Neutron Star Collision

di Glaceeonx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ripetizioni... stellari ***
Capitolo 2: *** Harlem Shuffle ***
Capitolo 3: *** Jeon Jungkook ***
Capitolo 4: *** Neutron star collision. ***
Capitolo 5: *** Cene professionali ***
Capitolo 6: *** PJ ***
Capitolo 7: *** Festa in maschera ***
Capitolo 8: *** Si va in scena! ***
Capitolo 9: *** Perfezione ***
Capitolo 10: *** 2-0 ***



Capitolo 1
*** Ripetizioni... stellari ***


«Buongiorno a tutti, ragazzi. È sempre un piacere avervi qui tutti insieme.

Vi ho riuniti per comunicarvi una notizia molto importante, che sicuramente vi piacerà: quest’anno, la nostra scuola è stata chiamata per aprire le esibizioni dei tanto attesi Mnet Asian Music Awards!

Ma, attenzione. C’è una condizione: i due gruppi formatasi al corso di musical ad inizio anno scolastico, dovranno sfidarsi in un importante contest, e la competizione sarà giudicata niente poco di meno che dai tre CEO di JYP, YG ed SM, le tre case discografiche più importanti della Corea del Sud!

Vi chiedo perciò gentilmente, mi riferisco ai due gruppi di punta dell’istituto, di preparare canzone, coreografia e concept per la fine del mese, e di mostrarla alla nostra rinomata giuria scolastica, che vi aiuterà a sistemare le lacune e gli errori prima della sfida vera e propria, che si terrà alla Jamsil Arena di Seoul, e che verrà trasmessa in diretta proprio quella sera, su tutte le televisioni della nazione. 

Vi chiedo perciò il massimo impegno, e che vinca il migliore!»

 

 

Aveva seguito il discorso della graziosa preside Lee dalla prima parola fino all’ultima, esultando assieme a tutti gli altri nel momento in cui la donzella aveva annunciato una competizione che avrebbe portato la loro scuola a livelli ancora più alti ed esclusivi.

Lee Chaerin non era esattamente la donna più carina e gentile del mondo, e non era neanche la più simpatica, ma ciò non toglieva che sapesse fare bene il suo lavoro. A quante altre scuole sarebbe capitata un’occasione simile?

Mentre era impegnato a guardare sbigottito in direzione della direttrice, cercando di realizzare ciò che aveva appena udito, gli sembrò di sentire il suo migliore amico, seduto affianco a lui, prenderlo per le spalle ed esclamare una cosa come: «Seokjin! Abbiamo già vinto, cazzo!»

E lui apprezzava il fatto che il suo migliore amico ostentasse tanta sicurezza nonostante tutta la serie di sconfitte che avevano subito durante le ultime competizioni interscolastiche con l’altro gruppo. Si fidava di lui e del resto della sua squadra, ma gli altri non erano soltanto pieni di talento, ma anche un branco di imbroglioni: per vincere quel contest avrebbero fatto di tutto, e questo lo sapevano sia lui che la persona che in quel momento gli stava dicendo che avrebbero sicuramente vinto, ma in fondo speravano che, almeno per quella volta, la serpe che rispondeva al nome di Min Yoongi avrebbe giocato pulito.

E dato che Kim Seokjin era conosciuto anche come la voce della coscienza, si affrettò immediatamente a rispondere, scrollandosi il suo amico di dosso.

«Sì, Hoseok. Ma dobbiamo tenere gli occhi aperti.» disse «Sai che Yoongi comanda a bacchetta tutti i suoi cagnolini, e si inventerà di tutto pur di vincere. Ti proporrei di fare lo stesso, ma so che giocare sporco non è il tuo forte. In fondo, il leader del gruppo sei tu. 

Per il momento, concentriamoci sulla canzone, e solo dopo penseremo a come contrastare gli altri.»

Ed ovviamente, come ogni volta che succedeva qualcosa di anche solo poco interessante ed in cui in qualche modo c’entrava Min Yoongi, quest’ultimo non perdeva tempo ad azionare la sua maledetta lingua biforcuta. E quella volta non si era di certo risparmiato.

 

«Bene bene, che cos’abbiamo qui?» aveva infatti detto, avvicinandosi assieme ai suoi due più fidati schiavetti «Oh!  Ma guarda! Proprio quelli che faranno una gran figuraccia davanti a tutti e tre i CEO!»

A quelle parole, Seokjin decise di alzarsi dalla sedia, affiancando il suo migliore amico che, nel frattempo, aveva già cominciato a battibeccare con quel pazzoide, con il quale, per inciso, battibeccare sarebbe risultato alquanto inutile. Se esisteva la persona più ostile del mondo, quello era di certo Min Yoongi, e negli anni, Seokjin aveva imparato ad ignorarlo. Cosa che, però, Hoseok non aveva mai fatto.

Ed ora si ritrovavano lì, in una sala teatro, a discutere su di un’infantile scommessa, che implicava un’umiliazione non indifferente.

Di fatti, alle parole “Succhiamelo, Min Yoongi”, quest’ultimo, lasciando tutti i presenti letteralmente di stucco, aveva risposto: «Se vinci tu... te lo succhierò sul serio. Ma se vinco io, sarai tu a farlo, Jung Hoseok.»

 

Conosceva Hoseok. Sapeva che, in fondo, non era così incosciente da accettare una scommessa del genere. Avrebbe significato agire alle spalle della sua ragazza, oltre anche a significare una grossa caduta di stile, sia che perdessero, sia che vincessero.

Così, senza pensarci due volte, e decidendo che magari fosse arrivato il momento di pensare ai suoi affari, aveva superato i due litiganti, squadrando Min Yoongi con un misto tra odio e disgusto, mentre usciva dalla sala teatro, dirigendosi dritto in aula professori.

 Dopo il discorso che aveva fatto la preside, aveva preso la decisione, per letteralmente la prima volta in tutta la sua vita, di discutere del suo rendimento scolastico. Averlo basso, avrebbe infatti significato una penalizzazione durante la gara, e questo non poteva certo permetterlo.

Come sua abitudine, era entrato nella stanza senza bussare, ricevendo immediatamente una ramanzina dalla bella vicepreside che, dopo averlo messo in imbarazzo con le sue urla da cornacchia dispettosa, aveva deciso di uscire dalla stanza, lasciando Seokjin da solo con l’unica persona con la quale avesse intenzione di parlare in quel momento.

«Salve, professore.»

Kim Namjoon. Probabilmente l’unica ragione per la quale tutte le ragazze-e non solo loro-della scuola si fossero tanto interessate ad una materia come le scienze astronomiche.

Era bello, forse l’uomo più bello che uno come Kim Seokjin avesse mai visto in tutta la sua vita, ed era anche piuttosto giovane. Per cui aveva pensato che, se uno così giovane era riuscito a prendere la cattedra in una delle scuole più rinomate di Seoul, doveva essere per forza un genio. Ed era per questo che, scartando tutti gli altri insegnanti, aveva subito deciso di chiedere aiuto a lui. 

«Kim Seokjin!» aveva esclamato l’uomo, rivolgendogli un sorriso radioso «Accomodati!»

Così gli si era avvicinato, sedendoglisi di fronte, cercando di trovare le parole giuste per convincerlo. 

Ci aveva pensato per tutto il tempo che aveva separato lui da quella scrivania, ed alla fine aveva optato per la più completa sincerità.

«Ho controllato i miei voti in scienze astronomiche, e purtroppo sono veramente bassi.» prima di continuare, aveva preso un bel respiro: avere di fronte una meraviglia del genere e non poterle neanche dare del tu non era così facile, soprattutto per uno come lui «Senza fare giri di parole, vorrei avere un rendimento più alto in vista della gara con l’altro gruppo e, purtroppo, la sua materia non fa altro che abbassarmi la media.

Perciò vorrei chiederle se lei sarebbe disponibile per delle... ripetizioni? Ovviamente pagherò quello che mi spetta, e mi andrebbe bene anche farle durante le ore scolastiche. Non vorrei portarle via troppo tempo.»

Detto questo, il ragazzo assunse un’espressione forse un po’ troppo speranzosa, sperando gli desse almeno una mezza risposta. Insomma, il professor Kim era l’insegnante più giovane della scuola, e magari sarebbe stato almeno un po’ comprensivi nei suoi confronti.

 

In risposta, l’insegnante rivolse a quel ragazzo un sorriso ancora più caloroso, piuttosto sorpreso da quella richiesta tanto sincera quanto inaspettata. Kim Seokjin, nonostante il suo caratteraccio e la sua tendenza a trasgredire alle regole, rimaneva uno dei ragazzi più promettenti dell’istituto: sapeva suonare diversi strumenti, aveva una voce a dir poco sublime, scriveva la maggior parte dei testi delle sue canzoni, ed inoltre faceva parte del gruppo ‘Dynamo’. Tutto ciò lo rendeva particolarmente appetitoso agli occhi degli insegnanti di tali materie pratiche. 

Tuttavia però, nelle materie teoriche, continuava a cavarsela decentemente o non troppo bene, come nel caso della sua materia: i suoi compiti erano un disastro, la sua conoscenza dell’universo si limitava al massimo al conoscere i nomi dei diversi pianeti del sistema solare, e durante le interrogazioni, i termini che usava erano completamente scorretti. Inoltre, il suo comportamento durante le lezioni era alquanto discutibile. Tutto ciò ricadeva ovviamente a suo svantaggio e, nonostante le scienze astronomiche non fossero affatto essenziali per una carriera artistica, lo erano per conseguire il diploma.

Alla fine del discorso del suo alunno, Kim Namjoon si ritrovò a riflettere: aveva parecchio lavoro da svolgere in quei giorni, soprattutto in vista del contest. Ma avrebbe mai potuto rifiutare la richiesta di un ragazzo del genere, e soprattutto, avrebbe mai potuto negare l’opportunità di essere aiutati a due occhi belli come i suoi?

Così, appoggiandosi con entrambi i gomiti al legno della scrivania, decise finalmente di rispondergli: «Kim Seokjin, non ho bisogno di soldi, sono il tuo insegnante, è mio dovere farti apprendere almeno le cose basilari. Sono contento che tu sia venuto qui a chiedermelo di tua spontanea volontà, anche se... penso tu lo abbia fatto solamente per il contest, giusto?»

«Grazie mille! Lei è il migliore!»

Sapere che un professore fosse in grado di comportarsi in modo così leggero, senza aggravare ulteriormente il peso che la scuola scaricava sulle loro spalle, era davvero gratificante. Lo stimava tantissimo per il comportamento che assumeva con gli studenti e, soprattutto, per la sua obiettività nell’esprimere ogni tipo di giudizio. Sia per quanto riguardava le materie teoriche che per quanto riguardava le competizioni con l’altro gruppo. Seokjin era quasi felice di far schifo proprio nella sua materia. 

«Cioè no, il migliore sono io, ma lei è assolutamente il migliore dopo di me!» aveva esclamato, alzandosi dalla sedia e rivolgendogli un inchino in segno di educazione «Beh sì, lo faccio principalmente per quello. Ed anche perché, per essere sicuro di passare questi due anni che mi separano dal diploma filando liscio, è importante anche la sua materia, giusto?

Credo.»

Tutta quella vicinanza con l’uomo più bello del mondo stava diventando leggermente pressante. Ed era per questo che, una volta ottenuto ciò che voleva, il ragazzo aveva iniziato ad allontanarsi, incamminandosi verso la porta.

«Bene, ehm... sì. Mi chiami quando sarà disponibile ed io la raggiungerò immediatamente. Grazie ancora! Vado!»

Detto questo, Seokjin corse fuori, sbattendosi la porta alle spalle. Cazzo, quello non era un professore, era una possibile stella del porno. 

 

 

 

Kim Seokjin. Diciassette anni. 

Era il perfetto esempio dell’adolescente alternativo, quello che cercava di essere sempre una spanna sopra gli altri. E spesso ci riusciva.

Era ribelle, sconsiderato, a volte impulsivo, e si poteva definire un vero fenomeno in tutto ciò che faceva.

Il suo ultimo anno a scuola non era andato affatto bene: al terzo anno, era stato bocciato per cattiva condotta nonostante la borsa di studio ottenuta per l’impegno nelle materie artistiche, ed ora si ritrovava al medesimo anno, insieme a personaggi più piccoli di lui, ma che tuttavia non conoscevano il classico rispetto che si porta al più grande. Era un ambiente scolastico particolare, il loro. Forse rivoluzionario, forse un po’ irregolare, ma in un certo senso, più libero. Meno rigido e pressante. 

Pressante, però, lo era suo padre.

Il vecchio non aveva sopportato il fatto che suo figlio non conoscesse la concezione di regola, e aveva sopportato ancora meno il fatto che suo figlio si fosse fatto bocciare. Non era un uomo cattivo, era soltanto pretenzioso, forse un po’ all’antica, e severo come non mai, in particolare nei confronti dei suoi figli maschi.

Ed era proprio per questo che Seokjin, quel pomeriggio, era sgattaiolato velocemente fuori casa prima che qualcuno dei suoi famigliari gli chiedesse dove stesse andando. Se suo padre avesse scoperto quanto ancora andasse male in scienze astronomiche non solo gli avrebbe tagliato i viveri, ma anche le palle. Era per questo che aveva deciso di agire di nascosto, o probabilmente avrebbe detto addio alla borsa di studio.

Una volta arrivato a scuola, non aveva perso neanche un minuto ed era immediatamente entrato nell’ufficio personale del professor Kim, ovviamente dimenticandosi di bussare. Non era maleducato, era semplicemente un’abitudine che aveva fin da piccolo, e non riusciva a correggersi neanche per sbaglio.

Eppure, l’abitudine di bussare se la sarebbe dovuta prendere, dato che anche quello influiva sul suo voto di condotta.

«Salve.» si limitò a dire, una volta entrato, voltandosi in direzione del professore che, fino al suo arrivo, stava lavorando su alcuni fascicoli.

«Kim Seokjin, tranquillo, non ti mangio mica.» aveva risposto l’uomo, probabilmente vedendolo alquanto imbarazzato, e volendo fargli capire che con lui poteva, anzi, doveva sentirsi a suo agio «Non essere così formale, ti prego.»

Immediatamente, e senza perdere altro tempo, l’insegnante si era alzato dal suo posto, soltanto per far accomodare il suo studente su una sedia accanto alla sua, cosa che lui fece subito. Poi, l’uomo continuò a parlare: «Hai fatto presto, meno male! Di solito in queste situazioni, fate quasi sempre un bel po’ di ritardo...»

Era alquanto imbarazzante avere a che fare con uno degli insegnanti anche fuori dall’orario scolastico, ma quelle ripetizioni gli servivano, e gli servivano in fretta: prima della competizione, Seokjin doveva essere sicuro di conoscere almeno le basi e di avere una media che si aggirasse per lo meno attorno alla sufficienza, o sarebbe stato penalizzato.

Certo, fare tutto ciò alle spalle di suo padre non sarebbe stato né facile né corretto, ma in qualche modo avrebbe dovuto sbrigarsela da solo.

Una volta seduto su quella sedia, non sapendo né cosa fare né cosa dire, aveva semplicemente tirato fuori una penna dallo zaino, iniziando a guardarsi attorno: non sembrava un ufficio antiquato come ci si sarebbe dovuto aspettare dall’ufficio di un professore, anzi. Tutto ciò che c’era ad abbellire quella stanza, a partire dai poster fino ad arrivare alle statuette posizionate tra i libri, faceva presagire che il professor Kim fosse un fan del rap.

Non avrebbe mai pensato che un insegnante potesse avere dei gusti musicali decisamente più attuali dei suoi.

«Bene.» incalzò ad un certo punto, stanco di tutto quel silenzio opprimente «Ehm... allora, prima di tutto vorrei ringraziarla di nuovo per l’aiuto che ha deciso di darmi, e poi, volevo chiederle se... se sarà difficile per me poter alzare la media in scienze astronomiche entro l’inizio della competizione.»

La distanza che li separava era minima, e questo influì ancora di più sulle condizioni momentanee del ragazzo. Era sotto pressione, si limitava a squadrare l’intero ufficio e a far traballare la penna tra le dita.

Così non andava, non avrebbero potuto far lezione in quel modo. Allora, Namjoon gli prese velocemente la penna dalle mani, appoggiandola sulla scrivania. Quel suo continuo giocherellarci gli stava dando ai nervi.

«Seokjin...» disse, stringendo bene quella penna in modo che l’alunno non potesse tornare a prenderla «Devo testare le tue conoscenze. Perciò, rispondi a queste domande. Okay?»

A quelle parole, la tensione di quel povero ragazzo salì alle stelle: domande? Quali domande? Lui non sapeva assolutamente nulla su quella roba, non era affatto preparato.

Deglutendo, annuì debolmente, cercando in tutti i modi di non incrociare lo sguardo del suo insegnante che, al contrario, continuava a tenergli gli occhi ben puntati addosso.

«Bene.» asserì allora l’uomo «Dunque, questa è facile. Fammi un esempio di stella di tipo G.»

Era sicuro, anzi, strasicuro di saperla. Forse era l’unica domanda alla quale, se ci avesse pensato bene, avrebbe risposto correttamente. 

Spostando lo sguardo ed incontrando quello del professore, rispose, esitando per un attimo: «...Il sole?»

Al momento, l’unico sole che vedeva era quello che si rifletteva, entrando prepotentemente dalla finestra, negli occhi del professor Kim. Li rendeva ipnotici, ancora più profondi di quanto già non fossero, ed aumentava in modo piuttosto vertiginoso il suo imbarazzo.

Nonostante la risposta fosse corretta, Namjoon aveva notato, nella voce del ragazzo, una forte insicurezza, ed arrivò ben presto alla conclusione che molto probabilmente ci avrebbero messo parecchio. Non era impossibile, ma neanche facile.

«Sei stato parecchio esitante sulla risposta, nonostante tu abbia indovinato. Se hai bisogno, useremo il libro per questa prima lezione, per aiutarti.»

Facendo spallucce, si abbassò sui cassetti della scrivania, cercando freneticamente l’inutile libro che, durante l’intero anno scolastico, si era preoccupato di tener ben chiuso nel suo ufficio. Non amava usare cose del genere, preferiva farlo solo se strettamente necessario o se fossero i suoi studenti a chiederlo.

A quel punto Seokjin, senza neanche pensarci e preso probabilmente dalla voglia di dimostrare che non fosse un caso così disperato, ed anche dalla voglia di non vedere quel libro, aveva allungato una mano verso il suo braccio, bloccandolo ed impedendo la sua disperata ricerca.

«No no no!» aveva esclamato «Va benissimo così, è molto meglio!»

La verità? Non era assolutamente pronto a fare la sua solita brutta figura e rispondere alle domande solamente leggendo dal testo, e non era di certo pronto a vedere le foto imbarazzanti di ragazzini imbecilli che, di tanto in tanto, apparivano agli angoli delle pagine.

Dopo essersi accorto di dove effettivamente fosse la sua mano, sussultando, si allontanò immediatamente.

«Scusi. È solo che...» distolse lo sguardo, arrossendo un minimo «Sì, insomma, è imbarazzante. Lo dice anche lei durante le sue lezioni, si ricorda? 

Bene! Continuiamo! Mi piace! Di quali altre stelle dobbiamo parlare?»

Sentiva la sua faccia andare completamente a fuoco. Non pensava sarebbe stato tanto difficile approcciare con un insegnante privatamente anziché pubblicamente. Avrebbe tanto voluto buttare la testa sott’acqua ed affogarsi.

Namjoon, dal canto suo, trovava il suo imbarazzo parecchio carino e divertente, ed era sicuro che non si sarebbero affatto annoiati.

Poggiando un braccio sulla superficie della scrivania e sorreggendosi il capo con il palmo della mano, decise di girarsi completamente nella sua direzione. Oltre ad essere un ragazzo pieno di abilità, quel Kim Seokjin era anche molto bello. In particolare, le sue labbra avevano una forma che avrebbe fatto impazzire chiunque. 

Tornando alla realtà, si concentrò nuovamente sul loro compito, rivolgendogli un sorrisetto.

«Ah, sì? Ti piace? Credevo odiassi questa materia, Seokjin, mi sorprendi!» allargò il suo sorriso, passandogli un foglio bianco «Visto che ti piace tanto, che ne dici di scrivere qua tutta la classificazione delle stelle?»

Adorava stuzzicare i suoi studenti e comportarsi come se fossero suoi amici, e quel ragazzino era la vittima perfetta.

La faccia di quest’ultimo, in quel momento, aveva raggiunto una tonalità di rosso che probabilmente si avvicinava a quella che avevano le stelle mentre bruciavano a miliardi di chilometri di distanza dalla Terra, ed i suoi capelli stavano pian piano diventando dritti. Se quel professore avesse continuato così, probabilmente si sarebbe ritrovato il fumo che usciva dalle orecchie per l’imbarazzo.

Si era girato lentamente verso il foglio ancora vuoto, tirandolo su dalla scrivania ed alzando un sopracciglio «La classificazione... delle stelle?»

Buttò uno sguardo sul professore, per poi tornare sul foglio e buttarlo nuovamente sulla scrivania, incrociando le braccia al petto ed esclamando: «Beh, la conosce, la classificazione delle stelle! C’è forse bisogno che gliela scriva io?»

«Certo che ce n’è bisogno, sono il tuo insegnante, devo capire a che livello sei, Seokjin. Quindi, ti spiacerebbe scrivere almeno qualcosa?» disse, alzandosi e dirigendosi verso l’enorme libreria.

A quelle parole, Seokjin si era schiarito la voce, abbassando la testa sul foglio. Non poteva rischiare di fare una figuraccia facendo scena muta, avrebbe almeno dovuto improvvisare qualcosa.

Approfittando del fatto che quel porcone del professore fosse distratto, pensò che probabilmente non lo sarebbe stato a sentire più di tanto, così, sicuro di sé, iniziò a inventarsi qualcosa: «C’è il sole che... insomma, è la stella più importante. Poi c’è il sagittario che è-Ah, no, forse quella è una costellazione. Non una stella.»

Lo sentì sospirare pesantemente, a quelle parole. Cristo, quando sospirava in quel modo avrebbe distratto tutti coloro che avrebbero dovuto starlo a sentire. 

Dopodiché, lo vide alzare in aria un libro, sventolandolo in aria, dandogli ancora le spalle, per poi voltarsi lentamente nella sua direzione e rivolgergli un sogghigno che avrebbe steso chiunque.

«Allora...» asserì l’uomo, tornando al suo posto «Cerca qui sopra tutti i termini che non conosci e tenta di memorizzarli. Non ti farò scrivere una relazione, ti confonderebbe e basta. Appena sei pronto, parlami della classificazione delle stelle, mh?»

Gli aveva poggiato una mano sulla schiena, accarezzandogliela velocemente, forse per fargli capire che andava tutto bene ma, per Seokjin, in quel momento, fu come un fulmine a ciel sereno. Era appena stato toccato dall’uomo più sexy della scuola, e senza neanche il minimo sforzo. Arrivati a quel punto, non poteva più sbagliare.

Così afferrò il libro, incrociò le gambe sulla sedia ed iniziò a sfogliarlo velocemente, appuntandosi sul foglio tutti i termini più difficili. Non voleva di certo passare per uno stupido, lui non era uno stupido. E quella specie di pornoattore con la fissa per il cosmo lo avrebbe capito presto.

Ci mise una decina di minuti a memorizzare tutte le parole presenti nella piccola porzione di testo che stava leggendo, ed infine chiuse il libro, appoggiandolo sulla scrivania ed alzandosi dalla sedia per poterlo guardare negli occhi con aria quasi di sfida.

«Le stelle di tipo O sono le più calde, le altre lettere sono assegnate a stelle via via meno calde, fino a quelle più fredde di tipo M. Le stelle di tipo O sono le blu, quelle di tipo A sono le bianche, di tipo F sono bianco-gialle, quelle di tipo G sono classificate come gialle, quelle di classe K come arancioni e quelle di classe M come rosse.»

«Beh, ci sei arrivato.»

Maledetto. Stava rosicando.

Era da quando avevano iniziato che non stava facendo altro che stuzzicare un povero ragazzino indifeso come lui pensando che fosse un caso disperato. Invece, ora, lo si capiva dalla faccia che aveva, si sarebbe volentieri mangiato le mani.

«Complimenti, Kim Seokjin. Almeno ora conosco il tuo livello. Sei mediocre, il che è grave per uno studente del terzo anno, ma tranquillo, con il mio aiuto potresti anche arrivare ad essere meno mediocre.»

 

Quasi non gli scoppiò a ridere in faccia, al sentire l’ultima frase, ma cercò di trattenersi, sfoggiando un sorriso. Ormai l’imbarazzo stava nettamente diminuendo, e grazie al modo nel quale si poneva, anche la tensione che Seokjin provava nell’essere nella stessa stanza con quello che si poteva definire ‘un superiore’.

Si alzò dalla sedia subito dopo aver ricevuto un messaggio di Hoseok che gli chiedeva di raggiungerlo nel teatro della scuola per le prove della coreografia con il gruppo.

«Se abbiamo finito, ora dovrei spostarmi in auditorium. Abbiamo fatto i turni con l’altro gruppo, e oggi toccano a noi le prove.

Le prometto che rimarrà stupido dalla mia conoscenza per le stelle, chiaro?»

Gli aveva puntato un dito contro, pronunciando l’ultima frase. Poi, iniziò ad allontanarsi verso la porta, esclamando un veloce “Arrivederci!” e correndo fuori senza neanche chiudere. Poi, sfrecciò verso il teatro, carichissimo e pronto per la gara.

«Eccomi. Si comincia?»

 

*******

 

Ciao guys.

Dunque, eccomi qua con questa nuova storia che spero di poter portare al termine. Anche questa ispirata ad un roleplay che mi sta alquanto divertendo.

Allora, la storia è molto “Mondo di Patty”, molto “Beautiful”, molto sitcom insomma. E comincia ovviamente con il presentare il cavallo di battaglia, il solo, l’inimitabile, il mitico King Seokjin.

Probabilmente ci sarà una storia parallela dedicata invece alla Yoonseok, ma per ora, concentriamoci sulla main couple che, in questo caso, è la Namjin.

E insomma, spero piaccia a qualcuno e spero di essere cagata.

Alla prossima~

 

-Glaceeonx

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Capitolo 2
*** Harlem Shuffle ***



«Eccomi. Si comincia?»

Era arrivato in auditorium con qualche minuto di ritardo rispetto all’orario concordato, e tutto per colpa di Kim Namjoon e delle sue ripetizioni maledette. Non che gli dispiacessero, anzi, era sicuro che prima o poi ci avrebbe sul serio preso gusto.
Ma in quel momento della sua vita avrebbe dovuto pensare soltanto al gruppo, giusto? E nonostante il leader fosse Hoseok,sopra le sue spalle continuava a gravare il peso dello scrivere i testi delle loro canzoni.
In realtà, era da un bel po’ che ne aveva uno in mente, e non vedeva l’ora di sfogarsi su un bel foglio bianco.

«Veramente abbiamo cominciato da un pezzo, abbiamo appena finito il riscaldamento.» aveva detto Hoseok, rimproverandolo «Quando dico alle 17 in auditorium, vuol dire che alle 17 devi essere in auditorium. Amico, vinceremo quel cazzo di concorso solo se ci impegneremo al massimo, mi raccomando.»
Proprio nel momento in cui Seokjin si apprestava a rispondere a tono al suo migliore amico, una visita del tutto inaspettata interruppe la loro vivace conversazione, portando il più grande a sbuffare rumorosamente.
«Ciao, perdenti! Come va la vita? Siamo venuti soltanto per guardarvi provare e farci quattro risate!» aveva detto Min Yoongi, entrando nella stanza assieme ad uno dei suoi fedeli schiavetti, Kim Taehyung «E anche per comunicarvi che noi abbiamo già la canzone. Sapete, solo per informarvi.»

Quella specie di vipera succhiacazzi che era Min Yoongi gli aveva sul serio rotto le uova nel paniere. Era da quando la preside aveva annunciato quella competizione, che non faceva che infastidirli e seguirli ovunque andassero.
Eppure, Jin lo sapeva che anche quella volta non avrebbero giocato pulito: Yoongi stava cercando di scoprire su cosa fossero carenti, come al solito.
«Scusa, tesoro, oggi il teatro è nostro. Mi sembra avessimo fatto un accordo. Girate a largo.» aveva incalzato rivolto a Yoongi, per poi spostare lo sguardo su quell’altro, il quale non aveva ancora aperto bocca «Vedo che non perde l’occasione per metterti i piedi in testa e per sfruttarti. Tu cosa sei venuto a fare? Gli porti l’acqua con le orecchie?»
Seokjin provava un forte rancore nei confronti di quell’individuo insignificante che rispondeva al nome di Kim Taehyung. E questo perché, anni prima, quando ancora erano dei lattanti e frequentavano le elementari, quest’ultimo aveva abbandonato il loro gruppo per diventare il fedele cagnolino di Min Yoongi. E questo, Jin non glielo avrebbe mai perdonato.
«Kim Seokjin, sei così ridicolo.» aveva risposto lui, portandosi una mano tra i capelli e spostandosi qualche ciuffo, con ancora il coraggio di guardarlo negli occhi con quell’espressione da principino del cazzo «Esterni la tua frustrazione interiore su persone altamente superiori, a quale scopo però?
Sappiamo tutti che sei il membro meno talentuoso che si trova a far parte del gruppo solamente grazie al suo visino che la gente considera niente male, mi sa che qui quello ad essere sfruttato sei proprio tu... senza di te, i Dynamo sarebbero solo un misero ammasso di imbecilli che, al posto di occuparsi di strappare l’erbaccia dal giardino della scuola, tentano di imitare i gruppi kpop che tanto amano. Non rivolgerti a me in quel modo se non vali nemmeno quanto un mio pantalone.»
Quel figlio di papà viziato ed arrogante gli dava proprio sui nervi. Proprio lui parlava: lui, che si era fatto pagare la borsa di studio da mamma e papà, stava sul serio dicendo a Kim Seokjin che era privo di talento.
«Io mi rivolgo a te come mi pare e piace.» aveva ribattuto, avvicinandosi minacciosamente a lui «E sai perché? Perché tu e il tuo gruppo non siete altro che spazzatura. Chiaro?»
Detto questo, si tolse la felpa, rimanendo a mezze maniche in pieno inverno soltanto per poter saltare addosso a quell’imbecille e riempirlo di pugni, senza l’intenzione di fermarsi neanche se avesse cominciato a pregarlo.
Afferrando la stoffa del suo maglione, lo aveva infatti spinto violentemente prima contro la porta a  vetri, crepandola, per poi spingerlo a terra, ritrovandosi nel giro di pochi secondi a cavalcioni sopra di lui, con quello sconsiderato che cercava invano di strappargli i capelli mentre, umiliato, si ritrovava con il naso completamente insanguinato.
In pochissimo tempo, la stanza si era trasformata come per magia in un ring perché, alla velocità della luce, anche Hoseok e Yoongi avevano iniziato a darsele di santa ragione, forse con più violenza di coloro che avevano cominciato. 
Il pavimento sotto la schiena di Taehyung si era completamente ricoperto di sangue e capelli, mentre lui e Seokjin continuavano a rotolarsi a terra, cercando in tutti modi l’uno di contrastare l’altro.

«Ma che cazzo combinate?!»

Namjoon si era preparato a lasciare l’istituto per recarsi verso la sua abitazione e, non appena arrivato al parcheggio dietro l’edificio, gli sembrò di sentire delle urla provenire dall’auditorium proprio lì vicino. Lasciando le sue cose all’interno dell’auto, corse immediatamente verso il teatro, trovando alcuni dei suoi alunni prendersi a mazzate.
Uno di questi era proprio Seokjin: rimase quasi scioccato nel vederlo attaccato ad un altro ragazzo in quel modo. Volavano pugni e tirate di capelli, sembrava di essere allo zoo. Lanciò un urlo per richiamare l’attenzione di tutti quanti su di sé e, fortunatamente, smisero immediatamente di fare ciò che stavano facendo.
«Vi sembra questo il modo migliore per prepararsi ad una gara di questa portata?! E dire che la preside Lee si fida ciecamente di voi! Non meritate per nulla questa chance, nessuno di voi!»
Vagò con lo sguardo su tutti i ragazzi ma, più volte, i suoi occhi caddero su Kim Seokjin e su un taglio che aveva proprio sulla fronte e dal quale fuoriusciva molto sangue. Avvicinandosi al gruppetto che aveva appena smesso di litigare, si poggiò entrambe le mani sui fianchi, squadrandoli da capo a piedi «Allora?»

Jin, dal canto suo, non appena accortosi della presenza di Kim Namjoon nella stanza, alzò immediatamente gli occhi e rotolò via da Taehyung, cercando disperatamente di pulire via il sangue dalla fronte con il dorso della mano.
Dopodiché si alzò da terra, lanciando uno sguardo omicida sia a Min Yoongi che al suo schiavetto ancora steso sul pavimento.
«Allora, caro professore, se i ‘Rolling Cosi’ hanno intenzione di spingerci a livelli tali di violenza, io a questa gara preferisco non partecipare affatto. Sono fastidiosi, e dovrebbero seriamente pensare di farsi una vita.»
Voltandosi nuovamente verso Taehyung e vedendolo lamentarsi come una puttanella di poco valore, non rispose più di sé e, tirandolo per la giacca, lo alzò da terra con non poca arroganza.
«E mettiti in piedi, bamboccio. Che fai? Prima lanci la pietra e poi, visto che non sai difenderti senza il papino, ritiri la mano e fai la vittima?!»
«Kim Seokjin, smettila!» intervenne di nuovo Namjoon «Allontanati da Taehyung e Yoongi. La stessa cosa vale per te, Jung Hoseok. Non voglio vedere mai più una cosa del genere, è chiaro? Va bene essere rivali, la rivalità porta a dare il meglio di sé stessi, ma bisogna evitare la violenza. Chi è stato il primo ad alzare le mani?»
«Non provi neanche a starlo a sentire!» aveva incalzato Yoongi, affiancando Seokjin e guardando dritto negli occhi il professore «È stato lui il primo ad alzare le mani, e dovrebbe essere espulso dalla scuola! Noi eravamo venuti solo a dare il nostro supporto al loro gruppo, è stato lui a cominciare!»
A quel punto Hoseok, sconvolto dal comportamento di Min Yoongi, aveva incrociato le braccia al petto, voltandosi istintivamente verso il suo rivale «Ah, mi stavi solo supportando, dunque! Cavolo, Min Yoongi, non pensavo di piacerti così tanto, mi hai addirittura tirato i capelli! Sei proprio un angioletto, caspita!»
«Non ho parole.» commentò Namjoon, sospirando seccato «Spero riusciate a trovare un pizzico di maturità prima del giorno del contest. Nel frattempo, Min Yoongi, domani mattina, prima dell’inizio delle lezioni, ti voglio nel mio ufficio. E ora, chiunque non faccia parte dei Dynamo è pregato di uscire da questa stanza, grazie. Voglio una competizione pacifica, senza risse di questo genere.»
Aveva continuato per tutto il tempo a buttare l’occhio sulla fronte di Seokjin e, prima di andarsene, tirò fuori dalla tasca un pacchetto di fazzoletti, che si disturbò a passargli gentilmente.

Quando li vide uscire, Min Yoongi con un pizzico di dignità, quell’altro neanche con quella, Jin lì maledì silenziosamente, andandosi a sedere sulle scale del palcoscenico e premendosi il fazzoletto sulla ferita, cercando in tutti i modi di bloccare il sangue.
Alzò poi gli occhi sul professore, incalzando: «Se... se hanno intenzione di comportarsi ancora così, io questa competizione la lascio. E lo faccio sul serio. Non avranno bisogno dei loro trucchetti subdoli per buttarmi fuori. Sono stato chiaro, Hoseok?»
«Kim Seokjin, ma che cazzo dici? Ti interessa seriamente di persone come loro?» l’aveva rimproverato il suo migliore amico, sedendosi accanto a lui «Non badare a ciò che dicono o fanno, stiamocene per le nostre e basta! Siamo un fottuto gruppo, non puoi uscirtene così per ragioni del genere.»

.............

Non aveva raccontato niente a suo padre di ciò che era successo il giorno prima a scuola. Se lo avesse saputo, probabilmente l’avrebbe cacciato di casa.
Così gli aveva semplicemente detto di aver litigato al di fuori della scuola e, in un certo senso, era riuscito a fregarlo e a farsi accompagnare dal suo autista per evitare altri pestaggi.
Come concordato con quel figlio di puttana del professore il giorno prima, si diresse immediatamente nel suo ufficio, cercando di mostrarsi il più educato e vittimista possibile.
«Buongiorno, professore.»

Non era nemmeno passata la prima ora e già Namjoon era strapieno di compiti: la sera prima si era dedicato a cercare dei libri adatti a Seokjin, che avrebbero poi utilizzato nel pomeriggio, ed aveva rimandato alla mattina dopo tutto il lavoraccio che aveva da completare e portare al termine. In più, gli toccava una bella e sana chiacchierata con uno dei suoi studenti, Min Yoongi: il classico menefreghista ribelle che non conosce regole e che crea sempre scompiglio. Insomma, la fotocopia di Kim Seokjin. Davvero non capiva come facessero a non andare d’accordo.
Non appena mise piede all’interno del suo ufficio lo salutò calorosamente, sfoggiando uno dei suoi soliti sorrisi sereni, e gli fece cenno di avvicinarsi e sedersi «Buongiorno, Min. Allora? Come va? A casa tutto bene? Spero di sì. Vorrei... parlarti di ieri.»
«Prima che lei cominci a parlare di ciò che è successo ieri, la inviterei a farsi una bella chiacchierata con Kim Seokjin.» rispose Yoongi che, invece di sedersi, aveva deciso di rimanere in piedi «Sa, non è che quel ragazzo non mi stia simpatico, le giuro che ci provo a farmelo amico, ma... reagisce sempre così. Alza le mani in continuazione. Dopo quello che le ho appena detto, non credo sarà difficile capire chi abbia iniziato ieri pomeriggio. Sbaglio?»
Namjoon, dal canto suo, non si fidava ciecamente delle parole di Min Yoongi, ma per il momento avrebbe dovuto prendere quella sua versione come buona, dal momento che era giunto sulla scena dopo l’inizio della rissa. Sospirò pesantemente e si lasciò cadere sulla sedia, tenendo gli occhi fissi sull’alunno di fronte a sé.
«Yoongi, tu non stavi nemmeno litigando con Kim... ti ho trovato aggrovigliato all’altro ragazzo, Jung Hoseok, se non ricordo male. Con Seokjin parlerò dopo, ma ora parliamo di te. Pensi davvero che provocare i tuoi avversari ti aiuterà in qualche modo? Dovresti startene con il tuo gruppo ed impegnarti, mostrare chi sei davvero. Non ne vale la pena comportarsi così. Tu sei un ragazzino in gamba e... e niente, dovreste cercare non dico di andare d’accordo, ma almeno di sopportarvi. Anzi, sai una cosa? È ciò su cui lavoreremo.» si era alzato dal suo posto ed aveva preso a girare per la stanza con le mani nelle tasche, pensando bene a tutta la situazione che aveva tra le mani e a come fare per migliorarla «Voglio che tu e Jung Hoseok, assieme, vi rechiate ogni pomeriggio dalla psicologa della scuola per cercare di mettere fine all’assurda disputa tra i vostri gruppi. Dopotutto, siete voi due i leader di ciascun gruppo, no?»

Quel tizio era completamente fumato, pazzo, andato. Sperava davvero che lui potesse accettare una proposta del genere? 
Starsene ogni giorno a contatto con quello schifoso papero provinciale e quella puttanella rifatta che aveva tanta simpatia per i Rolling Diamonds solamente perché aspirava ad accaparrarsi il cazzo di Taehyung? Non se ne parlava proprio. Non avrebbe mai accettato una cosa del genere.
Gli venne quasi da ridere «I-io? Con quello? Dalla psicologa della scuola? Spero lei stia scherzando. Accetterei una proposta del genere solo se fossi sotto tortura. Anzi, neanche in quel caso.»
«Min Yoongi, non è una proposta, ti sto obbligando.» disse il professore, quasi sull’orlo di scoppiare a ridere.
Ne aveva avuti di casi del genere, ma Hoseok e Yoongi erano particolari, in qualche modo ancora più interessanti di tutto il resto.
«Insomma, preferirei che fossi tu stesso a volerlo, ma non posso fare altrimenti vista la situazione. Sappi che se non ci andrete... beh, addio contest. Per tutti e due. Quante volte ancora dovrete mettervi a discutere come bambini dell’asilo? È il momento di crescere, e quale occasione migliore di questa?» gli poggiò una mano sulla testa, pattandogliela delicatamente come si farebbe con un cagnolino obbediente «Mi raccomando, riferiscilo a Hoseok.»
Quasi sull’orlo di prenderlo a schiaffi, Yoongi riuscì a trattenersi e, tremando dal nervosismo, si diresse verso la porta, aprendola con molta poca grazia.
«Se questo servirà a gareggiare, e soprattutto a farla stare zitto e a cucirle la bocca sulla faccenda, allora lo farò. Ma non mi dica che non l’avevo avvertito sul conto di quell’altro. È stato lui a cominciare, e le giuro su mio padre che sarò io stesso a togliergli quella schifosa maschera da angioletto dalla faccia.» uscì dalla stanza, pronto a sbattere la porta «Non finisce qui. Min Yoongi sa quello che fa.»
Gli aveva chiuso con arroganza la porta in faccia, dirigendosi indignato verso i bagni, dov’era sicuro si sarebbe trovato Hoseok.

.....

Aveva trascinato il suo migliore amico nel bagno prima dell’inizio delle lezioni. Il giorno prima erano successe talmente tante cose che era stato impossibile anche solo pensare di prepararsi per la competizione. Ed in più, doveva combattere con uno schifosissimo taglio appena sopra il sopracciglio che, come fosse stata un’eruzione cutanea, rovinava il suo bellissimo viso.
«Hoseok, se continuiamo così, ci servirà un miracolo per vincere. Saranno anche degli imbroglioni, ma sono molto più organizzati di noi, se ieri ci hanno detto la verità.»
«Hai rotto il cazzo, Seokjin!» era immediatamente partito col piede di guerra Hoseok, stanco del fatto che il suo amico avesse sempre ragione «Stai partendo con il piede sbagliato, datti una regolata. Non abbiamo nemmeno una mezza idea di che cosa portare, gli altri membri litigano tra di loro e ora ti ci metti anche tu? Non mandare tutto a puttane e per questa volta, almeno per questa volta, non fare l’egoista del cazzo e pensa a tutto il gruppo. Pensa ai Dynamo, cristo. Lo sai quanto è difficile per me controllare tutto? Se non mi dai una mano, crollo anch’io.»
Si era passato una mano tra i capelli, preso dal fastidio e dallo stress che tutta la situazione gli stava arrecando. Stava avendo l’opportunità della sua vita e, a causa dei problemi degli altri, doveva vedersela soffiare via «Puoi non pensare a quel cazzo di gruppo composto da pagliacci?»

Seokjin detestava quando Hoseok si prendeva la briga di potergli fare una paternale, soprattutto quando sapeva benissimo chi avesse ragione fra i due. E quello era proprio lui. Come al solito.
«Io ci penso al gruppo, dato che sono sempre io a scrivere i testi delle canzoni, e non che questa volta non lo stia facendo. Te lo avrei fatto leggere in questo momento, se tu non avessi iniziato a venirmi addosso come un idiota. Vedi di crescere e, per una volta, pensa ai tuoi errori: hai o non hai fatto una scommessa con Min Yoongi su chi dovrebbe succhiare il cazzo a chi? Io non lo avrei fatto. Ti sei solo buttato addosso ancora più tensione, e giocare a non essere preoccupati non ti aiuterà a non esserlo davvero, sappilo bene.»
Aveva tirato fuori dallo zaino il quaderno sul quale scriveva i diversi testi, pronto ad uscire da quel bagno, continuando: «Io sono nell’aula di musical a finire di scrivere il testo per la canzone che dovremmo portare alla gara, tu pensa a fare il tuo dovere, e quando sarai maturato anche solo un pochino, cercami. A volte essere consapevoli della propria posizione e non far finta di avere già la vittoria in pugno fa bene, sai?»
Seokjin era consapevole del fatto di essere sempre stato un po’ la voce della coscienza di Hoseok, ma per una volta, una soltanto, non voleva pensare a come si sarebbe comportato, e non gli avrebbe dato nessun consiglio. Si era già messo nella merda in partenza con quella stupida scommessa.

.....

Come sempre, dopo essere uscito di nascosto all’insaputa dei suoi, si era recato a scuola almeno mezz’ora prima dell’inizio delle ripetizioni, solo per potersene stare qualche minuto tranquillo a finire di scrivere il testo per la canzone che avrebbero portato al contest. In fondo, doveva pur sempre rispettare il suo ruolo nel gruppo, e incontrando il professore in cortile sarebbe stato più semplice non farsi prendere dall’imbarazzo.
Così si era seduto su una delle panchine attorno alla fontana del cortile, tirando fuori il quaderno e cominciando a provare una possibile melodia per quello che avrebbe dovuto essere il ritornello.

«Hey, Kim Seokjin. Che ci fai qui?»

Namjoon era arrivato a scuola con qualche minuto di ritardo a causa del traffico, che in quei giorni sembrava incrementare a dismisura.
Purtroppo, a causa dei mille pensieri che gli frugavano nella testa, aveva dimenticato il materiale da utilizzare con Seokjin ed era dovuto tornare a casa per recuperarlo.
Sperò solamente che il suo studente non si stesse preoccupando o che non se ne fosse tornato a casa.
Forse scambiarsi i numeri di telefono sarebbe stata una buona idea, solo per le emergenze ovviamente. Era comunque un suo allievo, doveva tenersi a debita distanza. Con sua grande fortuna lo trovò proprio nel cortile dietro la scuola, vicino al parcheggio, intento a scrivere qualcosa-presumibilmente testi-su un quaderno. Nei Dynamo, era lui l’addetto alla stesura del testo, ed era conosciuto in tutto l’istituto, oltre che per il suo aspetto fisico, anche per questa caratteristica. Non se la cavava male, anzi: i suoi testi erano il risultato di grande impegno e passione. 

Riconoscendo la voce del professore, d’istinto, Jin chiuse velocemente il quaderno, alzando la testa verso di lui. Era preoccupato che avesse potuto vedere qualcosa di quello che stava scrivendo: in fondo, prima di ascoltare la canzone, leggere il testo risultava parecchio imbarazzante.
«Ah, salve. No, io stavo...» ficcò il quaderno nello zaino e si alzò dalla panchina «Sono arrivato un po’ prima, e mi sono messo qua.»
Fece spallucce e buttò un occhio all’entrata della scuola: per qualche motivo, gli era sembrato di vedere qualcuno entrare prima di loro due.
«Senta un po’...» prendendolo sottobraccio, iniziò a trascinarlo verso l’ingresso con molta nonchalance «C’è qualcun altro oggi, a scuola? Prima mi è sembrato di vedere qualcuno entrare. Non è che...» si bloccò. Probabilmente non era poi così importante «No, niente. Allora? Andiamo?»
«Oh, sul serio?» chiese Namjoon, rimanendo sorpreso da quella domanda: aveva sempre pensato che Hoseok e Seokjin fossero una sorta di migliori amici, ma doveva essersi sbagliato. O forse tutto ciò era semplicemente dovuto alla discussione del giorno prima «Probabilmente, e lo spero, erano Hoseok e Yoongi. Sai, li ho mandati entrambi a farsi una bella chiacchierata con la psicologa della scuola, magari trovano un punto d’accordo. Non ti ha detto nulla, il tuo amico?»
Finalmente arrivarono di fronte alla porta del suo ufficio e, come aveva fatto il giorno prima, lo invitò ad accomodarsi.
Jin, dal canto suo, restò letteralmente a bocca aperta, completamente senza parole. Da quando Hoseok non gli diceva più le cose? Pensava fossero come fratelli, e che non ci fossero segreti tra loro. Certo, lui non gli aveva ancora raccontato delle ripetizioni, ma era per evitare che gli scappasse qualcosa di fronte a suo padre. Ma lui? Che scusa aveva? 
«Ah... Ah, è così.»
Digrignò i denti, voltandosi verso l’ufficio della professoressa Park, vicepreside ed anche psicologa. Insomma, una multiuso «Quel figlio di-»

Ecco, doveva averne combinata un’altra delle sue a causa della sua impossibilità a tenere la bocca serrata. Ma dopotutto, che colpa poteva avere Namjoon? Non sapeva quasi nulla di Seokjin, di come andava la sua vita e tutte quelle cose del genere; forse era arrivato il momento di conoscerlo a fondo, solamente per creare un rapporto alunno-insegnante più profondo. In quel periodo doveva essere parecchio sotto pressione, e voleva essergli d’aiuto in qualche modo, non solo con la scuola.
«Seokjin, va tutto bene? Se hai bisogno parlami, sono un tuo insegnante, non ti giudicherò.»
Questa particolarità del professore di mostrarsi così amico nei suoi confronti, non giovava affatto alla salute mentale di Kim Seokjin. Se lui era frocio, Jin lo era ancora più di lui, e purtroppo anche lui aveva degli ormoni, e purtroppo Kim Namjoon li mandava alle stelle. Ma non poteva essere un vecchio bacucco invece che un figo che aveva soltanto pochi anni in più di lui? 
Arrossì lievemente, grattandosi la fronte, per poi rispondere: «No, va tutto bene. Ovvio. Solo che detesto i migliori amici che non mettono al corrente delle loro situazioni, tutto qua. Niente di che.» quasi bruscamente, lo superò ed entrò nel suo ufficio «In ogni caso, ieri non ho fatto in tempo a ripassare la sua materia, perché ci si è messo in mezzo anche l’inglese. Ho dovuto far pratica con la musica. Ho anche imparato velocemente qualcosa e ora so addirittura riconoscere i doppi sensi nelle canzoni. Vorrei ci fosse un metodo simile anche in geografia astronomica.» 
«I doppi sensi nelle canzoni? Oh, interessante, mi sorprendi, Kim Seokjin. Me ne sapresti nominare qualcuno?»
Namjoon ridacchiò appena e raggiunse il suo posto, tenendo sempre gli occhi puntati sul ragazzo. La geografia astronomica poteva certamente aspettare. 
Aveva notato il suo imbarazzo e non poteva non trovarlo, in un certo senso, adorabile: con le gote rosse era addirittura più bello. Si schiarì velocemente la voce e pensò di distrarsi preoccupandosi di recuperare dal suo borsone i libri che aveva trovato appositamente per il suo allievo. Con questi, e con una buona volontà da parte sua, avrebbero concluso tutto in massimo due settimane, in tempo per il contest.

Fingendo di mostrarsi indignato, e sul punto di scoppiare a ridere, Seokjin si avvicinò alla scrivania, aprendo lo zaino e prendendo i fogli sui quali si era appuntato qualche testo, impilandoli tutti sul tavolo e sedendosi di fronte a lui.
«Lei è uno schifoso pervertito, lo sa?» scherzò «Va bene. Vuole che glieli legga? Lo faccio subito.»
«Non sono io il pervertito, Kim Seokjin. In quanto insegnante voglio soltanto conoscere i tuoi progressi non solo nella mia materia, ma anche nelle altre. Quello che va a cercare certe cose sei tu.»
Prendendo uno dei fogli, Seokjin si schiarì la voce, sentendo improvvisamente il viso scottare, e cercando di nascondere in tutti i modi il rossore sulle sue guance.
Poi, iniziò a leggere ad alta voce: 
«You move it to the left,
you go for yourself.
You move it to the right,
if it takes all night.
Now take it kinda slow,
with a whole lot of soul.
Don’t move it to fast,
just make it last.»
«Cavolo, lo stai facendo sul serio- fermo fermo fermo.»
Il professore, preso dall’ironia e dall’imbarazzo di quella divertente scenetta, scoppiò subito in una fragorosa risata, più che altro per spezzare l’evidente disagio tra di loro. 
«Non te la cavi male con la pronuncia, eppure quando ti sentivo cantare in inglese mi sanguinavano le orecchie. Cos’è successo? In una notte hai imparato tutto?»
Dal suo canto, Jin si appoggiò il foglio sulla faccia, ormai diventata rossa come una macchina da corsa, lasciando scoperti soltanto gli occhi, inarcando un sopracciglio e rispondendo: «Certo che lo sto facendo sul serio, me lo ha appena chiesto lei. E comunque, io certe cose non me le vado a cercare, è semplicemente una delle mie canzoni preferite, e dato che ho una playlist, beh, parte. E io la ascolto.»
Nonostante tutto, era gratificante sapere che la sua pronuncia fosse migliorata davvero. Lo faceva sul serio sentire meglio. 
A quanto pareva, quella che doveva partire come una semplice ripetizione di geografia astronomica, si era trasformata in una sorta di sfida su chi avesse ragione e chi no.
«E poi... certo che ho imparato tutto stanotte. Quando voglio una cosa la ottengo, non voglio certo restare una capra in inglese per il resto della vita. E lo stesso vale per la sua materia. Cosa crede?
E poi, se proprio vuole conoscere i miei progressi mi aiuti anche in inglese, no?»
«È un motto che apprezzo particolarmente, sul serio. Mi fa piacere che tu abbia questo forte spirito di iniziativa, Seokjin, e sono sicuro che ANCHE grazie al mio aiuto migliorerai di parecchio i tuoi voti nella mia materia. Però smetti di ascoltare certe cose, su.»
Sul volto del giovane insegnante nacque un sorrisetto provocatorio e, mentre era impegnato a passare al suo studente non libri di geografia astronomica ma libri d’inglese, determinato a farlo migliorare anche in quel campo, gli diede una fugace carezza sulla spalla: debole e delicata, quasi come se stesse accarezzando un materiale raro e pregiato che andava quindi custodito alla perfezione. Sospirò e tornò al suo posto, cercando, per l’ennesima volta, di togliere gli occhi di dosso dal suo allievo: quest’ultimo era un sostantivo che Namjoon doveva tenere a mente, per evitare particolari situazioni. Seokjin era un ragazzo attraente, non c’era alcun dubbio su questo, e Namjoon era troppo giovane per perdere il posto di lavoro.
«Allora, lasciamo perdere questi testi alquanto espliciti e concentriamoci sulle basi della lingua inglese, mh?»

Il ragazzo rimase particolarmente sorpreso da quel gesto inaspettato. Quale insegnante avrebbe mai accettato di aiutare un alunno in due materie differenti, e soprattutto, quale insegnante avrebbe mai potuto farlo sentire in quel modo così assurdo? 
Mentre poggiava nuovamente i testi sul tavolo, si ritrovò a mordersi nervosamente il labbro inferiore: non sapeva se quel tizio capisse in che situazione fosse capace di mettere studenti e studentesse, ma era arrivato il momento di cominciare a capirlo, se non voleva che qualcuno gli saltasse addosso.
«Non potrei mai smettere di ascoltare i Rolling Stones, sarebbe come se smettessi di essere bello. E poi lei non deve proprio parlare. So che tipo di testi scrive un rapper di questa generazione, lo sa?» accavallò le gambe, aspettando che tirasse fuori il materiale per concentrarsi sulle basi della lingua inglese, come diceva lui «Sono pronto a concentrarmi su tutte le basi che vuole. E se entro la fine del mese non sarò diventato un astronauta o almeno un inserviente della regina Elisabetta, allora farà meglio a lasciare il suo lavoro.»
«Sai che tipo di testi scrivono i rapper di questa generazione? E allora perché sei qui a chiedermi di insegnarti ben due materie, se, a quanto pare, l’inglese lo sai? Non è che ti sei innamorato del sottoscritto e questo è solo un metodo per passare più tempo con me?»
Aveva cercato di risultare il più scherzoso possibile. Non voleva che il suo studente lo prendesse sul serio, voleva solamente metterlo un po’ in imbarazzo. Era divertente vederlo sotto pressione, in ansia e senza sapere cosa fare o dire; inoltre, stava iniziando ad amare quelle guance rosate, che si mischiavano perfettamente con quella sua personalità così dinamica. Evitò il contatto visivo, sotto questo punto di vista, Namjoon era parecchio debole: era solito distogliere lo sguardo per primo e ciò equivaleva ad una sorta di sconfitta, o almeno per lui. Ma Kim Namjoon non poteva permettersi di perdere.
Era evidente che quell’ultima frase avesse lasciato Seokjin senza parole, e non poco, anche perché gli sembrava, e sottolineo, gli sembrava, che quello sfacciato ci stesse provando spudoratamente, invece che insegnargli quelle fatidiche due materie. Se pensava di nascondere l’evidenza in quel modo, non ne era proprio capace.
Si schiarì la voce, cercando di non arrossire ed aprì un libro completamente a caso, quasi urlando: «...Bene! Iniziamo a studiare l’inglese!»
«Seokjin, rilassati, sto scherzando. Forse.» disse Namjoon, facendo spallucce «Bene, iniziamo dalle cose elementari. Io ti spiego tutto, tu non prendere appunti, non servono a nulla. Devi solo capire, ascoltami e basta. Intesi?»
Il più piccolo incrociò le braccia al petto, un po’ infastidito dal suo comportamento, ma in un certo senso anche divertito.
Così tanto che cercò addirittura di imitare la sua voce, canzonandolo: «Seokjin, rilassati, sto scherzando FORSE!»

E continuarono così, tra una lezione ed una battuta, tra una lettura ed una sfida a chi avesse più ragione dell’altro. E fu solo grazie alla lezione di quel giorno che Seokjin smise definitivamente di sentirsi in imbarazzo in presenza del suo insegnante, tanto bello quanto maledetto.

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Hello guys!
Sono tornata con il secondo capitolo di questa storiella, sicuramente migliore del primo, sicuramente più interessante.
Sono più soddisfatta di questo capitolo, e spero che i successivi risultino uno più bello dell’altro. Spero di migliorarmi sempre di più uwu.
Dunque, ricapitolando: Hoseok e Yoongi si odiano, Namjoon e Jin si infastidiscono, Hoseok e Jin litigano, Hoseok finisce ad un incontro con la psicologa assieme a Yoongi.
Credo che su questi due scriverò una side fic sul serio, stay tuned.

Bene, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e alla prossima!

-Glaceeonx 

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Capitolo 3
*** Jeon Jungkook ***



A causa di quella stupida lite avuta nel bagno della scuola appena quattro giorni prima, Seokjin non aveva fatto altro che concentrarsi esclusivamente su quella e mettere da parte lo studio ed il testo della canzone. Lui e Hoseok non si erano rivolti la parola per quattro giorni di fila, e nel frattempo, il contest si avvicinava sempre di più, e i Rolling Diamonds diventavano sempre più bravi e preparati.
Ma quella mattina... oh, quella mattina avrebbe parlato con quello sciocco di Jung Hoseok ed avrebbe chiarito una volta per tutte la sua posizione. Quella del migliore amico.
Perché detestava quando Hoseok si scordava di quale tipo di rapporto li legasse ormai da una vita.

Era arrivato a scuola qualche momento prima del suono della prima ora. Affianco a lui, soltanto quell’opportunista di Kim Taehyung, con il quale si limitavano ad ignorarsi prontamente, mentre entravano nell’aula di musical, trovando al suo interno soltanto Yoongi assieme ad un altro ragazzo, il quale sembrava conoscerlo piuttosto bene, considerato il fatto che, appena prima che i Kim facessero la loro entrata, sembravano star parlando non molto pacificamente.
Jin, a quel punto, si era rivolto per la prima volta a Taehyung: «Guarda chi c’è, il tuo amichetto.
E lui chi è, Yoongi? Hai intenzione di presentarcelo?»
«Già.» incalzò Taehyung, rivolgendosi poi al nuovo arrivato, che si stava limitando a sorridere «Tu chi saresti?» 
«Sarà un suo nuovo schiavetto. Congratulazioni, Taehyung, tu e Jimin avete un nuovo amico!»
Nelle parole di Jin c’era del freddissimo sarcasmo, ma anche la consapevolezza di star dicendo il vero: Kim Taehyung e Park Jimin non erano altro che poveri cagnolini schiavizzati, ed il loro amato padroncino non poteva essere altri che Min Yoongi. Un gruppo che seguiva una sorta di scala gerarchica, questo erano i Rolling Diamonds. E, francamente, lo spaventavano.


Lui, schiavetto di Min Yoongi? Cavolo, dunque suo cugino aveva una certa immagine, ed anche parecchio temibile, dentro quella scuola.
Patetici, se solo avessero saputo. Aveva cercato di trattenersi dal ridere e, piuttosto, pensò a mettere su la maschera che si era preparato la sera prima e che avrebbe utilizzato contro quel fannullone. Si era voltato verso la voce che gli aveva rivolto la parola: non l’avesse mai fatto. Per qualche secondo rimase fermo, quasi come immobilizzato da un’entità superiore ed incapace di emettere alcun suono.
Probabilmente quel ragazzo non doveva far parte del gruppo di suo cugino dal modo in cui gli si era rivolto: perfetto, aveva già scelto da che parte stare. Sfoggiando un sorrisone amichevole aveva fatto qualche passo avanti, verso la meraviglia che gli aveva rivolto la parola, ed aveva allungato la mano, deciso.
«No, non sono lo schiavetto di nessuno!» aveva esclamato «Piacere, Jeon Jungkook!»


Confuso, Seokjin si era voltato prima verso Hoseok che, appena entrato, aveva ben deciso di andarsi a sedere su uno dei divanetti dell’aula, poi verso Min Yoongi, poi verso Kim Taehyung, ed infine verso il ragazzo che gli aveva appena porto la mano. 
Dopo un attimo di esitazione, decise infine di stringergliela, mostrandosi amichevole e rivolgendogli un sorriso.
«Beh, piacere mio, Kim Seokjin.» lanciò un altro sguardo a Yoongi, prima di tornare su di lui «E così non sei lo schiavetto di nessuno, mi fa piacere. E dimmi, come mai ti trovi assieme a Mister Simpatia?»
«Se proprio vuoi saperlo...» era intervenuto allora Yoongi, stanco di star a guardare senza dire nulla.
Quel Kim Seokjin gli dava veramente sui nervi, ma a suo cugino sembrava piacere, ed in questo modo aveva una preoccupazione in meno: di sicuro il ragazzino avrebbe scelto di stare coi Dynamo, e per lo meno il suo gruppo non avrebbe avuto a che fare con quella piccola serpe di dubbio gusto.
«È venuto con me perché è...» sentì Jungkook dargli una spallata, spingendolo a mantenere quel maledetto sorriso stampato sulla faccia «Mio fratello. Studierà nel nostro stesso corso.»
«Già, ho deciso di trasferirmi a casa del mio fratellone, dopo anni di distanza, ed ho deciso anche di cambiare istituto. Volevo recuperare i rapporti con Yoongi, che in questi giorni non si degna nemmeno di salutarmi quando rientro in casa...»

.....

Dopo aver fatto la conoscenza dell’apparentemente simpaticissimo fratello di Min Yoongi, Seokjin aveva deciso di allontanarsi, raggiungendo Hoseok e sedendosi accanto a lui mentre aspettavano l’arrivo della professoressa.
Non aveva più intenzione di litigarci, in fondo era pur sempre il suo migliore amico, e gli avrebbe sempre voluto bene come se fosse suo fratello.
«Ho sentito che tu e Min avete cominciato a fare delle sedute con Bom, nel pomeriggio.» tirò fuori il quaderno dallo zaino «Non me la prendo soltanto perché anche io ti ho nascosto una cosa, in questi giorni. Ho cominciato a prendere ripetizioni di geografia astronomica e di inglese dall’insegnante di astronomia per poter avere voti più alti e maggiori possibilità di avere un’altra borsa di studio.
Ah. Ho scritto il testo della canzone. Mi sembra buono... tu pensa alla musica, okay?»
«Io e Min non abbiamo cominciato a fare proprio un cazzo! E non nominarmelo più per favore, ho già le conseguenze del suo carattere impresse sul corpo.» aveva ribattuto Hoseok, alzando il braccio fasciato al cielo, sentendo per l’ennesima volta in quei giorni la rabbia scorrergli nelle vene «Non te l’ho detto solamente perché non ci siamo parlati quasi per niente, in questi giorni. E poi, di cosa avremmo dovuto parlare? Della faccia di merda che si ritrova quell’essere?»
Detto questo, si era sistemato meglio sul posto, incrociando le gambe e prendendo tra le mani il quaderno che Seokjin gli aveva appena passato. Le pagine erano piene di scritte, appunti e quant’altro: doveva averci messo tutto sé stesso, e lui non poté che esserne fiero. Finalmente il suo amico stava dimostrando a tutti e a sé stesso quello che valeva, gettandosi così alle spalle il discorso di pochi giorni prima. Hoseok diede una veloce occhiata a tutto il testo: era scritto molto bene, forse era presente qualche imperfezione, ma era già un inizio, bisognava soltanto farlo leggere al resto dei membri.
«È scritto benissimo, Jin. Sono fiero di te, sapevo che non mi avresti deluso. E queste parole in inglese messe così a caso... ti ha aiutato il professore o cosa?» gli uscì dalle labbra una fragorosa risata, sana e vivace. Le cose con Seokjin parevano andar bene ormai, un peso in meno da sopportare, e quindi poteva considerarsi più felice e spensierato «A proposito, prendi lezioni da Kim, Lee o Choi?»
A quella domanda, Jin si ritrovò ad accavallare le gambe in maniera piuttosto nervosa, mentre nella sua mente scorrevano veloci le brutte facce del vecchio professor Lee e del pazzo professor Choi. Non ce li vedeva proprio a dare ripetizioni ad uno dei loro alunni, proprio no.
Ma quella domanda del suo migliore amico l’aveva messo parecchio in soggezione, tanto che si ritrovò ad arrossire debolmente, mentre rispondeva, quasi seccato: «...Kim.»
Fece vagare lo sguardo per tutta la stanza, prima di tornare a guardare in faccia il suo amico, non capendo esattamente cosa gli stesse prendendo, ed aggiungendo, senza alcun senso logico: «Perché ti interessa tanto saperlo?»
«Non mi interessa tanto saperlo, stavo solo chiedendo, tranquillo.» rispose Hoseok, alzando confuso un sopracciglio e restituendogli il quaderno, per poi sbuffare e buttare la testa indietro, prendendo a fissare il soffitto dell’auditorium «Che palle, Jin. Ho paura di non farcela, abbiamo poco tempo, e il mio polso...» 
«Non pensarci.» cercò di tranquillizzarlo Jin, come solo un migliore amico saprebbe fare «Comunque c’è uno nuovo. Il fratello di Yoongi. Deve scegliere in che gruppo stare, e dubito sceglierà i Rolling Diamonds.»

......

Hoseok non era molto felice dell’entrata nel gruppo di un nuovo membro, Jeon Jungkook, nonché fratello di Min Yoongi. Già non voleva averci a che fare di suo, ora gli toccava addirittura ammaestrare un suo consanguineo. Stranamente, però, non sembrava affatto presuntuoso o arrogante come invece lo era Yoongi, anzi: aveva fatto la conoscenza di tutti gli altri ragazzi, aveva dimostrato di cosa fosse capace ed aveva da subito avuto voglia di legare con Seokjin, dal quale non staccava gli occhi di dosso nemmeno per un secondo. Hoseok, comunque, ancora non era sicuro sul suo conto: era pur sempre il fratello del suo arcinemico. 
Dopo essersi esercitati-o meglio, dopo che tutti tranne lui si furono esercitati- si presero una piccola pausa, giusto il tempo di bere qualcosa e far riposare i polmoni.
Aveva subito raggiunto Seokjin sulle scalette del palco, pattandogli la schiena e sedendoglisi vicino. Colse l’occasione per provare a spiegargli meglio in che modo avrebbe dovuto eseguire certi passi e come dovesse muoversi, in modo da avere perfetta coordinazione con tutti gli altri. Ad un certo punto, Jeon Jungkook, che già li fissava da qualche minuto, sembrò trovare il coraggio e si fece avanti, salutandoli timidamente e prendendo posto al fianco di Jin, facendo quasi ruzzolare via il povero Hoseok, che si trattenne dall’urlargli in faccia.
«Hey.» aveva poi detto, con innocenza «Disturbo?»
«Ma no, Jungkook, non disturbi affatto.» aveva risposto Jin «Che succede? Hai qualche difficoltà con la coreografia?»
Il nuovo ragazzo era di certo un tipo strambo. Fin dal primo momento, Seokjin aveva notato in lui qualcosa di strano, ma in fondo, se conosciuto per bene, non sembrava affatto male, ed era molto più simpatico di suo fratello. Certo, non capiva ancora per quale motivo Min Yoongi avesse nascosto a tutti per così tanti anni di non essere figlio unico, ma poco gli interessava, o almeno così cercava di credere.
Dopotutto, si trattava della sua vita.
Aveva notato gli sguardi che gli lanciava il piccoletto, ed aveva notato subito che probabilmente avesse un debole per lui. Non era una cosa nuova: Jin non ne conosceva bene il motivo, ma quasi tutti i ragazzi più piccoli, inizialmente, sembravano prendersi una cotta per lui.


Era tutto perfetto. Aveva tra le mani la giusta occasione per iniziare a mettere fine alla reputazione di Min Yoongi: il sipario poteva essere alzato e Jeon Jungkook, il povero fratellino trascurato, poteva entrare finalmente in scena. 
«No no, con la coreografia va tutto bene, anzi! Non pensavo mi sarei trovato così tanto a mio agio con persone a me totalmente sconosciute... vi ringrazio tantissimo per questa opportunità. È solo che...» sospirò affranto e chiuse gli occhi, per poi aprirli l’attimo dopo e prendere a fissare il pavimento «Yoongi, mio fratello... è così difficile, non faccio altro che pensarci. Tutto il giorno, penso sempre a quanto mi piacerebbe costruirci un vero e sano rapporto, comportandoci proprio come due fratelli farebbero. È sempre stato il mio sogno, ma nulla, lui non mi vuole. Mi ripudia, non intende accettarmi. Gli ho parlato più volte di questo mio complesso, ma è come se... mi volesse morto. Sono rimasto scioccato quando uno del gruppo mi ha detto di non essere mai stato a conoscenza fino ad oggi della mia esistenza. A quanto pare, qui nessuno sapeva del fratello di Min Yoongi. Nemmeno voi due, vero?» fece una piccola pausa, soltanto per passarsi il dorso della mano sull’occhio, come per asciugarsi una lacrima in procinto di cadere «Ah, non so nemmeno perché ve ne sto parlando, è solo che essere nel gruppo avversario di mio fratello potrebbe peggiorare tutto...»
«Lascia perdere quel figlio di p-» si era intromesso Hoseok, poggiando una mano sul ginocchio del ragazzo «Quello là. Se serve ci siamo noi qui, Jungkook. Davvero, mi dispiace che tu debba trovarti in una situazione del genere, ma non farti trattare così, fatti valere, mostra al mondo intero di che pasta sei fatto.»
Jin, dal canto suo, cercando di non incrociare lo sguardo di Jungkook, si era messo a pensare meglio alle parole di quel suo lungo monologo: effettivamente no, nessuno sapeva dell’esistenza di un fratello, eppure conoscevano tutti Yoongi fin dai tempi dell’asilo. E mai, mai nella vita Jin lo aveva visto in compagnia di un altro bambino fuori dalla scuola, e ora che si metteva a pensare, effettivamente avevano cognomi diversi. Non che non credesse alla storia di quel ragazzo, anzi, stava quasi provando pena per lui, ma c’erano molti particolari, in quella faccenda, che non gli quadravano affatto. 
In ogni caso, si convinse ancora una volta che non fosse affar suo e, poggiando amichevolmente una mano sulla spalla di Jungkook, si impegnò a consolarlo, per quanto potesse.
«Non preoccuparti, Jungkook. Mi dispiace che tu soffra così per tuo fratello, ma, capiscilo. Magari è perché non avete mai passato molto tempo insieme e deve ancora abituarsi a non essere più il principino di papà.» gli sorrise, lanciando uno sguardo a Hoseok e facendogli cenno di seguirlo in bagno «Ora, scusaci un minuto. Torniamo subito.»
Detto questo, aveva preso il suo migliore amico per il braccio, portandolo via con sé, in modo che il ragazzo non potesse sentirli.
«Senti, sarà che non mi fido neanche di mia madre, ma c’è qualcosa che non mi torna. Ti consiglierei di tenere gli occhi aperti, almeno fin quando non sapremo di più sul conto di quel ragazzo. Capito? Cerca di non farti sfuggire niente su Yoongi, almeno per il momento.»
«Ma che stai dicendo, Seokjin? Ma l’hai sentito? Yoongi è una persona di merda, questo già lo sapevamo; lo ha solo confermato. Poi, cosa dovrebbe fregarmene di quell’individuo mostruoso? Per il momento desidero solamente che un membro del gruppo si senta bene con gli altri e con sé stesso, nient’altro. Facciamoci i fatti nostri, Jin.
Senti, si è fatto tardi, tu porta il culo dal professor Kim, ci penso io agli altri. Mh?»

Vedendo Hoseok allontanarsi, e prima di avviarsi verso la sua prossima meta, Seokjin lanciò di nuovo uno sguardo a Jungkook, che se ne stava seduto sulle scalette del teatro, tutto sorridente con gli altri membri del gruppo. La tristezza sembrava essergli passata come un lampo, accidenti, lo invidiava.
«Mah... sarà.»
A quel punto, decise infine di girare i tacchi e dirigersi verso l’ufficio del professor Kim, e passando casualmente di fronte alla porta della presidenza, lasciata semi-aperta: al suo interno non c’era assolutamente nessuno.
Probabilmente Park Bom l’aveva lasciata aperta per sbaglio, Jin l’aveva vista gironzolare per la scuola durante le prove.
Preso da non sapeva neanche lui quale assurdo tipo di curiosità, decise di entrare, chiudendosi in modo poco rumoroso la porta alle spalle ed avvicinandosi ad uno dei cassetti della scrivania, lasciato aperto anche quello.
«Per quella tipa, viviamo tutti al Colosseo.» si ritrovò a dire.
Dopo qualche minuto, fece per andarsene, quando l’occhio gli cadde su qualcosa infilato dentro al cassetto, qualcosa di molto interessante: un certificato di nascita.
Non fu il certificato di nascita in sé ad attirare la sua attenzione, ma più che altro il nome della persona alla quale sembrava appartenere. Lo tirò fuori.
«Da quando le famiglie degli studenti consegnano i certificati di nascita alla preside?» iniziò a leggere, ed arrivò finalmente al nome dei genitori. E fu in particolare il nome della madre a far scattare, nella testa di Seokjin, un chiaro campanello d’allarme.
«Lee Chaerin?»
Ficcò immediatamente il certificato nello zaino e si affrettò ad uscire dalla presidenza, lasciando la porta socchiusa com’era stata lasciata e correndo definitivamente verso l’ufficio di Kim Namjoon.
Già, l’ufficio di Kim Namjoon.
Per quanto non volesse, una volta arrivato di fronte alla stanza e dopo aver aperto la porta, si ritrovò ad assistere ad una scena a dir poco imbarazzante: il professor Kim Namjoon, una persona così seria, seduto su una sedia di fronte alla scrivania, con una benda sugli occhi, mentre si preparava a farsi un bel servizietto fai da te, mano destra a toccare la patta dei pantaloni. Non sapeva quale delle due cose lo imbarazzasse di più, se il fatto che il professore si stesse per masturbare con una benda sugli occhi all’interno del suo ufficio, o se il fatto che fosse proprio lui, un suo alunno, ad assistere alla divertente scenetta. Tanto che, ad un certo punto, con l’intenzione di allontanarsi, si ritrovò a cadere all’indietro, provocando un rumore che probabilmente l’uomo aveva sentito, perché, ancora con gli occhi bendati, si era girato immediatamente nella sua direzione.

Namjoon era quasi sul punto di cominciare il suo lavoro qualche minuto prima che dovessero iniziare le ripetizioni, quando sentì un tonfo poco più in là, vicino alla porta dell’ufficio. Cazzo, fu tutto quello a cui riuscì a pensare. Sentì il sangue nelle vene fermare per un momento la sua frenetica corsa e un brivido gelido percorrergli tutta la spina dorsale: qualcuno, un possibile testimone di quello che sarebbe diventato uno sporco atto, aveva appena fatto troppo rumore, ed ora anch’esso era stato colto in flagrante. 
Fu sul punto di alzare definitivamente la benda, quando un’orribile immagine gli balenò per la mente: e se quel testimone fosse stato proprio Kim Seokjin? Non era un’ipotesi da escludere, quel pomeriggio avevano la loro solita lezione da portare a termine. Ma se davvero il suo alunno avesse assistito ad una scena del genere? Con quale coraggio gli avrebbe rivolto la parola? Nonostante avesse ancora quel pezzo di stoffa stretto attorno al capo, si permise di chiudere gli occhi. Un tremendo mal di testa si fece spazio tra i suoi mille pensieri, rendendolo incapace di trovare una soluzione a tutto quel caos, scatenatosi solamente in una manciata di minuti.
Maledettissima testa. Pensò di aprir bocca, provare a dialogare con la persona che sapeva si trovasse ancora dall’altra parte della stanza, ma niente: le corde vocali decisero di non emettere alcun suono e fece la figura del pesce lesso. Non che avesse ancora una dignità, dopotutto. Perché diamine aveva così paura? Di un possibile licenziamento? Di un possibile ricatto da parte di quel dannato testimone? 
No. In cuor suo, Namjoon sapeva che se non si era ancora alzato quello straccio dal viso era solamente per paura di trovare un Seokjin deluso e spiazzato proprio fuori dall’ufficio.


«Guarda che puoi togliertela quella cosa. Non sono né la preside, né qualcuno che possa arrivare in qualche modo a licenziarti.»
Solo dopo aver detto quello che aveva detto, Seokjin si accorse di aver appena dato del tu al suo insegnante. Così, pronto a correggersi, si schiarì la voce, aggiungendo: «Cioè, lei. Lei può togliersi quella benda dagli occhi.»
Quando notò che Kim Namjoon non accennava a fare un gesto, decise finalmente di avvicinarsi a lui, posizionandocisi proprio di fronte ed inginocchiandosi per poter essere alla sua stessa altezza. Lentamente, quasi esitando, allungò le mani e le portò dietro la sua nuca, sciogliendo la benda e togliendogliela dal viso, notando poi che aveva ancora gli occhi chiusi.
Vederlo in quella situazione così imbarazzante quasi lo fece ridere «Professore, non sono il suo amante segreto, può anche aprire gli occhi, sa?»
«No, esatto, non sei il mio amante segreto, e se tu lo fossi non avresti alcun diritto di farmi una ramanzina.» rispose l’uomo, sorridendo appena nel sentirlo, anche solo per un attimo, buttare giù le barriere professionali e dargli del tu.
Vederlo parlargli ad occhi chiusi, in un altro momento, probabilmente avrebbe dato un gran fastidio ad uno come Kim Seokjin. Ma in quel momento non riuscì in alcun modo a trattenere una risatina: in qualche modo, in quel frangente, era quasi carino, e il più piccolo non poté far nulla per non pensarlo.
Lentamente, alzandosi da terra, si spostò, andandosi a sedere sul davanzale della finestra, senza distogliere lo sguardo dalla persona che si trovava nella stessa stanza con lui, ricominciando a parlargli.
«Ha intenzione di tenere gli occhi chiusi ancora per molto?»
Aspettò pazientemente che li riaprisse e lo guardasse, per poi rivolgergli un occhiolino, accompagnato da un’espressione carica di complicità.
«Io non ho visto niente. Può stare tranquillo, terrò la bocca cucita su questa cosa.»
Detto questo, prese lo zaino, pensando ancora a che cosa avesse trovato nell’ufficio della preside Lee. Kim Namjoon, lì dentro, era l’unico di cui si sarebbe potuto fidare, ed era anche l’unico in grado di aiutarlo.
«Ma ora lei mi dovrà dare una mano. E questa cosa non riguarda né l’inglese, né la geografia astronomica. Devo farle alcune domande riguardanti la scuola, è importante.» 
Aveva cercato di sottolineare il più possibile l’ultima parola, in modo che smettesse di pensare a cosa avrebbe fatto se lui non fosse arrivato per un minuto e si concentrasse sulla questione.

Alle sue parole, Namjoon si sentì improvvisamente più tranquillo. Seokjin non era uno che basava la sua vita su stupidi pregiudizi, e di certo non era una persona che si divertiva a giudicare gli altri dalle loro azioni. Si sentì quasi fortunato ad essere stato beccato proprio da quel ragazzo.
Si alzò dalla sedia soltanto per poterlo guardare meglio negli occhi, posizionandosi esattamente di fronte a lui. Seokjin seduto sul davanzale della finestra, Namjoon seduto sulla scrivania. Soltanto pochi metri a separarli, ed una tensione che in teoria ci sarebbe dovuta essere, ma che non c’era affatto.
«Che succede?»
Jin lasciò liberi i piedi, facendoli ciondolare, mentre lasciava cadere lo zaino a terra, con all’interno materiale piuttosto incriminante. Era ancora titubante su quella faccenda, non sapeva se fargli quelle domande o no, ma il professor Kim era l’unico a cui avrebbe mai potuto farle, non c’erano altri. E non c’era altro modo, se voleva sapere qualcosa di più su quella storia. Soprattutto se riguardava una persona che conosceva.
«Che lei sappia...» scese dal davanzale, avvicinandosi alla scrivania e sedendosi accanto a lui «Gli studenti, al momento dell’iscrizione a questa scuola, per regola, dovrebbero portare alla direttrice il proprio certificato di nascita?»
Sperava vivamente che il suo ingegnante rispondesse di sì. Se così fosse stato, allora sarebbe stata accantonata come una semplice coincidenza. 
«Cosa? No. Che senso avrebbe? Che succede? Seokjin.»
«Se io adesso le racconto una cosa, lei promette di non parlarne con nessuno?»
Si ritrovò a guardarsi intorno per un attimo, poi decise di riformulare: «Anzi, facciamo un patto: io non racconterò nulla di quello che ho visto qui oggi, e lei non racconterà nulla di quello che le dirò.» gli tese la mano «Ci sta?»
«Seokjin, a proposito di oggi-» si bloccò: per quale motivo avrebbe dovuto giustificarsi? Era una semplice violazione delle regole imposte dalla scuola, un suo studente ne era a conoscenza e basta. 
Così, accantonando la questione, decise di stringere la mano al suo alunno. Una presa piuttosto decisa, per un ragazzino di diciassette anni.
«Va bene, Kim Seokjin, ti do la mia parola e... ti ringrazio. Ma mi spieghi cosa sta succedendo?»
«Bene, era quello che volevo sentire.» disse Jin, scendendo dalla scrivania e correndo a prendere lo zaino, solo per aprirlo e tirar fuori ciò che aveva trovato in precedenza «Lei lo conosce Min Yoongi, giusto? Ovvio che lo conosce. E lo conosco anche io, fin dai tempi dell’asilo.
Bene, lei sa che il ragazzo vive da solo con il padre, no? E chi non lo sa. Quell’uomo è un polemico, so tutte le cose che dice alle riunioni dei genitori. Ma non sono qui per parlare del padre di Min Yoongi.» 
Mentre parlava, si ritrovò ad afferrare una delle penne appartenenti al professore, iniziando a morderla per scatenare la tensione causata da un momento come quello. Non era facile parlarne con una persona che si conosceva da soltanto una settimana. Era un argomento delicato.
«Sono qui per parlare della madre di Min Yoongi. Fin da quando lo conosco, lui ha sempre raccontato che sua madre è morta in Spagna quando lui era ancora molto piccolo, ed è per questo che non ha nessun ricordo di lei.
Né io, né Jung Hoseok, né tutti gli altri, abbiamo mai visto una, e dico una singola foto di quella donna, né tantomeno la sua tomba. Il padre ha sempre tenuto nascosta l’identità della sua ex fidanzata a suo dire defunta, e l’ha sempre tenuta nascosta abbastanza bene.» a quel punto, si avvicinò a lui, abbassando la voce, come per paura che qualcuno potesse sentirli «Ma al mio occhio non sfugge niente. Oggi, per puro caso, mentre venivo qui, ho trovato la porta della presidenza aperta. Ora, lei sa che io non sono il tipo che usa bussare per entrare nelle stanze, e non ho fatto di certo un’eccezione questa volta. 
Quando sono entrato, ho visto che anche il cassetto della scrivania era aperto. Anzi, non aperto, spalancato.
Stavo giusto per andarmene, quando mi sono caduti gli occhi su questo.» gli passò il foglio, per poi fare qualche passo indietro, recuperando la loro distanza di sicurezza «È il certificato di nascita di Min Yoongi. Legga il nome della madre.»


«Kim Seokjin! Come puoi entrare in presidenza ed impicciarti degli affari altrui? Dà qua!»
Ma impiccione lo era anche Namjoon, forse più del suo studente. Così prese il foglio dalle mani del ragazzino e se lo portò davanti agli occhi, attento a leggere ogni singola lettera stampata su quel documento. 
Arrivato finalmente dove Seokjin voleva arrivasse, quasi cacciò un urlo dallo stupore, esclamando: «Lee Chaerin?!»
Si portò una mano sulla bocca. Aveva alzato la voce, troppo.
«Ma che diamine- no, senti Seokjin.» scese dalla scrivania anche lui «Perché hai questo documento, prima di tutto? Non sono cose che ci riguardano. Questo lo tengo io, lo metterò a posto prima di andarcene. E tu non farne parola con nessuno! È una cosa seria, e stiamo parlando della preside Lee!»

«Sarà anche una cosa seria, e staremo anche parlando della preside Lee» scattò il più piccolo, alzandosi dalla sedia e strappandogli il foglio dalle mani, scioccato dal fatto che, di tutto il racconto, si fosse interessato proprio al fatto che lui si fosse fatto gli affari degli altri «Ma qua stiamo parlando di un ragazzo che è stato ingannato fin dalla nascita, e che non sa ancora che sua madre è ancora viva!»
Stava cominciando ad agitarsi. Certo, rubare era ingiusto, ma era forse più ingiusto ingannare un figlio e crescerlo a propria immagine e somiglianza, dopo essere stato letteralmente abbandonato dalla propria madre. 
«Che cazzo, Namjoon, svegliati! Questo potrebbe anche essere uno dei motivi per cui Yoongi si comporta in certi modi assurdi!» mentre parlava, forse alzando un po’ troppo la voce, cercò in tutti i modi di calmarsi, sospirando «Quel ragazzo merita di sapere la verità. E sai perché? Perché è cresciuto con una madre assente... ed un padre molto bugiardo.»
Detto questo, appoggiò il foglio sulla scrivania con molta poca grazia, aggiungendo, sicuro di sé e di ciò che stava facendo: «Questo tienitelo pure, io farò a modo mio, in fondo ti ho chiesto solo di ascoltarmi, non certo di darmi una mano. E... mi dispiace se ti ho raccontato questa cosa. Dimenticatela.»
Velocemente, uscì dalla stanza, sbattendo la porta. Era pentito per aver raccontato una cosa del genere a Kim Namjoon.
Nonostante avessero fatto un patto, aveva comunque molta paura che lo andasse a raccontare in giro.

~~~~~~~~~

Hi guys
Sono tornata con questo terzo, forse troppo lungo, capitolo, in cui si sussegue qualche fatto forse un po’ confuso, ma presto diventerà tutto più chiaro, don’t worry.
La prima lite dei Namjin e ancora non sanno cosa li aspetta. Diciamo addio al professor Kim e diamo il benvenuto a Kim Namjoon, insomma.
A Jin sono molto affezionata come personaggio. Secondo me è il migliore, e non vedo l’ora di farlo conoscere meglio anche a chi legge uwu 
Mentre nel frattempo stiamo conoscendo un po’ di più il personaggio di Yoongi anche senza che lui giochi un ruolo così importante in questo capitolo.
Beh, per ora vi lascio, but stay tuned.

-Glaceeonx

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Capitolo 4
*** Neutron star collision. ***


Quella mattina, Seokjin era arrivato a scuola piuttosto in orario, e si era diretto immediatamente agli armadietti per sistemare le sue cose. Per tutta la sera prima non aveva fatto altro che pensare alla situazione di Min Yoongi, arrivando persino al punto di odiarlo molto meno: quel ragazzo... che pene aveva dovuto inconsapevolmente subire? Se suo padre lo avesse tenuto a distanza dalla donna che lo aveva dato alla luce per tutta la sua vita, Jin non sapeva come avrebbe reagito. Ed in più, c’era la possibilità che la Lee avesse abbandonato completamente quel povero ragazzo. Era tremendo.
E le parole di quel bastardo del professore il giorno prima non avevano fatto altro che fargli girare ancora di più le palle. Non avrebbe mai pensato che fosse tanto ottuso.
«Ah, ma se ti incontro in giro. Se ti incontro, ti... ti...» ringhiò impercettibilmente, aprendo con violenza l’armadietto, provocando un rumore che costrinse due povere ragazze ad allontanarsi in modo piuttosto rapido, spaventate «Porca troia, ma dove ho messo il cazzo di libro? Che rabbia.»
«Guarda che quell’armadietto è di proprietà dell’istituto, se dovessi romperlo sarebbe la scuola a rimetterci. Tratta con cura ciò che non è tuo, grazie.» aveva incalzato una voce alle sue spalle. Una voce fin troppo familiare, che lo spinse a rimanersene fermo, senza la minima intenzione di voltarsi a guardare la persona dietro di lui «Ah, e la prossima volta, invece di uscirtene sparato dal mio ufficio in quel modo, controlla di aver preso tutto.»
Detto questo, Kim Namjoon aveva tirato fuori dalla sua borsa il libro che il suo alunno sembrava star disperatamente cercando, pronto a porgerglielo, ma non prima di averglielo sbattuto il più delicatamente possibile in testa, sorridendogli affettuosamente, sicuro del fatto che Seokjin, dandogli le spalle, non potesse vedere l’espressione da ebete che aveva in faccia.
Rimanendo nella sua posizione, Jin aveva allungato la mano, strappandogli il libro dalle mani, infilandolo nell’armadietto e chiudendolo, come aveva appena detto lui, con cautela.
Dopodiché, decise di voltarsi completamente nella sua direzione, guardandolo con occhi pieni di risentimento.
Forse non sarebbe dovuto apparire tanto deluso, ma il giorno prima lo aveva fatto arrabbiare, e Jin non era solito nascondere le proprie emozioni.
Non facilmente, almeno.
«Grazie.» disse, notando che, dopo avergli ridato il libro, non accennava a spostarsi. Anzi, gli stava anche fin troppo vicino, bloccandogli la strada per il corridoio «...Beh? Vuole dirmi altro o ha intenzione di farmi passare?»
«Oh? Sei ritornato a farmi del lei? Peccato, pensavo fossimo finalmente diventati più intimi.» rispose di rimando l’insegnante, fingendo un’espressione delusa.
Gli piaceva stuzzicare Kim Seokjin, presto sarebbe diventato il suo passatempo preferito, soprattutto grazie ai suoi modi nel rispondergli.
«Ah, se vuoi il tu te lo do lo stesso, ma poi non lamentarti se suono maleducato.» aveva portato entrambe le mani ai fianchi, alzando gli occhi per poterlo guardare meglio in faccia: era più alto di lui, forse di qualche centimetro, ma quando erano insieme, a Jin sembrava di diventare molto più grande, o molto più piccolo. Dipendeva dalle situazioni «Quindi? Che vuoi? Non credo tu sia venuto qui per ammirare la mia bellezza, anche se ti capirei. Insomma, a chi non piacerebbe starmi a guardare tutto il giorno.»
«Già, forse dovrei immortalarti, Kim Seokjin, così potrei guardare una tua foto, invece di immaginare il tuo bel visino.»
Se qualcuno li avesse sentiti o visti molto probabilmente avrebbe iniziato a far circolare in giro voci su un alunno che, senza pensarci su due volte, dava del tu ad un professore fin troppo provocante. Namjoon fece un passo indietro proprio per evitarsi altri problemi, anche se il problema più grande rimaneva il ragazzo che aveva di fronte. Quel ‘tu’ non gli dispiaceva affatto, anzi: lo trovava così strano e sensuale che non riuscì a non mordersi il labbro inferiore.
Male, quello sarebbe potuto diventare soltanto l’inizio di qualcosa di più grande. Si schiarì la voce, lasciandogli il passaggio libero e facendogli un debole cenno con la testa.
«Ah, Seokjin. Riguardo ieri... non quella cosa, quell’altra...»

Preso dalla curiosità, invece di andarsene, Jin si bloccò sul posto, girandosi di nuovo verso di lui. Cazzo, però lui le ragazzine che gli andavano appresso le capiva: Namjoon era veramente divino. Così tanto che quasi non si ritrovò ad abbassare lo sguardo, in quel momento.
Si stava spingendo un po’ troppo oltre con quella faccenda del ‘tu’, e a quel professore snaturato sembrava piacere parecchio.
Se avesse continuato così, sarebbe finito nei guai. Grossi guai. 
«Parla, ti ascolto.»
Ma in fin dei conti, a lui i guai piacevano un sacco, e non mancò dal rivolgergli un sorrisetto, in quel momento, mentre incrociava le braccia al petto e puntava nuovamente gli occhi nei suoi.
«No, non qui. Abbiamo già troppi occhi addosso, sento la schiena bruciare. Ci vediamo questo pomeriggio a lezione, mh?» gli rivolse un occhiolino, che soltanto lui aveva potuto vedere, e voltò i tacchi, pronto a dirigersi verso il suo ufficio.

Ora che quello stronzo figlio di puttana maledetto lo aveva lasciato finalmente solo, per Jin era arrivato il momento di mettere in atto la prima parte del piano.
A differenza di Hoseok, che si fidava persino delle mosche che gli volavano intorno, se queste ultime non si chiamavano Min Yoongi, lui, di quel Jeon Jungkook, non si fidava affatto. Le sue parole gli sembravano quelle di un falso ipocrita, ed era arrivato il momento di averne la conferma.
Così, senza pensarci su due volte, era corso immediatamente a cercarlo, e trovarlo non era stato poi così difficile: era con Yoongi e... Hoseok? La presenza di quest’ultimo lo sorprese alquanto, ma al momento decise di non farci troppo caso, e si avvicinò alla persona con la quale voleva avere il piacere-o il dispiacere- di parlare «Ciao, Jungkook, cercavo proprio te!»
Aveva cercato di mostrarsi il più tranquillo ed amichevole possibile, e dato che quel bamboccio aveva occhi solo per lui, non gli fu molto difficile.
«Ah, bene, è arrivato anche quell’altro.» commentò Yoongi, seccato «A questo punto, io me ne vado.»
Detto questo, era uscito di scena, seguito a ruota da Hoseok che, però, aveva preso una direzione totalmente opposta dalla sua. Tutto nella norma, nulla di drammatico o preoccupante.
«Ciao, Seokjin...» aveva salutato Jungkook, mettendo su un debole ed affranto sorriso «Scusa per lo spettacolino, ma non ho molta pazienza, purtroppo.»
«Spettacolino? Io non ho visto proprio niente. E comunque non era di questo che volevo parlarti.» gli sorrise, invitandolo a seguirlo in aula di musical «In realtà non è molto importante, prendila come semplice curiosità. Tu e Yoongi siete fratelli, eppure avete due cognomi diversi, quindi immagino siate figli della stessa madre. 
Sai, Yoongi è sempre stato con suo padre, quindi immagino che vostra madre abbia vissuto assieme a te. E sono sempre stato curioso di sapere come si chiama.»

Perché tutte quelle domande del cazzo? Che ficcanaso. Persone affascinanti come Kim Seokjin sono pericolose, Jungkook le conosceva bene: ti ammaliano e, senza neanche che tu te ne accorga, ti estrapolano informazioni su qualsiasi cosa loro vogliano. Ma lui non era uno stupido, non era uno di quei ragazzi con cui Seokjin aveva a che fare tutti i giorni.
«Nostra madre... è morta tanto tempo fa, dandomi alla luce. Penso sia per questo che Yoongi mi voglia morto. Gli ho portato via una persona preziosissima, è tutta colpa mia. Non conosciamo nemmeno la sua identità,  i nostri padri non vogliono dirci nulla.»

Quel ragazzino era più furbo di quanto Jin si aspettasse. Porca troia, avrebbe dovuto giocare tutte le sue carte.
Bene, Jeon voleva giocare sporco? E Seokjin avrebbe giocato sporco molto volentieri, ma prima aveva bisogno di un consiglio su come agire, e quello sbruffone di Namjoon, che lo volesse o no, glielo avrebbe dato. Solo perché era l’unico a sapere di tutta quella storia, non certo perché avesse intenzione di perdonarlo.
«Oh... capisco. Beh, mi dispiace tantissimo.» gli mise una mano sulla spalla, amichevolmente «Io non credo che tuo fratello ti odi, in ogni caso. Cerca di parlarci, fattelo amico, e vedrai che ti tratterà meglio. Non è una persona cattiva, secondo me. È solo... strano.»

......

Quel giorno i suoi, presi da non sapeva quale tipo di sentimento romantico, avevano deciso di prendersi la giornata libera ed andare a mangiare fuori città senza neanche avvertire né lui né sua sorella, e Seokjin non aveva avuto neanche il tempo di prepararsi il pranzo. Che rabbia. Come se non bastasse quel bastardo dal quale sarebbe dovuto andare nel pomeriggio, ci si metteva anche la sua famiglia a rendere ancora più merdosa quella giornataccia.
Senza mangiare, era uscito di casa qualche minuto prima dell’appuntamento e, come sempre, si era diretto in modo piuttosto rapido a scuola. Non prima di essersi appositamente infilato una canottiera forse un po’ troppo aderente sotto la felpa aperta. Se quello pensava di poterlo mettere in soggezione quando voleva, avrebbe fatto il suo gioco. 
Una volta a scuola, era entrato subito nel suo ufficio, trovandolo seduto alla scrivania, intento come sempre a firmare diverse carte.
«Buonasera.»
«Buonasera.» 
Namjoon non si era neanche degnato di alzare lo sguardo, salutandolo e continuando a tenere il capo chino sul mucchio di fogli che aveva da leggere e firmare entro il giorno dopo. Quando Lee Chaerin assegnava un lavoro, si assicurava sempre di appesantirlo il più possibile, soprattutto quando si trattava di Kim Namjoon. 
Dopo qualche secondo, dalle labbra del professore fuoriuscì una risatina divertita «Come mai così gelido? Che c’è? Hai freddo?»
Finalmente lasciò perdere le mille cartacce che continuava sbadatamente a firmare da qualche ora e porse tutta la sua attenzione sul ragazzo dall’altra parte della scrivania «Oh, no. Non hai freddo, probabilmente.»
Avvolto in quella leggerissima e troppo stretta canottierina, le spalle e le braccia coperte soltanto da una felpa nera, Seokjin sembrava completamente diverso dal solito. Namjoon, ormai, aveva fatto l’abitudine a quelle larghissime t-shirt recanti il logo di qualche vecchia band sconosciuta al suo gusto musicale. 
Quel ragazzino. Pensava davvero di poter mettere piede nel suo ufficio conciato in quel modo? Non che al giovane professore dispiacesse, anzi: se si hanno proporzioni del genere è bene metterle in mostra.
«Come mai questo cambio di look?»

Senza neanche degnarlo di uno sguardo, mostrando ancora di essere in collera con lui per il giorno precedente, Seokjin si sedette sulla sedia di fronte a lui, prendendo a guardarsi le unghie, fingendo menefreghismo. Aveva fatto centro: la prima cosa che era andato a guardare era proprio il modo in cui era vestito. Frocio del cazzo.
«Che cos’hai, Kim Namjoon, ti senti a disagio? Non posso vestirmi come mi pare e piace?» chiese provocativo, per poi alzare gli occhi nella sua direzione, sorridendogli appena «Sto aspettando che inizi a parlare. Abbiamo una conversazione in sospeso, e io non me ne andrò di qui finché non mi dirai quello che mi stavi per dire stamattina agli armadietti.»
Lo sguardo di Namjoon era insostenibile quel giorno, ma quello di Seokjin lo era ancora di più, ed il solo obbiettivo di quest’ultimo era soltanto quello di farlo sentire inferiore.
Niente di personale... o forse sì.
«E comunque no, non ho freddo. Fuori c’è un bel sole, si sta così bene.»
«Ancora continui a darmi del tu, non ti sembra di esagerare? Forse dovrei mandarti insieme a Min e Jung al corso di psicologia con la Park...»
«E tu ancora continui ad ignorarmi. Non ti sembra di esagerare?»
Senza pensarci, quasi seguendo il suo istinto, il minore aveva messo una mano sui fogli a cui l’insegnante stava dando tante attenzioni e li aveva tirati verso di sé, tenendoseli ben stretti e rivolgendogli uno sguardo carico di sfida «Se lo rivuoi, ti conviene parlare. Oppure...» indicò il tritadocumenti proprio al suo fianco «Si faranno un bel giro qui dentro. Scegli.»
«Sì. Poi tu ti fai un bel giro dalla preside Lee, che ne dici?» 
Kim Seokjin era fuori di testa. Sarebbe stato capace di buttare tutti quei documenti lì dentro, riducendoli a minuscoli brandelli di carta. Piccolo sadico. Piccolo, simpaticissimo sadico.
«Dai, va bene, posali qui. Parliamo di ciò che vuoi.»
«Di ciò che voglio io?» chiese Jin, alzandosi dalla sedia ed andando a sedersi accanto a lui, tenendo tuttavia ancora i fogli in mano «Che fai, tesoro? Prima lanci il sasso e poi ritiri la mano? Sei tu quello che voleva parlarmi, stamattina. Per quanto mi riguarda, in questo momento, potremmo anche tranquillamente tornarcene alle nostre lezioni, ed io potrei anche tornare ad essere quel dolce ragazzino a cui eri tanto affezionato.»
Detto questo, gli passò quasi bruscamente i fogli «Muoviti. Parla.»

«Tu sei un pazzo, Kim Seokjin. E ancora continui a darmi del tu.»
Kim Namjoon non sopportava non avere il controllo della situazione. Era lui ad intimorire gli altri, non viceversa. Cosa voleva fare un ragazzino di soli diciassette anni? Pensava davvero di potergli mettere i piedi in testa e minacciarlo con degli stupidi fogli? Illuso.
«Prima di tutto...» incalzò, alzandosi dal suo posto e finendogli davanti, bloccandolo tra il suo corpo e la sedia «Qua gli ordini li do io. Tu limitati a recitare la parte del dolce ragazzino imbarazzato, mh? Che dici? Cosa ti aspetti, che abbia qualcosa di così importante da dirti? Una romantica confessione?»
Si era avvicinato sempre di più al suo viso, fino a quando i loro respiri non si ritrovarono a scontrarsi. In quella posizione, nonostante fosse Namjoon a voler intimorire la persona di fronte a lui, forse ottenne proprio l’effetto contrario. Gli occhi color nocciola di Seokjin visti da così vicino erano ancora più attraenti, staccarsi era quasi impossibile.
«Stupido.» gli diede un debole colpetto sulla nuca, per poi prendere dal cassetto il certificato di nascita ritrovato il giorno prima «Min Yoongi, la roba che abbiamo scoperto ieri. Hai ragione, forse dovremmo pensare a qualcosa da fare. Ma sempre con cautela.»

Quella specie di playboy da strapazzo. Ma chi si credeva di essere? Dio, quanto avrebbe voluto prenderlo a sberle, in quel momento. Non che a Jin dispiacesse il suo modo di porsi, anzi, lo eccitava da morire. Se avesse continuato così, probabilmente sarebbe stato proprio lui il prossimo a saltargli addosso.
Mostrandosi per niente intimorito dai suoi comportamenti da perfettino superiore del cazzo, il minore si alzò dalla sedia e si sedette sulla scrivania, esattamente di fronte a lui.
«A che gioco stai giocando, Kim Namjoon? Lo so che ho ragione, lo sapevo fin dall’inizio. E tanto per la cronaca, sei tu che mi hai chiesto di darti del ‘tu’. Proprio stamattina. E se vuoi saperlo, mi diverto un sacco quando fai la parte di quello che vuole dare gli ordini.» prese il certificato di nascita e gli diede un’ultima letta, per poi appoggiarlo nuovamente sulla scrivania «Stamattina ho parlato con Jeon Jungkook, il ragazzino nuovo. Quello che si fa passare per il fratellino sfigato di Min Yoongi.
Secondo me è un falso, e non soltanto quello. Secondo me lui sa benissimo che la madre di Yoongi è viva, ed ho intenzione di estorcergli qualche informazione.» accavallò le gambe, rivolgendogli un sorriso complice «Quello là stravede per me. Mi basterà fargli un po’ di moine e il gioco è fatto.»
«Io non gioco, vivo.» ribatté Namjoon «Quindi, vuoi interpretare la parte dello spezzacuori in questa nuova vicenda? Non mi piace, non ti si addice, Kim Seokjin. O forse c’è un lato di te che ancora non ho avuto il piacere di conoscere?»
«Oh, tu vivi, certo.» 
Detto questo, il ragazzo scese dalla scrivania, appoggiandosi alla spalliera della poltrona del più grande ed avvicinandosi al suo viso, guardandolo dritto negli occhi. Voleva vivere? Bene, allora avrebbe vissuto con lui, e si sarebbe divertito da morire.
«Non ti piace che io reciti la parte dello spezzacuori con quel marmocchio insignificante, o non ti piace che io giri attorno a quel marmocchio insignificante? A volte non ti capisco proprio, sai?»
Si allontanò di scatto, tornando a dov’era prima, esattamente di fronte alla scrivania, esattamente di fronte all’uomo che si trovava dietro la scrivania, che continuava imperterrito a tenergli gli occhi addosso. Quanto avrebbe voluto mostrargli tutti quei lati di sé che non conosceva, in quel momento. Lui non aveva proprio la minima idea di quanto volesse farlo.
«Nel frattempo, tu pensa a nascondere per bene quel certificato. Se ti sgamano siamo fottuti, tu più di me. Lo sai, vero?»

«Non dubitare delle mie capacità, Kim Seokjin. Potresti pentirtene.
Ora, se abbiamo finito di parlare di questo tipo di cose, potremmo anche passare alla nostra solita lezione, non credi?»
Quel ragazzino. Quel ragazzino era ciò che di più insopportabile esistesse sulla faccia della terra. O almeno, questo era quello che avrebbe pensato Namjoon di una qualsiasi altra persona che non rispondesse al nome di Kim Seokjin.
La verità era che non riusciva a togliergli gli occhi di dosso, neanche un minuto, esattamente come non riusciva a non riservargli tutte le attenzioni che una persona come lui meritava. Seokjin era la tarantola, e Namjoon era il povero, piccolo insetto che cercava disperatamente di non cadere nella sua ragnatela.
«Dato che oggi sei così in vena di contatti fisici, che ne diresti se ti spiegassi la collisione tra due stelle di neutroni?»
E quel povero, piccolo insetto, era prontissimo a lasciarsi catturare dalla presa di quella perfida ed invitante tarantola.
Si era alzato dalla sedia, raggiungendo il suo alunno-per quanto di alunno si potesse ancora parlare-, ed iniziando a girargli attorno. Era ovvio che Seokjin non capisse per quale motivo lo stesse facendo, ma prima che il ragazzino potesse chiedergli qualcosa, Namjoon iniziò a spiegare: «Le stelle di neutroni sono le più piccole e dense stelle conosciute, e si formano quando stelle di più grandi dimensioni esplodono in supernove.»
«E?»
«E...» lo prese per il polso, iniziando a farlo girare, come se all’improvviso si fossero messi a ballare il tango «Mentre due stelle di neutroni spiraleggiano l’una intorno all’altra, iniziano ad emettere delle forti onde gravitazionali.»
Detto questo Namjoon, sicuro di star andando incontro ad un guaio decisamente più grande di lui, attrasse il minore verso di sé, fino a farlo sbattere con la testa contro il suo petto, stringendolo, come se fosse la cosa più naturale del mondo. E sentendosi esattamente come se fosse in procinto di cadere nella trappola che quel ragno troppo astuto aveva creato appositamente per lui.
«E poi si fondono tra di loro. Così.»
«Interessante, Kim Namjoon.» incalzò il più piccolo, portandogli entrambe le mani al petto ed aggrappandosi alla sua maglia «Se dovrò spiegartela così durante un’interrogazione, però, temo che daremmo uno spettacolino un po’ troppo provocante, di fronte al resto degli studenti. Non credi anche tu?»

‘Interessante’. Era questa la parola che meglio descriveva Kim Seokjin, almeno secondo il suo punto di vista. Interessante era il suo modo di porsi nei confronti di un superiore, con quel modo di fare un po’ da ‘sono io quello ad avere in mano le redini, qui’, ma che restava senza fiato a qualunque movimento che Namjoon compiesse; interessante era il suo modo di scherzare, nonostante sapesse benissimo che fossero un insegnante ed un alunno; interessante era il suo bellissimo viso, che chissà quante facce e quanti segreti celava; ed infine, interessante era Kim Seokjin stesso, un labirinto nel quale Namjoon si sarebbe perso volentieri, forse appositamente, con il solo scopo di rimanerci dentro il più a lungo possibile.
«Può darsi. Perché, sarebbe forse un problema?»
«Forse per te.» rispose il ragazzo, alzandosi leggermente sulle punte dei piedi per arrivare a sfiorare il naso del più grande con il suo, abbassando drasticamente la voce, come se anche le pareti avessero le orecchie «Smettila di giocare così, Kim Namjoon. Mi stai mettendo nei guai.»
Detto questo, si allontanò bruscamente, rivolgendogli un occhiolino ed appoggiandosi alla parete accanto alla porta «E ora, se abbiamo finito con questa interessantissima lezione, io andrei. Non ho pranzato e sto davvero morendo di fame, il mio stomaco chiede pietà.»
«Sei già in forma, perché salti i pasti? Non fa bene farlo, lo sai?» chiese Namjoon, raggiungendo l’appendiabiti e recuperando la sua giacca «Dai, prendi le tue cose, ti porto io a mettere qualcosa sotto i denti. Come tuo insegnante è mio dovere assicurarmi che tu non muoia di fame. Penso.»

Quel Kim Namjoon. Era come se avesse due facce: la prima era quella che, a primo acchito, conoscevano tutti, quella del professore perfetto, senza mai un capello fuori posto, sempre disponibile per tutti e sempre gentile con chiunque gli passasse di fianco; la seconda, era quel gran porco che ti lasciava senza parole ogni volta che parlava o ti si avvicinava, quella che nascondeva a tutti, ma che in certi momenti faceva vedere a Jin. E forse a qualche altro studente, chissà. Pensò che forse quella fosse l’occasione giusta per chiedergli se avesse qualche tresca all’interno della scuola, o se si comportasse come si comportava con lui anche con qualche altro studente.
Voleva conoscerlo. Voleva sapere cosa gli piaceva e, soprattutto, voleva sapere cosa celasse quella seconda faccia, e se magari ne avesse anche una terza.
«Ora sei tornato ad essere il mio insegnante? Questa parola non ti si addice proprio, in questo momento, lasciatelo dire.» si avvicinò alla porta, facendogli cenno di venirgli dietro «E va bene, accetto. Ma solo perché ho fame, non certo perché sei tu a chiedermelo.»
«Aspetta aspetta, fermo dove sei.» lo richiamò il giovane insegnante, affrettandosi a raggiungerlo. Una volta arrivatogli di fronte, lo fece voltare completamente verso di sé prendendolo per le spalle e, successivamente, si occupò di alzargli la zip di quella felpina nera, troppo leggera per un tempo freddo come quello di inizio novembre, che aveva avuto il coraggio di indossare «Ecco, così ti ripari dal freddo e da occhi affamati. Andiamo?»

Quel gesto quasi affettuoso aveva lasciato Seokjin letteralmente senza parole. Quindi esisteva una terza faccia, e cazzo se gli piaceva.
Gli piaceva da morire, e non vedeva l’ora di vederla all’opera un’altra volta.
Sorridendo, si morse istintivamente il labbro inferiore, correndogli dietro ed osservandolo dall’alto in basso, con le mani ben ferme nelle tasche dei pantaloni.
«Guarda che io non ho freddo. E poi, occhi affamati? Qua l’unico ad essere affamato sono io. Quei vecchi pedofili lì fuori non mi spaventano minimamente.» buttò un occhio sulla ventiquattrore che Namjoon teneva in mano, e gli scappò una risatina «E tu, in quanto a vecchiaia, con questa cosa in mano, vai niente male.»
«Non è brutta, dai.» quanto ingenuo il ragazzo, forse era veramente troppo piccolo per capire certe cose. Namjoon non era mica un vecchio pedofilo, anzi «È comoda, dentro ci sta tutto. Almeno mi vesto adeguatamente, rispetto a qualcun altro, qui.»
Ecco il rapporto che ogni insegnante avrebbe dovuto avere con i propri alunni: un rapporto genuino, fatto di complicità e supporto, senza oltrepassare quella sottile e pericolosa linea. Forse Namjoon e Seokjin ci erano troppo vicini: in questo caso, il professore sarebbe stato ben attento a tenersi nei confini.
«Ancora con questa storia? Non sento freddo. Lo sai che la mia famiglia è originaria del nord? Lo sai quanto fa freddo, lì? Da piccolo giocavo a calcio nella neve con i pantaloncini e le infradito.»
Detto questo, con nonchalance, il ragazzo si tirò su il cappuccio della felpa, avvicinandosi, leggermente più veloce del proprio insegnante, verso l’uscita.
«Dove andiamo?» chiese Namjoon «Non conosco i tuoi gusti.»
«Fai tu, a me piace tutto. Ciò che non strozza, ingrassa.»
Sicuro di sé stesso, Seokjin aprì la porta d’ingresso della scuola, uscendo finalmente in cortile.
Non lo avesse mai fatto: in un decimo di secondo diventò letteralmente un pinguino.
Ma faceva davvero così freddo, quella sera?
«Porca tr-»
«Cavolo, fa davvero caldo, non trovi?» chiese il più grande, canzonatorio «Ci vorrebbero proprio dei pantaloncini e un paio di infradito, perché non ci ho pensato prima? Su, muoviamoci ad andare in macchina, dovrei avere qualcosa che potrebbe farti comodo.»
Le temperature erano così basse che, mentre Namjoon parlava, poteva vedere il suo alito fuoriuscire dalla bocca.
Stupido Kim Seokjin.
«Dai, Andiamo.»

******

Hello, guys~
Sono tornata con questo lunghissimo capitolo, che mi sono divertita davvero un sacco a scrivere.
La storia di Jungkook e Yoongi è ancora confusa, ma keep calm, prima o poi si spiegherà tutto meglio, esattamente come la storia di Chaerin e Yoongi. Già, Yoongi sta sempre in mezzo.
Jin e Namjoon stanno nel frattempo imparando a conoscersi meglio, e devo dire che io amo alla follia il loro rapporto: hanno una complicità ed una chimica eccezionali, e nonostante siano come cane e gatto, c’è sempre e comunque qualcosa che li attira, proprio come la forza gravitazionale attira due stelle di neutroni che collidono.
Beh, che dire(Follettini e Follettine), ci vediamo alla prossima
Kissini

-Glaceeonx 

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Capitolo 5
*** Cene professionali ***



«Smettila di prendermi in giro, guarda che sto ancora resistendo. Se fossi al mio posto, te la saresti già fatta sotto dal freddo.»
«Sì, ma io non sono uno stupido, al tuo posto non mi ci ritroverei mai, quindi...»

Stavano continuando così da un bel po’, mentre percorrevano il tratto di strada che li divideva dall’entrata della scuola all’auto di Namjoon. In realtà, vedere Jin in quello stato preoccupava non poco il giovane insegnante: sapeva che stava letteralmente schiattando dal freddo e che, cocciuto com’era, non voleva ammetterlo. Così, si mise immediatamente a cercare le chiavi dell’auto nella tasca del suo cappotto e, una volta trovate, si ritrovò a sventolarle a mezz’aria davanti ai suoi occhi.
«L’aria calda della mia Bentley ti aspetta, bimbo.»
Raggiunto il parcheggio, ormai troppo buio, Namjoon non perse altro tempo ed aprì velocemente l’elegante macchina rossa, facendo cenno a Seokjin di seguirlo al suo interno.
«Mi raccomando, muoviti con cautela, attento a salire e scendere, non devono rimanere impronte di scarpe, okay? Ci tengo a questo gioiellino.»

Alla vista di quell’irraggiungibile ed elegantissima auto dal colore rosso fiammante-si poteva notare quel bel colore anche al buio del parcheggio-, Seokjin non riuscì a salirci subito sopra. Si prese un attimo per restare a studiare la struttura di quell’automobile, una Bentley Continental, la stessa auto posseduta da star come Kim Kardashian, cercando di capire quanti soldi potesse costare, ed arrivò alla conclusione che sì, forse Kim Namjoon era ricco-o magari soltanto fortunato nel gioco- e che no, la cosa non gli dispiaceva affatto.
Alla fine, dopo minuti interminabili a guardare a bocca aperta quel gioiellino, decise di entrarci, posizionandosi in modo scomposto sul sedile del passeggero.
«Hey.» asserì, voltandosi verso il più grande con aria interrogativa «Tu fai l’insegnante per hobby, vero?»
«Hobby?» chiese Namjoon, ricambiando l’occhiata interrogativa del proprio allievo, non capendo inizialmente dove volesse arrivare «Ah, la mia auto, forse? Bella, vero?»
Detto questo, si occupò finalmente di far partire l’auto. Quel parcheggio troppo buio venne subito illuminato dai fari accecanti del suo amato veicolo e, non appena l’uomo poggiò il piede sull’acceleratore, un rombo alle loro spalle spezzò il silenzio di quel posto alquanto tetro e squallido. Un carro come quello di Kim Namjoon meritava qualcosa di più raffinato, non un semplice piazzale dietro la scuola.

Sì, l’auto era indubbiamente bella. Ma mai bella quanto il proprietario, che ora Jin aveva scoperto anche ricco: se solo fosse stato eterosessuale, probabilmente sarebbe diventato l’uomo dei sogni di quella pazzoide di sua sorella. Ma etero non era, quello era poco ma sicuro.
Fingendo menefreghismo, il ragazzo fece spallucce, rispondendo: «Discreta, sì.»
Quando sentì l’aria calda arrivargli addosso, si fiondò immediatamente con le mani avanti, attaccandosi ai bocchettoni e sentendosi improvvisamente bene «Ma il riscaldamento è molto meglio.»
Mentre Seokjin pensava a riscaldarsi, iniziò a guardarsi attorno, piuttosto frenetico: erano appena entrati nello stesso quartiere in cui vivevano lui e la sua famiglia, ed una domanda iniziò a balenare nella testa del giovane studente.
E non ci mise assolutamente nulla a dar voce ai suoi pensieri, decidendo però di tener su un’aria piuttosto vaga.
«Hey, che bel quartiere. Vivi qua?»
«Cosa te lo fa pensare?» chiese Namjoon, aumentando a dismisura l’aria calda, costringendo il suo passeggero ad allontanarsi di scatto dai bocchettoni, colpito in pieno viso da una grossa vampata bollente.

«Cristo, ma lo fai apposta?!»
A quella domanda, uscita dalla bocca del minore come un urletto isterico, seguì una risatina divertita da parte del più grande che, a quanto pareva, non perdeva mai tempo per poterlo provocare in qualche modo.
Prima che il suo adorato insegnante potesse rispondergli, Seokjin sentì squillare il proprio telefono e, nel momento in cui lesse il nome sul display, iniziò a preoccuparsi alquanto. All’inizio non sapeva se rispondere o no, ma alla fine optò per la prima opzione: se non avesse risposto, probabilmente sarebbe stato peggio.
«Sì, papà?»
Quell’uomo lo seccava. Si comportava ancora come se avesse dieci anni e dovesse rientrare a casa prima che facesse buio.
«No, stai tranquillo. Rimango con Hoseok stasera... sì, dobbiamo sistemare alcune cose per il gruppo, e tutto il resto.»
Mentre parlava, lanciò uno sguardo a Namjoon: sapeva che gli avrebbe chiesto per quale motivo avesse mentito a suo padre, ma se davvero avesse conosciuto il suo vecchio, probabilmente avrebbe compreso.
«Certo che ho le chiavi. Fate quello che volete, ma per favore, non sul divano. Okay, a dopo.»
«E così sei anche un bugiardo, Kim Seokjin. Non sono mica il fidanzatino segreto che devi tenere nascosto al padre omofobo, perché non hai detto la verità?»
A quel punto il più piccolo, smettendo di guardarsi intorno e smettendo automaticamente anche di chiedersi dove sarebbero andati a mangiare, mettendo da parte quel fatto come poco importante, si avvicinò a lui, appoggiando il mento sulla sua spalla ed abbassando la voce, come se in quella macchina ci fosse qualcuno a spiarli, pronto a registrare ogni loro conversazione.
«No, non lo sei. E se lo fossi sarebbe peggio. Ma come avrebbe reagito mio padre nel sentirmi dire ‘sto andando a mangiare chissà dove con il mio insegnante di geografia astronomica molto giovane e dal quale prendo ripetizioni tutti i giorni’?. Credimi, è meglio sia per me che per te che mio padre non sappia neanche che ci guardiamo. Ti è chiaro il concetto?»
Detto questo si allontanò di nuovo, tornando al suo posto ed aspettando che parcheggiasse, e quando lo fece, scese immediatamente dall’auto, soffrendo per lo sbalzo di temperatura. Quella sera si sarebbe raffreddato, se lo sentiva.
«Troppo freddo, principino?» lo schernì Namjoon, dandogli un debole schiaffetto dietro la nuca, lasciandolo poi per qualche minuto da solo sul marciapiede per avvicinarsi nuovamente alla sua auto, dalla quale recuperò un enorme giubbotto.
«Metti questo, non ho bisogno di un cubetto di ghiaccio al mio fianco.»
A quelle parole, Seokjin restò a guardare l’indumento per qualche secondo, prima di accorgersi che non era poi così male, e se lo infilò, rendendosi conto che fosse forse un po’ troppo largo per le sue misure.
«Guarda, con questo addosso sembro vecchio come te.» 
Detto questo, tirò fuori dallo zaino una sigaretta e l’accese, facendo segno al suo insegnante di guidarlo nel luogo dove sarebbero dovuti andare.
«Ah, e stai pure tranquillo. Mi basta mettermi qualcosa in bocca per riscaldarmi.»
«Bene.» con un veloce e furtivo gesto, Namjoon arrivò alla sua sigaretta, che gli strappò dalle dita e gettò subito a terra «Allora, visto che quel giubbotto secondo i tuoi gusti è da vecchi e ti basta mettere qualcosa in bocca per scaldarti, ridammi ciò che ti ho prestato. Non hai sul serio freddo, no?»
Passò un piede sopra la sigaretta spenta al suolo, sgretolandola completamente, mentre nel frattempo rivolgeva uno sguardo soddisfatto al suo compagno d’avventura.
«Sei proprio un impertinente, Kim Seokjin. Per farti stare zitto, cosa dovrei metterti in bocca?»
Detto questo, si girò verso la direzione opposta, dandogli così le spalle, e gli fece cenno con uno schiocco di dita di seguirlo. Nel frattempo, si portò alle labbra una delle sue sigarette, ripescata dal pacchetto all’interno del tascone del suo caldo cappotto.
«Scusami, hai appena sprecato la mia sigaretta e ora te ne stai fumando una te? Certo che sei arrogante, eh.»
Infastidito dal comportamento di quell’insegnante snaturato, Jin aveva messo su una sorta di broncio, che si sarebbe tolto dalla faccia soltanto quando avrebbe saputo da lui quello che voleva sapere. 
«Senti...» continuò allora, camminandogli affianco «Le voci che girano su di te... quelle delle relazioni con certe studentesse... sono vere? Cioè, non è niente di personale, sono solo un po’ curioso.»
«Primo, tu sei minorenne, Kim Seokjin. In qualità di tuo insegnante, è mio dovere assicurarmi che tu non commetta crimini, soprattutto in mia presenza.» disse Namjoon, facendo spallucce.
La serata si prospettava abbastanza piacevole: certo, uscire a cena con un suo alunno-che continuava a dargli del tu- era piuttosto strano, ma del resto tutti lo avrebbero pensato, se avessero saputo. Ora, agli occhi degli altri apparivano come una semplice coppia di amici uscita a divertirsi, nulla di più. 
Si fermarono davanti alle strisce, in attesa che la lampadina verde del semaforo si illuminasse.
«Secondo... di quali storie parli?»
«Primo...» iniziò ad imitarlo Jin, piuttosto seccato «Fumare non è affatto un crimine, e tu hai appena buttato via una sigaretta praticamente nuova.»
Quando scattò il verde, il più piccolo si attaccò istintivamente al braccio del suo insegnante, trascinandolo velocemente dall’altra parte, per poi mettersi esattamente di fronte alla sua figura, squadrandolo con aria da superiore.
«Secondo, mi prendi per stupido o cosa? Come ‘di che storie parli’? Girano storielle di tue relazioni con studentesse praticamente da quando tu sei diventato professore nella nostra scuola. Alcune raccontano addirittura di averti portato a letto. Guardami, ho la faccia da coglione o cosa?»
«No, tu non hai la faccia da coglione, Kim Seokjin. Tu sei un coglione. Pensi davvero che io possa fare cose del genere? Con delle mie studentesse, poi. Non toccherei mai nessuno dei miei alunni in quel modo, speravo ci arrivassi, avendomi conosciuto almeno un po’. Ma dubito tu lo abbia davvero fatto. Mi dispiace tu abbia un’immagine del genere di me, lontana anni luce da quello che sono davvero. E dato che conosci queste studentesse, puoi per favore spiegare loro che ciò che dicono in giro si chiama diffamazione? Grazie.»
Detto questo, Namjoon si voltò, dandogli le spalle per l’ennesima volta e riprendendo a camminare verso la loro destinazione, che si trovava a qualche metro dalla loro posizione.
«Ma pensa te.» borbottò il ragazzo, per poi ricominciare a seguirlo a passo svelto, sbattendo i piedi a terra in modo piuttosto rumoroso «Non ti ho accusato di un cazzo, bello. Ti ho solo fatto una semplice domanda, dato che in quella scuola parlano tutti di te. Non ti incazzare con me, non sono stato mica io a raccontare certe cose in giro.»
In un certo senso, Seokjin poteva considerarsi quasi sollevato. Non sapeva da cosa, se dal fatto che Namjoon non fosse quel tipo di persona, o dal fatto che tra lui e quelle studentesse non ci fosse niente.
Forse da entrambe le cose.
«Sai, tiri proprio fuori il peggio di me, lasciatelo dire. Non capisco perché mi piaccia così tanto spendere il mio tempo stando appresso a uno come te.»
Detto questo, individuato il piccolo ristorante nel quale sarebbero andati a mangiare, lo superò, iniziando a camminare il più rapidamente possibile per evitare che lo raggiungesse in poco tempo, e per evitare anche di sentire una sua ipotetica risposta.

Namjoon, dal canto suo, invece di provare a raggiungerlo, decise di continuare a camminare al medesimo passo di prima, osservandolo letteralmente correre e sbattere i piedi a terra come solo un bambino al quale avevano rubato il giocattolo avrebbe potuto fare.
Kim Seokjin era proprio adorabile. Forse la persona più adorabile che conoscesse, ma anche la più pericolosa. Perché risvegliava in lui qualcosa di ormai assopito da tempo. Risvegliava in lui la voglia di relazionarsi con persone nuove, la voglia di lasciarsi andare e di osare, che lui aveva deciso di lasciar perdere dopo quella ormai famosa storia andata male.
Kim Seokjin, quel ragazzino... era come se fosse una calamita. E Namjoon non riusciva in alcun modo a stargli lontano. Forse non avrebbe mai ammesso una cosa del genere, ma era la pura e semplice verità. Forse una verità troppo dura da accettare.
«Tu invece tiri proprio fuori il meglio di me, Jin.» mormorò tra sé e sé, sicuro che il ragazzo, ormai arrivato di fronte all’entrata del locale, non potesse sentirlo. 

Quando lo raggiunse, il minore non sembrava in alcun modo aver sbollito la rabbia. Ormai Namjoon conosceva il suo studente, e sapeva che si sarebbe dovuto far perdonare, esattamente come aveva fatto durante la loro lezione pomeridiana.
E lo avrebbe fatto. Eccome se lo avrebbe fatto.
«Dai, non tenermi il muso. Non va bene. Sei molto più carino quando sei arrabbiato, e non puoi certo farmi sfigurare di fronte agli altri.»
«Finiscila.» 
Quel Kim Namjoon. Se sperava di potersi arruffianare il suo perdono con due moine si sbagliava di grosso. Kim Seokjin non era il tipo di persona che si faceva comprare da questo genere di cose. Non lo era mai stato nei confronti di nessuno, e di certo la cosa non sarebbe cambiata solamente perché davanti ai suoi occhi c’era l’uomo più bello della nazione.
«Okay, dai, entriamo.» ridacchiò il professore, aprendo la porta del locale ed invitandolo ad entrare, per poi dirigersi verso uno dei semplici tavoli di legno e sedersi sulla panca, pattando il posto accanto a sé.
Ma Seokjin, anima cocciuta, decise di evitare il suo invito e, invece di sedersi accanto a lui, decise di mettersi esattamente di fronte al più grande, incrociando le braccia sul tavolo e mostrando il suo solito broncio. Voleva soltanto una cosa, in quel momento, e sapevano entrambi di cosa si trattasse.
Ma Namjoon era forse più cocciuto ed orgoglioso del suo studente, e non gli avrebbe dato corda fino alla fine. La loro era una sfida continua, e nessuno dei due amava la resa.
«Mi stai sul serio tenendo il broncio tu quando dovrei farlo io? Sei incredibile, Kim Seokjin.»
«Tu?» chiese Jin, completamente in disappunto «Tu non dovresti tenermi proprio niente. Ti ho fatto una domanda e hai subito alzato la cresta. È un problema tuo e basta.»
«Okay, okay. Non parliamone più. Ti sta bene? In fondo, dovremmo essere allegri. Soprattutto tu, dato che finalmente metterai ‘qualcosa in bocca’ e smetterai di soffrire.»

Quelle parole, improvvisamente fecero brillare gli occhi a Seokjin, che riprese a guardarsi attorno con più animo. Si trovavano in una sorta di birreria, più che in un ristorante. Una tavola calda strapiena di giovani che si stavano godendo una bevuta ed una cena fra amici. Però, quel Kim Namjoon conosceva i suoi gusti più di quanto li conoscesse lui stesso.
Così, rallegrato dal fatto che finalmente avrebbe mangiato, incalzò: «Okay allora. Facciamo così.»
Accavallò le gambe, sistemandosi meglio sulla panca di legno. Si era stancato di star a parlare di stupidi rumors scolastici, non ne aveva proprio la minima voglia, così aveva deciso che avrebbe imparato a conoscerlo, anche solo un pochino.
Voleva provare, per la prima volta in tutta la sua vita, di andare veramente d’accordo con qualcuno all’infuori della sua cerchia di amici storici.
«Prima domanda: quando mangi le patatine, le intingi nella maionese o nel ketchup?»
«Ma che-»
Quando si ritrovò davanti di nuovo quel bambino, con in bocca soltanto parole e domande strane, non trattenne una sana risata. Tanto che si dovette mettere una mano davanti alla bocca per evitare di ridere troppo sguaiatamente e, dopo essersi calmato, provò a rispondergli seriamente. 
«Il ketchup non si tradisce, ma anche la maionese non mi dispiace. Che c’è, vuoi portarmi anche tu fuori a cena?»
«No, ma quale cena.» ridacchiò Seokjin, sorpreso dal modo in cui l’avesse fatto ridere, e realizzando che la sua risata lo rimetteva totalmente al mondo. Non era ridicola come la sua, ma piacevolmente contagiosa.
«No, comunque. Io le intingo nella salsa barbecue. Adesso, ehm...» si ritrovò per un attimo ad alzare gli occhi al cielo, per poi tornare a guardare lui «YG o SM?»
«SM, dai, gli artisti migliori si trovano quasi tutti lì. Poi Kim Jongin, quell’angelo vivente, oh Cristo, quando balla-» si bloccò. Stava facendo letteralmente la figura del fanboy davanti ad un suo studente «Mi spieghi che razza di domande sono?»
Seokjin sembrò ignorare completamente quell’ultima domanda, e continuò: «Mi dispiace ma preferisco la YG. Nessuno supererà mai la stima che provo per artisti come Kwon Jiyong. È una vera stella, cazzo.»

«Chi si vede! Ciao, Kim Namjoon!»

Proprio nel momento in cui Namjoon stava per rispondere al suo compagno, una presenza inaspettata aveva fatto la sua comparsa proprio di fianco al tavolo.
Choi Seunghyun, il migliore amico di Namjoon, lo aveva raggiunto dopo averlo intravisto da lontano, sorridente e solare come sempre.
«Seunghyun!» aveva esclamato il giovane insegnante, alzandosi soltanto per poter dare un cinque al suo amico d’infanzia, che ormai, a causa del lavoro, non vedeva da settimane «Scusa se sono sparito, ultimamente. Ma sai com’è... il lavoro mi ammazza.»
«Tranquillo. Sono riuscito a uscire con Junghwa stasera dopo settimane senza poterla neanche sentire.» rispose il giovane, indicando, in lontananza, la sua ragazza, che lo stava pazientemente aspettando. Poi, gli occhi del nuovo arrivato si posarono su Seokjin che, per passare il tempo ed evitare contatti visivi, si era messo a sfogliare nervosamente il menù del locale.
«E lui chi è?» chiese Seunghyun, rivolgendo all’amico un sorriso malizioso «Hai forse qualcosa da dirmi, Kim Namjoon?»
Come al solito, Choi Seunghyun aveva travisato. Succedeva ogni volta che il povero Namjoon si trovava in compagnia di qualcuno: ogni volta, il suo migliore amico arrivava soltanto per potergli far fare una figuraccia. Era come una figura perenne nella sua vita.
Volendosi improvvisamente sotterrare, il giovane insegnante portò immediatamente le mani avanti, esclamando: «Ma che vai a pensare, non vedi che è piccolo?! Cazzo, Seunghyun, è solo un mio studente!»

E fu in quel momento che Jin si decise ad alzare lo sguardo verso i due, incontrando prima quello confuso del nuovo arrivato, e poi quello totalmente nel panico di Namjoon, che stava cercando in tutti i modi di non arrossire. Quella situazione, piuttosto comica, lo costrinse a trattenere una grassa risata, che mascherò con un forte colpo di tosse.
Prima che il suo amato insegnante tornasse a sedersi di fronte a lui, gli parve di sentire quel Choi Seunghyun dire qualcosa come ‘okay, allora vado’ prima di dileguarsi completamente, lasciandoli di nuovo da soli, e permettendo finalmente a Seokjin di punzecchiare un po’ il suo compagno d’avventura.
«E così sono piccolo?» chiese, sorridendogli maliziosamente «Allora dobbiamo rispettare il coprifuoco, nonno.»
«Va bene, piccolo. Rispetteremo tutti i coprifuochi che vorrai.»
A discapito di ogni sua minima aspettativa, Jin a quelle parole si ritrovò ad arrossire. Non perché si sentisse in imbarazzo: ormai, con quel professore così anticonformista, l’imbarazzo era una cosa lontana dall’esistere.
In realtà, non lo sapeva nemmeno lui per quale motivo stesse arrossendo, ma in qualche modo, si ritrovò costretto a portarsi il menù di fronte al viso, rivolgendo poi un occhiolino al giovane uomo seduto di fronte a lui che, in risposta, sorrise biecamente.
Quella serata stava andando meglio di quanto si aspettassero.
«Ora te la farò io una domanda, Kim Seokjin.» incalzò Namjoon, a quel punto «E voglio che tu sia sincero con me. Non mi piacciono le bugie.»
«Spara.»
Oh, se uno come Kim Namjoon avesse tentato di sparargli in testa, probabilmente Jin lo avrebbe pregato di farlo.

Namjoon ridacchiò. Dopo la sua premessa, sperava di aver suscitato un qualche tipo di ansia nel ragazzo seduto di fronte a lui, ma Jin sembrava non mollare mai.
Era divertente giocare con una roccia come lui.
Alla fine, rivolgendogli il sorriso più largo che avesse, chiese: «Beatles o Rolling Stones?»
«Rolling Stones.» rispose senza esitazione il minore, con un accenno di sorpresa nel sentire una domanda del genere da parte di qualcuno che, sicuramente, non ascoltava il suo stesso tipo di musica «Sono superiori per distacco. E non solo ai Beatles, ma all’intero mondo della musica leggera.»
«Non ci capisco molto di quel genere di musica. Ma io preferisco i Beatles.»
«Allora direi che la nostra cena può finire qui, professore.»
«Oh. Okay.» tagliò corto suddetto professore, rivolgendogli un mezzo sorriso ed allungando la mano verso il menù «Allora direi che possiamo fare a meno del cibo e tornarcene a casa.»
«No!» certo, Kim Namjoon era insopportabile, ma il cibo era più importante delle loro stupide discussioni «No. Prima mangiamo.»
Quella reazione quasi disperata, dettata probabilmente dallo stomaco di quel ragazzino, fece quasi scoppiare a ridere Namjoon che, con nonchalance, richiamò l’attenzione di una cameriera che, sorridente, si avvicinò immediatamente al loro tavolo.
«Okay, che vuoi mangiare? Ti stanno bene...» abbassò gli occhi sul menù, per poi tornare a guardare Jin «Hamburger e patatine?»
Dopo aver ricevuto un cenno d’assenso in risposta, Namjoon portò tutta la sua attenzione sulla bella cameriera, che non faceva altro che starlo a guardare, sorridendo e sbattendo gli occhi.
«Oh, e... Wendy! Porta anche la salsa... barbecue? Sì, la salsa barbecue!»

«Wendy.» incalzò Jin in modo canzonatorio «Chi è Wendy? Una tua amica stretta?»
«Ho chiuso con le donne da un bel po’, ragazzino.» rispose l’uomo, capendo dove volesse arrivare il suo alunno «Smettila di arrivare a conclusioni affrettate su di me. Non è la prima volta che lo fai, questa sera.»
«Hai chiuso con le donne? Come mai?»
Quella domanda, Namjoon avrebbe dovuto aspettarsela. Kim Seokjin non era certo il tipo che si faceva i propri affari, e questo non ci voleva certo un genio per capirlo. Eppure, si pentì di avergli detto una cosa del genere senza pensare alle conseguenze. Non era pronto a confidarsi con qualcuno riguardo a quella storia, tantomeno con l’unica persona con la quale era riuscito ad avere una parvenza di intesa dopo troppo tempo passato sempre e solo con Seunghyun al suo fianco.
«Fatti gli affari tuoi, Seokjin. È meglio.» rispose, allungando una mano verso Wendy e poggiando la loro cena sul tavolo «Vedi di soddisfare i tuoi bisogni animaleschi, piuttosto.»

La cena passò così, tra una chiacchiera e l’altra, tra una piccola discussione e l’altra, tra una risata e l’altra, e così passarono anche le ore, e finirono le cose da mangiare poggiate sul tavolo.
La cosa migliore arrivò a fine serata, quando, proprio nel momento in cui Jin si apprestava a pagare la sua parte, Namjoon decise di impedirgli categoricamente di farlo, pagando tutto lui, e mettendolo inevitabilmente un po’ in imbarazzo. Arrivati a quel punto, poteva anche considerare la missione di farsi perdonare da quel ragazzino compiuta.
Una volta fuori dal locale, un nuovo brivido di freddo percorse per l’ennesima volta la schiena del povero Seokjin, che dovette tirar su il cappuccio della felpa e chiudere l’enorme cappotto per sentirsi immediatamente meglio. 
Per un attimo pensò alla possibilità di poter accendersi una sigaretta ma, proprio nel momento in cui si apprestava a farlo, Namjoon gli prese il pacchetto dalle mani, infilandoglielo nuovamente in tasca, rivolgendogli un cenno di dissenso con la testa.
«Non pensare che ti lascerò fumare così facilmente, Kim Seokjin. Tieni.»
Detto questo, allungò la propria sigaretta, quella che stava già fumando, in direzione del ragazzino, che dovette mettersi sulle punte dei piedi per poter fare un tiro da quella sigaretta troppo leggera per i suoi gusti.
«Sei fastidioso.» ammise, storcendo la bocca «Sei veramente fastidioso, Kim Namjoon.»
«Allora ci completiamo, bimbo. Dato che sei anche tu una bella palla al piede.» rispose lui «Andiamocene, dai. Ti porto a casa.»

Una volta in macchina, per un buon tratto di strada, mantennero il silenzio. Jin con la fronte poggiata contro il finestrino ad osservare l’esterno, Namjoon con gli occhi ben puntati sulla strada notturna, ma che non perdevano occasione di posarsi di tanto in tanto sul ragazzo seduto di fianco al guidatore.
Kim Seokjin era bello. Così bello da poter attirare a sé gli occhi e l’attenzione di chiunque, eppure, lui sembrava dare le proprie, di attenzioni, soltanto a chi sembrava meritarsele sul serio. E Namjoon si sentiva quasi fortunato nel far parte di quella cerchia di persone-perché ne faceva parte, di questo ne era piuttosto sicuro.
Kim Seokjin era un ammasso di energia. Energia pura. Era come se non esaurisse mai quella carica che tanto lo contraddistingueva, e che tanto piaceva a quel poveruomo che avrebbe voluto soltanto fargli da insegnante.
Eppure, alle volte, sembrava perdersi in un mondo tutto suo. Esattamente come in quel momento.
Un mondo nel quale non faceva entrare nessuno, un mondo che Namjoon desiderava esplorare. Non in quel momento, non il giorno dopo, ma nel tempo, Namjoon desiderava entrare più nel mondo di Seokjin. E capire cosa pensava, cosa desiderava, in cosa sperava.
Voleva conoscerlo e capirlo meglio. Voleva decifrare le sue infinite espressioni e conoscere le sue innumerevoli facce.
Alla fine, stanco di quel silenzio, decise di aprire il finestrino al quale il suo alunno era poggiato, facendolo sobbalzare.

«No, merda, i capelli! Dico, ma sei matto?»
Per due o tre minuti, Seokjin si era ritrovato ad entrare in un continuo stato di trance, dimenticandosi persino di essere nella stessa macchina assieme a Kim Namjoon. Non sapeva se fosse il sonno oppure gli improvvisi pensieri che avevano invaso la sua mente a renderlo così stranamente silenzioso.
Ad un certo punto, senza che potesse prevederlo, si era ritrovato con la testa catapultata fuori dal finestrino, i capelli esposti al vento che, come ogni volta, li scompigliò completamente, facendoli finire in disordine.
A quel punto, la sfida poteva considerarsi di nuovo aperta. Per ripicca, Seokjin accese la radio, sintonizzandosi su un canale che trasmetteva soltanto musica metal. E da quel che aveva capito, Namjoon odiava quel tipo di musica. Una volta lì, alzò il volume al massimo, costringendolo a sobbalzare nel momento in cui le casse raggiunsero il loro limite.
«Oh, andiamo, Seokjin! Spegni questa cazzo di musica! Non riesco a guidare!»
Maledetto furfante, sembrava conoscere ogni suo singolo punto debole e, come di consueto, non si faceva alcuno scrupolo a provocarlo. Velocemente, Namjoon allungò una mano verso la radio, vagando con le dita alla ricerca del tasto per mettere a tacere quell’orribile musica che detestava ma che, al suo contrario, quel ragazzino sembrava adorare. 
Sospirò seccato, sbattendo entrambi i palmi delle mani sul volante ed approfittando del semaforo rosso per voltarsi verso il suo passeggero.
«I capelli? Sul serio? Stiamo tornando a casa e tu ti preoccupi per i tuoi capelli? Dio mio.» scosse il capo, sconvolto dalle sue banali preoccupazioni, ed infine tornò a guardare la strada dinanzi a sé «Eri troppo silenzioso, non è da te. Stai bene?»

A quella domanda, Jin si sentì improvvisamente meno in collera con lui. Gli piaceva quando dimostrava di preoccuparsi almeno un minimo, e in quella giornata lo aveva dimostrato più di una volta. 
In fondo, qualcosa in comune l’avevano: il fatto che fossero troppo orgogliosi per ammettere letteralmente qualsiasi cosa. E Namjoon era troppo orgoglioso per ammettere che, in fondo in fondo, si preoccupava per lui e per ciò che faceva o gli succedeva.
Incrociando le braccia al petto, si stese sullo schienale del sedile, girandosi di fianco e rivolgendo il suo sguardo soltanto a Kim Namjoon, osservando il suo profilo e studiando i suoi perfetti lineamenti.
«Sto bene, sono solo un po’ stanco.» rispose, con un mezzo sorriso, per poi lasciarsi andare ad un piccolo sbadiglio, che costrinse il suo insegnante a sorridere divertito, mentre si fermava di fronte ad un‘abitazione.
«Abiti qui, giusto?» chiese, indicando il condominio.
«Sì, sto qua.»
Detto questo, Jin si slacciò la cintura di sicurezza ed aprì lo sportello, pronto ad allontanarsi dall’auto e tornarsene a casa. Non sapeva che fare: se salutare, ringraziare, o correre direttamente verso il portone e salutare da lontano. Quella situazione lo stava mettendo parecchio alle strette.

«Hey, Seokjin.»

Ma, fortunatamente, Namjoon l’aveva preceduto, costringendolo a voltarsi e ad appoggiarsi all’apertura del finestrino, ancora spalancato.
«Sì?»
«Ciao.» disse semplicemente Namjoon, sorridendogli quasi dolcemente.

Dopo aver ricambiato quel-bellissimo-sorriso, l’unica cosa che Jin seppe dire, con voce quasi strozzata e con soltanto la voglia di tornare in quella macchina e restarci per sempre, fu un ‘ciao’ quasi sussurrato, ma che racchiudeva tutta la serenità che aveva provato durante quella serata, e che spinse Namjoon a sorridergli di nuovo, appoggiandosi al volante.
Ma il minore non aveva la minima intenzione di rimaner lì a volersi sotterrare dall’imbarazzo. Così, velocemente, corse verso il portone, entrando in una manciata di secondi, e lasciando andar via il suo insegnante, sollevato dal fatto che non avrebbe dovuto aspettare molto per rivederlo.

******

Ciao guys.
So, I’m back with another chapter. And this one is about IL PRIMO APPUNTAMENTO DEI NAMJIN EVERYONE.
Questi due sono letteralmente la mia vita. Ora, so che la sto scrivendo io, ma il modo in cui sto rendendo il loro rapporto mi rende alquanto soddisfatta(e ovviamente metà del merito va alla role che ho fatto prima di cominciare a scriverci sopra la ff. Thanks to my best friend, che ha fatto Namjoon).
È un capitolo molto soft. Non va molto avanti con la trama che è costruita intorno a questa coppia ma, comunque, capitoli come questo servono, breathe if you agree.
Detto questo, vado.
Auguratemi buona fortuna, perché domani cercherò di comprare i biglietti per il concerto dei Bangtan a Londra, so, se morirò, sapete perché.
Alla prossima!

-Glaceeonx

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Capitolo 6
*** PJ ***



Quella mattinata, per Park Jimin, si prospettava parecchio serena. Yoongi, per qualche strano motivo a lui completamente sconosciuto, non era a scuola, e quando il leader non era a scuola, era Jimin a guidare i Rolling Diamonds. Ed un giorno, li avrebbe guidati in modo definitivo.
Inoltre, la sera prima aveva ricevuto un pettegolezzo niente male che non vedeva l’ora di utilizzare a suo vantaggio.
Era arrivato a scuola esattamente dieci minuti prima dell’inizio della campanella, soltanto per poter lasciare un biglietto sotto la porta dell’ufficio di un certo insegnante. Lo stesso insegnante con il quale sua sorella aveva visto Kim Seokjin la sera prima in una birreria del quartiere.
Il fatto che proprio Kim Seokjin, un membro del gruppo rivale, stesse iniziando ad andare d’accordo con lo stesso insegnante che aveva puntato lui, gli faceva pensare che quel bastardo avesse avuto la sua stessa idea. E questo proprio non andava giù a un calcolatore come Jimin.
Così, dopo aver lasciato il fantomatico biglietto, si era mosso ad allontanarsi dalla zona di quell’ufficio, raggiungendo Taehyung al bar della scuola, a quell’ora ancora deserto.

«Fatto?» chiese Taehyung, vedendolo arrivare e rivolgendogli uno sguardo complice.
Quei due erano come il gatto e la volpe: entrambi comprendevano e capivano le intenzioni dell’altro, ed entrambi avevano soltanto un obbiettivo, oltre a quello di affondare i Dynamo una volta per tutte. Affondare Min Yoongi, dando a Jimin il ruolo di leader che, secondo entrambi, gli spettava.
«Ovvio che sì. Quel professore cadrà ai miei piedi, te lo dico io.» aveva risposto l’artefice del piano, mentre si sedeva accanto al suo migliore amico «Ho scoperto una cosa molto interessante.»
«Ovvero?»
«Junghwa ieri sera era a cena con Seunghyun.» disse «Seunghyun sai di chi è il migliore amico?»
«Che posso saperne io?»
Taehyung era confuso. Non capiva cosa c’entrassero sua sorella e il fidanzato in quella cosa molto interessante che sembrava aver scoperto Jimin.
«Di Kim Namjoon. Il professore di astronomia.» continuò quest’ultimo, allargando il sorriso sulla sua faccia «Bene, ora apri le orecchie Tae, perché ciò che ti sto per dire è molto importante.»
«Spara.»
«Ieri sera, a cena nello stesso locale, c’era anche Kim Namjoon. E tu sai con chi era?»
«Perché ti diverti tanto a fare giri di parole, Jimin? Parla e basta.»
Taehyung voleva un bene dell’anima a Jimin, ma quando il suo amico perdeva tempo con quei discorsi lunghi ed inutili, era veramente insopportabile. Insopportabile ai massimi livelli.
«Era...» era quasi sul punto di scoppiare a ridere, quando iniziò ad abbassare la voce per non farsi sentire «Con Kim Seokjin.»

L’espressione che Taehyung fece dopo quella rivelazione, sarebbe stata da fotografare ed incorniciare. Aveva spalancato gli occhi, storcendo la bocca e cominciando freneticamente a guardarsi intorno, quasi sbalordito.
Certo, Seokjin era sempre stato uno dei ragazzi più interessanti dell’intera scuola, e non si sarebbe mai stupito nel vederlo insieme a qualche bel ragazzo inarrivabile. Ma il professore? Addirittura?
«Ma sei sicuro?» chiese «Tu parli proprio di Kim Seokjin Jin? Quello stronzo che mi ha quasi strappato tutti i capelli?»
«Proprio lui. Junghwa non può essersi sbagliata.» aveva risposto Jimin «È amica della sorella di Jin, quindi lo conosce più che bene.»
«Quello ha avuto la tua stessa idea, te lo dico io. Non è possibile che punti sul serio a quel professore.»
E questo lo sapevano più che bene entrambi. Jin non era il tipo che puntava certe persone, aspettava sempre che fossero gli altri a puntare lui, sempre se lui avesse qualche tipo di interesse.
Kim Seokjin puntava a qualcuno solo ed esclusivamente nel caso in cui avesse un secondo fine.
E quel secondo fine, doveva essere per forza lo stesso che aveva avuto Jimin fin dall’inizio: quello di accaparrarsi la fiducia di Kim Namjoon per portarlo dalla parte dei Dynamo durante le competizioni.
«Stai pure sereno, Tae.» si ritrovò a rassicurarlo «Se questa è una sfida, la vincerò io.»

......

Aveva cercato quel certificato di nascita letteralmente ovunque: a casa, a scuola, nel suo ufficio, in macchina... non era riuscita a trovarlo da nessunissima parte. Se avesse scoperto che qualcuno se ne andava in giro a rubare, lo avrebbe denunciato seduta stante. Se la gente fosse venuta a conoscenza del suo segreto, sarebbe stata fottuta.
Lee Chaerin, quel ragazzo non voleva e non avrebbe mai voluto riconoscerlo come suo figlio, quel ragazzo non era suo figlio, e non sarebbe stata pronta a riconoscere la maternità proprio ora.
Come una furia, esasperata dalle mille ricerche, era entrata nell’ufficio dell’unica persona che avrebbe mai potuto farle un dispetto del genere. Certo, non capiva come lui fosse potuto venire a conoscenza di un segreto così grande, ma in quella scuola, altri nemici non ne aveva.
«Kim Namjoon!»
Aveva raggiunto la scrivania, sbattendo un pugno sul tavolo.
«Sei stato tu, vero?!»
«Hey, Lee Chaerin, calma i bollenti spiriti e non essere violenta, le fai male. Perché te la prendi con lei se ce l’hai evidentemente con me?»
Namjoon aveva passato più volte, a mo’ di carezza, la mano sulla superficie della scrivania dove il pugno di quella donna furiosa si era appena poggiato molto poco delicatamente.
«Anche le scrivanie hanno dei sentimenti, non lo sai? Sei poco colta, a quanto pare.»
Si era mostrato il più calmo possibile, proprio come se non ne sapesse nulla di ciò che andava cercando. Invece lo sapeva, eccome se lo sapeva.

Chaerin non capiva come, in passato, potesse aver avuto una relazione con quel ragazzetto impertinente. Era insopportabile ai limiti del possibile, e ora stava prendendo le sembianze di un bambino del liceo. Quasi si chiese che cosa gli stesse succedendo.
«Smettila di fare il finto tonto, sai benissimo cosa voglio e cosa sto cercando. E dato che nessuno è ancora venuto a cercarmi, deduco che tu non ne abbia ancora fatto parola.» disse, allungando una mano, come per aspettare che Namjoon le ridesse ciò che voleva «Se mi ridarai ciò che mi appartiene, forse non ti licenzierò.»
«Prima chiedi scusa alla scrivania. Una donna così bella non dovrebbe comportarsi come una zoticona.»
Lui non avrebbe mentito, ma non avrebbe neanche detto la verità. Si sarebbe limitato a fare ciò che sapeva fare meglio, ovvero evitare l’argomento. Prima o poi si sarebbe scocciata, avrebbe voltato i tacchi e sarebbe uscita dal suo ufficio, sbattendo la porta ovviamente. In ogni caso, se gli fosse andata male, le avrebbe lasciato perquisire l’intera stanza: Namjoon non era uno stupido, non avrebbe mai lasciato una cosa così preziosa alla portata di tutti.
«Stammi a sentire, Kim Namjoon.» aveva detto lei, avvicinandosi minacciosa «Io ora me ne vado, ma prima o poi scoprirò chi me l’ha rubato, e Dio non voglia, se tu stai cercando di coprire qualcuno, giuro che gli farò passare un brutto quarto d’ora. Te lo giuro sul mio posto di preside. Sono stata chiara?»
Detto questo, decise di andarsene, preservando il suo orgoglio. Prima o poi quel ragazzino avrebbe ceduto, lo conosceva fin troppo bene. A lui non piaceva mentire, non giocava sporco. Non l’aveva mai fatto.
Mentre usciva dalla stanza, si abbassò a raccogliere un foglio ben piegato, firmato ‘PJ’ e, con noncuranza, si riavvicinò soltanto per appoggiarlo sulla scrivania del suo ex, per poi tornare alla porta, continuando: «Ti conviene leggere la letterina di qualche tua ammiratrice segreta. La ragazzina soffrirà se non lo farai.»

.....

Jungkook si stava trovando veramente bene nel suo nuovo gruppetto composto da capre pronte a credere a qualunque sciocchezza la sua bocca facesse uscire. Lui era come una specie di profeta, loro i suoi fedeli apostoli che spargevano le voci in giro, voci a cui tutti credevano, ovviamente. Inventare cazzate sul rapporto tra lui e Min Yoongi era un gioco da ragazzi ed ormai si era arrivati al punto in cui la sua reputazione era sepolta sotto un enorme mucchio di merda.
Ogni mattina, prima di mettere piede in quel luogo composto da gente che ormai lo credeva come il povero fratellino maltrattato, indossava la sua amata maschera che gli teneva compagnia per il resto della giornata. Bel faccino innocente, occhioni da cerbiatto ed una voce da angelo, ecco chi era Jeon Jungkook in quella scuola.
«Yoongi non è venuto a scuola semplicemente perché non gli andava... mio padre ama Yoongi, quasi lo venera. A me, invece, tocca andare a scuola anche con la febbre. E il bello-» mentre conversava con il suo gruppo, notò Kim Seokjin attraversare le porte dell’auditorium per dirigersi verso di loro «Kim Seokjin!» alzò un braccio in aria, facendo segno al ragazzo di raggiungerli. 

Jin, dal canto suo, era arrivato in auditorium con la sola intenzione di parlare con Jeon Jungkook.
Ciò che stava per fare non gli piaceva affatto, non gli sarebbe mai piaciuto, ma non poteva fare altrimenti. Se Jeon era ciò che pensava che fosse, doveva smascherarlo, doveva far vedere alla gente chi era veramente quel ragazzino, doveva far capire alle persone che a volte, giudicare un libro dalla copertina, è sbagliato.
«Oh, per favore, odio quando gli amici mi chiamano col mio nome intero. Smettila di chiamarmi così, chiamami Jin.» aveva sfoderato il suo miglior sorriso e lo aveva preso per il braccio, trascinandolo via da occhi indiscreti «Vorrei parlarti, Jungkook. Sai, da quando sei arrivato, non abbiamo mai avuto l’occasione di conoscerci meglio. Che ne dici se oggi, dopo la scuola, ci incontrassimo al bar a bere qualcosa?»
Il minore, in risposta, arrossì, e questa volta non faceva parte della sua recita. L’unica cosa sincera in quella scuola era la sua attrazione nei confronti di Jin, che lo aveva appena invitato a stare con lui dopo la scuola. E come poteva Jeon Jungkook rinunciare ad un incontro simile? 
Mostrando il suo dolcissimo sorriso da coniglietto, decise di accettare la sua offerta, giochicchiando un po’ con i capelli che gli spuntavano dietro la nuca.
«Certo, perché no? Solo io e te o anche il tuo amico, Jung Hoseok?»

Quanto era falso. Quanto era fasullo. Era più falso della maglietta di Gucci che vendevano nell’emporio sotto casa sua... orrendo. Jin era letteralmente schifato.
Schifato e deluso da sé stesso, perché in quel momento, stava facendo il suo stesso gioco.
«Oh no, soltanto noi due. Hoseok ha una ragazza, sai... dopo la scuola devono fare le loro cose.» gli fece un occhiolino, sorridendogli «Bene, allora io vado a cercare Hoseok. Devo parlargli. Ci vediamo all’uscita, okay?»
Detto questo, lo lasciò lì, correndo alla ricerca di Hoseok.
O almeno provandoci, perché proprio nel bel mezzo del corridoio, si ritrovò ad andare a sbattere contro l’ultima persona con la quale avrebbe dovuto farsi vedere insieme all’interno della scuola.
Istintivamente, abbassò la voce, esclamando: «Ma vuoi guardare dove vai? Un giorno mi farai impazzire.»
Ma Namjoon non sembrava proprio in vena di giocare con lui, quella mattina. Anzi, il suo sguardo era scuro, quasi intimorente, e non sembrava aver intenzione di staccarsi da quello di Seokjin neanche per un secondo.
Facendo sventolare a mezz’aria per un minuto la letterina che aveva trovato all’interno del suo ufficio, chiese, non preoccupandosi di abbassare il tono di voce: «Questa me la spieghi?»
Jin inarcò un sopracciglio, confuso «Cosa dovrebbe essere?»
«Non fare il finto tonto con me, Seokjin. Non ti si addice.»
Detto questo, lo prese per il braccio e, trasportato dal nervosismo, strinse fino quasi ad infilargli le unghie nella pelle, trascinandolo poi con arroganza verso una delle uscite d’emergenza, sicuro che lì fuori nessuno li avrebbe visti.
Una volta fuori, lo sbatté con molta poca grazia contro il muro, continuando a stringergli il braccio, e costringendo il ragazzo a stringere i denti per il dolore.
«Ma sei completamente impazzito?! Mi fai male, Namjoon, lasciami!»
«Prima mi spieghi che cazzo è questa, e poi forse ti lascerò andare. Muoviti, Kim, e vedi di darmi del lei.»

Jin, dal canto suo, era rimasto completamente scioccato da quel comportamento. Namjoon non era una persona violenta, eppure in quel momento sembrava così arrabbiato dall’essere quasi sull’orlo di una crisi di nervi. E purtroppo, sembrava aver già scelto la sua vittima.
Con molta poca grazia, gli strappò dalle mani il fogliaccio di cui tanto chiedeva spiegazioni, leggendo attentamente ciò che c’era scritto sopra. Frasi spinte, sporche, evidentemente rivolte a lui, scritte con una grafia completamente diversa dalla sua, e che sicuramente non erano frutto dei suoi pensieri.
Senza pensarci due volte, aprendo bene la mano, gli lanciò uno schiaffo, costringendolo a lasciargli il braccio e ad indietreggiare.
«Spiegami TU con quale criterio avresti pensato che questa cosa l’abbia scritta io.» asserì, arrabbiato e deluso «Sei proprio stupido, cazzo. E io che ti do anche retta.»
Detto questo, indicò la firma dietro la letterina, avvicinandosi a lui e ficcandogliela letteralmente negli occhi «Le vedi le iniziali? Ti sembrano le mie? Prenditela con te stesso e sbatti la testa contro il muro, non venire a rompere il cazzo a me per ogni tuo problema. Non sono affari miei.»

Improvvisamente assalito dai sensi di colpa, a Namjoon venne voglia di prendersi a schiaffi da solo. Ogni volta, faceva vedere una parte nuova di sé a Seokjin, e quella volta, purtroppo, non era una parte molto positiva di sé. Perché avesse reagito in quel modo non lo sapeva nemmeno lui, ma l’unica cosa certa era che aveva fatto una gran figuraccia, e che questa volta, l’orgoglio sarebbe stato meglio lasciarlo da parte.
Istintivamente, portò di nuovo la mano sul braccio di Seokjin, preoccupandosi nel momento in cui quest’ultimo, spaventato, si ritrovò a sussultare, senza però allontanarsi.
«Scusa.» mormorò, abbassando lo sguardo «Non faccio mai così, non so cosa mi abbia preso. Scusa.»
Detto questo, iniziò ad accarezzare delicatamente il suo braccio, come per farlo sentire meglio.
Il minore, in risposta, sospirò esasperato «Okay, non fa niente. Per questa volta. Ma la prossima volta, giuro che... che-» si bloccò, spingendolo delicatamente e sorridendogli «Niente. Torno dentro.»
«Aspetta.» allungò nuovamente la mano, prendendolo per il polso «Stai bene? Non ti ho fatto male, vero?»
«Sto bene, stupido.» prima di andarsene, si voltò nuovamente verso di lui «Ah, per oggi niente lezioni. Devo uscire col ragazzino, Jeon Jungkook. Ci vedremo al bar del parco.»
Detto questo, lo lasciò lì, senza neanche aspettare che lui rispondesse. Aveva detto appositamente dove si sarebbe incontrato con Jungkook, e dato ciò che era successo, l’unica cosa che voleva al momento era infastidirlo e farlo sentire in colpa. Namjoon e Jin litigavano e si infastidivano in continuazione, eppure, tra loro c’era chimica. Ed era innegabile. Una chimica evidente, che impediva ad entrambi di stare lontani per troppo tempo l’uno dall’altro.
E di questo, se ne accorgevano entrambi.

Quando finalmente Seokjin trovò Hoseok seduto al bar della scuola, fortunatamente da solo e senza quella palla al piede della sua fidanzata, si sedette immediatamente accanto a lui.
«Amico mio, ho avuto un’idea che potrebbe farci avere molta più notorietà all’interno della scuola, come gruppo.»
«Oh, hey, Jin. Dimmi tutto, veloce.»
Hoseok, mentre pattava il posto accanto a lui per far avvicinare di più il suo amico, cercò in tutti i modi di mostrarsi non troppo giù di morale. Aver visto Min Yoongi in quello stato il giorno prima lo aveva, in qualche modo, riempito di sensi di colpa, e le parole che aveva usato nei suoi confronti lo avevano ferito nel profondo dell’animo. Per tutta la mattinata aveva provato ad individuarlo in giro per scuola ma niente, a quanto pareva quel giorno aveva deciso di restare a casa. Scelta intelligente avrebbe osato dire Hoseok, viste le voci che giravano sul suo conto, messe in giro sicuramente da Jeon Jungkook, il ragazzo di cui non si fidava più molto.

«Prima ascolti ciò che ti dico, e poi mi dici cos’hai. Mh?»
Seokjin conosceva Hoseok come le sue tasche, e sapeva per certo che, quando non sprizzava gioia da tutti i pori, gli doveva per forza essere successo qualcosa. Non sapeva cosa, ma il suo migliore amico glielo avrebbe detto presto, con le buone o con le cattive.
«Ora senti cos’ha in serbo per te il tuo migliore amico.» asserì, circondandogli le spalle con un braccio «Una festa in maschera all’interno della scuola, organizzata esclusivamente dal nostro gruppo. Parteciperanno tutti, e ci porteremo un bel po’ di notorietà tra studenti e professori, perché inviteremo anche loro, inclusa la preside. 
Ovviamente bisognerà chiederlo prima a Bom, ma a quella basta fare un po’ di moine e il gioco è fatto.»
«Tu sei un pazzo, Kim Seokjin. E io sono ancora più pazzo perché sì, facciamo questa cazzo di festa, ci sto. Per la professoressa Park non ci sono problemi, ormai la vedo ogni pomeriggio, potremmo considerarci migliori amici. Ma come la mettiamo con l’altro gruppo? Non lo inviteremo mica, no?»
«Dei Rolling Diamonds non devi preoccuparti, ci pensa Jin. Il tuo amico ha tutto sotto controllo, mio caro, non sono mica uno sprovveduto.» accavallò le gambe, rivolgendogli un occhiolino «Ho già pensato a tutti i particolari. Prima regola: ognuno dovrà essere obbligatoriamente mascherato, e nessuno potrà svelare a nessuno la propria identità. In questo modo, si faranno nuove conoscenze, e si eviterà anche il problema delle vipere. Così loro potranno tranquillamene spassarsela, senza pensare a rovinare la serata a nessuno dei presenti.»
Detto questo, si sedette più comodamente, appoggiando un gomito sulla sua spalla e facendosi più serio.
«E ora? Mi vuoi dire che succede?»
A quella domanda, Hoseok stese un braccio sul tavolo che avevano di fronte, sorreggendosi il capo con la mano dello stesso, voltandosi verso il suo amico.
«Jeon Jungkook. Che ne pensi?»

Eccolo, era arrivato. Il momento di raccontare tutta la verità a Hoseok. Infondo, erano giorni che Seokjin nascondeva delle cose al suo migliore amico, non lo trovava giusto. Doveva metterlo al corrente di quello che era successo in quei giorni.
«Jeon Jungkook?» chiese, sospirando «È un falso ipocrita. L’ho capito dalla prima volta che ci ho parlato. Ma non ho finito. Devo raccontarti un bel po’ di cose.»
Hoseok sembrava confuso «Quali cose?»
«Ti conviene prendere i popcorn. Ti terrò fermo qui per un bel po’.»
«Falla finita, Jin. Che succede?»
Senza mai fermarsi, iniziò a raccontargli tutto per filo e per segno, dal primo giorno di ripetizioni al ritrovamento del certificato di nascita; dalla cena con Namjoon fino a quella mattina, spiegandogli anche per quale motivo dovesse farsi amico Jungkook.

........

Hey guysss 
Sono tornata con un nuovo capitolo, e qui finalmente entra in scena un personaggio di cui finora abbiamo sentito soltanto parlare: Park Jimin.
E purtroppo, in questa storia non è il Jimin che tutti amiamo e conosciamo, dimenticatelo quello, perché qui non ci sarà. Anzi, probabilmente arriverete persino ad odiarlo, ma questo me lo potrete dire soltanto voi.
Nel frattempo, il nostro Jin ha finalmente chiesto a Jungkook di uscire. Scoprirà qualcosa sulla storia di Yoongi? Oppure questo appuntamento si rivelerà un flop? E Namjoon? 
Beh, alla prossima~

-Glaceeonx

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Capitolo 7
*** Festa in maschera ***



Dopo aver parcheggiato la sua adorata auto nel parcheggio dietro scuola, Namjoon fu subito raggiunto da Park Bom, la psicologa e vicepreside che a scuola tutti amavano per motivi ovvi, ma che lei, da brava ingenua, ignorava completamente. Inizialmente seguì la conversazione con parecchio disinteresse, pensando volesse raccontargli altre frottole sulla sua complicata vita privata; però, dopo che gli comunicò qualcosa a proposito di una festa in maschera che si sarebbe tenuta nell’auditorium dell’istituto quella sera stessa, si ritrovò parecchio coinvolto, soprattutto quando gli rivelò il nome dello studente che aveva avuto quella geniale idea. Chi altri se non Kim Seokjin? 
Nonostante soltanto tre giorni prima sembrava volessero prendere le distanze, se lo ritrovava ovunque, e la cosa era insopportabile. Troppo spesso si incrociavano nei corridoi, e nessuno dei due aveva il coraggio di salutare o fare un minimo cenno rivolto all’altro. Trovando una qualche scusa per sfuggire alle chiacchiere della professoressa Park, lasciò quel parcheggio troppo spoglio per i suoi gusti e si diresse verso l’entrata dell’istituto, che pullulava di studenti.

......

Dopo essere arrivata a scuola piuttosto in ritardo per via di diverse commissioni arretrate, Lee Chaerin aveva immediatamente convocato Bom nel suo ufficio. Era il suo braccio destro, la sua migliore amica e la sua più fidata confidente, oltre che la sua vice e la sua assistente.
Di Bom poteva fidarsi, le aveva raccontato letteralmente ogni cosa della sua vita e lei era sempre stata una completa tomba. Non aveva mai spifferato le sue cose in giro, con nessuno. 
«Bom, è sparito il certificato di nascita. Quello del mio figlio maggiore.»
Quando le aveva detto queste parole, aveva visto il terrore nei suoi occhi. Era come se in un certo senso si sentisse coinvolta, dato che era l’unica a sapere dell’esistenza di quel figlio. Per tutti, Chaerin era semplicemente la madre single della sua figlioletta di quattro anni, che amava con tutta l’anima, e che aveva tenuta sempre ben nascosta dagli occhi del suo irresponsabile padre.
«E sospetto che sia stato Kim Namjoon a rubarmelo. Se fosse finito nelle mani sbagliate, sarei fottuta. 
Ascoltami, voglio che tu gli stia addosso. Controllalo, spialo, non perderlo d’occhio nemmeno per un minuto. E se sta collaborando con qualcuno, per favore, scoprilo, e fammelo sapere al più presto. Chiaro? 
Ora andrò a parlarci io. Dopodiché, tu comincia a stargli dietro.»

Dopo aver avuto quella breve chiacchierata con Park Bom, si era diretta nell’ufficio del suo peggior nemico, con delle decorazioni per la festa di quella sera tra le mani.
«Buongiorno, Kim Namjoon.» aveva salutato, sorridente «Tu che sei giovane e forte, dammi una mano ad appendere questi striscioni nei corridoi. Il ragazzo che ha avuto quest’idea della festa è davvero un genio! Penso gli darò un’altra borsa di studio!»

Pensava di essere furba? Con uno stupido pretesto sperava davvero di poter avere del tempo per mettere a soqquadro il suo ufficio alla ricerca di quel pezzo di carta. Che illusa, povera donna.
Quale pirata nasconde il forziere stracolmo d’oro a bordo della propria nave?
«Oh, suvvia, Lee Chaerin, lascia questo lavoro ai ragazzi, loro sono più giovani e forti di noi due messi assieme. Abbiamo altri compiti, non credi? 
Inoltre, questo potrebbe essere il momento migliore per invogliare i ragazzi a fare gioco di squadra, rafforzando il rapporto che c’è tra ognuno di loro. La tua assistente sarebbe fiera di te, credimi.»
Detto questo, fece spallucce, rivolgendole un sorriso vittorioso, e tornò sui suoi fascicoli, sperando che anche questa volta se ne sarebbe andata via senza perdere altri minuti preziosi. 

«Sai cosa penso?»
Lasciando le decorazioni cadere a terra solo per fargli dispetto, Chaerin si avvicinò alla scrivania di Namjoon, sedendosi esattamente di fronte a lui ed accavallando le gambe.
«Io penso... che tu non mi voglia tra i piedi proprio perché stai nascondendo qualcosa. E stai certo che scoprirò cosa tu stai nascondendo.
Esattamente come quattro anni fa ho trovato... quella specie di vermino masticato che tieni ben nascosto tra le gambe.» gli rivolse il più largo sorriso che avesse, per poi rialzarsi dalla sedia «Non giocare col fuoco, Kim Namjoon. Non sei furbo quanto lo sono io, e per potermi nascondere quello che cerco fino alla fine, dovresti avere al tuo fianco almeno una guardia del corpo o un agente della CIA, perché non mi fermerò finché non ti avrò tolto la maschera.» buttò un occhio alle decorazioni, sparse tutte in terra «E dai una pulita qui. Quanto sei disordinato.»
Detto questo, la preside uscì dalla stanza, senza degnarlo più neanche di un solo sguardo.

.....

La sua festa era appena cominciata e sembrava già un successone. Sul palco, tutte le maschere avevano la possibilità di esibirsi di fronte a tutti con delle cover, ricevendo applausi su applausi; la musica era alta, di tutti i generi e di tutte le lingue, e l’auditorium era stato riempito di roba da mangiare e da bere di tutti i tipi. Era giunta già metà scuola tra professori ed alunni, e tutti loro erano mascherati così bene da essere irriconoscibili: quella festa sarebbe stata un completo successo, se tutto fosse andato come doveva andare.

«Allora, Jungkook, come ti sembra?» 

Seokjin aveva portato il figlio del demonio con sé soltanto per farselo ancora più amico e farlo bere il più possibile. Magari, da ubriaco, non era poi così furbo, ed avrebbe potuto spifferare qualcosa di estremamente interessante. 
Inoltre la sua maschera era in assoluto la più squallida ed imbarazzante di tutta la festa.
L’unica maschera che in quel momento non vedeva l’ora di vedere, era la bellissima Cleopatra. Hoseok con le scommesse non era proprio bravo, probabilmente lo avrebbe preso per il culo per tutta la serata a venire.

«Mh? La festa? È bella, non c’è che dire.» aveva risposto Jungkook, nel suo costume da topo, mentre si guardava attorno con fare curioso e quasi irritante. 
Sapeva di essere piuttosto imbarazzante con quel costume addosso, aveva ricevuto diverse occhiate divertite al suo ingresso, ma per preservare la sua immagine da perfetto angioletto avrebbe fatto quello e tanto altro. Il suo compagno, invece, era il suo completo opposto: con quel costume alla Jack Sparrow non solo era un gran figo, ma aveva pure un’aria affascinante, che aumentò solamente la sua attrazione nei suoi confronti. Più volte, Jungkook si ritrovò a fissare Jin per parecchi minuti, senza dar conto alle sue parole.

Quest’ultimo, dal canto suo, prima ancora che potesse iniziare ad ubriacarsi, aveva visto entrare Cleopatra nell’auditorium che, dopo aver lasciato la sua bella a parlare con il gruppetto di puttanelle accanto al buffet, si guardava intorno, probabilmente alla ricerca di un suo probabile salvatore.
Sapendo che non l’avrebbe mai riconosciuto in mezzo a quel groviglio di maschere, Jin iniziò ad avvicinarsi, un bicchiere di coca e rum in mano, e l’espressione più sbigottita che potesse esistere al mondo.
«Mi dispiace, Cleopatra, ma qui non incontrerai nessun Marcantonio.»
Aveva cercato di trattenersi in tutti i modi, ma alla fine non ci era riuscito e, sfacciatamente, gli era scoppiato a ridere in faccia, emettendo dei rumori piuttosto strani, mentre si teneva la pancia con una mano.
«Oh, porca troia, sei fantastico!» aveva esclamato, dandogli una botta sul braccio «Oddio, non ce la faccio! Fammi ubriacare, devo dimenticarmi presto di come sei vestito!»

«Va al diavolo, Jack.»
Quel figlio di puttana era Seokjin. Hoseok lo avrebbe riconosciuto anche ad occhi chiusi, in fondo, era pur sempre il suo migliore amico.
«Ammettilo, sono anche più attraente del solito vestito così. Non è eccitante, questa scollatura?»
Detto questo, si permise di rubargli il bicchiere dalle mani, prendendone subito un sorso ed assumendo un’espressione disgustata a causa del sapore di quella brodaglia.
«Ma che schifo! Ma che cazzo bevi?»

Quell’astemio del cazzo che rispondeva al nome di Jung Hoseok avrebbe fatto meglio ad ubriacarsi, quella sera, o Seokjin non l’avrebbe più guardato in faccia.
Che era quella smorfia da ragazzetto amante dell’acqua minerale? Avrebbe tanto voluto scompigliargli la parrucca nel momento in cui, tra la folla, aveva scorto proprio un tipo vestito da guerriero romano che non era affatto male.
Fosse stata Jin Cleopatra, l’avrebbe già messo a pecora in un angolo della sala. 
Diede una spallata ad Hoseok e si riprese il bicchiere, bevendolo tutto d’un fiato.
«Ma guarda, ho trovato Marcantonio. Vacci a parlare, sia mai che non ti faccia dimenticare per un attimo quella palla al piede della tua ragazza. 
Io nel frattempo, vado a far vedere alla gente come facciamo le cose, qui.»
Detto questo, lasciò il suo migliore amico alle sue nuove conoscenze, portandosi appresso Jungkook e chiedendogli di aspettarlo sotto al palco, mentre lui saliva alla console, prendendo per un attimo il posto del dj ed afferrando immediatamente il microfono.
«Allora! Questa è una festa o un funerale?»

.....

Feste liceali, uno dei ricordi di quel fantastico periodo della vita di Kim Namjoon che più preservava nella sua memoria. Serate che iniziavano con amici poco prudenti che ti versavano qualche bicchiere in più e poi nulla, iniziavi a vivere sul serio, dando il meglio-ed il peggio- di te bloccando l’attività all’interno del tuo cervello per le successive quattro o cinque ore. Gli ending, poi, tanti e differenti: una volta finivi a vomitare anche l’anima all’interno del bagno di casa, in quel momento visto come unico salvavita; un’altra volta, invece, con un pizzico di fortuna, riuscivi a finire a letto con una delle tante cotte conosciute la sera stessa. 
Quei tempi erano finiti, e già da un bel pezzo ormai: quella volta si stava presentando all’ennesima festa liceale in qualità di insegnante nelle vesti di un raccapricciante-e perché no, anche sensuale- vampiro da quattro soldi.
Dunque, per lui, non esistevano né alcol in smisurate quantità, né droga, né sesso. Si sarebbe goduto la serata nella maniera più semplice possibile, tenendo sempre un occhio di riguardo su ciascuno studente presente a quella festa. Era buono con i suoi alunni, ma non troppo. Utilizzò l’entrata secondaria, giusto per non dare troppo nell’occhio, e si ritrovò subito in mezzo ad un ammasso di corpi caldi e sudati, che di tanto in tanto facevano rovesciare dai loro bicchieri il poco che restava da bere. Si sentiva parecchio a disagio in quella situazione, soprattutto a causa delle maschere: sperò vivamente che nessuno l’avrebbe approcciato. 

.......

Era un dj perfetto. Da quando era salito lui alla console la gente stava dando il meglio di sé: le ragazze avevano iniziato a scatenarsi a ritmo di musica punk, ed i ragazzi erano tutti alquanto felici di quell’ammasso di belle mascherine che muovevano le chiappe a suon di musica. Alcune persone, probabilmente, da ciò che Seokjin stava mettendo alle casse, lo avrebbero riconosciuto immediatamente, ma cosa gliene importava? In fondo, l’importante lì era divertirsi, e si stavano tutti divertendo.
Alla sua richiesta di urlo libero, ed al suo cambio di canzone, che variò completamente genere, tutti fecero quello che lui aveva detto, inondando la stanza di urla.
Dopodiché, lasciò il posto al dj originale, scendendo dal palco e raggiungendo di nuovo Jungkook.
«Hey, vieni a bere! Almeno tu, dammi questa soddisfazione!»
Lo prese per il braccio e lo portò al banco degli alcolici, mettendosi all’opera e facendo due mojiti, uno per uno, saltando a ritmo di musica.
«Quei figli di puttana dei Rolling Diamonds hanno sicuramente un po’ d’erba. Dopo li vado ad abbordare, cazzo. Per lo meno stasera dovremmo andare tutti d’accordo.»

Fottuto Kim Seokjin, dall’inizio della serata non aveva fatto altro se non fargli bere qualsiasi cosa, peggiorando altamente la sua situazione. L’alcol gli stava offuscando la mente e la maschera da perfetto angioletto era in procinto di cadere, rivelando ciò che Jungkook era davvero. Ma come poteva combattere contro i suoi istinti di fronte ad un ragazzo del genere? Si scolò ciò che gli aveva offerto in qualche sorso, gettando poi il bicchiere di plastica da qualche parte sul pavimento.
«Ma quale erba, Kim Seokjin. Ah, cazzo, fa troppo caldo qui dentro, usciamo a prendere una boccata d’aria, non si respira.»
Decise di mandare al diavolo, almeno per quella sera, tutto il suo piano, solamente per dedicarsi alla preda che aveva sottomano.
Raggiunse velocemente il polso del suo compagno, afferrandolo saldamente, e cominciò a dirigersi velocemente verso l’uscita secondaria dell’auditorium.

Lo vedeva, dopo solo quattro o cinque cocktail, il ragazzino stava già cominciando a vacillare. 
Quella stessa sera, Jin avrebbe scoperto se Jeon Jungkook fosse effettivamente l’angioletto che tutti credevano che fosse, o se fosse esattamente l’opposto di quell’angioletto, ovvero un falso ipocrita che tutti i giorni, prima di entrare a scuola, metteva su un bel teatrino, riuscendo ad ingannare tutti con quella vocina stridula e fastidiosa.
Accettò comunque di buon grado la sua richiesta, prendendola come una buona occasione per fumarsi una sigaretta e poter riposare un po’ le orecchie da tutta quella musica alta. Così lo seguì, andandogli dietro senza fiatare, ma non prima di essersi portato dietro anche una bella bottiglia di birra. Non poteva certo rimanere a secco, mentre era fuori. Sempre meglio con l’alcol che senza.
«Ottima idea, ma tra poco avrò voglia di tornare dentro. In fondo, è pur sempre la mia festa.»
Prese il pacchetto di sigarette da dentro la tasca e se ne accese una, mentre dai corridoi passavano all’uscita principale, quella che portava al cortile, di fronte alla fontana.
«Festa? Tu quella la chiami festa?» replicò il minore «Conosco feste migliori, Kim Seokjin.»
Senza nemmeno staccargli gli occhi di dosso, Jungkook si era andato a poggiare sul bordo in marmo della fontana, continuando a squadrarlo da capo a piedi e soffermandosi sui punti del suo corpo che riteneva più paradisiaci e che fremeva dalla voglia di scoprire. Oh sì, perché l’avrebbe fatto.
Sotto il pieno controllo dell’enorme quantità di alcol che aveva ingerito e che ormai gli scorreva nelle vene, si avvicinò alla sua figura, arrivandogli proprio di fronte e premendo, seppur minimamente, il suo corpo contro quello del più grande, sperando sentisse l’erezione che gli aveva provocato.
«E non serve nemmeno un gran numero di partecipanti. Bastiamo io e te.»

....

Una serata tranquilla e piacevole, andava tutto come pianificato. Namjoon se ne stava vicino al banco degli alcolici ad osservare il tutto, cercando di evitare le ragazzine che, di tanto in tanto, cercavano di approcciarlo. Povere, non avevano la minima idea di chi potesse esserci sotto la sua maschera, ma come potevano, dopotutto? 
Ad un tratto, con la coda dell’occhio, scorse una coppia di maschere dirigersi velocemente fuori dall’auditorium, utilizzando però l’uscita secondaria.
Scattò così in Namjoon l’istinto da insegnante e, senza nemmeno pensarci su, decise di seguire i due ragazzi. Non poteva permettere che due studenti andassero ad appartarsi da qualche parte nella scuola. 

.....

Quel ragazzino impertinente era già abbastanza ubriaco, e lo stava dimostrando, mostrandosi completamente sincero. Così sincero che, quando Jin lo sentì attaccarsi a lui come una cozza, riuscì a percepire un’erezione già bella che pronta a sfregare proprio in punti nei quali non avrebbe mai dovuto sfregare.
Ma quella parte della serata era assolutamente perfetta per il suo piano. Più si sarebbe avvicinato a Jungkook, più lui si sarebbe fidato, e più lui si sarebbe fidato, più avrebbe parlato. E più avrebbe parlato, più avrebbe sputato fuori la verità.
«Bastiamo io e te? E allora dimostramelo, ragazzino.»
Aveva deciso di stare al suo gioco, e ormai non poteva più tirarsi indietro. Così si avvicinò un po’ di più a lui, in modo che sentisse chiaramente il suo respiro contro le sue labbra.

«Con piacere, Jin.»

Fottendosene altamente della sua immagine pura, Jungkook si attaccò velocemente, quasi fosse un bisogno, alle sue labbra, spingendoci all’interno la lingua, che subito incontrò la sua compagna. Con suo grande piacere lo sentì ricambiare quel bacio pieno di lussuria ed arrivò ad afferrargli qualche ciocca di capelli dietro la nuca, stringendosela non troppo forte tra le dita.


Ecco, sapeva che sarebbe successo. Per fortuna non erano corsi nei bagni dell’istituto. Namjoon non voleva assolutamente che due studenti venissero espulsi proprio in una serata del genere. Ma, comunque, decise di intervenire: per fare queste cose ci sono luoghi e luoghi, e di certo il cortile della scuola non rientra in quella categoria. 
Con le mani nelle tasche e parecchio scocciato, Namjoon si avvicinò alla coppia intenta a divorarsi, schiarendosi la voce e sperando lo notassero.
«Ragazzi, che ne direste di cambiare postazione? Siete fortunati che sia stato io a scoprirvi.»
Detto ciò, si tolse la maschera dal viso, tenendone l’elastico tra le dita ed aspettando che i due si voltassero nella sua direzione.

Non ci poteva credere. Jin era così incredulo nel vedere proprio Kim Namjoon lì di fianco a noi, con quel costume addosso e quell’espressione da maestrino responsabile, che quasi gli venne da ridere.
Portando entrambe le mani ai fianchi, si voltò verso Jungkook, facendogli cenno di rientrare a scuola.
«Puoi aspettarmi dentro? Io dovrei un attimo scambiare quattro paroline col professore. Ti raggiungo subito, okay?»

Una volta che il topo ridicolo uscì di scena, Seokjin tornò di nuovo all’unica persona che in quel momento avrebbe tanto voluto fosse al posto di Jungkook, soffermandosi per qualche secondo su come fosse vestito e mordendosi il labbro inferiore di conseguenza. Messo in quelle vesti era ancora più attraente, lo era così tanto che quasi non si ritrovò a perdere l’autocontrollo.
Ma per fortuna, Kim Seokjin di autocontrollo ne ha da vendere, e si alzò immediatamente la maschera sulla fronte, rivelando finalmente la sua identità a quel mammalucco.
«Non riesci proprio a starmi lontano, è più forte di te.»

Nel momento in cui il ragazzo davanti ai suoi occhi si alzò la maschera, Namjoon sentì un minimo di delusione farsi spazio nel suo cuore. Si era creato una precisa-ma non troppo- immagine di Seokjin, dunque ritrovarlo aggrovigliato ad un altro ragazzo in quel modo ed in pieno pubblico lo lasciò parecchio perplesso. In qualche modo, era come se gli avesse dato fastidio, non per la trasgressione in sé, perché probabilmente anche lui lo avrebbe fatto se si fosse ritrovato nei suoi panni. E allora perché diavolo sentiva quella fastidiosa sensazione alla bocca dello stomaco?
«Ah, Seokjin?» alzò le sopracciglia: non aveva la minima idea di cosa dire o cosa fare, così si limitò a fare la figura dello stupido, restando a fissarlo per qualche secondo. Per finire, si schiarì nuovamente la voce, cercando di togliersi dalla mente l’immagine di qualche minuto prima.
«E così sei un ribelle, eh? Mi ricordi me alla tua età.»

Sicuro di sé stesso, e sicuro del fatto che in quel momento Namjoon stesse letteralmente esplodendo, Jin si avvicinò di qualche passo, sorridendogli malizioso. Che Kim Namjoon lo volesse o no, era lui a tenere le redini fra loro due, e se quella battaglia al comando sarebbe durata, Jin l’avrebbe continuata fino alla fine. Quel maledetto insegnante si  era già permesso più volte di cercare di mettergli i piedi in testa, ed ora che era in quella situazione, perché non continuare ad infastidirlo?
«Oh, perché? Non te n’eri già accorto prima? Pensavo sapessi abbastanza bene come sono fatto.» si avvicinò ancora un po’ fino a costringerlo ad indietreggiare, bloccandolo tra lui ed il bordo della fontana «Ora direi che siamo pari. Tu con il tuo ammiratore segreto, io con quel bel topolino da festa. Direi che siamo proprio fatti per assistere l’uno alle romantiche scenette dell’altro.»

Troppo vicino. Un campanello d’allarme iniziò a risuonare come un matto all’interno della testa di Namjoon, tenendolo sveglio e non lasciandolo prendere dalla situazione. Detestava il fatto che quel ragazzino avesse il controllo di tutto, lo rendeva in un certo senso impotente. Dunque, cercò di sovrastarlo e fece un passo nella sua direzione, costringendolo così ad indietreggiare a sua volta.
«E ora, che fai? Crei una scenetta romantica solo tra noi due?»
Cercò di non staccare il suo sguardo da quello di Seokjin, fermo proprio come il suo. Farlo avrebbe rappresentato una sconfitta e, grazie a ciò, avrebbe scovato la sua tensione in quel momento.
Fu come una specie di gara: purtroppo, Namjoon perse, trovando qualcosa di ancora più invitante di quel paio di occhi color nocciola. Le sue labbra, poco distanti dal suo viso, chiedevano di essere guardate e desiderate, magari anche assaggiate. Ma si tolse subito dalla mente quel pensiero, ritornando sui suoi occhi, che dovevano essersi accorti del suo errore.

Lo aveva costretto ad indietreggiare di un passo, venendo verso di lui. Ma non aveva affatto risolto la situazione, perché si ritrovavano nella medesima posizione di qualche secondo prima, faccia a faccia, occhi dentro occhi, a fare a gara a chi reggeva più lo sguardo dell’altro.
Ovviamente vinse Jin, come da manuale, dato che lo sguardo del più grande ad un certo punto aveva iniziato a vacillare, posandosi proprio sul punto del suo viso sul quale non si sarebbe mai dovuto posare, secondo le sue rigidissime regole da maestrino ben educato.
A quel punto, gli prese il mento, facendogli di poco alzare la testa, nonostante Jin fosse molto più basso di lui. Ma era come se la faccia di Namjoon, in quel momento, stesse seguendo esattamente la stessa traiettoria dei suoi occhi. E la cosa, a Jin piaceva. Eccome se gli piaceva.
«Pensi che non mi accorga di dove vai a guardare, tesoro?» lo stuzzicò, un ghigno compiaciuto sul volto «Beh, questo punto direi ‘Jin uno, Namjoon zero’. No?»
Detto questo, lasciò il suo mento, tornando con le mani sui fianchi, senza minimamente abbassare lo sguardo.
«E poi, scusami, ma sei tu quello che è venuto qua e ora che potresti anche andartene non lo fai. Non ti stai muovendo di qui. Devo dedurre che davvero non riesci a starmi lontano, professor Kim?»

Kim Seokjin, che razza di maledizione gli aveva lanciato contro? L’effetto del suo tocco fu così devastante che Namjoon si ritrovò a non riuscire ad aprir bocca, le parole morte e racchiuse in gola. 
Troppo sconvolto per poter dire qualcosa, pensò che agire sarebbe stato meglio. Così, alzò velocemente la sua mano destra, gelida come un cubetto di ghiaccio, e la portò a contatto con il suo bel viso, liscio e molto più caldo. Infine, lentamente, senza nessuna fretta, si sporse in avanti, raggiungendo ciò su cui aveva osato posare gli occhi solo qualche secondo prima.
O almeno fu quello che immaginò di fare. Se non si fossero trovati in quel cortile, sotto gli occhi di chiunque fosse uscito dalla porta della scuola, lo avrebbe fatto, preso dall’enorme desiderio che stava crescendo in lui.
Invece, si passò due dita sul punto da lui precedentemente toccato, cercando di controllare il suo respiro.
«Potrei andarmene, ma sei tu a trattenermi qui, Kim Seokjin. E comunque, ancora utilizzi il tu. Pensavo fossimo tornati a semplici professore e studente.»

A quel punto, vedendolo letteralmente sul punto di scoppiare-non che lui stesse meglio, sapeva semplicemente fingere in modo migliore-, Jin decise di spingersi oltre e, avvicinandosi ai limiti dell’impossibile, mise un dito tra le labbra di Namjoon e le sue, sfiorandogliele dolcemente, come stesse toccando qualcosa di estremamente fragile che rischiava di rompersi da un momento all’altro. Erano screpolate a causa del freddo, ma rimanevano pericolosamente invitanti.
«Già, forse è tutta colpa mia, vero?» sussurrò, passandogli nuovamente un dito sul labbro inferiore, senza smettere neanche per un attimo di guardarlo negli occhi «Allora sarà meglio non tenerti qui ancora per molto, giusto?»
Gli sorrise beffardo, allontanandosi di scatto e cominciando a camminare verso la porta, senza però voltarsi verso di essa, ed abbassandosi la maschera sul viso prima di farlo.
«Ci vediamo, professore.»


*****

Hello everyone.
Come state dopo il comeback? Io non molto bene. Ho trovato l’album e la title veramente bellissimi, e quel ‘come be my teacher’ di Jin mi ha fatto subito pensare a questa ff.
So che avreste davvero voluto il bacio, ma mi dispiace, dovrete ancora aspettare. I nostri Namjin ci metteranno un bel po’ di tempo prima di scoprire che ciò che provano l’uno per l’altro non è solo attrazione fisica.
Scusate per l’assenza, srsly, ma gli impegni non mi lasciano mai libera.

Anyways spero che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento, alla prossima~

-Glaceeonx

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Capitolo 8
*** Si va in scena! ***



La festa di due sere prima era stata un completo successone, non solo per il divertimento generale, ma anche perché, finalmente, aveva fatto completamente impazzire quel cazzone di Kim Namjoon. Se proprio voleva fare il gioco duro, allora avrebbero giocato, ma Jin avrebbe giocato bene, e la sua pedina si chiamava Jeon Jungkook.
Una volta arrivato a scuola infatti, lo aveva raggiunto al bar, sedendosi accanto a lui, come soltanto un grazioso fidanzatino saprebbe fare.
«Hey» gli sorrise, ma non prima di avergli stampato un bacio sulle labbra, lì, di fronte a tutti. Ormai, il senso di colpa per essere un completo falso non lo sentiva neanche più. In fondo non stava tradendo nessuno, era libero di fare quello che voleva.

.....

Non appena Hoseok mise piede a scuola, si aggirò per tutti i corridoi dell’immenso istituto in cerca di quel pirla che portava il nome di Kim Seokjin, pronto ad ucciderlo con le sue stesse mani. Il suo ‘migliore amico’ lo aveva lasciato solo per un’intera serata organizzata da lui stesso, poi finita nel peggior modo possibile, per fare chissà cosa. I fratelli vengono prima di tutto, questo era il loro motto, ma a quanto pareva doveva essersene completamente dimenticato.
Quando finalmente lo trovò in caffetteria, seduto proprio accanto a quella piccola serpe di Jeon Jungkook, fu sul punto di urlare il suo nome a squarciagola per poterlo far voltare in sua direzione e, in qualche modo, mostrargli la sua ira. Peccato, perché all’improvviso si sentì come bloccato, le parole ferme in gola, tutto ciò a causa della terrificante scena che gli si stava palesando davanti: Seokjin si era appena avvicinato al viso del ragazzino e gli aveva lasciato un dolce bacio, proprio sulle labbra.
Oh, eccolo il motivo della sua scomparsa due sere prima.
«Kim Seokjin.» aveva incalzato, avvicinandosi alla ‘coppia’ con la faccia da pesce lesso e la bocca quasi spalancata: non poteva crederci. Perché proprio Jeon Jungkook tra tutte le possibili scelte?

Solo quando lo aveva sentito chiamare il suo nome, Seokjin si era ricordato del suo migliore amico. La sera della festa lo aveva lasciato completamente al suo destino, e non si erano raccontati nulla di ciò che fosse successo.
Certo, doveva lavorarsi Jungkook, ma il suo migliore amico, in quel momento, era la persona più importante.
Così, si voltò verso il suo nuovo fidanzatino, rivolgendogli un dolcissimo sorriso «Jungkook, ci vediamo in auditorium. Devo parlare un secondo con Hoseok. Okay?»
Come un obbediente cagnolino, a quelle parole, il figlio del demonio si era alzato dalla sedia ed era entrato a scuola, lasciandolo solo con Hoseok, che Jin prese per il braccio, facendolo sedere al posto di Jungkook.
«So cosa stai pensando.» asserì, prima che suo fratello potesse parlare «E posso dirti che non è assolutamente come pensi tu.»
In quel momento, si ritrovò a pensare a due sere prima, e decise di focalizzare tutta la sua attenzione su di lui. In fondo, non sapeva se avesse fatto qualche conquista vestito da Cleopatra.
«Ma di me parleremo dopo. Allora? Che hai fatto, l’altra sera?»
«Che ho fatto, l’altra sera?» ripeté Hoseok, come per canzonarlo«Oh, mi sono solamente fatto prendere per il culo da Min Yoongi, tutto qua. E questo perché non trovavo né te, né nessuno del gruppo. Oh, più tardi alle prove li ammazzo di esercizi. Stessa cosa vale per te.»
Sempre la solita storia. Min Yoongi di qua, Min Yoongi di là, Min Yoongi sopra e Min Yoongi sotto. Ce lo aveva sempre sulla bocca, ed onestamente Jin non capiva se fosse perché lo odiasse sul serio, o perché in fondo in fondo un po’ gli piacesse.
Ma su questo decise di tenere la bocca chiusa, e cominciò tranquillamente a mangiare il suo cornetto al cioccolato, senza preoccuparsi delle sue minacce. In fondo, fare un po’ di esercizio in più non guastava affatto.
«Min Yoongi? Che ha fatto stavolta?»
«Stavolta ha sorpassato il limite, è una persona crudele, se le merita eccome tutte quelle voci che girano sul suo conto.» rispose «Era vestito da romano, quello psicopatico. Mi ha approcciato ed io sono caduto nella sua trappola, così, come un ingenuo. Mi ha fatto credere di essere un’altra persona, ed io- oh, ma dai, Jin, si può essere così infami?!»

Al sentire quelle parole, Seokjin si portò una mano alla fronte, ridacchiando divertito. 
Hoseok sembrava un dodicenne alla sua prima cotta, e non perché pensava gli piacesse Min Yoongi, ma perché ne era sicuro, tanto quanto era sicuro di chiamarsi Kim Seokjin. Erano settimane che non parlava di Sooyoung, quel ragazzo parlava solo ed esclusivamente di Min Yoongi. E se Jin conosceva quest’ultimo, e lo conosceva, gli pareva abbastanza impossibile che fosse stato proprio lui ad approcciare una persona ad una festa, e se conosceva Hoseok, e lo conosceva come le sue tasche, gli pareva invece abbastanza palese che invece fosse stato proprio lui ad avvicinarglisi. In più, era impossibile che Yoongi sapesse come sarebbe andato mascherato Hoseok alla festa, perché nessuno del loro gruppo parlava con lui.
L’unico che gli si avvicinava sempre e comunque era proprio Hoseok.
«Sai cosa penso?» asserì, accavallando le gambe «Penso che 1, tu sia troppo paranoico: Nessuno del nostro gruppo ha mai sopportato Yoongi, figurati se qualcuno possa essere andato a dirgli come proprio tu ti saresti mascherato, che 2, non sia stato affatto lui ad avvicinartisi, perché io Yoongi lo conosco e so che socializzare con persone che non conosce non è proprio il suo forte, e che 3, dovresti lasciare Sooyoung al più presto. Ti conviene, amico. Fidati di me.»
«Io paranoico? Con quella maschera sul viso era tutt’altra persona, te lo dico io! Fingeva, quel figlio di puttana! E lo faceva così bene, Jin, cristo. Ho addirittura pensato che il suo sorriso fosse bello, e quando ha rivelato il suo volto-»
Hoseok sbuffò infastidito. Ripensare al sorriso del Marcantonio di due sere prima lo irritava, semplicemente perché quel sorriso, purtroppo, apparteneva a Min Yoongi. Non se la meritava proprio una cosa così, quella serpe.
«Poi, mi spieghi cosa c’entra Sooyoung in tutto questo? Perché la tiri fuori proprio ora?»

«Dio mio, Hoseok. Ma come fai a essere così ingenuo?»
Mentre il suo migliore amico parlava, a Jin sembrava di star assistendo ad una di quelle scenette dei film per ragazzi. Roba come Hannah Montana o simili. Quelle classiche scenette in cui la protagonista incontra il cattivo ragazzo di turno e comincia a parlare continuamente di lui perché in fondo al suo cuore sa di volerselo scopare. Ecco, Hoseok con Yoongi era proprio così.
«Io ti voglio bene, davvero, sei il fratello che non ho mai avuto, ma quando ti comporti così, cazzo, almeno io devo fartelo notare.
Tu ti sei inculcato in testa quest’idea che quel poveraccio viva esclusivamente per dare fastidio a te, ma il tuo non si chiama pregiudizio. Quello, su Min Yoongi, ce l’ho anch’io.» mentre parlava, si accese velocemente una sigaretta «Il comportamento che stai assumendo tu è proprio quello di una persona che pretende attenzioni. Speri di essere talmente importante per questo Min Yoongi, che lui viva esclusivamente per farti i dispetti?
Datti una svegliata.»
«Kim Seokjin! Quello ingenuo qui sei tu, te lo ripeto, con quella maschera addosso era una persona completamente diversa! Ed io spero di essere proprio nulla per quel buffone, lasciatelo dire, ti fai troppi film mentali.» distolse lo sguardo per un secondo, poi decise di cambiare argomento «Tornatene dal tuo professore, piuttosto, invece di limonarti Jeon Jungkook davanti a tutta la scuola. Ma non ti fa schifo, quella sottospecie di gnomo malvagio?»

«Io te l’ho detto. Nel frattempo lascia Sooyoung, poi ne riparliamo in un secondo momento.»
Dopo aver detto ciò, prima che Hoseok tirasse fuori l’argomento inerente a quella stronzetta della sua ragazza, Jin si avvicinò un po’ di più a lui, concentrandosi invece sulla storia Jeon Jungkook/Kim Namjoon.
«È ovvio che quello gnomo malvagio mi faccia schifo. Secondo te sto facendo tutta questa recita del fidanzato perché mi piace?» abbassò un po’ di più la voce, nonostante non ci fosse più quasi nessuno «Me lo sto arruffianando perché 1, potrebbe dirmi qualcosa di più sul perché di fronte a tutti sparge delle voci non vere-e di questo ne sono abbastanza sicuro- su Min Yoongi, e 2, perché ieri sera, a proposito del professore, è successa una cosa.»
Gli rivolse un sorrisetto malizioso e, dopo aver spento la sigaretta nel posacenere poggiato sul tavolo, iniziò a raccontargli gli avvenimenti della festa, divertendosi nel vedere le sue espressioni mutare in continuazione durante il racconto.
«Voglio farlo morire. Hai presente, Hoseok? Voglio farlo letteralmente esplodere di gelosia, voglio che si mangi le mani.»

Cazzo, al suo amico piaceva Kim Namjoon, il loro professore di astronomia, e non poco. Sulla faccenda però, Hoseok aveva opinioni contrastanti: se da una parte era felice per Seokjin ed il suo rapporto con quell’uomo-per quanto di rapporto si potesse parlare-, dall’altra non faceva che esserne preoccupato. Dovevano contenersi, erano pur sempre un alunno e un docente, di certo non potevano approfondire ciò che stavano creando e che presto, salvo eventuali guastafeste, sarebbe probabilmente nato.
Insomma, Kim Seokjin, la voce della sua coscienza, l’amico che gli aveva fatto l’ennesima ramanzina, si stava cacciando in guai molto seri.
«Posso capire il primo punto, ma il secondo?» chiese «Perché ti interessa così tanto quel tipo, Jin? Che cosa provi realmente nei suoi confronti? Guarda che qui non si scherza, è una cosa seria, ne va dei vostri futuri.»

Che cosa provasse realmente nei confronti di Kim Namjoon, gli stava chiedendo. 
La verità era che nemmeno Jin lo sapeva con certezza, era una faccenda complicata. Ma Hoseok non poteva parlare, dato che, in fin dei conti, era nella sua stessa situazione con quell’altro impertinente.
Dopo quella domanda, prese a pensarci con più serietà, senza però trovare una risposta precisa. Gli interessava? Ovvio. Gli piaceva? Forse. Non ne era sicuro, ma una cosa era certa: a nessuno di loro due sembrava interessare per davvero il fatto che avrebbero potuto cacciarsi nei guai.
«Sai che non c’ho mai pensato? Io so solo che lui, quando si tratta di me, è il primo a dimostrare interesse. Non credo che alla fine gli importi così tanto il fatto che io sia un alunno e lui un professore. Credo non gli sia mai interessato poi così tanto.»

.....

Durante la prima ora, di Hoseok neanche la traccia. E neanche di Yoongi, se era per quello. Seokjin e gli altri due erano tutti e tre nella stessa classe, e si stavano perdendo la lezione più importante della giornata: quella di Kim Namjoon che, notò, ogni volta che si avvicinava al suo banco, cercava in tutti i modi di guardare fuori dalla finestra invece di guardare lui.
Una volta suonata la campanella, con un gesto della mano, il professore lo aveva invitato a seguirlo nel suo ufficio. Non sapeva che cosa volesse dirgli, ma di certo doveva essere importante, vista la sua espressione.
Cercando in tutti i modi di non farsi notare da nessuno, Jin si diresse verso quella stanza che ormai era come una seconda casa, chiudendo immediatamente la porta.
«Che succede?»
Non sapeva perché, ma aveva la sensazione di essere osservato. E non certo da Namjoon, proprio no.

Per tutta la prima ora, Namjoon non aveva fatto altro che cercare di evitare lo sguardo di Kim Seokjin, anzi, anche solo di posare gli occhi su di lui, una delle imprese più difficili in tutti i suoi ventiquattro anni di vita. E quella non era nemmeno l’ultima lezione, sfortunatamente. Quante altre ne avrebbe passate a comportarsi in quella maniera? Ed al momento delle interrogazioni avrebbe retto il confronto? 
Venne svegliato dai suoi stessi pensieri dalla porta spalancarsi: parli del diavolo. Ovviamente, come d’abitudine, entrò senza neanche bussare. Pensava forse che quella fosse come una specie di casa o cosa?
No, avevano chiuso con quella storia. Come d’accordo-stipulato con sé stesso- cercò di risultare il più freddo possibile, come se davanti a lui ci fosse un qualsiasi studente, e non colui con il quale due sere prima aveva immaginato un focoso bacio proprio nel cortile della scuola e che era protagonista abitudinale dei suoi pensieri. 
Alunno e docente. Alunno e docente. Alunno e docente.
«Ah, accomodati pure, Kim Seokjin.»
Gli indicò il posto proprio di fronte alla sua scrivania, mentre nel frattempo si sistemava sulla sua poltrona.
«La prossima volta bussa, grazie. E scusa se ti ho richiamato proprio ora, ma si tratta di una questione importante, di cui tu ovviamente sei già a conoscenza. Spero tu possa capire, quindi.»

Ma come gli stava parlando, quell’idiota? Gli sembrava di essere tornato al primo giorno di ripetizioni, con la differenza che lui, da quando aveva conosciuto meglio Namjoon, non sapeva più comportarsi come lo studente che lo stesso insegnante aveva conosciuto quel fantomatico primo giorno.
Stava cercando in tutti i modi di stargli alla larga, Jin lo aveva capito.
E lui sarebbe stato al suo gioco.
Ma fino a quando avrebbe voluto giocare?
Comunque, la sensazione che aveva avuto di essere osservato fino a qualche minuto prima di entrare nella stanza non gli era piaciuta, così afferrò un foglio ed una penna dal tavolo, iniziando a scrivere. Sulle prime, Namjoon sembrava non capire, ma quando alzò il foglio per farglielo leggere, finalmente riuscì a fargli intendere il senso del suo comportamento.

-Qualcuno mi ha seguito, ne sono abbastanza sicuro. Se è qualcosa di importante, scrivilo sul foglio.-

Namjoon non capì il perché del suo gesto. A primo impatto pensò che il ragazzino volesse giocare ad uno dei suoi stupidi giochetti o qualcosa del genere. Così, già al limite, aveva sospirato. Dopo aver letto però ciò che aveva appena scritto su quel pezzo di carta, comprese la situazione: Chaerin e la sua noiosissima assistente, ovvio.
Si credevano furbe, pensavano sul serio di poterlo fregare giocando sporco, ma il suo studente era molto più furbo di loro due messe assieme. Bene, avrebbero fatto il loro stesso gioco. 
Sorrise malizioso, pensando a cosa esattamente volesse sentire la persona dietro la porta, mentre nel frattempo si occupava a scrivere la sua risposta.
«Kim Seokjin, noto con piacere che migliori sempre di più nella mia materia. Sono sorpreso, devo ammetterlo.»
Gli passò il foglio, facendolo strisciare sulla superficie della scrivania.

-Ecco, ci stanno già alle costole. Riguarda il certificato. La preside Lee lo sta cercando e minaccia di far fare una brutta fine al ladro e al suo complice.-

Mentre il suo avvenente insegnante gli parlava, giocando al suo stesso gioco, Jin gli sorrise beffardo: allora gli piaceva giocare sporco, non era soltanto un maestro perfettino che si divertiva ad avere delle tresche con i propri studenti. Mentre scriveva, lo osservò attentamente: aveva qualche capello fuori posto, e le occhiaie erano leggermente più accentuate.
Probabilmente aveva avuto una lunga nottata, anzi due, dopo essere tornato a casa dalla festa. Chissà a cos’aveva pensato.
«Aveva forse qualche dubbio? Glielo avevo detto che sarei migliorato presto.»
Mentre parlava, iniziò a scrivere la sua risposta, cercando in tutti i modi di non scoppiare a ridere.

-Ho un’idea. È diventata rischiosa ora  che ci sono loro a controllarci, ma posso farcela. Però devi fidarti di me.-

Maledetto ragazzino. Namjoon ci provava ad essere distaccato e freddo, ma puntualmente lui mandava a monte tutti i suoi buoni propositi. Ed allora, perché continuare a provare invano?
Aveva davvero paura di Kim Seokjin e del suo velenoso effetto sulla sua mente ed il suo corpo? Tsk.
Lesse ciò che aveva scritto sul foglio, incontrando poi il suo sguardo.
«Certo, io mi fido di te, Kim Seokjin, l’ho sempre fatto.»

A quelle parole, Jin poteva considerare ufficialmente il gioco iniziato.
Si sarebbe divertito ad incastrare sia la preside che la sua assistente di plastica, ed avere Kim Namjoon come complice sarebbe stato ancora più divertente.
Sorridendogli complice e rivolgendogli un occhiolino, scrisse sul foglio il suo numero di telefono, passandoglielo, per poi alzarsi e dirigersi verso la porta, alzando di poco la voce per farsi sentire all’esterno «Bene, grazie mille, professore! Allora io vado, ad oggi pomeriggio!»
Gli fece segno di scrivergli, per poi aprire la porta, scorgendo con la coda dell’occhio un mucchio di lunghi capelli corvini che giravano l’angolo.
Sorrise beffardo.
«Fregata, Barbie.»

......

E quel pomeriggio, sotto il debole sole di novembre, nel grande auditorium della scuola, proprio quel pomeriggio, finalmente, la prima competizione che avrebbe segnato le aperture per il contest, si sarebbe tenuta. 
Finalmente, dopo essersi preparati a dovere e dopo aver presentato le loro canzoni con rispettive coreografie e concept, Dynamo e Rolling Diamonds avrebbero dimostrato di fronte a tutta la scuola ed al quartiere quanto valessero. 
Quel giorno, la giuria scolastica avrebbe deciso chi tra i due gruppi sarebbe stato agevolato al contest vero e proprio.

Namjoon era arrivato in auditorium giusto in tempo, il primo gruppo già pronto davanti alla giuria. Si sedette al fianco di Bom, che iniziò a tartassarlo di domande riguardo gli studenti sul palco. Non le diede molta attenzione, aveva qualcosa di meglio su cui concentrarsi. Kim Seokjin si stava mettendo in posizione sul palco, come del resto stavano facendo i suoi compagni.
Nonostante ciò, per Namjoon era come se sul palco ci fosse solo lui. In qualche modo, anche a metri di distanza riusciva a catturare il suo sguardo che, ben presto, incrociò quello di quel ragazzino impertinente. Un sorrisino complice si illuminò sul viso del giovane professore e, ad un tratto, la musica partì. I Dynamo stavano per esibirsi con ‘Tomorrow’, un pezzo prodotto da loro stessi, che parlava di tematiche piuttosto serie e complicate per un gruppo di semplici ragazzini. Qualcuno più tardi gli disse che era stato proprio lui a scrivere il testo della canzone. 
Tutti i membri cominciarono benissimo, in perfetta sincronizzazione, il rap non era affatto male e le voci si fondevano perfettamente le une con le altre.
Fu il turno di Seokjin: la sua voce, della quale non gli era mai interessato più di tanto, arrivò fresca come una dolce melodia alle orecchie di Namjoon.
Mentre si beava di quel suono armonioso, la coreografia si evolse maggiormente, arrivando a punti che l’insegnante avrebbe definito quasi sensuali: la voce di Seokjin, in forte contrasto con quei movimenti del bacino, ora suonava diversamente da prima. Namjoon deglutì, tenendo gli occhi fissi sulla sua figura, che continuava a muoversi sul palco. 
Anche Hoseok non se la cavò male: il suo rap, verso la parte finale della canzone, lasciò tutta la giuria piacevolmente soddisfatta.
Ma, anche in quel momento, il professore si ritrovò concentrato più su Kim Seokjin che sull’altro ragazzo.
Tutti e nove i ragazzi finirono in bellezza, cadendo poi stremati al suolo. Si levò un coro di applausi, provenienti anche da parte di qualche membro dei Rolling Diamonds.

.......

Ciao di nuovo~

Beh, avevo pronto anche questo capitolo, quindi ho pensato ‘perché non pubblicarlo?’, quindi per oggi doppio capitolo ::::
Dunque, devo dire che io ADORO e ancora ADORO il rapporto che c’è tra Namjoon e Jin. Hanno una complicità incomparabile, ed adoro il fatto che Jin, col suo essere quasi anticonformista, si avvicini tantissimo al mio carattere I’m uwu.
Beh, vi lascio con questa esibizione di Tomorrow descritta dai pensieri del nostro dolce professore. Ci rivedremo quando sarà la volta invece dei Rolling Diamonds.

Alla prossima!

-Glaceeonx 

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Capitolo 9
*** Perfezione ***



La canzone dei Rolling Diamonds era completamente diversa da quella del gruppo rivale, così tanto che tutti i presenti erano probabilmente arrivati a pensare che non ci fosse modo di tirare avanti una competizione tra due canzoni così differenti fra loro.
Seokjin era già pronto a subirsi le angherie di quel gruppo di vipere, una volta finita la loro canzone-che non era affatto male, anzi, lo aveva conquistato, costringendolo a saltare e ballare sul posto mentre la ascoltava- ed una volta vista la loro esibizione. 
Invece, quando vide proprio Min Yoongi, il leader, quello che si vantava tanto della sua resistenza e del suo talento, stramazzare al suolo, pieno di sudore e completamente privo di sensi, si spaventò come non mai. E si spaventò ancora di più quando, invece che aiutarlo, vide i membri del suo gruppo stare fermi sul posto, con Park Jimin di fronte a tutti, che se la rideva, prendendosi gioco di lui.
Quel figlio di puttana.
«Fatemi passare.» 
Si era alzato dalla sedia, correndo verso il palco e salendoci sopra, per poi alzare Yoongi da terra, con l’intenzione di portarlo immediatamente in infermeria, o chiamare un’ambulanza. 
Si era poi voltato verso Park Jimin, fulminandolo con lo sguardo «Tu sei proprio un figlio di puttana. Cazzo, sei un fottuto figlio di puttana.»
«Ma che cazzo gli è successo?!» aveva esclamato Hoseok, raggiungendolo velocemente «Merda! Seokjin, attento, trasportalo lentamente!»
Persino Jeon Jungkook, forse fingendo, forse no, aveva mostrato un’immensa preoccupazione, ed anche lui, correndo, aveva raggiunto i due sul palco, quasi completamente nel panico «Yoongi!»
Cercando di ignorare le risatine di quell’impertinente di Park Jimin, Seokjin si caricò Yoongi sulle spalle.
Fortunatamente, il ragazzo era piuttosto leggero, e stava riuscendo bene a trasportarlo, seppur con qualche difficoltà a causa della stanchezza dell’esibizione.
«Credo, e spero che non sia niente.» asserì «Sarà un sovraccarico di lavoro, lo sai che ci teneva a questa competizione. Si sarà esercitato troppo.»
Neanche Jin credeva alle sue stesse parole, ma doveva tranquillizzare Hoseok.
Quando era preoccupato, il suo migliore amico diventava insopportabile, e lui non l’avrebbe retto.
Si era poi voltato verso Jungkook, squadrandolo con lo sguardo peggiore che potesse esistere. Non era esattamente in vena di essere il suo fidanzatino, al momento. Avrebbe tanto voluto picchiarlo.
«Vieni, Hoseok. Dobbiamo portarlo in infermeria.»

Si era scatenato il più totale panico dopo che Min Yoongi cadde privo di sensi al suolo.
Namjoon sentì qualcuno dietro le sue spalle alzarsi e correre sul palco: Kim Seokjin e Jung Hoseok, seguiti poi da Jeon Jungkook. Ecco cos’è la competizione: essere rivali, ma poi aiutarsi nei momenti critici. Fece un cenno ad i suoi colleghi, raccomandando loro di portare il resto degli studenti via di lì, e si avvicinò a coloro che erano rimasti sul palco accanto al corpo inerme del ragazzo svenuto.
«Kim Seokjin! Fermo! Dallo a me, ci penso io. Non voglio che un altro dei miei studenti si faccia del male.» si soffermò poi sul povero ragazzo, che non sembrava affatto nelle condizioni di potersi riprendere con una semplice seduta in infermeria «Penso sia più opportuno portarlo in ospedale.»

«No, no e no!» si era poi intromesso Jungkook, completamente nel panico «Non possiamo portarlo in ospedale solamente per una perdita di sensi!»
Stava cercando di mantenere la calma, invano. Sentì delle gocce di sudore invadergli la fronte ed il cuore prendere a battere più velocemente in preda al panico. Non aveva la benché minima idea di cosa fare.

Vedere Namjoon vicino a lui, in quel momento, lo aiutò davvero tanto. La sua presenza rendeva Jin molto meno nervoso, ed in quel momento stava cercando in tutti i modi di non esserlo. L’unica cosa che gli importava, al momento, era che Hoseok stesse tranquillo, ed il suo compito era tranquillizzarlo.
Con Yoongi sulle spalle, scese le scalette del palco, raggiungendo Namjoon «Mi dia una mano, professore. Voglio rendermi utile anch’io.» gli passò un braccio di Yoongi, che lui si caricò sulle spalle, mentre Jin faceva lo stesso e si voltava verso Jungkook «Stammi a sentire, specie di serpe! Qua tuo ‘fratello’ si sta sentendo male, e tu non ti stai preoccupando neanche un po’! Non è normale che Yoongi stia così, qui lo conosciamo tutti molto più di te, a quanto pare. Adesso fatti da parte, e vattene a ridere con quell’irrispettoso laggiù.»
Detto questo, gli indicò Park Jimin, che stava ancora ridendo come un pazzo, dimostrando ancora una volta i suoi enormi problemi mentali.

Prestando la massima attenzione, portarono Yoongi sino al parcheggio dove si trovava la macchina di Namjoon e, sempre stando ben attenti, lo caricarono a bordo, facendolo sdraiare lungo tutti i sedili posteriori con la testa poggiata sulle gambe di Jung Hoseok, che aveva deciso di accompagnarli. Di Jeon Jungkook, invece, nessuna traccia, era come scomparso nel nulla.
Senza perdere altro tempo, l’insegnante salì sulla propria auto, seguito da Seokjin che prese posto comportandosi proprio come se quel veicolo fosse di sua proprietà, e la mise subito in moto, diretto all’ospedale più vicino.
«Hoseok, mi raccomando, tienilo bene.» incalzò Namjoon, rivolgendo uno sguardo al suo alunno seduto dietro di lui «Non farlo cadere, non è un corpo morto, eh.»
Maledetti semafori.
Colse l’occasione per chiarire i suoi dubbi: così si voltò verso Seokjin, portando una mano sulla sua spalla per tranquillizzarlo.
«Seokjin, sta tranquillo, ci sono io. Vorrei solo capire perché diamine Jeon Jungkook non è qui con noi e perché Min Yoongi presenta diversi lividi. Voi ne sapete qualcosa?»
Diede un’altra occhiata allo specchietto retrovisore con il tentativo di ottenere l’attenzione di Jung Hoseok, che in quel momento nemmeno li stava ascoltando, troppo occupato ad ammirare il volto del quasi-morto.

A Jin, dal canto suo, in quel momento, veniva letteralmente da piangere. 
Era agitato, era come se tutte le sue paure si fossero avverate: lui e Yoongi non si erano mai stati simpatici, ma vederlo in quello stato, e soprattutto, sospettando del motivo per il quale stesse in quello stato, lo distruggeva.
Quando Namjoon gli mise una mano sulla spalla, istintivamente gliela strinse per qualche minuto, per poi lasciarla, mentre si teneva la testa con l’altra mano, il cui gomito era poggiato sullo sportello.
«Sai perché non è venuto?» chiese, cercando di trattenere le lacrime «Perché come sempre avevo ragione. Quella di Jeon Jungkook era tutta una farsa, e io- oddio, Namjoon, sbrigati, ti prego!»
Si era preso la testa tra le mani, cercando di calmarsi. Doveva restare calmo, doveva restare calmo perché c’era già Hoseok ad essere in pena per quella situazione.

«Seokjin, per Dio, calmati!» aveva esclamato Namjoon «Ci sono io qui, guarda solo me, non guardare la strada. Prendi le redini della situazione in mano come fai sempre con me, andiamo, mostrami di che pasta sei fatto.»
Finalmente scattò il verde e, finalmente, poterono ripartire a tutta velocità verso l’ospedale. 
Durante quella corsa frenetica, il giovane insegnante allungò una mano verso Seokjin, poggiandogliela poi, parecchio esitante, sul ginocchio. Poco gli importava di Hoseok, per ora. Aveva bisogno di tranquillizzare quel ragazzo che era sull’orlo di impazzire. 
Dopo qualche minuto, finalmente, si ritrovarono proprio di fronte all’ospedale.
«Seokjin, muoviti, scendi dall’auto ed aiuta Hoseok a portare Yoongi. Io corro a chiamare qualcuno lì dentro!»
Detto ciò, Namjoon lasciò i due ragazzi a vedersela mentre lui, nel frattempo, avrebbe cercato qualche operatore. 

.......

Dopo aver portato Yoongi in ospedale, i medici lo avevano chiuso in una stanza per almeno un’ora, per fargli diverse analisi. Nel frattempo, Jin non aveva fatto altro che andare avanti e indietro per il corridoio, cercando di calmarsi, canticchiando canzoncine idiote.
Quando il dottore chiamò qualcuno di loro ad entrare, decise però di farlo lui. In fondo, era sempre lui ad avere in mano il controllo della situazione, e poi, era quello che conosceva Yoongi da più tempo, ed anche quello più calmo, considerando che Hoseok non riusciva nemmeno a parlare e Namjoon si stava mangiando le unghie in modo quasi ossessivo.
Una volta parlato con il medico, lo fecero uscire dalla stanza da solo, Yoongi ancora privo di sensi su quel letto.
Jin era distrutto, non sapeva se piangere o correre a strappare tutti i capelli dalla testa di Jeon Jungkook. Ed ora che sapeva cosa stesse passando quel ragazzo, tutto l’astio che provava nei suoi confronti svanì completamente.
«Il dottore ha detto che ciò che gli è successo è dovuto a percosse continue, e ha... sì, ha dei lividi piuttosto importanti su tutto il corpo. È... è dovuto anche al digiuno e al cambiamento radicale del suo stile di vita.» si fermò, guardando prima Namjoon e poi Hoseok «Il padre di Yoongi si trova in viaggio per lavoro e, a causa dell’assenza della madre, per ora è costretto a vivere con lo zio... e il cugino. Li hanno chiamati, e stanno venendo qui.»
«Ma perché non ne ha parlato con nessuno?» esordì Namjoon «Non ha confidenti, a scuola? Non posso crederci...»
L’uomo, esasperato, si prese la testa tra le mani, poggiandosi infine alla parete alle sue spalle. Fece segno, poi, a Seokjin e ad Hoseok di sedersi sulle sedie lì vicino. Erano stremati, glielo si leggeva in volto: Hoseok troppo sconvolto per dire una singola parola, Seokjin in piena crisi di panico.
E quest’ultimo, di certo non riusciva a sedersi. Non riusciva neanche a stare fermo. Se fosse stato fermo, probabilmente, si sarebbe agitato troppo e sarebbe andato nel panico. Così, aveva continuato a fare avanti e indietro per la stanza, canticchiando canzoni degli EXO. Non sapeva perché, ma lo aiutava a calmarsi un minimo. Ma non abbastanza per tornare ad essere tranquillo.
«Io esco a fumare, non ce la faccio più.»

«Vengo con te.»
Seccato, Namjoon si era alzato dalla sedia, rivolgendo una veloce occhiata alla porta della stanza in cui si trovava Min Yoongi da più di un’ora.
Quel posto troppo bianco lo stava facendo letteralmente impazzire ed inoltre la situazione mentale di Seokjin lo preoccupava. Non se ne era stato fermo e tranquillo nemmeno per un secondo, aveva continuato per un’intera ora a fare su e giù per il corridoio, canticchiando fastidiose canzoncine e tormentando la sua povera anima.
Così, si alzò dal suo posto, raggiungendolo e controllando di avere il suo pacchetto di sigarette a portata di mano. Aveva anche lui un bisogno assurdo di fumare e di liberarsi dallo stress accumulato nell’ultima ora, in più voleva starsene almeno per un po’ solo con il so studente. Non che Jung Hoseok non lo fosse, solo... Seokjin lo era di più.
«Jung Hoseok, resta qui, non andare da nessuna parte, torniamo subito. Se ti serve qualcosa chiama il tuo amico o rivolgiti al personale. Okay?» gli sorrise amareggiato: non aveva una bella cera, doveva stare parecchio male e in qualche modo sembrava quasi arrabbiato. Con chi, poi? Con sé stesso? Non aveva aperto bocca da quando avevano messo piede in quel posto troppo chiuso e se n’era rimasto assorto nei suoi pensieri.
«Dai, andiamo, Jin.» gli disse, poggiandogli una mano sulla spalla e, dopo qualche passo, si ritrovarono finalmente all’aperto, su un enorme terrazzo. Il tempo era peggiorato ed ora era coperto di nuvole grigie cariche d’acqua.

Era come se il tempo stesse cambiando assieme al suo umore. Quella mattina, Jin era sereno, elettrizzato per ciò che la competizione avrebbe portato e tranquillo come ogni giorno, ed il sole splendeva alto nel cielo nonostante il freddo pungente di novembre.
Ora invece, dopo gli avvenimenti che li avevano colpiti nelle ultime ore, delle nuvole scure avevano coperto quel bel cielo azzurro che c’era durante le ore scolastiche. E Jin si sentiva stanco e preoccupato, come se Min Yoongi fosse suo amico da una vita. 
È proprio vero che, a volte, le persone che credi nemiche, potrebbero dimostrarsi più vicine a te di quanto pensi.
L’unica cosa che lo sollevava un po’ dal suo stato d’animo era la presenza di Namjoon: da quando Yoongi si era sentito male, non si era allontanato da Seokjin neanche per un attimo. Era come se, in un certo senso, in quel momento, il minore fosse il centro dei pensieri del più grande. Sapeva di non esserlo, non era certo così presuntuoso, ma la presenza di Namjoon accanto a lui lo tranquillizzava e non poco, e gli era infinitamente grato per questo.
Una volta fuori, prese una sigaretta, se la portò velocemente alle labbra e la accese, facendo cenno al suo insegnante di raggiungerlo e di stargli il più vicino possibile.
«Povero Hoseok.» asserì «Mi dispiace per Yoongi, ma credo che lui sia quello che sta peggio.»
Detto questo, si appoggiò alla ringhiera del balcone, dando le spalle all’esterno.
«Mi sento un po’ inutile in questo momento, sai? Mi capita così raramente di sentirmi così che quasi non mi riconosco più.»
«Che dici, ne offriresti una al tuo caro professore che ha dimenticato il pacchetto in macchina?» chiese Namjoon, indicando il pacchetto di sigarette del ragazzo «Perché inutile? Hai già fatto tanto, Seokjin. Mi hai aiutato a trasportare Min fino in macchina e sei qui ad aspettare da più di un’ora.»
Senza dire una parola, e cercando in tutti i modi di tirarsi su il morale, il più piccolo gli passò una delle sue sigarette, per poi dargli in mano l’accendino, rivolgendogli un sorriso «Guarda che sono forti, le mie. I tuoi polmoni da vecchio le reggeranno, professore?»
Si avvicinò un po’ di più a lui, mettendosi di poco sulle punte dei piedi per raggiungere esattamente la sua altezza e dargli un leggero colpetto sulla testa. 
Passare del tempo con lui gli piaceva, forse troppo. E doveva ancora spiegargli che cos’avesse in mente per contrastare i loschi piani della preside Lee.
«Non lo so perché mi sento inutile, mi sento così e basta. Anche io ho delle ricadute ogni tanto. Sono perfetto, ma non lo sono mica fino a questo punto.»

Namjoon storse il naso: non amava particolarmente quella marca di sigarette, anzi, per i suoi gusti particolarmente raffinati era una delle più pessime in circolazione. Ma cosa fumava, quel ragazzino? 
Così, decise semplicemente di tenersela fra le mani, prendendo a giocarci e facendola girare di tanto in tanto fra le dita. Almeno, ora le aveva occupate. Avrebbe cercato di placare il nervosismo in quel modo.
«Perfetto, eh?» continuò a tenere gli occhi sulla sigaretta, troppo concentrato a percorrerne tutto il perimetro per guardare il suo compagno in volto «Cos’è la perfezione? Nessuno di noi è perfetto, Kim Seokjin. Ciascuno di noi presenta almeno un difetto. Ovviamente, sta a noi decidere se accettarlo o meno. Ma è così e basta, siamo umani, d’altronde. Però... vuoi saperla una cosa?»
Fece una pausa, soltanto per potersi girare verso la ringhiera alle sue spalle, poggiandoci sopra le braccia ed esponendo al vuoto l’antistress che teneva tra le mani.
«Qualche volta, la mente ed il cuore, soprattutto quest’ultimo, riescono a farci trascurare completamente quei difetti, facendoli sparire del tutto, presenti in una determinata persona, magari anche qualcuno che ci piace, perché no. In questo modo, quella persona apparirà ai nostri occhi come perfetta, senza alcuna imperfezione, e noi, vittime manipolate da un gioco creato dalla nostra stessa mente, esclameremo ogni volta ‘cavolo, sei così perfetto’. Forse è proprio per questo che penso tu sia perfetto, Kim Seokjin.»
Detto questo, spezzò la sigaretta in due, sgretolandone le parti  tra le dita e lasciando che il tabacco cadesse di sotto.

Jin, dal canto suo, aveva seguito tutto il suo discorso osservando ogni suo minimo movimento, ed arrivando alla conclusione che forse, aveva proprio ragione.
Quando ci piace davvero una persona, i suoi difetti svaniscono improvvisamente.
I difetti fisici? Quelli sono i primi ad andarsene, seguiti poi da tutti gli altri.
Quando vide la sigaretta sgretolarsi tra le mani del professore, si maledisse per avergliela data: da quando lo conosceva, era già la seconda volta che sprecava una delle sue sigarette. Ma nel suo caso, poteva anche passar sopra a quel piccolo errore, giusto?
Le sigarette si ricomprano, Kim Namjoon no. Non lo avrebbe mai potuto comprare da nessuna parte.
Si avvicinò a lui, appoggiando il mento alla sua spalla e cominciando a spostargli dei ciuffi ribelli dietro le orecchie. Quel giorno, i suoi capelli, non ne volevano proprio sapere di star fermi nella medesima posizione di ogni giorno. 
«Con questo cosa staresti cercando di dirmi, Kim Namjoon?» poggiò le labbra al suo orecchio, abbassando la voce, fino a ridurla ad un sussurro rilassato «Guarda che sono egocentrico. Potrei anche arrivare a pensare che tu mi stia dicendo che ti piaccio.»
Gli piaceva davvero? Kim Seokjin piaceva davvero un minimo, per quello che aveva potuto conoscerlo, al suo insegnante? 
Non gli era mai capitato di pensarci, ma ora che erano soli su quella terrazza, stava pian piano diventando una possibilità non da escludere.

Perché aveva l’abitudine di parlare così tanto? E perché Jin aveva l’abitudine di avvicinarsi troppo? Nello stesso momento in cui Namjoon sentì le sue labbra parlargli ad un millimetro di distanza dall’orecchio, un brivido si espanse per tutto il suo corpo, facendogli provare una strana e piacevole sensazione. Maledettissima voce: se qualche ora prima sul palco l’aveva paragonata a quella di un angelo, ora a parlare sembrava il diavolo in persona. Che doppia faccia, Kim Seokjin.
Era in momenti come quello che Namjoon si sentiva quasi sottomesso dalla sua persona, ed il problema principale era che gli piaceva, cazzo. Il modo in cui lo provocava, la malizia nella sua voce, i suoi tocchi delicati e così spontanei.
Esattamente, cosa stava aspettando? Perché continuare a fare la parte del professore d’astronomia-o di inglese- quando era chiaro come l’acqua che in sua presenza non lo fosse per niente?
«Sì, sei piuttosto egocentrico.» si spostò lentamente, togliendoselo di dosso e gettando il resto della sigaretta-ormai ridotta a brandelli- giù nel vuoto. Lui e Seokjin avrebbero fatto sicuramente la stessa tragica fine: ciò che stavano portando avanti era altamente sbagliato, tanto che persino nel regolamento scolastico era presente una norma riguardo quel tipo di relazioni tra insegnanti ed alunni. Ma se Namjoon era il primo a non riuscire a tener fede alle sue promesse, perché provarci inutilmente? 
Si voltò finalmente nella sua direzione, incrociando così il suo sguardo: da quella distanza ravvicinata forse era anche più bello.
«Dovremmo rientrare.» 

Se quella stessa mattina Seokjin aveva notato tanto distacco da parte sua, ora quella distanza che tanto si era impegnato a tenere fra loro soltanto fino a qualche ora prima sembrava essersi nuovamente azzerata.
Nonostante i suoi sforzi, il maggiore era tornato esattamente al punto di partenza. E Jin c’era tornato con lui.
In quel momento, non riusciva a parlare, riusciva soltanto a tenere gli occhi puntati nei suoi, che erano così belli. L’unica cosa che seppe fare in quel momento fu morderai il labbro inferiore, preso da non sapeva quale tipo di sensazione nel sentirlo parlare in quel modo.
Ormai non erano più un alunno ed un professore, erano soltanto due persone tra le quali esisteva una chimica incancellabile. In quel poco tempo nel quale avevano avuto modo di conoscersi, tra di loro si era creata una complicità particolare, che Jin non aveva mai avuto con nessuno. Non si era mai sentito con nessuno come si sentiva con lui. E ringraziava quasi il cielo per essere una completa capra in astronomia.
«Sì, dovremmo seriamente rientrare.» riuscì a dire alla fine «Jeon Jungkook e suo padre potrebbero arrivare da un momento all’altro, e Hoseok non è nelle condizioni per affrontare una discussione civile con quel ragazzino.»

«Seokjin!»

Non ebbe nemmeno il tempo di girarsi completamente a quel richiamo, che un missile che rispondeva al nome di Jeon Jungkook, gli fu subito addosso, con le labbra completamente attaccate alle sue.
«Io... mio fratello... sono corso a casa ad avvisare mio padre, ora lui è giù e-»

Namjoon, dal canto suo, si ritrovò ad aggrottare le sopracciglia, ritrovandosi a sbattere le palpebre più e più volte. Che razza di situazione surreale era quella? Seokjin era un doppiogiochista o cosa? 
Si sentì quasi come tradito: probabilmente era quello ciò che provavano le mogli quando sorprendevano il caro marito a letto con la segretaria.
«Io-»
Assunse un’espressione da persona parecchio confusa e, senza dire altro, indietreggiò di qualche passo, pensando volessero un minimo di privacy.

Nel momento in cui Jungkook, come se nulla fosse successo, si era fiondato sulle labbra di Jin, l’unica cosa che quest’ultimo provò fu totale disgusto. Disgusto per come si fosse comportato lui fino a quel momento, e disgusto per come si stesse comportando Jungkook, nonostante la situazione fosse perfettamente chiara.
Con uno spintone, lo fece cadere all’indietro, per poi vederlo rialzarsi subito. Avrebbe tanto voluto strozzarlo, lì, in ospedale, di fronte a tutti.
«Ma che cazzo pensi di fare?!» esclamò, avvicinandosi al moccioso «Pensi ancora di poter incantare gli altri con la tua recita del cazzo? Mi fai veramente schifo, Jeon Jungkook. Mi fai schifo tu, mi fa schifo la tua falsità, e mi fa schifo quello che hai fatto a Yoongi. Lui non se lo meritava affatto, ed è solo colpa tua e di quel pazzo di tuo padre se lui adesso è ridotto così.
Abbiamo saputo tutti la verità, ora il quadro della situazione è piuttosto chiaro.»
Detto questo, girò i tacchi, deciso a tornare dentro, lanciando uno sguardo a Namjoon. Non voleva si facesse un’idea sbagliata sul suo conto, non ora che erano arrivati a quel punto.
«Fidati di me.» gli aveva detto, e sperava davvero che Namjoon lo facesse.
Gli fece cenno di seguirlo all’interno, sentendo anche Jungkook corrergli dietro. Immediatamente, raggiunsero Hoseok, che nel frattempo era stato raggiunto anche da quello che sembrava a tutti gli effetti il signor Jeon.

Non l’avessero mai fatto.

Nel momento in cui Jin aveva visto Hoseok assalire in un modo quasi animalesco Jungkook, aveva iniziato a non riconoscerlo più: nei suoi occhi poteva leggere soltanto stress e rabbia, stress perché, come Jin, non avrebbe potuto far nulla per tornare indietro ed impedire tutta quella situazione, e rabbia perché, come Jin, aveva provato a fidarsi della persona sbagliata.
Jungkook urlava dal dolore mentre, incapace di difendersi, grondava sangue da ogni punto del viso: il naso era ora evidentemente rotto, gli occhi erano entrambi di un sinistro colore violaceo, le labbra erano spaccate. Ci mancava soltanto che gli facesse saltare qualche dente.
Suo padre se ne stava lì, come un imbecille, a non far nulla: probabilmente pensava che, dato che tutti se la stavano prendendo con il figlio, lui fosse completamente scagionato dall’accusa, ma quel mostro avrebbe fatto i conti con la legge di lì a poco, e allora sì che il figlio sarebbe dovuto andare a vivere in un orfanotrofio da quattro soldi in periferia ad imparare come si sta al mondo.
Seokjin non provava nessuna pena per Jeon Jungkook, anzi, si meritava eccome quel tipo di trattamento, ma si trovavano all’interno di un ospedale, e non poteva permettere che in una struttura del genere si compissero azioni così immonde. Così, prese istintivamente Namjoon per un polso «Dammi una mano, dobbiamo fermarlo.»
Aiutandosi a vicenda, erano subito corsi in direzione di Hoseok, cercando di separarlo dalla propria vittima, sanguinante ed agonizzante a terra. Tuttavia, fallendo: Hoseok non aveva la minima intenzione di smettere, era diventato una furia incontrollabile.
A quel punto, il passo per farsi sbattere fuori dall’ospedale, fu breve. 
E così fu. Ricevettero l’ordine di andare a trovare il paziente soltanto due persone per volta, né una di più, né una di meno. Per quella volta si erano scampati la polizia, ma se fosse successo di nuovo, probabilmente non sarebbero stati così clementi.

......


RM: Buonasera, scusi il disturbo, voglio solo confermare che il numero che uno dei miei studenti mi ha dato questa mattina sia quello corretto, anche se ne dubito.
Quel ragazzo è tremendo, sarebbe perfettamente capace di fare cose del genere.

J: Ma ci fai o ci sei?

RM: Okay, sei Jin.
RM: Dai, scherzavo...

J: Grazie al cielo
J: Pensavo non mi avresti più scritto. Allora non sei così cacasotto.

RM: Perché dovrei avere paura? Di te, poi.

J: Tutto può essere
J: Adesso però mi devi stare a sentire. Riguarda la storia del certificato di nascita.

RM: Dimmi.

J: Ce l’hai lì con te?

RM: Sì, dentro la cassaforte. Perché?

J: Ce le hai le chiavi della scuola?

RM: Quante domande, mi vuoi spiegare cos’hai in mente?
RM: Sì, le ho le chiavi, comunque.

J: Bene, allora portamelo, ci vediamo lì
J: Intendo ora. 
J: E portati dietro le chiavi, non voglio fare la strada a piedi per niente

RM: Sono già in pigiama, dammi una valida motivazione per cambiarmi e guidare fino a scuola a quest’ora.

J: Se non vuoi che la preside faccia un culo come un secchio sia a te che a me, ti conviene alzarlo da quel letto del cazzo.

RM: Ti raggiungo solo perché non voglio lasciarti da solo per strada in piena notte. Arrivo.

***********

Hi, guys.
Sono già tornata con questo lunghissimo ed ammorbante capitolo in cui si svela finalmente l’identità del figlio del demonio. Jeon Jungkook is over party e la Namjin regna di nuovo.
Questi due poveri ingenui non hanno ancora ben capito che tipo di sentimento c’è tra di loro quando in realtà l’ho capito io, l’avete capito voi, l’ha capito Hoseok, l’hanno capito i muri e l’ha capito pure la fotocopiatrice della scuola.
Ma, lasciamoli vivere nella loro ingenuità. Almeno per il momento.
Cos’avrà in mente stavolta quella peste di Jin?
Riusciremo a scoprire il mistero dietro questo benedetto certificato di nascita?
Questo si vedrà.
Alla prossima! Kissini.

-Glaceeonx

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Capitolo 10
*** 2-0 ***



Dopo essersi messo addosso qualcosa in più per non morire di freddo, Seokjin aveva preso tutto ciò che gli serviva-ovvero cellulare e sigarette- e, cercando di non fare il minimo rumore mentre attraversava il salotto per evitare che i suoi si svegliassero, era uscito silenziosamente di casa, dirigendosi velocemente verso la scuola.
Fortunatamente, Namjoon lo era stato a sentire ed aveva fatto poche storie. Se il suo piano fosse andato a buon fine, sarebbero riusciti a passarla tranquillamente liscia, e soprattutto, avrebbero potuto smascherare la preside molto presto.
Arrivò di fronte al cancello della scuola e ci si appoggiò contro, accendendosi una sigaretta nell’attesa che quello scansafatiche si facesse vivo.


Nonostante avesse abbastanza sonno, Namjoon era uscito comunque di casa, portando con sé ciò che Seokjin gli aveva chiesto. Cazzo, ormai era il ragazzino a dare ordini tra loro due. Quando si era preso così tanta libertà? 
Aveva guidato velocemente fino all’istituto, dove avevano l’appuntamento; lo trovò fuori il cancello, intento a fumare una sigaretta e ad osservare il cielo. Accostò la macchina, suonando il clacson per richiamare la sua attenzione.
«Smettila di fumare, Kim Seokjin, se qualcuno scopre che permetto che un minorenne lo faccia finirò nei guai. Aspetta che parcheggio da un’altra parte.»
Si guardò per qualche minuto attorno in cerca di un posto in cui parcheggiare, trovandone uno qualche metro più in là. Dopo aver lasciato la sua auto, raggiunse il ragazzo, che aveva appena finito la sigaretta, esordendo con un: «Allora?»

«Allora...» iniziò Jin, avvicinandosi lentamente a lui, con un sorriso in volto.
Evidentemente, né Namjoon, né la preside, né nessun altro si erano ancora resi conto di chi fosse Kim Seokjin. Lui, quella donna, voleva svergognarla pubblicamente, e voleva farlo al più presto. E per farlo senza intoppi, era necessario che la sua assistente non gli stesse più alle calcagna.
Allungò una mano verso quella del suo insegnante, togliendogli le chiavi ed avvicinandosi al cancello «Entriamo, no?»
Una volta di fronte all’ingresso, gli restituì le chiavi, aspettando che aprisse e lasciasse la via libera per entrare. Raggiunta la porta d’ingresso, si sbrigarono a correre dentro e a chiudersi il portone alle spalle. Jin si avvicinò alle luci per accenderle, poi si rivolse nuovamente a lui «Andiamo nel tuo ufficio. Hai una fotocopiatrice, no?»
«Kim Seokjin, vuoi fermarti un attimo? Mi spieghi che cazzo ci facciamo a scuola nel bel mezzo della notte? Se qualcuno ci vede siamo morti entrambi. Quindi, o ti decidi a parlare, o me ne vado e ti chiudo qui dentro.»
Namjoon incrociò le braccia al petto, scrutandolo per bene. Proprio non capiva cosa gli passasse per la testa in quel momento. Sapeva solo che, a differenza sua, non perdeva mai il suo fascino.

Quel maestrino maledetto lo aveva seccato con tutti quei dubbi su ciò che stavano facendo. Eppure ormai avrebbe dovuto conoscere Jin abbastanza bene per sapere che era sempre sicuro di ciò che faceva, e che raramente si sbagliava.
Glielo aveva già dimostrato un bel po’ di volte.
Allungò così un braccio ed afferrò il collo della sua maglia, avvicinandolo così al suo viso «Stammi a sentire, adesso che tu lo voglia o no, dovrai fidarti di me. Siamo qui per toglierci dalle palle l’assistente della Lee, per non far ricadere più alcun sospetto su di te e, soprattutto, per avere il via libera su ciò che vorrò fare. E l’unico modo per evitare che sospetti ancora di te, è restituirle questo preziosissimo pezzo di carta.» gli rivolse un sorrisetto malizioso, avvicinandosi un po’ di più «Jin non è uno sprovveduto e sa cosa sta facendo, amore mio. Perciò, per favore, fai quello che ti chiedo, e dopo mi ringrazierai.»
Tutta quella sua superiorità e quel suo controllo della situazione stavano seccando Namjoon, soprattutto perché i suoi modi di fare avevano strani effetti su di lui, sul suo corpo e sul suo cervello, che già non funzionavano molto bene a causa del sonno. Gli soffiò in viso, staccandoselo di dosso il secondo dopo ed allontanandosi, diretto verso il suo ufficio. Gli fece cenno con una mano di seguirlo, continuando a dargli le spalle.
«Sta zitto e muoviti, vuoi raggiungere il mio ufficio o no?»

Accidenti, quell’uomo era davvero la sua fine. Lo faceva innervosire in continuazione e lo seccava da morire, ma forse era proprio quello a piacergli di lui. A Jin piaceva il fatto che ci fosse una continua sfida fra di loro, soprattutto perché, alla fine, si ritrovavano d’accordo su ogni cosa.
Sorridendo trionfante, lo seguì a passo svelto fino al suo ufficio, luogo che ormai conosceva a memoria, ed una volta lì, si avvicinò immediatamente alla fotocopiatrice, allungando una mano verso Namjoon per farsi passare il certificato di nascita «Prima sbrighiamo questa situazione, prima ce ne andiamo di qui.»
«Kim Seokjin, non pensi di esagerare? Questo tono stracolmo di superiorità usalo con qualcun altro, non con me. Faccio io.»
Aveva ignorato completamente la sua mano aperta in sua direzione e si era avvicinato alla fotocopiatrice con il documento in mano, pronto a produrne una copia.
Aveva capito qual era il suo piano e, per l’ennesima volta, quel ragazzino gli stava dimostrando di che pasta era fatto. Namjoon l’aveva detto: Lee Chaerin pensava di essere furba, ma dalla sua parte, lui aveva una vera e propria volpe, troppo impertinente, purtroppo.
Quest’ultima alzò dal suo canto gli occhi al cielo, cercando di ignorare il tono così fastidioso del suo compagno d’avventure, ma fallendo come al solito. Senza dire nulla, si sedette sulla scrivania, accavallando le gambe ed osservandolo mentre lavorava alla fotocopiatrice: cazzo, era affascinante anche mentre faceva una cosa semplice come quella.
«Esagero?» chiese, canzonatorio «Eppure mi pare che il mio tono ti piaccia abbastanza. O non saresti ancora qui a fare il mio gioco... sbaglio?»
Aspettando che finisse di fare quella benedetta fotocopia, gli fece cenno di avvicinarsi a lui, ancora seduto sulla scrivania, la gamba che aveva iniziato a dondolare lentamente.
«E poi, se proprio vuoi che smetta con questo tono che tanto ti da fastidio, trova un modo per farmi smettere.»

Namjoon a quel punto si ritrovò a pensare che forse si sbagliava e che in realtà Kim Seokjin effettivamente avesse un difetto: parlava troppo e non si fermava, nemmeno per un minuto. La cosa che lo infastidiva non era il fatto in sé, ma il modo in cui gli si rivolgeva. Nelle sue parole, il poveruomo, sentiva solamente sfida, tanta sfida, e malizia, che presto gli avrebbe fatto perdere la testa. Forse Kim Seokjin non se n’era ancora accorto, ma tutto ciò che faceva era pericoloso. Anzi, forse ne era a conoscenza ed era un amante del pericolo.
Se davvero fosse stato così sarebbe stato anche peggio: Namjoon amava le provocazioni e il ragazzino ci sapeva fare, non ci avrebbe messo nulla a cedere.
Azionò la fotocopiatrice e la lasciò lavorare: una volta ottenuta la copia avrebbero subito lasciato l’ufficio, senza se e senza ma.
«Cosa ti fa pensare che il tuo tono mi piaccia?»
Eccolo, uno stupido professore pronto a rispondere alle provocazioni di una volpe troppo furba che sapeva il fatto suo. Si voltò verso di lui, trovandolo seduto sulla sua scrivania con uno sguardo carico di sfida. Cazzo, sarebbe finita male, molto male. Si infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e lentamente iniziò ad avvicinarsi a lui, finché non gli arrivò proprio di fronte.
«Sai, Seokjin, il tuo tono mi infastidisce, e non poco. Qui sono io lo hyung, non tu. Vedi di startene al tuo posto.»

Namjoon era spalle al muro, e Jin se ne accorgeva anche troppo bene. Il suo sguardo era tutt’altro che infastidito, e purtroppo per lui, Kim Seokjin era un ottimo osservatore. Non fece una piega, rimase semplicemente seduto lì dov’era, allargando il sorriso che aveva in volto, ed appesantendo lo sguardo, lanciandogli occhiate cariche di sfida e malizia.
Gli piaceva giocare sporco, ed in particolare gli piaceva giocare sporco con Kim Namjoon. Ed anche quella volta, sarebbe stato Jin a vincere. Cambiò la posizione delle gambe, stavolta accavallando la sinistra invece che la destra, continuando a reggere quel gioco di sguardi, ed asserendo: «Allora dimostrami cosa sai fare, professore. Mettimi al mio posto.»

Nel frattempo, Namjoon sentì la fotocopiatrice alle sue spalle stampare il foglio: era fatta, finalmente potevano lasciare quel posto e lui, una volta tornato a casa, si sarebbe subito gettato sul letto ed avrebbe liberato la sua mente da ogni male, soprattutto da quello più grande, che portava il nome di Kim Seokjin. E invece, come uno stupido, continuò il gioco che il ragazzo davanti ai suoi occhi aveva deciso di iniziare: perdere non era di certo nei suoi piani. Pensava di essere l’unico a poter sfoggiare la malizia racchiusa nelle vene in quel modo? Beh, si sbagliava di grosso.
Ricambiò quel sorriso che non aveva fatto altro che rivolgergli per tutta la serata e, con un veloce gesto della mano, arrivò alla sua nuca.
Successivamente, sempre alla velocità di prima, lo avvicinò pericolosamente al suo viso, i loro nasi quasi a sfiorarsi. Quella distanza fece rabbrividire Namjoon: sentì il cuore farsi più pesante ed il fiato sul punto di spezzarsi.
Era partito al contrattacco senza fare nulla. 
Si riprese in qualche secondo e, assumendo un’espressione seria, prese a parlargli da quella distanza, abbassando il tono della voce a quasi un sussurro che solo il suo interlocutore sarebbe stato capace di sentire.
«Seokjin, smettila di giocare con il fuoco, perché poi ti fai male, molto, fidati di me, e nessuno sarà lì a soffiarti sulla bruciatura. Smettila con questo giochino del cazzo, perché potrei non rispondere delle mie azioni.»
Detto ciò lo lasciò immediatamente, voltandosi pronto a recuperare il documento stampato che aveva lasciato alle sue spalle.

Ma Jin, di demordere, non ne aveva la minima intenzione.
Quella vicinanza improvvisa non gli aveva soltanto fatto capire che Namjoon stava cedendo, ma lo aveva anche fatto rimanere senza fiato. Averlo a quella distanza avrebbe significato tutto o niente, ed in quel momento, Jin non voleva ‘niente’. Non lo spaventava il suo modo di giocare, perché lui giocava molto meglio, e si sarebbe preso la vittoria a qualunque costo. Anche a costo di finire nei guai.
Grazie a Kim Namjoon, si era accorto che i guai gli piacevano davvero tanto, e che non vedeva l’ora di finirci insieme a lui. E non se ne sarebbe andato da quell’ufficio finché non avrebbe ottenuto ciò che voleva. 
Non si scompose e, prima che il maggiore potesse scapparsene, lo prese per il polso e lo tirò di nuovo verso di sé, in modo da ritrovarsi alla stessa distanza di poco prima.
Grazie a quella posizione, complice anche il silenzio nella stanza e nell’intero edificio, Jin poteva chiaramente sentire il suo respiro contro le sue labbra, e ciò non fece altro che peggiorare ulteriormente la sua situazione.
«Namjoon, devi sapere che a me giocare col fuoco piace. Tanto. E sai cosa mi piace ancora di più?» portò una mano dietro il suo collo, per poi farla salire lentamente, infilando le dita fra i suoi capelli «Quello che mi piace ancora di più, è farmi male. E io, in questo momento, vorrei tanto bruciarmi col fuoco.»

Scacco matto, Kim Namjoon. Alla fine l’aveva davvero persa, quella battaglia.
Per qualche motivo, non si sentì amareggiato, anzi. In fondo, forse era stato lui stesso a voler perdere. Ed ora si chiedeva solamente che sapore avesse una sconfitta, e quella in particolare. E allora perché non scoprirlo?
«E allora brucia, Seokjin.»
Successe tutto piuttosto velocemente, grazie alla sua voglia che prese il sopravvento sullo scarso autocontrollo di cui era dotato. Si fiondò alla velocità della luce sulle sue labbra, invidiando Jungkook per essere riuscito a farlo prima. 
Non ci mise molto a far conoscere le loro lingue, che si unirono subito in una sporca e sensuale danza all’interno delle loro bocche che, affamate, si scontravano. La parola ‘casto’ non aveva alcun posto nel dizionario personale di Kim Namjoon: quel bacio poteva considerarsi tutto fuorché casto. Passione, malizia e lussuria, racchiusi tutti in un singolo e vorace gesto che gli stava completamente facendo perdere il senno e la ragione. Cazzo, se ogni sconfitta avesse avuto il gusto di Kim Seokjin probabilmente avrebbe perso volentieri ogni sfida, pur di tastarlo nuovamente. Ne sarebbe diventato dipendente, ne era certo: non aveva mai fatto uso di droghe, ma era sicuro che quel ragazzo rientrasse in quella categoria.
Nel frattempo, mentre approfondiva quel bacio, con le mani raggiunse le sue gambe, purtroppo ancora nella posizione di prima, e con poca delicatezza gliele aprì, posizionandocisi proprio in mezzo. Sentì il sangue nelle sue vene pompare sempre più forte, mentre un piacevole calore si espandeva ovunque, a partire dal ventre. Risalì fino al suo bacino, che strinse tra le mani e che, sempre con un gesto veloce e pieno di bisogno, portò ancora più vicino al suo corpo.

Era successo tutto troppo in fretta perché Jin se ne accorgesse: in un attimo, Namjoon gli fu addosso, e l’attimo dopo le loro lingue e le loro bocche si erano finalmente incontrate, dopo giorni interi passati a desiderarsi. Tutta la dolcezza che avevano visto sul balcone di quell’ospedale, in quel momento, sembrava non esser mai esistita, tra loro: quel gesto era un pericoloso e bruciante insieme di passione e desiderio; in quel gesto, Jin poté sentire la chimica farsi sempre più potente, e la loro complicità aumentare. Ma castità e dolcezza? No, quelle non le aveva sentite affatto.
Quella era una guerra, e lì, in quell’ufficio, Jin seduto sulla scrivania, Namjoon ancora in piedi di fronte a lui, si stavano giocando il tutto per tutto, senza risparmiare niente.
Mentre il minore si impegnava ad approfondire quel contatto, succhiando e mordendo le labbra del compagno di tanto in tanto, il più grande aveva separato le sue gambe, posizionandocisi  in mezzo, rompendo definitivamente quella barriera insegnante-alunno che avevano cercato in tutti i modi di tenere alzata fra loro.
Portò entrambe le mani al suo collo, mordendogli con più forza il labbro inferiore e tirandolo, fino a sentire il sapore metallico del sangue in bocca. Poi, si staccò per qualche secondo, guardandolo negli occhi, godendosi lo sguardo della sconfitta «Jin due... Namjoon, zero.»
Tornò poi a baciarlo con ancora più foga, circondandogli il volto con entrambe le mani, ed iniziando, piano piano, ad avvicinarsi ancora di più al suo corpo.

Fanculo, Namjoon aveva pensato più e più volte di fermarsi nel corso di quei pochi minuti, ma nulla, la sua ragione non poteva niente contro l’effetto che Kim Seokjin gli provocava. Sentì un certo desiderio, nascosto in zone proibite del suo corpo, accrescere e, senza nemmeno accorgersene, iniziò a farlo sdraiare sul legno freddo della scrivania, che dal giorno dopo non avrebbe più guardato come prima. Non sarebbe più stato un semplice pezzo di legno: sarebbe stato IL semplice pezzo di legno su cui lui ed il suo studente avevano infranto una delle regole fondamentali del comportamento scolastico. In quel momento, però, di quella fottuta norma non gliene poteva fregar di meno: aveva Kim Seokjin completamente sotto di lui, disteso lungo tutta la scrivania. Eccolo, finalmente l’aveva rimesso al suo posto, proprio come da lui desiderato, e di certo non gli dispiaceva. 
Stanco del sapore delle sue labbra e bramoso di tastare ogni singolo pezzo del suo corpo, scese lungo tutta la sua mandibola, lasciando leggeri morsi, fino ad arrivare al suo collo, che cominciò a succhiare. Sentì il suo profumo invadergli le narici: eccola, un’altra cosa per cui Namjoon andava matto, ormai.
Non uno di quegli orrendi profumi in boccetta, semplicemente il suo.
Continuò a lasciargli voraci baci ovunque, mentre con una mano risaliva fino ad una delle sue spalle, che strinse delicatamente.

Eccolo, il momento che Seokjin tanto aspettava arrivasse. Se quel maestrino da quattro soldi voleva tanto metterlo al suo posto, in quel momento ci stava riuscendo perfettamente. Mentre, esattamente sopra di lui, lasciava continui baci lungo il suo collo e la sua mandibola, rendendolo ancora più vulnerabile di quanto già non fosse, Jin fu in grado di percepire, esattamente contro il proprio corpo, la sua presenza, che si faceva sempre più pressante.
Nel momento in cui Namjoon prese a succhiargli varie zone del collo, tutte le sue barriere crollarono, e diventò totalmente succube del suo tocco, totalmente schiavo della sua esperienza.
Istintivamente, iniziò a muovere lentamente il bacino contro il suo corpo, mentre anche fra le sue gambe, iniziava a farsi sentire una certa pressione.
Il suo bassoventre iniziò letteralmente a bruciare, e dalla sua bocca, nel momento in cui le loro erezioni, ancora coperte dagli ingombranti pantaloni, si toccarono, uscì un lieve gemito.
«Se le sue lezioni fossero tutte così, professore, probabilmente arriverei ad essere un genio in tutte le materie del mondo, lo sa?» gli rivolse un sorriso complice mentre, prendendolo per le spalle, lo avvicinava un po’ di più a sé, fiondandosi poi sul suo collo, sul quale iniziò a lasciare dei profondi ed evidenti succhiotti.

«Sta zitto, Kim Seokjin, perché potrei avere sottomano un modo perfetto per zittirti come si deve. E no, non sto scherzando, questa volta. Ma dopotutto, non lo faccio mai, tienilo bene a mente.»
Era completamente impazzito e la causa era un ragazzino di neanche diciassette anni, quasi non si riconosceva. Nel momento in cui sentì le loro erezioni scontrarsi, un compiaciuto lamento fuoriuscì dalle sue labbra, in quel momento lasciate lì, sole, mentre Seokjin lavorava il suo bel collo. La situazione si stava evolvendo anche troppo, quasi si preoccupò per dove sarebbero andati a finire. Namjoon di certo non aveva paura, e a giudicare dalle azioni di Jin, neanche lui doveva averne.
Ma su una scrivania, seriamente, Kim Namjoon?
«Cristo, Seokjin, se continuiamo così-» un allarme improvviso, proveniente proprio da dietro le sue spalle, spezzò l’atmosfera: fu come risvegliarsi da un piacevole ed erotico sogno, che in quel caso, fortunatamente, restava comunque reale. Rivolse un’occhiata sorpresa a Seokjin, più confuso di lui, in quel momento. Poi, seccato, si era voltato in direzione del suono fastidioso, esclamando un: «Oh, cristo, non posso crederci.»
Velocemente, attento a non finire sopra il proprio compagno, Namjoon scese dalla scrivania, lasciandolo lì e dirigendosi verso quell’odiosa fotocopiatrice, che aveva stampato non una, ma ben 86 copie-sparse al suolo- dello stesso documento e che, a causa dell’assenza d’inchiostro, aveva fatto partire l’allarme.
«Avrei dovuto lasciarti fare. A quanto pare, non so usarla.»
«E tu che insistevi tanto sul volerlo fare al posto mio. Guarda che hai combinato.» commentò il più piccolo, saltando giù dalla scrivania e raggiungendolo, solo per dargli un colpetto dietro la testa «E con queste che cosa ci facciamo, un falò?»
«Ti piace il fuoco, per caso? Ne sei ossessionato.» asserì Namjoon, abbassandosi per recuperare tutte le copie sparse al suolo «Comunque no. Io te le passo, e tu le getti nel tritadocumenti.»

********

DISCLAIMER ABBASTANZA IMPORTANTE NON STANNO INSIEME NON PENSATE COSE AFFRETTATE.
Ebbene sì ragazzi, è successo, a metà ma è successo. Questo capitolo onestamente è il mio orgoglio, soprattutto Jin, che è il mio personaggio, al quale sono particolarmente affezionata. Jin è una serpe, e Namjoon si è lasciato mordere. Adesso cosa succederà?
Come faranno a smascherare definitivamente i misfatti della preside Lee? Riusciranno a mantenere il segreto almeno per un po’? E Jin riuscirà nei suoi loschi intenti di far completamente cedere Namjoon? 
Intanto, Jeon Jungkook è uscito definitivamente di scena. Significa forse che non ci saranno più problemi? Spoiler: no.
Al prossimo capitolo, thank you~

-Glaceeonx 

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