Un mondo di carta velina

di Lucy_susan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Piove sul vetro del lucernario ***
Capitolo 2: *** Tulipani ***
Capitolo 3: *** Un campo di grano ***
Capitolo 4: *** Monoliti di zucchero filato ***
Capitolo 5: *** Rimini ***
Capitolo 6: *** Al chiaro di luna ***
Capitolo 7: *** Le ballerine nere ***
Capitolo 8: *** Arianna ***
Capitolo 9: *** Una passeggiata a Trento ***
Capitolo 10: *** La panetteria di Bologna ***
Capitolo 11: *** Reminder ***



Capitolo 1
*** Piove sul vetro del lucernario ***


Piove sul vetro del lucernario

Si mise a piovere. Speravo lo facesse, ma ora mi era così insofferente quel rumore lontano che sperai finisse presto. Non pioveva forte, come volevo io, ma di una pioggerella fina che solo parzialmente produceva rumore sul vetro del lucernario e diventava insopportabile quando a tratti spariva completamente per poi ritornare come un leggero singulto perso nel vento. Era una pioggia incerta, che mi ricordava quanto la mia incertezza condizionasse ogni mio gesto. La odiavo. Che bello era, invece, sentire il rumore sicuro di grosse gocce infrangersi sulle superfici quasi a volerle bucare. Quando si gettano a capofitto giù dalle nuvole e producono un suono così forte e profondo che non si riesce a parlare e a sentire e tutto sembra immerso nel mare o chiuso fuori da una campana. Quando nemmeno il tuo cuore riesce a sovrastare la forza di quel fenomeno così banale. Quando solo i tuoi pensieri possono infrangere quella barriera e finalmente farsi sentire alle tue orecchie sorde altrimenti. 

NdA: Eh lo so cosa vi starete chiedendo adesso: "Ma come? Finisce così?" Non sono solita scrivere storie così corte, ma questo pensiero l'avevo scritto tempo fa e ritrovandolo oggi ho voluto publicarlo così come l'avevo scritto, incompleto magari, ma originale. Non dico altro. Se vi piace (o anche se non vi piace) per favore lasciate un micro-commento. Lu_Sue;P

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Capitolo 2
*** Tulipani ***


Tulipani

Un lampo apre il cielo e poi lo squarcio.
Un tuono interrompe il silenzio dei campi con uno schianto secco.
In un istante tutto si fa grigio.
Il picchiettio insistente della pioggia riempie la monotonia del giorno. L’acqua si riversa come una doccia incessante sulla città.
Una scarica mi attraversa e mi tiene in tensione. Non so spiegarmi questo mio improvviso cambio d’umore. Sono più attenta: aguzzo la vista per distinguere meglio le figure al di là del muro d’acqua, sento il mio cuore che corre e i muscoli tesi. Ogni luce mi spaventa.
Presto i buchi nell’asfalto si riempiono e traboccano.
Il vetro si appanna e lo scenario si fa sempre più indistinto.
La pianura è un miscuglio di colori che si fondono nelle gocce d’acqua che slittano verso il basso e io non riesco più a riconoscere le forme. Sullo sfondo il cielo si mescola con la cima di una collina. Vicino alla strada la chioma di un albero si scuote mossa da un vento insistente.
Almeno una cosa mi consola: potrò aprire il mio ombrello rosso e farmi distinguere nel grigiore di questa serata.

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Capitolo 3
*** Un campo di grano ***


Un campo di grano

Un campo di grano

Entriamo nel campo. Un vento caldo accarezza la mia pelle scura, il sole rosso della sera mi colpisce il viso e le punte delle spighe di grano mi pungono i palmi mentre cammino lento.
Lei si ferma e apre le braccia alla bellezza del momento.
Rido.
"Che fai?"
Apre gli occhi, azzurri come il cielo in questo momento e li punta nei miei. Il suo sguardo profondo e sincero mi fa venire la pelle d'oca e devo smettere di guardarla perché mi passi.
"Cercavo di abbronzarmi" mente. "Sono bianca come un foglio di carta."
Rido di nuovo e lei si avvicina.
"Non ci credi? Guarda!"
Avvicina il suo braccio al mio. La sua pelle è più chiara della mia, ma a me piace così.
"Hai visto? Ci sono almeno altre cento gradazioni tra il mio colore e il tuo" spiega.
"Ma sì, ma non ti puoi abbronzare stando qui in piedi cinque minuti" dico scostandomi. Non sono a mio agio vicino a lei, ma cerco sempre un occasione per parlarle. Probabilmente mi voglio male e basta.
Alza il naso per aria fingendosi offesa e questo mi fa ridere ancora più forte.
"Perché ridi? Mi stai prendendo in giro?"
Non riesco a smettere e a spiegarle che rido perché sono innamorato di lei e non ho altro modo per dimostrarglielo. Non possiamo stare insieme, troppe cose ci allontanano. Troppo amici per essere fidanzati e troppo sconosciuti per poter parlare di cose serie. Odio tutto di me e amo tutto di lei. E non so spiegarglielo se non ridendo ed evitando il suo sguardo.
"Smettila, perché fai così?"
"Così come?" Evito la domanda.
"Lascia perdere" sbuffa voltandosi. Si dirige verso la sua casa, lontano da me.
In un moto di eroismo faccio un passo verso di lei e le afferro il polso.
"Aspetta."
Questo è l'atto più coraggioso che io abbia mai fatto nella mia breve vita di sedicenne. Mi guarda aspettandosi qualcosa: una frase, una parola, un'azione. Cosa dico adesso? Cosa faccio?
Un alito di vento le gonfia il vestito e le spettina i capelli. È così bella che mi toglie il fiato.
"Non volevo offenderti, mi dispiace" riesco a dire mascherando l'emozione.
Qualcosa che aveva acceso i suoi occhi si spegne, ma sempre mantenendo il sorriso mi risponde: "Ma cosa dici? Io facevo solo finta."
Abbassa lo sguardo liberandosi dalla mia presa e fissa i semi della pianta dorata. Chissà cosa sta pensando. Quanto la vorrei. Vorrei poterle accarezzare il viso con la delicatezza di un’alito di vento, vorrei poterle afferrare la vita per stringerla a me come un pitone con la sua preda, vorrei guardarla negli occhi senza paura di annegare nel mare in burrasca che sono le sue iridi, vorrei morderle quelle soffici labbra rosse come i petali di una rosa.
Tante cose vorrei fare eppure non faccio niente e non sento più il sapore del suo bacio, non sto più navigando nel mare inesplorato dei suoi occhi, scivola via dalla mia presa non più stritolante e non posso più nemmeno accarezzarle leggero la pelle.

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Capitolo 4
*** Monoliti di zucchero filato ***


Monoliti di zucchero filato

Le nuvole sono come un mare schiumoso di soffice gommapiuma, leggere come la neve, dense come la lava. Si estendono fino alla fine, fin dove il mio sguardo arriva a distinguerle in una linea sempre più piatta e calma. Sembra di poterci saltare sopra tanto sono bianche. Mi aspetto da un momento all’altro di vedere spuntare qualcuno fuori da quel deserto di colline e increspature. Un angelo, una fata, due gatti con gli stivali, una pianta di fagioli.

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Capitolo 5
*** Rimini ***


Rimini

Rimini

Mi perdo nel tramonto, rosso come il sangue che esce dal ginocchio ferito di un bambino. La sagoma nera di un ombrellone copre un pezzetto di quel colore così intenso. L'arancione che lo circonda mi rilassa quanto una camomilla. Il palo freddo della luce mi da i brividi alla schiena, ma il calore con cui mi travolgono i colori di questo cielo mi fa scordare tutto. Mi accascio senza staccare gli occhi dal cielo sempre più scuro scivolando per terra. In questo momento vorrei solo averti accanto.
La luce scompare lentamente dietro la linea piatta del mare. Le stelle si accendono una ad una e il freddo si fa sentire più pungente che mai.
Vorrei solo averti accanto per non vedere il buio della notte, ma il cielo terso dei tuoi occhi. Vorrei averti qui, vorrei le tue braccia intorno alla mia vita per non sentire il freddo sempre più penetrante che attraversa i vestiti leggeri, la pelle sensibile, i muscoli intorpiditi per arrivare alle ossa e congelarle.
Non riesco a muovermi.
Ho paura.
Dove sei?
La luna splende sulla mia testa, ma io non posso vederla perché le lacrime mi offuscano la visuale. Non piango, non ancora. Resisto, finché posso.
L'acqua salata è ferma sull'iride dei miei occhi e fra i colori confusi immagino il tuo viso che mi salva dalla tormenta in cui mi sono cacciata.
Un singhiozzo mi scuote il torace ed ecco le lacrime farsi strada sulle mie guance come le formiche sul terreno. Una dopo l'altra cadono tutte sulla maglietta o sul marciapiede asfaltato.
Qualcuno mi si avvicina. Non voglio farmi vedere in questo stato pietoso. Mi alzo e corro lontano, non so nemmeno io dove, ma spero da te.

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Capitolo 6
*** Al chiaro di luna ***


Al chiaro di Luna

Al chiaro di Luna

Fuori la bianca luna risplende nella notte. Velata dalle nuvole buca l’atmosfera per raggiungermi in una camera sconosciuta e adagiarsi tra le coperte. Grazie al suo chiaro splendore riesco a vedere le travi in legno del soffitto sopra di me e l’imponente armadio sul muro opposto.
Il sottofondo continuo del vapore nei tubi tormenta le mie orecchie interrotto solo dal respiro regolare della mia compagna già addormentata. Il vento sbatte contro il vetro e la pioggia scende a fiumi.
Chiudo gli occhi, ma riesco come a percepire la sua presenza che bianca e muta mi fissa e mi sorveglia. Riapro gli occhi incapace di frenare i pensieri che balzano da un ricordo all’altro senza meta.
Una macchina passa veloce sulla strada mandando un bagliore giallastro e consumando l’asfalto.
Accendo l’orologio.
È già l’una.
Chiudo gli occhi e mi giro su un fianco.
Cullata dal picchiettio dell’acqua sul tetto cerco di non pensare e mi lascio scivolare nell’oblio.

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Capitolo 7
*** Le ballerine nere ***


Le ballerine nere

Le ballerine nere

Le nuvole si addensavano nel cielo come albumi d’uovo sbattuti dalle fruste. Diventavano sempre più minacciose mano a mano che il tempo passava. Certo c’era ancora speranza che non avrebbero scaricato al suolo un fiume di pioggia, riempito in un attimo le strade, fatto la doccia a quelli che per uscire 5 minuti non avevano nemmeno preso l’ombrello. Qualcuno ancora ci credeva che i tombini non sarebbero straripati e che la ragazza sarebbe riuscita a salire sull’autobus senza bagnarsi le ballerine nere di tela che, non si sa con quale spirito estivo, proprio quella mattina aveva deciso di mettersi.
E così aspettava guardando il cielo e stringendo distrattamente tra le dita un piccolo rosario di legno.
Possiamo dire che almeno su una cosa aveva sperato bene: non si sarebbe bagnata le scarpe. Per tutto il resto invece forse era meglio smettere di sperare.
Un tuono spezzò il cielo illuminando minaccioso le gocce d'acqua che piovevano dal cielo in tutte le direzioni. Mentre però tutto questo putiferio si scatenava, le ballerine erano salve, all’asciutto sotto il tetto dell’autobus.

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Capitolo 8
*** Arianna ***


Arianna

Arianna

I raggi di un sole pallido appena sorto si adagiano fra le curve del suo viso delineando morbidi le guance tonde e rosate e il piccolo naso che indica un punto indefinito verso la campagna, rotolano sulle sue dolci labbra dischiuse in un sospiro d'attesa e la abbandonano.
Lei, inconsapevole degli sguardi distratti dei presenti, si muove per sistemarsi meglio sul sedile dell'autobus e così facendo scuote i morbidi ricci che intrappolano la luce creando un miscuglio indistinto di nero e castano chiaro che le ricade sulle spalle come una cascata.
La sua mente è completamente assorta nella musica che sta ascoltando mentre contempla il panorama con i suoi occhi perfetti: due pietre di giada screziate di giallo, lucenti sotto il primo sole.

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Capitolo 9
*** Una passeggiata a Trento ***


Un pomeriggio a Trento

Un pomeriggio a Trento

Vedo una coppia in lontananza e non è sola. Un uomo alto e di carnagione scurissima, quasi mogano, tiene per mano una bambina dalla pelle leggermente più chiara che si fa trascinare contenta a pochi centimetri dal suolo. Dall’altra parte la sua piccola manina è intrecciata a quella della mamma, bianca come una nuvola. Insieme i tre attraversano la piazza e mi sorpassano senza notarmi. La loro spensieratezza per un momento mi contagia e mi trovo, quasi senza volere, a sorridere verso di loro.
“Dai la mano a mamma” dice la donna accompagnando la frase con un gesto eloquente.
La piccola bimba rifiuta facendo scuotere i folti ricci che ha in testa.
Il padre si ferma al semaforo e in un italiano un po’ maccheronico ripete la frase della moglie, ma la bambina sembra non ascoltare e si ferma un passo indietro subito raggiunta dalla madre vigile. Con sguardo curioso osserva il passaggio di un autobus altissimo.
Quando il verde scatta la famiglia attraversa la strada.
Sul marciapiede opposto la bambina sembra acconsentire ad una proposta della madre, anche se non posso sentire le parole, e si lascia prendere in braccio. Il padre le affianca e tutti insieme spariscono dietro l’angolo di un palazzo.

Scusate per il ritardo enorme, ma l'aggiornamento del computer mi ha mandato in palla un programma fondamentale e sono, forse, riuscita a sistemarlo solo oggi.
Spero comunque che la lettura sia stata scorrevole.
Alla prossima,
Lu_Sue;P

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Capitolo 10
*** La panetteria di Bologna ***


La panetteria

La panetteria di Bologna

Il locale è buio, ma il profumo di pane e pasticcini fa sentire protetti.
Nell’ombra si avvicina la proprietaria: una signora dai capelli bianchi, un po’ pendente da una parte, con le classiche pantofole da nonnina e la voce rugosa.
Gentilmente chiede:
“Cosa posso darti, fanciulla?”
La risposta potrebbe essere “Un po’ di tutto”, ma il buon senso ritorna e le parole sono solo:”Mezzo chilo di pane.”
Quel luogo è silenzioso e misterioso allo stesso tempo e la tentazione di esplorarlo è troppo forte per resisterle.
Sul pavimento si disegnano le linee da seguire per poter esplorare ogni scaffale.
Ci sono vasi contenenti ogni genere di farina, ripiani che sorreggono sacchetti di pasta, un frigo che mostra bottiglie di ogni genere e un vetro a proteggere le prelibatezze della vecchia signora.
“Ecco a lei, ha bisogno d’altro?”
“Vorrei questi biscotti al pistacchio.”
Le parole escono come se avessero vita propria e la signora obbedisce inserendo quattro biscotti in un sacchetto.
Dopo aver pagato e riposto accuratamente le prelibatezze nello zaino, la luce del sole ti accoglie di nuovo.

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Capitolo 11
*** Reminder ***


Reminder

Reminder

Cos’è l’amore?
Amore. Amore. Amore.
Rimbomba del cervello, salta da un neurone all’altro senza tregua e ogni volta è un ricordo nuovo, un dolore nuovo, una dolcezza diversa. Palpita il cuore che brama la tua pelle, i peli si rizzano attratti dal tuo calore, gli occhi si allargano, il respiro si fa corto e non riesco più a pensare.
Le tue mani si muovono agili sempre a loro agio e guardandole immagino stiano toccando me.
Per un momento i nostri occhi si incontrano. Come sono belli i tuoi: neri come pozzi senza fondo, lucidi come sassi levigati dal mare, attraenti come solo tu sai essere.
Perché fai così? I tuoi gesti non sono quelli di un innamorato. Ti burli di me quando mi osservi e con quella tua voce profonda e soave mi tormenti. Sto per crederci quando, mentre mi parli, non sai come dire, ma subito ti stacchi, interrompi la magia e ti allontani diventando un puntino in mezzo al mondo. Ma è quel puntino che desidero pazzamente e che rimarrà sempre nel mio cuore nonostante la distanza.
Cosa pensi? Quando mi guardi, quando mi parli, quando io canto, quando siamo così vicini da poterci sfiorare come l’ultima volta. Quanta voglia mi è venuta di baciarti e, sì!, avrei dovuto farlo. Avrei semplificato le cose. I gesti, forse, dicono più delle parole.
E infatti adesso non so come fare per urlarti che sono più innamorata di prima, che non c’è verso che io possa cambiare idea su di te.
E vorrei essere venduta, picchiata, malata, in lutto per poter piangere il mio amore impronunciabile racchiuso nel mio piccolo cuore che oramai è diventato un macigno insopportabile.

Pensi mai a me? Nel silenzio, nella folla.



Ciao a tutti, spero di trovarvi bene nonostante la reclusione.
Questo è l'ultimo capitolo e vi ho voluto salutare con una riflessione che è nata da una canzone dei Mumford&Sons che si chiama appunto Reminder (se non la conoscete ve la consiglio).
Spero che questa raccolta vi sia piaciuta e magari vi abbia aiutato a capire qualcosa -.-'
Ringrazio tutti quelli che hanno letto, in particolare alessandroago_94 che ha recensito tutti i miei capitoli. Grazie!

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