  scivolò in ginocchio sul tappeto bruciacchiato a scrutare dentro le fiamme; c’era talmente vicino che sembrava volesse buttarcisi in mezzo.
*«Ehm... Harry?» Chiese Ron, incerto. «Cosa fai lì per terra?»  
«Ho appena visto la testa di Sirius nel fuoco» rispose Harry.  
«La testa di Sirius?» ripeté Hermione. «Intendi dire come quando voleva parlarti durante il Torneo Tremaghi? Ma adesso non lo farebbe, sarebbe troppo... Sirius!»  
Trattenne il fiato, fissando il fuoco. Ron lasciò cadere la piuma. Lì, al centro delle fiamme danzanti, c'era la testa di Sirius, coi lunghi capelli scuri che ricadevano attorno al viso sorridente.  
«Cominciavo a pensare che saresti andato a letto prima che sparissero tutti gli altri» disse. «Ho controllato ogni ora».  
«Sei comparso nel fuoco ogni ora?» chiese Harry con una mezza risata.  
«Solo per qualche secondo, per vedere se c'era via libera».  
«Ma se qualcuno ti avesse visto?» domandò Hermione preoccupata.  
«Be', credo che una ragazza - una del primo anno, a giudicare dall'aspetto - possa avermi intravisto, ma non ti preoccupare» aggiunse Sirius in fretta vedendo Hermione che si premeva una mano sulla bocca, «appena si è voltata di nuovo a guardarmi sono sparito, e scommetto che ha pensato che fossi solo un ceppo dalla forma strana».  
«Ma Sirius, è un rischio terribile...» cominciò Hermione.  
«Mi sembri Molly» disse Sirius. «È il solo modo che mi è venuto in mente per rispondere alla lettera di Harry senza ricorrere a un codice... i codici si possono decifrare».  
Sentendo nominare la lettera di Harry, sia Hermione che Ron si voltarono a fissarlo.  
«Non ci hai detto che avevi scritto a Sirius!» protestò Hermione.  
«Me ne sono dimenticato» rispose Harry.«Non guardarmi così, Hermione, nessun altro poteva capirci qualcosa, vero, Sirius?»  
«No, era scritta molto bene» confermò Sirius, sorridendo. «Comunque meglio sbrigarci, prima di venire interrotti... la cicatrice».  
«Che cosa...?» cominciò Ron, ma Hermione lo interruppe.  
«Te lo diciamo dopo. Vai avanti, Sirius».  
«Be', so che può non essere divertente quando ti fa male, ma siamo convinti che non ci sia niente di cui preoccuparsi sul serio. Ti ha fatto male per tutto l'anno scorso, vero?»  
«Sì, e Silente ha detto che succedeva tutte le volte che Voldemort provava un'emozione intensa» rispose Harry, ignorando, come al solito, le smorfie di Ron e Hermione. «Quindi forse, non so, era solo molto arrabbiato la sera che ho subito quella punizione».  
«Be', adesso che è tornato ti farà male più spesso» disse Sirius.  
«Quindi non credi che c'entri il fatto che la Umbridge mi ha toccato?» chiese Harry.  
«Ne dubito» rispose Sirius. «La conosco di fama e sono sicuro che non è una Mangiamorte...»  
«È abbastanza orrida da poterlo essere» osservò Harry cupo, e Ron e Hermione annuirono. «Sì, ma il mondo non è diviso in brava gente e Mangiamorte» disse Sirius con un sorriso ironico. «Lo so che è un brutto soggetto… dovresti sentire Remus quando parla di lei».  
«Lupin la conosce?» chiese Harry in fretta, ricordando i commenti della Umbridge sugli ibridi pericolosi, durante la prima lezione.  
«No» rispose Sirius, «ma due anni fa lei ha presentato un progetto di legge anti-lupi mannari che gli rende praticamente impossibile trovare lavoro».  
«Che cos'ha contro i lupi mannari?» s'infuriò Hermione.  
«Paura, immagino» rispose Sirius, sorridendo alla sua indignazione. «A quanto pare, detesta i semiumani; l'anno scorso ha anche condotto una campagna per far riunire e marchiare sirene e tritoni. Immagina un po', perdere tempo ed energie a perseguitare gli esseri marini quando ci sono delle nullità come Kreacher a piede libero».  
Ron rise, ma Hermione parve turbata.  
«Sirius!» lo rimproverò. «Sul serio,se facessi un piccolo sforzo con Kreacher, sono sicura che reagirebbe bene. Dopotutto tu sei l'unico membro della sua famiglia che gli rimane, e il professor Silente ha detto...»  
«Allora, come sono le lezioni della Umbridge?» la interruppe Sirius. «Vi sta addestrando tutti a uccidere gli ibridi?»  
«No» rispose Harry, ignorando lo sguardo offeso di Hermione per essere stata interrotta nella sua difesa di Kreacher. «Non ci permette di usare la magia!»  
«Non facciamo altro che leggere quello stupido libro» disse Ron.  
«Ah, beh, i conti tornano» commentò Sirius. «Le nostre informazioni dall'interno del Ministero dicono che Caramell non vi vuole addestrati a combattere».  
«Addestrati a combattere!» ripeté Harry incredulo.«Che cosa crede che facciamo qui, che formiamo una specie di esercito di maghi?»  
«È proprio quello di cui è convinto» rispose Sirius, «o meglio, è proprio quello che teme che faccia Silente: formare il suo esercito personale col quale riuscirà a impossessarsi del Ministero della Magia».  
Ci fu una pausa, poi Ron disse: «È la cosa più stupida che abbia mai sentito, incluse tutte le scemenze che spara quella Luna Lovegood».  
«Quindi ci viene impedito di imparare Difesa contro le Arti Oscure perché Caramell ha paura che useremo gli incantesimi contro il Ministero?» chiese Hermione, furibonda.  
«Già» rispose Sirius. «Caramell è convinto che Silente non si fermerà davanti a nulla per prendere il potere. È sempre più ossessionato da Silente. È solo questione di tempo: lo farà arrestare con qualche accusa falsa».  
Questo fece venire in mente a Harry la lettera di Percy.  
«Sai se ci sarà qualcosa su Silente sulla Gazzetta del Profeta di domani? Percy, il fratello di Ron, pensa di sì...»  
«Non so» disse Sirius. «Non ho visto nessuno dell'Ordine per tutto il finesettimana, sono tutti impegnati. Siamo rimasti solo io e Kreacher quaggiù...»  
C'era una chiara nota di amarezza nella sua voce.  
«Quindi non hai notizie nemmeno di Hagrid?»  
«Ah...» fece Sirius, «be', doveva già essere di ritorno, nessuno sa che cosa gli è successo». Poi, vedendo i loro volti afflitti,si affrettò ad aggiungere: «Ma Silente non è in pensiero, quindi non agitatevi,voi tre, sono sicuro che Hagrid sta bene».  
«Ma se doveva già essere tornato...» disse Hermione con una vocina angosciata.  
«Madame Maxime era con lui, ci siamo messi in contatto con lei e dice  
che si sono separati nel viaggio di ritorno... ma niente lascia pensare che sia ferito o... be', niente suggerisce che non sia perfettamente a posto». 
Per nulla convinti, Harry, Ron e Hermione si scambiarono sguardi preoccupati.  
«Sentite, non andate in giro a fare troppe domande su Hagrid» aggiunse Sirius in fretta, «attirerete ancora di più l'attenzione sul fatto che non è tornato, e so che Silente non lo vuole. Hagrid è un duro, se la caverà». E poiché non sembravano sollevati, continuò «Quand'è il vostro prossimo finesettimana a Hogsmeade, comunque? Stavo pensando, ce la siamo cavata con il travestimento da cane alla stazione, no? Pensavo che potrei...»  
«No!» esclamarono Harry e Hermione in coro, molto forte.  
«Sirius, non hai letto La Gazzetta del Profeta?» aggiunse Hermione, tesa.  
«Oh, quella» rispose Sirius con un ghigno, «sono sempre lì che cercano di indovinare dove mi trovo, non hanno il minimo indizio...»  
«Sì, ma questa volta forse ce l'hanno» obiettò Harry. «Qualcosa che Malfoy ha detto in treno ci ha fatto pensare che sapesse che eri tu, e suo padre era sul marciapiede - sai, Lucius Malfoy - quindi non venire qui, per nessun motivo. Se Malfoy ti riconosce di nuovo...»  
«D'accordo, d'accordo, ho capito». Sirius sembrava profondamente dispiaciuto. «Era solo un'idea, pensavo che ti avrebbe fatto piacere stare un po' insieme».  
«Certo che mi piacerebbe, ma non voglio che ti spediscano di nuovo ad Azkaban!» disse Harry. Ci fu una pausa, durante la quale Sirius guardò Harry dal fuoco, con una ruga verticale tra gli occhi incavati «Sei meno simile a tuo padre di quanto pensassi» concluse, glaciale. «Il rischio sarebbe stato il pepe per James».  
«Senti...»  
«Be', è meglio che vada, sento Kreacher che scende le scale» lo interruppe  Sirius, ma Harry era sicuro che mentisse. «Ti scrivo per dirti un orario in cui posso tornare nel fuoco, allora, d'accordo? Se te la senti di rischiare...»  
Si udì un minuscolo pop, e il punto in cui la testa di Sirius era apparsa fu di nuovo fiamma guizzante*. 
 
Note
Salve! Scusate il ritardo ma ero in viaggio di lavoro e impossibilitata a postare il nuovo capitolo… è piuttosto di passaggio, quindi più breve degli altri, ma dal prossimo mi faccio perdonare! Innanzitutto sarà completamente dedicato a Sirius e poi finalmente entrerà a gamba tesa nella trama vera e propria (ci ho messo un sacco, lo so).
Intanto sperò che questo vi piaccia, buona lettura!

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Capitolo 13
*** La maledizione ***


 
Sirius guardò il gufo fulvo volare contro la notte tersa e senza stelle, chiedendosi se le parole che aveva scritto nella lettera non fossero troppo stupide. Non era mai stato bravo nelle scuse, ma il contegno di Hermione durante la sua chiacchierata con Harry gli era sembrato abbastanza rivelatore. Lo stupiva percepire l’ansia della sua risposta, avvertire il senso di colpa e il desiderio di preoccuparsi di un’altra persona. Erano passati davvero troppi anni dall’ultima volta che aveva provato sensazioni di quel tipo, si sentiva spaesato e incapace.
«Va bene…» mormorò a se stesso, pensando fosse ora di andarsene a letto.
Lanciò un’occhiata alla sveglia che segnava le tre di notte e si sfregò gli occhi; bruciavano dalla stanchezza, ma sapeva che come sempre avrebbe faticato ad addormentarsi. Da quando era finito a Azkaban, cioè ben quindici anni prima, non riusciva più a dormire decentemente e si svegliava almeno tre o quattro volte nel cuore della notte. A essere onesti, quello che faceva in prigione non poteva neanche essere chiamato “dormire”, visto che si trattava di passare da uno stato di deliquio all’altro. Forse era per quel motivo che il suo corpo rifiutava ancora di addormentarsi.
Con un sospiro prese la sua bacchetta e mormorò «Accio scatola».
Una piccola scatola color acquamarina si mosse verso di lui da un alto scaffale polveroso della libreria.
Sirius spalancò la finestra e si arrampicò sul davanzale, stando bene attento a non fare penzolare i piedi all’esterno, e respirò l’aria fredda della notte.
Aprì la scatola e ne tirò fuori dei fogli sottili, che cominciò ad appiattire, mentre in un contenitore tondo più piccolo c’erano delle foglie scure dal profumo molto intenso. Si trattava di un’erba magica che induceva distensione dei muscoli e anche un certo rilassamento mentale, cose che gli permettevano di staccare un attimo il cervello. Non era illegale ma costosa e difficile da reperire, tanto era vero che erano soprattutto i Purosangue a farne un uso ricreativo.
Non aveva mai capito il perché, ma quando Remus aveva scoperto che spesso la fumava aveva dato di matto e aveva cominciato a cianciare riguardo a una droga che si usava nel mondo Babbano e che creava dipendenza. Teoricamente la Queen Daisy non creava dipendenza a livello neurologico, ma lui ne era diventato dipendente perché era l’unica cosa che riuscisse davvero a farlo dormire. Infatti, solo quando aspirò la prima profonda boccata riuscì a rallentare i suoi pensieri quel poco perché potessero mettersi ordinatamente in fila, allentando al contempo anche i muscoli tesi.
Con un altro colpo di bacchetta fece partire il vecchio giradischi di suo zio Alphard, mentre l’inconfondibile voce di Neal Young in Harvest cominciava a risuonare per la stanza.
Aveva sempre avuto un debole per la classica e nostalgica musica Babbana, che considerava così ricca di sfumature ed emozioni.
Sirius appoggiò la testa alla cornice della finestra e cominciò a canticchiare, con voce un po’ stonata; era sempre stato Peter quello sorprendentemente intonato del gruppo, alle volte lo convincevano a cantare per il solo gusto di ascoltarlo. Remus a volte lo seguiva, ma solo se era sicuro che nessuno lo stesse ascoltando, mentre lui e James si limitavano a gracchiare.
Era talmente rilassato che un “BAM” forte al piano di sotto lo scosse tanto da rischiare di farlo cadere. 
«Che diavolo…?»
«Sirius! SIRIUS!» La voce di Tonks scosse le pareti stesse della casa e Sirius sentì il sangue defluirgli via dal corpo; gettò la cicca dalla finestra senza alcuna precauzione e scattò di sotto.
«Tonks!» Urlò, scendendo i quattro piani come un fulmine e fermandosi sugli ultimi gradini: nell’ingresso Tonks stava reggendo un ferito Remus per un braccio, mentre il sangue scorreva sui vestiti fino a inzuppare il costoso e sbiadito tappeto di casa Black.
Sirius corse verso di loro, afferrando Remus prima che cadessero entrambi.
«Cosa cazzo è successo?» Grugnì, mentre Remus gemeva dolorante.
Tonks scrollò la testa «Non lo so! Ha invitato il suo Patronus per avvisarmi che era successo qualcosa-»
«N-non d-vevi veni-re…» mormorò Remus, appendendosi quasi a peso morto su Sirius. Non riusciva a vedere cosa avesse, ma il sangue fuoriusciva copiosamente.
«Fa’ silenzio» lo redarguì Sirius, mentre cercava di fargli salire qualche scalino.
«Dobbiamo cercare di portarlo su così, ha perso troppo sangue per la smaterializzazione …» grugnì Sirius tra i denti. Remus stava perdendo colore ogni secondo che passava e sentiva la sua presa farsi debole.
Tonks gli si affiancò e insieme arrancarono fino al primo piano, verso la camera che era stata di Ginny ed Hermione; lo fecero sdraiare il più delicatamente possibile, ma anche se non era un Medimago era ovvio dalla sua espressione che stesse molto male. Sirius si mise in ginocchio accanto a lui e cercò di osservare da vicino le ferite in modo da saggiarne la gravità, mentre Tonks pestava il piede a terra con nervosismo. In verità lei aveva sicuramente più basi di lui in Medimagia e Guarigione, ma non gli sembrava abbastanza lucida da occuparsene.
«Mmh» mugugnò Sirius, afferrando la sua bacchetta dal retro dei pantaloni.
«Come sta?» Scattò Tonks, con voce acuta.
Remus sembrò reagire a quell’uscita e si mosse con nervosismo, mentre Sirius cercava di trattenerlo con una pressione leggera sul braccio «Moony, stattene buono o non riesco a capire cos’hai» sibilò, ma Remus continuò a divincolarsi fino a quando riuscì a sussurrargli «F-falla a-andare via».
Sirius batté le palpebre, mandando un’occhiata in tralice a Tonks «Che?»
«Via» mugugnò Remus a Tonks e lei sembrò trattenere bruscamente il respiro.
«Io non vado da nessuna parte!» Esclamò, offesa.
Remus chiuse gli occhi in una smorfia dolorosa e Sirius prese un’aria urgente «Vai» fece a Tonks, la quale lo guardò come se fosse un alieno.
«Giuro che ti farò sapere come sta, adesso vai» la interruppe Sirius, tornando a girarsi verso Remus.
Anche Tonks gli lanciò un’occhiata: era talmente pallido ed emaciato da sembrare sul punto di morte. Sospirò e annuì con aria sconfitta, smaterializzandosi.
Remus sembrò espirare come di sollievo, poi si scostò il mantello «Non volevo che vedesse…» mormorò.
Il tessuto sul petto era sbrindellato e la pelle talmente lacerata da lasciar quasi intravedere i muscoli; però c’era troppo sangue e Sirius non riusciva a vedere nulla di più.
«C’è troppo sangue… Evanesco» mormorò e buona parte del sangue già rappreso sulla pelle sparì.
La situazione però non migliorava, perché sotto c’erano inconfondibili segni di lotta: la pelle sembra essere stata lacerata via con violenza da un morso e c’erano parecchie ferite da taglio profonde.
«Per Morgana! Con chi ti sei battuto?» Sbottò, ma Remus non rispose.
Sirius scosse la testa pensando al fatto che avrebbero dovuto fare una bella chiacchierata, poi puntò la bacchetta sulla ferita e pronunciò «Epismendo».
Un getto di luce calda richiuse la ferita fermando l’epistassi, dopodiché Sirius si affrettò a ripulire la pelle circostante con un altro incantesimo e, solo allora, si permise di tornare a respirare.
Continuò a fissarlo per qualche secondo, mentre cercava di riflettere. Quando li aveva visti entrare in quello stato si era davvero spaventato, anche se sapeva benissimo che Remus se la sapeva cavare.
Ma ormai loro due erano gli ultimi che restavano, due vecchi baluardi di un passato meraviglioso. Non era solo questione di affetto, ma qualcosa di più profondo: l’idea che stessero beffando il destino, o quel che era, con la loro testarda decisione di rimanere comunque aggrappati alla vita.
Era come a dire: “Hai voluto distruggere la nostra adolescenza, uccidere i nostri amici, privarci della felicità? Ma noi siamo ancora vivi e vegeti e combattiamo! Aha!”
Un messaggio rivolto a una qualsiasi entità superiore che si prendeva gioco di loro da quando erano nati. Forse era un pensiero sciocco ma lui si sentiva spesso così: un ostinato difensore della vita, la sua, che meritava comunque di essere vissuta a prescindere da quanti colpi potessero darle.
Remus intanto tornò a muoversi in un sonno agitato, stringendo le coperte. Sirius lo fissò, chiedendosi se stesse rivivendo le ultime ore prima della battaglia, poi Remus si alzò a sedere e cacciò un urlo.
Sirius s’inginocchiò accanto a lui e gli appoggiò le mani sulle spalle «Moony, sei al sicuro…»
Remus si girò a guardarlo battendo le palpebre; sembrò quasi come se lo vedesse per la prima volta solo in quell’istante e sussurrò «Dove sono?»
Dopo aver richiuso la ferita il dolore era scemato, ma continuava a sentirsi molto debole.
«Sei a Grimmauld Place, ti ci ha portato Tonks» rispose Sirius. «Remus, ti ricordi cosa ti è successo?»
Lui si passò entrambe le mani sulla faccia sudata e sui capelli arruffati e sporchi; a guardarlo bene, era completamente ricoperto di sporco e sangue.
«Io non-» provò a dire a fatica, ma non riusciva a ricordare; la mente era piena di flash improvvisi, brandelli di una realtà terribile. Riusciva a ricordare denti aguzzi, respiri pesanti, dolore, sangue e licantropi.
Sirius scosse la testa con un sospiro e si alzò «Lascia stare, mettiti giù e riposati» disse, mentre si avviava verso il salotto sullo stesso piano.
Fortunatamente aveva una gran collezione di pozione calmante, visto che lui non riusciva a dormire più di due ore di seguito senza un qualche tipo di sedativo. La pozione aveva la leggera sfumatura violacea della varietà di valeriana utilizzata per prepararla e possedeva un gradevole odore di Elleboro; non era troppo potente, ma aveva terminato le sue scorte di Distillato Soporifero.
Tornò in camera e gliene fece bere un quantitativo più alto, in modo che si addormentasse quasi subito. Continuò a osservarlo a lungo per essere sicuro che facesse effetto, poi ritornò sui suoi passi e sprofondò nel divano in salotto. Non conosceva i dettagli delle missioni segrete che Silente aveva affidato a Remus, ma era sempre stato sicuro che c’entrassero i licantropi. Se la sua supposizione si fosse rivelata fondata non l’avrebbe certo aiutato ad avere una migliore opinione di Silente: mandare uno come Remus, che lottava da anni contro lo stigma della sua patologia, in mezzo ai licantropi voleva dire assicurargli una vita fatta di incubi, come se non ne avesse avuti già abbastanza.
Tutti pensavano che Silente lavorava per un bene più grande, lui pensava fosse fin troppo incurante delle vite altrui. Che mondo speri di lasciare se lo crei a scapito di sangue innocente?
Un fascio argenteo anticipò la materializzazione del Patronus di Tonks, un bradipo di media taglia.
«Come sta Remus?» Chiese l’animale con la voce di Tonks.
«Gli ho chiuso la ferita e gli ho fatto bere una pozione calmante. Dormirà per un po’, sta bene».
«Ti ha detto cosa è successo?» L’espressione del Patronus era molto seria e corrispondeva alla severità che Tonks provava in quel momento.
Sirius si accigliò «No, credevo che lo sapessi tu».
«Io ho solo ricevuto un avviso dal suo Patronus, chissà con quale forza è riuscito a inviarmelo…»
Sirius sospirò di nuovo «Vorrà dire che cercherò di farmi dire qualcosa quando starà un po’ meglio… c’era qualcuno vicino a lui quando sei arrivata sul posto?»
«No, nessuno ma ho dovuto comunque aspettare che la strada fosse sicura. Non volevo fargli saltare la copertura».
«Sai di preciso di che missione segreta si trattava?» Provò a chiedere Sirius, ma era sicuro che nessuno a parte Silente sapesse. Infatti il bradipo scosse la testa con aria sconfortata.
«Va bene, non ti preoccupare».
«Adesso devo andare, non potrò ritornare presto. Il Ministro ci tiene sotto stretto controllo».
«Me ne occupo io» la rassicurò Sirius poi, prima che il Patronus potesse sparire, disse «Tonks… Lui non voleva mandarti via, era solo preoccupato».
Il bradipo della ragazza rimase inespressivo, ma poté notare la sfumatura affettuosa nella voce quando disse «Sì, lo so. Grazie Sirius», per poi sparire in uno sbuffo di fumo argentato.
Sirius continuò a osservare il punto in cui era sparito il Patronus, ma la mente viaggiava lontano.
Il suono del vecchio orologio a pendolo di famiglia lo fece ritornare alla realtà, si rese conto che erano ormai le due di notte. L’anonimo allocco che aveva utilizzato per scrivere a Hermione sarebbe arrivato a destinazione solo il mattino seguente, probabilmente per la colazione, quindi non gli restava altro che andarsene a dormire.
Si alzò lentamente e aprì con cautela la camera in cui dormiva Remus, per controllare che non avesse bisogno di nulla: la pozione che gli aveva somministrato aveva funzionato, il respiro sembrava regolare e tranquillo, mentre non c’erano più tracce della terribile ferita con cui era arrivato. Tuttavia non se la sentiva di lasciarlo lì da solo: quella casa era così grande che non l’avrebbe mai sentito in caso di bisogno.
«Va bene, amico, ti faccio compagnia».
Si lasciò cadere sul letto che era stato di Ginny, vestito di tutto punto; di solito andava a dormire talmente tardi e si svegliava così spesso che cambiarsi non aveva senso. Rimase sdraiato per qualche minuto, non riuscì ad addormentarsi subito; rovistò un po’ a caso sotto al comodino e vi trovò una rivista di musica che doveva risalire quanto meno ai suoi quattordici o quindici anni.
La sfogliò distrattamente e fu stupito di trovarci alcuni appunti scritti a penna di qualcuno; doveva per forza essere di Ginny, perché non sembrava la scrittura di Hermione. Gli sembrava assurdo e pure un po’ patetico che ricordasse già la sua scrittura dopo averla vista solo un paio di volte quell’estate.
Eppure la mente tornò a lei e si addormentò con l’immagine di Hermione stampata sulla retina.
 
Sirius si svegliò qualche ora dopo, di scatto, con una strana sensazione nel petto.
Forse aveva sognato e aveva dimenticato come al solito, forse era stato un rumore improvviso, ma si ritrovò completamente sveglio madido di sudore.
Guardò l’orologio magico alla parete che segnava le cinque del mattino.
Si girò verso Remus che dormiva tranquillo… o almeno così sembrava. C’era qualcosa che non lo convinceva e riuscì ad afferrarlo solo dopo qualche secondo che lo fissava: Remus era bianco come un lenzuolo.
«Oh, merda» sibilò, scattando verso di lui e perdendo l'equilibrio sul pavimento scivoloso. «Che diav-» sbottò, prima di rendersi conto che si trattava di sangue.
«Moony… Moony!» Quella volta urlò e cominciò a scuoterlo: si rese conto che la ferita si era riaperta e che il sangue aveva continuato a scorrere fino a riversarsi sul pavimento, lasciandolo quasi dissanguato.
«Maledizione!» Sbottò, correndo a prendere la bacchetta.
Tornò a fermare l’epistassi e a curargli la ferita, ma sapeva già che tutto quello non avrebbe aiutato: se la ferita si era già riaperta dopo il suo incantesimo, voleva dire che c’era di mezzo qualcos’altro; un veleno, forse, o una qualche tipo di maledizione.
«Mmh» Remus si agitò nel sonno, poi aprì gli occhi di botto. «Sirius!»
«Sono qui, dimmi» si affrettò a dire lui, abbassandosi al livello dei suoi occhi.
«È… veleno, lo sento» mormorò, ma Sirius provò a calmarlo con un sorriso finto.
«Sono sicuro che non sia così, è solo la ferita che è più grave di quel che-»
«No, no. Io me lo ricordo… era una provetta con dentro un liquido scuro e denso… non lo so, ma non sono riuscito a rimarginare la ferita. E fa male…» riuscì a dirgli tra i denti, mentre si contorceva di un dolore fitto all’addome.
Sirius annuì a vuoto e si alzò in piedi, cercando di ragionare su quel che poteva fare.
«Senti, ti darò una doppia razione di pozione calmante e te ne darò un’altra per le ferite. Se le tempistiche sono le stesse, dovrebbe rimanere chiusa per qualche altra ora. Intanto penserò a cosa fare» spiegò.
Remus scosse la testa «Non voglio dormire!»
Non lo spaventava solo l’idea di morire dissanguato, ma anche il ricordo di tutte le immagini che vedeva appena chiudeva gli occhi… non voleva riviverle.
Sirius gli accarezzò i capelli «Mi spiace, ma è l’unico modo per darti un po’ di sollievo».
Remus strinse i denti per non farsi sfuggire dei versi e confermare la sua tesi «Posso sopportarlo…»
«Beh, io no. Ora stattene buono e fammi lavorare» ribatté caustico Sirius, sollevando la bacchetta.
«Prima di tutto, hai bisogno di una pulita. Non l’ho fatto prima perché ero occupato a ricucirti… Tergeo» mormorò e sia i vestiti, sia i capelli che la pelle di Remus tornarono puliti.
«Così almeno evitiamo possibile complicazioni con le infezioni. Ora, io devo capire che razza di maledizione o veleno ti hanno dato… prendi la pozione e non fare storie».
Remus non aveva le forze per contraddirlo e Sirius non aveva la pazienza per fargli capire la situazione con le buone. Gli portò una doppia se non tripla porzione della blanda pozione calmante che possedeva e Remus si addormentò, sfinito.
Sirius si passò una mano nei lunghi capelli scompigliati e se ne andò nella sua libreria; v vi si mise davanti a braccia incrociate e sguardo accigliato, come sperando che i libri stessi gli dicessero cosa fare.
Vagliando tutte le possibilità, c’erano: contattare in qualche modo Tonks per avvertirla e approfittare delle sue conoscenze da Auror, chiamare Severus Piton per una buona pozione anti-veleno o andare direttamente da Silente, semplicemente perché risolveva sempre tutto.
Lo sapeva che sarebbe bastato usare la Metropolvere per raggiungere Silente nel suo ufficio. Anche se il Preside era stato chiaro in proposito, era sicuro che per le emergenze non avrebbe avuto nulla da ridire (e poi lui aveva già infranto quella regola più di una volta per motivi ben più mondani).
Però c’era quella vocina maligna… quella maligna ed egocentrica che assicurava che poteva cavarsela da solo e senza alcuna balia, che Remus dopoutto non era in pericolo di vita tale da giustificare il suo andarsene a frignare sotto le sottane di Silente o di Mocciosus. Se la immaginava già la sua brutta faccia che gongolava perché non era neanche capace di capire che veleno stesse infettando Remus
«D’accordo, cerchiamo qualcosa di utile» mugugnò irritato, mettendosi al lavoro.
Ironicamente pensò che cercare soluzioni nei libri ammuffiti di una biblioteca era sempre stata una prerogativa dello stesso Remus (e ora di Hermione), mentre lui e James, supponeva anche Ron e Harry, erano sempre stati i tipi da “cadere per caso” nelle soluzioni.
Peccato che la biblioteca di Hogwarts non fosse come la sua biblioteca casalinga: dubitava che tutta la sezione “classici-di-Remus” avrebbe potuto essergli utile. Alla fine dovette arrendersi e provare con le sue conoscenze base di guarigione che, doveva ammetterlo, erano alquanto scarse. La sua educazione si era interrotta con l’arresto e ormai doveva possedere delle lagune mostruose. Comunue dubitava che il suo futuro sarebbe stato nella Medimagia, non lui che provava una leggera avversione per ossa spezzate e tutto ciò che prevedesse cose del corpo ubicate in posti diversi da quelli naturali.
Sirius ritornò da Remus con le braccia colme di una decina di tomi polverosi e fu contento di vederlo dormire tranquillo e rilassato, con la ferita ancora ben chiusa.
«Beh amico, grazie per lo studio in più» mormorò, ributtandosi a letto.
In realtà aveva portato con sé anche uno dei fatidici classici, regalatogli nel lontanissimo 1973 e mai aperto, intitolato Jane Eyre. Lo aveva portato con sé nel caso avesse voluto staccare tra una lettura medica e l’altra, ma la verità fu che si addormentò a circa dieci righe dall’inizio del romanzo.
Si risvegliò chissà quante ore dopo, quando qualcuno lo scrollò così forte che il libro aperto sul suo stomaco scivolò a terra.
«Che cosa?» Mugugnò, guardandosi attorno con aria inebedita.
Remus sorrise e si chinò a prendere il libro, leggendo la copertina con un sopracciglio inarcato.
«Cercavo delle informazioni per aiutarti…» cominciò Sirius, quasi per giustificarsi.
«E speravi che Jane Eyre ti potesse aiutare?» Ironizzò Remus.
Sirius quasi arrossì.
«Era una pausa. Guarda là quanti ne ho» si lamentò, indicando la pila sul comodino.
Remus non li degnò di uno sguardo «C’era bisogno che mi facessi quasi uccidere perché ti decidessi finalmente a leggere qualche mio regalo?»
Sirius aprì bocca con aria indignata, poi sembrò rendersi conto solo in quell’istante del piccolo dettaglio di Remus in piedi sulle sue gambe nonostante qualche ora prima fosse sul letto di morte.  
Sirius si alzò di scattò «Che diavolo ci fai alzato? Torna a sdraiarti!» Urlò quasi, spingendolo verso il letto.
Remus si accigliò «Ma sto ben-»
«Me ne frega niente, fino a due ore fa il tuo sangue imbrattava il mio preziosissimo parquet di quercia» lo interruppe, stupendolo anche solo per il fatto che conoscesse il legno di cui era fatto il suo parquet, dettagli di cui gli era mai interessato nulla.
«Quanto sei premuroso» lo prese in giro, ma si fece rimboccare le coperte come un bravo bambino.
«Lì c’è la tua pozione anti-ferite. Devi prenderla ogni tre ore, lo sai. Io vado a cucinarti qualcosa, sarai affamato» fece Sirius, aprendo la finestra per cambiare l’aria. «Dopo ti prenderò qualche altro vestito, ti ho ripulito ma ti conviene cambiarti comunque».
Remus continuò a fissarlo con tanto di occhi, faticando a credere che fosse lo stesso Sirius che aveva quasi avvelenato James nel tentativo di “prendersi cura di lui” per una banale febbre.
«Cosa ne hai fatto del vero Sirius?» Chiese infatti.
«Va’ al diavolo, Moony» rispose Sirius, mentre usciva.
Negli ultimi mesi era stata Molly Weasley l’addetta della cucina e Sirius avebbe scommesso un galeone che gli aveva cambiato la disposizione dell’intera stanza. Non era un gran problema comunue, perché Remus non era abbastanza in forze per mangiare cose troppo elaborate e lui ormai non cucinava un piatto decente per sé da secoli.
Una cosa che ben pochi sapevano, anche perché si era curato di tenerlo il più nascosto possibile, era che lui aveva una certa passione – nonché propensione, a dettadi Lily – per la cucina Babbana. Senza magia era incapaca persino ad allacciarsi le scarpe, però sapeva cucinare.
Lui era un edonista, amava l’idea di vivere al massimo tutti i piaceri più basilari della vita e il cibo faceva parte di questi. Aveva avuto così pochi anni di vera vita che non era riuscito a esplorare quel dono fino in fondo, però una volta era riuscito a cucinare un ottimo piatto Babbano per Lily, anche se poi era arrivato James a spazzolarsi tutti senza sapere che l’aveva cucinato lui.
In quegli ultimi anni di libertà era stato semplicemente troppo depresso per godersi la vita.
«Non credo che Remus abbia voglia di un gratin dauphinois…» ironizzò.
La sua passione si piegò a una semplice omelette salva-frigo.
Era alle prese coi i fornelli, quando la testa di Tonks apparve dal camino a fargli venire un colpo «Sirius!»
«Oh per l’amor di- Tonks! Avverti quando arrivi alle spalle della gente!» Sbottò.
Tonks non sembrava aver voglia di scherzare e si accigliò «E Remus?»
«È abbastanza vivo da fare battute, si riprenderà» disse con tono sprezzante.
«Grazie a Morgana…»
Sirius le lanciò un’occhiata, poi cominciò a sbocconcellare del pane «Senti, tu devi stare tranquilla. A parte che qualcuno potrebbe scoprirti se continui a tornare così spesso…»
«Guarda che sono a casa mia, adesso. È più sicura di qualsiasi altro posto» fece lei, con tono sostenuto.
«Quando dici a “a casa tua” intendi-»
«Guarda un po’ chi si vede, il mio cugino preferito» li interruppe una donna, arrivando nel camino accanto a Tonks. Andromeda era la fotocopia sputata di Bellatrix, se non fosse stato per i capelli più chiari e gli occhi dalla forma diversa. Era bellissima come la sorella, ma meno modello “serial killer psicopatica”.
«Ciao, Dromeda» salutò quieto lui, prevedendo il peggio.
Dopo la sua fuga da Azkaban le aveva scritto qualche riga per farle sapere cos’era accaduto e dove stesse andando, ma da quando l’avevano recluso a Grimmauld Place non aveva più provato a contattarla. Si era sentito così umiliato, che si era scollegato dal resto del mondo.   
«Allora sei vivo. Pensavo ti avessero rispedito a Azkaban» fece lei, serafica.
Anche in mezzo all’Apocalisse Andromeda Tonks avrebbe mantenuto quello stesso aplomb.
«Non cominciamo» borbottò lui, roteando lo sguardo in cielo.
Andromeda aprì bocca per replicare, ma un’arrabbiata Tonks quasi la spostò di peso «Le allegre riunioni di famiglia dopo, stavamo parlando di una cosa seria mi pare».
«Sta bene, gli stavo preparando qualcosa da mangiare…» fece, ignorando l’argomento ‘maledizione’.
Tonks non era solo una dipendente del Ministero della Magia – e come tale controllata a vista da un paranoico Caramell – ma anche la pupilla del vecchio Moody, il che la rendeva una sorvegliata speciale per quelli che sostenevano la campagna “Anti-Silente”.
Solo dopo un lungo attimo Tonks sembrò convincersi delle sue parole «D’accordo…»
Andromeda annunciò con delicatezza che andava a cucinare, probabilmente per lasciarli da soli, ma Sirius aveva già capito cosa intendesse dirgli.
«Non ti preoccupare, glielo dirò».
«Grazie, state attenti» soffiò raddolcita, prima di sparire tra le fiamme.
Sirius sospirò e tornò a fornelli «Puoi uscire adesso».
Remus spuntò dalla soglia con un’espressione di scusa sul viso.
«Non ce la facevo ad affrontarla» disse a mo’ di discolpa, mentre si sedeva al tavolo.
Sirius gli lanciò un’occhiata «Non hai bisogno di giustificarti con me…»
«Io invece credo di sì… cos’è quest’odore, stai cercando di avvelenarmi anche tu?»
«Hai anche il coraggio di lamentarti mentre ti accudisco?» Sbottò Sirius lanciandogli il piatto.
«Mi lamento delle tue abilità culinarie. James ha vomitato per un giorno intero con il tuo speciale pasticcio fatto in casa» gli rammentò, mentre punzecchiava l’omelette con la forchetta; comunque cominciò a mangiarla perché stava morendo di fame.
«Veramente quel pasticcio era opera di Peter. Lily concordava sul fatto che cucino benissimo, quindi non rompere» disse, come se il giudizio positivo di Lily sistemasse ogni cosa.
«Già, il pasticcio di Peter… avevate inventato anche una canzone in proposito, se mi ricordo bene…» cominciò, ma allo sguardo duro di Sirius giudicò più saggio starsene a testa bassa a mangiare. Sapeva che in quanto a pazienza Sirius era alquanto scarso.
«Vogliamo giocare ancora a lungo?» Provò a chiedergli, infatti, dopo qualche minuto.
Remus scosse la testa «Non cominciare, non ricordo quasi nulla. E comunque non posso parlare delle mie missioni. Ho ordini tassativi in merito» replicò e Sirius si accigliò, cercando di contare fino a dieci per non infuriarsi.
«Moony… sei precipitato a casa mia nel cuore della notte, con il fianco e una parte del petto squarciati e perdevi sangue a litri. Credo di averti visto anche i muscoli, non sono mai stato così intimo con qualcuno» frecciò sarcasticamente. «Non credi che una spiegazione me la meriti?»
«Non mi sono precipitato, sono stato portato contro la mia volontà. Il mio Patronus doveva avvisare Tonks di portarmi in un posto sicuro, non di precipitarsi da te» lo corresse Remus.
«E cosa avresti fatto, sentiamo?»
«Avrei aspettato di stare meglio e poi mi sarei guarito le ferite da solo…» cominciò, ma Sirius sbuffò così forte che si interruppe e lo guardò male.
«Andiamo, non eri messo in condizioni di guarire da solo!»
Remus terminò di mangiare e scostò il piatto da sé «Devo ricordarti come ogni volta che il processo di guarigione dei licantropi non è lo stesso degli esseri umani?»
«Sì, sì, lo so è più veloce eccetera, ma comunque ci avresti messo giorni o magari settimane! Cosa intendevi fare nel frattempo, morire di stenti?»
«Non sarebbe mai successo, gli altri licantropi non lo avrebbero permesso. Loro hanno certe regole per-» sbottò, ma poi si fermò e si passò le mani sulla faccia stanca. «Senti, ho un compito delicato ed è di essenziale importanza che stia lì, sul campo… devo integrarmi, non dare l’idea di-di… un tizio che alla prima occasione corre dai medimaghi» cercò di spiegargli.
Sirius scattò in piedi «È umano!» Sbottò.
«Loro non sono umani!» scoppiò stizzito Remus, alzandosi e buttando la sedia a terra.
Rimasero a fissarsi in cagnesco per un po’, poi Remus sollevò la sedia e continuò a voce bassissima.
«Non sono più umani, Sirius. Alcuni di loro hanno… hanno abbracciato totalmente il lupo, la loro natura più oscura e incontrollabile. Molti non hanno neanche più casa, né vestiti, vivono nel lupanare in modo selvaggio… è qualcosa che non si può capire» spiegò, mentre sentiva formicolare per tutto il corpo.
Il malessere che provava non era solo fisico, ma anche psicologico, anche morale, anche umano. Vedere tanti licantropi come lui dissolversi nel mostro, perdere ciò che li rendeva umani… nessuno di loro poteva capire, neanche Silente. Nessuno poteva capire quanto potesse essere difficile stare a stretto contatto col proprio riflesso, con coloro che rappresentavano ciò che lui avrebbe potuto, o poteva ancora, essere.
«Non parlare come se fossi uno di loro» fece brusco Sirius, interrompendo i suoi pensieri.
«Io sono uno di loro. Lo so che voi cercavate di trattarmi come un Animagus, lo so che lo facevate perché mi volevate bene, ma la Licantropia è un’altra cosa».
«Lo so. Intendevo dire: non fare come se fossi come loro. Tu non sei così, non sarai mai così».
Remus deglutì e abbassò la testa, sentendo che cominciava a girare; strinse così forte lo schienale della sedia da farsi sbiancare le nocche e da far scricchiolare il legno.
Sirius fece il giro del tavolo e lo scrollò «Tu non diventerai mai così, dovessi stare in quel posto per anni. Lupo o no, la tua natura è troppo diversa… sei uno degli esseri umani più… umani che conosca».
Remus sorrise.
«E poi, se pure ci provassi, sarò pronto a combattere e recuperarti L’ho già fatto, ricordi?»
Remus scosse la testa con un sorrisino triste «Non avresti la minima speranza…»
«Sei uno spaccone! Ma tanto non ce ne sarà bisogno».
Rimasero un attimo in un silenzio disagiato, ognuno perso nei propri pensieri, poi Sirius cominciò.
«Non so se te lo ricordi, ma ho avuto difficoltà a guarire la tua ferita…»
«Davvero?» Chiese cautamente Remus.
Sirius annuì «Te l’ho guarita appena siete arrivati, ma durante la notte si è riaperta… conosci una magia che possa provocare una cosa del genere?»
Remus si grattò la fronte «Io non… non avverto nulla su di me».
Arrivarono in salotto e Remus si lasciò cadere sul divano, con aria pensierosa. Sirius lo fissò a lungo, come a chiedersi se stesse mentendo: sapeva che c’erano molte cose di cui Remus non poteva, o voleva, parlargli e si ricordava che gi aveva parlsto di un veleno in una boccetta.
Lo conosceva fin troppo bene, era quasi sicuro si trattasse di un rituale di cui si vergognava. Roba da Licantropi di cui non voleva ricordare.
Sirius si sedette di fronte a lui e si massaggiò le mani, cercando le parole adatte per iniziare cautamente a tastare il terreno.  
«Prima di svenire hai detto qualcosa… hai parlato di un liquido denso…»
Remus lo fissò come se fosse la prima volta che sentiva quelle parole «Davvero?»
Sirius sbuffò e Remus si acigliò «Mi spiace non ricordo…»
«Va bene» si arrese l’altro, ancora indeciso se fidarsi o meno. «Continuerò a cercare».
Remus corniuò a guardare diritto di fronte a sé «Io credo tornerò a riposare… resto in quella stanza?»
«Sì, è è la più comoda e vicina nel caso avessi dei problemi» replicò Sirius, guardandolo uscire.
Avrebbe voluto chiedergli molte altre cose, ma probabilmente avrebbero avuto tutto il tempo del mondo.
Sirius sapeva che Remus non avrebbe potuto tornare in missione prima di fare rapporto a Silente e il preside non passava spesso dall’Ordine.
Sirius andò a spalancare le tende per fare entrare il luminoso sole di mezzogiorno, ma comunque avvicinò la lampada al divano in cui si lasciò cadere. All’uscita da Azkaban aveva capito che la sua vista non sarebbe stata più la stessa dopo il buio forzato della prigione. Un eterno Peter Pan come lui si rifiutava di concedere quel ulteriore terreno alla vecchiaia, non intendeva cedere nemmeno di un passo. Il risultato era che cercava di sforzare i suoi poveri occhi, ignorando gli occhiali da vista che Remus aveva osato costringerlo a prendersi. Tanti secoli di magia e i maghi non erano ancora in grado di risolvere il problema.
Almeno in pubblico, perché in privato la sua vanità non aveva sguardi di cui alimentarsi.
«Va bene» sibilò, inforcando i maledetti occhiali e sistemandosi una pila infinita di libri al suo fianco.
Ovviamente non aveva idea di cosa cercare, perché il repertorio di maledizioni era infinito e quello di pozioni ancora peggio. Era in quelle situazioni che Lily gli veniva prepotentemente alla mente.
Un’ora dopo non era riuscito a fare alcun passo avanti e stava per gettare la spugna con aria stizzita.
Un ‘toc toc’ attutito alla finestra gli fece capire che il gufo era di ritorno da Hogwarts e si alzò di scatto per farlo entrare, riempiendo di acqua la piccola ciotola del trespolo d’argento di famiglia.
In passato i Black avevano posseduto una vera guferia con una decina di gufi comuni più un paio di rapaci nobili per le comunicazioni ufficiali, ma con la morte dei suoi genitori erano stati tutti venduti o liberati.
Solo con la promessa di non utilizzarli in modo avventato, Silente gli aveva concesso di tenerne qualcuno. Non che si sentisse così in colpa, visto che mandare gufi era l’unica cosa che gli fosse rimasta da fare.
La lettera di Hermione era breve, ma scritta con una bella calligrafia ordinata.
 
Sig. Krum,
Sono oltremodo stupita dall’arrivo di questa lettera, credevo avesse completamente dimenticato il mio indirizzo!
 
Sirius poté quasi sentire il suo tono sarcastico. Per evitare di scrivere in codice, aveva deciso di “prendere in prestito” il nome di quel tale bulgaro con cui Hermione era andata al Ballo del Ceppo: era abbastanza conosciuto da non destare sospetti, ma anche abbastanza lontano da non causare problemi.
In quel modo non dovevano lambiccarsi il cervello alla ricerca di codici che non sembrassero codici. Era un’opzione temporanea mentre cercava una soluzione migliore. Hermione, che dopotutto era brillante, aveva tutto al volo senza che ci fosse bisogno di avvisarla. Persino il suo gufo aveva disposizioni particolari rispetto al tragitto che doveva fare. Quella volta aveva cercato di non tralasciare nulla.
 
… Comunque qui tutto bene. Anche se sono un po’ offesa per il lungo tempo trascorso prima che ti decidessi a scrivermi, sono contenta che tu l’abbia fatto: abbiamo tante cose di cui parlare! Ricordo ancora l’ultima notte accanto al camino, quando hai parlato sia a me che ai nostri amici di tutte quelle cose interessanti. Stiamo aspettando che torni di nuovo in Inghilterra, ma nel frattempo concentrati sul Quidditch: facciamo tutti il tifo per te, anche se gli allenamenti sono duri e deconcentrarsi e pericoloso! Per incoraggiarti ti ho spedito dei biscotti al cioccolato, spero ti piacciano. 
Intanto ti parlo un po’ della vita qui a Hogwarts: come saprai, l’anno dei G.U.F.O. è difficile e siamo tutti carichi di compiti da fare, ma non demordiamo. Basta organizzarsi e tutto è possibile!
Tu cosa mi racconti? Il clima in Bulgaria è migliore dell’ultima volta che ci sono stata?
Mi raccomando, continua a scrivermi.
Con affetto, Hermione
 
Sirius la lesse più volte per essere certo di aver intuito tutti i doppi sensi: nonostante le sue numerose precauzioni, Hermione aveva comunque optato per una lettera ambigua, quasi in codice.
Ragazza intelligente.
Ovviamente i loro amici erano Harry e Ron e il Quidditch si riferiva all’Ordine della Fenice, così come per Bulgaria intendeva Grimmauld Place numero 12. La lettera voleva in qualche modo confortarlo, ma anche ricordargli che era pericoloso fare di testa sua e uscire comunque da casa per andare da loro.
Sirius scosse la testa, pensando nuovamente a quanto fosse molto più matura di lui, poi diede un’occhiata al sacchettino di biscotti che il gufo aveva lasciato sul tavolo e sorrise come un idiota.
«Ahia, io lo conosco quel sorriso» fece la voce di Remus dalla soglia, mentre Sirius sbuffava e gli faceva segno di entrare «Non dovresti riposarti?»
«Ho realizzato che il riposo è per vecchi decrepiti» ironizzò, buttandosi nella poltrona di fronte a lui.
«Che cos’è?» Gli chiese poi, indicando la lettera con un movimento del mento.
Sirius gli lanciò un’occhiata circospetta «Una lettera».
«Sua?» Chiese con un solo soffio acido.
Sirius sospirò, pensando che tanto ormai era inutile tenere il segreto, così si preparò alla guerra.
«Sì, è di Hermione».
«Sirius…»
«Remus» ribatté tranquillamente lui, senza distogliere lo sguardo. «Non cominciamo».
«È minorenne» replicò Remus con freddezza. «È illegale e amorale».
Sirius fece un ghigno «Siamo un Animagus non registrato e un licantropo, facciamo parte di un’associazione segreta anti-Ministero, io sono ricercato e tu sei una spia… l’illegalità è una faccenda alquanto relativa direi. E sulla moralità… chi decide cos’è morale e cosa no, la religione? Ma per favore» fece con sarcasmo tagliente, poi sembrò pensarci un attimo. «Se vuoi, possiamo parlare di giustizia».
«D’accordo: allora, non è giusto che incoraggi una minorenne nei suoi sentimenti adolescenziali».
«Io non incoraggio nessuno!» Gli venne da sbottare in propria difesa, anche se sapeva di star mentendo. Dopotutto era stato lui a scriverle per primo, era stato lui a baciarla e a scriverle una seconda volta.
Si sentiva come un ladro beccato con le mani nel sacco.
Remus lo guardò così intensamente che si ritrovò a ritrattare da solo «D’accordo, ci sto mettendo del mio, ma non la sto… costringendo a fare niente» continuò a dire, quasi disgustato all’idea.
«Non sto dicendo che tu la stia costringendo, ma una ragazzina di quindici anni non è realmente consapevole di quello che vuole. È un’adolescente e tu sei più grande, sei dotato di un certo fascino e di una maggiore maturità rispetto ai suoi compagni, tutte cose che attirerebbero qualsiasi adolescente».
Remus stava ricalcando le parole di Tonks, che in effetti capiva di quelle cose molto meglio di lui. Notò che Sirius sembrava a disagio, ma non aveva intenzione di demordere su quell’argomento. Non più.
«Sei proprio la classica persona che, crescendo, comincia a ragionare come i propri genitori» frecciò Sirius.
Remus sapeva che quando veniva attaccato Sirius reagiva con aggressività; proprio come il suo Animagus.
«Sarebbe a dire?» Chiese con tono irritato.
«Sarebbe a dire che tu sei stato il primo a urlare che “ormai ho quindici anni, posso decidere da solo della mia vita” ai tuoi tempi o te lo sei dimenticato?»
Approfittando del suo silenzio, Sirius continuò «E quando ti parlavano del tuo piccolo problemino peloso e tu non volevi sentire ragione? “Il problema è mio e faccio come voglio io!”, urlavi nell’ufficio di Silente, vero? Comodo dimenticarsi certi eventi».
«Era un altro contesto. Il mio… problema peloso è una condizione che mi appartiene, solo io posso sapere come mi fa sentire» replicò Remus a denti stretti.
«Già. E Hermione probabilmente è la sola a sapere come questa situazione la fa sentire» ribatté Sirius.
Remus tossì «Stai paragonando la Licantropia a… una cotta adolescenziale?»
«Andiamo, sei più intelligente di così. La verità è che noi adulti dimentichiamo di essere stati giovani e i nostri discorsi sono spesso incoerenti e incosistenti. Ammettilo».
«Solo se tu ammetterai di ragionare con la testa di un quindicenne» replicò Remus, facendolo ghignare.
«Lo ammetto. Sarà stato Azkaban, sarà stata la mia infanzia, sarà il mio spirito… ma io mi sento giovane».
«Allora concorderai pure che non è… sano avere una mente da quindicenne in un corpo da trentacinquenne» sentenziò Remus, facendogli roteare lo sguardo.
«Ancora con questa storia… sano, normale, giusto… da quando sei l’uomo degli estremi? Quello non ero io? È forse meglio avere il corpo di un trentacinquenne e l’animo di un sessantenne?»
Remus sbuffò, mentre si alzava «Sei impossibile. E comunque non sei così coerente come ti piacerebbe essere, la maggior parte delle volte si tratta solo di incoscienza».
«Beh, tu hai la prudenza, la cautela, la lugimiranza… quanto ti stanno aiutando? Cosa ne dice Tonks?»
Remus si girò di scatto, ma ghignava pure lui «Colpo basso, Padfoot».
Lui fece un sorrisino che voleva essere angelico «Già che parliamo…»
«Ci sto andando…» cominciò Remus ma si bloccò, guardandolo male.
Siriu rise «… con prudenza?» concluse per lui.
Stallo.
«E che non voglio ferirla. Tu sei sicuro di non farlo col tuo metodo “da giovane”?»
Sirius si incupì «Non si sta ferendo nessuno».
«Questo è quello che manca a voi giovani: la lungimiranza» fece, appoggiandogli una mano sulla spalla. «Ricordati che Hermione, per quanto matura e brillante, è pur sempre un’adolescente alle prese con sentimenti che non conosce ancora bene. E per quanto lucida è pur sempre un’adolescente in fase ormonale. Quanto capitò a me, la prima cotta, persi il controllo del lupo. E non si torna pù indietro».
Sirius rimase ancora a lungo nel salone quando Remus se ne fu andato, rigirandosi la lettera tra le mani.
Cercava di analizzarsi alla luce di quanto detto, senza però riuscire ad approdare a quacosa di definitivo. Non voleva prendere in giro nessuno, non voleva divertirsi.
Aveva solo intuito qualcosa che ndava oltre ciò che si vedeva, una sensibilità particolare che si accordava al suo spirito. Lo sapeva di non avere una visione “comune” delle donne e delle relazioni, non poteva dopo tutto quello che aveva passato e ai tempi di Hogwarts non gli interessavano nemmeno. Solo una ragazza aveva fatto breccia nella sua vita tutta amici&Quidditch e anche lì non si era mai trattato di una relazione che avrebbe potuto definire normale.
Si chiese, di convesso, come Hermione avrebbe potuto ricercare in uno come lui e quello per lui era un campo minato nella sua autostima devastata: era un uomo dal passato distrutto e dal futuro inesistente, con un fisico provato, una vita noiosa e una psiche che avrebbe definito precaria.
Cosa poteva offrire a una ragazza nel fiore della vita?
Fu quasi con vergogna che si alzò per osservarsi al grosso specchio d’epoca. Probabilmente non si guardava allo specchio da giorni e sicuramente non si osservava con attenzione da anni.
Sebbene non avesse troppi riferimenti della sua età, era sicuro che nessun trentacinquenne normale assomigliasse a lui: troppi segni di usura sulla pelle e negli occhi; le occhiaie violacee e il livore gli ricordavano un vampiro che aveva conosciuto anni addietro alla Testa di porco, tutto ben lontano dal pallore aristrocratico dei Black. Molte delle cicatrici che aveva disseminato su tutto il corpo se l’era procurate da solo durante gli anni di deliquio sotto l’influenza dei Dissennatori, altre erano ricordi più spensierati di Hogwarts e dei tiri di James. In ogni caso erano molte, troppe.
Poi c’erano gli occhi.
Ironico pensare che, anche con tutti gli anni di Grifondoro, di Azkaban e di Ordine, fosse riuscito a renderli identici a quelli di suo padre. Orion Black, l’uomo più sfuggente che avesse mai conosciuto.
I suoi possedevano non solo lo stesso colore cangiante, ma la stessa irrequeitezza lenta che l’aveva tanto irritato da piccolo.
«Tanti anni e sei riuscito comunque a diventare come tuo padre» sputò allo specchio.
Non vedeva nulla che potesse interessare chicchesia. Remus non doveva preoccuparsi: sarebbe bastato attendere che Hermione Granger rientrasse nelle sue piene facoltà mentali e mettesse gli occhi su qualche compagno di classe.
Si legò i gli scarmigliati capelli e tornò al divano e alla sua lettera. Pregò che Hermione avesse sbbastanza lugimiranza per entrambi. Intinse la piuma nell’inchiostro, guardò la punta per un attimo, scrisse:
 
Cara Hermione,
grazie per avermi risposto. Hai ragione: ho atteso troppo prima di scriverti, ma non riuscivo a trovare le parole adatte. Prometto di scriverti più spesso da questo momento in poi.
Mi piacerebbe tornare in Inghilterra, anche per rivedere i nostri amici ma soprattutto per rivedere te, ma devo concentrarmi sul Quidditch. Questo è un anno duro anche per me, molte cose stanno cambiando.
A proposito di Quidditch, un mio compagno di squadra è venuto improvvisamente a trovarmi! Facciamo lunghe chiacchierate, ci alleniamo e giriamo per la Bulgaria, anche se il clima è molto strano: a volte nebbioso o piovoso, a volte molto più disteso. In generale poco sole.
Non so quanto tempo starà da me, probabilmente non lo sa neanche lui o il resto della squadra.
I biscotti che mi hai inviato sono perfetti e credo di averli anche già finiti… dovrò cercare un negozio in Bulgaria che ne faccia di altrettanto buoni, altrimenti non so come farò. Tu puoi aiutarmi per caso?
So che l’anno dei G.U.F.O. a Hogwarts è piuttosto difficile, ma sono d’accordo con te: organizzandoci possiamo raggiungere qualunque risultato. Tu impegnati, anche se non credo di aver bisogno di dirtelo: resti la ragazza più intelligente che conosca.
 
In attesa di una risposta,
con affetto,
Krum
 
Sirius la rilesse e la giudicò abbastanza naturale. Sperò che Hermione capisse il riferimento a Remus, ma avrebbe cercato modi più chiari  nelle lettere successive. Intanto era un buon modo per tenersi in contatto senza rischiare troppo, anche se si chiese quanto fosse realistico che il bulgaro Krum scrivesse così bene in inglese; dubitava comunque che qualcuno si sarebbe dato così tanta pena per scoprirlo.
Sigillò la lettera e richiamò il gufo fulvo di prima, che arrivò schioccando il becco.
Sirius lo accarezzò. «Uhm, dovrei darti un nome prima o poi.. ti piace Pen?»
Il gufo emise uno stridio che giudicò di apprezzamento.
«Ok, Pen. Senti: questa lettera va a Hogwarts. Sempre Hermione Granger, la ragazza di Grifondoro con i capelli crespi e sicuramente un giornale in mano. Devi continuare a seguire l’altra strada, ok?»
Il gufo rispose con due versi affermativi, bevve un’ultima volta dal contenitore pieno d’acqua sul davanzale e volò via nel cielo del pomeriggio inoltrato.
Sirius lo guardò andare via poi, mentre stava per ributtarsi sul divano, sentì Remus urlare talmente forte che scattò in piedi all’istante.
«Moony! Che succede?!» Urlò, correndo in camera.
Lo trovò a terra che si contorceva come in preda come alla Maledizione Cruciatus, mentre il sangue defluiva dalla ferita, nuovamente aperta, su un fianco.
«Cazzo, di nuovo» sibilò Sirius, sguainando la bacchetta.
Si abbassò cercando di evitare il sangue, ma era così vischioso che scivolò comunque, inzuppandosi. Ne perdeva troppo e troppo velocemente, doveva richiudere la ferita all’istante o sarebbe morto dissanguato.
«Sono qui, Remus mi senti?» Provò a chiamare, ma aveva perso i sensi.
Con il solito incantesimo cominciò a richiudere la ferita, poi si allungò per stringergli il polso e riportarlo sul letto. Nell’istante stesso in cui lo toccò accaddero più cose contemporaneamente: Remus spalancò gli occhi e urlò, inarcandosi come in preda a spasimi atroci, Sirius invece sentì una fitta dolorosa al polso, mentre una voce gli sussurrò qualcosa che non capì nell’orecchio.
«Cosa diav-» sbottò, abbassando lo sguardo: il polso era squarciato da quella che sembrava una ferita di pugnale e il suo sangue cominciò a colare insieme a quello di Remus.
Sirius rimase a guardarla come ipnotizzato, chiedendosi cosa diavolo fosse successo. Un nuovo grido di Remus lo riscosse, così si richiuse la ferita da solo e si alzò di scatto, ignorando il pizzicore al braccio.
«Tergeo» mormorò, ripulendo la stanza dalla inverosimile quantità di sangue.
Tornò a soministrare a Remus la solita prassi. La ferita era di nuovo chiusa ma al quel punto non sapeva più cosa fare; gli controllò la febbre e lo fece per tutta l’ora successiva, senza che nulla cambiasse.
Nel frattempo il suo polso continuava a pulsare e ad arrossarsi, oltre che ha riempirsi di vescicole; il taglio sembrava essersi trasformato in un’ustione di secondo grado e la cosa era assurda.
Sirius riuscì a resistere per un’altra ora, coprendo le vesciche con una pozione anti-scottatura, ma quando l’avambraccio cominciò a essere percorso da fitte capì cominciò a preoccuparsi davvero.
«Ma cosa diavolo sta succedendo?» Sibilò, piegandosi per osservare da vicino il polso: al di sotto delle escoriazioni c’era qualcosa che non riusciva a definire, un disegno che affiorava dalla pelle spaccata.
Non riuscì osservarlo meglio perché, proprio in quel momento il suo campo visivo cominciò a oscurarsi e le gambe cedettero sotto il suo stesso peso. Svenne battendo la testa, mentre una piccola spiga nera appariva sul polso e la pelle ritornava intatta e liscia come se nulla fosse accaduto.  

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Capitolo 14
*** Il piano di Hermione ***


Il piano di Hermione
Sirius si risvegliò solo molte ore più tardi, quando ormai l’orologio segnava le quattro del mattino.
Il salone era freddo e immerso nel buio; il fatto che la finestra fosse ancora spalancata come l’aveva lasciata lui gli fece capire che Remus non era più tornato a vedere cosa stesse facendo. Quello poteva voler dire sia che dormiva sia che era morto, ovviamente propendeva per la prima.
«Ahia!»
Senza pensarci aveva provato ad alzarsi facendo leva sul polso sinistro, ma una fitta di dolore gli aveva ricordato dello strano svenimento. Si toccò il polso ma la pelle era liscia e senza tracce di disegni, bruciature o ferite da coltello.
A quel punto sembrava non fosse accaduto nulla ma sapeva che la magia aveva sempre delle conseguenze, anche se non immediatamente visibii, così si preparò psicologicamente a un altro paio di notate insonni alla ricerca di spiegazioni.
Al momento però era più urgente capire se Remus fosse o meno ancora nel regno dei vivi. 
Sirius si avviò lungo il corridoio del primo piano, sempre sfregandosi il polso pruriginoso, ed entrò nella camera. Solo quando vide Remus dormire placido senza tracce di sangue si permise di respirare.
«Ah, Moony mi farai venire un infarto prima o poi…» mugugnò, chinandosi su di lui per osservarlo meglio.
Lo spostamento d'aria allertò i sensi del lupo e Remus spalancò gli occhi, subito vigile e completamente sveglio.
Anche in passato Sirius era sempre stato affascinato dalla Licantropia e i suoi effetti, ma non aveva mai osato chiedere.
«Cosa stai facendo?» Gli chiese Remus con tono circospetto.
«Ti guardo dormire» replicò Sirius, con la sola intenzione d’irritarlo.
Infatti Remus si accigliò ancora di più «È una cosa inquietante, devi farlo per forza?»
«Eppure dicevi di amarmi!» Esclamò Sirius, portandosi una mano al petto e sgranando lo sguardo.
Remus scosse la testa e si mise a sedere «Sei un idiota».
Sirius rise, poi scrollò le spalle «Senti, dopo la terza volta che si riapre una ferita che io ho chiuso devo per forza controllare. Non sarà un medimago, sono sempre stato piuttosto bravo a richiudere la gente».
«Quanta modestia… beh, allora, verdetto?»
«A parte i soliti danni cerebrali niente di nuovo, ma per quelli non c’è più nulla da fare…» ironizzò Sirius, per poi zittirsi quando cominciò a chiedersi se fosse i vaso di raccontargli dello svenimento e della misteriosa ferita.
«Cos’hai?» Gli chiese Remus, vedendolo troppo silenzioso.
Sirius scosse la testa «Niente, torniamo dormire. Domani contatterò Silente» disse.
In condizioni normali Remus sarebbe stato in grado di fiutare tutto quello che gli era accaduto, odore del sangue o ormoni sballati o roba del genere, ma chiaramente era ancora troppo indebolito. Sirius lo interpretò come il segno di lasciarlo buono.
«Non è necessario, posso restare un altro giorno e poi tornare in missione» provò a dire Remus
«Lo sai cosa ci ha detto Silente: “se notate qualsiasi cosa di strano, devo saperlo”, e quello che ti sta accadendo è decisamente strano. Non puoi permetterti di ritornare tra i licantropi e rischiare il dissanguamento» ribatté Sirius.
Tanto la decisione era già presa, Remus non aveva voce in capitolo in quel caso.
«Ti ho già detto che non mi lascerebbero a dissanguare… persino loro hanno-»
«-delle regole sì, ho capito! Sarà la centesima volta che me lo dici... Che poi un giorno dovrai parlarmi di queste fantomatiche regole, ma nel frattempo scusami se mi fido più di Silente che di un pugno di licantropi sconosciuti» ironizzò, buttandosi sul letto lì accanto.
«Hai ancora intenzione di dormire qui?»
«Certo che sì, sono la tua infermiera, baby» replicò Sirius, con espressione persino troppo seria per quello che diceva.
Remus inarcò un sopracciglio «C’è qualcosa di sessista in questa frase».
Sirius roteò lo sguardo in cielo: persino da ferito riusciva a essere pedante come un ammuffito professore.
«Mi riferivo alla mia splendida chioma, ovviamente, non alla professione».
«Ecco, a proposito di chioma…»
«Non sei Walburga Black, non puoi dire nulla. Ma se vuoi fare certi tipi di discorsi posso mettere te nel quadro».
L’allusione a sua madre fu abbastanza grave da zittirlo, così Sirius considerò vinta la battaglia e si sistemò meglio per dormire. La mattina successiva, che poi era quella stessa mattina, si svegliò dopo le canoniche quattro ore di sonno, mantenendo così inalterata la solita aria da vampiro che ormai gli stava così naturale.
Lanciò un’occhiata a Remus e lo invidiò per l’aria rilassata che riusciva a emanare. Sirius si rigirò più volte nel letto cercando di riaddormentarsi, ma  la cosa non faceva altro che innervosirlo così si alzò e si avviò in cucina.
Cucina dove gli venne quasi un infarto quando vide chi era seduto compostamente al tavolo, in attesa.
«Oh, Silente» esalò con tono piatto.
Il preside di Hogwarts se ne stava seduto tranquillo con le mani abbandonate in grembo e una sgargiante tunica azzurro cielo. Gli occhi dietro alle lenti a mezzaluna erano vigili, ma divertiti.
«Sirius perdonami, ti ho preso alla sprovvista?»
Sirius inarcò un sopracciglio: in nessun modo avrebbe potuto dargli a bere che quella fosse una coincidenza.
«No, non c’è problema. Vuole… vuole del tè?» Gli chiese, cercando di prendere un tono gentile.
«Sì, sarebbe perfetto. Ho ancora qualche minuto prima dell’appuntamento al Ministero…» fece, tirando fuori l’orologio da taschino tra gli strali della lunga tunica. «Come sta andando qui al Quartier Generale?» Gli chiese, concentrando l'intera attenzione su di lui.
Sirius, che in un recesso di adolescenza continuava a sentirsi a disagio davanti a quello sguardo così penetrante, si girò per mettere il bollitore sul fuoco e ne approfittò per cercare di controllare l’espressione scettica.
«C’è Remus al piano di sopra» disse alla fine, con tono neutro.
«Oh, davvero?» Chiese Silente e, dalla sua espressione, Sirius non avrebbe saputo dire se fosse sorpreso o meno.
«Sì, lui ha avuto dei… problemi. Stavo per inviarle un gufo per metterla al corrente» spiegò, appoggiando la schiena al ripiano della cucina e incrociando le braccia.
Silente fece un breve sorriso «Si direbbe che io ti abbia fortuitamente anticipato allora. Come sta?»
Sirius sospirò «Bene, sembra. Tonks è riuscita a portarlo qui due notti fa. Era ferito gravemente, ma sono riuscito a fermare l’emorragia e richiudere la ferita».
Silente annuì «La signorina Tonks ha dimostrato prontezza di spirito, ha sicuramente preso la decisione migliore».
Sirius continuò a guardarlo cercando con tutte le sue forza di non esprimere quello che pensava con nessuna parte del viso. Le parole di Silente erano gentili, ma contrastavano con gli ordini che distribuiva a destra e manca. Sapeva benissimo come lui aveva reagito all'ordine di starsene rinchiuso, così come sapeva il suo punto di vista su come guidava Harry. Si chiese se quella visita di cortesia, correlata a atteggiamenti così miti, fossero un tentativo di ammansirlo.
«Ma ci sono delle complicazioni» aggiunse Sirius, mentre gli porgeva la tazza di tè.
Silente non rispose ma continuò a guardarlo, in attesa.
Sirius si sedette «Forse è stato colpito da una maledizione o da un veleno, perché la ferita continua ad aprirsi».
Silente abbassò la tazza e rimuginò su quanto detto «La ferita si riapre…  credi che possa vederlo?»
Sirius annuì «Certo. Lui avrebbe voluto tornare subito in missione, ma ho pensato fosse il caso di tenerlo in osservazione. Se la ferita si fosse riaperta mente stava con- insomma, a fare quello che deve fare, avrebbe potuto essere un problema… suppongo» aggiunse.
Che Remus lavorasse con i licantropi non era esattamente un mistero, ma forse non era il caso di spiattellarlo così.
«Hai fatto bene, Sirius, meglio essere pronti a tutto. Andiamo».
Sirius precedette il preside su per il primo piano, fino alla vecchia camera di Ginny e Hermione. Entrò giusto un attimo  prima di lui per dare due secondi di vantaggio a Remus.
«Moony, a quanto pare Silente ci ha battuto sul tempo…» fece con sguardo significativo, mentre Remus alzava lo sguardo da “Jane Eyre” per piantarlo proprio sul preside che stava entrando dietro di lui.
«Buongiorno» fece mitemente, con una leggera aria di rassegnazione.
Silente lo salutò col capo, poi fece apparire una sedia con un colpo di bacchetta e vi si sedette, sistemandosi la veste.
«Come è andata?» Chiese, senza neanche una domanda preliminare.
Sirius si mise a braccia incrociate contro l’armadio e Remus gli lanciò un’occhiata di sbieco.
Silente lo notò e fece un sorrisino di scusa «Temo non sia colpa di Sirius, caso ha voluto che ne fossi già al corrente per via di altre… situazioni. Però non credevo che tu ne fossi coinvolto».
Remus si guardò le mani abbandonate sulle lenzuola «Lei cosa sa?»
«Oh, qualche dettaglio… c’è stato un rito di iniziazione al lupanare,vero?» Chiese lui, fissandolo.
Remus deglutì e annuì, chiudendo per un attimo gli occhi. Sirius, poco distante, si mosse a disagio, poi scelse di sedersi su una sedia poco lontano da Silente; Remus non gli aveva raccontato nulla, ma era chiaro che soffrisse al solo pensiero.
«E cosa è successo?»
«Niente, tutto è andato come… come al solito. Solo che poi qualcuno ha cambiato idea e si è rifiutato di fare l’iniziazione, è cominciata una rissa e da quel momento è tutto sfocato…»
Sirius continuò a fissarlo, registrando ogni parola e ogni gesto, poi guardò il profilo concentrato di Silente.
«Ti hanno dato qualcosa?» Chiese, un po’ più duramente, il preside.
Remus lanciò per un attimo un’occhiata a Sirius, che scrollò le spalle: era impossibile sapere cose e quanto sapesse, il suo sguardo era sempre impassibile.
«Sì».
Sirius sbuffò: quando gliel’aveva chiesto lui, Remus aveva finto di non ricordare. Oh, l'avrebbe costretto a dirgli tutto.
Silente si alzò «Cerca di riposare, adesso».
Remus alzò la testa di colpo, preso in contropiede.
«E la mia mis-» cominciò, ma l’occhiata che il preside gli rivolse fu alquanto esplicativa.
«Ora è importante che recuperi le energie, poi dovremo capire se la copertura è saltata…»
Remus strinse i denti, ma annuì con aria quasi sconfitta.
Sirius si accigliò «E per la ferita?»
Silente guardò Remus che si scostò la maglia senza dire nulla. Silente si avvicinò e la esaminò senza toccarla.
Silente si rizzò e fece un pigro movimento di bacchetta, facendo apparire una piccola ampolla ricolma di liquido colo corallo «Prendi sei gocce di questa pozione, distribuite durante l’arco della giornata e non dovrebbe riaprirsi» spiegò.
Silente posò la boccetta sul comodino, salutò e lasciò la stanza.
Sirius e Remus si scambiarono un’occhiata perplessa, poi Sirius seguì il preside lungo le scale.
Ritornarono al piano di sotto in perfetto silenzio, poi Silente si fermò all’ingresso.
«C’è altro che dovrei sapere?» Il tono rimaneva gentile, ma Sirius aveva la netta sensazione fosse una domanda retorica.
«No» disse con decisione.
Non aveva alcuna intenzione di vedersi restringe ancora di più il campo d'azione, Silente sembrpò credergli, annuì.
«Ora devo andare, intanto…»
«Sì, staremo attenti» replicò Sirius, un po’ troppo bruscamente per passare inosservato.
Silente gli mise una mano sulla spalla «Lo so che è frustrante, ma passerà. Ne abbiamo già parlato due anni fa».
Sirius annuì: ricordava fin troppo bene il dialogo avvenuto tra loro a Hogwarts. In quell'occasione avevano parlato a lungo e lui aveva raccontato tutto ciò che sapeva, tutto quello che ricordava degli ultimi anni di scuola e del periodo post-Hogwarts fino a quella fatidica notte. Poi Silente gli aveva promesso la libertà, il suo nome riabilitato, una vita normale.
Nulla si era concretizzato e a quel punto Sirius non credeva sarebbe mai stato possibile.
«Avrò pazienza» disse, senza sorridere. Silente annuì, poi si smaterializzò.
Sirius si passò una mano tremante sugli occhi, contò fino a dieci, poi tornò da Remus.
 
Hermione rilesse nuovamente e con maggiore enfasi la lettera che Sirius le aveva spedito il giorno prima, nella speranza che le parole cambiassero per magia sotto al suo naso. La verità era che avrebbe avuto bisogno di parlargli con urgenza, ma non aveva idea di come fare.
Erano giorni che la sua mente elaborava soluzioni e teorie; quell’ultimo decreto ministeriale le aveva dato il colpo di grazia: Dolores Umbridge Inquisitore Supremo di Hogwarts, probabilmente tutti i vecchi presidi della scuola si stavano rivoltando nella tomba. Erano stati quella pessima notizia e l’ultimo scontro tra Harry e la Umbridge che le avevano fatto capire che non si poteva andare avanti così.
Sbuffando per la dodicesima volta, accavallò l’altra gamba e continuò a picchiettare sul bracciolo.
«Oh, insomma, Hermione, hai una tarantola nei vestiti?» Sbottò Ginny a un certo punto del pomeriggio, sotto gli sguardi perplessi di Ron e Brienne.
Quel martedì era trascorso in modo piuttosto stanco, ma entrambi si erano resi conto che Hermione era troppo distratta, al punto da sbagliare persino un incantesimo durante la doppia lezione di Vitious. E il giorno prima aveva saltato Aritmanzia, cosa che corrispondeva quasi all’Apocalisse
Hermione li ignorò e continuò a sbuffare; la irritava che Harry fosse di nuovo in punizione dalla Umbridge, mentre lei si arrogava il diritto di fare il bello e cattivo del tempo.
«Hermione, hai finito il compito di Trasfigurazione per domani?» Fece da lontano la voce di Ron.
«Hmm».
«Cosa?»
«Sì, prendilo pure. È lì» rispose lei, indicando la sua borsa mentre si alzava di scatto
«Dove vai, e la cena?» Chiese con aria perplessa Brienne, ma Hermione scrollò le spalle.
«Guferia» urlò, scappando via.
«Ma dove ha la testa ultimamente?» Chiese Brienne a Ginny.
Ron gettò uno sguardo nervoso al buco nel ritratto. Non ne aveva ancora fatto parola con nessuno, ma aveva notato che da un paio di settimane Hermione riceveva più lettere del solito.
«Cerchiamo di finire questo dannato compito» borbottò solo, di malumore.
Hermione continuò a vagare senza una metà precisa, rimuginando sull’idea che aveva avuto qualche giorno prima; era una cosa così folle e inverosimile che quasi si vergognava di averla partorita.
Al contempo, però, aveva bisogno di qualcuno che ragionasse fuori dagli schemi e che avesse esperienza in attività clandestine, cose per le quali Sirius era la persona perfetta.
Temeva all’idea di contattarlo col solito metodo, perché adesso il potere della Umbridge era aumentato ancora di più. Dio solo sapeva cosa avrebbe potuto succedere se Sirius fosse stato localizzato.
Quando arrivò alla Guferia fissò il gufo fulvo di Sirius con aria tesa.
«Oh, non so proprio se darti questa missione» gli fece, mentre l’animale inclinava la testa a scrutarla.
«Sei davvero un bel gufetto, ma mi porteresti la risposta troppo tardi» mormorò, mentre lo accarezzava.
Aveva bisogno di sciogliere qualche dubbio il prima possibile, possibilmente prima del ritorno di Harry, per poter andare avanti col piano; la smaterializzazione era ancora impossibile e la lettera via gufo era il modo più lento per ottenere risposte... restava giusto la metropolvere via camino, ma come poteva fare se la sala comune era ancora- poi ricordò qualcosa che Brienne le aveva detto mentre fuggiva e si colpì la fronte: l’ora di cena!
Era un’idea ancora più folle dell’altra: non solo il tempo della cena era talmente risicato che rischiava di essere interrotta prima di ottenere le risposte che le servivano, ma rischiava anche che qualcuno restasse per studiare senza dargli campo libero. Eppure doveva provarci, era l’unica possibilità.
Presa da nuova energia, Hermione corse per i corridoi e continuò a controllare l’orologio Babbano: non voleva perdere neanche un secondo della sua preziosa ora.
Arrivò davanti al ritratto di corsa, borbottò la parola d’ordine ed entrò dentro a metà tra lo speranzoso e l’ansioso: non c’era nessuno, erano tutti scesi per cena!
«Ehm… c’è nessuno?!» Provò a dire, a voce alta, sperando che nessuno rispondesse.
La sala comune sembrava essere completamente e sorprendentemente vuota, così corse a prendere il barattolo con la Polvere Volante e ritornò di corsa al camino, sperando che Sirius potesse aiutarla.
«Grimmauld Place» fece con tono basso ma sicuro, e le fiamme del camino diventarono verdi, trasportando la sua testa verso la sala grigia e cupa di casa Black.
«Sirius!» Urlò senza riuscire a vederlo da nessuna parte.
«Hermione!» Esclamò sorpreso lui, mentre spuntava dalla pila di libri che lo nascondevano alla vista.
Hermione notò l’enorme quantità di tomi, ma non aveva tempo di fare domande in proposito. Tuttavia, quando il suo sguardo cadde su di lui non riuscì a fare a meno di esclamare «Tu porti gli occhiali?»
Sirius si bloccò di colpo «Mi stai contattando per questo?» Grugnì indignato e Hermione arrossì.
«No, scusa, hai ragione… io volevo… un consiglio».
«Un consiglio?» Mormorò lui accigliandosi, poi sedette sul tappeto per arrivare alla sua altezza. «Ma da dove mi stai contattando? A quest’ora non è pericoloso?»
«Sono tutti a cena, infatti non ho tanto tempo… senti, io avrei un’idea ma credo sia folle» rispose lei frettolosamente.
«Tu non avresti mai idee folli…»
«Ascoltami prima: abbiamo detto che la Umbridge non ci permette di sviluppare un programma decente di Difesa, giusto?»
«Ah-h…»
«E che avremmo bisogno di migliorare ed essere pronti per… beh qualsiasi cosa ci aspetti fuori».
«Certo» replicò Sirius, accigliandosi perché non capiva dove volesse andare a parare.
Hermione sospirò profondamente, un po’ come se cercasse di farsi coraggio «E se organizzassimo noi delle lezioni private di Difesa Contro le Arti Oscure?» Sparò, guardandolo di sottecchi.
Silenzio. Sirius inarcò un sopracciglio «Cosa intendi per “private”?»
Hermione esitò, mordendosi un labbro «Beh, intendo…»
«… intendi illegali?» Esclamò lui sorpreso. A giudicare dalla sua espressione imbarazzata, ci aveva preso in pieno. «Hermione Granger che propone lezioni illegali all’interno delle mura di Hogwarts? Devi davvero odiarla, la Umbridge».
Hermione ignorò il suo tono canzonatorio, ma un certo calore che non aveva niente a che fare con le fiamme cominciò a spandersi su per il collo «Sirius…»
«Ok, scusa, continua» replicò subito lui, tornando serio.
Hermione si accigliò «Beh, niente. Tutto qui» ribatté, quasi sulla difensiva.
«Tutto qui?» Sbottò lui, alzandosi in piedi. «Praticamente hai lanciato la bomba e questo è tutto?»
«Veramente io… speravo tu potessi aiutarmi…» pigolò lei, cominciando a perdere sicurezza.
Ci aveva pensato tanto ma le sfuggivano una marea di cose importanti e sperava Sirius potesse essere la persona giusta per identificarle, soprattutto considerando la sua esperienza come malandrino.
Sirius si rese tornò al camino, si sistemò di fronte a lei a gambe incrociate e cominciò «Scusami, non volevo demoralizzarti… solo che è una cosa difficile da organizzare».
«Lo so» fece Hermione, un po’ sorpresa: conoscendo Sirius si sarebbe aspettata maggiore esaltazione.
Sirius sembrò capire al volo, perché ghignò a mo’ di scusa.
«Un tempo sarei stato più entusiasta forse… e più idiota».
Hermione fece un timido sorriso «Ci vorrebbe quel Sirius adesso».
«Ti aiuterò fino dove posso, ma ci sei tu di mezzo… non posso permettermi di essere incosciente» fece lui distrattamente, di certo senza neanche far caso al significato di quello che aveva detto.
Hermione invece era senza fiato.
«Grazie» mormorò, ma Sirius fece un gesto come a dire “non è niente”.
Hermione alzò gli occhi al cielo, frustrata dalla sua assoluta cecità, ma poi raccolse un paio di pergamene e si concentrò per prendere appunti.
«Allora, ricapitolando: come vuoi iniziarla?»
«Vorrei fare una riunione. Vedere chi di quanti odiano la Umbridge vuole passare alle cose pratiche…»
«Come puoi contare sul fatto che non faranno la spia?»
«Sono studenti. Odiano la Umbridge e lei praticamente governa la scuola. Vorranno tutti fare qualcosa contro di lei, o almeno cercheranno di non ci intralciarci» replicò sicura, Sirius non sembrava convinto.
«Mmhsì, io non sarei così idealista. Vi conviene utilizzare un Incantesimo Rivelatore, così saprete se qualcuno vuota il sacco».
Hermione scrisse il nome dell’incantesimo sulla pergamena e si accigliò «Che cos’è?»
Sirius ghignò all’idea che lei fosse sconvolta di non conoscere un incantesimo, e prese la bacchetta.
«L’Incantesimo Rivelatore permette di svelare il traditore di un patto. In altre parole, di vendicarsi in qualche modo su qualcuno che non ha mantenuto una promessa» spiegò.
«Quindi… se io applico quest’incantesimo a, diciamo, una dichiarazione di silenzio, chi lo infrangerà verrà punito?» Fece Hermione.
«Già».
«Non mi piace molto… è un po’ meschino» ribatté, rendendosi conto solo dopo che poteva offenderlo. Sirius rise «Verissimo. Ma ti renderai conto che la gente è meschina, pensa solo al proprio tornaconto».
«Non tutti!»
«La maggioranza…» commentò lui, fissando la sua espressione indignata.
«Ehi, hai voluto il mio consiglio e io te ne ho dato uno: fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Applica quest’incantesimo a un foglio di pergamena e fa loro scrivere il nome con la clausola di far parte del gruppo e non svelarne i segreti. Chi la infrange dovrà essere riconoscibile. Sarà utile se dovrete inventarvi una scusa su due piedi».
Sirius ammirava e un po’ invidiava la visione pura e incontaminata del mondo di Hermione, ma quello che stavano cercando di fare era una cosa seria e poteva mettere tutti in pericolo.
«Ok, spiegami come si fa» fece Hermione, con tono pratico, prendendo la bacchetta.
L’incantesimo era piuttosto semplice e Hermione lo padroneggiò nel giro di un quarto d’ora sotto lo sguardo ammirato di Sirius; riuscì persino a fargli diventare i capelli blu per un istante.
«Puoi regolare l’intensità e il tempo della “punizione”. Ti consiglio di andare su qualcosa di resistente che duri nel tempo, così avrete il tempo di capire chi è stato».
Hermione stava scrivendo tutto con tanta frenesia da macchiarsi il naso di inchiostro. Rilesse tutto, ancora non del tutto convinta, poi passò alla domanda successiva.
«Ok… poi, pensavo… ci serve un posto per incontrarci…»
Sirius ci pensò su, mentre girovagava per la stanza. Ormai era totalmente assorto nel piano e sentiva la vecchia eccitazione strisciargli nello stomaco.
«Dovreste incontrarvi fuori, lontani da occhi indiscreti».
Hermione s’illuminò «Tra un po’ ci sarà il primo incontro a Hogsmeade!»
Sirius sorrise «Mi sembra perfetto».
Hermione si rese conto che Sirius si stava divertendo un mondo a organizzare e la cosa la impensierì un po’: era come se lui fosse la sua spia del livello di… pericolosità e azzardo delle situazioni. Eppure, ogni volta che pensava al viso viscido di quella donna, la paura veniva rimpiazzata dalla voglia di rivalsa.
«Ma… avete un professore?» Chiese all’improvviso Sirius, bloccandosi
«Cosa?»
«Sì, chi vi insegnerà?» Chiese perplesso, pensando a quanto fosse stato idiota a non preoccuparsi della cosa principale. Quasi gli venne un colpo a vedere quel ghigno fiorire sul viso di Hermione.
«Harry».
Sirius rimase spiazzato per un lungo secondo, poi cominciò a ridere così forte che Hermione temette potesse richiamare l’intero castello.
«Sirius, shh!» Sbottò, guardandosi intorno.
«Pagherei mille galeoni per essere presente quando glielo dirai!» Esclamò lui, passandosi una mano sugli occhi. «Oh, Merlino… credi accetterà?»
«Harry muore dalla voglia di fare qualcosa contro la rospa» borbottò Hermione con tanta passione che Sirius non poté che ghignare.
«Sarei orgoglioso di proclamarti malandrina ad honorem».
Hermione rise «Avremo bisogno di un metodo per comunicare».
Sirius annuì «Io e James avevamo degli specchi gemelli, ma quelli sono piuttosto rari e costosi…»
Hermione si appuntò di chiedergli di quei famigerati specchi in futuro, poi tornò sulla domanda che veramente le premeva.
«Ci penserò… Senti, ma tu credi sia una buona idea?»
Sirius la fissò e capì che quella era la domanda che voleva fargli fin dall’inizio.
«È un’ottima idea! Bisogna essere preparati a ciò che verrà. Dovete solo cercare di tenere tutto sotto controllo… e cerca di tenere d’occhio Harry, per favore».
Hermione annuì «Glielo dirò stasera… ah, ho letto la lettera! Ho capito che parlavi di Remus, vero?»
Sirius sorrise perché lo sapeva che avrebbe capito, poi si grattò inconsciamente il polso sinistro e annuì. «Sì, è lui. Ma va tutto bene» fece, più che altro perché non le sembrava il caso di darle altri pensieri.
Hermione lo fissò per un lungo secondo, poi scosse la testa «No, non è vero».
Sirius si accigliò: era davvero così facile capire quando mentiva o era lei a capirlo?
«Beh, okay, non proprio-» cominciò lui, ma Hermione alzò una mano a interromperlo e tese un orecchio: le voci dietro al ritratto le fecero intuire che qualcuno stava già tornando e l’orologio che batteva le sei le fece capire che l’orario di cena era finito.
«Devo andare!» Urlò quasi, in ansia. «Grazie, davvero. Ti scriverò».
Sirius annuì «Va bene… e, Hermione: buona fortuna» mormorò.
Hermione gli sorrise, poi riuscì a uscire dal camino, spazzolarsi i capelli e buttarsi in poltrona nello stesso istante in cui i primi gruppi entravano in sala comune.
Cercando di calmare il respiro affannato, si nascose dietro un libro.
«Ah, sei qui! Non sei venuta a cena?» Chiese Aveline, sedendosi sul divano al suo fianco.
Hermione sussultò un attimo «Ehm, dovevo finire delle cose… hai visto Ron?»
«Era dietro di me che parlava con Brienne» rispose Aveline, fissandola meglio. «Tutto ok?»
«Oh, sì. Tutto bene…»
C’era troppa gente per parlare a Ron della sua idea, così Hermione passò le ore successive a fingere di studiare, rosa dall’impazienza. Chissà cosa avrebbe detto Harry di quell’idea? Avrebbe funzionato?
Sirius aveva detto che era un’ottima idea, ma il metro di giudizio di Sirius non funzionava come per le persone normali.
All’improvviso ricordò la frase che aveva detto quasi en passant, ma che lei però aveva trovato così significativa… il pensiero che qualcuno si preoccupasse così tanto per lei ere dolce, la faceva stare bene.
Pensando al sorriso di Sirius si rilassò e riuscì anche a concentrarsi sullo studio almeno per un altro paio di ore.
Verso le undici molti cominciarono ad andare nei dormitori ed Hermione ebbe finalmente la possibilità quantomeno di cominciare il discorso con Ron. Iniziò da lontano, titubante, e quando riuscì a spiegargli quasi tutto il pendolo segnava ormai le undici e mezza.
«Oh, aspetta, devo fare una cosa…»
«Cosa?» Chiese circospetto Ron, mentre lei scappava in camera e tornava con una serie di ingredienti.
«Voglio preparare la soluzione di Tentacoli di Purvincoli per Harry» fece, mentre cominciava a dosare gli ingredienti; non c’era nulla da sobillare e mettere sul fuoco, altrimenti non avrebbe potuto farlo senza un laboratorio di Pozioni.
«La cosa di cosa?» Chiese Ron, con tanto di occhi.
Hermione sospirò con impazienza «È una soluzione per i dolori, dovrebbe fargli bene…»
Lavorarono per la mezz’ora successiva mentre Ron snocciolava complimenti ogni due secondi, poi il buco del ritratto si aprì per lasciare entrare Harry; la sua mano sanguinava tanto che la sciarpa Grifondoro che aveva usato per fasciarla era pregna di sangue.
Hermione passò la pozione dall’intenso colore giallo in una ciotola e gliela consegnò.
 
*«Ecco, mettici dentro la mano, è una soluzione di tentacoli di Purvincoli filtrati in salamoia, dovrebbe farti bene».
Harry immerse la mano dolorante nella ciotola e provò una meravigliosa sensazione di sollievo.
«Grazie» disse, mentre Ron incrociava le braccia al petto.
«Io sono sempre convinto che dovresti protestare».
«No» replicò Harry in tono piatto.
«La McGranitt diventerebbe matta se sapesse...» continuò lui, ma Harry lo interruppe.
«Sì, probabilmente sì. Ma quanto pensi che ci metterebbe la Umbridge a far passare un altro decreto per cui chiunque critichi l'Inquisitore Supremo viene licenziato all'istante?»
Ron aprì la bocca per ribattere ma non emise alcun suono, e dopo un momento la richiuse, sconfitto.
«È una donna tremenda» disse Hermione con voce flebile. «Tremenda. Sai, stavo dicendo a Ron quando sei arrivato... dobbiamo fare qualcosa» cominciò, con tono titubante.
Ora iniziava la parte difficile, chissà perché la speranza che Harry aderisse senza far storie si affievoliva di secondo in secondo. Con Sirius sembrava tutto perfetto, ma Ron aveva già mostrato le sue prime rimostranze e Harry aveva già un sacco di problemi senza doversene aggiungere altri... ultimamente era un po’ difficile sintonizzarsi sulla sua lunghezza d’onda.
«Io ho suggerito il veleno» borbottò cupo Ron.
«Ovviamente intendo fare qualcosa per il fatto che è una pessima insegnante e che da lei non impareremo nulla sulla Difesa» continuò Hermione, mentre prendeva coraggio.
«È troppo tardi, no? Il posto ce l'ha e nessuno glielo toglie. Garantisce Caramell» fece Ron.
Hermione lo guardò male, realizzando in quell’istante che da quella parte non avrebbe mai avuto l’appoggio che le serviva, e cominciò più cautamente.
«Ci stavo pensando oggi... Pensavo che forse sarebbe ora che... che cominciamo a fare da soli».
«Fare da soli cosa?» chiese Harry in tono sospettoso, la mano ancora immersa nella soluzione di tentacoli di Purvincoli.
«Sai... imparare da soli la Difesa contro le Arti Oscure» rispose Hermione, lanciandosi.
«Scordatelo» gemette Ron. «Vuoi darci altro lavoro? Ti rendi conto che Harry e io siamo di nuovo indietro con i compiti ed è solo la seconda settimana?»
«Ma questo è molto più importante dei compiti!» Esclamò lei, facendo sgranare gli occhi a entrambi.
In realtà la frase sorprese pure se stessa, ma si rese conto che lo credeva davvero.
«Non pensavo che nell'universo ci fosse qualcosa di più importante dei compiti!» La prese in giro Ron e Hermione sbuffò «Non fare lo scemo… La questione è prepararci, come ha detto Harry nella prima lezione della Umbridge, per quello che ci aspetta là fuori. Essere sicuri di saperci difendere. Se non impariamo nulla per un anno intero...»
«Non possiamo fare molto, da soli» disse Ron, scoraggiato. «Voglio dire, sì, possiamo andare in biblioteca a cercare gli anatemi ed esercitarci, immagino...»
«Sono d'accordo, abbiamo superato lo stadio in cui possiamo imparare solo dai libri» convenne Hermione. «Abbiamo bisogno di un insegnante, uno vero, che ci mostri come usare gli incantesimi e ci corregga se sbagliamo».
«Se stai parlando di Lupin-» cominciò Harry, ma lei lo interruppe.
«No, non sto parlando di Lupin. È troppo occupato con l'Ordine e comunque possiamo vederlo al massimo nei finesettimana a Hogsmeade, e non è abbastanza».
«Allora chi?» disse Harry, aggrottando la fronte.
Hermione emise un profondo sospiro, per poi dire «Non è chiaro? Sto parlando di te, Harry».
Ci fu un momento di silenzio, silenzio in cui Hermione notò Ron che fissava lei ed evitava opportunamente di girarsi verso Harry. Forse stava convincendo almeno lui.
«Me in che senso?» chiese alla fine lui e Hermione rispose, con molta calma «Sto parlando di te che ci insegni Difesa contro le Arti Oscure».
Harry  la fissò, poi si voltò verso Ron in ceca di sostegno; notò con sdegno che lui sembrava rifletterci seriamente: rimase un lungo attimo in silenzio, poi annuì «È un’idea!»
«Cosa è un'idea?» chiese Harry, che non capiva.
Tutta quella idea di lui come insegnante gli sembrava ridicola e faticava a credere arrivasse dalla razionale Hermione. Il fatto che Ron si stesse convincendo, poi, rasentava l’assurdo.
«Tu che ci insegni come si fa» replicò, questa volta sicuro, Ron. 
Harry sorrise, convinto che lo stessero prendendo in giro «Ma io non sono un insegnante, non posso...»
«Harry, tu sei il migliore del nostro anno in Difesa contro le Arti Oscure» lo interruppe Hermione, ma lui scosse la testa «Ma no, tu mi hai superato in tutti i test...»
«Veramente no» disse. «Tu mi hai battuto al terzo anno, l'unico in cui abbiamo fatto l'esame con un professore competente. Ma io non sto parlando di voti, Harry. Pensa a quel che hai fatto!»
«In che senso?»
«Sai, non sono sicuro di volere un insegnante così scemo» disse Ron a Hermione, con un sorrisetto.
Si rivolse a Harry. «Vediamo» cominciò, imitando Goyle che si concentrava. «Uh...primo anno: hai salvato la Pietra Filosofale dalle mani di Tu-Sai-Chi».
«Ma quella è stata fortuna, non bravura...» si giustificò Harry.
«Il secondo anno» lo interruppe Ron «Hai ucciso il Basilisco e distrutto Riddle».
«Sì, ma se non fosse arrivata Fanny-»
«Il terzo anno hai battuto un centinaio di Dissennatori in un colpo solo» proseguì Ron, a voce alta.
«Lo sai che è stato un caso, se la Giratempo non avesse-»
«L'anno scorso» continuò Ron, interrompendolo di nuovo. «Hai battuto Tu-Sai-Chi un'altra volta...»
«Ascoltatemi bene!» Esclamò Harry, quasi arrabbiato. «Ascoltatemi, d'accordo? A dirlo così sembra grandioso, ma è stata tutta fortuna... Io non ho mai saputo che cosa stavo facendo, non ho mai avuto un piano, ho solo fatto quello che mi passava per la testa e quasi sempre sono stato aiutato...»
Ron e Hermione sorridevano ancora e Harry si infuriò «Non fate quella faccia come se la sapeste più lunga di me. Io c'ero, capito? Io so che cosa è successo, va bene? E me la sono cavata non perché ero bravo in Difesa contro leArti Oscure, me la sono cavata perché... perché mi è arrivato un aiuto al momento giusto o perché ho indovinato... ma sono andato alla cieca, non avevo la minima idea di quello che facevo... Piantatela di ridere!» Urlò poi, scattando in piedi.
La ciotola di essenza di Purvincolo cadde a terra e si ruppe, mentre Ron e Hermione tornavano seri. Evitarono accuratamente di guardarsi, ma erano entrambi perplessi.
«Voi non sapete che cosa vuol dire! Voi... nessuno di voi... ha mai dovuto affrontare niente del genere! Pensate che basti imparare a memoria un paio di incantesimi e buttarglieli addosso, come si fa in classe? Invece non c'è nulla fra te e la tua morte tranne il... il cervello o il fegato o quello che è. Come fai a ragionare quando sai che tra un nanosecondo sarai assassinato, o torturato, o vedrai morire i tuoi amici? Non ce l'hanno mai insegnato, in classe, ad affrontare una cosa come questa... e voi due ve ne state lì come se io fossi ancora vivo perché sono in gamba, mentre Diggory è stato uno stupido e ha sbagliato tutto... non lo capite? Poteva capitare a me, se Voldemort non avesse avuto bisogno di me».
«Non stavamo dicendo niente del genere, Harry» ribatté Ron, sbalordito. «Non diremmo mai niente su Diggory. Hai frainteso...» disarmato, Ron guardò Hermione in cerca di aiuto ma lei aveva l’aria ferita. Come poteva anche solo per un istante credere che pensassero tutto quello?*
 
«Harry, non capisci? È per questo che abbiamo bisogno di te... dobbiamo sapere che cosa vuol dire davvero affrontarlo, affrontare Voldemort» terminò, pronunciando quel nome per la prima volta di fronte a loro. Harry si calmò, visibilmente stupito, mentre Ron tossì forte.
Harry si buttò sulla poltrona ma non parlò, così il silenzio si protrasse lento per un lungo momento.
«Allora…» fece Hermione, per spezzare quel pesante istante. «Allora pensaci, ok? Beh, io vado a letto… buonanotte!» Fece, per poi scappare al piano di sopra.
Doveva ammettere che era delusa dalla reazione di Harry, non riusciva a capire perché avesse reagito in modo così violento. Era chiaro che quello che era successo con Cedric l’avesse segnato, ma nessuno di loro intendeva infangarne la memoria alludendo al fatto che non fosse capace o qualcosa del genere. Entrò timidamente in dormitorio pensando stessero tutte dormendo, ma l’occhiata frettolosa che Lavanda e Calì le rivolsero le fecero capire che o stavano parlando di lei o avevano sentito Harry urlare. Ignorandole come sempre, Hermione si avviò al suo letto e Brienne saltò subito sul suo letto.
«Abbiamo sentito Harry urlare…» le sussurrò. «Tutto bene?»
Hermione annuì con aria stanca «Sì, ma ve ne parlerò domani…»
«Okay, oh ti è arrivata una lettera comunque. Corrispondenza intensa, eh?» Alluse, porgendogliela.
«Com’è arrivata?»
Brienne sorrise con fare significativo «Sempre con quel bel gufetto, penso che Grattastinchi volesse mangiarlselo…» fece, indicando la palla di piume rossa che Sirius stava utilizzando.
«Ma no che non voleva, ci stava giocando! Sembrano conoscersi…» aggiunse Aveline e Hermione sorrise, scrollando la testa.
Probabilmente Grattastinchi riusciva a riconoscere sia il profumo di Sirius che quello della sua controparte Animagus perché si era abituato a entrambi durante il loro terzo anno. Hermione si riscosse e si affrettò a cambiare espressione ma le ragazze, che la stavano osservando da almeno cinque minuti, ridacchiarono.
«Ahia, qui gatta ci cova…» cominciò Brienne, arrampicandosi sul suo letto.                                          
Aveline annuì «Ci dovrai raccontare a chi appartiene il misterioso gufo, prima o poi».
Purtroppo anche le altre due pettegole sentirono e si lanciarono un’occhiata che prometteva gossip, ma Hermione non se ne curò. Si cambiò, andò a dare del cibo al gufetto, accarezzandolo con aria intenerita, e s’infilò nel suo letto.
«Fatevi gli affaracci vostri» sbottò ma senza reale rabbia, mentre le altre ridevano.
Alla fine poteva dire di essersi fatta delle amiche, impiccione e allusive ma pur sempre delle amiche.
«Guarda come se lo coccola quel gufo…»
«Bri, datti fuoco» le venne da dire, rendendosi conto solo successivamente di aver parlato a sproposito: l’aveva appena chiamata con un nomignolo idiota e le aveva detto di darsi fuoco? Forse la vicinanza con Sirius Black stava già dando i suoi frutti.
Aveline cominciò a ridere quasi da strozzarsi e Brienne incassò con estremo aplomb.
«Beh, Mione, lo farò domani all’aerto. Non vorrei mai dare fuoco alla tue lettere» cinguettò.
Hermione inorridì «Mione?»
«Preferisci forse Herm?» Continuò Brienne, ghignando.
«Non chiamarmi proprio, guarda» borbottò, sistemandosi meglio nelle lenzuola.
«Potrei chiamarti “Ms. Gufo Rosso”» propose ancora, prendendosi una cuscinata da Aveline.
«Grazie, Aveline» fece Hermione, ridendo.
«Non c’è di che, a me puoi chiamarmi come vuoi comunque» le disse, gentile come al solito.
Brienne roteò lo sguardo in cielo «Guardala come sviolina…» sussurrò.
Hermione rise «Siete assurde, buonanotte».
«Buonanotte!» Risposero in coro.
Hermione aspettò che tirassero le tende a baldacchino per dedicarsi alla lettera di Sirius.
Ancora una volta era firmata col nome di Krum e si chiese quanto tempo sarebbe passato prima che qualcuno cominciasse a fare domande. Hermione sorrise nello scorgere la sua scrittura elegante, si accoccolò su di un lato e cominciò a leggere.
La lettera era... strana. Hermione si bloccò più volte, prima di capire che c'era un trucco sotto.
«Cosa hai combinato Sirius?» Sussurrò, mentre rileggeva.
Il corpo della lettera si presentava come la classica chiacchierata su scuola e famiglia tra due adolescenti, ma Hermione aveva notato che la punteggiatura era diversa, sbagliata.
Sentendo la solita eccitazione che la prendeva quando aveva un problema da risolvere, Hermione cominciò a pensare furiosamente a cosa poteva essere.
Non è possibile, pensò riguardando il testo della lettera.
Hermione contò tutti i punti e si tuffò sotto al letto, cercando di non fare rumore; spostò l'asse e rivelò una piccola raccolta di libri: erano i libri di Sirius, quelli pericolosi – a detta di Ron – che nessuno avrebbe voluto che leggesse. Dopo le ultime discussioni aveva pensato fosse saggio nasconderli.
Comunque s’inginocchiò, frugò per bene e trovò quello che cercava: "La vera storia di Edgar Pollon", un libro affascinante che aveva preso a Grimmauld Place una delle ultime sere. Raccontava la storia di un ingegnoso Babbano, il quale aveva trovato un modo a dir poco geniale per comunicare con la sua ragazza, strega, ai tempi in cui alle due comunità era proibito comunicare.
Hermione tornò a letto e scorse velocemente le pagine, prima di trovare il capitolo che le interessava.
«Aha!» Sussurrò con grande soddisfazione. Tornò alla lettera e ricontò. «Sirius sei un genio».
 
Cara Hermione..
Finalmente ho un po' di tempo per scriverti - Volevo raccontarti del weekend che ho trascorso con il mio amico. Ti ricordi - quello che era venuto a trovarmi. Così, improvvisamente e di cui ti avevo parlato - ?
Bene, siamo andati al bosco.... scelta un po' bizzarra visto la nebbia.... così fitta che non si riusciva a vedere praticamente nulla a pochi metri di distanza. Però ci piaceva l'atmosfera - e volevamo vedere se riuscivamo ad arrivare al lago. Dovresti vederlo.. è un lago talmente gelido che potresti congelarti le dita dei piedi dopo pochissimi secondi, senza neanche avere il tempo di fare una nuotatina...
Però è bellissimo - circondato da imponenti conifere sempre verdi.
Siamo arrivati dopo un'ora di cammino e ci abbiamo trovato la neve. Un paesaggio magnifico - avrei voluto fare una foto e spedirtela! Il lago era ovviamente ghiacciato, ma siamo riusciti comunque a godercelo, pattinando..
Va beh.. veramente il mio amico un po' meno, perché lui non sa pattinare - ho dovuto insegnargli come si fa - e poi ci siamo lanciati! Sapessi che volo ha fatto - io naturalmente ho cominciato a ridere come un pazzo e lui si è offeso...
Alla fine... dopo varie prove, è riuscito a diventare più fluido e alla fine mi ha pure ringraziato. Dopo la pattinata siamo andati dall'altra parte del bosco e siamo finiti in una città che non avevo mai visto...
Si chiama Dunavtsi e in pratica non c'è quasi niente, però abbiamo trovato cose buone da mangiare.. comunque poi abbiamo incontrato dei nostri amici e siamo andati a bere qualcosa - Tu cosa mi racconti, invece?
Come va lo studio? Poi volevo anche chiederti....... cosa fai durante le vacanze di natale?E se ci vedessimo?
Non so se riesci a venire in Bulgaria..  magari posso venire io - in Inghilterra.
Devo solo capire se sono impegnato con il Quidditch - anche perché non ho mai un attimo di pausa -.
Fammi sapere le tue ultime,
Krum
 
Mettendo insieme tutti i punti e le linee di quella strana punteggiatura, Hermione era sicura che sarebbe risalita all'alfabeto Morse, perché lei e Sirius ne avevano parlato una sera a Grimmauld Place proprio mentre discutevano di Edgar Pollon. Lui e la sua ragazza, infatti, disseminavano le normali lettere di punteggiatura diversa, che sarebbe stata ignorata da chiunque non conoscesse quel linguaggio. Mettendo insieme lo scritto da Sirius, e combinando tutto in lettere comprensibili, si poteva leggere: 

.. | _. |  _._. | ....... | ._. | .. | ..._ | . | ._.. | .. | _ _ _ | ....... | ... | .._ | .. | _. | _._ |


Considerando che i sette puntini rappresentavano gli spazi tra le parole, si trattava di quattro parole. Hermione decrittò il testo fino a leggere: Inc Rivelio su Ink.  Cioè, Incantesimo Rivelio sull'inchiostro.
Prese la bacchetta e con lo stupore negli occhi mormorò l'incantesimo, picchiettando sull'inchiostro. Questo si sciolse a rivelare un'altra lettera, molto più lunga della precedente.
Hermione posò il libro sul comodino e scosse la testa, ammirata. S'infilò sotto le coperte, nascondendosi alla vista.
«Lumos» mormorò e cominciò a leggere.
 
Hermione,
Se stai leggendo queste parole vuol dire che sei riuscita a risolvere il mio (neanche troppo brillante, a dir la verità) rebus. Vorrei poter dire che tutta opera del mio sacco, ma ovviamente il buon Edgar mi ha dato una mano. Non ti ho mai detto di averne un'altra copia qui; proprio l'altra sera la stavo leggendo e mi è venuta l'ispirazione. Spero di non essere stato troppo superficiale a credere che nessuno possa capire lo stratagemma a parte noi: è della Umbridge che stiamo parlando, è pressoché impossibile che abbia letto quel libro. Tutta la bibliografia del buon Edgar fa ovviamente parte della lista nera stilata dal Ministero a causa delle sue… diciamo frequentazioni particolari.
E comunque so per certo (grazie a Kingsley e Tonks) che al Ministero non ci stanno neanche provando: Caramell, nella sua cecità, ha lasciato tutto ciò che riguarda Hogwarts in mano alla Umbridge. Un folle.
Spero che non vi stia maltrattando troppo, a proposito.
In fondo alla lettera ti scrivo la ricetta per l'inchiostro. Remus mi ha detto che è un equivalente magico del vostro "inchiostro simpatico", penso che potremmo usarlo per scriverci più liberamente. Che ne dici?
Harry come sta? Mi dispiace che non siamo ancora riusciti a chiarirci dopo il mio attacco di demenza nell'ultimo incontro, ma ho preferito non usare con lui questo metodo perché è più in vista di te e c'è più rischio che la copertura salti. Ti prego di nuovo di tenerlo sotto controllo (e tranquillizzarlo) anche per me, se puoi.
Sempre legandomi a questo, come sta andando il tuo piano? Gliene hai parlato? Fammi sapere cosa ti ha risposto... io sto cercando di far ricerche per aiutarti a trovare le soluzioni meno pericolose possibili.
Per quanto riguarda G.P., invece, Remus è ancora qui: è stato ferito in missione, non è grave ed è già pronto a ripartire, anche se Silente gli ha consigliato caldamente di starsene buono.
Io sto... bene. Frustrato, forse, innervosito da Silente, anche, ma tutto sommato sto bene. Il momento in cui potrò dirmi libero sembra sempre più lontano e ormai non ci spero neanche più.
Però in tutto questo volevo solo dirti che ti ringrazio. Se non ci fossi tu avrei fatto qualche follia molto prima.
Harry è il mio contatto col passato, la testimonianza vivente che Lily e James sono esistiti davvero e hanno dato vita a qualcosa di meraviglioso, ma tu... tu sei il mio legame col futuro. Non con me, non per forza, solo... mi dai speranza che ci sia la luce in fondo a questo tunnel. O forse è solo molto tardi e io sono molto stanco.
Tornando a qualcosa di più leggero, leggerezza che senza dubbio connota la mia splendida persona, avresti dovuto vedere Tonks quando ha visto Remus ferito: ha dato di matto e stava per ammazzarlo lei, solo per il colpo che le ha fatto prendere. Mia cugina ha un cuore di panna e quell'idiota ammuffito di un bibliotecario in pensione (senza offesa per la vostra... specie, insomma) non se ne rende neanche conto. Come dicevamo a G.P., certa gente non vuole essere felice.
Ora sta ronfando accanto a me con "Ragione e Sentimento" di una certa Jane Austen sulla faccia. Ci scommetto che è un altro dei vostri mattoni Babbani. L'hai letto? Lo consigli a un personaggio come me?
Perché se la risposta è affermativa glielo rubo prima che si risvegli di nuovo.
Ah, tutto il trambusto derivato dal suo arrivo ha avuto come conseguenza che ho dovuto affrontare nientedimeno la mia mitica cugina, quella vera, Andromeda Black. Ti avevo raccontato di lei, ricordi? È stata debellata dal ritratto perché ha sposato il Babbano Ted Tonks. Ieri l'ho rivista e non è cambiata di una virgola: è identica a Bellatrix, ma pazza in un modo tutto suo: serafica, elegante, gelida, potrebbe strangolarti senza fare un fiato. Ti piacerebbe.
Sembra uno di quei personaggi vittoriani dalla storia tutta scritta addosso, tra le rughe di espressione e gli abiti d'epoca. Lo squilibrio che lei e Ted creano quando sono nella stessa stanza (lui è maldestro, impacciato, bonario) ti divertirebbe senza dubbio. Forse ci scriveresti persino qualcosa. Io lo leggerei di sicuro.
Ora sto parlando un po' a vanvera perché avrei voglia di averti qui a farmi da scudo contro la notte: è il momento in cui dovrei dormire ma non ci riesco mai. Non dormo davvero da almeno quindici anni, la mente si è abituata a non lasciarsi andare e il corpo a non rilassarsi. E anche quando voglio parlarti con leggerezza non ci riesco, spero sempre che questo peso si sciolga – attraverso di me, le mie dita, la penna – sulla carta, insieme alle parole. Forse è l'onnipresente Azkaban con il suo buio spettrale, o forse sono i Dissenatori perenni della mia anima, forse è la guerra o Voldemort. Forse sono solo io. Il mio spirito che si dissolve sotto i tuoi occhi, ogni volta che leggi di me.
Temo che questa cosa non cambierà mai, sono solo troppo inadeguato per questo mondo.
Ma tu capirai lo stesso, ci scommetto. Buonanotte, Hermione.


Tuo,
Sirius
 
Hermione non ebbe neanche il tempo – forse per la prima volta in vita sua – di riflettere sulle parole o sul tono o su tutto quanto, perché cominciò a piangere. Così senza motivo.
Non era esattamente felicità, non era veramente tristezza. Era più una combinazione delle due cose.
Si sentì vicina a Sirius come non mai, quasi avvertiva di poterlo toccare sul divano di Grimmauld Place. Nessuno le aveva mai scritto qualcosa di così malinconico e poetico e triste e dolce allo stesso modo; avrebbe potuto sembrare in contrasto col Sirius che conosceva, ma lei sapeva che in fondo quello era Sirius, lo intuiva con ogni fibra del suo essere e si sentì grata che glielo mostrasse.
Si addormentò, esausta, con la lettera tra le mani.
Continuò a consumare la lettera nei giorni successivi, quando restava l’unico modo per poterlo sentire.
Per tutta la settimana successiva Sirius non la contattò, anche se Hermione gli aveva rinviato la risposta solo due giorni dopo quando aveva già imparato a padroneggiare l’inchiostro.
Inviò pure una lettera casuale a Tonks, giusto per mostrarle vicinanza senza farle capire che parlava con Sirius, ma era sicura che l'avrebbe letta solo dopo tutti i ferrei controlli del Ministero.
L’argomento su Sirius ritornò il sabato mattina, quando proprio il gufo di Ron arrivò planando sulla porzione di tavolo dove stavano mangiando. Leo allungò la zampa, dopodiché affondò il becco nella ciotola piena d’acqua che gli aveva preparato, arruffando le penne.
Ron srotolò la pergamena e lesse, prendendo un’espressione strana «Quello che non capisco è cosa stiano facendo i miei» esordì, mentre gli altri due si giravano a guardarlo.
«In che senso?» Cominciò Harry e Ron scrollò le spalle «Mi scrivono frasi strane, ambigue…»
«Magari ti scrivono in codice, sai, per sicurezza» fece Hermione, dalla Gazzetta del Profeta che stava leggendo. Le notizie erano le solite costruzioni ad hoc pianificate dal Ministero per dimostrare come tutto andasse bene; ormai leggere il giornale le faceva venire l’ulcera.
Ron terminò di leggere poi sospirò, passando la lettera a Harry «Non lo so, sono perplesso…»
Harry terminò di bere il suo succo di zucca e prese la lettera «Ehi, ma parlano di Remus!»
Ron s’incupì «Sì, pare sia ferito… addirittura Silente è andato a vedere come sta…» commentò, abbassando la voce di colpo.
Non sapevano quanto fossero incriminanti quelle parole, ormai dovevano stare più attenti a tutto.
Hermione aspettò di avere un'espressione neutrale – ovviamente Sirius le aveva anticipato tutto –, poi chiuse il giornale e provò «Quindi chi si sta occupando di lui?»
Harry le lanciò un’occhiata «Beh, Sir-Tartufo, no? O pensi che non ne sia capace?» Grugnì, già piccato. Hermione roteò lo sguardo in cielo «Sta’ calmo, non ho detto niente del genere. Tartufo è perfettamente in grado di farlo. Mi chiedevo se ci fosse qualcun altro… magari i tuoi genitori?»
Ron scrollò la testa «Mio padre deve per forza andare a lavoro, non può assentarsi per evitare domande… Qui non c’è scritto, ma è chiaro che la situazione al Ministero è difficile».
«Già, ci scommetto! Magari controllano tutti quelli più vicini a Silente o una cosa del genere» sbottò acidamente Harry, lanciando un’occhiata alla Umbridge e alla sua espressione tronfia.
«E tua madre?» Chiese imperterrita Hermione.
«Credo che vada davvero poco a… insomma, là. Dopotutto alla Tana non c’è nessuno, anche Bill ha il suo bel da fare alla Gringott, a sentir parlare lui pare siano tutti impazziti…»
«Cosa?» Chiesero contemporaneamente Harry e Hermione.
«Beh, non so, dice che stanno andando tutti a prendere i loro soldi e a chiudere i conti per… andare via o scappare, credo».
Harry fischiò, ma Hermione era pensierosa «Quindi le persone che non credono al Ministero sono più di quelle che pensiamo…»
«Magari cercano di insabbiare tutto, no?» Chiese Harry, infilzando di malumore una salsiccia. «Chissà come sta Remus e se è grave...»
«Mamma me l’avrebbe detto se lo fosse stato» replicò Ron con buonsenso, ma Harry in realtà stava pensando a Sirius: quanto doveva essere pesante per lui non solo vivere segregato, ma anche occuparsi degli altri quando tornavano feriti senza poter fare altro? Per una persona reattiva come lui essere così passivo doveva essere terrificante.
«Povero Tartufo…» mormorò, come a conclusione del suo ragionamento mentale.
Hermione lo fissò con una strana espressione «Ti stai sentendo in colpa per l’altra volta, vero? Quando gli hai detto di no per incontrarlo…» fece, intuitiva come al solito.
Harry sbuffò ma non rispose, così lei continuò «Guarda che hai fatto benissimo! Una cosa sono le lettere o la Metropolvere, una cosa venire di persona vicino al Castello… e dove c’è la Umbridge, per giunta. Sarebbe pericoloso!»
«Lo so, lo so… solo che a volte mi chiedo se…» cominciò, per poi fermarsi di botto.
Ron si accigliò «Se? Guarda che puoi parlarne con noi».
«Beh, se avesse ragione. Forse sono davvero così arrendevole come ha insinuato lui… insomma, guarda cosa sta combinando la Umbridge!»
Ron e Hermione si lanciarono una singola occhiata perplessa.
«A parte che non è vero che sei così e c’è una lunga lista di punizioni a supporto, fai quello che ti dice Silente come tutti, il che è giusto» fece Hermione.
«Sì, Silente… seguo gli ordini di qualcuno che mi ignora costantemente…» masticò lui e Hermione non poté fare a meno di ripensare a Sirius, a quanto sembrassero uguali in quel momento.
«Insomma, piantala. Silente è l’unica persona che sembra sapere quel che fa, davvero» s’inserì Ron.
«E poi anche Sir-Tartufo segue i suoi ordini, anche se li contesta» precisò Hermione. «Harry, Silente ha già troppo nemici così, non possiamo permetterci di avere dubbi a nostra volta…»
Harry sbuffò, pensando che non voleva dare l’aria di un moccioso petulante.
«Ok, lo so. So anche che ha mille cose da fare e non può pensare a me ventiquattro ore su ventiquattro, però… non so, voi non pensate che dovrei fare qualcosa di più?»
Ron sgranò lo sguardo «Di più di quel che hai fatto fino ad ora
Hermione preferì evitare di dirgli che era proprio quello di cui parlava quando gli aveva proposto le lezioni illegali di Difesa e preferì non ricordargli tutte le scuse che aveva usato allora, così da evitare la lite sul nascere. Però la sua espressione si fece talmente oltraggiata che Harry capì lo stesso.
«Hermione…»
«Io non sto dicendo niente» commentò subito lei. «Però penso che potresti essere un po’ più coerente».
Harry non disse nulla, ma continuò a pensarci: come poteva dirle che la cosa a cui non riusciva a smettere di pensare era l’idea di non essere coraggioso come suo padre, come Sirius aveva sottinteso?
Tutto il resto del week-end passò piuttosto pigramente, tra sortite veloci nel parco quando il tempo migliorava e intenso studio sepolti nelle sale comuni. La domenica sera assistettero a uno dei soliti spettacoli dei gemelli, che ormai sfornavano prodotti alla velocità in cui la Umbridge affiggeva cartelli, e anche a un vero e proprio tentativo di omicidio ad opera di Brienne.
«George Weasley, io ti ammazzerò» proclamò, mentre sventolava in aria braccia senza mani.
Mani diventate invisibili appena le aveva, scioccamente, infilate in un paio di guanti dall’aria ambigua.
«Dai, ritorneranno entro mezz’ora!» Replicò il gemello, col sorriso appassito.
In realtà non ne era sicuro, visto che era la prima volta che testavano i Guanti Houdini. Tuttavia non potevano continuare a provare i prodotti solo su loro stessi e, per colpa di Hermione, non potevano nemmeno provarli su un numero alto di innocui studenti, quindi avevano deciso di scegliere una sola persona alla volta e tentare la sorte.
«Io ti ho chiesto solo se avevi bisogno di aiuto non di farmi sparire una parte del corpo, razza di-»
«Ok, che succede?» S’inserì Hermione pigramente, sprofondata in poltrona in un angolo della sala.
Non si era neanche data la pena di chiudere il libro tanto era usuale quel tipo di scena.
«Quest’idiota» cominciò Brienne alzando un braccio, alla fine del quale supponeva ci fosse una mano che indicava George. «Mi ha fatto sparire le mani! Come dovrei studiare adesso?»
«Beh, sono solo invisibili mica ti sono cadute» replicò ragionevolmente il gemello, prendendosi un’occhiata di fuoco.
«Ottima notizia, almeno potrò strangolarti!»
Hermione sospirò «Un altro prodotto dei vostri? Io non ce la faccio più, non so davvero… dieci punti in meno, prodotto requisito e fatele tornare le mani, accidenti a voi» fece, col tono di chi recitava un copione a memoria.
Neanche George se la prese più di tanto e lanciò i guanti a Hermione con uno sbuffo «Tanto lo sai che ne abbiamo altri…»
«Beh, per ora non ne ho visti in giro, per cui… le mani a Brienne…»
George inarcò un sopracciglio «Non posso. Dobbiamo aspettare la fine dell’effetto».
Hermione fece un sorriso che ricordava più un ghigno «Siete così geniali, trovate la soluzione. O così o chiamo la McGranitt seduta stante».
George la fissò come per decidere se fosse seria, poi pensò non fosse il caso di stuzzicarla più del dovuto; sbuffò di nuovo, afferrò il fratello al volo e se ne andarono confabulando qualcosa.
«Torniamo subito» fecero.
Brienne roteò gli occhi e si lasciò cadere sul divano accanto a Ron «Non lo faranno, vero?»
Ron, che in tutto quello non aveva neanche alzato la testa dagli innumerevoli fogli di pergamena che aveva davanti, rispose «Probabilmente no».
«Bene» grugnì lei, guardandosi attorno speranzosa. «Harry, che ne dici se scrivi il compito di Piton per me che non vedo le mie mani?» Provò a dire, mentre l’altro inarcava un sopracciglio.
«Ti sembro poco impegnato, per caso?» Ironizzò, indicando il mucchio di libri alla sua destra. Ovviamente lui e Ron continuavano a essere in estremo ritardo sulla tabella di marcia.
Hermione non disse nulla, ma Brienne era abbastanza intelligente da sapere che non doveva neanche osare chiederglielo o sarebbe stata picchiata con l’enorme tomo che aveva sulle gambe.
«Cosa stai leggendo, “Storia di Hogwarts parte mille”?» Le chiese, invece.
Ron accanto a lei sbuffò «Ti prego, non nominare quel libro o non la finisce più!»
Hermione lo guardò male «Sei un idiota… è un libro sulla magia del sangue. L’ho preso in biblioteca».
«I tuoi interessi sono sempre più inquietanti» cominciò Ron e, per fortuna, arrivarono Ginny e Aveline a distrarli perché Hermione sembrava pronta alla battaglia.
«Dove sono finite le tue mani?» Chiese Aveline, senza neanche un “ciao” preliminare.
«I Weasley» rimbrottò solo Brienne, mentre Aveline annuiva.
«Ah, certo» liquidò come se fosse normale, poi si girò verso Hermione. «Ho notato una cosa: la prossima settimana è il tuo compleanno!» Esclamò.
Tutti si girarono a fissare Hermione.
«Ehm, già» borbottò lei a disagio.
Non avevano mai festeggiato il suo compleanno perché era sempre uno dei primi e, beh, se lo dimenticavano tutti.
«Non abbiamo mai festeggiato» fece infatti Ron, senza particolare intonazione.
Aveline lo guardò quasi male e Brienne sbuffò, come al solito dando voce ai pensieri peggiori.
«Perché voi siete uomini», calcò come se fosse la peggiore delle offese. «Quest’anno però si festeggia!» Esclamò lanciando i pugni invisibili in aria.
Aveline sorrise e annuì, sedendosi accanto a Harry con l’aria di chi avesse già deciso tutto.
Hermione lanciò uno sguardo preoccupato intorno a sé «Ma, veramente…» cominciò con un balbettio.
Harry sorrise «Hanno ragione, siamo stati dei cretini a non festeggiare prima, ma rimedieremo…»
Vide Ginny avvicinarsi e le fece «Ehi, Ginny, organizziamo una festa per il compleanno di Hermione?!»
Hermione osservò il ghigno dell’amica con sommo orrore. Oh no.
Ginny si sedette tra loro e lanciò un’occhiata divertita alla sua espressione terrorizzata.
«Ok, parlerò con Fred e George» sentenziò. Oh no.
Hermione nascose il sorriso dietro uno sbuffo, pensando che sarebbe stata una lunga settimana.
 

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Capitolo 15
*** Buon compleanno ***


Buon compleanno
 
Un’altra settimana volò alla velocità della luce e la mattina del 19 settembre Hermione aprì timorosamente un occhio sul mondo con la mezza idea di restarsene a letto. Dalla scorsa domenica non si era più accennato al suo compleanno e quasi sperò che tutti l’avessero dimenticato come al solito.
«Auguri!» Esclamò invece una voce trapanante, che raggiunse anche i recessi più reconditi del suo cervello. Brienne saltò sul suo letto in un tripudio di carta colorata. «Qui ci sono i tuoi regali!»
Hermione sbadigliò, si passò una mano nei capelli cespugliosi e sbuffò «È sabato…»
Ma l’altra continuava a sorridere, imperterrita «Lo so!»
«E non ho nulla da studiare. Potrei dormire almeno altre due ore» continuò, lanciando un’occhiata alla sua sveglia magica che segnava le sette e mezza.
«Ma è il tuo compleanno!» Esclamò ancora Brienne, alzando le braccia al cielo.
Hermione grugnì, come a dire che non era una scusa abbastanza forte da reggere, poi osservò meglio il suo nuovo pigiama «Se non vuoi che commenti il tuo pigiama giallo con tanto di mucca al pascolo ti conviene lasciarmi in pace» minacciò mentre qualcuno, probabilmente Aveline, rideva poco lontano.
«Sai… le madri. Se non lo infilavo in baule non mi avrebbe mai fatto partire…» Sbuffò. «Andiamo, alzati! Ci sono mille pacchi da aprire e un sacco di lettere da leggere…»
Hermione, che intanto si era accucciata sotto le coperte, si scoprì e si guardò meglio attorno «Lettere?»
Brienne ghignò con aria furba «Ah, lo sapevo che avresti ceduto all’idea di aver ricevuto qualche lettera…» Aveline entrò nel campo visivo di Hermione con uno sbuffo e uno spazzolino tra i denti.
«Ma ‘a ‘asci in pace?» Borbottò, spruzzando dentifricio in giro.
Al contrario dell’amica indossava una sobria sottoveste rosa, ma la crocchia ai capelli avrebbe potuto competere col cespuglio di Hermione.
«Una con quei capelli dovrebbe evitare di parlare» frecciò infatti Brienne.
Aveline inarcò un sopracciglio «Vogliamo parlare dei tuoi? C’hai un petardo in testa?» Ironizzò, mentre Brienne si passava una mano nei corti capelli sparati in tutte le direzioni.
«Accidenti, ci metterò di nuovo due ore a sistemarli…» borbottò, poi tornò a Hermione. «Fine primo round, sistemo il problema e torno!» Esclamò, scappando in bagno.
«Ma lo stavo usando io!»
Battibeccando, le due si spostarono verso il bagno mentre Hermione si alzava a sedere e constatava con meraviglia che Brienne non aveva esagerato: c’erano davvero un sacco di pacchetti colorati, più tre o quattro lettere di auguri. Qualcosa le diceva che era merito di Harry e Ron.
Ormai del tutto sveglia e decisamente più allegra, si rivolse prima di tutto alle lettere: le prime due erano da parte dei Signori Weasley e di Remus; il fatto che le avesse scritto la stupì, ma poi notò anche che non c’era traccia del nome di Sirius, anche se i due dovevano essere ancora insieme a Grimmauld Place.
Con un sospiro un po’ triste, Hermione si rivolse alla lettera successiva e le si illuminarono gli occhi quando vide il nome di Tonks:
 
Cara Hermione,
tanti auguri! Molly mi ha accennato al fatto che fosse il tuo compleanno, spero di non aver sbagliato data. Volevo inviarti un regalo particolare, ma non sono riuscita a escogitare un modo per farlo entrare a Hogwarts senza destare sospetti, così ho ripiegato su qualcosa di più semplice. Spero ti piaccia comunque!
Volevo ringraziarti per la lettera, sei stata davvero molto gentile a inviarmela. Qui va tutto abbastanza bene, sai... alcuni amici mancano fin troppo, spesso è difficile persino respirare.
E come va invece a Hogwarts? L’anno dei G.U.F.O. è duro, ma posso assicurarti che passerà velocemente!
Volevo anche dirti che la mia offerta di quest’estate è ancora valida: quando vorrai parlare, io ci sono. Intanto goditi questi fantastici momenti al Castello, sonno impagabili
Ancora tanti auguri,
con affetto,
Tonks
 
Hermione sorrise e prese il pacchettino di Tonks: era incartato un po’ alla rinfusa e ricordò che un giorno la Signora Weasley aveva sottolineato come non fosse brava con gli incantesimi casalinghi, ma a lei Tonks piaceva così com’era. 
Il regalo si rivelò essere un braccialetto semplice ma di effetto: una sola catenina d’argento intervallata da minuscoli ovali. Un altro bigliettino scivolò via dal pacchetto, la solita scrittura caotica di Tonks recitava: “Questo è un bracciale su cui è stato imposto l’Emotorum Revelio, l’incantesimo per rivelare le emozioni. Se funziona bene, dovrebbe rivelare le forti emozioni delle persone attorno a te attraverso vari colori. Le sfere dovrebbero cambiare leggermente colore, ma non so a quali emozioni corrisponde ogni colore. Ti toccherà scoprirlo da sola, sempre che funzioni (e se non funziona dimmelo che uccido quello che me lo ha venduto)”.  
Hermione osservò da vicino il bracciale, indecisa se indossarlo o meno: non le piaceva granché l’idea di rendere visibili le emozioni degli altri senza il loro consenso.
«Ok, proviamo…» fece indossandolo.
Le sfere rimasero del proprio colore e alla luce del dormitorio riflettevano bagliori argentati. Dopotutto era un bel bracciale e a dirla tutta non era sicura che funzionasse davvero.
«Hermione, noi andiamo a fare colazione! Vieni con noi?»
«Non vorrai startene qui da sola ad aprire tutti i pacchi?» Sbottò Brienne, mentre si metteva la sciarpa.
Hermione sbuffò «Non mi avevi svegliato apposta?»
Brienne roteò lo sguardo, poi però si lanciò di nuovo sul suo letto «Ok, allora apri il nostro! Dai, dai!»
Hermione cercò nel mucchio e trovò un grosso pacco ingombrante.
«Ma è… è gigantesco, non dovevate!» Esclamò stupita, mentre e altre due sorridevano.
Hermione lo apri e si ritrovò ad accarezzare un morbidissimo tessuto di un colore davvero particolare. Alzò la testa a fissarle, sperando non significasse quello che pensava «E quindi?»
Brienne ghignò «Indovina».
«Io questa sera non lo metto» mugugnò Hermione.
Doveva ammettere che era davvero un bel vestito, anche se un po’ troppo audace per lei: lo scollo a V era sicuramente più profondo del solito e la lunghezza era di qualche centimetro sopra al ginocchio. La cosa che amava di più era il colore, a metà tra l’arancione chiaro e il giallo intenso.
«È color ocra…» cominciò Aveline.
«… o senape, non abbiamo ben capito».
«Immaginavo si intonasse con i tuoi occhi, avevo ragione!» Continuò ancora Aveline con un sorriso. Quella ragazza era così gentile che rendeva praticamente impossibile avercela con lei.
Hermione sorrise «Ok, mi arrendo. È molto bello, grazie…»
«Lo metterai stasera?»
«Vedremo…» concesse, ma non era ancora finita. Nel pacco c’erano anche un rossetto e un libro.
«Quello è fenomenale! Voglio dire, io non ci capisco nulla di rossetti ma quello cambia colore col clima! Se è bello diventa rosso ciliegia, se è brutto diventa più scuro, mentre se è sera diventa rosso intenso…»
«Oh wow… E questo invece?»
Brienne fece uno sbuffo «Quello è perché Aveline è noiosa…»
Hermione si girò verso la bionda, che rise «Quello era nel caso proprio odiassi gli altri due regali. Sono racconti su importanti streghe del passato…»
Hermione continuò a guardare i regali come se non credesse ai propri occhi.
«È tutto troppo... Non dovevate!»
Brienne e Aveline scrollarono la testa «Di niente. A noi basta che indossi quel vestito stasera!»
«Già… ora andiamo però che se no si spazzolano tutto. Se vuoi continuare a scartarli, ti conserviamo la colazione. Ci troverai nel parco al solito albero».
«Ok. Grazie ancora…»
Quando le ragazze uscirono, Hermione continuò a mantenere quello stupido sorriso. A parte Harry e Ron aveva sempre avuto pochissimi amici, a volte anche nessuno, e quel cambiamento così… naturale e causale le trasmetteva una confusione felice. Si girò a dedicarsi agli altri regali: c’era una lettera dei suoi genitori insieme al solito pacco di libri Babbani; i genitori di Ron le avevano inviato un maglioncino rosso fatto a mano con una singola striscia dorata nel centro e un pacco di dolcetti casalinghi. Persino Fred e George le avevano fatto un regalo, anche se non era sicura avrebbe mai assaggiato quelle caramelle salterine. Il pacco di Harry conteneva una stupendaa agenda in pelle, mentre quello di Ron un bel ciondolo.
«Hermione! Ci sei?»
«Sì, entra pure!»
Ginny entrò nel dormitorio col solito sorriso poco raccomandabile «Sei ancora qui?»
«Sto scartando i regali, non ne ho mai ricevuto così tanti! Comunque ho finito, posso anche vestirmi» fece, scendendo dal letto e andando al baule.
Ginny scosse la testa «Eh, no. Ne manca uno…» disse, allungandole una busta chiusa.
«Ma non ce n’era bisogno, vi siete tutti preoccupati troppo…» commentò mentre apriva, salvo poi rimanere sorpresa dal suo contenuto. «Questa è-»
«Lingerie, sì».
Hermione arrossì «Tu, Aveline e Brienne vi siete messe d’accordo?»
Ginny batté le palpebre «Perché, cosa ti hanno regalato?»
Hermione sbuffò indicandole il letto, dove il vestito faceva bella mostra di sé accanto al rossetto. Continuò a osservare il completino che le aveva regalato: era davvero bello con quelle rose e il merletto color champagne, ma cosa avrebbe dovuto farci? Insomma, lei non aveva un ragazzo e poi non si era mai davvero soffermata a pensare a- insomma.
La mente di Hermione vagò verso lidi che non credeva neanche di conoscere e prese fuoco.
Ginny la adocchiò e rise «Sono i sedici anni, Hermione. È tradizione che si regalino cose del genere» spiegò saputa, mentre prendeva il vestito. «È davvero bello! Scommetto che l’ha scelto Aveline».   
«Infatti… comunque non ho mai sentito di questa tradizione, scommetto che te la sei inventata. E tu che ne sai, comunque?» Chiese sospettosamente, poi al suo silenzio continuò. «Non mi dire che hai già…»
Ginny scosse la testa «No, no. Tra me e Michael c’è stato solo qualche bacio, non ci siamo mai spinti oltre… Però, come si dice, meglio essere pronte all’evenienza?» Scherzò, ma Hermione restava scettica. Ginny si sedette sul bordo del letto e continuò a osservare i regali «Ma che bella agenda, è di pelle?»
«Che occhio! È il regalo di Harry… Ah, le connessioni spirituali…» Alluse, mentre Ginny arrossiva.
La poteva raccontare a chiunque e poteva uscire con chi voleva, ma Hermione sapeva.
«Cosa hanno intenzione di fare gli altri?» Chiese, mentre indossava il maglioncino dei signori Weasley.
«Da quello che so vogliono stare al parco. Vestiti comoda, è meglio» replicò Ginny, un po' abbattuta.
I suoi sentimenti per Harry non erano un mistero, ma ormai la cotta si è era trasformata in qualcosa di molto più profondo, anche se ormai stava cercando di farsene una ragione. Hermione ovviamente era troppo intelligente per farsi depistare.
Hermione annuì, s’infilò i jeans e mise il completino nell’armadio in fondo, quasi come per nasconderlo. Il sesso era sempre stato un argomento scomodo per lei che per era piuttosto schiva, poi si circondava di Harry e Ron che tendenizlmente avevano la sensibilità di spugne di mare. Ma l’ultimo periodo era diventato terribile… la sola idea di pensare ai possibili utilizzi di quel completo mandavano il suo cervello verso persone che era meglio tenere fuori. Pensandoci arrossì di nuovo e quella volta Ginny se ne accorse.
«Ok, un penny per i tuoi pensieri!» Esclamò con un ghignetto.
«Ah no, scordatelo!» Quasi arrabbiata con lei.
Era un po’ come se il suo regalo l’avesse costretta ad aprire una finestra su un mondo che stava ignorando.
Cominciò a massaggiarsi i capelli con la Pozione Lisciante per dare un senso ai suoi capelli, ma continuò a guardarla in cagnesco «Prima o poi ti ucciderò, Ginevra Weasley».
Ginny si portò le mani sui fianchi «In quella posizione sei meno minacciosa di uno Snaso che dorme».
«Aspetta che ti arrivi un po’ di pozione in un occhio e vediamo» la sfidò Hermione con un sorrisino.
Ginny rise «Va bene, mi arrendo. Vado dagli altri, ma farai meglio a scendere che sono le otto e mezza!»
La porta si richiuse una seconda volta e Hermione sospirò una seconda volta. Sistemò con cura tutti i regali, suo malgrado si ritrovò ad accostare il completino al vestito per vedere l’effetto cromatico, poi si decise a scendere dandosi dell’idiota.
Quando arrivò in Sala Grande tutto il gruppetto Grifondoro la guardò come fosse stata una marziana scesa dalla navicella madre.
«Ehm, buongiorno» provò a dire, ma Ron le rifilò un’occhiata a dir poco mortale.
Hermione batté le palpebre e si girò verso Harry, il quale stava cercando con tutte le proprie forze di non scoppiare a ridere; le mimò un “auguri” e riprese a mangiare placido.
«Cosa suc-» cominciò lei, ma la nebbia si diradò brutalmente quando notò il solito gufetto fulvo di Sirius che zampettava felice tra le braccia di Aveline. Per i capelli di Morgana.
«È arrivato adesso» fece lei, rompendo il silenzio.
«Che bel gufetto!» Aggiunse la voce sognante di Luna Lovegood, che arrivò saltellando da Hermione. «Ciao, ho saputo che è il tuo compleanno. Tanti auguri, questo è per te».
«Oh, ehm, grazie Luna» balbettò, aprendo il pacco ma continuando a lanciare occhiate al gufo di Sirius. Il regalo si rivelò essere un bracciale fatto di corda, bottoni di varie dimensioni, colori, piume; una delle solite cose alla Luna, ma questa volta meno imbarazzante del solito.
Quel momento sembrò sbloccare la situazione, perché andarono utti a fargli gli auguri, ignorando il gusto misterioso e l’altrettant misterioso pacchetto corredato di lettera.
Tutti a parte Ron, che fissava l’animale come se dovesse implodere da un momento all’altro.
«E piantala» gli sussurrò Harry, dandogli una gomitata.
«Hm» grugnì Ron, continuando a fissarlo. «D chi è quel gufo? Lo conosciamo?»
«Magari gli chiediamo il nome, che dici?» Ironizzò Harry, mentre si alzava. Andò da Hermione e la abbracciò, sussurrandole «Stai attenta a Ron: morde oggi».
Hermione sospirò, roteando gli occhi al cielo «Grazie per l’agenda».
«Non c’è di che» replicò lui, tornando a sedersi.
Hermione si sedette accanto a lui, poi si allungò verso Ron seduto dalla parte opposta «Grazie per il ciondolo Ron, è davvero bello!» Fece lei, sfiorandolo: aveva deciso di metterlo proprio perché sapeva che a Ron avrebbe fatto piacere.
Lui infatti notò subito che ce l’aveva e arcuò gli angoli della bocca «Prego».
Sfortunatamente Brienne scelse proprio quell’istante per aprire l’argomento “gufo”.
Si sedette e adocchiò l’animale «Allora, non apri il pacco misterioso?» Fece, prendendosi una gomitata da Aveline, mentre Ron si rabbuiava di nuovo.
Hermione sospirò, ma dopotutto non poteva esimersi dall’aprirlo davanti a tutti e lo prese: era una piccola scatolina di velluto blu, talmente elegante che quasi credé fosse per la persona sbagliata. Il bigliettino all’esterno era un semplice cartoncino bianco con a centro un “Per Hermione”, scritto con la calligrafia corsiva ed elegante che ormai conosceva bene.
Il cuore cominciò a batterle e sperò di riuscire a celare quello che stava provando. Aprì il regalo di Sirius con mani tremanti e ne uscì un pendente d’argento finissimo, dal bizzarro riverbero dorato.
«Woah, ma quello è argento dei Goblin!» Sussurrò Ginny, quasi sconvolta.
Hermione si accigliò «E cosa avrebbe di diverso dagli altri?»
Aveline guardò il ciondolo con aria ammirata «I Goblin sono conosciuti per i loro complicati lavori, sono considerati i migliori maestri al mondo… il loro argento è pregiatissimo».
La lavorazione del ciondolo aveva proprio l'aria di essere complessa: era una foglia grande a cinque ramificazioni, ogni diramazione era sottile e finiva con una punta. La catenina era così sottile che sembrava di tenere in mano il nulla.
Era bellissima e non poteva credere che Sirius gliel’avesse regalata.
«Dev’essere costata un occhio della testa. L’agento dei Goblin è roba da ricchi veri» commentò Brienne e Hermione si rese conto che doveva essere vero.
Quello e il fatto che Ron continuasse a guardarla male le misero una certa ansia; avrebbe voluto aprirlo da sola e al riparo da occhi indiscreti. Si ricordò solo in quell'istante, sotto alle sue occhiate cirocspette. che Harry avrebbe potuto riconoscere la scrittura di Sirius.
Lo strinse, quasi maniacalmente, nel palmo della mano, nervosa: era arrabbiata con Sirius e la sua idea di mandargli il regalo con la posta del mattino perché sembrava quasi fatto apposta per impressionarla.
«Chi te la manda?» Chiese a un certo punto Luna e la domanda sembrò rompere un incantesimo.
Tutti gli occhi scattarono sulla lettera che era ancora abbandonata tra le braccia di Aveline.
Hermione si rese conto che avrebbe dovuto pensare prima alla lettera e poi al regalo, ma ormai era troppo tardi: si allungò di scatto per prenderla, ma quella finì in braccio a Ron, che lesse il nome con un cipiglio.
«Viktor Krum?» 
Hermione sospirò, ringraziando il cielo che Sirius avesse almeno continuato a usare il nome fittizio. Ron era troppo sconvolto per ricordarsi la calligrafia di Sirius e Harry era troppo impegnato a lanciargli occhiate preoccupate per leggere la lettera.
Le ragazze invece sembravano entusiaste. Tutte a parte Ginny, naturalmente.
«Ma… il giocatore di Quidditch Viktor Krum?» Chiese Brienne.
«Questo spiega la collana di argento Goblin, direi» rincarò Aveline con un sorriso di scuse.
«Siete degli impiccioni» borbottò Hermione, mentre Ginny fissava il gufo senza una parola.
«Non sapevamo ti sentissi ancora con lui» fece Harry, offeso, mentre adocchiava un avvilito Ron. 
Hermione scosse le spalle, più che altro perché non sapeva cosa dire, e tornò a sedersi tenendo la lettera e la scatolina in grembo «Beh, ognuno ha i suoi piccoli segreti…»
Fortunatamente dopo qualche altro secondo l’argomento virò verso i piani del pomeriggio e la festa di quella sera. Hermione si rese conto che Ginny evitava di guardarla e Ron continuava a girarsi verso di lei, ma la sua testa era totalmente assorbita dal regalo. Aveva osato sognare l’idea che Sirius se ne ricordasse e le mandasse una lettera, ma non avrebbe mai immaginato potesse donarle una cosa del genere.
Sembrava serio, sembrava... sembrava un impegno.
Quando finirono di fare colazione non poté andarsene di sopra a leggere la lettera in pace, perché si decise di andare al parco insieme. Poiché non le andava di dare l’impressione di essere impaziente all'idea di aprire il regalo “di Viktor”, si ritrovò a seguirli verso il parco con aria scocciata. Alla fine riuscì ad apartarsi fingendo di leggere il libro di Aveline, mentre si rigirava la scatolina tra le mani.
«Allora, cos’è questa storia?» Le fece Harry, sedendosi accanto a lei con la schiena appoggiata alla quercia. Hermione si girò a guardare gli altri che giocavano a palla: avevano formato due squadre, con Luna che faceva l’arbitro.
«Cosa intendi dire?» Chiese, sapendo di fare la finta tonta.
Harry sorrise «Andiamo, questa storia di Krum è troppo strana…»
Hermione sorrise e scrollò le spalle «Non posso avere un amico di penna, per caso?»
«Un regalo così non è del tipo “amico di penna”» ribatté Harry.
Hermione annuì: era vero, ma che tipo di regalo era? La felicità di aver ricevuto quel regalo così importante cozzava col senso di colpa, profondo, che e scavava dentro ogni volta che stava da sola con Harry o parlavano di Sirius insieme.
«Non lo so» rispose sincera. «Forse… forse c’è qualcosa…»
Harry sospirò «D’accordo. Mi dispiace per Ron, ma posso capirlo».
Hermione gli lanciò un’occhiata di sbieco «Sono stata qui per cinque anni, Harry».
«Lo so».
«E Ron avrebbe potuto svegliarsi prima» continuò lei, più fredda.
Dopotutto era vero che aveva aspettato Ron per tanto tempo… aveva sperato si svegliasse, aprisse gli occhi e si guardasse intorno per capire che lei era lì, invece aveva lasciato scorrere gli anni e lei si era disinamorata. Lo aveva già capito l’anno prima con Viktor, che l’aveva vista come nessun altro.
«È vero, ma lo sai che Ron è…» cominciò Harry, ma la voce sfumò e continuò a guardare gli altri giocare.
Hermione notò come ogni tanto sia Ron che Ginny si girassero verso di loro.  
«Non è l’unico comunque, forse è una cosa che accomuna tutti voi ragazzi…» fece Hermione-
Harry tornò a guardarla con un cipiglio «Cosa?»
«Non rendersi conto di chi si ha davanti» provò a dire Hermione, lanciando un’occhiata di sbieco a Ginny.
Harry la notò e sbuffò con una risatina «Oh, andiamo! Sono passati così tanti anni da quando-»
«Le persone cambiano mentre tu non guardi, Harry. Ti stupiresti di capire quanto bene possano farlo».
Hermione tornò a leggere, mentre Harry rimase al suo fianco con espressione perplessa. Continuò a guardare Ginny per tutta la mattinata, gioiendo delle sue ottime capacità di gioco e ridendo delle sue espressioni buffe quando perdeva.
 
Sirius sbuffò, pensando che prima o poi avrebbe perso la pazienza: Kreacher continuava a ululare come un pazzo e non poteva giurare che nessuno lo sentisse, anche con tutti gli incantesimi di sicurezza.
«Insomma, ti ordino di piantarla!» Sbottò, zittendolo all’istante.
Anche se non glielo aveva proprio promesso, aveva detto a Hermione che avrebbe provato a trattarlo meglio, ma certe volte era proprio un caso impossibile. Stava evitando di dargli troppi ordini, ma quello continuava ad approfittarsene.
«Bene» sibilò. «Ora tornate a lavorare, Kreacher, che hai fatto solo finta di rispolverare le camere del primo piano» fece, ma l’elfo scrollò la testa sbatacchiando le grosse orecchie.
«Al primo piano c’è l’abominio, Kreacher non andrà a pulire lì, oh no…»
Sirius arricciò le labbra mentre sentiva che la sua già limitata pazienza si stava prosciugando.
«Stammi a sentire…» cominciò, con voce gelida.
«… l’abominio se n’è andato, puoi andare a pulire» concluse la voce tranquilla di Remus per lui, mentre si lasciava cadere sulla sedia con uno sbuffo di sollievo.
Sirius roteò gli occhi al cielo «Che ci fai in piedi?»
«Abbi pietà, mi sono rotto di starmene sdraiato come un cadavere» frecciò ironico.
«Va bene… Hai sentito, Kreacher? Ti ordino di andare a pulire al primo piano, vai».
L’elfo se ne andò caracollante, borbottando imprecazioni all’indirizzo di un impassibile Remus.
«Scusami. Gli ho dato l’ordine di smetterla, ma a quanto pare devo capire come estenderlo a tutte le categorie... è un elfo furbo» fece Sirius, buttandosi sulla sedia di fronte a lui con aria stremata.
Remus fece un gesto disinteressato con la mano, poi lo osservò meglio «Io sembro un morto perché sono stato azzannato e non mangio decentemente da mesi, la tua scusa qual è?» Chiese, notando le sue occhiaie profonde e gli occhi rossi.
Sirius sbadigliò «Io non dormo decentemente da quindici anni, ti basta?» Frecciò.
La verità è che aveva dormito sì e no due ore a causa di quel maledetto polso: già in generale non è che dormisse molto, ma le fitte e i dolori erano peggiorati.
Stava cercando di analizzarsi per capire di cosa poteva trattarsi, ma non ne aveva ancora idea; fitte e sensazioni di bruciore ritornavano più intensamente di notte. Del disegno che era apparso la prima volta neanche l’ombra, però aveva provato a riprodurlo per cercarlo tra i suoi libri: non era il marchio di qualche grande Casata di Purosangue né di qualche associazione o di qualche organizzazione magica; non apparteneva ai Mangiamorte né all’Ordine. Brancolava nel buio più totale.
Però, fino a quando avrebbe dovuto sopportare qualche dolore notturno, poteva farcela. L’unica soluzione era abusare di rimedi per dormire e piombare in sonni profondi. Il solito.
Remus, intuitivo com’era, era sicuro ci fosse molto altro dietro quell’espressione menefreghista, ma lo conosceva abbastanza da sapere che gli avrebbe detto tutto a tempo debito.
«Ho mandato gli auguri a Hermione» decise di dire, invece, e Sirius sussultò dietro la mano in cui nascondeva gli occhi «Mmh».
«È il suo compleanno, compie sedici anni» continuò imperterrito Remus, osservando i suoi movimenti. 
Sirius aprì un occhio e lo osservò tra le dita «E allora?»
Remus sorrise, ma non si fece scoraggiare dal tono inacidito «Tu lo hai fatto?»
L’altro sospirò e abbassò la mano «Perché vuoi ritornare sempre sullo stesso argomento?»
«Perché sei sfuggente. Tu non sei mai sfuggente, a meno che non vuoi parlare di qualcosa» ribatté.
Sirius annuì «Appunto, non ne voglio parlare. Non mi sembrava difficile da capire».
«… e quando non ne vuoi parlare è perché ti senti in colpa» aggiunse Remus a voce più alta.
«Odio il fatto che tu mi conosca così bene» sbottò Sirius dopo un po’, facendolo ridere.
«Sono ventiquattro anni da… diciannove giorni» commentò Remus, adocchiando l’orologio.
Sirius ghignò, allargando le braccia «Auguri, amore!»
«Non ci provare… parlavamo di te. E di Hermione».
«Beh, non c’è niente da dire» replicò Sirius, indurendosi.
«Sì, se le hai scritto o le hai parlato in qualche modo» replicò Remus e capì di dover prendere il suo silenzio come assenso. «Sirius, Sirius… non avevamo detto che non è giusto incoraggiarla?»
«No, avevamo detto che gli adulti sono incoerenti, che io sono giovane dentro e che nessuno si sta ferendo…»
Remus si sistemò meglio nella poltrona e lo fissò a lungo, prima di chiedergli «Mi spieghi una cosa? Una sola e poi non riaprirò mai più l’argomento…»
«Beh, grazie a Merlino! Dimmi».
«Cosa cerchi da lei?»
Sirius lo fissò come a chiedersi se dovesse prenderlo sul serio poi sorrise, a disagio «Stai scherzando?»
«No, davvero. Dici che non fate altro che scrivevi e basta, che non si ferisce nessuno perché è tutto epistolare e aleatorio… quindi che senso ha?»
Sirius si accigliò «Fammi capire: l’irreprensibile e moralissimo Remus mi sta dicendo che se non c’è la parte… diciamo fisica… in un rapporto, allora esso non ha senso di esistere?» Chiese, sarcastico. Ovviamente stava giocando con lui, girandosi le parole a modo suo. Conosceva troppo bene Remus per non capire cosa volesse dire; era solo bello osservare le sue espressioni mentre perdeva la pazienza.
«Lo sai benissimo cosa voglio dire, non imbrogliare» grugnì infatti Remus.
«Una cosa è cominciare qualcosa credendo in una sorta di… progetto, una cosa è sapere già fin dall’inizio che si tratta di un binario morto senza sbocchi…»
«Oh, ed è quello che stai facendo tu con Tonks?» Sputò fuori Sirius, acido.
Quella volta fu sicuro di averlo colpito e gli dispiaceva, però si era anche stancato di doversi sempre giustificare con lui. «Mi dispiace, ma non vedo dove fosse il progetto nell’andarci a letto e scaricarla» continuò, con una sorta di segreta eccitazione: per la prima volta in vita sua poteva essere lui a recriminare qualcosa al rettissimo Remus Lupin.     
Remus non parlò e, nonostante il pallore, non sembrava neanche arrabbiato; Sirius aveva colpito in un punto fragile, un errore per cui continuava a tormentarsi anche da solo.
Sirius lo guardò in faccia e sospirò «Ah, Moony... quello che voglio dire è: io non giudico quello che hai fatto, però dobbiamo ammettere che il tuo è stato un errore non calcolato. Iniziare qualcosa sempre e solo perché lo si è progettato è impossibile, che ci piaccia o meno».
Remus si passò le mani nei capelli ormai brizzolati.
«Però…» cominciò, bloccandosi. Si vedeva che quello che stava per dire lo metteva a disagio, ma Sirius non aveva nessuna intenzione di rendergli le cose facili: non aveva iniziato lui quel discorso.
«… io e Tonks siamo andati a letto insieme, è vero. Magari mi si è annebbiata la mente per un po’, magari in quel momento avevo le difese abbassate…»
«… magari eri solo eccitato, come un qualsiasi uomo normale…» s’inserì Sirius, prendendo al volo l’occasione per imbarazzarlo.
Remus lo ignorò «… ma è finita lì. Dopo mi sono reso conto di aver fatto una cazzata e ho tagliato subito. Sarà da stronzi, ma almeno ho provato a fare marcia indietro. Tu magari non hai programmato di iniziare questa specie di... corrispondenza, ma hai avuto tutto il tempo del mondo per ripensarci, non puoi farla passare per un colpo di testa».
Sirius scosse la testa con un mezzo sorriso «Mi stai dicendo che era quasi meglio se avessi fatto quello che hai fatto tu? Cristo, Moony, ha sedici anni!» Sbottò. «Persino io so dove c’è il limite».
Remus si offese tanto che scattò in piedi, spostando la poltrona con uno struscio rumoroso «Non volevo dire questo! È impossibile parlare con te senza alterarsi, per Diana!»
Sirius rimase seduto sul bracciolo del divano, imperturbabile.
Remus gli lanciò un'occhiataccia e riprovò «Da un certo punto di vista andarci a letto sarebbe stato più comprensibile, o quanto meno giustificabile, con “ho avuto un colpo di testa”. Tu invece stai deliberatamente... corteggiando una sedicenne!».
Sirius smise di sorridere e si alzò «Ah no, non me la prendo quest’accusa così, Moony. Sembra di essere capitati in un universo parallelo: tu più di chiunque altro dovresti capire le possibilità di una relazione platonica e di due persone che si capiscono al di là del fisico. Invece sei qui a porre l’accento su una questione sessuale che non esiste!»
Remus si fece sfuggire uno sbuffo scettico «Certo, perché a te interessa solo la relazione platonica».
Quella risposta fu come un pugno in faccia e Sirius quella volta lo guardò con aria assassina.
«Mi stai dando del maniaco per caso?»
«Oh, andiamo…»
«Adesso non minimizzare. Hai voluto iniziare tu il discorso. Se volevo far succedere qualcosa sarebbe già accaduto, ti ricordo che Hermione Granger ha passato tutta l’estate in casa mia».
«Certo, con i tutti i Weasley e me e Harry» rimbeccò Remus.
«Ah, quindi credi che se non ci fosse stato nessuno di voi le sarei saltato addosso! Con chi diavolo credi di parlare si può sapere?»
Ormai Sirius stava urlando, era furioso.
Remus lo fissò senza rispondere: sapeva di aver esagerato, così come sapeva che per Sirius la mancanza di fiducia era una delle più gravi accuse che gli si potesse muovere. Quando avevano entrambi creduto che l’altro fosse la spia dei Potter non si erano parlati per mesi e da allora una piccola e profonda crepa ancora esisteva tra loro.
«Scusami, non volevo arrivare a tanto. Ho fiducia in te, lo sai» cominciò, soppesando le parole. «Sono solo preoccupato: il tuo passato e il tuo presente possono giocarti brutti scherzi… stare recluso in questa casa, non vedere nessuno, non dormire… non sono cose che possono farti ragionare bene. Non dico che tu voglia fare qualcosa di immorale, ma potresti non vedere la cosa dalla giusta prospettiva».
Sirius tornò a sedersi, anche se non ricordava di essersi alzato, e sospirò «Lo so, Remus. Perché accidenti credi che sia così prudente? C’eri anche tu, quanto tempo credi abbia passato con lei quando era qui? E anche adesso… quante lettere credi ci spediamo? È tutto molto aleatorio».
Remus annuì, ma lo sapeva che erano solo balle: era stato Sirius a baciarla, era stato Sirius a spedirle un regalo di compleanno credendo non l’avesse visto, era sempre Sirius a scriverle per primo. Tuttavia presupponeva potesse perdonargliela quella bugia bianca, almeno per il momento. Forse Hermione avrebbe trovato quello che cercava nel Castello, lasciando a Sirius solo un bel ricordo.
«Promettimi solo che, quando capirai di stare andando oltre, ti tirerai indietro e la lascerai alla sua età».
Sirius lo guardò in faccia e mentì, annuendo.
Quella sola lettera, onesta e sincera come non ne scriveva da anni, aveva il potere di far cascare l’intero castello di scuse che stva costruendo meticolosamente per sé e per gli altri. Ma supponeva che annuire facesse bene a entrambi.
Non sapeva cosa cercava in Hermione: perché non poteva bastargli Harry?
Quanto platonico poteva davvero essere quella relazione, se era sempre più consapevole giorno dopo giorno che era una donna?
Sirius sbuffò e si alzò, mentre la sensazione di fastidio si univa a una nuova fitta al braccio sinistro; era la prima volta che gli faceva male di giorno, il che voleva dire che qualunque cosa fosse stava peggiorando.
«Vado a… risposare» provò a dire, cercando di non svenire davanti a Remus.
Per qualche assurda ragione voleva che quella cosa rimanesse sua; era uno suo problema, toccava a lui risolverlo. Tuttavia Remus notò che stava diventando pallido e che camminava in modo un po’ instabile. Si alzò a sua volta e gli andò dietro «Sirius, cosa ha-»
Sirius sentì una nuova fitta, perse la presa della poltrona e svenne.
 
Quel pomeriggio fu uno dei più divertenti che Hermione ricordasse da quando era a Hogwarts. Avevano giocato a pallavolo nel parco, dopo aver tentato per due ore di spiegare il gioco a Ron e Ginny; alla fine avevano provato a creare due squadre il più equilibrate possibile: la sua era formata da Brienne e dal pessimo Ron, mentre quella di Harry dall’altrettanto confusa Ginny e Aveline.
Peccato che Harry aveva scoperto troppo tardi che Ginny aveva un talento naturale in quasi tutti gli sport, compresi quelli che non conosceva, e la sua squadra vinse con sei punti di vantaggio.
Dopo passarono al Quidditch ed Hermione passò volentieri a Luna l’onere del gioco, prendendo il suo posto di arbitro. Se c’era una cosa in cui non eccelleva, e a cui comunque non teneva particolarmente, quello era il volo. In quel caso Harry, nella squadra oro con Luna e Brienne, si trovò a confronto con Ginny, capitano della squadra rossa con Ron e Aveline.
Alla fine, miracolo dei miracoli, Aveline riuscì a segnare il tiro decisivo con il suo solito aplomb e a far vincere la squadra dei “Ginger più uno”. Ci fu un memorabile momento in cui Harry giurò di buttare Ginny di sotto, se non la piantava di gongolarsi.
Poi ci fu il momento pic-nic e i gemelli arrivarono a seminare il panico con le loro Liquirizie Striscianti. Dopo aver battuto l’intero parco inseguiti da serpenti di gelatina, Hermione decise di averne abbastanza.
«Ok, io direi che possiamo deporre le armi per oggi» fece, lanciando un’occhiata in cielo.
Dopotutto era ora di cena e cominciava a fare buio.
Brienne annuì, mentre si riprendeva dalla corsa con le mani sulle ginocchia «Approvo la mozione».
Aveline inarcò un sopracciglio, osservando Luna stesa nell’erba «Cosa sta facendo?»
«Cercherà qualcosa di insolito come al solito...» disse Ginny, mentre si legava i lunghi capelli.
«Cerco gli Smergini. Loro vivono nell’erba alta ed escono solo al tramonto».
«Appunto» sospirò Harry, ridacchiando insieme a Ginny. «Allora, stasera?»
Hermione si accigliò «Non mi dite che dopo tutto un pomeriggio passato fuori c’è anche un seguito!» Esclamò e le sue tre amiche ghignarono in un sincrono talmente perfetto da spaventarsi sul serio.
«Ok, non sono sicura di volerlo sapere» borbottò, alzando le mani.
«Tu stai tranquilla. Ti basterà cenare e infilarti il vestito che ti abbiamo regalato…»
«Le avete regalato un vestito?» Fece incuriosito Harry, mentre notava Hermione arrossire. «Ahia» disse con un ghignetto, mentre Ron arrivava col solito tatto da elefante.
«Stai arrossendo!» Esclamò, prendendosi un'occhiataccia.
«Grazie per il tuo sostegno, Ron».
Brienne rise e batté le mani «Su su, cena e tutti a prepararsi. Sarà una serata stellare!»
Hermione aveva il terrore che la cosa sarebbe sfuggita di mano, visto che di mezzo c’erano pure i gemelli. Quasi quasi andava a parlare con la McGranitt per dissociarsi dalla sua festa di compleanno.
Però “cena” voleva dire pure che avrebbe qualche minuto da sola per leggere la lettera di Sirius.
Cenò velocemente e scappò in dormitorio, approfittando dell’assenza delle altre per aprire la scatola di velluto e osservare con maggiore attenzione il ciondolo: alla penombra della stanza brillava di una luce cupa dall’alone bluastro.
Hermione si chiese ancora una volta come fosse riuscito a comprarglielo: Sirius era sempre chiuso in casa ventiquattr’ore su ventiquattro. Non doveva essere stato facile farsi recapitare un oggetto simile.
Lo indossò con un certo timore reverenziale e corse in bagno a osservarsi allo specchio: per permettersi di brillare al massimo avrebbe dovuto togliersi quello di Ron, ma sapeva che l’avrebbe odiata per quello.
Si chiese perché proprio una foglia e prese il bigliettino nella scatola.
 
Questa è una foglia di Ippocastano. È un albero maestoso, rigoglioso, solido, ma di una bellezza nascosta e meravigliosa che si può apprezzare solo se lo si guarda più da vicino. Nei miei studi sulla magia celtica è diventato il mio albero preferito e le sue foglie sono, per me, le più belle.
 
Hermione dovette constatare ancora una volta che Sirius Black possedeva conoscenze e qualità nascoste che lei non avrebbe voluto fare altro che continuare a scoprire. Ovviamente aveva letto qualcosa sulla magia celtica, che aveva la caratteristica di unire allo studio della magia classica quello della natura.
A Hogwarts si studiavano alcuni aspetti di quella particolare branca in Erbologia e Trasfigurazione, ma sapeva che a Bauxbatons c’era un intero corso a essa dedicata.
Lei non sapeva dire se l’Ippocastano poteva o meno essere associato a lei, ma l’idea che Sirius avesse scelto il suo albero preferito la rendeva comunque felice, anche se in modo strano. Supponeva dovesse abituarsi a questa mescolanza di sensazioni diverse quando si parlava di lui.
Poi aveva la sensazione che quel regalo sarebbe stato più appropriato all’interno di raffinati circoli di altolocate famiglie Purosangue, su di lei sembrava quasi fuori posto.
«Quante paranoie Hermione…» mormorò ad alta voce a se stessa, guardanosi allo specchio.
Tenne entrambi i ciondoli al collo quando aprì la lettera, come al solito firmata col nome di Viktor. Si guardò intorno, poi picchettò la carta con la bacchetta e mormorò l'incantesimo.
La vera lettera si rivelò a lei.
 
Cara Hermione,
buon compleanno!
Avrei voluto farti arrivare il regalo a mezzanotte, ma ho avuto alcune cose da fare e Pen (il gufo) non era molto propenso a volare in notturna (e credo non fosse il caso di usare quello di Remus).
Spero comunque non ti abbia messo troppo in imbarazzo riceverlo questa mattina; sono sicuro che abbia dato il suo spettacolo in Sala Grande, spero che non ti abbiano rotto troppo le scatole.
Posso già immaginare i tuoi commenti a proposito del regalo, quindi ti anticipo: non ti preoccupare, non è costato troppa fatica né troppi soldi, l’ho fatto con estremo piacere e sono sicuro che l'argento risplenda magnificamente su di te.
Spero davvero ti piaccia…
Se hai già letto il bigliettino, saprai che si tratta di una foglia di Ippocastano. La mi preferita in assoluto.
Lascio a te il piacere di scoprire perché ho scelto proprio quella, sono sicuro che una piccola caccia al tesoro ti entusiasmerà! Piccolo consiglio: “La magia della natura” di Albert Kay dovrebbe essere nella biblioteca del Castello.
Anche se vorrei essere lì a festeggiarti di persona, sono sicuro che passerai una splendida giornata, nonché serata.
Divertiti, ma insomma non fare cose che il giovane Sirius avrebbe sicuramente fatto, e non pensare troppo.
Ti scrivo nei prossimi giorni, tu però fammi sapere come andrà la serata.
 
Tuo, come sempre
Sirius
 
Hermione sorrise come un’allocca durante tutta la lettura. Quella lettera la stupiva perché dimostrava come Sirius avesse imparato velocemente a conoscerla, al punto da sapere cosa avrebbe detto a proposito del regalo. Anche una cosa banale come l’indizio sui libri da cercare dimostrava quanto in fondo la capisse.
Si chiedeva però se quella conoscenza fosse ricambiata; lei non sentiva di conoscerlo così bene, anzi: avvertiva l’esistenza di un mondo intero in una sola persona, un mondo che aveva solo scalfito.
“Tuo come sempre”, lesse per la diciottesima volta: tre parole che avevano il potere di farle battere il cuore come un tamburo. Era assurdo come così poche parole riuscissero a sconvolgerla tanto e non capiv se dipendesse da lui, dalla situazione o dal fatto che una parte di sé stesse aspettando una cosa del genere, inconsciamente, da molto molto tempo.
Hermione andò a riporrecon cura la lettera nello scomparto segreto sotto il letto e, solo allora, notò il fascio di lettere che aveva prelevato da Grimmauld Place. Con una certa vergogna si chiese se Sirius se ne fosse già accorto e si sentì veramente stupida. Si ripromise di fargliele avere in qualche modo, magari inventandosi qualcosa che nascondesse l’immaturità del suo gesto.
Infilò la sua lettera nel fascio e lo nascose sotto il letto, insieme alla scatolina di velluto vuota e ai libri.
Fatto quello, rimase per buoni cinque minuti davanti al suo vestito appeso, indecisa se indossarlo o meno. Poi si rese conto che Sirius aveva ragione, doveva approfittare di quei pochi – e forse ultimi – momenti spensierati che ancora potevano vivere e indossò sia il completo di Ginny che il vestito.
Si ricordò con un certo affetto della preparazione un po’ speranzosa e un po’ timorosa del Ballo del Ceppo, ricordandosi quanto fosse felice che Viktor Krum l’avesse invitata. Ora, per uno strano scherzo del destino, avrebbe voluto che ci fosse un’altra persona che però si firmava col suo nome.
Si diede dell’idiota perché era altamente improbabile che lei e Sirius Black avrebbero mai potuto partecipare a un ballo di qualsiasi genere; non solo perhé lui era un latitante ricercato, ma anche perché a loro differenza di età avrebbe infastidito i presenti.
Hermione sentì addosso una strana nostalgia: per quello che avrebbe potuto essere, magari in un altro tempo e in un’altra epoca, e non sarebbe mai stato. 
Chissà come sarebbe stato conoscere un Sirius Black da giovane.
«Hermione?» Aveline la chiamava dalla porta. «Noi siamo pronti quando ci sei!»
«Arrivo!» Hermione si riscosse dai suoi tetri pensieri e s’infilò il vestito.
Si guardò allo specchio e si limitò a tirarsi su i capelli in una specie di coda morbida, con un trucco leggero sugli occhi e un paio di scarpe dal tacco basso; rispetto ai suoi standard aveva persino fatto troppo.
Sperò non la stessero aspettando tutti, perché non avrebbe resistito all’imbarazzo; si avviò piena di timori verso la scala del dormitorio femminile.
Fortunatamente qualcuno (sospettava i gemelli) aveva messo della musica e sparso oggetti bizzarri in giro per la sala comune, così erano tutti troppo impegnati a ballare o a fare casino per occuparsi di lei.
Quando arrivò dal suo gruppo si stupì di trovarli tutti agghindati: Ron e Harry indossavano gli stessi vestiti del Ballo dell’anno prima, con Ron che aveva approfittato dell’estate per rendere il suo più maschile. Brienne indossava una tuta Babbana nera con una giacca maschile rosso fuoco e Aveline un semplice vestitino laminato rosa cipria.
«Ehi, quanta eleganza!» Esclamò.
«E senti chi parla» rimbeccò Harry, osservandola con tanto di occhi. Ron aveva la stessa espressione da pesce palla, ma se ne stava ammutolito al suo fianco.
La festa si rivelò molto più divertente di quello che aveva immaginato, con musica, scherzi e… folla! Sembrava quasi che tutta la Casa, più qualche imbucato, fosse presente e la torre era affollata più che mai. Hermione supponeva che tutte le scuse fossero buone per fare festa e fargliela al Supervisore Supremo.
Ad un certo punto della serata se ne stava su uno dei divani a ridere per gli scherzi di Fred, i loro scherzi erano molto più divertenti quando non doveva fare il Prefetto, quando Harry le si avvicinò.
«Vuole ballare, signorina?» Chiese con ironia, allungandole la mano.
Hermione sorrise, scuotendo la testa, ma accettò; fortunatamente non si trattava di un lento, perché nessuno dei due era davvero capace a ballare: Harry ricordava ancora quando aveva pestato i piedi a Calì e Hermione quando aveva quasi fatto cadere Viktor durante il Ballo del Ceppo.
«Allora… com’è la festa?» Chiese lui e Hermione si illuminò «Perfetta, siete stati grandi!»
Harry rise «Mi piacerebbe prendermi il merito, ma sono state le ragazze a fare tutto. Io e Ron abbiamo solo aiutato».
«Va bene lo stesso, lo apprezzo».
«Mi spiace non averlo mai fatto prima» rivelò Harry, con aria un po’ triste. «Ti abbiamo dato per scontata, alle volte vero?»
Hermione si stupì per la piega che stava prendendo il discorso, appoggiò entrambe le braccia sulle spalle dell’amico e scosse la testa «No, non è vero. Tu sei sempre stato così impegnato già a vivere, lo sai. E Ron, beh, è Ron».
Harry ridacchiò «Vero, ma Voldemort non dovrebbe impedirmi di riconoscere le cose belle della mia vita e tu sei una di quelle» rivelò, quasi stupendo se stesso per quello che stava dicendo.
Non era mai stato così aperto con nessuno, ma quando finalmente si rilassava si rendeva conto di quanto Ron e Hermione fossero preziosi per lui, di quante ne avessero passate insieme. Hermione era di quanto più simile avesse a una sorella, doveva farglielo capire.
Il sorriso di Hermione si allargò «Come sei audace oggi!» Esclamò, facendolo ridere.
«Lo sai, tu… beh, sei sempre stata “casa” per me» borbottò Harry, non sapendo bene come dirlo.
Hermione gli baciò una guancia, poi appoggiò la testa sulla sua spalla «Ti voglio bene».
Stettero così per un po’, mentre qualcosa in Hermione cominciava ad agitarsi come ogni volta che era troppo vicina a Harry.  
Diglielo, diceva, non avrai altre occasioni.
Avrebbe dovuto dire a Harry di Sirius ora, ora che non avevano fatto nulla di irreparabile, ora che non era ancora un tradimento bell’è buono.
Hermione alzò la testa a fissarlo ma nessun suono uscì dalle labbra serrate.
«Ho sempre cercato di far capire a Ron che doveva muoversi prima» fece improvvisamente Harry.
Forse era perché sentiva lo sguardo dell'amico su di loro, forse perché si sentiva in colpa di aver sempre pensato prima a se stesso e al mondo e poi ai suoi migliori amici.
Hermione scosse la testa «Se c'è una cosa che ho capito, Harry, è che se una persona le cose le vuol fare le fa. Il resto sono scuse».
Ovviamente lo stava dicendo anchea se stessa. Harry stette in silenzio, mentre lei faceva fare una piroetta.
«E se fosse paura? Non potrebbe bloccare le persone, la paura?» Sussurrò Harry, guardando nella folla.
Hermione capì dal suo sguardo che non stava parlando più di lei e Ron.
«Di cosa parli?»
Lo sguardo di Harry scivolò su Ginny, i cui capelli rosso fiamma spiccavano sul vestito acquamarina persino in mezzo a tanta folla. Era fantastica, lo riconosceva, e si stupì che la sua mente fosse corsa subito a lei e non su Cho Chang, che parlava con Lavanda Brown poco lontano.
«La paura è una cattiva consigliera» convennr Hermione.
Harry sospirò «Magari è anche ciò che ci tiene in vita».
Hermione si strinse nelle spalle «Forse, ma è che prezzo?»
Ricordò di Sirius e e dei Malandrini, ricordò la sua mascella serrata e gli occhi severi in cucina.
«La paura rende schiavi. Ricordi Peter Minus?»
Harry sussultò, poi tornò su Ginny.
«Minus non ha solo fatto del male ad altri, ha anche distrutto la sua vita. E anche se non ti interessa, pensaci: è un uomo costretto a vivere in sembianze da topo, senza amici, senza famiglia, con la paura che ogni ombra possa essere Sirius o Remus o te o Voldemort».
Harry la guardò: da quando aveva pronunciato il suo nome, Hermione non aveva più paura a farlo.
Paura, che meccanismo strano.
«Lo spirito di Sirius si è impossessato di te?» Ironizzò, senza sapere quanto era vicino alla verità.
Hermione sorrise enigmatica, poi notò Ginny che si avvicinava a loro e lo spinse nella sua direzione. «Non ti negare la vita solo perché tu sei tu, okay?» Gli sussurrò, andandosene.
«Ehi, dove vai?» Le fece Ginny, ma Hermione fece un gesto della mano in saluto, senza girarsi.
Ginny posò lo sguardò perplesso su Harry, che la fissava con un sorriso: aveva il viso accaldato, i capelli scarmigliati ed era bellissima.
«Ti va di ballare?» Le chiese, mentre Lee Jordan inseriva una canzone movimentata.
 
Fuori dal buco del ritratto, Blaise Zabini ascoltava i suoni provenire dall'interno della sala comune Grifondoro con una certa apprensione: sembrava che l'intera parete stesse per esplodere.
«Ehm, va tutto bene lì dentro?» Provò a chiedere, ma la Signora Grassa si limitò a lisciarsi il vestito, adocchiando la cravatta verde-argento al collo del ragazzo.
«Parola d'ordine?»
Blaise scrollò le spalle con una certa eleganza «Non ne ho la minima idea!»
«Allora niente ingresso» rimbeccò il quadro, facendolo sbuffare.
«Non potrebbe mettere degli indovinelli come la porta di Corvonero? Sarebbe più divertente».
La donna prese un’aria di sussiego, guardandolo da sotto in sù «Io non sono una normale porta con un batacchio, caro. Sono un essere senziente in grado di parlare e guardare. Parola d'ordine?» Fece poi, alla persona che arrivava.
Draco Malfoy mosse la mano con uno sbuffo «Me risparmi. Non entrerei lì dentro neanche per uno zellino» sibilò, per poi girarsi verso Blaise. «Che ci fai qui?»
Blaise lanciò un'occhiata alla sua camicia mezza sbottonata e senza cravatta, la giacca a penzoloni da un braccio, poi scosse la testa «E tu da dove vieni?»
«Ero nelle cucine con Tiger, Goyle, Nott e gli altri. Siamo riusciti a farci dare la combinazione dai Tassi. Quegli elfi dovrebbero imparare qualcosa sulla furbizia, se non li fermavamo ci regalavano pure i loro gonnellini a momenti» ironizzò.
«Ci scommetto» replicò solo Blaise, duro.
Draco lo fissò a lungo, prima di sospirare «Va bene, senti. Io e te dobbiamo parlare».
L'altro lo guardò di traverso «Perché sono qui, secondo te?»
«Per vedere la Sanguesporco» grugnì Draco, sapendo che l'avrebbe infastidito.
«Si chiama Hermione».
«Al massimo posso concederti Granger, se proprio ci tieni» ribatté il biondo.
Blaise non rispose e continuò a guardare davanti a sé, così Draco scrollò la testa e fece un ghignetto.
«Tu lo sai che non si metterebbe mai con uno come te, vero?»
Blaise non rispose, ma Draco notò il leggero spasmo così continuò.
«Ah povero Blaise... dai a me del razzista, ma è chiaro come il sole che nessun Grifondoro si metterebbe mai con uno di noi. Guarda i dati: non esiste una sola coppia Serpedoro che sia una, quest’anno. Non che quelle degli anni scorsi siano sopravvissute comunque… E poi lei c'ha Sua Maestà e Lenticchia, non ha bisogno di uno come te».
Blaise finamente si girò a guardarlo, curioso «Uno come me?»
Draco si avvicinò al finestrone e si accese una specie di bocchino per pipa in argento, sottile e piccolo.
«Una banderuola» spiegò e, alla sua occhiata, sorrise. «Una delle diavolerie della Blitchey. È erba di troll o roba del genere. Rilassante».
Ma Blaise non ascoltava: come al solito Draco Malfoy aveva il potere di innervosirlo più di chiunque altro. Strinse i pugni e si avvicinò a lui.
«Io non sono un'opportunista. Lasciami essere cristallino, Malfoy: io sono sempre stato e sarò sempre contro di te, la tua famiglia e i tuoi simili. Non solo sei razzista, sei pure uno smidollato che crede di poter avere tutto solo perché il padre ha un ruolo d'importanza in qualche strano giro. Forse lui sarà pure qualcuno, ma tu sei un verme e basta».
«Il motivo per cui ti sta sulle palle Potter è perché quel giorno di cinque anni fa ha rifiutato la tua amicizia e ora è molto più celebre di te» sputò.
Il livore rabbioso di Draco fu sostituito da un ghigno velenoso.
«Riordati Zabini che sei e sarai per sempre un Serpeverde: fino a prova contraria studi e campi nella mia Casa e questo la tua cara Hermione Granger lo sa bene. Puoi giocare a essere uno di loro, se ti piace, ma non lo sarai mai davvero. Qui magari puoi ancora giocare a fare il bastian al contrario, ma cosa succederà quando sarai chiamato a scegliere per davvero, mh?»
Draco si avvicinò a lui e gli soffiò il fumo in faccia.
«Cosa sceglierai la tua integrità o la tua famiglia, quando il Signore Oscuro si prenderà tutto?»
«Ehi! Non si può fumare nei confini del Castello!» Sbottò la Signora Grassa, quando lo vide.
Entrambi i ragazzi si girarono verso di lei, poi il ritratto scivolò di lato e Ginny apparve davanti a loro. «E voi due cosa ci fate qui?» Fece, incrociando le braccia.
Draco riuscì a far sparire il bocchino, auto-spegnente, nella tasca dei pantaloni.
«Stavamo decidendo se interrompere i vostri penosi festeggiamenti. Roba scadente, senza dubbio».
Ginny sospirò «Malfoy, ormai non sei neanche più divertente».
«Non mi interessa far ridere una traditrice come te» rimbeccò lui e Zabini si preparò o alla guerra o alla fuga, alternativamente a entrambe.
Ginny aprì la bocca per ribattere, ma qualcuno dietro di lei la interruppe per dire: «Malfoy, gradiresti un altro schiaffo in faccia per caso?»
Brienne spuntò da dietro le spalle di Ginny e lanciò a Draco un'occhiata «Stai andando in un bordello?»
«Perché, Wilson, ti avrei trovato lì?»
Blaise si passò una mano nei capelli crespi e sbuffò «Io ne ho abbastanza, me ne vado».
Si girò e fece per andarsene, quando Hermione arrivò; lo capì dall'irrigidimento di Draco.
«Che sta succedendo?» Fece, capendo al volo che la situazione era rischiosa: Blaise aveva la faccia da cadavere, Malfoy al contrario sembrava al settimo cielo – il che non era mai un bene – e sapeva per certo che Ron era così di pessimo umore che li avrebbe volentieri ghigliottinati entrambi.
«Andatevene, è meglio» sbottò: che diavolo voleva Malfoy dalla sua festa di compleanno?
Blaise sussultò e strinse inconsciamente il pacchetto regalo che aveva per lei nella giacca.
«Sì, è meglio. Malfoy, andiamo...»
Ma doveva capirlo dall'espressione serpentina di Draco che seguire lui era stata tutta una scusa. Draco aveva atteso il momento propizio per farsi aprire il buco del ritratto e avere proprio loro sotto tiro; peccato per Sua Maestà, ma con lui poteva sempre vedersela il Signore Oscuro.
Con uno scatto fulmineo, tirò fuori la bacchetta dalla giacca che teneva al braccio e mormorò qualcosa.
Blaise era sicuro che nessun Grifondoro avesse sentito a causa della musica alta, ma lui aveva udito una Maledizione Senza Perdono e si girò, sconvolto, verso il gruppetto. Hermione alzò scioccamente le mani per proteggersi, ma Brienne urlò un “Protego” che bloccò la maledizione e distrusse lo scudo in mille pezzi.
«Malfoy!» Urlò, ma quello girò i tacchi e corse via.
Harry e Ron, che erano giunti a cercare le ragazze, si resero subito conto della situazione. Ron scattò dal ritratto e cominciò a inseguire Malfoy prima che qualcuno potesse fermarlo, mentre Blaise e Harry corsero da Hermione. In tutto quel trambusto, la Signora Grassa aveva cominciato a urlare come una matta e avrebbe sicuramente chiamato la McGranitt se Ginny non si fosse affrettata ad ammansirla.
«Hermione, come stai?» Chiese Harry, ma lei scosse la testa.
«Sto bene, che stupida… Brienne mi ha praticamente salvato la vita... ma, Ron?»
Harry guardò verso il buio «Spero che lo prenda e gli dia un mucchio di calci...» borbottò, poi notando lo sguardo di Hermione, continuò. «Okay, vado a recuperarlo».
Brienne lo bloccò per un braccio «No, vado io» fece, per poi seguire i due fuggiaschi.
«Sta attenta!» Le urlò dietro Harry, continuando a guardare verso buio che l’aveva inghiottita, indeciso sul da farsi. «Ehm, la seguo?»
Ginny scosse la testa «C’è anche Ron, Malfoy non è poi così forte… ti conviene parlare con la Signora Grassa piuttosto, è sconvolta come la sera in cui Sirius è entrato nella Torre…»
Harry annuì e si appiccicò il suo sorriso migliore, giusto per evitare che la McGranitt arrivasse a rompere i boccini nel paniere a tutti. Dopo averla calmata e aver giurato su tutta la sua discendenza che la festa sarebbe stata annullata, Harry si girò verso il gruppetto.
«Entriamo tutti che è meglio... Blaise, vieni anche tu?»
Blaise guardo Harry come per soppesarlo, poi annuì e seguì Hermione all'interno.
Harry si girò verso Ginny «Andiamo?»
Ginny stava fissando uno strano luccichio nel corridoio vuoto «Due minuti e vi raggiungo».
Il buco si richiuse e lei tornò a guardare la fonte della luce.
«Chi c’è?»
Miles Blitchey uscì dal buio con uno strano ghigno sulla faccia.
«Certo che vi divertite da queste parti....»
Ginny sospirò di sollievo «Pensavo fossi quel gran deficiente di Malfoy! Che vuoi?»
Miles, che stava per aprire la borsa, le lanciò un'occhiataccia «Si tratta così il tuo corriere?»
Ginny guardo nervosamente verso il ritratto «Ok, va bene. Ma muoviti, la Signora Grassa è andata a seguire Malfoy attraverso i ritratti ma non posso escludere che sarà qui tra poco».
Miles scosse la testa e tirò fuori le boccette di pozione per dormire.
«La verità è che non vuoi che Sua Maestà sappia che sei umana, normale e hai degli incubi...» fece.
«Sua Maestà?» Sbottò Ginny e lei rise a mo' di scusa.
«Ah, sì. Potter. Noi lo chiamiamo così».
«Voi siete tutti degli idioti» sbottò lei, afferrando le boccette e nascondole sotto al vestito.
Le diede gli ultimi soldi e controllò di nuovo di averle nascoste bene.
«Saremo pure idioti, ma siamo onesti anche nelle nostre sgradevolezze. Tu puoi dire lo stesso?»
«Com’è che ti sei limitata ad ascoltare senza intervenire?»
Miles scrollò le spalle «Sono idiota, ma non mi vado a ficcare nei casini degli altri. Sicuramente non in quelli di Malfoy. Ciao, Weasley».
«Ciao, Blitchey» mugugnò.
Ginny si impose un sorriso smagliante sulla faccia e rientrò nella Torre.
 
Ron si fermò a metà del settimo piano senza riuscire a vedere Malfoy da nessuna parte. Appoggiò le mani sulle ginocchia e cercò di respirare; non sapeva neanche lui perché fosse scattato così, ma sapeva che si era rotto di permettere a Malfoy di dire e fare sempre tutto quello che voleva.
«Weasley non c’era bisogno che mi accompagnassi, conosco la strada» ironizzò Draco, spuntando dal buio.
«Sei ancora piuttosto lontano da casa Malfoy, tornate a strisciare sott’acqua!»
Draco ghignò «E da quando siamo così coraggiosi senza Sua Maestà a proteggerti?»
Ron fece un movimento strano, quasi uno scatto «Tu non sai niente di me!»
Draco scosse la testa con un sorrisino di pena, poi guardò il suo vestito come se quello dicesse già tutto.
«Quello che so è che non c’è stato un solo singolo attimo negli ultimi cinque anni in cui tu non abbia dovuto vergognarti come un ladro perché la tua famiglia non ha abbastanza soldi per comprarti dei vestiti decenti o dei libri decenti o una scopa degna di questo nome o una qualsiasi cosa che possa elevarti a dignitoso essere umano e non elfo domestico» spiegò con calma, mentre Ron arrossiva.
«Quello che so è che tutto questo ti rende così geloso di Potter che se non avessi deciso, per assoluto opportunismo diciamocelo, che doveva essere tuo amico, l’avresti odiato più di me».
«Dove vuoi arrivare Malfoy, si può sapere?» Sbottò Ron, mentre suo malgrado quelle parole scavavano una strada in lui, insinuandoglisi nel cuore.
Draco si avvicinò ed abbassò la voce «Sai perché tu mi fai più schifo di Potter? Perché lui almeno ha avuto il fegato di prendere una decisione e di farsi spaccare il culo per essa, tu invnece? Sempre a farti coprire da lui o da tuo padre, vero?»
Ron quella volta sorrise «Oh Malfoy… a te piacerebbe un mondo essere suo pari, ma la verità è che una cosa a cui credi solo tu. Tu non sei su nessun piano al pari di Harry. Anzi, e mi fa pure schifo pensarlo, sei molto più simile a me… Ci siamo limitati a ereditare le scelte delle nostre famiglie e lo sai benissimo. La mia fortuna è che la mia famiglia sarà anche povera, ma almeno è piena di integrità e di dignità, due cose che i tuoi non sanno manco dove stanno di casa! Dici che mio padre mi copre? E parli tu, che da quando avevamo undici anni di crogioli su quello che ha costruito tuo padre? La verità è che a te da fastidio non avere le palle come Harry, di non essere considerato un eroe dai tuoi e di essere simile a me, anche se mi disprezzi perché “sono povero”. Potrò anche essere invidioso delle ricchezze tue o di Harry o di qualunque maledetto benestante di questo mondo, ma sono un vero amico. Su di me ci si può contare, tu sei solo una serpe in seno e… lo sai?»
Ron si avvicinò con un sorrisino che sarebbe stato più appropriato sul viso di Malfoy.
«Anche per lei non sei altro che un bamboccio… guarda che mi sono reso conto di come la guardi e, te lo dico, non sceglierebbe te neanche se fossi l’ultimo uomo sulla faccia del pianeta» sussurrò.
Draco si allontanò come se lo avesse schiaffeggiato e fece un sorrisino velenoso «Non so neanche di chi stai parlando, Weasley! Non fare questi giochetti con me».
Draco stava per perdere la pazienza: tirò fuori la bacchetta e si avvicinò con tono minaccioso.
«Io ti faccio fuori» grugnì, mentre Ron stringeva la mano attorno alla sua, nascosta nella giacca.
«Siete impazziti?»
I due si congelarono e si girarono verso Brienne, che li guardava come due brutti esemplari di lumaca bavosa. L’espressione era proprio quella: disgustata e fuoriosa.
Arrivò con due veloci passi da Ron e lo tirò per un braccio.
«Non avete più due anni, dovreste riuscire a risolvere i vostri problemi senza ragionare come uomini di Neanderthal! Lo so che siete, beh, maschi ma fate uno sforzo».
Draco fece sparire la bacchetta e la osservò con curiosità «Che diavlo ci fai qui, Wilson?»
Lei le lanciò un’oocchiataccia di sbieco senza rispondere, poi scrollò le spalle.
«Sono venuta a vedere se voi due deficienti foste in grado di essere maturi, evidentemente no….» si girò verso Ron. «E ho detto a Harry che ti avrei recuperato io. Andiamo».
Draco serrò la mascella «Capisco… sia mai che Lenticchia sia capace di fare qualcosa da solo».
Ron sbuffò «Malfoy, sono capacissimo di prenderti a calci in qualsiasi momento!»
Brienne gli diede uno schiaffo sul braccio «Piantala. Addio Malfoy, vatti a fare una doccia fredda che ti vedo particolarmente agitato».
Ron sorrise, mettendole un braccio attorno alle spalle «Giusto, noi torniamocene alla festa».
Draco li osservò andare via con una strana sensazione addosso. Qualcosa che gettava calmante sulla sua rabbia e la trasformava in qualcos’altro, qualcosa che si rifiutava di riconoscere ma che lo portava pericolosamente sull’orlo delle lacrime. Piangeva per qualcosa che non avrebbe mai potuto avere.
Chissà com’era una vita normale, pensava a volte, una vita senza la paura di morire o di far ammazzare un membro della famiglia per una sola parola detta male.
Su una cosa Ron Weasley aveva avuto torto: loro due non erano uguali in tutto, perché era sicuro che in quella terribile catapecchia per indegenti che si ritrovava come casa la felicità fosse ancora ammessa.
Ron e Brienne, intanto, ondeggiavano verso la Torre Grifondoto abbracciati e ridenti. I corridoi di pietra risuonavano di risate e entrambi si chiedevano quanti secondi sarebbero passati prima che Gazza o Mrs Purr li avrebbero scoperti, denunciandoli alla rospa.
«Varrebbe la pena di essere espulsi solo per la faccia che ha fatto Malfoy al tuo arrivo» stava dicendo Ron, mentre Brienne prendeva per un attimo le sembianze di Hermione all’idea di essere buttata fuori.
«Non dire cazzate, mia madre mi stermina… comunque di cosa stavate discutendo, si può sapere?»
Ron scrollò le spalle «Le solite cose: la sua gelosia, Harry, la sua Casa di merda, suo padre, Harry di nuovo, la sua gelosia di nuovo… è solo un pochetto ripetitivo» ironizzò, mentre Brienne s’impensieriva.
«Io penso che se provasse a scrollarsi di dosso tutte le aspettative che gli altri hanno su di lui, forse potrebbe essere una persona più decente» provò a dire, ma Ron sbuffò.
«Non penso proprio. Se una persona è fatta in un modo, è così e basta. Non farti ingannare dal bel faccino che si ritrova, è uno stronzo».
Brienne non disse nulla: i suoi sentimenti nei confronti di quell’organismo unicellulare di Malfoy erano ancora troppo confusi per essere sindacati. E poi preferiva non prenderli troppo sul serio. Poteva solo immaginare le facce degli altri se avesse detto loro che le piaceva Malfoy.
Rientrarono dal ritratto senza che nessuno li fermasse, così capirono che erano tutti impegnati.
«Beh, direi che si sono strappati i capelli a furia di aspettarci» ironizzò Ron, buttandosi sul divano.
«Già!» Esclamò Brienne, buttandosi accanto a lui. «Tutto bene?» Chiese, notando il suo pallore.
Ron sbuffò, distogliendo lo sguardo da Hermione, in un angolo a parlare con Zabini.  
«Se vuoi puoi confidarti con me, lo sai» fece Brienne, prendendosi da bere.
Ron lanciò un’occhiata a Harry che ballava con Ginny e pensò che l’idea di confidarsi con qualcun altro non doveva essere male. Si massaggiò il collo con uno sbuffo, cercando le parole.
«E per… ehm…» cominciò, ma Brienne sorrise furbescamente «Hermione per caso?»
«È così visibile?» Si lamentò, poi ci ripensò. «Non rispondere, non fa niente. Tanto non cambierà mai nulla, almeno per me. Per lei cambia sempre tutto, invece, e piuttosto velocemente» frecciò caustico.
Brienne inarcò un sopracciglio «In che senso?»
«Prima c’era il Signor Quidditch con tutte le sue moine da superstar. Pensavo fosse sparito ed eccotelo che torna a regalarle un ciondolo d’argento. Poi ci si mette quell’altro bellimbusto di Serpeverde a farle la corte, uno che è intelligente e studioso almeno quanto lei… cosa posso fare se ogni volta c’è qualcuno di migliore?» Sbottò, nascondendo il viso tra le mani.
Brienne sorrise raddolcita, poi gli passò una mano sulla spalla «Ron, non è detto che ci sia qualcuno di migliore e peggiore, forse semplicemente non fai per lei… capisco che sia difficile capirlo adesso che sei preso, ma puoi sempre trovare qualcun’altra».
Ron fece un verso di incredulità, ma poi si rizzò e si passò una mano sulla faccia.
«Grazie Brienne e scusami…» fece, riuscendo persino a sorride. Sorriso che scivolò via quando vide Harry e Ginny avvicinarsi. «Oh no, non credo di farcela stasera…»
Brienne annuì «Posso sempre dire che sei sparito con un’aitante brunetta e non so dove sei finito» propose, facendolo ridere.
«Ottima idea» commentò, si scambiarono uno sguardo d’intesa, poi Ron scappò verso i dormitori.
Tempo due secondi e gli altri due presero il suo posto. Harry provò pure a fingere di non essersi divertito come un pazzo con Ginny, ma non riusciva a smettere di ridere.
«Siete tornati! Com’è andata con Malfoy? E dov’è Ron?» Chiese, guardandosi intorno.
Brienne mise su la sua migliore espressione neutrale e scosse le spalle «Non so, parlava con una ragazza laggiù… mi sa che era una di Corvonero» fece, mentre Ginny si accigliava.
«Davvero? Mio fratello?» Chiese, quasi sorpresa.
Brienne tirò fuori un sorriso quasi acido «Sì, davvero».
Si sentiva sempre colpita sul personale quando qualcuno veniva trattato con sufficienza, forse perché le capitava spesso di essere sottovalutata. Lei e i casi disperati.
«Un momento: e Hermione?» Chiese ancora Harry, che non la scorgeva da nessuna parte.
Brienne scosse le spalle, ma fu Ginny stessa a rispondere «L’ho vista parlare con Zabini poco fa».
I due in questione se ne stavano nel corridoio pieno di spifferi a fissarsi come due belle statuine.
«Allora, ne avete per molto?» Chiese con aria impenitente la Signora Grassa.
Sia Hermione che Zabini la guardarono malissimo e lei propose «Andiamo più in là?»
Blaise annuì con un sorriso «Stavo per dirlo io» fece e la seguì verso il primo angolo.
Dopodiché la guardò meglio «Sei bellissima, te l’ho già detto?»
Hermione arrossì, ma imputò la cosa allo sbalzo termico «Grazie…»
Blaise guardò l’orologio «Meglio che vada, Malfoy si sarà già premunito di attaccare manifesti sul mio presunto tradimento o qualcosa del genere. Però prima… » prese un respiro e tirò fuori il suo regalo-
«Questo è per te… è solo un pensierino, non ho avuto tempo di portartelo nel pomeriggio».
Hermione però fissava il pacco con aria sorpresa «Non me lo sarei mai aspettato da te, Zabini!»
Edward scosse la testa «Granger, aprilo o me lo riprendo».
Hermione sorrise «Ok, ok…»
Era un bellissimo libro sull’Aritmanzia che cercava da secoli e di cui avevano parlato molto.
«Noo, sei riuscito a trovarlo!»
Lui fece un ghignetto «Ho le mie fonti… sono contento che ti piaccia, forse è banale ma-»
«Ma va benissimo! Lo adoro!» Esclamò lei, stringendo il libro al petto. «Perché non resti? Dopotutto la festa non è ancora finita e chi se ne frega di Malfoy. Lo so che siamo Prefetti, ma sai com’è…»
«… contro la Umbridge va bene tutto» completò Blaise per lei e si sorrisero di nuovo.
«Senti, mi piacerebbe ma non penso sia il caso».
Hermione lo scrutò meglio, stringendo gli occhi «Perché?»
«Certo che in certe cose sei proprio lenta, Granger» sospirò, scrollando la testa.
«Torni a trattarmi male all’improvviso? Sei bipolare?» Frecciò sarcastica lei, ma Blaise la prese per entrambe le spalle e la baciò, lasciandola interdetta.
«Ecco perché. Ora vado» commentò lui subito dopo, con maggiore freddezza.
«Blaise!» Gridò Hermione quando lui era quasi alle scale. Lui si girò a fissarla con aria gelida.
«Andiamo, lo sappiamo entrambi che sei scioccata, lascia stare…»
Le parole di Draco continuavano a vorticargli nel cervello e l’aria sconvolta di Hermione non faceva altro che confermare i suoi dubbi sul fatto che non le sarebbe mai piaciuto. Sperò per un istante che facesse o dicesse una qualunque cosa, ma Hermione si limitò ad annuire con espressione confusa e lui andò via.
Hermione doveva ammettere che non ci aveva neanche mai pensato a Blaise in quel modo, ma ora si diede della stupida per non averlo capito prima. Una parte di sé quasi si vergognava a pensarlo, ma forse se lui si fosse fatto avanti prima forse non avrebbe neanche preso in considerazione Sirius: dopotutto Blaise era bello, divertente, intelligente e aveva la sua stessa età. Poteva dire che avesse tutto ciò che aveva sempre cercato in un ragazzo ma adesso… adesso c’era Sirius, Sirius con i suoi misteri.
La sua vita sarebbe stata più semplice con Blaise nel Castello, ma al cuor non si comandava giusto?
Hermione rise piano, pensando a quanto fosse ironica una vita che le spiattellava nello stesso momento due delle cose che aveva desiderato di più, due modelli di persona che avrebbe voluto incontrare.
Egoisticamente avrebbe voluto non scegliere.
Le venne voglia di mandare tutto a quel paese e raggomitolarsi tra le coperte, invece di ritorvò ad aprire il buco del ritratto con un sorriso un po’ vacillante addosso.
Ginny le andò subito contro, mentre Brienne restava un po’ sulle sue.
«Allora?»
«Cosa?»
«Beh eri con Zabini, no? Che voleva?»
«Mi ha baciato» fece con aria assente, prima ancora di rendersi conto di averlo confessato.
Brienne dimenticò per un attimo la sua aria sostenuta ed esclamò così forte che qualche sconosciuto si girò a fissarle. Ginny era sconvolta quasi in egual misura ed entrambe la portarono via prima che Harry o Ron potessero tornare a disturbarle.
«E quindi?!» Esclamò Ginny.
«Beh, io ho fatto il pesce lesso» disse, con un tono che non fece capire se le fosse piaciuto o meno.
Le due ragazze si lanciarono un’occhiata perplessa, poi Ginny sospirò «Ma ora cosa vuoi fare?»
«In che senso?»
«Con Viktor, no?» Chiese Brienne.
«Bella domanda» rispose, quasi sconvolta.
Si rese conto solo in quell’istante di essersi completamente scordata della sua copertura, in primis, ma anche del fatto che forse avrebbe dovuto dire qualcosa a… Sirius? Insomma, non sapeva ancora neanche cos’erano loro due, quindi come poteva capire come gestire quella cosa nei suoi confronti? Era un… tradimento, una cosa da confessare? Erano fatti suoi? E Sirius come l’avrebbe presa?
Il pensiero che potesse intristirsi e non fidarsi di lei la ansiava, ma l’idea che invece non gli facesse né caldo né freddo era se possibile ancora peggio.
Alla fine le scappò una risatina isterica e la mano corse a una bottiglia di Burrobirra nella cassa di Fred e George, nascosta neanche troppo bene dietro un pouf.
«Basta pensarci» si sentì dire, sotto lo sguardo attonito delle due. «Brindisi?»
Ginny si scambiò uno sguardo d’intesa con Brienne, ma Hermione scrollò le spalle.
«Hai ragione tu Ginny, i sedici anni vengono una volta sola! Divertiamoci e domani ci penseremo».
Condizionate dal suo sorriso a trentadue denti decisero di lanciarsi nella mischia, anche se Ginny continuava a tenerla d’occhio: quella Hermione così senza pensieri non la convinceva. Molti balli e qualche burrobirra dopo, Hermione prese coraggio per chiedere ciò che aveva voluto chiedere fin dall’inizio; si avviò verso Neville, immerso in una discussione sul Quidditch con Fred e Lee Jordan.
«Senti, Neville… potrei chiederti una cosa?» Gli sussurrò.
Lui batté le palpebre, ma annuì «Certo Hermione, dimmi».
«Cos’ha di speciale l’ippocastano?» Chiese a bruciapelo, poi si rese conto di essere stata troppo brusca.
«Voglio dire… ha qualcosa a che fare con la magia celtica… insomma, quali sono le sue caratteristiche?» Era consapevole di farfugliare, ma non sapeva proprio come aprire l’argomento. Non sapeva neanche lei perché fosse così importante.
Tuttavia Neville non ci fece caso, perso com’era nella sua passione; si portò un dito al mento e si sistemò meglio nella poltrona.
«Non mi ricordo molto, ma l’Ippocastano è sicuramente l’albero della passione: chi ce l’ha come guida è una persona passionale, che quando ha un’idea vi si butta e la difende a spadatratta».
Hermione sorrise, pensando al C.R.E.P.A e a Kreacher. Chiaramente doveva aversi pensato anche Sirius.
«Poi?»
Neville la guardò di soppiatto, con un sorrisino «Simboleggia anche gli amori difficili, ma eterni. Ovvio che non esista una regola, questa branca della magia è abbastanza oscura, per gli studi hanno dimostato dei tratti comuni in questo senso… passione amore eterno e…»
«Cosa?»
«Giustizia. L’Ippocastano guida i giusti. I suoi protetti ci credono fermamente nella giustizia e spesso fanno lavori collegati, come lavorare all’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, L’Ufficio Internazionale della Legge sulla Magia eccetera» continuò Neville. «Come mai tanto interesse per la magia celtica?»
«Eh?»
Hermione si riscosse e notò il suo cipiglio «Oh, niente. Stavo leggendo un libro in cui se ne parlava e mi sono incuriosità, tutto qui. Grazie Neville»
«Che libr-» cominciò lui, ma Hermione scappò via.
Ovviamente era di quello che si trattava: essere giusti. Sirius aveva un’alta opinione di lei e quel regalo, con tutto ciò che lo caratterizzava, ne era una prova evidente. Voleva essere all’altezza di quella percezione, anche se significava dirgli tutto.
Si avviò pensierosa verso il dormitorio e quando Ginny la raggiunse la beccò in stato insolitamente, per lei che non conosceva la situazione, depresso.
«Che fai?» Le fece, buttandosi sul suo letto.
«Medito il suicidio» ironizzò Hermione
Ginny scosse la testa «Ti sai rompendo troppo la testa su questa storia…»
Hermione le lanciò un’occhiata «Tu che faresti?»
«Sceglierei chi mi fa battere il cuore» rispose Ginny, così convinta che Hermione sbuffò d’impazienza.
«Come hai fatto con Harry?» Le sfuggì, pentendosene subito dopo. «Mi spiace, scusami…»
Ginny scosse la testa «Non preoccuparti… non fingerò neanche più di nasconderlo, naturalmente tu sai cosa provo per Harry. Però sei stata tu stessa a dirmi di andare avanti, di guardarmi intorno e di capire quali battaglie combattere o te ne sei dimenticata? Con Krum ci hai già provato, perché dovrebbe essere diverso adesso?»
Perché non è il vero Krum, pensò Hermione ma non poteva dirglielo.
«Non lo so… siamo ancora qui che ci scriviamo, qualcosa vorrà dire no?» Nicchiò, ma sapeva che senza una visione completa delle cose Ginny non poteva esserle utile. Non era colpa sua, dopo tutto.
«Magari si sente semplicemente solo» replicò Ginny, colpendola diritto nello stomaco.
Certo, lei si riferiva a Krum ma la cosa era applicabile anche a Sirius: stava rinunciando a qualcosa di potenzialmente fantastico per il capriccio di un uomo volubile?
«Ho bisogno di prendere aria» annunciò, con uno scatto.
Ginny rimase un attimo interdetta «Non possiamo uscire» le fece con tono ovvio, perplessa all’idea di dover ricordare a un Prefetto, soprattutto a Hermione, le regole del Castello.
Quella doveva essere davvero la serata delle follie, pensò Ginny, perché giurava che quel ghigno sulla faccia di Hermione era stato rubato direttamente ai suoi fratelli.
«E chi ha parlato di uscire… vieni con me?»
Ma aveva già spalancato una delle finestre.
«Ehm ok? Non è che devo tenerti no?»
Ginny adocchiò Hermione che, dopo essersi messa a cavalcioni della finestra, se ne stava con entrambe le gambe penzoloni nel vuoto; seduta sul davanzale.
Hermione rise «Oh, andiamo. Ho un ottimo equilibrio!»
Ginny sbuffò «Il tuo ottimo equilibrio non ti ha permesso di imparare a volare, però…» le ricordò, arrampicandosi con lei sul cornicione della finestra.
Hermione rise di nuovo. In tutta onestà credeva ci fossero degli incantesimi a protezione delle finestre, una falla mostruosa nella sicurezza del Castello. Ma meglio per lei. Inspirò l’aria fresca della sera sentendosi subito meglio, mentre Ginny le lanciava un’occhiata.
«Senti, devo chiederti una cosa…»
«Mh?»
«Cosa ti sta succedendo? Non eri così destabilizzata neanche quando hai capito di esserti innamorata di Ron al secondo anno. C’è qualcos’altro, lo sento».
Hermione sospirò, ma continuò a guardare la luna di fornte a sé «Hai ragione».
Cominciò a pensare che l’idea di confidarsi con qualcuno non fosse così male. Ginny sarebbe rimasta scioccata, ma era di vedute abbastanza aperte, era fidata e sincera.  Prese coraggio e si girò a fissarla.
«La verità è che-» cominciò ma la porta si aprì di colpo, facendo entrare contemporaneamente Aveline, Brienne e una ragazza sconosciuta dai capelli rossicci.
…ho una storia con Sirius Black, completo Hermione nella sua testa, mentre Brienne e Aveline le raggiungevano parlando allo stesso tempo.
Ginny scosse la testa «Ne riparleremo…» mormorò, poi girò i piedi all’interno per rivolgersi al gruppetto. «Che succede? Ciao sconosciuta» fece alla timida ragazza, che accennò un sorriso.
Aveline le lanciò un’occhiata poi tirò fuori la sua espressione più neutra «Non stava mica con me…»
«Certo, perché non vi ho beccato a pomiciare proprio qui davanti!» Esclamò Brienne, facendo ridere le altre due e arrossire la povera malcapitata che si chiamava June.
Aveline sorrise «Non ti preoccupare, sono caotiche ma fidate. Non diranno nulla…»
Brienne annuì «Sei in una botte di ferro! Allora, tu: vuoi buttarti di sotto?» Chiese poi a Hermione.
«Non se ne parla proprio!» Esclamò lei con un sorrisino.
«Benissimo. Ora scendete che non potete perdervi i gemelli che si baciano…»
Ginny, che stava cercando di rientrare, inciampò su una scarpa e quasi franò a terra «Che cosa?!»
Aveline annuì, cercando di non ridere «Sul serio! Magari ci stanno mettendo poca enfasi, insomma Fred aveva fatto di meglio l’anno scorso con Angelina Johnson, ma si sta apprezzando l’impegno».
Ginny scrollò la testa, mentre aiutava Hermione a scavalcare.
«Mia madre morirà di crepacuore, un giorno o l’altro…»
Continuando a discutere, le quattro si avvicinarono alla porta e poi guardarono Hermione.
Per tutta risposta, lei sorrise «Giuro che non voglio buttarmi di sotto, ma mi serve il bagno».
Ginny annuì «Concesso, ma dopo veniamo a controllare» fece, supportata dalle altre.
Hermione mantenne il sorriso fino a che non uscirono, poi andò a sciacquarsi con l’acqua fredda. Stava meditando se scrivere subito a Sirius, senza sapere bene da dove iniziare: doveva ringraziarlo per il regalo, arrabbiarsi per i soldi che aveva speso, congratularsi per aver capito così tanto di lei, ma anche confessargli di aver baciato Blaise… non sapeva quanto la cosa potesse interessargli e magari sarebbe solo apparso ancora più evidente il ridicolo gap che c’era tra loro.
E alla fine di tutto avrebbe solo voluto averlo lì, abituarsi alla sua presenza fisica.
Senza farci caso Hermione aveva già preso calamaio e pergamena, ma non fece in tempo a sedersi che il gufo di Remus arrivò frullando, posandosi sul davanzale e schioccando il becco.
Hermione corse verso di lui: se Remus gli scriveva a quell’ora da Grimmauld Place doveva essere urgente! Quasi strappò la lettera dalle zampe dell’animale, che fece un verso indignato ma rimase: forse aveva ricevuto l’ordine di aspettare una risposta e la cosa la preoccupò ancora di più.
Hermione aprì la lettera, notò la solita lista di libri di Remus e rimase un attimo interdetta: a quell’ora? Poi però ricordò che a inizio settembre gliene aveva inviata una simile con all’interno un codice per comunicare senza sospetti. Dopotutto parlare di libri era l’unico motivo per cui lei e un ex insegnante avrebbero potuto scriversi senza destare sospetti.
 
Cara Hermione,
mi dispiace scriverti a quest’ora, ma in un altro momento non avrei tempo; la situazione a casa è un po’ caotica.
Qui di seguito l’elenco dei libri che ho considerato stasera, in risposta alla tua ricerca di nuove letture. In questi giorni te ne invierò altri. Abbi pazienza.
Buona notte,
Remus
 
“Lo Strano Caso del Cane ucciso a mezzanotte”;
“Sonno Profondo;
“La Maledizione di baskerville”;
“L’Ultima Lettera”;
“Va Tutto Bene”.
 
Hermione lesse la lista tutta di un fiato e rimase interdetta. Remus scriveva in lettere maiuscole solo le parole che doveva prendere in considerazione, quindi supponeva che Cane si riferisse a Sirius; ma cosa volevano dire Sonno profondo e La Maledizione? Cominciò a odiare Remus per averle inviato una lettera così striminzita e per aver scelto titoli così ambigui.
Hermione rimase piantata in mezzo alla stanza, con i muscoli che tremavano dalla voglia di fare qualcosa. Sirius era stato ferito, ma in che modo? Li avevano scoperti? Il quartier generale era stato violato o i Mangiamorte li avevano raggiunti? Avrebbe dovuto dirlo a Harry, ma parlargliene avrebbe significato fare fuori la loro copertura… ce n’era davvero bisogno o si stava solo immaginando tutto?
Hermione sentiva il cervello lavorare a una velocità inaudita, producendo un numero di domande troppo grande persino per la sua mente allenata. Cosa doveva fare?
Per un attimo guardò il cielo senza stelle con la folle idea d’inforcare la scopa e volare fino a Londra, mentre un’altra parte di sé si rammaricava di non essere capace di trasformarsi in un Animagus volante. Intanto sentiva il tempo scorrere futilmente, la musica della festa in suo onore che le dava fastidio.
Colta da un’idea improvvisa corse al baule e ne tirò fuori un’altra pergamena e altro inchiostro; quasi febbrile, scrisse una veloce lettera allarmata a Tonks, senza importarsene se risultasse troppo chiara a occhio esterno.
Richiamò il gufo di Remus e gli legò la lettera alal zampa «Senti, devi inviare questa lettera a Nynfadora Tonks, va bene? Non so dove abiti, ma sono sicura che tu le abbia già spedito altre lettere… è urgente e strettamente privata, becca chiunque provi a prenderla» disse, in realtà poco sicura che l’animale la capisse.
Eppure forse fu il tono disperato, forse le sue mani tremanti, ma il gufo sembrò comprenderla e fece un versetto quasi preoccupato, per poi volare via nel buio.
Hermione si permise di respirare ma rimase seduta a terra, pronta a non dormire tutta la notte: come avrebbe fatto a nascondere la sua agitazione agli altri, quando la sua mente non faceva altro che pensare a Sirius e alle parole di Remus?
Rilesse la lista ma ignorò l’ultimo titolo, inserito solo per evitare che lei facesse qualche sciocchezza. Aveva bisogno di sapere e sperò che Tonks potesse aiutarla, andando a Grimmauld Place.
Una parte di sé continuava a sentirsi in colpa per il fatto che Harry rimanesse all’oscuro di tutto, ma la verità era che non credeva si sarebbe sentita tanto… annichilita per Sirius, tanto coinvolta al punto di voler infrangere qualsiasi regola, rischiare qualsiasi cosa, pur di vedere come stava.
Il gufo avrebbe raggiunto Tonks solo molto tempo dopo, non poteva permettersi di aspettarlo né voleva tornare di sotto. Cercando di distrarsi, tirò fuori le vecchie lettere di Sirius e cominciò a leggerle, immergendosi totalmente in una realtà che apparteneva a un passato lontano.
 

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Capitolo 16
*** A Hogsmeade ***


A Hogsmeade
 
Sirius si svegliò con la sensazione di un punteruolo acuminato su per il braccio, aveva la bocca secca come se non bevesse da giorni e la testa talmente pesante da pensare di avere avuto una botta in testa.
«Mmh» si lamentò, giusto per capire se fosse ancora dotato di voce.
Provò a sollevarsi un attimo senza riuscirci: da quel poco che riusciva a vedere si trovava in camera sua: le finestre erano spalancate a fare entrare il pieno sole di mezzogiorno.
Sul comodino accanto al suo letto c’era una certa quantità di pergamene e i suoi timori furono assodati quando lesse, di sfuggita, un nome conosciuto. Hermione.
Con uno sbuffo forte, che nessuno ascoltò, provò a mettere i piedi a terra e quasi franò a terra.
«Maledizione, Remus! Remus! O chi accidenti c’è in questa casa!» Berciò.
«La smetti di fare il pazzo?» Lo redarguì Tonks, appoggiandosi alla porta a braccia incrociate. Sirius le lanciò un’occhiataccia, poi tornò a concentrarsi sulla debole presa che gli permetteva di non andare a baciare il pavimento.
«Gradirei un aiuto» ringhiò tra i denti e lei sospirò, prima di allungarsi e aiutarlo a sedersi.
«Non dovevi proprio alzarti… razza di testone».
Sirius la ignorò, cercando di sedare la rabbia che già sentiva fluire nel corpo come veleno; già odiava essere murato vivo in quella casa, figurarsi non poter neanche muoversi in autonomia.
«Cosa ci fai qui?» Chiese come prima cosa.
Tonk aveva l’aria stanca e i lunghi capelli scuri lo sottolineavano ancora di più. Nonostante quello, cercò di non sbuffare e tentare un mezzo sorriso.
«Sono qui per aiutare te e Remus».
Sirius annuì, massaggiandosi il collo stanco «E lui che fine ha fatto?»
«Era in cucina a preparare qualcosa, credo…» replicò lei, fissandolo meglio. «Tu come stai?»
«Come se fossi stato investito dal Nottetempo, grazie» ironizzò, chiudendo gli occhi a una nuova fitta al braccio. «Che cos’ho?» Si sentì chiedere, ma Tonks scrollò la testa.
«Non lo sappiamo. Remus mi ha detto che sei svenuto e non ti svegliavi più, ha dovuto portarti a letto e darti una pozione calmante perché ti agitavi. Abbiamo fatto delle ricerche ma non lo sappiamo e il tuo polso continua a, tipo, ribollire».
A quelle parole entrambi abbassarono la testa sulla pelle liscia, ma arrossata del polso.
«Ribollire?»
«Sì… ogni tre ore ti escono delle bolle di un rosso acceso, ti sale la febbre, ti lamenti, ma poi ritorna tutto apposto… è tipo ciclico».
«Chi altro lo sa?» Chiese lui e ricevette solo silenzio. «Tonks?»
Remus l’aveva avvisata che Sirius non avrebbe preso bene la loro decisione, ma dopotutto non avrebbero potuto fare altrimenti visto che viveva nel Quartier Generale; prima o poi qualcuno se ne sarebbe accorto comunque.
Tonks inspirò e si preparò psicologicamente alla guerra.
«Silente. Silente lo sa» commentò, poi seguì preoccupata i suoi tentativi di alzarsi. «Sirius…»
«… non muoverti» fece Remus con voce ferma, dalla soglia.
Sirius gli lanciò un’occhiata, sbuffò e si lasciò cadere.
«Sì, mammina» commentò con acidità, facendogli roteare lo sguardo in cielo. Qualcosa gli diceva che si stava comportano proprio come avevano preventivato, ma se ne fregava.
«Non so se ti ricordi, ma ti sei ripreso più volte e sei caduto più volte come una pera cotta. Per la tua incolumità dovresti startene sdraiato, anche Silente è d’accordo» gli spiegò.
Sirius fece un ghigno amaro «Ah, se lo dice Silente…»
«Sirius…»
«Non dovevi dirglielo» scattò, tirando fuori un po’ della rabbia che si sentiva dentro. «Adesso scommetto che sarà ancora più facile avere un po’ di respiro» frecciò sarcasticamente, fissando il soffitto.
Tonks e Remus si scambiarono un’occhiata, poi lei annuì e si allontanò.
«Io sarò giù…» gli soffiò, sfiorandogli una mano e Remus annuì in ringraziamento.
Sirius notò tutto quello scambio di leggere effusioni e si sentì, chissà perché, ancora peggio.
«Almeno vedo che il mio stare male vi è servito a qualcosa. Avere la casa libera vi ha aiutato?»
Remus non arrossì nemmeno: sapeva che Sirius era solito essere quasi maligno quando si infuriava ed era deciso a non farsi trascinare da lui in lotte senza fine.
«Stammi a sentire, zuccone: stavi male, molto male e non sapevo cosa fare. Non ti svegliavi, ti agitavi, a un certo punto hai smesso di respirare… mi dai del secchione, ma non sono infallibile» spiegò.
«Certo, invece Silente…»
«… Silente ne sa più di me e te messi assieme, questo è sicuro. Tu stesso l’avevi chiamato per-»
«A differenza mia tu non rischiavi di essere chiuso per sempre in una casa che odi» ribatté.
«Invece sono stato rimosso dal mio incarico fino a data da destinarsi» sbottò arrabbiato Remus. Approfittò del silenzio di Sirius, per continuare «Non sapevo cos’altro fare, va bene? E non ti avrei guardato morire senza fare niente, non puoi chiedermi di farlo».
Quelle parole lo fecero capitolare; Sirius rimase in silenzio per qualche minuto.
«È venuto qui?» Chiese, cambiando argomento.
«Sì, dice che forse siamo stati attaccati dalla stessa cosa. Come se… avesse lasciato me per colpire te» spiegò Remus.
«Come un contagio?»
«Così pare, ma non si capisce come accade né quali siano gli effetti precisi…» il tono nervoso di Remus lo colpì e Sirius lo fissò con maggiore attenzione.
«Non sarà…?»
«No, non è la Licantropia» tagliò corto lui e Sirius scrollò le spalle come se non gli importasse. «Chiedevo solo. Sei strano».
«Sono cauto… aspetto ancora l’attacco finale…» ironizzò, tenendosi a distanza di sicurezza.
Sirius adocchiò le lettere al suo fianco «Lo avete detto a Hermione, vero?»
«Più o meno…»
«Cosa vuol dire più o meno?» Chiese, con un tono un po’ troppo tranquillo per la situazione.
«Vuol dire che le ho detto solo ciò che era giusto sapesse…» cominciò Remus, ma sapeva di starsi inoltrando su un terreno scivoloso.
Sirius si sedette sulla sponda del letto, raccogliendo il coraggio per alzarsi nonostante il dolore.
«E chi ti ha dato il diritto di decidere cosa fosse giusto dirle e cosa no?»
Remus si accigliò «Vuoi dire che avresti preferito rimanesse all’oscuro di tutto? Le ho scritto soprattutto per evitare che si chiedesse perché non le scrivevi più…»
«Meglio farla preoccupare e distrarre dai suoi studi, cercando il modo di sapere qualcosa… fallendo comunque, perché sappiamo che Hogwarts è una specie di bolla dorata senza contatto con la realtà» commentò con tono duro.
Remus rimase alquanto colpito dal fatto che fosse così protettivo nei confronti di Hermione, ma continuava a credere fosse meglio che avesse avuto notizie da lui invece di passare giorni in attesa di risposte vane.
«Sempre meglio sapere qualcosa che crederti sparito nel nulla da un giorno all’altro. Volevi essere un tipo affidabile, no?» Replicò, sulla difensiva.
Sirius scosse la testa «Ma non sono cose di cui devi occuparti tu…»
«Credevo di farti un favore!»
«Beh, non farlo più. Sono affari miei. Io non mi metto in mezzo ai tuoi affari con Tonks» sbottò Sirius, ma si sentiva troppo debole per litigare. Rimasero in un silenzio sostenuto per un po’, poi Sirius prese qualche lettera «E cosa…?»
«Era preoccupata per te… lo è stata tutto il tempo, ma Tonks le ha scritto spesso per aggiornarla. Sta’ tranquillo, sono state discrete» spiegò, senza riuscire a trattenere un sorrisino.
«A dirla tutta, Tonks è arrivata qui come un carro armato buttando giù porte, dopo la mia lettera a Hermione… Tonk mi ha rivelato che le aveva scritto pretendendo risposte più puntuali delle mie».
Sirius avverti un certo calore dalle parti del collo, quel calore che non aveva niente a che vedere con la febbre e gli ricordava che, forse, aveva qualcuno là fuori che si interessava a lui.
«E Harry?» Sussurrò, mentre Remus si sedeva sulla sponda del letto.
«Gli ho scritto, ma naturalmente non ho accennato a Hermione. A nessuno dei due ho parlato della gravità della situazione».
«Hai fatto bene…»
La pace sembrò essersi ristabilita e Remus odiò il fatto di dover insistere.
«Comunque Silente non scherzava…» ricominciò, molto cautamente.
«Rispetto a cosa?»
Remus sospirò «Ho l’ordine di farti restare in camera, chiuso. Per adesso sappiamo che questa cosa non si passa in modo normale… voglio dire, Tonks sta bene, però abbiamo bisogno di tenere il Quartier Generale al sicuro» fece, aspettando lo scoppio.
Il silenzio che seguì gli fece capire che Sirius non aveva ancora assorbito le implicazioni di quelle parole, ma alla fine non reagì come previsto.
«Allora portatemi da un’altra parte» fece, con tono sprezzante.
«Sirius…»
«No, davvero. Portatemi, non so, su un’isola sperduta da solo, almeno mi prendo il sole!»
«Devi stare qui» sbottò Remus in tono categorico, fissandolo negli occhi.
Sirius lo fissò allo stesso modo «Agli ordini, signore. Ora lasciami in pace».
Remus capì che da un Sirius in quello stato non poteva pretendere di meglio e si alzò.
«Mettiti a risposo. Lascia che ricambi la cortesia almeno» fece solo, uscendo.
Sirius si sistemò meglio il cuscino e rimase a fissare il soffitto, mentre una strana calma si impadroniva di lui; era la stessa sensazione che lo aveva pervaso prima di trasformarsi in Animagus e fuggire da Azkaban, quando si era dato alla caccia di Peter dopo tredici anni, quella che gli fece capire di essere pronto a mandare al diavolo ogni regola.
James la chiamava “la calma prima della cazzata” e Sirius sapva che era molto più reale di quanto gli piacesse credere. Qualche piano più sotto, Remus pensava la stessa cosa: conosceva Sirius talmente bene da sapere che tanta arrendevolezza era quantomeno sospetta.
Con un sospiro si lasciò cadere su una sedia e Tonks gli passò un tè.
«Come sta?»
«Al solito, da Sirius… Grazie» mormorò, soffiando sulla tazza. «Ho invidiato spesso la passione che mette in tutto, sia nel male che nel bene… però lo prenderei a calci» .
Tonks sorrise e si sedette di fronte a lui.
«Ognuno ha il suo modo di sfogarsi. Sirius sbraita, brontola e parla prima di pensare, ci sono altre persone che si raffreddano e si allontanano…»
Remus la fissò di sottecchi, poi sospirò.
«Tonks…» cominciò, cercando di prenderle le mani.
Lei avrebbe voluto allontanarsi, ma neanche la più grande forza del mondo avrebbe potuto convincerla a convincerla a tagliare con lui; neanche dopo tutto quello che aveva già fatto.
«Mi dispiace» fece solo, per una volta senza giri di parole.
Non era da Remus essere così diretto e Tonks sgranò gli occhi «Scusami?»
«Mi dispiace per come ti ho trattato, sono stato-»
«Uno stronzo?» Suggerì lei.
«Esatto. Uno stronzo. E un insensibile. Non intendevo insinuare che quello che è successo tra noi sia stato un errore o non mi sia piaciuto, anzi…» la vibrazione che seguì quella conclusione ebbe il potere di farla tremare. Ma sapeva già dove sarebbe andato a parare quel discorso.
«Però questa cosa non può andare avanti e, per una volta, non parlo solo dell’età. L’hai visto: ho quasi rischiato di morire o, peggio, di essere infettato da chissà cosa… non voglio che tu debba passare…»
Remus s’interruppe e la seguì mentre si alzava.
«Lo sapevo!» Esclamò Tonks, battendo una mano sul tavolo. «Lo sapevo che avresti utilizzato quello che è successo come scusa per allontanarti. Te l’ho già detto: lascia decidere me cosa posso o non posso sopportare!»
Remus scosse la testa e si alzò «Non capisci…»
«Allora spiegamelo! Spiegamelo, perché non capisco!»
«Sono io che non posso sopportarlo» fece allora lui, guardandola con espressione triste. «Sono io che non posso stare con te la notte e poi tornare in quel posto a… l’ho sempre detto, voi non siete Licantropi e se non venite con me al Lupanare non potrete mai capire. Non posso vivere in un posto come quello e poi tornare da te a… sporcarti. Non ce la faccio» confessò.
La voce gli si spezzò e i tratti di Tonks si ammorbidirono, quando si rese conto che per la prima volta Remus si stava davvero aprendo con lei.
«Remus… io ho letto tutto ciò che c’è da leggere sui Licantropi, ho fatto ricerche e ho studiato, ho visto qualcosa…» fece, avvicinandosi a lui e alzando una mano a sfiorargli il viso.
«Non è la stessa cosa» ribatté freddo lui.
«Lo so» replicò Tonks, con lo stesso tono dolce. «Lo so… ma lascia decidere me se sarò abbastanza forte da reggere. Lasciami provare, ti prego. Non puoi continuare questa vita e sperare che io non soffra per te, succederà comunque. Però almeno potrò starti vicino…» mormorò, per poi baciarlo.
Si baciarono con la forza della disperazione perché non sapevano davvero quanto e se sarebbe durata. Remus pensò che avrebbe potuto provare… che forse si meritava l’illusione di una vita normale, almeno per qualche istante.
 
Hermione aveva passato quella successiva settimana in uno stato che dire bipolare era ancora poco: passava da stati di euforia pazzesca a momenti di depressione da piumone e tè caldo. Fortunatamente l’idea di contattare Tonks si era rivelata giusta, perché era piombata a Grimmauld Place come un’aquila e aveva continuato a tenerla aggiornata con diversi stratagemmi piuttosto furbi. Attraverso quelle lettere aveva saputo che Sirius continuava ad avere la febbre alta e a vaneggiare, ma non sembrava in pericolo serio.
La sfida più grande, però, era stata far finta di niente: andare avanti nonostante i discorsi di un preoccupato Harry e dovergli dire di avere pazienza, quando lei stessa avrebbe gettato alle ortiche Hogwarts per correre da Sirius, era sfiancante.
In più aveva continuato ad usare la scusa di Krum per giustificare le numerose lettere di Tonks e ormai Ron non le parlava quasi mai in tono gentile.
Ginny aveva detto che gli sarebbe passata, ma la verità era che non riusciva a sopportare tanta freddezza da uno dei suoi migliori amici per troppo a lungo. Sull’altro versante, Blaise non le aveva più rivolto la parola e le preoccupazioni per Sirius avevano cancellato l’euforia per il bacio ricevuto; continuava a considerarlo un bel ragazzo, intelligente e interessante, ma ormai aveva capito da che parte fosse il suo cuore per il momento.
Non poter parlare di Sirius con nessuno era ciò che la logorava maggiormente. Nei momenti più bui dovette accontentarsi di piangere da sola e ormai si sentiva peggio di Mirtilla Malcontenta, con la differenza che almeno lei poteva farlo in santa pace senza che nessuno si chiedesse se per caso fosse impazzita.
Ormai sfruttava le uscite in solitaria in biblioteca per scapparsene al parco e stare sola con i suoi tetri pensieri, cosa che le fece intuire quanto Sirius stesse diventando importante per la Hermione ossessionata dai compiti e dai G.U.F.O.
A rischiarare un po’ le sue giornate c’era stata l’accettazione di Harry delle lezioni di Difesa e l’idea di fare qualcosa contro la Umbridge. La nostalgia di Sirius era prepotente, ma la progettazione delle lezioni con Harry la distraevano e le permettevano di stare vicino al suo amico, anche se lui non sapeva che si stavano consolando per lo stesso motivo.
Solo una volta Harry fu abbastanza vicino alla verità quanto sottolineò la sua strana tristezza, ma lei riuscì a sviare parlandogli di Ron che, forse proprio per allontanarsi da lei, passava molto più tempo con Aveline e Brienne.
«Gli deve passare… forse finirete anche di battibeccare come facevate un tempo, era snervante» ironizzò Harry, due pomeriggi prima del primo week-end a Hogsmeade di ottobre.
Stavano prendendo l’abitudine di passare un’ora nel parco, appoggiati al solito albero, approfittando del tempo ancora mite.
Hermione sorrise, ma non ne era convinta.
«Non voglio che si allontani troppo…»
«Mmh, forse dovresti dirglielo» propose Harry. Aspettò due miseri secondi, poi le chiese: «Invece con Blaise Zabini?»
Hermione non rispose, ma Harry notò che continuava a scrivere e cancellare la stessa frase sulla pergamena che aveva in grembo.
«Ti sta bene Krum?» Le chiese, riuscendo a leggere il nome in calice alla lettera.
Era la centesima volta che glielo chiedeva, sfruttando qualsiasi occasione in cui erano da soli. Non che lui preferisse Zabini di Serpeverde al suo ex rivale di Quidditch… per lui nessuno dei due era abbastanza per Hermione. Tuttavia non sapeva come iniziare l’argomento, per paura che anche lei si allontanasse come Ron.
«Già…» mormorò lei.
Come a leggere loro nel pensiero, un gufo puntò verso di loro.
Harry scosse la testa «Parlando del diavolo…»
Hermione era sicura che la lettera fosse di Tonks. Avrebbe voluto dirle di scrivere sotto il nome di Krum come Sirius, ma le era sembrato esagerato costringere anche lei a quella bugia, quindi aveva spesso paura che li intercettassero.
Fortunatamente Tonks si era dimostrata all’altezza del suo ruolo, bravissima nei depistaggi.
Il gufo lasciò cadere la lettera in grembo a Hermione e volò via, schioccando il becco. Hermione si girò con aria vaga verso Harry, ma lui se ne stava appoggiando al tronco con gli occhi chiusi, godendosi il sole.
Sarebbe stato molto più sicuro per lei aprire la lettera quando era da sola, ma la verità era che non stava più nella pelle. Capì di essersi ormai irrimediabilmente bevuta il cervello, quando la aprì lo stesso nonostante Harry fosse a due centimetri da lei.
 
Cara Hermione,
come promesso ti do’ le ultime: il gallo è finalmente sveglio e non sono sicura ci sarà più pace per noialtri! Proprio per questo credo cercherò di salvarmi tornando a lavoro.
Non potrò più scriverti dalla casa-base, ma sono sicura che tutto tornerà alla normalità.
Con affetto,
T.
 
Hermione inarcò un sopracciglio: la lettera era breve e persino troppo sfacciata, ma il cuore fece un buffo balzo quando lesse le parole “finalmente sveglio”.
Sirius stava bene.
Hermione si portò una mano alla bocca, nel tentativo di arginare la felicità che si faceva spazio in lei come una bomba. Con un sospiro, si appoggiò all’albero e chiuse gli occhi, permettendo alle lacrime di scendere per un solo istante, prima di asciugarsele rapidamente.
Era passata una sola settimana, ma al suo cuore erano sembrati secoli, dannato di un Black.
«Allora, che dice il nostro amico?» Chiese ironico Harry.
«Tutto va bene…» mormorò Hermione.
Si sentiva al settimo cielo e stava già pensando cossa coscrivergli nella prossima lettera. Avrebbe voluto essere arrabbiata, anzi infuriata, per la paura che le aveva fatto prendere, ma sapeva che invece scoppiava di felicità… provava un miscuglio di sentimenti tali da trovare stupefacente non essere ancora esplosa.
«A che pensi?»
Harry si era sollevato e aveva notato il suo sorrisino.
«Stavo pensando alle nostre lezioni...» disse, dopo un breve sussulto.
«Gliela faremo vedere noi, alla rospa!»
«Ben detto!»
Harry rise e si appoggiò alla sua spalla, richiudendo gli occhi. Hermione cercò in ogni modo di aggrapparsi a quella sensazione di euforia, cercando di silenziare i sensi di colpa.
 
La mattina della gita a Hogsmeade era limpida e ventosa; era possibile sentire il vento dal tetto magico della Sala Grande.
Hermione si sentì osservata durante tutta la colazione, ma fortunatamente nessuno si avvicinò a chiederle nulla: la Umbridge continuava a osservare l’intera sala dal tavolo degli insegnanti come un grosso gufo appolliato sul trespolo
«Allora, è per oggi?» Sussurrò Brienne, sedendosi accanto a Harry e rubando del pane a Ron.
«Mh, buongiorno» sbuffò lui, mentre lei sogghignava.
«A che ora ci dovremmo vedere?» Chiese Aveline, arrivando con Ginny.
Hermione stava per rispondere, quando un frullio di ali annunciò l’arrivo della posta mattutina. Tanto per cambiare, il gufo fulvo di Sirius arrivò tra loro con la solita andatura caracollante, tra le solite occhiate allusive e il cipiglio di Ron.  
Soltanto dopo aver preso la lettera Hermione si rese conto che non poteva trattarsi di Tonks, così il cuore cominciò a batterle forte: forse era Sirius che le scriveva dopo tanto tempo?
Cercò di non far trapelare nulla, ma non riuscì a nascondere la delusione quando lesse una sola misera frase:
“Oggi alle tre, Zonko”.  
Hermione inarcò un sopracciglio e girò il foglio, convinta che ci fosse altro. Cosa voleva dire?
Hermione ricordava di avergli parlato della possibilità che si incontrassero durante il primo week end fuori, ma era stato tanto tempo prima e non poteva credere che Siriu sarebbe stato tanto incosciente da presentarsi a Hogsmeade nelle sue condizioni.
Ormai non poteva evitare più l’incontro con gli altri, non ora che aveva avvisato tutti, ma temeva davvero che Sirius avrebbe fatto una pazzia del genere... cosa sarebbe successo se Harry avesse riconosciuto un Sirius Animagus che vagava per il villaggio?
Hermione sapeva che era stato male e poteva capire la sua frustrazione, ma non poteva che sentirsi arrabbiata per quella cocente delusione: stava aspettando una sua risposta da una settimana e lei era riuscito a scriverle solo una misera frase che per giunta le causava un’ansia terribile.
«Ho detto per le dieci di mattina a tutti» commentò d’improvviso, accartocciando il foglio.
«Qualcosa non va?» Chiese Ginny, notando la sua espressione scazzata.
Hermione scosse la testa «Tutto bene».
Ovviamente non era vero, ma non voleva dare adito ad altri gossip tra lei e Krum; stava davvcero sperando che quell’argomento cadesse al più presto nel dimenticatoio.
* Dopo colazione si misero in fila davanti a Gazza, che controllava i loro nomi sulla lunga lista degli studenti che avevano ottenuto dai genitori o dai tutori il permesso di andare al villaggio. Con un piccolo tuffo al cuore, Harry ricordò che se non fosse stato per Sirius non ci sarebbe potuto andare affatto, mentre anche Hermione pensava a Sirius ma in termini decisamente meno amichevoli.
Quando arrivarono davanti a Gazza, il custode annusò Harry a fondo, quasi volesse sentire se aveva fumato. Poi fece un breve cenno e tutti e tre si avviarono verso l’ampio viale che portava ai cancelli, salutando le altre ancora in fila dietro di loro.
«Perché Gazza ti annusava?» chiese Ron.
«Immagino che stesse cercando una Caccabomba» rise Harry. «Ho dimenticato di dirvelo...»
Raccontò di quando aveva spedito la lettera a Sirius e Gazza era entrato qualche istante dopo, pretendendo di vedere la missiva. Con sua sorpresa, Hermione trovò la storia estremamente interessante, molto più di quanto pensasse lui.
«Ha detto che qualcuno gli aveva soffiato che stavi ordinando delle Caccabombe? Ma chi è stato?»
«Non lo so» rispose Harry con un'alzata di spalle. «Forse Malfoy, si diverte così».
Oltrepassarono le due alte colonne di pietra sormontate dai cinghiali alati e svoltarono a sinistra verso il villaggio, con i capelli negli occhi per il vento.
«Malfoy?» disse Hermione scettica. «Mah sì, forse...» Rimase pensierosa per tutto il tragitto. L’affermazione di Gazza aveva tutta l’aria di essere una scusa, una scusa piuttosto ridicola in verità. Il suo dubbio era che stesse intercettando i gufi della scuola e la cosa la impensieriva molto, vista la natura delle sue ultime corrispondenze.
«Dove andiamo, a proposito?» Domandò a un certo punto Harry. «Ai Tre Manici di Scopa?»
«Oh... no» disse Hermione, riemergendo dalle sue fantasticherie. «No, è sempre pieno e c'è troppo rumore. Ho detto agli altri di incontrarci alla Testa di Porco, l'altro pub che non è nella via principale. È un po', come dire, equivoco... ma gli studenti di solito non ci vanno, perciò non credo che saremo spiati».
Percorsero la strada principale e superarono l'Emporio degli Scherzi di Zonko, dove non furono sorpresi di trovare Fred, George e Lee Jordan; passarono davanti all'ufficio postale, dal quale i gufi partivano a intervalli regolari; infine svoltarono in una traversa in fondo alla quale c'era una piccola locanda. Una consunta insegna di legno pendeva da una staffa arrugginita sopra la porta, con l'effigie di una testa di cinghiale mozza che gocciolava sangue su un panno bianco. Il vento fece cigolare l'insegna. I tre esitarono sulla porta.
«Dai, andiamo» disse Hermione, con un briciolo di nervosismo.
Harry entrò per primo. Non era affatto come i Tre Manici di Scopa, la cui ampia sala dava un'impressione di calore e pulizia. La Testa di Porco era un locale piccolo, angusto e molto sporco, con un forte odore di qualcosa che poteva essere capra. Le finestre a bovindo erano così incrostate che ben poca luce filtrava nella stanza, illuminata da mozziconi di candela piantati su rozzi tavoli di legno. Il pavimento sembrava a prima vista fatto di terra battuta, ma quando fecero il primo passo si resero conto che c'era pietra sotto quello che doveva essere sudiciume accumulato da secoli.
«Non so, Hermione» mormorò Harry quando arrivarono al banco. Guardò in particolare una strega velata da capo a piedi. «Non pensi che potrebbe esserci la Umbridge, là sotto?»
Hermione la studiò con un'occhiata. «La Umbridge è più bassa. E comunque, se anche la Umbridge venisse qui non potrebbe fare nulla per fermarci, Harry. Ho controllato e ricontrollato il regolamento della scuola, non stiamo violando nulla; ho chiesto al professor Vitious se agli studenti fosse permesso venire alla Testa di Porco e lui mi ha detto di sì, anche se mi ha raccomandato caldamente di portarci i bicchieri. E ho controllato tutto il possibile sui gruppi di studio e di lavoro, e stiamo senza dubbio rispettando le regole. Credo solo che non sia il caso di sbandierare quello che facciamo» tirò, stupendoli come al solito per il suo impegno nel cercare cavilli legali.
«No» convenne Harry asciutto. «Soprattutto perché non è proprio un gruppo di studio che hai in mente, giusto?»
Il barista uscì da una stanza sul retro e andò verso di loro: era un vecchio dall'aspetto burbero, con una gran quantità di lunghi capelli grigi e la barba; era alto, magro e aveva un'aria vagamente familiare.
«Che cosa volete?» borbottò, fissandoli con un cipiglio.
«Tre Burrobirre» rispose Hermione.
«Sei falci» ribatté l’uomo e Harry gli porse qualche moneta. Il barista lo squadrò, indugiando per una frazione di secondo sulla sua cicatrice, poi si voltò e mise i soldi in un antiquato registratore di cassa di legno. Harry, Ron e Hermione andarono a sedersi al tavolo più lontano dal bancone e si guardarono attorno.
«Sapete? Qui potremmo ordinare qualunque cosa! Scommetto che quel tizio ci venderebbe di tutto, che gliene importa? Ho sempre desiderato provare il Whisky Incendiario...» cominciò con entusiasmo, ma Hermione lo guardò male.
«Tu sei un Prefetto» ringhiò e Ron ebbe quasi la mezza idea di non darle retta, ma una gomitata di Harry lo fece desistere.
«Già...»
«Allora, chi hai detto che dovrebbe venire?» domandò Harry, mentre beveva un sorso di Burrobirra. Hermione scrollò le spalle e guardò l’orologio.
«Un paio di persone… Ho detto di venire più o meno adesso, ma non sono sicura che tutti sanno dove sia… oh, guarda, devono essere loro».
La porta del pub si era aperta: davanti c'erano Brienne, Aveline, Neville, Dean e Lavanda, seguiti da Calì e Padma Patil con Cho e una delle sue amiche ridoline; poi Luna Lovegood, poi Katie Bell, Alicia Spinnet e Angelina Johnson, Colin e Dennis Canon, Ernie Macmillan, Justin Finch-Fletchley, Hannah Abbott e una ragazza di Tassorosso con una lunga treccia di cui Harry non sapeva il nome; tre ragazzi di Corvonero che era abbastanza sicuro si chiamassero Anthony Goldstein, Michael Corner e Terry Steeval; Ginny, seguita da un ragazzo alto, biondo e magro con il naso all'insù che Harry riconobbe vagamente come un membro della squadra di Quidditch di Tassorosso, e a chiudere la fila Fred e George Weasley con il loro amico Lee Jordan, tutti e tre muniti di grossi sacchetti di carta gonfi della mercanzia di Zonko.
«Un paio?» disse Harry a Hermione, in un sussurro roco. «Un paio?»
«Be', sì, l'idea ha avuto un certo successo» rispose allegramente Hermione. «Ron, ti va di prendere qualche altra sedia?»*
Ron annuì e si alzò, mentre Hermione inspirò cercando di ricordarsi il discorso che si era preparata. L’ora successiva fu piuttosto particolare, ma la riunione alla fine andò bene.
Molti di loro avevano accettato nella speranza di ascoltare qualche racconto di prima mano da Harry, ma poi si convinsero tutti che dovevano fare qualcosa. Al momento delle firme, come lei aveva immaginato, molti furono titubanti ma le loro espressioni le fecero capire che l’idea di Sirius non era stata poi così tanto malavagia… conosceva molti di loro, ma non poteva davvero mettere la mano sul fuoco per gli altri.
Uscirono dalla Testa di Porco chiacchierando dei loro insperati compagni di avventure e Hermione si rese conto di aver causato un danno quando nominò Michael e Ginny; evidentemente Ron era davvero fuori dal mondo se non si era ancora reso conto della cosa. 
«Non mi piace» mugugnò Ron e Hermione sbuffò «Che strano!»
Battibeccarono a lungo e Harry c’infilò qualche frase giusto per dare il suo contributo; in realtà si sentiva un po’ strano, a metà tra l’irritato e il disinteressato.
Il suo stomaco aveva fatto un buffo balzo alla vista di Cho e all’idea che lo trovasse coraggioso e partecipasse al loro piccolo piano eppure, quando sentiva parlare di Michael e Ginny, avvertiva una sorta di fastidio alla base dello stomaco.
Comunque, a prescindere da tutto, non poteva che essere d’accordo con Hermione quando parlava di andare avanti e non essere ancorati al passato…
Continuarono sullo stesso discorso per tutto il pranzo e per la strada del ritorno fino ad arrivare davanti a Zonko, dove Hermione sussultò.
«Ah, dimenticavo! Devo comprare delle cose per i miei genitori… sapete come impazziscono per la magia… forse comprerò qualcosa da Zonko» fece, analizzando gli oggetti in vetrina.
Harry rise «Vuoi proprio fargli venire un colpo… potevi rivolgerti ai gemelli!»
Lei lo guardò male «Voglio farli divertire, non ucciderli… comunque non lo so. Penso di prendere qualcosa e passare all’ufficio postale, già che ci sono, o alla biblioteca…» mormorò, cercando un argomento che potesse farli desistere dal seguirla.
Il piano funzionò, perché li vide lanciarsi un’occhiata scocciata, prevedendo lunghe attese.
«Noi volevamo andare da Spintwitches…» cominciò Harry, titubante.
Le gite a Hogsmeade erano l’unica possibilità per fare un giro come si doveva nel negozio di articoli sportivi più vicino e comprare cose senza aspettare la lenta posta via gufo.
Ron sbuffò «Non puoi spedirgliele dal castello?» Si lamentò.
Hermione inarcò un sopracciglio «Non vedo perché dovrei, visto che l’alternativa e venire al negozio di manici di scopa… voi andate, io vado a fare le mie cose e magari incontro le altre. Ci si vede dopo» fece, con tono fermo.
Ron scrollò le spalle e Harry annuì «Ok, ci rivediamo per le cinque così torniamo insieme?»
Hermione annuì «Certo, ho detto a Brienne e Aveline la stessa cosa» salutò, andando in direzione opposta.
A parte che avrebbe comunque trovato altro da fare piuttosto che passare il pomeriggio a guardare oggetti per il Quidditch, si sentiva comunque in colpa a sfruttare i suoi genitori o scuse del genere per mentirgli a proposito di Sirius.
Prima o poi sarebbe crollata e Harry non glielo avrebbe mai perdonato.
Quella sorta di tristezza si mescolò a una strana sensazione, a metà tra la rabbia e l’aspettativa: cosa aveva voluto dire Sirius quando le aveva scritto di Zonko?
Con una certa titubanza, Hermione si mise a fissare la vetrina colorata del negozio senza trovare nulla di strano.
I suoi dubbi presero forma quando notò un piccolo gufo, grigio e anonimo, appollaiato sull’insegna del negozio; era strano vedere gufi appollaiati lontani dall’ufficio postale e quello sembrava puntare proprio lei.
«Ehm…» mormorò, battendo le palpebre.
Il gufo sembrò batterle in risposta, poi schioccò il becco e volo in un vicoletto tra Zonko e Gladrags che non aveva mai notato; era una stradina spoglia e poco battuta, che si allungava dietro la via principale fino a raggiungere i monti dietro alla strada di Madama Piediburro.
«Sono un’idiota che segue un pennuto…» borbottò, continuando suo malgrado a tener d’occhio il gufo, che si appollaiò su un albero poco lontano.
«E ora?» Gli fece, mentre con sua sorpresa Pen, il gufo fulvo di Sirius, la raggiunse con un morbido frullio di ali e uno schiocco felice.
«Non ci posso credere!» Esclamò, non sapeva dire se in tono sorpreso o arrabbiato.
Un cane abbaiò piano alla sua destra e Hermione si girò di scatto, riconoscendo un cane nero che era troppo grosso per essere un vero animale.
«Non ci posso credere!» Ripeté, mentre si sbrigava a seguire il cane verso una grotta ben nascosta tra le rocce.
Al contrario di lei che incespicava, il cane si arrampicò con agilità fino all’entrata e, quando lei lo raggiunse, si era già trasformato in un sorridente uomo che sarebbe morto presto.
Nonostante le promesse di morte, però, Hermione non poté non rimanere sconvolta alla vista di un Sirius Black in carne, ossa e lunghi capelli in piedi di fronte a lei.
A conti fatti non lo vedeva da un solo mese, eppure le sembrava passata un’eternità.
«Ciao…» fece lui, dopo qualche secondo.
Hermione balbettò qualcosa in risposta poi, dimentica del fatto che di solito cercava di mostrarsi più pacata, lo colpì con la borsa che si portava dietro.
«Sei impazzito, cosa ci fai qui?!» Esclamò, senza fiato.
Sirius inarcò un sopracciglio «Però, che benvenuto!»
Hermione non si face incantare e lo guardò con espressione gelida.
«Non sto scherzando! Insomma, sei arrivato fino qui da Londra, sei vicino al castello, sei a Hogsmeade! Potrebbe vederti qualcuno del villaggio, qualche studente potrebbe riconoscerti o magari qualcuno ti ha già visto durante il viaggio!» Sbottò, ma lui fece un gesto come a minimizzare l’accaduto.
«Sono stato in latitanza per quasi due anni, so come fare per non essere scoperto… e sto cercando di essere molto discreto, non preoccuparti. In ogni caso non ho intenzione di restare a lungo…» spiegò, guardandola meglio: Hermione se ne stava all’ingresso della piccola grotta, rigida e con le sopracciglia aggrottate, tormentandosi le labbra con aria nervosa.
«Harry ha la mappa, come fai ad essere sicuro che non veda il tuo nome? E che non ci veda entrambi?» Chiese, capendo di aver colpito nel segno quando vide la sua espressione cauta.
Sirius però si riprese all’istante e fece un ghigno.
«Harry è impegnato a Hogsmeade con Ron, dubito che si sia portato la mappa dietro…» fece, ma era palese che non fosse sicuro. Tuttavia si alzò dal masso su cui era seduto e sospirò «Sei sicura di voler passare le nostre uniche ore libere a discutere?»
E ovviamente con quella semplice constatazione Hermione dovette capitolare.
La sua razionalità era la sua bussola, le permetteva di mantenere il controllo ma spesso anche di dimenticarsi delle cose importanti. Ora, come se Sirius avesse toccato un pulsante dentro di lei, la razionalità venne sommersa per un attimo dalla marea di emozioni che flutuavano in lei da una settimana.
Hermione scoppiò in un piccolo singhiozzo misto a lacrime, posò la borsa a terra e fece qualche passo verso l’interno; continuò a fissarlo come se non fosse sicura fosse davvero lui.
«Io… credo ancora che non dovevi venire…» sussurrò, ma con meno convinzione.
Sirius aveva cominciato a capire che era un tipo orgoglioso e ci metteva tempo a sciogliersi. Doveva essere um momento difficile per lei, così si tenne a distanza e mantenne un tono pacifico e arrendevole.
«Lo so».
«Potrebbe essere molto pericoloso…» continuò ancora lei, guardandosi intorno.
Sirius si chiese se cercava tracce di errori e non sapeva se sentirsi offeso per la mancanza di fiducia o divertito per la situazione.
«So anche questo» replicò, cercando di non ghignare troppo.
Si sentiva troppo euforico per la libertà acquisita, per l’aria che respirava a pieni polmoni e la corsa in mezzo ai boschi della Foresta Proibita o anche per il fatto che finalmente la vedesse da vicino e non attraverso le fiamme di un camino, per dare troppo retta ai suoi timori.
Tuttavia aveva capito che quello era il suo modo di tranquillizzarsi e decise di lasciarla fare, almeno per un po’, ma non vedeva l’ora di abbracciarla.
Hermione fece un grugnito perché aveva capito che lui non stava dando altrettanto importanza ai suoi dubbi, ma non riuscì a frenarsi dal chiedere: «Hai contravvenuto agli ordini di Silente?»
Una leggera rigidità prese il visto di Sirius «Probabilmente…»
Hermione gli lanciò un’occhiata torva e il ghigno di Sirius si allargò.
«Ora mi avvicinerò e ti bacerò, non ci saranno dubbi o timori che tengano. Va bene?»
Hermione arrosì «Tu sei-»
Ma Sirius non seppe mai cosìera, perché si avvicinò a lei in due ampie falcate e la baciò senza che potesse cambiare idea e continuare il discorso. Hermione si lasciò cullare da quella sensazione assurda per parecchi minuti, tutti spesi a fissarlo come fosse un marziano appena atterrato sulla terra, poi si schiarì la voce e si allontanò.
 «E… come stai?» Gli chiese, provando a cambiare argomento.
Sirius sorrise perché poteva intravedere il suo rossore anche nella penombra delal grotta, ma fece finta di niente.
Si sedette su un grosso masso «Sto bene».
Hermione lo fissò meglio, dal viso ancora più pallido e il fisico ancora più magro.
«Non è vero» ribatté, notando subito un suo irrigidimento.
«Sto bene, davvero. Non preoccuparti troppo per me, sono coriaceo».
«Remus ha detto-» cominciò lei, ma quella volta Sirius fu categorico, quasi arrabbiato.
«Remus non doveva scriverti. Ha sbagliato».
Hermione si accigliò «Ha fatto benissimo, invece» ribatté.
Si fissarono con aria testarda per un po’, poi Sirius sospirò «Dovevo essere io a dirtelo».
Hermione scosse la testa e quasi fece un sorrisino «Non l’avresti mai fatto, o avresti mentito».
Sirius ghignò, non visto.
«Mi conosci già così bene?»
«Sei orgoglioso e testardo. Non avresti mai voluto preoccupare nessuno, né dare alla gente altre scuse per tenerti segregato» spiegò e quella volta lui rimase davvero sbigottito.
Alla sua espressione sorpresa, Hermione fece un breve sorriso «Sono una brava osservatrice».
«Comunque sarebbe stato un mio diritto non dirlo a nessuno. Se Remus lo sa è solo perché non ho potuto impedirlo» sbottò, ricordando di essergli praticamente svenuto davanti.
«Beh, io avrei voluto saperlo comunque!» Replicò lei, alzandosi. Era furiosa.
«Non volevo farti preoccupare, va bene? E generalmente mi occupo da solo di me stesso». Hermione aveva capito che starsene sulla difensiva era il suo meccanismo di difesa, ma le dispiaceva dovesse sentirsi minacciato da lei. Tuttavia aveva anche capito che dovevano imparare a conoscersi e capire se potevano essere compatibili, prima di continuare.
«Allora che senso ha, me lo spieghi?» Le venne da sbottare, stupendo entrambi.
Non aveva intenzione di tirarlo fuori con quel tono ma, già che c’erano, tanto valeva parlarne.
Sirius tacque per un lungo secondo.
«In che senso?» Le chiese poi, cominciando a irritarsi.
Hermione inspirò, cercando di tirare fuori il coraggio che con lui di solito spariva.
«Che senso ha questa specie di… di… storia? Dovremmo sostenerci e sapere cosa succede l’uno all’altra, non funziona così? Remus e Tonks-»
«Noi non siamo Remus e Tonks» la interruppe Sirius, zittendola.
Il suo tono era stato acido, come sempre quando si sentiva attaccato; in quelle situazioni diventava caustico e velenoso, se lo riconosceva. Non avrebbe voluto farlo con lei.
Hermione era spiazzata, non capendo cosa aveva voluto dire con quell’affermazione. Era sicura che si riferisse all’età, perché lei e Tonks si passavano almeno sei anni; potevano sembrare pochi ma Tonk almeno era maggiorenne, in carriera, libera.
«Bene» replicò dopo un po’, cercando di conferire a quell’unica parola tutta la sua sicurezza.
In realtà si sentiva tremare e aveva paura di scoppiare in lacrime da un momento all’altro.
«Se la pensi così, non capisco perché hai voluto iniziare… lo sapevi fin dall’inizio che ero giovane, sapevi che sarebbe stato complicato…»
Sirius si sentì addosso una certa urgenza, soprattutto perché Hermione sembrava quasi sul punto di mollarlo lì e andarsene; a quanto pareva davvero non era capace di avere a che fare con le ragazze perché lei aveva travisato tutto quello che aveva voluto dire.
«Non hai capito» fece, andandole incontro. «Hermione…» chiamò, perché lei non lo guardava.
Quando si girò capì che aveva gli occhi lucidi e si stava facendo forza per non piangere davanti a lui, testarda com’era.
Cercò di non sorridere per non rendere la situazione ancora più ambigua e scosse la testa «Io non intendevo… sì, d’accordo. Tu sei più giovane di Tonks, ma non è questo il problema. Il problema è che tu sarai ancora a Hogwarts e io sarò ancora chiuso in casa per un po’, non possiamo permetterci di starcene tutto il tempo a preoccuparci per l’altro. O meglio, io posso visto che non ho altro da fare, ma tu no» spiegò, cercando di farsi capire. «Sono io che non voglio che tu trascuri lo studio o gli amici per pensare ai miei problemi».
Hermione si accigliò «Beh, non posso impedirmelo… e poi dovrei essere io a decidere se e come pensarci, non tu a decidere per me» fece.
Sirius annuì, riconoscendo in lei le stesse parole che aveva usato contro Remus.
«D’accordo, hai ragione. Ho agito da prepotente».
Hermione annuì, ma era ancora troppo presto per mollare la presa.
«È che… io non so mai come agire con te e questa situazione l’ha reso ancor più chiaro…»
«Cosa vuoi dire?»
Hermione prese ancora una volta coraggio e lo guardò «Io e te cosa siamo?» Chiese e, vedendo che non rispondeva, continuò. «Ecco perché non so come agire… avrei un qualche diritto di scrivere a Remus se non stai bene? Di chiedere informazioni e di sapere? Io ti confesso di aver scritto a Tonks perché non sapevo cos’altro fare per sapere dov’eri e come stavi».
Ora che ce l’aveva davanti, non riusciva ad arrestare il fiume in piena che la tramortiva; come al solito i suoi occhi sembravano tirarle fuori tutto e lei vi si lasciò andare.
«Almeno ti sei reso un po’ conto di quanto dev’essere stata difficile questa settimana per me? Lo so che eri tu a stare male, ma io ero totalmente tagliata fuori! Non potevo parlarne con nessuno al castello, Remus non mi scriveva e io non sapevo se farlo, Tonks poteva solo ogni tanto… poi arrivi tu e mi dici che se fosse stato per te non avrei mai saputo che niente…» 
«Tu cosa vuoi?»
«Che?» Chiese lei, quasi aggressivamente.
«Hai ragione, sono stato io a iniziare questa cosa, ma tu sei stata d’accordo e io non sono il tipo di persona che si colpevolizza a caso, credo che ormai quel tempo sia finito. Sono sempre stato io a decidere di continuare la corrispondenza, a firmarmi col nome di Krum e ad apparire nei camini di Grifondoro. Ora sono qui, sono venuto apposta per parlare con te di persona. Dimmi tutto quello che vuoi dirmi e prendi una decisione, con me».
Si era già colpevolizzato a lungo per aver preso l’iniziativa con Hermione, ma era passato un mese e lei aveva avuto tutto il tempo del mondo per pensarci. Se voleva, poteva starci a pensare per un altro anno, ma non voleva addossarsi anche la colpa di aver trascinato qualcosa senza il suo consenso, perché non era vero. Un rapporto si costruiva in due e se lei non era d’accordo doveva dirglielo, differenza di età o meno.
Hermione rimase spiazzata da quel discorso e si sentì investita di una responsabilità che mai avrebbe immaginato; passava il tempo a pensare di voler essere più adulta, tuttavia si rese conto solo in quel momento di aver approfittato del fattore età per fare prendere a Sirius tutte le decisioni di quel rapporto. Forse fu quella presa di coscienza a farle rischiare il tutto per tutto con una confessione.
«Ho baciato un’altra persona» ammise, mettendoci poi tutta la sua forza per non scappare all’occhiata che le fece Sirius; era un’espressione indecifrabile e le metteva agitazione addosso. «Io… non sapevo se dirtelo o no, perché non capisco che situazione ci sia tra noi. Lui, ecco, l’ha fatto la sera del mio compleanno e io non mi sono spostata, è stato un errore» continuò a spiegare, più che altro per riempire il silenzio calato tra loro.
Sirius non era davvero arrabbiato, piuttosto una cosa a metà tra il deluso e il consapevole; davvero aveva creduto che non sarebbe accaduta una cosa del genere? Avrebbe voluto chiedere di chi si trattasse, ma la verità era che uno valeva un altro: in ogni caso erano tutti più giovani. Sospirò e si risedette a braccia incrociate «Io non so cosa dirti… te lo ripeto, cosa vuoi?» Le chiese e lei quasi si sentì male a sentire un tono così freddo.
Sirius sapeva che se fosse rimasto ancora a lungo lì, a sentirsi un vecchio idiota che correva dietro a una ragazzina, sarebbe esploso.
La verità era che voleva solo abbracciarla e baciarla, ma Remus aveva ragione: “se ti rendi conto che qualcuno sta per frasi male, cerca di fare un passo indietro”, e quello era il momento di farlo. Lui voleva andare avanti, davvero, ma anche lei doveva volerlo e doveva dirglielo.
Quando era stato male aveva passato tutto il tempo a pensare a lei e al fatto che aspettasse invano le sue lettere. Aveva davvero capito, in quell’occasione, cosa provava per lei e non voleva fare un altro solo passo senza essere sicuro che lo volesse anche lei.
«Io…» cominciò Hermione, titubante.
Sirius sbuffò di impazienza «Dimmelo una buona volta, vuoi stare con me o no? Ti interessa questo… questo tipo del bacio? Dimmelo chiaramente e me ne vado, possiamo far finta che non sia successo nulla».
Hermione si spaventò talmente tanto a quelle parole, all’idea che se ne andasse, che la mente le andò in completo blackout per un istante.
«Sì!» Esplose, quasi arrabbiata. «Sì, va bene? Voglio stare con te!» Sbottò.
Era una strana sensazione, sentirsi furiosa e innamorata allo stesso tempo.
Black che sorrideva impunemente, si alzava con scioltezza e le andava incontro come se tutta quella discussione non fosse mai avvenuta.
Come poteva resistere a una faccia di bronzo di quel calibro?
«Tu sei-» cominciò in tono acido, ma Sirius l’abbracciò e le parole si persero da qualche parte.
«Finalmente…» mormorò lui, per poi guardarla negli occhi.
Le sorrise di nuovo, le prese il viso con entrambe le mani e la baciò.
«Questo è perché anch’io voglio stare con te» fece ed Hermione sentì di poter tranquillamente svenirgli davanti. «Questo…» ricominciò, baciandola di nuovo. «… è per ricordarti che questo implica un paio di postille…»
Hermione batté le palpebre, cercando di tornare lucida «Eh?»
Sirius ghignò, un po’ sinistramente a dire il vero.
«Forse sarò all’antica, perdonami è l’età, ma di solito stare con me vuol dire evitare di andare a baciare gente in giro…» alluse e Hermione arrossì.
«Io non bacio gente in giro! È stata una sola persona ed è stato un caso!» Sbottò, quasi indignata, ma il ghigno di Sirius si allargò.
«Dettagli. Duellare con una persona o dieci non cambia molto, ma non vorrei causare delle morti, sai» replicò, pavoneggiandosi.
Hermione sbuffò, cercando di non pensare al fatto che le facesse piacere sapere che uno come Sirius fosse geloso di lei.
«Ha altre richieste?» Domandò ironicamente.
Sirius annuì «Questo vuol dire anche che nessuno dei due taglierà fuori l’altro. Io voglio che continui a scrivermi quello che ti succede e io farò lo stesso, per quanto possibile…»
Sirius si sentì in colpa ad iniziare quella storia nascondendole già qualcosa, ma pensò che parlarle della maledizione misteriosa non fosse il massimo per il loro primo incontro romantico. Silente gli aveva confermato che non era una cosa contagiosa, almeno nel senso normale del termine, e quindi era almeno sicuro di non trasmetterla a Hermione.
«Sirius, ci sei?» La voce di Hermione lo distrasse dai suoi pensieri, mentre lei lo guardava con espressione circospetta. «Sei impallidito o sbaglio?»
Sirius scosse la testa «Sto bene… come è andato l’incontro per le lezioni di Difesa?» Le chiese e Hermione si illuminò, cominciando a raccontargli tutto.
Sirius era orgoglioso di quello che stavano facendo e i suoi commenti acidi le erano mancati.
«Sei un genio, davvero» le fece, quando terminò di raccontare.
Hermione cercò di non mostrarsi troppo compiaciuta «La necessità aguzza l’ingegno» fece. Sirius ghignò «La verità è che non vuoi pavoneggiarti troppo».
Hermione scosse la testa e lo ignorò, rendendosi conto che davvero stava imparando a conoscerla più di molti altri. Da parte sua, Sirius le racconto di quella settimana ma evitò di parlarle dei dubbi di Silente e di come credeva di essersi infettato, ossia tramite Remus e la sua ferita. A conti fatti fu un discorso breve.
«Quindi non sai di cosa si tratta?»
«No, niente di preciso… stiamo facendo delle ricerche» spiegò lui, ripensando al cumulo di libri che l’attendeva da leggere.
Hermione ci meditò su «Forse posso cercare anch’io, la biblioteca di Hogwarts è più fornita della tua. Dovrai darmi qualche dettaglio in più, così potrò cercare in modo più approfondito…» fece e Sirius rise, perché quella era la classica frase alla Hermione Granger. Tuttavia non aveva intenzione di passare il resto del tempo a parlare di quella maledizione.
«Magari dopo…» rispose, sedendosi al suo fianco.
Hermione si accigliò «Ehi, è una cosa seria, non puoi prenderla sottogamba…»
«Lo so, credimi» mormorò, tendendo un braccio dietro alla sua schiena e allungandosi.
Da quella posizione notò il ciondolo che le aveva regalato al collo e lo sfiorò con le dita.
«Sono contento che lo indossi… sei andata in biblioteca per questo?»
Hermione si rese conto solo in quel momento che non lo aveva ancora ringraziato del regalo.
«Che idiota, me ne sono dimenticata! Io… sì, ho chiesto a Neville e mi ha spiegato dell’Ippocastano e della magia celtica!» Esclamò, ma poi si calmò quando lo vide così vicino e abbassò la voce, sorridendogli «È stato un regalo splendido, davvero».
«Ne sono felice» replicò lui, sapendo già quale sarebbe stata la frase di rito successiva.
«Ma non dovevi…»
Sirius trasformò la risatina in uno sbuffo e roteò gli occhi: ovviamente.
«Ti avevo già scritto di non ringraziarmi, me lo ricordo…»
Hermione sorrise e annuì, poi prese coraggio e azzerò quel poco di spazio che restava tra loro. Quel bacio aveva un sapore diverso e non solo perché aveva preso lei l’iniziativa: si sentiva più sicura e padrona di viverlo, perché era un bacio da coppia, tra due persone che avevano deciso di prendersi un impegno.
Si baciarono a lungo e quella volta riuscì ad assaporare tutto il momento, senza che la mente si perdesse tra pensieri aggrovigliati; riuscì persino a infilare le mani nei suoi capelli, una cosa che sognava di fare da almeno un mese.
Sirius espirò leggermente nel bacio e Hermione capì che non si aspettava tanta iniziativa da parte sua, ma che gli piaceva.
«Mi piacciono i tuoi baci…»
«Mi prendi in giro per caso?»
«Non mi permetterei mai…» sussurrò, prendendola per la vita e tornando a baciarla, strappandole un piccolo gridolino di sorpresa.
Lo sapeva che doveva stare attento con lei, che attraversava un campo minato e doveva limitarsi il più possibile per lasciarle i suoi spazi e i suoi tempi, ma Sirius sentiva che non riusciva a controllarsi del tutto.
Con una certa ironia, pensò fosse un bene che si vedessero poco, perché magari tempi più rallentati permettevano ad entrambi di prendere la misura di quel che facevano.
Lui si conosceva fin troppo bene, lo sapeva che tendeva a bruciare.
«D-devo andare…» riuscì a dire Hermione dopo un po’, staccandosi da lui.
«Già… mi aspetta una bella lavata di testa» replicò lui, pensando a quanto Remus dovesse essere andato fuori di testa quando aveva visto che non c’era più.
«A me Ron, Harry e gli altri… dovremmo vederci sulla strada per il castello…»
Sirius annuì, lasciandole la vita.
«Mi dispiace lasciarti in questa situazione con i ragazzi» ammise, ma quella volta fu Hermione a zittire i suoi sensi di colpi con un’occhiata.
Scosse la testa e tornò a baciarlo, strappandogli un mugolio di sorpresa e un nuovo calore che poco aveva a che fare con il clima.
«E questo per cos’era?»
«Per dirti di non preoccuparti. Ormai ho deciso, non devi sentirti in colpa per me, saprò sopportarlo» fece, nascondendo l’insicurezza dietro un sorriso.
Sirius sapeva che non era del tutto vero: lo capiva dalla sua espressione che era preoccupata, ma se voleva mostrarsi forte e sicura perché l’aiutava, chi era lui per remarle contro?
Tutti sviluppavano i propri meccanismi per sopravvivere, ognuno aveva il diritto di averne.
Così alla fine annuì, si alzò e le porse la mano «Hai ragione. No dirò più nulla al riguardo…» La accompagnò all’ingresso, poi ne approfittò per metterla spalle al muro.
«Vorrà dire che mi limiterò a baciarti…»
«Andiamo, non vorrai ancora-» cominciò a protestare lei, ma Sirius la baciò di nuovo e non poté fare altro che arrendesi. Cominciò a chiedersi se quel meccanismo sarebbe diventato automatico e se ci sarebbe cascata sempre. Probabilmente la risposta la sapeva già.
Il fatto era che, anche volendo, non aveva abbastanza forze per allontanarsi dalla lingua di Sirius, che ormai aveva preso coraggio e continuava a cercare la sua. Né tantomeno per allontanarsi dalle sue labbra o dal suo corpo che emanava l’energia di un tornado.
«Scrivimi…» le fece poi, quando finalmente si staccarono l’uno dall’altra.
Sirius avrebbe voluto dirle di non andare e altre cose altrettanto melodrammatiche, ma lo sapeva che non aveva senso caricare una situazione già difficile.
Hermione annuì «Certo, Viktor» ironizzò, guadagnandosi un’occhiataccia. «Scusa, non ho resistito» aggiunse poi, con quel ghigno timido che lui già adorava.
«Vorrei almeno accompagnarti, ma potrebbero riconoscermi…» mormorò lui con uno sbuffo. Hermione annuì «Lo so, non preoccuparti».
Sirius le sistemò i capelli e la baciò di nuovo «Ciao».
«Ciao» sussurrò lei, per poi uscire.
Non si guardò indietro perché sarebbe stato ancora più difficile, ma avvertiva il suo sguardo sulla schiena. Andò con calma e inspirò l’aria fresca del pomeriggio, cercando di rilassarsi prima di raggiungere gli altri.
Così, alla fine, stava con Sirius Black. Ci stava sul serio.
Le sembrava tutto così strano, ancora così assurdo, eppure ere lì.
Hermione fece un sospiro tremolante e ripensò a quei baci che la facevano sentire così bene e, allo stesso tempo, così agitata. Quel segreto cominciava a diminuire l’effetto del suo senso di colpa, aumentando la sensazione di benessere ed euforia.
Le dispiaceva ancora per Harry e Ron, le dispiaceva mentirgli, eppure adesso c’era qualcosa da proteggere con tutta se stessa, quel sentimento che la faceva sentire una persona nuova.
Quando arrivò all’appuntamento dagli altri, solo due ore e mezzo dopo averli lasciati, sentì come se fosse passato un anno intero.
 
 





Chi non muore si rivede! Lo so è tipo passato un anno dall'ultima pubblicazione, credo sia una cosa indecente. 
Mi farò perdonare con una mezza buona notizia: poiché le mie vecchie difficoltà lavorative sono abbastanza scomparse, dovrei riuscire a pubblicare in modo più costante e, soprattutto, speditamente. Non voglio fare grandi voli pindarici, quindi mi fermerò a una/due volte al mese. 
Poiché il mio stile e le mie intenzioni su questa storia sono cambiate parecchio, ero intenzionata a cancellarla e ripubblicarla ma poi ho pensato che una cassa di pomodori marci contro non me la levava nessuno! :D 
Farò i cambiamenti che devo in corso d'opera, chi ha già letto i vecchi capitoli potrebbe trovare grosse differenze.
Se ci siete ancora vi meritereste una statua eretta in pubblica piazza per la pazienza! Potrebbe essere che a breve creerò un altro accanto, disattivando questo. In quel caso, la sotria passerebbe sotto a un altro account, magari ve lo segnalerò in qualche modo. 
Grazie davvero. 
CS

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