Hellfire

di MadPhantom21
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** -Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** -Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** -Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** -Capitolo 5- ***
Capitolo 6: *** -Capitolo 6- ***



Capitolo 1
*** -Capitolo 1 ***


Ciao a tutti! 

Questa è una fanfiction su Hetalia ispirata a Notre Dame de Paris di Victor Hugo, opera che personalmente adoro. Non so ancora cosa potrà uscirne, ci potrebbe essere del lemon e un po' di violenza, in caso alzerò il rating.
Fatemi sapere se la storia vi piace tramite una recensione ^^
Buona lettura!



Era la notte più lunga dell'anno a Copenaghen. Una gelida brezza soffiava dal mare e faceva rabbrividire l'erba cresciuta tra le fughe del marciapiede. 
Le strade erano deserte, e così le piazze e i mercati. Le tende delle bancarelle ondeggiavano al vento come fantasmi e lugubri fischi provenivano dagli spifferi delle umili case. Nessuno osava uscire di casa, se non armato o in cerca di rissa; solo le taverne brulicavano di clienti che cercavano calore e compagnia nell'alchool.

Erano frequentate perlopiù da marinai e bottegai, ma talvolta potevi trovarci anche qualche borghese o addirittura un signorotto, che beveva birra di bassa qualità da un calice unto e spizzicato. 

Quella notte due di loro si trovavano nella taverna vicina al porto, all'ora tarda di quasi mezzanotte. Uno di loro era Mathias Kohler, figlio primogenito del proprietario della maggior parte dei pescherecci che ogni mattina lasciavano il porto e ritornavano carichi di merce da esportare.  Reggeva sulla spalla il suo migliore amico, Jan, di analoga estrazione sociale.

Era stata una sua idea andare in quella taverna, per riscaldarsi, aveva detto. Mathias, dal canto suo, non sarebbe mai entrato in un posto del genere. Pieno di, per citare le sue stesse parole, villani incapaci di restare nel letto  delle loro mogli. Per questo era entrato nel chiassoso, ma tiepido, locale con un'espressione disgustata e l'aveva mantenuta fin quando non era uscito. Quel tanfo di sudore, alchool e tabacco, accompagnato da grasse risate e sputi a ogni dove, gli stava dando alla testa.

Per questo, quando dopo aver bevuto della birra di troppo Jan aveva mostrato della malvolenza contro il marinaio del tavolo vicino, prima che le occhiatacce potessero sfociare in lite aveva cautamente preso l'amico e lo aveva guidato fuori.

"Non esagerare, Mathias, so controllarmi" Disse Jan una volta superato l'uscio. Il freddo pungente li investì, ma Jan sembrò non notarlo. 

"Taci, sei ubriaco" Gli rispose Mathias con un sospiro. Camminò per le strade deserte, tenendo la mano sul pugnale nel fodero, legato alla cintura. Sapeva dei malviventi che si aggiravano per le strade di notte, e non avrebbe voluto trovarsi impreparato a un possibile attacco.

Dopo qualche decina di metri Jan si staccò finalmente e riuscì a camminare da solo. Mathias stette in silenzio, senza allontanare la mano dal fedele pugnale, e camminando cautamente.

Jan lo precedeva, disinvolto. A un certo punto i due udirono un fruscio, Mathias si voltò spaventato, e subito afferrò l'elsa del pugnale.

 

Fecero qualche altro passo, fino a quando non intravidero una figura nell'ombra. Mathias si avvicinò, stringendo il pugnale. Si trattava di un uomo, probabilmente. Era ricurvo su se stesso e sembrava stesse osservando qualcosa più avanti.

"Mi hai spaventato, vecchio." Disse Jan ridendo quando riuscì a vederlo in volto. L'uomo, il cui aspetto si era rivelato più ripugnante di quanto i due potessero aspettarsi, non rispose. Aveva i capelli biondi, ma di un biondiccio simile alla paglia, e la sua schiena era curva. A causa del buio il suo volto non era molto chiaro, ma doveva essere brutto, molto brutto.

"Allontanati. Stai bloccando il passaggio" Aggiunse Jan con un ghigno schernevole, dato che la figura si trovava proprio in mezzo alla strada. L'uomo rispose portandosi l'indice in mezzo alle labbra, intimando ai due signorotti di fare silenzio."Come osi-" Ribattè Jan, ma prima che potesse concludere la frase si udì un debole cigolio, poi una figura vestita di bianco fece capolino da una porta che si era appena aperta. Mise un piede fuori, un piede piccolo in una leggera calzatura scura. Quando la figura fu completamente fuori, prima che potesse alzare il cappuccio del mantello sulla testa, Jan pensò di aver appena visto un angelo. 

In una frazione di secondo aveva visto un volto ovale e due occhi sottili si erano guardati intorno attentamente, incrociando quelli di Mathias. A questo punto la figura aveva cominciato a correre nella direzione opposta a quella da cui i due erano venuti, e l'uomo curvo era corso dietro. Jan aveva scambiato un'occhiata veloce con Mathias.
"Jan, no." Aveva prontamente risposto Mathias, ma l'amico aveva già cominciato a correre, ghignando. 

"Non pensarci nemmeno, vecchio, è mia!" Esclamò appena velocemente aveva raggiunto l'uomo, che non era esattamente agile a causa della sua schiena curva. Mathias si era visto costretto a seguire l'amico. 

"Jan!" Lo chiamò invano, perchè il giovane aveva già superato l'uomo, ma la figura vestita di bianco era veloce.
"Vieni qui!" Jan ghignò, impegnandosi a raggiungerla. "Dove scappi? Non hai dove andare, puttanella!"

Mathias rincorse i due in silenzio, preoccupato per Jan. 'Per l'amor di Dio' Pensò, mentre si accorgeva che l'amico si era fermato. Si trovavano in un vicolo cieco, e la candida figura era al centro, lo sguardo fisso ora su Jan, ora su Mathias.

La luce della luna rischiarava il suo volto, e Mathias si accorse di un ciuffo di capelli biondi che le ricadeva sull'occhio destro. Quando i suoi occhi incontrarono quelli di Mathias, il giovane danese notò che quelli dello sconosciuto tanto rincorso erano color indaco, o almeno così sembrava sotto la luce argentea.

Era davvero una splendida figura, seppur guardava i due con occhio torvo e diffidente, e Mathias si chiese se fosse un ragazzo o una fanciulla. Per quanto poteva vedere, poteva essere entrambi.

Jan ridacchiò, avvicinandosi alla figura che fece un passo indietro. "Hai paura?" Chiese "Vieni qui, non voglio farti del male, al momento"

L'altro non si mosse, e continuò a tenere i due sotto controllo. Mosse leggermente la testa per scostare il ciuffo dagli occhi, esponendosi di più alla luce della luna. Sì, era chiaramente un ragazzo, ma i suoi lineamenti erano delicati come quelli di una ragazza, e il modo in cui muoveva il corpo era sensuale come quello di una danzatrice. Indossava una candida camicia sotto il mantello, e i pantaloni leggeri erano del medesimo colore.

Jan continuò ad avvicinarsi, dato che il giovane avvolto nello scuro mantello aveva quasi raggiunto il muro retrostante, lo sguardo carico di eccitazione lasciava trapelare tutte le sue intenzioni.

In quel momento il ragazzo infilò una mano nel mantello e tirò fuori qualcosa, ma Mathias, che era rimasto più indietro, non fece in tempo a sguainare il pugnale che una fitta nebbia grigia si sprigionò, impedendo ai due la vista. Mathias si sentì colpito da un forte odore, dolce, forse fin troppo, che gli annebbiò la vista e lo fece sentire stordito. Sentì Jan tossire, e appena la nebbiolina si distolse il ragazzo era sparito. 

Tossì a sua volta. "Questa è stregoneria!" Esclamò con un'espressione inorridita, allontanandosi di qualche passo.

"Dov'è finito?" Sbraitò Jan guardandosi intorno "Dov'è, dannazione?" Sembrava molto più preoccupato di aver perso di vista la sua preda.

Mathias non disse nulla a riguardo, sentendo ancora quell'odore dolciastro inebriargli i sensi. "Andiamo a casa" Disse infine, voltando le spalle e avviandosi verso casa. Jan lo seguì, seppur a malincuore.

 

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Capitolo 2
*** -Capitolo 2 ***


La bottega di Berwald Oxenstierna era piccola e buia. Una fioca lampada a olio illuminava l'ambiente polveroso dove nessun cliente metteva piede da giorni.
Alti scaffali impolverati riempivano lo stretto ambiente che odorava di vecchio e chiuso, su di esse creazioni di ogni tipo. Statuette in legno che raffiguravano la qualunque: animali, persone, oggetti di vita quotidiana.
Erano davvero ben fatte, ma nessuno le aveva mai apprezzate, soltanto Lukas.
 
Ogni volta che il giovane entrava nella bottega amava far scorrere lo sguardo sulle piccole creazioni in legno che abitavano le mensole, in cerca di una nuova che non aveva mai visto prima.
Anche quella sera era diretto nella bottega, si era fermato davanti la finestra e il suo sguardo era subito caduto sulla figura di Berwald, seduto dietro il bancone intendo ad intagliare un'altra di quelle figurine.
 
Lo osservò per un po'. Il volto al limite del ripugnante aveva un'espressione serena, quasi sorrideva, e quasi non avrebbe voluto interromperlo. Ma aveva bisogno di parlargli, così varcò la soglia facendo risuonare il campanello d'ottone posto sulla porta in legno levigato.
L'uomo alzò lo sguardo con un guizzo di luce negli occhi.
E quel guizzo si confermò quando Berwald vide che Lukas era appena entrato. Non sperava che fosse un cliente, ormai aveva perso ogni speranza a riguardo. Ma aspettava qualcun altro, che aveva appena messo piede nella bottega.
 
"Ciao Berwald" Lo salutò Lukas tirando giù il cappuccio scuro dalla testa, e scoprendo i capelli biondi. L'uomo posò la propria creazione da qualche parte sotto il bancone e spazzolò via i trucioli di legno dal proprio grembiule, rispondendo al saluto con un leggero sorriso, poi si alzò in piedi avvicinandosi a Lukas. Sapeva che il giovane non aveva paura di lui, quindi avrebbe potuto compiere che passo più vicino.
 
Berwald guardò Lukas con preoccupazione, era stato in pensiero da quando quei due signorotti avevano inseguito il suo amico, ed era felice di sapere che non gli era successo niente di male.
 
"Sto bene" Lo rassicurò Lukas posandogli una mano sulla guancia, al cui tocco Berwald rabbrividì.
 
"Ne sono contento" Rispose a bassa voce. Non parlava mai più di tanto, e Lukas sembrava capirlo anche solo con uno sguardo. Lo aveva sempre capito senza nemmeno una parola, fin dalla prima volta in cui si erano incontrati.
 
Sia Berwald che Lukas ricordavano quel giorno come fosse scolpito nella loro memoria. Berwald era stato accerchiato da un gruppo di ragazzotti arroganti che lo avevano pestato, insultato e deriso pubblicamente, per la sua schiena curva e il suo viso deforme.
Dopo averlo lasciato sanguinante sul ciglio della strada si erano allontanati schernendolo e ridendo tra sè; in quel momento Lukas passava di lì per caso, e notando una figura raggomitolata su di sè mugolante di dolore, si era avvicinato e con un fazzoletto gli aveva asciugato la sporcizia dal viso, e gli aveva sorriso.
Negli occhi di quella persona Lukas aveva letto la sua stessa condizione, quella di emarginato, e tutta la sua solitudine; gli aveva mostrato il suo sostegno. La prima cosa che Berwald aveva visto dopo aver subito tutto ciò, erano stati gli occhi sottili di Lukas, e aveva subito pensato che fossero la cosa più bella del mondo.
 
Adesso la sua opinione non era mutata, si era soltanto estesa a tutta la figura di quel giovane bellissimo e misterioso, con una storia che non gli aveva mai voluto raccontare. Eppure, seppur non conoscesse il suo passato, Lukas era tutto ciò che aveva, e di conseguenza era più prezioso di una miniera di diamanti per l'uomo. Lo amava, come si ama qualcosa il cui amore pensi di non meritare, qualcosa che potresti frantumare con il più delicato tocco, che veneri sperandone la felicità perchè sai che non sarà mai tua, ma allo stesso tempo ti distruggi dal dolore.
 
Ogni volta che Lukas gli accarezzava il viso, mille brividi percorrevano il corpo di Berwald, e si appoggiava chiudendo gli occhi, godendosi il massimo che poteva avere da quella delicata colomba. Perchè non aveva mai osato confessargli il suo amore. Non voleva che Lukas corresse via per sempre, forse spaventato da lui, forse per lui, per paura di ferirlo di più.
 
Ma, anche se era poco, tutto ciò che aveva era prezioso per Berwald e l'avrebbe custodito per sempre. 
 
Quando Lukas allontanò la mano affusolata dal volto di Berwald, l'uomo sentì il freddo pungergli la pelle nuovamente. Aprì gli occhi e lo guardò, quasi aspettando che dicesse qualcosa. Sapeva cosa Lukas avrebbe voluto sapere, e il giovane norvegese non aspettò a chiederlo.
 
"Sai chi sono, Berwald?" Gli chiese, riferendosi ai due uomini che due sere prima lo avevano rincorso per le strade buie di Copenaghen. Era abituato a essere seguito, per la sua bellezza e per il suo mestiere, ma riusciva sempre a trovare una via di fuga. Quella sera, nonostante conoscesse quelle strade come le sue tasche, si era ritrovato in un vicolo cieco, e aveva dovuto utilizzare una pozione esalante fumo per poter avere via di fuga. Sapeva che era pericoloso, più o meno in relazione a chi quei due uomini fossero.

Berwald mormorò qualcosa che il giovane interpetrò come un no, poi Lukas fece un cenno con la testa, se uno era un membro dell'aristocrazia, come gli era sembrato palese dall’abbigliamento, l'altro non doveva essere da meno. Era strano che Berwald non lo conoscesse, doveva essere un forestiero.
 
"Devo andare adesso, devo lavorare..." Lukas aggiunse con un'espressione un po' triste perchè sapeva che a Berwald sarebbe dispiaciuto. Infatti le sopracciglia dello svedese si curvarono in delusione.
 
"Stai attento..." Mormorò in risposta, guardandolo negli occhi. Sapeva quale era il mestiere di Lukas. Lavorava in una casa d'appuntamenti, vendeva il suo corpo ogni notte per qualche soldo. E la cosa distruggeva Berwald più di quanto non lo facesse il suo amore impossibile in sè. Sapere che quel corpo candido veniva toccato da chiunque, non gli faceva chiudere occhio a volte. Ma sapeva che quel giovane non sarebbe mai stato suo, nè romanticamente nè, figuriamoci, fisicamente. Ma forse era meglio così, pensava Berwald, le sue mani ruvide non meritavano di accarezzare quel corpo aggraziato e leggero.
 
Così, quando Lukas uscì nuovamente coprendosi il capo con il cappuccio, tutto ciò che gli restò da fare fu sedersi dietro il bancone e continuare ad intagliare la sua statuetta. Raffigurava Lukas. Da tempo aveva cercato di intagliarne una che lo rappresentasse perfettamente, ma non ne era mai uscito soddisfatto. Così, vi lavorava durante il suo eccessivo tempo libero, sperando arrivasse presto il giorno in cui l'avrebbe regalata a Lukas, il quale apprezzava tanto le sue creazioni.
 
Quel giovane candido, avvolto nel suo mantello scuro che  lasciava scoperti i piedi affusolati, era la nuova luce della sua vita.

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Capitolo 3
*** -Capitolo 3 ***


Qualche giorno dopo quella fatidica notte, Mathias sedeva nuovamente con l’amico Jan alla taverna all’angolo con il piazzale del porto, a bere per riscaldarsi dal freddo. Davanti a lui un boccale di birra quasi pieno, da cui il giovane danese aveva bevuto soltanto un misero sorso, e aveva poi spostato con aria disgustata spingendolo verso il centro del tavolo con la mano.

Accanto a lui, invece, l’altro aveva davanti a sé un boccale già vuoto, e stava guardando l’amico con aria interrogativa, nonostante Mathias stava facendo del proprio meglio perché il suo turbamento passasse inosservato. Jan non aveva potuto non notare che Mathias non aveva quasi toccato la birra, e fissava la tavola di legno immerso in chissà quali pensieri.

"Cosa ti turba, amico mio?"
Il soldato olandese incrociò le braccia sul tavolo, guardando l'amico fisso negli occhi. Anche se il danese esitava a lasciar trapelare qualsiasi risposta, lui sapeva esattamente dove, anzi, a chi, i suoi pensieri fossero indirizzati.
Mathias teneva stretto tra le mani un piccolo crocifisso d'oro appeso al suo collo tramite una catenella lucida, e non rispose, tenendo lo sguardo basso.

Aveva una strana luce negli occhi, come se fosse allo stesso tempo terrorizzato e ossessionato dall’oggetto del proprio pensiero,
"Sarà forse... una streghetta puttanella?" Azzardò, bevendo ciò che era rimasto della birra nel boccale.

A quelle parole Mathias alzò lo sguardo, gli occhi azzurri erano adesso rossi per lo stress. Non pronunciò nessuna parola in risposta, ma la sua espressione bastò a Jan per capire che stavano pensando la stessa cosa.

"Lo sapevo" Rispose Jan con un ghigno, sbattendo il calice sul tavolo, ma nessuno nella taverna sembrò curarsene. "Beh, mi dispiace per te, amico, ma sarò io ad averlo per primo."

Gli occhi di Mathias vennero attraversati da un lampo di luce subito prima di ritornare lo sguardo di sfida, privo però di qualsiasi accezione divertita; e il giovane si alzò di scatto, precipitandosi all’uscita e lasciò il locale. Una volta fuori, si aggrappò al proprio crocifisso d’oro e camminò verso casa, intensamente pregando il Signore di liberarlo dall’ossessione che lo tormentava da quella notte, la visione di quel giovane leggiadro che si muoveva sensualmente davanti a lui un attimo prima di scagliargli un maleficio, quella pozione in grado di risvegliare in lui i sentimenti più perversi che lo facevano vergognare di sé stesso davanti al mondo.

Ma non sarebbe di certo finita così. Mathias aveva già intuito che non era possibile frenare il proprio desiderio con la preghiera, ma soddisfacendolo per poter così trovare il modo di soffocare quelle sensazioni. Avrebbe dovuto scoprire chi fosse quel giovane e dove trovarlo, e sapeva già da dove partire.
 
 ___________________
 
Jan vagava per quelle strade da quasi due ore ormai. La notte era già calata con il suo freddo pungente, che entrava nelle ossa con arroganza. Il giovane olandese si stringeva nella giacca mentre vagava per le strade percorse la scorsa notte, in cerca di quella figura angelica per rivederlo una seconda volta. Cercava un mantello scuro, una tunica bianca, sottili piccoli piedi.
 
Arrivò al vicolo cieco della scorsa notte, ripercorse tutte le strade, ma niente. Si sedette su un gradino, sospirando. Non ce l'avrebbe mai fatta in quel modo. Forse avrebbe dovuto chiedere a qualcuno, una bellezza del genere non passava di certo inosservata. Ma si trattava di un ragazzo, e non avrebbe di certo potuto mostrare il suo desiderio così pubblicamente.
 
Quel vecchio sgorbio... lui non era stato sorpreso dalla vista di quel giovane, perchè si trovava lì? Come faceva a sapere che quella bellezza sarebbe uscita da quella porta? Sicuramente non era stato un caso, conosceva quel ragazzo. Jan decise che il suo prossimo passo sarebbe stato trovare l'uomo e chiedergli chi fosse quel giovane. Poi l'avrebbe incontrato e si sarebbe scusato per averlo inseguito; sapeva di avere fascino e che lo avrebbe convinto.
 
Ma a un certo punto, quasi per caso, sentì dei passi avvicinarsi e si alzò stringendo l'elsa della spada nel fodero.
 
"Ho detto di no" Disse una voce, che accompagnava i passi, sempre più vicini. "Hai già avuto quello che ti spettava, ora basta"
 
Jan fece qualche passo verso la voce, e appena fu abbastanza vicino rimase di sasso quando vide chi aveva davanti. Era quel giovane, avvolto nel suo mantello scuro, che si allontava a passo spedito da un uomo alto e robusto che lo seguiva, in maniera quasi maniacale.
 
"Dai..." Disse l'uomo, ghignando "Dammelo di nuovo..."
 
"No." Rispose il giovane in modo freddo, scostandosi dalla mano dell'uomo sulla sua spalla.
 
Prima che quella figura potesse tentare di afferrare il giovane di nuovo, Jan estrasse la spada dal fodero e si avvicinò maggiormente "Non lo hai sentito, vecchio? Ha detto no!"
 
Il giovane dagli occhi di ametista sembrò pietrificarsi appena vide Jan, e i suoi occhi sottili si spalancarono, ma dalla sua bocca non uscì un filo di voce.
 
L'uomo che lo seguiva imprecò ad alta voce e poi si allontanò. Quando fu abbastanza lontano, Jan posò la spada e guardò il ragazzo, che non si era mosso.
 
"Mi dispiace, stai bene?" Gli chiese, accennando un sorriso. Ricevette un cenno della testa in risposta, diffidente. Jan capì di essere stato riconosciuto, e si affrettò a scusarsi, come era nei suoi piani.
 
"Ti chiedo scusa anche per l'altra sera, ma l'alchool non mi ha permesso di essere lucido" Si affrettò ad aggiungere, poi si abbassò su un ginocchio "Mi chiamo Jan De Vries, al tuo servizio"
 
A questo punto il giovane sembrò sciogliersi leggermente, e lasciò che Jan gli prendesse la mano e la baciasse, guardandolo negli occhi. Jan era davvero un giovane uomo di bell'aspetto, nonostante la cicatrice sul sopracciglio destro, e l'altro decise di fidarsi, almeno leggermente, non correndo via.
 
"Potrei sapere il nome di una tale bellezza?" Chiese Jan alzandosi ma tenendo ancora la sua mano.
 
"Lukas" Rispose in modo pacato e semplice, poi lasciò andare la mano di Jan, e gli mostrò un sorriso tanto sensuale quanto misterioso "Grazie per... avermi aiutato, signore."
 
"Dovere" L'idea che Jan aveva di quella bellezza non fece altro che rafforzarsi, alla vista di Lukas così vicino. Lukas... che nome soave soprattutto pronunciato da una voce tanto soffice, sussurrato da labbra rosate e sottili. Quegli occhi glaciali erano immersi nei suoi, e Jan, se avesse potuto, non avrebbe mai distolto lo sguardo, avrebbe trovato il modo di fenderli e scoprire cosa ci fosse all'interno.
"Permettimi di accompagnarti a casa"
 
"Non c'è bisogno." rispose Lukas. "Sono quasi arrivato. Arrivederci, gentile cavaliere" Aggiunse, e poi si allontanò senza voltarsi indietro.
 
Jan rimase a fissare la sua figura allontanarsi, e solo quando Lukas svoltò l'angolo Jan si rese conto che il giovane misterioso aveva lasciato qualcosa indietro. Sul selciato si trovava un piccolo rettangolo di carta, decorato a mano, con il nome di Lukas scritto elegantemente, con lettere piene e tondeggianti, e una mappa stilizzata.
 
Sorrise, forse aveva capito di cosa si trattasse, e non si sarebbe di certo lasciato scappare l'occasione.

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Capitolo 4
*** -Capitolo 4 ***


Sono terribilmente dispiaciuta di aver lasciato questa storia per un anno intero! In principio non avevo più scritto per dare la precedenza a progetti scolastici e altre cose, poi ho proprio perso ispirazione. E' proprio vero che... lontano dagli occhi lontano dal cuore! Per fortuna, qualche giorno fa mi sono ritrovata ad ascolare Hellfire, una delle canzoni che maggiormente ha ispirato questa storia e quindi mi sono detta... perchè non continuarla, dato che ora ho più tempo e ispirazione? 
Ed ecco qui il quarto capitolo, spero vivamente che vi piaccia e in una recensione per averne conferma ^^

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Trovare il vecchio gobbo non era stato difficile. Chiunque in città conosceva l’uomo deforme che viveva in una bottega solitaria locata in una stradina buia come un orso nella propria tana umida.
Non usciva mai, era qualcun altro che gli procurava i viveri, ma nessuno lo aveva mai visto in faccia poiché indossava sempre un mantello scuro sulla propria testa. Alcuni ipotizzavano fosse la sua amante, altri ritenevano che nessuno di coì ripugnante avrebbe potuto mai conquistare il cuore di qualcuno, altri ancora che ricevesse i viveri come ricompensa per lavori sporchi che svolgeva durante la notte.

Mathias scoprì che nessuno conosceva le sue vere origini, ma quasi tutti erano sicuri del fatto che fosse stato abbandonato da piccolo per il proprio aspetto deforme, e allevato da un falegname non meno solitario di lui, da cui poi aveva ereditato la bottega in cui nessuno sano di mente avrebbe mai messo piede. Alcuni lo paragonavano a un figlio del demonio, ipotizzando che svolgesse stregonerie nella sua bottega e che usasse la sua bruttezza per tenere la gente lontana dalle sue losche attività.

Nessuno inoltre conosceva il suo vero nome. Tutti lo conoscevano come il Gobbo della bottega, e nessuno era mai arrivato così vicino a lui da scoprire il suo nome. Ma Mathias non credeva a nessuna di quelle dicerie. Per lui, era soltanto un emarginato, qualcuno potenzialmente pericoloso e quindi da evitare, ma in questo momento aveva bisogno del Gobbo, perché conosceva lui. Era chiaro che sapesse chi fosse la strega che la scorsa notte non gli aveva fatto chiudere occhio, forse erano entrambi appartenenti a qualche losca setta, e sicuramente Mathias non avrebbe esitato a consegnarlo alle proprie guardie una volta divenuto inutile.

Ad ogni modo, riuscì a farsi indicare la bottega del Gobbo e non senza esitare si presentò lì una volta calato il buio, con il pugnale ben saldo nella propria cintura e una buona dose di merce di scambio legata ad essa. Mathias indossava un mantello scuro per far sì che nessuno lo riconoscesse entrare in quella sinistra topaia in modo da rovinare la sua intera reputazione, e si guardò intorno cautamente prima di afferrare la maniglia e spingere la cigolante porta di legno da cui traspariva un fioco bagliore. Ciò che colpì immediatamente il giovane fu il pesante odore di chiuso e di vecchio che emanava quel luogo.

Era un locale minuscolo, talmente pieno di scaffali che il legno fu l’unica cosa che Mathias riusciva a vedere.
Fino a quando non notò una figura rannicchiata dietro un banco coperto di piccoli ciocchi di legno e trucioli. Lo riconobbe all’istante, il vecchio curvo che aveva incontrato quella notte. Il suo aspetto era più ripugnante di quanto ricordasse: a parte la schiena curva anche il suo viso era deforme, con un occhio più grande dell’altro e la bocca storta. Però, in qualche modo, non sembrava tanto vecchio. Nonostante l’aspetto, Mathias non gli avrebbe dato più di trent’anni.

Distolse lo sguardo dalla figura sinistra che lo osserava da dietro il banco. Mathias lo aveva visto smanettare con qualcosa appena entrato, ma ora aveva smesso e aveva lasciato i propri arnesi mentre lo osservava con diffidenza con l’occhio buono. Era quasi sepolto sotto la montagna di trucioli e pezzi di legno sul suo banco di lavoro.

Il giovane fece qualche passo per la piccola bottega, passando lo sguardo sulle varie creazioni riposte sugli scaffali impolverati. Rappresentavano davvero la qualunque: oggetti, animali, persone… c’erano anche piccoli pezzi d’arredamento come sedie e sgabelli. Mathias disprezzava quel luogo ma dentro di sé e senza essere un esperto di mobilia, doveva ammettere che ogni cosa era davvero ben fatta.

C’era un burattino con in testa un cappellino da marinaio e la testa a molla, e Mathias la schiacchiò facendola rimbalzare su di essa con un suono buffo prima di notare un alone grigiastro di polvere sul proprio dito e soffiarlo via allontanandosi da quello scaffale. Nel frattempo, la persona dietro il bancone continuava a fissarlo senza proferire parola, tanto che il giovane si chiese se fosse realmente in grado di parlare.
Era davvero orribile, ora capiva cosa avesse spinto i genitori ad abbandonarlo, sempre che ne avesse mai avuti di umani. Non doveva essere naturalmente possibile, che riuscisse a creare tali lavori in legno con quelle manacce informi.

Mathias sospirò leggermente e si avvicinò al bancone, osservando dall’alto sia lo storpio che la creazione a cui sembrava star lavorando, e per poco la sua espressione non avrebbe lasciato trapelare la sua sopresa. Ciò a cui il falegname stava lavorando era un piccolo busto, alto quanto mezzo braccio, e Mathias avrebbe riconosciuto la forma di quegli occhi tra mille, raffigurava il giovane che stava cercando.
Si sentì arrivato alla propria meta, anche se sapeva di dover essere cauto e non lasciare che il gobbo notasse il suo particolare interesse nei confronti di quella figurina. Era difficile smettere di guardarla, era perfetta, gli somigliava nei minimi particolari nonstante non fosse ancora dipinta.

Così, per non destare sospetti, afferrò una delle prime creazioni sullo scaffale accanto, un piccolo uccello di legno con un cassetto nascosto nella pancia. Lo osservò per un po’ lasciandosi sfuggire un ghigno di sorpresa, di certo non si aspettava una tale qualità.
L’uccello sembrava vero per quanto era perfetto nei minimi dettagli, e il pomello del cassetto era quasi invisibile tra le piume dell’ala.
“Quanto costa?” Chiese all’uomo con aria divertita, osservando l’uccello da ogni angolazione cercando altri segreti, ma forse il cassetto era l’unica cosa nascosta in quella piccola creazione.

Tutto ciò che udì in risposta fu un grugnito, un verso che Mathias non avrebbe saputo come definire altrimenti, e si voltò a guardare quel volto ripugnante con lo stesso ghigno divertito, che si avvicinava molto allo scherno.

Qualsiasi cosa l’uomo avesse riposto, a patto che avesse davvero formulato una frase di senso compiuto, Mathias non aveva capito. Così prese semplicemente il sacchetto di monete appeso alla propria cintura vicino il pugnale ed estrasse una moneta d’argento, posandola sul bancone polveroso prima di riporre l’uccello nella tasca del proprio cappotto e dirigersi verso l’uscita, non senza aver rivolto un’ultimo sguardo alla statuina tra le mani del falegname.
Avrebbe dovuto scoprile il legame tra quei due, e soprattutto trovare quel giovane prima che potesse farlo Jan.

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Capitolo 5
*** -Capitolo 5- ***


Il conte Mathias Kohler non era mai stato tanto offuscato da un pensiero prima d’ora. Un pensiero senza nome ancora, ma le cui forme leggiadre continuavano a muoversi nella sua mente, insieme a dei sottili occhi color ametista, tutto ciò che la sua mente era riuscita ad afferrare del giovane stregone quella notte.

E Mathias non riusciva a smettere di pensare a lui neanche quando si recava fuori dal proprio maniero in città per svolgere degli affari, come quella mattina di sole, unica nel freddo inverno danese. Mathias cercava di distrarsi e ci stava anche riuscendo, più o meno quando si incontrò in piazza con il capo degli uomini che gestivano i suoi pescherecci. La famiglia Kohler aveva da tempo un monopolio quasi assoluto sul commercio di pescato in Danimarca e in Europa continentale, soprattutto con il Sacro Romano Impero.
Il giovane conte fece qualche passo con l’uomo, allontanandosi dalle bancarelle di pesce nella piazza del mercato, affollata come sempre di venditori e comari con cestini in vimini contenti la spesa del giorno. Si sentiva una musica di flauto e tamburello in sottofondo, coperta dal brusio delle voci che popolavano la piazza. Mathias si allontanò, legando il proprio sacchetto di monete alla cintura dove sarebbe stato al sicuro da eventuali borseggiatori, e si guardò intorno, curioso riguardo la musica allegra che proveniva dalla propria sinistra. La piazza era solitamente occupata da ballerini di strada o suonatori che si esibivano per racimolare qualche soldo, ma Mathias li aveva sempre disprezzati in quanto solitamente zingari provenienti dall’Europa dell’est o dalla Spagna. Ma decise di avvicinarsi comunque a dare un’occhiata, e restò di sasso quando vide chi ballava al suono del flauto, lasciando che la tunica bianca contornata da fili dorati svolazzasse alla brezza leggera.

Quando vide lui.

La leggiadra creatura sembrava a malapena toccare terra con i piedi, piccoli e racchiusi in basse calzature di scarsa qualità, e i suoi occhi erano chiusi quasi a voler ignorare tutto intorno a sé tranne la musica e i movimenti del proprio corpo. Furono proprio quelli a stordire Mathias, che si prese il suo tempo per osservare i biondi capelli fermi dietro l’orecchio con una molletta a forma di croce, e i polsi sottili decorati con braccialetti di corda e perline, e quei fianchi che muovendosi a ritmo di musica sembravano sfidare l’ortodossia della chiesa proprio di fronte a loro. Chiunque avrebbe pensato si trattasse di una ragazza, nessun uomo avrebbe mai presentato forme tanto perfette e affusolate, e sensualità nei movimenti dell’intero corpo.
E Mathias si sentì avvampare ancora di più quando quegli occhi di ametista si aprirono su di lui.

Il suonatore vicino il giovane danzante osservò il conte senza far cessare la musica, e Mathias si vide costretto ad aprire la propria sacca di monete e tirarne fuori una, lanciandola nel cappello per terra, poco distante dai piedi del ragazzo. In risposta, quest’ultimo si avvicinò leggermente a Mathias e gli sorrise in modo sensuale, tanto che l’altro si ritrovò ad arrossire pesantemente e fare un passo indietro. Fu allora che la musica cessò e l’uomo più grande raccolse il cappello da terra e mise le monete in tasca, e Mathias ebbe la possibilità di scambiare un’ultima occhiata con il giovane che sembrava non averlo riconosciuto in ogni caso, prima che entrambi sparissero dietro un angolo.

Mathias ci mise un po’ ad organizzare i propri pensieri. Era proprio lui… la strega! Ecco perché non era riuscito a distogliere lo sguardo dalle sue forme, ad andare via, la stessa strega che gli aveva lanciato un sortilegio adesso lo aveva attirato lì, in quella piazza, davanti a tutti, e danzando in quel modo così profano e pericoloso aveva fatto sì che la sua mente si perdesse in pensieri perversi e alla stessa maniera il suo corpo.
Nonostante ciò, nonostante si vergognasse di sottostare così ai malefici di quella strega, Mathias ne era ormai dipendente, ma era troppo tardi quando si mise a correre nella stessa direzione percorsa da lui e il suonatore, erano spariti nel nulla.
Così, il conte sospirò pesantemente, la vista ancora annebbiata e le orecchie risuonanti di quella musica così esotica.
 
 
 
 
 
 
La Corte dei Miracoli non aveva ricevuto quel nome per caso. Era un luogo segreto, difficile da trovare, posto nella più squallida e remota periferia di Copenaghen, e perlopiù popolato da zingari, falsi mendicanti, streghe e prostitute. Le autorità erano da tempo alla ricerca di quel posto, ma nessuno era mai riuscito a giungervi fino ad allora.

L’ingresso era nascosto e altamente controllato da zingari armati, che lasciavano passare solo i membri o chiunque mostrasse la mappa per raggiungere il posto che era anche una sorta di biglietto. Non esitavano a far fuori chiunque non rispettasse i loro requisiti, per tutelare la sicurezza di quel posto profano e segretissimo, ma per chi fosse riuscito ad addentrarvisi, si sarebbe rivelato un vero e proprio paradiso.
Jan non si aspettava un simile punto d’incontro con Lukas, il giovane che gli aveva lasciato una strana mappa stilizzata dopo essere stato aiutato in strada qualche notte prima.
Aveva seguito scetticamente il percorso tracciato, non conoscendo bene le strade della città specialmente di quel quartiere periferico, e si era trovato davanti una piccola porta di legno davanti a cui era seduto un vecchio mendicante con una stampella di legno e una pipa in bocca. Jan lo osservò per qualche secondo sentendosi guardato a sua volta dall’uomo con i denti più neri dei propri baffi sudici; il soldato era abbastanza sicuro che l’uomo non fosse così invalido come voleva sembrare, e si affrettò a tirare fuori la mappa di Lukas, mostrandola come si mostra il biglietto al controllore del treno oggigiorno.
Sapeva che probabilmente il luogo fosse protetto, e quel vecchio non doveva di certo essere l’unico di guardia.

Appena l’uomo vide il bigliettino, si lasciò uscire un verso di noia, quasi fosse deluso dal non poter togliere di mezzo un così bel giovane, e si scostò per lasciarlo passare. Jan non abbassò il cappuccio del proprio mantello e continuò a tenere la mappa in mano per eventuali controlli ulteriori.
La guardia scostò una tenda di tessuto logoro, e si ritrovò in una vera e propria metropoli di gente. Musica festosa veniva suonata con strumenti anche scordati, e uomini si schiacciavano ai muri insieme a ragazze scarsamente vestite.
Sentendo odore di sudore, incenso e spezie afrodisiache nell’aria, Jan parve confuso, di certo non si aspettava un luogo del genere, un vero e proprio lupanare. Fece qualche passo intorno, passando tra coppie nel ben mezzo dei loro atti, che se ne fregavano di lui e continuavano come nulla fosse. In tutto questo, l’olandese continuava a chiedersi dove fosse Lukas e cosa avesse a che fare con un posto del genere. In realtà, visti i loro precedenti incontri, la cosa era abbastanza giustificabile ma nel cuore di Jan vi era ancora un briciolo di speranza sulla sua innocenza, della sua anima come del suo corpo.

Così, quando ad un tratto si sentì tirare la manica della giacca e si ritrovò Lukas che lo guardava con un’espressione mai vista prima sul suo viso, il suo nervosismo si alleggerì.

“Ciao.” Lo salutò Jan, sentendosi accaldato subito alla vista dei leggeri abiti di Lukas, che a malapena coprivano le sue cosce e il suo petto asciutto.
“Jan de Vries, giusto?” Chiese Lukas inclinando leggermente la testa, e ricevette un cenno della testa in risposta. “Ti stavo aspettando. Vedo che la mia mappa ti è stata d’aiuto, non saresti vivo se non fosse per quella” Il giovane si lasciò scappare un leggero sorriso e prese Jan per mano, conducendolo in un’altra ala di quella fortezza segreta in qualche modo invisibile all’occhio esterno. Mathias l’avrebbe chiamata stregoneria, pensò Jan conoscendo il suo amico. Quando Lukas lo spinse in una stanza e tirò la tenda per assicurare loro la giusta privacy, si lasciò sfuggire un ghigno di soddisfazione. Aveva vinto, Lukas sarebbe stato suo, era stato più facile del previsto.

Quando sentì il corpo caldo di Lukas posizionarsi a cavalcioni su di lui, lo guardò negli occhi e passò le sue dita tra i capelli soffici, sfilando la molletta a forma di croce, prendendosi del tempo per ammirare ogni singolo particolare di quel viso perfetto la cui pelle sembrava fatta di porcellana. Gli occhi erano sottili, a mandorla senza essere taglienti e di un color ametista più unico che raro, un piccolo neo sotto l’occhio contornato da ciglia dorate lo rendeva ancora più bello. E la situazione non fece che migliorare quando Lukas lo baciò, e poi si slacciò quelle vesti candide ormai divenute superflue, e abbandonò il sensuale corpo nelle sue mani, lasciando che Jan ne facesse tutto ciò che voleva.

La guardia aveva ormai capito cosa faceva quel giovane per sopravvivere, la cosa era scontata visti quella bellezza e quella sensualità, ma c’era qualcos’altro, qualcosa che gli diceva che non solo il corpo, ma anche il cuore del giovane gli appartenevano adesso.
Nulla che gli importasse realmente, senza ombra di dubbio, quando Jan ebbe finito e lasciò Lukas addormentato sul giaciglio che avevano condiviso, decidendo di portare via con sé nulla se non il fermaglio a croce, prova fondamentale da presentare a Mathias il giorno successivo.
Jan amava così tanto vincere le scommesse.

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Capitolo 6
*** -Capitolo 6- ***


Lukas, per la prima volta dopo tanto tempo, si sentiva felice.
Non di una felicità istantanea, passeggera, che filosofi come Epicuro avrebbero definito appagamento dei bisogni e dei desideri fisici, ma un sentimento di gioia generato nell’anima, una sorta di calore che dal cuore si espandeva a tutto il resto del corpo, uniformemente, germogliando infine sul sorriso che adesso si trovava sulle sue labbra, cosa abbastanza rara.

Persino Emil, il suo fedele suonatore di flauto, si era sorpreso alla vista di tale allegria sul volto chiaro e solitamente misterioso di Lukas. Un’allegria che aveva il nome di Jan deVries.

Dopotutto lui non era uno che lasciava leggere le proprie emozioni facilmente, aveva imparato a proprie spese che quella era l’unica arma a propria disposizione contro il mondo intero.
Gli unici a cui permetteva di leggerlo erano Emil e Berwald, le uniche due persone di cui si fidava, le sole che lo conoscevano davvero. Entrambe avrebbero saputo cogliere il minimo guizzo di luce, fosse esso positivo o negativo, negli occhi del giovane norvegese, specialmente Berwald, che per Lukas più che un migliore amico era un fratello maggiore, ma che andasse tutelato e protetto al meglio in cambio dell’amore e della sensazione di famiglia che riusciva a dargli.

Non lo reputava ripugnante, a dire la verità dopo un po’ si era abituato e quello ormai era… beh, era Berwald.
All’inizio, la prima volta che lo aveva visto, accucciato com’era come un cane bastonato e ferito sul ciglio della strada sotto la pioggia cadente, gli aveva fatto pena. Vivendo tra zingari, storpi e mendicanti, nulla gli faceva più ribrezzo. Lui avrebbe potuto essere uno di loro, lo invitò alla corte dei miracoli, ma lui aveva rifiutato, perché in mezzo all’odio che la gente gli aveva versato sopra, nel suo cuore era ancora viva la sua passione per la piccola bottega che era anche la sua casa.

E Lukas da quel giorno l’aveva considerata anche casa sua, con quel perpetuo odore di legno e vernice, i manufatti ammassati sugli scaffali che coprivano tutte le pareti, e Berwald sempre chino sul bancone a intagliare qualsiasi cosa.
Spesso Lukas si divertiva a indovinare quale fosse il soggetto del corrente artefatto, ma spesso sbagliava perché Berwald era davvero imprevedibile con i suoi lavori.
L’ultimo era stato un piccolo uccello di legno con un cassetto segreto.

Ma quel giorno Lukas non era entrato nella bottega di Berwald per curiosare tra le sue creazioni.
 
“Lukas.”
Vide gli occhi del gobbo illuminarsi alla sua vista, e lasciò subito andare il pezzo di legno a cui stava lavorando per sorridegli con la sua bocca storta.
“Ciao Berwald. Ti ho portato qualcosa” Disse Lukas posando un cestino contente pane, frutta e altri beni sul bancone, e subito vide Berwald indicare la sua testa.
Lukas si lasciò scappare un sospiro, sorridendo, e passò le lunghe dita affusolate tra i morbidi capelli, spostandoli di lato. Non era più abituato a non indossare la sua forcina a forma di croce, che dopo la notte passata con Jan era misteriosamente sparita.

“Vedo che l’hai notato, Berwald” Gli disse dolcemente, appoggiandosi al bancone.
“D’v’è?” Chiese l’altro con un brontolio, simile a un verso animalesco.
“L’ho perso. Forse mentre danzavo ieri, in piazza. Mi dispiace” Lukas mentì spudoratamente, in fondo al cuore sapeva che Jan l’aveva probabilmente rubata come pegno del loro amore, per ricordarsi di lui, ma non avrebbe mai potuto dirlo a Berwald. “Magari potresti farmene un altro? Era davvero bello e ho bisogno di una molletta”
Ricevette un cenno della testa in risposta.
Berwald adorava Lukas, più della sua bottega probabilmente, e non gli avrebbe mai detto di no.
“Devo andare adesso. Ci…” Iniziò, sul punto di andare via, poi vide all’angolo del bancone una statuina, raffigurante un giovane dai lineamenti delicati e femminei, con una molletta a forma di croce tra i capelli.
Lukas la prese e la osservò, sorridendo leggermente. “Sono io…?” Chiese a Berwald, che stava guardando in basso imbarazzato, e gli rispose con un altro cenno della testa
“E’ così bella…” Restò quasi incantato a guardare la creazione, curata fin nei minimi dettagli e non notando che gli occhi del falegname erano invece rivolti verso di lui, e quasi brillavano di amore e di ammirazione.
Così, quando si girò verso di lui, non potè fare a meno di notare come Berwald lo stava guardando, come se fosse un angelo o un’apparizione divina.
Ormai aveva capito qualsiasi cosa ci fosse da capire e l’unica cosa che gli restò da fare fu chinarsi a baciare la sua guancia e rimettere la statuina tra le sue mani, poi lasciò il negozio senza ulteriori parole.

Lukas tirò il cappuccio sulla propria testa e cominciò a camminare, intenzionato a tornare alla Corte dei Miracoli prima che facesse buio. Camminò guardandosi intorno, e accuratamente tendendo l’orecchio al minimo rumore. Infatti, poco dopo, ebbe l’impressione che qualcuno lo stesse seguendo, vedendo un’ombra misteriosa nascondersi dietro di lui.
 Così si fermò, non avrebbe potuto di certo condurre chiunque lo stesse seguendo al covo.
Lukas si voltò, impugnando saldamente il pugnale che conservava alla cintura sotto il mantello, e si guardò cautamente intorno, sicuro che ci fosse qualcuno.

“Non voglio farti del male” Disse una figura, uscendo dal proprio nascondiglio all’angolo di un edificio. Anche lui, come Lukas, indossava un lungo mantello e il cappuccio che gli copriva la testa, ma il giovane fu in grado di scorgere due occhi azzurri come il mare, che però brillavano di una luce alquanto strana.
Non ebbe bisogno di molto tempo per riconoscere il giovane nobile che gli aveva lanciato una moneta l’altro giorno mentre ballava in
piazza di fronte la chiesa maggiore. Così si fermò ad ascoltarlo, per capire cosa avesse da dire.

“Perché mi seguite?” Chiese, sospettando che l’uomo volesse scoprire la locazione della Corte.
L’aristocratico lo guardava in una maniera che Lukas non avrebbe potuto descrivere se non in un modo: ossessiva.
Lo guardava come se fosse una grande mela del peccato sul punto di essere colta, lo guardava come se lo odiasse ma ne fosse allo stesso tempo terribilmente attratto, e Lukas si sentì tremendamente a disagio. Mathias fece qualche passo verso di lui e afferrò il suo polso sottile.
Lukas si dimenò e tentò di sottrarsi alla presa, impugnando l’arma nella propria cintura ma l’uomo lo spinse verso l’edificio, sbattendolo al muro e avvinghiandosi su di lui.

“Dal primo istante in cui ti ho visto…” Sussurrò guardandolo negli occhi, il suo sguardo era carico di lussuria. “Io non ho fatto altro che desiderarti”
Lukas lo guardò a sua volta, la mano ancora sul pugnale ma non lo sfoderò, voleva prima dare una possibilità a quest’uomo che con la sua moneta gli aveva assicurato la giornata. “Ci sono dei prezzi…” gli rispose in maniera neutrale, dopotutto era quello il suo lavoro principale, non danzare in piazza per quattro spiccioli dai passanti.
“Prezzi?” Mathias corrugò le sopracciglia, di certo non si aspettava di ricevere una tale risposta da parte del giovane che gli annebbiava la mente da giorni, e di cui non sapeva nemmeno il nome.
Non era certamente disposto a pagare per usufruire delle sue candide carni, ma quello cosa significava?
Se c’erano dei prezzi era scontato che non era l’unico a godere di quel corpo, né lo sarebbe mai stato.
In fondo al cuore, Mathias pensava (e sperava) che la candida creatura fosse ancora pura, ma si sbagliava.

Mathias si staccò da lui e fece qualche passo indietro, guardandolo ora con disprezzo e anche una punta di disgusto. “Non solo strega, anche meretrice!” Disse tra sé e sé, quasi borbottando.
Si allontanò ulteriormente prima di trovare nuove parole da rivolgere al giovane:
“Bada, pagherai per questo!” Gli urlò più da lontano prima di sistemare il cappuccio sulla propria testa e allontanarsi.



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Angolo autrice!

Salve a tutti, sono qui per ringraziare tutti voi che seguite la storia, volevo soltanto chiedervi di lasciare una piccola recensione o un messaggio privato se la storia fino ad ora vi piace. 
Come potete ben vedere, mi sto distaccando dall'opera originale mantenendo solo i ruoli principali e qualche avvenimento importante. Mathias non è un prete, Lukas non è uno zingaro (anche se perfettamente degno di risiedere alla Corte dei Miracoli) e Berwald non è un campanaro sordo e servo di Mathias. 
La stesura della storia è impegnativa perchè, come aveva detto qualcuno in  una recensione al capitolo 3, il rischio dell'ooc è sempre in agguato e mi sto impegnando al massimo per non caderci, anche perchè sto srivendo di personaggi complessi da analizzare. 

Detto questo, mi piacerebbe davvero sapere cosa ne pensate della storia fino ad adesso e magari cosa vi aspettate che succederà (come già detto, non pensate che io segua fedelmente la trama di Notre Dame de Paris perchè non è quello che farò).

Al prossimo capitolo ^^
-MadPhantom

 

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