Le vacanze del mago

di Zelgadis91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un Mapo Dofu divino ***
Capitolo 2: *** Colazione irrequieta ***
Capitolo 3: *** A spasso per il borgo ***
Capitolo 4: *** Il magico tocco dei... golem ***
Capitolo 5: *** Cortesie per gli ospiti ***
Capitolo 6: *** Magical Mean Girls ***
Capitolo 7: *** 50 sfumature di... Blu ***
Capitolo 8: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Un Mapo Dofu divino ***


Prefazione

Si dice che le cose accadano per un motivo, o una ragione, ma la verità è che nulla è lasciato al caso. Dio non ha tempo per giocare a dadi con l’universo, credete a me che la conosco! Quando gioca con le vite degli esseri viventi è molto più meticolosa, pignola, quasi snervante da vedere mentre intreccia destini, ricama storie ed incontri che di fortuito non hanno davvero niente.
“Allora! Hai deciso dove andare in vacanza quest’anno?”
“Uhm… No, non ancora. Guarderò su qualche sito se trovo delle offerte last-minute”
“Non capisco perché ti ostini a gestire queste cose da umano. Potresti schioccare le dita e catapultarti ovunque tu voglia”
“Bevi il tuo Cosmopolitan e lasciami stare”
“È questo il modo di parlare al tuo Dio?” sogghignò dando un’ultima golata al suo cocktail “Avrei dovuto sabotare la tua nascita!”
“E poi con chi avresti passato i pomeriggi mezza sbronza bevendo cocktails a bordo piscina?”
“Touchè”
Il frinire delle cicale stava via via crescendo mentre il sole avanzava il suo cammino verso l’orizzonte. Per tutto il quartiere, famiglie più o meno numerose si accingevano a sedersi a tavole imbandite per condividere il lauto pasto. Gli schiamazzi di bambini riluttanti a mangiare qualche verdura di lì a poco si sarebbe aggiunto al mesto canto della natura e, insieme, trasportati dal vento, avrebbero interrotto la quiete di due insoliti individui ancora stesi su dei consunti lettini a bordo piscina.
“Ti va se ordiniamo cinese? Non ho voglia di cucinare” disse il ragazzo, sollevando appena l’enorme cappello di paglia a tesa larga.
“Mi avevi promesso la carbonara!” esclamò la donna scattando in piedi. Una folta chioma di capelli biondi sgusciò fuori dal suo cappello fino a lambirle le caviglie. Da dietro gli occhiali da sole della compagna di penniche, il giovane avvertì uno sguardo carico di astio.
“Dai Didi, abbi pietà di me! Questa mattina ho lavorato e rosolarci sotto il sole pomeridiano mi ha messo addosso una voglia di dolce far niente che… dovresti capire, non facendo una mazza tutto il giorno”
“Ripeto e sottoscrivo, dovevo sabotare la tua nascita. Perché non mi sia venuto un crampo alle mani quel giorno davvero non me lo spiego” farfugliò prendendo l’asciugamano e avviandosi verso l’interno della casa.
“Perché le cose succedono per un motivo, no? Non sei tu che vai prodigando questo credo?”
Si stiracchiò le braccia e molto lentamente, il ragazzo si issò dal suo lettino per seguire l’amica all’interno. Didi, alias Dio, si era già cambiata per la cena e indossava un sensuale vestito rosso cremisi finemente decorato con scritte cinesi e draghi dorati. Ancora intenta a intrecciarsi i capelli, aggiunse:
“Dai, cambiati, conosco un ristorante a Nanchong dove fanno un ottimo Mapo Dofu”
“Tu sì che sai come corteggiare una signora!” scimmiottò il ragazzo, ammirando il suo riflesso davanti ad uno specchio del salotto.
Il tempo di uno schiocco di dita (letteralmente) e il ragazzo si ritrovò un paio di pantaloni di lino beige e una camicia alla coreana color pervinca sbottonata al collo.
“Non potresti essere più gay con quella camicia”
“Non mi sfidare gioia”
“Come vuoi!”
Didi tese la mano verso il ragazzo e, in men che non si dica, si ritrovarono in un vicolo cieco tra le strade della cittadina del Sichuan.
“Sai, a proposito delle tue vacanze estive, mi è appena venuta in mente un’idea fantastica!” proferì giuliva la dea passeggiando con nonchalance per le strade come se non avesse fatto altro nella vita.
“Sarebbe?”
“Mi è venuta in mente una bellissima cittadina del regno d’Ungheria del XXII secolo. Se non ricordo male si chiamava Mészàrad e sorgeva lungo le rive del fiume Koros, a sud-est dell’attuale confine ungherese…” prese a descrivere la dea entrando in un piccolo locale dall’insegna un po’ malconcia. Dopo aver preso posto e ordinato per entrambi riprese il suo racconto “Credo che oggi giorno non rimanga quasi più niente di quel piccolo borgo ma ai tempi era conosciuto per l’avvenenza dei cavalieri che presidiavano quel posto. Le dame delle corti circostanti facevano a gara per conquistare il cuore anche solo di uno di loro o giacere per una notte e se pensi che si trattavano di persone di ceto inferiore… immagina che bonazzi!”
“Senza pudore! E pensare che il mondo che conosciamo è uscito dalle tue mani… Chissà cosa potrebbero pensare gli esseri umani se ti sentissero parlare in questo modo!” la rimbeccò il ragazzo aprendosi un tovagliolo sulle gambe.
“Ah! Non puoi farmi la morale! Non a me almeno… e soprattutto senza sapere cosa offriva quel banchetto luculliano di vero manzo ungherese! Dai retta a me, vecchia bidona del mio cuore, fatti un bel tour estivo e mi ringrazierai fino al giorno della tua morte che, tra l’altro, hai visto che ho aggiornato la data? Ti ho mandato una mail!” esclamò mentre un piatto fumante di Mapo Dofu le veniva servito ancora fumante.
“Si… ho visto! Ho particolarmente apprezzato la scelta di parole dell’oggetto della mail: Schiatta-day. Hai la sensibilità di un pachiderma a Murano guarda…”
“Ehhh come sei permalosa! Dai mangia che si fredda!”
Sulla via del ritorno, il ragazzo continuò a pensare al suggerimento presentatogli dalla sua amica. Non era il tipo da crociere a tema o orge mistiche a Mykonos tra un Cuba libre e una pista di coca. Anzi… tutto il contrario! Il suo ideale di vacanza rilassante era la visita a qualche spelonca sperduta in capo al mondo, una cena in un magico ristorante nella fossa delle Marianne e, perché no, la lettura sotto le coperte di tomi ammuffiti e polverosi sull’uso della magia in Mesopotamia o su come aiutare i cavallucci marini nella riproduzione.
“Forse… potrei. Solo per un paio di settimane…e quando cercheranno di mettermi al rogo potrei tornarmene a casa!”
Si dice che le cose accadano per un motivo, o una ragione, ma la verità è che con furbizia ed eleganza colei che tutto ha creato trova sempre il modo di far seguire alle cose il corso prestabilito. E anche coloro che si credono al di sopra delle parti si ritrovano presto o tardi a capire di essere sempre stati sotto scacco di un’unica vera regina.
È risaputo che il momento migliore per un affrontare un viaggio spazio-temporale è il cuore della notte. Gli astri d’argento che rischiarano la notte offrono una guida a colui, o colei, che sta per accingersi a castare questo arduo incantesimo.
Dopo un rapido controllo dei bagagli, il giovane mago si portò al centro di una radura nascosta da alcuni alberi vicino al paese che gli aveva dato i natali. La notte avrebbe celato i suoi segreti e, qualora qualcuno avesse visto un po’ più del dovuto, la nomea dei suoi concittadini di alzare spesso e volentieri il gomito avrebbe giocato in suo favore.
Kos narakis vel nion Otheris.
Cancelli dello spazio e del tempo,
apritevi al mio commando.
Madre del Creato, illumina il cammino
fino al luogo e al tempo del mio destino.
Kronos und Kairos ni kestis gabadzulani!

Una sfera più scura della notte fuoriuscì dalle mani del mago, galleggiando fin sopra al suo capo e lasciandosi dietro un flebile sfarfallio. Avvenne in una frazione di secondo, la sfera si espanse e inglobò il mago e il suo carico per poi sparire così com’era comparsa.
Il sordo silenzio che permeava l’aria fu interrotta dal volo di un gufo reale che, scendendo in picchiata vicino al luogo della sparizione, ghermì uno sparuto topolino. Appollaiato su un ramo non troppo distante, il principe della notte si gustò la sua vittima con occhi freddi guardando di tanto in tanto la luna alta nel cielo.

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Capitolo 2
*** Colazione irrequieta ***


Anno 1153
 
Una prospera distesa di campi di grano e avena si stagliava alla base di un’altura da cui, sotto i raggi della luna, era possibile vedere in tutta la loro magnificenza le mura del borgo di Mészàrad. Anche in lontananza si sentivano gli schiamazzi provenienti dalla cittadella; la taverna era più affollata del solito e una grande festa per l’apertura della caccia e della raccolta delle messi era in atto tra gli abitanti.
Lungo le rive del fiume Koros, un esile figura passeggiava guardandosi intorno in cerca di un posto ideale per accamparsi. Dopo alcuni chilometri, adocchiò una radura perfetta al suo scopo: da un lato le acque ancora incontaminate del fiume e da un altro massicci alberi da legna costituivano un valido confine naturale. Abbandonate le valige sul sentiero che costeggiava l’ultimo lato, il mago si portò al centro della radura e schioccando le dita evocò un cerchio magico intorno ai suoi piedi. I suoi occhi, di un cangiante blu elettrico, si illuminarono completamente di un azzurro quasi accecante mentre dalla terra intorno ai suoi piedi emergevano quelle che avevano tutta l’aria di essere delle mura. Con un secondo schiocco di dita, la nuova casa del mago venne circoscritta da una bassa staccionata di legno bianco che comprendeva, ovviamente, una piscina e un’area relax.
“Dovrebbero darmi una laurea ad honorem in architettura per questo capolavoro! Top! Adoro!” sghignazzò compiaciuto dal suo operato mentre i suoi bagagli, animati da una forza invisibile, iniziarono ad avviarsi verso l’ingresso.
La vista di una villetta bifamiliare in pietra nel regno d’Ungheria del XII secolo avrebbe sicuramente fatto discutere nei giorni a venire, tuttavia nella mente del suo costruttore solo due pensieri erano chiari e distinti: vacanze e manzi in armatura. Un altro paio di schiocchi di dita si susseguirono a breve dall’interno dell’abitazione che venne invasa da un arredamento rustico ma allo stesso tempo ricercato.
“Sarà meglio andare a letto ora… Prevedo grane per domani!”
            I primi raggi del sole iniziarono a rischiarare le vallate e a disegnare caleidoscopici riflessi sulle acque del fiume Koros mentre i contadini, dai volti assonati e le terga ancora sopite, si avviarono lungo le strade per raggiungere i campi. Non ci volle molto perché alcuni di loro avvistassero l’insolita costruzione poco più a nord. Un gruppetto di uomini si fece coraggio e si avvicinò con fare circospetto alla magione del mago. Batterono con circospezione l’intero perimetro della casa, commentando con fare sorpreso l’esterno che apparì a dir poco strano. La conferma che la casa appartenesse ad una fattucchiera, o un figlio del Demonio, si presentò quando, cercando di valicare la staccionata si ritrovarono catapultati con forza verso la strada. Dopo un rapido sguardo d’intesa corsero a rotta di collo verso la cittadella per avvertire prima possibile sua Signoria il Conte Alexander Imre Fenec II della dinastia dei Dohnányi, il quale stava ancora placidamente dormendo tra le lenzuola pregiate dopo una notte di bagordi con la moglie. Tra le mura del castello tutti sapevano che il Conte e la Contessa, Ròsa Orsolya, in occasione di feste e celebrazioni si sfidavano a gare di bevute… vinte ogni volta dalla contessa.
Nel frattempo, a casa del mago, invisibili forze “demoniache” iniziarono ad agire e a preparare una lauta colazione alla principessa di zaffiro che di lì a breve si sarebbe svegliata. Quando i raggi del sole penetrarono attraverso le tende colpendo in faccia il ragazzo, un basso mormorio e quella che aveva l’aria di una bestemmia crepitarono nell’aria. Il mago scese le scale della sua villetta dopo aver indossato un costume da bagno particolarmente aderente e, avvolto in una vestaglietta di seta porpora, si diresse verso il patio antistante la piscina dove, su un’elegante tavolino in pietra, era stata servita la colazione. Il profumo del pane tostato e della marmellata di arance e zenzero solleticò il suo olfatto destandolo dal torpore mattutino. Stava per addentare la prima fetta quando un pesante rumore di passi disturbò la quiete della prima mattina.
“Ehy voi! Chi siete? Che cosa ci fate qui? Questo è il terreno di sua signoria il Conte di Dohnányi! Non potete stare senza il suo permesso!”
Il mago si rilassò lungo lo schienale della sedia, accavallando le gambe e addentando con fare divertito il suo pezzo di pane tostato e guardando lascivamente la piccola truppa davanti a sé. Dio aveva ragione, si trovava in una sorta di paradiso terrestre popolato da manzi ungheresi al cento per cento. Dietro alla sua staccionata una piccola milizia composta da una dozzina di soldati in armatura si era schierata con fare minaccioso alle spalle del biondino che aveva parlato.
“Buongiorno a voi, messere!”
“Rispondete! Chi siete? Cosa volete da questo territorio?”
“Risponderò solo dopo che avrete rinfoderato le spade!”
“Non siete nella posizione di dare ordini… Non sul terreno di mio padre il Conte almeno!”
“Oh, mio caro… Sono nella posizione di fare quello che più mi aggrada! Tenetelo a mente” esclamò ridacchiando e alzandosi in piedi diretto verso il gruppetto. Il mago addentò un boccone di pane mentre avanzava sorridendo verso il gruppo di “invasori”.
Il figlio del Conte sollevò una mano e tutte le guardie misero via le armi per poi soffermarsi sulla figura discutibile del mago. La vestaglia si era aperta camminando lasciando in mostra un fisico tonico appena coperto da uno speedo.
“E’ questo il vostro modo di agghindarvi di prima mattina? Siete un essere ripugnante!”
“Ah… grazie! Comunque… tornando al discorso precedente, vi basti sapere che sono un mago giunto da molto lontano per trascorrere alcuni giorni di quiete in questo… posto meraviglioso” concluse addentando l’ultimo pezzo di pane e guardando con intenso interesse gli uomini alle spalle del loro comandante.
“Voi, figlio del Demonio, non siete il benvenuto! Dovete andarvene immediatamente. Non vogliamo che i vostri malefici si abbattano sulla nostra contea!”
“Non ho nessun motivo di maledirvi, anche se la vostra boria mi farebbe venire voglia del contrario. Sono qui solo in ferie per un breve periodo, suvvia… Non possiamo andare d’amore e d’accordo?” Soprattutto d’amore pensò il mago mordendosi un labbro e spostando lo sguardo alle cintole dei soldati.
“Voi! Siete strano… Dite di non volere la guerra ma i vostri sguardi e le vostre espressioni… sono strane. Anche il vostro abbigliamento è strano… Persino questa casa, se casa si può definire, è strana.”
“Si sono strano, lo so! Sono un mago e vengo da molto molto lontano… Vi basti sapere questo!”
“Mi hanno insegnato a non fidarmi mai delle parole di un mago! Per giunta voi siete troppo… strano! Cavalieri, armatevi! Scacceremo il maligno da questo posto!”
“Siete davvero divertenti nonostante il linguaggio poco forbito. Ora, vorrei concludere la mia colazione in pace se non vi dispiace. Arrivederci!” proferì il mago tornando a sedersi e riprendendo il suo pasto.
Il giovane conte e i suoi soldati tentarono invano di superare la barriera magica che circondava la casa con spallate, fendendo l’aria con le spade, lanciando sassi contro le finestre ma niente funzionò. Il mago, dal canto suo, terminò la colazione, indossò i suoi occhiali preferiti alla Audrey Hepburn e il suo cappello a tesa larga e, dopo aver fatto comparire dal nulla un romanzo d’amore di Nicholas Sparks, si sedette su un lettino a bordo piscina.
Passarono almeno un paio di ore prima che il gruppo di uomini, che nel frattempo aveva improvvisato un ariete per sfondare la barriera, si trovasse esausto a terra zuppo di sudore e con il morale a terra. Il mago sogghignò da dietro i suoi occhiali da sole e impietosito dalla scena, o forse dai corpi sudati di dodici uomini aitanti e belli come il sole, si avviò in cucina a preparare un tè freddo per i suoi ospiti.
“Non cederemo mai! Vi scacceremo da queste terre! Lo giuro sul mio onore, il conte Gyorgy Andràs di Dohnányi”
“Io non giurerei su un nome così brutto! Prendete questo… siete esausto!” lo sbeffeggiò il mago porgendogli un bicchiere mentre alcuni soldati faticarono a trattenere le risa.
“Ne ho preparati per tutti. Sentite, l’intera casa è circondata da una barriera magica. A meno che non siate esperti in arti magiche dubito fortemente che riuscirete a rompere il mio incantesimo. Potete tornare alle vostre vite serenamente. Non ho cattive intenzioni, come ve lo devo dire?”
“Voi mentite… ed io non berrò mai questo veleno da voi preparato!” esordì il piccolo conte gettando a terra il bicchiere e il suo contenuto.
Il mago osservò dispiaciuto il bicchiere a terra e si chiese se un atteggiamento più aggressivo avesse potuto sortire qualche tipo di effetto. Visto che con le buone maniere, le trattative non erano andate a buon fine, forse usando le cattive…
“Adesso mi avete stufato…” bisbigliò inspirando a pieni polmoni.
I cavalieri e il conte iniziarono a levitare davanti ai suoi occhi sempre più in alto tra le grida di terrore degli stessi e le suppliche di essere rimessi a terra.
“Salutatemi il conte padre e ditegli che vengo in pace! Bye-Bye!” e con uno schiocco di dita l’impavido gruppetto venne scagliato all’interno della cittadella con molto poco tatto da parte del mago.
“Molto bene! Adesso posso pensare alle cose importanti della giornata! La mia pulizia del viso!”
            Il conte padre e la contessa erano intenti ad ammirare la rigogliosità della loro contea quando, davanti ai loro occhi, a disegnare un arcobaleno non molto grazioso, il figlio e una dozzina di cavalieri sfrecciarono veloci come saette atterrando malamente nelle stalle. Sgomenti, i due si guardarono negli occhi e, dopo aver realizzato quanto ero appena successo, corsero senza indugio nel cortile ad est dai malcapitati.
“Figliolo! Cosa ti è successo?” mugugnò preoccupata la contessa.
“Padre!!! Madree!!!Non avete idea del pericolo che incombe su queste terre! Una sventura più grande non poteva capitarci!” bofonchiò emergendo da una montagnola di sterco il giovane conte.
“Parla, suvvia, non lasciarci sulle spine” disse il conte con la voce greve quanto un corno tibetano.
“Un mago! Un mago potente, giunto da lontano, si è appena trasferito ai margini della foresta. Dice di non avere cattive intenzioni… ma non ci si può fidare di un mago! Per giunta, uno così strano! Un barbaro! Si è presentato a noi coperto di pochi stracci! É pericoloso padre… Molto pericoloso! Abbiamo provato a scacciarlo ma è stato tutto vano e con i suoi enormi poteri ci ha rispediti fin qua… in volo!”
“Capisco”
Il conte padre prese a massaggiarsi l’ispida barba a punta prima di fissare i suoi occhi su quelli del figlio.
“Se dice di venire in pace non dovremmo avere nulla di che temere! Molto bene, torniamo agli impegni di corte e… figliolo, fatti un bagno! Ohohohohoho” iniziò a ridere sguaiatamente prendendo la moglie sotto braccio e dirigendosi verso il roseto sul lato sud.
Il giovane conte non si era mai sentito così umiliato e giurò sulla testa del suo cavallo che avrebbe trovato il modo di vendicarsi dell’affronto subito da quella sottospecie di uomo. Uno sguardo d’intesa con i suoi commilitoni decretò l’urgenza di un bagno collettivo.
“Cosa ne pensi, mia cara, di questa situazione?”
“Oh caro, spero davvero che questo mago venga in pace. Ammetto tuttavia di essere un pochino preoccupata. Sai… una dozzina di cavalieri nudi che si lavano insieme al fiume potrebbe costituire il prologo di una rivoluzione femminile ”
La contessa posò delicatamente le mani su un bocciolo di rosa e con lo sguardo triste fissò negli occhi il marito.
“Non ti preoccupare! Non succederà nulla di grave… Fidati di me!”
“SIGNOR CONTEEEEEE! SIGNOR CONTEEE PRESTO!!!”
Dall’ingresso sud del roseto, un uomo in calzamaglia dall’aspetto ben poco curato, si palesò al cospetto dei due nobili. Ansimando con le mani sui fianchi, il buffone di corte disse:
“Signor conte! È una tragedia! Tutte le donne si sentono male! Alcune svengono, altre si addormentano e non si svegliano… anche in mezzo alla strada! È sicuramente un maleficio mio signore!!!”
Il volto del conte divenne un intrigo di rughe mentre fissava il vuoto davanti a sé. Girandosi di scatto verso la moglie le ordinò di ritirarsi nelle sue stanze e di limitare i contatti alla sola servitù mentre lui si sarebbe diretto in persona ad accertarsi della situazione.
“Che abbiano già iniziato a lavarsi…” mormorò a bassa voce, seguendo il ciambellano.
La scena che si parò davanti ai suoi occhi aveva un non so che di misero e triste. Tutte quelle donne a terra senza un apparente motivo. Bambini in lacrime che si gettavano sui grembi delle loro madri implorando il loro risveglio, uomini che stringevano tra le braccia le loro compagne e la disperazione che come un vento di primavera si propagava per le strade di Mészàrad.
La collera montò prepotente nel cuore del conte che, dopo essersi fatto sellare il cavallo e aver realizzato che l’incidente aveva un che di anomalo, montò con due dei suoi più validi cavalieri verso la casa del mago pronto a combattere fino alla morte per la salvezza della sua gente.
Arrivato nei paraggi dell’insolita abitazione dell’uomo, il conte si diresse come una furia contro i battenti della porta.
“Aprite! Aprire, vile dannato! Aprite questa porta se avete il coraggio, figlio del demonio! Sono qui per sfidarvi”
I cavalieri del conte posero le mani sulle rispettive else degli spadoni preparandosi ad un eventuale attacco a sorpresa. La porta d’ingresso si aprì su sé stessa rivelando la figura di un giovane uomo con la faccia ricoperta di una strana sostanza verdastra. Il conte e i suoi cavalieri trasalirono alla vista di tale orrore.
“Bhè? Non avete mai fatto una maschera all’argilla? Chi siete e cosa volete da me?”
Il conte non aveva la benché minima idea di cosa stesse parlando quella “cosa” ma, dopo aver stretto lo sguardo e indurito la mascella, prese fiato e disse:
“Io sono il conte Alexander Imre Fenec II della dinastia dei Dohnányi. Sono giunto fin qui per ordinarvi di annullare il maleficio che avete gettato sulla mia gente. Non avrò pietà per una creatura abominevole che gode nelle sofferenze altrui.”
Il mago chinò leggermente la testa guardando stupefatti i presenti… soprattutto uno dei due cavalieri che era di una bellezza annichilente anche se incolta. Dopo essersi ripreso, il mago esordì:

“Accomodatevi signor Conte. Sono curioso di sapere di quali crimini sono ingiustamente incolpato”. Il mago si scostò e, con un cenno della mano, fece loro segno di entrare. Poco prima di prendere posto al tavolo del salotto, con uno schiocco di dita il mago si rivestì e rimosse la maschera all’argilla dal suo volto. Ora indossava un semplice pantalone di lino e una polo verde prato. Gli uomini, diffidenti, ci misero alcuni secondi per decidere se entrare o meno ma, superati i timori iniziali, seguirono il mago nel salotto, continuando a guardarsi intorno straniti di quel posto.

“Posso offrirvi qualcosa da bare, signor Conte? Vostro figlio non ha apprezzato il tè che volevo offrirgli”. Un rapido movimento delle dita e dalla cucina arrivarono quattro bicchieri alti di tè freddo Earl Grey. Il mago invitò i cavalieri a prendere posto ma questi preferirono restare in piedi alle spalle del loro signore.
“Accetterei volentieri ma temo possa essere avvelenato e, alla luce di quello che sta succedendo nel mio borgo dal vostro arrivo, vi chiedo di annullare il maleficio che avete ingiustamente lanciato. Se mio figlio vi ha mancato di rispetto, vi chiedo umilmente perdono ma, vi scongiuro, non vendicatevi sulla mia gente. Sono brave persone…”
Il mago ascoltò ogni singola parola, basito dall’umiltà di quell’uomo che era pronto a mettere da parte l’onore per il bene del proprio popolo. Dopo aver deglutito un sorso di te, appoggiò il bicchiere sul tavolo e guardò con un sorriso triste l’uomo.
“Siete un bravo Conte e si vede che ci tenete al vostro popolo. Non preoccupatevi delle parole di vostro figlio… non mi offendo per così poco. Tuttavia ciò che sta succedendo nel vostro paese non ha nulla a che fare con me. Non ho motivo per rivalermi su di voi… potete credermi.” concluse fissando l’uomo dritto negli occhi.
“Sembrate una brava persona… ma le donne del mio paese si sono ammalate improvvisamente e devo trovare una soluzione a questo problema” Il conte ebbe un attimo di esitazione guardando il mago che gli stava davanti. Suo figlio aveva ragione, era un uomo davvero strano… decisamente giovane, forse della stessa età di suo figlio. “Posso fidarmi di voi, signor Mago?”
“Potete”
“Se posso fidarmi di voi… aiutatemi allora. Vi permetterò di stare su queste terre per tutto il tempo che vorrete se mi aiuterete a risolvere il problema al villaggio.” Come a sancire la sua concessione di fiducia, il Conte prese un bicchiere e bevve un sorso di tè, attirando lo sguardo preoccupato dei suoi cavalieri.
“Buono?” domandò sorridendo il mago, dopo averne bevuto un altro sorso.
“Ha una sapore strano! Non ho mai bevuto niente del genere… che cos’è?”
Il mago scoppiò a ridere prima di rispondere gioviale all’uomo “È una bevanda che sarà conosciuta a questa parte di mondo solo tra molti secoli”
“Secoli… ma… che magia è mai questa? Da dove venite?”
“Ho già detto a vostro figlio che vengo da molto lontano. Da un posto lontano… e anche da un tempo” Il mago si alzò in piedi portandosi davanti ad uno specchio nel suo salottino e con uno schiocco di dita si cambiò d’abito. Ora sembrava davvero un fattucchiere come voleva la tradizione folkloristica europea. Aveva indossato una tonaca lunga color blu scuro e un cappello a punta.

“Vedete, signor Conte, io non ho davvero bisogno di un qualche tipo di permesso per abitare queste terre ma vi ringrazio per avermelo concesso. Verrò con voi al villaggio per capire cosa sta succedendo e… se potrò aiutarvi, vi aiuterò.”
“Vi ringrazio ma… se la concessione terriera non conta per voi come pagamento… qualora risolveste il nostro problema, cosa volete in cambio?
“Siete davvero sveglio signor Conte!” ridacchiò il mago “Sono sicuro che troveremo un accordo”

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Capitolo 3
*** A spasso per il borgo ***


Capitolo 3

“Dmitri! Potresti portarmi il vassoio con quello strano bicchiere che c’è in cucina, per favore?”
“Si, Mr. Blu”
Per tutta la mattina Dmitri, l’impavido cavaliere dagli occhi di zaffiro arruolato dal Mago come pagamento per le sue prestazioni nella ridente cittadina di Mészàrad, fu costretto ad assecondare le più umili richieste dell’uomo che sedeva in giardino. L’uomo si diresse verso l’abitazione, abbandonando sul ceppo l’ascia utilizzata per spaccare la legna. Una volta entrato storse il naso davanti a quel bicchiere trasparente contenente un liquido rosa. Avvicinò il naso curioso di capire di cosa si trattasse ma dopo alcuni istanti decise che si trattava sicuramente di una qualche pozione creata da quell’ambiguo essere. Preso il vassoio, si apprestò a servire il suo nuovo signore.
Quest’ultimo indossava un enorme paio di occhiali da sole, un cappello di paglia dalla tesa particolarmente larga e un costume a pantaloncino nero antracite.
“Oh Grazie!”
“Mio Signore, posso chiederle di cosa si tratta? É un rimedio per qualche malattia?” domandò chinando il capo, dopo aver visto il mago bagnarsi le labbra con quello strano liquido.
Il mago sorrise e, dopo aver abbassato gli occhiali sulla punta del naso, guardò fisso negli occhi Dmitri.
“Per qualcuno si… ahahahah… Ma no, non è una medicina. Si chiama Cosmopolitan! Ed è una delle migliori creazioni del periodo da cui provengo. Vuoi assaggiare?” chiese sorridendo e abbassando leggermente lo sguardo.
Sudato come un ghiacciolo ad agosto, Dmitri si ergeva in tutta la sua seducente figura a lato del mago con indosso solo un paio di pantaloni di cotone color giallo paglierino. Tese la mano verso il bicchiere e lo accostò alle labbra facendo appello a tutto il suo coraggio. Furono sufficienti poche gocce di quello strano liquido innaturale per iniziare a farlo tossire e a fargli uscire gli occhi fuori dalle orbite. Il mago rise sguaiatamente per quella reazione.
“Come fate a bere quella cosa…. È aspra ma anche dolce… ed è più forte di qualsiasi birra abbia mai bevuto alla locanda”
Il mago scoppiò a ridere di gusto portandosi una mano all’addome e prendendo con l’altra il bicchiere di Cosmopolitan.
“Hai ragione. È molto forte ma… dopo un po’ ci fai l’abitudine e crea una sorta di dipendenza. Ora, mio impavido cavaliere, vai a lavarti e preparati mentre mi faccio un bagno. Andiamo a fare due passi!”
Il mago si alzò in tutta la sua figura e si avvicinò ai gradini della piscina. Visto da dietro poteva dare l’impressione stesse registrando il nuovo spot pubblicitario di Dior ma la verità è che voleva solo fare la diva e dare qualcosa da vedere al suo cavaliere. Cavaliere che non solo non aveva realizzato di doversi recare nel suo bagno privato a farsi una doccia ma che aveva già calato le braghe e aveva seguito il mago in acqua.
“Dove tenete le sostanze per lavare capelli e corpo, Mr. Blu?” domandò l’uomo alle spalle del mago.
Ora.
Mio caro lettore.
Sì, proprio tu che stai leggendo.
Che da quando hai visto il rating non aspetti altro che qualcosa di succoso e peccaminoso accada.
La tua mente è già partita per la tangente… figurandosi corpi intrecciati in un scoubidou umano che ci danno dentro come Ana e Chris in 50 sfumature.
Ci ho preso?
Bhè, temo che resterai deluso.
Dicevamo…
Il mago si girò di scatto per lo spavento e i suoi occhi, ovviamente senza volerlo, si fissarono sotto la superficie dell’acqua. Proprio lì, tra le sue gambe…
“Dimmi Dmitri. Ho mai menzionato il fatto che dovessi seguirmi in piscina?”
“Eh… mi avete detto di lavarmi… mio signore”
“La risposta è no. E sei per caso imparentato con gli elefanti?” Lo sguardo nel frattempo si era spostato sugli occhi dell’uomo.
“Temo di non sapere cosa siano ma... la risposta è sempre no, vero?” domandò scettico, arretrando alla vista fredda dell’uomo
“Pazzesco. Ero convinto di sì! Comunque…” Mr. Blu chiuse gli occhi e prese fiato “Intendevo dire che devi lavarti come hai fatto ieri. Nel tuo bagno, nella tua doccia… ricordi? Manopola uno e due? Caldo e freddo?”
“Chiedo scusa. Mio signore”
E senza dargli il tempo di replicare uscì dalla piscina con le natiche in bella vista. Questo, agli occhi del mago, poteva tranquillamente dirsi un remake della pubblicità di Invictus di Paco Rabanne. L’uomo si diresse verso l’interno mentre il mago, perso in una dimensione parallela seguiva con la coda dell’occhio tutti i suoi movimenti
“E sti grandissimi cazzi!” esordì una voce femminile.
Il mago abbassò lo sguardo sulla superficie dell’acqua e vide il riflesso della sua grande amica, la Dea celebrata da secoli su quel pianeta.
“Hai visto che roba? Mi manderà ai matti! È un nudista… ne sono certo! Continua a spogliarsi senza preavviso. Il mio povero cuore non può resistere a tutto quel ben di Dio!”
“Già, prego! Quando vuoi… Comunque ad occhio e croce più che del tuo cuore mi preoccuperei del tuo cu…”
“DIDI!”
“Che vuoi? Occhio che quello ti apre come una noce di cocco!” e scoppiò a ridere in una fragorosa risata.
“Parlando di cose serie. Ieri mi sono imbattuto in un incantesimo di sepoltura ancillare concatenato. Non pensavo ci fossero persone abbastanza potenti da castare un incantesimo del genere in questa zona. Ne sai qualcosa?”
“Ehm… se devo essere sincera, no!”. La dea prese a grattarsi il mento cercando di fare mente locale “Mi sono persa quasi tutto il Medioevo a quel tempo. Ero impegnata ad evitare che alcuni miei fratelli invadessero la mia galassia… ma sto recuperando tutto su Netflix! Se scopro qualcosa ti faccio sapere, ok?”
“Per essere la divinità creatrice di questo angolo di universo… lasci molto a desiderare. Te l’hanno mai detto?”
“No! Ma sei sempre così gentile che quasi quasi ti auguro di essere penetrato senza lubrificante!”
“Fottiti”
“Dopo di te! Buona giornata, mia piccola sfranta!”
Sul sentiero per raggiungere il piccolo borgo di Mészàrad diverse persone si soffermarono a guardare con circospezione i due uomini… o meglio, uno di loro in particolare. Per l’escursione cittadina, Mr. Blu aveva scelto una camicia di cotone in dégradé blu e un paio di pantaloni terra di Siena bruciata mentre Dmitri, aveva optato per la sua divisa da cavaliere (non che avesse molta scelta nel caso). Flebili mormorii sulla figura del mago li accompagnarono per tutto il tragitto ma, nonostante Mr. Blu fosse abituato a far parlare di sé, non si poteva dire lo stesso del cavaliere.
“Ci stanno tutti guardando, mio Signore! Forse avrebbe potuto indossare qualcosa di più normale”
“Temo di non capire a cosa tu stia alludendo, mio caro! Sono vestito normalissimo” sbuffò il mago agitando distrattamente una mano a mezz’aria. Alcune persone nei paraggi urlarono per lo spavento di essere colpiti da un maleficio, altri pensarono che fosse un modo di sbarazzarsi di un peto persistente.
“Forse per il posto da dove venite. Ma qui… non molto. Perdonate, la scortesia, mio Signore”
“Smettila di essere così formale, Dmitri. È già da un po’ che volevo dirtelo. Non sono il tuo Signore, ok? Chiamami solo Blu!”
“Perché non mi dite il vostro vero nome?”
“Perché è meglio che tu non lo sappia”
“Perché?”
“Cos’hai 5 anni che continui a chiedere il perché?”
“No! Un’ ultima domanda…”
“Sentiamo…”
“Perché arrossite ogni volta che mi vedete nudo?” domandò con sguardo fisso il cavaliere. Non era così ingenuo come dava a vedere ed era curioso di vedere come avrebbe risposto il mago di fronte ad una domanda del genere.
“Bhè…è molto semplice!” iniziò a rispondere il ragazzo fissando qualche ciottolo sulla strada. Iniziarono ad imboccare il ponte per l’ingresso del borgo mentre il sole del mezzodì, alto nel cielo, giocava con le ombre disegnate dai loro corpi. “Da dove vengo io… non siamo più così schematici con le preferenze sessuali. E, diciamo che, persone come il sottoscritto tendono ad avere una preferenza per gli uomini… piuttosto che per le donne. Ti sarei grato, quindi, che non andassi in giro nudo come se niente fosse…”
Si fermò e lo guardò in faccia.
“Capisco. Bhè, cercherò di fare attenzione. Mi scuso per la mia noncuranza… Blu” rispose con un mezzo ghigno sulle labbra.
L’aveva capito! Bastardo… aveva capito tutto ma si stava divertendo a farmelo ammettere! Questa me la paga!
Per le strade Mészàrad aleggiava un piacevole profumo di pane appena tostato, fieno e fiori di campo. Per essere un piccolo borgo medievale, Blu si sorprese di non percepire puzza di urina, animali sudati o stallatico. L’igiene delle persone sembrava decisamente di migliore di quanto sperato nonostante i margini di miglioramento potessero essere molti.
“L’ultima volta mi è sembrato di vedere un droghiere, un medico o farmacista… insomma qualcuno che vende erbe medicinali. Avete qualcuno del genere in paese?” iniziò a chiedere il mago guardando lungo i lati della strada. Piccole bancarelle, negozi ricavate dalle case si affacciavano lungo tutto il corso centrale. Le persone contrattavano sui prezzi e chiacchieravano in estrema serenità almeno fino a quando il loro sguardo non si posava sul mago.

“Si, abbiamo qualcosa del genere. Ti ci porto”

Poco dopo essersi avviati per la traversa che conduceva verso il droghiere, i due uomini furono interrotti dalla presenza di un gruppetto che sbarrò loro la strada.


“Come osi mettere piede nel nostro borgo? Che hai fatto al povero Dmitri? I suoi capelli! Siete un vile”
“Ma quanti complimenti di primo mattino, piccolo Conte! Come state? Piaciuto il volo di ieri?” sogghignò il mago rimirando il corteo di uomini alle spalle del conte. Un piccolo sospirò scappò dalle sue labbra senza che nessuno se ne accorgesse. Nessuno ad eccezione di Dmitri ovviamente. Spostò lo sguardo dal mago a quello che stava fissando e poi capì.
“Voi! Avrete anche conquistato la fiducia di mio padre ma non riuscirete a soggiogare anche me! Io ho capito di che pasta siete fatto. Siete qui per seminare il terrore a Mészàrad… ma non ve lo permetterò!”
“Caspita! Come siete arguto… e come pensate di fermarmi?” domandò sorridendo avanzando di qualche passo
“Farò qualsiasi cosa in mio potere per fermarvi, statene certo!”
“Vostra altezza, la vista di uomini nudi sembra sia un suo punto debole!” si intromise Dmitri, divertito anche lui dal siparietto dei due. Per strada, i più coraggiosi si erano nascosti per assistere a quanto sarebbe accaduto mentre gli altri, decisero che non valesse la pena perdere tempo per una baruffa il cui vincitore era ovvio.
“Ma che cazz…. Dmitri!? Cosa stai dicendo?”
Blu, leggermente arrossito, si voltò verso il suo cavaliere palesemente seccato mentre l’altro, dal canto suo, sollevò le mani per aria come aveva imparato dal mago.
“Presto, miei soldati! Catturiamo il mago!” a quelle parole, il giovane conte iniziò a liberarsi dei vestiti per poi recuperare la spada e puntarla verso il forestiero. Gli altri quattro cavalieri della scorta, seppur scettici, seguitarono le indicazioni del capo e ben presto cinque uomini nudi si trovarono a rivolgere tutte le loro spade contro il giovane uomo.
“Oddio… Sembra l’intro di un video porno di YouPorn! Abbassate le armi e nessuno si farà male” mugolò il mago paonazzo sollevando le mani a mo’ di resa. I suoi occhi vagavano su quei corpi scolpiti da chissà quante ore di allenamento.
Uno sguardo fugace verso il cielo con gli occhi languidi dal piacere:
“Grazie Santa Lady Gaga da New York City!”
“È inutile che provi a combattere! Ora sappiamo il tuo punto debole! Sarai incarcerato e messo al rogo per i tuoi crimini! Prendetelo!” ordinò il piccolo Conte.
“Mio sig… Blu. Non so se posso intervenire o no…” domandò Dmitri che fino a quel momento era stato con le braccia incrociate.
“Tranquillo! Ci penso io” mormorò il mago facendo l’occhiolino ai ragazzi che si stavano avvicinando. Il suo tono della voce si abbassò leggermente e, uno alla volta li fissò negli occhi come a carpirne l’animo. I soldati si fermarono e così fece il conte. Una mano del mago si avvicinò alla camicia sfilando lentamente i bottoni dalla loro asola. Si morse appena le labbra e fece passare la punta della lingua sulla rima superiore delle labbra.
“Adesso… basta. Perché mi attaccate? Non è quello che vorreste davvero… Ho ragione?”
Il mago avanzò verso i soldati che in breve lo circondarono come se fossero caduti in una trance. I loro respiri si fecero affannosi, dopo aver appena sfiorato la pelle delle braccia o del collo del mago. Il figlio del conte emise un gemito prima di cadere sulle ginocchia e appoggiare la testa sul grembo dell’uomo.
“Io… non capisco! Io… Vi desidero! Vi desidero come mai nessuno prima… passate la notte con me!” bofonchiò il nobile sfregando le mani sulle cosce e inspirando il profumo della camicia dell’uomo come fosse aria di montagna.
Quel momento fu rotto dalla voce degli altri cavalieri che al suono di No, con me! o Siate mio! iniziarono a sfregare i propri membri eretti contro l’uomo come a marcare il territorio.
“Quando schioccherò le dita, proverete… un piacere immenso. Più grande del desiderio che provate in questo momento. Ok? Uno, due…”
“WAAAAAA!!! Che sta succedendo? Come… come… Perché tutti questi cavalieri sono… O Mio Signore! Ahhhh” Come un grugnito a ciel sereno, padre Jànos era comparso in tutta la sua molesta grassezza. Le sue mani congiunte alla bocca tradivano una certa fame, e non di cibo ovviamente, che faticava a controllare. Tese una mano a mezz’aria strizzando quei suoi piccoli occhi porcini sugli uomini che non si erano lasciati distrarre e continuavano a muovere i fianchi verso il mago.
“Blu! Smettila… sono sempre i miei compagni! É uno spettacolo indecente!”
Dmitri, che fino a quel momento era stato in disparte a vedere come se la cavava il mago, si sentì estremamente infastidito da quello spettacolo. Avrebbe potuto fare qualsiasi cosa per sconfiggere i suoi vecchi compagni ma questo… era evidente che volesse umiliarli.
“Indecente… si… indecente… ahhh” cantilenò il prete avvicinandosi a Dmitri “E’ un piacere vedere che tu sia sano e salvo… Dmitri!” Le mani del prete si arpionarono intorno ai bicipiti del cavaliere mentre con gli occhi non si staccava da quei ceri pasquali che erano apparsi per la strada.
Il mago sbuffò e con uno schiocco di dita destó gli uomini da quello stato di incoscienza in cui li aveva fatti cadere. Questi si guardarono intorno spaesati e, ben presto, la loro attenzione fu attirata dai loro amici tra le gambe e dal fatto che il mago fosse proprio a un palmo da loro.
“Che cosa è successo? Che… che maleficio è questo?” domandò una delle guardie
“Avete continuato ad accusarmi di fare malefici o di congiurare contro di voi senza che vi abbia mai dato l’ardire di pensare qualcosa del genere. E bene, adesso l’ho fatto! Quando un essere umano posa il suo sguardo su un mago o una strega di un certo livello, quest’ultimo cade vittima del suo fascino e si sente immediatamente attratto da lui o lei. Quindi, ve lo ripeto per l’ultima volta, smettetela di darmi fastidio o vi asservirò al mio comando come tanti piccoli burattini. E adesso sparite dalla mia vista!”
Quei poveri uomini corsero a recuperare le loro vesti e se la diedero a gambe senza guardarsi indietro mentre il conte, con occhi carichi di astio, si allontanò con calma e resilienza dopo l’affronto subito.
“Ora portami dove ti ho chiesto. Abbiamo ancora molte cose da comprare prima di cena! Arrivederci padre!” esclamò risoluto il mago, disintegrando con lo sguardo la botte umana che si era attaccata a Dmitri. Tra i due vi fu uno scambio di sguardi secco e risoluto prima di procedere lungo la strada.
***
“Parola d’ordine?”
“L’importante è farlo sempre con chi hai voglia tu”
“E se ti lascia lo sai che si fa?” domandò una voce greve
“Trovi un altro più bello che problemi non ha”


Lontano da occhi indiscreti, dove nemmeno la notte più oscura riusciva ad insinuare le sue languide dita, i piccoli occhi porcini di padre Jànos erano fissi davanti ad una vecchia acquasantiera. Una sola torcia ad illuminare la stanza che, celata da un pesante portone in legno massello, conteneva solo il recipiente in pietra e uno scranno consunto.
“Come procedono le cose a Mészàrad, Jànos?” domandò una voce femmine.
La superficie dell’acqua si increspò prima di rivelare la figura di una splendida donna dai capelli corvini e gli occhi verdi come smeraldo.
“Mia signora, l’arrivo di questo strano mago sta portando il paese in subbuglio. Non potete capire che cosa è successo oggi? Sono ancora traumatizzato…” mormorò portandosi le mani contro uno dei suoi seni.
“Raccontami per filo e per segno… Quest’uomo mi sta già sulle palle che non ho!”
Il parroco prese a raccontare quello che aveva visto con dovizia di particolari… forse anche troppa per una persona che si definiva di chiesa.
“Tutti quegli uomini nudi ed eccitati intorno a lui… un tale spreco, Jànos… non convieni?”
“Si, mia signora! Uno spreco indicibile! La goccia che ha fatto traboccare il vaso sono state le parole che ha usato contro il giovane conte, un’anima tanto… volubile”
“Che ha detto?”
“Ha detto che quando un mago o una strega rivelano il loro vero volto agli esseri umani questi si invaghiscono perdutamente di loro e, a quando pare, perdono il controllo, vanno in una specie di trance mistica. Sembravano inebriati dalla sua presenza, eccitati solo a guardarlo… tutto questo è abominevole e profondamente ingiusto. Ditemi, mia signora… anche voi potete tanto?”
Ci fu un minuto di silenzio mentre la donna ripensava a quanto detto; poi, scuotendo il capo, riprese a fissare il ciccione.
“É una menzogna. I maghi non possono tanto… deve aver usato un qualche incantesimo di ammaliamento. Non ci sono dubbi”
“Non sembrava avesse pronunciato nessuna formula o avesse fatto alcun rituale. Indagherò, se vi aggrada mia signora”
“Si, mio diletto! Non possiamo lasciarci contrastare dalla prima fattucchiera che ci passa tra le mani! Siamo arrivati prima noi! Banchetteremo noi, con questi prelibati ragazzi! Ora ti saluto, è giunto il momento tanto atteso e ricorda... sii discreto”
“Un nuovo piano malvagio è giunto a termine”
“No, che dici? Sono passati i 10 minuti previsti per il mio pediluvio! Buonanotte, ciccio!”
L’immagine della donna sparì e, strappata la torcia dal muro, il buon padre si diresse a passo spedito verso le cucine per sfogare tutta la frustrazione accumulata dal giorno. Per fortuna, aveva avuto in dono un cappone ripieno nel pomeriggio.

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Capitolo 4
*** Il magico tocco dei... golem ***


Capitolo 4

“Mi sa che verrà a piovere…” mormorò Blu, scrutando il cielo del tramonto.
Tra le sinuose dita dell’aurora alcune sparute nuvole stavano convergendo in quella che si sarebbe prospettata una tempesta con i fiocchi. L’eco dei primi tuoni iniziò a crepitare nell’aria, mischiandosi con il profumo di terra che saliva dai campi. Altri tipi di frastuoni invece permeavano la cucina della villetta del mago. Con la faccia rasente il piatto, Dmitri, si stava ingozzando come se non avesse mangiato per settimane. Quella piccola teglia di lasagne che il mago aveva preparato aveva dovuto soccombere alle impavide fauci del soldato.
“Ricordati di respirare tra un boccone e l’altro… che cesso!”
Blu, sempre appoggiato all’acquaio, sogghignò alla vista del suo cavaliere nel momento del riposo. Era bello da mozzare il fiato. Bastava un suo sguardo per causargli la schiusa di milioni di farfalle nello stomaco e anche in quel momento, con la bocca sporca di ragù, con una forchetta da una parte e un tozzo di pane nell’altro, quel giovane uomo aveva un non so che di seducente.
“Ho fatto anche una torta al cioccolato. Mio piccolo suino!”
Mentre Mr. Blu attendeva che il suo infuso di corteccia di lapacho fosse pronto, tagliò una generosa fetta di torta al cioccolato e la pose su un piattino. Fece sparire con un colpo di dita le stoviglie dalla tavola e servì il dessert al ragazzo.
“Mangia! Mio piccolo Bruce Pappalardo!”
La risposta del cavaliere non tardò ad arrivare. Un rutto cavernoso, un boato che sembrava provenire dalle viscere degli Inferi ruppe il silenzio di quella stanza. Mr. Blu sollevò un sopracciglio con fare compiaciuto mentre l’uomo si gettava a capofitto sulla successiva portata.
“Non sapevo… foste… cioè… fossi… così bravo a cucinare… cosa diavolo è questa roba? È buonissima!”
“Ci sono molte cose che non sai di me e… sì, ti capisco, è davvero buona! Sai, ci sono delle volte in cui preferisco mangiarmi una bella fetta di torta piuttosto che masturbarmi!”
“Cosa vuol dire… masturbarmi?” domandò sgranando gli occhi ed emulando in tutto e per tutto il personaggio tratto da Matilda, Sei Mitica.
“Come cosa vuol dire? Sai no…? Quando ti doni piacere…” il mago cominciò a sentirsi in imbarazzo. Come gli era venuto in mente di uscirsene con una frase del genere “…afferrando il tuo…arnese… il tuo coso… cioè… si chiama pene, insomma… quando solleciti il tuo pene con movimenti ritmici che si concludono con l’eiaculazione”.
Il mago sollevò gli occhi al cielo, dando le spalle all’uomo per filtrare la sua tisana, senza poter vedere il sorriso compiaciuto sulle labbra di quest’ultimo mentre si adagiava sullo schienale della sedia.
“Interessante spiegazione… sai, di solito, noi gente del popolo siamo molto più diretti quando dobbiamo spiegare come farci le seghe”
Il mago si girò di scatto con gli occhi ridotti ad una fessura. L’aveva fatto di nuovo. Si era preso gioco di lui.
“Mi hai fatto spiegare cosa fosse nonostante sapessi benissimo di cosa stavamo parlando!?”
“Già” esclamò giulivo facendo sparire anche l’ultimo pezzo di torta “Ce n’è ancora?”
“Strozzati! E vedi di lavare tutto!”
A passo di marcia lo superò andando a coricarsi sul divanetto di fronte al camino. Con uno schiocco di dita, accese il fuoco e con un altro richiamò a sé un libro dalla sua piccola libreria. Tisana, libro e camino. Life is now. Il Mago avrebbe tanto voluto vedersi una replica di Ru Paul’s Drag Race sul suo Netflix ma temeva che nel regno d’Ungheria del XXII secolo potessero esserci problemi con il WiFi. Optò quindi per un saggio sullo sviluppo dell’idrocolonterapia nel XXI secolo ma, dopo appena una ventina di pagine, gli occhi gli si fecero sempre più pesanti e crollò ancora accartocciato sul divanetto.
Dmitri, di ritorno dal bagno e dalle sue esercitazioni nell’utilizzo del bidet, si soffermò a guardare il ragazzo addormentato. Era la prima volta che riusciva a fissarlo senza che l’altro se ne uscisse con frasi ambigue. Doveva essere poco più giovane di lui e nonostante la giovane età era risoluto e caparbio come pochi aveva conosciuto. Le sue conoscenze erano state probabilmente temprate da anni di letture e studi su quei libri che lui non amava particolarmente. Si sedette sul bracciolo del divano, spostando lo sguardo da prima sul camino e poi sul suo “padrone”.
Erano bastati pochissimi giorni per rendersi conto che la persona che molti temevano era solo un bislacco ed eccentrico ragazzo con grandi poteri magici e che di malvagio non sembrava avere proprio niente.
Scivolò sul divano e, allungando un braccio, afferrò il libro dal grembo dell’uomo. Non si svegliò. Dmitri rigirò tra le mani il volume ma non capiva in che lingua fosse scritto per cui, lo rimise sul tavolino di fronte a loro. Fuori la pioggia aveva iniziato a battere sulle finestre e lo scroscio dell’acqua ipnotizzante a modo suo, stava per mietere un'altra vittima.
Il cavaliere si chiese se le parole del mago durante lo spettacolo in strada di qualche giorno prima fossero vere. Quando un essere umano posa il suo sguardo su un mago o una strega di un certo livello, quest’ultimo cade vittima del suo fascino e si sente immediatamente attratto da lui o lei. Dmitri ripensò alla vecchia strega che aveva incontrato in giovane età e nessun tipo di desiderio era balenato in lui nonostante si ammazzasse di seghe quotidianamente. Ma lui, Mr. Blu, come voleva essere chiamato… Era di un altro livello. Allungò la mano ad appoggiare il pollice sulle labbra del ragazzo. Soffici. Ancora non capiva. Il mago era davanti a lui e nonostante questo non era caduto in uno stato di trance. Che avesse mentito? Ormai non c’erano dubbi a riguardo.
Con la coda dell’occhio notò la maglietta leggermente sollevata a causa della posizione e fissò quel lembo di pelle scoperta che ne emergeva. Candido come la neve.
Dmitri chiuse gli occhi e tornò a pensare in modo razionale. Scattò in piedi e sollevò di peso il giovane per portarlo nella sua camera da letto. Dopo aver varcato la soglia della stanza privata del mago, gli sembrò di essere finito in una dimensione parallela. Oggetti proveniente dalle epoche più disparate erano ordinati lungo le pareti della camera senza nessun apparente nesso logico. Un lieve profumo di tuberose si propagava da un mazzo di fiori freschi sulla scrivania in fondo alla stanza.
La cosa, o le cose, che tuttavia colpirono maggiormente l’attenzione dell’uomo, dopo aver deposto il corpo, furono una serie di oggetti lasciati sul comodino a fianco al letto. Un paio avevano la forma di un membro umano (o forse lo erano per davvero) ma i colori non erano molto naturali. Uno sembrava un conetto e un altro ancora ricordava un gancio ma, al tatto, sembrava morbido. Decise che avrebbe stuzzicato il padrone al suo risveglio; sicuramente si trattava di qualcosa che non tutti potevano usare. Forse erano delle bacchette magiche?
Con il dubbio insito nella sua mente, Dmitri uscì dalla stanza stringendo uno di quegli affari tra le mani. Scese nuovamente in salotto e, ispirato dall’oggetto che teneva tra le mani, pensò di fare qualche magia.
Posizionò una mela sul tavolino di fronte al camino. Si sedette sul divano e stringendo tra le mani la nuova bacchetta ordinò:
“Adesso… trasformati in un coniglio!”
Non successe niente. E non successe niente nemmeno le cinque volte successive. Stava per arrendersi quando, in un impeto d’ira stringendo toccò un rilievo della bacchetta e questa iniziò a vibrare.
“Ah! Non eri in funzione! Adesso… diventa un coniglio!”
Ma non successe niente di nuovo. Avvicinò la bacchetta al volto chiedendosi se fosse davvero una bacchetta ma il suo flusso di pensieri alla Joyce venne interrotto da dei pesanti tonfi alla porta. Dmitri scattò in piedi e guardò fuori dalla finestra vicino all’entrata per capire chi fosse. Due figure incappucciate erano chine sul portone.
“Chi siete?” domandò il cavaliere. Sperò che quell’arnese che aveva in mano potesse servire da arma visto che come oggetto magico lasciava a desiderare.
“Dmitri! Siamo Szabolcs e Agnéta! Presto apri la porta!” esclamò l’uomo facendo scendere il cappuccio sulle spalle.
Riconosciuti gli amici del villaggio, Dmitri aprì la porta e li fece accomodare. Giunti in prossimità del camino si tolsero le cappe zuppe e rivelarono l’involto rannicchiato tra le braccia del fabbro di Mészàrad. Kadir, il figlio della coppia, non doveva avere più di cinque anni e al vederlo quasi esanime a Dmitri venne un tuffo al cuore.
“Che è successo? Perché il bambino è così pallido!?” domandò apprensivo.
“Si è ammalato qualche giorno fa e non sappiamo più cosa fare. Respira a fatica e il medico ha detto che non c’è più niente da fare. Pensa che sia un problema con la testa. Dmitri, ti prego…” farfugliò Agnéta guardando negli occhi il cavaliere “…aiutaci. Intercedi con il mago. È nostro figlio…”
“Noi… non abbiamo molto. Ma faremo il possibile per sdebitarci…” mormorò il fabbro guardando il petto del bambino che si alzava e si abbassava.
“Aspettate qui. Il mago sta dormendo in questo momento!”
Con uno scatto felino, Dmitri si diresse nelle stanze del mago. Varcò la soglia e si accostò al letto. Nonostante il rumore fatto dai due concittadini, il ragazzo non si era mosso di un millimetro dalla posizione in cui lo aveva lasciato.
“Blu…. Mr. Blu? Sveglia… C’è bisogno di voi…” aiutandosi con la sua nuova arma vibrante, Dmitri iniziò a pungolare il mago sulla faccia dapprima con semplici pressioni per poi iniziare a infilzarlo ovunque. Il mago finalmente mugolò in segno di risposta e allargò le gambe senza rendersi conto di stare sognando.
“Uhm… si… fino in fondo…” Il petto del ragazzo si abbassava e si alzava più freneticamente di prima.
“Blu! Svegliati… Abbiamo visite! C’è bisogno del vostro intervento!” ma l’unica risposta che ottenne fu un leggero movimento di bacino e in quell’esatto momento a Dmitri fu chiaro l’utilizzo di quello che fino a quel momento aveva considerato un’arma. Fissò un punto vuoto davanti a sé e, prima di rendersene conto, si alzò, appoggiò le mani sulle spalle del ragazzo e animato da tutta la carità cristiana che poteva avere iniziò a scrollarlo come un sacco di farina.
“SVEGLIATI!!!”
Il mago aprì gli occhi come una principessa dopo un riposino all’ombra di un cipresso e vedendo la fronte madida di sudore di Dmitri gli chiese:
“Cosa fai in camera mia? E perché tieni in mano il mio vibratore?”
“Non è importante! Abbiamo visite, Blu! Ti prego, vieni a dare un’occhiata…”
L’uomo rinfoderò la sua arma di distruzione anale mentre il mago si sgranchiva e si accingeva a scendere le scale.
“Che sta succedendo, Dmitri? Stavo dormendo così bene e stavo facendo anche un sogno alquanto… interessante.”
“Già… ho un vago sospetto di sapere cosa steste sognando”
Arrivati in salotto, Mr. Blu guardò i due abitanti del borgo dall’alto in basso e, infine, fece cadere lo sguardo sul bambino febbricitante. Nel giro di poche ore le condizioni erano peggiorate e ora, in uno stato di semi-veglia, continuava a chiamare la madre. Blu si avvicinò a lui ancora di prima che gli rivolgessero la parola.
“Signor Mago…” l’uomo che teneva in braccio il bambino raccolse tutto il suo coraggio e fissò negli occhi il mago “…la prego. Nostro figlio è malato e non sappiamo cosa fare. Aiutateci, vi supplico”
“Puoi fare qualcosa?” domandò Dmitri che nel frattempo lo aveva raggiunto alle spalle.
Mr. Blu appoggiò una mano sulla fronte del bambino e, socchiudendo gli occhi, iniziò a scandagliare con la mente il corpo della piccola creature. Dalla testa ai piedi, ogni organo, ogni apparato venne scrutato come un reperto prezioso in cerca della causa della malattia.
“Portate il bambino nella stanza adiacente e depositatelo sul letto che troverete al suo interno. Dmitri, entrambi i signori devono lavarsi accuratamente nella doccia di servizio collegata alla stanza del bambino e cambiarsi di abito. Spiega loro come usarla. Nessuno potrà avere accesso al piccolo fino a mio ordine, sono stato chiaro?”
“Ma… guarirà? Il mio bambino…” la donna già in lacrime, afferrò una mano del mago in tono di supplica.
“Certo che guarirà ma ci vorrà del tempo! Presto!” incalzando il gruppo, Mr. Blu si diresse in cucina e iniziò a recuperare dai mobiletti la sua scorta di erbe medicinali che era certo gli sarebbe tornata utile. Zenzero, Gingseng, Echinacea purpurea e qualche foglia di Melissa. Se non fosse stato per l’infezione virale, avrebbe potuto tranquillamente perire per la mistura amara che stava per somministrargli. Dmitri, nel frattempo, eseguì diligentemente gli ordini del suo superiore e ancora una volta pensò a quanto fosse incredibile la prontezza di reazione del mago.
Al momento della creazione della casa, Mr. Blu aveva ipotizzato che un evento del genere potesse accadere. Aveva, pertanto, adibito l’area sinistra del pian terreno ad un mini-ospedaletto con un paio di lettini e un bagno privato per i suoi pazienti. La sindrome della crocerossina si era palesata in tutta la sua esuberanza e mentre i genitori del bambino osservavano il figlio da dietro una vetrata, Mr. Blu, si accinse a somministrargli l’estratto.
“Non sembra così male questo mago… Com’è viverci insieme?” domandò il fabbro a Dmitri che osservava rapito ogni mossa del suo superiore.
“Divertente per la verità!” sogghignò pensando ai momenti di imbarazzo che gli aveva causato.
“Ti ha mai fatto del male? O ti ha usato per qualche rituale?” domandò curiosa la donna, spostando lo sguardo al suo interlocutore.
“No, assolutamente no. Ditelo anche agli altri in paese. Per quanto possa sembrare strano, è una persona di buon cuore. Ne sono certo”
“Invece di star lì a fissarmi come un pezzo di legno, servi un pezzo di torta ai nostri ospiti! La trovi nel frigorifero. Ti ricordi cos’è?” lo canzonò il mago, rimboccandosi le maniche. Distese un braccio in mezzo alla stanza e, con un semplice movimento delle dita, piccole goccioline d’acqua iniziarono ad accumularsi sul palmo a formare una sfera. Quand’ebbe raggiunto la dimensione di un melone, avvicinò la sfera alla fronte del bambino iniziando ad intonare una lenta litania. Il gruppo restò immobile a fissare la scena prima di allontanarsi verso la cucina.
Passarono molte ore e, di tanto in tanto, il mago ripeteva la procedura di creazione della sfera d’acqua. Nessuno chiuse occhio fino a quando, alle prime luci dell’alba, il piccolo Kadir si destò.
“Dove mi trovo? Chi sei?” domandò con la bocca un po’ impastata.
“Chiamami Mr. Blu, mi sono preso cura di te mentre dormivi. Ti senti meglio?” domandò il mago seduto su uno sgabello vicino al letto.
“Si, sto bene… grazie. La mia mamma e il mio papà?”
“Sono qui ma prima di farli entrare devi bere tutto questo bicchiere di succo, ok?” domandò retorico porgendo il bicchiere al bambino. Dopo aver bevuto il succo ed essersi congedato dalla stanza, Mr. Blu andò a chiamare i genitori. Spiegò loro cosa fare e cosa non fare una volta entrati e che ci sarebbero voluti un paio di giorni per una guarigione completa. I due scoppiarono a piangere e abbracciarono di getto il mago che quasi non volò per terra dalla sorpresa. Mr. Blu lanciò uno sguardo d’intesa a Dmitri che, in silenzio, scandì un Grazie tra le labbra.
“Mi ritiro nelle mie stanze. Ci vediamo tra qualche ora!”
Per i due giorni successivi, il fabbro e sua moglie si alternarono al capezzale del figlio fino a quando, provata la guarigione, non venne dimesso e poterono tornare tutti insieme a casa. La notizia della guarigione del figlio del fabbro non ci mise molto a fare il giro del paese e presto, persone da ogni dove, si ritrovarono a bussare alla porta del fattucchiere gentile per una diagnosi, una cura o anche solo una fetta di dolce. Il signor Conte, turbato dal fatto che sempre più abitanti preferivano mettersi nelle mani di un mago piuttosto che in quelle del medico del paese, decise di mandare a chiamare l’uomo per chiedergli di cessare la sua attività.
Quel giorno Mr. Blu, dopo aver dimesso l’ultimo paziente, ritenne opportuno concedersi un momento di meritato riposo e, mentre Dmitri si occupava di sistemare l’infermeria, materializzò in piscina due golem svedesi esperti massaggiatori. Con l’ennesimo schiocco di dita fece apparire un lettino e in un battibaleno si abbandonò prono alle argillose mani dei due energumeni.
“Fammi capire una cosa… Se mi hai reclutato per fare i lavori di casa, perché non hai chiesto di una domest…. UOOO!!! Che succede?” domandò Dmitri arrivando in piscina con la cesta delle lenzuola sporche.
“Uhm… Cosa vuoi? Non vedi che sono impegnato…. Uhm si, proprio lì” mugugnò il mago, tornando a nascondere la testa nel lettino.
“Che cosa ti stanno facendo? E cosa sono… questi…cosi?”
“Uhm… Sono golem! Di argilla! Hanno dita affusolate e pigiano che è un piacere! Piano con quelle mani ragazzi!” Uno dei due golem aveva spostato l’asciugamano e aveva preso a massaggiare le natiche del mago. Dmitri si grattò la fronte sorridendo e, guardando in direzione del mago, disse:
“Pensavo che per quel tipo di massaggi avessi tutto l’occorrente sul tuo comodino?”
“Sono cose diverse… Piaceri diversi…Oh, sì…” uno dei due, toccò un punto alla base della testa che fece gemere il mago.
“Senza pudore vedo! Se volevi un massaggio, potevi anche chiederlo comunque…” bofonchiò Dmitri, portando la cesta in lavanderia a testa bassa.
“Magari la prossima volta…Ahhh” rispose Blu, senza darci troppo peso.
Per sua fortuna qualcuno bussò alla porta e poté così lasciarsi alle spalle quello spettacolo un po’ osceno. Sull’uscio due dei suoi ex-compagni d’armi si ergevano dritti e composti fissandolo negli occhi.
“Ragazzi! Qual buon vento! Cosa ci fate qui?”
“Dmitri, abbiamo un messaggio per il mago da parte del Conte. Dove possiamo essere ricevuti?”
Dmitrì riflettè un momento e fissò bene i volti dei suoi compagni. Non ci aveva mai fatto caso prima ma stando con il mago aveva iniziato a notare dettagli inutili… come il fatto che i suoi amici fossero di bell’aspetto.
“Seguitemi pure…” sogghignò, facendoli accomodare in piscina.
“Mr. Blu… abbiamo ospiti!”
“Ohh siii…. No, non adesso. L’ospedale è chiuso. Uhm…” biascicò il mago ormai del tutto
abbandonato alle mani dei suoi golem.
“Cosa diavolo sono quei mostri?” domandarono in coro i due soldati, sgranando gli occhi dalla sorpresa.
Mr. Blu sollevò appena lo sguardo per curiosità e, non appena ebbe odorato profumo di manzo, scattò in piedi per ricevere i suoi ospiti in modo adeguato. Indossò un accappatoio di seta lì vicino e si avvicinò ai due a braccia spalancate. Le gote leggermente arrossate e le labbra umide e piene per essersele morse fino a pochi istanti prima conferivano alla figura dell’uomo un aspetto surreale.
“Qual buon vento porta due valorosi soldati nella mia umile dimora?” esclamò goliardico.
Dopo un breve sguardo d’intesa, uno dei due prese la parola:
“Vostra signoria il Conte e la Contessa di Mészàrad richiedono la vostra presenza al castello per discutere delle vostre recenti attività di guaritore”
“In che termini esattamente?” domandò arraffando un chicco d’uva da un tavolino nei paraggi e facendolo sparire in bocca.
“Ciò che voi state facendo va contro la etica cristiana del nostro borgo. Cessate con le vostre dubbie attività” esordì l’altro soldato. Giovane, biondo e con occhi azzurri come il cielo d’estate. Di una bellezza innocente ma poca cosa messo vicino a Dmitri.
“Capisco…” ponderò accomodandosi su una sedia. Squadrò dall’alto in basso i due uomini mentre il filo di pensieri venne più volte interrotto dai gonfiori che trasparivano dalle loro patte dei pantaloni “Vedete, temo di essere particolarmente impegnato oggi ma non sia mai che venga rifiutato l’invito del signor conte. Dmitri, andrai tu al posto mio! Prenditi pure tutto il tempo che ti serve! Ti aspetto per cena” sorrise impavidamente ai due.
“Ma come… aspettate! Non potete rifiutarvi di…” esclamò Dmitri fissandolo negli occhi.
“Io non posso… Cosa?” esclamò il mago alzandosi in piedi molto lentamente e fissando negli occhi tutti e tre “Sia ben chiara una cosa qua dentro, Io faccio le regole. E quando dico No è NO! Chiaro?”
Gli occhi del mago si tinsero di un azzurro brillante mentre i due valorosi soldati si fecero sempre più piccoli davanti alla spaventosa figura che gli si parava di fronte. Dmitri, seppur intimidito, rimase immobile davanti a lui e lo fissò negli occhi. Era confuso. Provava timore ma allo stesso tempo sapeva che era un bluff e che non gli avrebbe fatto del male. I due ebbero uno scambio serrato di sguardi prima che Dmitri accettasse gli ordini del suo padrone.
Rimasto solo in casa, Mr. Blu si chiese se non avesse esagerato e per farsi perdonare si mise a preparare uno dei suoi famosi manicaretti. Riso, patate e cozze.
Dopo aver indossato il suo grembiule da cucina co-firmato da Suor Germana e Anna Moroni, la piccola Cenerentola del XXI secolo iniziò ad accumulare tutto il necessario sul tavolo quando qualcuno bussò alla porta.
“Due coglioni però…” esordì andando ad aprire “Sì?” domandò alla figura che si trovava di fronte. Una donna di mezz’età dai lunghi capelli corvini e un abito un po’ troppo elaborato per essere una popolana si palesò sull’uscio della casa del mago. Un viso aggraziato a cuore era incorniciato da degli splendidi boccoli e due occhi grigi con la roccia brillavano con il riverbero del sole del primo pomeriggio.
“Siete voi il mago di cui tanto si sente parlare in paese?” domandò con voce profonda
“Penso di sì… Cosa posso fare per voi, mia signora?”
“Oh Signor Mago, lieto di averla trovata. Ho un problema che mi affligge e vorrei il vostro consiglio. Posso accomodarmi?”
“Prego, venga a sedersi in cucina. Mi scusi il disordine ma stavo per iniziare le preparazioni per la cena”
“Di già?” domandò la donna, accomodandosi e guardandosi intorno con aria incuriosita.
“Il mio coinquilino mangia parecchio e oggi l’ho mandato a fare una cosa controvoglia. Preparerò qualche prelibatezza per la cena. Ma ditemi, come posso esservi utile?”
“Oh, bhè, è molto semplice per la verità. Vi sarei infinitamente grata se la smetteste di ficcanasare a Mészàrad e di elargire la vostra bontà a chiunque vi bussi alla porta. È disgustoso tutto questo buonismo.”
“Prego?” Il mago sgranò gli occhi fissando meglio la donna. C’era qualcosa di insolito in lei e dopo qualche secondo si rese conto di cosa fosse “Siete voi… voi siete la strega che ha lanciato l’incantesimo di sepoltura ancillare! Riconosco la vostra aura”
“Esatto… Sono proprio io e, vi ripeto, gradirei che ficcanasaste altrove”
“La cosa mi rende particolarmente curioso. Perché mai dovrei spostare i miei interessi via da Mészàrad, sentiamo?”
“Non saprei ma temo siate approdato nel luogo sbagliato al momento sbagliato”
“Punti di vista… In ogni caso, lungi dal mettere in naso nei vostri affari mia cara ma, vedi, il mio coinquilino potrebbe serbare qualche risentimento qualora non intervenissi in difesa dei suoi amici nel caso in cui dovreste far loro del male, per cui…”
“Questo è un altro problema che avrei il piacere di affrontare. Voi non siete di qui. Probabilmente venite da un altro tempo e questo è chiaro. Non capisco cosa vi spinga a prendervi a cuore queste persone per cui, fate un favore a me e a voi stesso, andate via. Cercate altrove… o sarà peggio per voi”
Mr. Blu soppesò l’offerta per otto lunghissimi secondi nei quali si riempì un bicchiere di prosecco prima di rispondere giulivo:
“E’ una minaccia? Perché non mi sono mai piaciute e non vedo che problema possiate avere con Dmitri”
“Chiamiamolo consiglio. Ho progetti molto ambiziosi per quel posto e… per Dmitri! Un uomo così dotato… non dovrebbe essere nelle mani del primo sgallettato che passa”
“Mi hanno insegnato a diffidare da chi fa troppi complimenti! Senti, non mi interessa dei tuoi piani o se vuoi sterminare tutti. Sappi che non mi piace combattere ma… se sono costretto, so come difendermi”
“Sterminare? Tu non capisci… io voglio preservare le bellezze di Mészàrad. Non esiste altro borgo per miglia e miglia che sia così. È un piccolo Eden dove i tronchi non escono dal terreno”
“Ora capisco!!!!” esclamò giulivo tracannando un sorso di vino “Sei una ninfomane! Vuoi ridurli tutti in schiavi sessuali… è così?”
“Arguto. Non succederà niente di male se collaboreranno e tutti potremo godere in abbondanza. Niente più malattie, niente più povertà. Uniti sotto un’unica bandiera… anzi più di una per sempre.”
“Il concetto è quello di un’orgia ma applicata ad un intero paese. Discutibile moralmente ma supersexy. Interessante… ma temo che non te lo permetteranno. E quando dico loro, in realtà intendo io!”
La donna si alzò in piedi con un largo sorriso stampato sulle labbra e, dopo un fugace sguardo al resto della casa, puntò i suoi occhi dritti sul mago.
“Te lo ripeto. Stanne fuori o te ne pentirai!”
“Aspetta che me lo segno” rispose il mago facendo finta di prendere nota a mezz’aria “È stato un piacere conoscerla, signora…?”
“Chiamami Hilda! È questo il nome che porterai con te nella tomba” e con quelle ultime e imperative parole, la strega si dissolse in un turbine di vento mettendo in subbuglio la cucina
“Brutta stronza! Questa me la paghi!”




N.d.A:
Carissimo lettore, con mio sommo dispiacere devo comunicarti che prima di un paio di settimane non mi sara' possibile caricare il nuovo capitolo.
Pubblico in anticipo il 4* sperando di fare cosa gradita e nell'attesa di rientrare in possesso del mio laptop, continuero' a scrivere su carta da buon amanuense.
Grazie per la pazienza e per essere arrivato fin qui nella lettura. Siamo al giro di boa di questa storia assurda e strampalata (...se ho calcolato bene il numero dei capitoli).
Un caloroso abbraccio.
Dynast_91
 

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Capitolo 5
*** Cortesie per gli ospiti ***


Capitolo 5

“Blu? Mi stai ascoltando… ho cercato di spiegare al Conte che le tue attività non sono di alcun danno alla vita di Mészàrad e che…”

Dmitri si fermò notando lo sguardo assente del mago fissare un punto invisibile sulla tovaglia. Da quando ero rientrato a casa, aveva percepito un’aria gelida e non in senso metaforico. L’incontro avuto quel pomeriggio presso la corte ebbe un che di surreale. Lui, una delle guardie fidate le conte, si era trovato a disquisire veementemente in difesa di una persona che conosceva da poche settimane. Eppure, sentiva fosse giusto prendere le sue parti, nonostante il modo in cui era stato trattato. Al di là di quello che tutti potevano dire o pensare, lui, Dmitri, era certo di essere nella ragione. La forza delle sue convinzioni gli strinse la gola e continuando a notare l’indifferenza del ragazzo, decise di agire in modo traumatico.
Scattò in piedi e con balzo felino avvinghiò le mani intorno al volto del mago prima di rapire le sue labbra in un bacio che Petrarca non avrebbe sicuramente mai descritto nelle sue Rime. Non durò molto e non per scelta sua, si trovò mesto a pensare. Il mago lo allontanò con un gesto della mano e tutto quello che gli restò in bocca fu la sensazione di doloroso gelo che si prova addentando un ghiacciolo.

“Che ti salta in mente?” esclamò il mago destandosi, finalmente, dai suoi pensieri.
“Noto con piacere che questo è servito a svegliarti… mi stavi ascoltando?”
“No…” mugolò chinando il capo “Scusami, sono un po’ distratto. Quando te ne sei andato è successa una cosa che non mi aspettavo…”
“Sarebbe?”

Mr. Blu ebbe un attimo di esitazione mentre fissava negli occhi il suo fidato coinquilino ma non ci volle molto prima che, preso un lungo respiro, raccontasse l’accaduto. Dmitri restò abbastanza scioccato nell’apprendere che il borgo e i suoi abitanti erano sotto il giogo di una strega che aveva intenzioni tutt’altro che innocenti per loro.

“C’è qualcosa… che tu possa fare?” domandò ad occhi sgranati, pregando per un sì.
“Ovviamente! Per chi mi hai preso… Non so se posso intervenire però. La situazione è più complicata di quello che pensi”
“Come sarebbe a dire che non puoi intervenire? Perché? Dimmelo!” lo pregò battendo i pugni sul tavolo con un colpo secco.
“Perché io vengo da un altro tempo! Dal XXI secolo per l’esattezza… hai idea di quello che può succedere modificando un’azione nel corso temporale. Oh, Cielo! Non so neanche da dove partire. Sarebbe un disastro! Quando si viaggia nel tempo bisogna tenere in considerazione molte cose ed è per quello che siamo in pochi a farlo. Troppe grane! Molto meglio prenotare un last-minute su Expedia o partire per un viaggio nell’universo!”
“Cos’è Expedia?” domandò Dmitri arricciando il naso “Blu, io forse non capirò a fondo tutti i tuoi segreti e i motivi che ti muovono… ma sappi che non ho intenzione di stare con le mani in mano mentre una vecchia megera vuole ridurre in schiavitù sessuale i miei compagni!”
Il mago socchiuse gli occhi e si abbandonò contro la scocca della sedia. L’indecisione sul da farsi lo stava consumando e la presa di posizione di Dmitri di certo non aiutava. Maledì mentalmente la sua amica per averlo cacciato in quel guaio quando ad un tratto ebbe un’idea. Se Didi l’aveva mandato lì forse non era solo per i bonazzi, forse aveva previsto quanto sarebbe successo… forse aveva già rivisto il basso medioevo sul suo Netflix. Si convinse del doppio gioco della sua amica e guardando Dmitri con un sorriso tronfio, esordì con un:
“Adesso, finisci la tua cena da bravo che mi servi per un lavoretto”
“Il lavoretto prevede l’utilizzo dei giocattoli che tieni sul comodino?”
“No, idiota! Non penso mica al sesso tutto il giorno! Che problemi hai?”
“Era per dire…” esclamò Dmitri recuperando le posate e riprendendo a cena. Non aveva ancora terminato il racconto della sua tragica esperienza presso la corte, così decise che valeva la pena riprendere da dove aveva lasciato.
***

“Ripensandoci bene non mi sei di particolare aiuto” esclamò il mago, avvicinandosi ad un laghetto non troppo distante dalla sua abitazione.
“E non potevi dirmelo prima? Avrei potuto starmene comodamente a casa a finire la torta al cioccolato!”
Dopo aver camminato per appena una decina di minuti, Dmitri era già sul piede di guerra con il suo superiore. Chi non lo sarebbe stato, in fondo? L’aveva costretto a trasportare due borsoni carichi di cianfrusaglie fino a quella radura quando con uno dei suoi schiocchi di dita avrebbe potuto fare tutto senza sforzo.
“Sei il solito ciccione! Adesso…” disse avvicinandosi ad una delle borse “… puoi decidere di andartene o stare qui a dormire per un po’. Non ci metterò molto ma… ti sarei grato se non guardassi!”
“E perché no?”
“Perché lo dico io e… se lo farai, ti trasformerai in merda di vacca per le prossime 24 h”
“Cosa? Non è vero… si vede che menti!”
“Ti si rimpicciolirà il pene di 10 cm!”
“Sarebbe comunque più grande del tuo. Menti di nuovo… perché non vuoi che guardi?”
“Ma che cazz…. Oh, al diavolo! Fai come ti pare… Ma se ricordi quello che è successo ai tuoi amici l’altro giorno in paese, bhè, non ti stupire se ti dovesse succedere lo stesso!”
“Sono più grande di te! Decido da solo! Sai ripensandoci… visto quello che hai detto prima, ho quasi 900 anni più di te, giusto?” domandò giulivo buttandosi per terra e incrociando le mani dietro la testa.
“Risposta errata, mio caro! Sono molto più vecchio di quello che sembra!” rispose il mago ridacchiando mentre afferrava un paio di enormi barattoli dalle borse.
“Mi stai dicendo che hai più di 900 anni?”
“Giusto qualcuno in più! Non sono molte le entità più vecchie di me… e la terra su cui sei seduto è una di queste! Fai quello che ti pare”
“Un giorno mi dirai chi sei veramente?” gli urlò mentre Blu si avvicinava alla riva senza rallentare.
Gli occhi di Dmitri si allargarono dallo stupore quando lo videro camminare sulla superficie dell’acqua. Raggiunto il centro del piccolo stagno, versò il contenuto del primo barattolo ai suoi piedi. Sembrava si trattasse per lo più di fiori e foglie... niente di particolarmente demoniaco. Il mago lanciò il barattolo verso riva e questo levitò fino alla borsa, appoggiandosi delicatamente sull’erba.
Mr. Blu sollevò il capo per vedere a che punto fosse il percorso della Luna nel cielo. L’allineamento doveva essere preciso per una migliore riuscita dell’incantesimo. Spesso, maghi e streghe dell’età contemporanea avevano perso il mistico senso di castare incantesimi nelle ore propizie. Troppo coinvolti dalla frenesia quotidiana, troppo consumati dal male di vivere.
Dovette attendere una quindicina di minuti per procedere al rituale di protezione della Luna. Al momento propizio, si liberò di tutti i suoi vestiti e, come il barattolo, li fece volare verso riva. Con la punta dell’alluce, increspò il riflesso della Luna sulla sul filo dell’acqua e, mentre gli occhi si tingevano del colore dei cieli d’estate, iniziò a recitare l’incantesimo. Il barattolo che teneva in mano fu scoperchiato e la grigia polvere che conteneva si illuminò sotto la luce lunare. Non ci volle molto perché questa, come mossa di propria volontà, uscisse dal contenitore come uno stormo di api avvolgendo il corpo del mago e propagandosi sopra e sotto di lui.
Dmitri osservò la scena in religioso silenzio. Trattenne persino il fiato per alcuni secondi quando il mago si denudò in mezzo al lago. Gli sembrava che persino il respiro fosse un rumore talmente assordante da rompere il sottile velo di magia che permeava la zona. Gli occhi erano fissi sulla nuca del mago e lentamente scivolarono sulle scapole e sui fianchi. Illuminati dalla luce della luna gli sembravano candidi e tersi di un’innocenza che non traspariva affatto dalle parole del ragazzo. Gli occhi scendevano a scandagliare ogni centimetro di pelle. Si sorprese di quella irrazionale fame che solo la vista di quel corpo riusciva a riempire. Come se stesse respirando ma con naso e bocca chiusi. Come se stesse bevendo, ad una fonte da cui pochi avevano avuto accesso. Qualcosa si accese in lui quando lo sguardo cadde sulle natiche del ragazzo. Deglutì sentendosi quasi a disagio. Non aveva mai provato niente del genere e forse gli ammonimenti del mago servivano proprio ad evitare quella situazione. Perché non gli aveva dato ascolto? Sentì qualcosa di molto più pericoloso gonfiarsi nei pantaloni e, finalmente, riuscì a spostare lo sguardo. Il suo corpo stava reagendo e non ne capiva il motivo. Non era mai stato attratto da un uomo. Aveva avuto avventure con alcune donne ma nessuna che le fosse mai rimasta particolarmente a cuore eppure ora, con questa persona bizzarra, senza tempo e con il senso dell’umorismo di una capra domestica, non riusciva più a riconoscersi.
Si concedeva in battute per attirare la sua attenzione.
Si riduceva a lavori più servili per accontentarlo.
Si prodigava per perorare le sue cause.
Solo per mettersi in mostra.
La polvere di stelle, così la soprannominò Dmitri, esplose in un turbinio continuando a girare intorno al mago quasi fosse il suo centro di gravità. Questi condusse alcuni gesti rituali con le mani continuando a pronunciare quelle parole di cui non capiva il significato. Sembravano davvero piccole stelle viste da un mondo lontano. All’improvviso la superficie dell’acqua intorno ai piedi del mago si scostò e le piccole stelle si avvicinarono sempre di più al corpo del ragazzo. L’acqua iniziò a sollevarsi come a rivestire uno spazio che a lui non era concesso vedere.
Mr. Blu si girò con le braccia spalancate e a Dmitri sembrò che per una frazione di secondo i loro sguardi si fossero incrociati. Con le mani direzionò l’acqua lentamente verso un punto sopra il suo capo. Il risultato finale fu una enorme bolla di acqua al cui interno la polvere brillante si incastonò a creare una nuova volta celeste. Dmitri ebbe un nuovo tracollo mentre divorava la facciata anteriore nel mago. Dalle clavicole fino ai piedi ebbe modo di nutrire la sua mente con una visuale ultraterrena. Si costrinse dopo alcuni istanti ad abbassare il capo e si fece su sé stesso, nascondendo il capo tra le braccia appoggiate alle ginocchia. Non avrebbe guardato oltre. Non l’avrebbe guardato in faccia un secondo di più. Almeno fino a quando quel problema tra le sue gambe non si sarebbe risolto. Dmitri si chiese se ai suoi amici vedere il mago in quel modo avesse fatto lo stesso effetto. Sentì un leggero crepitio e la litania che il mago stava recitando cessò. Alzò la testa e vide che i vestiti del mago stavano levitando verso di lui in acqua. Dmitri regolarizzò il respiro e penso a cose disgustose per farsi passare il disturbo creato dallo spettacolo.
“Che hai? Hai la fronte sudata!” domandò Mr. Blu, riponendo il barattolo in una delle borse.
“Solo un po’ di caldo… Che hai fatto esattamente?” cercò di cambiare discorso, sperando che parlando riuscisse a calmarsi.
“Si chiama Incantesimo di Protezione Lunare” rispose il mago, sedendosi sulle ginocchia e iniziando a preparare del te “Come si evince dal nome serve per proteggere qualcosa o qualcuno da una minaccia. Diciamo che ho usato una mia personalissima variante per proteggere Mészàrad… sei contento ora?” domandò socchiudendo gli occhi e soffiando sulla sua tazza di te caldo “Vuoi del te?”
Anche troppo contento pensò Dmitri, abbassando lo sguardo verso i pantaloni
“Non so cosa sia ma… no grazie! Sto bene così”
Fin da quando l’adolescenza era esplosa in lui anni e anni or sono, si era trovato spesso in situazioni imbarazzanti che coinvolgevano la sua natura maschile. Era stato molto fortunato, per così dire, e sua madre, qualche tempo prima di mancare, gli disse che aveva ereditato questo tratto dal padre. Nascondere certe evidenze era sempre stata un’ardua impresa e, talvolta, molti degli stratagemmi adottati si rivelavano fallimenti epici. Da quando si era unito alla guardia reale, i problemi si erano mitigati. Qualche battuta al mattino ma niente di troppo spinto, considerando che bene o male erano tutti sulla stessa barca e il remo più grande lo teneva lui. Si chiese se Mr. Blu era a conoscenza di questa sua dotazione e, il pensiero che l’avesse scelto solo per quello, gli ottenebrò lo sguardo per alcuni istanti.
“É una bevanda incredibile…” rispose il mago, fissando le stelle “… potrei berne a boiler ma temo che finirei a fare la nuova versione del Manneken Pis a Bruxelles se lo facessi davvero!”
“Sembra divertente… dovresti provare!”
“A fare la statua di un bimbo che urina in una delle città più significative del mio secolo. Anche no… e poi dovrei mostrare le mie grazie a mezzo mondo. Come ti salta in mente?”
Dmitri scoppiò a ridere e, sentendo che la sua grazia stava tornando il letargo, esclamò:
“Non è forse quello che hai appena fatto?”
“É diverso! Questi incantesimi sono fortemente legati alla Natura e bisogna essere in comunione completa con l’ambiente circostante. Niente tessuti o altre cose che ingombrino il contatto. Sono le regole… Scommetto che ti sei goduto lo spettacolo. Porco!”
“Cosa ti salta in mente? Sono stato qua seduto a farmi i fatti miei tutto il tempo!”
“Si come no… Va bhè! Torniamo a casa che ho sonno!
Si alzarono e, con estrema gioia di Dmitri, tutto era tornato nella norma. Si punzecchiarono fino al ritorno nella loro tenuta prima di separarsi per andare a dormire.
“Quello che hai fatto per il Borgo… Grazie, Blu”
“Non sappiamo nemmeno se funzionerà. Aspetta a ringraziarmi. Noches...”
Dmitri fissò la figura ilare del mago andarsene lungo il corridoio e i suoi occhi furano attratti dal profilo delle natiche sotto i suoi pantaloni. Si defilò in camera sua, chiudendosi la porta alle spalle e appoggiandocisi contro. Socchiuse gli occhi mentre un sospiro esasperato usciva dalle narici. Sollevò appena lo sguardo, fissandosi tra le gambe. Qualcuno non aveva gradito il fatto di essere stato messo a tacere e adesso reclamava attenzioni. Arraffò un paio di fazzoletti e, dopo essersi denudato, si occupò del suo ingente problema. Rievocò alla memoria le immagini di poco prima, immaginandosi di toccare ogni lembo di pelle con le sue mani. Di farle sue. Un insano desiderio di possessione lo pervase e proprio all’apice di quel impulso che gli strinse in gola, venne di piacere sul suo addome. Resto a fissare il soffitto. Stanco e, nonostante tutto, insoddisfatto. No, non era per niente come quella volta al borgo con i suoi amici. La situazione era diversa… molto più dura per certi versi. Si ripulì e si sforzò di dormire, promettendo a sé stesso che avrebbe trovato un modo per gestire la situazione.
***
All’alba dell’indomani, Dmitri, che non aveva chiuso occhio, decise di mettere in atto il suo piano. Camminando sulle punte, si diresse verso la cucina per allestire la migliore colazione che avesse mai preparato. Dopo aver terminato le preparazioni, avrebbe dovuto posizionarsi in giardino con vista tavolo a fare alcuni piegamenti, così che il mago non potesse non notare la sua presenza. A torso nudo. Sudato… non necessariamente sudato magari, anche solo un po’ d’acqua sarebbe stata sufficiente a dare l’impressione. L’avrebbe conquistato ancora prima del pranzo. Al suo arrivo in cucina, tuttavia, fu abbastanza chiaro che i suoi piani avrebbero dovuto seguire una strada diversa. Pentole e posate, cucchiai e barattoli di marmellate volteggiavano in aria quasi fossero dotate di vita propria intenti ovviamente a sabotarlo. Una tazzina colma di un liquido nero si avvicinò a lui ma temendo si trattasse della solita bevanda futuristica, decise di allontanarla con un gesto della mano. Dmitrì fissò l’esterno della villetta con aria affranta quando la sua attenzione venne catturata da un prato non troppo lontano. Fiori. Alle donne piacciono i fiori. Si chiese se anche agli uomini piacessero. Con uno scatto felino, si lanciò in direzione del prato ma furono sufficienti pochi passi per frenare il suo entusiasmo. La vetrata del salotto era chiusa e Dmitri, che ancora non aveva particolare familiarità con le portefinestre, vi si schiantò contro come in una scena da fumetto. Tese l’orecchio verso il piano superiore cercando di carpire qualche rumore che annunciasse il risveglio del mago e non appena fu certo che nemmeno l’annuncio di una guerra imminente l’avrebbe destato, si catapultò a raccogliere i fiori. Conquistato il suo obiettivo, non senza pochi problemi (uno sciame d’api stava allegramente pasteggiando proprio in quel campo e in quel momento), depositò il mazzetto in un vaso e, già sudato dalla testa ai piedi, si mise nella posizione progettata davanti al tavolo da pranzo.
Mr. Blu stiracchiò le braccia e si beò i primi raggi di sole sulla pelle. La consapevolezza di aver fatto una buona azione lo riempiva di orgoglio e l’aver fatto felice Dmitri lo rallegrava forse ancora di più. Era certo che la notte prima avesse sbirciato ma non era stato abbastanza arguto da notare alcune potenziali difficoltà tra le gambe del coinquilino. Si chiese se il suo fascino stesse perdendo impatto. Si ravvivò i capelli e mentre per la casa partiva “It’s raining men” di Geri Halliwell per annunciare il suo risveglio, si incamminò verso la cucina. Come al solito Dmitri se la stava dormendo della grossa visto che non era ancora a tavola a divorare qualunque cosa ci fosse nei paraggi. Si sedette e cominciò a sbocconcellare un pancake quando la vista di Dmitri sudato a fare piegamenti in piscina gli causò un principio di soffocamento. Notando la difficoltà dell’uomo, Dmitri scattò in suo soccorso cercando di dargli dei colpetti sulla schiena per farlo riprendere.
“Tutto ok?” domandò il cavaliere piegandosi in ginocchio per guardarlo negli occhi.
“Si, adesso sì. Come mai sveglio… di così buon mattino…” mormorò il mago inducendo sui pettorali dell’uomo ad una distanza estremamente pericolosa.
“Mah… così… mi sono svegliato prima… ho pensato di allenarmi un po’ prima di colazione” e così dicendo si alzò in piedi lasciando in bella vista il promontorio che si profilava sotto il pantaloncino.
Mr. Blu deglutì ma tolse immediatamente lo sguardo (non voleva apparire come il maniaco che in realtà era) dedicandosi alla colazione.
“Sarai affamato… dopo tutta questa attività”
“Puoi dirlo! Sono molto… affamato!”
Dmitri non gli tolse gli occhi di dosso per un istante mentre si sedeva e riempiva meccanicamente il piatto di pancake. Ne aveva accumulati una quindicina prima che un cucchiaio di legno, sospeso in aria, gli tirasse un colpo sulla mano per fermarlo. Mr. Blu non si accorse di niente, troppo occupato a bere il suo caffè e a scrutare le notizie di Studio Aperto sulla sua sfera di cristallo.
“È così interessante quella palla?” domandò Dmitri stizzito che l’attenzione del mago non fosse su di lui o sui fiori che aveva colto.
“Uhm sì… sto guardando le ultime notizie del mio secolo. Il colore Pantone dell’anno è il Living Coral e l’ultima puntata de “L’isola dei Famosi” è stata una piccola bomba trash! Devo recuperarla al più presto!” Mr. Blu allontanò la sfera e alzò lo sguardo verso Dmitri che stava addentando un pancake come un cane con il suo osso. Lo sguardò si spostò verso il mazzo di fiori che non aveva ancora notato sul tavolo.
“Ah, questi fiori sono di una bellezza spaventosa… quasi quanto le loro proprietà farmacologiche. Grazie casa, è un modo carino per dirmi Schiatta, vecchia checca?”
“Ma… come spaventosi. Cosa significa?” domandò Dmitri, inghiottendo il pancake
“Oh, sì. Questo viola è Aconito napello, tutto velenoso… queste sono giunchiglie e poi abbiamo la Datura, le piccole Acquilegie e dei Bucaneve. Tutte queste piante contengono sostanze che, bhè…  diciamo che se non sono dosate correttamente, ti mandano al creatore!”
“Quindi… sono velenose?”
“Molto!”
Dmitri scattò in piedi a lavarsi le mani più in fretta che poté sperando di non essersi accidentalmente avvelenato nel tentativo di conquistare le attenzioni del mago. Mr. Blu, d’altro canto, restò scioccato alla reazione dell’uomo e non ci volle molto a capire che quel mazzo era stato raccolto dal disperato con le mani sotto l’acqua corrente.
“Dmitri… qualcosa mi dice che hai raccolto tu questi fiori?”
“Merda! Si, volevo fare qualcosa di carino per… ringraziarti e adesso mi dici che rischio le penne? Che palle!” si lagnò l’uomo intento a strofinarsi come a togliere la più resistente delle vernici. Mr. Blu scoppiò in una fragorosa risata prima di alzarsi in piedi a chiudere il rubinetto. Afferrò le mani dell’uomo e, dopo averle congiunte e racchiuse tra le sue (tutto dire visto che Dmitri aveva delle mani enormi), vi soffiò appena sopra. Dmitri percepì una brezza fredda penetrargli lungo la pelle ma non era certo si trattasse dell’alito del mago. Lo fissò negli occhi, erano molto vicini. Il mago gli sorrise ed esclamò:
“Stupidone! Ricorda che Sapere è Potere! Anche un fiore può mietere vittime se colto da mani inesperte!”
“Grazie…” mormorò Dmitri. Allargò le braccia stringendo il corpo del mago intorno a sé e affondando la testa nei suoi capelli. Il dolce profumo di miele dello shampoo del mago lo inebriò dalla testa ai piedi portandolo a non pensare niente che non fosse quel momento. Avrebbe dovuto spiegare il perché del suo gesto. Giustificarsi. Ma non riusciva a connettere in quel momento. Poche settimane. Pochissime settimane e quella persona era riuscita a insinuarsi sotto la sua pelle… come per magia. Dal canto suo, Mr. Blu era sorpreso per il gesto dell’uomo grande e grosso che, come un bambino, cercava affetto dopo lo spavento che si era preso. Cinse le braccia intorno alla sua nuda vita e per un momento si perse anche lui a contatto con la sua pelle… almeno fino a quando l’acre odore di sudore non iniziò a propagarsi dalle ascelle dell’uomo.
“Dmitri, puzzi! E sei ancora sudato… che schifo!” cercò di allontanarsi ma l’uomo non lo lasciava andare.
“Dmitri!”
“Ah? Ah, si scusa… Mi sono… preso un bello spavento! Ehehe” ridacchiò portandosi una mano dietro la testa “Ok, prometto di non fare più cose del genere!”
“Vai a lavarti che dobbiamo andare in paese! Mi serve qualche erba per i miei rimedi!”
“Agli ordini!” Dmitri si dileguò appena in tempo per non dare modo a Mr. Blu di notare il rossore sulle sue gote.

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Capitolo 6
*** Magical Mean Girls ***


Capitolo 6

Quando Barnabàs e il figlio Konràd erano usciti per portare il gregge di pecore al pascolo quel mattino mai si sarebbero aspettati di dover fare i conti con la possibilità che la loro abitazione al ritorno sarebbe stata nient’altro che un cumulo di macerie. Ormai prossimi ai piedi del piccolo monte Testa di Volpe (così era stato soprannominato dai locali), videro sfrecciare sopra le loro teste un banco di nubi nere e minacciose che, ad una velocità decisamente innaturale, si dirigevano da dove erano venuti. I due si guardarono in faccia sgomenti ma non sapendo cosa fare o se doversi preoccupare, preferirono addentare un boccone di pane e formaggio e procedere fino alle rive più vicine del fiume Koros.

Ben presto, le nubi ammantarono quasi tutta la regione e, quando il peggio sembrò passato, delle grida di disperazione si propagarono in ogni direzione. Agghiaccianti e di un acuto sovrannaturale, le urla si intensificarono ancora di più sopra il borgo di Mészàrad, causando il terrore dei contadini che si ritirarono in fretta e furia all’interno delle mura.

“Dove sono? DOVE SONO FINITI? CHE NE HAI FATTO, VILE? ME LA PAGHERAI!” le urla di donna proveniente dai cirri si propagarono in ogni via e in ogni casa della piccola cittadina. Bambini che piangevano avvolti dalle braccia materne e rinchiusi in casa dal terrore mentre gli uomini, quei pochi che avevano avuto l’ardire di restare in strada, imbracciavano forche e zappe verso il cielo. La milizia del conte non tardò ad uscire dalla cittadella, ordinata e splendente nelle armature fresche di lucidatura. Si stavano dirigendo verso le porte principali del borgo quando il loro cammino fu interrotto da un ambiguo mago e il suo valoroso schiavetto.

“Che razza di affare mi hai fatto fare? L’ho pagato di più dell’altra volta! Sei veramente inutile, Dmitri!”

“Non è colpa mia se ti metti in mezzo mentre cerco di trattare sul prezzo. L’avrai spaventato! Comunque, che cos’è sto rumore?”

“Ah, certo! Sarebbe colpa mia adesso! A giudicare dalle nuvole comparse all’improvviso, penso sia quella vecchia baldracca che mi ha messo sottosopra la cucina”

“E cosa vuole adesso?”

“Andiamo a scoprirlo!” rispose il mago, facendogli l’occhiolino.

Il suo sguardo cadde sul piccolo esercito che si stava avvicinando e Mr. Blu non poté far a meno di notare che in armatura, tutti quegli uomini, erano ancora più belli. Sembravano appena usciti da un video porno della Belami. Si morse il labbro e con un cenno delle mani, li invitò a rientrare nella cittadella. A Dmitri non sfuggirono le attenzioni del mago e, sollevati gli occhi al cielo, riprese a seguire l’uomo che adesso si stava avviando verso l’ingresso del paese.

“Dmitri, saresti così gentile da aspettarmi dentro le mura? Ho paura che la nostra amica non sia ben disposta oggi… Forse è in pre-ciclo o forse è solo un po’ costipata!? Chi lo sa?”

“Ho il vago sentore che ci sia il tuo zampino. Centra qualcosa l’incantesimo di ieri sera?” domandò titubante.

“La tua mancanza di fiducia mi ferisce nel profondo… Ovvio che c’è il mio zampino! Adesso, stai qui che ci penso io!” rispose il mago mettendo in braccio al cavaliere un sacco pieno di piante fresche.

“Blu…” Dmitri si fermò a guardarlo negli occhi.

“Che c’è hai paura che mi faccia male? Che tenero!”

“Smettila… e stai attento. Potrei sentirmi in colpa se ti succedesse qualcosa… e non mi va”

“Ma falla finita!” volgendo le spalle all’uomo, Mr. Blu varcò il portone di ingresso del borgo avviandosi verso la campagna circostante.

Vien ora da precisare che la disperazione della strega era legata al fatto di aver perso dalla sua sfera di cristallo satellitare la posizione di Mészàrad e la possibilità di muoversi in modo interattivo per le sue strade e spiarne gli abitanti… soprattutto quelli di sesso maschile.

“Ehy Milfona! Cos’è tutto sto casino? Ero alle prese con una proficua sessione di shopping e mi hai disturbato. Cosa vuoi?” domandò il mago rivolto verso il cielo. Alcuni uomini dall’interno del paese osservarono sgomenti il ragazzo parlare da solo.

“TU! Lo sapevo che c’era il tuo zampino! Da dove sbuchi? Che ne hai fatto di Mészàrad? Dove sono tutti?”

Un gruppo di cirri appena sopra la testa del mago iniziò a vorticare su sé stesso come in un principio di uragano per condensarsi infine in una figura di donna. Questa si materializzò a qualche metro di distanza dal mago per poterlo fissare bene negli occhi.

“È un incantesimo di occultamento? Rispondi! Cosa ne hai fatto?”

“Non so di cosa tu stia parlando, vecchia mia. Io non ho fatto proprio niente!” rispose sorridendo.

“Pensi che sia stupida? Hai reso inaccessibile alla mia vista e ai miei poteri il borgo! Lo sento, il puzzo disgustoso della tua magia! Preparati a bere il tuo sangue! Ti ucciderò e annullerò l’incantesimo che hai lanciato e finalmente farò miei schiavi tutti gli abitanti del paese!”

La strega allargò le braccia mentre i suoi occhi si tingevano del colore della notte. Un leggero crepitio si propagò tra le nubi poco prima che le stesse iniziassero letteralmente a cadere dal cielo. Le morbide sfere di acqua condensata presero la forma di soldati armati dai volti inesistenti e dalle armi per niente inoffensive. Un ghigno si dipinse sul volto della strega mentre, levitando a mezz’aria, ordinava all’orda di diecimila soldati di attaccare il mago.

Gli abitanti iniziarono ad affollarsi per le strade per avere una migliore visuale di quello che stava succedendo al di fuori delle mura. Dmitri con la bocca serrata aveva occhi solo per una persona che, nonostante l’esercito nemico, era intento a guardarsi se la manicure della mattina si era già guastata o no.

“Adesso ti cancello dalla faccia quell’espressione di indifferenza! Uccidetelo!” gridò materializzando nelle sue mani delle sfere di elettricità statica. Avrebbe alternato un colpo dietro l’altro fino a ridurlo in cenere, senza dargli la possibilità di difendersi.

“Non possiamo risolvere la cosa da persone civili? Non mi piace combattere! I capelli mi diventano ingestibili…”

“MA PENSA A SALVARCI IL CULO! NON AI TUOI CAPELLI!”

Dmitri perse la calma e inveì da dietro le mura del borgo. Si sentiva inerme. Avrebbe voluto scendere in prima fila per combattere la strega e difendere la sua amata cittadina ma era perfettamente conscio che non aveva le armi e le capacità per affrontare un nemico del genere. Ad un tratto sentì una mano sulla spalla e, non appena si girò, vide il capo della piccola milizia che scuoteva la testa.

“Ti fidi di lui?” gli domandò con un tono di voce piatto

“Ciecamente!”

“Eh allora lascialo fare”

Mr. Blu non era rimasto indifferente alle parole del suo cavaliere e, dopo un fugace sguardo alle mura, si voltò verso l’armata. Questa nel frattempo, l’aveva circondato ed era pronta ad eseguire gli ordini della padrona. Il mago fece un sospiro e capì di non avere scelta. Alzò lo sguardo verso la strega, notando le scariche di elettricità nelle mani. Sollevò istintivamente una mano e la richiuse di scatto portandola verso il basso. La strega precipitò a rotta di collo verso il terreno senza rendersene conto. Con l’altra mano, il mago disperse la milizia come se avesse appena scacciato una mosca. La strega inorridì quando alzato lo sguardo vide gli occhi color acquamarina del ragazzo.

“Se pensavi di potermi attaccare con un esercito fatto d’acqua condensata, hai capito proprio male”

La strega sorrise alzandosi in piedi “Sei un Mago dell’Acqua, devo dedurre… mi è andata male. Ma questa volta non sbaglierò!”. Alzò un braccio e dalla terra sotto i suoi piedi un intricato groviglio di rampicanti emerse per scagliarsi contro il mago. Nuovamente l’attacco andò a vuoto. Con una sola occhiata, tutti i rampicanti vennero congelati e mandati in frantumi. La strega non demorse e ancora prima che l’attacco fallisse, materializzò due spettri degli Inferi che inviò contro il nemico. Mr. Blu ebbe appena una frazione di secondo per notarli e schivare le loro falci, librandosi in aria. Questi lo inseguirono fino alle nuvole più basse prima di essere dispersi da due raggi di luce divina evocati dallo stesso mago. La strega approfittò del momento di distrazione del mago per colpirlo alle spalle con una scarica di fulmini. Il ragazzo incassò il colpo e precipitò per una frazione di secondo prima di atterrare con una piroetta sulla punta di un piede. Preso il respiro, richiamò a sé l’acqua precedentemente dispersa dalle nuvole e la convogliò a formare due enormi draghi. Nessuno dei due aveva bisogno di parlare e inveire contro l’altro. Solo sguardi, carichi di tensione e volti a studiare la successiva mossa dell’avversario. Mr. Blu, dal canto suo, riteneva ammirevole l’attaccamento della strega verso il borgo. Era consapevole che Hilda non era alla sua altezza ma non poteva, o meglio, non voleva dare l’impressione di non prenderla seriamente.

La strega evocò un uragano per disperdere i draghi mentre con le mani giunte a castare un incantesimo si preparò alla mossa successiva. Mr. Blu sollevò gli occhi immaginando che la sua messa in piega era andata a farsi benedire e senza pensarci troppo con un gesto della mano, allontanò il tornado dalla sua strada. La strega scoppiò a ridere.

“Sei sicuro della tua scelta?”

Blu si fece scuro in volto guardando il tornado. Senza pensarci aveva diretto l’uragano proprio verso il borgo che sfortunatamente non era immune a tutte le magie. Diede le spalle alla strega e si lanciò all’inseguimento della tromba d’aria per fermarne il moto senza creare danni e, proprio in quel momento, la donna ne approfittò per lanciare un cannone di energia magica dalle mani. Blu sollevò una mano per fermarlo mentre con l’altra cercava di rallentare il flusso d’aria. Gli abitanti gridavano dalla paura ma nonostante questo nessuno scappava o toglieva lo sguardo da quel giovane e bizzarro uomo. E poi successe in un momento. Una frazione di secondo. Un attimo, nuovamente inaspettato per il mago proveniente dal futuro.

L’aletta di una freccia fece capolino proprio in mezzo al suo petto. Blu abbassò lo sguardo per guardarla bene mentre il dolore si propagava lungo il corpo; lo sollevò nuovamente e ciò che vide non lo sorprese più di tanto. Ad una distanza non troppo significativa, il grasso Padre Janòs stringeva tra le grassocce dita un arco e, con un sorriso compiaciuto stampato in volto, guardava il successo del suo operato. Mr. Blu si chiese se avessero pianificato tutto dall’inizio o se l’attacco dell’uomo fosse il frutto di una lieta coincidenza. Non v’era dubbio che i due fossero in combutta e qualche sospetto era già emerso nella mente del mago. Con un gesto secco della mano disperse l’uragano e l’impatto che ne seguì fu fatale anche per il parroco di Mészàrad che precipitò dalle mura tra le urla di disperazione. Blu cercò di mantenere un minimo di lucidità mentre atterrava nonostante i continui attacchi e le risa della donna. Raccogliendo un po’ di energia, riuscì a deviare l’ultimo attacco verso il cielo. Ridotto a quattro zampe e quasi sulla soglia del portone di ingresso del paese, Blu iniziò a pensare a come avrebbe potuto dipanarsi da quella situazione nel modo più discreto… ma nulla gli passò per la mente. Si sedette sulle ginocchia giusto in tempo per vedere la strega che avanzava verso di lui. Stringendo i denti e con il respiro affannato, afferrò la freccia cercando di spezzarla ma il suo corpo faticava a rispondere. Che fosse avvelenata? Lo smaltimento del veleno richiedeva più tempo e non ne aveva molto. Ad un tratto sentì delle mani sulle spalle e quando si voltò vide Dmitri con un’espressione fredda sul volto. Distaccato.

“Non ti muovere” disse il cavaliere afferrando l’asta che usciva dalla schiena e spezzandola in due.

“Ti avevo… detto… di stare… dentro le mura…” singhiozzò il mago prima di urlare.

“Non faccio sempre quello che mi si dice” con la mano Dmitri fece uscire la parte incastrata nel petto ma una piccola spina si incastrò nel dito facendolo gemere. Fu costretto ad usare i denti per rimuoverla e così facendo assaporò il sapore insolitamente dolce del mago.

“Non lo fai mai!”

“Una scena commovente. Non c’è che dire. Sarà mio estremo piacere trasformare Dmitri nel mio primo schiavo! Addio, inutile mago” esclamò la strega.

Schioccando le dita aveva attirato a sé il cavaliere che stringeva per il collo. Inutili furono i tentativi di Dmitri di divincolarsi. Gli occhi della donna divennero di un verde acceso mentre cercava di catturare lo sguardo del cavaliere per ipnotizzarlo.

“Adesso mi hai rotto veramente i coglioni!”

Blu si alzò in piedi come se niente fosse sotto gli sguardi attoniti della strega, del cavaliere e dei cittadini che, non troppo distanti da loro, osservavano rapiti divorando pezzi di pane e carne essiccata (tanta era la fame generata dalla tensione del momento). La ferita nel petto si stava rimarginando sotto i loro occhi ad una velocità fuori controllo, persino per il mondo magico.

“Questo non è possibile! Dovresti essere morto!”

“I vantaggi dell’immortalità, mia cara!” gli occhi del mago passarono da un tiepido celeste ad un blu sempre più scuro e cupo come le profondità degli abissi. Sbattendo le ciglia, smaterializzò Dmitri dalle mani della strega per farlo apparire alle proprie spalle. La terra iniziò a tremare. Le nuvole in cielo si addensarono ancor di più se possibile e la temperatura nell’area circostante al borgo di Mészàrad si abbassò improvvisamente. Sollevato un palmo, la donna finì a gambe all’aria mentre la terra intorno ai piedi del mago prese a ghiacciarsi. Degli strali di ghiaccio emersero e si lanciarono alla volta della donna che non si aspettava uno sviluppo del genere. La afferrarono per le braccia e per le gambe e, mentre assumevano la forma di rovi, le prime rose presero a fiorire conficcando le spine nella carne della strega.

“Il giardino delle rose di ghiaccio! È… uno dei sigilli imperiali dell’Aquarius… non può essere, non è possibile…”

“Se stai per avere una rivelazione in stile Bella Swan, sappi che io non sono un Vampiro e non brillo al sole!”

“Tu… Tu sei una delle reincarnazioni dell’Aquarius! L’imperatore degli oceani… Uno degli imperatori della magia!”

Hilda iniziò a tremare. Non per il freddo che aveva preso a torturarla come aghi sottili su tutta la pelle o per le spine che la stavano letteralmente lacerando, ma per il terrore. Puro terrore. Se aveva ragione, la persona che aveva davanti era capace di prodezze che nemmeno poteva immaginare e lei l’aveva ferito quasi mortalmente.

Blu, in tutta risposta, catturò lo sguardo della strega e di lì a pochi secondi, le grida di dolore della donna trapassarono le anime degli abitanti del paese quasi condividessero la stessa sorte. Passarono pochi minuti prima che esausta e con il capo a penzoloni la donna invocasse pietà.

“Avrai salva la vita… ma ad una condizione” così dicendo sollevò una mano e dei simboli che Hilda non conosceva iniziarono a scavare le sue carni “Non ti sarà mai più permesso di avvicinarti a Mészàrad. Metterai la tua magia al servizio del prossimo e qualsiasi tentativo di sovvertire nuovamente alle regole del mondo della magia, sarà pagato con la vita”

La prigione di ghiaccio in cui Hilda era intrappolata si disperse e questa cadde a terra come un consunto sacco di patate. Sollevando lo sguardo, vide il borgo di Mészàrad apparirle come se un refolo d’aria avesse spazzato via la coltre che lo celava. Subito dopo posò lo sguardo sulla figura che le si imponeva davanti. Non aveva parole per descriverne la minacciosità. Mai come in quel momento pensò che il proverbio Le acque chete sono le più pericolose fosse quanto mai azzeccato per il mago.

“Vi ringrazio per avermi risparmiato, mio signore” biascicò accartocciandosi su sé stessa.

“Sparisci dalla mia vista! ORA!” un boato esplose nel cielo disperdendo le nuvole e rischiarando la tiepida giornata nelle campagne del regno d’ Ungheria. Gli occhi del mago assunsero nuovamente un colore normale mentre la strega svaniva in un turbine di polvere.

“Stai bene?” domandò Dmitri rimasto fino ad allora in religioso silenzio. Si ripromise di non far arrabbiare mai quella figura minacciosa con cui abitava.

“Dovrei chiedertelo io… A proposito? Dove hai lasciato il sacco con le erbe?”

“Merda…” fece un cenno verso il portone ma prima che potesse aggiungere altro le urla di Blu presero il sopravvento.

“DMITRIIIIIIII!!!!”

***

La disfatta della strega e la presa di coscienza legata alle buone intenzioni del mago, spinsero sua signoria il conte Alexander Imre Fenec II dei Dohnányi ad indire una grande festa per tutta Mészàrad. A partire dal tramonto canti e balli furono intonati nella piazza principale dove una grande tavolata con in mezzo il conte e Mr. Blu seduto alla sua sinistra capeggiava il banchetto e le celebrazioni. Una gara di bevute fu indetta vicino alla piccola pira che ardeva di fronte alla tavola e nemmeno un intero plotone di soldati e fidati commensali della taverna L’Ugola di Ugo furono in grado di detronizzare sua signoria la contessa dal suo primato di Prima Bevitrice del Borgo. Come per sottolineare la sua vittoria, la contessa Ròsa Orsolya ringrazio i partecipanti emettendo un rutto talmente potente da ribaltare gli altri concorrenti dalle loro seggiole.

Tante risate quanto alcol scorrevano a fiumi per il borgo, Mr. Blu ormai già alticcio brindava con il conte parlando di greggi, di pastorizia e della situazione politica locale… il tutto condito da becero gossip di provincia e commenti poco onorevoli su dame e signori locali. La contessa, meno sbronza del dovuto, richiamò entrambi al centro della piazza per ballare e i due non mancarono di seguirla. Mr. Blu fece un cenno a Dmitri che per tutta la durata della festa era rimasto in silenzio godendosi quasi passivamente i festeggiamenti. Di tanto in tanto lanciava uno sguardo al mago, sogghignando alla vista delle sue gote rosee e inebriate dal vino. I suoi pensieri erano perennemente disturbati da un nugolo di fanciulle che pregavano per le sue attenzioni, per un ballo o anche solo per vedere un centimetro di pelle in più. Quando lo vide dimenarsi sotto le note delle ballate locali riuscì a rasserenarsi quel tanto da poter conversare amabilmente con alcuni dei suoi vecchi compagni.

“Avete visto come si diverte il mago!” esclamò uno indicandolo con il calice

“Già, sembra quasi normale… quasi ovviamente!” scoppiò a ridere un altro, tracannando un sorso di birra dal suo boccale.

“E sembra che abbia attirato l’attenzione di diverse… ragazze!”

A quelle parole, Dmitri si voltò di scatto notando come un gruppo di impavide contadine si fosse messo a ballare in modo sensuale intorno al mago. Una, probabilmente, era riuscita a slegare i laccetti della camicia del mago perché buona parte del petto era alla mercé di quel trio. Un’altra ancora, reggendo una caraffa, si premurò di riempire il boccale del mago in modo da non lasciarlo mai completamente a secco. In tutto questo il mago, forse in minima parte conscio dei tentativi di seduzione delle ragazze, biascicava cose ai più incomprensibili:

“Tu hai la faccia da Charlotte e tu sei proprio come quella cavalla golosa di Carrie! Te lo leggo negli occhi e tu… o che pazzerella, tu mi ricordi tanto Samantha!” esclamò puntando una ragazza bionda con i capelli a caschetto “Adesso ragazze, cantiamo tutte insieme:

Grande festa alla corte di Mészàrad,
c’è nel regno una vacca in più,
bruni capelli e rosa di guancia,
Tim…Blu ti chiamerai tu!

 Oppure possiamo cantare questa! Dedicata alla nostra amica telespettatrice Hilda, la strega

Oh
Go on now, go, walk out the door
Just turn around now
‘Cause you’re not welcome anymore
Weren’t you the one who tried to break me with a goodbye
Do you think I’d crumble
Did you think I’d lay down and die?

Oh, no, not, I will surviveee….”

Senza accorgersene il volume della musica si era via via affievolito e le persone ascoltavano come ipnotizzati le parole del mago. Tra un passo di danza e l’altro, continuava ad inneggiare una magnifica Gloria Gaynor e quando riaprì gli occhi si ritrovò completamente circondato da persone con gli occhi quasi vitrei che lo fissavano a braccia tese, per agguantarlo o anche solo carpire un briciolo di quell’effimera esistenza.

“Merda, mi sono distratto…” mormorò deglutendo una buona sorsata di vino.

“Smettetela subito! Giù le mani!” Dmitri avanzava impavido tirando sberle come fosse in un medievale reboot di Lino Banfi in Vieni avanti cretino ed aprendosi una strada verso il mago. Giunto di fronte a lui, lo afferrò per la vita e lo tirò fuori da quella bolgia infernale.

“Che hai combinato? Perché sono così strani e… perché tutti gli uomini sono visibilmente eccitati?” domandò Dmitri scaraventando Blu sul tavolo e allontanando i molesti zombie-eccitati che volevano tuffarsi a bomba sul mago.

“È una storia lunga. Ho bevuto troppo e mentre cantavo li ho ipnotizzati… sai, come fanno le sirene. Dammi un attimo e rimedio!” esclamò il mago prima di scoppiare a ridere vedendo le montagnole di tessuto spuntare dai pantaloni degli uomini e i capezzoli turgidi dalle camicette delle donne.

“E come pensi di fare? Scopandoteli tutti?” domandò cinico e con lo sguardo adirato.

“Che villano! Ovvio che no… Verba omnes liberant” mormorò prima di schioccare le dita. Le persone si destarono dalla loro trance e si guardarono in torno un po’ straniti… soprattutto alle loro parti basse, più vive che mai.

“Per te la festa finisce qui! Andiamo a casa. Hai bevuto abbastanza!” esclamò risoluto Dmitri, afferrando di peso il mago e caricandoselo in spalla.

“Manco fossimo a X-Factor…Oh, che fai! Mettimi giù!”

Dmitri si congedò per entrambi al cospetto del conte e di sua signoria la contessa, la quale dormiva già della grossa sullo scranno che le era stato preparato e non si era minimamente accorta di quanto appena accaduto.

Sulla strada del ritorno, inutili furono le lamentele del mago di rimetterlo a terra. Dmitri caricava come un toro verso la loro abitazione.

“Comunque è davvero strano che tu non sia caduto vittima della mia ipnosi musicale”

“Già... strano…”

“Non hai idea di quanto sforzo ci richieda vivere con i mortali senza che siano costantemente vittime del nostro fascino”

“Non penso che la strega Hilda sia mai riuscita a soggiogare così tante persone insieme. Quindi deduco che abbia a che fare con il modo in cui ti ha chiamato la strega… non è così? Signor Imperatore della Magia, re-incarnazione dell’Aquarius?”

“Può darsi… certo che non ti sfugge proprio niente, eh!” brontolò il mago, tirando una manata sulla natica del cavaliere come ad incitarlo ad andare più veloce “Mi sono ripreso, puoi mettermi giù adesso!”

“Non è possibile… non con tutto quello che hai bevuto!”

“Si chiama metabolismo veloce! E nel corso degli anni l’ho allenato parecchio… per cui mi è scesa la sbronza e posso camminare”

“Non mi fido… e comunque siamo quasi arrivati”

La verità era che a Dmitri reggere sulle spalle Mr. Blu non dispiaceva particolarmente. Adesso erano finalmente rimasti solo loro due e avrebbe trovato il coraggio di parlargli di quello che provava. Non aveva pensato che si ubriacasse e ringraziava una possibile divinità per avergli fatto scendere la sbornia. L’averlo visto ferito nel pomeriggio gli aveva causato un dolore viscerale che non aveva mai provato prima. Il timore di non vederlo più e che morisse nella sua inutilità più completa lo sconvolsero al punto da fargli promettere che quella stessa sera si sarebbe confidato con il mago. Nella buona o nella cattiva sorte…

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Capitolo 7
*** 50 sfumature di... Blu ***


Capitolo 7

Scaricato il corpo in malo modo sul divano, Dmitri prese a camminare avanti e indietro davanti al camino cercando di trovare le parole giuste per quello che doveva dire.

“Si può sapere che cos’hai? Sei davvero strano in questi giorni e se te lo dico io… è grave!” esclamò Mr. Blu mettendosi comodo su un fianco.

“Sei stato… precipitoso! Ok? Il tuo comportamento è stato assolutamente fuori luogo…” rispose Dmitri, puntandogli un dito contro.

“Ma di cosa stiamo parlando?”

“Di come ti sei comportato nella battaglia con la strega, ovviamente… Non del ballo, no. Chi ti ha insegnato a combattere!? Che modo di fare è? Hai sottovalutato il tuo avversario e a momenti non ci rimettevi le penne!”

“Ti vuoi dare una calmata!? Hai ragione, ho sottovalutato la situazione… ma è andato tutto bene, no? Senza contare che odio combattere…”

“No, non mi calmo. Ti sei messo a pensare ai capelli nel mezzo della battaglia! Assurdo!”

“Era per farla innervosire! Non farla lunga dai…” biascicò il mago mentre una scatola di cioccolatini si materializzò tra le sue mani.

“Io… io…” Dmitri digrignò i denti vedendo la totale indifferenza del ragazzo sul divano “Io non so più cosa fare con te! Fai quello che vuoi senza curarti degli altri. Ti comporti come se non ti interessasse di niente e poi sei il primo ad entrare in azione per risolvere le situazioni. Non è logico! Come fanno le persone a starti dietro? Come faccio IO a starti dietro?” urlò prima di sedersi sul divano al suo fianco a fissarlo negli occhi.

“Non stiamo più parlando del combattimento, vero?” mormorò a bassa voce.

“No…”

“Dmitri…”

Gli occhi del mago indugiarono su alcuni dettagli del cavaliere che per qualche ragione lo tranquillizzavano come la linea della mascella o le sopracciglia corrucciate. La leggera abbronzatura esaltava i peli biondi e i suoi occhi azzurri, che l’avevano colpito fin dal primo momento, ora erano fissi su di lui in cerca di qualcosa.

“… non ti ho mai chiesto di starmi dietro. La verità, penso che tu oramai l’abbia capita, è che non avevo bisogno di nessun servo per i miei lavori. Non volevo stare solo e tu hai adempiuto al tuo compito”

“Cosa stai cercando di dire? Che volevi una badante e basta? Che ora che hai fatto quello che dovevi te ne andrai? Che non hai più bisogno di me?” gli occhi del cavaliere si sgranarono a quelle parole. Fulmini e saette, se possibile, avrebbe incenerito il ragazzo che tra una pausa e l’altra si stava ingozzando di cioccolata.

“A parte il fatto che sono in vacanza e non avevo nulla che dovevo fare. Non sto dicendo che non ho più bisogno di te ma sai benissimo che prima o poi me ne dovrò andare e le nostre strade si separeranno! Non essere triste, sembra quasi che ti sia affezionato a me?” ridacchiò il mago leccandosi poi la punta delle dita.

“Sarebbe tanto assurdo…” sussurrò Dmitri fissandole “Sarebbe così assurdo, Blu o come ti chiami, che io tenga… a te?”

Blu non sapeva cosa rispondere.
Non era per niente bravo quando si trattava di sentimenti, specialmente se lo riguardavano direttamente. Non che non avesse alcuna esperienza ma la verità è che non si ricordava bene il sapore di quel tipo di… cose.

“Adesso sono io che ti chiedo: Cosa stai cercando di dire…”

“Lo sai… Tu sai sempre tutto, no?”

“No, questo lo credi tu… dimmelo!”

Dmitri si girò di scatto a fissarlo nuovamente in volto. In parte si sentiva ridicolo per quella debolezza e quel continuo senso di nausea che vorticava nel suo stomaco. Come se qualcosa stesse bruciando dentro e che premeva per uscire. Dopo aver scartato le ipotesi di reflusso gastrico e meteorismo, decise di rispondere in modo conciso e fugare ogni possibile fraintendimento. Chinò il capo e rapì le labbra del mago in un bacio dolce e carico di aspettativa.

Blu sgranò gli occhi.

Non era la prima volta che Dmitri lo baciava ma, se fino a quel momento aveva pensato che si trattassero di goliardici scherzi per attirare la sua attenzione, averlo fatto in quel frangente aveva tutto un altro significato. Dmitrì appoggiò la fronte a quella del mago e con occhi socchiusi bisbigliò sulla sua bocca.

“Non voglio perderti… Blu. Sai, credo di essermi innamorato di un folle mago venuto dal futuro”

Dmitri si scostò leggermente per fissarlo nuovamente negli occhi. Blu, aveva qualcosa di strano. Il suo sguardo era cupo e fissava sgomento il proprio addome.

“Io… non capisco come sia possibile ma…” il mago deglutì prima di prendere fiato “…credo di volerti bene”

“Cosa vuol dire che… credi di volermi bene? o che non capisci come sia possibile?” domandò costernato. Portò una mano sotto il suo volto e alzandolo appena fece in modo che i loro sguardi si incrociassero “Lasciami indovinare… è complicato, giusto?”

Blu annuì di rimando.
Afferrò la mano libera di Dmitri e la appoggiò sul suo petto, sotto la camicia e guardandolo negli occhi chiese: “Cosa senti?”

Dmitri sollevò un sopracciglio “Cosa dovrei sentire?”

“Senti caldo o freddo? Senti il cuore battere? Dimmi cosa senti!”

Dmitri fissò nuovamente il mago non riuscendo a seguire il filo del discorso. Decise di dargli corda e si concentrò sulla pelle sotto la sua mano. Dovette bloccare l’impulso di tastare ogni centimetro di quel corpo che mai come prima si trovava a bramare. Non era particolarmente caldo ma non avvertiva nemmeno il freddo che gli era parso di notare una delle prime volte che l’aveva sfiorato. Ad un tratto sbarrò gli occhi e lo fissò. Non sentiva il battito. Si concentrò nuovamente pensando che non fosse possibile e trattenne il respiro. Come un eco lontano dopo alcuni minuti di assoluto silenzio fu in grado di percepire qualcosa.

“Io come al solito non ti seguo… Cosa dovrei sentire? Sento il profumo della tua pelle, il debole tepore che emette e sì, devo dire che è strano visto quanto è debole ma… sento il tuo cuore che batte. Sicuro di stare bene?”

“Tu… senti il mio cuore?” gli occhi del mago si fecero liquidi nel giro di pochi istanti al suono di quelle parole.

“Non dovrei?”

“No, non dovresti”

“Ah…”

“E senti il calore della mia pelle…”

“Ovvio! Anche se all’inizio pensavo ti scorresse il ghiaccio nelle vene!”

“Capisco”

“Fammi indovinare. Ancora una volta è complicat…”

Le sue parole furono interrotte dalle labbra di Mr. Blu che vi si era buttato con tutto l’ardore e la passione di cui si immaginava capace. Si staccava solo per pochi istanti per prendere fiato e poi nuovamente continuava ad attaccare quelle succose strie di carne in modo quasi disperato. Sentire il sapore in bocca della sua lingua con una lieve nota di cioccolata lo mandò su di giri mentre le mani vagavano su quel corpo plasmato dagli dei.

“Lo prendo per un sì?” domandò Dmitri oramai supino sul divano con il mago sdraiato sopra di lui.

“È sempre complicato con me, no?” rispose mentre veniva baciato sulla punta del naso.

“Solo più… interessante!”

Con un colpo di bacino Dmitri riuscì a ribaltare le parti e a portarsi sopra il suo assalitore. Depositò una scia di baci lungo il collo e prese a mordicchiargli l’orecchio prima di sussurrare “Andiamo di sopra…”. Non era certo di quello che stava facendo, si sentì trascinato dal momento. Voleva averlo. Possederlo. L’idea che potesse allontanarsi non era minimamente contemplata. Sollevò il mago di peso come una giovane sposa fino a raggiungere la camera da letto di quest’ultimo. Lo depositò davanti a sé e si fermò un secondo a riminare lo spettacolo. Le labbra di Blu erano leggermente arrossate dalle continue sollecitazioni e rilucevano sopra la pelle candida e gli occhi blu come la notte.

“Se devo essere del tutto sincero, sono un po’ preoccupato. Sembra più minaccioso del solito…” mormorò il ragazzo fissando la significativa protuberanza alla base dei pantaloni del cavaliere.

“Sono sicuro che andrete d’accordo…” esclamò sogghignando Dmitri. Si denudarono a vicenda come animali nella stagione degli amori lasciando che i loro gemiti risuonassero per tutta la casa e la foresta circostante.

Nudi e avvinghiati l’uno sull’altro si unirono in una sinuosa danza.
Più e più volte fecero l’amore quella notte senza essere mai sazi l’uno dell’altro.
Senza il desiderio di prendere fiato o smettere di bearsi delle rispettive attenzioni.
La passione si chetò solo all’alba quando, quasi esanime, Blu si addormentò tra le braccia di Dmitri. Prima di crollare, Dmitri restò a fissare il volto del mago illuminato dai primi chiarori dell’aurora. Con un dito prese a percorrere il perimetro perfettamente ovale del volto, il naso fine e le sopracciglia perfettamente curate. Si chinò a depositargli un bacio sullo zigomo, alto e risoluto, prima di stringerlo forte a sé e chiudere serenamente gli occhi.

***

“Visto che alla fine siete andati d’accordo?” esclamò giulivo Dmitri vedendo la difficoltà con cui Blu si alzava dal letto.

“Mi duole ammetterlo ma… Cameron Diaz aveva ragione a cantare È grosso e non ci entra” mormorò andando in bagno.

“Stai andando a fare una doccia? Perché ne avrei tanto bisogno anch’io!” domandò annusandosi un’ascella e reprimendo un conato di vomito “Sono un pochino sudato…”

“No e sì, me ne sono accorto…”. Lo scrosciare dell’acqua sembrava annunciare l’espletamento di una funzione fisiologica “Vorrei ricordarti che nonostante la mia cordiale richiesta di indossare un cappuccio di protezione, questa notte ti sei divertito a farcirmi come un tacchino nel giorno del Ringraziamento. Ho dovuto prendere IO delle precauzioni. Magiche precauzioni!” esclamò, saltando sul letto fino a raggiungere il volto del compagno di merende.

“Mah non capisco… Paura che ti possa ingravidare?” scoppiò a ridere il cavaliere afferrando una ciocca di capelli del mago. Blu si limitò a nascondere il viso sul petto del cavaliere mentre la risata andava via via affievolendosi.

“Blu? Blu?... non mi dirai che puoi rimanere incinto, vero?”

“Timoteo…”

“Cosa?”

“Il mio nome… Timoteo. Ma tutti mi chiamano Teo. Timoteo fa un po’ schifo…”

“Timoteo, è finalmente un piacere conoscerti!” esclamò sorridendo Dmitri, sollevando il suo volto con una mano “Ora dimmi, Timoteo, quante possibilità ci sono che questa notte sia diventato padre?”

“Nessuna! Scemo! Ti ho detto che ho preso precauzioni!”

Teo afferrò un cuscino e colpì il volto del suo amante fingendo un tentativo di soffocamento. Dopo essersi liberato, Dmitri si sollevò appena sui gomiti e guardolo disse:

“Ma questo è assurdo! Sei un ragazzo… come puoi rimanere incinto? E non rispondermi è complicato perché giuro che ti ribalto e ti scopo fino a quando non mi dirai la verità!”

“Bhè, ad essere onesti non mi dispiace questa tortura”. Teo si buttò di schiena sul letto e fissando il soffitto prese fiato e incominciò a raccontare una delle tante croci che si portava dietro da anni:

“ Va bene, va bene… Correva l’anno 1489. Mi trovavo in Spagna all’epoca e, dopo un fugace incontro con Tomàs de Torquemada, un sadico inquisitore domenicano, decisi di allontanarmi dall’Europa per evitare di essere messo al rogo. Di base non ci intromettiamo nella vita dei mortali anche se, personalmente, ho sempre trovato soddisfacente ispirare giovani menti con idee e spunti di riflessione che hanno coronato questi uomini come padri del pensiero scientifico, filosofico, letterario…” Teo, si girò su un fianco per guardare Dmitri con un sorriso forzato sulle labbra. Una mano dell’uomo andò ad accarezzare il braccio del mago in attesa che continuasse il suo discorso. “Mi spostai così a Oriente. Andai a Pechino presso la Città Proibita a vedere come se la cavava l’imperatore Hongzhi della dinastia Ming. Incontrai per mia grande sfortuna il circolo delle sorelle della Luna Crescente, una rinomata congrega di streghe locali, e le seguii per un periodo cercando di carpire gli ultimi sviluppi della magia cinese. All’inizio sembrava tutto fantastico e poi le cose si fecero… complicate. Un gruppetto di giovani streghe, capeggiate da un eunuco, aveva iniziato a manifestare uno spiccato interesse nei miei confronti tanto da spingersi a drogarmi e a stuprarmi mentre non ero cosciente. Quando ripresi coscienza, andai su tutte le furie. Continuavano a ripetermi quanto mi amassero e che grazie al “nostro grande amore” due di loro erano rimaste incinte. Reclamai la testa di quelle meretrici ma la Somma Sacerdotessa della Congrega mi convinse a risparmiar loro la vita. Solo più tardi scoprii che una di quelle bastarde era figlia di quella strega e che dietro alle loro azioni c’era proprio lei. Tolsi i poteri ai responsabili, rimossi quei minuscoli gruppi di cellule che chiamavano figli e le condannai a restare ai margini della società magica. Me ne andai subito dopo. Mi ci volle un po’ di tempo per scoprire la verità di quello che successe dopo. La Somma Sacerdotessa invocò uno dei poteri più nefasti e maligni di questa terra per maledirmi e sacrificò tutta la sua congrega per attivare un incantesimo che, nonostante i miei sforzi, non sono mai riuscito a scrollarmi di dosso. Tra i diversi bonus che il Signore dei Demoni mi ha caritatevolmente donato troviamo l’impossibilità di riprodurmi come uomo… rendendomi fertile in altro modo. Non solo! Come gli animali, ogni tre mesi circa vado in calore e quando succede perdo il controllo dei miei poteri e qualsiasi creatura nelle vicinanze sente l’impulso smodato di venire a coprirmi. Meglio che non ti dica cos’è successo 300 anni fa tra me e un orso grizzly nelle foreste del Canada. E questo è quanto…”

Dmitri era rimasto in silenzio ad ascoltare la sua storia. Quante ne aveva passate quel ragazzo? Quante battaglie aveva combattuto? Si poteva ancora parlare di vincitori e vinti dopo millenni spesi a camminare per il pianeta alla ricerca di… di che cosa? Felicità? Una ragione di vivere? Un motivo per non cadere nel baratro dell’ovvietà di una vita immortale? Dmitri non sapeva cosa pensare. Lo abbracciò assicurandosi che fossero stretti pelle contro pelle.

“Quando succederà, ci sarò io con te. Non devi più preoccuparti di orsi o di qualsiasi altra persona. Adesso, ti proteggerò io”

Teo alzò lo sguardo incrociando gli occhi del suo nuovo amore e mentre un paio di lacrime sfuggivano al suo controllo, un sorriso genuino a trentadue denti si allargò sul suo volto.

“Sono in ottime mani allora!”

Sentì un lieve tepore irradiarsi nel corpo. Una scintilla che stava divampando animata da un vento chiamato umanità. I sentimenti che non sempre riusciva a provare nelle vite che viveva erano un altro aspetto della maledizione che aveva preferito tacere all’uomo… così come la perdita del suo cuore. Non era necessario che sapesse tutti i dettagli. Forse al momento opportuno gliene avrebbe parlato.

La vita dei due giovani coniugi sembrò permeata da un velo di surreale pace e giocosità. Nelle due settimane che seguirono fecero l’amore in ogni angolo della casa per battezzarlo in nome dei sentimenti che provavano l’uno per l’altro. Non c’era momento della giornata in cui Dmitri pregava Timoteo di raccontargli storie della sua vita per scoprire quanto più possibile di lui. Solo dopo diversi racconti si rese conto che molte di quelle cose sarebbero avvenute nel suo futuro.

“Teo ma… se tu puoi viaggiare nel tempo. Non hai mai pensato di fermare la Sacerdotessa che ti ha maledetto ed evitarti così secoli di sofferenze?” Gli sembrò una domanda più che lecita.

Teo sorrise a quelle parole e incrociando le braccia al petto rispose “Non pensare che non ci abbia pensato. C’è stato un periodo dove quasi ogni giorno cercavo disperatamente di raggiungere quel momento della storia per modificarlo. Non sai quante volte ho creduto di esserci riuscito. Ma sai una cosa, Dmitri. Ci sono forze molto potenti che permeano il mondo e la nostra esistenza e a cui anche io sono soggetto. Nonostante tutti i miei sforzi, non sono mai riuscito a modificare quell’evento. Ricorda che non c’è modo di fermare un evento destinato a verificarsi e la mia maledizione era una di queste. Ho passato tanto di quel tempo arrabbiato con me stesso, con Dio, con chiunque e poi… l’ho accettato. É una parte di me ora. Ci fai l’abitudine e non appena ne ho preso atto ho trovato delle scappatoie alla mia prigione!”

“Cosa? Hai scoperto come spezzarla? E perché non me l’hai detto subito?” esclamò Dmitri adirato.

“Non ho scoperto come spezzarla ma solo come… aggirarla diciamo. Questa volta è davvero complicato, amore mio. Un giorno ti spiegherò sicuramente” esclamò giulivo il mago, senza pensare che non avrebbe mai potuto mantenere quella promessa.

Passarono alcuni giorni e la notte Timoteo si sentiva irrequieto. Continuava a fare lo stesso sogno. Un gufo che si precipitava in picchiata sopra la sua testa pronto a ghermirgli gli occhi. Di riflesso, il mago arretrava coprendosi gli occhi e prima che se ne potesse rendere conto precipitava lungo le pendici di un burrone. Qualsiasi tentativo di levitare o di usare i suoi poteri risultava vano e presto o tardi, il dolore della morte riecheggiava da ogni osso rotto del suo corpo costringendolo al risveglio.

Dopo il terzo giorno, Teo capì il significato di quel sogno. Era giunta la fine di quel capitolo e pestare i piedi od opporsi non sarebbe valso a niente. Sapeva come andavano le cose.

“Dmitri, dobbiamo parlare…” mormorò il mago seduto al tavolo della cucina con una tazza di caffè tra le mani. Dmitri, che si stava allenando in giardino, rientrò in casa con una nota di stupore negli occhi.

“Che succede?” domandò, prendendo un bicchiere e riempiendoselo d’acqua. Diede una golata vorace prima di puntare gli occhi sul volto del mago. Gli occhi erano stranamente arrossati e il tono della sua voce gli era parso rotto, quasi singhiozzante “Teo… che sta succedendo?”. Si inginocchiò cercando il suo sguardo ma il mago si girò e, dopo aver tirato su con il naso, disse:

“È giunto il momento, Dmitri!”

“Vado a prendere i preservativi?” scherzò mettendosi a sedere e riuscendo finalmente a strappargli un sorriso.

“Dopo magari... temo che sia scaduto il mio tempo qui”

Un flebile ronzio si acuì nelle orecchie del cavaliere che incredulo osserva il volto del suo compagno appena trovato. In un remoto angolo della sua mente sapeva quel giorno sarebbe arrivato ma, vedendo come procedevano le cose, si era illuso che il mago avesse trovato una soluzione anche a quel problema.

“Ti prego… Di qualcosa…” mormorò il ragazzo vedendo il progressivo indurirsi della mascella di Dmitri. In risposta ottenne solo un bicchiere che, lanciato a tutta forza, si infranse sulla parete alle sue spalle.

“Dmitri!”

“COSA? COSA TI ASPETTI CHE TI DICA?”

“Non urlare. Non lo so!” rispose scoppiando nuovamente in lacrime. Si coprì gli occhi con le mani per non farsi vedere più debole di quanto già non si sentisse.

“Non c’è niente che tu possa fare, vero?” domandò a testa china. Ancora una volta la sensazione di impotenza lo corrodeva dall’interno delle sue viscere. Teo annuì cercando di recuperare un minimo di autocontrollo.

Dmitri si alzò in piedi e sollevò di peso il mago caricandolo sulle spalle come la prima notte che si erano scoperti complici. Salì le scale e si diresse verso la camera da letto lasciando il corpo singhiozzante del mago sul bordo.

“Basta piangere. Cerchiamo di goderci quello che ci rimane…”

“Mi dispiace…”

“Non è colpa tua”

“Se non ci fossimo mai incontrati ora nessuno di noi sarebbe qui a soffrire”

A quelle parole lo sguardo di Dmitri si fece scuro e, prima che se ne rendesse conto, un ceffone volò sulla spalla del compagno.

“Non t’azzardare a ripeterlo mai più! Intesi? Quello che c’è stato sarà sempre con noi e non importa quanti secoli ci separino, io ti amerò per sempre!”

“Questo è ingiusto! Tu sei un mortale, Dmitri! Dovresti pensare a trovarti una moglie, a fare dei figli e a vivere una vita normale! E invece… ti sei innamorato di uno come me! Sei proprio uno stupido!” rispose il mago prima di spintonarlo sulle spalle.

“Sono il re degli stupidi, allora! Non mi interessa! Sacrificherei cento vite per un solo giorno con te. Sei la persona più speciale che abbia mai conosciuto e non perché sei magico ma per quello che hai qui…” rispose appoggiando una mano sul petto del ragazzo.

Timoteo allungò le braccia intorno al collo del compagno e tra le lacrime cercò conforto nelle labbra dell’uomo inginocchiato di fronte. Un bacio salato e amaro allo stesso tempo. Colmo di consapevolezza che quella sarebbe stata la loro ultima volta.

Fecero l’amore con rabbia per la situazione fuori dal loro controllo, con passione per tutte quelle volte che non ci sarebbero state e con la dedizione più assoluta per l’altro e la vita che avrebbe condotto. Dopo aver cenato, Dmitri raccolse i suoi averi in un borsone pronto a ritornare al borgo. A nulla valsero i tentativi del mago di cedergli la casa e il suo contenuto. Dmitri gli rispose che non avrebbe avuto senso vivere lì senza di lui.

In quella notte di plenilunio, l’assenza della Luna non fu l’unica cosa ad incupire il borgo di Mészàrad. In mezzo al selciato, l’Aquarius del XXI secolo dissipò l’incantesimo usato per creare la sua abitazione sotto lo sguardo assente del cavaliere. Non c’era bisogno di sprecare parole per quel momento, sarebbero state superflue. Dmitri sentì il profondo respiro di Teo prima di veder comparire una luce alle sue spalle. Si lanciò nella sua direzione strappandogli un ultimo disperato bacio sulle labbra, sul collo, sul volto, ovunque riuscisse a trovare un lembo di pelle libera.

Cercò di afferrare le mani del mago ma con sua enorme sorpresa non le trovò. Il suo corpo lentamente si stava disperdendo in un nugolo di piccole luci argentate che a mano a mano venivano risucchiate dalla bolla alle sue spalle.

“Per quello che vale, se avessimo avuto tempo, ti avrei chiesto di sposarmi!”

Timoteo sgranò gli occhi a quelle parole e nuove lacrime presero a uscire a fiotti mentre di lui non stava per rimanere che una manciata di luce.

“Per quello che vale, se avessimo avuto tempo, ti avrei risposto di…”

Il mago sparì prima che Dmitri potesse sentire la risposta. Sentiva di saperla nel suo cuore ma avrebbe voluto sentire quelle parole uscire dalla bocca del ragazzo di cui si era perdutamente innamorato. Strana la vita. Le cose che ti porta a realizzare o le persone che ti porta a conoscere. Dmitri cadde sulle proprie ginocchia e a capo chino gridò il nome del mago che aveva fatto breccia in lui mentre copiose lacrime presero a scorrere tra le pagine del suo tempo.

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Capitolo 8
*** Epilogo ***


Epilogo

“È stata soprannominata Giovanna, la tempesta tropicale che da giorni divampa nell’Oceano Pacifico. Gli esperti hanno dichiarato lo stato di allarme per le isole Mauritius, Riunione, Keeling e Amsterdam dove l’attività dei meteo-tsunami è risultata più consistente. Ma passiamo alle notizie di cronaca nera con…”

Nonostante fossero trascorsi un paio di giorni dal rientro dalle vacanze, il malumore dell’imperatore delle acque di cristallo sembrava sempre più incontenibile. Rinchiuso per propria scelta tra le mura del Palazzo reale del mondo sommerso, Timoteo passava le giornate a piangere, dormire, ascoltare James Blunt e a guardare in loop la top 10 dei migliori film strappalacrime secondo Cosmopolitan. La manifestazione della sua sofferenza emotiva stava affliggendo il mondo ma lui non sembrava rendersene conto o forse non gli importava. Dopo il terzo giorno, la tempesta cessò e la servitù al servizio dell’imperatore si preparò a vedere uscire il ragazzo dalla camera patronale. Ma questo non accadde.

Le porte del palazzo si spalancarono all’improvviso in quel mite pomeriggio d’agosto mentre un ragazzino che non doveva avere più di una decina d’anni vestito con pantaloni alla zuava, camicia di jeans e un cappellino dei Minions, faceva il suo ingresso saltellando. Salutò la corte con un cenno della mano e si diresse a passo sicuro verso la camera dell’imperatore. A nulla valsero i tentativi di fermarlo da parte delle guardie che si ritrovarono con i loro mutandoni al posto degli elmetti. Giunto in prossimità della stanza, il ragazzino si dissolse in una nuvola di fumo per riapparirne all’interno.

“C’è puzza di chiuso qua dentro! Apriamo le finestre?”

Non ottenne risposta.

“Tesoro…”

Il bambino si avvicinò al mago che raggomitolato su un fianco fissava un punto vuoto davanti a lui. Pallido in volto, scavato per i troppi pasti saltati e con gli occhi più rossi di un fattone che si è fumato una piantagione intera di Marijuana.

“Non puoi continuare così, Timoteo. Sono passati tre giorni. Il tuo stato d’animo sta alterando il pianeta e sono stufo di intervenire al tuo posto. Devi andare avanti”

“Come se fosse facile”

“Non lo è mai… ma sai bene quanto me che con questo atteggiamento non risolverai nulla”

“Per favore… non ho voglia di vedere nessuno. Vattene”

“Bhè, temo che te la farai venire perché io non vado da nessuna parte. Tua sorella mi ha mandato i biglietti per la Tokyo’s Fashion Week e si aspetta che saremo presenti”

“Ci saranno bruschi risvegli allora. Non me la sento di venire”

Storcendo le labbra, il ragazzino si buttò sul letto, alle spalle del mago e gli cinse le spalle a volerlo coccolare. Qualche lacrima sfuggì sul cuscino mentre Timoteo cercava di trattenere un singhiozzo.

“Devo ammettere che sono sorpreso. Non pensavo ti potessi innamorare…”

“A me lo dici! Ma è successo, Didi! E adesso mi sento di merda perché l’uomo che amo è a novecento e passa anni da me”

Accarezzandogli il capo con una mano, il ragazzino, alias Dio, domando:

“Pensi che sia riuscito a spezzare la maledizione di questa vita?”

“Non credo. Da quando sono tornato ho iniziato a sentire i primi sintomi della morte. Quest’anno sono 28, Didì. Sai bene che non vado mai oltre i 30…”

“Oh, il mio piccolo bambino…”

“Sai che fa senso detto da un bambino di 10 anni?”

“Ero davvero indeciso se indossare i panni di un’adolescente Grace Kelly o quelli di Spanky di Piccole Canaglie. Ho lanciato una moneta e…”

“Vedo”

“Ti va di parlarmi di… Dmitri?”

“Scommetto che ti sei fatto una full-immersion in questi giorni sul tuo personalissimo Netflix”

“Ho saltato le scene più piccanti se ti può consolare. Volevo che me le raccontassi tu”

“Eh, sì! Sono proprio dell’umore giusto guarda!”

“Qualcosina ho intravisto… anche perché era impossibile da non vedere! Era davvero dotato il tuo principe azzurro!” ridacchio tirandogli una pacca sul sedere

“Non me lo ricordare. Mi sono persino dimenticato di misurarlo… Grazie Didì, posso aggiungerlo alla lista di altre cose che non ho fatto con Dmitri”

“Puoi spuntare questa voce dalla tua lista. L’ho fatto io!” scoppiò a ridere, tirando fuori un foglietto di carta dalla tasca. Timoteo, si girò leggermente a guardare e, dopo averglielo strappato di mano, lo spiegò per leggerne il contenuto.”

“28,4 cm! E sti cazzi… cioè, sto cazzo! Non pensavo così tanto”

“Si fiero di te stesso, mio caro traforo del Frejus. È un miracolo che non senta l’eco della mia voce parlandoti a distanza così ravvicinata!”

Timoteo si voltò a guardare in volto il bambino che con un sorriso forzato cercava disperatamente di distrarre il “figlio” dal suo male di vivere. Ci sarebbe voluto tempo, molto tempo per riprendersi. Didì sapeva che Aquarius non si innamorava facilmente come gli altri suoi figli. Persino quando il cuore gli batteva ancora nel petto, era restio a dare confidenza alle altre creature che abitavano il pianeta. Una diffidenza innata che, vita dopo vita, continua a portarsi dietro sin dalla sua creazione miliardi di anni prima.

“Mi aveva chiesto di sposarlo…”

“Lo so”

“Non so se ha sentito la mia risposta…”

“Continuare a rimuginarci sopra non ha molto senso… e non puoi comunque tornare indietro per scoprirlo. Non voglio mettere il dito nella piaga, Aquarius ma… è stato un errore. E lo sappiamo entrambi. Fai un favore a te stesso. Custodisci i preziosi ricordi che hai di Dmitri nel cuore e vai avanti”

Il mago socchiuse gli occhi mentre con una mano afferrava quella della piccola divinità.

“Dimmi solo se ha sentito la mia risposta. So che lo sai”

“Se prometti di uscire da questa stanza e ritornare alla tua vita, allora ti dirò quello che vuoi sapere”

“Ok…”

“Non l’ha sentita…”

“Fanculo”

Inspirò profondamente prima di scostare le coperte e uscire da quel letto. Si sentiva debole e distrutto emotivamente ma Didì aveva ragione, non avrebbe avuto senso continuare a crogiolarsi nell’autocommiserazione. Sarebbe tornato alla sua vita. Dmitri non avrebbe mai voluto vederlo in quello stato.

“Non so cosa mettermi per la sfilata di Celestia. Ti va di scegliere qualcosa per me?” esclamò lasciando una scia di vestiti sul pavimento mentre si dirigeva in bagno.

“Certamente!” risposte giuliva la piccola divinità fiondandosi nella cabina armadio

“E che sia qualcosa di sobrio! Non stiamo andando al Carnevale di Rio!”

“Tanto la gente si concia allo stesso modo. Chi vuoi che noti la differenza!”

Spalancando le porte della cabina armadio, Didì ebbe modo di osservare i graziosi lineamenti del volto fanciullesco che erano riflessi sullo specchio davanti all’entrata e con un sorriso a trentadue denti si avvicinò al cassetto dove l’amico/figlio teneva la biancheria intima. Estrasse una scatolina infiocchettata dalla tasca posteriore e la depositò al suo interno, facendo in modo che il logo Clearblue fosse in evidenza.

“Oh si mio caro, ci saranno bruschi risvegli!”

Si dice che le cose accadano per un motivo, o una ragione, e questa è la pura e semplice verità. Nessuno può sfuggire alle trame del fato che come milioni di fili di seta scorrono sulle mani della mente primigenia. Di colei o colui (fate vobis) che è considerata/o la più grande sceneggiatrice di tutti i tempi.

***

Novembre, 1153
da qualche parte nei pressi del Monte Testa di Volpe

“HILDA! DOVE SIETE? So che è qui che vi nascondete! Ho bisogno di parlarvi!”

L’impavido cavaliere dalla brillante armatura e dal ben famoso spadone si era fatto strada con non poca fatica tra le grotte alla base del Monte Testa di Volpe, note ai locali per essere state la dimora di una congrega di streghe. Le informazioni che Dmitri aveva raccolto in quei mesi in cui non era riuscito a dimenticare il suo primo e vero amore, l’avevano condotto fin lì per chiedere udienza all’unica persona in grado di aiutarlo. A suo dire.

Un bagliore accecò per un istante l’uomo che seguendo il percorso della grotta, si ritrovò all’improvviso in uno splendido giardino con alberi da frutto che crescevano rigogliosi intorno ad uno sparuto gruppetto di case. Sedute intorno ad un laghetto al centro di quella grotta a cielo aperto, alcune donne di diversa età erano intente a parlare sopra un tomo di ragguardevoli dimensioni. Dmitri raccolse il coraggio a due mani e si avvicinò a quelle persone che, non appena lo notarono, si alzarono in piedi sulla difensiva. Dei bambini che correvano stringendo dei fiori nella mano, arrestarono il loro moto quando lo sconosciuto si avvicinò al centro del loro piccolo e segreto villaggio.

“Perdonate il disturbo, mie signore. Mi chiamo Dmitri e sono un cavaliere di Mészàrad. Sono qui per vedere la strega Hilda… Se possibile!”

Le donne si guardarono con volti corrucciati tra di loro prima che una di loro, rispondesse al forestiero.

“Perché cercate Hilda, la strega?”

“Ho bisogno di un aiuto… un magico aiuto e non conosco altre streghe mio malgrado”

“Che tipo di aiuto stai cercando, cavaliere?” domandò un’altra donna fissandolo da capo a piedi. La sua attenzione si soffermò per un’istante all’altezza del cavallo dei pantaloni per poi risollevarsi imbarazzata al viso.

“Ho bisogno di viaggiare nel tempo, mie signore! Devo raggiungere il XXI secolo per ricongiungermi con la persona che amo”

Le prime due donne ad aver preso parola scoppiarono in una risata acuta, incredule per quello che avevano appena sentito. La sola idea di viaggiare nel tempo era assurda ma il fatto di doverlo fare per ricongiungersi al vero amore poi, non era minimamente fattibile. La terza donna del gruppo, quella più anziana, sollevò una mano e le due cessarono all’istante di starnazzare. Vi fu uno sguardo di intesa tra il cavaliere e la vecchia donna che studiava i suoi lineamenti con fare scrupoloso.

“Siete voi il cavaliere che ha giaciuto con la re-incarnazione di Sua Maestà, l’imperatore degli Abissi, giusto?”

“Si, mia signora. Sono io”. Le due donne spalancarono le bocche incredule guardando l’essere umano che stava loro di fronte.

“Ma allora quella storia era vera!” esclamarono all’unisono le due continuando a studiare l’uomo da capo a piedi.

“Ascolta Cavaliere. Ciò che chiedi non è impossibile ma è molto complicato e Hilda non è all’altezza di poterti aiutare per quello che cerchi. Oltre al fatto che è stata esiliata da questo villaggio.”

“Sono pronto a fare anche l’impossibile per rivederlo. Vi scongiuro. Non importa ciò che devo sacrificare. Ditemi chi può aiutarmi nella mia impresa se Hilda, la strega non può!”

“Io posso”

“Madre, cosa dite?” domandò una delle due donne alla più anziana.

“Vago per queste terre da più di duecento anni, figliole mie. Ho imparato tante cose quante quelle che vorrei dimenticare. Vostra sorella Hilda ha fatto cattivo uso dei miei insegnamenti e si è rivoltata contro uno dei nostri sovrani. Cavaliere…” disse la donna spostando lo sguardo dalle figlie all’uomo che le stava di fronte “…il destino che volete percorrere è irto di ostacoli e potreste perdere voi stesso nell’impresa. Non so cosa vi riserva il futuro ma conoscono un incantesimo per farvi vivere abbastanza a lungo da potervi ricongiungere alla re-incarnazione dell’Aquarius del XXI secolo”

“Questo significa che dovrei attendere più di 900 anni per vederlo? Non c’è un modo più veloce?”

“I maghi e le streghe di livello superiore riescono a manipolare spazio e tempo per brevi periodi. Figuriamoci un salto temporale di quella entità! Solo la magia di un imperatore potrebbe tanto ed è per questo che sono venerati come re e regine” rispose una delle figlie della strega

“Aspettate… Ci sono altri imperatori oltre ad Aquarius?” domandò il cavaliere!

“Certo!”

Il gruppetto di tre bambini che fino a quel momento era stato in disparte si era avvicinato, incuriosito dalla presenza dell’uomo. Uno in particolare dal volto impiastrato dalle more con cui aveva appena banchettato rispose:

“I guardiani degli elementi sono gli ultimi quattro figli di Dio che, liberi di vagare per questo mondo, si occupano di gestire l’equilibrio tra Bene e Male e la società magica di cui tutti noi facciamo parte. La tradizione vuole che la prima ad essere stata creata delle loro altezze fu Celestia, la regina dei Cieli, seguita da Flamingo, il re del Fuoco. Subito dopo vennero create le maestà della superfice, Gea, la regina delle terre emerse, e Aquarius, il re delle acque di cristallo.”

“Bravissimo, Otis!” esclamò una delle donne, accarezzando il capo del bambino.

“Grazie, Madre!”

“Capisci quindi che nessuno potrà darti quello che chiedi…” intervenne l’anziana signora “…e le possibilità che tu riesca a chiedere udienza ad un imperatore della magia in questo secolo sono pressoché nulle. Devi sapere che l’Aquarius di questo secolo non nutre molta simpatia per gli esseri umani. Anzi, mi è giunta voce che abbia spazzato via un’intera isola recentemente. Credo si chiamasse Atlantide… o qualcosa del genere”

“Vi prego…” Dmitri si inginocchiò guardando la donna negli occhi “… sono disposto a tutto…”

“Anche a perdere la tua anima?”

A quelle parole, Dmitri ebbe un attimo di esitazione ma il volto sorridente di Timoteo affiorò tra i suoi ricordi spazzando via ogni dubbio.

“Qualsiasi cosa!”

“Madre, per favore! Cosa state dicendo? Un umano che perde la propria anima è destinato a diventare un Demone!”

“Esatto… Ma i demoni sono immortali e questo gli garantirebbe la sopravvivenza attraverso i secoli. Sempre ammesso che riesca a sopravvivere fino al XXI secolo” esclamò giuliva la vecchia strega.

“Lo farò! Non morirò! Accetto qualsiasi cosa!”

“Dovete amarlo davvero tanto per essere così disperato…” la donna espirò prima di mettersi le mani sui fianchi e guardare l’uomo che aveva di fronte.

“Non potete capire quanto…”

“Che Dio ce la mandi buona!”

Passarono tre giorni e tre notti da quando il cuore del cavaliere venne estratto dal suo corpo e ri-inserito come il rituale prevedeva. La sua anima era stata racchiusa in una pietra che giaceva ai bordi del lago e ne era stato fatto un anello. Per la durata di quei giorni, le streghe si presero cura di lui e, quando alla fine si destò, cominciarono a prendere coscienza di quello che avevano fatto.

Dmitri era profondamente cambiato. Non nell’aspetto esteriore.
L’esposizione alla luce del sole gli causava profonde bruciature sul corpo e la sua dieta era irreversibilmente cambiata. Con il solo tocco di una mano era in grado di prelevare l’essenza vitale di una creatura e a pagarne le spese fu la capretta di Otis che fu rinvenuta esanime nella stalla.
Le streghe furono allora costrette ad allontanare Dmitri, riversando nel torrente della storia un nuovo esemplare di vampiro.

“Bene. Adesso cosa faccio per i prossimi 900 anni?”

Dmitri si mise in viaggio seguendo la linea dell’orizzonte sperando che almeno questo l’avrebbe tenuto occupato per un periodo ragionevole di tempo.

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