Sempre uniti dal destino

di PiperBlue
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il progetto di scienze, l'incontro movimentato ***
Capitolo 2: *** Giorno movimentato! ***
Capitolo 3: *** Il pomeriggio assieme. Mi sono innamorata? ***
Capitolo 4: *** Non certo di Seiji ***
Capitolo 5: *** Febbre e batticuore ***
Capitolo 6: *** Emozioni, autentiche e false ***
Capitolo 7: *** Una brutta notiza ***
Capitolo 8: *** Spiegazioni ***
Capitolo 9: *** Espulsa! ***
Capitolo 10: *** Bacio Indiretto ***
Capitolo 11: *** La fine: un bacio non così indiretto ***



Capitolo 1
*** Il progetto di scienze, l'incontro movimentato ***


I PERSONAGGI DI QUESTA STORIA NON MI APPARTENGONO E NON è STATA SCRITTA A SCOPO DI LUCRO

  Quel giorno Kilari era particolarmente malinconica a scuola: era rimasta per tutta la lezione seduta in silenzio, con la testa altrove. Proprio il giorno precedente, infatti, il professore l’aveva rimproverata perché non poteva portare il suo gatto a scuola, e così aveva dovuto lasciare il suo Na-San a casa. Certo, era solo per poche ore, ma la ragazzina non era abituata a non avercelo attorno, pronto a darle consigli e aiutarla nei momenti di difficoltà, e si sentiva un po’ sola. Ad ogni modo, decise di guardare il lato positivo della faccenda, avrebbe senz’altro potuto sfruttare quell’occasione per cominciare a crescere e diventare indipendente, come le ripeteva sempre il suo papà.
“Devi imparare a cavartela da sola!” diceva, ma Kilari preferiva non dargli troppo ascolto, perché era davvero affezionata al suo cucciolo. Cercò di tornare coi piedi per terra, ma fu del tutto inutile: quel giorno proprio non ne voleva sapere di rimanere concentrata! Sbuffando, tornò a guardare fuori dalla finestra della sua aula, chiusa da ore, adesso così soffocante. Era una bella giornata, il sole splendeva alto nel cielo limpido ed azzurro, tirava un leggero venticello fresco e primaverile che agitava l’erba del cortile della scuola, che ondeggiava come se danzasse. Kilari sospirò. Lei amava la primavera, con i suoi colori, i primi sguardi di sole, gli animali che si risvegliano animando ogni cosa, i fiori ed il loro profumo, le piante che rinascevano (provvedendo a far crescere i dolci frutti) … proprio così; per lei primavera significava rinascita, ma soprattutto cibo! Avrebbe assaggiato di tutto, durante la fiera primaverile (*) di quell’anno: sarebbe corsa da una bancarella all’altra, rimpinzandosi di ogni squisitezza che vi avrebbe trovato! Ah, che meraviglia! Solo a pensarci le veniva l’acquolina in bocca…
Improvvisamente, il rombo del suo stomaco riportò alla realtà Kilari, che si accorse di essere tremendamente affamata; fortunatamente la campanella della pausa pranzo suonò proprio in quell’istante, e lei si fiondò subito fuori dalla classe con la sua fidata scatola del pranzo, per raggiungere il punto dove lei e le sue amiche, Miku e Sayaka, facevano merenda assieme.
Si era portata i suoi amatissimi Takoyaki, per l’occasione preparatile dal padre, che però, diciamocelo, non durarono molto a lungo.  
«Ma Kilari!» la rimproverò Miku.
«Miku ha ragione, Kilari! Dovresti imparare a comportarti più da signorina. Altrimenti come lo troverai il principe azzurro?» le diede corda Sayaka.
«Per me, il principe azzurro ideale, sarebbe uno che mi cucina tutto ciò che voglio!» rise Kilari, immaginandosi già la scena.
«Sei incorreggibile, non cambierai mai Kilari!» la presero in giro le sue amiche.
«Ad ogni modo, secondo noi i ragazzi perfetti sarebbero Seiji ed Hiroto, non è vero, Sayaka?» aggiunse Miku, sorridendo maliziosa all’amica, che divenne rossa come un peperone.
«Chi, i nostri compagni?» s’incuriosì Kilari.
«Esattamente! Uno così dolce e disponibile, l’altro freddo e misterioso… come resistere?» canticchiò in risposta lei.
«Non dirmi che non li trovi carini!» la punzecchiò Sayaka, ridacchiando.
«Mah, non ci ho mai fatto caso!» confessò allora la castana, facendo cadere per terra le amiche, scioccate.
«Oh, Kilari, davvero, sei incorreggibile!» risero, poco prima di dover tornare in classe.
«Ora c’è scienze! Sai, Na-San…» stava già dicendo la ragazza, incamminatasi verso il laboratorio, quando si ricordò che il suo gattino non era lì con lei. Che tristezza! Si fermò di colpo, sospirando. All’improvviso, qualcuno le finì addosso, travolgendola e facendola cadere a terra.
«Ahio, che botta!» si lamentò Kilari, alzandosi a guardare chi le si fosse schiantato letteralmente contro.
«Ti avevo detto di spostarti! Non dovevi fermarti così di colpo» la rimproverò il ragazzo, che altri non era che il suo compagno di classe Hiroto Kazama!
«Scusa tanto, ma non è solo colpa mia, non avresti dovuto correre a quel modo!» si difese lei.
«Non importa, ora spostati, ero già in ritardo prima che tu m facessi perdere altro tempo!» la congedò, e scappò via. Mamma mia che maleducato! Pensò Kilari, dirigendosi finalmente in classe, entrando fortunatamente e miracolosamente prima del professore, che annunciò che quel giorno avrebbe formato le coppie che avrebbero lavorato sui vari argomenti già affrontati nel corso dell’anno scolastico. Quando fu il turno di Kilari, ed il prof. estrasse dalla vaschetta il nome del compagno che l’avrebbe affiancata, lei non poté credere alle sue orecchie: quel malefico insegnante le aveva assegnato proprio quel cattivo, prepotente e presuntuoso del suo compagno corvino! Si voltò a guardarlo, e lo sguardo che lui le riservò non le piacque per nulla.
Il resto della giornata scolastica scorse relativamente tranquillo, ma all’uscita da scuola Hiroto si avvicinò alla ragazza.
«Sappi che non ho intenzione di prendere un’insufficienza per causa tua, perciò vedi di impegnarti!» le disse con tono sgarbato. Quel presuntuoso! Ma chi si credeva di essere, accidenti come le stava antipatico! Era davvero arrogante ed insopportabile! Ma gliel’avrebbe fatta vedere lei!
«Non dare peso alle sue parole, lui si comporta sempre con questa freddezza, ma tu non devi assolutamente prendertela!» la voce proveniva dalle sue spalle, e quando lei si voltò rimase praticamente abbagliata: Seiji in persona stava parlando proprio con lei! Lui sì che era gentile, sapeva come comportarsi con una ragazza! Che galante, le sue amiche avevano ragione almeno su di lui!
«non preoccuparti, non l’avrei fatto, figurati!» sorrise lei.
Quella sera, stranamente, Kilari fece una gran fatica ad addormentarsi, era come se avesse addosso l’argento vivo, non riusciva proprio a stare ferma, continuava a girarsi e rigirarsi sotto le coperte, come afflitta da convulsioni. Alla bellezza delle tre di notte, Na-San decise di prepararle una camomilla calmante.
«Grazie Na-San…» ringraziò lei, soffiando sul contenuto bollente della tazza che ora stringeva fra le mani.
«Proprio non riesco a prendere sonno, stanotte… dev’essere per i mille pensieri che mi frullano in mente… ma sarà meglio che mi calmi, altrimenti come arrivo domani… cioè oggi, a scuola?» sospirò, spegnendo la luce dopo aver finito di bere, trascinando nuovamente la sua cameretta nell’oscurità di quella notte senza stelle, quasi tormentata come l’animo della ragazza, che dopo molti sforzi riuscì a cadere fra le braccia di Morfeo.

Ed eccomi qui, tornata più carica che mai con una nuova ff su un anime che ha avuto un ruolo importante nella mia infanzia! Davvero, se ci ripenso mi viene da piangere, come sono sensibile! Ho inserito fra le note OOC solo per il personaggio di Izumi perché nella mia storia è una femmina e non ha i capelli rosa, ma per il resto è tutto uguale! Spero vi piaccia questo primo capitolo, recensite a valanghe, mi raccomando!!! Al prossimo capitolo dalla vostra PiperBlue!

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Capitolo 2
*** Giorno movimentato! ***


Il giorno seguente, naturalmente, Kilari fece molta fatica ad alzarsi dal letto, e, dato le poche ore di sonno, aveva anche due ben visibili borse sotto gli occhi, talmente profonde da farla quasi sembrare uno zombie in divisa scolastica.
«Kilari!» la chiamò il padre, non appena lei scese le scale facendo il suo sonnolento ingresso nella cucina, incorniciato da un sonoro sbadiglio con tanto di stiracchiamento.
«Buongiorno… vedo che hai dormito poco questa notte! Vedrai che una buona ed abbondante colazione ti rimetterà in sesto, dandoti le energie giuste per affrontare la tua giornata!» le sorrise, girando la frittella sul fuoco, pronto ad aggiungerla alle altre quaranta già nel piatto pronto sul tavolo al posto di Kilari, quando lei prese parola:
«Grazie papà, ma oggi non ho molta fame e nemmeno tempo per fare colazione… mangerò qualcosa fuori, forse!» esclamò, correndo fuori di casa e lasciando il padre piuttosto spiazzato e dispiaciuto.
Kilari correva verso la scuola, era in ritardo di cinque o sei minuti, e non voleva che la prof la rimproverasse come aveva fatto l’ultima volta, mettendola in imbarazzo davanti a i suoi compagni che avevano ridacchiato sotto i baffi mentre lei prendeva posto completamente rossa in viso. Fortunatamente riuscì a fare il suo ingresso nell’aula prima dell’arrivo dell’insegnante di matematica, quella che lei considerava la più severa (ed anche più odiosa!) di tutte. Una volta aveva assegnato una punizione all’intera classe perché aveva trovato una cartaccia sul pavimento! Insomma, non sopportava lei -e le sembrava vagamente che fosse reciproco-, né tantomeno la materia che insegnava. Matematica! Utile solo fino alla terza elementare, poi cominciano ad affrontarsi argomenti come le espressioni e le equazioni, che dopo la scuola ti dimentichi e non ti tornano utili nemmeno se finisci a fare l’ingegnere, l’architetto o il meccanico.
Proprio mentre la ragazza si ritrovava immersa da queste sue giuste riflessioni, sistemando il materiale della lezione sul banco in attesa che la docente arrivasse, Hiroto le si avvicinò, trascinandola così fuori dai suoi pensieri.
«Sì?» gli chiese.
«Ho parlato con la prof ieri, cosa che, ci tengo a sottolineare, avremmo dovuto fare insieme. Ha detto che il nostro argomento dovrà riguardare l’astronomia.» spiegò lui, e le guance della ragazza si tinsero di porpora.
«Ah, scusa, me ne ero dimenticata! Quindi cosa facciamo?» si scusò.
«Facciamo che tu questo sabato vieni a casa mia con il libro di scienze, verso le quattro se possibile, e vedi di non combinare pasticci, imbranata che non sei altro!» le ordinò lui, consegnandole il suo indirizzo, per poi andare a sedersi, lasciando Kilari incredula delle sue parole, ed anche un po’ ferita. Cosa le prendeva? Solitamente non le importava nulla di quello che la gente diceva di lei, figuriamoci se avesse dovuto ascoltare le parole di uno tanto maleducato e cattivo! Improvvisamente, però, si ricordò di una cosa che schiacciò letteralmente tutti gli altri pensieri: astronomia era proprio la sua nota dolente! Fantastico, avrebbe sicuramente sabotato la loro ricerca, avrebbero preso un brutto voto, lui si sarebbe arrabbiato e lei avrebbe fatto un’altra figuraccia! Sospirando, prese a guardare fuori dalla finestra; sembrava quasi che il bel tempo del giorno prima fosse stato tutto un sogno, stando alla tempesta che imperversava al di fuori dell’edificio! C’era un gran vento che faceva agitare le chiome degli alberi, e la pioggia era talmente forte e fitta che c’era una bassissima visibilità, possibile causa di sfortunati incidenti, e il tutto non accennava nemmeno per scherzo a migliorare! Il cielo era coperto da minacciosissimi nuvoloni neri come la pece... ma Kilari dovette presto distrarsi dalla distrazione stessa, in quanto l’insegnante aveva appena fatto il suo ingresso nella stanza, col cappotto completamente zuppo e l’espressione di una che è già stufa alle otto del mattino di quella giornata.
“Benissimo!” pensò la castana, “ci massacrerà!”.
Tutto sommato le lezioni quel giorno scorsero relativamente in fretta, permettendo ai trepidanti studenti di essere liberi di tornarsene a casa propria, proprio come stava facendo Kilari quando si ritrovò a riflettere.
“Allora, lui ha detto questo sabato, ed oggi è… venerdì! Oddio! Non posso nemmeno ripassare, sono fregata! Ho troppo da fare oggi! Devo pranzare, andare a fare il turno al caffè, poi farmi una bella doccia, fare tutti i compiti, ripassare per la verifica di domani, andare a fare un paio di commissioni in centro per papà…” pensò, cominciando a correre per risparmiare più tempo possibile.
Il resto della sua giornata divenne così frenetico: mangiò in fretta e furia, ed il meno possibile (comunque non voleva far preoccupare suo papà), corse a cambiarsi per andare al lavoro, dove avrebbe dovuto stare dalle cinque fino alle sei e mezza a servire i tavoli di un bar poco lontano da casa sua. Aveva trovato quel lavoro per poter guadagnare un po’ di soldi per conto suo, e quello era un locale molto carino: pavimento di pietra e muri rivestiti di assi di legno grezze, con i tavoli sparsi ordinatamente per la sala, ricoperti da tovaglie rosse e circondati da sedie di legno foderate da un cuscino anch’esso rosso, sovrastati da eleganti centritavola. In un angolo era presente il bancone della cassa, che era stato posizionato davanti alla porta che conduceva alla cucina. Il tutto era rischiarato dalle numerose finestre che facevano filtrare molta luce e dai lampadari di legno e vetro che erano appesi in modo simmetrico nella stanza. Finalmente, dopo aver rovesciato parecchi vassoi ed aver chiesto scusa un’infinità di volte, il suo turno finì e poté tornare a casa, fare una bella doccia calda e rilassante, lunga come piaceva a lei, per poi sedersi alla scrivania a fare i compiti e ripassare delle ultime informazioni importanti. Dopodiché, verso le otto di sera, uscì nuovamente di casa per comprare un po’ di frutta per il padre che lavorava come pasticcere in un locale aperto da lui stesso. Dopo aver girato qualche bancarella ed avere finalmente trovato quello che desiderava, poté definitivamente fare ritorno a casa. Poggiò la spesa sul tavolo della cucina ed andò in camera sua con tutte le intenzioni di ripassare un poco di astronomia, prese l’odiato libro e si sedette sul letto, poi… senza nemmeno aver letto una riga, senza nemmeno accorgersene, cadde in un profondo sonno, ancora tutta vestita. Il risveglio le avrebbe riservato una bella sorpresa!



Ciao a tutti e scusate dell'enorme distanza temporale fra un capitolo e l'altro, ma d'ora in poi cercherò di aggiornare con più frequenza questa mia, che spero vi stia perlomeno interessando! Recensite numerosi, per favore, che i vostri pareri sono per me di fondamentale importanza! Allons-y dalla vostra PiperBlue!

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Capitolo 3
*** Il pomeriggio assieme. Mi sono innamorata? ***


Un raggio di sole che filtrava dalla finestra aperta della cameretta di Kilari, promettendo una bella giornata primaverile, le fece finalmente aprire gli occhi celesti, che, ancora pieni di sonno, incontrarono i luminosi caratteri della sveglia digitale poggiata sul comodino accanto al letto della ragazza. Erano le undici del mattino.
«LE UNDICI???» urlò improvvisamente la poverina, mettendosi bruscamente a sedere e provocandosi di conseguenza un attimo di capogiro. Si guardò attorno: era ancora vestita come la sera prima, ed il libro di astronomia giaceva aperto sul pavimento.
«Ma perché!» si lamentò, correndo in bagno a farsi una doccia-lampo, asciugarsi i capelli ed indossare abiti nuovi in quanto gli altri erano ormai tutti spiegazzati. Indossò una minigonna azzurra quadrettata con linee rosa, un top violetto coperto quasi interamente da una felpa rosa tenue col colletto di pelo, si mise al collo la sua collana preferita e infine si raccolse i capelli nei suoi soliti due codini, fermati da due elastici pelosi e celesti come i suoi occhi.
 Poi corse in salotto, dove suo padre stava leggendo il giornale tranquillamente seduto sul divano mentre beveva un caffè.
«Ben svegliata Kilari, la colazione è sul tavolo, un po’ meno abbondante del solito, perché ho come l’impressione che tu sia di fretta.» affermò.
"Ti credo che sono di fretta!" pensò, esasperata. Ormai si erano fatte le dodici e mezza.
«Papà! Perché non mi hai svegliata?» piagnucolò lei.
«Perché avrei dovuto? Oggi non hai scuola, e dormivi così bene!» si giustificò l’uomo, sorridendole. Kilari sbuffò, mangiò le sue dodici brioches alla marmellata di fragole, si lavò in fretta i denti e corse in camera, più che determinata questa volta a leggere almeno qualche pagina di astronomia. Purtroppo però non sapeva quale argomento avrebbe scelto Hiroto, quindi avrebbe dovuto ripassare tutto! Lesse qualche pagina sulle stelle, come nascono, crescono e muoiono, rilesse vecchi appunti sul Sole, sui tipi di galassie, sui pianeti del Sistema Solare, qualche informazione sulla Via Lattea, sui moti della Terra, sulle caratteristiche della Luna e sulle eclissi, ma comunque continuava a non capire molto… ben presto arrivarono le tre e mezza, orario prefissato da lei per andare da Hiroto. Non sapeva bene perché, ma pensare di andare a casa sua, anche se solo per uno stupido compito, la metteva in una grande agitazione. Forse perché aveva paura di fare un’altra delle sue figuracce…  Ad ogni modo, aveva pensato che finché lui non l’avesse vista mangiare, sarebbe andato tutto per il meglio se si fosse impegnata al massimo. Si infilò le sue scarpe da ginnastica celesti e suo padre l’accompagnò in macchina fino alla casa dell’antipatico compagno di classe, e riuscì per miracolo ad arrivare in orario. Aveva portato con sé il suo zaino blu, dove aveva messo poco prima il libro, un astuccio pieno di penne e pastelli e pennarelli colorati, il quaderno degli appunti di scienze e qualche foglio. Quando suonò al campanello di casa Kazama, era tesa come una corda di violino. Poco dopo Hiroto le venne ad aprire.
«Ciao!» lo salutò lei, cercando di sorridere, anche se lui non le rispose ma le rivolse uno sguardo severo che la fece ammutolire.
“Accidenti, almeno poteva salutarmi, che maleducato!” pensò la ragazza. La casa del ragazzo era un’enorme villa molto elegante e spaziosa, e la sua camera da letto era la definizione di ordine; il letto addossato ad una parete era accuratamente rifatto, la scrivania dal lato opposto era in perfetto ordine e la libreria era piena di libri molto impegnativi. Nel mezzo della stanza c’era un tavolino basso, con due cuscini blu posizionati di fronte. La finestra nel mezzo della parete di fronte alla porta rischiarava l’ambiente rendendolo molto luminoso.
«Dai, siediti.» le disse Hiroto, invitandola a prendere posto su di uno dei due cuscini.
«Grazie.» sorrise lei, ancora leggermente imbarazzata dalla situazione. Era la prima volta che entrava nella stanza di un ragazzo che non fosse suo fratello!
«Allora, Kimari…» 
«Kilari» lo corresse lei.
«Sì, Kilari, che voto avevi preso tu nella verifica di astronomia?» le chiese. Lei abbassò il capo.
«Sei…» mormorò, leggermente preoccupata dalla possibile reazione del ragazzo ad un voto tanto basso.
«Ah! Ammetto che mi aspettavo di meno!» ridacchiò invece lui.
«Ehi! Razza di maleducato, potrò anche non essere brava, ma studio!» si difese lei.
«Ok, calma, stavo solo scherzando!» spiegò.
«Che argomento hai capito di meno?» le domandò poi.
«Non ho capito nulla sul ciclo vitale delle stelle.» ammise lei.
«Oh, ma è facile!» rise lui, e con una pazienza che la ragazza non avrebbe mai detto potesse avere, cercò di spiegarle al meglio l’argomento.
«Capito?»
«Sì, abbastanza.» rispose lei.
«Perfetto. Avevo in mente di preparare un cartellone sulle stelle e sul Sole in particolare, che mettesse in evidenza il loro ciclo vitale e spiegasse le funzioni degli strati della nostra stella con un comodo grafico, per poi preparare un discorso da imparare a memoria ed esporre. Che cosa ne dici?»
«Che è perfetto!» sorrise lei, e così si misero al lavoro, disegnando stelle e nebulose su un grande foglio bianco.
«No, Kilari! Non puoi disegnare una stella così! In realtà non sono fatte così!» la rimproverò lui ad un certo punto, notando che la ragazza stava disegnando le stelle con la loro forma figurata.
«Ah, scusa!!!» si scusò lei, mentre lui rideva a crepapelle.
«Ehi! Smettila di ridere!» si lamentò lei.
«Scusa è che… sei troppo imbranata!» rise ancora lui. Stranamente Kilari questa volta non si offese e si mise a ridere assieme al ragazzo. Così, fra i pasticci di lei e le risate di lui, ben presto finirono il lavoro e fu ora per la ragazza di tornare a casa.
«Abbiamo fatto un buon lavoro, lunedì lo porto io a scuola.» le riferì Hiroto mentre lei entrava nell’automobile del padre.
«Ok, a lunedì allora!» sorrise lei, arrossendo.
Una volta a casa la ragazza corse subito in camera sua a raccontare tutto l’accaduto al suo Na-San.
«Sai, mi fa sempre uno strano effetto Hiroto, non riesco a guardarlo negli occhi per più di due secondi senza arrossire… sarà perché mi manda in confusione con i suoi modi prima maleducati e poi così cortesi e disponibili. Ah, che tortura! Non so se considerarlo un amico oppure no… ma penso che da oggi lo siamo diventati almeno un po’. Tu che ne pensi, Na-San?» chiese infine al suo gattino.
«Ma-mao!» miagolò lui, rimboccando poi le coperte della sua amica e andando ad acciambellarsi ai piedi del letto.
«Hai ragione, non c’è nulla di cui preoccuparsi. E poi c’è anche Seiji… lui è molto carino e sempre così gentile e dolce…» arrossì lei, pensando al bel biondino, prima di addormentarsi.
 La mattina del lunedì seguente Kilari era a dir poco distrutta: aveva passato tutta la domenica a cercare di memorizzare la sua parte del discorso che avrebbero dovuto tenere quello stesso giorno, aveva dormito pochissimo per l’agitazione, e nemmeno adesso si sentiva molto calma. Si vestì in fretta ed uscì di corsa per andare a scuola, dove arrivò con i soliti minuti di ritardo, prendendosi così la consueta sgridata dalla sua prof. preferita.
«Cominciamo bene la settimana, signorina Tsukishima!» Che noiosa insegnante petulante! Ad ogni modo, la lezione di scienze era alla seconda ora, quindi, naturalmente, lei passò tutta la prima a mangiarsi le unghie, ripetere mentalmente la sua parte, farsi mille paranoie e di conseguenza non capendo una parola della lezione. Quando la campanella suonò, la poverina ormai stremata dall’attesa, sbarrò gli occhi, come terrorizzata.
«Tranquilla, andrai benissimo!» la rassicurò una voce familiare. Era proprio Seiji!
«Grazie…» sorrise lei, mentre le guance si tingevano di rosso un po’ per l’imbarazzo di essere stata vista preoccuparsi, un po’ perché Seiji era sempre molto gentile e cortese con lei. Proprio mentre arrivava anche Hiroto, il cuore prese a batterle alla velocità della luce, togliendole il fiato per qualche secondo.
“Ma che mi prende? Non sarò mica…" pensò la ragazza, guardando il ragazzo dagli occhi celesti, proprio come i suoi. Era molto carino, ed era sempre molto educato e le diceva spesso cose molto dolci. Era anche simpatico. Era perfetto, insomma. Che se ne fosse innamorata?

 

 

Ciao a tutti! Ho aggiornato abbastanza presto, proprio come avevo promesso! Allora, la nostra Kilari sembra essersi presa una cotta per Seiji... cosa succederà ora? Lo scoprirete, ovviamente, nel prossimo capitolo! Mi raccomando, recensite numerosi! Allons-y dalla vostra PiperBlue!

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Capitolo 4
*** Non certo di Seiji ***


Mentre Kilari arrossiva rendendosi conto di essersi presa una cotta per il ragazzo più carino della scuola, nell'aula fece il suo ingresso la professoressa di scienze, che, come previsto, annunciò che avrebbe chiamato le prime quattro coppie ad esporre i loro lavori di scienze.
"Non noi, non noi, non noi..." pregava in silenzio la ragazza, tenendo gli occhi sbarrati fissi sull'insegnate, mentre sentiva l'angoscia espandersi nel petto, schiacciandole i polmoni e impedendole di respirare correttamente.
«La prima coppia ad esporre sarà... Tanaka e Watanabe... poi Kazama e Tsukishima...» al solo sentirsi nominare, Kilari smise di ascoltare le parole della prof. e si lasciò prendere dal panico più totale.
"Oh, no! Lo sapevo! E ora?" pensò, disperata, leggendo e rileggendo il foglietto che portava scritta la sua parte di esposizione, che naturalmente lei sapeva a menadito oramai. Senza che se ne accorgesse nemmeno, la prima coppia aveva già terminato e toccava a lei, proprio a lei! A stento, trovando le forze da chissà dove, riuscì ad alzarsi dalla sua sedia, e, con le ginocchia e le mani tremanti, si diresse verso la cattedra con Hiroto, prendendo poi posto accanto a lui che stava posizionando il loro cartellone in bella mostra, in modo che tutti i loro compagni potessero vederlo. Poi il corvino prese la parola, cominciando così il loro discorso, che avevano precedentemente preparato con molta cura ed attenzione. Infine, quando smise di argomentare, rivolse il suo sguardo alla ragazza, fino ad allora rimasta in silenzio. Lei, sentendosi chiamata in causa, inizialmente lo guardò interrogativa, mentre il cuore le perdeva un paio di battiti, per poi capire e ripetere tutto ciò che aveva studiato brillantemente, mentre mostrava alcuni passaggi importanti sul cartellone, ed illustrava con calma tutte le teorie presenti sull'argomento, aggiungendo poi anche qualche suo commento oggettivo, stupendosi inoltre di sapere, e poter quindi aggiungere al suo discorso, cose che non aveva nemmeno studiato. Insomma, diede davvero il meglio di sé e si superò oltre ogni aspettativa. Quando ebbe finito di parlare, tornò a sedersi sorridendo, sotto lo sguardo soddisfatto di Hiroto, che concluse la loro esposizione con alcune ultime cose da precisare.
Quando, alla fine dell'ora, la prof. assegnò i voti, Kilari restò senza parole nel contemplare il suo bellissimo e primissimo nove e mezzo!
«Sei stata brava Kimari, non me lo aspettavo davvero!» la prese in giro Hiroto.
«Spiritoso! Sono felice, ad ogni modo, che sia finita bene!» concluse lei, sorridendo. Proprio in quel momento, sopraggiunse il biondino, che si rivolse alla ragazza.
«Kilari! Sei stata fantastica! Sai, l'argomento che avete affrontato voi due era uno dei pochi che non avevo mai capito, e grazie a te ora sono finalmente riuscito a raccapezzarmi! Davvero molto brava!» si complimentò, facendola arrossire di piacere.
«Comunque...» iniziò, prendendola per un braccio e trascinandola lontano dalla folla dei loro compagni che stavano chiacchierando allegramente, sotto lo sguardo, inspiegabilmente divenuto indispettito, di Hiroto.
«Vorrei invitarti a mangiare fuori con me, oggi pomeriggio. Accetti?» le propose infine, guardandola speranzoso. Lei, dal canto suo, non ci pensò due volte a rispondere di sì! Non poteva crederci, avrebbe avuto un vero appuntamento col ragazzo di cui era innamorata!
Quel pomeriggio corse a casa emozionatissima, il ragazzo le aveva detto che sarebbe passato a prenderla per le tre, e lei voleva essere pronta! Si fece una bella doccia, si pettinò con cura i capelli, decidendo poi di lasciarli sciolti, ed indossò uno dei suoi vestiti più carini: una maglietta senza maniche viola tutta a balze, che le lasciava scoperto il ventre, ed un paio di shorts bianchi. Fu pronta proprio in orario, al contrario del solito, ed anche il suo bel cavaliere dagli occhi splendenti fu puntuale. Lui indossava camicia celeste e dei pantaloni bianchi. Era davvero molto bello! «Sei bellissima!» le disse dolcemente, mentre si incamminavano verso il ristorante scelto da lui. Era un locale davvero suggestivo ed accogliente: i pavimenti erano in cotto, le pareti dipinte di colori scuri e le finestre oscurate da pesanti tendaggi. La luce era fornita dai lampadari che la rendevano soffusa, ed al centro della stanza principale c'era un bellissimo acquario pieno di pesci tropicali coloratissimi. Davvero romantico.
«E' molto bello!» sorrise Kilari guardandosi attorno.
«Sono felice che ti piaccia! È il mio ristorante preferito, e si mangia anche benissimo!» le rispose lui. Presero posto in un angolino ed aspettarono che un cameriere arrivasse. Poco dopo, nel bel mezzo del pasto, Seiji prese la parola:
«Senti, Kilari...» cominciò, tentennando e cercando di ostentare una sicurezza che in realtà non aveva. Prima di proseguire però, le prese la mano. La ragazza si aspettava che il suo cuore cominciasse a battere forsennatamente, si aspettava di arrossire violentemente, di sentirsi emozionatissima a quel contatto, ma non accadde proprio nulla. Si sentì un po' delusa, e guardò il ragazzo negli occhi. Non sentiva più niente di niente. Come era possibile? Che si fosse sbagliata? E dov'erano le farfalle nello stomaco, il rossore improvviso? Abbassò gli occhi, rattristata dal fatto di non provare niente per quello che le era sembrato il suo primo vero amore.
«Mi piaci molto.» disse poi lui, lasciandola spiazzata.
«Vuoi diventare la mia ragazza?» le domandò infine. Cosa poteva rispondere lei, che fino a tre secondi prima era convinta di amarlo, se non di no? Improvvisamente si sentì molto confusa, cosa prendeva al suo cuore? Perché prima ballava la break dance in presenza del biondino e poi ne era completamente indifferente?
«Io... mi dispiace moltissimo, Seiji, ma non è possibile. Io sono molto confusa al momento, e non credo di provare nulla per te. So che così dicendo ti ferisco, ma sarebbe molto peggio se ti mentissi prendendoti in giro, e tu lo scoprissi solo infine... tu sei un ragazzo fantastico, ma io non sono la tua metà.» concluse lei, profondamente dispiaciuta. Durante il tragitto verso casa nessuno dei due osò proferire una parola, si salutarono e la ragazza entrò in casa sua con le lacrime agli occhi per aver causato una sofferenza ad un amico che era sempre stato gentile con lei, anche se rimaneva dell'idea che sarebbe stato peggio per entrambi mentirgli.
Quella sera, Kilari fece fatica a prendere sonno. Cercava di capire cosa le prendesse e proprio non si voleva mettere il cuore in pace. L'unica spiegazione era che non fosse Seiji il ragazzo per cui il suo cuore batteva. Ma se aveva pensato il contrario, significava che si era presa una cotta per un ragazzo che era sempre presente quando parlava col biondino. Il che portava ad una sola, sconcertante, conclusione...

 

 

Ed ecco a voi il nuovo capitolo, anche se un po' in ritardo, mi scuso! Allora, che dire, pieno di colpi di scena! Recensite numerosi, Allons-y dalla vostra PiperBlue!

 

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Capitolo 5
*** Febbre e batticuore ***


La mattina dopo Kilari si recò a scuola controvoglia, ancora sconcertata dalla rivelazione che le aveva portato una notte di riflessioni. La poverina infatti non aveva praticamente chiuso occhio ed aveva due profonde occhiaie ed un colorito piuttosto pallido. Era riuscita a dormire un po' giusto poco prima che la sua sveglia suonasse, svegliandola così ancora esausta e bianca come un lenzuolo. Inoltre, come se non fosse abbastanza, non aveva nemmeno avuto il tempo per fare colazione e si sentiva più debole che mai. Aveva davvero una brutta cera, e le era persino venuto un terribile mal di testa pulsante. Cominciava bene la giornata! Nonostante tutto, riuscì ad entrare in classe prima della professoressa della prima ora, e si sistemò sul suo banco, solo per addormentarsi profondamente pochi minuti dopo.
Venne svegliata dal suono della campanella che indicava l'intervallo. Era davvero strano che l'avessero lasciata dormire e nessuno si fosse lamentato o avesse provato a chiamarla, ma lei pensava che fosse meglio così, aveva potuto almeno recuperare un po' le forze, anche se il mal di testa non era ancora passato. Proprio in quel momento, Hiroto si avvicinò al suo banco.
«Ben svegliata, eh? Hai dormito per tutto il tempo!» la prese in giro.
«Lo so.» rispose solo lei, talmente stanca da non avere nemmeno la forza per emozionarsi della vicinanza del ragazzo. Se fosse successo, pensava la giovane, sarebbe quasi sicuramente svenuta!
«Tutto bene? Sei così pallida...» le chiese allora il corvino.
«Ho solo dormito molto poco.» spiegò lei, trattenendo uno sbadiglio che sembrava volesse fare da prova alle sue parole.
«Ok, ma cerca di riguardarti un po' di più, guarda come sei ridotta...» la rimproverò lui, prima di andarsene con Seiji, che per tutta la conversazione non l'aveva nemmeno guardata.
"Poverino, non si meritava questa sofferenza... so bene come si deve sentire, ma troverà qualcuna che lo meriterà più di me..." pensò la ragazza, abbassando lo sguardo sulle mani, che erano allacciate in grembo. Improvvisamente, starnutì.
"Ci mancava questa!" altro starnuto "Siamo in piena primavera, è una bellissima giornata di sole ed io, non solo ho un freddo terribile e non smetto di tremare, ma mi sono presa anche il raffreddore!" imprecò mentalmente Kilari, tenendosi la testa che, quando starnutiva, le lanciava fitte terribili. Decise che prendere un po' d'aria forse le avrebbe fatto bene, così si alzò, e dopo il capogiro iniziale, uscì nel cortile. Una volta fuori, prese un bel respiro e si sedette sotto un ciliegio in fiore. Si guardò attorno: tutti i ragazzi stavano mangiando, chiacchierando o giocando, ridevano e facevano un gran rumore, che le faceva pulsare la testa. Nonostante il sole splendesse alto nel cielo, illuminando ogni cosa e facendo risplendere l'erba del prato, lei sentiva ancora freddo, e proprio non voleva saperne di smettere di tremare. Si sentiva le mani ed il fiato caldissimi, le girava terribilmente la testa e non riusciva più a ragionare con lucidità, così quando la campanella di fine ricreazione suonò, lei si alzò senza dire una parola, preparandosi per la lezione di ginnastica. 
Stava correndo per riscaldarsi, quando sentì tutte le forze venirle e meno e cadde, senza più vedere niente. Quando riprese conoscenza, si trovava in un lettino in infermeria, ed accanto a lei c'era Hiroto, seduto su una sedia, che la scrutava, gli occhi scuri per la preoccupazione.
«Sei una stupida! Non sai che spavento mi hai fatto prendere!» la sgridò, non appena vide che si era risvegliata.
«Scusa...» riuscì a dire solo lei.
«Non devi scusarti. Come ti senti?» le chiese poi lui.
«Un po' meglio di prima, grazie...» rispose lei, arrossendo per le attenzioni di lui, mentre il cuore accelerava improvvisamente ed una scarica di adrenalina le portava un po' di energia.
«Si vede! Hai un colorito molto più normale di prima!» osservò lui, sorridendo e facendo arrossire ancora di più la ragazza, che si sentiva le guance roventi.
«Cosa è successo?» domandò Kilari, cercando di spostare l'attenzione di lui dal suo rossore.
«Stavi correndo, e si vedeva che non stavi molto bene, quando all'improvviso PUM! Sei caduta come una pera. Non rispondevi più, tremavi solo, non sai che preoccupazione!» le spiegò lui. Nonostante tutto, le venne da sorridere al pensiero di lui che si spaventava per lei.
«Così ti ho portata qui, dove l'infermiera ti ha provato la febbre. Trentanove e otto, razza di sconsiderata, ma cosa ti è passato per la testa di venire ugualmente a scuola?» la rimproverò ancora. «Non stavo così male quando sono uscita.» si difese lei. «Aspetta, hai detto come una pera???» si rese conto ad un certo punto.
«Caspita, devi aver preso una brutta botta per essertene accorta solo ora! Sicura di stare bene? Quante sono queste?» rise lui, mostrandole le dita.
«COME TI PERMETTI BRUTTO MALEDUCATO!» gridò Kilari, mettendosi subito dopo anche lei a ridere. Nessuno dei due si era accorto però che qualcuno li stava spiando attraverso il vetro della stanza.
Una ragazzina dai lunghi capelli castani e profondi occhi viola stava infatti assistendo a tutta la scena, rimanendo semi nascosta nell'ombra, sul volto stampata un'espressione rabbiosa che le induriva i dolci lineamenti del volto.

 

 

 

Ciao a tutti! Scusate per il terribile ritardo, ma sono stata super impegnata con la scuola ultimamente, e ho potuto aggiornare solo ora! Spero che anche questo capitolo vi piaccia, per quanto corto, e recensiate in tanti! Saluti dalla vostra PiperBlue!

 

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Capitolo 6
*** Emozioni, autentiche e false ***


«Quella sfacciata ragazzina pensa di potermi portar via il MIO Hiroto! Non sa con chi ha a che fare! Troverò il modo di separarli!» ridacchiò correndo via la moretta.
Nel frattempo, Kilari, affermando di sentirsi un po' meglio, volle alzarsi, nonostante Hiroto cercasse di impedirglielo.
«Devi riposarti! Stai a letto!»  le diceva, inutilmente, convincendosi sempre più della testardaggine della ragazza.
«Sto bene!» protestava lei, tentando di scrollarsi di dosso il ragazzo che le impossibilitava i movimenti. 
«Devo andare a casa, mio padre sarà preoccupato per me!» affermò quindi, per poi dirigersi, rossa come un peperone per la vicinanza di Hiroto che la stava aiutando a camminare, fuori dall'infermieri. In fondo al corridoio, una figura si stava avvicinando di corsa ai due.
«Kilari, stai bene? L'infermiera mi ha chiamato dicendomi che avevi perso i sensi! Cosa è successo?» chiese il padre alla ragazza. 
«Sto bene, papà. Ho solo un po' di febbre.» lo rassicurò lei. 
«Okay, allora ti porto a casa e ti metti subito a letto, intesi?» 
«Sì. Grazie di tutto, Hiroto.» disse poi lei, rivolgendosi al moro.
Per tutto il tragitto il padre l'aveva tempestata di domande sul ragazzo, ma lei non lo ascoltava, riusciva solo a pensare a come era stato carino a portarla subito in infermieri e a stare lì con lei. 
-Non sai che preoccupazione! -, le aveva detto. Quelle parole continuavano inesorabilmente a tormentarla. Poi ripensava sempre allo sguardo del corvino ed alla preoccupazione nei suoi occhi, arrossendo vistosamente. All'ennesima domanda del padre, smise di guardare il paesaggio che dal finestrino scorreva veloce e si rifletteva nei suoi cerulei occhi, per voltarsi verso di lui, il volto occupato da un mezzo sorriso un po' ebete che le spuntava al pensiero del ragazzo. 
«E' un mio amico che mi ha aiutata quando sono svenuta, lo stesso del lavoro di scienze. È così gentile e disponibile...» disse, sorridendo di più. Il padre ridacchiò.
«Cosa c'è da ridere?»
«Conosco bene quello sguardo, febbre o non febbre, mia cara, sei cotta.»
«Papà!»
«Non ho ragione?»
«Umpf! Hai ragione...» ammise lei, mettendo il finto broncio e gonfiando le guance.
 
Nel frattempo, Hiroto, dopo aver guardato Kilari uscire col padre dalla scuola, si era diretto nella direzione opposta, verso la segreteria. Intanto, non riusciva a togliersi dalla mente lo splendido sorriso che la ragazza gli aveva regalato ringraziandolo. Di cosa, poi? Non appena l'aveva vista cadere, era subito corso da lei col cuore in gola, sperando che non si fosse fatta male. 
L'aveva portata di corsa in infermieri e lì aveva aspettato con ansia il suo risveglio. 
Quando però questo era arrivato, lui aveva dovuto indossare nuovamente la sua maschera da duro. Vedendo il suo faccino così mortificato, essa si era inevitabilmente incrinata ed il suo sguardo ed il tono raddolciti. Non poteva restare arrabbiato con lei a lungo, ed aveva cercato subito di farle tornare il sorriso.  
 
I suoi pensieri furono interrotti da un singhiozzare sommesso che proveniva da sotto le scale che portavano al piano superiore.  Proprio lì, infatti, stava rannicchiata una ragazzina dai lunghi capelli castani che sobbalzava dal pianto.
«Stai bene? Cosa ci fai qua sotto?» le chiese, per cortesia. Non l'aveva mai vista in giro prima per la scuola, ed era alquanto strano quel posto come rifugio. Se fosse stata beccata, si sarebbe presa un gran rimprovero. 
Lei alzò la testa dalle ginocchia, guardando Hiroto con gli occhi arrossati. 
«Mi nascondevo da quella ragazza...» rispose timidamente la poverina.
«Chi?» domandò allora, incuriosito, lui.
«Quella là con i capelli castani in due codini e gli occhi celesti. Mi tormenta sempre, mi prende in giro e mi ruba la merenda!» si lamentò lei, enfatizzando poi il falso pianto. 
«K-Kilari!?» esclamò lui, incredulo.
«Proprio lei!» confermò la ragazza, voltandosi per non far vedere il ghigno che le era spuntato sul volto, pensando di aver convinto il corvino, che, però, non credeva ad una sola parola. Incuriosito dal motivo di tale menzogna, le resse il gioco. 
«Non pensavo potesse essere capace di una cosa simile! Dai, ti aiuto ad alzarti!» le disse, porgendole la mano, che lei prontamente afferrò, alzandosi.
Hiroto si ritrovò così a squadrare quella piccola bugiarda, che però era davvero carina.
I capelli scuri le ricadevano mossi sulle spalle coperte dalla parte superiore della divisa scolastica che le fasciava il fisico, con alcuni ciuffi della frangia che le pizzicavano i profondi occhi viola. La gonna, un po' stropicciata, arrivava fino a alle ginocchia, lasciando scoperte le lunghe gambe.
«Come ti chiami?»
«I-Izumi» rispose, con la voce tremante nel tentativo di mantenere la recita. 
«Devo andare ora!» esclamò subito dopo, correndo via.
"Che tipa strana. Chissà cosa aveva per la testa, per dire quelle cose su Kilari." pensò Hiroto, guardandola correre via, per poi sospirare.
Una volta superato l'angolo, sicura di essere nascosta dalla vista del bel corvino, Izumi si fermò. Agitando trionfante il pugno in aria, pensò: 
"Ah! Ci è cascato in pieno! Adesso non mi resta che parlare con lei. Vedrà che avrebbe fatto meglio a non avvicinarsi al mio amore! Gliela farò pagare, in qualche modo! Nel frattempo, ho avuto il primo contatto con il mio futuro ragazzo! È rimasto estasiato dalla mia bellezza, si vedeva!"  ridacchiò, buttò indietro i capelli con rapido gesto della mano e si allontanò ondeggiando.
 

Nel mentre, un ragazzo biondo seduto al suo banco era distratto dalla lezione e guardava attraverso il lucido vetro della finestra il sole che faceva brillare ogni filo d'erba del prato rasato all'inglese.
"Capisco come ti senti, Kilari. Non sono arrabbiato. Avevo rifiutato molte ragazze prima d'ora, non mi ero mai accorto dell'effetto che faceva, eppure ho visto come guardi Hiroto. Ti auguro di essere felice, mio primo ed unico amore".
Una lacrima solitaria lasciò gli occhi celesti del ragazzo*, percorrendo la guancia per infrangersi sul dorso della sua mano. 

 

 

*Per chi non avesse capito, Seiji.

Sono tornataaaaaaaa! Vi sono mancata? Spero di sì, ma soprattutto spero che non siate tanto arrabbiati per la lunga assenza, ma fra gli esami scolastici ed il braccio rotto ho fatto una fatica ad aggiornare! Spero dunque che apprezziate questo nuovo capitolo e mi perdoniate! Ricordatevi di lasciare una recensione per dirmi cosa ne pensate, sono quelle che mi fanno andare avanti! Abbracci dalla vostra PiperBlue!

 

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Capitolo 7
*** Una brutta notiza ***


Il giorno seguente Kilari, che si sentiva fortunatamente già molto meglio, decise di recarsi a scuola nonostante il raffreddore e tutte le proteste del padre. Tutto ciò che riuscì a fare per lei fu prepararle la solita colazione abbondante, che la ragazza consumò in meno di un minuto, prima di fiondarsi fuori casa. Quel giorno era particolarmente di buon umore, siccome non avrebbe avuto nessuna lezione con quell'odiosa professoressa che le aveva vietato di portare il suo adorato gattino a scuola, così poteva finalmente stare in compagnia di Na-San anche durante le ore scolastiche. 
Il giorno prima, quando era arrivata a casa, aveva indossato il pigiama e si era messa sotto le coperte mentre il padre le preparava una minestra, ed aveva colto l'occasione per raccontare bene l'accaduto al micio, che l'aveva ascoltata attentamente, rimproverata per il suo comportamento imprudente, ma aiutata a guarire più in fretta con le sue doti mediche.
Adesso la ragazza stava percorrendo a piedi il tragitto che portava da casa sua alla scuola, dove -al solo pensiero arrossiva tantissimo- avrebbe rivisto Hiroto. 
Una volta in classe, si sedette al suo posto, rivolgendo subito uno sguardo fuori dalla finestra. Nel frattempo, nell'aula fece il suo ingresso proprio Hiroto, seguito a ruota da Izumi che si fermò a scambiare due parole con lui. 
«Grazie mille per l'aiuto di ieri, Hirotino! Posso chiamarti Hirotino, vero? Sai, penso che dovremmo vederci più spesso, potremmo uscire assieme qualche volta, cosa ne dici? Tu sei sempre così gentile e disponibile!»
Stava dicendo la ragazza, attorcigliandosi i capelli attorno a un dito e sbattendo le lunghe ciglia con fare civettuolo, cercando in tutti i modi di fare colpo sul ragazzo flirtando spudoratamente. A dire il vero, però, lui era davvero seccato; quella ragazzina non faceva altro che ronzargli attorno da quando le aveva parlato il giorno prima, facendo l'ochetta e accompagnandosi con una risatina tanto stridula quanto falsa che gli faceva saltare i nervi, e adesso si metteva pure a flirtare sfacciatamente. 
Proprio in quel momento Kilari si era girata verso i due, scrutando la ragazza che naturalmente se ne accorse e colse l'occasione per agire. Posò la mano sulla spalla del ragazzo, che, essendosi distratto per non strangolarla, sobbalzò sorpreso, e trillò con voce acuta:
«AHAHAHAHAH! Hiroto, quanto mi fai ridere! Sei proprio un tesoro!» Dopodiché, sotto lo sguardo allibito e confuso del corvino e quello infastidito della ragazza tornò a sedersi. Hiroto ghignò e rivolse uno sguardo carico d'ironia alla sua amica, che però lo ignorò, ma non ebbe la possibilità di avvicinarsi e chiederle cosa non andasse, perché in quel momento la campanella suonò e fece il suo ingresso l'insegnante.

Al termine delle lezioni, quando la campanella che annunciava l'intervallo suonò, Kilari fu subito raggiunta dalle sue amiche.
«Kilari, come ti senti oggi?» le domandò Sayaka.
«Sì, stai meglio?» chiese Miku.
«Certo, ragazze, grazie per esservi preoccupate, ma adesso sto molto meglio!»
«A proposito» sorrise Sayaka «Abbiamo saputo che Hiroto è rimasto con te fino a quando non è arrivato tuo padre...»
«Sì, è vero, che avete fatto? Vi siete sbaciucchiati?» ridacchiò l'altra.
La ragazza divenne rossa come un pomodoro. 
«Ragazze! M-ma che dite? Io... noi... cioè... lui mi ha portata in infermieri e mi ha aiutata ad alzarmi, è t-tutto qui! Ma che domande fate?» balbettò in preda all'imbarazzo col volto completamente congestionato. Le due si misero a ridere.
«Qualcuno è cotto!» canticchiarono.
«Smetterla! Sembrate due bambine piccole!» piagnucolò Kilari, cercando di porre fine al supplizio. 
«Non puoi non ammetterlo, però!» affermò Miku, tornando seria.
«F-forse un po'...» ammise finalmente lei.
«LO SAPEVO! AHHHH!» esclamò Sayaka, con gli occhi a cuoricino, che già pregustava un bel periodo a fare la fangirl sfegatata.
Ad un certo punto, un'ombra si stagliò sulle tre sedute sotto all'albero. Guardarono in su per vedere cosa fosse e videro che Izumi ed un gruppetto di sue amiche si erano messe proprio fra loro ed il sole. 
«Ah, io quella non la sopporto! Si dà così tante arie, è solo una smorfiosa!» bofonchiò Miku.
«La conosci bene?» si incuriosì invece Kilari.
«Abbiamo frequentato la stessa classe all'asilo. Non è cambiata di una virgola. Anzi, è peggiorata. Ed ultimamente non fa che girare attorno al tuo Hiro-» stava spiegando, quando l'amica le tappò la bocca.
«Guarda che ti sente! E poi lui non è mica mio!» protestò.
«Be', dovrebbe! Siete così carini assieme, così affiatati! Cosa aspetti?» le chiesero allora le due.
«Eh? Guardate che non è mica così facile!» asserì lei.
«Allora è vero, Izumi?» vennero interrotte dalla squillante voce di una delle amiche della smorfiosa, come l'aveva apostrofata Miku.
«Certamente! Hiroto è il mio fidanzato!» trillò lei, tutta contenta, cercando di farsi sentire da Kilari.
Le due amiche la guardarono furenti, mentre lei abbassava lo sguardo, scurendosi in volto.
«Kilari, non ti ha detto niente lui?» chiese Sayaka, dispiaciuta.
«Perché avrebbe dovuto? Non ci conosciamo nemmeno, non siamo amici! Di cosa mi sono illusa?» mormorò lei, sorridendo mortificata, per poi correre verso i bagni con una mano sulla bocca a trattenere i singhiozzi, inseguita dalle sue amiche e dallo sguardo trionfale di Izumi.
-Ce l'ho fatta! Li ho separati, ed è stato facile! Si vedeva lontano un chilometro che ha una cotta devastante! Ah! Che bamboccia!- ridacchiò mentalmente la vipera, scuotendo i capelli e continuando a pavoneggiarsi con le compagne.


Nel frattempo Kilari aveva raggiunto il bagno delle ragazze, e vi si era chiusa dentro, lasciando poi uscire tutte le lacrime che aveva trattenuto fino ad allora, appoggiandosi al muro e lasciandosi scivolare fino a che non fu seduta sul pavimento.
-Eppure pensavo veramente che fossimo amici... che idiota!- pensava, mentre le gocce salate rotolavano inesorabilmente giù per le guance arrossate.
-Che illusa sono stata! Un ragazzo del genere, così gentile, altruista, intelligente e carino non sarebbe mai stato libero, avrei dovuto aspettarmelo! E poi, anche se lo fosse stato, che chance avrei mai potuto avere io? Sono così insignificante ed anonima! -
«Oh, Na-San! Quanto avrei voluto essere stata più realista, adesso non starei soffrendo così, forse...» confessò al suo gattino che tentava di asciugarle le lacrime.
«Na-na! Na, na, nana, na!» esclamò.
«Come dici? Credi che lui mi avrebbe detto una cosa simile? Ma non siamo nemmeno amici, perché mai avrebbe dovuto rendere conto di una cosa così privata a me?» singhiozzò lei.
«NA-NA! Nana nananana, na! (non essere sciocca! Ovvio che siete amici!)» replicò lui.
«Dici? Eppure, anche in questo caso non è una cosa che sarebbe venuto a dire a me. Voglio dire, sono cose molto private e...» s'interruppe per singhiozzare ancora.
«Na, na na na... (Dai, non fare così...)» miagolò il gattino, cercando di far tornare il sorriso sul volto dell'amica.
«Hai ragione, devo andare avanti, immagino. Non posso rimanere certo qui a piangermi addosso!» esclamò allora lei, rialzandosi e spolverandosi la divisa. Si sciacquò la faccia, abbozzò un sorrisino tirato ed uscì.
«Kilari! Stai bene? Sembra che tu abbia pianto molto!» le chiese premurosa Sayaka.
«Mi dispiace tanto, Kilari, non lo potevamo sapere...» tentò di dire Miku.
«Hey, ragazze, non c'è problema! Sto bene.» cercò di rassicurarle lei, che voleva solo tornarsene a casa alla fine delle lezioni.
«Oh, Kilari...» mormorarono le sue amiche, accompagnandola poi nuovamente in classe.
Quando si furono allontanate abbastanza dai bagni, Izumi vi si intrufolò, uscendo pochi minuti dopo tutta sorridente.


Erano già le quattro del pomeriggio e Kilari non aveva ancora cominciato i compiti. Non si era nemmeno cambiata. Aveva appena toccato il suo cibo, scusandosi col padre, e si era chiusa in camera, stendendosi sul letto a piangere come una fontana, osservata dal suo gattino che tentava in tutti modi di farla stare meglio, ma invano. 
Ad un certo punto si mise a sedere, sbuffò, asciugandosi le lacrime e disse: 
«Cosa sto facendo, Na-San? Perché devo stare così male per un ragazzo che nemmeno mi considera?» 
Lui si limitò a guardarla dispiaciuto. Non sapeva cosa dire. 
Proprio in quel momento, suonò il campanello. Dal momento che il padre era tornato al lavoro da appena un'ora, la ragazza dovette alzarsi per andare a vedere chi fosse. Non appena aprì la porta, un enorme sorriso le si dipinse in volto: al cancello c'era l'unica persona che desiderava veramente vedere in quel momento.



Sono tornata ad aggiornare! Spero che anche questo capitolo vi piaccia, non dimenticate di farmelo saper lasciando una recensione! Ultimamente mi sento proprio ispirata, credo che aggiornerò presto! Baci, la vostra PiperBlue!

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Capitolo 8
*** Spiegazioni ***


«Subaru! Come mai sei qui?» chiese al fratello mentre gli apriva, sentendosi già un po' più sollevata e non vedendo l'ora di parlargli.
«Sono tornato perché in questo periodo non ho impegni di lavoro ed ho pensato che sarebbe stato bello tornare a casa per un po'. Perché, non mi vuoi?» spiegò lui, ammiccando alla sorellina.
«Ma cosa dici!» rise lei «Vieni, forza! Voglio sapere tutto!» 
Detto questo, lo fece entrare e gli preparò un the, mentre lui le raccontava del suo ultimo ingaggio per un film che sarebbe presto uscito nelle sale cinematografiche americane. 
Infatti, il ragazzo, che aveva un anno in più di Kilari, si era recato un paio di anni prima in America per studiare recitazione ed entrare a far parte del mondo dello spettacolo.
«E tu, sorellina? Cosa mi racconti?» a questa domanda, il sorriso della ragazza scomparve per lasciare spazio ad un'espressione delusa ed anche un po' rassegnata. Lei cercò di mascherarla con un sorrisino forzato, appoggiando con forza la tazza nuovamente sul tavolo.
«Cosa vuoi che ci sia di nuovo? Qui è tutto come sempre, noioso ed ordinario...» dicendo ciò, aveva abbassato lo sguardo sul liquido scuro e fumante contenuto nella ceramica candida, mentre qualche lacrima che non era riuscita a fermare scivolava lungo la sua guancia per andare a formare lievi increspature nella dolce bevanda. Il fratello, preoccupato dalla reazione della ragazza, solitamente solare e sorridente nonostante tutto, si alzò, lasciando perdere il suo the.
«Kilari, ma stai piangendo? Cosa è successo?» le domandò, allarmato, carezzandole le gote per asciugarle le lacrime e farsi guardare negli occhi, sorprendendo quelli celesti di lei allagati.
«N-niente... non voglio farti preoccupare» rispose lei, distogliendo lo sguardo.
«Allora dimmi cos'è che ti fa piangere.» le chiese, paziente.
«Ecco...» cominciò lei, un po' titubante. 
Forse suo fratello avrebbe avuto una soluzione... e poi, sentiva il bisogno di parlare con qualcuno, o sarebbe esplosa. 
Non era certamente in grado di tenersi tutte quelle emozioni così forti e devastanti dentro a lungo, così spiegò ogni cosa al suo principe azzurro, come lo aveva soprannominato lei da piccola, sperando che le tirasse fuori magicamente una soluzione.
«Oh, Kilari, mi dispiace moltissimo...» disse solo lui. 
La delusione calò sul suo cuore, pesante come il piombo. 
Cosa si aspettava, dopotutto? Che avrebbe estratto una bacchetta magica, l'avrebbe agitata, ed Hiroto avrebbe magicamente corrisposto i suoi sentimenti?
«Però, sinceramente, a me questa ragazza non me la racconta giusta... potrebbe stare solo cercando di prendersi gioco di te! Lo sai, Kilari, che non devi credere ad una storia su qualcuno a meno che non sia il diretto interessato a confermartela.» spiegò Subaru, inconsapevolmente centrando il punto.
«Lo dice anche Na-San... però, che motivo avrebbe lei di prendermi in giro? Io nemmeno la conosco, come può avercela a male con me?» si chiese allora la ragazza, smettendo di piangere.
«Na-San ha ragione come sempre, Kilari! Ci sono persone a cui piace ferire le altre solo per il gusto di farlo, oppure potrebbe avere un secondo fine di cui tu non sei a conoscenza! Non dare mai nulla per scontato!» affermò allora il fratello, sorridendole. 
Finalmente Kilari ricambiò con un sorriso, piccolo ma sincero. 
«Va bene, domani proverò a parlargli!» esclamò allora, tornando un po' più serena.
«Ora riconosco la mia sorellina!» disse lui, abbracciandola.

Più tardi tornò a casa loro padre, che per festeggiare il ritorno del suo ragazzo cucinò tutti i suoi piatti preferiti -che poi erano anche quelli della sorella-, così ben presto lei si scordò del suo spinoso problema e si rilassò completamente.


La mattina seguente, però, era tesissima: sapeva che doveva assolutamente parlare con Hiroto, ma non aveva idea di cosa dirgli. 
Sbuffò. 
«Penso che le parole mi verranno sul momento. È inutile tormentarsi ora, non è vero, Na-San?» chiese al suo micetto mentre indossava la divisa scolastica.
«E' un vero peccato che non possa portarti con me, avrei talmente bisogno della tua presenza...» rifletté a voce alta, salutando poi il padre e dirigendosi verso la scuola, una volta tanto in anticipo.
Giusto quando raggiunse il corridoio fuori dalla sua classe vide il ragazzo che stava per entrare, e lo chiamò.
«Hiroto! Ti devo parlare!»
«Oh, ciao Kilari! Effettivamente anche io ho bisogno di parlarti!» esclamò lui in risposta, fermandosi davanti alla porta dell'aula. 
La ragazza raggelò. 
"Vorrà parlarmi del suo fidanzamento!" pensò.
«Cosa vuoi dirmi?» chiese, timorosa.
«Ecco, ieri ho avuto l'impressione che mi stessi evitando di proposito... ho per caso detto ho fatto qualcosa che ti ha ferita? Lo so che posso essere veramente scontroso, a volte, ma sei mia amica e non voglio offenderti.» disse lui. 
Kilari rimase senza parole, non sapeva davvero che pensare se non a quanto fosse stata stupida.
«Assolutamente no, non hai fatto niente!» si affrettò a chiarire.
«Meno male!» sospirò lui.
«Volevo solo evitare di starti tra i piedi ora che sei... f-...» faceva male solo a pensarci, ma doveva farsi forza se non voleva lasciar trapelare troppe emozioni. 
«Sì, insomma, adesso che sei fidanzato!» esclamò tutto d'un fiato, per poi diventare rossa come un pomodoro e aspettare la sua reazione.
«Fidanzato? Ma che stai dicendo?» le chiese lui, assolutamente ignaro di ciò che lei intendesse. Kilari si accigliò.
«Andiamo, non c'è bisogno di essere timidi, lei è una... così bella ragazza, e...» le parole le si smorzarono in gola quando sentì una risatina provenire dal fondo del corridoio.
«Oh, no! Forse so cosa stai dicendo...» sibilò il corvino, indispettito alla sola vista della mora che faceva il suo teatrale ingresso, sotto gli occhi di tutti i ragazzi che aspettavano il suono della campana.
Dal canto suo, Izumi cambiò espressione non appena vide quei due vicini.
"Accidenti! Pensavo di averli separati!" imprecò mentalmente, mentre il suo sguardo si induriva.
«Hiroto, caro! Cosa ci fai qui con quella bulletta da quattro soldi?» gracchiò lei, avvinghiandosi al braccio del ragazzo come nemmeno un koala con un eucalipto avrebbe saputo fare, approfittando della situazione anche per spingere via Kilari.
"B-bulletta!?" pensò sconcertata la ragazza, mentre barcollava per mantenere l'equilibrio.
«Izumi! Come ti sei permessa di dire in giro che sei la mia ragazza quando non è vero?» la rimproverò lui, facendo di tutto per scollarsela di dosso.
Kilari rimase a bocca aperta; Na-San e suo fratello avevano ragione, come sempre!
«M-ma, Hirotino caro! È come se lo fossimo, non è così?» replicò lei, poggiando le mani sul petto del suo "Hirotino caro".
«Certo che no! Come ti viene in mente!» rispose lui, scostandosi e rimproverandola davanti a tutti.
A quel punto, lei non poté più sopportare l'umiliazione: 
«Kilari! Questa me la pagherai!» gridò, puntandole il dito contro con le lacrime agli occhi, per poi precipitarsi in classe, non prima di aver dato un altro spintone alla poverina che non ci stava capendo più niente.
Questa volta Kilari cadde ed andò a sbattere contro un distributore automatico, che all'impatto rilasciò una mezza dozzina di lattine colorate.
«Kilari! Tutto bene?» le chiese Hiroto, aiutandola a rialzarsi.
«Credo di sì...» rispose lei, il volto completamente congestionato dall'imbarazzo. Non riusciva nemmeno a guardarlo negli occhi, così si inginocchiò per cercare impacciatamente di raccogliere tutte quelle bibite.
Il ragazzo si chinò vicino a lei per aiutarla.
«Sei una zuccona! Non mi interessano le ragazze belle, ma quelle che mi colpiscono il cuore!» la rimproverò «La ragazza più incantevole sarà sempre e solo quella che amo.», le disse, avvicinando il volto a quello di lei.
Kilari era colpita dalle parole del ragazzo, che, insieme alla sua vicinanza, le fecero battere il cuore velocissimo.
A quel punto, la campana dell'inizio delle lezioni suonò, interrompendo l'incantesimo, e i due dovettero entrare in classe, entrambi col volto completamente rosso.

Nel bel mezzo della prima ora, la bidella fece il suo ingresso nell'aula, interrompendo la spiegazione dell'insegante scusandosi per il disturbo.
«Ragazzi, sono andata in bagno ed ho trovato il rubinetto del lavandino rotto ed il pavimento completamente bagnato. Ne sapete qualcosa?» interrogò tutti i ragazzi seduti, che però negarono.
Così lei li lasciò riprendere la lezione ed il resto della giornata scolastica scorse tranquillo.


Alla fine delle lezioni, mentre tutti stavano gioiosamente lasciando la scuola, Izumi si era invece diretta nell'ufficio della preside.
«Signora preside, mi scusi se la disturbo, ma devo confessarle una cosa...»
 


Eccomi con il nuovo capitolo! Spero che vi piaccia, non dimenticate di lasciare una recensione, la vostra PiperBlue!

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Capitolo 9
*** Espulsa! ***


Da quando aveva chiarito le cose con Hiroto, Kilari si sentiva ancora più vicina a lui; spesso si distraeva e rimaneva minuti interi con la testa fra le nuvole a ripensare alle bellissime parole che il ragazzo le aveva detto, a come aveva puntato i suoi magnetici occhi scuri nei suoi, a come le si era avvicinato fino a che aveva potuto sentire il calore del suo volto...
«Kilari! Ma ci sei?»
«Oh, scusami Sayaka, ero sovrappensiero…»
«Già, me ne sono accorta! La preside ti ha appena chiamata all’altoparlante!»
«Cosa vorrà?» si chiese la ragazza, stupita.
«Non avrai combinato qualcosa, spero!» la rimproverò scherzosamente l’amica.
Kilari le fece la linguaccia, poi si diresse verso l’ufficio della direttrice.
«Signora, voleva vedermi?» chiese, facendo capolino dalla porta dopo aver bussato.
«Entri, signorina Tsukishima. Dobbiamo fare due chiacchiere.» il tono e lo sguardo serio della donna non rassicurarono affatto la ragazza.
«C’è qualcosa che non va?» domandò, timorosa.
«Perché non me lo dice lei?» rispose l’altra, guardandola severa mentre si sedeva di fronte a lei.
«Io… non saprei…» balbettò, confusa.
«Quindi… non ha intenzione di confessare di sua spontanea volontà.» le parole caddero come una scure sul cuore della castana.
«C-confessare?» disse, stupita e preoccupata dalla piega che le cose stavano prendendo.
«Esatto, signorina Tsukishima. Il vandalismo è un grave atto perseguibile dalla legge, che non verrà tollerato nella mia scuola. Ha qualcosa da dire in sua difesa?» la interrogò la vecchia donna, fulminandola con lo sguardo.
«Vandalismo? Io non ho fatto niente, glielo giuro!» si difese la ragazza.
«Un testimone l’ha vista manomettere il rubinetto del lavandino in bagno, che ha allagato tutta la stanza, quindi non venga qui a mentirmi sperando anche di farla franca!» ribatté la donna, alterandosi.
«Testimone? Ma io non ho fatto assolutamente nulla! Lei mi conosce, lo sa che io non farei mai una cosa simile!» tentò di spiegare Kilari, ma la preside non volle saperne.
«Mi dispiace, signorina Tsukishima. Speravo che avrebbe avuto almeno la dignità di confessare. Non mi lascia altra scelta. Prenda le sue cose, è espulsa. Sappia che mi ha delusa profondamente, da lei non me lo sarei mai aspettata.» dichiarò, senza ammettere repliche.
«Va bene.» mormorò lei, uscendo dallo studio con le lacrime agli occhi. Fuori l’aspettava Izumi, che ostentava un sorrisetto crudele e soddisfatto.
«Vai da qualche parte, Kilari?» ridacchiò.
Lei, disperata, non le diede nemmeno ascolto, scappando via. Mentre correva, per poco non travolse Hiroto, che, vedendola in quello stato, si preoccupò e decise di seguirla. La ragazza si fermò solo quando raggiunse il suo armadietto, dove l’aspettavano le sue amiche.
«Kilari! Che cosa è successo?» chiesero alla ragazza, che in lacrime stava gettando le sue cose dall’armadietto al suo zaino.
«Me ne vado, mi hanno espulsa.» gemette lei.
«Che cosa!? Ma perché? Cosa hai fatto?» si stupirono le due.
«Secondo la preside avrei rotto il rubinetto del bagno.» disse lei, chiudendo con forza il suo armadietto, senza smettere di piangere.
«Cosa? Ma le hai detto che non è vero?» domandò Hiroto, che aveva raggiunto la ragazza giusto in tempo per sentire la storia.
«No, ho confessato! Cosa credi che abbia fatto?» esclamò, amareggiata.
«Ma non sei stata tu! Come ha fatto a dedurre una cosa simile?» chiesero Miku e Sayaka, ancora incredule.
«Dice che c’è un testimone.» spiegò, sconsolata.
«Cosa? Chi mentirebbe così sfacciatamente?» si sconvolsero le due amiche.
«Io so chi…» ringhiò Hiroto.
«Hai ragione! Dev’essere stata lei!» si rese conto Kilari, arrabbiandosi moltissimo. Hiroto non l’aveva mai vista così furiosa.
«Ma perché?» si chiese il ragazzo. Kilari lo guardò malissimo.
«Perché è pazza di te, mi sembra ovvio!» gli fece notare. Lui spalancò gli occhi, imbarazzato.
«Ma perché ce l’ha così con te, cosa c’entri?» a quelle parole, la ragazza arrossì.
«Be’, siamo amici e passiamo molto tempo assieme, deve vedermi come una minaccia…» fu il turno del ragazzo di arrossire. In quel momento, Miku e Sayaka si ricordarono l’accaduto del giorno prima.
«Aspetta un momento! Ma è stata lei a rompere il rubinetto! L’abbiamo vista!» esclamarono.
«Cosa? Perché non l’avete detto subito?» le rimproverò Hiroto.
«Non ci è venuto in mente… e poi non avevamo capito che stava rompendo il rubinetto, quando l’abbiamo vista entrare in bagno.» disse Miku.
«Poi però l’abbiamo sentita armeggiare al lavandino. Ma non è importante, adesso! Dobbiamo andare a dirlo alla preside!» aggiunse Sayaka, correndo poi verso l’ufficio. Dopo alcuni minuti, che alla ragazza sembrarono un’eternità, le due uscirono, sorridendole. L’altoparlante chiamò Kilari e Izumi perché si dirigessero nello studio della direttrice. Hiroto fu costretto a lasciare la mano dell’amica, che aveva tenuto stretta per confortarla.
«Andrà tutto bene.» la tranquillizzò, mentre lei entrava, seguita da Izumi, che sembrava sconvolta.
La vecchia preside fece una lunga sfuriata a Izumi, blaterando per ore di onestà e integrità, di come fossero requisiti fondamentali per l’ammissione nella sua scuola, di come la ragazza l’aveva profondamente delusa, finendo con l’espellerla, per poi rivolgere le sue più sentite scuse a Kilari, la quale uscì dallo studio raggiante e sollevata, ringraziando di cuore le sue amiche.
«Cosa farei senza di voi? Questa storia stava per finire in tragedia, se non ci fosse state voi…» disse, abbracciandole.
«Sai, Kilari… sono contento che non ti abbiano espulsa. La scuola non sarebbe stata la stessa, senza di te.» confessò Hiroto, abbracciando a sua volta la ragazza, che arrossì come un peperone, ricambiando la stretta, mentre il suo cuore galoppava. Quando si separarono, Kilari giurò di aver sentito il cuore del ragazzo battere all’impazzata proprio come il suo, scandendo lo stesso battito. Sorrise, chiedendosi cosa potesse significare.
«Adesso basta!» un urlo acutissimo interruppe i festeggiamenti del gruppetto di amici, che si voltarono per vedere una Izumi furiosa dirigersi verso di loro, paonazza di rabbia. Hiroto fece per mettersi davanti alla ragazza, come per proteggerla, ma Kilari fu più veloce di lui nel fare un passo avanti.
«Basta cosa? Stavi per farmi espellere, e per cosa? E sta alla larga da Hiroto, lo capisci che non gli interessi? Forse potevi salvare la tua dignità ed affrontare il rifiuto come ogni persona normale, invece hai deciso di renderti ridicola con tutte queste sceneggiate. Devo ammettere, che sei un’attrice da Oscar. Potresti optare per una scuola di recitazione, dal momento che te ne devi andare!» disse, trattenendo a stento la rabbia repressa in precedenza. Quando si rese conto di ciò che aveva detto era troppo tardi; nel corridoio era partito un applauso, accompagnato da qualche fischio di approvazione. Izumi non ebbe il coraggio di replicare e scappò via mormorando insulti a denti stretti. Kilari, però, non si sentiva affatto bene, si era lasciata trasportare dalle emozioni ed aveva finito per essere meschina con qualcuno. Si morse il labbro: per quanto lei se lo meritasse, non avrebbe dovuto parlarle in quel modo. Non aveva saputo resistere e non ne andava fiera.
Tuttavia, quando si voltò, vide le sue amiche che ridevano sotto i baffi e Hiroto che la ammirava. La guardava così intensamente che per un momento pensò di poter svenire.
«Non ti avevo ma visto così…» non sapeva come descrivere ciò che era appena successo davanti ai suoi occhi.
«Arrabbiata? In effetti, non avevo mai reagito così, ma effettivamente non ero nemmeno mai stata…» si interruppe in tempo, prima di dire qualcosa di troppo, arrossendo vistosamente. Il ragazzo le sorrise. Era sicuro che non sarebbe stata l’ultima sorpresa che quella fantastica ragazza gli avrebbe riservato.
 



Ciao a tutti! Vi prego di scusarmi per il mio imperdonabile ritardo, ma sapete, la scuola è molto impegnativa e non ho avuto un secondo di tempo! In compenso, credo di essere migliorata molto a scrivere, credo di aver trattato questo capitolo con meno fretta rispetto al solito, e che per questo sia venuto bene! Mi sono impegnata tantissimo per scriverlo e spero che anche voi notiate il mio miglioramento! In ogni caso, ditemi cosa ne pensate, e non preoccupatevi: adesso che sono iniziate le vacanze, avrò molto tempo da dedicare alla scrittura! Dopotutto, mi sembra che questa storia stia richiedendo un po’ troppo tempo, non credete anche voi? Tranquilli, non manca molto al lieto fine di Kilari ed Hiroto, anche se sono molte le sorprese che li aspettano in futuro, e spero che possano piacere anche a voi! Non dimenticate di lasciarmi una recensione in cui mi sgridate per il lungo periodo di assenza! Baci, la vostra PiperBlue!
 

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Capitolo 10
*** Bacio Indiretto ***


«Oggi partiamo per la gita!» esclamò Kilari, entusiasta, mentre riempiva il suo zainetto di cibo. Na-San la guardò, contrariato.
«Cosa c’è?» gli chiese lei. «Cammineremo per ore nel bosco, avrò bisogno di energie!» spiegò, le labbra piegate in un sorrisino.
«Na-na!» l’ammonì il micio.
«Tranquillo, non dimenticherò l’acqua!» lo rassicurò la ragazza, guardando l’orologio.
«Oh, ma è tardissimo! Devo andare! Ciao Na-San!» salutò, chiudendo ed afferrando la cartella in tutta fretta, per dirigersi a scuola, dove l’autobus che li avrebbe condotti fino al boschetto in cui si sarebbe svolta la passeggiata era parcheggiato. Si apprestò a salirvi, prendendo immediatamente posto accanto alle sue amiche.
«Pronta, Kilari?» le domandò Miku, rivolgendole un ampio sorriso.
«Certamente! Sapeste cosa non ho portato per il falò di ‘sta sera!» rispose lei, ricambiando l’espressione gioiosa dell’amica.
«Oh, lo sappiamo!» la presero in giro Miku e Sayaka. Lei finse di offendersi, per poi unirsi
alle risate.
Quando furono finalmente arrivati a destinazione, tutti gli studenti scesero dall’autobus. Kilari e le sue amiche si guardarono attorno; l’ambiente era davvero suggestivo. Si trovavano sulla strada al limitare di un boschetto fitto di querce, pioppi e faggi. Vi si addentrarono appena, per ammirare al meglio quel luogo così fuori posto rispetto a ciò che lo circondava. La luce che filtrava tra le foglie degli alti alberi rischiarava l’ambiente, permettendo a bellissimi fiori colorati di crescere sul terreno attorno allo stretto sentiero sterrato che i ragazzi stavano percorrendo lentamente, mentre si guardavano attorno estasiati. Nell’aria aleggiava un dolce profumo di erba fresca e legno. Gli unici suoni udibili erano il cinguettare allegro degli uccellini e il lontano scrosciare di un torrente.
«Che meraviglia!» esclamò Kilari. «Sembra un bosco fatato!» tutti i suoi compagni annuirono, rapiti dallo scenario che si presentava davanti ai loro occhi increduli. Eppure, nel gruppo di studenti che, meravigliati, osservavano ogni particolare dello splendido paesaggio boschivo, c’era un ragazzo al quale non sembrava importare la dirompente bellezza della natura che lo circondava: i suoi occhi scuri erano puntati sulla ragazza che aveva appena parlato. Mentre la guardava, non poteva fare a meno di notare come i suoi meravigliosi occhi celesti risplendessero di felicità, come il suo largo sorriso le illuminasse il volto rendendola ancora più bella. Improvvisamente, lei si voltò verso di lui. Nell’incrocio degli sguardi dimoravano mille parole non dette. Colto alla sprovvista, Hiroto si ritrovò ad arrossire come un bambino, mentre Kilari gli si avvicinava, sorridendo raggiante.
«Non pensi anche tu che sia meraviglioso, Hiroto?» gli chiese, prendendogli una mano fra le sue.
«Certo, è bellissimo.» si apprestò a rispondere lui, che per tutto il tempo aveva ammirato qualcosa di ben diverso dal paesaggio. Nel sorriso che la ragazza gli rivolgeva, di tanto in tanto, riusciva a scorgere una minima speranza di un sentimento corrisposto. La verità era che Kilari lo faceva impazzire, dal primo momento in cui le aveva parlato aveva subito notato qualcosa di davvero speciale in quella ragazzina. Era come se attorno a lei, dovunque andasse, ci fosse un’aura di positività, capace di far diradare la più opprimente delle oscurità. Aveva l’incredibile potere di rendere le persone attorno a lei felici. La sua bontà e ingenuità che dapprima avevano leggermente irritato il ragazzo, si erano fatte spazio nel suo cuore, mettendo profonde radici che sarebbe stato impossibile strappare. Lo aveva trascinato a forza fuori dalla sua solitudine, travolgendolo e investendolo di mille emozioni contrastanti, fino a lasciarlo completamente confuso e stordito, col cuore trafitto dalla più potente delle frecce. I suoi splendidi occhi celesti erano in grado di torcergli lo stomaco e il suo sorriso lo aveva incatenato come un incantesimo. Non riusciva a pensare ad altro, a quel meraviglioso sorriso e a come provocarlo. Kilari era stata capace di insinuarsi nel suo cuore, nella sua mente e nella sua anima come mai nessuno prima di lei era riuscito, risvegliando emozioni a lungo sopite dentro di lui. Hiroto era assolutamente certo di ciò che provava, eppure si limitava a guardarla, a esserle amico. Era difficile tenere dentro una forza tanto prorompente, un sentimento così sincero, autentico e forte. Era difficile ignorare ciò che il cuore gli suggeriva di fare e tenere a bada la tentazione di stringerla a sé per non lasciarla mai andare. Ma doveva farlo, non poteva permettere a niente e a nessuno di rovinare il bellissimo rapporto di amicizia che si era venuto a creare fra di loro. La paura di perderla era più forte dell’amore stesso che provava per lei.
“Forse, un giorno, le cose cambieranno. Forse, un giorno, il tuo sorriso brillerà per me.” Pensava, osservandola mentre percorreva il sentiero, indicando tutto ciò che vedeva e lasciandosi andare a risate colme di allegria ed emozione. Hiroto era sicuro che finché avesse sentito quella risata, sarebbe stato felice, anche nascondendo nell’ombra la verità. Avrebbe potuto rifugiarsi fra le note gioviali e rassicuranti di quella risata. Finché lei fosse stata felice, lui avrebbe sempre avuto la certezza di stare facendo la cosa giusta. E se un giorno l’avesse vista abbracciare un altro, per quanto straziante, la felicità di lei sarebbe stata la priorità.
Ciò che Hiroto non sapeva era che il cuore della ragazza oggetto dei suoi pensieri, al centro di tutti i suoi ragionamenti, batteva solo ed esclusivamente per lui. E, di certo, non poteva immaginare che la sua luce avrebbe presto diradato l’ombra in cui si ostinava a celare la realtà dei fatti.
 
 
Kilari era entusiasta, trovava ogni minimo particolare, dalle verdeggianti chiome degli alberi agli uccellini colorati, degni di nota ed esclamazioni di stupore riempivano la sua bocca. Non che non avesse mai visto un bosco prima, ma quel giorno aveva una ragione particolare per essere tanto felice. Quella ragione le stava camminando accanto con aria assorta da almeno dieci minuti. L’espressione persa di Hiroto finì per preoccupare leggermente la ragazza.
«Sembri su un altro pianeta! Non ti stai divertendo?» chiese, rivolgendogli un sorrisino imbarazzato. Non ottenne risposta. La ragazza, stupita, si chiese a cosa stesse pensando. Poteva forse esserci una vaga possibilità che i pensieri che lo distraevano al punto da non sentirla e che gli addolcivano lo sguardo fossero rivolti a lei? Scrollò la testa. Suo malgrado, Kilari dubitava seriamente che un ragazzo come Hiroto, carino, intelligente, dolce e gentile, potesse mai provare qualcosa di più di una semplice amicizia nei confronti di qualcuno come lei. Con ogni probabilità la considerava come una sorellina minore da accudire e proteggere. Kilari si considerava una persona positiva e ottimista, ma qualche volta veniva sopraffatta dalle insicurezze, come in quel caso. Si ripeteva che era troppo goffa e pasticciona e forse persino irritante. Per non parlare del suo difetto più grande, ossia di mangiare senza alcun controllo. Le sue amiche non finivano mai di ripeterle che non era elegante, ma lei di solito prendeva la cosa sul ridere e non se ne preoccupava. Ma, da quando aveva cominciato a provare sentimenti tanto forti, tutta l’ilarità era sparita e aveva finito per temere questo suo lato. L’unico pensiero che la consolava era che possedeva senza ombra di dubbio l’amicizia di Hiroto, che, anche se ben lontana dal tipo di relazione che sognava, la rendeva felice.
 
La voce dell’insegnante risvegliò entrambi dal vortice dei pensieri in cui erano sprofondati.
«Siamo arrivati! Sistemate le vostre cose nello chalet e poi tornate qui; ceneremo tutti assieme davanti al falò e poi andremo a dormire. Non metteteci troppo.»
Così, dopo essere entrata nella stanza che avrebbe condiviso con le ragazze e averle guardate sistemare le loro cose -lei aveva portato solo cibo-, tornò fuori, dove l’attendeva il falò già acceso che crepitava invitante. Tutti gli studenti si sedettero attorno al fuoco per mangiare, e presto il suono di tutte le voci sovrastò i rumori del bosco di notte, dei grilli e del vento che frusciava fra le foglie.
Si stavano tutti divertendo, inclusa Kilari, quando qualcosa al bordo del suo campo visivo attirò la sua attenzione. Qualcosa di piccolo e lucente.
«Una lucciola!» esclamò, meravigliata. Constatando però che nessuno l’aveva sentita e non volendo disturbare nessuno, si alzò in silenzio, non vista, e seguì la lucente creatura fino al fitto del bosco. Quando si accorse di non sentire più le voci dei suoi compagni, era troppo tardi: mise un piede in fallo, sotto le sue scarpe il terreno franò e lei precipitò lungo un ripido pendio, finendo ricoperta di terra in una piccola valle.
Si diede mentalmente della stupida, ringraziando di non essersi fatta male e cercando di rimettersi in piedi. L’eco dello spavento appena preso si rifletteva nel battito forsennato del suo cuore. Quando però si alzò, un’acuta fitta alla caviglia la costrinse a tornare seduta. Nel buio non vedeva con molta chiarezza, ma sembrava che si stesse gonfiando. Scoraggiata, rivolse lo sguardo indietro: il pendio era parecchio alto, non era sicura che sarebbe riuscita a risalirlo in condizioni normali, figurarsi con una caviglia slogata.
Con le lacrime agli occhi, prese un respiro per cercare di calmarsi e decidere cosa fare. Avrebbe potuto cercare un’altra via per tornare su, ma faceva fatica a camminare e avrebbe con ogni probabilità finito per perdersi e peggiorare ulteriormente la situazione. Non si ricordava se si fosse allontanata molto, ma sicuramente nessuno avrebbe potuto sentirla urlare, e avrebbe solo disturbato gli animali selvatici. Chissà se nel bosco ce ne erano di pericolosi? Concluse che la cosa migliore da fare era rimanere lì seduta, in attesa che qualcuno venuto a cercarla la trovasse. Ma, a stare ferma senza fare niente, non riusciva a impedire all’angoscia di assalirla, e scoppiò in lacrime.
“In che guaio mi sono cacciata?” si ripeteva, piangendo a dirotto.
Un rumore improvviso la costrinse a smettere, rimanendo col fiato sospeso.
«Kilari? Dove sei?»
«Hiroto! Sono qui! Aiutami!» cercò di alzarsi in piedi, ma il dolore alla caviglia era solo aumentato e tutto quel piangere le aveva regalato un terribile mal di testa, così finì solo per cadere nuovamente a terra con un singhiozzo.
«Kilari! Stai bene? Aspetta, vengo a prenderti!» disse il ragazzo, avvicinandosi al dirupo.
«No! Cadrai anche tu!» tentò di avvertirlo lei, ma ormai era troppo tardi: Hiroto fece la stessa fine della ragazza ruzzolando per il pendio e rovinandole addosso.
«S-scusa!» si alzò in fretta, rosso in volto. Ringraziò l’oscurità che non permetteva all’amica di vederlo. Kilari lo abbracciò di slancio. Lui ricambiò la stretta, accarezzandole i capelli e diventando, se possibile, ancora più rosso.
«Hey… va tutto bene… più o meno. Mi dispiace di non essere stato di aiuto.» le sussurrò.
«Non fa niente. Sto meglio ora che non sono più sola.» gli disse, scostandosi e asciugandosi le lacrime con il dorso della mano.
«Stai bene?» le chiese allora Hiroto, preoccupato.
«Mi sono solo fatta male alla caviglia. Nulla di cui preoccuparsi!» cercò di sorridere, senza troppo successo.
«Ok… ma lo sai che potevi farti molto più male? Cosa ti è saltato in mente? Mi hai fatto preoccupare tantissimo!» la sgridò.
«Scusami! Stavo seguendo una lucciola…» spiegò lei, nel tentativo di alleggerire la conversazione.
«Una lucciola!? Tu sei matta da legare!» le disse, colpendola scherzosamente in testa con la bottiglietta d’acqua che si era portato dietro.
Kilari, che la notò solo in quel momento, si rese conto della sete che aveva.
«Ehm… potrei bere un po’? Ho davvero sete.» chiese al ragazzo.
«Ne ho già bevuta metà, va bene lo stesso?»
«Sì, certo.» aveva troppa sete per preoccuparsene, così prese la bottiglia e ne finì il contenuto.
«Va meglio?» chiese Hiroto.
«Sì, mi sento solo molto… stordita…» non appena disse queste parole, si accasciò addosso al ragazzo, che la sostenne, spaventandosi.
«Kilari!» esclamò, sedendosi con la ragazza in grembo. Lei alzò lo sguardo, puntando gli occhi in quelli scuri di lui. Erano abbastanza vicini perché, nonostante il buio, potesse scorgere chiaramente lo sguardo preoccupato. Senza pensare, allungò la mano, poggiando il palmo sulla sua guancia.
«È solo lo spavento. Sto bene, adesso.» sorrise debolmente, per poi rabbrividire a una folata di vento più fresca.
«Hai freddo?» le domandò Hiroto.
«Un po’…» rispose lei, imbarazzata dalla situazione e dalla vicinanza. Avrebbe voluto togliere la mano dalla guancia di lui, ma proprio in quel momento lui gliela prese, trattenendola. Poi si tolse la giacca, usandola per coprirla.
«Sarai stanca…» disse dopo qualche attimo di silenzio.
«Anche tu.» ribatté lei, respirando piano. La giacca del ragazzo le teneva caldo, ma era soprattutto il suo respiro sulla pelle a farla sentire bene.
«Penso che dovresti provare a dormire. Non ci troveranno tanto presto.» osservò lui.
«Avrei dovuto avvertire qualcuno prima di venire a cercarti da solo. Sono stato uno stupido.» si lamentò poi.
Kilari si accigliò.
«Sono sicuramente io la stupida fra i due! E comunque sono contenta che tu sia qui con me…» bisbigliò, poco prima di addormentarsi.
Il ragazzo la strinse a sé, seguendola poco dopo nel mondo dei sogni.
 
 
«RAGAZZI!»
L’urlo svegliò di soprassalto i due, che si allontanarono imbarazzati. Davanti a loro, la professoressa che li aveva portati in gita sembrava parecchio furiosa.
«Cosa vi è saltato in mente? Allontanarvi dal gruppo senza dire niente a nessuno! Siete due irresponsabili! Non potete scappare così per amoreggiare, la responsabilità se vi fate male è mia!» alle sue parole le guance dei ragazzi si tinsero di viola.
«…Mi scusi… è colpa mia. Mi sono distratta e allontanata un momento e poi sono caduta qui. Hiroto era venuto a cercarmi.» spiegò Kilari quando ritrovò la voce. Lo sguardo dell’insegnante si addolcì.
«Avrebbe dovuto avvertire qualcuno, Kazama. Ma almeno state tutti bene. A parte la sua caviglia, Tsukishima, che è chiaramente slogata. Adesso alzatevi, dobbiamo tornare al pullman; la gita è finita. Una volta a scuola andrà in infermeria, signorina. E poi entrambi in punizione. Diciamo che non porterò una classe gita per un bel po’ di tempo dopo oggi. Forza, andiamo.» aggiunse, aiutando Kilari ad alzarsi.
Alla luce, la ragazza poteva vedere quanto si fosse gonfiata la sua caviglia e distinguere chiaramente il grosso livido viola.
«Ce la fai a camminare?» le chiese Hiroto, ancora rosso in volto.
«No…» rispose lei. Il ragazzo allora la prese in braccio, portandola per tutta la strada fino all’autobus. Lei si aggrappò al collo nascondendovi il volto per celarne il rossore e, cullata dolcemente dal suo passo, ebbe modo di ripensare alla sera precedente.
Hiroto aveva corso un pericolo per andare a cercarla e tentare di aiutarla. Al pensiero le si stringeva il cuore. Poi era stato gentilissimo, sostenendola, dandole la sua giacca e la sua bottiglia d’acqua. Aveva dormito abbracciata a lui e adesso la stava portando in braccio.
Nell’insieme, non riusciva a considerare la gita il clamoroso fallimento che vedeva la sua professoressa. Sorrise, arrossendo ancora di più al pensiero.
Quando finalmente raggiunsero il pullman, tutti i loro compagni gli corsero incontro, tempestandoli di domande. I due assicurarono loro di stare bene, poi tutti salirono e ripartirono, ascoltando in silenzio per tutto il viaggio le lamentele dell’insegnante che parlava con l’autista.
 
A scuola, era andata subito in infermeria, dove le avevano fasciato e steccato la caviglia.
Era seduta sul lettino quando entrarono Miku e Sayaka, che sull’autobus non avevano fiatato e adesso erano piene di domande, con le quali inondarono la poverina che faticò a raccontare l’accaduto.
Quando però ebbe finito, le due ragazze stavano lanciando gridolini eccitati saltellando a più non posso.
«Che cosa vi prende adesso?» gli chiese, confusa.
«Scherzi? A parte il fatto che Hiroto è venuto a cercarti personalmente, avete passato la notte assieme e vi siete baciati?» le dissero, senza smettere di muoversi come due pazze. Kilari sgranò gli occhi, arrossendo violentemente.
«Baciati!? Ma che cavolo dite?» strillò, coprendosi la faccia con un cuscino e desiderando sparire dalla vergogna.
«Mai sentito parlare di bacio indiretto? Avete bevuto dalla stessa bottiglia, Kilari! È come se vi foste baciati!» la ragazza non poteva credere alle proprie orecchie.
Si distese sul lettino, cercando di far rallentare il battito del suo cuore che voleva a tutti i costi uscirle dal petto, missione impossibile dal momento che il solo pensiero di un ‘bacio indiretto’ con Hiroto la faceva impazzire.
Prese un profondo respiro, cercando di razionalizzare la cosa e convincersi che Miku e Sayaka avessero torto, ma riusciva solo a pensare alle labbra del ragazzo sulla bottiglia dalla quale anche le sue avevano attinto.
Si strofinò le mani contro la faccia, come a voler cancellare il rossore, lamentandosi.
Guardò per un attimo le sue migliori amiche mentre ballavano e lanciavano gridolini entusiasti, poi chiuse gli occhi.
“Un bacio indiretto…”




E ciao a tutti! Vogliate scusarmi per la lunga assenza, spero che il capitolo la compensi! Spero che vi sia piaciuto e che vogliate lasciare una recensione; mi farebbe davvero piacere!
Aufwiedersehen, ihre PiperBlue

 

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Capitolo 11
*** La fine: un bacio non così indiretto ***


Kilari sbuffò, per la milionesima volta quel giorno. Dopo le lezioni si era vista costretta a trattenersi a scuola più tardi del solito: In seguito al disastro della gita nel bosco, la professoressa aveva punito lei e Hiroto, obbligandoli a pulire la palestra. Quando suo padre l’aveva riportata a casa dall’infermeria, quel fatidico giorno, le aveva fatto un’interminabile ramanzina sulla responsabilità e l’attenzione. Sarebbe stato quasi fastidioso, se solo la ragazza non avesse saputo benissimo che si stava solo preoccupando per lei ed era contento che non si fosse ferita più gravemente di una slogatura. Inoltre, non riusciva a essere di malumore, non dopo quello che le sue amiche le avevano detto. Più ci ripensava, più arrossiva e si sentiva imbarazzata. Finì quindi per prestare ben poca attenzione alle parole del padre che, vedendola con la testa fra le nuvole, non poté fare a meno di rilassarsi e sorridere: Kilari era sempre la solita.
Quando poi era arrivata a casa e aveva dovuto raccontare tutto al suo gattino, sempre così diligente e responsabile, al contrario di lei, si era beccata una gran bella sgridata da parte sua. Non solo era stata così incauta da allontanarsi dagli altri senza dire niente e aveva finito per farsi male, ma alla fine aveva dimenticato di portarsi dietro dell’acqua.
Ripensandoci più tardi, quando era finalmente riuscita a distrarsi dal pensiero del presunto bacio e quindi con la mente più lucida, si rese davvero conto del pericolo che aveva corso e che aveva fatto correre a Hiroto e di come era stata fortunata a non farsi troppo male.
In ogni caso, quando la sua caviglia fu del tutto guarita, dovette subire la punizione della professoressa.
E così si era ritrovata a sistemare una serie di attrezzi per esercizi vecchi e rovinati nello sgabuzzino della palestra, mentre Hiroto spazzava il pavimento del campo da basket.
Sbuffò di nuovo. Era tutta colpa sua se il ragazzo si trovava in quella situazione, eppure lui svolgeva il lavoro in silenzio e senza lamentarsi, anzi, con il sorriso sulle labbra. Hiroto la sorprese a guardarlo, e lei distolse lo sguardo in fretta, rossa in volto. Diversi minuti dopo, riuscì a trovare il coraggio per parlare.
«Scusa…» disse, titubante.
«Per cosa?» chiese il ragazzo, guardandola confuso.
«È tutta colpa mia se sei qui a pulire. Scusa.» spiegò lei, troppo mortificata per sollevare lo sguardo, puntato sui suoi piedi. Quando però sentì la genuina risata del moro, alzò il viso, incredula. Il ragazzo, infatti, stava ridendo di gusto.
«Non pensarci nemmeno! È vero, sei stata imprudente, lo siamo stati entrambi, ma sai che non ti avrei mai lasciata là da sola.» disse, prendendo fiato. Kilari sorrise: la gentilezza del ragazzo riusciva sempre a stupirla.
«Grazie.» disse lei infine «Davvero. Sei sempre così gentile con me, mi aiuti quando sono in difficoltà e mi consoli quando sono triste. Mi sei sempre vicino e sei sempre disponibile. non so proprio come farei senza di te.»
Nel lasciarsi scappare questa mezza confessione, la ragazza sentì un enorme peso lasciare il suo cuore. Si morse il labbro, aspettando nervosamente la reazione del ragazzo, che non tardò ad arrivare. Hiroto, infatti, lasciò cadere la scopa con la quale stava pulendo fino a pochi istanti prima per avvicinarsi a Kilari e stringerla in un caloroso abbraccio. La ragazza ricambiò, affondando il volto nel petto di lui e inspirando a pieni polmoni il suo profumo.
«Sai perché lo faccio?» disse il ragazzo, prendendo un grande respiro prima di continuare. Lei lo guardò, aspettando che proseguisse.
«Perché sei tu. Perché sei una ragazza fantastica, generosa e gentile con tutti, anche con chi non se lo merita. Perché sei così ottimista e positiva da contagiare perfino un pessimista come me. Perché sei meravigliosa, Kilari Tsukishima, e te lo meriti.» Kilari aveva le lacrime agli occhi. Davvero pensava tutto questo di lei?
«Hiroto…» mormorò. Lui però non aveva finito di parlare. Adesso che era finalmente riuscito ad aprirle il suo cuore, non si sarebbe lasciato interrompere da niente e nessuno.
«Il tuo sorriso è il più radioso che io abbia mai visto e illumina tutto il tuo volto, soprattutto gli occhi, così splendidi ed espressivi, che brillano di luce propria quando sorridi. Kilari, io…» proprio in quel momento, quando stava arrivando al culmine del discorso e stava per lasciarsi sfuggire quelle due paroline che lo avrebbero esposto, vulnerabile, al cospetto della ragazza più amabile dell’universo; quando lei stava ascoltando rapita le sue parole, pendendo dalle sue labbra, con il cuore che correva come un forsennato e non accennava a volersi fermare, con il rossore sempre più intenso sulle guance, con ancora le lacrime agli occhi e mille pensieri e speranze in testa che le facevano trattenere il fiato, qualcuno proruppe dalla porta, interrompendo il fiume di parole del ragazzo.
«Ragazzi!» urlò la professoressa, contrariata. I due si resero conto di essere ancora abbracciati, i loro volti vicinissimi. Si allontanarono in fretta, imbarazzati.
«Sapevo che non dovevo lasciarvi soli» si lamentò l’insegnante. «Adesso non mi muovo da qui finché non avrete finito!» concluse, sedendosi in un angolo a supervisionare il lavoro dei due.
Mentre terminavano di pulire e sistemare in silenzio, Hiroto malediceva mille volte il tempismo di quell’arpia e Kilari ripensava alle sue parole, con il cuore che ancora non si voleva decidere a rallentare, e soprattutto con una grande domanda che l’assillava continuamente in testa. Cosa stava per dirle?
Per il resto delle pulizie, i due si lanciarono sguardi furtivi, distogliendoli se si incrociavano, sussultando se per caso le loro dita si sfioravano e sorridendosi imbarazzati ogni volta che si ritrovavano vicini.
Quando finalmente ebbero finito, uscirono dall’edificio. Hiroto, svanito tutto il coraggio che era riuscito a raccogliere precedentemente, cercò di attraversare in fretta il piazzale della scuola per rimandare il più possibile il confronto che incombeva sulla sua testa. Si diede dello stupido. “Davvero stavo per dirglielo? Cosa mi è saltato in mente?” si diceva. Quando però si voltò indietro per salutare frettolosamente la ragazza oggetto dei suoi pensieri non poté fare a meno di fermarsi. L’espressione dipinta sul volto di Kilari lo lasciò di sasso: era ancora all’entrata della scuola, immobile, gli occhi pieni di tristezza. Il cuore del ragazzo ebbe un tuffo. Si sentiva triste per colpa sua? Le si avvicinò, troppo preoccupato per pensare all’imbarazzo che fino a poco prima provava anche solo pensando a lei.
«Kilari?» la chiamò, porgendole una mano. Lei lo guardò in volto, con gli occhi lucidi.
«Hiroto… cosa volevi dirmi?» chiese, tesa. Si sentiva lo stomaco sottosopra dall’agitazione.
Lui sgranò gli occhi, restando per un momento senza parole. Voleva risponderle, ma quando provava a parlare le sue corde vocali si rifiutavano di collaborare e la sua bocca non emetteva alcun suono. Senza pensarci troppo, si lasciò trasportare dalle emozioni, lasciando che fossero i fatti a parlare per lui: in meno di un secondo, annullò la distanza che li separava, premendo le sue labbra contro quelle calde e morbide di lei in un bacio dolce e casto. Si ritrasse quasi immediatamente, terrorizzato da ciò che aveva appena fatto, ma ancor di più dall’idea di come lei avrebbe reagito.
Dal canto suo, Kilari non aveva avuto molto tempo per rendersi conto di quello che stava succedendo: in un attimo, Hiroto la stava baciando, e lei si era sentita fra le stelle, e l’istante successivo erano di nuovo separati, troppo lontani per i suoi gusti, e lei era tornata sulla Terra in un batter d’occhio. Sentiva ancora il calore del contatto sulle sue labbra. Il cuore ora le batteva tanto forte da farle quasi male. La testa le girava dall’emozione, mentre lentamente realizzava quanto era appena successo. Hiroto l’aveva baciata, e per davvero, questa volta! Solo in quel momento si ricordò di lui, che le stava ancora davanti, in attesa della sua reazione. Per tutta risposta, lei gli regalò il sorriso più largo e luminoso che avesse mai fatto.
Immediatamente, il ragazzo si rilassò, ricambiando il sorriso.
«Ti amo!» esclamò Kilari, piangendo di gioia.
«Ti amo anche io, zuccona!» disse finalmente lui, abbracciandola e baciandola di nuovo, questa volta più a lungo.
 
Miku e Sayaka, che indossavano dei cappotti impermeabili, occhiali da sole e baffi finti per non farsi riconoscere, osservarono nascoste dietro un cespuglio la novella coppietta incamminarsi verso casa della ragazza mano nella mano, parlando e ridendo e scambiandosi di tanto in tanto qualche bacio veloce. Quando i due sparirono dalla vista, si misero a strillare e saltare qua e là come due molle impazzite: finalmente quei due imbranati si erano confessati i loro sentimenti, formando una coppia bellissima che si sarebbe amata per sempre.




Ciao a tutti! Finalmente quest'altra imbranata ha finito la storia, che si protraeva, pensate un po', ormai da ben tre anni! Si tratta di un lasso di tempo ridicolmente lungo, me ne rendo conto e chiedo perdono per la lunga attesa alla quale vi ho costretto, ma adesso ho finito, e spero che anche questo capitolo, quello conclusivo, vi piaccia! Questa è la fanfiction più lunga che io abbia scritto fino ad ora, e devo ammettere che ne vado piuttosto fiera. Kilari è un manga che ha accompagnato gli anni della mia primissima adolescenza, nel periodo a cavallo fra gli ultimi delle elementari e i primi delle medie, e non potevo assolutamente non omaggiare questa splendida opera che mi ha regalato così tante emozioni con una fanfiction. Spero che vi sia piaciuta, non dimenticate di lasciare le vostre recensioni: sono essenziali per farmi sapere le vostre opinioni, alle quali tengo moltissimo.
Alla prossima, la vostra PiperBlue!

   

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