I topi non avevano nipoti

di Il Maiale
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Atto I ***
Capitolo 2: *** Atto II ***
Capitolo 3: *** Atto III ***



Capitolo 1
*** Atto I ***


Una delle storie vincitrici al concorso indetto nella mia università, pubblicata nell'antologia intitolata "Pelle".


 
I TOPI NON AVEVANO NIPOTI
 
 
 
Jareth Aldo era il primo amore di tutti.
 
Jareth Aldo era il nostro migliore amico.
 
Jareth Aldo morì l’ultimo giorno di ottobre.
 
C’era la musica alta, c’erano i corpi sudati, c’era Beatrice lì in mezzo, con le braccia in aria e gli occhi chiusi.
 
C’era Politico Anarchico da qualche altra parte, nella sua giacca elegante, con la videocamera in mano a filmare qualche bacio fra ubriachi.
 
C’era San Livido da qualche parte a redimere qualcuno massacrandolo di pugni.
 
C’era George Washington, con una bottiglia per mano, circondato da zombie che lo incitavano a bere.
 
C’erano maschere e costumi tutti uguali, c’era il declino della società buttato giù tutto d’un sorso.
 
C’era Jareth, con la lingua impastata e gli occhi socchiusi a sussurrare parole magiche a una sconosciuta truccata da vampira e in minigonna.
 
Quasi lo sentì anche io il dolore dello schiaffo che gli arrivò in pieno viso subito dopo.
 
Politico era alle sue spalle con la videocamera e Jareth gli mostrò il dito medio.
 
Io notai la ragazza che parlava con qualcuno indicando il mio amico. 218
 
Politico allora gli disse: «Ma che cosa le hai detto?» E Jareth rispose che le aveva chiesto prestazioni orali.
 
Morì così, trascinato fuori da un gruppo di ragazzi, pestato a sangue. Alla polizia dichiarammo che non avevamo visto niente, che noi non centravamo niente.
 
Politico non aveva filmato il pestaggio. Beatrice non aveva incitato la ragazza a dirlo al suo fidanzato. San Livido non aveva aiutato a portalo nel retro e George Washington di certo non aveva passato la spranga di ferro servita a fracassargli la mascella. Nessuno di noi poi era rimasto lì a guardare senza fermarli.
 
Non era questa la nostra dichiarazione ufficiale, ma Politico Anarchico lo aveva davvero il video.
 
Io li vedevo, i loro rimpianti, i loro peccati, i loro segreti, tutti proiettati sulla loro pelle, come quei vecchi film muti, in bianco e nero.
 
Le loro vergogne alla mia mercé. I vari motivi che avevano spinto ognuno di noi a non muovere un dito per salvare Jareth. Scorrevano sulle loro pelli e io ero l’unico a poterli vedere.
 
La chiamammo la “serata della pipì di cane” perché poco prima dell’arrivo della polizia un randagio urinò sui pantaloni del nostro amico morto.
 
Quando muore il tuo migliore amico nessuno è più cattivo con te. Meglio ancora se lo hanno ucciso ed è morto in maniera violenta. Più è scabrosa la vicenda, più è traumatizzante e ingiusta, più le persone tendono a giustificare ogni tuo comportamento.
 
Dicono cose come: «Ognuno reagisce a suo modo.»
 
Come: «Il dolore matura in maniera diversa in ognuno di noi.»
 
Come: «Poverini.»
 
Puoi urlargli in faccia o rompere qualsiasi cosa ti circondi, le persone giustificheranno comunque ogni tuo comportamento.
 
Eravamo diventati intoccabili in poco tempo. I reietti giustificabili.
 
Un giorno in pausa pranzo George Washington ci disse che i suoi genitori erano preoccupati per lui. Disse che non ce la facevano 219
 
più ad essere i vicini di casa dei genitori di Jareth. Disse che avevano traslocato da un’altra parte perché ogni volta che uscivano in giardino ricordavano Jareth da piccolo che giocava.
 
Disse: «Non ce la facevano proprio eh… mia madre mi chiamava piangendo in piena notte chiedendomi se stessi bene. Stava diventando insostenibile.»
 
Politico Anarchico, visionando il contenuto della memoria della videocamera al computer, disse:
 
«Dov’è che sono scappati?»
 
E George Washington rispose che si erano trasferiti due vie dopo, verso il centro, nella villetta che desideravano da tanto ma che non potevano permettersi.
 
La morte di Jareth aveva giustificato un mutuo inutile.
 
George era il nostro sceneggiatore, lo chiamavamo così per via di una storia che aveva scritto per un concorso in cui il protagonista falsificava banconote da un dollaro facendo crollare l’economia americana.
 
Beatrice invece era la nostra stella del cinema, convinta che per poter far carriera bisognava aprire le gambe a ogni opportunità.
 
La chiamavamo come la musa di Dante per il suo essere in netto contrasto con la femme fatale che la nostra amica rappresentava. Troppo bella per frequentare un gruppo di reietti come noi, ma troppo mentalmente instabile per essere accettata da altre ragazze.
 
Io sapevo tutto questo perché riuscivo a vedere i film sulla pelle delle persone. Vedevo il sogno di diventare un regista di Politico Anarchico, vedevo la sua prima cinepresa, il suo problema con la cocaina e le prostitute.
 
Ho visto poi San Livido arrivare con il colletto della camicia sporco di sangue e nessuno gli chiese se era il suo. Ho visto sul suo collo, sulla pelle che si increspa quando inclina la testa per baciare Beatrice, il ragazzo picchiato nel bagno del quarto piano. Vidi mentre lo spingeva contro il gabinetto per poi prenderlo a pugni. Era un film muto, ogni volta. 220
 
Disse: «Mio padre dice che ne è scomparsa un’altra dall’accademia, cominciano a collegare tutti i casi.»
 
E ci mostrò un articolo di giornale con la foto una ragazza che potevamo aver visto a lezione una volta o due.
 
Tutta la nostra scuola era tappezzata di foto di ragazze scomparse in quel periodo. Ricordo di aver visto nella fronte di Politico il barlume di un’ipotesi, di un calcolo matematico da quando era morto il nostro amico e la percentuale di ragazze scomparse, dopodiché avvenne un netto cambio di scena, come un taglio fatto male alla bobina.
 
Cominciò a pensare al programma di quella sera e quello che vi posso raccontare è solo che c’erano due calici di vino rosso sul tavolino nel soggiorno.
 
Ricordo che quella stessa sera però ricevemmo tutti diverse chiamate da Politico Anarchico.
 
Quella sera Politico Anarchico ha chiamato il suo servizio di escort preferito, aveva messo il vino in due calici puliti, aveva messo il borotalco sul pube e nel taschino interno della giacca una bustina con un altro tipo di polvere bianca.
 
Accese qualche candela e mise le scarpe nuove, perché nell’arte della seduzione nessuno apre la porta in pantofole.
 
Quando suonarono al campanello fece un ultimo sorso dalla bottiglia, schioccò le dita, fece un piccolo passo di danza e si sistemò i capelli nello specchio appena prima della porta d’ingresso dove si trovava la gabbia della cavia domestica.
 
Non vide subito chi c’era sulla soglia. Sentì prima l’odore di morte e decomposizione.
 
Non era Giusy, la puttana bionda cotonata.
 
Non era nemmeno Nancy, quella mora.
 
Davanti a Politico Anarchico, con il braccio mangiato, c’era Jareth Aldo.
 
Aggrottò le sopracciglia, sbatté le palpebre due volte prima di aprire la giacca e controllare che ci fosse ancora la bustina piena, 221
 
poi si voltò verso il tavolino, notando che aveva comunque bevuto troppo poco per essere anche solo ubriaco.
 
Se fossi stato lì, avrei visto sicuramente il suo smarrimento, magari proiettato sulla pelle delle palpebre.
 
Quando poi si voltò Jareth gli aveva già tirato un pugno sul naso.
 
 
 

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Capitolo 2
*** Atto II ***


 
Ricordo che ci sentivamo traditi, in quel soggiorno di pochi metri quadrati, in silenzio, con la testa bassa e il naso pieno dell’odore di morte.
 
Politico era appoggiato con la spalla alla porta a fissare il vuoto, George carezzava la sua cavia, Beatrice non smetteva di muovere la gamba e San Livido non riusciva a distogliere lo sguardo da Jareth, lì in piedi, davanti a noi.
 
A cosa era giusto pensare in quel momento? Forse avremmo dovuto chiederlo a Pietro e alla sua compagnia di amici, Andrea, Giuda e tutti gli altri lì.
 
Quali sono le giuste domande da fare?
 
Fin da piccoli i nostri nonni ci avevano detto che nulla nella vita era sicuro, tranne la morte, e ci sentivamo traditi per questa enorme menzogna.
 
San Livido era l’unico che fra di noi credeva in un Dio, e il suo Dio era vendicativo.
 
George sudava freddo, appena Jareth ci disse che non era tornato per vendicarsi di noi San Livido scoppiò in lacrime inginocchiandosi, dicendo che gli dispiaceva, dicendo che in realtà avrebbe voluto fare qualcosa. George scattò in piedi, invece, correndo il bagno e facendo scappare la cavia che aveva fra le mani.
 
Doveva sentirsi così Giuda dopo i tre giorni. Ferito. Ingannato dal sistema.
 
Politico sbottò dicendo: «Che cosa vuoi da noi?»
 
E io lo vidi il perché di tutto quel rancore. Oltre all’ovvio motivo del “dovevi rimanere morto”, Jareth, dopo avergli tirato un pugno sul naso, gli aveva mangiato la prostituta davanti agli occhi. 222
 
Vidi anche le ragazze scomparse. Le vidi urlare sulla pelle mangiata di Jareth. Le vidi morire sul suo avambraccio.
 
Jareth gli sorrise. Disse che ci aveva pensato per tanto. Voleva ucciderci tutti ma poi, ragazza dopo ragazza, morso dopo morso, aveva preso realmente coscienza di quello che era.
 
«Poi ci sono arrivato,» disse, «non sono qui per vendicarmi ragazzi. Sono qui per farvi diventare ricchi.»
 
E potrei stare le ore a raccontarvi di cosa accadde dopo. Di come dal bagno uscisse la nube di fumo all’odore di erba da sotto la porta. Di come San Livido continuasse a chiedere perdono e a fissare il braccio mangiato di Jareth.
 
Di come Politico Anarchico si mise a tavolino con lui facendosi spiegare per filo e per segno ogni dettaglio, dimenticando la sua prostituta morta.
 
Potrei poi spiegarvi perché George Washington quando uscì dal bagno era così sconvolto da credere che tutto ciò fosse un sogno lunghissimo. Posso dirvi di come poi la cavia di Politico si fosse nascosta in una credenza del soggiorno, rimandandone intrappolata quando Beatrice la richiuse senza accorgersene. Potrei ma non lo faccio. Saltiamo descrizioni inutili. Saltiamo i retroscena introspettivi di ognuno di noi. Tanto non saprete mai cosa si prova a vedere nel proprio soggiorno il migliore amico morto che vi parla di come potete diventare milionari.
 
Eravamo le persone giuste per farlo. Eravamo futuri registi, futuri attori e scenografi, futuri pubblicitari, futuri pionieri dei media. Dovevamo attuare un piano semplice, mandare un piccolo messaggio. La massa avrebbe fatto il resto. Noi, futuri bugiardi della società, dovevamo semplicemente mettere in scena la realtà senza demonizzare il protagonista.
 
Ci rivelò che il primo zombie della storia fu proprio Gesù Cristo figlio di Nostro Signore onnipotente: quindi perché Jareth Aldo, morto e risorto, non poteva essere altrettanto?
 
La cosa facile poi era il dimostrare la veridicità della notizia, del nuovo salvatore. 223
 
La cosa facile era sparare ad Aldo senza che lui morisse.
 
Così lo facemmo.
 
Mettemmo in rete il video più spettacolare di sempre, pubblicizzandolo su ogni nostro canale personale.
 
Potrei raccontarvi della reazione dei genitori di Aldo, ma a nessuno interesserebbe davvero questa storia.
 
Vi racconto invece della miriade di insulti ricevuti, vi racconto dello stupore degli utenti.
 
Vi racconto della soddisfazione provata nel pugnalare Aldo così tante volte da perderne il conto e dello sconforto nel vedere che non si accasciava mai a terra, nemmeno una volta.
 
Non moriva mai.
 
Potrei raccontarvi come furono quelle prime settimane, con il mondo diviso a metà tra chi credeva che Jareth raccontasse il nuovo verbo e chi invece diceva che era solo un esperimento sociale fatto da degli studenti di cinema qualsiasi.
 
Era un continuo di adulazioni e sputi in faccia.
 
Potrei raccontarvi di come Beatrice rimase incinta andando a letto con un qualcuno che l’aveva contatta sui social, potrei invece raccontarvi di come George passò dalle semplici canne a prendere metadone per continuare ad essere in quello stato di consapevolezza astratta della realtà che lo circondava.
 
Ci contattò un agente dopo due settimane di dibattiti nei programmi del pomeriggio in cui nessuno ci chiamò mai per confermare o smentire le varie voci che giravano sulla vicenda, e dopo due settimane che Politico Anarchico incolpava Washington per la scomparsa della sua cavia domestica.
 
E potrei anche qui raccontarvi di contratti e percentuali percepite e di accordi e strette di mani, ma sarei noioso e perderei la vostra attenzione.
 
Vi dico quindi che al primo dibattito in piazza di Jareth, con i suoi apostoli e i suoi venti follower di un una cittadina sconosciuta lì davanti a noi che lo guardavano con ammirazione e George Wa- 224
 
shington che ci chiedeva dove gli avessimo nascosto la macchina del tempo, qualcuno chiese se Beatrice fosse la Maria Maddalena dei giorni nostri e Politico Anarchico un San Pietro moderno.
 
Vi dico che dopo quell’incontro in piazza, nel mini van che ci portava in albergo, Jareth azzannò il collo del nostro agente mentre questi parlava di quanto fosse stato tutto fantastico e re-twittato già un considerevole numero di volte. Di come il video delle sue perle avesse già centoventinovemila visualizzazioni.
 
Ricordo che mentre tutti noi eravamo terrorizzati e schifati, premuti l’uno contro l’altro il più lontano possibile da Jareth e l’agente urlante che si sentiva mangiare la faccia, George se ne stava lì accanto, con la fronte poggiata al finestrino e gli occhi sognanti.
 
Potrei poi raccontarvi di come abbiamo occultato ciò che rimaneva del cadavere e di come abbiamo pulito l’auto, perché è ovvio che lo abbiamo fatto, ma non ve lo racconterò.
 
Stavamo vedendo un po’ di popolarità, non potevamo perdere l’occasione.
 
Quella sera tornammo a casa sporchi di terra e sangue, con le anime così corrotte che cercai di non guardare nessuno per non essere costretto a vedere pensieri proiettati sulle loro fronti.
 
Quella sera Politico Anarchico aprendo la porta del suo appartamento venne investito da un sottile odore di decomposizione.
 
Quella sera finalmente Politico Anarchico trovò la sua cavia, morta, intrappolata nel mobile, deceduta per stenti.
 
***
 
Ricordo che un giorno avevamo pranzato tutti insieme a casa di Beatrice.
 
C’era Politico con la sua telecamera a provare varie inquadrature mentre Jareth mangiava, perché di certo non potevamo dire che si nutriva di persone organiche come ad esempio i suoi follower. Avevamo migliorato la sua immagine. La sorella di Beatrice aveva 225
 
innestato un lembo di pelle nuovo nell’avambraccio mangiato. Lei era una costumista, la sua amica era make-up artist.
 
E io ripeto, infatti, che eravamo esattamente le persone giuste.
 
Ci chiesero una percentuale, ovviamente.
 
«Lo facciamo per la causa, certo. Ma con la sola visibilità non si campa.»
 
Ci dissero guardandosi negli occhi. E io lo sapevo, lo avevo visto, che condividevano il letto.
 
Ho visto sulle labbra della make-up artist il bacio della sorella di Beatrice.
 
Politico, con la telecamera puntata su di loro mentre truccavano Jareth, disse: «Ma non è che siete lesbiche voi due?»
 
Disse: «Mi dispiace ma non possiamo collaborare con voi.»
 
Disse: «Puntiamo a un target di persone dalla mentalità ristretta.»
 
Lo vedevo, il disgusto della make-up artist. Vedevo il disappunto della sorella di Beatrice. Vedevo sulla pelle l’odio del mondo contro di loro e il loro odio contro il mondo.
 
Vedevo i pensieri di entrambe sulle loro fronti, l’immagine del quarto stato formato da un esercito di lesbiche arrabbiate. Con la sorella di Beatrice in primo piano, una mano in tasca e l’altra a sorreggere il giacchettino sulla spalla, con l’amico transgender che cerca di fermarle con in grembo delle Jimmy Chou.
 
«Io credo sia innaturale che due donne condividano il letto,» disse San Livido, «immagino che quando consumate usate dei dildo o roba simile. Non è meglio allora il membro di un vero uomo?»
 
E io vedevo altro disgusto.
 
San Livido in fondo era il vero credente, il vero cristiano cattolico praticamente. Uno di quelli che ti sapeva redimere con un pugno.
 
«Sai cosa è innaturale invece?» disse la make-up artist sbattendo i pennelli sul tavolo «Risorgere dopo tre giorni è innaturale; trasformare l’acqua in vino è innaturale…»
 
«Rimanere incinta vergini è innaturale.» 226
 
Potrei ora descrivervi della diatriba nata fra San Livido e le due lesbiche, ma non ve la racconto. Vi dico però che alla fine vennero assunte.
 
Jareth, il nuovo Messia e noi i suoi nuovi apostoli.
 
Aveva preso talmente sul serio il suo ruolo che si era ordinato on line tutti i libri della Bibbia e aveva cominciato a leggerli a qualsiasi ora del giorno e ovunque si trovasse.
 
Anche mentre lo truccavano lo vedevi leggere. Aveva persino cominciato a pregare.
 
Aveva compiuto un cambiamento mistico.
 
Stava diventando quasi una figura astratta, in silenzio, lì nell’angolo a leggere, mentre noi preparavamo le prossime campagne pubblicitarie. Mentre Politico provava le inquadrature e mentre Beatrice provava le battute da dire in pubblico.
 
Avevamo allestito degli incontri, in piazza o in qualsiasi altro posto all’aperto dove potevamo far venire le persone senza pagare un centesimo. Dove Jareth poteva raccontare qualche novella e dove noi ci esibivamo come apostoli moderni.
 
Beatrice, che studiava recitazione con noi in accademia, era la saggia donna. Figura celestiale con un passato da sgualdrina. Pensava di poter sfondare nel mondo di Hollywood così.
 
Fu in uno di questi raduni improvvisati e pubblicizzati sui social che avvenne la svolta che ci fece prendere il volo.
 
C’era Jareth, in mezzo a tutti noi, che blaterava di qualcosa sulla parola del signore. C’era Jareth che dava prova di non poter morire. C’era un uomo preso fra il pubblico con un coltello in mano che lo affondava nel suo cuore. C’era l’ovazione di fronte al miracolo divino.
 
Era tutto come al solito, con un po’ più di gente del raduno precedente.
 
Eravamo in mezzo a un parco, seduti su delle panchine mentre Jareth intratteneva e Politico e San Livido registravano. San Livido era il nostro tecnico del suono e delle luci. 227
 
Avvenne per caso, o per volontà di nostro Signore, che cadde un uccellino dall’albero proprio vicino a dove stavamo svolgendo lo spettacolo.
 
Accadde poi che una vecchietta dal cuore tenero lo raccolse, tenendolo fra le mani, senza che desse nessun segno di vita. Era morto. Forse gli era esploso il cuore. Forse un’embolia al cervello. Forse si era strozzato con un verme.
 
Sta di fatto che quel fottuto uccellino era morto stecchito.
 
Quando poi, però, Jareth, con il microfono in mano e la vecchietta a fianco, disse: «Nella via celeste, ora la sua anima vola insieme a quella dei vostri cari» quel fottuto uccellino cominciò a cinguettare riempiendo il silenzio di tutto il nostro pubblico.
 
Un altro miracolo. Il primo e vero miracolo effettivo da parte di Jareth.
 
Ci fu un’ovazione generale. Ci furono lacrime. Ci furono applausi e urla.
 
Jareth ne rimase così affascinato e sconvolto che non volle parlare per tutto il resto della giornata. Noi piangevamo e urlavamo al miracolo da parte di Jareth, il nostro nuovo Messia, ma dentro cominciava a smuoversi un fastidio irrazionale.
 
Vi racconto che il giorno dopo la messa on line del video cominciammo a ricevere telefonate importanti, quelle che volevamo fin da subito, da parte di testate giornalistiche e di programmi televisivi. Eravamo il fenomeno mondiale che aveva diviso la chiesa in due tra chi osannava il nuovo Messia e chi diceva che era uno scherzo del diavolo.
 
 
 

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Capitolo 3
*** Atto III ***




Da quell’ episodio, quello della seconda resurrezione, quello che noi chiamammo il “giorno di Lazzaro”, manifestavamo tutti a modo nostro il disagio di quanto stava diventando irreale quella situazione. 228
 
George Washington aveva cominciato a prendere degli psichedelici. A volte veniva da noi con gli occhi allucinati a chiederci che fine avesse fatto la sua navicella spaziale. Quando guardava Jareth, invece, cominciava a piangere.
 
Io lo sapevo che George Washington prima era innamorato di Jareth. Sia chiaro, anche lui quella sera lo voleva morto, ma George lo amava davvero.
 
Nessuno lo sapeva, io si perché vedo le storie delle persone proiettate sulla loro pelle.
 
George forse era quello che lo odiava più di tutti, perché c’era Jareth, in una proiezione, che gli ricordava di quanto fosse solo al mondo, che nessuno poteva mai amare il ragazzo che aveva spinto giù dalle scale l’anziana nonna all’età di dodici anni.
 
Era questo che George voleva tenerci nascosto, era questo il segreto che aveva confidato a Jareth. Il perché lo avesse fatto non sono mai riuscito a vederlo in nessun suo lembo di pelle.
 
Ci invitarono a un programma pomeridiano, uno di quelli che nessuno ammette mai di guardare.
 
Invitarono il nuovo Messia, i suoi Apostoli.
 
Dietro le quinte la truccatrice urlava che aveva bisogno di un mascara waterproof perché Beatrice continuava a lacrimare.
 
Politico leggeva la lista di domande approvate dal nostro nuovo agente quando San Livido chiese che cosa avesse.
 
«Cioè capisco George che è fatto come se si trovasse a un rave, ma lei?»
 
Politico alzò lo sguardo verso di lui per poi guardare George che riscaldava qualcosa in una pipa di vetro. Io lo sapevo perché piangeva.
 
Lo avevo visto sulle guance rigate da lacrime nere. Aveva abortito, la nostra Maddalena.
 
Politico spiega che non ci potevamo permettere una gravidanza.
 
Guardò di nuovo George poi e disse: «Hey, qualcuno può far qualcosa per quelle occhiaie?» 229
 
Noi comparimmo nel programma per pochi minuti, venti al massimo, l’attenzione era principalmente sul nostro amato migliore amico.
 
Più lo guardavamo parlare, più si manifestavano i conati di vomito.
 
La resurrezione dell’uccellino ci diede la nausea e invece dover rapire senza tetto per darli in pasto a Jareth non ci provocava nessun disgusto.
 
Non era giusto che lui potesse fare una cosa così bella.
 
Non era giusto che fosse così amato.
 
Non era giusto che fosse diventato migliore di noi.
 
Avevamo creato il nostro culto, la nostra setta. Parallela alla chiesa ma non uguale, le nostre tasche si stavano riempiendo ma Jareth ormai era realmente cambiato.
 
Jareth lo sentiva dentro, il messaggio di Nostro Signore.
 
Jareth si sentiva il suo personaggio, lo era diventato sul serio. Ormai quasi non ci parlava più.
 
Mentre se ne stava lì, di fronte alle telecamere, dentro di noi si formava il desiderio di ucciderlo di nuovo.
 
Durante il programma dovemmo dimostrare la veridicità delle nostre parole, delle dimostrazioni dell’immortalità e dovemmo persino portare il certificato di morte.
 
Portarono una telecamera termica e una caffettiera.
 
Il presentatore disse: «Se sei morto sul serio, se sei tutt’ora morto, in teoria, dovresti avere lo stesso colore della caffettiera» e Jareth rise, il pubblico rise e noi ridemmo.
 
Fu così poi, con il nuovo Messia di fronte alla termo-camera, con al suo fianco la caffettiera e il presentatore. Jareth aveva lo stesso colore della caffettiera poggiata sul tavolino.
 
Le luci di scena, sul display, erano rosse con un’aurea arancione, Jareth era verde.
 
Nessuno lo disse a nessuno, ma in quel momento tutti noi pensammo: “Come facciamo a uccidere una cosa che ha lo stesso colore di una caffettiera?” 230
 
Disse: «Tu ci credi davvero? Pensi sia un intervento divino? Pensi che scientificamente possa essere spiegato?»
 
Jareth disse che, se non era un intervento divino, non sapeva cos’altro potesse essere.
 
Disse che non sapeva perché fra tanti avesse scelto proprio lui.
 
Qualcuno del pubblico chiese se invece nei video erano presenti dei trucchi di magia, come coltelli finti o altro. Così partì il discorso.
 
E per questo input il Presentatore disse che era un vero appassionato di magia.
 
Disse: «Quando ero piccolo amavo invece le illusioni delle parole, amavo i giochi che si potevano fare con esse, l’assurdità di alcune parole e la complessità delle frasi palindrome.»
 
Disse: «Mi affascinavano così tanto che a scuola andavo dai miei compagni e gli dicevo “Hey, scrivi I topi non avevano nipoti, e poi leggilo al contrario”, per i primi tempi spacciavo come miei trucchi frasi scoperte da altri.»
 
Fu allora che vidi sulla pelle di Politico Anarchico il barlume di un’idea.
 
Fu allora che, con lo sguardo perso nel vuoto, vidi la sua cavia morta di stenti, intrappolata nel mobile.
 
E poi vidi la cavia prendere la forma di Jareth, prenderne le sembianze.
 
Si voltò verso di noi, con la trasmissione ancora in corso alle sue spalle e ci disse: «Non dobbiamo ucciderlo, basta chiuderlo in un luogo da cui non può uscire.»
 
Ma non fummo tutti d’accordo, non in quel momento almeno.
 
***
 
Dopo l’invito al programma i followers vennero in pellegrinaggio da tutto il mondo per vedere l’uomo risorto, il nuovo Messia.
 
Perché se lo vedi in tv è sicuramente vero. 231
 
Politico Anarchico continuava con l’idea di eliminare il nuovo Gesù, ma nessuno di noi voleva sporcarsi ancora le mani, poiché la prima volta non era andata bene. Non volevamo altre ripercussioni.
 
Il nostro disgusto, il nostro fastidio, erano motivi sufficienti? Potevamo realmente togliere la vita a qualcuno che non era in vita?
 
Ci bastava una scusante, un attenuante. Avevamo l’animo per farlo, ma non i motivi.
 
Ormai Jareth non ci parlava più, non ci teneva legati a lui. L’unico motivo che avevamo, e che non potevamo confessare a nessuno era che Jareth fosse diventato una persona migliore.
 
Il piano di Politico era semplice, ne parlammo una sera, con Jareth nella sua camera da letto in preghiera e noi di fronte al camino della suite extra-lusso di qualche hotel.
 
«Un bunker.» «Un bunker che si può aprire solo dall’esterno, in mezzo al nulla. Avete visto il film The Hole?» E tutti noi annuimmo, perché studiavamo e facevamo cinema e il miglior modo per far cinema era vedere tutti i film del mondo.
 
Lo avremmo fatto costruire, il bunker. Il bunker più costoso del mondo, apribile solo dall’esterno con una combinazione che solo Politico avrebbe saputo.
 
Fu Beatrice ad andare contro per prima. Disse che se non avrebbe funzionato potevamo dire tutti addio alle nostre carriere. Disse che un giorno avrebbe potuto liberarsi.
 
Disse: «Magari Dio potrebbe aprirgli quel fottuto bunker per farci mangiare tutti quanti!» E Politico le rise in faccia, di gusto.
 
«Davvero ci credi? Davvero pensi sia tutta opera di un potere supremo?» «Era morto! Lo abbiamo visto, ce ne eravamo assicurati prima di chiamare l’ambulanza» sussurrò Beatrice per non farsi sentire.
 
Per convincere tutti c’era bisogno di un sacrificio.
 
Politico scelse il nostro Washington. 232
 
George era costantemente sotto effetto di psichedelici che ormai non ci vedeva quasi più, aveva smesso di chiederci dove avevamo nascosto la sua ombra.
 
Ci chiamarono in una mattina di primavera, verso le sei.
 
Ci dissero che il nostro amico si era buttato dalla sua stanza d’albergo, senza apparente motivo.
 
Quando lo seppellimmo io vidi sul suo volto un film muto in bianco e nero.
 
Lo vidi nell’ombra della sua stanza, vidi una lettera scivolare sotto la sua porta. Era una lettera d’amore dal contenuto altamente nocivo.
 
George amava Jareth, quello morto, e il Jareth vivo in quella lettera dichiarò di ricambiarlo, di volerlo stringere fra le braccia, ti voler posare le sue labbra sulle sue.
 
Non la prese bene, George. Perché per lui quella situazione era troppo irreale, troppo finta. Non voleva essere amato da quel Jareth. Le lacrime di Washington fecero quasi sbiadire l’inchiostro della lettera. Continuava a dire di no, vedevo la sua disperazione e forse era convinto di saper volare per scappare via da quella situazione, perché si buttò giù senza esitare un istante.
 
Io lo vidi sulla pelle di Politico che in realtà la lettera l’aveva scritta lui.
 
Potrei star qui a parlarvi dei mesi di attesa affinché il bunker fosse pronto, della determinazione con cui continuammo lo spettacolino fino a che ci serviva.
 
Potrei parlarvi poi di come abbiamo attirato Jareth in quel posto, ma era come se lui sapesse tutto fin dal principio.
 
Potrei star qui a raccontarvi di mille dinamiche contrastanti fra di loro, ma non lo faccio.
 
Facciamo invece un lungo salto temporale, perché ormai il tempo a mia disposizione è finito e devo raccontarvi di cosa successe alla fine.
 
Il bunker si trovava sotto terra, con una piccola botola da cui potevi accedere. 233
 
Lo gettammo lì, Jareth.
 
Lo gettammo lì perché era migliore di noi e questo non potevamo accettarlo. Perché George era morto.
 
Politico, prima di chiudere la botola, gli chiese che cosa avesse visto dopo la sua morte. Se c’era un paradiso, se esisteva un inferno.
 
Jareth non rispose, se ne stava lì legato per terra.
 
La sua totale impassibilità ci rese tutto quanto facile. Sembrava che già lo sapesse.
 
Nell’istante prima che la botola venisse chiusa, però, lui mi guardò diritto negli occhi, come a chiedermi esplicitamente di guardare un film sulla sua pelle.
 
E io lo feci.
 
Successe tutto nell’arco di tempo in cui Politico abbassava lo sportello per sigillare il nostro amico lì per sempre.
 
Vidi noi che gettavamo l’ultimo strato di terra per nascondere l’ingresso.
 
Vidi Politico che sorrideva, soddisfatto.
 
Vidi poi dei fasci di luce che illuminavano i nostri volti.
 
Vidi le torce della polizia e le loro pistole puntate.
 
Vidi una richiesta.
 
Vidi noi ammanettati e il poliziotto con la pistola puntata che chiedeva a Politico qualcosa, forse la combinazione. Quella combinazione che Politico non diede nemmeno a noi.
 
Vidi tutti noi piagnucolanti.
 
Vidi invece Politico, sorridere, trionfante.
 
Vidi che afferrò la mano del poliziotto con la pistola, mettendo il pollice sul grilletto per poi infilarsi la canna in bocca.
 
Vidi il suo cervello sul mio volto.
 
La botola si chiuse e noi prendemmo le pale per ricoprire l’ingresso con la terra.
 
Solo quando arrivammo all’ultimo strato, solo quando Politico inforcò la pala nel terreno venni accecato dalla luce di una torcia puntata sul mio volto. 234
 
E qualcuno gridò: «Mani in alto!» ed era come se già lo sentissi il cervello del mio amico sulla guancia.
 
Pensai al mio amico sotto terra, morto e risorto, a quell’amico che quando mi conobbe mi disse: «Non dirlo a nessuno che puoi vedere i segreti proiettati sulle loro pelli, ti farebbero fuori in pochi secondi cavandoti gli occhi.»
 
 
 

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