Headache

di Anil
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** SABATO ***
Capitolo 2: *** DOMENICA E LUNEDI' ***
Capitolo 3: *** MARTEDI' E MERCOLEDI' ***
Capitolo 4: *** GIOVEDI' E VENERDI' ***
Capitolo 5: *** SABATO E DOMENICA ***
Capitolo 6: *** MONDAY, TUESDAY AND WEDNESDAY ***
Capitolo 7: *** THURSDAY AND FRIDAY ***
Capitolo 8: *** SATURDAY ***
Capitolo 9: *** SUNDAY ***
Capitolo 10: *** LA SETTIMANA ***
Capitolo 11: *** WEEK-END ***



Capitolo 1
*** SABATO ***


C’è un costruire che è molto più dannoso di qualunque distruggere
(Guido Ceronetti)
 
 
SABATO
POV. SANA
“Cavolo Kurata, ma si può sapere perché sei così tonta?”
“Hayama non fare il deficiente, non l’ho fatto apposta a slogarmi la caviglia.”
Dannato Hayama, ma cos’ha tanto da strillare?! Lo sanno tutti che praticamente ho due piedi sinistri e inciampo ad ogni mattonella messa male. Lo sa perfettamente anche lui visto che non si contano le cadute di cui ha sghignazzato come un forsennato. Di gusto per giunta.
“Sta zitto Hayama ed aiutami!”
Si dovrebbe anche sbrigare visto che la gente comincia ad indicarmi. Sono seduta nel bel mezzo del grandissimo salone all’ultimo piano dell’osservatorio di Tokyo, il palazzo più alto della città. Mi sono distratta cercando Fuka e sono inciampata. Hayama è ancora seduto, o meglio, stravaccato su una delle poltroncine e ride divertito. Ride è una parola grossa. Hayama non ride: ghigna. Odioso. Davvero odioso.
“Vuoi rimanere lì a guardarmi o mi aiuti? Non voglio rimanere tutto il sabato qui.”
Hayama si guarda intorno allungando il collo come in cerca di qualcuno.
“Cosa fai adesso Hayama?” Mi sto davvero innervosendo, e per giunta la caviglia mi fa male.
“Sto cercando qualcuno che possa aiutarti.”
“Non essere stupido, neanche io muoio dalla voglia che tu mi tocchi, ma gli altri sono già scesi. Purtroppo per me ci sei solo tu qui.” Protendo le braccia perché mi aiuti. Sul serio, non voglio che mi tocchi, ma ora è una necessità.
“Hai detto purtroppo Kurata?” Hayama si avvicina tenendosi fuori dalla portata delle mie mani. Si poggia le dita sul mento assumendo una posa da pensatore.
“Cavatela da sola allora.” Si volta e si avvia verso le scale.
“Akito per favore! Mi fa male!” urlo prima di rendermene conto. Io non lo chiamo MAI per nome. E lui fa altrettanto. Non più almeno. Mi è solo scappato per una questione di bene superiore, insomma non posso morire di inedia su questo pavimento freddo. Hayama si blocca sulla porta che dà alle scale e torna indietro.
“Mi sei debitrice Kurata” dice passandomi la mano sotto le braccia e tenendomi saldamente contro il suo fianco.
Ok. Ce la posso fare. Sana, non sei più una bambina. Datti un contegno. Concentrati sul dolore alla caviglia. Mi accorgo che non è così difficile in effetti concentrarmi sul dolore alla caviglia perché fa veramente “UN MALE CANE” urlo alzando il piede.
“Mi hai perforato un timpano Kurata!” Hayama passa l’altro braccio sotto le ginocchia e mi prende in braccio. “Così va meglio?”
Cosa? Chi? Chi sono io? Ah sì Sana Kurata, 20 anni. Attrice e studentessa universitaria. Bene va meglio. Non devo guardare Hayama e dargli la soddisfazione di vedere gratitudine ed emozione sul mio volto. Non ci tocchiamo da anni, e infatti tiene le braccia tese in avanti, quasi non mi fa toccare il suo corpo, fa il doppio della fatica in questo modo, ma è meglio così. 
“Mhm” mugugno.
“Dove stai andando Hayama?” mi accorgo che si sta avviando verso le scale.
“Alle scale” risponde come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Lo guardo negli occhi: due secchi di oro fuso, che un tempo erano capaci di farmi perdere qualsiasi pensiero coerente.
“H-Hayama sei impazzito? Sono 70 piani!” urlo.
“E allora?”
Si si fai lo sbruffone solo perché sei un campione di Karate e hai più muscoli che cervello. Mi guardo bene dal dirglielo però perché devo pur scendere da questo maledetto palazzo. E poi diciamolo… per amore del vero. Ha pure il cervello lo stronzetto. Ha preso il corso di medicina con specializzazione in fisioterapia ed ha anche una delle medie più alte.
“E allora, potresti inciampare e farmi cadere. Inoltre sto per impazzire dal dolore. Con l’ascensore faremo prima.”
Non fa una piega. Brava Sana, quando mi ci metto sono anche abbastanza logica e convincente.
“Io non inciampo Kurata. Ti fa veramente così male?” Mi chiede scrutandomi.
Sono un’attrice mio caro. E comunque sì mi fa male, non da impazzire forse, ma io il dolore fisico non lo sopporto proprio. Faccio una smorfia e sgrano gli occhioni annuendo.
“E va bene, ma con questo fanno due debiti Kurata. Come intendi pagarli?”
Nascondo un ghigno trionfante posando la testa sulla sua spalla. Oh diamine che buon profumo. Sana fai la brava. È oggettivo, ha un buon odore, non rompere coscienza del cavolo.
“Facciamo tutto un conto Hayama. Ti comprerò del sushi.”
Infondo basta poco per far felice Hayama: un po’ di sushi, forse anche il Karate…
“Il sushi me lo posso comprare da solo, deciderò io il tuo conto Kurata.”
Sbuffo sonoramente, non è una buona cosa essere in pugno ad Hayama.
Lo sento prendere un respiro profondo e mettermi giù. Siamo nell’ascensore di vetro. Saltello fino alla vetrata da cui si vede tutta Tokyo, è davvero meravigliosa. Quella distesa immensa di cemento e anime che mi fa sentire piccola e viva.
“Non stai morendo dopotutto” Hayama stringe gli occhi accusatori fermo sulla porta dell’ascensore.
Mi accascio contro il vetro sedendomi sulla moquette e lo guardo piegando la testa di lato per scrutarlo meglio, chissà se ricorda che qui mi ha baciata per la prima volta...
 “La vista mi ha distratta un attimo Hayama tutto qui” mi massaggio distrattamente nel punto dolorante che intanto si è davvero gonfiato.
Hayama fa un passo incerto dentro l’ascensore adocchiando il pallone che ha preso il posto della mia caviglia e pare convincersi.
“Serve del ghiaccio” sentenzia dando subito le spalle a me e alla vista della città sotto di noi. Hayama soffre di vertigini. Lo so che ha paura dell’ascensore di vetro, ma cavolo deve pur controllare le sue paure! È un uomo adesso.
Hayama schiaccia il pulsante del piano terra e le porte si chiudono con un cigolio. Lui rimane ostinatamente voltato verso la porta. Gli osservo le spalle ampie fasciate dalla camicia azzurra, le gambe muscolose strette nel Jeans e i capelli biondo cenere che si riavvia nervosamente con la mano. E’ davvero un bell’uomo. Sospiro. Perché sospiro?
“Perché sospiri Kurata?”
Ecco appunto. Me lo stavo proprio chiedendo. Perché? Beh non c’è un motivo, studi scientifici dicono che sospirare serve a raffreddare il cervello. O quello era lo sbadiglio?
“Mi fa male la caviglia” mento spudoratamente.
66° piano
65°
64°
63°
62°
BUM! L’ascensore si ferma di colpo e ci sbalza mandando me a sbattere contro la vetrata e Hayama contro il pavimento. Ci metto un po’ a riprendermi dalla botta alla testa. Mi tocco un punto imprecisato del volto e sento una sostanza viscida e calda sulle dita. Cerco di mettere a fuoco ciò che mi circonda, ma faccio fatica perché l’occhio destro è appannato. Con l’occhio buono vedo Hayama premere furiosamente il bottone di soccorso.
“H-Hayama che succede?”
Hayama si volta verso di me e sbianca, mi si avvicina in un balzo e mi tampona con la manica della sua camicia il lato destro del viso, sorreggendomi la testa con l’altra mano.
“Stai sanguinando Kurata” mi dice prendendomi di peso e spostandomi dall’altro lato dell’ascensore. Continua a pulirmi la guancia e l’occhio permettendomi di vedere di nuovo. Poi si china e per un momento infinito credo che mi voglia baciare sulla fronte, invece prende delicatamente fra le labbra l’angolo del sopracciglio lasciando una strana sensazione di bagnato. La mia testa galleggia e non so se per la botta o per le labbra di Hayama sul mio viso. Labbra Hayama. Mio Viso. Vietato immaginare queste cose insieme.
“Ehi” protesto spingendolo leggermente.
“La saliva disinfetta” dice semplicemente e mi abbandona per tornare a premere il pulsante. Finalmente una voce metallica risponde alla chiamata di soccorso:
Prego signori indicateci il problema.
“Siamo bloccati nell’ascensore, torre di osservazione di Tokyo 62° piano, siamo in due. Una persona è ferita.”
Pausa. Provvederemo subito a mandare soccorsi. Rimanete vicino alle porte e non fate movimenti bruschi.
Cosa significa non fate movimenti bruschi? Vedo Hayama sbiancare ancora di più, e credo di avere anche io lo stesso aspetto cinereo, più sangue e palla alla caviglia annessa certo. Hayama si lascia scivolare di fronte a me.
“Stai bene Kurata?” mi chiede guardandomi.
“Credo di sì” mi tocco lievemente l’occhio e sussulto per il dolore.
“Tu come stai?”
Scuote la testa, spero che non vomiti sul pavimento.
“Avrei dovuto prendere le scale” dice lanciandomi uno sguardo accusatore.
Eccolo che parte alla carica, la sua interminabile voglia di irritarmi non arretra proprio davanti a niente eh?
“Stronzo” sussurro.
“Cosa hai detto scusa?”
“Niente.”
“Sei davvero una ragazzina egoista Kurata.”
Io egoista? Hayama, decisamente sei fuori strada caro. Fra noi due l’egoista, egocentrico, egoarca ed egolatra sei solo tu! Adoro questi termini, li ho imparati apposta per insultarlo. Mi mordo la lingua però, perché sebbene muoia dalla voglia di rispondergli a tono, riconosco che ha fatto uno sforzo per salire sull’ascensore ed aiutarmi. Quindi mi limito a sbuffare.
“Ecco brava, stai zitta una buona volta.”
Eh no, così mi provochi e non si fa Hayama. Nu-nu-nu!
“Fosse per te la gente comunicherebbe a gesti Hayama” musone che non sei altro, te ne stai sempre zitto, indifferente a tutto…
“Fosse per te invece sarebbe tutto un grande Show.”
“E cosa c’è di male? Almeno io ci metto gioia nelle cose che faccio! Tu cosa ci metti Hayama?
“Sei irritante Kurata, cosa avrai da essere così contenta non si capisce.”
“E tu cosa avrai per essere così musone non lo capisco.”
“Non lo devi capire infatti, non ti riguarda.”
“Bene, e a te non riguarda la mia gioia.”
“Bene.”
“Bene.”
Ci guardiamo accigliati un attimo prima di affondare ognuno nei propri pensieri. Questo è adesso il nostro rapporto. Come un lungo deja vù, ma adesso non c’è nessun ragazzino che io debba salvare, ora devo soltanto salvaguardare me stessa. Hayama tiene la testa fra le ginocchia e io mi giro di lato per sentire il freddo dell’acciaio sulla ferita. Mi dà un po’ di sollievo, solo la caviglia continua a pulsare dolorosamente. Mi stendo sulla moquette mettendo la borsa sotto la testa. Il mio orologio da polso segna le cinque, è già un’ora che siamo qui dentro e pian piano la luce proveniente dalla vetrata sta scemando. Spero che ci portino via di qui prima possibile, non voglio rimanere con Lui tutta la notte. Il caldo e l’ansia ci fanno grondare di sudore, respiro un po’ affannosamente, e vedo che anche le spalle di Hayama si alzano e abbassano faticosamente. Vorrei che il nostro rapporto fosse più semplice da permettermi di rassicurarlo o toccarlo, ma le barriere fra di noi sono massicce ed impenetrabili. Faticosamente e meticolosamente costruite in anni di duro lavoro. Mentre osservo quello che un tempo è stato il centro esatto della mia esistenza mi sento scivolare nell’incoscienza.
Un cigolio sinistro mi desta, mi rizzo a sedere terrorizzata. Hayama balza in piedi e riprende a pigiare sul pulsante di soccorso.
Stiamo arrivando signori, ancora poche ore.
“Poche ore?” urla Hayama, nessuno di noi due ha idea di quanto tempo sia passato. Fuori è buio e ad illuminare la scatola d’acciaio in cui ci troviamo sono delle inquietanti luci a neon che fanno apparire tutto sinistro e tremulo.
Signore rimanga calmo, l’intervento è delicato. Presto uscirete illesi.
“Maledetti inetti” urla ancora Hayama prima di andare a rimettersi seduto. Un secondo dopo l’ascensore sembra riprendere vita, solo che il cigolio è davvero inquietante e l’ascensore comincia a prendere sempre più velocità. Siamo morti, lo so. Ci schianteremo.
BUM! L’ascensore si riferma con uno schianto e io e Akito siamo nuovamente sbalzati, sbatto ancora la testa e l’ultima cosa che vedo è Akito chiudere gli occhi guardandomi.

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Capitolo 2
*** DOMENICA E LUNEDI' ***


“Capire è difficilissimo;
farsi capire è una smisurata ambizione”
                                                                            H. Amiel
 
 

DOMENICA
POV. AKITO
Maledetta Kurata, avrei dovuto lasciarla su quel pavimento a congelarsi il sederino da principessa che si ritrova. Anche perché ho il divieto di toccarla, no, non me lo ha vietato il dottore…me lo sono autoimposto. Sono delle regole di sopravvivenza che ho messo a punto per salvaguardia personale.
Regola di sopravvivenza n. 1: non avvicinarsi a Kurata tanto da riuscire di sentire il profumo della sua pelle.
Può sembrare stupido rispettare delle regole autoimposte, ma per me sono fondamentali. È così che sono riuscito ad andare avanti in questi anni, da quando sono tornato da L.A. per la precisione.
E comunque ieri l’ho tenuta abbastanza distante dal mio corpo, quindi posso considerare salva la mia integrità. Quando ha posato la testa sulla mia spalla ho dovuto voltare il viso dall’altra parte per non inalare il suo odore. Per quanto riguarda la ferita sull’occhio, beh sono quasi un medico, un paziente è un paziente. No?
Mi agito e sento uno strano prurito alla caviglia e alla tempia, come qualcuno che mi solletica con una piuma.
Apro gli occhi e vedo su di me il viso preoccupato di Tsuyoshi con tanto di occhiali tondi appannati, a giudicare dall’espressione tirata sta per piangere. Non sopporto che le persone piangano, si suppone che io le debba consolare e non è una cosa che mi riesce bene.
“Calmati Tsu, sto bene” lo rassicuro,
mi tocco una tempia per accertarmi che non ci siano piume. Niente piume. Mi alzo a sedere e mi guardo attorno. Sono in una stanza di ospedale, fortunatamente ho ancora addosso i miei vestiti e solo una flebo attaccata al braccio. Significa che non ho nulla di grave.
Tsu si sta asciugando gli occhiali “Che cosa è successo Tsu?”
“Vi hanno tirato fuori dall’ascensore due ore fa, eravate entrambe svenuti. Oh amico mi è davvero venuto un colpo quando ho saputo che eravate voi le persone che stavano cercando di tirare fuori da quella scatola.”
Sapessi il colpo che è venuto a me, credevo di morire spiaccicato in quel aggeggio infernale. Con lei per giunta.
“Sana, come sta?” chiedo balzando in piedi, l’ultima cosa che ricordo sono gli occhi di Kurata che si chiudevano incorniciati da sangue, molto sangue. Mi strappo la flebo e mi fiondo alla porta.
“Calmati Akito, sta bene” mi rassicura Tsu, trascinandomi con incredibile forza verso il letto.
“Non si è ancora svegliata, Fuka e Aya sono con lei, ha perso sangue da una brutta ferita sull’occhio, ma pare che non avrà gravi conseguenze.”
Torno a sedermi sul letto, per niente consolato dalle parole di Tsu. Insomma io studio medicina, potrebbe anche svegliarsi e che so, avere un’amnesia o una commozione cerebrale. E se non si ricordasse di me? Rabbrividisco al pensiero…
“Ehi cosa succede qui?” L’infermiera entra di corsa e accorgendosi della flebo staccata mi guarda con rimprovero.
“Sto molto meglio, dovrei andare a vedere la signorina Kurata” affermo convinto rialzandomi in piedi e passandomi la mano fra i capelli.
L’infermiera mi scruta e sembra decidere che sto abbastanza bene, e a giudicare da come mi guarda sembra pensare anche a qualcos’altro. Col tempo ho imparato a sfruttare alcune delle mie naturali doti per far presa sulle persone, visto che con le parole non sono bravo presto molta attenzione alla gestualità. Funziona anche meglio che se parlassi.
“Eh va bene, ma non vada via perché deve firmare delle scartoffie.”
“A dopo allora” e lei sorride maliziosa. Ah donne!
Tsu mi fa strada verso la stanza di Sana. Entrando vedo le spalle di Aya e Fuka chine su di lei, le supero e aggiro il letto in modo da poterla vedere.
“Oh Hayama, per fortuna c’eri tu!” esclama Aya asciugandosi le lacrime. Entrambe hanno gli occhi arrossati di pianto e sono bianchissime, ma niente in confronto a Sana. Ha la testa fasciata e un’escoriazione lungo tutta la guancia. Anche a lei è stata somministrata una flebo. Mi sembra così fragile adesso, avremmo potuto morire e le ultime cose che ci siamo detti sono state cattiverie. È vero che mi fa proprio incavolare, ma non voglio che le accada niente di male, non l’ho mai voluto.
“Per cosa è la flebo?” chiedo non scostando un attimo gli occhi da lei. Se solo desse un cenno di coscienza potrei allentare questa angoscia asfissiante.
“Eravate disidratati” risponde Fuka.
“Che ci facevate nell’ascensore Hayama? Tu odi il panorama” chiede Fuka. Di solito non mi piace dare spiegazioni delle mie azioni, ma nella sua voce non c’è rimprovero, né insinuazioni. Ed è per questo che le rispondo.
“Kurata si è slogata una caviglia mentre vi cercava e io la stavo accompagnando.”
“Eravamo solo andati al bar” esclama Aya e scoppia di nuovo a piangere. Premuroso come solo lui sa essere, Tsu si precipita a consolarla.
“Non piangere cioccolatino. È tutto ok ora.”
Aggiungiamo il voltastomaco ai sintomi post incidente…
 
POV. SANA
Ehi cos’è tutta questa angoscia? L’ho provata solo una volta nella vita, anzi diciamo pure due, e non mi piace per niente.
Di chi è questa voce? Ah Aya! Ma perché sta piangendo? Ahi che dolore alla tempia, ma cosa diavolo sta succedendo?
Ah già! Ascensore, Hayama, svenuti. Cerco di alzare una mano per far capire che sono sveglia e subito qualcuno me la stringe. Ah meglio, ora sì, questo senso di angoscia sta andando via, ora mi sento, come dire? Rassicurata.
Apro gli occhi e subito una zazzera di capelli bruni mi avvinghia al collo.
“Aya, Fuka sto bene” mormoro, ma loro non ne vogliono sapere di staccarsi. Chissà come si sono preoccupate le mie amiche, non tanto per la morte da spiaccicamento quanto quella da sbranamento…
“Ci siamo preoccupate così tanto!” infatti dice Fuka lasciandomi finalmente libera di respirare. Spinge gentilmente via Aya dal mio collo in modo che possa aiutarmi a mettermi seduta. Accanto al mio letto d’ospedale c’è anche Tsu che mi sorride a trentadue denti e io ricambio con una smorfia.
“Cosa è successo?” A parte il forte mal di testa e un lieve pulsare alla caviglia, mi sento abbastanza bene, ma non ricordo bene come abbiamo fatto ad uscire…
“Siete rimasti nell’ascensore svenuti per quattro ore, vi hanno tirato fuori in tempo perché un cavo ha ceduto” spiga Fuka rabbrividendo.
Rabbrividisco anche io, ci siamo salvati per un pelo. Una fugace immagine degli occhi di Akito si fanno largo nella testa e rimbalzo come attraversata da una scossa.
“HAYAMA?” urlo chiamandolo.
Nello stesso momento in cui chiedo preoccupata di Hayama, quello si precipita nella stanza sovrastando la mia voce con la sua.
“KURATA?”
Ci guardiamo un attimo interdetti. I suoi occhi colmi di apprensione sono sicura siano uno specchio dei miei. Vedo che anche lui sospira tranquillizzandosi. Sta bene, grazie al cielo! Insomma, un conto è fargli del male con le mie mani, un conto è che gli succeda qualcosa di male. Sarebbe un peccato, e non lo dico per me sia chiaro, ma per tutte le persone che avranno bisogno di lui come fisioterapista nel futuro…e anche un po’ per me. Solo un po’ però, perché infondo (molto infondo) fa parte della famiglia.
Mi lascio ricadere sui cuscini, con tutto questo pensare il dolore alla testa sta aumentando…non avrei dovuto agitarmi in quel modo.
“Forse è meglio che riposi Sana, hanno detto che domattina ti dimettono. Tua madre sta arrivando, rimarrà lei con te stanotte” mi assicura Aya.
“Grazie Aya” mormoro prima di scivolare nuovamente nel sonno.
 

 
 
 
 
Dimenticare il dolore è difficilissimo,
ma ricordare la dolcezza lo è ancora di più.
La felicità non ci lascia cicatrici da mostrare.
Dalla quiete impariamo così poco.”
CHUCK PALAHNIUK
 
 
LUNEDI’
POV. SANA
Stamattina (mattina si fa per dire, sono le 13.00) mi sento bene, il mal di testa è scemato e la caviglia è solo distorta. Sarà che sono scampata alla morte o sarà che sono sopravvissuta chiusa in una scatola con Hayama, ma mi sento piena di vita. E a dimostrazione di ciò ho una gran fame, di quella fame che svaligerei un intera pizzeria.
Dopo infinite scartoffie finalmente mi lasciano tornare a casa. Mammina ha insistito perché tornassi in villa con lei, ma in tutta sincerità non ha senso visto che mi sento meglio, e poi devo studiare!
Sono sicura che Aya e Fuka si prenderanno cura di me alla grande. Beh in effetti è quello che fanno da quando viviamo insieme, prendersi cura di me. Sono la piccola della casa io: non mi fanno mettere mano ai fornelli (credono che non sappia cucinare tsk!) e non mi chiedono di pulire (temono che rompa le suppellettili, ma dico io!), di fare la spesa poi non se ne parla proprio (solo perché mi sono persa qualche volta…). Non che io non mi offra intendiamoci! Ho cercato spesso di rendermi utile, ma ogni volta loro mi dicono che io devo badare a studiare e basta e così mi arrendo.
Come se fosse possibile fare altro con Fuka. È talmente autoritaria ed incalzante che è inutile discuterci, non per niente ha preso Management come facoltà.
Aya invece, beh è Aya. Dolce e carina, una ragazza d’altri tempi. Lei studia per diventare maestra anche se sospetto che prima di diventare maestra diventerà mamma. Credo proprio che dopo la laurea lei e Tsu convoleranno a nozze. E non potrebbe essere altrimenti visto che stanno insieme da tempo immemore, dalle famose elementari.
Devo ammettere che sono rimasta un po’ sorpresa quando Aya ha accettato di vivere con me e Fuka e non con Tsu. Ci ha spiegato che hanno tutta la vita davanti per convivere e tra l’altro non è che cambi molto visto che Tsu abita accanto a noi. E non per modo di dire: proprio alla porta accanto, sullo stesso pianerottolo, con tanto di stanze adiacenti.
Storco il naso, Tsu vive con Akito e questo significa che stanno sempre in mezzo ai piedi. Non mi dispiace per Tsu quanto per Akito. Non facciamo altro che beccarci, io dico, non poteva scegliere almeno un’università diversa dalla mia? Abbiamo solo pochi corsi in comune, uno per l’esattezza, visto che io studio Arte e Spettacolo. Ad ogni lezione scegliamo accuratamente posti lontani, di vicinanza in casa ne abbiamo già troppa fra pranzi, cene e varie altre cose.
“No Rei non c’è bisogno che mi accompagni dentro, e poi tua moglie è disotto che aspetta…”
Saluto distrattamente Rei che per una volta mi ha dato ascolto e busso alla porta. Aya mi apre sorridendo, mi passa una mano attorno al busto per aiutarmi a mettermi seduta sul divano in salotto.
“Non c’è bisogno Aya sto bene”
“Dai fatti coccolare, mi sono spaventata così tanto” corre a prendere una scatola di cioccolatini e me li spinge in grembo. Solo allora mi rendo conto che casa è invasa da cioccolatini e fiori. “Sono dei tuoi fan” spiega andando a preparare il pranzo in cucina.
Ah è proprio il caso di dirlo: home sweet home! Non mi sono mai sentita tanto felice di aver intrapreso la carriera di attrice, tutto questo ben di dio per me! Sfrego le mani pensando a quanti giorni mi potrò rimpinzare di schifezze…
“Dai mangia, sei smunta!” Come se ci fosse bisogno di esortarmi, Aya mi caccia un cioccolatino in bocca e io lo mastico di gusto. Mi ingozzo di cioccolatini per tutta l’ora successiva, dai serotonina fai il tuo lavoro!
Devo dire che Hayama ogni tanto si rivela utile, mi ha spiegato che la mia insaziabile voglia di cioccolato è per via della mancanza di serotonina, una sostanza che fa stare bene. Si libera col cioccolato o con beh, lui l’ha chiamato sano sesso, io lo chiamo fare l’amore. Cafone. Ovviamente non ho mancato di lanciargli una ciabatta dopo la sua spiegazione non richiesta. Però a me stessa lo posso ammettere, mi manca un po’ l’essere innamorata, in quanto a fare l’amore, non ne possa sapere un granché. E qui torniamo al mio cioccolato.
Mentre ne sto per addentare un altro, la porta si apre ed entra il cafone, anche chiamato Akito, o nel mio caso Hayama.
Io preoccupato e lei che si ingozza.
Io non mi ingozzo cafone.
“Cafone a chi?” chiede Hayama togliendomi il cioccolatino dalle mani.
“Io non mi ingozzo” ribadisco.
“Ma io non ho detto niente.”
“ti ho sentito non mentire!”
Idiota
Irritante
Sbuffo sonoramente mentre lui va in cucina a rubare qualche cibaria preparata da Aya.
“Ehi non toccare la mia roba” urlo dal salotto. Ci scommetto che prenderà qualcosa solo per farmi arrabbiare. E’ una delle sue attività preferite quella di farmi arrabbiare, e la cosa migliore è che ci riesce senza sforzarsi più di tanto, gli viene proprio naturale. Un vero talento!
“C’è da mangiare per un esercito qui, non essere la solita egoista!” mi urla di rimando.
Inevitabile, un forte senso di irritazione mi attanaglia lo stomaco chiudendomelo del tutto, poso contrariata il mio cioccolatino. Addio Serotonina.
“Cosa c’è Akito? Stai male?” sento chiedere Aya dalla cucina.
“N-No è che mi è venuta una fitta allo stomaco, forse è fame.”
Ecco a me la fame passa e a lui viene, mondi opposti proprio. Saltello sul piede  buono fino in cucina per accertarmi che non finisca le scorte che mi sono state mandate dai miei fan e lo trovo a rimpinzarsi di sushi, la carta di un pacco regalo sul tavolo indica chiaramente che ha rubato il MIO sushi.  
“Stupido ladro, spero che ti strozzi con quel sushi.”
“Fai attenzione Kurata, sei in debito con me!”
“Allora con quel sushi saldiamo” esclamo speranzosa.
“Non se ne parla, devi fare uno sforzo Kurata. Come quello che ho fatto io per salvarti da inedia” dice “e per poco non ci ho rimesso la pelle” aggiunge a bassa voce.
Guardo Akito per individuare il punto migliore della testa su cui abbattere il mio Piko, ma mi fermo. Ha ragione, ci abbiamo quasi rimesso le penne. Scuoto la testa e me ne torno in salotto, divoro il resto del cioccolato nella vana speranza di placare l’impulso di abbracciare quello stupido di Hayama. Saremmo potuti morire e non abbiamo fatto altro che litigare ed ignorarci.


POV. AKITO
Quella sciocca si sta ingozzando di cioccolata sul divano, si farà venire il diabete se continua così. Da quando le ho detto che il cioccolato aiuta il buon umore ha raddoppiato le quantità già consistenti di cacao che trangugia. Io le avevo parlato anche di sesso, ma ho ricevuto una ciabatta in pieno stomaco. Si scalda sempre quando tocchiamo questi argomenti, anche se ha vent’anni suonati. La sua timidezza in queste cose mi provoca da sempre uno strano sentimento, quasi tenerezza la definirei. Dentro Sana è rimasta la bambina con i codini sparati che ho amato. E amo ancora il ricordo di lei, la sua mano dolce che accarezza i miei capelli parlandomi, gli occhi pieni di fiducia, la sua determinazione a salvarmi da me stesso. A quella buffa ragazzina devo persino la mia vita… Datti una controllata Akito. Stai violando la legge di sopravvivenza n. 3: non rievocare i ricordi insieme. Scuoto la testa e sento una strana sensazione allo stomaco, una sensazione che non mi piace affatto.
Annuso il sushi, che sia avvelenato? Dal sapore non si direbbe. Ad ogni modo lo spingo via, forse sono ancora scombussolato da quello che è successo sabato.
“Io vado, ci vediamo Aya.”
“Akito, non hai finito il sushi” osserva Aya sbigottita, io non lascio mai il sushi.
Mi stringo nelle spalle e esco dalla cucina. La testolina rossa di Sana spunta dal divano. Si è rannicchiata con le gambe al petto quasi a contenere un dolore, la bocca ancora sporca di residui neri di cacao. Mi prudono le mani, vorrei baciarglielo via. Controllo Akito. Controllo.
“Diventerai una balena Kurata.”
“Diventerai simpatico Hayama.”
Capra scorbutica e musona
Bisbetica
Ci guardiamo in cagnesco un secondo prima che mi chiuda la porta alle spalle.
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** MARTEDI' E MERCOLEDI' ***


 
 
L’uomo e la donna si prendono,
si riprendono, s’intraprendono, si sorprendono,
ma non si comprendono mai.
(Edmond Thiaudière)
 
 
 

MARTEDI’

Oggi ho spudoratamente saltato le lezioni universitarie e la cosa peggiore è che non mi sento minimamente in colpa…È troppo bello essere servita e riverita da tutti! Non vedo l’ora che arrivino le ragazze per lamentarmi un po’ del dolore alla tempia. E soprattutto spero che venga Hayama per costringerlo a farmi dei favori!
Sono le 13.00 e non si è ancora visto nessuno, di questo passo morirò di fame. Mando un messaggio ad Aya e a Fuka per chiedere a che ora rientreranno e per poco non mi viene un collasso quando mi avvisano che torneranno rispettivamente alle 16.00 e alle 17.00. Aya mi suggerisce di chiedere a Tsu e io prontamente chiamo il mio caro amico per convincerlo, magari, a comprarmi una pizza.
“Oh Tsu ciao!”
“Ciao Sana, come ti senti?”
“Ehm, non molto bene. Volevo chiederti infatti se sei di ritorno a casa così per il pranzo sai…”
“Oh no, mi dispiace. Il professore mi vuole parlare e mi devo trattenere”
“Oh va bene…”
“Chiedi ad Akito” suggerisce candidamente Tsu, sospetto, anche se ormai sono diventati bravi i miei ‘amici’ a nasconderlo, che mi voglia far trascorrere del tempo con Akito. Povero sciocco, non sa che i risultati sono l’esatto opposto di quello che lui si aspetta.
“No, no. Saltellerò fino in cucina. Non importa. Ciao Tsu.”
Chiudo la comunicazione prima che possa dar seguito a quel “ma” che ha viaggiato nell’etere. ‘Ma’ un corno. Un conto è schiavizzare Hayama (davanti agli altri è costretto), un altro conto è chiedergli favori che potrebbe in futuro rivendicare. Senza potrebbe, anzi.
Arranco fino in cucina (in realtà cammino piuttosto bene, è solo che ho paura di prendere un’altra storta) e scruto il frigo. Irrimediabilmente saturo di schifezze. E va bene, schifezze siano, al diavolo i brufoli. Agguanto una confezione di biscotti al cioccolato e torno al mio confortevole divano. Sono piuttosto di buon umore quando qualche tempo dopo mi arriva la chiamata del direttore artistico del teatro: Aida Suo.
“Salve signorina Suo!”
“Oh Sana, ho saputo dell’incidente. Come stai?”
Niente di sorprendente per me, Suo è probabilmente la sorella nascosta di Rei, gemella si intende, monozigote. Oppure, meglio, è un suo clone formato femmina. Perché non c’è donna (di uomo c’è Rei appunto) più rompiscatole, precisa e pedante di lei. Rei sicuramente l’ha rassicurata che potrò sostenere la prima dello spettacolo che si terrà fra una settimana quindi devo solo capire ora cosa diavolo vuole da una povera ammalata.
“Bene, bene”
“Perfetto allora oggi verrai alle prove, ho capito che dobbiamo cambiare alcuni punti e mi servi per discutere con i personaggi. Non posso andare avanti senza di te.”
La sua voce è abbastanza isterica da buona perfezionista quale è, so già che si farà venire una crisi nervosa quando le dirò che non potrò andarci.
“Il signor Sagami non l’ha avvisata che non sono ancora in condizioni…”
“Si, ma a me basta che tu assista, non devi camminare o roba del genere. Puoi stare seduta.”
Sospiro, addio divano. Addio schifezze.

 
POV. AKITO
Tsu mi chiama in piena lezione. Ovviamente non gli rispondo, sono due giorni ormai che mi chiama per sapere se sto bene e se ho giramenti di testa o varie. E pensare che viviamo insieme…non oso immaginare come sarà con un eventuale figlio. Perché sono sicuro che questa eventualità non è poi così lontana per lui. Lungi dal rinunciare mi manda un messaggio:
“Sana è rimasta a casa senza pranzo, ci vai tu? Le ragazze sono all’università.”
Sbuffo sonoramente facendo girare qualche studente seduto nelle vicinanze.
“Nel caso tu non lo sapessi, anche io sono all’università.”
Non posso fare altro che chiedermi se desisteranno mai da questo loro palese intento di spingerci l’uno verso l’altra.
Col tempo hanno adottato tecniche sempre più raffinate, ma per me rimangono sempre goffi ed elementari tentativi.
“Lo so, ma la tua lezione termina alle 14.00, le loro molto più tardi.”
Posso immaginare quanto sia questo ‘molto più tardi’, ma non mi prendo la briga neanche di rispondergli.
Non morirà per un giorno senza pranzo, e poi ha casa invasa da tutte quelle schifezze. Sono certo che si rimpinzerà con quelle.
 
Malgrado le mie remore, sono qui. Due confezioni di sushi alla mano. Sia chiaro che io devo tornare a casa mia e passo proprio davanti alla sua porta, perciò non mi costa niente lasciarle questo cibo. E poi se continua a mangiare solo robaccia diventerà tutta brufolosa e allora addio spettacoli, si trasformerà in una persona ancora più irritabile e le cose precipiteranno. Lo faccio per il gruppo, non per lei.
Apro direttamente con la chiave e la becco che sonnecchia sul divano, una confezione di biscotti vuota su un lato e un tazzone di latte dall’altro. Ecco come ha pranzato. Scuoto la testa mentre mi avvicino a lei, quando dorme è così…così…oh al diavolo. È bella. Tremendamente bella. Tanto che vorrei toccarla.
La mia mano scatta ad accarezzarle il volto senza che possa fermarla e in barba a tutte le mie regole.
“Hayama!” urla alzandosi all’improvviso, faccio un balzo all’indietro e per poco non cado sul tavolino.
“Ma sei impazzita? Mi hai fatto prendere un colpo!”
Sana si guarda attorno, mettendomi a fuoco “Oh sei tu, scusa ti stavo sognando.” Dice mettendosi seduta e rassettandosi il pigiama con i maialini.
“Tu stavi sognando me?” chiedo divertito posando il pranzo in cucina. Ci scommetto che le è scappato dalla bocca solo perché è ancora intontita da sonno.
“N-no che dici? Io non…”
Mi sporgo dalla porta e la osservo mentre tiene le mani davanti alla faccia e scuote la testa. Posso sentire da qui la vergogna per la sua gaffe.
“Hai urlato il mio nome però” rincaro la dose, sono curioso di sapere cosa stesse sognando.
“Io non me lo ricordo” si ridesta dal suo sbigottimento e balza in piedi. 
“Ehi, ma tu che ci fai qui?” mi urla.
“Tsu mi ha costretto a portarti il pranzo.”
“Ah ok. Hayama?”
Il modo dolce in cui ha pronunciato il mio nome mi fa fare una buffa capriola allo stomaco, anche se so perfettamente quello che significa. Niente tenerezze o stupidaggini del genere. Vuole un favore.
“Cosa vuoi Kurata?” mi affaccio ancora dalla cucina e la vedo mentre si contorce le mani, evidentemente cercando il modo di chiedere il suo favore.
“Ecco, io non posso guidare. Se io ti facessi prendere la mia auto mi accompagneresti in un posto?”
Sbuffo sonoramente, ma in realtà adoro quando mi chiede i favori. Posso ricattarla quanto mi pare dopo.
“E perché dovrei farlo?”
“Perché ti lascerò la mia macchina per tutta la settimana.”
Ah ah sono secoli che le chiedo di farmi portare la sua auto sportiva, ma per un suo perverso piacere mi ha sempre detto di no.
“Una settimana? E tu credi che io rinuncerò ai miei impegni per tenere la tua stupida auto una settimana?”
“E va bene, quanto?”
“Un mese”
“Cosa? NO!”
“Beh allora arrangiati!”
“Mhm e va bene, mi dovresti portare a teatro alle cinque. Ho le prove”
Non sono mai andato alle sue prove, però non ho mai perso uno spettacolo. E questo solo e soltanto perché ci andiamo come gruppo, come amici, come famiglia. Niente di personale.
Le do il mio assenso e lei schizza via (molto lentamente, perciò schizza davvero poco) a prepararsi.  Consumo solo il mio sushi in cucina e mi preparo mentalmente al viaggio in macchina con lei.
 
 
 
 
POV. SANA
Dopo aver indossato dei leggings ed una maglia lunga, mi sistemo la fascia sulla testa che copre un po’ il cerotto alla tempia. Ci mancano solo altre foto di me in questo stato. Lui mi sta aspettando vicino alla porta, esita un attimo quando mi vede zoppicare, credo che sia indeciso se aiutarmi o meno. Se fosse un gentiluomo non esiterebbe affatto, che troglodita. Gli passo davanti con nonchalance e comincio a scendere le scale.
“Ehi, hai intenzione di fare tre rampe di scale in quello stato? C’è l’ascensore!” mi urla dietro chiudendo il portone di casa mia con le sue chiavi.
“Non ho intenzione di prendere quell’affare infernale con te, ancora.”
Sbuffa sonoramente e sento i suoi passi dietro di me, anche se sono molto lenta non mi supera, forse teme che gli possa cadere addosso.
“Quante probabilità ci sono che succeda ancora Kurata? La maggior parte degli ascensori sono sicuri!”
“La maggior parte Hayama, e se questo fosse fra quelli non sicuri? Non rischiamo.”
Stranamente non replica, e io riesco a scendere tutte le scale illesa. Hayama si ferma davanti alla mia auto e mi fa cenno di dargli le chiavi. Le stringo fra le mani tentata da rimangiarmi la parola. So quanto adora la velocità, e quest’auto è mooolto veloce e mi sono divertita un sacco a negargliela tutte le volte che mi ha chiesto di guidarla. Purtroppo stavolta devo cedere, un ghigno di trionfo gli si dipinge in viso quando afferra le chiavi al volo. Si posiziona in macchina e accende il motore facendolo schizzare a moltissimi giri. Sembra contento, e per qualche oscuro motivo lo sono anche io. Guida come un matto fino al teatro, nel tragitto non parla molto, se non per fare qualche apprezzamento sulle performance dell’auto e per ricordarmi che l’avrà a disposizione per tutto il mese.
Azzardo uno sguardo al suo volto soddisfatto e mi ritorna in mente il sogno che mi ha fatto urlare il suo nome. Ho sognato che mi stava accarezzando il volto, e ricordo con sconcertante chiarezza che a me piaceva! Oh Kami…
 
POV. AKITO
Sono soddisfatto del nostro accordo, sarà una goduria avere l’auto tutta per me per l’intero mese. Il tragitto è stato tranquillo, anche se non abbiamo parlato molto non ho sentito imbarazzo fra di noi. Non sono sorpreso infondo, l’imbarazzo è per chi prova qualche sentimento e noi non proviamo nulla, giusto? Giusto!
La osservo mentre si posiziona nelle prime file accanto a quella che sembra essere la direttrice artistica. Toglie la fascia e si ravviva i capelli all’indietro, la luce dei riflettori si infrange su quei capelli di un colore sorprendente creando dei riflessi che mi abbagliano. Ehi! Ma che diavolo di pensiero ho formulato? Abbagliato io? Dai suoi capelli? Tsk!
Passo le successive tre ore a guardare il gruppo della compagnia teatrale alternarsi e provare sul palco. Sana e la direttrice sedute vicine e con le teste che quasi si toccano parlano fitto tra loro. Mi sono onestamente rotto le scatole e sto seriamente pensando di lasciarla qui.
Mi alzo e mi avvicino per farle capire che è ora di andare.
Di bello è bello non c’è dubbio, e quelle mani calde mi hanno fatta sentire così strana.
Alzo gli occhi per capire di chi diavolo sta parlando con la direttrice, e fra quei pappamolle di attori individuo un tizio abbastanza decente che potrebbe essere il soggetto con le mani calde. No dai, non può piacerle quel tizio e poi cosa significa “le mani calde mi hanno fatta sentire strana” dove diavolo ha messo quel pervertito le sue luride mani?
Mentre sento montare una rabbia dentro (ovviamente dovuta al fatto che aspetto da tre ore, e che Sana invece di lavorare sta facendo comunella) la vedo girarsi verso di me e per qualche strana ragione diventa tutta rossa. Rimette la fascia, saluta e mi raggiunge.
“È tardi lo so, possiamo andare se vuoi”
“Si, voglio” rispondo acido avviandomi verso la macchina.
“Ehi, non c’è bisogno di essere così scorbutico” mi dice appena entrata in auto.
“Lasciami perdere Kurata, non è aria”
“Ma cosa diavolo vuoi ora? Avevamo un accordo no? Tu mi portavi alle prove e io ti lasciavo la MIA piccola per un mese”
“Si, ma non credevo che dovessi venire qui a fare gossip, credevo dovessi lavorare!”
“Tu farnetichi! Certo che sono venuta a lavorare!”
“Si certo, come ti pare.”
Cerco di arrivare prima possibile a casa, non voglio stare in macchina con lei, non sopporto che mi si dicano le bugie, voleva fare la civetta? Bene! Poteva dirmelo e io avrei usato il mio tempo per fare altro!  

 

 

MERCOLEDI’

POV. SANA
I miei giorni di relax-ripresa sono finiti e devo tornare a darmi da fare.
Oggi mi aspetta l’università e come è mia abitudine sono in ritardo.
Ci tengo molto a rispettare questa tradizione del ritardo, è la mia firma…non lo faccio nemmeno apposta. Mi viene naturale.
Come per Hayama l’essere stronzo. Eh sì perché di stronzaggine si tratta, ieri sera non mi ha nemmeno salutato quando siamo arrivati a casa, e pensare che avevamo un accordo. Credo si sia arrabbiato per l’eccessiva noia, non c’è altra spiegazione.

Entro nella grande aula di soppiatto, ma come sempre non ho fatto i conti con la mia sbadataggine. Inciampo nel bel mezzo degli scalini e rovino sulla prima sedia, dritta dritta fra le braccia di un ragazzo. Mi rimetto in piedi in un secondo, ma ormai tutti gli studenti, più professore, sono rivolti verso di me.
“Signorina Kurata, capisco che è una persona molto impegnata, ma alle mie lezioni si viene in orario” dice il professore scocciato.
Vorrei sprofondare. Mi gratto nervosamente la nuca mormorando delle inutili scuse e mi infilo velocemente nella sedia accanto al ragazzo/salvatore. Mi lascio scivolare scompostamente sulla sedia nella vana speranza di nascondermi dagli sguardi di tutte quelle persone. Cacchio che figuraccia!
Il ragazzo accanto a me ridacchia divertito. Cosa avrà da ridere? Lo guardo dalla mia posizione stramba mentre cerca di trattenere il suono della sua ilarità con la mano.
“Cosa ridi?” gli sibilo con un filo di voce.
“Sei buffa” ammette appuntando i suoi occhi su di me.
Buffa, mi è sempre piaciuto questo termine. Me lo diceva anche lui: Sei buffa
È un ragazzo molto carino, i capelli scuri scomposti incorniciano un volto aperto ed amichevole, gli occhi verdi sono molto espressivi e vivaci. Sorrido a mia volta, non posso farne a meno, ha proprio una faccia simpatica, al contrario di Lui
“Lo so, sono imbranata” ammetto, e se non lo ammettessi sarebbe uguale perché il mio corpo sprizza imbranataggine da tutti i pori.
Passo il resto della lezione ad osservare il ragazzo simpatico che fa una vignetta di me che cado come un sacco di patate sulle scale.
“Ma sei bravissimo!” urlo quando finisce il disegno (e la lezione).
“Tienila, è tua!”
“Grazie!” Prendo la caricatura, sono sicura che è davvero così che sembro dal difuori: gambe lunghissime e magre, seno piatto e una testa troppo grande per il collo esile.
“Io sono Jin” si presenta faccia-simpatica.
“Sana.”
“Si ti conosco, tutti ti conoscono qui!”
Mi gratto nervosamente la testa. Sono almeno un paio di anni che non partecipo a programmi televisivi o al cinema, faccio solo teatro e alcune pubblicità (i contratti sono quinquennali) ma a quanto pare la gente mi ricorda ancora.
“Eh-eh non credevo che il teatro fosse così seguito.”
“Il teatro no, ma le pubblicità sì. E poi siamo cresciuti tutti con il tuo programma. Come si chiamava?”
“Il giocattolo dei bambini” rispondo prontamente, forse una delle esperienze più importanti della mia vita.
“Si brava quello! Eri grandiosa!”
Avvampo, sono abituata ai complimenti dei fan, ma non mi capita spesso di stare così a tu per tu con un ragazzo, e per giunta carino. Dovrei sentirmi lusingata e allora perché sento questa irritazione? Mi prude la mano persino.
“Stai bene?” mi chiede ad un tratto Jin avvicinandosi un po’ al mio viso con aria preoccupata.
La sensazione di irritazione si acuisce e devo trattenere la mano per non prendere a pugni questo ragazzo dall’aspetto gentile e vivace. Ma cosa diavolo mi sta succedendo?
“Si, scusa. È che ho avuto un piccolo incidente e mi fa male la testa” gli spiego indicando il cerotto sulla tempia.
“Ah capisco. Senti visto che seguiamo lo stesso corso, domani se vuoi ti tengo il posto ok?”
Annuisco al suo indirizzo, ringrazio velocemente e vado via sperando che domani mi passi questa insana voglia di picchiarlo.

“Hi”
Chiudo un attimo gli occhi per prepararmi mentalmente ad affrontare il proprietario di quella voce, sospetto fortemente che soffra di un disturbo bipolare: oggi mi saluta, mah!
“Ciao Hayama.”
Continuo a camminare nel corridoio e sono sicura che lui sia ancora dietro di me. Lo sento. È ormai assodata la teoria scientifica che col tempo il corpo si evolve e adatta, no? Il mio corpo si è evoluto per captare la presenza di Hayama, e di conseguenza evitarlo. Non dico che ci riesco sempre, e va bene, non ci riesco quasi mai…ma per una questione di spazio eh. Voglio dire, università in comune, stessi amici, vicini di casa…insomma le probabilità sono contro di me.
“Kurata sai che quella caricatura ti somiglia proprio?”
Maledetto ficcanaso! Infilo la caricatura nella borsa e affretto il passo.
“Sparisci Hayama.”
“Come vuoi Kurata, vuol dire che oggi non pranzerai.”
Mi blocco all’istante e faccio dietro front. Per il pranzo posso anche affrontare un po’ di irritazione. Hayama sta già andando via e in mano regge un sacchetto in cui presumibilmente c’è il pranzo che ho dimenticato a casa.
“Hayama aspetta!”
Si ferma e si volta verso di me. Un ghigno divertito sulla faccia. Lo sa che non rinuncerei al pranzo per nulla al mondo. Viene da ridere anche a me, anche se sono irritata. Mah! Devo aver preso proprio una bella botta alla testa!
“C’è il mio pranzo lì dentro?” indico il sacchetto.
“Si, Aya mi ha chiesto di portartelo.” Sono indecisa se ringraziare Aya per avermi mandato il pranzo o arrabbiarmi per avermelo mandato proprio con Hayama, deciderò a casa in base al suo grado di pentimento.
Ma non posso proprio rinunciare, avevo anche infilato nel sacchetto un sacco di cioccolatini. Stendo il braccio, il palmo della mano all’insù e fletto le dita.
“Dammi allora.”
Hayama alza un sopracciglio “Hai dimenticato la parolina magica Kurata.”
“Forza Hayama dai!” rimango ostinatamente ferma nella mia posizione di pretesa, Hayama ghigna, ma ora non sta guardando me. Guarda oltre la mia spalla. Interrompo la mia immobilità (con un senso di piacere del tutto fuori luogo) per guardare cosa ha attirato la sua attenzione. Per poco la mascella non mi casca per terra tanto l’ho spalancata. Una ragazza bellissima sta avanzando con altre tre amiche. È talmente bella che le altre sembrano figure sfocate. Ha degli assurdi capelli corvini perfettamente lisci, occhi verdi tirati all’insù e bocca a forma di cuore. Inutile dire che è dotata di un bel paio di seni e delle gambe spettacolari. Mi sento piccola ed insignificante. Avanza decisa verso Hayama superandomi come se fossi un inutile pezzo di arredo:
“Akito! Speravo di trovarti qui. Oh ma quelli sono cioccolatini! Li hai portati per me? Grazie!”
Cerco di ricompormi e darmi un contegno, insomma come si permette miss universo di passarmi accanto in quel modo senza riguardo? E poi non deve assolutamente toccare le mie cose! Mentre lei allunga la mano per sfiorare la guancia di Hayama succedono molte cose. Il mio stomaco si attorciglia su sé stesso, un potente fastidio si irradia nelle mie mani, gli occhi di Akito diventano due fessure e si appuntano su di me.
“Ehi!” dico prima che le sue stupide mani possano toccare ciò che è mio. Ovviamente intendo il sacchetto.
La ragazza si gira e si guarda intorno (è molto più alta di me), poi abbassa piano lo sguardo e vedendomi alza un sopracciglio perfetto (tatuato).
“Si?” chiede.
“Quel sacchetto è mio!” ribadisco.
Continuo a sentire lo sguardo di Hayama su di me, lo guardo a mia volta e mi avvicino decisa.
Se da quel sacchetto a quella smorfiosa è la volta buona che lo ammazzo
“Davvero?” chiede la ragazza ad Akito, ma prende comunque il sacchetto dalle sue mani con fare possessivo.
Ora sì che l’accartoccio. Il mio cibo non si tocca! Metto le mani sui fianchi e assumo un’aria autoritaria.
“Davvero!” rispondo e allungo la mano perché me lo renda.
“Hayama?” la ragazza si ostina ad ignorarmi e parla ad Hayama, ma lui è completamente immobile. La bocca leggermente aperta e le sopracciglia alzate in una espressione sorpresa.
Io posso sentire Kurata!
Scoppio a ridere nervosamente.
“Sei impazzito Hayama? Ora mi senti per davvero! Fammi restituire il sacchetto.”
Mi sono davvero stufata, mentre la ragazza continua a guardare Hayama e la sua strana espressione, le strappo il sacchetto dalle mani e faccio un balzo indietro stringendomelo al petto.
La ragazza mi fulmina con lo sguardo e poi posa un dito leggero sulle labbra di Akito. Hayama si ridesta dalla sua trance e finalmente chiude la bocca e guarda la ragazza.
“Mika, non toccarmi le labbra” la rimprovera acido.
Hihihi stupida Mika, beccati questo.
Lo sguardo di Hayama ritorna su di me e sul suo viso appare un ghigno soddisfatto.
Non ci sto capendo più niente! Aiuto!
Mika offesa abbassa lo sguardo “aspettami in mensa arrivo subito” le dice Hayama.
Stupida Mika, perché si fa trattare così ora, cosa è il cagnolino di Hayama?
Hayama avanza verso di me e si ferma a poco più di due passi di distanza. Socchiude gli occhi e sporge la testa di lato come in ascolto di qualcosa.
Poi fa un altro passo e io stringo forte il sacchetto al petto. Non lo cederò mai!
Non lo voglio quello stupido sacchetto Kurata. Ma perché devi essere così tarda?
Ehi un momento! C’è qualcosa che non quadra!
Non quadra Kurata che la mia bocca non si muove
Balzo indietro puntandogli un dito contro “da quando sei diventato un vetriquolo?”
“Si dice Ventriloquo” sbuffa “Kurata non spaventarti ok?”
“Di cosa?”
“Osserva le mie labbra.”
Ma è impazzito? Io non voglio assolutamente guardare quelle labbra. Inevitabilmente il mio sguardo cade esattamente dove mi ha detto lui, mentre mi si avvicina…
Cavolo le sue labbra! Io non le volevo guardare: eccolo quel ghigno odioso, quando solleva così l’angolo della bocca…
Kurata
Mhm?
Kurata tu senti la mia voce?
Annuisco lentamente, spostando la mia attenzione ai suoi occhi e puoi nuovamente alle sue labbra.
Due più due Kurata, quanto fa?
“Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh”
Akito si tappa le orecchie e io scappo via in una corsa sfrenata! Non è possibile. Non esiste! Io ho sentito Hayama nella mia testa. Lui mi ha parlato senza aprire la bocca!
Mi rifugio in un bagno per donne sperando di essere riuscita a seminarlo e mi appoggio alla porta sfinita. No, non può essere. È solo un brutto sogno! Un incubo! Mi do un pizzicotto al braccio. “Ahi!” Povera me…
“Kurata non fare la sciocca, esci!” Hayama è fuori dal bagno, lo sapevo che mi sarebbe corso dietro.
“Maledetto Hayama sparisci, come hai osato?”
“Guarda che io non ho fatto niente, dev’essere stato l’ascensore…”
Che sia accaduto qualcosa quando abbiamo sbattuto la testa? Una specie di connessione…impossibile. Deve essere per forza uno scherzo!
“Kurata, forse è passato perché non sento più niente.”
“Davvero? Come fai a sapere che non stiamo parlando mentalmente?”
“Perché la mia bocca si muove, e sento la mia voce e la tua con le orecchie” replica scocciato. Odio quando fa il saputello! Se gliela chiudessi per sempre quella bocca sarebbe meglio…
“Smetti di irritarti, mi dà fastidio!” mi urla.
Apro la porta scocciata. Che significa che gli dà fastidio la mia irritazione?
“Che significa che ti dà fastidio la mia irritazione?” maledetto Hayama, mi deve sempre rompere le uova nel paniere
Kurata ora ti sento
Richiudo la porta irata, spero che gli sia finita come minimo sul naso.
“Credo che funzioni solo se siamo a circa un metro di distanza, senza porte o muri fra di noi” osserva Hayama.
“Quindi se ti allontani e apro la porta non senti i miei pensieri?”
“Non lo so, proviamo.”
“Fatto?”
“Si”
Apro nuovamente la porta. Akito è dall’altra parte del corridoio e non sento nulla. Menomale.
“Come immaginavo, è la distanza a cui eravamo nell’ascensore. Se stiamo a più di un metro non sentiamo nulla” osserva.
Non avevo più pensato all’ascensore e a ciò che era accaduto. Le labbra di Hayama sul mio viso…
“Ah Kurata, un'altra cosa.”
“Cosa altro c’è?” chiedo brusca.
“Credo che possiamo sentire le nostre emozioni e stati d’animo. Anche a distanza.”

“Cosa? Ma io non voglio!” urlo, questa forse è la parte peggiore di tutte. Non può sentire le mie emozioni! Dovrebbe essere illegale per una questione di privacy! Mi accorgo però che ha ragione. Sento una emozione non mia, difficile da definire.

“Neanche io, basterà cercare di stare lontani.”
“Non chiedo altro!” rispondo acida.
“A chi lo dici!” se ne va a passo deciso lontano da me.
È una situazione surreale. Incredibile! E le implicazioni sono infinite. Insomma dovremmo cercare di stare almeno ad un metro di distanza e devo imparare a controllare le mie emozioni. Su questo sono sicura che almeno lui non avrà problemi, quando mai cuoredighiacciohayama prova emozioni?

 

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Capitolo 4
*** GIOVEDI' E VENERDI' ***



GIOVEDI’


POV. SANA
Oggi niente università, ho bisogno di riposare un po’ visto che non ho chiuso occhio. Ho approfittato della mia momentanea (lo spero) insonnia per pianificare una strategia che tenga i miei pensieri al sicuro: la cena settimanale a base di pizza si avvicina, ergo si avvicina il momento in cui staremo in una stanza quattro per quattro tutti insieme.
Ieri non ci siamo più incrociati, anche perché me ne sono andata in giro tipo spia, camminando rasente ai muri e sbirciando negli angoli per evitarlo. Ho acquistato un comodo specchietto per controllare le curve, e no, non è esagerato. Insomma dev’essere illegale spiare nella testa delle persone. Anche se pensandoci bene, dubito che ci capirebbe qualcosa, neanche io mi capisco.
Comunque, è uscito fuori un piano niente male.
Dopo accurate ricerche ho scoperto che i pensieri si sviluppano su vari livelli, come quando riesci a leggere e contemporaneamente a pensare a tutt’altro.
Praticamente io vivo sempre così si può dire. Io e Hayama molto probabilmente condividiamo solo un livello di pensiero e mi basta mascherarlo con un pensiero fisso per non lasciargli libero accesso al resto. È sicuramente più facile farlo che dirlo.
Lo metto subito in pratica non appena Hayama entra in casa, e parto con il mio pensiero fisso: Melamelamelamelamelamelamelamelamelamelamelamelamelamelamelamelamela.
Akito con mia soddisfazione pensa che sia impazzita:
Sei veramente buffa Kurata
Melamelamelamelamelamelamela. Non offendere Hayama. Melamelamelamelamelamelamela.
Sono i miei pensieri posso fare quello che mi pare, gallina.
Sento chiaramente il desiderio di picchiarlo prudermi sulle mani e nello stesso tempo la sua soddisfazione per essere riuscito ad innervosirmi.
Come sei violenta!
Sei un mulo dei sentimenti Hayama. Inetto e afasico. Musone, irritante egocentrico. Donnaiolo e…Scimmione penso soddisfatta alle sue spalle.
Si volta incastrandomi con gli occhi ridotti a due fessure, non lo chiamavo scimmione da secoli. Forse ho esagerato un filino.
MELAMELAMELAMELAMELAMELAMELAMELAMELAMELAMELAMELAMELAMELAMELA.
Non abusare della mia pazienza Kurata.
Sono i miei pensieri posso dire quello che mi pare…
E si porta fortunatamente dall’altra parte dalla stanza.

“Ehi, ma si può sapere cosa avete voi due?”
Tsuyoshi sposta basito lo sguardo fra me e Akito, mi viene da ridere immaginando la scena dal difuori. Due che si guardano in cagnesco senza dire una parola. Vedo affiorare un ghigno sul volto di Hayama, complice del mio divertimento.
Tsuyoshi vedendoci ridere sembra decidere che dopotutto non ci sbraneremo nel salotto.

All’arrivo delle pizze cerco di sedermi al lato opposto del tavolo rettangolare, fortunatamente abbiamo scelto un tavolo abbastanza grande che mi permetterà di mangiare tranquilla.
“Ehi quello è il mio posto” protesta Fuka, neanche il mio sguardo da cucciolo bastonato la smuove, l’ho già detto che è un pochino abitudinaria la mia amica? Forse maniacale come termine sarebbe più adatto.
“C’è uno spiffero laggiù e io ho mal di testa” rincaro la dose nella vana speranza che mi assecondi.
“Se è per questo anch’io ho mal di testa oggi, torna al tuo posto, e metti un cappello se non vuoi sentire gli spifferi!”
Che dicevo? Vana speranza. Mi trascino sconsolata difronte ad Hayama che sembra (lo sento) alquanto divertito.
Non essere angosciata Kurata, non mi interessa sentire i tuoi pensieri.
Melamelamelamelamelamelamelamelamelamelamelamelamelamelamelamelamela
Il problema del mio geniale piano è che, ecco, come dirlo senza perdere tutta la mia dignità?! C’è uno spazio limitato nella mia testa. Ed esattamente come nel mio armadio, nella mia testa i pensieri si accavallano e si affollano confusi. Tradotto, per chi guarda dal difuori sembro impazzita: con lo sguardo fisso e la bocca che si muove appena per continuare il mio mantra salvapensieri.
“Ti senti bene Sana?”
“Mhm?” Mi guardo attorno per individuare chi ha parlato.
È difficile, perché tutti – tranne Hayama che sghignazza- mi guardano con preoccupazione.
“Ti ho chiesto se ti senti bene, sembri strana.” È Tsu a parlare.
Che dolce Tsu, sempre a preoccuparsi degli altri
“Si-si sto bene” mento.
Non si dicono le bugie Kurata
“Sta zitto Hayama!” urlo, io credevo di aver urlato nella mia testa, ma sebbene il mio cervello sia in sovraccarico, sento chiaramente la mia voce. E poi lo sguardo di tutti nuovamente su di me.
“Akito non ha parlato Sana” Fuka mi guarda come se mi fosse cresciuta un’altra testa. Aya corre vicino a me e posa la mano sulla mia fronte per assicurarsi che non sia malata.
“Sto bene Aya, è che quello lì mi manda in bestia” la rassicuro spostandole la mano.
Bestia è dir poco, sottospecie di mammifero.
Ah Kurata, allora stai imparando anche a parlare, dimmi sai già arrivata a due più due?
“Ma Akito non ha fatto niente!” conferma Aya, ma insomma da che parte stanno tutti? Non vedono che quella faccia da innocente è palesemente falsa?
Non ti arrabbiare Kurata, ti vengono le rughe e non mi fai godere la pizza.
Melamelamelamelamelamelamelamelamelamelamelamelamelamelamelamelamela
Cerco di calmarmi e concentrarmi sul sapore della pizza. Non devo permettere che mi rovini uno dei momenti più belli della settimana: il mio appuntamento con i carboidrati. Riesco a terminare la mia pizza in tempo record e con la scusa del mal di testa mi vado a piazzare sul divano, al sicuro. Per il momento. Infatti non ci mettono molto a terminare anche loro e…Ahi ahi si sono messi in testa di giocare a quello stupido gioco. Sono convinta che lo facciano apposta per morire dal ridere con le mie colossali cilecche.

Anche contro le mie proteste Tsu recupera il cartellone su cui faremo i disegni a turno e che le nostre rispettive squadre dovranno indovinare.
Tutti scoppiano a ridere quando vedono lo scarabocchio rimasto dall’ultima partita, io ero convinta di aver disegnato un bell’elicottero e invece (chissà perché poi) erano tutti convinti fosse una piovra.
Incrocio le braccia sotto il petto e mi volto dall’altra parte, un’altra serata a subirmi gli insulti di Hayama sulla mia incapacità di disegnare e di indovinare.
“Dai facciamo le squadre, chi si offre come capitano?” chiede Tsu.
“Io!” ribatte Hayama con un ghigno sinistro sul viso.
“Va bene, chi prendi in squadra?”
“Kurata e Takaishi”
Tutti, me compresa, lo guardiamo un po’ sorpresi, Hayama non vuole mai giocare con me. Non che gli altri vogliano, ma lui meno di tutti.
Hayama mi guarda e mi strizza l’occhio avvicinandosi a portata di pensiero.
Kurata io e te possiamo vincere
Sbarro gli occhi comprendendo il suo malvagio e geniale piano. Mi spunta un sorriso a trentadue denti e rimbaldanzita mi sistemo meglio sul divano.
Mentre Hayama e Tsu tirano a sorte per decidere chi debba cominciare, Fuka che è accanto a me mi dà una piccola gomitata
“cos’è tutto questo entusiasmo Sana, mi vuoi dire qualcosa?”
Strizzo l’occhio a Fuka assumendo un’aria misteriosa
“lo hai sempre detto che io e lui abbiamo feeling. Ecco guarda bene” la provoco.
La pagheranno per tutte le volte che hanno riso di me. Hihihihi (risata malvagia).
La squadra di Tsu è la prima a cominciare, Aya sta disegnando quello che sembra un cavallo.
E’ una moto
“Moto?” dico dando voce al pensiero di Hayama
“Si! Punto per noi” urla Aya. Maledizione alla mia boccaccia! Visto che sono della squadra opposta, se indovino il punto va a loro. L’altra squadra esulta ridendo della mia gaffe. Hayama mi scocca un’occhiataccia.
“Tocca a te Kurata”
Prendo il bigliettino che recita: Immobile.
Come diavolo si disegna questa parola?
Il tempo per disegnare (un minuto) comincia a scorrere e io cerco di disegnare una casa, Hayama con la scusa di vedere meglio si avvicina e io penso disperatamente la parola.
Immobile, immobile
Ho capito Kurata non urlare
Hayama prova con altre parole prima di urlare “immobile!”
“Siiiii!”
I nostri amici si congratulano con lui per il suo intuito visto che il mio disegno non ricorda per niente un immobile.
La partita prosegue così per tutto il tempo con me ed Hayama che indoviniamo praticamente tutto. I nostri amici sono stracciati.
“Ci arrendiamo!” urla Fuka dopo l’ennesima sconfitta.
“Si!” urlo balzando in piedi, senza neanche pensarci abbraccio Hayama saltellando come una matta per la felicità, ci metto qualche secondo per capire che mi sono avvinghiata a lui, il suo ampio petto fra le braccia, il mio viso sul suo collo…Oh Kami sto andando a fuoco.
Kurata mi stai strozzando
Dal corpo immobile di Hayama proviene un gelo ed un imbarazzo che mi fanno staccare come se mi fossi ustionata (una ustione totalmente diversa da quella provata un attimo fa), è ovvio che non ha gradito affatto il mio contatto e mi allontano velocemente da lui prima che possa leggere nei miei pensieri, o lo ha già fatto?
 

VENERDI’

POV. SANA
Venerdì. Campus Universitario, ore 11.00 lezione di Psicologia.
Mi nascondo in un angolino dell’immensa aula, sperando che Akito abbia la decenza di starsene nella parte opposta alla mia, o meglio di non presentarsi proprio.
Dopo la gaffe di ieri sera non ho proprio voglia di vederlo...
A pochi minuti dall’inizio della lezione purtroppo lo vedo entrare nell’aula, da una scorsa veloce ai presenti (e a me) e si accomoda mooolto lontano. Sospiro di sollievo e subito mi sento trafiggere da un’occhiataccia. Akito mi sta guardando scuotendo la testa. Ha evidentemente capito che sono sollevata dalla sua lontananza. Poco male, è la verità! Sento a mia volta il fastidio che si insinua estraneo nei miei sentimenti.
È infastidito da me? Cerco di concentrarmi sulle parole del professore, ma mi sento particolarmente nervosa e non ne ho alcun motivo. Deve essere suo il nervosismo. Non sempre riesco bene a distinguere chi sente cosa, ammesso che sia possibile. Ad ogni modo non gli permetterò di rovinarmi la giornata! Devo solo mettere in atto le mie doti di attrice; ho fatto un sacco di esercizi ai laboratori teatrali e ho imparato ad evocare sensazioni positive.
Devo concentrare la mia attenzione su qualcosa di bello. Mi concentro sulla mia vita: ho una carriera a teatro più che brillante, una miriade di fan che mi adorano, ho degli amici fantastici che mi sono vicini e mi viziano, ho una mamma straordinaria. E poi c’è la nuova sfida dell’università, mi voglio immergere in questa esperienza, respirane a pieni polmoni l’aria allegra e giovane. Sì decisamente sono felice! Potrei anche tirare fuori il mio vecchio registratore e cantare a squarciagola il mio entusiasmo!
La gioia ha sciolto il nervosismo, sto per balzare in piedi e uscire dall’aula (ho bisogno di ballare) quando Akito si alza rumorosamente dal banco rimanendo immobile come uno stoccafisso.
Il professore si ferma e tutta la classe punta gli occhi su di lui:
“Ha qualche domanda signor Hayama?” chiede il professore.
“No, devo andare. Mi scusi.”
Akito fila fuori dalla stanza lasciandomi con la mia gioia e la mia lezione da seguire in santa pace.
Due ore dopo la lezione termina, e io ho una fame da lupi…
“Ops scusami!” nel corridoio (direzione mensa) ho sbattuto sonoramente contro qualcuno facendogli cadere parecchi fogli.
Mi chino a raccoglierli per poi restituirli, alzo il viso e incontro degli occhi verdi molto vivaci.
“Grazie Kurata” dice Jin sorridendo, il viso illuminato da un’espressione serena.
“Oh Jin scusa non ti ho visto!”
“Tranquilla, cercavo proprio te. Ti va di pranzare con me Kurata?”
Non posso che sorridere a mia volta coinvolta da quella sua espressione.
“Va bene, stavo giusto andando in mensa.”
Mi assicuro che non ci siano teste bionde in mensa e trangugio la marea di cibo che ho accatastato sul vassoio sotto lo sguardo divertito e scioccato di Jin.
“Però ne mangi di roba eh!?”
Lo guardo per scusarmi con gli occhi, abbozzando un sorriso tirato per via delle guance piene. Non ci posso fare niente se ho fame. Lo stress mi fa questo effetto.
“Mi piace, di solito le ragazze non sono così. Pensa che…”
All’improvviso non riesco più a sentire il suo discorso, mi sento solo molto triste. Come se tutta la felicità e la gioia di vivere mi fosse stata risucchiata via e non mi fosse rimasto altro che il dolore. Deglutisco faticosamente visto il groppo in gola che mi si è formato.
“Ho detto qualcosa che ti ha offeso?” chiede con occhi spaventati Jin.
Mi accorgo che ho cominciato a piangere e si preannuncia un pianto con singhiozzo in piena regola. Pianto Jin al tavolo senza una parola e corro al bagno in preda ad un violento pianto isterico. Mi accuccio sul pavimento in lacrime.
Prima di riuscire a formulare un pensiero coerente sul perché della mia reazione qualcuno apre la porta e si accovaccia davanti a me.
Una scena già vista che mi provoca un dolore terribile: si aggiunge alla tristezza raddoppiando i singhiozzi.*
Akito è di fronte a me, gli occhi ambrati pieni di apprensione. Bene, ora sentirà tutti i miseri ricordi evocati e il dolore che mi suscitano. Cerco di sfuggirgli, ma mi mette due mani calde sulle spalle tenendomi giù.
“Indossi il cappello, tranquilla non sento i tuoi pensieri”
Ora sento la sua preoccupazione e il suo dispiacere. Li sento distintamente nel petto.
“S-sei stato tu?” gli chiedo fra i singhiozzi.
“Mi dispiace, non credevo avresti reagito così.”
“C-come hai fatto?”
Akito si stringe nelle spalle.
“Ho pensato a cose dolorose, ma a me non succede questo” dice indicandomi.
Sono turbata, non arrabbiata (non ancora), ma turbata profondamente dalle sue parole.
Akito ha ancora dei pensieri così dolorosi e io non me ne sono mai accorta. Credevo che avesse superato il dolore della madre e della solitudine in famiglia, ma forse mi sbagliavo. Sono assalita da una nuova ondata di pianto al pensiero che ha sofferto così tanto e a quanto sia stata pessima come amica e forse -un tempo- anche come fidanzata.
“Smettila per favore, mi fai stare male” mi dice gentilmente Akito accarezzandomi via una lacrima.
“Non è così doloroso come pensi, io ci sono abituato. È stata solo una stupida ripicca. Calmati ora.”
Respiro a fondo cercando di riacquisire il controllo. L’oppressione al petto non va via, ma almeno ho smesso di singhiozzare.
“L’hai fatto apposta?” chiedo infine asciugandomi gli occhi.
“Volevo fartela pagare per ciò che mi hai fatto provare in aula, ci è mancato poco che mi mettessi a ballare” mi guarda accigliato e sento il suo fastidio.
La rabbia piano piano sostituisce il resto dei sentimenti e lui pare accorgersene perché si alza in fretta e mette un discreto spazio fra di noi.
“Vuoi mettere quello con questo Hayama? Ma sei scemo o cosa? E se fossi stata alla guida?” urlo alzandomi a mia volta.
Sbuffa sonoramente “Ho visto che pranzavi con quello.”
“Ahhhhhhh allora volevi rovinarmi l’appuntamento!” urlo ancora più furiosa.
“Appuntamento? Ti stavi ingozzando alla mensa, che razza di appuntamento era quello?”
“Non sono affari che ti riguardano! Vuoi la guerra Hayama? E guerra avrai!” Esco dal bagno sbattendo la porta con quanta forza ho. Stupido e insensibile!
Alla sua prossima uscita gli farò fatto passare le pene dell’inferno.


Note: * la scena si riferisce a quando Akito le comunica di dover trasferirsi e Sana si accuccia nel bagno per venti minuti finchè lui non la raggiunge.
Ps. Non sono convinta del capitolo, ma l'ho pubblicato ugualmente....spero di rifarmi con i prossimi. 

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Capitolo 5
*** SABATO E DOMENICA ***


L’egoismo non pecca tanto nelle azioni quanto nell’incomprensione.
(Hugo von Hofmannsthal)
 

SABATO

POV AKITO
Finalmente sabato, sto seriamente pensando di non uscire di casa fino a lunedì, ma ovviamente sappiamo tutti che non accadrà. Tsu diventerebbe una vecchia nonna apprensiva e non troverei pace comunque. Però sarei giustificato, solo gli ultimi due giorni avrebbero dato filo da torcere anche al Kami della pazienza.
Venerdì quella zuccona si era messa in testa di nascondermi i suoi pensieri, come se ce ne fosse bisogno. Ha una tale confusione in quella testolina che mi farebbe venire solo mal di testa. E poi davvero non sono sicuro di voler sapere cosa pensa, potrei scoprire cose che forse è meglio non sapere. Come quando ha pensato alle mani di quel bamboccio su di lei. No, non voglio leggere nella sua testa. E a dirla tutta non voglio che lei legga nella mia.
È bastato controllare i pensieri e le emozioni, e in questo io sono piuttosto bravo, tranne quando lei fa azioni non programmate del tipo saltarmi addosso dopo la partita. Ho faticato davvero a rimanere immobile e non formulare pensieri compromettenti, ho faticato talmente tanto che non sono riuscito a sentire niente dei suoi. Almeno mi è servito per capire qualcosa in più di questa strana connessione. Chi sta vivendo l’emozione più forte influenza l’altro: la gioia di una bambina che vince ad un gioco contro i suoi amici era decisamente più forte della mia calma indifferenza, e infatti mi ha invaso.
Proprio come ieri, quella maledetta di Kurata! Cos’era tutta quella felicità in classe? Sentivo uno strano desiderio, anzi un bisogno di… Puah!
Senza neanche rendermene sono scattato in piedi come una molla, è stato solo all’ultimo secondo che sono riuscito a controllare quella travolgente voglia di mettermi a ballare. Dopo la pessima figura sono uscito dall’aula e ho messo una discreta distanza fra me e quella pericolosa fonte di disturbo. Ci è mancato un pelo che mi mettessi a cantare davanti a tutta la classe. E’ la solita egoista, non ha affatto pensato che avrebbe potuto darmi fastidio…
E poi l’ho vista che si ingozzava con quella mezza cartuccia che le ha regalato il disegno. Cosa ci troverà in quello stuzzicadenti da pranzarci addirittura insieme? Insomma, è totalmente diverso da me, e non chiamatemi presuntuoso se mi uso come metro di paragone. Lei mi ha voluto bene. Un tempo. Molto tempo fa.
E ad un certo punto ho pensato che avrei potuto restituirgli il favore, un po’ di tristezza giusto per far capire allo stuzzicadenti che non era gradito non poteva fare male. Ho violato la legge di sopravvivenza n. 3 Non rievocare i ricordi insieme e ho lasciato che uno dei ricordi più dolorosi della mia vita venisse a galla.
Poi lei inaspettatamente è scoppiata a piangere in quel modo e mi sono sentito un vero verme. Insomma, anche io ero triste, ma di certo non ho reagito così! Fortunatamente indossava quello stupido cappello o avrebbe anche capito quale ricordo mi aveva provocato tutto quel dolore: la mancanza asfissiante di lei alla mia partenza e il dolore nello scoprirci cambiati al mio ritorno. Sorrido amareggiato. Praticamente metà dei ricordi tristi riguardano lei…
 
 
POV. SANA
Niente di meglio che una festa universitaria per mettere in atto una vendetta con i fiocchi! Muahahaha.
“Forza Sana siamo in ritardo” Fuka mi aspetta sul pianerottolo con la mia borsetta fra le mani, ragazza previdente! La stavo giusto cercando nel casino della mia camera.
“Aya è già in macchina con Tsu e Hayama, noi andiamo con Takaishi. E cos’è quell’espressione diabolica?” sorrido alla mia amica a cui non sfugge nulla.
“Vendetta Fuka, vendetta” rispondo sfregandomi le mani.
Non c’è bisogno di spiegare per cosa o verso di chi perché la sua scrollata di testa è un chiaro segno che ha capito perfettamente chi sia la mia vittima. Akito Hayama la pagherai molto cara.
All’ingresso del locale mi mantengo bene a distanza da Akito, il fatto che sia così bello stasera non è molto d’aiuto, ma almeno non sono preoccupata che capisca le mie intenzioni perché mi sono allenata ad entrare nel personaggio di un’opera teatrale e sento solo quelle emozioni ora. La sensazione di benessere mi accompagna fino all’ingresso del locale affollato. Si entra in scena!
 
 
 
 
 
POV. AKITO
Maledetta Kurata, cosa avrà da essere felice anche stasera?
Però, si è ripresa in fretta…almeno posso stare tranquillo. Non dev’essere stata così turbata infondo.
Cerco di rilassare sedendomi al bancone del bar e ordinando da bere. Come sempre, una ragazza mi si avvicina. Una bella bionda con le labbra a cuore e gli occhi scuri, ma cosa più importante di tutti, con una bella quarta di seno.
“Mi fai ballare?” mi chiede all’orecchio appoggiando maliziosamente la mano sulla mia gamba.
Annuisco scolandomi il mio drink. Le cingo i fianchi e la guido alla pista. Comincia a ballare su di me strusciandosi con fare sensuale. Dovrei sentirmi eccitato e invece mi sento infastidito. Molto infastidito.
Ma davvero ti piacciono le balenottere Hayama?
Taci Kurata, e lasciami in pace
Sana è poco più in là e guarda la ragazza con sommo disgusto. Che ben presto diventa il mio.
Guarda come si muove sembra un’anguilla
Guardo la ragazza che si contorce come una pazza e mi viene da ridere.
Beccato Hayama, stavi ridendo…
Vattene Kurata, lasciami in pace!
Finalmente quella stupida sparisce dalla mia vista lasciandomi libero di godermi la serata, la ragazza notando che non partecipo affatto mi prende la mano e mi porta su uno dei divanetti. Accavalla le gambe in modo sensuale e si sporge verso di me…
Stupido, stupido, stupido, stupido, stupido, stupido
Vattene Kurata
Stupido, stupido, stupido, stupido, stupido, stupido
Te la farò pagare
“C’è qualche problema tesoro?” chiede la ragazza contrariata vedendomi con il collo allungato in cerca di Kurata.
“No, niente.”
“In tal caso…” la ragazza si avvicina ancora per baciarmi e nello stomaco sento una fitta talmente forte da farmi sobbalzare. La allontano in fretta alzandomi.
Cosa diavolo era quello?
La lascio lì in asso, di certo non posso continuare la serata con quella stupida che mi perseguita. Sana è già al bancone, vedendomi avanzare verso di lei stizzito mi guarda con aria soddisfatta e si gira per ordinare da bere al barista. Ha indossato un copricapo anni ’50 che si abbina con quel vestitino corto a frange. Ehm ecco, che gli lascia scoperte quelle gambe, come dire, niente male. Niente di personale insomma. E’ oggettivo il fatto che abbia delle gambe mozzafiato, come testimoniano le occhiate dei ragazzi attorno a lei. Trogloditi, una ragazza come lei non li guarderebbe mai. Potrei spaccare loro il muso per farglielo capire. Sana incrocia nuovamente il mio sguardo, le sopracciglia unite in un’espressione interrogativa. La mia voglia di spaccare musi non le è passata inosservata, spero solo che tonta com’è non capisca di cosa si tratti.
“Cos’è questa sensazione alla costola Hayama? Mi hai fatto male!”
“È il fastidio che mi hai provocato Kurata, ti sei messa davvero nei guai!” mento.
“Davvero?” mi chiede con aria di sfida buttando giù il suo shottino.
“Davvero” preciso, “e cos’era quella cosa allo stomaco Kurata?”
Si stringe nelle spalle senza rispondere.
“Ehi barista me ne dai un altro?”
“Cosa fai Kurata, lo sai che non reggi l’alcol!”
“Sta zitto Hayama, sto festeggiando la mia vittoria.”
Si scola il terzo e il quarto shottino sotto i miei occhi e sparisce nella ressa della pista da ballo. Quella stupida, crede di passarla liscia? La cerco tra la calca e individuo la sua chioma rossa che svetta fra tutti, il copricapo sventola fra le sue mani che si muovono a ritmo. Bene bene, ora posso sentire indisturbato i suoi pensieri. Ma avvicinandomi non sento proprio nulla. L’alcol le ha annebbiato la mente e non percepisco nulla di coerente. Sbuffo, così è inutile. Voglio vendicarmi solo quando lei sarà pienamente consapevole. E poi anche io ho bisogno di bere. Ordino un altro drink al bancone e torno sulla pista per controllare che Kurata non si metta nei guai persa com’è. La cerco tra la folla, ma non c’è traccia della sua chioma rossa, sento una fitta di paura travolgermi e scatto in avanti allarmato. Non era mia quella paura, è di Sana. Mi lancio alla ricerca della zazzera ramata verso i divanetti, nei bagni e poi nei privè, ma non è da nessuna parte. Intanto la paura si sta intensificando. Corro fuori…
Non voglio ti prego, aspetta io sono ancora vergine. Non voglio no…Aspetta
I suoi pensieri disarticolati mi colpiscono come un pugno in faccia, vedo un ragazzo che sta trascinando Sana per una mano verso l’angolo della strada. Mi fiondo sul ragazzo e con uno spintone lo allontano da lei.
“Sparisci” gli intimo ringhiando, non se lo fa ripetere due volte.
Sana mi guarda con occhi sbarrati e poi si lascia andare su di me:
È arrivato Aki, il mio Aki mi ha salvato. Mhm che buon profumo che ha, vorrei dormire qui nel suo collo. Quel bruto, cosa credeva di farmi? Bastardo. Io non che la prima volta sia così. Mi sono messa proprio nei guai. Cosa dirà Aya? Aki non mi lasciare andare per favore.
Ascolto divertito i suoi pensieri mentre la accompagno verso la mia auto.
E così ho un buon profumo eh?
Buonissimo sì, lo adoro. Muschio e non lo so…Akito. Il mio Akito.
Mi sento vagamente in colpa ad approfittarmi della sua condizione, la aiuto a sistemarsi sul sedile, le infilo il copricapo e le allaccio la cintura.
Si addormenta nel giro di pochi minuti, così mi sento meno in colpa. Sana mi ha chiamato il suo Aki, forse anche lei sente ancora il legame che avevamo da piccoli. Forse l’alcol le fa cadere il personaggio da donna forte che si è creata. Ma infondo non ha detto nulla di così compromettente, c’era stato un noi secoli fa. Quindi c’è stato anche un suo Akito. Questa del profumo invece è una novità per me e ne sono lusingato e divertito. E sì, perché no? Anche intenzionato a sfruttarlo per darle un po’ di fastidio.
La prendo in braccio cercando di tenerla distante dal mio corpo e la porto in casa. La adagio sul mio letto. Le mie mani indugiano sui suoi capelli di quel colore incredibile. Seguo la ciocca morbida che le cade sulla spalla e mio malgrado devo ammettere che, sì, è diventata davvero bella. Le ciglia lunghe gettano ombre tremule sulle sue guance arrossate, le labbra disegnate leggermente aperte. Si è messa su un fianco con una gamba piegata sotto l’altra. Kami se sono belle quelle gambe.
Chissà perché dopo tutti questi anni è rimasta vergine? Insomma non è da tutti i giorni incontrare una ragazza di venti anni illibata no?
“Hayama rimarrò vergine per te!” sorrido come un ebete al pensiero del suo urlo assurdo nell’aeroporto il giorno della mia partenza. Mi sarebbe davvero piaciuto essere il primo per te piccola Sana…Piaciuto è un termine riduttivo. Avrei amato essere il primo per te…una forte fitta allo stomaco e Sana si agita nel sonno. C’è stato un tempo in cui ho pensato che sarebbe stata mia per sempre. Che la sua bocca, i suoi occhi, il suo cuore mi sarebbero appartenuti senza riserve. Scrollo la testa. Cotta adolescenziale, non poteva essere altro. E questo forte istinto di toccarla che mi sta facendo tremare le mani, altro non è che semplice attrazione per una bella ragazza. Devo allontanarmi da lei, prima che infranga un altro bel po’ di regole di sopravvivenza. Buonanotte piccola Sana.
 
 
 
 
  
È una cosa strana.
Quando ti accade di vedere il posto in cui saresti salvo,
sei sempre lì che guardi da lontano.
(Alessandro Baricco)
 

DOMENICA

POV SANA
Mi sento veramente uno schifo, un dopo sbornia con pacchetto completo: mal di testa, stomaco sottosopra, gola secca e labbra riarse. Puah che nausea! Ho urgente bisogno di un’aspirina. Mi alzo nel buio della camera e cerco a tentoni l’interruttore. Ma perché poi è così buio? Io odio il buio! Dell’interruttore vicino al letto nessuna traccia e comincio a sentire una leggera ansia impossessarsi di me. Dove sono finita? Quasi subito la porta si spalanca lasciando entrare la luce e calmando la mia ansia. Per qualche istante almeno. Perché un secondo più tardi i miei sensi di ragno hanno captato non solo la presenza dei Hayama sulla porta, ma anche la presenza di ME NELLA STANZA DI HAYAMA.
“Cosa mi hai fatto brutto pervertito?!” urlo avventandomi su di lui e colpendolo su ogni centimetro quadrato di pelle che mi trovo davanti.
“Stai calma Kurata, non ti ho toccata.”
Mi fermo con un pugno bloccato ad altezza del suo petto.
“Cosa?” Si scosta da me e va tranquillo in cucina. Mi rassetto i vestiti e il copricapo e lo seguo come un fantasma nella loro cucina.
“Oh ciao Sana” mi saluta Tsu, sta preparando la colazione. Uova, bacon e caffè. Cavolo che buon profumo, il mio stomaco fa uno strano grugnito e Tsu ride porgendomi il caffè.
“Stai tranquilla Sana, Hayama ha dormito sul divano. Parola mia.”
“Ma allora perché sono qui?”
“Ti sei ubriacata bamboccia, ti ho trovata con un deficiente in un angolo della strada e ti ho riportato a casa.”
“C-come mi hai trovata?” Domanda stupida, lo so. Sicuramente mi ha sentita, ma cosa ha sentito esattamente ho paura di scoprirlo. Aggiungiamo ‘inebetita’ al pacchetto post-sbronza.
Akito alza gli occhi al cielo e si serve delle uova che Tsu ha preparato.
“Allora io vado” sto morendo di vergogna ed Akito se n’è accorto perché sta chiaramente ridendo sotto i baffi.
Mi defilo di fretta e corro a farmi una doccia. Sulla soglia di casa Aya e Fuka mi scoccano delle occhiatacce per farmi capire che non l’avrei passata liscia. E infatti fuori dalla doccia mi tocca sorbirmi la ramanzina delle mie due mamme.
Inizio spazio genitori-figli:
“Si può sapere cosa ti è saltato in mente?” questa è Fuka.
“Sai benissimo che non reggi l’alcol!” Aya.
“Erano solo shottini, io non credevo che mi facessero questo effetto!” mi giustifico. Insomma è vero. Da quando dei bicchierini così piccoli mandano in tilt 50 chili di persona?
“Ci hai fatte preoccupare Sana, stai più attenta la prossima volta.” Aya.
I rimbrotti calmi di Aya mi fanno sempre sentire in colpa, io volevo solo divertirmi…
“Scusate ragazze” mormoro.
Entrambe mi sorridono.
Fine del momento genitori-figli.
“Hai dormito con Akito?” mi chiede Fuka balzandomi alle spalle. La osservo dallo specchio. Ha gli occhi grandi luccicanti di speranza.
“No! Ma che dici? Ha dormito sul divano lui!” rispondo scandalizzata.
Lei invece sembra delusa.
“Si può sapere perché sei delusa?”
Risponde Aya: “Perché la tua prima volta deve essere con una persona importante e Akito per te è importante.”
Sono veramente scioccata, come diavolo gli è venuto in mente un pensiero del genere? Sento la faccia ribollire dalla vergogna, una fugace visione di me tra le braccia di Akito mi causa una serie di spasmi allo stomaco. Mi appoggio al marmo freddo del lavandino per arginare un po’ il dolore. Calma Sana, respingi questi pensieri. Respira.
Scuoto forte la testa.
“Voi farneticate! Sapeste!”
“Cosa?” chiedono in coro.
“Hayama non sente niente per me.”
“E tu come lo sai?”
“Lo so e basta” Ne raggiungo la piena consapevolezza proprio mentre lo dico loro.
Hayama sente fastidio, rabbia, indifferenza, ma nient’altro in mia presenza. Invece quando c’era quella ragazza con lui sentivo la sua soddisfazione e…piacere. Siamo amici da una vita, un tempo credevo anche di amarlo e credevo che lui amasse me. Ora è tutto passato è vero, ma non credevo che provasse solo pessimi sentimenti in mia presenza.
Sorrido controvoglia alle mie amiche e mi do da fare con spazzola e Phon per nascondere le lacrime che mi sono venute agli occhi.
Distanza è la parola chiave. Una bella distanza fra di noi. Così non lo irriterò con la mia presenza e lui non mi incupirà con i suoi musoni. Il problema che si profila all’orizzonte però è questo: Domenica. Oggi dovremmo pranzare tutti insieme proprio come una famiglia. Devo trovare il modo di defilarmi e anche subito.
Guardo l’orologio: sono le 10.00. Devo temporeggiare, mi verrà in mente qualcosa… Mi vesto e sgattaiolo fuori casa a fare un giro nella città. Prendo un bel caffè forte e passeggio con la bibita calda fra le mani per le vie di Tokyo che già brulicano di gente. Che scusa trovare? Mi soffermo a guardare un cartellone che mi ritrae in posa per una nota marca di cosmetici. Cavoli se fanno miracoli con il make up! Sembro una donna bellissima. Accanto a me, su un altro cartellone posa Naozumi. Sono secoli che non sento Nao, e non è semplicemente per scappare da Akito che lo chiamo, ma anche perché mi manca sinceramente. Compongo il suo numero e rimango in attesa della sua voce.
“Pronto?”
“Nao!”
“Sana sei tu?” risponde con voce assonnata.
“Nao ti ho svegliato?”
“No, tranquilla, mi sono appisolato in macchina! Che bel risveglio però. Mi sei mancata.”
“Anche tu. Sono in giro per Tokyo, ho visto un tuo cartellone e ti ho chiamato.”
Nao ride “almeno mi pensi con i cartelloni.”
“Non essere sciocco, ti penso spesso, e poi anche tu non mi chiami mai!”
“Dai Sana, scherzavo. Dove ti trovi?”
“Sono in centro, vicino alla Banca centrale.”
“Ferma lì, arrivo tra un’ora.”
“Sei a Tokyo?!”
“Certo sciocca, non mi teletrasporto mica. A dopo.”
Sorrido nel marasma di gente che continua a scendere per le strade. Naozumi, dopo tanti anni, continua ad essere il mio porto sicuro. Mi sistemo in un bar per aspettarlo.
“Sali dai!” Mi fa spazio sui sedili posteriori della sua enorme macchina e chiede all’autista di portarci in albergo. Sheraton, 5 stelle lusso.
“Ti trovo bene Sana, sei sempre più bella.”
“Ma che dici Nao” rido e gli tiro una sonora pacca sul petto. Ehi da dove sbuca fuori quel petto ampio?
Ride anche lui vedendo la mia mano esitare.
“Ho interpretato il ruolo di un guerriero e hanno dovuto farmi venire questi” piega il braccio mostrando una pallina ben tornita che tende la camicia.
“Wow Nao, le tue fan saranno triplicate!” esclamo tastando il muscolo.
Ridiamo e scherziamo per tutto il tragitto verso il suo attico.
“Woow è meraviglioso quassù” mi sento come una bambina al parco giochi! Corro in lungo e in largo sul terrazzo che si affaccia sull’intera città.
Nao sorride e si lascia cadere su una delle sdraio chiudendo gli occhi verso il tiepido sole di maggio. Mi lascio cadere accanto a lui.
“Puoi rimanere qui con me se vuoi. Ho preso due giorni di riposo. A dire la verità ti avrei chiamata domani.”
“Davvero posso restare qui?”
“Certo Sana, è ovvio che puoi rimanere.”
Mando un veloce messaggio alle ragazze per avvisarle che tornerò domani. Capiranno se voglio stare un po’ con Nao. Ah-ah una domenica salvata nel migliore dei modi. Io e uno dei miei più cari amici nel relax più completo.
“Faccio portare su un costume. C’è la jacuzzi con acqua calda”
“Coooooosaaaa?” Nao ride divertito del mio entusiasmo. Io davvero lo adoro.

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Capitolo 6
*** MONDAY, TUESDAY AND WEDNESDAY ***


Appendice a DOMENICA

POV. AKITO
E’ la prima volta che Sana salta un pasto della domenica, anche perché Tsu è abbastanza intransigente al riguardo, e nessuno vuole contrariare Tsu. Potrebbe innescare una delle sue crisi spaccatutto e allora addio arredi di casa.
Tutti sono abbastanza d’accordo sul fatto che il suo comportamento è strano. E poi avvisare con un misero Oggi non torno. Scusate. Che razza di modi sono?
Non si cura proprio della preoccupazione delle sue amiche. Io non sono preoccupato, può fare quello che le pare la ragazzina egoista.
Ho anche sondato l’ipotesi che sia colpa mia, ma non ci grandi presupposti. Insomma l’ho salvata e non l’ho neanche aggredita per la scenetta con la ragazza dalle labbra a cuore. Solo che, quando è andata via da casa stamattina, ho sentito la tristezza che la avvolgeva. E non era mia lo giuro perché stavo studiando anatomia in quel momento.
 
 
 
 
 
Sono entrambi convinti
che un sentimento improvviso li unì.
È bella una tale certezza
ma l’incertezza è più bella.

 
 
LUNEDI’

POV SANA

Ieri sera Nao mi ha invitato a restare anche per la notte, ed io ho accettato solo a condizione di potermi sdebitare: gli preparerò una cena con le mie mani un giorno di questi.
Ci siamo sistemati nel lettone Kingsize, l’uno di fronte all’altra. Anche se ormai siamo adulti, non ho sentito imbarazzo con Nao. Ero totalmente rilassata.
“A cosa pensi Sana?” mi ha chiesto sondando il mio viso con quegli occhi dolcissimi.
“A quanto mi fai rilassare” ho ammesso sorridendo.
Nao aveva sorriso a sua volta “perché non vieni a vivere con me? Facciamo teatro insieme negli States.”
Ho avuto una breve ed esaltante visione di me e Nao che calcavamo i più importanti palchi del mondo.
“Ho l’università, gli amici, la compagnia teatrale, mami…”
“Lo so, lo so…ma se dovessi cambiare idea, io ne sarei felice.”
Credevo scherzasse all’inizio, invece quel ragazzo è sempre capace di sorprendermi.
“Grazie Nao.”
Gli ho porto la mano e lui l’ha presa nella sua. Ci siamo addormentati così, mano nella mano.

Il risveglio di stamattina è, come dire? Dovrebbero essere tutti così i risvegli! Luce soffusa, una brezza leggera, un forte profumo di cornetti e una mano dolce che ti accarezza la guancia.
Apro gli occhi e mi ritrovo davanti le pozze azzurre di Nao ad un soffio dal viso.
“Buongiorno dormigliona.”
Mugugno un “orno” stiracchiandomi.
“Ho fatto portare su la colazione, vieni dai”
Consumiamo, o meglio consumo tutto quel ben di dio sul terrazzo insieme a Nao, come una vecchia coppia felice. Mi sento bene, piena di vita.
“Hai un appetito da lupo Sana.”
“Lo fo” mormoro addentando un Krapfen oscenamente pieno di crema.
“Non cambi mai” mi dice compiaciuto. Chissà perché sulle sue labbra  “non cambi mai “ non sembra affatto un insulto, ma un complimento.
“Ti ricordi quando quelle tre galline mi hanno picchiato per colpa tua?” rido rievocando quel ricordo lontano “pensa se mi vedessero adesso qui…”
“Penserebbero che questo è il tuo posto.” Ci guardiamo un attimo in imbarazzo. Nao non ha mai smesso di amarmi, lo leggo nel suo sguardo. Ed io gli voglio un bene dell’anima. Con lui mi sento in pace con il mondo e libera di essere me stessa senza remore. Provo un moto di gratitudine verso quel ragazzo sicuro e gentile che mi accoglie senza barriere nella sua vita. Mi alzo e mi accuccio fra le sue braccia immergendo la testa nel suo collo. Sa di fresco.
“Sei tutta piena di crema” scherza Nao baciandomela via dalla guancia. Non c’è niente di sensuale o sottinteso nel suo gesto, e non provo alcun impulso di fuggire da lui. Mi faccio solo cullare mentre guardiamo la città svegliarsi sotto di noi.
 
Nao mi ha accompagnata direttamente all’università. Mi sento bene perché ho passato una domenica fantastica e perché con un pizzico di fortuna potrei anche riuscire ad evitare Hayama fino a giovedì.
Argh! Come non detto! Sta avanzando verso di me proprio adesso e devo dire che non ha una bella cera. Per niente bella. Anzi, pessima. Mi tuffo nella borsa recuperando un berretto di lana e ficcandomelo in testa.
“Ho sentito questa fastidiosa sensazione di contentezza e ho capito che eri arrivata Kurata.”
“Vattene Hayama, oggi la tua cupidigia non mi intaccherà per nulla.”
“Perché sei divertito?” gli chiedo sentendo il riso anche sulle mie labbra.
“Cupidigia è un'altra cosa tonta.”
“Hai capito lo stesso” bofonchio superandolo.
“Dove sei stata Kurata?” mi fermo avvertendo il fastidio che cresce nel petto. Sicuramente mio per la sua ficcanasaggine.
“Non sono affari che ti riguardano Hayama.”
“Le tue amiche e Tsu si sono preoccupati.”
“Li ho avvisati che rimanevo fuori.” Lo fronteggio, insomma va bene l’amicizia e tutto il resto, ma c’è un confine fra curiosità ed invadenza.
Mi fissa accigliato e per un attimo sono tentata di togliere il cappello per sentire i suoi pensieri. I pensieri di Akito: il mistero svelato. Sembra il titolo di un libro. Potrei scrivere un manuale per le ragazze e venderlo, magari mammina potrebbe aiutarmi ad editarlo. Diventerei sicuramente una scrittrice di successo. Insomma, almeno tutte le ragazze dell’università lo comprerebbero!
“Si può sapere cosa è questa sensazione fastidiosa Kurata?”
Come si fa a spiegare la sensazione di trionfo suscitata da un sogno di gloria?
“Lascia perdere Hayama, non puoi capire. Hai la gamma di emozioni di un calabrone.”
“Perché che emozioni prova un calabrone?”
“Sicuramente più di quante ne provi tu.”
“Non sfidarmi Kurata, certe mie emozioni tu le sogni soltanto” ghigna soddisfatto.
“Hayama, da quando ti conosco ti ho visto ridere sì o no cinque volte.”
Fitta involontaria allo stomaco per i ricordi. La ignoro sperando che lo faccia anche lui e continuo.
“Dubito che provi più emozioni di me”
“Solo perché so controllarle, a differenza tua, non significa che non le provi. Ma poi di cosa mi sorprendo? Non sei mai stata brava a capire queste cose tu!”
Altra fitta, diavolo, devo andare via da qui.
“Sai che ti dico Hayama, non riuscirai a rovinarmi questa bella giornata. Fai quello che ti pare, io conserverò il mio buon umore!”
“Non cambi mai Kurata” mi soffia in faccia lasciandomi con un senso di fastidio crescente. Ecco, se lo dice lui invece sembra davvero un insulto. Vorrei gridargli che un tempo mi amava e se non sono cambiata dovrebbe amarmi anche adesso. Ma chi prendo in giro? Hayama era spinto dalla gratitudine, lui non mi ha mai amata. E’ più facile pensarla così.
Pensieri positivi Sana, pensa a cose belle. Occhi di Akito. No, non di quel tipo, maledetta testa! Cose belle tipo il sapore della pizza. Ecco questo può andare come pensiero.
 
 
MARTEDI’

POV. SANA
Quel maledetto cappello dove cavolo è finito? Sono immersa nella mia borsa in cerca del cappello protettivo. Ma niente. Una fugace visione mi mostra una me stessa incavolata che lancia il berretto sul letto. Bene. Ora sono finita. Quel dannato di Hayama si è presentato qui solo per farmi arrabbiare ne sono certa! Questo non è assolutamente un suo corso! Lo sento il suo divertimento mescolato al mio fastidio! Cerco di concentrarmi sulla lezione di storia dell’arte, ma una strana sensazione mi pervade. Getto un’occhiata ad Akito e mi accorgo che sta ammiccando alla ragazza seduta accanto a lui che altri non è che Mika. Ecco perché è qui. Mika sbatte maliziosa gli occhi da cerbiatta. Anzi no. Da gatta morta. Guarda come accavalla le gambe la sgualdrina. Però che belle gambe! Magre come stuzzicadenti!
Akito si gira a guardarmi con aria divertita e confusa, poi si rivolge alla ragazza dicendole qualcosa all’orecchio che la fa sorridere. Non posso impedirmelo. Insomma chi ci riesce -a parte Akito- a controllare così le proprie emozioni? Una fitta di gelosia mi fa tremare. Kami, speriamo che non se ne sia accorto! Akito fortunatamente non si gira, ma continua a fare il cascamorto con quella gallina. Perché sono gelosa? Non è capitato quasi mai di vedere Akito in questi atteggiamenti con altre, su questo almeno è stato discreto in questi anni. Tratta le galline attorno a lui con sufficienza, anche se so per vie traverse che si dà comunque molto da fare in privato. Quindi si può dire che questa è la prima volta che si comporta così davanti a me. Non avevo modo di sapere che avrei provato gelosia. Ancora gelosa di lui…dopo tutti questi anni. Beh uno scrittore disse: Ci sono molte cose che butteremmo via volentieri se non temessimo che qualcun altro le raccogliesse. Forse è solo una stupida gelosia dettata dal fatto che un tempo lui è stato mio. Che i nostri mondi erano intrecciati, che eravamo legati da un bisogno profondo l’uno dell’altro, che ci salvavamo a vicenda, che ci miglioravamo a vicenda. Insomma deve essere questo il motivo per cui mi sento questo fuoco dentro.
Calma Sana. Pensa ad altro. Non posso dargli questa soddisfazione. Rilasso il corpo e mi concentro su qualcosa che mi fa stare bene: Nao. Cerco di visualizzare i suoi occhi di un azzurro incredibile, e l’immagine di noi nel lettone che ci guardiamo mi si affaccia nella testa. Ripercorro la giornata trascorsa insieme da cima a fondo, soffermandomi su piccoli particolari che mi erano sfuggiti. La rosa che mi ha lasciato sul tavolo. Lo shopping nei miei posti preferiti, le sue braccia accoglienti che mi cullano.
Sorrido e mi sento finalmente calma.
Il resto della giornata è una passeggiata per me.
 

 
 
 
 
 
“Io ti sento, e parlo di profumo.
Ti infili in un pensiero e non lo molli mai”
Ligabue
 
MERCOLEDI’

POV SANA

Sono tremendamente indietro con lo studio, se non finisco questo maledetto libro non sarò in grado di sostenere l’esame di venerdì. Storco il naso: l’esame di Psicologia. Pochi pensieri, più fatti Sana! Ad ogni giorno la sua dose di Hayama, ehm volevo dire di male. Almeno chiusa qui in camera non rischio di incontrarlo. In casa sì, ma nella mia camera lui non ci è mai entrato.
Studio. Esame. Torno a concentrarmi sul mio libro e finalmente riesco a studiare in santa pace. Ore dopo mi sgranchisco le gambe, non so neanche che ore siano! Guardo l’orologio. Cavolo sono le 22.00! Ho studiato tutto il giorno, sono davvero fiera di me! Vado in cucina per sgranocchiare qualcosa e vedo un bigliettino di Fuka
Ti abbiamo lasciata studiare. Io sono con Takaishi stanotte…non aspettarmi. Ps. Il ramen è in forno. xo xo
Aya sicuramente sarà nell’appartamento accanto con Tsu.
Arrossisco al pensiero dei loro rapporti, loro sono così avanti... Mangio il ramen in piedi appoggiata al frigo non mi va assolutamente di apparecchiare e lavare i piatti. Mi concederò una bella doccia rilassante e poi a nanna.
Fuori dalla doccia mi è venuta una gran voglia di cioccolato. Avevo messo dei vasetti nella dispensa della terrazza e non mi resta che recuperarne un po’. E poi posso finalmente godermi il mio meritato riposo, al mio problema ambrato ci penserò domani.
 
POV AKITO
Sana cammina nella cucina in punta di piedi lasciando una scia di goccioline sul pavimento. È contenta per qualcosa, lo sento. Indossa una canotta bianca che aderisce alla pelle ancora bagnata e delle mutandine nere con buffi orsetti rosa. Il mio cuore manca un battito nel vedere il suo piccolo seno perfettamente tondo, le aureole turgide per il freddo. Ha i capelli raccolti sulla testa con un asciugamano. Non posso impedire al mio stomaco di fare un capitombolo: bella, bella da morire.
Rimango immobile contro il frigo, masticando piano il sushi che ho rubato. Mi ringrazio mentalmente per non aver acceso la luce, e spero che non mi veda o saremo costretti a litigare ancora, e non so se ne sarei in grado con lei svestita in quel modo. Insomma un uomo deve pur imparare a sopravvivere e quindi rievoco le mie condizioni di sopravvivenza:
Condizione di sopravvivenza n. 1 non starle mai troppo vicino, e intendo quella vicinanza tale da sentire il profumo della sua pelle o il suo respiro. Perché davvero non so se l’istinto di baciarla che avevo da ragazzino ogni volta che si avvicinava troppo sia sparito del tutto. Non ci siamo più avvicinati in quel modo. Ogni volta che per caso ci sfioriamo, lei si allontana impercettibilmente. Col tempo l’ho accettato.
Condizione di sopravvivenza n. 2 non chiederle mai cose personali. A volte la curiosità mi divora, vorrei sapere come va il lavoro, se è felice delle sue scelte, se gli manco…
Condizione di sopravvivenza n. 3 non pensare al noi del passato. Vietate immagini di noi, è vietato rievocarle. Già è difficile passare giornate intere a dimenticare i sogni su di lei, figuriamoci se mi metto ad evocare il passato.
Sana apre la porta a vetri e si impegna a prendere un barattolo di cioccolato troppo in alto per lei. Si alza sulle punte, la lingua fuori e il braccio teso per sfiorare il barattolo riposto sullo scaffale. Sorrido, è proprio una bambina. La mia piccola. Comincia a saltellare furiosamente e infine si aggrappa allo scaffale cercando di salire sul ripiano e acquisire più centimetri. La sua mano stringe finalmente il barattolo, ma nello stesso tempo lo scaffale si reclina verso di lei. Ci metto un secondo a balzare fuori. Fermo lo scaffale con una mano e con l’altra allontano Sana dalla raffica di cibarie e barattoli che mi cadono addosso. Cerco di ripararmi la testa e sistemo lo scaffale al suo posto.
Mi giro verso Sana che mi guarda con gli occhi sgranati e la bocca aperta.
“Tu” dice.
“Io.”
Sembra accorgersi solo ora della misera canotta che indossa, e si copre il seno arrossendo violentemente. Sento la sua vergogna, e cosa è quest’altra sensazione tremenda? Come se il mio corpo si volesse richiudere su sé stesso pur di nascondersi…
“Cosa ci fai qui?” urla.
“Un grazie sarebbe bastato!” replico innervosito, mi devo abituare al ruolo di salvatore personale di suamaestà Sana Kurata.
Dà un’occhiata al massiccio scaffale dietro di me e osserva i barattoli che mi si sono rovesciati addosso e sembra comprendere che si sarebbe fatta davvero molto male se non fossi intervenuto. Prima che possa parlare sento una sensazione di calore nello stomaco. È sua non mia. Ho imparato fin da subito a dividere le nostre emozioni. Non è stato difficile, perché di solito non provo ciò che prova lei e le sue sono come dire, più confuse. Questo calore è gratitudine. La conosco io questa sensazione, l’ho provata per lei.
“Grazie” conferma infatti un po’ in imbarazzo.
“E comunque cosa ci fai qui?” chiede dirigendosi alla porta e tirandola con forza.
“Sono venuto per il sushi e a lasciare un po’ di intimità ad Aya e Tsu” ammetto scostando le sue mani e tirando la porta a mia volta.
Ma quella non si muove. “Non si apre.”
“Cosa significa non si apre Hayama?”
“Significa che siamo chiusi fuori Kurata” lo realizzo dicendolo. Sana comincia a sbattere i pugni sul doppio vetro chiamando aiuto. Mi siedo per terra osservandola mentre si lascia invadere dall’ansia. Odio l’ansia, soprattutto se non è mia.
“Smettila Sana, le camere da letto di casa nostra sono dall’altra parte. Non sentiranno mai.”
“Ci dev’essere un modo” sentenzia affacciandosi al balcone per controllare in basso.
“Ehiiiiiii, qualcuno mi sente???” urla come una pazza.
Sento l’urlo riportato a me dal vento, non la sentirà nessuno. In compenso però si beccherà una polmonite bagnata a quel modo. Nella foga ha dimenticato di essere mezza nuda e mi beo nell’osservare le sue fattezze da donna. Il sedere sodo e le cosce ben tornite.
“Hayama fa qualcosa, non stare lì impalato” si avvicina minacciosa a me osservandomi dall’alto.
“Perché sento il tuo divertimento Hayama?” chiede irritata.
“E io perché sento sempre la tua irritazione Kurata? Smettila di andartene in giro in quel modo o ti beccherai una polmonite.”
Sana riprende consapevolezza del suo stato e si copre con le braccia lasciandosi scivolare per terra a qualche metro da me. La testa fra le ginocchia.
Cerco di mantenere la calma per infonderla anche a lei, ma la sua sconsolazione è forte. La sento rabbrividire.
“Kurata stai bene?”
“S-si” mugugna battendo i denti.
Regola di sopravvivenza n.1= violata. Mi alzo e mi siedo accanto a lei, tolgo la felpa e la sistemo su di lei per poi circondarla con le braccia. Non protesta, ma sento una valanga di cose travolgermi: Stupore, imbarazzo, rabbia, non-identificato, tranquillità, non-identificato. Non necessariamente in quest’ordine e non separati, tutto insieme. Faccio quasi fatica a distinguere tutta questa roba. La testa di Sana è decisamente un casino. Appoggia la testa al mio petto, ma continua a tremare.
E va bene, se devo farmi del male, allora tanto vale farlo in grande stile. La sollevo e la accuccio su di me, infila subito la testa nel mio collo, in quello spazio che è sempre stato suo, e la copro completamente con le braccia e la giacca. Spero che nel casino che sente -e mi fa sentire- non si accorga della stretta allo stomaco nel sentirla così vicina, così fragile, così mia. No, decisamente, la voglia di lei non mi è passata.
“Rilassati Kurata, mi stai uccidendo con questo marasma di sentimenti.”
Alza la testa cercando i miei occhi spaventata. Sento la tentazione di toglierle quell’asciugamano e sentire cosa diavolo le passa per la testa.
“C-cosa senti?” chiede preoccupata.
“Sento il tuo imbarazzo, l’ansia e non so cos’altro” ammetto.
Sembra rilassarsi. “Non devi essere ansiosa, Aya rientrerà prima o poi.”
Sana annuisce e si rituffa nel mio collo respirando forte, il nodo che si forma nella mia – e nella sua gola – mi ricorda che adora il mio profumo. Sorrido.
“Stai ridendo Hayama, ti sento” mormora contro la mia pelle, involontariamente sento un brivido di piacere a qual contatto di labbra e pelle.
“Non soffiarmi sul collo Kurata, mi fai il solletico” spero di ingannarla. Il suo corpo si sta scaldando, e anche il mio. Non è una cosa che posso controllare questa, è involontaria. Spero che non la riconosca.
“Cos’è questo calore Hayama?” chiede guardandomi negli occhi.
Merda.
Non così vicine le tue labbra Sana…Controllo Akito. Controllo.
“Sono con una donna mezza nuda addosso Kurata, cosa credi che sia?”
Spalanca gli occhi e sento imbarazzo e rabbia crescere insieme.
“Sta tranquilla Kurata, non ti tocco. È un riflesso involontario.” Spigo cercando di convincerci: lei, me e l’altro.
E ora cos’è questa? Delusione forse? Certo che è proprio stana!
“Sarà meglio per te Hayama.”
“Sei proprio un cubettino di ghiaccio Kurata. Ci sono donne che ucciderebbero per stare al tuo posto!”
“E inutile che ti crogioli per delle galline starnazzanti Hayama, e comunque questa è una necessità.”
Inevitabilmente sul mio viso affiora un ghigno.
“Sento il tuo cuore battere forte Kurata e sento la tua emozione” le faccio presente beffardo.
“Sei sempre un ragazzo a petto nudo che mi abbraccia mezza svestita Hayama, è involontario” dice rievocando le mie parole di poco fa.
Lascio cadere e vedo (oltre a sentire) il senso di vittoria che le increspa le labbra. Distolgo lo sguardo da quelle calamite prima che sia troppo tardi. Soddisfatta si appoggia alla mia spalla guardando il mio profilo. Dopo quello che mi sembra un tempo infinito sento le sue emozioni affievolirsi, segno che si sta addormentando. Trovo il coraggio di parlarle:
“Che fai Kurata?”
“Cosa sento ora?” mi chiede a mezza voce.
Continuo a guardare dritto davanti a me “non lo so, qualcosa ti turba e ti fa stare bene” azzardo.
“Sei tu” dice semplicemente chiudendo gli occhi e scivolando definitivamente nell’incoscienza.
Mi ostino a guardare davanti a me combattendo la mia personale battaglia contro i sentimenti. Un potente senso di piacere mi invade comunque…la faccio stare bene…
Mi azzardo a guardarla. così per un tempo indefinito, tutto di lei mi mancava. Le accarezzo piano la guancia. Il suo profumo è intatto proprio come lo avevo lasciato, la sua pelle è liscia e morbida come la ricordavo. Anche le mie tensioni si sciolgono. Perché ho lasciato che si allontanasse da me? Amore adolescenziale un corno! Il nostro legame va oltre l’innamoramento…il nostro è un legame che solo pochi conoscono. Uno di quei legami che nascono quando le vite si plasmano l’una al tocco dell’altra fin da piccoli. Tutto ciò che sono ora è solo grazie a lei. Anche se sono vivo è solo grazie a lei.
“Grazie” mormoro contro la sua bocca semichiusa. E mi lascio scivolare nel sonno a mia volta.
 
 
POV SANA
Sento davvero freddo ai piedi. Allungo la mano per afferrare la coperta, ma mi accorgo di non riuscire a muoverla. Non solo la mano, ma assolutamente nessuna parte del corpo. Apro gli occhi e realizzo all’istante (piuttosto velocemente per essere appena sveglia, un record personale) di essere bloccata nell’abbraccio di Akito. Le mie gambe sono incastrate fra le sue, le mie mani sono intrappolate fra i nostri corpi e le sue braccia mi stringono forte. Alzo leggermente il viso per guardare il suo: dorme tranquillamente. Tento di liberarmi, ma la sua stretta diventa quasi possessiva, e io mi arrendo subito: ci ho provato almeno. Magra consolazione. Non mi va di allontanarmi da lui sinceramente, dovrei essere pazza per non godermi appieno tutto questo. E non perché sia oggettivamente bello con questo corpo caldo e perfetto, ma perché è lui, il mio Akito. Nel sonno almeno. Anche un po’ ieri sera forse, quando mi ha protetta dal freddo, ma quello forse l’avrebbe fatto con qualunque ragazza nella stessa condizione. Però come dire, mi sento una bambina in questo momento, protetta e al sicuro. E poi io adoro il suo profumo, il profumo del mio Akito, il profumo che ho amato alla follia…




Nota dell'autrice: mi scuso per il capitolo, non è un granchè, ma ho deciso di pubblicarlo ugualmente o non andrò mai avanti....Buona lettura!

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Capitolo 7
*** THURSDAY AND FRIDAY ***


“Mi accorgo, camminando, che mi manchi ancora.
Non hanno più nome i nostri luoghi, né aggettivi.
Alcune tue cose mi toccano, non so quando non so come,
mi indicano che la distanza non è fatta per noi.” 
GIANCARLO.STOCCORO
 
 
GIOVEDI’
 
POV SANA

Mi risveglio un tempo infinito dopo. C’è luce intorno a noi. Akito è già sveglio e mi guarda “Ciao” sussurra rimanendo immobile con me fra le sue braccia
“Ciao” rispondo
“Come ti senti?”
“Indolenzita” e sono sicura che lo sia anche lui.
Prima che possa dire qualche altra cosa la porta si spalanca e noi balziamo a sederci.
Aya ci guarda con occhi sbarrati.
“C-cosa ci fate qui fuori?”
“Siamo rimasti chiusi” rispondiamo insieme.
Poi lo sguardo di Aya si appunta sul mio misero vestiario e mi sento avvampare, corro dentro e vado a procurarmi una felpa. Sostituisco l’asciugamano sulla testa con un berretto e torno in cucina. Akito è seduto al tavolo, ha un piccolo sussulto nel vedermi, o forse è il mio non lo so. Non riesco a guardarlo negli occhi, mi vergogno troppo di quello che è successo. Così alla luce del giorno sembra tutto più strano.
“Allora come ci siete finiti li fuori?” chiede Aya, senza aspettare la nostra risposta prende il telefono e fa uno squillo a Tsu, che qualche secondo dopo arriva in cucina.
“Ah Akito, sei qui! Il letto era vuoto stamattina e credevo ti fosse successo qualcosa”
dice Tsu, poi sembra realizzare dai capelli scomposti e gli occhi assonnati che abbia dormito qui. Inesorabile il suo sguardo si sposta su di me. Non ho bisogno di maledizioni per indovinare le sue conclusioni
“Voi…voi…te lo dicevo io Akito!” urla contento. Non vedendo riscontro della sua felicità si rabbuia nuovamente e prende posto accanto ad Aya fissando un punto imprecisato del tavolo. E fa bene, perché neanche io reggerei lo sguardo raggelante che gli sta rivolgendo Akito. Cavolo se è infastidito, quasi arrabbiato…non credevo gli facesse così schifo dormire con me.
“Non è come sembra” spiego prima che Hayama abbia il tempo di darmi il colpo di grazia con qualche parola buttata lì.
“Si è intrufolato in casa per rubare il sushi, io non l’ho visto così nascosto in cucina e sono uscita a prendere la cioccolata. Lo scaffale mi stava per finire addosso e lui lo ha impedito. Siamo rimasti chiusi fuori e siccome si gelava abbiamo dormito vicini.”
Mentre parlo sento la rabbia e il fastidio di Hayama crescere.
“Non mi sono intrufolato, punto primo, ho le chiavi io. Sei tu la sorda. Non ho rubato il sushi, punto secondo. Aya mi aveva detto di prenderne un po’ se volevo. Lo scaffale ti stava per uccidere, punto terzo. Io ti ho salvata dallo schiacciamento. E Tu hai dormito su di me perché stavi gelando, io stavo bene dove stavo.”
Colpo di grazia arrivato, dritto in faccia. Faccio mia la sua rabbia e parlo con estrema freddezza:
“Sei un bastardo cafone Hayama. Non osare mai più avvicinarti a me!” me ne vado in camera sdegnata. Sono totalmente umiliata.
 

 
Il giovedì più brutto nella storia di tutti i giovedì. E non parlo della testa che mi fa male per i capelli bagnati per tutta la notte o delle gambe indolenzite dal peso di quelle sue, del mal di schiena per aver dormito sul pavimento o della febbre che mi è venuta per aver beccato un sacco di vento sul corpo umido. No no, questo è quasi piacevole in confronto a quello che ho dentro. Primo, disgusto. Poi rabbia. E Vergogna anche. Il tutto condito con un bel po’ di umiliazione.
Ho deciso di restare a casa oggi, non posso rischiare di saltare l’esame di domani. Mi sto solo riposando un po con una benda calda sulla testa per contrastare i brividi freddi del corpo. Fuka entra in camera e si siede vicino a me, tastandomi la fronte. Non ha detto una parola, e questo per gli standard di Fuka, è mooolto strano.
Mi metto a sedere per prepararmi al discorso che inevitabilmente mi farà. Dai siamo seri! Fuka che rinuncia ad un discorsetto? Naaaaaa. Mi guarda, evidentemente per misurare quanto sono provata, e decide che posso sopportare altro dolore perché comincia inesorabile:
“Mi spieghi cosa è successo? Aya mi ha detto che avete litigato di brutto.”
“Quel viscido, si è approfittato della situazione.” Stringo i pugni convulsamente al pensiero che mi ha stretto a sé in quello stato…
“Sana, sii ragionevole. Saresti morta di freddo.”
Si ha ragione lei, sari morta di freddo, ma almeno non sarei stata così umiliata.
“Fuka, rifletti ti prego. Tu e Takaishi vi lasciate. Per colpa sua tra l’altro. Un giorno in circostanze tragiche siete costretti a dormire insieme, tu mezza nuda accoccolata su di lui. E poi lui il giorno dopo sbandiera a tutti che tu hai dormito su di lui insinuando chissà cosa!”
Fuka alza un sopracciglio “Sana, hai la febbre e non sei molto lucida. Non ha detto niente di così offensivo. Ha detto solo che lui sarebbe sopravvissuto, ma ha comunque deciso di aiutarti. Perché ti vuole bene e lo sai.”
“Tu non capisci, mentre lo diceva era arrabbiato e infastidito…” inevitabilmente comincio a piangere. Ha ragione Fuka, non sono state le parole quanto i sentimenti che ho sentito che mi hanno ferita.
“Sana, la tua reazione è spropositata. Io credo che dormire con lui ti abbia risvegliato qualcosa, e di questo qualcosa tu hai paura.”
Il peggio? è che è maledettamente vero: Appena mi ha toccata per abbracciarmi, mi sono sciolta completamente. Ho riconosciuto il suo tocco e ne ho avuto paura, ne sono stata imbarazzata, ma poi ne sono stata felice… E dormire fra le sue braccia…Oh Kami…non mi ero mai concessa un sogno tanto bello. Sono anni che mi imponevo di non pensarlo più in quel modo. I suoi occhi così vicini e così caldi, la sua premura, la sua eccitazione per me…
Fuka mi abbraccia e io piango a dirotto. Non voglio affrontare di nuovo tutto quel dolore, la perdita, il distacco…non ne ho la forza. E poi stavolta non ci sono dubbi o incertezze. Io ho sentito forte e chiaro il suo fastidio, la sua rabbia. Mi ha detto chiaramente che la sua eccitazione riguardava solo il mio corpo. Convinciti Sana. Per lui non sei che un’amica e forse neanche quello.
Mi concedo solo quest’ultimo pianto per lui sulla spalla della mia migliore amica.
“Sana devi dirglielo” mi sussurra Fuka.
Mi stacco da lei e mi asciugo gli occhi. Respiro forte per riacquisire un contegno.
“No Fuka. Io e Akito siamo amici. Non voglio rovinare tutto. Ciò che provo è solo nostalgia di un ricordo. Ora mi passa” credo di essere stata convincente, ma Fuka scuote leggermente la testa.
“Come vuoi tu Sana.”
Aya e Fuka si prendono cura di me e della mia febbre. Mi fa talmente male la testa che non sono riuscita ad aprire il libro per ripassare in vista dell’esame di domani: sono spacciata! Fortunatamente mi potrò consolare stasera con la pizza. Mi acciglio all’istante. Serata pizza significa Hayama in casa, e Hayama in casa significa malumore. Beh non che faccia tanta differenza. Sto già male. E poi sono nel sacrosanto spazio inviolabile della mia camera.
 
POV. AKITO
Quella gallina, non ha capito proprio niente. Ha parlato della notte passata insieme -la migliore della mia vita probabilmente- con tale freddezza che mi ha fatto incazzare di brutto. Insomma non può sparare un “mi fai stare bene” dopo tutto quello che abbiamo passato e poi parlarne come se fosse stata una tortura dormire con me.
Mi è persino passata la voglia di pizza.
“Ehm Hayama ci sei?” è Tsu, mi sta passando una mano davanti agli occhi.
“Fuka ti ha chiesto se vuoi portare la pizza a Sana”
Cosa? Ma sono impazziti, lo sanno o no che abbiamo litigato?
“No, non voglio.”
Fuka mi guarda come una furia
“Akito Hayama, Sana è una tua amica e ha la febbre. Portale la pizza!” Cavolo che grinta la ragazza, va sempre al sodo lei…al contrario di quell’altra
“E’ anche vostra amica, portategliela voi!”
Sento un lieve pizzicore alla nuca e mi giro verso Tsu che siede al mio fianco. Una luce irata negli occhi mi preannuncia che sta per arrabbiarsi:
“Siamo una famiglia. Porta la pizza a Sana” mi ordina.
È davvero una bassezza questa scusa della famiglia, lo sa che è un argomento che mi preme e lo tira fuori ogni volta per costringermi. Siamo davvero come una famiglia noi cinque e se io e Sana litigassimo per sempre sfasceremmo tutto. Devo mettere le cose a posto, siamo amici da cinque anni, possiamo continuare ad esserlo.
Mi alzo e prendo il cartone della pizza. Sento il suo malumore e il mal di testa che la attanagliano. Ma li relego in un angolino della mia coscienza. Busso.
“Avanti”
Sorrido pensando alla faccia che farà nel vedermi, come minimo mi lancerà qualcosa.
Si mette a sedere e appena mi vede sgrana gli occhi. Poi accadono dentro di lei molte cose che mi lasciano un attimo senza fiato, sono emozioni talmente forti e veloci che non riesco a focalizzarle. Infine calma e un nodo alla gola. Si sistema un cappello in testa e mi sorride. Lei mi sta sorridendo e io mi sciolgo come neve al sole.
“Grazie Hayama” dice a bassa voce.
Le poso la pizza in grembo e mi siedo sul bordo del letto.
“Come stai?”
“Così” dice indicando il termometro che segna i 38,5°.
“E domani ho anche l’esame”
“Forse ti posso aiutare”
“Davvero?”
“Si, basterà che ti sia abbastanza vicino. Ti posso suggerire le risposte.”
Sporge le labbra in un’espressione corrucciata “ma tu sei contrario a queste cose”
“Posso fare un’eccezione per un’amica in difficoltà.”
Sorride contenta! Ma sentiamo entrambi una fitta allo stomaco ripensando ai fatti di questa notte a cui la mia frase allude. Io mento e lei crede. Facile e veloce. Indolore? No, per niente. Di dolore ce n’è, ma ora non posso lasciarglielo sentire.
Le rubo un pezzo di pizza e lei protesta divertita.
“A domani Kurata”
“Hayama?”
“Mhm?”
“Grazie.”
La tensione si è allentata, con un po’ di fortuna ritroveremo il nostro equilibrio. Il mio di equilibrio è andato definitivamente a farsi fottere.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono il dolore delle spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali: il freddo e il dolore. Tutto questo durò finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione”.
(Arthur Schopenhauer)
 
 
VENERDI’
POV. SANA

Amici, che parola orribile.
Esame, ore12.00 Università.
Situazione dello stomaco: fame e ansia.
Situazione nella testa: vuoto totale. A parte, a parte una strana cosa che mi è balzata in mente durante la mia notte insonne:
Io e Hayama siamo come due porcospini, siamo alla distanza giusta per non ferirci, ma abbastanza vicini per sentire il calore di un legame che ora si chiama amicizia. Certo, non siamo quel tipo di amici che si raccontano le cose, e nemmeno che si piangono l’uno sulla spalla dell’altro in verità. Vabbè diciamo che come amici facciamo piuttosto schifo, ma è questo il tipo di calore che ora riusciamo a darci: ci tolleriamo, scherziamo e ci insultiamo, ma rimaniamo nelle nostre rispettive posizioni.
Sono seduta nel banco più alto, l’esame inizia fra dieci minuti e di Hayama nessuna traccia. Se mi pianta in asso anche oggi lo ammazzo sul serio. Fortunatamente lo osservo mentre entra con calma, sceglie un posto ad un metro da me e si siede.
Hayama sei qui, cavolo che fifa.
Kurata per favore tieni sotto controllo quest’ansia, mi deconcentra.
Ah sì scusa…ma tu come fai a non essere ansioso?
Perché sono sicuro di sapere tutto, a che serve l’ansia?
Ah ecco…beato lui. Io non ricordo un emerito nulla eccezion fatta per…
Mentre rimando a mente le nozioni di Psicologia il professore annuncia che possiamo partire.
Hayama è veloce e preciso. Nessuna esitazione. Lo invidio davvero per questa sua fermezza, se solo anche io riuscissi a essere così…
Kurata mi stai distraendo…io ti sento.
Oh scusa, scusa…
Mi concentro solo sulle domande e sulla voce di Hayama che legge e risponde.
Venti minuti alla fine del tempo e prima che io termini di scrivere la risposta Hayama si alza e consegna il compito. Lo seguo…è inutile continuare senza di lui.
Esco fuori euforica. Passerò l’esame con il massimo dei voti…potrei fare medicina con Hayama e diventare medico!
Non se ne parla Kurata.
Sobbalzo, non l’avevo visto.
Scherzavo Hayama…vieni ti offro un caffè per ringraziarti.
Mi allontano da lui quel tanto che basta per rimanere fuori portata dei suoi pensieri e lui fa lo stesso. Non voglio mettere il cappellino dopo il favore che mi ha fatto, mi sembra sgarbato…Ordino il caffè per due e sembriamo due pazzi. Seduti a due tavolini diversi ma rivolti l’uno verso l’altra.
“Sei incredibile Hayama!”
“Lo so!”
“Natsumi e il signor Hayama lo sanno che hai voti così alti?” sono anni che non parliamo della sua famiglia, io ogni tanto sento Nat, ma non ne parlo mai con lui.
E infatti è sorpreso, ma gli fa piacere. Bene Sana, brava. E’ questo che fanno gli amici, prendersi cura gli uni degli altri.
“Si” risponde laconico
“E…e come va il Karate?”
“Bene, sono 3° dan adesso” Non idea di cosa significhi, ma sorrido ugualmente, mentre una nostalgia assolutamente non richiesta si fa largo nella mia testa. Hayama la sente:
“Non sei costretta a farlo” dice
“Scusa, è che sono anni che non parliamo così…”
“Lo so è strano”
“Akito! Sei qui, ti aspettavo fuori l’aula! Com’è andato l’esame?”
La ragazza con cui faceva il cascamorto l’altro giorno si è seduta al suo tavolo, credendo che sia solo. Gli prende il viso fra le mani per concentrare l’attenzione di Akito.
“Mika” saluta Hayama in tono piatto, ma lei sembra non farci caso. Continua a tenere le mani sul suo volto e gli si avvicina per baciarlo.
Le budella mi si attorcigliano. Chiudo gli occhi, stringendoli forte. Se dobbiamo essere amici lo devo accettare. Devo agire in fretta per calmarmi o si accorgerà che mi viene da vomitare a guardare il suo viso toccato da un’altra: Nao. Evoco il suo viso che mi sorride, le rose, la colazione, le coccole, il panorama...No, non ce la faccio a stare qui.
Mi alzo e mi allontano in silenzio.
“Io non posso stare con nessuna se non con te?” aveva detto così no?
“Kurata aspetta!”
“Tranquillo Hayama, sto solo andando a prendere i caffè dal bancone. Torna da Mika o penserà di essere meno bella di me e le prenderà un infarto.”
Sorrido, non è difficile far galleggiare la testa e nascondere tutte le emozioni, basta lasciarsi invadere completamente dal dolore e puff, ne sono talmente invasa che non sento niente.
“Lei è un’amica” mi dice senza una particolare logica.
“Allora prenderò un caffè anche per lei”
Vado al bancone e tirò fuori un cappellino nero a tesa larga e morbida. Sono diventata previdente col tempo. Prendo i tre caffè (ne so portare anche quattro) e li poso sul nostro tavolino.
“No grazie, non li abbiamo ordinati” dice Mika guardandomi distrattamente.
Mi siedo e lei stavolta mi guarda sgranando gli occhi.
“Piacere io sono Sana, un’amica di Hayama.”
“Mika” si presenta a sua volta arrossendo leggermente per la figuraccia di avermi scambiata per una cameriera, poi mi riconosce per la questione del sacchetto e mi rivolge un’occhiataccia.
 
POV. AKITO
Non capisco più niente. Sana ha chiuso gli occhi e non ha visto che ho impedito a Mika di baciarmi, ho sentito il dolore invaderla e poi non ho sentito più nulla. Ma perché ha provato quel dolore? Glielo voglio chiedere, voglio parlare con lei.
“Mika puoi lasciarci per favore? Stavamo parlando.” Mika mi guarda come se fossi impazzito, ma poi mi sorride.
“Va bene, ma dovrai farti perdonare.” Lancia un’occhiata maliziosa a Sana e si allontana ancheggiando.
“Sana”
“Mhm?”
“Cos’è questo dolore?” Attendo le sue parole come si attende una condanna.
“Ah Hayama, le donne non le capisci proprio. E’ una questione di orgoglio femminile. Quella smorfiosa crede di essere più bella di me e di piacerti di più per questo. Mi dà fastidio. Tutto qui.”
“Non ti credo. Non ti è mai importato di queste cose.”
Sana mi guarda con intensità:
“Non puoi sapere cosa mi importa ora. Nel mondo dello spettacolo in cui vivo è impossibile non diventare vanitosi.”
Scuoto la testa, non le credo. Ma allora perché si ostina a mentirmi?
“Kurata, ricordi che un paio di debiti con me?” Sorrido della sua sorpresa, non te lo aspettavi signorina eh?
Annuisce, ovviamente non ha ancora capito cosa sto per chiederle. Tontolona.
“Togli il cappello, voglio vedere se mi hai detto la verità.”
La faccia di Sana è impagabile, come mi aspettavo ha preso a tormentarsi le mani.
“N-non lo so se è il caso ecco…”
“Un debito è un debito Kurata, va pagato.”
“E va bene, cosa dovrei fare?”
“Togli il cappello, io ti faccio una domanda e ne ascolto la risposta. Se pronta?”
“s-si.”
Sana si toglie il cappello e stringe gli occhi in attesa della mia domanda. Sento i suoi pensieri confusi e la sua ansia.
“Sei gelosa?”
Nella testa di Sana piuttosto che una risposta appaiono delle immagini, veloci e fugaci. Posso vedere me stesso che parlo con Mika in più di un’occasione. Sana si cala il cappello con forza sulla testa sbuffando sonoramente.
“Sei contento adesso?” mormora tutta rossa di vergogna.
“perché sei gelosa?”
“Sono finiti i debiti Hayama, basta.”
“A dire la verità ne ho ancora due a disposizione.”
“Due?”
“Ascensore e terrazza” specifico
“Non mi interessa, e comunque se lo vuoi sapere tutti siamo un po’ gelosi delle cose che sono state nostre.”
Ha perfettamente ragione, anche io sono geloso marcio di lei, ma non lo ammetterei neanche sotto tortura.
Si alza tenendosi ben saldo il cappello. “Allora ciao Hayama.”
Ma io non ho affatto intenzione di lasciarla in pace...

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Capitolo 8
*** SATURDAY ***


Tokyo, 5 anni fa. 

Papà e Nat sono già nell’ingresso dell’aeroporto, posso vedere la testa di papà che si gira a cercarmi nella folla. 
Ma io non riesco a muovere un solo passo oltre questa banchina. Sono paralizzato. 
La folla intorno a me si muove, tutti hanno una meta, tutti sanno cosa fare…tranne me. 
Mi sono lasciato trascinare qui, ma non credo fossi pronto davvero, e forse non lo sarò mai. Faccio il maledetto passo e so che è il primo di una lunga serie che mi porteranno da quel gruppetto lì infondo dove un ragazzo con degli occhiali grandi e rotondi tiene un cartello in mano: “Bentornato Akito”. 
Sono solo in tre, nessuna traccia di capelli rossi. Prendo un gran respiro e ritorno al mio passato. 
Non è così difficile infondo, i miei vecchi amici mi danno pacche e abbracci, mi fanno domande a cui rispondo con la mia solita loquacità. 
Sembrano sinceramente contenti di vedermi, almeno loro. 
Chissà se lei sa che sono tornato… Tsu l’avrà chiamata sicuramente, forse ora ha un fidanzato (così dicono i giornali), è troppo impegnata con la carriera per andare ad accogliere un vecchio compagno di scuola. 
Ma mentre ascolto distrattamente Tsu che racconta una cosa per lui importante vedo tra la folla un lampo di colore rosso, è sorprendente come in questa marea di gente i miei occhi siano calamitati da quella piccola persona che avanza. 
Sana si fa largo tra la folla allungando il collo in cerca di qualcuno. Il mio stomaco fa una capriola, è qui. E’ qui per me. Lei sta cercando me. Nonostante gli anni passati, nonostante la lontananza, il silenzio degli ultimi anni lei è venuta qui per me. Il mio corpo, mosso da volontà propria si muove verso di lei, sto per alzare la mano in modo che lei possa individuarmi quando nel mio stomaco cade un macigno. Dietro di lei un ragazzo alto e dalle spalle larghe le mette una mano sulla vita, nessun cenno di fastidio da parte di Sana mi fanno capire che molto probabilmente è con lei. Illuso. La mia mano si chiude in un pugno e all’improvviso sento il desiderio di andare via da qui, da tutta questa gente che non conosco. 
Ma è troppo tardi, la sua voce mi sta già chiamando… 




VENERDI' SERA
POV. AKITO

Seconda sbirciata: Ore 22.00.
Locale di Gomi.
Non sembra essere diversa dal solito nonostante quello che è successo stamattina.
E’ davvero bella, indossa un dei pantaloni neri ed una camicetta bianca morbida. I capelli sono tenuti all’indietro da una fascia.
Io invece ho elaborato e ho concluso che… sono geloso. E allora? Anche lei lo è, ma questo credo non significhi nulla. O quasi.
Forse -ed è davvero dura ammettere una cosa del genere- forse ha ragione lei: siamo solo un po’ gelosi delle cose che ci sono appartenute.
E da qui un’altra domanda galleggia nella mia testa, è mai stata davvero mia?
Sono passati così tanti anni, siamo cresciuti così tanto (almeno io), cambiati così tanto (va be’ lei è sempre la stessa) e va bene.
Va bene, sono geloso. Basta. Inutile indagare sul perché. Sono geloso e basta. E’ difficile decidere cosa vedere nella sua testa, credo che alcune cose sia meglio non saperle. M
eglio mantenersi sul vago…

Siamo seduti su dei divanetti con un cocktail in mano. Chissà qual è il suo concetto di bellezza… Mentre parla animatamente con Aya, mi avvicino a lei dalle spalle e le sfilo in un gesto veloce la fascia che le copre la testa.
“Bellezza” le sussurro nell’orecchio.
Mentre si allunga verso la mia mano per prendere la fascia vedo l’immagine del mio volto che galleggia.
Rimango talmente basito che abbasso la guardia e le permetto di prendere con facilità la fascia.
“Sei il peggiore Hayama!” urla colpendomi ripetutamente con il suo fedele Piko.
Poi si copre la faccia con entrambe le mani, è mortalmente imbarazzata.
“Ehi! Cosa le hai fatto?” mi urla a sua volta Fuka.
“Le ho fatto solo una domanda” rispondo con aria innocente.
Sana mi fulmina “Sei scorretto Hayama. Mi vendicherò stanne certo!”
Le sorrido e vedo che la rabbia si scioglie.
“Non ti sopporto” dice incrociando le braccia e dandomi le spalle.
“Però pensi che sia bello” la provoco
“E allora? E’ oggettivo, penso di un sacco di persone che sono belle...”
“ma non pensi di esserlo tu…”
“E’ privato Hayama, non ti riguarda.”
“Mi riguarda, perché la vergogna che hai provato l’hai provata con me. Dal mio sguardo. Solo per oggi ti concederò una sbirciatina”
“davvero?” sbatte le mani contenta come una bambina.
“Si, ma ti farò vedere quello che ho visto io. Nient’altro”
Mi guardo un attimo intorno. I nostri amici ci lanciano occhiate preoccupate, c’è un po’ di musica in sottofondo e sono certo che non sentano quello che stiamo dicendo, ma il fatto che io e Sana parliamo in questo modo confidenziale di certo è una novità per loro.
Ah al diavolo, chissenefrega.
“Sei pronta? Sfila.”
Sana chiude gli occhi e sfila la fascia.
Rievoco il ricordo di lei svestita davanti a me e il pensiero di quanto sia bella permea tutto.
Apre gli occhi e la bocca evidentemente scioccata.
"Davvero?"
"Si, è così che ti vedono gli altri…non solo io."
Sana si sistema la fascia e il suo sguardo si è addolcito.
“Grazie Hayama, significa tanto per me...sei davvero un amico.”



A volte si rompe un equilibrio, e ti si aggiusta la vita.
MiSchianto, Twitter



SABATO
POV. SANA 



Stamattina Nao è passato a prendermi dal solito bar, passiamo la mattina intera a fare shopping e a parlare dei nostri progetti, lui con la compagnia teatrale per cui lavorava in America e io con la mia qui in Giappone.
Sono contenta di trascorrere del tempo con lui, ma non sono del tutto presente: la testa continua ad andare a ieri sera, nello specifico all’immagine di me mezza nuda che galleggiava nella testa di Hayama. Non è l’immagine in sé che mi turba, ma il fatto che l’immagine non è affatto come l’avrei ricostruita io nella mia testa.
Quella ragazza era bella, molto bella. E non so, si avvertiva qualcosa nella sua testa, una sorta di piacere…
“ehi Sana! Mi ascolti?” Nao mi passa la mano davanti agli occhi.
Sicuramente non ho risposto ad una domanda che mi ha fatto.
“Scusami è che oggi sono un po’ distratta”
“E’ per lo spettacolo di stasera?”
“S-sì deve essere quello…” Stasera ho lo spettacolo a teatro e lui ha insistito per assistervi, chissà se verranno anche gli altri…ma non credo, non ho regalato loro i biglietti stavolta.






Sbircio nel pubblico e vedo i miei amici (lui escluso) seduti nelle prime file.
Sono un po’ delusa, non ha mai saltato uno spettacolo. Che cosa strana, un momento fa credevo di non volerli qui, ora ne sono contenta, ma sono delusa che lui non ci sia.
Mi do un buffetto sulla testa. Chissà se le persone normali sono così contorte…

Come ogni volta prima di salire sul palco, mi lascio travolgere da tutte le emozioni e le uso per recitare. Sul palco mi sento viva, libera…tutto scivola su di me e attorno a me con naturalezza. Tutto è concentrato sul mio volto, sulle mie mani, nel mio corpo che si muove con sicurezza.

Lo spettacolo è stato un successo, la gente sta applaudendo.
Sugli spalti vedo finalmente entrare Hayama e un po’ mi sento contenta.
Forse non voleva influenzarmi con il suo umore…gli sorrido grata e spero capisca che è per lui…mi sento afferrare la mano e mi volto. Nao.
E’ con me sul palco e la gente si è alzata in piedi per applaudirci. Hayama è sparito.


“Dai ordiniamo le pizze!”
“Non se ne parla Nao, come faccio a sdebitarmi pagando le pizze? Come minimo devo cucinare con le mie manine!”
Siamo tornati a casa mia dopo lo spettacolo.
Aya e Fuka mi hanno invitata ad andare con loro a ballare, ma ho detto loro che Nao mi avrebbe accompagnata a casa, dopo lo spettacolo ho esaurito le energie.
Hayama non si è fatto più vedere, ma sono certa sia andato con loro…non è mai mancato a quel tipo di serate.
Nao si accomoda paziente al tavolo e mi osserva mentre cerco di fare una cena all’italiana.
Ha un sorriso soddisfatto e rassegnato insieme. È così risaputa la mia imbranataggine in cucina?
Cerco di concentrarmi al massimo per seguire le istruzioni e non è neanche difficile.
Pasta lessa, otto minuti. Scolare ed amalgamare. Fatto. Ne escono delle perfette penne all’arrabbiata e ne sono super contenta.
Le metto davanti a Nao come se fossero una creazione preziosa.
“Sono buone” appura sorpreso Nao.
“Perché sei sorpreso?” gli chiedo lanciandogli una mollica di pane.
Si gratta la nuca in imbarazzo, ma poi torna serio, “nessuno ha mai cucinato per me, grazie Sana.”

Finiamo la cena e ci accomodiamo sul divano per rilassarci.
Comincio a sentire caldo. Molto cado. Mi sento strana.
Eppure non ho bevuto vino, né altro. Mi agito a disagio, è simile all’alcol, un leggero senso di annebbiamento e un desiderio crescente…
“Ti senti bene?” mi chiede Nao accorgendosi della mia agitazione.
Mi passo la lingua sulle labbra secche. Ma cosa diavolo mi sta succedendo?
“Hai le pupille dilatate” osserva Nao avvicinandosi al mio viso.
Nel mio cervello annebbiato non c’è spazio per la logica, sento solo desiderio ed eccitazione.
Colmo la distanza fra me e la sua bocca e lo bacio. Nao rimane immobile per un istante sotto il mio tocco, ma poi affonda le mani nei miei capelli e mi ricambia con una passione che mi fa impazzire. Sbottono la sua camicia a tempo record, le mie mani nemmeno tremano. Nao fa volare la mia maglia in un secondo.
Mi guarda ammirato e senza fiato, negli occhi un desiderio ed un amore incredibili, provo un’intensa fitta di piacere. Mi tuffo sul suo collo stavolta per baciarlo mentre lui armeggia col gancetto del reggiseno. Appena sento il gancio staccarsi recupero in un angolino nascosto della mia testa un minimo di raziocinio. Ma è debole per combattere.
Nao me lo sfila con mani tremanti, le labbra leggermente aperte.
Mi accarezza piano e sento un’altra fitta di piacere intensa. Stringo gli occhi, è un piacere assoluto ed avvolgente. Nao sentendomi tremare mi bacia con più dolcezza.
La mia razionalità comincia a farsi strada faticosamente nel marasma di emozioni. La sua mano avanza verso il basso e gliela blocco.
Gli sussurro un implorante “no” nell’orecchio.
“Scusa” mi mormora lui di rimando, ma continuiamo a baciarci ancora.
Solo molto tempo dopo ci stacchiamo ansanti e rossi di imbarazzo.
“Scusami Nao, non so cosa mi sia successo” mormoro senza guardarlo.
Con un braccio mi copro il seno. Nao mi solleva il mento per incontrare i miei occhi e vorrei sinceramente scomparire dalla faccia della terra. È irrimediabilmente, assolutamente felice.
“Ti amo” mi conferma stampandomi un bacio leggero sulle labbra.
Recupera la camicia e mi porge la maglia.
“Ora sarà meglio che vada, prima che rientrino gli altri. Sana, non sai quanto mi hai reso felice! Tu sei tutto per me. Ti chiamo domattina ok?”
Annuisco e Nao mi dà un altro bacio leggero sulle labbra scuotendo la testa incredulo. Il rumore della porta che si chiude mi fa riacquisire completamente il controllo della mia volontà.
Mi trascino in bagno sotto un getto di acqua bollente e analizzo la mia misera situazione. Ora Nao crede che ci metteremo insieme, che questo mio slancio verso di lui sia un segnale che qualcosa dentro di me è cambiato. Mi odio con tutta me stessa e mi sento smarrita. Perderò Nao… ma come ho potuto fare una cosa del genere?
Un lampo di comprensione mi attraversa il corpo e la mia tristezza si tramuta quasi all’istante in una rabbia assassina.
Mi vesto in fretta e arrotolo l’asciugamano attorno alla testa, non solo per i capelli bagnati ma anche per mettere al sicuro i miei pensieri. Stavolta lo ammazzo Hayama. Non può distruggere la mia vita in questo modo!

POV AKITO

Erano anni che non li vedevo assieme, da quando Sana ha smesso di fare televisione.
Vederlo avanzare verso di lei e prenderle la mano è stato tremendo. Lo ha fatto con naturalezza, mentre io non posso neanche fare una cosa così semplice come toccarla.
Per non parlare del senso di piacere che aveva in quel momento, forse il fatto di averlo accanto la rende contenta…
Sarei potuto andare al locale con i ragazzi, ma ho visto che parlavano con lei fuori dal teatro e ho avuto paura che se si fosse presentata con Nao non avrei retto.
Così sono tornato a casa e ho chiamato Mika. Non ci ha pensato due volte prima di precipitarsi qui. Non è difficile lasciarsi andare con Mika perché è davvero bella, certo non della bellezza elegante di Kurata, e non ha quei capelli incredibili, e non ha il suo profumo di vaniglia… chiudo gli occhi mentre sono a letto con lei immaginando Sana fra le mie braccia. L’eccitazione cresce esponenzialmente mentre credo di fare l’amore con lei e mi lascio travolgere dal piacere.
Appena finito congedo Mika con la scusa che il mio coinquilino potrebbe rientrare da un momento all’altro e anche se lei non sembrava troppo contenta, non replica perché infondo anche a lei va bene così. Niente impegno + nessun sentimento = nessun dolore. Non fa una piega.
Mi sto preparando un bel sushi quando comincio a sentire una fastidiosa tristezza e senso di colpa invadermi. Davvero mi sento in colpa? Mi accorgo, è estraneo: dev’essere Kurata. Forse è già rientrata…Spero solo non abbia sentito...
Veloce come è venuta, la tristezza va via lasciando il posto alla rabbia. Prima che possa capire cosa sia stato a scatenarla sento bussare alla porta.
No, bussare non rende l’idea. Qualcuno sta colpendo la porta con un ariete probabilmente.

Kurata è davanti a me fremente di rabbia, un asciugamano stretto sui capelli e la pelle ancora bagnata dalla doccia.
Fa un passo verso di me emanando una tale rabbia che indietreggio.
“Tu” dice piantandomi come una pistola l’indice sul petto “cosa hai fatto?”
“Di cosa stai parlando Kurata!” sbotto.
“Sei un farabutto Hayama, non ti perdonerò mai!” La mano le trema vistosamente e sento la sua rabbia crescere. È un nodo alla gola davvero brutto.
“Perché te la prendi così tanto?”
“Perché non ero sola verme schifoso! C’era Nao con me!” urla talmente forte che sento vibrare la cassa toracica e graffiare la gola. Ma sarebbe stato meglio uno schiaffo, una stilettata, una spinta dal terzo piano, qualsiasi cosa ma non questo. Nao con lei. Ti prego no.
Le prendo i polsi “Cosa hai fatto?” chiedo in un fiato, ti prego Sana dimmi che non sei andata a letto con lui, dimmi che non ti ho spinta fra le sue braccia. Kami ti prego fa che non sia successo! Sana strattona i polsi liberandosi dalla mia presa
“Non osare provare senso di colpa Hayama, non ne hai il diritto” si riferisce alle mie budella attorcigliate.
“E poi cosa ti importa Hayama? Hai ottenuto ciò che volevi no? Io non posso continuare a vivere così.”
Lancia nell’aria queste parole con estrema freddezza e sparisce in casa sua chiudendo a doppia mandata. Il suono della serratura riecheggia per tutto il corridoio e rimbomba nella mia testa.
Mi prendo la testa fra le mani cercando di arginare il dolore che mi sta assalendo e mi maledico con ogni forma conosciuta di anatema per la mia idiozia. Devo allontanarmi, via il più possibile. Prendo le chiavi della macchina e scappo per le scale.
Metto in moto e sfreccio per la città incurante di qualsiasi regola e legge della strada, devo solo mettere migliaia di chilometri fra di noi. Non ce la faccio, il dolore mi sta seguendo spietato, e non riesco più a vedere la strada. Non so nemmeno dove io sia, spengo il motore e mi abbandono al mio dolore. Cosa hai fatto Akito? Cosa le hai fatto fare? Lei ha preservato gelosamente la sua virtù per il grande amore, e in qualche angolino sperduto del mio cuore credevo che potessi essere io quell’amore. Come un sassolino spostato che scatena una valanga, i sentimenti per lei rotolarono nella mia coscienza schiacciandomi definitivamente. Ci avevo distrutto, e per cosa? Sarebbe scappata da me come dal peggiore dei mostri e l’avrei persa ancora. Non solo come amica, ma come possibile futuro.


POV. SANA 

Al ritorno di Fuka e Aya fingo di dormire, ho lascito un biglietto di scuse sul tavolo con tante moine e bacetti per farmi perdonare di non averle aspettate.
Spero che domani non leggano sulla mia fronte la mega scritta “stupida.” Forse posso sgattaiolare via prima che si alzino ed evitarle.
Sono certa che Fuka capirebbe che è successo qualcosa solo a guardarmi. No, non posso affrontarle. E poi cosa dovrei dire? Sono saltata addosso a Nao perché sentivo l’eccitazione di Hayama? Rabbrividisco a quanto sia terribile ciò che è accaduto. Devo riorganizzare la mia vita. Una cosa è certa, non posso vivere ancora vicino a quello lì, non dopo ciò che mi ha fatto fare.
Quindi vaglio le opzioni rimaste.

Opzione uno.
Tornare da mammina con la coda fra le gambe, lamentandomi della vita da universitaria e cominciare a studiare a distanza. Questa opzione non mi dispiace poi così tanto, ma per una questione di orgoglio non posso accettarla. Non tornerò a vivere a casa, sono cresciuta e devo farmi la mia vita.

Opzione due.
Inscenare una colossale lite con Fuka e Aya e prenderla come scusa per cercare un altro appartamento. No, neanche questa di opzione mi piace. Non posso rinunciare a due mie amiche quando ho perso già tanto in un solo giorno.

Opzione tre.
Accettare un incarico che mi terrebbe impegnata nei prossimi mesi e prendere tempo per trovare una soluzione. Non male questa idea, ma accettare un lavoro significherebbe ricominciare a lavorare a pieno regime e addio laurea.

Opzione quattro.
Lasciare che i Kami che mi hanno mandato questa maledizione facciano il loro gioco. Perché deve pur essere un segno del cielo tutta questa storia. Mi sono sempre chiesta cosa passasse per la testa di Akito e loro Puf! mi hanno accontentata. Ma se davvero questa è una maledizione di qualche Kami che ho fatto arrabbiare, allora Nao deve essere la risposta di qualche Kami che ancora mi vuole bene.

Insomma, forse Nao non era lì con me per caso. Forse, come dice lui, il mio posto è al suo fianco. Cerco di concentrarmi su Nao e su quanto fosse felice delle mie attenzioni. Sorrido. Si, decisamente mi voglio sentire così: in pace con il mondo. Infondo se nel mio passato non ci fosse stato Akito, Nao e io staremmo insieme da sempre. Lui l’ha sempre sostenuto che ci apparteniamo, fin da quando senza neanche saperlo mi ha guarito dalla mia malattia della bambola. Aveva sette anni il mio angelo custode. Sorrido all’immagine di una ragazzina con degli enormi occhi blu. Nao. Prendo il telefono e gli mando un messaggio: Domattina alle nove, ti aspetto sotto casa.
La sua risposta non tarda ad arrivare anche se l’orologio segna le 2.00, non sta dormendo proprio come me. Non vedo l’ora…


NOTA DELL'AUTORE: Anche questo cap. non è uscito come avrei voluto , ma se tento di perfezionarlo ancora non lo pubblicherò mai. Buona lettura:)

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Capitolo 9
*** SUNDAY ***


Le parole se ne stanno zitte sulla soglia a un passo da te che resti fuori,
e io non so come chiamarti e chiederti di tornare indietro.
E’ così che nascono gli addii.
(Fabrizio Caramagna)
 
 
DOMENICA
 
 
POV. SANA
Aya e Fuka mi aspettano in cucina, non sono arrabbiate, sembrano piuttosto preoccupate.
Mi siedo al tavolo affrontando da vero uomo(?) il mio destino.
“Sana ci dici cosa sta succedendo?” chiede Fuka sedendosi a sua volta, senza tanti preamboli.
Aya mi porge una tazza di thè e si siede alla mia destra.
“Puoi dirci qualsiasi cosa lo sai” mi rassicura Aya accarezzandomi gentilmente il braccio. Come se avessi bisogno di rassicurazioni. Un bicchiere di Vodka magari…guardo sconsolata il mio inutile e poco alcolico (anzi, per niente alcolico) thè e inevitabilmente gli occhi mi si riempiono di lacrime, le ricaccio indietro.
“Ho deciso di stare con Nao, forse mi trasferirò da lui.” Tutto d’un fiato. Una pallottola sparata in aria.
Aya spalanca gli occhi e si porta una mano alla bocca come se avessi detto chissà quale parolaccia, Fuka invece si alza sbattendo le mani sul tavolo, chiaramente contrariata.
“Ma cosa ti salta in mente? Dev’essere successo qualcosa fra te ed Akito vero?” chiede stringendo gli occhi e sporgendosi minacciosa verso di me.
Mi irrita non poco il fatto che pretendano di conoscere i miei sentimenti e i motivi reconditi che mi spingono verso Nao.
“No, niente. Ci odiamo come sempre.”
“Non mentire Sana, perché Akito stanotte non è tornato e non sappiamo dove sia. È evidente che sia successo qualcosa.”
“E perché dovrebbe essere colpa mia se è stato via tutta la notte?” chiedo fingendo sorpresa, ma dentro mi sento soddisfatta. Gli sta bene! Il rimorso deve consumarlo! Anche se non pretendo che si tratti di rimorso sincero per me, piuttosto gli dà fastidio che sia accaduto proprio con Nao. Sono secoli che dura questa loro rivalità. Non si è mai spenta.
“Perché Tsu ci ha detto che non era mai successo prima. Gli ha mandato solo un messaggio dicendo di non cercarlo” spiega paziente Aya.
“Continuo a non capire cosa c’entro io!” dico un po’ troppo irritata. Insomma sono io la vittima e poi dove sono gli abbracci e i complimenti che mi spettano per avere appena ammesso di avere un fidanzato?
“Non lo so ancora, ma lo scoprirò” sentenzia Fuka. Mia cara amica. Questa volta ciò che è successo va al di là della tua più fervida immaginazione. Per un attimo provo il masochista impulso di raccontare tutto, chissà se mi farebbero rinchiudere subito in un manicomio…
“e poi cosa significa starò con Nao?”
“Significa che ora siamo una coppia. Io e Nao. Potete essere un po’ felici per me per favore?” chiedo stavolta senza preoccuparmi di nascondere l’irritazione.
“No Sana, non possiamo. Stai sbagliando e lo sai!”
E’ la mia volta di alzarmi e sbattere qualcosa - la tazza che ho in mano, tanto è inutile – sul tavolo. Il thè schizza un po’ ovunque.
“Nao mi rende felice, non devo certo darvi spiegazioni di questo!” urlo.
Prima che possano replicare afferro la borsa e sparisco nel pianerottolo.
Maledetto Akito, anche da assente mi disturba la vita. Scendo di corsa le scale e proprio quando sono sull’ultimo scalino entra dal portone Akito.
Ha gli stessi abiti di ieri sera, i capelli spettinati, e due occhiaie viola da far invidia ad un vampiro. Mi vede e si immobilizza a distanza di sicurezza. Siamo entrambi senza copricapo e non ci sono muri a proteggerci dai nostri pensieri. Sento un dolore opprimermi il petto e non capisco se è una mia emozione o sua. So solo che fa male.
“Scusami se puoi” mi dice a fior di labbra guardando il pavimento.
“Non capisco perché vuoi rovinarmi la vita Hayama…se ti allontani posso uscire” rispondo con freddezza, non mi va di ascoltare le sue spiegazioni.
“No aspetta fammi spiegare.”
Ecco appunto, scoppio in una risata senza gioia.
“Vedi a che punto bisogna arrivare per far degnare al grande Hayama di dare spiegazioni. Ora non le voglio più.” Non mi serve sapere niente. Non voglio ascoltare la sua voce, non voglio le sue scuse, non voglio che i suoi occhi mi guardino facendomi dimenticare tutto. Io voglio odiarlo, ne ho bisogno…
“Io non potevo sapere…Kamura, stai andando da lui vero?” me lo chiede con la voce leggermente tremante e devo reggermi il petto per non soccombere al dolore che sta aumentando. Cosa diavolo sta provando Hayama, non capisco.
“Sì. È questo che ti preoccupa Hayama? Non che forse mi hai portato a fare qualcosa che non volevo, ma che si trattasse proprio di Nao? Se invece fosse stato un altro ti sarebbe andato bene? Ti ferisce che lui abbia vinto su di te? Chissenefrega di Sana, no? L’importante è che tu non perda con lui! Cresci Hayama. Non hai più dodici anni” gli dico glaciale. Ad ogni parola sento crescere la mia soddisfazione in maniera proporzionale al suo dolore. Ci ho azzeccato in pieno.
Prima che possa rendermene conto Akito si sposta velocemente verso di me e mi blocca contro il muro, i polsi stretti fra le sue mani.
Senti i miei pensieri avanti! Non è come pensi tu!
“Lasciami immediatamente!” urlo sovrastando il suono dei suoi pensieri, mi agito convulsamente cercando di liberarmi. Ma la sua presa si stringe.
“Mi fai male, lasciami!”
Sana mi dispiace da morire. Io non volevo spingerti a fare nulla che tu non volessi. Sono un verme. Merito il tuo odio.
Lasciami non ti credo. Devo andare da Nao, vattene!
“Lasciala Akito!” è la voce di Tsu, con uno spintone sposta di peso Hayama e si mette fra me e lui. Hayama ha lo sguardo vitreo, sembra fuori di sé.
 “ ma che ti prende? Le stavi facendo male” Tsu è seriamente arrabbiato, mi tiene dietro di sé come se temesse che Hayama possa aggredirmi.
“Ehi che succede?” stavolta la voce è di Nao. Cacchio la situazione si mette davvero male.
“Nao!” urlo cercando di andargli incontro, ma Tsu mi tiene bloccata dietro di sé.
Nao scruta la scena, appunta i suoi occhi su Tsu con le braccia spalancate davanti a me e poi guarda Hayama, i suoi pugni chiusi, gli occhi freddi e vuoti che non si sono mossi neanche per guardarlo.
Vedo distintamente la rabbia impadronirsi anche di Nao, avanza deciso verso Hayama e lo colpisce con un pugno in faccia. Hayama indietreggia, guarda Nao come se si fosse accorto solo ora della sua presenza. Nei suoi occhi torna un po’ di vita e pare prendere piena coscienza della situazione. Non sento niente, né dolore, né rimorso. Vuoto. Gira il viso e sparisce su per le scale.
“Sana ma che succede?” chiede Tsu lasciandomi finalmente libera.
Scuoto la testa, non voglio parlare.
“Lasciala stare Tsuyoshi, Sana parlerà quando ne avrà voglia.” Nao mi mette una mano attorno alla spalla e mi conduce alla macchina lasciando Tsu davanti alle scale immobile e impotente.  
Nao siede accanto a me, guarda fuori dal finestrino. Dalla mano stretta e dalle nocche sbiancate posso immaginare che stia cercando de far sbollire la rabbia. Non posso credere che lo abbia colpito. È tutto tremendamente surreale. Devo avere una sorta di calamita attira guai, altrimenti non si spiega come certe cose possano accadere solo a me.
Una volta a casa Nao si siede sul letto e io stavolta mi siedo accanto a lui prendendogli la mano.
“Nao…”
“Avrei voluto distruggergli quella faccia Sana.”
“Nao per favore…”
“Non ne parliamo più ok? Puoi rimanere qui quanto vuoi lo sai. Resta con me.”
Nao mi guarda supplichevole, e gli accarezzo piano la guancia.
“Nao riguardo a ieri, forse ho corso troppo. Io…”
Mi posa un dito sulle labbra impedendomi di continuare. “È stato il giorno più bello della mia vita, non roviniamolo con spiegazioni e parole. Se è successo deve esserci un motivo.”
Muove le dita leggere sulle mie labbra, tracciandone il contorno. Chiudo gli occhi e sento la sua bocca che sostituisce le dita. Stavolta ci baciamo con dolcezza e posso davvero sentire quanto Nao mi ami.

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Capitolo 10
*** LA SETTIMANA ***


ATTENZIONE: c'è un nuovo capitolo precedente a questo, postato nello stesso giorno. Ho notato che molti lo hanno saltato, è indispensabile per comprendere questo capitolo. Grazie e buona lettura :)
 
Un vero amico non si mette mai di mezzo nel tuo cammino, 
a meno che tu non stia cadendo in basso.
(Anonimo)


POV. TSUYOSHI
LA SETTIMANA 


Domenica:
Non capisco davvero più niente. Non posso credere che Akito abbia aggredito Sana, non me ne capacito. E quello sguardo agghiacciante, per un attimo ho temuto che mi avrebbe attaccato per raggiungerla.
Salgo lentamente le scale, come devo comportarmi adesso? Sono ancora arrabbiato, spero che i tre piani mi aiutino a calmarmi. 
“Tsu ma cosa succede?” Aya e Fuka sono sulla porta, il volto preoccupato.
“Dov’è andato?”
“Si è chiuso in casa.”
Faccio un cenno alle ragazze di entrare in salotto e ci sediamo attorno al tavolo. La mia dolce Aya mi accarezza la testa, devo essere sconvolto.
“Tsu, abbiamo sentito le urla. Cosa diavolo sta succedendo?” chiede Fuka.
“Non lo so, Akito ha aggredito Sana.”
“Cosaaaaa?” urlano insieme, Fuka si alza con il chiaro intento di andare a picchiare Akito, ma sono più veloce di lei e le sbarro il passo. 
“No Fuka, non andare. Aveva lo sguardo perso e vuoto, non so nemmeno se fosse in sé.”
“Non mi importa, come ha osato. Lo ammazzo!” Fuka mi spinge, ma io non cedo.
“Calmati ora”
“Si Fuka, stai tranquilla. Facciamo finire il racconto prima.” Interviene il mio dolce pasticcino. Con la sua calma, riesce a placare sempre tutti gli animi, Fuka mi rivolge un’occhiataccia e va a sedersi.
Racconto loro quello che ho visto…
“Non c’è altra spiegazione allora. Deve aver saputo che Sana si è messa con Nao ed è impazzito di gelosia.”
“Si, Sana era sconvolta stamattina. Deve essere successa una cosa del genere.”
“Questo significa che la ama ancora” osserva Aya
“Hanno mai smesso?” chiede Fuka.
“Non lo so, nelle ultime due settimane mi pare sia cambiato qualcosa. Sembravano più complici, più vicini, come non accadeva da tempo.”
“Ma allora perché Sana si è messa con Nao?” chiedo, non riesco a capire i ragionamenti. E’ così semplice per me: io amo il mio pasticcino, lei ama me e stiamo insieme. 
“Suppongo sia perché ha una maledetta paura di stare con lui, di soffrire ancora, di non piacergli abbastanza e tutte queste menate qui…”
“E ora che facciamo?” chiede Aya
“Aspettiamo.”

Lunedì:
Stanotte Akito è di nuovo andato a correre, non sono riuscito ad intercettarlo perché si è ostinatamente chiuso in camera e non risponde quando lo chiamo. Non è venuto all’università e non è uscito per pranzare.

Martedì:
Sono davvero preoccupato, con domenica e ieri, oggi sono tre giorni che Akito non mangia. Le ragazze stanno chiamando Sana, ma lei non risponde. 
“Dobbiamo fare qualcosa Tsu, non possiamo permettere che si lasci morire.”
“Fuka, non so che fare, possiamo solo aspettarlo domattina sulle scale e costringerlo a mangiare.”
“faremo così allora”
Fuka e io che siamo più forti ci posizioniamo sul pianerottolo con due tazze colme di caffè. Dovrà rientrare dalla sua corsa prima o poi. 

Mercoledì:
Akito torna dalla sua corsa alle sei del mattino. Lo spettacolo che ci si presenta davanti ci lascia senza fiato. Akito è vuoto, un fantasma. Non sembra neanche vederci, si aggrappa al corrimano e avanza a fatica sugli scalini, madido di sudore. Io e Fuka corriamo a sorreggerlo. Per un attimo sembra animarsi nel vedere Fuka, ma poi ricade nel suo stato catatonico, si libera dalla nostra presa e invece di entrare nel nostro appartamento entra in quello delle ragazze. Impotenti io e Fuka lo osserviamo entrare in camera di Sana e affondare nel suo cuscino senza chiudere la porta.
“Beh è un passo avanti” sussurro avvilito. 
“Tsu, è già successo tutto questo. Quando eravamo ragazzini, ricordi?”
“Vagamente” ammetto “e come gli è passata?”
“Sana…”
“Già Sana, verrebbe se sapesse quello che gli sta succedendo?”
“Non lo so Tsu, non so più nulla. Ho parlato con Nao ieri e gli ho spiegato la situazione, ma come vedi di Sana non c’è traccia.”
Aya ha preparato del sushi e l’ha lasciato in camera di Sana, stanotte quando lui non c’era ha ritirato il vassoio e ha finalmente abbiamo appurato che ha mangiato qualcosa. Stare in camera di Sana gli fa bene…

Giovedì:
Siamo seduti attorno al tavolo della cucina, i volti di Fuka e Aya sono tirati e stanchi proprio come il mio. Siamo talmente preoccupati che non riusciamo a dormire. “Forse dovremmo chiamare suo padre” propone incerta Aya
“Credo sia ancora a Los Angeles.”
“Nat?”
“Non reagirebbe con lei più di quanto non faccia con noi.” Osserva Fuka. E so che ha ragione, le persone più importanti della sua vita sono in questa stanza, e una è in chissà quale parte del Giappone. Comincio a capire perché l’ha sempre chiamata egoista. Qualunque cosa Akito possa averle fatto, non può lasciarlo in queste condizioni. 
“Se non torna entro sabato chiameremo un ospedale.” Fuka è decisa, e mi sembra la soluzione più logica… se noi non possiamo aiutarlo forse serve uno specialista.
“Ma ora sta mangiando un po’, forse gli serve altro tempo per accettare…”
Scuoto la testa fermando il pensiero fiducioso del mio bon bon alla crema:
“Cioccolatino, Akito non studia più, mangia a malapena, non parla affatto, non fa altro che dormire e correre. Quanto può resistere il suo fisico in questo stato?”
Annuisce piano. Sì decisamente dobbiamo intervenire. Facciamo a turni per rimanere di giorno a casa con lui. Temiamo che possa sentirsi male…o forse è meglio dire peggio. Ammesso che esista qualcosa di peggio che questa condizione.

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Capitolo 11
*** WEEK-END ***



 
“quando mi separerò da te, sarò io quello distrutto” l’aveva urlato e aveva pianto.
E io ci credevo, ci credevo davvero con tutta l’anima che lui mi amasse quanto lo amavo io.
Ed ero certa che ci credesse anche lui.
Ma poi sono successe le due cose più distruttive di tutte, quelle due cose che per loro natura sono ineffabili e difficili da cogliere se non quando è già tardi: il niente e l’abitudine
.
I messaggi, le e-mail e le telefonate erano diminuiti impercettibilmente nei primi due anni della sua partenza. Io avevo riversato tutto il mio dolore nel lavoro e avevo sempre meno tempo.
Lui dal canto suo, mi mandava risposte sempre laconiche e scostanti. Senza il calore dei suoi occhi a tranquillizzarmi, la sicurezza che mi avrebbe aspettato era vacillata.
Come si può chiedere ad un ragazzo di quindici anni che vive a Los Angeles di aspettare una ragazzina dall’altra parte del mondo?
Sicuramente aveva avuto le sue esperienze con altre, si era ricostruito una vita e mi aveva relegata in un angolino della sua memoria con un’etichetta appiccicata sopra: passato. 

Era un freddo venerdì di 5 anni fa quando ricevetti la telefonata di Tsu che mi diceva che Lui era tornato. Cosa si aspettava che facessi? Io cosa volevo davvero fare?
Il tumulto dentro di me era stato terribile: la paura di trovarlo cambiato si scontrava con il desiderio di vederlo e alla fine quest’ultimo prevalse. Ricordo la corsa sfrenata verso l’aeroporto, Rei aveva mandato con me un suo sostituto che guidava troppo lentamente, scalpitavo.Volai letteralmente fuori dall’auto e corsi tra la marea di gente che affollava la sala degli arrivi. 

Finalmente eccolo là, in mezzo alla folla vedevo solo i suoi inconfondibili capelli color miele, solo che ora erano su un ragazzo dalle spalle larghe e dall’altezza non comune. Anche se era di spalle ero certa fosse lui, il mio corpo l’aveva riconosciuto prima di me…
“Akito…” Il suo nome mi scivolò dalle labbra, ed era poco più che un sussurro, ma lui si girò ugualmente verso di me.
Tre interminabili anni, era lì proprio davanti a me. Il mio Akito. Era tornato e tutti i miei timori si rivelarono fondati: Davanti a me c’era un Akito diverso. Non c’erano stati abbracci, né parole che esprimessero la mancanza ed il dolore degli anni trascorsi. Aveva solo alzato la mano in un freddo saluto e aveva detto ‘Hi’
Mi ero sentita morire, anche se avevo vacillato, a tenermi insieme era sempre stata la speranza: una volta tornato Akito avrebbe distrutto tutte le mie insicurezze abbracciandomi. Invece aveva solo distrutto le mie ultime sicurezze e aveva distrutto me…Fu tutto inutile, le mie braccia e le mie gambe rimasero immobili nonostante comandassi loro di avvicinarsi, di abbracciarlo, di avvinghiarmi per non lasciarlo andare lontano da me di un solo passo.
E fu così che lo persi ancora, nel modo più terribile, cioè avendolo vicino ma senza poterlo raggiungere.”




 

Sarebbe un Mondo migliore se “Ti amo” e “Addio”
 si potessero dire una sola volta nella vita.
E mai alla stessa persona.
(mheathcliff, Twitter)
 
 
WEEK-END

POV. SANA


È passata quasi una settimana da quando sono sparita da casa. Le ragazze mi hanno chiamata almeno un centinaio di volte, ma non ho mai risposto.
Mi sento vagamente in colpa verso di loro…anche se ho sentito Nao chiamarle per rassicurarle.
Benedetto Nao! Non mi ha più chiesto nulla della scenata delle scale, e gli sono grata per questo. Si è limitato a coccolarmi (con tanto di baci) e a viziarmi (con tanto di abbracci in piena notte).
Ma oggi non posso fare a meno di tornare. Nao si è offerto di accompagnarmi, ma gli ho detto che non corro alcun pericolo in casa mia.
Le ragazze non farebbero entrare Hayama dopo quello che è accaduto. Credo. Tsu deve aver raccontato loro della scena delle scale.
Chissà se Fuka ha già picchiato Hayama. La immagino mentre gli urla epiteti poco carini e lo schiaffeggia con forza.
Le mie amiche…mi sono davvero comportata male con loro.
Dovrò dire loro prima o poi che andrò a stare per un po’ da Nao. E’ per questo che sto tornando, per prendere i vestiti…
Entro in casa e subito Aya corre verso di me.
“Fuka?” chiedo sciogliendomi dal suo abbraccio.
Un po’ spero che non ci sia, non sono pronta per le sue domande…
“Sana, potevi avvisare, ecco forse è meglio…”
Aya balbetta tormentando il bordo della sua camicia. Non è un buon segnale. E’ successo qualcosa.
“Che succede Aya?”
Aya si morde il labbro “ecco forse è meglio che torni in un altro momento…”
Ma cosa diavolo sta dicendo?! Ehi! Questa è anche casa mia. Ancora per poco, certo, ma questo lei non lo sa…
“Cosa stai dicendo?”
“Ecco vedi, Hayama è di là nella tua stanza, lui...” Ora che è riuscita a parlare Aya alza lo sguardo sul mio viso, in tempo per vedermi digrignare i denti.
“Che significa è di là?” sputo spostandola e avanzando verso la mia camera. Non ha nessun diritto di entrare nei miei spazi.
E’ la volta buona che lo ammazzo. Spalanco la porta prendendo fiato per urlare e…mi blocco.
Hayama è steso sul mio letto completamente vestito, di pancia in giù, la testa rivolta verso l’esterno. Dorme profondamente. Anche così posso notare quanto sia sconvolto.
Guardo Aya e deve aver letto la domanda sulla mia fronte: che diavolo succede?
“E’ così da quando sei andata via. Corre fino allo sfinimento tutte le notti, non mangia quasi più e quando torna viene qui a dormire. Abbiamo provato ad impedirglielo, ma ecco Lui...”
Sgrano gli occhi, è già successo tutto questo...
“Vuoi che chiami Tsu per aiutarti?” mi chiede Aya.
“No, posso fare da sola. Grazie Aya” le sorrido debolmente e chiudo la porta.
Mi avvicino a lui e mi abbasso ad altezza del suo viso. Non credevo che fosse così addolorato, ma ciò che non capisco è perché sia a dormire nel mio letto.
Sta mormorando qualcosa, avvicino l’orecchio alla sua bocca.
“Sa…”
“…na”
“Sono qui Akito” gli sussurro, Hayama apre pigramente gli occhi e allunga una mano verso il mio viso. Non so se è realmente sveglio. Mi accarezza piano una guancia.
“Sei tornata” mormora. Ora so che è sveglio perché con la coscienza stanno tornando tutti i suoi sentimenti. Dolore, un grande ed incontenibile dolore. Potrei esserne schiacciata.
Sento le lacrime che premono per uscire. Come fa a sopportarlo?
Invece che dai miei occhi, una lacrima scende dai suoi. Non posso permettere che stia così, non ce la faccio. Mi stendo accanto a lui e affondo la testa nel suo collo stringendolo forte.
Akito si aggrappa a me, accarezzandomi convulsamente la testa.
“Mi dispiace, mi dispiace così tanto” mormora con voce rotta nei miei capelli.
“Non è successo nulla Aki, sono qui ora.” Piango anch’io travolta dalla marea che sta distruggendo il nostro cuore.
Rimaniamo così avvinghiati per un tempo indefinito, finché ci calmiamo e riprendiamo il possesso della ragione.
 
 
POV. AKITO
Non credevo si potesse soffrire così tanto, avevo già sperimentato il dolore. Insomma si può dire che è tutta la vita che lo sopporto, ma questo… questo ha sfondato tutti i confini della sopportazione.
E’ un dolore che mi annebbia la mente.
Ho corso tutte le notti fino allo sfinimento. Solo il profumo del suo letto riesce a calmarmi, mi dà la debole sensazione che lei mi sia accanto e riesco a riposare un po’.
Ora però lei è davvero qui, la sento nelle mie braccia. Sento il suo cuore battere forte contro il mio petto, ho le narici piene del suo profumo e il suo calore mi sta riscaldando.
Mi lascio cullare dal suo abbraccio…
“Non è successo nulla Aki, sono qui ora.” Le sue parole sono come balsamo, sento un po’ di speranza irradiarsi nelle mie membra stanche.
Dopo un tempo troppo breve per me, Sana si stacca, ma rimane stesa accanto a me. Mi prende il viso fra le mani e cerca i miei occhi, non voglio guardarla.
Mi vergogno troppo di me stesso, ma ormai è inutile nascondersi, lei sente comunque tutto ciò che provo…
“Io sto bene Akito. Smettila di distruggerti.” Mi sussurra.
Le accarezzo la guancia e sento il suo stomaco contrarsi dolorosamente. Faccio un sorriso amaro, le dà fastidio…tolgo la mano.
“Non è come pensi, è solo…strano.” Mi accarezza la guancia e sento la stessa fitta allo stomaco. Inequivocabilmente mia stavolta.
“Visto?” dice sorridendo un po’.
Voglio sentire ancora quel dolore allo stomaco, voglio provarlo ancora… allungo ancora la mano e poso leggero il pollice sulle sue labbra. Sana chiude gli occhi. Il labbro le trema leggermente e sento nello stomaco un senso di vuoto che mi lascia senza fiato. E’ la sensazione più bella del mondo.
Sana riapre gli occhi e fa la stessa cosa con me provocandomi un identico vuoto. Sorridiamo.
“Cosa stiamo facendo?” mi chiede.
“Ci stiamo facendo del male” rispondo. Mai sentiti dolori più belli di questi. Ne voglio di più, voglio sentirli ancora. Mi voglio sentire vivo.
Mi avvicino lentamente al suo viso fermandomi appena prima di toccarle le labbra, posso sentirne il calore. Ah! Che bello! Non avevo mai pensato a quanto fosse bello il masochismo. Il cuore ci batte furiosamente nel petto e siamo scossi da un tremito che ci attraversa da dentro.
Credevo di essere troppo felice per permettere che qualcosa rovinasse questo momento, ma come si dice? Non bisogna mai abbassare la guardia.
Nella mia testa (direttamente dai ricordi di Sana) si affaccia l’immagine del volto di Kamura che sopra di me (sopra di lei) le bacia il collo scendendo verso il seno.
È una visione fugace, ma mi colpisce con la forza di un pugno in faccia. Quello di Nao appunto.
Mi sciolgo dal suo abbraccio nel giro di un nanosecondo e mi fiondo dall’alta parte della stanza. 
Sana mi guarda spaventata e si rinfila subito il cappello, forse per evitare che veda altre immagini di loro…
“Scusami, io non volevo” dice sull’orlo delle lacrime
“non so perché mi sia venuto in mente.”
Preso dal desiderio che tornasse e accecato dal dolore, non ho riflettuto sul fatto che ha passato l’ultima settimana da Nao, e che forse da quella sera ha approfondito il suo rapporto con lui. Che ora sta con lui…L’immagine di poco fa mi ritorna alla mente e fa a pezzi gli ultimi rimasugli della mia anima.
 “Non lo so perché mi è venuto in mente…” ripete.
“E’ solo colpa mia…io ti ho spinta” ammetto, ma non mi importa davvero. Voglio solo che lei non vada più via, che non si allontani dalla mia vita mai più. Potrei anche sopportare di vederla con Kamura, se questo la rende serena e felice, ma voglio poterla vedere sempre…
Esco dalla stanza, non voglio angosciarla ancora con questo marasma incontrollato che ho dentro. Ora che mi sono risvegliato credo sia meglio fare una doccia.
 
 
POV. SANA
Non so davvero cosa mi sia preso, vedere l’immagine di Nao in un momento del genere…forse ho solo avuto paura di essere così vicino ad Hayama, oppure senso di colpa dopo tutto quello che è successo fra me e Nao questa settimana. Non lo so, sono più confusa che mai.
Mi prendo la testa fra le mani, come se i miei palmi potessero in qualche modo contenere tutto questo caos che rischia di farmi esplodere.
“Sana?” Fuka entra in camera, ma non mi si avvicina. Sembra arrabbiata. Eccolo il momento che avrei voluto evitare.
“Ho visto Akito, sembra stare meglio.”
Annuisco. Cosa dovrei dire?
“Sana, dove diavolo sei stata? Avevamo bisogno di te. Akito aveva bisogno di te…”
Mi sento una piccola gomma da masticare spiaccicata su un marciapiede e pestata da tutti i passanti. Akito aveva bisogno di me…e io non c’ero… ehi! Aspetta un attimo, e io come potevo saperlo?!
“Ti abbiamo chiamato almeno un centinaio di volte! Non posso credere che tu non sia venuta sapendo ciò che stava succedendo. Non ti riconosco più!”
“Io non lo sapevo!” urlo a mia volta “Come facevo a saperlo se non vi ho risposto?!”
Io e Fuka ci guardiamo irate
“Io l’ho detto a Nao”
“Cosa?” Scatto in piedi come una molla, Nao sapeva?
“Non ti ha detto niente vero?”
Scanso Fuka e mi precipito a prendere il cellulare dalla borsa, non ci mette molto a rispondere.
“Si può sapere perché diavolo non mi hai detto niente?”
“calma Sana, ne parliamo di persona”
“cosa ti fa credere che voglia vederti?”
Pausa
“Mi dispiace, ho pensato che se lo meritasse…”
“Non chiamarmi più Nao”
Chiudo la chiamata e la mano mi trema leggermente. Non mi sono accorta che anche Tsu e Aya sono ora nel salotto e tutti hanno gli occhi puntati su di me. Sono abituata agli sguardi, alle attenzioni, sono abituata al palco e agli spettacoli. Ma questi sguardi che vogliono penetrarmi l’anima mi fanno sentire nuda.
“Sana vai da lui…avete bisogno l’uno dell’altra.”
Lo sguardo di Tsu è fermo e deciso. I miei tre amici hanno i volti stanchi ed infelici, ora capisco quanto profondo sia il legame che c’è tra noi. Siamo davvero una famiglia, se soffre uno soffrono tutti. “Aspetta” dice Aya prima che vada da lui “portagli questo” mi porge una barchetta piena di sushi “non mangia da un po’”
Mi avvio verso l’appartamento accanto, cammino lentamente per chiamare a raccolta tutto il mio coraggio. Cosa gli dovrei dire adesso? Ehi! Sai anche se prima ci stavamo per baciare possiamo tornare ad essere amici! Mi fermo davanti al portone, io non ho idea di cosa fare. Prima che il mio coraggio venga meno, Fuka fa una corsetta e bussa alla porta al posto mio. Poi sparisce nel nostro appartamento ammiccando. Maledetta Fuka, me la pagherà cara. Mentre formulo vendetta Akito apre la porta.
Ringrazio tutti i Kami del cielo perché indosso il mio cappellino, perché i pensieri formulati fanno vergognare persino me.
Akito ha un asciugamano attorno alla vita, i capelli bagnati e una faccia sorpresa. Sembra essersi ripreso.
Allungo la barchetta verso di lui abbassando la testa più che posso. Hayama prende la barchetta ghignando. Si è ripreso in fretta però.
“I-io ho pensato che volessi mangiare. Ecco mi hanno detto. Io non sapevo.”
Spero che capisca qualcosa del mio discorso sconnesso. Akito mi prende la mano e mi tira nell’appartamento.
“Basta parlare Kurata, ho bisogno di mangiare.”
Mi fa sedere accanto a lui mentre assapora il cibo. Sembra non badare al mio sguardo che percorre il suo corpo perfetto, i suoi capelli, i suoi occhi, le sue labbra.
Mangia l’ultimo pezzo e allontana la barchetta con uno schiocco della lingua compiaciuto. Torna ad appuntare il suo sguardo su di me e mi sento ancora avvampare.
“Stavi dicendo Kurata?”
“Ecco, io stavo dicendo che non sapevo cosa ti fosse accaduto, Nao me lo ha nascosto, altrimenti sarei tornata prima. Mi dispiace.”
Hayama diventa serio, ma non stacca i suoi occhi dai miei. Si alza e va in cucina a posare la barchetta. Lo vedo appoggiarsi al tavolo con entrambe le mani, credo si stia per sentire male e lo raggiungo.
“Perché ti dispiace?” mi chiede senza voltarsi.
“Perché non voglio che ti accada nulla di male…”
“E ora cosa farai col damerino?”
“Non aveva il diritto di decidere per me, gli ho chiesto di non chiamarmi più…”
“Quindi tu…non stai con lui?”
“No”
Akito si gira lentamente verso di me
“Kurata, voglio farti vedere una cosa…togli il cappello”
Sfilo lentamente il cappello…
 
POV. AKITO
Lo senti Sana?
Lascio andare tutte le mie censure mentali, tutti i miei tabù e tutte le mie regole di sopravvivenza. E so che ora può sentire perfettamente quanto la amo.
Sana sbarra gli occhi. Io non ci posso credere, non è possibile.
Ti amo anch’io Akito.
“Ti amo” ripete ad alta voce, come se tutto il suo essere non me lo stesse già gridando inondandomi di pura felicità.
Annulla la misera distanza fra le nostre labbra e mi bacia. Non credo che nella storia dell’umanità ci sia mai stato bacio più sentito di questo.
Le nostre emozioni si mescolano, non so più se è il mio cuore a battere così o il suo, non so se le farfalle sono nel mio o nel suo stomaco, non ho idea di chi sia questo piacere avvolgente, non importa chi sta ripetendo ‘ti amo’ nelle nostre teste.
Ci stacchiamo ansanti e storditi da tanta emozione.
E comunque non siamo, ecco, non siamo andati fino infondo, io sono ancora…
È arrossita all’inverosimile, Tutto torna al posto giusto.
Mi avvicino a lei e la prendo in braccio, Sana allaccia le gambe alla mia vita. Siamo occhi negli occhi.
“E ora che faremo?” mi chiede.
“Che domande Kurata. Ora ci amiamo.”


EPILOGO
POV SANA

"Akito quante possibilità ci sono che l'ascensore si blocchi un'altra volta?" Lo avevo detto e si rivelarono le ultime parole famose...ma si sa al destino non ci si può opporre.
La successiva vicenda che ci vide incastrati e svenuti nell'ascensore per un ora abbondante divenne fra i nostri amici una divertente barzelletta, ma per noi che ora siamo tornati "normali" è la prova che anche se provassimo a separarci, tutto il mondo complotterebbe per riunirci. E non serve leggerci nel pensiero per capire che è giusto cosi: io e Akito ci apparteniamo, per sempre. 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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