La Vera Magia Del Natale

di Yurha
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1

Il Natale a New York era uno spettacolo meraviglioso e, senza ombra di dubbio, era ancor più meraviglioso viverlo in quella enorme ed estremamente vitale città dell’East Coast.
Tutto era illuminato da infinite di luci colorate, tutti i profumi tipici di questa festa aleggiavano nei pressi di pasticcerie, forni e caffetterie e lo Spirito natalizio si poteva respirare in ogni dove, per non parlare dei negozi, tutti addobbati con vetrine allestite e decorate con scene tratte dai più famosi racconti e canzoni di Natale.
Tutta la città si era lentamente trasformata in un enorme parco divertimenti e tutti i suoi otto milioni di abitanti speravano e pregavano con tutte le loro forze che i loro sogni si potessero avverare nella Magica Notte dell’Avvento.
Tutti e otto milioni non aspettavano altro che quel momento.
Tutti, eccetto un uomo, un Procuratore di nome Michael Cutter.
Ciò che dal suo punto di vista si avvicinava di più a dei festeggiamenti era continuare con la solita e classica routine.
In quel momento era da solo, impalato e con sguardo imbambolato davanti la grande finestra del suo ufficio, situato al sesto piano del palazzo della Procura Distrettuale in One Hogan Place. Guardava annoiato la vita frenetica scorrere al di fuori di essa.
Con le mani nelle tasche dei formali pantaloni beige, stava osservando la colonna interminabile di automobili e le persone camminare velocemente in ogni direzione come fosse una colonia di formiche ma stava osservando anche la neve cadere copiosa ed a fiocchi grandi sulla sua città, sulla Grande Mela.
Sospirò dalle narici.
Quella visione avrebbe dovuto regalargli un pò della grande gioia del Natale che tutti percepivano chiaramente e si sforzò anche di apprezzare tutto ciò ma in realtà pensava che fosse solo una scusa per poter spendere valanghe di soldi ‘senza’ i soliti rimpianti o scrupoli.
Scosse la testa, poi si voltò, tornando a guardare la sua scrivania, sopra cui vi era il suo enorme carico di lavoro da smaltire, ‘possibilmente’ come disse Jack, prima che le festività terminassero, dato che erano tutti, o quasi, casi arretrati, casi rimasti insoluti o aperti per colpa di qualche cavillo giuridico e processi nulli.
“Ho davvero lasciato da parte tutto questo in un solo anno?.. Credo di aver battuto qualche record..” si disse, scrutando le quattro alte pile di fascicoli e l’enorme cartone con i sigilli dell’archivio ancora chiuso ai suoi piedi.
Anche quando avrebbe potuto prendersi le ferie e starsene comodamente a casa ad oziare, scelse comunque di presentarsi in ufficio, così come altri pochissimi colleghi che vedeva passare di tanto in tanto, ma tutto ciò gli stava bene, non era una novità per lui.
Passò anni ed anni nello stesso modo ma negli ultimi cinque, quasi non vedeva l’ora di concludere le lunghe giornate per andare direttamente a casa e buttarsi sul suo comodo e morbido letto caldo, dicendosi che doveva rallentare, che ormai non era più un ragazzino che doveva dimostrare chissà cosa per fare colpo su qualcuno di non ben specificato.
L’unica vera e buona ragione per cui il Procuratore Cutter non si trasformò nel verdissimo Grinch, fu solo perchè Connie, la sua Assistente, si offriva volontaria costantemente per dargli una mano, dividendo così il suo interminabile e noioso lavoro d’ufficio.
Questo gli dava modo di vivere le festività con un pò più di tranquillità ma, durante quell’ultimo mese, notò che Connie non passava più le notti o lunghi tempi in ufficio in sua compagnia, infatti quella stessa sera, il piano che programmarono appena dopo pranzo, cambiò senza preavviso.
Connie guardò l’orologio al suo polso più volte nel corso del pomeriggio e quando le cinque finalmente arrivarono, aveva già finito di raccogliere le sue cose e aveva perfino indossato il cappotto nero, cappello, guanti e sciarpa di lana rossa, quindi arrivò sulla porta dell’ufficio di Mike e come sempre, gli augurò la buonanotte con un sorriso, andandosene poi in tutta fretta.
Mike sospirò un’altra volta, si grattò la nuca e si sedette sulla sua usatissima, comodissima e adoratissima poltrona nera.
Alzò automaticamente lo sguardo.
Dalla sua posizione poteva benissimo vedere l’ufficio di Connie.
Anche se non c’era più da circa tre d’ore, si sentiva esattamente come se non la vedesse da giorni.
Guardava quell’ufficio chiedendosi cosa la rendesse così felice di andarsene prima dal lavoro, senza però trovare una risposta soddisfacente.
Credendo di invadere la sua privacy, non le fece mai domande strettamente personali, infatti, anche facendole delle domade generiche, si sentiva esattamente come se le chiedesse di mettersi a nudo davanti a lui.
Era una cosa sicuramente imbarazzante per entrambi e non voleva che lei, dopo gli anni passati a lavorare insieme e a forgiare una forte amicizia, si costruisse un muro attorno per colpa sua.
In fine si confortò, sentendosi immediatamente meglio, col pensiero che se scappava via prima durante le festività, avrebbero lavorato insieme fino a tardi una volta finite, una volta ripreso il normale orario.
Bhè, sicuramente era molto evidente ed assolutamente innegabile il fatto che tutte le volte che si ritrovavano nella stessa stanza, Connie riusciva a trasformare le fredde e piovose giornate di Mike in assolatissime giornate estive e questo non lo notò solo lui.
Questa sensazione era avvertita da tutti in ufficio, sembrava fosse per molti come una graditissima ventata d’aria fresca.
L’irritante vibrazione del suo cellulare, amplificata dalla poca superficie rimasta libera della scrivania, interruppe i suoi pensieri.
Lo prese sentendo un tuffo al cuore che svanì all'istante non appena lesse il nome scritto sul display, quindi rispose.
«Cutter.»
«Buonasera Mike, sono Lupo.» rispose il Detective Cyrus Lupo con voce stanca. «Lo Strangolatore ha colpito ancora, a Central Park questa volta, sulla nuova pista da jogging nei pressi del laghetto. Ci trova all’entrata Sud-Ovest, se volesse venire a dare un’occhiata alla scena.»
Mike chiuse gli occhi e sospirò frustrato. “Mio Dio.. Questa è la sesta vittima dall'inizio di Dicembre..” pensò mentre prendeva velocemente
 il suo cappotto dalla gruccia. «Okay, arrivo subito.»
 


Buon 2019 a tutti!
Lo so, è da un bel pezzo che non scrivo, ma sapete com'è.. lavoro, feste, ancora lavoro, ancora feste ed il tempo per scrivere è stato pari a zero, anzi, sotto zero..
Comunque, spero di farmi perdonare con questa lunga FF a tema natalizio (postdatatissimo xD) e spero di aver fatto un buon lavoro. =D
Con Affetto e un grosso abbraccio,
°YURHA°

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

Quando Michael Cutter arrivò sulla scena del crimine, la neve non cadeva più da circa un quarto d’ora.
L’area era già stata prontamente isolata e alcuni agenti furono posti di guardia al di fuori del nastro perimetrale giallo.
Mike si avvicinò e, facendosi largo attraverso alcuni curiosi, si identificò, distintivo alla mano. «Cutter, Procura Distrettuale di Lower Manhattan.» disse al giovane agente, che annuì e alzò il nastro.
«Procuratore, laggiù troverà i Detective, subito dopo quell’albero, vicino al laghetto, signore.»
Mike entrò nel perimetro ringraziando l’agente.
Non appena fece un passo oltre l’albero indicato, notò subito il luogo del delitto.
Era illuminato da dei longilienei fari led e la scientifica lavorava freneticamente nella zona, nonostante la spessa coltre di neve fresca.
Si ritrovò a pensare che quello era sicuramente un ottimo punto per commettere un’omicidio perchè, senza i fari della scientifica, era un punto totalmente oscuro, senza alcun tipo d’illuminazione per via dei recenti lavori di costruzione della nuova pista da jogging.
Quella notte sembrava particolarmente secca e fredda, l’oscurità sovrastava tutto il resto del parco, tranne che per quell’unico punto, per i riflessi blu e rossi dei lampeggianti della polizia e per i flash delle macchine fotografiche in dotazione alla scientifica.
Man mano che si avvicinava all’area indicata, Mike riusciva a sentire sempre di più il mormorio di quasi tutti i presenti, che si lamentavano, costretti a restare inchiodati sull’ennesima scena del crimine col Natale ormai alle porte.
Ciò che sentì gli fece venire una gran voglia di prendere un megafono e ricordare a tutti quanti che avevano il dovere morale e personale di portare il rispetto dovuto alla povera vittima e sopratutto, cercare di darle giustizia, così come alle altre vittime dello Strangolatore.
Ad un certo punto, si ritrovò a camminare sul nuovo percorso usato per fare jogging.
Il suo lungo cappotto di lana era completamente abbottonato e umido, con il colletto rialzato e dal taschino spuntava lucidissimo il distintivo della Procura Distrettuale.
Di solito non frequentava le scene del crimine, ma sui casi difficili come quello aiutava avere un esperto legale sul campo, soprattutto se si trattava di un caso di alto profilo.
Arrivato sul posto, si ritrovò a guardare tristemente il corpo riverso a terra e non riuscì ad alzare lo sguardo finchè non sentì dei passi avvicinarsi alle sue spalle.
«Auguri di buon Natale, Procuratore.»
«Anche a voi, Detective.» rispose salutandoli. «Non proprio una bella serata questa..» disse ancora, mentre ogni parola sfumava in nuvolette di fitta condensa.
Il Detective Cyrus Lupo unì le mani e ci soffiò dentro per cercare di scaldarle, avendo dimenticato i guanti alla Centrale.
«Sicuramente siamo più caldi di lei.» disse Bernard indicando il corpo con un cenno.
La vittima era una giovane donna di circa venti o trent’anni ed il suo corpo era riverso a terra in una posizione quasi innaturale.
La dottoressa Rodgers era accovacciata accanto al cadavere, prendeva appunti e Mike non potè fare a meno di guardare un’altra volta la povera ragazza negli occhi.
Sul volto aveva impressa un’espressione terrorizzata, le labbra erano aperte, come se avesse scolpito un silenzioso urlo, che nessuno poteva udire, a parte la Vecchia Signora di nome Morte, che la colse all’improvviso nel fiore degli anni, ma il Procuratore notò anche che la chiusura lampo del suo piumino bianco era aperta fino all’altezza dello sterno, mostrando una maglieta termica rosa ed i suoi leggins muniti di sottili fasce catarinfrangenti mostravano gambe lunghe, toniche e muscolose, tipiche di chi si diletta nella corsa lunga.
«Allora, donna non identificata di circa venticinque anni. Come possiamo notare, mentre si stava allenando è stata improvvisamente attaccata e uccisa da uno sconosciuto.» disse Bernard, facendo un riassunto dei fatti.
«Esattamente come le altre vittime.» rispose Mike con della tristezza nella voce.
«E, come le altre vittime, è stata strangolata.» aggiunse Lupo, quasi con sarcasmo.
«Sappiamo chi ha fatto la segnalazione al 911?» chiese Mike guardando entrambi i Detective.
«Spiacente Procuratore. Chiamata anonima da una cabina qui nei paraggi.» rispose ancora Lupo.
Sia il Procuratore che Lupo notarono che Bernard si guardava in giro, come se stesse cercando qualcuno. «È venuto da solo, Mike? Connie l’ha abbandonata anche questa sera?»
Mike alzò le spalle, cercando di fingere nonchalance. «Già. Mi sta abbandonando un pò troppo spesso ultimamente.»
Bernard lasciò scappare una risatina. «Non è proprio da Connie. Io dico che c’è sotto qualcosa.»
«Sai Bernard, dovresti fare il Detective..» scherzò Lupo guardandolo. «Io ho sentito che non è più disponibile, se capite.» commentò continuando.
Bernard guardò il suo partner, alzando un sopracciglio. «Qualcuno spettegola parecchio, eh? Comunque, se è vero, sono felice per lei.»
«Sai com’è, noi anziane signore adoriamo i pettegolezzi..» scherzò ancora Lupo, beccandosi un’occhiata divertita dal suo collega. «Sto uscendo con Jenny, un’amica di Connie e mi ha raccontato che lei un giorno, mentre pattinava sul ghiaccio con la sorella, ha incorntrato un uomo. È uno di quei ricchi dei quartieri alti.» continuò.
«Oh, buon per lei, se lo merita davvero!» disse Bernard in tono incoraggiante. «Però ora possiamo concentrarci sulla donna morta?»
Mentre parlavano di tutto ciò, Mike si morse la lingua per non rispondere con qualcosa che potesse suonare compromettente, incassando, allo stesso tempo, ogni parola, venendo a conoscenza solo in quel momento e in quel modo della nuova relazione di Connie.
Come sempre e per qualsiasi cosa la riguardasse, prese quella conversazione con i Detective molto sul personale, prendendosi un appunto mentale di cercare di infilare in un qualche discorso con Connie questo fatto, per farsi rivelare qualcosa di più.
Da una parte, pensava che in fondo si meritasse un uomo che si prendesse cura di lei e che la rendesse felice mentre dall’altra, invece, era terrorizzato all’idea di perderla o di essere messo in secondo, terzo o anche quarto piano.
Non voleva assolutamente perdere la sua migliore amica.
Cercò di cambiare argomento con nonchalance, schiarendosi la voce. «Sappiamo l’ora della morte?»
«La dottoressa Rodgers ha riferito che la temperatura del fegato è un pò più alta di quella delle gambe e delle braccia, quindi ha stimato la morte a circa tre ore fa.» rispose Lupo leggendo i suoi appunti. «E non è stata certamente una morte pacifica ed indolore.»
«Di solito, quando chiamano noi, non lo è mai.» continuò Bernard. «Come tutte le altre vittime, è stata aggredita prima di spalle, buttata a terra, poi l’aggressore l’è salito addosso ed ha preso a strangolarla con tutta la forza, facendo leva anche con tutto il suo peso.» disse ancora, indicando le tracce sul percorso asfaltato fino ad arrivare al corpo.
A Mike capitò di guardare i piedi della vittima. «E anche lei è stata derubata della scarpa e del calzino destro.»
«Trofei.» disse Lupo. «Se fossi il killer, vorrei certamente ricordarmi delle donne a cui ho tolto la vita. Ucciderle non mi sarebbe sufficiente.»
«Il modus operandi e i trofei che si prende sono il suo marchio.» aggiunse Bernard distogliendo lo sguardo da loro. «Hey, guardate qui!» esclamò quasi subito, indicando la scarpa rimanente.
Mike e Lupo si avvicinarono.
«È una mia impressione o queste scarpe sono nuove? La suola è praticamente intatta. Potrebbe esserci utile, non credete?»
«Anche le altre vittime avevano le scarpe nuove?» chiese Mike, ripensando a tutti i rapporti della scientifica e del coroner che lesse ripetutamente da quando lo Strangolatore prese ad operare nella sua città.
«Può essere. Se queste donne hanno comprato di recente queste scarpe, dovrebbero esserci tracce di qualche pagamento.» rispose Lupo guardando prima Mike poi il suo partner.
«Finalmente una traccia..» rispose Bernard guardando il corpo.

«Ho spedito degli agenti ad interrogare la piccola folla di curiosi, così fermeremo chiunque abbia anche solo vagamente visto qualcosa o incrociato per caso, anche nei giorni scorsi, la nostra vittima.» disse il Sergente in turno di pattuglia.
«Perfetto, grazie per l’aiuto Sergente Morgan.» rispose il Detective Lupo.
«Di nulla.» disse prima di andare verso i suoi uomini.
«Bene Procuratore, noi torniamo in ufficio a controllare le persone scomparse.»
«D’accordo, Buonanotte.»
Una volta che i Detective furono lontani, Mike si sistemò meglio il bavero, dato che l’aria della notte cominciava a raffreddarsi sempre più.
Diede un’ultima occhiata al cadavere, prima che i medici legali lo portassero via, poi se ne andò.
Una volta arrivato alla sua automobile, vi salì e giudò alla volta di casa sua, accorgendosi che stava cominciando di nuovo a nevicare.
Sbuffò, pensando che quello alle porte fosse l’ennesimo, noioso e stressatissimo Natale.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3

Di giorno New York era nettamente diversa dalla notte.
Le luci intermittenti e colorate erano più attutite dal chiarore diurno ma le canzoni e l’umore generale delle persone regalavano comunque intense vibrazioni ma a Mike non sembravano sortire alcun tipo di effetto..
Lui semplicemente si alzava dal letto sospirando e dopo aver fatto una doccia, scrutava il suo armadio con espressione pensierosa, chiedendosi cosa potesse indossare, per poi uscire di casa e andare a lavoro, esattamente come ogni altro giorno.
Quella mattina uscì molto presto e come al solito, fu il primo ad arrivare alla Procura Distrettuale di Lower Manhattan.
Non appena arrivò al piano dove si trovava il suo ufficio, gli capitò di guardare il solitario e triste mini abete buttato lì, sopra lo schedario di metallo nel corridoio tra l’ufficio di Connie e la fotocopiatrice comune.
Jack esplicitamente e categoricamente vietò ogni tipo di festeggiamento, quali: Santa Claus segreto, addobbi di varia natura, brindisi e panettoni ma, non volendo apparire come un tiranno, acconsentì solo a piazzamento del piccolo abete ma a patto che fosse completamente spoglio.
“Vedo che anche per te non è proprio un buon Natale, eh piccoletto?” pensò guardandolo mentre gli passava davanti per andare a cominciare un’altra giornata pesante.
Un paio d’ore dopo il suo arrivo, Mike era seduto alla sua scrivania, cercando di concentrarsi sul suo lavoro ma le pratiche erano davvero troppe e continuavano ad aumentare quasi a vista d’occhio.
Il caso di alto profilo dello Strangolatore sovrastò tutti gli altri, che fece accumulare anche quelli nuovi.
Più guardava tutti quei fascicoli, più gli sembrava che stessero giurando di mandarlo al manicomio, poi si alzò sbuffando dalla sua poltrona per scrivere un promemoria sulla lavagna bianca in cui si diceva che nel pomeriggio avrebbe dovuto incontrare i Detective per discutere delle eventuali nuovi sviluppi, quindi tornò a sedersi.
Con le poche informazioni in suo possesso, poteva solo supporre che quelle donne stessero facendo jogging nel posto sbagliato al momento sbagliato e che il serial killer le abbia prese di mira senza un valido motivo, completamente a caso.
Senza alcun tipo di preavviso, nei pressi della porta principale del suo ufficio, sentì una cadenza di passi molto familiare, riconoscendone Connie all’istante.
Il suo cuore accelerò cogliendolo impreparato.
L’unica cosa che riuscì a fare, fu affossare la testa il più possibile in mezzo a tutti quei fogli e fascicoli davanti a lui, lasciando però le orecchie ben attente.
“Concentrati Cutter.” pensò. “È solo Connie, la tua collega, colei con cui interagisci per tutto il giorno, tutti i santi giorni da tre anni. Calmati.”
Ma nonostante ciò che diceva la sua mente, il suo corpo continuava a fare ciò che voleva.
Tutto l’insieme di parole stampate sui fogli davanti ai suoi occhi, divennero solo delle righe nere senza alcun tipo di senso, ma poi sentì i passi di lei avviarsi direttamente verso lo studio di Jack, senza fermarsi.
“E dài non comportarti come un’innocente scolaretto invaghito, smettila! Sei un uomo adulto Cutter, un uomo, non un ragazzino.” pensò poi, cercando di fare un compromesso col suo corpo, concentrandosi solo sulle sue note e sui fascicoli riguardanti gli omicidi di quel maledetto serial killer.
L’ultima vittima dello Strangolatore era una ragazza bionda, tra i venti e i trent’anni, alta circa un metro e settanta, caucasica e non aveva assolutamente nulla in comune con le altre donne.
Infatti erano tutte di razza, altezza, range d’età, classi sociali e lavorative molto differenti.
La teoria più gettonata in quel momento era quella del serial killer che uccideva a caso mentre la seconda era quella secondo cui ammazzò tutte quelle donne per mascherare il vero omicidio e il vero movente, facendo passare tutto per un difetto mentale e, in caso di arresto, ottenere l’infermità.
Sospirò passandosi entrambe le mani sul volto, esasperato. “Da non crederci.. Questo è il mio secondo serial killer! Dopo il Pattinatore Bipolare ci mancava proprio lo Strangolatore Pazzo. Giuro che se anche questo tenta di aggredirmi o riesce nell’intento, mi dimetto e vado a fare il postino!”
«Buongiorno Mike!» esclamò lei improvvisamente, interrompendo il filo dei pensieri di lui, comparendo sulla porta di servizio.
Il cuore di lui sussultò per lo spavento e sentendo la sua voce si girò immediatamente verso di lei. La vide lì, in piedi sulla porta con due tazze di caffè in mano.
Riprese a respirare quindi sorrise lievemente. «..Connie, ciao.» rispose gentilmente, facendo un leggero cenno con la testa.
«Non trovi che oggi sia una bellissima giornata? Non c’è nulla di meglio che una bella tazza di caffè per cominciare questo interminabile lavoro.» disse più allegra del solito.
Si avvicinò alla scrivania, appoggiando poi la tazza piena vicino al blocco giallo, quindi, curiosa di leggere i suoi appunti, si abbassò fin sopra la spalla di Mike e lui potè percepire all’istante il suo profumo.
Era piacevole, dolce e molto femminile.. Esattamente come lei.
«Mhm.. Teorie interessanti, capo.»
Non appena lei appoggiò un braccio sopra la spalla di lui, Mike potè sentire il calore della pelle di lei attraversargli la camicia bianca per arrivare direttamente sulla sua, provocandogli un piacevole formicolio lungo tutta la schiena.
«Grazie.. Del caffè. Era esattamente ciò di cui avevo proprio un gran bisogno.» disse voltando solo lo sguardo verso di lei dato che erano a qualche centimetro di distanza, riferendosi implicitamente sia al caffè che alla sua vicinanza.
«Quando vuoi.» rispose allegramente, ricambiandolo, con sulle labbra uno dei suoi sorrisi, poi si alzò e fece il giro della scrivania per sedersi sulla sedia davanti a lui, quindi Mike non potè fare a meno di notare quanto quella mattina sembrasse allegra e fresca.
«Allora Michael, non adori anche tu il Natale?» chiese quasi casualmente, incrociando le dita delle mani sul grembo e guardandolo con una luce inusuale nello sguardo.
«Sai Connie, le parole ‘Michael’ e ‘Natale’ cozzano pesantemente se messe nella stessa frase..» rispose in tono che poteva sembrare cinico, mentre sorseggiava il suo desiderato caffè.
Lei corrucciò le sopracciglia, con espressione tra il divertito ed il confuso. «Dici?» chiese sarcastica.
Mike ricambiò lo sguardo, mandando giù un sorso di caffè. «Hey, guarda che lo so che tutto l’Ufficio mi considera il signor Scrooge della situazione e.. Si, so che lo pensi anche tu.» disse in fine divertito, scatenando in lei una risata.
«Sai com’è.. I pettegolezzi sono il passatempo più diffuso in quest’Ufficio.»
Mike la guardò con mezzo sorriso. «Non solo qui, anche al 27° Distretto le voci girano velocemente.. Devo iniziare a preoccuparmi?»
«Tranquillo, di me puoi fiderti, infatti il mio motto è: ’Se non hai nulla di carino da dire, allora..’» disse lei, facendo una pausa scenica.
«Allora?» chiese curioso di sapere il finale della frase.
Connie fece spallucce. «..‘Vieni qui, siediti vicino a me e godiamoci lo spettacolo insieme.’» rispose sorridendo.
Entrambi poi scoppiarono a ridere.
Una risata in compagnia ed un caffè era proprio un bel modo per cominciare la giornata.
«Quindi, Procuratore Cutter, ora che hai il morale giusto, su cosa lavoriamo oggi? Caso Keller, caso Rodney, caso Wallace.. Scegli tu e io ti seguirò.» disse ottimista e pronta a cominciare.
Mike sospirò, prese un altro sorso di caffè, trovando che fosse proprio buono.
«Caso dello Strangolatore. Jack sta premendo per risolverlo il prima possibile. Lui, come tutti, vuole il serial killer sulla forca prima che colpisca ancora.» rispose spostando alcuni fogli.
«Grazie per avermi preparata ad una splendida giornata di lavoro..» disse alzando la sua tazza. «Credo che a questo punto sia tu che Jack siate in lizza per il posto di ‘signor Scrooge’ dell’anno corrente..» disse ancora scherzando e prendendo un sorso di caffè.
«Oh, ti ringrazio.. Comunque credo che da qualche mese si stia alzando dal lato sbagliato del letto. Si agita troppo, spesso e per nulla.» rispose Mike, iniziando a giocherellare con la pallina da baseball blu.
«Lato sbagliato del letto? Sicuramente intendevi dire ‘lato sbagliato della vita’..» disse lei prendendo in giro il suo grande capo.
Mike rise, lanciandole un’occhiata complice. «Già, hai ragione.. Soprattutto quando scoprirà della vittima della notte scorsa.»
«Vittima della notte scorsa?» chiese sorpresa.
«Si purtroppo.» rispose Mike. «Ho davvero sperato che il serial killer si fosse preso una pausa per le feste natalizie, ma ovviamente e come sempre, non siamo stati fortunati.»
Lei annuì. «Ho capito. Quindi l’ultima vittima ha il modus operandi dello Strangolatore?»
«Esatto. Mancano anche la scarpa e la calza destra.» rispose, ma notò che mentre le stava parlando Connie cambiò sguardo.
«Così pensi che tutte queste donne siano state uccise senza un qualsiasi motivo?» chiese lei guardandolo, ma incrociando le braccia al petto.
«Può essere.» rispose grattandosi il collo, poco al di sotto del colletto della camicia. «Ma il mio istinto dice che tutte le vittime hanno qualcosa che le collega.»
«Se la memoria non mi inganna, le altre vittime sembravano non avere assolutamente niente in comune, a parte la scarpa e la calza mancante. Single, sposate, fidanzate. Altezze diverse, peso diverso, razze diverse, classi sociali diverse. Nessuna ha mai incontrato l’altra, nessuna di loro ha lavorato nello stesso settore dell’altra, nessuna frequentava gli stessi luoghi dell’altra, abitavano tutte in quartieri diversi..»
Mike però era assolutamente certo. «Connie, deve esserci uno schema in tutta questa follia. Lo sento.»
«Mike, non tutto nella vita ha un senso o uno schema preciso.» disse, poi sospirò e si alzò, andando vicino la finestra dello studio del suo capo. «La vita è solo un enorme e caotico casino, Michael, la quale alle volte decide di farci un regalo mentre in altre, invece, ci dà solo ciò che ci meritiamo.» continuò, enigmatica.
Lui girò la poltrona verso la sua direzione e la guardò corrucciando leggermente la fronte, non capendo cosa avesse voluto dire.
Quella frase poteva essere riferita a qualsiasi cosa, quindi, come di sua consuetudine, cercò di leggere tra le righe per trovarne dei doppi sensi, o significati nascosti nella sua espressione, ma tutto gli sembrò assolutamente normale.
A Mike piacevano tanto quegli occhi dolci e gentili e sentiva costantemente il dovere di proteggerla, non solo perchè nutriva dei sentimenti per Connie, ma anche per il semplice fatto di non volerla vedere soffrire però sapeva benissimo che doveva mantenere le distanze tra loro, il più possibile, soprattutto aveva l’obbligo di mantenerle dal momento in cui venne a conoscenza della sua nuova relazione.
Era pur sempre una collega e in più era anche ovvio che, dal modo in cui lei interagiva con lui, voleva che tutto restasse così com’era, in fondo non era altro che il suo capo e amico, ma non poteva assolutamente scordare tutti i loro piccoli momenti, per quanto fugaci potessero essere stati, dove sembrava potesse esserci una scintilla, l’inizio di qualcosa di straordinario.
Qualche parola gentile, piccoli gesti, occhiate veloci, accenni di sorrisi.. Cose semplici ma purtroppo tutto scompariva in fretta, lasciandoli entrambi sempre col seme del dubbio che magari avrebbe anche potuto trattarsi di qualcosa di più che della semplice amicizia..

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4

«Connie, io sono sicuro che esista uno schema dietro a tutto ciò e di solito il mio istinto ha sempre ragione. Jack dice sempre che la soluzione agli enigmi più difficili, spesso è la teoria più ovvia, più facile, quella che sembra più idiota.» disse risolutamente, tornando a parlare del caso. «Magari la soluzione è nella scarpa e nel calzino che si porta via. Tu sai di che tipo si scarpe indossavano le vittime?» chiese lui così, su due piedi.
Lei scosse la testa. «Dovrei rileggere gli atti, però la tua teoria non è male come punto di partenza. Forse è proprio questa la connessione tra tutte le vittime. Chissà, magari una volta catturato e condannato daranno il suo nome ad un nuovo brand..» concluse scherzandoci sopra.
Lui sorrise divertito ma fece di tutto per nasconderglielo, abbassando lo sguardo. «È una teoria tutta da provare. La scorsa notte, quando ho visto il corpo, ho notato che indossava un paio di Nike bianche.»
Connie si stupì. «Fermo, fermo. Aspetta un secondo.» disse facendo una pausa. «TU.. Hai visto il cadavere ieri notte a Central Park?!»
«Bhè, si.. I Detective mi hanno chiamato verso le nove e trenta e, dato che ero ancora qui in ufficio, sono andato a dare un’occhiata.» le rispose, spiegandole alla veloce. «Perchè sei così stupita?»
Connie continuava a guardarlo in modo strano, leggermente corrucciata. «E così sei andato su una scena del crimine.. È strano che tu faccia queste cose, ti danno fastidio i cadaveri  freschi e la cosa ancora più strana è che non hai pensato di chiamarmi.»
Mike si sentì a disagio. «Bhè, sei scappata dall’ufficio in tutta fretta e prima del solito orario.» rispose cercando di difendersi.
Connie lo guardò socchiudendo gli occhi nel suo solito modo, facendogli capire benissimo che era meglio stare zitto per non peggiorare le cose. «Mike, me ne sono andata alle sei e non è esattamente ciò che comunemente si chiama ‘anticipo’, soprattutto se sei arrivato a lavoro dodici ore prima!»
«..Okay, scusami. Hai ragione.» concluse cercando la via diplomatica. «Comunque quello che stavo cercando di dirti è che sei andata via di corsa, così ho pensato che avessi.. Ehm.. Qualcosa da fare, qualcosa d’importante o speciale e non volevo rovinarti la serata.»
«Non ho mai detto che avessi un appuntamento o qualcosa da fare. Potevi almeno chiamare o mandarmi un messaggio per avvertire della nuova scoperta. Lo sai che non sopporto quando qualcuno decide al posto mio. Questo è un caso d’alto profilo, voglio essere partecipe al 100%, Michael!» rispose incrociando le braccia al petto.
Lui sospirò frustrato.
Quella mattina diventò decisamente incasinata..
Connie s’irritò per quel fatto e non poteva assolutamente biasimarla, in fondo aveva la piena ragione, anche se il proposito era farle un favore.
«Ti chiedo umilmente scusa, ma se ne stiamo parlando vuol dire che tu sei partecipe al 100%, ma nel caso te ne fossi dimenticata, io sono il tuo capo e come tale, sono io quello che deve essere sempre reperibile, non tu. È giusto che tu ti prenda una pausa ogni tanto.» disse appoggiandosi una mano sul petto, in segno di scuse.
Connie aveva sempre odiato quella stupida scusa, il fatto che fossero colleghi alla pari ma quando gli conveniva tirava fuori la storia del capo..
«No, non l’ho dimenticato, Procuratore Cutter.» rispose formale, abbassando il tono di voce. «Ma, come Sua Assistente, gradirei essere informata la prossima volta.» concluse prima di alzarsi ed uscire dall’ufficio di Mike a passi lunghi.
Appena Connie arrivò alla sua scrivania, le si avvicinò una ragazza molto giovane che faceva le consegne per conto di un fioraio.
«Oh mio Dio.» disse Connie guardando l’enorme bouquet di rose rosse e bianche che teneva in braccio.
«Lei è la signorina Rubirosa?» chiese la giovane guardando il foglietto delle consegne.
«Si, sono io.»
«Allora lasci che le dica che è una donna fortunata.» disse ancora con un sorriso gentile, che Connie ricambiò.
Mike, dal suo ufficio, notò ciò che stava succedendo, quindi si alzò dalla sua poltrona un momento per osservare.
Connie firmò il registro lasciando poi una generosa mancia alla ragazza.
Sorrideva come non l’aveva mai vista fare, quasi si aspettava anche della commozione da parte sua, poi lei gli lanciò uno sguardo compiaciuto, quindi si abbassò leggermente per sentire il profumo di quelle curatissime rose, poi prese in mano il bigliettino che era appuntato nel centro.
La vide aprirlo e leggerlo portandosi una mano al petto, con stampato sul viso un sorriso dolce, pieno d’amore.
Il cuore di Mike si fermò esattamente in quell’istante, quando realizzò che fu l’amante di Connie a farle quel regalo.
L’uomo che le mandò quei fiori, stava facendo tutte le mosse giuste per conquistarla, mentre lui aveva passato l’ultima ora a farla sentire frustrata, giocando a uno pseudo gioco di potere e di ruoli.
Completamente disarmato, scosse la testa, pensando che molto probabilmente aveva perso delle opportunità che l’uomo dal nome a lui ignoto era riuscito a cogliere perfettamente.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5

Non appena lesse il bigliettino trovato appuntato in mezzo a quelle rose rosse e bianche, Connie ripensò al giorno in cui incontrò Graham Michael Magnusson.
Una domenica pomeriggio, insieme alla sorella minore Maria, decisero di andare a fare un pò di shopping per poi fare un salto alla grande pista di pattinaggio al Rockfeller Center.
Era una classica giornata nuvolosa d’inizio dicembre.
Ovunque vi erano addobbi, festoni, luci, musica a tema natalizio tra cui le voci di Mariah Carey, Michael Bublè e Franck Sinatra che cantava alcune tracce del suo album ‘Christmas Songs’ del 1948.
Tutti i presenti sulla pista pattinavano disinvolti o quasi mentre Connie era rigida, terrorizzata all’idea di cadere e fare una figuraccia davanti a tutti, tanto da aggrapparsi e affidarsi totalmente alla sua sorellina.
«Dài Connie, sii più sciolta! Ecco guarda: sinistro, destro, sinistro, destro.. È facile!» disse Maria come se la stesse prendendo in giro, divertendosi effettivamente molto a vederla in difficoltà e col terrore negli occhi.
«Per TE è facile, dato che sei stata campionessa nazionale mentre io non ho quasi mai messo dei pattini in tutta la mia vita!» rispose stringendo di più il braccio della sorella.
Maria la guardò in modo strano ma sempre divertita.
Connie sospirò, facendo comparire una nuvoletta di condensa. «E va bene, ci provo.. Aspetta un.. secondo..» disse con poca convinzione, infatti, non appena provò a fare un passo da sola, il suo pattino sinistro s’incastrò in un’imperfezione del ghiaccio, facendola cadere rovinosamente sul sedere.
Tutti gli altri le passarono accanto senza farci caso mentre la sorella rideva a crepa pelle.
«Grande performance sorellona, davvero!» disse tra le risate.
Imbarazzata e ferita nell’orgoglio, provò a rialzarsi ma una voce maschile profonda e molto gentile, la fermò.
«Aspetta, lascia che ti aiuti.» disse l’uomo porgendole la mano non guantata, mentre Maria lo guardava sbalordita dalla sua bellezza e prestanza.
Come Connie alzò lo sguardo, restò a bocca aperta, esattamente come la sorella.
Un uomo approssimativamente della sua età, alto con degli stupendi occhi verde smeraldo, dai capelli di media lunghezza biondo chiaro e con anche una barba corta, molto curata e perfettamente definita, le stava sorridendo gentilmente.
Non appena si riprese da quella bellissima visione, prese la sua mano e, puntando i pattini contro quelli dell’uomo, riuscì ad alzarsi.
«Grazie.» disse lei, sentendosi imbarazzatissima. «Credo proprio di non essere portata per il pattinaggio..»
«Assolutamente.. Pensa solo che chiunque potrebbe cadere.» rispose l’uomo in tono sempre gentile, con un gran sorriso. «.. Anche i migliori.» continuò guardandola profondamente negli occhi.
Quando Connie ricambiò il sorriso, lo fece soprattutto per cercare di placare la sensazione piacevolmente strana che le dava quel bellissimo ed altissimo uomo dalle sembianze scandinave e per il momento, senza nome.
Sensazione strana, si, ma non fulminante come succede solitamente quando ci si innamora al primo sguardo.
«Di nuovo grazie.. Anche per il commento..» disse lei, distogliendo i suoi occhi dall’uomo.
«Di nulla. Sono felice di poter essere utile.»
Mentre Maria si liberò dell’impacciatissima sorella per poter finalmente pattinare da sola, Connie e l’uomo che disse chi chiamarsi Graham Michael Magnusson si presentarono come di convenzione e riuscì anche a convincerla a farsi offrire una bella cioccolata calda al bar a bordo pista.
Nei giorni dopo, seguirono pranzi e cene insieme poi decisero di continuare a vedersi per frequentarsi un pò più seriamente e conoscersi meglio, realizzando che si trovavano davvero bene l’uno in compagnia dell’altra.
Quell’incontro le fece credere che, almeno per una volta, la così tanto decantata Magia del Natale fosse divenuta realtà.

Il ristorante Lensington era situato in uno dei quartieri più eleganti dell’intera città.
L’interno era semplice ma molto elegante e sicuramente anche molto, molto, molto costoso.
«Mio Dio Graham.. quest’anatra all’arancia è a dir poco divina!»
«Te l’avevo detto. È la migliore della città.» rispose con un gran sorriso, prendendo poi un sorso di vino rosso. «Volevo farti assaggiare qualcosa di veramente buono. Piatto divino per la mia donna a dir poco divina.» disse prendendole la mano e baciandole il dorso.
Lei si sentì molto lusingata a tutte quelle attenzioni.
«E poi ti serviva una serata rilassante dopo la giornata che ti sei appena lasciata alle spalle, no?»
«Come fai a sapere della mia giornata?» chiese guardandolo confusa.
«Anche se non è molto tempo che stiamo insieme, come potrei non notare certi tuoi cambiamenti d’umore ed espressioni? Se fossi il tipo di uomo che certamente non sono, direi che hai passato una stupenda giornata rilassante in un centro benessere a cinque stelle, completamente gratis.. Ti aiuterebbe se ne parlassimo un pò?»
Connie aprì la bocca per rispondere ma si fermò, perchè la risposta che stava per dargli era intenzionata a minimizzare, realizzando anche che cominciava a comportarsi esattamente come si comportava Mike nelle stesse situazioni.
A questo pensiero, le scappò un lieve sorriso.
Guardò in basso pensando che in fondo era bello avere qualcuno con cui poter condividere i propri timori e le proprie emozioni.
Annuì. «D’accordo.» rispose in fine.
Parlarono del caso che li stava facendo letteralmente impazzire e girare a vuoto, quello dello Strangolatore, senza però rivelare i dettagli.
«.. In conclusione, mi sono sentita un pochino offesa quando Mike ha rivelato di essere stato sulla scena dell’ultimo omicidio, tirando in ballo la scusa che ero scappata via dall’ufficio prima del solito. Santo Cielo, sono la sua Assistente, avrebbe dovuto chiamarmi o lasciarmi un messaggio, non credi?»
A quel punto Graham non ebbe bisogno di sapere altro.
Appoggiò una mano sopra quella di lei e cominciò ad accarezzarla. «Hai perfettamente ragione tesoro, ma se devo essere sincero, sono felice che questo Mike non abbia chiamato, così abbiamo potuto passare una splendida serata insieme e senza alcun tipo d’interferenza.» rispose facendole l’occhiolino per poi sorriderle.
Lei lo guardò con sguardo molto eloquente, mentre ripensava alla serata passata insieme a Graham Michael Magnusson.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6

Quella dopo, fu l’ennesima giornata snervante sia per Mike che per Connie.
Rimasero bloccati in tribunale per la conclusione di un altro loro dibattimento nella quale la giuria pensò bene di complicare le cose creando una situazione di stallo, quindi l’avvocato Adler, della difesa, avanzò la richiesta d’annullamento, ottenendo il favore della Corte senza troppo sforzo, nonostante le continue e strenue obiezioni della Procura.
Dopo l’ennesima e bruciante sconfitta in un caso che, secondo Connie era praticamente ‘un goal a porta vuota’, decisero di fare un salto al 27° Distretto, sperando che almeno i Detective Lupo e Bernard avessero delle buone notizie o almeno delle nuove informazioni.
Seduta a lato passeggero, Connie continuava guardare Mike, cercando di capire se si stesse torturando psicologicamente ripensando all’intero processo, chiedendosi dove avesse sbagliato o se fosse solo concentrato alla guida.
«Dimmi la verità, ti piace farti del male in questo modo, vero?» chiese in tono scherzoso per cercare di allentare la tensione.
«Perchè, dici che oggi potrebbe anche andare peggio di così?»
Connie fece spallucce. «Bhè..»
«Connie, è già frustrante perdere questo genere di processi ma lo diventa ancora di più quando in aggiunta ci si ritrova bloccati nel traffico pre-festivo.. E tutto nella stessa giornata.. Credimi, non potrebbe andare peggio di così.» rispose ricambiando lo sguardo ma subito la vide scoppiare a ridere, quindi alla fine si ritrovò anche lui a ridere con lei.
Era difficile restare impassibile quando Connie aveva quell’espressione divertita sul volto..
Poi sospirò tornando serio. «Comunque, il Natale come ogni altra festività, è davvero solo un gran mal di testa per quelli come me..» aggiunse.
«Per 'quelli come me' intendi Procuratori musoni?» chiese sempre scherzosa, prendendosi un'occhiata divertita dal suo capo.

Il traffico di Manhattan era totalmente bloccato, a tratti poteva anche sembrare scorrevole ma poi tornava subito ad essere solo un gran caos di clacson e urla.
A Connie, Mike, parve molto teso, stressato e stanco più del solito, quindi continuò nell'intento di fargli dimenticare la loro terribile giornata. «Sai, sono sorpresa.»
Mike aggrottò le sopracciglia. «Di cosa, scusa?» chiese perplesso.
«Che non hai aggiunto anche la frase: ‘Il Natale, bhà! Non è altro che una stupida festività creata per non lavorare.’» rispose lei cercando di imitare il signor Scrooge.
Mike fece mezzo sorriso divertito, capendo. «Se devo essere sincero, l’ho pensato.»
Lei scoppiò a ridere. «Allora sei veramente Scrooge! Bene, il lato positivo è che se lo sei davvero, alla fine lo amerai. Sai mi sono immaginata spesso un piccolo Mike che, lì, davanti la finestra della sua cameretta aspetta per tutta la notte l’arrivo di Santa Claus.» disse facendo quasi un gesto ampio, con tono e sguardo solenne.
«Proprio no, ti prego..» disse facendo una smorfia quasi disgustata.
«Perchè no? È una bella immagine quella di un bimbo che resta sveglio per tutta la notte aspettando di scorgere anche di sfuggita l’uomo che, viaggiando di casa in casa per una notte intera, dona le cose che più desidera, no?»
«Ah guarda..» cominciò. «Ricordo che quando ero piccolo, in tutte le Vigilie di Natale, prima di mettermi sotto le coperte sbarravo il balcone e la porta di camera mia, mettendoci davanti qualsiasi cosa fosse più pesante di me. Solo ora, dopo quarant’anni, ho capito finalmente il motivo per cui durante tutto questo periodo dell’anno mia madre diceva sempre che non sono per niente CLAUS-trofobico..» disse con assoluta normalità, cercando di restare serio e impassibile a quella battuta che lanciò come se nulla fosse.
Connie sul momento non capì la freddura ma dopo pochi secondi di silenzio, iniziò a ridere come una matta e più ci pensava, più rideva e anche Mike si fece trascinare, nel vedere quel lato così spensierato di lei, realizzando anche che gli piaceva fare delle battutine di tanto in tanto ma gli piaceva soprattutto quella sensazione di rilassatezza che non pensava di riuscire a provare in mezzo all’intenso traffico cittadino, dopo aver perso un processo e con la neve che non smetteva un secondo di cadere, mandando in tilt l’intera città di New York, ancora più del solito.

«Ragazzi, diteci che avete qualche novità.» disse Mike, il momento esatto in cui vide i due Detective seduti alle loro scrivanie.
«Oh, buona sera anche a lei, Procuratore..» rispose il Detective Bernard sarcasticamente. «Spero che si sia dimenticato di salutare perchè siete in ritardo con la lista dei regali e dovete scappare a comprarli prima che tutti chiudano..» scherzò ancora, firmando un rapporto.
«Certamente Detective ma prima, vorremmo sapere se ci sono qualche novità interessanti sullo Strangolatore.» disse Mike, sperando in una risposta veloce e senza troppi giri di parole per poter poi scappare a casa, farsi una doccia e andare a letto.
Connie guardò Lupo come per scusarsi della scortesia provocata soprattutto dalla pessima giornata appena passata. «Non fateci caso, ragazzi. Abbiamo avuto una giornata che l’aggettivo ‘infernale’ non rende minimamente l’idea..» disse lei cercando di spiegare. «E poi, il signor ‘Natale da mal di testa’, qui, vorrebbe poter staccare il prima possibile.» aggiunse indicando il suo capo, facendo sorridere i due stressatissimi Detective della squadra Omicidi.
«Connie, abbiamo un serial killer per la città, c’è ben poco da rilassarsi, soprattutto perchè non abbiamo uno straccio di indiziato e non abbiamo idea del motivo per cui faccia ciò che fà.» disse Mike ormai esasperato da ogni cosa.
«Si rilassi, Mike!» disse Lupo stiracchiandosi un pò. «Stiamo facendo il possibile. Anche l’ultima vittima è stata identificata e con questa, tutte le donne hanno un’identità.»
«Ma abbiamo bisogno di un sospetto, una faccia e un nome, così io e Connie potremo fare il nostro lavoro e sbatterlo in galera per il resto dei suoi giorni.»
Lupo prese e porse loro un foglio. «Ecco, come potete vedere, abbiamo spulciato i tabulati telefonici di ogni vittima, così come le spese con carta di credito. Speravamo che le donne avessero comprato le scarpe da tennis almeno nello stesso negozio..» disse il Detective, facendo poi una pausa.
«E..?» chiese Mike, aspettandosi l’altra parte della frase.
«Mi spiace, neanche quello avevano in comune..» concluse poi Bernard. «Infatti non abbiamo trovato nessun pagamento che faccia riferimento a delle scarpe da tennis o oggetti collegati a questo settore e non sembra nemmeno che ci siano stati dei pagamenti negli ultimi quattro o cinque mesi.. Ecco, questo particolare è l’unica cosa che le accomuna.»
Connie alzò le sopracciglia. «Nessun pagamento? Questo è strano.»
«Già.» rispose sempre Bernard. «E questo rende il nostro lavoro molto più difficile. Abbiamo mostrato le foto delle vittime a tutti i dipendenti e titolari di negozi sportivi e nessuno ha riconosciuto le vittime.»
«Avete controllato proprio in tutti i negozi della città?» chiese Mike, mettendosi le mani nelle tasche del soprabito.
Lupo sospirò quasi scocciato. «Senta, Mike, sappiamo benissimo che state cercando di trovare una connessione qualsiasi ma detto sinceramente, quanto crede che possiamo girare in una sola giornata a spese del Dipartimento? Ci sono migliaia di negozi di articoli sportivi, per non parlare di negozi di calzature! Non abbiamo abbastanza risorse per una ricerca a tappeto. Alle volte bisogna solo rassegnarsi ed affidarsi ai colpi di fortuna.»
«Detective, non stiamo cercando di dirvi come fare il vostro lavoro.» rispose Mike, cercando di non farlo irritare più del dovuto. «Ma se non lo fermeremo al più presto ci andranno di mezzo la reputazione della polizia, della Procura e soprattutto nessuno sarà veramente al sicuro. Non possiamo rischiare di avere a piede libero un altro Albert DeSalvo*, chiaro?»
«Pensa che ci divertiamo a girare per tutta la città come trottole, pregando che quel pazzo, nel frattempo, non tocchi nessun’altra donna?» disse Lupo, alterato da tutta la situazione, compresa la sola presenza del Procuratore Cutter ma poi il suo cellulare suonò giusto in tempo per placare i due uomini.
«Lupo.» rispose scocciato, sospirando. «Okay, saremo lì tra poco.» disse ancora, concludendo la chiamata. «Bernard, c’è stata una rapina in un negozio di liquori di China Town.» continuò rivolgendosi al suo collega. «Se la sono svignata con cinquecento dollari ed un morto sulla coscienza.»
Il Detective Kevin Bernard sospirò. «Non si usa più rapinare e scappare in questa città?» rispose alzandosi ed infilandosi il pesante cappotto.
Connie li guardò sorpresa. «Ragazzi, siamo nel bel mezzo di tutto questo e voi vi dileguate in questo modo? Non potete mandare qualcun altro?»
«Connie, se non l’hai notato, siamo solo otto Detective e qualche centinaio tra agenti e volontari e questo solo nel nostro Distretto. In genere, durante le festività importanti, i poliziotti con famiglia prendono le ferie e a noi tocca fare i doppi turni.» rispose Bernard, poi guardò Mike. «Ma non preoccupatevi, tutte le informazione di cui avete bisogno per darvi pace, le trovate nella sala interrogatori due.» concluse indicando la zona.
Mike e Connie guardarono in quella direzione poi i Detective, prima di andarsene, li accompagnarono fino alla porta.
«E tu che eri assolutamente convinto che si girassero i pollici..» disse Connie sussurrando quasi all’orecchio di Mike, mentre Lupo apriva loro la porta.
La stanza era completamente tappezzata e invasa di fascicoli di ogni genere e dimensione, fotografie di ogni vittima e scena del crimine, viste da ogni angolazione possibile ed in un angolo vi era una lavagna bianca magnetica con appunti scritti fino al limite del visibile per quanto fosse piena, sia sul fronte che sul retro.
Come disse il Detective Bernard, tutte le informazioni di cui avessero bisogno per darsi pace erano esattamente davanti ai loro occhi increduli, poi Connie notò un particolare.
Un ragazzo molto giovane in uniforme compariva in tutte le foto, notò soprattutto la sua altezza, esattamente come quella di un giocatore di basket. «Tanto per curiosità, chi sarebbe quest’elfo fuori misura in uniforme che compare in tutte le foto?» chiese lei, indicandolo e guardando i Detective.
Lupo e Bernard risero. «Elfo fuori misura?» chiese Bernard avvicinandosi per dare un’occhiata. «Oh, lui è un agente appena diplomato. Di solito porta i caffè e va in giro a delimitare il perimetro con il nastro giallo ma noi, dato che siamo dei bravi bimbi, abbiano negoziato con la Tenente per farlo assegnare per un pò a noi. Un piccolo regalo di Natale, dato che si è classificato primo in graduatoria. In fondo tutti meritano una pausa dalla solita routine, no?» continuò allegro.
«Tranne noi.. E con ‘noi’  intendo tutti i presenti, ovvio.» puntualizzò Lupo, spostando dal tavolo qualche pila di fascicoli per fare un pò di spazio ai Procuratori.
«Siate gentili col nostro bimbo e se toccate qualcosa, rimettetela esattamente nello stesso posto, una volta finito!» esclamò Bernard, mentre si avviarono verso l’uscita del Distretto.
Mike guardò Connie. «Bene, direi che possiamo cominciare a speculare con i pochi fatti concreti e le teorie segnate su questa lavagna.»
«Sono d’accordo.» rispose Connie risoluta, tirandosi via il cappotto e la sciarpa e lo stesso fece il suo capo.
«Bene, allora: abbiamo la teoria secondo cui tutte le vittime indossavano la stessa marca di scarpe.» disse Mike, cambiando lato della lavagna e indicando le foto appuntate. «Però qui possiamo notare che sono tutte diverse: Adidas, Puma, Sketchers, Nike.. Tutti brand abbastanza famosi e che posseggono tutti in città, per non dire al mondo.»
Connie guardò bene le fotografie. «Sono anche colori diversi, senza contare che alcune hanno i cuscinetti d’aria nelle suole, altre invece no, altre ancora sono di tela o impermeabili. A parte il fatto che sono scarpe da tennis, non vedo alcuna connessione.» disse, tornando a guardarlo.
«No, hanno in comune anche il fatto che sono dei modelli vecchi di uno o al massimo di due anni.» affermò una voce proveniente dalla porta d’ingresso alla sala.
Entrambi si girarono e videro il giovane ed altissimo agente che faceva d’aiutante a Lupo e Bernard. «Piacere Procuratori, sono James Stanton. Per qualsiasi cosa potete chiedere a me, anche per la più frivola. Sarò felicissimo di esservi utile.» disse ancora, molto gentilmente e sorridendo amichevolmente.
«Piacere James e grazie, sei molto gentile.» rispose Connie, stringendogli la mano. «Comunque, come fai a dire che sono vecchie? Sembrano poco usate, quasi nuove.» continuò guardando di nuovo le foto.
«Credetemi.» disse il giovane agente. «Sono vecchie.»
«Sono stato sull'ultima scena del crimine.» iniziò Mike indicandone la foto. «Ed anche il Dottor Beck, il tecnico della scientifica, ha affermato che la suola era nuova, a parte qualche graffio recente.»
«Sembrano nuove ma lo stile e i disegni sono esattamente quelli dei modelli in uso l’anno scorso e due anni fa. Sono state messe fuori produzione da poco più di nove mesi. Probabilmente sono state comprate a delle svendite o negozi in cui sono presenti molte giacenze.» spiegò James, buttando sul piatto un’altra teoria, molto più plausibile e concreta delle altre.
Connie e Mike lo guardarono stupiti, impressionati che un ragazzo appena diplomato all’accademia fosse già così arguto.
L’agente Stanton sorrise imbarazzato. «Sapete.. Ho cinque sorelle e tutte hanno studiato moda e design..»
«Ottimo! Possiamo ripartire da questa teoria, no?» disse Connie guardando Mike e, nel frattempo, dando un buffetto sulla spalla al giovane agente Stanton.


*Albert DeSalvo: Conosciuto anche come 'Lo Strangolatore di Boston', che operò dal 1962 al 1964, uccidendo 13 donne.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


CAPITOLO 7

Totalmente immersi nel lavoro al 27° Distretto, non si resero minimamente conto che il tempo volò via velocemente.
Il freddo molto umido e pungente della sera scese sulla città, quando il Sostituto Procuratore Esecutivo Michael Cutter e la sua Assistente lasciarono il Distretto diretto dal Tenente Anita Van Buren.
Connie trovò che, nonostante la rigida temperatura, l’intera città era ancora in vena di festeggiamenti, cosa che loro due dopo quella lunga giornata, non erano affatto ma grazie all’aiuto dell' agente neodiplomato James Stanton, andarono via con un’altra importante, forse decisiva traccia per poter finalmente fare luce sull’identità dello Strangolatore.
Mike sospirò. «Allora, ricapitolando: tutte le vittime avevano indosso delle scarpe datate ma comprate molto recentemente.» disse facendo il punto della situazione, mentre camminavano verso l’automobile. «Cosa ci dice tutto ciò?»
Connie pensò per un momento poi rispose. «Ci dice che.. Che magari non sono state comprate nei maggiori rivenditori di articoli sportivi ma piuttosto, a qualche svendita.»
Lui annuì. «Esattamente e se tutto ciò corrisponde a verità, dobbiamo rivedere ogni cosa, guardare le prove e i fatti che abbiamo in mano sotto un altro aspetto, ricontrollare le vite delle nostre vittime istante per istante e chiedere ai Detective di recarsi in qualunque negozio che abbia in stock articoli vecchi fino a due anni. Se devo essere sincero, questa è una delle poche volte in cui adoro il lavoro d'ufficio..»
«Però c’è anche il fatto che non si riscontrano pagamenti in addebito.»
«Allora potrebbe essere che le abbiano comprate direttamente in un magazzino, senza essere passate per il negozio.» disse lui facendo altre congetture.
«Forse, ma anche quelli accettano carte di credito, magari non tutti ma molti.»
«Okay.» cominciò di nuovo Mike, sempre pensando. «Potrebbe essere uno di quelli che non accettano carte o magari costano così poco che bastano i soli contanti. Domattina dirò ai Detective di iniziare le ricerche proprio da questo punto.»
«Sai Mike, ci sono fin troppi 'potrebbe' in questa storia..»
«Già, hai ragione..»

Camminando verso l’auto, Connie riuscì a sentire il rumore dei loro passi nella neve fresca.
Si strinse un pò di più nel cappotto per riuscire a scaldarsi meglio, poi guardò Mike e gli vide sul volto un accenno di sorriso mentre guardava dritto davanti a sè.
Pensò che probabilmente anche lui amava camminare in mezzo alla neve, sentire affossare i piedi nel primo strato fresco.
«Sei consapevole che in città ci sono migliaia di negozi e magazzini, senza contare che potrebbero aver comprato quelle scarpe in qualunque altro luogo negli Stati Uniti.» disse lei ad un certo punto.
«I Detective hanno mostrato le loro foto solo ai titolari e dipendenti di alcuni negozi, non sappiamo se qualche magazziniere potrebbe riconoscere almeno una di loro.» rispose guardando sempre avanti. «Oppure se abbiamo fortuna, uno questi potrebbe essere lo Strangolatore.. Chissà..»
«Allora speriamo che il negozio non chiuda per le feste..»
Mike si girò per guardarla, trovando che fosse particolarmente bella in mezzo a tutto il candore della neve.
Gli spuntò un leggero sorriso, che lei notò immediatamente.
«Bene, a giudicare dall’orario, possiamo considerarci finalmente fuori servizio, quindi basta parlare di quel maniaco.» disse Mike dopo aver dato una veloce occhiata all’orologio al suo polso per poi tornare a posare gli occhi su di lei.
«Concordo.»
«Allora, Connie, dato che almeno fino a domattina siamo due amici e non capo e assistente, posso chiederti se questa sera esci a cena con il tuo amante misterioso?» chiese cambiando l’oggetto del discorso con molta naturalezza.
Connie lo guardò confusa ma anche un pò stupita.
Non era mai entrato nella sua vita privata con la scusa dell'amico.
«Non sono così stupido da non riuscire ad unire i puntini che ti lasci alle spalle. Per esempio non ti accorgi dei tuoi cambiamenti d’espressione quando ti arriva un messaggio che non riguarda il lavoro, oppure il tuo ottimo umore la mattina e poi il bouquet di rose ed il tuo sorriso nel leggere il bigliettino di ieri.. Ecco, questi sono stati gli ultimi due per completare un disegno fino ad allora indefinito.» rispose, facendo una gran fatica a trattenere il suo classico tono sarcastico, quasi infastidito, che usava come protezione in situazioni come quella.
Dopo tutto non voleva apparire come l’amico geloso o possessivo, in fondo Connie era solo una cara amica e collega.
«Devo ammettere che hai ragione. Io e Graham avevamo programmato di cenare insieme.» ammise in fine, sentendosi però a disagio, quasi in colpa nel rivelargli certe cose e non ne capiva il motivo.
Nei giorni passati fu facile chiedere il permesso a Jack per andare via prima, dicendogli di avere un appuntamento ma con Mike fu dannatamente difficile il solo pronunciare il nome del suo uomo..
Lui in fondo si aspettava che lei avesse qualcuno ma sicuramente, una volta confermati i suoi sospetti, non si aspettava di sentirsi esattamente come se avesse ricevuto un pugno ben assestato allo stomaco.

«È.. Fantastico Connie. Davvero. Sono.. felice per te.» rispose fingendo un sorriso, mandando giù un’enorme rospo e sentendo la gelosia crescere sempre di più dentro di sè. «È una cosa fantastica riuscire ad avere una vita al di fuori dell'ufficio, almeno non ti ridurrai come me: sola e troppo attaccata al lavoro.» aggiunse ma solo perchè stava cercando una via per convincersi che lei meritasse di vivere la vita che lui non ebbe e che non avrebbe avuto mai.
«Hai ragione. È fantastico avere una specie di.. Normalità.» rispose cercando di concludere quel discorso molto scomodo con colui che avrebbe dovuto solo essere il suo capo.
Arrivati all’auto di Mike e seduti uno di fianco all’altra, Connie si sentì molto a disagio ma in realtà, non si aspettava di provare così tante emozioni tutte insieme.
Nei momenti in cui si trovava con Mike, desiderava essere insieme a Graham mentre, nei momenti in cui si trovava col suo uomo, desiderava solo essere in ufficio a fare le ore piccole e con Mike, insieme ai suoi malumori, i suoi sorrisi innocenti e i suoi occhi azzurri che quasi costantemente la cercavano.
Connie lo guardò con la coda dell’occhio. Sembrava determinato e vulnerabile allo stesso tempo.
Erano colleghi e amici da tre anni e conosceva benissimo il suo ferreo self-control, la sua sempre invidiabile aria distaccata, solitaria, fredda ma anche il suo lato molto dolce e sincero che nel complesso, lo rendevano un uomo affascinante e carismatico.
Ammirava tutte queste qualità, ci conviveva da lungo tempo ma allora perchè si sentiva così strana?
Perchè il suo cuore batteva forte nelle sue orecchie, solo trovandosi accanto a lui?

Ma la domanda più importante tra tutte quelle che affollavano la mente di lei fu: perchè, tra le più di otto milioni di persone presenti solo a New York City, proprio Michael Cutter le provocava tutto quel subbuglio interiore e non il suo uomo Graham Michael Magnusson?

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


CAPITOLO 8

Connie lo guardò inserire la chiave nel quadro d’accensione e avviare il freddo motore dell’automobile, quindi aspettò che si scaldasse almeno un pò prima di far ritorno in ufficio.
La luce sfarfallante del lampione al di là della strada lo illuminava ad intermittenza, creando dei giochi di luce/ombra sul suo viso, facendolo sembrare un uomo misteriosamente pericoloso e intrigante allo stesso tempo.
La cosa divertente era il fatto che non si soffermò mai a pensare certe cose di lui prima di quel momento ma se doveva essere sincera, le notò più volte nel corso del tempo.
Poteva anche essere che tutti quei pensieri fossero stati scatenati da quei giochi di luce, dalla sua aria diplomatica e dai suoi dolci occhi di ghiaccio.
Improvvisamente si girò verso di lei e i loro sguardi s’intrecciarono.
Entrambi avvertirono la tensione creatasi in meno di un secondo.
Lui studiò profondamente i suoi occhi per cercare di capire il motivo per cui lei lo stesse guardando in quel modo.
Per un tempo quasi infinito, Connie si sentì come fosse nel mezzo di una potente tempesta ma, contemporameamente, anche in un’immensa quiete invece Mike continuava solo a guardarla, rapito da quegli occhi color nocciola, realizzando alla fine che lei era tutto ciò che desiderava avere accanto a sè ogni giorno: il tocco femminile, l’allegria, la passione, il fuoco di cui la sua monotona, grigia e fredda vita aveva un gran bisogno per andare avanti, per sentirsi di nuovo un uomo vivo.
Quella donna disponeva anche della determinazione e della schiettezza necessaria a scontrarsi con lui senza timore quando la ragione gli era contro, per svegliarlo dalle illusioni che lui stesso creava e, per tutto questo, era segretamente e immensamente grato sia a lei che a chiunque lassù gli avesse fatto il dono stupendo avente il nome Connie Rubirosa.
Dopo un lungo silenzio carico di elettricità, Connie riuscì a mettere insieme una frase, facendo in modo che Mike si distraesse. «Dimmi la verità, non hai la minima intenzione di tornare in ufficio, vero?» chiese, distogliendo poi lo sguardo.
La voce di lei gli sembrò un sottile mormorio.
Cercò di apparire normale mentre anche il suo cuore correva fino allo stremo. «Effettivamente no. Non ho intenzione di tornare in ufficio. Ti accompagnerò fino alla tua auto, poi andrò a casa e resterò in compagnia di una bottiglia di vino per il resto della serata, forse anche della notte inoltrata. Tanto domani non dobbiamo presentarci in tribunale e, non essendoci Jack, possiamo arrivare anche più tardi.» rispose con nonchalance ma qualcosa nella voce di lui cambiò leggermente.
La solitudine con cui conviveva da sempre la colpì potentemente e non sopportava l’idea di saperlo nel suo appartamento seduto davanti la televisione o sdraiato sul divano al buio, in compagnia di una bottiglia di vino, proprio perchè anche lei conosceva bene il profondo bisogno di stare insieme a qualcuno anche nei momenti in cui non lo si ammetterebbe mai.
Pensò anche a Graham e a quanto tutto fosse diventato più bello e le giornate molto più luminose da quando si fidanzarono.
La mente di lei creò l’immagine del suo uomo ma sparì velocemente, lasciando il nulla dietro di sè, neanche uno strascico d’emozione o una piccola ombra di sussulto nel suo cuore.
Non provò assolutamente nulla di tutto ciò che quell’immagine avrebbe dovuto suscitare, poi però tornò a guardare il suo migliore amico, seduto prorpio accanto a lei e sentì una fitta allo stomaco solo al pensiero che pochi centimetri li dividevano.

«Mike..» cominciò con voce bassa. «La.. La temperatura si sta abbassando parecchio, avresti voglia di accompagnarmi al centro commerciale per comprare un paio di guanti? Non ho tempo per tornare a casa a prenderli e questa sera resterò fuori fino a tardi.» disse ma non ricevendo risposta, si schiarì la voce e continuò. «Se non hai voglia lo capisco, non sentirti obbligato.» disse ancora e velocemente.
Mike sorrise dolcemente mentre guardava la strada trafficata davanti a sè. «Certo.» rispose voltando lo sguardo verso di lei. «Mi piacerebbe molto accompagnarti.»
Connie sorrise. «Grazie.» rispose felice che avesse accettato, non sopportando proprio il pensiero di lui nel suo freddo e solitario appartamento.
Cercò di convincersi che quella proposta non significava nulla di più che un favore ad un amico solo, dopo tutto, anche se fuori servizio, Mike era pur sempre il suo capo.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


CAPITOLO 9

Anche i grandi magazzini, così come tutte le attività commerciali di New York, decorarono le proprie vetrine con scene tratte dalle più famose favole natalizie.
Non appena Mike e Connie vi entrarono, restarono molto colpiti dalla bellezza dei colori, dal realismo delle immagini dipinte direttamente sui vetri e dalle decorazioni dei larghi corridoi che portavano a tutti i vari negozi e ristoranti.
Il signor Scrooge ed il Grinch che albergavano in Mike si sciolsero all’istante nel vedere tutto quello e Connie non potè fare a meno di sorridere nel guardarlo osservare ogni vetrina con molto interesse.
Mike Cutter visse tutta la sua vita a New York ma era palese il fatto che non si prese mai del tempo per vivere il Natale, soprattutto viverlo al di fuori dalla sua casa o dell’Ufficio.
Se non avesse mai incontrato Connie, probabilmente in quel momento sarebbe in piedi davanti la finestra del suo studio a rimuginare da solo sul caso oppure avrebbe preso le ferie e le avrebbe passate a casa sua, magari sdraiato sul letto a dormire o a fissare il soffitto della sua camera pensando a quanto odiasse le festività.. Invece erano lì, a passeggiare insieme lungo i corridoi del centro commerciale, osservando con calma ogni vetrina.
Improvvisamente, Mike si bloccò difronte ad una di queste, intitolata ‘Un bimbo e il suo Natale.’
Rappresentava la cameretta di un bambino di circa sei o sette anni, particolarmente tifoso dei New York Yankees.
Ogni cosa presente, dai quaderni, alla lampada, al letto, al tappeto, ai poster, fino allo zaino della scuola testimoniava ciò.
Mike notò anche il guantone adagiato ai piedi del letto, una mazza da baseball proprio di fianco ad esso e sopra la testiera, attaccato alla parete, vi era il poster del leggendario George Herman ‘Babe’ Ruth, immortalato mentre compiva uno dei suoi storici Home Run.
Seduto alla scrivania, c’era il manichino di un bambino intento a scrivere la sua letterina da appoggiare sotto un bellissimo e piccolo abete tutto decorato con lucine colorare e festoni.
Sorrise. «Ho sempre desiderato una camera esattamente come questa.» disse a bassa voce, quasi parlasse con sè stesso. «Cominciando proprio da quel poster.» disse indicando quello di George Ruth.
Connie, dopo aver lanciato un'occhiata alla vetrina, si appoggiò con la spalla alla parete direttamente accanto.
Guardava Mike, tutto preso da quel tema. Il bambino che era in lui, il tifoso sfegatato, quello che desiderava con tutte le sue forze quel poster, emerse dal nulla.
Lei sorrise soprattutto nel vedere tutta la gioia di lui e i suoi occhi brillare in quel modo.
«È bello vedere che il bimbo che sognava la Major League non è scomparso.» gli disse, incoraggiandolo implicitamente a raccontare qualcosa riguardante sè stesso.
Mike sospirò poi sorrise lievemente. «Sembrava tutto facile a quel tempo, nonostante la mia storia..» iniziò. «All'epoca avevo sette anni e abitavo a Brooklyn. Un giorno, il talent scout degli Staten Island Yankees mi vide giocare e dopo la partita, incrociò me e mia madre di ritorno verso l’auto. Le disse che ero uno di quei giocatori rari da scovare, perchè avevo molto talento sia come battitore che come pitcher e disse anche che mi voleva a tutti i costi nella squadra dei pulcini della Minor League. I giocatori come ‘The Sultan of Swat’ George‘Babe’ Ruth, ‘Joltin’ Joe DiMaggio, ‘Happy’Jack Chesbro, sono stati i miei eroi, gli inarrivabili.» continuò.
Sembrava distante con quel sorriso che da dolce divenne malinconico. «Avrei voluto davvero tanto diventare come loro, riuscire ad essere una delle leggende della Hall of Fame ma nella primavera dei miei ventun anni, durante una partita contro i Brooklyn Cyclones lanciai la mia ultima palla curva.» sospirò. « Settimo inning, secondo strike di Edward Richards dei Cyclones. Una volta preparato, ricordo di aver caricato il lancio a tutta potenza ma subito lasciai cadere la palla e, tenendomi il braccio, caddi in ginocchio urlando con tutto il fiato che avevo in corpo. Sentii all’istante un dolore lancinante alla spalla destra, provai leggermente a muovere il braccio ma fu solo peggio. Solo dopo, in ospedale, mi dissero che il tendine, già sfilacciato, si strappò completamente.» spiegò ancora facendo spallucce. «Fui costretto ad attaccare il guantone al chiodo quindi, all’epoca, l’unica cosa che restava da fare fu buttarmi a capofitto nello studio.. Ed eccomi qui, a fare il Procuratore sottopagato per conto dello stato di New York..»

«Non ti sei mai arreso veramente.» affermò Connie, sempre appoggiata al muro, guardandolo negli occhi.
Lui ricambiò. «Bhè, sai che sono un tipo alquanto testardo.. Passarono cinque anni dall’intervento prima che riuscissi a tornare sul diamante sia come pitcher che come battitore. La squadra della Procura Distrettuale di Manhattan non sarà la Major League ma devo dire che provo un certo godimento a rendere la vita difficile alla Procura del Queens e del Bronx, per non parlare di quella di Brooklyn dato che Edward Richards è un loro Procuratore..» rispose con un sorriso divertito.
Lei rise.
«Devo ringraziarti Connie.»
«E di cosa?»
«Per avermi fatto ritornare a quei momenti, per aver ricordato il grande sogno di un bimbo di Brooklyn.»
Lei ricambiò con un sorriso ancora più grande ed un fugace tocco sull’avambraccio. «Non devi ringraziarmi, puoi confidarti con me ogni volta che vuoi, ogni volta che ne senti il bisogno.»
Sentirono poi delle note in sottofondo, la musica di un tipico canto natalizio.
Videro salire sul palchetto posizionato nella piazzola dei ristoranti delle persone in abiti ottocenteschi e prepararsi secondo la scena che stavano per rappresentare.
Connie si girò e non credette ai suoi occhi. «Mike, guarda!» disse eccitata.
Lui sorrise nel vederla così. «Oh.. Questa sì che si chiama fortuna, Connie.»
Il coro cantò acapella ‘Bianco Natale’ e altre due canzoni tipiche natalizie.
Mentre erano presi da quello spettacolo, lei lo prese sottobraccio e l’altra mano l’appoggiò tra l’avambraccio e il bicipite, quindi lo guardò cambiare la sua espressione da seria, in un tenue mezzo sorriso.
In quel momento Connie non riuscì a fare a meno di pensare di essere finalmente riuscita a regalare a Mike Cutter un pò dell’infinita gioia del Natale.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


CAPITOLO 10

Dopo che Mike accompagnò Connie alla sua auto, parcheggiata nei sotterranei della Procura, la ringraziò per avergli chiesto di fare un giro al centro commerciale insieme, poi le augurò la buonanotte quindi andò finalmente verso casa a riposare, con un’espressione sul volto completamente differente rispetto a quando uscirono dal 27° Distretto.
Lei, invece, si avviò verso il luogo un cui il suo uomo la stava aspettando.
Il ristorante italiano‘Romagna Mia’ era situato proprio a due passi dal palazzo in cui abitava Graham.
Si salutarono calorosamente con un bacio e un abbraccio quindi entrarono.
Connie notò immediatamente che tutto l’interno era color mogano con finiture dorate, molto elegante.
I loro soprabiti furono presi in consegna da una donna molto distinta al guardaroba e subito il maître li accompagnò al tavolo a loro riservato.
Non appena di sedettero, Graham notò il nuovo acquisto appoggiato sulla borsa. «Bellissimi guanti per una bellissima donna.» disse guardandola. «Sono nuovi?» chiese sorridendo.
«Si.» rispose quasi compiaciuta. «Comprati proprio questa sera con l’aiuto di Mike. Ecco spiegato il ritardo di cui mi scuso.»
Lui sembrò un pò incerto. «Mike? Oh, il tuo capo, giusto?»
«Esatto. Eravamo al 27° Distretto da questo primo pomeriggio, così prima di tornare in ufficio ci siamo fermati al centro commerciale per comprare questi, dato che il freddo si era fatto abbastanza pungente.» rispose cercando di sembrare il più innocente possibile ma sfortunatamente, la sua voce non corrispose alla sua espressione perchè mentre stava parlando, rivisse il momento in cui prese Mike a braccetto.
Graham non sembrava affatto contento che fosse andata a fare compere insieme a lui ma, fortunatamente, il maître tornò da loro con i menù prima che potesse rispondere.
Non appena Connie l’aprì, vide l’infinità di voci stampate e non seppe proprio da dove poter cominciare.
Sembrava tutto buonissimo ma alla fine, su consiglio di Graham, scelse dei Ravioloni di carne al Pomodoro mentre lui scelse gli Strozzapreti al Ragù e subito dopo ordinò una bottiglia di Morellino di Scansano Riserva, il vino più costoso sul menù.
Dopo che il maître li ringraziò con molta gentilezza, si avviò verso la cucina con i loro ordini.
Lei si rilassò pensando di essere riuscita ad evitare quella conversazione scomoda e imbarazzante.
Guardò Graham ma la sua mente subito la riportò ancora una volta e senza preavviso a quasi un ora e mezza prima, al centro commerciale, con Mike che guardava la vetrina allestita da cameretta.

Sorrise lievemente però nonostante fosse uno dei pochi ricordi tra i più dolci riguardanti Mike, cercò comunque di eliminarlo, essendo in quel momento con il suo uomo e non trovando giusto pensare a qualcun altro ma la gioia che provò nel vedere il suo capo quasi fosse tornato bambino le riempì il cuore di felicità.
«Connie?» chiese Graham guardandola dolcemente.
«Si?» rispose portando la piena attenzione sull’uomo davanti a lei. “Maledizione, non riesco a togliermi dalla testa Mike con indosso la divisa da baseball della Procura, eppure Graham è proprio qui davanti a me.. Dovrei pensare a lui, non a Mike.” pensò notando lo scherzo che le stava facendo la sua mente.
Le sorrise. «Amore mio, ho qualcosa che ti renderà felice.» disse allegro, tirando fuori dalla tasca la sorpresa. «Sono riuscito a trovare gli ultimi due biglietti per ‘Lo Schiaccianoci’ della New York Ballet Company al Lincoln Center.»
Lei si portò entrambe le mani al volto, sorpresa. «Tesoro è.. Fantastico.»
Lui notò la piccolissima esitazione nella sua risposta. «Vuoi vedere questo spettacolo, giusto? Cioè, ne abbiamo parlato per giorni e giorni..»
«Certo amore mio, lo desidero tantissimo.» rispose, accettando quel regalo.
Il maître tornò con il cestino del pane e la bottiglia di vino, che stappò e versò ad entrambi.
Dopo che ne presero un sorso, Connie continuò. «Graham è un regalo bellissimo, davvero. Non merito un uomo tanto generoso come te.» disse distogliendo poi lo sguardo.
«Ma?»
«..Potrebbe esserci una leggera sovrapposizione temporale tra la fine dell’orario d’ufficio e l’inizio dello spettacolo. Il caso comincia a prendere la giusta piega e siamo solo in quattro ad occuparcene. Di solito per un serial killer si forma una task force da almeno dodici persone tra polizia e ufficio legale.»
«Bhè, vedila in questo modo, se hanno lasciato ad indagare solo quattro su dodici persone per un serial killer del genere, allora siete sicuramente i migliori di tutta New York.» disse compiacendosi del fatto che lei fosse tra le persone menzionate. «Ma se gli investigatori hanno preso le ferie, tu non potresti prendere l’ultimo permesso prima di Natale?»
A quel punto, Connie non riuscì a trovare le parole giuste per spiegargli tutta la situazione ma ci provò comunque. «Certo che potrei ma amore mio, cerca di capire. È un caso d’alto profilo molto difficile. Chiunque potrebbe essere la prossima vittima e potrebbe diventarlo in qualsiasi momento ed è proprio per questo motivo che tutti noi dobbiamo mettere il nostro più totale impegno nelle indagini. Ne va delle vite che possiamo salvare e rendere giustizia a chi non abbiamo salvato. Anche Mike lo dice sempre.» rispose sperando fosse abbastanza come spiegazione.
Graham pensò per un secondo. «Ma essendo questo Mike il più alto in grado a seguire le indagini, ha sicuramente più esperienza e poi.. Se manchi per una sera, non morirà mica, no?»
«Certo, lui potrebbe benissimo restare in ufficio senza di me, come lo è stato migliaia di volte ma lo conosco e so benissimo che in casi difficili come questo non deve restare solo e lo dico perchè sarebbe capace di stare in ufficio tutta la notte e tutto il giorno dopo ad arrovellarsi il cervello fino a farsi venire un’emicrania e non vorrei arrivare a vederlo sdraiato sul divano, sofferente e con la cravatta annodata sugli occhi, com’è successo alla fine di novembre e altre volte prima di quella.. Credimi, ha davvero bisogno di me. Io, in un certo senso, sono la sua pace mentale.» disse in difesa di Mike ma notò uno sguardo contrariato. «Tranquillo Graham, lui sa di noi ed è contento che io non sia più sola. Mi dice sempre che non dovrei rimanere in ufficio più del dovuto. È davvero un capo gentile e comprensivo come lo sono pochi.»
«Bhè, se la metti così, puoi anche prenderlo in parola e potresti riuscire a convincerlo a lavorare otto o nove ore, invece che dodici o per tutta la notte. Faresti un favore sia a lui che a te stessa.»
«Io e lui facciamo capo al Procuratore McCoy, non possiamo fare ciò che ci pare, anche se Jack ci asseconda quasi sempre, ma sfortunatamente questa volta, anche lui ha ordini da eseguire e provengono sia dal Sindaco che dal Procuratore Generale. Siamo tutti sotto pressione e sotto gli ordini di qualcun altro.» disse cercando, ora, di difendere la sua vita professionale. «Posso dirti per certo che Mike si presenterà in ufficio anche la Vigilia, il giorno di Natale e la notte di Capodanno se non chiudiamo questa storia in fretta. Vorrei evitarglielo se possibile, perciò dobbiamo lavorare a pieno regime in questi giorni.»
Graham aggrottò le sopracciglia. «Certo che ti dai un bel daffare per difenderlo.» rispose geloso.
Lei sentì le guance scaldarsi improvvisamente. «No.. È.. solo che ci conosciamo da tre anni. È sia il mio capo che un amico stretto. Mi dispiace per la sua situazione ma allo stesso tempo, lo capisco perchè mi ci rispecchio perfettamente.» rispose cercando di nascondere il suo imbarazzo.
Lui però la guardava, cercando di catturare i suoi occhi. «Dimmi la verità, Connie. C’è qualcosa tra voi?» chiese in fine a bruciapelo.
Lei fu colta alla sprovvista.
Sentì una stretta allo stomaco e il sangue andare alla testa, lasciando tutto il resto del corpo completamente ghiacciato, tanto che le sue mani iniziarono a sudare freddo. «Ma che ti salta in mente, Graham?! No, assolutamente no!  Lui è solo un amico. Abbiamo passato un numero di ore infinito in ufficio e in tribunale e qualche volta ci siamo fatti un bicchiere insieme dopo il lavoro, prima di tornare alle nostre case. Questo è tutto. Io non mischio lavoro e vita privata.» rispose guardandolo ma, a giudicare dall’espressione sul suo volto, sembrava divertito dalla situazione d’imbarazzo di Connie.
«D’accordo ma sai.. Ho chiesto perchè pensavo che il mio carisma fosse scomparso dato che hai parlato solo di lui e lo difendi a spada tratta.»
Lei non rispose, non sapendo cosa dire. Sorrise e prese un altro sorso di vino. «Allora raccontami un pò della tua giornata, amore mio.» disse cercando di fargli cambiare discorso.
Graham sorrise sempre più divertito, poi le raccontò della sua giornata piena in ufficio con degli investitori un pò troppo pignoli ma nel mezzo della conversazione, i loro piatti arrivarono.
Non appena Connie ne sentì il profumo, il suo stomaco si aprì del tutto.
«Allora, che ne pensi?» chiese lui guardando la sua espressione.
«Ha sia l’aspetto che il profumo fantastico!» rispose sincera, forzando però un sorriso.
La sua mente era ancora proiettata nei suoi ricordi, nell’ufficio di Mike mentre a notte fonda mangiavano cibo cinese, discutendo e preparando i casi da portare in giudizio.
Tutto quello le sembrò che fosse successo secoli prima e le mancavano da morire quelle serate.
Ma in realtà le mancavano quei piccoli momenti in sè o le intere notti passate insieme a Mike in un Ufficio deserto?

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


CAPITOLO 11

La mattina dopo Connie Rubirosa uscì di casa molto presto.
Non appena mise un piede fuori dal portone del suo palazzo, s
entì l’aria piacevolmente fredda di una mattina di dicembre inoltrato pungerle il volto, rigenerandola completamente.
Quando arrivò in ufficio, Mike Cutter era già davanti la sua lavagna bianca attaccata alla porta di servizio, con in mano un voluminoso fascicolo, nell’altra il suo pennarello cancellabile nero e in bocca, il tappo di questo.
Appoggiata all’angolo di cemento dell’ufficio di un altro Procuratore, lo vide scrivere qualcosa per poi fermarsi, leggere e riprendere a scrivere altri appunti.
Lei lo guardò sorridendo lievemente, piegando leggermente la testa di lato "Non sta affatto male con indosso un semplice paio di jeans e un maglione a collo alto con la zip. È un peccato non vederlo più spesso così informale".
Mike si fermò ancora, questa volta per grattarsi la guancia con la mano che stringevano il pennarello, poi riprese di nuovo a scrivere.
Connie decise di avvicinarsi alla porta del suo capo ed essendo aperta, lo sentì distintamente canticchire ‘Bianco Natale’, scatenandole poi un sorriso pieno di dolcezza.
Non appena lo vide girarsi per appoggiare il fascicolo sulla scrivania, lei si nascose dietro lo stipite ma sentendo i suoi passi sempre più vicini, andò velocemente nell’ufficio vuoto di Jack.
Una volta che i passi di Mike furono lontani, decise di affacciarsi sul corridoio.
Lo vide lì, davanti lo schedario situato tra l’ufficio di Connie e la fotocopiatrice comune, in piedi ad osservare il piccolo albero di Natale completamente spoglio.
“Anche il più piccolo degli alberi merita un pò di dignità.” pensò lui, alzando la mano che in quel momento lei non poteva vedere, per adagiargli sulla punta una stellina piatta e argentata, quindi fece un passo indietro mettendosi le mani sui fianchi e piegando leggermente la testa per ammirarlo.
“Buon Natale anche a te, piccoletto.” pensò ancora, annuendo una sola volta con decisione, soddisfatto del suo gesto, mentre Connie continuava a guardarlo dalla porta di Jack.

Due ore dopo, la Procura Distrettuale di Manhattan era ancora quasi vuota.
Quasi tutti i Procuratori e gli Assistenti presero le ferie ma Connie era seduta alla sua scrivania.
Non riusciva a trovare un solo motivo valido o stupido che fosse per poter andare da Mike quindi, passò praticamente tutta la mattinata a lanciargli di tanto in tanto sfuggenti occhiate, senza riuscire a concludere neanche una parte del suo lavoro.
Sospirò. “Devo concentrarmi di più..” pensò, abbassando lo sguardo per un secondo.
Sospirò di nuovo chiudendo gli occhi ma quando alzò lo sguardo, lui non c’era più.
Allarmata, si guardò velocemente intorno per cercarlo. “Perfetto.. Ora ha anche acquisito l’abilità di scomparire come se nulla fosse e senza lasciare tracce..”
«Ciao.» disse poi alle spalle di lei, allegramente, facendole venire quasi un infarto.
«.. E comparire nei posti più inaspettati..» disse non volutamente, concludendo il pensiero interrotto poco prima.
Esattamente con il silenzio di un gatto, Mike riuscì a scivolare dietro di lei, con in mano due tazze belle fumanti.
«Come?» chiese lui perplesso aggrottando la fronte.

«Ehm, no.. Niente.» rispose grattandosi il collo, facendo finta di nulla.
«Pensavo che avessi bisogno di una pausa e una di queste.» disse lui, posandone una sulla scrivania, proprio vicino la tastiera del computer.
Sorrise. «Grazie mille.» rispose prendendo in mano la tazza ma una volta portata vicino le labbra sentì qualcosa di strano, un profumo completamente inaspettato e buonissimo.
Guardò prima nella tazza, poi lui, incredula.
«Bhè, una cioccolata è ciò che ci vuole in inverno, soprattutto se il riscaldamento dell’ufficio lascia a desiderare in questi giorni.. A proposito, la mia stufetta mi ha detto di dirti che la porta del suo ufficio è sempre aperta, nel caso avessi freddo.» disse scherzoso.
Connie si lasciò scappare una lieve risata. «Allora ringraziala e riferiscile che accetto molto volentieri l’invito.» rispose assaggiando poi la cioccolata e scoprendo che non era nè troppo dolce, nè bollente e densa al punto giusto. «Oh, Mike.. È davvero squisita!»
«Ti ringrazio ma ho il dovere di avvisarti che non è una comune cioccolata.» continuò lui cambiando tonalità di voce.
«Ah si? Cosa la rende così speciale?» chiese alzando un sopracciglio.
Le sorrise divertito. «Ti ricordi come facevano le nostre mamme? Almeno, la mia lo faceva.. Ho aggiunto un bel marshmallow nella preparazione.» rispose sussurrando, come se stesse riferendo un segreto.
Connie guardò dentro la tazza e notò tre piccoli pezzetti galleggiare.
«Mike, a questo punto devo assolutamente dirtelo..»
«Qualcosa non va?» chiese preoccupato.
«No, no. Devo dirti che sei il migliore. Questa è in assoluto cioccolata più buona che abbia mai assaggiato, dopo quella della mamma, ovviamente.» rispose, facendolo sorridere.
«Oh, certo. Ovviamente..» rispose prendendone un sorso anche lui.
Da una parte era felice del fatto che apprezzasse ogni cosa facesse per lei ma dall’altra parte, si sentiva uno stupido, in un certo senso.
Pensava che nonostante tutto, Connie fosse ad un livello nettamente superiore al suo e che da quando conobbe quello che sarebbe stato il suo uomo, i loro piccoli momenti ormai non contavano quasi più niente.
Poteva addirittura definirsi contento del fatto che avesse incontrato un uomo praticamente perfetto, che non le facesse mancare nulla e che sicuramente, dopo aver fatto delle lunghe ricerche su di lui, sapeva molto bene che poteva offrirle ben altro che della semplice gentilezza o una cioccolata..
Scoprì che questo Graham riuscì a laurearsi col massimo dei voti in economia all’Harvard University, in Massachussetts, dove prese anche un master al MIT - Massachussetts Institute of Technology -.
Quando tornò a vivere a New York, divenne in tempi record un brillante agente di borsa di alto livello in un’importante società con sedi in tutto il mondo, stessa società in cui lavorò anche il padre, l’amministratore delegato Frederick Magnusson ormai da pochi anni in pensione.
Mike scoprì anche che fu pubblicato sul Time Magazine, nella lista dei cinquanta scapoli di buona famiglia più ricchi di tutta New York.
Come avrebbe mai potuto competere un Sostituto Procuratore Esecutivo, laureato a stento in un’università statale, con un misero stipendio, senza una neanche una casa di proprietà e con un’automobile a dir poco datata, quasi da rottamare?
Infatti non avrebbe mai potuto ma la sua unica certezza era che quella instaurata con Connie non era una relazione puramente professionale, anzi era assolutamente sicuro che le piacesse molto passare il tempo in sua compagnia.
Ridere, scherzare, parlare, perfino arrabbiarsi, litigare, stare in silenzio.. In tutti questi modi Connie dimostrava che ci teneva veramente alla loro amicizia e alla loro collaborazione.
«Mmm..» mormorò assaporando con gli occhi chiusi la piacevolmente calda bevanda. «Hai anche abbrustolito il marshmallow.. È semplicemente deliziosa.» disse gustandosela sempre di più e a fondo. «Mi correggo: questa è LA cioccolata più buona che abbia mai assaggiato, anche meglio di quella della mamma! Ci voleva proprio. Se potessi ti..» disse fermandosi appena in tempo.
Lui si fermò con la tazza a mezz’aria, come se stesse aspettando la fine di una frase tanto pericolosa.
«Ti.. Farei una statua..» rispose con la prima cosa che le venne in mente, sorridendogli con il cuore a mille, sapendo perfettamente di essere riuscita ad evitare per un pelo una catastrofe.
«Sai una cosa? Alle volte anch’io mi farei una statua..» disse scherzando e scoppiando entrambi a ridere, a voler sdrammatizzare quella scampata situazione imbarazzante.
Condividere una semplice cioccolata calda in un rigido inverno, li fece sentire entrambi come se non ci fosse nient’altro di più bello al mondo, nonostante i normali rumori di un ufficio e gente che passava di tanto in tanto sbuffando o lamentandosi e Mike sentiva dentro di sè il dovere di proteggere quei piccoli momenti con lei, soprattutto dopo la scorsa sera al centro commerciale, se voleva avere una sola speranza di restare quasi a pari con Graham Magnusson.
Lo guardò con espressione strana, quasi stesse guardando qualcosa che non riusciva a focalizzare.
«Mike.»

«Mhm?» rispose dopo aver preso un sorso di cioccolata, mentre stava abbassando la tazza.
«Hai una cosa proprio qui.» disse indicandosi la guancia.
«Cos.. Qui?» chiese appoggiandosi il dito sulla parte sbagliata.
«No.» disse sporgendosi dalla sua poltrona verso di lui. «Qui..» sussurrò guardandolo negli occhi mentre si leccava la punta del pollice, per poi strofinarlo gentilmente sulla guancia di lui, togliendogli la piccola riga lasciata dall’inchiostro del pennarello nero dalla guancia sinistra.
Mike s’irrigidì all’istante, fu incapace di muovere un solo muscolo.
Potè solo guardare il suo volto mentre strofinava la guancia con il pollice appena inumidito dalla sua saliva.
Lei ricambiò lo sguardo sorridendo lievemente. «Ecco, come nuovo.» sussurrò, poi tornò al suo posto, mentre lui non riuscì a far altro che prendere un altro veloce sorso di cioccolata per cercare di non pensare a cosa fosse appena accaduto.
Si schiarì la voce. «Hai sentito? I Detective hanno catturato un sospetto per l’omicidio di ieri al negozio di liquori.» disse cercando di cambiare discorso.
Lei annuì. «Già, dicono che sia stata la moglie ad organizzare il fatto ma lei, ovviamente, nega tutto.»
«La moglie?»
«Esatto.» rispose prendendo un sorso della sua bevanda. «Leggerai i dettagli dopo sul fascicolo, quando sarò tornata dal tribunale. Tra un’ora dovrò presentarmi all’udienza preliminare col giudice Pollock.»
«Allora ti lascio alla preparazione psicologica. Ho sentito che non ci va molto leggero con le donne, soprattutto se lavorano per la Procura..» disse con un sorriso divertito.
«Ah, bene.. ci mancava proprio un giudice sessista e di parte..»
«L’importante è che mantieni la calma e se proprio non ci riesci, fai come al solito: alza la voce ma aggiungi sempre ‘con tutto il rispetto, Vostro Onore’  e il gioco è fatto.» disse ton tono leggero. «Bhè.. Auguri..» continuò son lo stesso tono con in aggiunta una punta di divertimento, alzandosi dalla sedia e tornando verso il suo ufficio.
Connie si sentì contrariata all’idea che lui se ne andasse. Lo guardò. «Mike, aspetta.»
Lui si fermò e si girò.
Alzò la tazza. «Grazie ancora per.. Tutto, direi..»
Lui le rispose con un sorriso, poi ritornò sui suoi passi.

Non appena Connie si alzò dalla sua poltrona per andare all’udienza preliminare, si fermò davanti al piccolo abete posizionato sopra lo schedario.
«Bella stellina, non è vero?» le disse una collega. «È comparsa questa mattina.»
Lei sorrise. «Già. A quanto pare abbiamo un Santa Claus nascosto tra noi.»
«Già. È una cosa intrigante, non credi? Chi potrà mai essere?» rispose la sua collega tornando poi al suo lavoro.
Connie tornò a guardare il piccolo alberello. “Mike, se solo Jack lo vedesse farebbe il diavolo a quattro..” pensò scuotendo la testa divertita, andando poi verso gli ascensori della Procura Distrettuale di Manhattan.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


CAPITOLO 12

Il vento gelido finalmente si fermò e in cambio, la neve riprese a cadere pigramente sull’intera città.
Di ritorno dal tribunale, Connie decise di fare un giro in taxi fino al Rockfeller Center per ammirare l’enorme albero di Natale tutto decorato, con in cima una meravigliosa stella di cristallo, generosamente donata al comune di New York dalla Fondazione Swarovski per l’enorme contributo filantropico in metà delle sue cause umanitarie.
Quella visione la rese più entusiasta e più felice, quindi fece ritorno in ufficio.
Camminando per il corridoio con il file del caso Wei tra le braccia, si sentì emozionata nel poter riferire a Mike delle fantastiche novità e all’idea di vederlo fu sorpresa di sentire una fitta allo stomaco e al turbine di emozioni che provò al solo pensiero.
Si rese conto che sentiva esattamente la stessa cosa quando lo coglieva a guardarla attraverso il vetro del suo ufficio oppure, quando erano seduti vicini in tribunale per caso i loro gomiti si sfioravano o anche quando si trovava nel suo letto mentre ripensava alla giornata trascorsa, a lui e a tutte le volte che lo incrociava o si facevano visita a vicenda.
Ma nonostante tutto ciò, continuava a chiedersi cosa avesse di sbagliato.
Perchè provava certe cose, certe emozioni quasi viscerali?... Per Michael Cutter poi!
Prese un profondo respiro prima di entrare nell’ufficio del capo.
Anche se alla Procura non c’erano molti avvocati, si sentivano comunque molti rumori ma sapeva che una volta entrata in quell’ufficio, sarebbe stato come entrare in una bolla, una dimensione completamente al di fuori dal mondo, in totale tranquillità.
Infatti in quel momento, Mike era seduto alla scrivania con le maniche del maglione blu notte alzate fino a metà avambraccio e la zip aperta fino a metà torace a mostrare la sua maglia grigia.
Stava ancora confrontando gli appunti con i fascicoli dei casi insoluti a causa dei cavilli legali o vizi di procedura.
Connie potè intravedere il suo piccolo mondo solitario per circa un secondo, poi cercò di entrare silenziosamente per poter continuare a guardarlo, pensando che tutto sommato fosse una persona molto enigmatica ma carismatica, intrigante e attraente.
Se si imparava a conoscerlo bene, si poteva notare un aspetto molto interessante: era molto ben disposto a parlare delle sue idee e ideali ma era molto chiuso riguardo i suoi pensieri, sogni ed emozioni.
Proprio mentre Connie era appoggiata allo stipite della porta, assorta nei suoi pensieri, Mike guardò improvvisamente verso di lei.
Vide i suoi occhi di ghiaccio e il suo sguardo concentrato sciogliersi all’istante.
Da profondi, severi e velati, divennero subito dolci, gentili e presenti.

Sorrise e mise giù la penna. «Allora, com’ è andata?» chiese, dato che Connie non gli fece sapere nulla.
Lei provò a sembrare più naturale possibile mentre l’osservava, come successe altre milioni di volte prima di quella.
Si decise a fare un passo avanti e sedersi con nonchalance sul divano beige, lisciandosi lentamente la gonna blu.
«Allora?» chiese Mike, impaziente di sapere.
Lei sorrise. «Alla grande.»
Lui aggrottò la fronte, non capendo. «Definisci ‘alla grande’.»
«La signora Wei ha confessato tutto fin nel dettaglio.» rispose alzandosi per andare dietro la scrivania e appoggiare il fascicolo ma nel prenderlo, accidentalmente Mike toccò la mano di Connie.
Entrambi sentirono come dell’elettricità ma cercarono di non far notare nulla all’altro.
Mike ci provò con tutte le forze ma quella volta non riuscì ad essere l’uomo di sempre.
Senza pensare, mise istintivamente la sua mano sopra quella di lei stringendola leggermente e con delicatezza, mentre Connie non riuscì a muoversi di un millimetro, tantomeno riuscì a pronunciare una sillaba.
Il mondo intero sembrava si fosse fermato solo per loro, nessuno e nulla osava muoversi.
Mike la guardava e la sua espressione gli disse che lei sentiva esattamente ciò che sentiva lui.
Connie non si muoveva, non respirava, non riusciva nemmeno a battere ciglio.
Lui pensò che gli sguardi che si scambiarono prima di quello furono nettamente diversi.
Vide negli occhi di lei per meno di mezzo secondo, uno sguardo pieno di bramosia, un fuoco che non avrebbe dovuto esistere e da quello si sentì incoraggiato a fare qualcosa di più, cominciando così ad accarezzale il dorso, riuscendo finalmente a sentirne la morbidezza della sua pelle ma appena si rese conto di ciò che stava capitando, Connie strinse la mascella e prese coraggio, ritrovando la parola e l’ossigeno necessario.
«No Mike.. Ti prego, non farlo.. Non ora..» sussurrò, distogliendo lo sguardo, chiudendo gli occhi e ritraendo la mano.
Solo allora lui realizzò che se non l’avesse fermato, le avrebbe rivelato tutto ciò che aveva dentro, mentre lei si rese conto di quale immenso sforzo stesse facendo per mantenere le dovute distanze, non solo perchè era una sua collega ed era fidanzata ma anche perchè ha sempre creduto che lei non provasse nulla di ciò che lui provava e che tutte le cose che diceva e faceva erano solo per l’amicizia che li legava.
Mike scosse la testa leggermente. «Forse dovrei chiederti scusa, dirti che ho fatto una cosa assolutamente fuori luogo.» disse con calma, con sguardo basso sulla sua mano rimasta vuota, poi la guardò. «Ma non lo farò.» disse ancora tornando sui suoi occhi con mezzo sorriso.
Connie a quelle parole sentì chiaramente il suo cuore mancare qualche battito.
Quella frase si avvicinava pericolosamente ad una confessione e molti, forse troppi pensieri si affollarono nella sua mente senza poterne distinguere neppure uno.
Quando riuscì a guardarlo negli occhi, trovò che fossero di un azzurro bellissimo, proprio come quello del cielo estivo senza nuvole.
Avrebbe dovuto dire qualcosa ma non sapeva cosa e in quale modo.. Doveva assolutamente spiegargli che era sbagliato ciò che aveva appena detto e fatto.
Sospirò. Aprì la bocca per dire qualcosa ma un rumore proveniente dalla porta di servizio dietro di lei li distrasse: la voce profonda di Jack.
«Connie, com’è andata in tribunale?»
Fecero finta che nulla fosse successo, poi prese il fascicolo da sotto la mano di Mike e lo consegnò al Procuratore Capo.
Mike l’anticipò nella risposta. «La signora Wei, o meglio, la vedova Wei ha confessato tutto in aula.»
Jack restò sorpreso dalla notizia. «Davvero? Sei stata fortunata.»
«Già. Ecco, questo è il fascicolo.» rispose cercando di sembrare il più professionale possibile. «Se volete scusarmi, vado a mettermi qualcosa di più comodo, poi sbrigherò il lavoro in sospeso.» disse ancora, guardandoli entrambi di sfuggita. «Sono sicura che Michael potrà spiegarti tutti i fatti.» concluse mentre se ne stava andando verso il suo ufficio.
"Michael?" pensò Jack perplesso.

«Se vuoi sapere qualcosa, è tutto scritto nel fascicolo che hai in mano, perciò..» cominciò Mike ma fu interrotto da McCoy.
«Mike, ho appena assistito per caso alla vostra.. Come posso chiamarla.. ‘situazione’.» ammise.
«Jack, potresti considerarla come una di quelle cose ‘non chiedere - non dire’?» disse cercando di cambiare discorso alla veloce.
L’espressione di Jack parlò da sè. «Okay, allora ti lascio al tuo lavoro.» disse esitando un secondo prima di andarsene.
«C’è qualcos’altro?» chiese guardandolo.
«Si. Un’ultima cosa.» rispose portandosi poi una mano all’orecchio. «Dimmi, lo senti questo suono in sottofondo?»
Mike corrucciò la fronte e si concentrò nell’ascolto ma non sentì nulla di strano. «Veramente no. Quale?»
«Il suono di un cuore esultante e parecchio felice.» rispose Jack sorridendo divertito, facendo capire al suo sottoposto che qualsiasi cosa fosse successa tra loro due fu pienamente approvata poi se ne andò, lasciando anche sul volto del Procuratore Cutter un sorriso divertito.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


CAPITOLO 13

Connie era seduta alla sua scrivania con il volto nascosto tra le mani.
“Che diavolo sta succedendo?” pensò scuotendo leggermente la testa. “Fino a tre giorni fa era tutto perfetto, la mia vita stava andando nella giusta direzione, ogni cosa era al suo posto.. Ed ora?” sospirò sconsolata. “Graham mi rende felice come non avrei mai neanche sognato e tutto d’un tratto Mike si comporta in quel modo..” pensò, facendo poi scivolare le mani fino ad incrociarle sotto il mento. “No. Mike si è preso solo una cotta.. Una stupida, insignificante, passeggera cotta, nulla di più.” pensò ancora, cercando di autoconvincersi ma dentro di sè sapeva che certamente lui provava qualcosa di veramente concreto.
Michael Cutter fu l’unico uomo che ebbe sempre la pazienza, la gentilezza e anche la dolcezza di prendersi cura di lei, di farla sentire al sicuro, a suo agio, di rassicurarla, di guidarla e confortarla nei momenti bui pieni di sconforto e disorientamento, di dubbi e perplessità.
In soli tre anni, lui per lei fu l’unica luce nell’oscurità, la solida roccia in mezzo al mare in tempesta, il suo rifugio ed esattamente la stessa cosa fu lei per lui.
Sapeva anche che tutto ciò che fece non era solo per un’amica stretta e fidata e sapeva il motivo per cui cercava disperatamente di mantenere le distanze anche quando avrebbe potuto lasciarsi andare e cogliere l’occasione.
Solo una volta a Mike capitò di esternare le sue paure davanti a lei, mostrandole la parte completamente indifesa del suo essere e fu una sera al bar vicino l’Ufficio, proprio nel momento in cui rischiò seriamente di perdere la licenza d’esercizio e il lavoro della sua vita.
Per la prima ed unica volta, fu lei a consolarlo, cercando in tutti i modi di fargli capire che sarebbe andato tutto bene, di non preoccuparsi di nulla, che ai suoi occhi era lo stesso uomo di sempre e che nutriva esattamente la stessa fiducia, mentre il sistema autodistruttivo di Mike era ormai in azione, facendogli un’incredibile male psicologico, arrivando perfino a dirsi con cattiveria che si meritava tutto ciò che sarebbe potuto accadere, compreso il suo licenziamento e che, oltre a Jack, lui stesso si sarebbe cacciato a calci dalla Procura.
Ma la domanda che la sua mente le pose fu: perchè Mike decise di buttarsi proprio in quel momento, mentre era fidanzata da un paio di settimane con Graham e non prima?
Connie sospirò un’altra volta, provando a pensare ad altro, cercando di placare il suo cervello, a razionalizzare tutto fin nel minimo dettaglio, ironicamente, proprio com’era solito fare il suo capo.
Magari saltò fuori tutta quella storia perchè lui, anche se affermava di essere contento della sua situazione, in realtà era geloso di Graham, oppure perchè lui lentamente realizzò che le cose tra lei e il suo uomo stavano diventando davvero serie, oppure semplicemente perchè Mike abbassò solo per un momento le sue difese..
Magari Mike non c’entrava nulla e fu solo colpa sua, per averlo involontariamente incoraggiato..
Sospirò ancora, strizzando gli occhi. “Troppi pensieri in una volta sola..” «Dannazione, credo che stia per venire a me un’emicrania, altro che a Mike..» disse pensando ad alta voce, con il volto tornato a nascondersi tra le mani.
«Connie.»
“Mike..!” pensò immediatamente al suono della sua voce.
Lentamente alzò la testa per guardarlo ma in realtà non era pronta a ciò.
Quella fu una delle poche volte in cui si sentì un completo casino.
Scosse leggermente la testa. «Mike ti prego, non voglio parlarne ora..»
«No, non sono qui per quello.» rispose fermandola prima che dicesse qualcosa che non avrebbe dovuto, mettendosi in imbarazzo. «Dobbiamo indossare gli abiti formali. Ha chiamato Bernard, dobbiamo recarci al Distretto.» disse ancora con voce priva d’ogni tipo d’emozione, molto seria.
Fu sorpresa dal fatto che riuscì a lasciare da parte tutto ciò che successe qualche momento prima nel suo ufficio.
«Ci sono novità sullo Strangolatore?»
«Un testimone si è fatto avanti dicendo di avere visto il serial killer al parco la scorsa notte, all’ora dell’omicidio.»
«Oh..»

Tutto il viaggio dalla Procura fino al 27° Distretto fu immerso in uno di quei silenzi imbarazzanti, dove nessuno dei due sapeva cosa dire.

«Procuratori, vogliate seguirmi.» disse Bernard facendo un cenno. «Lupo è già all’opera.»
Arrivarono nella piccola saletta, situata dietro il vetro specchiato dove videro dall’altra parte il Detective Lupo parlare col testimone.
«Quell’uomo si chiama Leonard Higgins ed è l’uomo che ha chiamato il 911 dalla cabina dall’altro lato della strada rispetto al parco la sera dell’omicidio di Clara McCallister, l’ultima vittima.» disse il Tenente Anita Van Buren mentre Bernard chiudeva la porta che comunicava con la sala principale, entrando poi nella stanza degli interrogatori, facendo girare Lupo.
«Bene, signor Higgins, stava dicendo?» chiese il Detective Lupo, appoggiando le braccia sul tavolo d’acciaio.
«Mi chiami pure Lenny.. Dunque, dicevo che grazie al sottoscritto, riuscirete a catturare lo Strangolatore.» affermò con fare spavaldo, appoggiando a sua volta un gomito sullo schienale della sedia e una mano aperta sul tavolo davanti a sè. «Ho sentito in giro che è disponibile una ricompensa da un mezzo milione di dollari, giusto?»
«Ogni cosa a suo tempo, signor Higgins.» rispose Bernard, dandogli una calmata. «Prima dovremo confermare o confutare la sua storia.»
Higgins si guardò intorno, poi il suo sguardo andò sulla porta alle spalle dei Detective, quasi si aspettandosi l’entrata di un’altra persona.
«Qualcosa non va?»
«Io? Raccontare tutto.. A voi?» chiese perplesso, indicando prima sè stesso, poi i Detective.
«Si, ci piacerebbe sapere la sua versione.» rispose Bernard con espressione confusa.
«Ehm.. Non c’è.. Nessun altro?»
«Ha qualche problema con noi, signor Higgins? Forse non siamo all’altezza delle sue aspettative?» rispose ancora Bernard guardando poi il suo collega, quindi si alzò dalla sedia d’acciaio, avvicinandosi  pericolosamente al volto dell’uomo, guardandolo dritto negli occhi. «Mi guardi, alcuni dicono che sono carino, coccoloso e gentile.» disse quasi freddo, credendo fosse una questione raziale.
«Ragazzi, ragazzi, non ho nulla contro di voi, davvero! Ma in ogni poliziesco c’è sempre una.. Ehm.. Bella donna che interroga il testimone decisivo. Sapete, per tenere alta l’attenzione e rendere tutto più interessante.»
Lupo guardò Bernard, scocciato. «Okay, questa conversazione è finita.» disse poi Lupo deciso, alzandosi dalla sedia.
«Grazie per il suo tempo, signor Higgins.» aggiunse Bernard, allontanandosi col suo collega verso la porta.
«Hey, hey! No, aspettate! Non sapete cos’ho da dire!» esclamò l’uomo, incredulo per la loro reazione.
«Mi spiace ma se non collabora, noi non possiamo fare nulla, neanche raccomandarla per la ricompensa.» disse Bernard per poi girarsi verso la porta.
«No! Io l’ho visto! Lo Strangolatore, intendo.. Nel parco, anzi a dire il vero si è scontrato con me in fondo al nuovo viale. Correva tenendo stretto al petto una scarpa bianca con all’interno una calza.. Destra mi pare. L’ho notato perchè dopo il nostro scontro gli era caduta, poi si abbassò a recuperarla e subito dopo ha ripreso la sua corsa. Ho davvero creduto di lasciarci la pelle..»
Entrambi i Detective si guardarono, poi lanciarono un’occhiata al vetro, dietro cui vi erano Mike, Connie e la Tenente.
Nessuno rese noto il particolare del trofeo.
«È riuscito a vederlo in faccia?» chiese serio il Detective Lupo.
«No, era davvero troppo buio ed era vestito completamente vestito di nero o blu scuro.. e aveva un cappuccio.»
«Questo è tutto ciò che doveva dirci?» chiese ancora Bernard. «Perchè per ottenere il mezzo milione non è abbastanza. Potrei trovare altre dieci mila persone che potrebbero azzeccare il trofeo che si porta via..»
«No, non è tutto. Ho di più, molto di più!» sospirò. «Sentite, dopo che è scappato da me, l’ho seguito e.. Insomma, posso darvi il numero di targa e la descrizione del veicolo. Può bastare così?» chiese Higgins, sempre con fare altezzoso.
«Okay, ora stiamo ascoltando ma l’avverto, appena sentirò qualcosa di insensato, giuro che l’arresterò per aver ostacolato le indagini, tutto chiaro?» disse Bernard in tono molto serio.
«Okay, okay, ho capito.. Ma vorrei ancora parlare con una bella donna. Voi due mi inquietate parecchio sapete?»
Bernard guardò Lupo, confuso e seccato. «Collega, ti sembro inquietante?» chiese ironico.
«Mi agito solo a guardarti..» rispose con lo stesso tono.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


CAPITOLO 14

Dall’altro lato del vetro specchiato, Mike aveva sul volto un’espressione tra lo scocciato e il disgustato per via del comportamento del testimone, Leonard ‘Lenny’ Higgins.
Prese un lungo respiro per cercare di restare calmo ma Connie notò comunque il cambiamento d’umore sin da quando l’uomo prese a parlare.
Mike non sopportava proprio le persone presuntuose.
Lo guardò di sfuggita.
«Quanto vorrei poterlo arrestare per reticenza..» sussurrò tra sè.
«Guarda che Higgins non è reticente, ha bisogno solo di una spinta per cominciare a cantare e noi gli daremo ciò che vuole per il semplice motivo che ci servono le sue informazioni, vero o false che siano.. Sono pur sempre potenziali piste nuove, no?» disse avviandosi per entrare nella sala interrogatori.
«Co.. No. Aspetta..»
Mike non poteva crederci, Connie stava facendo esattamente ciò che odiava di più: mettersi in mostra per ottenere qualcosa in cambio.
«Non preoccuparti, so cosa sto facendo e so a cosa stai pensando e non è come quella volta con quel giurato. Semplicemente siederò lì con Lupo e Bernard ed ascolterò ciò che il testimone ha da dire e solo nel caso omettesse qualcosa, farò delle domande. Non influenzerò in alcun modo i fatti o la sua testimonianza.» disse guardandolo con espressione tranquilla.
«Eppure quando ho cercato di spiegarti la stessa cosa, mi hai tenuto il muso per giorni..»
«Non è proprio la stessa situazione, Procuratore Cutter.» rispose con mezzo sorriso, divertendosi a punzecchiarlo.
Mike sospirò, grattandosi poco al di sotto della basetta.
Sapeva bene che quando era determinata a fare qualcosa, non c’era nulla su cui discutere.
«Se sei convinta al 100%..»
Connie mise la mano sul pomello. «Certo che lo sono.» sussurrò prima di entrare e chiudere la porta dietro di sè.

«Oh, finalmente una visione migliore di questi due!» esclamò alzandosi dalla sedia, sorridendo.
«Si sieda, signor Higgins e 'questi due', come dice lei, sono ufficiali di polizia.» rispose Bernard, in tono ironico.
Lupo, invece, abbassò lo sguardo ridendo sotto i baffi per vedendo il suo collega così infastidito per delle provocazioni a dir poco infantili.
«Ho già detto di chiamarmi Lenny e scusate ma solitamente gli uomini come me non incontrano donne reali, soprattutto se belle come la nostra nuova arrivata.» disse in tono che avrebbe dovuto suonare come languido e sensuale ma invece fu solo molto imbarazzante.
I due Detective guardarono Connie con espressione di scuse sul volto, poi Bernard si alzò per cederle il posto vicino a Lupo.
Higgins si sdraiò sul tavolo, appoggiando il volto sulla mano. «Heeeeeeylà.. Bellissima..»
Connie si schiarì la voce, assumendo un tono professionale e distaccato. «Signor Higgins, sono l’Assistente Procuratore Rubirosa.» disse presentandosi. «Perchè non raconta tutto ciò che sa dall’inizio, nel dettaglio e con calma?»
Lenny Higgins cambiò completamente atteggiamento rispetto a prima. «Certo, certo! Oh tesoro, questa storia ti piacerà, credimi.»
«Hey! Sii rispettoso con la signora, capito?» lo avvertì Lupo.
L’uomo alzò le mani in segno di scuse. «Allora, ieri sera stavo facendo la mia solita passeggiata, quando vicino al laghetto notai alcuni narcisi selvatici. Mi avvicinai e solo poco dopo notai un’uomo correre come un pazzo stringendo con una mano qualcosa al petto con tutte le sue forze, così decisi di provare a fermarlo e fare il mio dovere di cittadino modello, credendo che fosse uno scippatore.» cominciò, gesticolando e dandosi importanza, credendo ingenuamente di fare colpo su Connie. «Quindi, una volta arrivato nei pressi della mia posizione, mi lanciai improvvisamente sulla pista e ci scontrammo abbastanza violentemente. Caddi a terra mentre a lui scivolò ciò che stava stringendo e solo allora notai che si trattava di una scarpa e una calza da donna, entrambe bianche. Sono sicuro che la scarpa era la destra.»
«Com’era fatto l’uomo? Alto, bas..» provò a chiedere Bernard ma fu interrotto subito da Lenny Higgins.
«Hey, sto parlando con la signora..» disse guardando i Detective scocciato per poi tornare su Connie con un sorriso languido, da pesce lesso, mentre lei forzò un’espressione fredda, soffocando il nervosismo che le stava mettendo quell’uomo col suo atteggiamento.
Strinse la mascella. «Prego, continui signor Higgins. Descriva l’uomo con cui si scontrò.»
«Oh, bhè.. Era piuttosto alto, largo quanto un armadio a due ante.»
«Vada avanti.» disse lei incoraggiandolo a parlare.
«Che altro posso dire? Avrà avuto dai venti ai cinquant’anni.» concluse l’uomo, facendo una pausa, continuando a guardare l’Assistente Rubirosa. «Quindi, bellissima avvocatessa, sei single?» chiese tornando a sdraiarsi sul tavolo di metallo.
«Hey, ti avevo avvertito.» s’intromise Lupo, puntandogli il dito contro.
«Oh, scusate. Ah, dimenticavo.. La sua auto. Mi è sembrata una Chevrolet Camaro grigio metallizzata.» disse facendo ancora una pausa poi sorrise. «Sai bellezza, quando avrò i soldi della ricompensa mi comprerò un bell’attico e un paio di Jaguar, una berlina per l’inverno e una decappottabile per l’estate e tu potresti essere la mia prima ospite.. In tutte e tre.» disse quasi sussurrando.
Connie sentì che ormai la pazienza stava per terminare e che stava crescendo sempre di più la voglia di tirargli un pugno sul naso.
Prese un respiro profondo, cercando di ignorare gli imbarazzanti tentativi di abbordaggio di quell’uomo. «Ha notato il numero di targa?»
«Affermativo.»
«E sarebbe?» chiese Lupo, prendendo appunti.
«Sono sicuro che il finale sia ‘G 199’.. Si, esattamente.» rispose sorridendo e annuendo, sembrava molto soddisfatto di sè.
«Questo è davvero tutto ciò che sa o dobbiamo tirarle fuori a forza qualcos’altro?» chiese Bernard, ormai stufo di quell’uomo ma Higgins continuava a guardare solo Connie con sguardo strano. «Certo dolcezza, ora è davvero tutto ciò che so. Posso chiederti di prendere un caffè insieme, un pranzo o una cena? Potrei farti passare una serata memorabile, soprattutto nel finale..» disse sottolineando la parte finale della frase facendole, un'occhiolino.
Un botto piuttosto forte fece voltare tutti i presenti verso lo specchio, poi si guardarono confusi l’un l’altro.
Sembrava che avessero tirato un pugno a piena potenza sulla piccola mensola, dietro il vetro d’osservazione.
Immediatamente Connie si ricordò che dall’altra parte Mike assistì a tutta quella scena a dir poco pietosa.
Il Tenente Van Buren lo guardò quasi incredula, dai momenti precedenti fino a quello in cui il controllato Procuratore Cutter colpì la mensola con un pugno ben stretto.
Il Tenente notò anche che prese a tremargli la mano dal momento in cui Higgins le rivolse la parola, facendo uscire tutte quelle stupidaggini.
Mike vide Connie scusarsi, alzarsi e uscire dalla sala interrogatori tre.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


CAPITOLO 15

«Procuratore Cutter, si sente bene?» chiese il Tenente Van Buren guardandolo, stupita da quel gesto.
«Mike, se hai bisogno di sfogare un pò di stress, la palestra al decimo piano della Procura l’hanno riaperta.» disse scherzosa al suo capo.
«Scusatemi ma non sopportavo più lo squallore di quel pervertito.» rispose col fuoco negli occhi.
Connie scosse la testa in segno di rimprovero. «Lo squallore di Higgins non è una giustificazione valida per demolire la sala d’osservazione, signor Cutter.» disse con tono calmo e scherzoso, facendo sorridere il Tenente.
Mike aprì la bocca per dire qualcosa, ma si fermò e abbassò lo sguardo. Si schiarì la voce. «Si, hai ragione. Chiedo scusa.» mormorò.
La Tenente lanciò uno sguardo sorpreso e divertito a Connie, che ricambiò con del compiacimento.
Non aveva mai visto un’Assistente rimproverare il proprio capo.
A Jack McCoy non capitò mai.. Non in pubblico, almeno..
Guardò i suoi uomini e capì all’istante che la testimonianza era conclusa.
«So cosa sta provando, signor Cutter ma si ricordi che Higgins è un testimone, non un sospettato.»
Prima che potesse rispondere, Lupo e Bernard uscirono dalla stanza con al seguito il signor Higgins, quindi Lupo lo ringraziò per l’aiuto.
«Di nulla Detective.» rispose fiero di sè. «Se posso fare altro per questa bellezza, basta chiedere.. QUALUNQUE cosa..» disse ancora con un sorriso che avrebbe dovuto essere malizioso, rivolto a Connie.
Mike, sempre con sguardo di fuoco, fece un passo verso l’uomo ma la Tenente lo fermò toccandogli lievemente il braccio.
Tutto ciò non sfuggì allo sguardo di Connie e segretamente ne era lusingata.
Guardarono Higgins andare via, scomparendo dal 27° Distretto.
«Allora, abbiamo le informazioni necessarie?» chiese il Tenente.
«Se quel pervertito ha vuotato completamente il sacco, si..» rispose Bernard.
Connie e la Van Buren guardarono Mike.
«Almeno non sono solo io a pensarla così..» disse lui guardandole entrambe.
«Bhè, dobbiamo ammettere che ci ha fornito dei dettagli molto coerenti tra loro.» cominciò Lupo. «Ha menzionato anche il particolare del trofeo, tenuto nascosto alla stampa.»
«Senza contare che anche il luogo dell’ultimo delitto non era specificato su giornali e notiziari.» aggiunse Bernard.
«Nonostante il grosso aiuto, rimane pur sempre un pervertito. Non mi fido di quell’uomo, anzi, sono abbastanza sicuro che ha mentito su qualcosa..» disse Mike sottovoce ma fu subito sentito da tutti i presenti facendoli ridere sotto i baffi.
«Signor Cutter, ha già avuto a che fare con tipi del genere, anche con gente più spregevole. Non lasci che la sua impressione offuschi il suo giudizio.» disse il Tenente con fare saggio.
«Io sono d’accordo con Mike.» affermò Lupo.
«Anch’io.» disse Connie. «Ho l’impressione che abbia mentito.»
«Come fa a dire che ha mentito?» chiese Van Buren, perplessa.
«Higgins ha detto che uscì a fare una passeggiata e che si fermò ad osservare dei narcisi selvatici vicino al laghetto ma: punto uno, con i recenti lavori non c’è illuminazione in quella zona, punto due, i narcisi crescono in primavera, non in pieno dicembre e in mezzo alla neve.»
«E poi disse anche che l’ipotetico Strangolatore poteva avere dai venti ai cinquant’anni. Praticamente ogni uomo della città, a parte noi tre ed il Procuratore McCoy, che ormai è fuori range..» aggiunse Lupo.
«Dobbiamo comunque controllare la sua storia, anche se è piena di buchi.» concluse Bernard.
«Non così in fretta.» disse la Tenente. «So bene che McCoy preme per un arresto ma le feste ormai sono qui e sono a corto di personale. Ho bisogno di voi per un omicidio sulla 169°.»
«Tenente, con tutto il rispetto, ma non crede che lo Strangolatore abbia la precedenza?» chiese Lupo.
«Esatto, non potrebbe mandare Quinn e Raven?»
«Mi dispiace ma non posso.»
«Cos'è, anche loro hanno preso le ferie alla faccia nostra?» chiese Bernard.
«Non proprio. Il Detective Quinn è la vittima.»
Tutti i presenti furono inchiodati sul posto, scatenando un silenzio assordante.
Lupo e Bernard si allontanarono velocemente mentre il Tenente e i Procuratori si avviarono verso la sala della squadra, poi lei si congedò, lasciando Mike e Connie soli.
«Questa sarà una lunga notte per loro.» commentò Connie.
«Già.»
«Torniamo in ufficio?»
«D’accordo.» rispose Mike guardandola. «Lavoriamo sulla storia di quell’uomo, magari salta fuori qualcosa di sensato, anzi, tu vai pure a casa, ora hai qualcuno che ti aspetta.»
Connie si ricordò di un dettaglio. Trattenne il respiro.
Avrebbe dovuto presentarsi al Lincoln Center per andare a vedere ‘Lo Schiaccianoci’ con Graham!
Guardò l’orologio.“Ancora quattro ore. Posso farcela.” pensò. «Non ancora Mike, ho un pò di tempo.»
Le sorrise gentile. «Okay. Allora, dopo di te.» rispose facendo un cenno, quindi Connie si avviò verso l’uscita del 27° Distretto con al seguito il suo capo.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


CAPITOLO 16

Nonostante la situazione mondiale caratterizzata da guerre, terrorismo e crisi finanziarie di ogni genere, le feste natalizie riuscirono a portare un pò di luce in quell’oscurità, anche se per un breve periodo.
Tutto sembrava scorrere pigramente.
Davanti le loro case, i bambini giocavano con gli slittini, creavano pupazzi completi di sciarpa e cappello e facevano la guerra con palle di neve da un marciapiede all’altro, divertendosi come pazzi.
Connie e Mike videro questo nel tragitto tra il 27° Distretto e la Procura Distrettuale.

Connie era seduta alla sua scrivania. Osservava lo schermo del portatile, aspettando che la ricerca portasse a qualche corrispondenza con la targa parziale ed il tipo di automobile fornito dal testimone, nel sito della motorizzazione statale mentre Mike andò a preparare del caffè dopo aver lasciato il suo cappotto sulla sedia vicino al tavolo di lei.
Dopo quasi un quarto d’ora riapparì con due tazze belle fumanti e si sedette mentre lei digitava velocemente qualcosa.
«Grazie.» disse guardandolo per un momento. «Ci hai messo un pò, cominciavo a pensare che Babbo ti avesse rapito per fare il sostituto di Rufus sulla slitta..» scherzò.
«Ti sarebbe piaciuto.. Ah, a proposito, stavo quasi per dimenticare che Babbo ti manda i suoi saluti.» rispose sorseggiando il caffè, cercando di essere serio.
«Ricambio.» disse divertita. «Ma ciò non toglie che sei sparito per un bel pò di tempo.»
«Bhè, mentre preparavo il caffè ho notato il foglio d’alluminio appoggiato vicino al microonde e mi sono messo ad immaginare mille modi per usarlo come decorazione per il nostro piccolo abetino ed è finita che mi sono distratto..»
Lei scoppiò a ridere. «No, un momento, aspetta.. Ti sei distratto con UN FOGLIO D’ALLUMINIO? Sul serio?!» disse continuando poi a ridere.
«Quando mi sono ripreso, mi sono sentito esattamente come un gatto che insegue il puntino rosso di un laser.» spiegò ancora serio, scatenando in lei una risata ancora più divertita.
«Oh certo, ridi pure del tuo capo! Sappi che prima o poi capiterà anche a te!» continuò mettendosi a ridere con lei.
«Non credo proprio, signor ‘Blu di Russia’..» rispose immaginandoselo nei panni di un gatto.
Quando si riprese, Connie si portò lentamente la tazza alle labbra però Mike le fece notare qualcosa.
«Se vai così lentamente, sicuramente questa volta non potrai ignorare il marshmallow.»
Lei si fermò e abbassò la tazza. «Non puoi averlo fatto sul serio..» rispose guardandoci dentro.
«No, non l’ho fatto.» ammise, osservando però la sua espressione, all’inizio piacevolmente sorpresa.
Ne prese un sorso, scoprendo poi che era decisamente buono, non come quello degli altri giorni.
«Come hai fatto a rendere così buono il solito caffè istantaneo?» chiese curiosa.
«Bhè, è buono semplicemente perchè non è quello istantaneo. In questi giorni di calma, mi piace portare la miscela buona da casa, almeno non ha il sapore di acqua di scarico..»
«Mhm, già.. L’ultimo caffè istantaneo sapeva addirittura di tè deteinato..» disse con una smorfia schifata ma anche divertita.
Quel piccolo momento insieme le fece ricordare quanto fosse bello fare tardi in ufficio in sua compagnia: i telefoni fissi e i cellulari non squillavano, i mormorii, i rumori vari e le porte che sbattevano si placarono.
Nessuna distrazione, solo loro due.
Connie alzò la tazza e prese un altro sorso della miscela personale di Mike, pensando quanto si sentisse bene in quel momento, poi sorrise. «Brindiamo.»
Lui alzò un sopracciglio. «Se vuoi brindare ci vuole qualcosa di più forte del caffè. Vado a prendere la scorta personale di Jack?» chiese scherzando.
«Dài alza la tazza, il caffè andrà più che bene.. Alla condivisione notturna!»
Mike sorrise dolce ma anche divertito. «Alla condivisione notturna. In fondo le chiacchiere e un buon caffè sono il sistema migliore di collaborazione in un ufficio.»
Lei avvicinò la sua tazza a quella di lui facendole tintinnare, quindi presero un sorso.
Mike la guardò da sopra il bordo della sua tazza.
Dopo che lei prese il sorso di caffè l’abbassò e riprese a digitare dei dati poi aspettò che la ricerca si concludesse.
L’osservò bene, trovando che oggettivamente fosse davvero bella, pensando anche che avrebbe potuto fare benissimo la modella e vivere nella tranquillità e nel lusso più assoluto invece che sacrificare e, a volte, rischiare la sua vita per cercare di chiudere in cella i criminali per il resto delle loro esistenze.
Si passò una mano nei capelli, portandola poi sul collo.
A quel gesto Mike strinse la mascella e deglutì, forzandosi a non cedere alla tentazione di fare quel gesto lui stesso.
«Oh.. Ma guarda un pò..» disse lei leggendo il risultato della ricerca e distraendolo.
«Cosa?» chiese sbirciando lo schermo.
«Vieni vicino a me, così leggerai anche tu.» disse lei e subito lo vide alzarsi e spostare la sedia.
«Oh..» gli scappò poi leggendo la scheda sullo schermo. «Esiste davvero una Chevy Camaro argentata con quella targa parziale.» continuò scorrendo l’elenco per cercare altre auto della stessa marca.
«A quanto pare è l’unica di quel genere e quel numero registrate qui a New York. Unico proprietario, un certo Carl Regan.»
Mike però notò che la sua espressione cambiò. «C’è dell’altro?» chiese guardandola.
«Qui dice che quest’uomo è il titolare di un magazzino di articoli sportivi sulla 9th Avenue, Manhattan.» rispose facendo fatica ad ignorare la vicinanza di Mike, che era appoggiato sul tavolo.
Lui sorrise. «Ha senso. I magazzini registrati alla camera di commercio con quel codice..» disse lui indicandolo. «.. Sono quelle attività basate sulla vendita all’ingrosso, quindi a negozi o grosse catene e non al dettaglio. Registrano solo le ingenti transazioni di denaro, non accettano le carte di credito personali e tanto meno vendono alle persone singole che si presentano sulla porta, se non forse qualche rimanenza sottobanco, a poco.» spiegò prontamente. «Mi ripugna dirlo, ma il nostro pervertito, Leonard Higgins, aveva ragione..»
Connie non sembrò molto convinta di questo. «Mhm.. Non so.» rispose appoggiandosi allo schienale della sua poltrona marrone.
«Che vuoi dire?»
«Hai mai avuto la sensazione che tutti i pezzi s’incastrino alla perfezione e troppo velocemente? E poi, è stato fin troppo conveniente per noi che Higgins si sia presentato sulla porta di casa nostra, spontaneamente, consegnandoci su un piatto d’argento proprio le informazioni di cui avevamo un disperato bisogno.. È strano..» spiegò lei incrociandole braccia appena sotto il seno e guardandolo perplessa.
«Potrebbe anche capitare un colpo di fortuna ogni tanto, no?»
«Mi sorprendi, Mike. Tu non credi alle coincidenze e non ti affidi mai ai colpi di fortuna. Di solito crediamo ai testimoni ma quest’uomo ci ha già mentito due volte nella stessa versione dei fatti. E se la sua testimonianza fosse tutta una montatura studiata per incastrare un innocente?» rispose lei pensierosa.
«In effetti potrebbe anche essere.» disse prima di perdersi nella sua mente.
Mentre Mike era concentrato sui suoi pensieri, Connie colse l’occasione di per poterlo guardare apertamente.
Trovò che fosse davvero attraente con il suo volto innocente e privo di barba ed i suoi capelli corti castano chiaro con qualche ciocca grigia.
I suoi occhi azzurri sembravano persi ma anche molto presenti, tutte le volte in cui si rifugiava nella sua mente.
Si mosse. Una ciocca del suo ciuffo ricadde di lato rispetto alla fronte e lei sapeva bene che non lo sopportava e che se lo sarebbe tolto con un gesto veloce ma, come lui prima, anche lei provò l’impulso di farlo lei stessa.
Si morse leggermente il labbro inferiore ma improvvisamente la guardò, causandole un miscuglio di pensieri ed emozioni, per non parlare della fitta allo stomaco.
Connie si schiarì la voce. «Pensi che Leonard Higgins sia lo Strangolatore?» chiese velocemente.
«No, per quanto mi dia l’impressione di un uomo disonesto, non lo accuso di QUESTO.» rispose. «Oltretutto non posso pensare che proprio quel verme sia il serial killer che ha fatto girare a vuoto la polizia per oltre venti giorni! Tutti ci deriderebbero.. Farsi fregare da un uomo del genere, te lo immagini?»
«Guardala in questo modo: magari vede perfettamente al buio e non capisce un accidente di fiori..» rispose cercando di non farlo deprimere ma Mike sospirò passandosi entrambe le mani sul volto.
«Hai ragione, non posso davvero pensare che sia una coincidenza il fatto che conosca l’oggetto che lo Strangolatore si porta via come trofeo, che conosca la targa parziale corrispondente ad un’auto dello stesso modello intestata al proprietario di un magazzino di stoccaggio di articoli sportivi.» disse indicando lo schermo del pc. «Ed ora abbiamo un eccellente e comodissimo sospetto grazie a.. Quello!» disse ancora facendo un gesto e girando la testa verso di lei. «Ci ha praticamente dato la spinta per poter chiudere il caso facilmente e velocemente.» concluse poi distogliendo lo sguardo.
Lei notò uno sguardo diverso ma fece finta di nulla. «Senza contare che la foto e i dati di Carl Regan coincidono nei limiti della descrizione fornita da Higgins.. Guarda.» disse lei indicando lo schermo.
«Connie, quella descrizione coincide con tutti gli uomini presenti a New York.» rispose appoggiandosi sui gomiti.
«Qualcosa ti sta frullando in testa.»
Sospirò scuotendo la testa. «È davvero troppo facile così. Questa storia non convince per niente.» mormorò passandosi una mano lungo la linea della mandibola, poi tornò a guardarla. «Le domande che ho in testa sono: perchè Higgins si è presentato proprio ora? Perchè ci ha rifilato così tanto dettagli, anche quelli inutili, in cambio solo della tua presenza? Ecco perchè dico che è troppo facile.»
Connie alzò la cornetta. «Chiamo il Tenente per avvertirla degli sviluppi e le chiedo di mandare Lupo e Bernard da questo Carl Regan, così sapremo se ha avuto dei dissapori con Higgins e chiariremo il dubbio.»
«Perfetto.» rispose lui approvando l’iniziativa, poi aspettò pazientemente che chiudesse la chiamata.
Nel frattempo la guardò studiando ogni suo gesto, come quello di portarsi una ciocca di capelli dietro l’orecchio o quello di leggere i suoi appunti mentre teneva il segno con la punta dell’indice.
Lei ebbe la chiara sensazione di essere osservata, quindi fece il possibile per non voltarsi, non volendo distrarsi con i suoi occhi di ghiaccio per l’ennesima volta.
Salutò la Tenente Van Buren e agganciò la cornetta. «Il Tenente ci ringrazia per le nuove informazioni.» riferì. «Ha aggiunto che manderà i Detective a prendere Regan, poi lo interrogherà personalmente, una volta che torneranno dalla scena dell’omicidio del Detective Taddeus Quinn.»
«Mhm, Ottimo.» rispose alzandosi dalla sedia e stiracchiandosi la schiena. «Allora possiamo anche andare a casa.» affermò prendendo e indossando il suo cappotto nero di lana.
«Vai già via? Non è un pò presto per te?» chiese sorpresa, guardando l’orologio sulla scrivania.
«Già ma sta nevicando molto e vorrei arrivare a casa il prima possibile. Ogni tanto anch’io sono stanco morto..» rispose dopo aver alzato il bavero. «E tu? Non hai un’appuntamento questa sera?»
«No, non ho..» iniziò ma si ricordò mentre stava parlando. «Il teatro! Graham!! Oddio, no..» esclamò alzandosi dalla poltrona e chiudendo il monitor del portatile in tutta fretta.
Avrebbe dovuto incontrarlo in poco meno di due ore e doveva tornare a casa a prepararsi per lo spettacolo ma non si spiegava proprio il motivo per cui, in realtà, sentiva di non volersi muovere da lì.
Certo, sulla carta Graham era tutto ciò che una donna sogna in un uomo: il suo amore, le sue attenzioni, il suo tempo, i suoi regali, i suoi appuntamenti, le loro notti..
Tutte cose che non poteva assolutamente permettersi di condividere con Mike.
“Ma perchè diavolo li paragono? Non ha senso, io amo Graham!” pensò con sguardo basso ma poi lo alzò, incrociando così quello di Mike ma quasi all’istante si girò per mettersi la sciarpa al collo.
Chiuse gli occhi.
“Anche se è mio amico, non deve assolutamente fare parte della mia vita privata.” continuava a ripetersi.
Tuttavia, essere in sua compagnia dopo il lavoro le dava uno strano senso di conforto, anzi, a dire la verità, ciò che si avvicinava di più era la sensazione di trovarsi sospesa nel vuoto sopra una profonda voragine, senza riuscire a respirare.
No, non poteva permettersi di pensare a tutto quello, non come protagonista il suo capo!

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


CAPITOLO 17

«Hai ragione, ho un appuntamento.» disse girandosi per prendere il cappotto ma Mike l’anticipò e con molta galanteria, l’aiutò ad indossarlo.
Non appena il cappotto arrivò alle spalle, Connie abbassò lo sguardo facendo un mezzo sorriso dolce e divertito, quindi girò verso di lui solo la testa poi, lentamente, tutto il resto del corpo.
Si trovarono vicini, esattamente nel modo in cui due colleghi non dovrebbero mai essere.
Il silenzio regnava sovrano ed entrambi pensarono di dover dire qualcosa ma lo trovarono maledettamente difficile.
«I-io non.. Voglio arrivare tardi..» sussurrò lei guardando la sciarpa di lui che spuntava dal bavero riazato del cappotto.
«Lo so. Tu odi tardare.» rispose sorridendo ma subito divenne serio. «Connie, devo chiedertelo. Graham ti rende felice?»
Il suo cuore batteva troppo velocemente, mentre la gola era completamente secca. «S-si.. Certo. Questa è una domanda strana se.. Fatta da te, Mike.»
Lui continuava a guardarla ma lei teneva gli occhi bassi sulla sciarpa di lui, che era esattamente del colore dei suoi occhi: azzurra con riflessi verdi.
«Bene. È ciò che volevo sapere. Ti meriti davvero qualcuno di speciale che voglia passare tutto il tempo a disposizione con te, Connie.» disse dolcemente. “.. E avrei tanto voluto essere io..” pensò, concludendo la frase.
Prima che Connie avesse potuto accorgersi di qualcosa, Mike le fece scivolare la mano sulla guancia, accarezzandola col pollice.
Non appena sentì il suo tocco, chiuse gli occhi e si lasciò trasportare da quella carezza così gentile e calda.
Non avrebbe mai pensato che un uomo ed una semplice carezza l’avrebbero fatta sentire una donna meravigliosa e unica, nemmeno Graham le fece mai quell’effetto.
“Graham!” pensò e pensò anche che tutto quello fosse estremamente inopportuno e che doveva allontanarsi. Una parte di lei l’avrebbe voluto, avrebbe dovuto, ma dall’altra, avrebbe voluto perdersi tra le sue braccia.
Aprì gli occhi e vide ancora una volta quelli di lui scrutarla con sguardo dolce.
«Mike..» disse solamente, con un tono che sembrava più una supplica che un rifiuto.
A lui piaceva guardare i suoi occhi.. Sembrava innocente e candida, esattamente come un giglio.
Mike improvvisamente si mosse, andandole vicino l’orecchio. «Sai una cosa?»
Lei deglutì a fatica.
L’intenso profumo dei suoi abiti le invase la mente e i polmoni, facendole pensare di voler sentire quell’odore per sempre. «Cosa.» riuscì a sussurrare.

«Al diavolo il vischio. In questo momento ti bacerei.» disse con un filo di voce.
Connie sentì all’istante una forte stretta al cuore e allo stomaco.
Spalancò gli occhi, il suo corpo prese a tremare leggermente per l’adrenalina.
Subito dopo, Mike girò la testa verso di lei.
Nel momento in cui lui appoggiò le labbra sulla sua guancia, regalandole quell’innocente e delicato bacio, lei chiuse gli occhi e si godette quel gesto completamente inopportuno ma così intensamente bramato.
Mike si scostò leggermente, quindi Connie riaprì gli occhi e voltò lo sguardo per guardarlo.
«Opportuno o no, questo è stato per ringraziarti per avermi sopportato per tutto questo tempo.» disse Mike.

Lentamente Connie portò una mano, prima sulla guancia di lui poi la fece scivolare sulla nuca, per avvicinarlo, quindi senza pensare, sigillarono loro labbra in un altro tipo di bacio.
Anche quello, come il primo, fu dolce e innocente.
Una volta staccatosi, sentì il collo di lui pulsare, quindi capì che il cuore di Mike batteva all’impazzata esattamente come il suo.
«Anche questo stato per ringraziarti, Michael, per tutto ciò che hai fatto e che fai per me, anche a mia insaputa.» sussurrò con gli occhi chiusi, facendolo sorridere. «Non avrei mai immaginato di arrivare a tanto.» sussurrò ancora.
La mano di lui continuava ad accarezzare la sua guancia. «Io ho sempre sperato di arrivare a tanto..» confessò.
La sua affermazione la sorprese.
Il capo che bacia l’assistente e l’assistente ricambia con qualcosa di più.. Potrebbe esserci peggior cliché di questo?
Connie non credeva proprio..

Le capitò di pensare ancora al suo uomo, a Graham, l’uomo che la stava aspettando quindi si allontanò del tutto da Mike.
«I- io.. Devo andare.» affermò sussurrando ancora una volta.
Sapeva. Ora sapeva e avrebbe saputo ogni volta che guardava gli occhi di lui pieni di fuoco passione.
Il suo corpo e la sua mente erano come avvolti da una fitta nebbia.
Più Mike la guardava, più la sua espressione gli diceva che da molto tempo non veniva baciata con amore, gentilezza e riguardo e tutto ciò la rese molto più attraente.
In quel momento, l’unica cosa che desiderava era averla di nuovo tra le sue braccia ma a rigor di logica, non sarebbe mai più dovuto accadere.
Finalmente Mike sapeva cosa voleva dire baciare Connie e fu tutto ciò che non avrebbe mai potuto lontanamente immaginare.
«Prima che tu vada, Connie, c’è qualcosa che voglio che tu sappia riguardante noi due.» affermò Mike.
«Okay.» rispose esitante, guardando a terra, non essendo in grado di reggere il suo sguardo.
«Lo so che sei fidanzata con Graham Magnusson, un futuro amministratore delegato e ricco quanto non potrei mai sognare e l’unica cosa che ti dico è: non sentirti in colpa pensando a ciò che è appena successo. È stata una debolezza. È accaduto senza preavviso e, se posso permettermi, io non me ne pento affatto.» disse dolcemente ma risoluto. «Ciò che è appena successo non si può cambiare e l’unica cosa che possiamo fare è assicurarci che non accada mai più.»
«‘Cose senza rimedio non meritano attenzione. Ciò che è fatto, è fatto.’, giusto?» concluse lei, citando Lady Macbeth.
Ma anche provando a restare seria, le guance bruciavano.
Aveva appena baciato il suo capo e non fu un corto ed impersonale bacio ma fu uno di quelli di cui non poteva smettere di pensarci o ignorarlo.
E sarebbe rimasto solo un ricordo, nulla di più.
Connie alzò lo sguardo. «Hai ragione. È stato solo un momento di debolezza, esagerato dall’entusiasmo delle feste.. Tutto qui.»
«Esattamente.» affermò lui ma sapeva perfettamente che non fu così ed anche in quel momento i suoi occhi andavano sulle sue labbra, dicendosi e sforzandosi  di convincersi che non doveva, che non voleva farla soffrire o farla scegliere tra lui e il suo uomo.
La guardò negli occhi. «Allora, siamo d’accordo.»
Connie trovò estremamente difficile rispondere. «Si.. Siamo d’accordo.» disse, cercando di sembrare normale. «Lavoriamo insieme e siamo amici, quindi non c’è nulla di cui preoccuparti.» concluse con un sorriso.
Lui annuì. «Andiamo avanti.»
«Andiamo avanti.. Si.. Giusto.» rispose non proprio convinta. «..E non ne parleremo mai più.» disse ancora, con il suo corpo che ancora cercava di riprendersi, pensando che magari, quella notte, sdraiata sul suo letto, avrebbe rivissuto ogni parola, ogni tocco e carezza e ovviamente, il loro bacio, per mille e più volte prima di addormentarsi.
«Mai più.» disse lui quasi sussurrando. «Bene, lascia che ti accompagni alla tua auto.» disse ancora, facendole un cenno verso gli ascensori, con mezzo sorriso.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


CAPITOLO 18

Come ogni anno, lo spettacolo de Lo Schiaccianoci' fu un enorme successo.
Tutte le coreografie, le scene, i costumi e le musiche scaldarono il cuore di Connie come non mai.
Seduta in galleria accanto a Graham, osservava lo spettacolo ma le tornò molte volte in mente Mike, con tutto ciò che ne è conseguito qualche ora prima però, subito cercava di concentrarsi sullo spettacolo, dicendosi che non era proprio il momento adatto per certe cose.
Alla fine, Connie fu una delle prime persone ad applaudire con uno standing ovation, prima che il sipario calasse.

Graham stava riaccompagnando Connie al suo appartamento.
Lei cingeva il braccio del suo uomo per cercare un pò più di calore in quella serata molto fredda ma, fortunatamente, non nevicava dalla notte precedente.
«È stata una bellissima serata, grazie amore mio, ci voleva prorpio.» disse lei guardandolo negli occhi, davanti il portone di casa poi si mise a cercare le chiavi nella sua pochette.
Graham sorrise. «Suona quasi come un saluto ma secondo me, la notte è ancora giovane, non credi?»
Connie tirò fuori le chiavi, poi guardò il suo uomo.
«Graham..» cominciò il più delicatamente possibile. «Suonerebbe male se ci sentissimo domani? È stata una giornata.. Piena..» aggiunse con espressione di scuse.
Lui la guardò sorpreso che non volesse passare un altro pò di tempo tra le sue braccia, poi abbassò lo sguardo. «Capisco.» rispose accarezzandole la guancia, proprio come fece Mike ma, rispetto a prima vi era una sottile differenza: al tocco del suo uomo non sentì nulla, assolutamente nulla di quello che avrebbe dovuto sentire.
«Scusami tanto.» rispose cercando di guardarlo il più dolcemente possibile. «Ho solo voglia di mettermi sotto le coperte e leggere un libro fino ad addormentarmi. Pensami quando sarai a casa.»
Graham lasciò cadere la mano e per un secondo, i suoi occhi divennero impassibili.
Forzò un sorriso. «Certo, capisco come ti senti ma se vuoi compagnia tra un pò, non esitare a chiamarmi.»
Connie si morse il labbro inferiore, chiedendosi se fosse opportuno dire a Graham di ciò che successe quella sera in ufficio con Mike ma dato che era un tipo abbastanza geloso, non aveva l’obbligo di rivelare tutto.
Lo fece comunque, sperando che lui capisse. «Amore mio, c’è una cosa che voglio dirti riguardo ad una cosa che è successa in ufficio.»
La sua mente andava a fuoco e non riusciva a pensare un modo per non farlo suonare come una specie di tradimento.
«Riguardo lo Strangolatore?» chiese lui lanciandole un’occhiata alquanto frustrata. «Connie, rilassa la tua mente, non pensare più al lavoro. Ah, quasi dimenticavo, ho un regalo per te.»
Connie lo guardò con espressione tra il sollevato ed il frustrato, perchè in fondo, Graham non voleva ascoltare ciò che voleva rivelargli, mentre per quanto riguardava l’ennesimo regalo, non era proprio dell’umore adatto..
«Tesoro forse non è il momento giusto.. Potremmo parlarne domani?»
Lui scosse la testa. «Assolutamente no. Ti solleverà il morale dopo la giornata che hai avuto.» rispose, poi sorrise nel modo più carismatico possibile. «Ti aiuterò a tornare nel giusto spirito festivo con questa domanda: vorresti passare il Natale con me in un resort a cinque stelle alle Maldive?» chiese, aspettandosi incredulità e gioia.
Connie, infatti, restò a bocca aperta. «Ho.. Capito bene? Hai detto ‘Maldive’ o è stata una mia impressione?»
«Hai capito benissimo. Vorresti?» chiese ancora.
«Ma Graham, è davvero troppo costoso, troppo!»
«Assolutamente no. Un paio d’anni fa, ho comprato circa il 60% del resort che dicevo e, dato che sono il maggior azionista, è come se fosse una mia proprietà e mi piacerebbe condividerla con te, amore mio.» disse prima di avvicinarsi e darle un leggero e veloce bacio.
"Il Natale passato su una spiaggia bianca delle Maldive..” pensò lei ricambiando con fatica.
«Amore mio, davvero, non so che dire.. È una cosa così inaspettata..»
Lui sembrò molto contento della sua reazione.
Connie non sapeva più a cosa pensare, successero troppe cose insieme in una sola giornata.
Sorrise guardandolo negli occhi. «Sono felice che tu abbia pensato ad una cosa così bella ma posso darti la risposta domani? Ho bisogno di dormirci sopra.»
«Cosa c’è da pensare?» chiese Graham con un sorriso che sembrava non raggiungere i suoi occhi. «Chi non vorrebbe passare il Natale o le vacanze in un resort a cinque stelle, tutto gratis alle Maldive per due settimane?!»
«Lo so, è che..» sospirò, poi riprese a parlare. «Ho sempre associato il Natale ai cori tradizionali, alla neve, alla cioccolata calda e alle semplici decorazioni.» spiegò ma si fermò realizzando che tutto quello lo aveva vissuto insieme a Mike, proprio fino a quella sera, prima di andare via dall’ufficio.
«Allora cominciamo una nuova tradizione!» suggerì Graham. «Alte palme, sabbia bianca, mare cristallino e cocktail alla frutta gustati con una piacevolissima brezza tropicale.. Stupendo, non è vero?»
Involontariamente, Connie fece una faccia perplessa, perchè tutto quello era l’esatto opposto della sua visione del Natale.
In ogni altro periodo dell’anno, quella sarebbe stata una vacanza da sogno ma sicuramente non nella sua festività preferita.
«Ti farò sapere, Graham, ora vado. È tardi e sono stanca.» disse inserendo la chiave nella toppa del portone, poi prese il pomello e si girò a guardarlo.
«Grazie ancora della serata.» disse ancora, cercando di suonare sincera.
«Aspetta, Connie. Posso avere almeno il bacio della buonanotte?»
Ma lei era già dentro il portone e stava per richiuderlo. «Buonanotte Graham. Grazie ancora per tutto.» disse cercando di ignorare la sua richiesta.
Lui rimare perplesso dalla reazione della sua donna ma sinceramente non poteva neanche lontanamente immaginare cosa Connie avesse in quel momento.
Senza chiedere nulla, Graham Magnusson tornò alla sua lussuosa automobile e partì alla volta di casa sua, come se nulla fosse successo.
Finalmente nel suo appartamento, Connie sospirò appoggiata alla porta d’ingresso, chiudendo un momento gli occhi, felice di essere sola.
Involontariamente, si portò due dita sulle labbra.
Da sola, potè finalmente lasciarsi andare, pensando al motivo per cui non volle baciare il suo uomo una seconda volta.
Sulle labbra e nella mente vi era ancora impressa la risposta di Mike al suo bacio e anche il fato che non sentì assolutamente nulla a quello di Graham.
Cercò di calmare il suo cuore ma l’immagine, il profumo e il sapore di Mike erano ancora troppo freschi nella sua mente.
Fu forte, passionale ma allo stesso tempo fu dolce e tenero, come la sua carezza.
Fino ad allora, non si era resa minimamente conto che il modo in cui lui la baciò, fu esattamente come se fosse stato il suo ultimo atto ci vita, come se, dopo quel bacio, il mondo sarebbe finito ma la cosa ancora più strana, fu il fatto che lei ricambiò allo stesso modo..

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


(Scusate per questa intro ma devo farlo.. xD)
VOGLIAMO AUGURARE AL NOSTRO INSOSTITUIBILE LINUS ROACHE UN GRAN BUON COMPLEANNO PER I SUOI FANTASTICI 55 ANNI ?!
* AUGURI LINUS!!!!!! <3 <3
XD


CAPITOLO 19

Sia al 27° Distretto che alla Procura di Manhattan erano oberati di lavoro ma il caso dello Strangolatore sovrastò tutti gli altri, per non parlare dell’omicidio del Detective Taddeus Quinn.
Era ormai tardo pomeriggio quando Lupo, Bernard e il Tenente Van Buren tornarono dal funerale.
Anche Connie volle partecipare all’ultimo addio del giovane Detective che lasciò una moglie e due bambini.
«Non posso ancora credere che Teddy non ci sia più.» disse tristemente Lupo, mentre entravano nella Centrale. «Che diavolo ci è andato a fare sulla 169°? Chris Raven ha detto che non avevano casi aperti riguardanti quella zona.»
«Già..» rispose Bernard. «In questa storia ci sono molte lacune da colmare.»
«Forse semplicemente ha avuto un sospetto ed è andato a controllare qualcosa.» suggerì Connie mentre camminavano lungo il corridoio che portava alla sala principale della squadra Omicidi.
«Ma anche se fosse, questa storia non ha senso.» rispose Bernard. «Se fosse andata così, avrebbe chiamato i rinforzi o almeno, avrebbe portato con sè Chris. Io penso che sia andato ad incontrare il suo informatore e che lo abbia ucciso per un regolamento di conti.»
Lupo sospirò. «Scopriremo di più non appena cominceremo ad investigare più a fondo.» disse. «E noi SICURAMENTE cattureremo quel bastardo.» disse ancora, determinato.
«A proposito di bastardi..» cominciò Bernard. «Connie, hai un pò di tempo per parlare delle novità sullo Strangolatore?»
Connie annuì. «Certo, tanto oggi non ci si potrebbe deprimere di più..»
Sedutisi alla loro scrivania con ancora l’uniforme indosso, Lupo e Bernard offrirono una sedia a Connie.
«Allora, avete parlato con il sospetto, Carl Regan?» chiese lei.
«Ci abbiamo provato. Sfortunatamente, però, Regan ha la bocca cucita.» rispose Lupo, frustrato. «Esercita alla prefezione il diritto di rimanere in silenzio.»
«Bhè, che parli o meno, abbiamo molte prove per poterlo tenere in stato di fermo.» disse Bernard. «Per esempio, le scarpe mancanti delle donne assassinate sono state rinvenute nel garage e nell’appartamento di Regan, sotto alcune scatole di roba hi-tech e ciò sicuramente vuol dire che..»
"PASSARE IL NATALE ALLE MALDIVE CON MI.. GRAHAM.. CON GRAHAM..” pensò lei distraendosi un secondo.
Connie si era persa nel suo mondo.
Forse fu il funerale, forse fu colpa di due killer a piede libero ma in quel momento si sentiva davvero giù e tutto ciò non faceva proprio bene durante le festività.
Quel pensiero, nonostante il mezzo lapsus, fu un’opportunità per pensare un secondo al suo uomo, a Graham.
«..Non potevamo crederci, sembrava tutto troppo bello, Connie, ci puoi credere?.. Ehm, Connie?» chiese Bernard.
Lei tornò alla realtà, prendendosi un’occhiata divertita dai due Detective. «Mhm? Oh, scusate.. Dicevate?»
Lupo aggrottò le sopracciglia. «Ti senti bene? Sembri un pò distratta.»
«Chi, io? Certo che sto bene. Scusate, non pesate a me. È difficile restare concentrati con tutte queste disgrazie.» rispose, facendo ad entrambi i Detective un sorriso per rassicurarli. «Vi ascolto.»
«Dicevo che nella proprietà di Regan abbiamo trovato una cosa strana e molto inquietante.» ripetè Bernard.
«Che intendi?» chiese lei, sforzandosi di rimanere concentrata.
«Dopo aver perquisito l’appartamento e il garage, la scientifica ha contato dozzine di scarpe e calzini destri.» rispose Lupo.
Connie lo guardò scioccata. «Cosa? Dozzine?! Voi credete che appartengano ad altre donne?»
«Esatto. Dopo questa scoperta abbiamo subito fatto una ricerca incrociata con i Dipartimenti di ogni città in cui Regan abitò e.. Crediamo di aver fatto un gran bingo.» rispose Bernard.
Connie fu ancora più incredula. «Aspettate un secondo. Mi state dicendo che Regan è un’omicida seriale che è stato attivo in.. Quante città?»
«Circa otto finora.»
«Okay. Devo informare immediatamente Mike.» disse alzandosi dalla sua sedia. «Voi continuate pure ad indagare, più abbiamo, meglio sarà al processo.»
«Agli ordini!» rispose Lupo.
«Oh e grazie di tutto, ragazzi.»

Nel momento in cui Connie entrò nella cabina dell’ascensore dell’edificio della Procura Distrettuale, si sentì nervosa all’idea di vedere Mike.
Per tutta l’infinita salita, non potè fare a meno di pensare a ciò che accadde la sera prima.
Sentiva il suo cuore battere all’impazzata, il sangue correre veloce su e giù per tutto il suo corpo, iniziando a tremare leggermente per l’adrenalina scaturita da quell’unico primo bacio.
Involontariamente si toccò le labbra.

             “Non avrei mai immaginato di arrivare a tanto.”
          “Io ho sempre sperato arrivare a tanto.”

Ripensando alla frase di Mike, il suo cuore sussultò.
Anche se promisero fare di tutto per far finta che non fosse mai successo, per quanto ci provasse, quell’unico bacio era impossibile da dimenticare.
Si rese finalmente conto ed accettò il fatto che tra loro due esisteva qualcosa.
Scosse la testa. “Basta Consuela, tu sei fidanzata con Graham! L’uomo che vuole portarti alle Maldive per le vacanze, l’uomo che ti ama e che ti guarda come se fossi l’unica donna al mondo.. Ma tu, invece, lo ami allo stesso modo?”

In realtà non gli aveva ancora dato una risposta e allo stesso modo, Connie non riusciva a trovare una risposta alla domanda posta dalla sua stessa mente.
Non riusciva a sentire altro che le farfalle nello stomaco mentre camminava lungo il corridoio dell’Ufficio del Procuratore Distrettuale.
Arrivò davanti lo schedario dove vi era il piccolo albero di Natale.
Vi si fermò davanti e l’osservò bene, notando dei sottili filamenti d’alluminio circondarlo.
Sorrise. “Alla fine QUALCUNO si sta prendendo cura di te, non è vero?” pensò poi andò a posare le sue cose sulla sua poltrona marrone, quindi, una volta al di fuori dell’ufficio di Mike, prese un profondo respiro con gli occhi chiusi.
Li riaprì.
Lui era seduto alla scrivania, impegnato a studiare i documenti riguardanti l’omicidio al negozio di liquori, quello in cui la signora Wei confessò di aver assunto un uomo per uccidere suo marito.
Entrò cercando di sembrare calma. «Hey, ciao.»
Al suono della sua voce, Mike alzò la testa e la guardò, poi si scostò dal tavolo e velocemente si alzò.
«Ciao Connie.» rispose, salutandola amichevolmente. «Com’è andato il funerale del Detective Quinn?»
«È stato triste e molto solenne. C’era tutto il 27° Distretto, tutti gli agenti e i Detective che lo conoscevano, amici e familiari.» rispose. «Fu molto triste soprattutto quando la moglie non ebbe la forza di alzarsi e suo figlio, di appena dieci anni, si alzò al suo posto, accettando la bandiera del suo papà poi lo hanno interrato con il saluto. È stato davvero toccante.»
«Wow.. Un momento forte. Stai bene?» chiese dopo aver immaginato la scena e i sentimenti.
Sospirò annuendo. «Sto bene.» rispose non riuscendo però a guardarlo negli occhi. «È solo che ho visto il dolore di chi rimane in questa vita, l'ho percepito tutto e lo sento ancora adesso.»
«Io non vorrei mai assistere al mio funerale, chissà che mortorio.. Sai, io sono il tipo di persona che si annoia facilmente..» rispose, provando a farla sorridere.
Infatti funzionò.
«Hai parlato con i Detective del caso dello Strangolatore?»

Connie annuì. «Si, mi hanno aggiornata.»

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


CAPITOLO 20

«Allora, questo Carl Regan ha detto qualcosa? Ti prego, dimmi che lo ha fatto..» disse Mike guardandola supplicante.
«Non ancora. I Detective hanno detto che si è chiuso a riccio.» rispose aggiornandolo anche su ciò che rinvennero nella sua proprietà.
«Accidenti.. Abbiamo fatto il colpo grosso a quanto pare.»
«La proverbiale ‘pistola fumante’.. o 'braghe calate', scegli tu l'eufemismo..» rispose sorridendo e appoggiandosi allo schienale della sedia. «Ora il problema sono tutte le scarpe chiuse nel nostro deposito prove. Dovremo chiarire se ci sono altre vittime di cui non sappiamo e questo agita per bene delle acque già molto torbide.»
«Se posso essere un pochino ottimista, non posso pensare che ognuna di quelle rappresenti un omicidio irrisolto. Diventerebbe un caso federale e i federali adorano essere un prima pagina con i serial killer ed io non ho intenzione di cederlo senza combattere.» rispose lui, lanciando in aria la sua pallina da baseball bianca.
«Lo so.» disse lei. «Ma se vuoi davvero essere ottimista fino in fondo, dovresti aggiungere che magari non sono omicidi irrisolti ma ha solo un feticcio per le scarpe da tennis e i calzini da donna.»
«Comunque, tutto ciò non fa di lui un uomo innocente. Potrebbe anche avere un feticcio ma, ad un certo punto, potrebbe essersi benissimo spinto troppo oltre, non credi?»
«Non saprei ma sembra che questo caso finirà in aula molto presto se Regan non ci darà delle spiegazioni.»
«No, prima dobbiamo unire tutti i pezzi del nostro puzzle. I Detective avranno davvero un bel daffare..» rispose lui mettendosi a camminare per il suo ufficio poi si fermò e sospirò. «Troppe domande senza risposte e tutto ciò che abbiamo in mano lo dobbiamo solo a Leonard Higgins, sempre se non abbia tirto dentro Regan per incastrarlo.» disse ancora, lanciando e riprendendo la pallina.
Connie guardò il soffitto, sospirando. «Ed eccoci di nuovo a questo punto..» disse a bassa voce. «Mike, quando t’impunti su qualcosa non esiste modo per farti cambiare idea, sei incredibile.»
La guardò. «In che senso, scusa?»
«Tu pensi che Higgins sia inevitabilmente implicato o addirittura complice dello Strangolatore e che si sia fatto avanti per i soldi della ricompensa.»
«Certo che lo penso! E se avessi ragione, potrei finalmente farlo arrestare ed il mio Natale sarebbe molto più allegro.» ammise sorridendo poi tornò verso la scrivania ed indossò il cappotto. «Mi dispiace ma per quanto mi diverta stare qui a fare congetture con te, l’avvocato della vedova Wei mi aspetta per il patteggiamento della pena.»
«Vuoi che venga con te? Ho un pò di tempo libero.» chiese guardandolo annodarsi la sciarpa.
«Non è necessario che tu prenda freddo inutilmente e poi, se vuoi prenderti dei giorni per festeggiare il Natale e Capodanno, dovresti portarti avanti col lavoro.»
«Okay, allora seguirò il tuo consiglio. Buona fortuna!» rispose lui guardandolo prendere la ventiquattrore rossa e metterci dei documenti per il patteggiamento. «Grazie.»
Fece il giro della scrivania e cominciò ad avviarsi verso l’uscita.
«Mike, aspetta.» disse facendo un cenno con la mano, fermandolo proprio di fianco a sè, quindi si alzò dalla sedia. «Hai notato che ti si sta staccando il primo bottone del cappotto?» chiese ancora, mantenendo un tono amichevole.
«Davvero? Non mi ero proprio accorto..» rispose lui guardando in basso.
Connie fece un gesto, indicando il punto preciso. «Proprio questo.»
Lui guardò poi tornò a guardare su di sè. «Ah, accidenti..» disse lui, aprendo poi la giacca e, come la mano andò a cercare di arrotolare il filo al bottone, la mente di Connie immaginò la sua stessa mano sul petto di lui, le dita che lentamente passavano sulla sua pelle, sulla leggera peluria solleticarle i polpastrelli, sentendo su ogni millimetro del palmo tutto il suo calore.
Le tornarono immediatamente le farfalle nello stomaco solo ad immaginare tutto questo.
Fu un breve ma intenso momento che le fece venire voglia di dimenticare l’accordo preso la sera prima.
«Grazie Connie, figuraccia evitata.» disse poi lui, regalandole un sorriso mentre si andava a richiudere il pesante cappotto nero.
Lei ricambiò, cercando di cancellare dalla sua mente ciò che immaginò poco prima. «Di.. Nulla. A dopo.»
Lui annuì e se ne andò ma quella sensazione rimase.
Se doveva essere sincera con sè stessa, si sentì triste al pensiero che lui se ne stesse andando senza di lei al seguito.
"Ma andiamo Connie, fa un veloce patteggiamento e torna indietro, non va mica in guerra!” pensò strizzandosi gli occhi con le dita e sospirando.

Forse, in fondo, l’idea di fare un viaggio alle Maldive non era così male.

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


CAPITOLO 21

Il giorno prima, il patteggiamento del caso Wei andò molto per le lunghe, quindi Mike mandò un messaggio a Connie per avvisarla del ritardo e per dirle di andare a casa quando avesse voluto perchè avrebbe fatto tardi.

Nel tardo pomeriggio del giorno dopo, i due Procuratori andarono al 27° per discutere più approfonditamente il caso dello Strangolatore con i Detective Lupo e Bernard.
Arrivati nella sala principale, Lupo fece strada verso il piano superiore, accompagnandoli nella sala ristoro allestita temporaneamente a sala briefing, con tanto di lavagna magnetica.
Mike e Connie erano del tutto determinati a mantenere il loro comportamento sul piano professionale, quindi, scelsero di sedersi l’uno difronte all’altra, evitando con tutte le forze anche il solo contatto visivo.
Ascoltarono attentamente il resoconto dettagliato dei Detective, arrivando poi alle teorie conclusive.
Connie guardò tutti i presenti negli occhi, evitando, però, accuratamente quelli del suo capo.
«Il legale di Carl Regan è spuntato fuori dal nulla quindi, nelle prossime ore, non possiamo neanche rivolgergli la parola. Qual è il piano?» chiese Bernard.
Involontariamente, in un secondo di debolezza, lo sguardo di Connie ricadde in quello di Mike ed immediatamente le ritornò in mente l'immagine del loro bacio.
Nel momento in cui si scambiarono quell’innocente tocco, entrambi furono una sola mente, un solo respiro, un solo cuore.
Le sue guance cominciarono a scaldarsi ma grazie al suo makeup, nessuno dei presenti lo notò.
«Potrei richiedere alla Corte una perizia psichiatrica.» suggerì Mike. «Magari il Dr. Skoda potrebbe scoprire qualcosa d’interessante sul fatto delle scarpe e dei calzini o qualcos’altro di utile che potremmo usare al processo.»
«Questa è un’ottima idea, Michael.» rispose Connie, cercando di apparire professionale al massimo delle sue possibilità, forse troppo, dato che Lupo e Bernard si accorsero immediatamente della situazione strana, quindi, quest’ultimo, cercò di fare finta che tutto fosse normale.
«Ho qui questa foto di Regan.» disse alzandosi dalla sedia e sistemandola con un magnete sulla lavagna, scrivendo poi sopra di essa la parola ‘Sospetto N°1’. «Finalmente abbiamo una faccia del probabile ‘chi’.» continuò girandosi poi verso gli altri.
Entrambi i Procuratori notarono che sulla lavagna, compariva anche Leonard Higgins sotto il nome di ‘Testimone Oculare (alquanto strano e pervertito)’ e di fianco a lui, le vittime in ordine temporale.
Anche Connie si alzò dalla sedia ed andò ad esaminare le fotografie delle scene del crimine e dei trofei di Regan ma notò che dal bordo superiore della lavagna, spuntava il lato di un foglio bianco.
Curiosa, fece il giro, scoprendo che dietro di essa vi erano annotati tutti i progressi del caso di Taddeus Quinn.
Era tutto annotato meticolosamente ed anche lì, vi erano molte foto: scena del crimine, corpo, macchie di sangue, referto autoptico e tutte le prove rinvenute sul posto.
Connie pensò che tutto quello era davvero triste e deprimente.
«Avete segnato qui anche il caso di Quinn.» disse Connie, guardando i tre uomini.
«È un modo per ottimizzare il lavoro.» spiegò Lupo. «Stiamo sperando e pregando con tutte le nostre forze di trovare un sospetto per l’omicidio di Teddy.»
«Esatto. Quello è l’unico buco su quel lato della lavagna.» aggiunse Bernard. «Perchè ucciderlo? Quinn si è occupato quasi solo di disordini e denunce di persone scomparse ed ora giace sotto terra.. E per cosa?»
«Sfortunatamente, il più delle volte, le persone buone se ne vanno prima di altre..» rispose Mike. «Lui e il suo partner a quale zona venivano assegnati più spesso?»
Lupo sospirò buttandosi indietro sulla sua sedia. «Central Park North, Central Park West e South Broadway, se non sbaglio.»
Connie lo guardò. «Aspetta. Central Park West è stessa zona del laghetto ed è dove comincia la nuova pista da jogging, giusto?»
«Ehm, si è vero.» rispose Bernard ma si fermò subito, capendo dove sarebbe arrivato il suo discorso. «No, aspetta Connie. Il laghetto è a circa ottocento metri dall’entrata ovest ed è la stessa di dove Higgins.. Non starai mica pensando che Teddy sia implicato nel caso dello Strangolatore?!»
«Certo che lo pensa!» esclamò Lupo, infastidito dall’insinuazione. «Noi due conoscevamo Teddy sin da quando era di pattuglia, appena diplomato. Non posso credere che sia stato implicato in cose del genere! Era un uomo onesto, un ottimo poliziotto e un padre di famiglia!»
Ma prima che Connie avesse potuto rispondere, Mike s’intromise. «Non sta dicendo nulla del genere, Detective.» disse difendendola. «Ciò che vuole dire è che ci sono molte anzi, fin troppe, coincidenze. Tutto qui.»
Connie guardò il Detective. «Avete a portata di mano il registro degli arresti di Quinn e Raven?» chiese.
«Non capisco perchè lo vuoi vedere. Teddy non c’entra niente e neanche Chris.» rispose Bernard, scocciato da quella faccenda ma riluttante, cercò tra i fascicoli appoggiati sopra l’altro tavolo.
Trovato, lo passò a Connie. «Sono sicuro che non servirà a nulla. Non ci sono connessioni tra i due casi e Teddy non ha mai effettuato arresti nella zona in cui Regan abita o lavora.»
«Lo so, sono certa che non troverò nulla su Regan.» rispose sfogliando il registro nero. «Ma non si.. Oh mio Dio..»
Lentamente, alzò lo sguardo, andando su Mike per la seconda volta in tutta la giornata.
Lui si alzò dalla sedia e le si avvicinò.
«Cosa c’è Connie, cos’hai visto?» chiese, incoraggiandola a parlare, notando la sua espressione sorpresa.

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


CAPITOLO 22

«Connie?» chiese ancora Mike Cutter.
«Circa otto mesi fa, Quinn e Raven arrestarono.. Indovinate un pò chi?» disse guardando tutti i presenti in faccia e lasciandoli un momento sulle spine. «..Leonard ‘Lenny’ Higgins. Possesso e spaccio di droga, nei pressi dell’entrata nord del parco.»
«E quindi? Sapevamo che Higgins è un uomo strano ed ora sappiamo anche che è uno spacciatore. Non fa differenza.»
«Non pensate che sia tutto troppo coincidente?» chiese poi Mike, guardando i due Detective.
«No, se non aggiungete anche Regan in quest’equazione. Allora, potete?» chiese in tono di sfida Bernard.
Connie riprese a scorrere il registro. «Non mi pare che Quinn e Raven abbiano mai arrestato o incontrato Regan.»
«Allora hai preso un enorme granchio.» rispose Lupo, dando ragione al suo al suo partner. «È vero, Quinn e Raven lavoravano molto spesso nella zona di Higgins ma non ha nulla a che fare con il caso dello Strangolatore.»
A Mike non piacque affatto il modo in cui Lupo e Bernard risposero a Connie, tantomeno come ignorarono bellamente le nuove scoperte.
«Perdonatemi. Non starete per caso lasciandovi influenzare dai sentimenti e dall’amicizia nei confronti di Quinn, vero? Alla luce di tutto ciò, vi state girando dall’altra parte, scartando a priori tutto, solo perchè che il vostro collega era molto rispettato?»
«No Procuratore. Stiamo solo cercando di proteggere dal fango la reputazione del nostro caro amico e collega appena scomparso, dato che ormai non può più difendersi da solo.» disse Lupo, alzando un tantino il tono di voce.
«Cyrus, noi non stiamo cercando di infangarlo, vogliamo solo fare giustizia. Stiamo solo cercando di mettere insieme i fatti con obiettività e razionalità.» rispose Connie, non realizzando pienamente le proprie parole.
‘Stiamo’ implica una qualche situazione comune e Mike non si era ancora davvero schierato dalla sua parte.
«Tenete a mente che nell’interrogatorio, Higgins non è stato particolarmente loquace con voi due e quando entrò Connie, le ha mentito senza alcun ritegno per ben due volte e lo abbiamo realizzato solo dopo che lui lasciò la Centrale.» disse Mike, incrociando le braccia al petto e tornando a sedersi.
Bernard sorrise. «A questo punto sono io a doverle ricordare che le informazioni di quell’uomo ci ha condotto direttamente a Carl Regan e ai suoi trofei?»
«Ne sono pienamente consapevole, Detective.» rispose tranquillo. «Sto solo dicendo che la sua supposta testimonianza oculare potrebbe essere considerata alquanto sospetta. Tutto qui.»
«Su questo, concordo con Mike.» rispose Connie, guardando i due uomini, chiaramente sulla difensiva.
«Guardate.» cominciò poi Lupo, aprendo un fascicolo e cercando di portare tutto il discorso a suo favore. «Teddy è stato perfino decorato con la medaglia al merito, donata dal sindaco in persona dopo un discorso pieno di elogi. Era un uomo modesto e semplice, guidava un’automobile molto vecchia e viveva con la sua famiglia in un piccolissimo appartamento ad Astoria, Queens.» spiegò sfogliando il curriculum personale di Taddeus Quinn. «Era sempre molto occupato a lavoro e con la sua famiglia..»
«Dove vuole arrivare, Detective Lupo.» lo interruppe Mike.
«Voglio arrivare al fatto che non avrebbe avuto alcun modo di uccidere tutte quelle donne e piazzare le prove nella proprietà di un uomo che non conosceva e che sarebbe poi stato identificato dalla targa parziale, da una seconda persona.»
«Quest’affermazione è ridicola. Quello che volevamo dire è che Quinn non era totalmente implicato ma solo in parte, perchè, ovviamente, non aveva il tempo fisico di fare tutto da solo.» rispose Mike, guardandolo fermamente. «Sarà una mia impressione ma sembra che siate più impegnati a difendere con tutte le forze il vostro amico, che a sforzarvi ad essere obiettivi e razionali.»
Lupo si appoggiò al tavolo con entrambe le mani e si sporse verso Mike, minaccioso. «Non è assolutamente quello che crede lei, Mike!» esclamò lanciandogli un’occhiataccia fredda.
«Davvero?» rispose lui con sarcasmo, mantenendo sempre la calma e ricambiando lo sguardo. «Perchè se devo essere sincero, da dove sono seduto, sembra proprio quello che credo..» disse ancora con lo stesso tono.
Lupo s’imbestialì. «Senta Cutter..» iniziò avvicinandosi ancora e puntandogli un dito contro.
«Okay, facciamo tutti un bel respiro profondo e diamoci una calmata.» disse Bernard a voce alta, intromettendosi e cercando di calmare gli animi.
«Kevin ha ragione, ragazzi, non c’è ragione di innervosirsi.» disse Connie. «Credo che abbiamo discusso abbastanza per oggi.»
Lupo continuò a guardare negli occhi Mike. «Hai ragione Connie.» annunciò lui. «Abbiamo fatto il possibile per oggi. Passiamo andarcene a casa.» disse ancora duramente.
«Sono con te, collega.» rispose Bernard.
Dopo aver mormorato ciò che dovevano essere dei saluti, Mike e Connie si misero i cappotti ed uscirono dal 27° Distretto.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


CAPITOLO 23

Era ancora presto e faceva molto freddo, tanto che ricominciò perfino a nevicare.
Mike e Connie comminavano verso l’auto con l’intento di tornare alla Procura Distrettuale per concludere alcune pratiche prima di andare a casa.

«Direi che il briefing è andato piuttosto bene, non credi?» disse Mike, quasi cinque minuti dopo che si sedettero nell’auto.
«Ne sei proprio sicuro?» chiese lei guardandolo confusa.
«Certo, hai scoperto un punto comune tra i due casi, un punto cruciale.»
«Se lo dici tu..»
In meno di dieci minuti, la neve cominciò a cadere pesantemente e l’auto di Mike ne fu ricoperta quasi subito dal primo strato.
Connie guardò al di fuori dal finestrino, chiedendosi il motivo per cui non si mettevano in marcia.
Pensò anche che, tutto sommato, fecero bene a non prendere i mezzi pubblici.
Nel frattempo, Mike non accennava minimamente ad avviare il motore ma sperava che dicesse qualcosa, qualsiasi cosa che li facesse uscire dalla situazione di silenzio imbarazzante.
«Però i Detective hanno apprezzato la nostra teoria. Quando in mezzo ad un caso salta fuori un poliziotto ipoteticamente implicato, l’intero Dipartimento si rifugia nell’omertà.» disse infine Connie. «Ma comunque, grazie per avermi difesa. Sei stato gentile.»
Mike annuì in risposta. «So che loro hanno le migliori intenzioni ma come tutte le forze dell’ordine, non dovrebbero oltrepassare la linea che divide le emozioni dall’obiettività.» disse poi Mike, osservando anche lui la neve cadere al di fuori della propria auto.
Calò di nuovo il silenzio ed entrambi realizzarono di essere dannatamente vicini in uno spazio dannatamente stretto.
Senza dire altro, Mike inserì finalmente la chiave nell’accensione.
La girò ma sentì che il motore forzare, senza però riuscire a partire.
Sorrise cercando di mantenere la calma. «Magari il motore è solo troppo freddo..» disse, non tanto per Connie ma più che altro per convincersi di ciò.
Ci provò di nuovo.
Girò la chiave ma il motore forzò di nuovo e poco dopo sentì un click.
«Maledizione..» imprecò tra sè, sospirando e chiudendo gli occhi.
«Che succede?» chiese lei guardandolo.
«Credo che la batteria sia morta per il freddo.»
«Cosa? Proprio adesso?!»
Connie guardò fuori dal finestrino ancora una volta.
Oltre alla neve, si alzò anche un forte vento gelido proveniente direttamente dall’Oceano Atlantico.
Lui tirò fuori il cellulare ma anche quella batteria era morta e lo stesso valeva anche per quella di Connie.
«Okay, non penso che dovremmo restare qui, dato che il riscaldamento non funziona.» disse lui mantenendo una calma stoica. «Dobbiamo trovare presto un rifugio prima di rimanere assiderati.»
«Bhè, potremmo tornare al Distretto.» suggerì lei.
«Non ci penso neanche, non voglio ricominciare a litigare con Lupo.» rispose guardandosi intorno ma non appena si voltò dalla sua parte di finestrino, vide una luce al piano terra del palazzo al di là della strada.
«Proviamo a chiedere se gentilmente ci ospitano lì nel tempo in cui arriva il soccorso stradale.» disse lui indicando il luogo a Connie.
Lei guardò in quella direzione e notò che non era poi così lontano e in auto si gelava, letteralmente.
«Si, si può fare..» rispose guardandolo negli occhi, stringendosi di più nel suo cappotto.
Appena usciti dall’auto, entrambi combatterono contro quel forte vento per cercare di rimanere in equilibrio e quando si placò per un momento, Mike e Connie riuscirono ad avviarsi velocemente verso il palazzo.
Lui suonò al citofono dell’appartamento corrispondente alla luce che si notava dall’esterno.
Senza rispondere, aprirono il portone e subito vi entrarono, richiudendolo.
Il vento entrava da sotto la pesante porta, creando degli inquietanti lamenti.
«Bella serata questa, non trovi? Molto calda.» scherzò lei.
«Assolutamente. Sembra quasi primavera..» rispose lui sorridendole, mentre si toglieva della neve dal cappotto, scuotendolo. «Okay, vieni. Proviamo a chiedere in quell’appartamento se ci offrono un caffè e un telefono.»

Mike bussò alla porta d’ingresso.
«Hai notato questa?» chiese lei indicando la targa d’ottone sopra il campanello.
«Dr. Trevor, Psicologo.» lesse la targa, appoggiando la mano sul pomello. «Questo è destino. Tanto meglio, potremmo chiedere cosa spinge un uomo a collezionare scarpe e calzini da donna, dopo averle uccise, naturalmente.» disse ancora, aprendo poi la porta.
Buona sera!» esclamò Mike ma, a giudicare della carenza di pazienti e la mancanza della segretaria, l’ufficio doveva essere in procinto di chiudere.. Allora perchè non avevano chiuso a chiave la porta ed avevano aperto il portone principale?

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


CAPITOLO 24

L’appartamento adibito ad ufficio era tutto nelle sfumature del grigio e del marrone, così come l’intera mobilia accatastata e ricoperta di palstica.
Sedie pieghevoli, divanetti e poltrone e un tavolino da caffè con delle riviste appoggiate sopra.
Quello che doveva essere il bancone della segretaria, era posizionato direttamente difronte all’ingresso.
«Buona sera a voi.» rispose una voce maschile da dietro quel bancone. «Siete nuovi di queste parti?Non vi ho mai visti nei due mesi in cui ho lavorato qui.» disse ancora l’uomo, alzandosi poi dalla sedia e stiracchiandosi.
Sicuramente non era nè una segretaria, nè uno psicologo..
Fece il giro e loro poterono notare che indossava un pesante maglia a collo alto da trekking verde scuro, pantaloni sempre verde scuro e scarponi antinfortunistici neri.
«Veramente non siamo pazienti. La mia auto non parte e fa molto freddo fuori.» rispose Mike, pensando che magari quell’uomo stesse facendo una pausa dal suo lavoro.
«Accidenti, proprio una serata no questa, eh?» disse mettendosi le mani in tasca.
«Non può immaginare quanto..»
«Okay. Aspettate un secondo, vedo se il mio collega ha il cellulare carico. Sapete, con la ristrutturazione in corso, è già tanto che abbiano lasciato la corrente elettrica..» spiegò l’uomo. «Hey Franky!» esclamò, poi aspettarono.
Un altro uomo piuttosto basso, comparì dopo poco dalla porta accanto.
«Che vuoi Johnny?! Proprio ora che avevo quasi finito il mio cruciverba!» si lamentò l’uomo di nome Franky. «Oh.. Buona sera.. Non avevi detto che c’erano ospiti..» disse, accorgendosi di Mike e Connie.
«Hai il cellulare carico? La loro auto è morta e gli serve un carroattrezzi.»
«Certamente! Ma prima, puoi dirmi come si chiama il giocatore degli Huston Astros che ha all’attivo 200 battute? Inizia con ‘J’ e finisce con ‘E’. Dieci lettere, nome e cognome.»
L’uomo chiamato Johnny si spazientì. «Hey! Somiglio per caso ad una pagina sportiva? Ad un album di figurine? No. Cosa ne posso sapere, io tifo i Los Angeles Dodgers e non mi interessano altre squadre!»
«Jose Altuve.» rispose Mike. «La 200° battuta è stata contro i Texas Rangers, i quali hanno perso 12-2 al Globe Life Park.»
I due uomini e Connie lo guardarono senza dire una parola, poi Franky guardò il suo cruciverba, contò le caselle e controllò nella pagina delle soluzioni.
«Oh.. È vero..» rispose scrivendo. «Grazie, amico! Sei forte!»
Un sorriso compiaciuto e soddisfatto attraversò il volto di Mike. «E tu che mi prendi continuamente in giro, dicendomi che non serve a niente aggiornarsi sulle statistiche del baseball..»
«Aspetta, aspetta, vediamo se sai anche questa: “Alter ego di Ben Solo, figlio del Generale Han Solo e della Principessa Leia Organa nell’universo Star Wars.”»
Quella definizione colse Mike completamente impreparato, non essendo un gran patito di film.
«Prova con ‘Kylo Ren’.» rispose Connie quasi immediatamente, scambiandosi un’occhiata con Mike.
"Davvero?” mimò con le labbra lui, guardandola stupito.
Questa volta, lei aveva sul volto un sorriso compiaciuto e soddisfatto. «E tu che mi prendi continuamente in giro, dicendomi che è uno spreco di soldi andare al cinema.» disse, facendogli verso.
«Perfetto! Grazie dell’aiuto!» esclamò ancora Franky, contento. «Ora, dato che vi devo un piccolo favore, prego, usate pure il mio cellulare.» disse sorridente e gentile. «Toujours être gentil avec les étrangers, sourtout si les belles femme l’aiment.» continuò cedendo il cellulare a Connie. «Je t’en prie.»
«Cos’ha detto il suo amico?» chiese Mike a Johnny, sottovoce.
«Qualcosa riguardo all’essere sempre gentili con gli estranei, sopratutto con le belle donne.»
«Oh, merci beaucoup.» rispose Connie, sorridendo all’uomo.
Mentre Connie chiamava il carroattrezzi, Mike continuò a parlare con Johnny e Franky.
«Potete stare qui finchè non arriva, non c’è alcun problema per noi e poi il capo non c’è e neppure il Dr. Trevor.» rispose Johnny, guardando il suo compare.
«Esatto, siamo soli fino a domani.»
«Mike, giusto?»
«Giusto.»
«Sai fare un buon caffè? Noi non siamo molto bravi con la macina fresca, siamo più pratici con quello istantaneo.»
«Certamente, non c’è alcun problema.»
«Okay allora! Facciamo così: la donna stupenda telefona, tu fai un buon caffè, Franky fa un nuovo cruciverba e io finisco di stuccare la stanza accanto e accendo la stufa elettrica. Che ne dite?» propose Johnny, sempre sorridendo.
«Ci sto! Rispose Mike, avviandosi nella sala dell’appartamento.

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


CAPITOLO 25

Una volta che i caffè furono sorseggiati, con i complimenti dei due uomini, ed il lavoro di stuccaggio fu completato, Franky chiese gentilmente a Mike e Connie se potevano seguirlo nella stanza adiacente, così da poter cominciare i lavori all’ingresso.
Acconsentirono senza problemi, quindi Johnny li accompagnò in quello che doveva essere lo studio privato del Dr. Trevor.
L’uomo aprì la porta ed accese la piccola lampada da scrivania.
All’interno della stanza, si notava soprattutto un divano di pelle marrone a due posti che sembrava molto comodo e molto ben imbottito, due sedie coordinate davanti la scrivania in mogano, due grosse librerie alle spalle di essa e delle mensole con appoggiati sopra dei gingilli vari e delle foto.
«Mi dispiace farvi restare qui ma se non avete intenzione di sporcarvi di calcinacci, polvere e intonaco.. Solo un piccolo accorgimento: se il Dr. Trevor si accorge che qualcosa non è al suo posto se la prenderà con noi, perciò.. Non toccate nulla.» spiegò Johnny.
«Non c’è problema.» rispose Connie con un gentile sorriso.
«Bene. Lo so che qui dentro fa un tantino freddo ma ho appena acceso la stufa elettrica. Abbiate pazienza, ci vorrà del tempo prima che scaldi l’intera stanza.» disse ancora l’uomo ricambiando il sorriso di lei, per poi richiudere la porta e tornare a dare una mano al suo amico.
Appena Johnny si allontanò, Connie andò davanti la finestra, stringendosi forte nel suo cappotto per cercare di scaldarsi un pò.
«Altro che freddo, qui si gela..» commentò Mike. «I freezer a confronto sono come i Caraibi..»
«Ringrazia chiunque ci sia lassù mille volte per aver trovato  questo posto e due persone tanto gentili. Potevamo rimanere bloccati là fuori con questa neve e questo vento..» rispose lei.
«Bhè, ciò che li ha convinti è stata la mia insuperabile dote per il caffè fresco.» scherzò Mike.
«E dove la metti la mia conoscenza dei film fantascientifici?» aggiunse lei prendendolo in giro.
«A proposito di questo..» cominciò Mike, grattandosi una guancia. «Da quando sei una fan di Star Wars? Hai sempre detto che non ti piaceva quella saga.»
«Bhè.. Diciamo che ci ho ripensato dopo aver notato che ad un certo punto Han Solo indossava dei pantaloni attillati niente male..» rispose sempre scherzando.
«Oh, giusto.. Sicuramente voi donne li notate bene certi dettagli..» commentò ricambiando il sorriso.
«Oh, puoi dirlo forte.. Ah dimenticavo!» disse Connie, cominciando a fregarsi le braccia per cercare di scaldarle. «La compagnia dei carriattrezzi comunali ha riferito che con la tempesta in atto, non saranno qui prima di un’ora e mezza cir..»
«Hai freddo?» chiese lui, interrompendola ed ignorando completamente la sua informazione. «Perchè se vuoi posso andare a chiedere a Johnny e Franky se ci prestano la stufetta portatile.»
Subito sentirono il rumore di un trapano nella stanza principale.
«No, non disturbiamoli più del necessario. Sediamoci sul divano, magari la pelle e l’imbottitura manterranno il nostro calore più a lungo.» rispose andandosi a sedere, quindi Mike la seguì.
Col passare dei minuti, la stanza sembrava raffreddarsi di più ma lui comunque si allentò la cravatta, appoggiando la testa sullo schienale imbottito e molto morbido.
«Di cosa possiamo parlare mentre aspettiamo che vegano a salvarci?» chiese voltando lo sguardo verso di lei, senza alzare la testa.
«Mhm.. Strangolatore?» suggerì lei, ricambiando lo sguardo.
«Davvero, Connie?» disse sconcertato però con espressione divertita. «Non abbiamo nulla di cui parlare all’infuori di questo?»
«Bhè..» rispose lei, alzando le spalle.
«Connie?»
«Si?»
«Devo dirtelo.»
«Cosa?»
«Sembriamo proprio una vecchia coppia sposata.» disse scoppiando a ridere e lei con lui.
«Allora, dato che siamo una vecchia coppia sposata ed abbiamo molto tempo, possiamo parlare di questo.» disse prendendo dalla sua ventiquattrore un file.
Mike si tirò su e si avvicinò per guardare cosa contenesse quel fascicolo verde. «Questo è nuovo?»
Connie annuì. «È il file del caso del Detective Quinn.» rispose passando la cartelletta a lui.
«Dove l’hai preso..» disse guardandola inquisitorio, per poi darsi la risposta da solo. «Lo hai rubato dalla sala conferenze provvisoria, vero?»
«‘Rubato’ è una brutta parola, non credi? Più che altro ‘preso in prestito’..»
«Non pensavo che col tempo fissi diventata così..» disse facendo una pausa teatrale. «..Subdola..» concluse poi facendo un mezzo sorriso.
Lei lo guardò maliziosa. «Bhè, ho imparato dal migliore dei maestri in quest’arte.»
«Oh, ti ringrazio..» rispose Mike, poi abbassò lo sguardo e qualcosa nella foto attaccata all’interno del fascicolo colse la sua attenzione. «Oh bene. Questo si che è interessante..»
«Cosa?» chiese lei, cercando di dare un’occhiata.

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


CAPITOLO 26

Mike staccò dalla piccola clip la fotografia e gliela mostrò. «Questa è la foto della scena del crimine di Quinn.»
«Esatto.»
«Noti nulla di strano?»
Connie guardò più attentamente poi scosse la testa. «Non mi sembra, perchè?»
«Guarda meglio sul sedile del passeggero, vicino al corpo di Quinn. Non ti sembra una brochure di quelle delle agenzie viaggio per le Barbados? Perchè teneva una cosa del genere nella macchina di servizio e dove li avrebbe presi i soldi per una vacanza per quattro persone?»
«Sai cosa ho notato io, invece?» chiese lei sfogliando il fascicolo. «Aspetta un.. Ah.. Ecco qui.» disse mostrandogli un’altra fotografia. «Una rivista immobiliare sugli appartamenti verso il centro di Manhattan nascosta neanche troppo bene tra le altre riviste nel suo armadietto.»
Mike restò confuso da ciò che lei disse. «Fammi capire bene: il Detective Quinn con una paga così bassa da permettersi solo un bilocale in affitto e quasi fatiscente ad Astoria, tutto d’un tratto si mette a spendere soldi, che sicuramente non ha, in cose e vacanze di lusso?» chiese, facendo il punto della situazione, sempre più confuso. «Non appena riusciremo a tornare in ufficio, controlleremo la sua situazione finanziaria. Qualcosa non quadra.»
«Senza dirlo a Lupo e Bernard, giusto?»
«Bhè, dobbiamo agire molto cautamente su questo fronte.» rispose Mike, non piacendogli affatto l’idea che Quinn fosse ipoteticamente un poliziotto corrotto, poi però notò che Connie si strinse ancora di più nel suo cappotto, prendendo leggermente a tremare. «Freddo?»
«Sembra di essere in un dannato igloo..» rispose, ancora cercando di non irrigidirsi più del dovuto.
«Puoi usare la mia giacca. Tieni.» disse, iniziando a toglierla.
«No, no. Davvero, va tutto bene.» rispose, fermandolo. «Non devi essere per forza galante con me, Michael. Così io mi scalderò ma tu prenderai molto freddo.»
«Allora, possiamo sederci più vicini. Magari ci scalderemo di più e velocemente se i nostri corpi saranno uniti.»
Lei non seppe cosa rispondere, in compendo però, gli lanciò un’occhiata strana.
«N- no, non in quel senso, Connie.» disse ancora, capendo all’istante il motivo di quello sguardo. «Condivideremo i nostri cappotti e la nostra vicinanza. Solo questo.»
«Dimentichi cosa è successo tra noi in ufficio?» disse sentendosi un tantino a disagio.
Lui la guardò con mezzo sorriso e un’occhiata maliziosa e piena di carisma. «Stai per caso dicendo che non riesci a resistere al mio fascino?» chiese, provocandola per divertimento.
«Sul serio, Mike..»
«Okay, okay.. La finisco..» disse alzando una mano. «Io sto nella mia parte e tu nella tua. Così va meglio?»
Il corpo di Connie tremò improvvisamente di freddo. Sospirò. «D’accordo, uniamo le forze ma SOLO per scaldarci.» decise infine. «Ma.. incontriamoci al centro del divano..»
Mike trattenne un sorriso. «Okay.»
Si tirarono via i cappotti e, mentre si avvicinarono, Mike fece scivolare un braccio sulle spalle di lei.
Connie cercò di fare finta di nulla ma sentì il sangue pulsare forte nelle sue vene e quello non fu sicuramente causato dal calore di lui, quindi, una volta sistemata, Mike avvolse i loro corpi con entrambi i loro cappotti quasi completamente.
«Meglio?» chiese stringendola leggermente a sè.
Connie si accorse subito del profumo dei loro vestiti mescolato perfettamente per crearne uno nuovo, dolce ma virile, uno di quei mix che si stampano a vita nella mente.
«Mike, devo dirti una cosa.»
«Dimmi pure.» rispose sapendo che quella, probabilmente, non era una cosa buona.
Connie prese un profondo respiro, poi lo disse velocemente, tutto d’un fiato. «Andrò alle Maldive con Graham fino a dopo Capodanno.»
Lanciò una veloce occhiata per vedere la sua espressione. Sembrava del tutto normale, tranquillo.
«Okay..» rispose guardando la grande libreria in mogano davanti a sè.
In quel momento, tutti i rumori si placarono e alla fine, la voce di lui fu poco più di un sussurro. «Quando..?»
«Presto. Molto presto..»

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


CAPITOLO 27

«E mi stai dicendo questo perchè..» rispose Mike con espressione indecifrabile. «Dovrei cambiare in anticipo il tabellone dei volontari per le festività?»
Connie non seppe come reagire. «No.. Non ancora almeno. In realtà non abbiamo deciso la data esatta della partenza ma sicuramente sarà prima di Natale, quando il caso dello Strangolatore sarà chiuso.. Ma credo di dover partire anche nel caso in cui non lo sia.» disse incartandosi, però, con le proprie parole.
Mike non rispose.
Gli unici suoni che si sentivano erano il ticchettio dell’orologio sulla scrivania del Dr. Trevor e i passi nell’altra stanza.
In quei due minuti di conversazione, furono dette molte parole che Mike non avrebbe mai voluto sentire.
Anche se Connie era appoggiata alla sua spalla, non riusciva a guardarla, neanche di sfuggita.
La sentì trattenere uno sbadiglio, quindi, finalmente, spostò lo sguardo su di lei. «Stanca?» chiese gentilmente, come se avesse dimenticato tutto il resto.
«Scusa. È stata una lunga giornata e poi il freddo stanca parecchio.» ammise con voce che rifletteva il suo stato.
«Chiudi gli occhi, riposati finchè puoi.» le disse con un piccolo sorriso. «Probabilmente hai un pò più di tre quarti d’ora prima che il carroattrezzi arrivi. Mettiti come sei più comoda, ti assicuro che non mi farò strane idee.»
Connie sorrise ma, guardandolo negli occhi, involontariamente trattenne il respiro.
«Tranquilla, non ci sono doppi sensi. Non farò nulla che non vuoi. Siamo solo due amici che cercano di scaldarsi. Te lo prometto.» disse ancora. «Cerca di riposare, approfittane.» ripetè.
«Okay. D’accordo.» rispose per poi sistemarsi meglio.
Non riuscì proprio a dirgli di no, che magari non era il caso di fare certe cose.
Rilassarsi tra le sue braccia, le fece venire un’improvvisa voglia di mandare tutto al diavolo e restare così fino al mattino dopo ma scacciò subito quel pensiero.
«Non ti scoccia che io ti sfrutti in questo modo?» chiese.
«Connie, gli Yankees che perdono il campionato per un punto mi scoccia.» rispose ridendo. «Ma questo sicuramente no, tranquilla. Lo faccio con piacere.»
«Okay.»
Lei si avvicinò un pò di più, fino ad appoggiare la testa tra la spalla e il collo di lui, quindi fece scivolare la sua mano sotto la giacca del completo blu notte, abbracciandolo, mentre lui strinse di nuovo il braccio attorno le spalle di lei.
Per entrambi fu strano essere così vicini ma se dovevano essere sinceri, non era poi così terribilmente difficile eliminare i secondi fini dalla mente.
«Va meglio così?»
La voce di lui era così vicina che sembrava quasi che si fosse addormentata nel suo letto e che tutto fosse un bellissimo ed irraggiungibile sogno.
«Certo. Ti ringrazio Michael.» rispose imbarazzata, rendendosi immediatamente conto quanto la sua risposta fosse risultata formale, esattamente come se stesse conversando con la Regina Madre Elisabetta II.. Dopo quello, il prossimo passo quale poteva essere, discutere di alta finanza? Del tempo? Della povertà e dalle fame nel Terzo Mondo? Politica? O cos’altro?!
Sospirò.
Quasi subito sentì rumore di carta ma, dato che non poteva vedere, ipotizzò che Mike stesse sfogliando il fascicolo del caso del Detective Quinn con l’unica mano rimasta libera.
Quasi senza accorgersi, sentì gli occhi pesanti, realizzando che da lì a poco sarebbe caduta nel sonno.. Tra le braccia di Michael Cutter, del suo capo, cullata dal suo respiro lento, calmo e regolare, dal calore del suo corpo e dal suo profumo.
Però non riuscì a fare a meno di notare una cosa in particolare: il cuore di Mike, nonostante l’apparente calma, batteva forte e veloce.. Come anche il suo, dopotutto..
Mike sentì la testa di Connie lasciarsi andare completamente, il suo corpo rilassarsi, il braccio che lo cingeva scivolare e il suo respiro farsi regolare e profondo.
Sorrise dolcemente, sfogliando ancora il fascicolo.
“Tutto sommato, non è stata una così brutta serata..” pensò poi chiudendo il fascicolo di Quinn ed appoggiando indietro la testa, sullo schienale morbido del divano in pelle marrone.

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


CAPITOLO 28

All’esterno si sentì il chiaro rumore di un motore e una sirena indicante la retromarcia di un camioncino.
Era ormai sera inoltrata, il buio regnava sulla città che non dorme mai e le luci colorate illuminavano le strade di New York.
Sentendo quel suono fastidioso, Connie aprì gli occhi e le ci volle qualche minuto per capire che si trovava nello studio del Dr. Trevor.
Un braccio la cingeva per le spalle, un pollice era adagiato sulla sua guancia ed un piacevole calore provenire dal corpo sotto il suo viso.
Spalancò gli occhi, realizzando anche che la sua mano scivolò appena sotto il fianco di lui. “Mike..!” pensò all’istante ma poi alzando lentamente lo sguardo, si accorse che anche lui poco prima si addormentò con lei.
Riuscì chiaramente a percepire il suo lento e profondo respiro.
Lo guardò ancora e sorrise nel vederlo così inerme.
Sentì ancora una volta le farfalle nello stomaco ma subito si rimproverò mentalmente.
Non doveva assolutamente sentirsi così, sopratutto in quel momento, insomma, lo aveva appena informato che sarebbe partita con Graham per le Maldive..
Però sapeva bene che quel viaggio, in realtà, le serviva per autoconvincersi che aveva davvero bisogno di staccare dalla sua tristemente monotona vita quotidiana.. Magari quella vacanza poteva rivelarsi più romantica di quel che sembrava, più intensa, piena di emozioni.
In fondo lo desiderava tanto..
Da che si ricordava, la sua vita fu una serie infinita e costante di doveri, l’ultimo dei quali era proprio la carriera e le era molto strano il fatto di condividere qualcosa di bello con un uomo, qualcosa che non riguardasse il lavoro.
Connie sentiva di aver bisogno dell’amore, della fiducia, del tempo, della profonda connessione emozionale e Graham Magnusson le stava offrendo proprio tutto quello e non voleva assolutamente lasciarselo scappare.
Era felice di essere riuscita a trovare un uomo come quello, l’uomo dalle mille qualità che aveva sempre desiderato..
Si guardò un attimo intorno, pensando ad un modo per uscire dall’abbraccio di Mike senza svegliarlo ma per un secondo, il suo corpo non volle muoversi da lì.
Ma se Graham era tutto ciò che desiderava, perchè trovava così piacevole l’essere così fisicamente vicina al suo capo?
Provò a muoversi per scivolare via ma lui aprì gli occhi e lei si sentì esattamente come se l’avesse colta a fuggire.
La guardò. Capì cosa stesse cercando di fare quindi, riluttante, spostò il braccio e Connie provò lo stesso freddo che provò prima di sedersi su quel divano.
Si mise immediatamente composta e quando tornò a guardarlo, si ricordò della sensazione che le dava il suo corpo appoggiato a quello di lui e già le mancava da morire.
«Hey.» disse piano Connie. «Anche tu eri stanco morto, eh?» continuò con un lieve sorriso.
«Abbastanza.» disse stropicciandosi gli occhi. «Ultimamente non dormo molto bene.» rispose aggiustandosi e coprendosi meglio con i cappotti.
«Immagino.» disse passandosi una mano nei capelli per poi aiutarlo a sistemare i cappotti.
Ci pensò un minuto e realizzò che non voleva parlare nè di lavoro nè di altro, avrebbe solo voluto tornare tra le sue braccia e riuscire a dormire tranquillamente, senza pensieri nè doveri, come in quei pochi minuti.
«Okay.. Allora, Connie, cosa abbiamo imparato da tutta questa faccenda?» chiese Mike guardandola con mezzo sorriso divertito.
«Ehm.. Che devi prenderti più cura della tua auto e.. che le persone gentili non sono del tutto scomparse dalla faccia della Terra?»
«No.. Solo che dopo una lunga giornata stressante, la miglior cosa da fare è un bel sonnellino.» rispose scherzoso.
Connie gli regalò una dolce risata divertita. «Questo è un ottimo punto di vista..»
«Ti ringrazio.»
«.. Se sei un gatto..» concluse lei lasciandolo di sasso per un secondo.
Mentre ridevano, la porta alle loro spalle si aprì. «Ragazzi, il vostro passaggio è arrivato!» informò allegro Franky.
«Grazie Franky.» rispose Mike, alzandosi dal divano.
«Abbiamo approfittato molto della vostra gentilezza, vi siamo davvero riconoscenti.» disse Connie andando verso l’uomo per stringergli la mano.
«Figurati. Sia io che Johnny l’abbiamo fatto con piacere!» rispose poi accompagnandoli verso la porta, quindi, ringraziarono e salutarono anche Johnny e uscirono dall’edificio per tornare alla realtà.

«Hey Johnny.»
«Che vuoi..»
«Nello studio di Doc Trevor si gela..»
«Davvero? Eppure la stufa l’ho accesa..» rispose l’uomo, grattandosi la fronte.
«È vero, era attaccata alla presa ma quella non era la prolunga funzionante..» disse voltando lo sguardo verso il suo amico.
Si guardarono per un secondo, poi Johnny fece spallucce. «Bhè, comunque in un modo o nell’altro sono riusciti a scaldarsi, no?»

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


CAPITOLO 29

Finalmente la tempesta si placò e le persone poterono ricominciare a festeggiare insieme al loro Spirito natalizio.
L’enorme albero di Natale al Rockfeller Center era più bello e luminoso che mai, esattamente come ogni singolo e piccolo abetino che accompagnava i bimbi in questi giorni gioiosi.
Il ghiaccio rimasto in sospeso nell’atmosfera dopo quella tempesta improvvisa, fece brillare l’intera città, lasciando intendere benissimo che la Notte dell’Avvento era ormai dietro l’angolo.
Da sempre per Connie Rubirosa, Santa Claus, neve, luminarie e odore di dolci a base di cannella e pan di zenzero erano associati alla sua festività preferita in assoluto.
«Ah.. Mi piace davvero molto camminare sulla neve fresca. È così soddisfacente sentire i propri passi sprofondare, non credi?» commentò Mike, guardandola con una luce strana negli occhi e lei ricambiò con uno sguardo ancora più strano.
«Ho detto qualcosa che non avrei dovuto?» chiese lui, confuso.
«Chi sei.. Che fine ha fatto Michael ‘Scrooge’..?» rispose con finto tono serio.
«Non fraintendere, penso ancora che questa festa sia solo un’enorme spendi-spendi..» disse rassicurandola. «Ma anche Scrooge ha le sue serate buone, no?»
«Mhm.. Non credo che il piccolo Tim sarebbe d’accordo con te..» concluse Connie, sorridendo ma Mike rimase serio.
«Dài, guardati intorno. Normalmente i quartieri altolocati guardano dall’alto in basso le persone medie come noi e tutte quelle dei quartieri degradati ma ora, con tutta questa neve e quest’aria di festa, siamo tutti sullo stesso piano e.. Felici.»
Connie fu sorpresa da tutto ciò che disse. «Sai, non l’avevo mai messa in questo senso e devo dire che hai perfettamente ragione.»
Sicuramente era un altro lato di Mike che non aveva mai visto, totalmente contrario al duro e freddo Procuratore.
Camminarono per qualche istante in silenzio, ammirando tutto quel candore che regalava ad entrambi un enorme senso di pace e benessere.
Poco dopo entrarono nell’edificio della Procura Distrettuale, arrivando davanti gli ascensori poi, ad un tratto, Mike parlò.
«Anche questa sera scappi via per un appuntamento o cose del genere?» chiese forzandosi a mantenere un tono tranquillo ed il suo cuore calmo.
Connie riuscì a guardare solo la sciarpa e la cravatta annodate al collo di lui.
I suoi occhi erano davvero troppo da sopportare in quel momento. «No, stasera Graham lavora fino a molto tardi.»
Sentita la risposta, non seppe come comportarsi ma si riprese subito. «Okay. Allora dato che abbiamo tempo, possiamo immergerci nelle intricate ed intrinsecamente legate vicende dello Strangolatore e del Detective Quinn.»
Il campanello dell’ascensore suonò e le porte si aprirono.
«Sai Mike, sembra la strana trama di un film horror allucinante e tremendamente complicato..» scherzò lei, entrando nella cabina di acciaio.
«Vero.. Comunque, se non sei interessata e vuoi andare a casa a riposare qualche ora extra, va bene lo stesso, non preoccuparti.»
Se Connie stava veramente per partire alla volta delle Maldive, quella poteva essere l’ultima opportunità per lavorare su quel caso così complicato con lui ma sicuramente, se doveva essere completamente sincera, non stava pensando affatto al caso in quel momento..
Si diede della stupida. “Non ho ancora dato una risposta definitiva a Graham ma ho già detto tutto a Mike.. Complimenti a me, riesco sempre ad incasinare le situazioni più semplici..” pensò, sbottonandosi il cappotto. “Però non ho proprio voglia di passare la serata a casa da sola.” pensò ancora, ritrovandosi a guardarlo. «No, credo che mi avrai in mezzo ai piedi ancora per un pò.» rispose in fine, sorridendo nel suo solito modo.
Mike ricambiò sia il sorriso che lo sguardo ma lei lo spostò ancora una volta sulla cravatta di lui.
«Bene. Hai fame? Posso ordinare qualcosa se vuoi.» chiese gentilmente.
La campanella dell’ascensore suonò di nuovo, indicando che il loro piano era ormai giunto.
Le porte si aprirono e Mike fece un cenno a Connie per invitarla ad uscire per prima.
Sorrise ritrovandosi a pensare che quella situazione era esattamente come ai vecchi tempi, prima che lei incontrasse Graham, prima che diventasse tutto strano e complicato.
Mentre camminavano nel corridoio verso l’ufficio di Mike, annuì. «Ci sto! Il solito menù andrà benissimo.»
«Ah, ah. No, voglio farti assaggiare qualcosa di diverso che non hai mai provato prima.»

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


CAPITOLO 30

Qualcuno bussò alla porta dell’ufficio di Mike Cutter.
Era il fattorino del ristorante cinese in cui spesso si servivano.
Anche in quel momento, Connie pensò che doveva essere tornata indietro nel tempo, quando passavano la notte a discutere i loro casi per poi, ogni tanto, crollare o sul divano beige o su una delle scrivanie, in mezzo alle pile di fascicoli.
Mike pagò il ragazzo orientale, quindi andò ad appoggiare i due sacchetti di plastica sulla prima superficie disponibile ed iniziò a tirare fuori le piccole scatolette bianche dell’asporto.
Avrebbero dovuto sentirsi entrambi strani alla vicinanza l’uno dell’altro, insomma, quella sera al centro commerciale, la cioccolata calda con il marshmallow, il loro bacio, il piccolo albero decorato sullo schedario, il pisolino insieme sul divano del Dr. Trevor..
Semplici e bellissime cose che due innamorati normalmente facevano, a parte il rifugiarsi nello studio di uno psicologo a sera inoltrata, chiaro..
Infatti la parola stessa diceva tutto: ‘innamorati’, non ‘colleghi’ ma in realtà erano felici di aver condiviso quelle situazioni senza alcun tipo di rimpianto o senso di colpa, nè profondo imbarazzo.
In quel momento, però, dovevano focalizzarsi con tutte le loro forze sui casi che stavano seguendo, mangiando cibo cinese e mettendo a soqquadro le due scrivanie, esattamente come i vecchi tempi.

«Mmh! Buono questo!» esclamò Connie guardando nella scatoletta. «Ed io che volevo prendere il solito riso fritto..»
«Visto? Ora capisci perchè adoro alla follia i noodles di soia con i gamberoni e bamboo?»
«La prossima volta mi affiderò di nuovo al tuo gusto, sempre se vorrai farmi assaggiare degli altri piatti che ho sempre evitato..» rispose lei prendendo un sorso di tè verde.
«Tranquilla, con me vai sul sicuro!» disse appoggiando un gomito sulla scrivania ed indicandola con le bacchette. «Okay, ora che lo stomaco non fa più i capricci, siamo pronti a discutere i nostri casi?»
«Certo. Comincio io?»
Mike prese in mano un involtino. «Prego. Io ed il mio amico, qui, siamo tutto orecchi.» rispose prendendone poi un morso.
«Bene. Allora, dato che non abbiamo una bellissima e pienissima lavagna come quella dei nostri Lupo e Bernard, dobbiamo considerare tutti i fatti da capo.» affermò, lasciando andare le bacchette nella scatoletta vuota.
«Prego signorina Rubirosa, vada avanti.» rispose lui mentre si puliva le mani con il tovagliolo di carta.
«Allora cominciamo.» disse sospirando e prendendo il fascicolo di Quinn, Higgins e Regan. «Otto mesi fa, il Detective Taddeus Quinn arrestò Leonard Higgins per spaccio di droga nella stessa zona del parco in cui Higgins dice di aver visto Regan scappare via con una scarpa in mano, giusto qualche giorno fa. Ed ecco la prima domanda: è solo una grossa coincidenza che tutte queste situazioni siano successe nella medesima zona in un arco di tempo così vasto?»
Mike prese un profondo respiro. «Bhè, coincidenza o meno, queste tre vite sono collegate in qualche modo.» rispose prendendo un sorse di tè nero.
«Credi che abbiamo fatto bene a far arrestare Regan? Pensi davvero che abbia agito da solo?»
Lui sospirò appoggiandosi contro lo schienale della sedia di legno laccato. «A questo punto, devo dire di si.» incrociò le braccia. «Ho in mente di perseguirlo e spedirlo in carcere fino alla fine dei suoi giorni, però comincio a pensare che ci sia un piano sul fatto che Higgins abbia incastrato alla perfezione proprio uno come Regan.» disse in fine alzandosi dalla sedia.
«Hai una teoria sul fatto che abbia mentito per incastrarlo?»
«L’unica conclusione logica è che abbia raccontato tutto fino al più piccolo dettaglio, ovviamente mentendo, perchè qualcuno gli ha detto di farlo e che in realtà Higgins non si trovava sulla scena del crimine.» rispose lui guardandola.
«Su quale base dici ciò?» chiese lei confusa.
«Perchè ha sempre affermato e mai smentito di voler ottenere la ricompensa, anche se tramite le menzogne. È un uomo abbastanza viscido da fare certe cose senza il minimo rimorso.» rispose tirandosi via la cravatta dal collo e aprendo un paio di bottoni sul collo della camicia.
«Ma questo non spiega il fatto che, anche se ci fosse una terza persona, abbia saputo fornire la targa parziale e il modello di auto di Regan. Hai detto che Higgins è solo una marionetta, giusto?» disse lei girando per l’ufficio con la pallina da baseball in mano, com’era invece solito fare Mike in quei casi.
«Certo. Higgins ha un forte interesse a far catturare Regan. Magari la terza persona aveva un conto in sospeso con quell’uomo.» rispose ma poi si ricordò di cosa quell’uomo fece e disse in presenza di Connie.
Un forte disgusto passò pe un’istante sul volto di Mike. «Odio Higgins più di tutti, soprattutto perchè è viscido, avido e falso.»
Lei sorrise divertita da quel commento ma a un tratto Connie si voltò a guardare fuori dalla grande finestra dell’ufficio del suo capo, quasi come se stesse pensando ad altro.
«Connie?» chiese Mike dopo qualche istante di silenzio. «Tutto b..»
«Higgins.»
Lui si fermò un secondo alzando un sopracciglio, confuso. «Si?»
«Il suo nome salta fuori sempre. È lui l’errore in tutta questa storia.» rispose lei guardando fuori, assente.
Mike le andò alle spalle. «Nel senso che?»
«Lui si è presentato a noi come un semplice testimone avido, a cui interessano solo i soldi, mentre invece, penso che anche lui sia un assassino.» concluse.
«N-no, aspetta.. Stai dicendo che lui e Regan siano entrami lo Strangolatore?»
Lei scosse la testa. «Quasi. Si potrebbe dire che sono legati dalla persona misteriosa che lo ha manovrato.» rispose. «Regan è un serial killer mosso solo da un istinto di morte irrefrenabile. Lui È lo Strangolatore, mentre Higgins è un semplice omicida mosso da uno dei più antichi moventi: l’avidità.» affermò rigirando la palla da baseball tra le sue mani, poi la lanciò in aria, riprendendola al volo.
Lui la guardò. «Ed Higgins chi avrebbe ucciso, secondo te?»
Connie si voltò, lanciò la palla in aria e la riprese per l’ultima volta, poi lo guardò dritto negli occhi. «Il Detective Taddeus Quinn.»

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


CAPITOLO 31

«Tu credi davvero che Leonard Higgins sia l’assassino di Quinn? Lo so bene che anche tu hai odiato quell’uomo sin dall’inizio ma addirittura tacciarlo come omicida di un ufficiale di polizia.. Non ti sembra esagerato? E poi come hai fatto ad arrivare ad una simile conclusione?!» chiese Mike incredulo, dato che quell’affermazione era più da lui che da lei..
«Esagerato? Se ricordo bene, tu volevi arrestarlo per reticenza.. E poi è l’ovvia conclusione della frase detta da te in precedenza, mio caro.»
«Divertente.. Non ricordo di aver mai detto che Lenny sia un assassino, o meglio, ammetto che l’affermazione è rimasta chiusa nella mia testa.» rispose con espressione strana, con capendo ancora il collegamento di Connie.
«Aspetta un secondo, come sei passato da ‘quell’uomo’  a ‘Higgins’  per poi finire a ‘Lenny’?» chiese divertita.
«Scusa, ho avuto un momento di catarsi..» rispose scuotendo la testa e alzando una mano come se nulla fosse.
«D’accordo.. Comunque è vero, non sono state proprio le tue esatte parole, però so che volevi intendere proprio questo.»
Mike socchiuse gli occhi, cercando di capire ciò che stava passando per la mente di Connie, purtroppo, senza riuscirci.
Connie sorrise divertita dalla confusione di Mike, che in quel momento era esattamente come se avesse avuto migliaia di punti di domanda intorno alla testa.. e di solito capitava proprio il contrario..
«Lascia che ti spieghi. Hai detto che era strano che Higgins abbia detto di esserci scontrato con un uomo che stringeva a sè una scarpa e che appena uscito dal parco, lo vide salire su un’auto targata e del modello che appartiene proprio a Carl Regan, vero?»
«Fin qui ci siamo..» rispose lui, cercando a tutti i costi di capire il ragionamento di lei.
«Ecco, a questo punto ho pensato che avessi ragione, proprio per il fatto che Higgins ha mentito più volte durante il colloquio. Ragionando in probabilità, posso dire quasi con certezza che lui non c’è mai stato sulla scena del crimine e penso anche che tu abbia avuto sempre ragione a proposito di quell’uomo.» spiegò con calma lei.
«Oh.. È sempre bello sentirselo dire.» rispose lui soddisfatto ma continuando a non capire del tutto. «Ma se Higgins non ha mai visto nulla e non è mai stato sulla scena, come ha fatto ad ottenere tutte quelle reali informazioni su Regan?»
«Bhè, mio caro Mike, esiste solo una possibilità.» rispose enigmatica.
Mike ci pensò un secondo ma se doveva essere sincero, vagava nel buio più assoluto. «Ti prego, illuminami.»
«Gli ha riferito tutto il Detective Quinn.»
Lui spalancò gli occhi sorpreso. «Quinn? Il nostro Taddeus Quinn?! Ma come.. Noi e i Detective Lupo e Bernard non eravamo a conoscenza neanche dell’esistenza di Carl Regan, secondo te come diavolo ha fatto Quinn a scoprire di quell’uomo?»
«Ecco, questa è la parte che non sono riuscita ad incastrare in tutta questa congettura.» ammise Connie. «Però penso che Quinn, ad un certo punto delle indagini, abbia trovato degli indizi che portavano a Regan, oppure che abbia lavorato con degli informatori per cercare altri prove contro lo Strangolatore, o magari quella notte era semplicemente in giro per i fatti suoi e casualmente vide Regan correre via dal parco per poi salire sulla sua auto e andarsene in tutta fretta.. Scegli tu, io non saprei come metterla, ma sappiamo per certo che Quinn arrestò Higgins quasi un anno fa, quindi, conoscendolo e conoscendo la sua avidità, fecero un patto, gli diede le informazioni necessarie e lo mandò al 27° Distretto dicendogli di spacciarsi per un testimone casuale.»
Mike incrociò le braccia al petto, pensieroso, poi cominciò a camminare per la stanza. «Devo ammettere che ha un senso ma non credo che questa teoria possa piacere molto ai Detective..» rispose. «Ci sono molte supposizioni. Dobbiamo essere più delicati possibile, dopotutto non possiamo accusare di Associazione a Delinquere un Detective morto dalla carriera immacolata e dalla famiglia rispettabile e un piccolo spacciatore reo confesso. È a dir poco ridicolo.»
Connie sospirò. «Lo so..»
«Oh e c’è un altro fatto da considerare, Connie.» disse alzando un dito. «Se Quinn sapeva chi fosse lo Strangolatore, perchè non arrestò Regan direttamente? Sarebbe stato un colpo grosso per la carriera, sarebbe potuto diventare anche Tenente con tutti gli onori e i meriti.»
«Bhè, è tutto molto confuso al momento.» ammise lei. «Ma ciò che hai detto prima mi ha aiutata a mettere insieme almeno una teoria credibile.»
«Di nulla..» rispose sorridendole. «In fondo, anch’io vorrei quella dannata ricompensa..» disse sedendosi sul divano beige.
Connie lo guardò esasperata. «Mike..»
«Bhè, devi ammettere che mezzo milione di dollari fanno gola a tutti, non cre.. Aspetta..» disse fermandosi e cambiando espressione, da rilassata ad illuminata. «So perchè Quinn non arrestò Regan!»

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


CAPITOLO 32

«Dio mio, è così dannatamente semplice..» disse Mike, che  si buttò indietro sul divano, passandosi entrambe le mani sul volto.
«Vorresti spiegare anche a me?» chiese lei andandosi a sedere sulla poltrona nera del suo capo.
«Connie, è una cosa così logica.. Quinn, come noi due, era un funzionario statale e come tale, per legge non poteva riscuotere alcuna ricompensa personalmente ma quei soldi gli servivano disperatamente. Avrebbe messo a posto i suoi debiti e la sua famiglia per un bel pò di tempo.» disse guardandola compiaciuto.
«Oh.. Vuoi dire che così tirò in ballo Higgins, convinendolo ad essere l’uomo di facciata per la riscossione, magari promettendogli che non l’avrebbe più toccato e che avrebbe avuto la sua quota. Ecco perchè aveva tutte quelle brochure di viaggio e quelle riviste immobiliari..» disse Connie prendendo degli appunti. sul blocco di Mike.
«Però forse Higgins divenne avido, decidendo che il malloppo doveva essere tutto suo.» continuò Mike piegandosi in avanti, appoggiando le braccia sulle ginocchia. «Così, decise anche di uccidere il Detective Quinn.» concluse sorridendo soddisfatto che la sua teoria filasse liscia.
«Devo dirti che appoggio in pieno questa conclusione.» rispose Connie guardando in basso. «Dobbiamo solo capire come ha fatto Quinn a sapere di Carl Regan e collegarlo allo Strangolatore.»
«Ed ecco il grosso ostacolo.» rispose lui guardando le sue mani incrociate sulle ginocchia. «Faremo bene a trovare la risposta giusta prima che Lupo e Bernard sappiano di questa storia.»
«Allora tutto ciò che abbiamo è l’ipotetico movente che ha spinto Higgins ad uccidere Quinn ma non abbiamo nessuna prova a supporto di ciò.» disse lei mentre faceva rigirare lentamente a destra e sinistra la poltrona nera del suo capo.
«Esattamente e non possiamo nemmeno collegarlo direttamente allo Strangolatore.»
La stanza rimase nel silenzio per qualche istante, ripensando a tutta quella storia, poi Mike sospirò e si alzò dal divano beige. «Bene.» disse in fine. «Non penso che si possano fare altri progressi per questa sera. Direi che possiamo andare a casa, che ne dici?»
Connie odiava andarsene a casa dopo aver passato le serate belle come quella, specialmente dopo le loro strane vicende ma stava diventando davvero tardi.
«Concordo. Domattina dobbiamo essere qui presto.» rispose riluttante.

Quella notte, Connie continuava a rigirarsi nel suo letto, guardando di tanto in tanto la radio-sveglia sul comodino.
Sospirò. “Le due.. Anche questa notte..”
Molti pensieri non le facevano chiudere occhio, come ad esempio le conclusioni su quei due casi così complicati ma anche su altre cose.
Per torturarla ancora un pò, la sua mente cominciò a pensare cosa provasse veramente per Mike, ricordandosi dell’abbraccio di lui, quando erano seduti sul divano del Dr. Trevor.
Sorrise lievemente al pensiero di essergli stata così vicina, del cuore di lui che batteva all’impazzata mentre fingeva una completa nonchalance, del calore del suo corpo che la portò lentamente perfino ad addormentarsi tra le sue braccia.
Scosse la testa e, girandosi sul lato, chiuse forzatamente gli occhi ma facendo questo, vide chiaramente il momento in cui lui le si avvicinò prima all’orecchio, poi voltarsi per darle quel dolce e leggero bacio sulla guancia per poi rivivere pienamente, come se stesse succedendo in quel momento, il bacio che lei diede a lui.
Senza accorgersi, si portò due dita sulle labbra, ricordandosi anche del modo in cui lui ricambiava.
Quello, per Connie, fu l’ultimo pensiero prima che si addormentasse con un dolce sorriso sul volto.

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Capitolo 33
*** Capitolo 33 ***


CAPITOLO 33

Un fastidioso rumore la svegliò di colpo.
Sospirò con il cuore a mille. “No, dai.. Non adesso..” pensò passandosi una mano sul volto.
Dopo che si prese qualche secondo per convincersi, si mise seduta in mezzo al letto.
Il suo cellulare continuava a suonare incessantemente.
Girò la testa e guardò il comodino. “Magari è Graham. Sarà meglio rispondere.” pensò allungando una mano.
«Pronto..?» rispose con voce assonnata, guardando verso la porta-finestra della sua camera da letto.
A giudicare dal lieve chiarore tendente al rosa del cielo, dovevano essere più o meno le cinque del mattino.
«Ciao, sono io.»
Sentendo la voce di Mike, si riprese dal sonno di colpo. «Mike! È successo qualcosa?» chiese preoccupata.
«No, tranquilla, è tutto a posto. Scusami per averti svegliata.» rispose sentendosi in colpa per non averla fata dormire un pò di più.
«No, no.. Non scusarti, ero già sveglia. Stavo andando a preparare la colazione.»
«Bugiarda.»
Sentendo la sua risposta, Connie se lo immaginò con un sorriso divertito.
«Okay, beccata.. Ora posso confessarti che io e il mio letto siamo segretamente innamorati, ma, evidentemente, tu non sei d’accordo con ciò. Ti piace questa versione?» scherzò, ritrovandosi poi a sorridere.
«Mhm.. Si, molto meglio.» rispose ridendo sommessamente.
«Sai, sei stranamente troppo allegro stamattina e di solito quando sei così è perchè ti frulla qualcosa in mente.» disse giusto poco prima di sbadigliare.
«Questa volta tu ha beccato me.. Ho avuto un’idea geniale che mi ha tenuto sveglio per tutta la notte e non appena ho visto l’orario, sono saltato giù dal letto e tu ho chiamata per riferirtela.» rispose ancora tutto allegro.
Lei rise. «Quale onore..» “È di ottimo umore oggi.. Beato lui..”
Connie si mise seduta a bordo del letto, con i piedi appoggiati sulla morbida moquette. «Spiegami questa tua ‘idea geniale’.»
«Posso provare con assoluta certezza che lo Strangolatore è effettivamente Carl Regan e che tutte le scarpe ritrovate nella sua proprietà non sono una montatura.» affermò, facendo una pausa per constatare quale fosse stata la reazione di Connie.
«Stupendo!» esclamò. «Come? Ora sono davvero curiosa.» disse ancora, contenta che almeno per una volta, la notte avesse portato consiglio.
«Devo avvertirti che qui c’è una fregatura.»
“Oh-oh..” pensò immediatamente ma poi sorrise. «Che problema c’è, in fondo in ogni cosa buona c’è sotto una fregatura, no?» rispose, volendo essere ottimista.
«Già, ma sfortunatamente il mio piano prevede che una buona parte dovrai recitarla tu e la fregatura sarà per te.» spiegò Mike, sapendo cosa avesse potuto pensare Connie se non l’avesse avvertita in tempo.
In fondo, avere le spalle coperte non guasta mai..
«D’accordo, mi prenderò la fregatura. Dimmi cosa devo fare e lo farò.» rispose incerta, conoscendo i colpi di testa di Mike.
«Mi spiace, il mio piano non prevede che tu lo sappia.»
Connie aggrottò la fronte. «Come sarebbe a dire?! Mi chiami tutto allegro, dicendo che hai un’idea geniale, mi fai venire la curiosità e poi non spieghi nulla?»
«Bhè, per farla breve, perchè funzioni ho bisogno della tua genuina sorpresa.» spiegò ancora. «Ah, prima che mi dimentichi.. Questa mattina non sarò in ufficio, devo sbrigare delle commissioni urgenti, quindi ho bisogno di sapere se accetti o meno.»
«Se parti così, non sono convinta che la tua idea geniale mi piaccia molto..»
«Sta a te, Connie. Facciamo così: se accetti, mi troverai al 27° Distretto alle undici in punto alle sale interrogatori.» rispose semplicemente. «Ti prometto che questa volta non ti svenderò.» continuò, poi fece un’accenno di pausa. «Non come l’altra volta, almeno..»
Connie non rispose subito.
Socchiuse gli occhi e sospirò, sentendosi per l’ennesima volta il mezzo con cui Mike poteva fare ogni cosa avesse voluto.
«Cosa vorresti dire con ciò?» chiese, volendo capire meglio.
«Il mio piano prevede la tua genuina sorpresa e l’uso della tua apparenza.» rispose lui alla veloce, senza mezzi termini.
«Vorresti usare la mia profonda conoscenza del Pilates o la mia dote nella corsa?» chiese con tono leggermente alterato.
Mike potè percepire chiaramente che non prese molto bene la sua proposta. «Connie, se il mio piano funziona, e so per certo che funzionerà, faremo l’arresto più grosso delle nostre carriere.. Ed il merito sarà tutto tuo.» disse lui cercando di convincerla. «E sono sicuro che andrà tutto alla grande. Tu ti fidi di me e del mio giudizio, giusto?» chiese poi, ma realizzò solo dopo quanto pesassero le sue parole. «Okay, scusami. Non pensare all’ultima frase, è stata un pò esagerata..»
«No, hai perfettamente ragione e si, io mi fido di te e del tuo giudizio.»
Ma Connie non riuscì ad immaginare quale potesse essere il piano. «Lo sappiamo entrambi che lo farò.» rispose in fine. «Però, una volta fatto, mi dovrai come minimo una grossa tazza di cioccolata calda con triplo marshmallow abbrustolito.. Nel caso dovessi farti perdonare qualcosa..»
Lo sentì chiaramente ridere. «Okay, andata.» rispose accettando. “Coraggiosa e bellissima Consuela Rubirosa.. Tu non sai quanto rendi quest’uomo felice.” pensò, rivivendo in un’istante i loro tre anni insieme con al seguito tutte le loro pazzie. «Grazie Connie, per fidarti ad occhi chiusi e per essere sempre con me.» disse ancora dolcemente.
«Ecco cosa mi merito per essere innamorata della tua cioccolata calda..» disse lei, immaginandosi ancora Mike sorridere. «Non ti serve nient’altro, capo?»
«Un’ultima cosa.» rispose lui con tono dolce. «Volevo solo dirti che ieri sera, nell’ufficio del Dr. Trevor.. Bhè.. È stata una cosa bellissima.»
Connie sorrise ripensando alla situazione in cui per caso si trovarono e ripensando anche alla voce di lui al suo orecchio.
«Dici il sonnellino?»
«Anche..» rispose gentilmente. «E non ricordo l’ultima volta in cui ho dormito così bene.»
Sorrise mentre si appoggio con un braccio sul materasso e facendo dondolare i piedi giù dal letto. «Già, neanch’io e sai una cosa? Questa notte è stata anche più piacevole, con un bel sogno a seguito.»
«Davvero? Dài, racconta.» disse interessato.
«Bhè.. Ho sognato di essere in mezzo alle montagne, in una tempesta di neve. Per caso ho notato una l’ingresso di una caverna. Appena entrata, l’ho subito trovata gelida e notali che lì, sul fondo, giaceva sdraiato un orso bruno che mi guardava con occhi docili e dolci. Io avevo freddo e sapevo che certamente quell’orso non mi avrebbe fatto nulla, perciò mi avvicinai e mi raggomitolai contro di lui, in cambio, lui mi avvolse con la sua zampa, facendomi sdraiare sotto la sua testa. Lo trovai deliziosamente caldo e comodo, tanto che ci addormentammo insieme..» raccontò lei sorridendo.
Dopo qualche istante di silenzio, Mike parlò. «..Molto divertente signorina Rubirosa..»

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Capitolo 34
*** Capitolo 34 ***


CAPITOLO 34

Nulla era più bello della luce dell’alba che rifletteva sulla coltre di neve candida caduta sui tetti della città di New York durante tutta la sera e la notte appena passata.
Mancavano ormai un paio di giorni a Natale ed ogni negozio della città era stracolmo di persone, a Central Park molti turisti passeggiavano o visitavano il monumento a John Lennon ed il vivaio, altri facevano un giro sulle carrozze mentre alcuni newyorkesi lasciavano mazzi di fiori, lettere e lumini nel punto in cui Clara McCallister, l’ultima vittima dello Strangolatore morì, nei pressi del laghetto, proprio sulla nuova pista da jogging.
In quella particolare mattina, Connie Rubirosa non fece minimamente caso a tutto ciò, perchè si stava precipitando al 27° Distretto, dove Mike la stava aspettando per poter finalmente avviare il piano per incastrare Carl Regan.
Era davvero curiosa di sapere cosa Mike avesse in mente di fare, in fondo, ogni interrogatorio con lui era una continua sorpresa.
Quando Connie arrivò, Mike, Lupo e Bernard si trovavano nella sala d’osservazione quattro.
Nessuno dei tre uomini sembrava allegro e Mike stava concludendo la sua frase, quando lei entrò.
«...Le eventuali conseguenze ci saranno per me, Detective Lupo, non per voi due. Io mi prenderò tutta la responsabilità quindi, non dovete preoccuparvi.» disse Mike incrociando le braccia. «..E per la cronaca, tutto questo è assolutamente necessario. Dovete solo fidarvi, perciò, non lamentatevi troppo.»
Connie guardò il suo capo.
Anche se non sapeva di cosa avessero parlato, gli lanciò comunque un’occhiata che diceva ‘sii gentile, Michael..’
«Procuratore, questo caso è nostro quanto vostro, quindi, se accettiamo di seguire il suo piano, la responsabilità è per forza anche nostra e sinceramente mi ritengo offeso che voi due abbiate detto che non riusciamo a mantenere l’obiettività necessaria e che abbiate fatto congetture così contorte su Teddy ed Higgins.» disse Bernard guardandolo fermamente.
Con quella frase, Connie capì che poco prima parlarono di tutta la teoria su Quinn, venuta fuori per caso nell’ufficio di Mike, giusto al sera prima.
«Esatto.» rispose Lupo. «Noi due vogliamo solo essere sicuri che non si denigri il buon nome di un poliziotto senza esserne sicuri al 100%.» disse ancora alzando di molto il tono di voce.
Quello era proprio il momento in cui Connie doveva calmare gli animi tra i tre uomini e una tazza di caffè era ciò che ci voleva per riuscirci. «Okay ragazzi, basta così! Riducete il testosterone al minimo, prendete un caffè e state zitti per un momento.» disse lei, intromettendosi alzando la voce più di loro.
Gli uomini si zittirono, la guardarono poi afferrarono tutti la propria tazza e ne presero un bel sorso.
«Certo che le mattine tirano fuori il peggio dalle persone.. È incredibile..» continuò pensando ad alta voce.
Loro la guardarono trattenendo un sorriso divertito, poi la ringraziarono di aver pensato al caffè.
«Sappi che questo..» disse alzando la tazza di carta. «..Non ci fermerà dal discutere con Cutter di questa questione.» disse ancora Bernard, guardandola.
«Esatto. Prima che tu arrivassi, ci ha riferito delle vostre congetture su Higgins e Teddy e ci ha anche spiegato nel dettaglio il suo piano e, sia io che Bernard sappiamo che sei d’accordo, perciò speriamo solo che vada tutto bene e che tu non te la prenda troppo.» aggiunse Lupo, sorseggiando il suo caffè.
Connie li guardò confusa, poi spostò lo sguardo nella sala interrogatori.
Seduto al tavolo d’acciaio v’era Carl Regan e un uomo in completo grigio chiaro che doveva essere l’avvocato mandato dal Legal-Aid.
«Come potete vedere, Procuratori, Regan è ammanettato sia alle mani che ai piedi, quindi non c’è alcun pericolo.» spiegò Bernard. «Dobbiamo essere molto cauti con le domande, prima di beccarci una bella denuncia per molestie. Il suo avvocato è un tipo abbastanza zelante, dato che ha già minacciato di querelarci per le “esagerate ed inutili misure precauzionali”..»
Mike sorrise divertito. «Quale avvocato del Legal-Aid non è un tipo zelante..?» scherzò. «Bene, possia..»
Il cellulare di Connie, improvvisamente squillò.
Lasciò andare un sospiro chiudendo gli occhi, scocciata. “Perchè suona sempre nel momento più sbagliato..?” pensò. «Scusate, devo rispondere.» disse dopo aver visto il nome sul display.
Avrebbe voluto ignorare la chiamata, ma in fondo, la sera prima aveva dimenticato di chiamare il suo uomo..
Appoggiò il cellulare all’orecchio e andò via.
Connie si accorse di quanto intensamente Mike la stesse fissando.
«Ciao Graham.» rispose non appena girò l’angolo, fuori dalla sala d’osservazione quattro.
«Amore mio, grandi notizie!» esclamò lui felice. «Ho prenotato i biglietti aerei per le Maldive! Solo io, te e una bellissima spiaggia bianca.»
“Oh, mio Dio.. perchè adesso..” pensò ancora sospirando e chiudendo gli occhi. «Santo cielo, Graham..» rispose con un leggero lamento. «Non ti avevo ancora dato una risposta definitiva, qui hanno ancora bisogno di me.» disse ancora, passandosi una mano nei capelli.
«Bhè, mancano un paio di giorni , riuscirai a sistemare tutte le tue cose e poi mi sei sembrata così entusiasta che non ho resistito un secondo di più.. A chi non piacerebbe un viaggio in prima classe e un residence a cinque stelle tutto spesato?»
Connie si appoggiò al muro, sempre con gli occhi chiusi. «Graham..»
«No, no, ascolta.» cominciò lui, ma Connie si mise a sbirciare dietro l’angolo.
Vide i tre uomini continuare quella conversazione di cui desiderava tornare a far parte, mentre il suo uomo continuava a spiegarle il piano del loro viaggio di due settimane.
«Allora? Che ne pensi?» chiese lui ad un certo punto, entusiasta.
«Non lo so.. Non ho mai detto si, ti ho detto che ti avrei fatto sapere e poi, come ti ho detto l’altra sera, non ho neanche mai immaginato di passare il Natale fuori da New York, senza neve, senza addobbi e senza profumi di dolci alla cannella o cose del genere.. Sembrerebbe una comune vacanza senza magia, una di quelle in cui si fa solo quando si ha voglia di scappare dalla città..» spiegò, leggermente alterata.
Connie adorava il Natale, ma adorava ancora di più festeggiarlo nella sua città..
«Dài, so che adorerai il clima tropicale e le tiepide serate passate sulla spiaggia al chiaro di luna.. O a letto con me..» disse lui, cercando di farle cambiare idea, ma invece, lei s’innervosì ancora di più.
Chiuse gli occhi e contò fino a cinque prima di rispondere. «Graham senti, questo non è un buon momento. Sono al 27° Distretto con Mike. Ti richiamo io.»
Dopo qualche secondo di silenzio, rispose. «D’accordo.» disse freddamente lui.
Non appena chiuse la chiamata, tornò velocemente dai tre uomini.
«Scusate.»
Mike l’osservò, gli sembrò turbata. «È tutto a posto?» chiese gentile.
«Nulla di cui preoccuparsi.» rispose con un sorriso di circostanza. «Dovrei essere io a chiedere se è tutto a posto tra voi tre.»
«Continuo a non essere sicuro sul nuovo interrogatorio di Regan.» disse Lupo guardando all’interno della sala interrogatori. «Il suo avvocato non gli farà aprire bocca, di sicuro, soprattutto quando vedrà il modo in cui Mike vorrebbe indurlo a rispondere..»
«Bhè, alla fine i difensori del Legal-Aid sono tutti uguali, non a caso il loro motto è ‘pochi, orgogliosi e mal pagati’.» rispose Connie, incrociando le braccia. «Allora perchè non provare il piano di Mike? Magari con un pò d’insistenza, potrebbe funzionare.»
I Detective si scambiarono un’occhiata confusa ed entrambi, a quel punto, seppero che Connie non sapeva proprio un bel niente del ‘piano geniale’ del suo capo, come lui lo definì.
«Già.. Perchè non provare..?» ripetè Bernard guardando Lupo con un lieve sorriso divertito.

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Capitolo 35
*** Capitolo 35 ***


CAPITOLO 35

I Detective Lupo e Bernard entrarono nella sala interrogatori quattro insieme ai Procuratori Cutter e Rubirosa.
«Era ora! Dov’eravate, a prendere un tè?! Ora lasciatemi andare, tutto questo è solo una buffonata, io sono innocente. Capito? INNOCENTE!» esclamò Regan furioso, appena li vide.
«Dài Carl, stai buono. Ci penso io.» sussurrò il suo avvocato.
Lupo lasciò la sua sedia a Connie mentre Mike preferì restare in piedi dietro di lei, appoggiato con le spalle e le braccia incrociate al petto al vetro specchiato.
«Posso già dirvi che il mio assistito non dirà nulla e rifiuta qualsiasi tipo di richieste.» affermò l’avvocato Shwimmer, guardando sia i Detective che i Procuratori.
«Buongiorno signor Regan.» disse Mike di punto in bianco, come se non avesse sentito una sola parola. «Io sono il Sostituto Procuratore Esecutivo Michael Cutter e lei è la mia collega, l’Assistente  Rubirosa.»
Regan guardò prima Mike poi si soffermò a squadrare Connie con una certa insistenza, senza aprire bocca.
«Avvocato Shwimmer, ho solo una domanda poi, in base a ciò che risponderà, potrà tornare tranquillamente a casa sua o tornare nel buco che chiamano cella ad Attica. Sta a lui decidere.» informò Mike. «Ovviamente, se non mentirà e risponderà senza omettere nulla e contraddirsi. Sappia solo che sarà messo in una condizione in cui sarà molto difficile mentire.»
L’avvocato Tim Shwimmer ci pensò un secondo poi guardò il suo assistito, facendogli un leggero cenno d’assenso.
«D’accordo ma lei dovrà mettere al corrente il Giudice della sua buona fede e della cooperazione.»
«Certamente.»
Nel frattempo, Connie fingeva assoluta nonchalance mentre dentro di sè era nervosa.
Aveva accettato a scatola chiusa uno dei piani folli di Mike..
Si prese un appunto mentale nel quale si disse che avrebbe cercato di non arrabbiarsi eccessivamente nel caso fosse stato qualcosa di strano.
Mike annuì guardando Regan negli occhi. «Signor Regan.» cominciò. «Come sa, la polizia ha sequestrato tutta la sua collezione di scarpe da donna e dove sapere che dopo il processo, saranno distrutte.»
«Questa non è una domanda, Procuratore Cutter.» puntualizzò l’avvocato Shwimmer.
«Sappia aspettare, avvocato. Sto arrivando al dunque.» rispose con un sorriso. «Io lo so cosa sta pensando. In questo momento vorrebbe mettere le mani su quelle scarpe.» fece poi un gesto verso Connie. «Allora perchè non mettere le mani su quelle dell’Assistente Rubirosa? È proprio qui, a portata di mano..»
Connie spalancò gli occhi e si girò immediatamente a guardarlo. «Cosa diavolo stai dicendo Michael?!» esclamò stupita.
«Cosa?» chiese anche l’avvocato Shwimmer, incredulo.
«Davvero?» chiese invece Regan con un gran sorriso, guardandola negli occhi.
Connie si sentì gli occhi del maniaco addosso, porprio come se stesse guardando una torta al cioccolato.
Si schiarì la voce. «Michael, possiamo scambiare una parola?» chiese guardandolo con occhi furiosi, alzandosi poi dalla sedia e andando verso di lui, al vetro specchiato. «Davvero Mike? Le mie scarpe? È questo il tuo piano geniale?! Ecco perchè non mi hai spiegato un’accidente!» disse sussurrando, sempre infastidita, anche se non avrebbe dovuto arrabbiarsi con lui, ma quello era davvero troppo.
Lo guardò dritto negli occhi. «Vuoi davvero fare il gioco di quel maniaco?!»
«Connie, vuoi arrestare un serial killer o no? Se starai al gioco, il merito dell’arresto sarà tuo.» sussurrò lui in risposta, assolutamente tranquillo.
Lei chiuse gli occhi sospirando, poi tornò a guardarlo. «Altro che cioccolata calda e triplo marshmallow, come minimo mi dovrai una statua d’oro massiccio con sotto una targa incisa con la frase ‘Santa Consuela Rubirosa, martire per la causa’.»
Mike sorrise divertito. «Dài, ti farò la cioccolata calda più buona in assoluto tutte le volte che vorrai, anche in piena estate.»
«Carl, è una cosa ridicola!» esclamò poi l’avvocato al suo assistito.
«Aspetta!» esclamò l’uomo, forzando le manette, poi guardò Connie con uno sguardo strano. «Signorina Rubirosa.»
Lei, sentendosi quello sguardo addosso e sentendosi chiamare da Regan in quel modo, le si accapponò la pelle.
Chiuse gli occhi per un secondo, poi si girò per guardarlo.
«Lei capisce.. Il mio bisogno è viscerale, non può estinguersi e ad Attica non ci sono molte donne..»
Sentendo quella frase, a Connie, oltre il profondo disgusto provò anche orrore al solo pensiero di cosa avesse fatto alle sue vittime.
Come un predatore, aspettò il momento buono per avvicinarle e ammazzarle per soddisfare il suo bisogno..
Vedere quello sguardo e sentire la sua voce, le venne solo l’istinto di correre via da lì e farsi solo una lunga, lunghissima doccia, ma soffocò quell’istinto tornando a sedersi davanti quell’uomo.
Riprese ad avere il suo solido, freddo e distaccato atteggiamento formale. «Ci dirà ciò che vogliamo sapere. Senza omettere nulla o mentire, signor Regan.» disse ripetendo la frase di Mike.
«Certo! Qualsiasi cosa!» affermò l’uomo eccitato, pur di avere l’oggetto del suo desiderio.
«No Carl. Stai..»
«Zitto Shwimmer! Se dici anche solo una parola ti licenzio, è chiaro?!» esclamò con tono freddo e minaccioso, tanto che fece paura sia a Connie che a Shwimmer ma lei lo guardava ancora fermamente.
Accavallò le gambe e si tolse la scarpa col tacco da dieci centimetri beige, stesso colore del tailleur.
La posò davanti agli occhi di Regan.
Forzò più volte le manette, eccitato come non lo era mai stato dopo un’astinenza così lunga e il suo avocato alzò le mani in segno di resa.
Connie l’avvicinò all’uomo, Regan la prese e  fu come se avesse raggiunto il Paradiso, la pace.
Lo videro analizzarla, accarezzarla delicatamente, come fosse stata di cristallo poi la portò al naso ed inspirò ad occhi chiusi, in estasi.
Nel frattempo, Mike andò vicino a Connie e si abbassò per dirle qualcosa all’orecchio. «Giuro che ti regalerò un nuovo paio di scarpe, se queste le vuoi buttare.»
«È ovvio che le butterò Michael.» rispose sempre al suo orecchio. «Sto per sentirmi male, la facciamo finita con questa recita?»
Mike si rimise dritto poi guardò Regan. «Tempo scaduto. Ora dacci ciò che ci spetta.» disse riprendendo la scarpa di Connie e restituendogliela.

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Capitolo 36
*** Capitolo 36 ***


CAPITOLO 36

Mike sorrise tirando fuori dalla tasca interna della giacca una fotografia di Quinn e la mostrò a Regan, posandogliela proprio sotto gli occhi.
«Ora cominciamo il vero interrogatorio. Conosce quest’uomo, signor Regan?» chiese Connie con tono freddo, anticipando il suo capo.
Infatti lui la guardò.
Di tanto in tanto, Regan cercava di sporgersi per dare ancora un’occhiata alle scarpe di Connie, facendo molta fatica a resistere alla tentazione si strapparsi le manette e prenderle lui stesso con la forza. «Si, certo. Lui è lo sbirro bastardo che mi ha trascinato in tutta questa storia. Lo so che è stato lui a denunciarmi ed è inutile che si nasconda dietro a quello stupido vetro!»
Lupo e Bernard guardarono Mike e Connie.
Era proprio ciò che volevano sentirsi dire.
Si guardarono ancora l’un l’altro poi, finalmente, i Detective iniziarono a credere alle teorie dei Procuratori su Quinn, Higgins e Regan.
«Si spieghi in modo che noi possiamo capire. Il più chiaramente possibile.» disse ancora Connie con lo stesso tono, volendo sentire di più.
Regan annuì deciso. «Certo, certo! Dunque..» cominciò incrociando le dita delle mani sopra il tavolo d’acciaio. «Se non sbaglio era un mercoledì. Dopo essere andato a fare una corsetta nel parco, guidai verso casa. Ricordo che era molto buio e nevicava parecchio. Mi fermai ad un semaforo e avrei dovuto fare attenzione alla strada, ma fui distratto dal mio nuovo ‘acquisto’. Non ho resistito fino a casa.. Le ho prese e toccate, accarezzate, annusate.. Oh.. Erano divine, irresistibili, proprio ciò di cui avevo un gran bisogno.. Hey, non guardatemi in quel modo, sono un essere umano, dopo tutto.. La carne è debole!»
«Ne dubito fortemente..» commentò Connie, prendendosi poi un’occhiata divertita da Lupo.
«Comunque..» continuò Regan. «In tutto quel miscuglio incredibile di sensazioni in cui mi ero perso, non mi sono reso conto che ho accelerato fino a oltre il limite consentito, forse ho preso anche un paio di semafori rossi..»
«E qui il Detective Quinn entrò in scena, giusto?» chiese Mike, appoggiandosi alla sedia sopra cui era seduta Connie.
«Esatto.» affermò l’uomo guardando Mike. «Ho sentito la sirena e ho visto nello specchietto il lampeggiante sul suo cruscotto. Ho accostato, quell’uomo scese dalla sua auto e quando si avvicinò al mio finestrino, sicuramente vide la scarpa da ginnastica bianca sulle mie gambe. L’ho buttata immediatamente sul sedile posteriore, ma sapevo che l’aveva notata. Fece finta di nulla e iniziò a farmi domande su domande e bla-bla-bla..» spiegò lui prendendo poi un lungo respiro, rilassandosi e cercando il modo di spiare ancora una volta le scarpe di Connie per poi continuare. «Dopo tutto quel chiacchiericcio, ha voluto la patente e il libretto dell’auto, poi andò verso la sua. Dallo specchietto ho potuto vedere che si sedette al posto di guida e fisava i miei documenti senza fare nulla. Credo che si fosse messo a pensare.»
A quel punto Connie si girò verso i tre uomini. «Così è giusta la teoria sulla cospirazione.» disse Connie sottovoce. «Non l’ha arrestato subito perchè ha visto la possibilità di guadagnare mezzo milione velocemente. Sicuramente la sua coscienza si sarà messa in mezzo, ad un certo punto.»
«Ma l’avidità l’avuta vinta sulla coscienza.» aggiunse Bernard, convinto da tutto ciò.
Nel frattempo, Regan li guardava confuso, poi guardò il suo avvocato, che fece spallucce.
«Hey, volete sentire il resto della storia o basta così?» chiese l’uomo, quasi spazientito.
Tornarono tutti a guardarlo.
«Grazie. Allora, pensai che quello sbirro bastardo stesse chiamando i rinforzi, ma quando tornò, mi restituì i documenti e mi lasciò andare con un avvertimento. Potreste mai crederci? È stato incredibile, l’avevo scampata alla grande!» esclamò quasi divertito. «I casi sono tre: o era stupido, o era completamente cieco.. O tutti e due..»
«Hey! Attento a quello che dici!» disse fermamente Lupo.
«Mi creda, signor Regan, lui sapeva perfettamente cosa stava facendo.» rispose Mike con un sorriso sicuro.
L’avvocato Shwimmer si lasciò andare contro la sedia, frustrato e sconfitto. Sospirò. «Okay, avete vinto.»
«Vuoi fare tu gli onori, Connie?» chiese Mike, facendo un gesto.
Lei e Lupo si alzarono dalla sedia.
«Signor Carl Regan, oggi, giovedì 23 dicembre alle ore undici e cinquanta, la dichiaro ufficialmente in arresto con l’accusa di omicidio plurimo di primo grado con l’aggravante dell’odio, ai danni di quattordici donne, sei delle quali qui a New York.»
Lupo e Bernard guardarono Mike e Connie con soddisfazione e gratitudine poi diedero l’ordine di riportarlo al cellulare del penitenziario in attesa del giorno del processo, in cui avrebbe confessato di nuovo tutto al Giudice.
Una volta fuori dalla sala interrogatori quattro, i Detective furono chiamati per un nuovo caso.
Connie e Mike rimasero nella sala d’osservazione quattro.
Lei lo guardò molto seriamente.
«Hey.»
«Si?» rispose lui ricambiando lo sguardo.
«La prossima volta che hai un’altra delle tue idee geniali, fammi un favore.» disse lei con tono leggermente alterato.
«Ne sarò felice.» rispose tranquillo, sorridendo e con le mani in tasca, sapendo che il fastidio che provava Connie sarebbe passato velocemente.
«Se mi sceglierai ancora come cavia per plagiare un Giurato o accondiscendere ad un feticcio di un sospettato, piuttosto vieni a casa mia la sera prima e sparami ad un ginocchio, ti prego.»
A quella frase, Mike non potè fare a meno di ridere. «D’accordo..» rispose lui mentre si avviavano nella sala principale della squadra Omicidi del 27° Distretto.

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Capitolo 37
*** Capitolo 37 ***


CAPITOLO 37

Più Connie ripensava a ciò che accadde in quella stanza, più diventava nervosa e arrabbiata, tanto che avrebbe voluto lasciare tutto e correre a casa a fare le valigie per poi partire col suo uomo per le Maldive e tutto questo per dimenticare la faccia di Mike per qualche giorno, giusto il tempo per far sbollire la faccenda.
Scosse lievemente la testa, non poteva ancora crederci.. Per la seconda volta l’aveva svenduta per arrivare al SUO scopo, divertendosi alle sue spalle, con Lupo e Bernard che sapevano tutto!
«Allora, cosa ne farai delle tue scarpe?» chiese di punto in bianco Mike, accortosi del suo umore pessimo.
«Non ti preoccupare, le brucerò più tardi. Non voglio rivederle mai più.» rispose secca.
Il Tenente Van Buren si trovava appena fuori la porta del suo ufficio, li stava aspettando.
«Procuratore Rubirosa, possiamo scambiare una parola?»
Lei la guardò poi rivolse uno sguardo strano a Mike.
«Se il Tenente ti chiama, deve essere una cosa importante..» le disse spronandola ad andare.
Non appena entrò nell’ufficio del Tenente, richiuse la porta alle sue spalle lasciando Mike fuori, vicino le scrivanie dei Detective.
«Prego, si accomodi.» disse gentilmente Anita Van Buren, mentre andava dietro la sua scrivania poi la guardò per un secondo con aria gentile. «Ieri sul tardi, il Procuratore Cutter mi chiamò dicendomi di avere un piano per far confessare il signor Regan facilmente, ma disse anche di essere a conoscenza del fatto che sicuramente se la sarebbe presa una volta portata a termine la messa in scena, perciò mi chiese di fargli un favore. Questa mattina presto ci trovammo in centro, nella zona pedonale e lì abbiamo trovato questo.» disse prendendo una in mano una scatola rettangolare marrone da sotto la scrivania per poi porgerla a Connie.
L’accettò, la guardò poi l’aprì, trovando all’interno un paio di bellissime scarpe con tacco da dieci centimetri beige tipo scamosciate, esattamente come quelle che indossava in quel momento, proprio come piacevano a lei.
Aprì le labbra ma non riuscì a dire nulla, potè solo guardarle stupita dalla bellezza e dalla perfetta manifattura.
Il Tenente Van Buren sorrise. «Coraggio signorina Rubirosa, le provi.» incoraggiò. «Secondo il signor Cutter, sono proprio della sua misura.»
Connie ne prese una in mano, osservandola fin nel più piccolo dettaglio, notando anche l’etichetta sul fondo della scatola. «Ma queste sono italiane! Saranno costate una fortuna!»
Anita annuì. «Posso dire che il signor Cutter non ha badato a spese e che sia il piano che il suo regalo sono il famoso ‘coniglio nel cilindro-nel cilindro’.. Testuali parole.»
Connie guardò il Tenente, poi di nuovo le scarpe. «Io non posso.. Non so cosa dire..»
«Dimmi solo che mi perdoni.» disse d’un tratto Mike, entrando nell’ufficio.
Il Tenente sorrise dolcemente sentendo la sua affermazione e per il tono della sua voce.
«Bene. Se volete scusarmi, vado a supervisionare il trasferimento del nostro serial killer.»
Dopo che se ne andò, Mike rimase lì in piedi accanto a lei, senza dire una parola.
Connie voltò lo sguardo verso di lui, pensando a quanto fosse stato sicuro di sè davanti a Regan ma quanto fosse esitante in quel momento davanti a lei.
Vedendolo sorridere imbarazzato con le mani in tasca, le venne la tentazione di perdonarlo.
Sfortunatamente per lui, ebbe solo la tentazione..
Tornò a guardare le scarpe nuove sulle sue gambe, quindi si tolse quella dal piede destro e provò quella che era nella sua mano.
“È perfetta..” pensò, poi tolse anche l’altra ed indossò quella nuova.
«Potevi avvertire che il tuo piano prevedeva l’uso delle mie scarpe.. Avrei messo quelle brutte..» disse guardandolo leggermente accigliata ma con tono normale.
«Avrei potuto, ma avresti detto di no.. E poi avresti mandato a monte tutto.» disse divertito. «E la parte più importante era proprio la tua reazione spontanea d’indignazione.»
«Siamo stati in grado di chiudere il caso, ma l’immagine di Regan che palpa la mia scarpa in quel modo, è come.. Ah.. Dio, vorrei lavarmi gli occhi con la candeggina..» rispose facendo fatica a non pensare a quell’uomo con disgusto.
«Comunque prima ti ho promesso delle scarpe nuove.. Ed eccole qui..» disse Mike facendo cenno alla scatola sulle gambe di Connie. «Gentilmente offerte da me.. O dall’Ufficio del Procuratore Distrettuale, scegli tu.»
Lei tornò a guardare in basso e le trovò assolutamente perfette. «Okay, accetto il TUO regalo. Sono bellissime e molto comode per ora.» rispose lei ma il suo sguardo era ancora un pò accusatorio. «Ma ciò non toglie ancora che non ti scuso.»
Mike aprì la bocca per ribattere, ma si fermò capendo cosa volesse Connie in realtà da lui.
Sospirò guardando a terra. «E va bene. Perdonami Connie. È stata una cosa stupida tenerti all’oscuro di tutto.» ammise sinceramente. «..Però devi ammettere che ha funzionato bene..» disse ancora, guardandola divertito di sottecchi, senza alzare la testa ma solo gli occhi.
Connie si alzò in piedi, determinata a restare sul piano professionale.
«D’accordo.» rispose forse un pò freddamente.
«No, no, dico davvero e non mi sto scusando solo per questa volta. Intendo farlo anche per tutte le altre volte che ho sbagliato con te, dicendo e facendo cose che ti hanno ferita, senza pensare alle conseguenze.» disse ancora mostrandosi sinceramente pentito.
«Finalmente.. Pensavo che non avresti mai detto cose del genere.»
«Ho imparato la lezione, davvero.» ammise. «Devi sapere che vorrei che le cose funzionassero bene tra noi, ma non riesco a capire come fare.»
“Mike..” pensò, non essendo pronta a tutta quella trasparenza.
Connie lo guardò dritto negli occhi, provando tutto un miscuglio di emozioni.
Davvero non era pronta a tutto ciò.
«Okay. Senti Mike, devo dirti una cosa importante.»
Mike si portò indietro il ciuffo, prima di annuire. «Okay.»
«Sto per tornare in ufficio a modificare la lavagna dei nomi dei volontari, poi tornerò a casa per fare le valigie.»
Lui la guardò, sapendo che prima o poi avrebbe dovuto fare i conti con quel fatto. «Ho capito.. La storia delle Maldive con Graham, giusto?»
Lei annuì.
Mike forzò un sorriso. «Bene.. Allora passa un buon Natale e un buon Capodanno, Connie Rubirosa. Divertiti, prendi un pò di sole e fatti un tuffo anche per me, poi quando tornerai mi racconterai qualcosa di quel posto bellissimo.»
Per un secondo, negli occhi di lei passò della tristezza, pensando che Mike si meritasse una vacanza del genere, non lei.
«Buon Natale e buon Capodanno anche a te, Michael Cutter.»

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Capitolo 38
*** Capitolo 38 ***


CAPITOLO 38

Finalmente arrivò la notte della Vigilia di Natale.
Per tutto il giorno prima fino a quel momento, Mike si tenne forzatamente molto impegnato, fino al punto di non si accorgersi dello scorrere del tempo e della fame.
Gli Assistenti e i Procuratori volontari staccarono il turno e andarono a casa dalle loro famiglie da ormai qualche ora mentre lui, come molte notti durante il resto dell’anno, restò lì nel suo ufficio, pensando solo che probabilmente avrebbe passato la notte sul suo divano beige, in fondo a casa non c’era nessuno ad aspettarlo.
Sospirò stropicciandosi gli occhi poi, casualmente gli capitò di guardare verso l’ufficio vuoto di Connie.
Lei partì la notte del giorno in cui incastrarono Regan e sarebbe rimasta su un’isola delle Maldive per un paio di settimane col suo uomo.
Sospirò di nuovo e abbassò lo sguardo per riprendere a leggeri i fascicoli dei casi arretrati appoggiati sul piano della scrivania.
“Alle Maldive col suo uomo..” pensò di nuovo, non riuscendo a concentrarsi sul suo lavoro. “Chissà, magari quel Graham ha deciso di sposarla. In fondo qualunque uomo vorrebbe passare tutta la vita con lei.. Di solito non si organizza un viaggio del genere con la fidanzata di un mese, se non è una cosa seria.” pensò ancora, frustrato, forse un pò depresso.
Sorrise amaramente. “Maledetto destino, ho giocato le uniche carte che avevo ed ho fallito miseramente.. Magari l’ho fatto quando era già troppo tardi, quando aveva già scelto di stare definitivamente Graham Magnusson.”
Buttò sulla scrivania la penna e fece reclinare la poltrona all’indietro, mettendosi le mani incrociate dietro la nuca e i piedi appoggiati all’angolo del tavolo. “Ah.. Ma a che penso.. La realtà è che non ho mai avuto neanche mezza chance con lei, neppure se avessi fatto prima le mie mosse.”
Quel pomeriggio, gli arrivò finalmente il referto balistico sulla pistola ritrovata nell’appartamento di Leonard ‘Lenny’ Higgins dopo la perquisizione ordinata direttamente da Jack McCoy e, per sua grande felicità, risultava compatibile con le striature del proiettile ritrovato conficcato nel poggiatesta dal lato passeggero dell’auto di servizio di Quinn, dopo avergli attraversato il cranio, quindi potè finalmente e con grande soddisfazione, spiccare il mandato d’arresto per quell’uomo, pensando che alla fine, fosse davvero un buon Natale.
Si alzò dalla sua poltrona di pelle nera e si mise a guardare fuori dalla finestra la neve cadere copiosa sulla città.
Sapeva fin troppo bene che dopo quei giorni, New York sarebbe tornata ad essere la stessa città di sempre, un luogo in cui correre a destra e a sinistra senza tregua, senza più alcuna magia, senza luci colorate, senza profumi di dolci e che l’unica cosa che sarebbe rimasta fosse solo l’illusione di aver vissuto qualcosa di bello, quella che Connie definiva spesso la Magia del Natale.
Sospirò. “Ho bisogno urgentemente di una cioccolata per tirarmi su di morale..” pensò avviandosi verso la sala ristoro.
Passò davanti lo schedario e si fermò un attimo davanti al piccolo abetino decorato da lui in persona.
«Ciao piccoletto. Sei davvero bello, sai?» disse guardandolo come farebbe un bimbo. «Da questo momento in poi, devi brillare in tutta la tua bellezza.» disse ancora sorridendo.
Si accorse che la stellina che aveva posizionato in cima era caduta dietro di lui, sopra una pila di fascicoli riposti malamente da qualcuno.
La prese e la riposizionò con molta cura. «Riesci a sentire la pace? Non c’è proprio nessuno in ufficio. Quest’anno passeremo insieme le feste, contento? Io moltissimo.» continuò prendendolo con sè e portandolo nel suo ufficio, appoggiandolo poi sul davanzale. «Tranquillo, torno subito, non ti abbandono.» concluse uscendo per andare a prepararsi una bella tazza di cioccolata calda.
Mentre stava arrostendo un marshmallow, sentì un rumore strano proveniente dal suo ufficio.
Lasciò la tazza sul bancone e tornò velocemente nel suo studio.
Quando arrivò sulla porta, spalancò gli occhi.
«Connie.. Che ci fai qui..?» sussurrò incredulo.

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Capitolo 39
*** Capitolo 39 ***


CAPITOLO 39

Vederlo con quell’espressione sul volto la rese molto felice.
«Ciao, Michael Cutter.» rispose facendo muovere la poltrona del suo capo a destra e a sinistra lentamente. «Speravo che non fossi qui, ma in fondo dovevo immaginarlo..»
Lui venne avanti. «Dove vuoi che vada? A parte te, il resto del mondo sembra evitarmi..» rispose sempre sussurrando. «E dato che ero convinto che fossi partita, ho deciso di restare qui.»
Il suo cuore prese a battere forte mentre camminava lentamente verso la scrivania.
Connie voltò lo sguardo verso l’alberello. «Allora non lo hai lasciato solo.» disse facendo un cenno.
«Oh bhè, si potrebbe dire benissimo che lui non ha lasciato solo me.»
«Eri a farti una cioccolata pensando a me?»
«Eh già..»
«Bhè, in questo caso posso ricordarti che mi devi un’enorme tazza di cioccolata con triplo marshmallow e una statua d’oro massiccio con targa incisa?»
Mike rise nel ricordo delle sue parole sussurrate all’orecchio, nella sala interrogatori.
Si guardarono negli occhi, accorgendosi poi che solo un angolo della scrivania li separava.
«Pensavo fossi stesa su una spiaggia bianca tropicale alla faccia mia..» disse mettendosi le mani nelle tasche dei jeans blu scuro.
«Non ce l’ho fatta a partire.» rispose guardandosi le dita incrociate sulle gambe.
«Posso chiederti il motivo?» chiese sedendosi sull’angolo dello schedario, sotto il davanzale, vicino all’abetino e a lei.
Sospirò. «In realtà, quando l’altro ieri sono tornata a casa a fare le valigie, mi sono messa a pensare e pensare e pensare. Avevo in mente un’infinità di cose tutte diverse tra loro e alla fine si riassunse tutto in uno strano senso di colpa. Pensai che non potevo assolutamente lasciarti qui a passare le feste da solo, sicuramente in ufficio.»
«Quindi, hai passato un giorno intero da sola a casa? Avresti potuto chiamarmi, sarei venuto a farti compagnia.»
«Non potevo chiederti questo, volevo che pensassi che fosse tutto a posto.» rispose guardandolo negli occhi.
«E il tuo Graham? Gli hai rifilato una buona scusa per disdire il viaggio?» chiese non sapendo se fare quella domanda fosse stato opportuno o no.
Alzò le spalle. «Bhè, in tutta franchezza, non credo che uno degli uomini più ricchi di New York e bello come un dio nordico, abbia problemi a trovare una donna disposta a passare le feste in un resort a cinque stelle, tutto spesato.. Alle Maldive..»
«Aspetta, vuoi dire che lo hai lasciato?!» esclamò sorpreso.
«Esattamente. Un’altro uomo ha tanto bisogno di me in questo momento.»
Mike chiuse gli occhi e rise sommessamente, dolcemente. «Sai, sono felice che tu non sia partita, Connie.»
La guardò leccarsi e poi mordersi il labbro inferiore, alzarsi dalla poltrona e prendere un pacchetto cilindrico dalla scrivania dietro di sè.
«Allora caro il mio Mike, passiamo alle cose davvero importanti. Dato che non sono concessi i Santa Claus segreti alla Procura Distrettuale di Manhattan, mi sono chiesta cosa avrebbe fatto in questo caso Michael Cutter, realizzando poi che andare contro le regole imposte dal tirannico Jack McCoy, in fondo, non era una brutta idea.» spiegò lei porgendogli il pacchetto. «E dato che sono qui e ti sto consegnando direttamente questo, direi che non è più un segreto l’identità del tuo Babbo.. Avevo progettato di lasciarlo qui sulla scrivania, ma dato che ho rovinato l’effetto sorpresa, posso dartelo nel giusto modo.» spiegò, facendogli poi un occhiolino.
Lui guardò il pacco, poi tornò sui suoi occhi con il cuore a mille. «Per me? Davvero?»
Lei annuì e si avvicinò un altro pò.
Sorrise. «Devi scusarmi Connie, io non ti ho preso nulla. Se avessi saputo..» «Non preoccuparti, mi hai già fatto un regalo, va bene così.» disse dolcemente.
Lui la guardò incapace di dire una sola parola.
Lei ricambiò lo sguardo con un sorriso dei suoi.
«Oh.. È vero.. Gli elfi lavorano in un modo alquanto misterioso, non trovi?» scherzò lui, con una mano in tasca mentre con l’altra teneva il pacchetto che gli diede poco prima Connie.
«Allora grazie misterioso elfo, quelle scarpe sono davvero perfette, molto comode e se non fossero state della giusta misura, piuttosto avrei cambiato i piedi.» disse sorridendo ancora poi indicò il regalo tra le mani di Mike. «Dài aprilo, voglio vedere che faccia fai.» disse incoraggiandolo.
Lui iniziò subito a scartarlo con molta cura, poi srotolò ciò che trovò all’interno.
Rimase a bossa aperta.
«Connie.. Come..?!»
«Hai detto che sin da bambino ti sarebbe piaciuto averlo e alla fine, eccolo qui.» rispose allegra.
Mike si mise a ridere per la felicità.
Finalmente il poster di Babe Ruth era nelle sue mani ed era proprio quello che vide quella sera al centro commerciale, quello che desiderava con tutto sè stesso.
La guardò negli occhi.
«Sai, Mike, hai proprio ragione.. Gli elfi lavorano in un modo alquanto misterioso..» ripetè lei, facendo spallucce con un sorriso compiaciuto.
«Io non so proprio che dire, mi hai reso un’uomo felice.»
«Allora lascia che parli io per te. Ricordi? Quando eravamo al Distretto, hai detto che volevi che le cose tra noi funzionassero bene, ma non sapevi come fare, giusto?»
Mike annuì.
«Okay.. Ci ho pensato parecchio e ora posso dirti come poter fare.» gli disse gentile. «Per esempio, dato che manca meno di un minuto a mezzanotte, potresti cominciare con l’augurarmi buon Natale come si deve e questa volta, ho portato con me il rametto di vischio.» disse con nonchalance, indicandolo. «Anche se non ci siamo sotto, dovrebbe valere lo stesso, non credi?»
Mike lo guardò. Era incastrato in uno dei piccoli festoni del loro abetino.
Sorrise. «Con molto piacere, signorina Rubirosa.» sussurrò avvicinandosi.
Le braccia di Mike si avvolsero attorno ai fianchi di lei, poi, facendole cambiare posizione, la spinse gentilmente verso la porta di servizio chiusa, quindi la fece appoggiare con le spalle.
In meno di un’istante, le sue labbra trovarono quelle di lei, i loro cuori battevano all’unisono.
Fu un bacio amorevole, gentile, dolce, ma anche passionale, di fuoco.
Entrambi sentirono il desiderio di vivere a pieno quell’istante bruciare intensamente dentro di loro.
Connie fu felice di trovarsi di nuovo tra le sue braccia e fu dannatamente difficile concludere quel momento.
«Ieri ho avuto un’illuminazione mentre ero a casa da sola, infatti poi sono uscita a comprarti il regalo.» gli rivelò.
«Davvero?» chiese guardandola negli occhi. «Che tipo di rivelazione?»
Sorrise mentre gli accarezzava una guancia. «Sono stata una stupida. Ero così occupata e concentrata a cercare l’affetto, l’amore e la felicità in un perfetto sconosciuto mentre ciò che realmente desideravo è sempre stato proprio davanti ai miei occhi per tutto il tempo.»
L’intero mondo di Mike Cutter s’illuminò all’improvviso.
Si mise a ridere felice. «Allora esiste davvero la Magia del Natale..» disse baciandola di nuovo.
«Vedi? Alla fine anche tu, come il signor Scrooge, hai cambiato idea su questa festa e ne sono davvero felice. Buon Natale, Michael Cutter.»
Lui sorrise. «Per la prima volta lo sarà davvero, signorina Rubirosa.»


Siamo giunti alla fine di questa lungherrima FF xD
È la prima volta che scrivo una storia a sfondo mistery / romantica e spero tanto che vi sia piaciuta! =D
Che altro posso dire.. GRAZIE A TUTTI PER PER AVER TROVATO IL TEMPO DI LEGGERLA FINO IN FONDO!
Il solo sapere che avete dedicato il vostro tempo libero alla lettura delle mie storie mi rende felice, perchè potrei aver contribuito a farvi staccare un pò la mente da tutti vari problemi, dal lavoro, dallo studio, dalle mille cose da fare.. Grazie davvero.
Alla Prossima FF! :3
Un Grande, Grande, Grande, Gigante, Enorme Abbraccio A Tutti,
°Yurha°

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