Ho bisogno di te

di Sabby_4
(/viewuser.php?uid=1096918)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Ai suoi occhi sono invisibile. Forse per lui non esisto nemmeno, ma per me lui esiste, esiste eccome. Ryan Hastings, per me è il ragazzo più bello di tutta la scuola, per tutti un incrocio tra una divinità greca e una star di Hollywood. E naturalmente è il sogno di ogni ragazza di questa scuola. Le ragazze non nascondono la voglia di portarselo a letto, ad alcune lui le accontenta. Non l’ho mai visto con la stessa ragazza per più di tre volte, passando da una ragazza all’altra come un ape passa di fiore in fiore. Questo è il suo ultimo anno alla High School Colorado, si diplomerà e io non lo vedrò più fra i corridoi, in palestra a giocare a Basket o nell’ora della pausa pranzo. Ho una “cotta” per lui da quando la sua famiglia si trasferì vicino casa di mia nonna, otto anni fa. Ogni giorno,  da allora, salivo sulla mansarda a guardarlo giocare a basket con suo fratello, una cosa strana per una ragazzina di 8 anni, ma lo trovavo interessante, mi piaceva quel ragazzino con la testa rasata, sempre pronto a rompere qualcosa con la palla e nascondere i cocci da qualche parte, mi divertiva. All’inizio mi limitavo a guardarlo da lontano, quando venivano a trovarci i miei cugini però stavamo in giardino a giocare, e quindi avevo l’occasione di guardarlo più da vicino. Una domenica, di cinque anni fa, andai fuori con mia cugina Jemma, lei aveva 13 anni mentre io 11, lei non era timida come me e stringeva sempre nuove amicizie mentre io rimanevo sempre nascosta per colpa della mia timidezza, Ryan e suo fratello Nash, stavano giocando come al solito mentre noi passavamo accanto a loro e io non riuscivo a guardare, fissavo il pavimento e mi mancava il respiro, mi sentivo come se stessi morendo di vergogna. Uno dei due aveva lanciato la palla verso di noi, Jemma la prese <> scherza lei mentre gli lancia la loro palla, loro gli sorrisero <> è la voce di Ryan. La sua voce profonda come l'oceano. Mia cugina ride e loro si avvicinano, <> dice Nash <> è sempre mia cugina a parlare, io sono imbarazzata e non riesco nemmeno a guardarli, riesco solo a guardare le mie scarpe. <> risponde Ryan. Io arrossisco pensando che forse mi avesse notato. <> loro si voltano verso di me, li guardo imbarazzata, poi si voltano di nuovo verso mia cugina <> <> <> mia cugina si volta verso di me per cercare un consenso, io però non so che dire, le sorrido timidamente, <> mi incita accarezzandomi il braccio. Giochiamo per tutto il tempo, Ryan a quanto pare compirà 14 anni la prossima settimana. Jemma ride e scherza con loro due mentre io vengo trattata come se fossi invisibile, ogni tanto si rivolgono a me in maniera scherzosa, ma non era la stessa cosa come con Jemma. Lei é sempre stata solare e amichevole e sapeva come farsi degli amici, mentre io ero la ragazza timida e invisibile. Dopo quel giorno tutte le volte che Jemma veniva da mia nonna uscivamo a giocare con loro e le uniche cose che avevo scoperto era che loro venivano dal Canada, erano stati affidati alla madre per via del divorzio con il padre, la loro madre si era risposata e trasferita a Denver, in Colorado, per seguire il marito, loro due però volevano rimanere col padre, perché il nuovo compagno della madre li trattava con freddezza e a volte anche con disprezzo. Penso che non sopportasse l’idea che la donna di cui si era innamorato e che aveva sposato abbia avuto una vita con un altro uomo prima di lui, e Nash e Ryan ne erano la prova vivente che glielo ricordava ogni giorno. Ci avevano detto che quando sarebbero stati maggiorenni sarebbero tornati in Canada nella città che sentivano casa. Ryan aveva perso un anno di scuola e quindi era un ripetente. Era più grande di me di 3 anni, Nash di 4. Anche se erano fratelli non si somigliavano molto. Nash era come sua madre, magro, alto, occhi verdi e i capelli biondi erano un po’ lunghi per un ragazzo, Ryan invece aveva sempre i capelli neri rasati, i suoi occhi erano grigi, a volte, quando riuscivo a guardarlo sembravano spenti, non avevano la stessa luce come negli occhi di Nash, ma le sue labbra, le sue labbra erano meravigliose, soorattutto quando sorrideva, mostrava fiero il piercing che aveva all'interno delle labbra superiori e quello alla lingua. Crescendo è cambiato tutto, Ryan è diventato più alto di suo fratello, aveva messo su massa e aveva la tartaruga scolpita sull’addome, era difficile non guardarlo quando si sfilava la maglietta bagnata di sudore, i capelli neri li portava più lunghi e ha iniziato a portare a casa ragazze diverse quasi ogni giorno, per me era diventata una sofferenza. Jemma all’età di 16 anni si era fidanzata e ogni volta che veniva portava anche il suo ragazzo che non le permetteva di uscire a giocare con gli altri. Ho dovuto dire addio a Ryan ancor prima di essere stata capace di farmi chiamare per nome da lui. Ora che ci penso non mi ha mai chiamata per nome, si limitava a dirmi “ehi” oppure “tu” e "prendi la palla?". Di certo non ho il permesso di lamentarmi visto che non gli ho mai dato modo di farlo, forse nemmeno io sono riuscita a chiamarlo per nome quelle poche volte che giocavamo assieme. Solo una cosa era certa per me, lui mi piaceva, non so nemmeno io perché. A quell’età si è un po’ sciocche e vediamo il principe azzurro in ogni ragazzo di bell’aspetto, ma lui non era il prototipo principe azzurro con i capelli biondi e gli occhi azzurri, lui era diverso, a volte aveva anche l’aspetto di un cattivo ragazzo per come si comportava, però mi piaceva lo stesso. Ogni particella del mio corpo era attratta da lui.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Isabella........ .......... ..... -”Bella” la mia collega mi scuote le coperte per farmi alzare dal letto -”Ancora cinque minuti” mugugno -”Alzati o perderemo l’aereo” sbuffo e mi siedo scocciata incrociando le braccia al petto -”Perché un aereo alle 6 del mattino?” mi lamento, la mia collega scoppia a ridere, prendo il cuscino e gli e lo lancio contro -”Enny!” -”Ehi…” si porta una mano sul volto per pararsi. -”…muovi quelle belle chiappe” dice ridendo. Lei è come una sorella per me, da quando ci siamo conosciute all’università siamo diventate inseparabili, siamo abbastanza diverse, lei è biondissima, io castana, lei ha gli occhi azzurri, io marroni, lei ha le curve giuste mentre io sono troppo magra e priva di curve, in fatto di seno, la mia seconda impallidisce con la sua quarta abbondante. Vorrei tanto avere un bel corpo. Sbuffo e mi alzo. Sono le 5:15, guardo l’ora e gli lancio un’occhiataccia -”Hai 45 minuti per prepararti” dice con una punto di divertimento -”Sarei pronta anche in 5” dico altezzosa, lei scoppia a ridere, la guardo con aria corrucciata, ma dura per pochi istanti e scoppio a ridere anche io. La mia amica si muove nella stanza -”Vado a prendere del caffè” esce fuori mentre io inizio a prepararmi. Oggi inizieremo il nostro lavoro, in Canada. Alzo gli occhi al cielo, per quando tempo ho odiato la Canada? Per più di 8 anni credo… ma ormai non ha più importanza, probabilmente quel tipo si sarà sposato. E poi quante sono le probabilità di incontrarlo? 1 su 1 milione? Magari non è nemmeno più in Canada. Ma perché mi sto interessando a una cosa simile successa 8 anni fa? A quest’ora avrei dovuto togliermelo dalla mente da non so quanto tempo. Porto una mano sul viso. Dovrei pensare a sbrigarmi e a come comportarmi con i nuovi colleghi. Non ho un bel carattere, o per meglio dire: il mio carattere non è incline a fare nuove conoscenze. Entro in bagno e mi guardo allo specchio, lego i miei lunghi capelli castani in una coda comoda, i miei occhi castani sono incorniciati da due belle occhiaie nere. Mi do una sistemata e mi vesto con un paio di jeans e una maglia bianca, siamo a Settembre e si muore ancora di caldo. -”Eccomi” Enny è tornata con in mano due bicchieroni di caffè fumante. Ne afferro uno e ne butto giù un sorso. -”Ultimamente sono asociale?” domando alla mia amica, lei mi guarda e quasi sputa il caffè scoppiando a ridere -”Sei mai stata sociale?” dice poggiando la tazza di caffè sul tavolo, la guardo di traverso e lei mi butta le mani al collo -”Ma io ti amo anche per questo” mi abbraccia in modo buffo e io sorrido. -”Si certo” rispondo con sarcasmo. -”Davvero ci ospiterà tuo zio?” -”Sì. Per lui non ci sono problemi. Ha trovato una nuova donna in Canada e a quanto pare lei ha una villa con più di cinque camere da letto, non gli dispiacerà darne una a noi da poter dividere” -”Certo che tuo zio ha buon gusto” faccio un sospiro -”No comment” alzo le mani. Prendiamo le valigie e scendiamo nell’atrio della nostra vecchia abitazione. Mi mancherà il nostro appartamento sopra la caffetteria, il proprietario del caffè ci aveva prese in simpatia, ci regalava sempre due fumanti tazze di caffè con la cannella, il miglior caffè del mondo. Il viaggio in aereo non è stato male. Quando scendiamo dall’aereo all’aeroporto incontro un viso che nonostante tutto mi era mancato -”Zio” lo saluto con un abbraccio. -”Benvenute ragazze” mi bacia sulla fronte dolcemente. Carichiamo le valigie e saliamo in auto e ci dirigiamo nella nostra futura abitazione. Mio zio durante il tragitto non ha fatto altro che parlare della sua nuova donna, Elizabeth, di quanto fosse intelligente e bella, di come crede di essersi innamorato, ma io ho già sentito questa solfa, ogni volta che mi presenta la sua nuova donna. Percorriamo un viale pieno di alberi, penso che Montreal non sia poi tanto male, trovo rilassante come i raggi del sole cercano di invadere lo spazio tra gli alberi. Chiudo gli occhi e cerco di rilassarmi, nello stereo di mio zio canta Phil Collins sulle note di “In The Air Tonight”, una delle mie canzoni preferite. Inizio a immaginare come sarà questa nuova donna di cui mio zio non smette di parlare, la immagino alta, bionda, con un seno molto sporgente, con delle belle gambe lunghe e delle lunghe unghie rosse. Arriviamo davanti un cancello bianco, molto grande direi. Mio zio lo apre con un piccolo telecomando, vedo un vialetto e una lussuosissima villa in fondo. Alzo gli occhi in cielo, anche sta volta mio zio non si è risparmiato. Scendiamo dalla macchina e sento tutto lo stupore di Enny guardando la casa, mio zio ride vedendo la sua reazione, mentre io con calma apro il bagagliaio della macchina per scendere la mia valigia. A tutto questo ci sono abituata da anni ormai, di certo non è la prima villa lussuosa che acquista con i suoi soldi, o con quelli di una donna con cui si è quasi sposato per l’ennesima volta. Ad aspettarci davanti la soglia c’è una donna con un vestitino rosso che ci sta aspettando, non so se pensare che sia la cameriera di casa, ma non posso credere che mio zio abbia pure una cameriera adesso. Ci dirigiamo verso l’ingresso e la donna con il vestito rosso bacia mio zio, sgrano gli occhi confusa, è poco più alta di me, lunghi capelli arancioni ondulati, non ha molto seno e il suo viso non somiglia per niente a una donna che sono abituata a vedere fra le braccia di mio zio. Mi sorride con i suoi denti bianchi -”Ciao, benvenute ragazze” dice cortesemente, sorriso e le stringo la mano, -”Sono Isabella” dico un po’ imbarazzata, non riesco a credere che sia la nuova compagna di mio zio, quasi quasi sono orgogliosa della sua scelta per una volta. -”Io mi chiama Elizabeth ma potete chiamarmi Lizzy se volete” Enny si presenta gentilmente e io le sorrido. Guardo mio zio che cinge la vita alla sua compagna, sembra diverso. Ma non può essere. Prendo la mia valigia e salgo le scale -”La vostra stanza è la seconda a sinistra” seguo le indicazioni e apro la porta, la camera è grande, ci sono due letti con delle lenzuola rosa, accanto due scrivanie con delle lampade, delle mensole piene di libri, una lunga pila di armadi con quattro ante, un piccolo divano rosso con due cuscini bianchi. Alzo gli occhi al cielo mentre la mia amica entra in camera e ammira la nostra stanza, io mi avvicino ai letti e sollevo il lenzuolo rosa -”Queste un po’ me le aspettavo di Hallo Kitty” rido e la mia amica fa lo stesso -”E’ tutto così…” dice guardandosi attorno stupita -”…perfetto?” continuo la frase per lei, mi guarda e annuisce ridendo. Accanto alla nostra stanza c’è un enorme bagno, mio zio dice che questo bagno è tutto nostro. Faccio un sospiro e torno nella nostra stanza, poso la valigia sul letto, la apro e inizio a sistemare il contenuto nell’armadio, una delle quattro ante ha sei cassetti interni molto spaziosi. Finiamo di sistemare le nostre cose e scendiamo giù, mio zio ci mostra il resto della casa, il salotto, la cucina, la sala la pranzo, il giardino, la veranda e il ripostiglio dove ci sono tutti gli attrezzi, sul retro della casa c’è una piscina con una casetta, dice che è il posto dove stà il nipote di Lizzy quando viene a farle visita. Enny non fresa la sua curiosità quando si tratta di uomini e chiede informazioni su questo nipote, ma mio zio è molto evasivo e non dice nulla. Sono le 20 e 30 quando ci sediamo in cucina a cenare, Lizzy ha cucinato il pollo arrosto e preparato un’insalata leggera. Abbiamo parlato dell’ospedale dove inizieremo a lavorare nei prossimi giorni, già domani mattina dobbiamo recarci a firmare i documenti per il trasferimento, poi ci diranno quando inizieremo. Spero al più presto. Dopo la cena saliamo nella nostra stanza, mi sento molto stanca. -”Tuo zio parla molto di te” dice la mia amica scherzando, io faccio una smorfia -”E non lo hai sentito parlare di me con i suoi colleghi” enfatizzo e lei ride -”Speriamo che domani troviamo qualche bell’infermiere” dice cambiando discorso prendendo il cuscino fra le braccia. Io mi butto sul letto e faccio spallucce. -”Magari ti innamori del dottore” la guardo e rido, lei mi lancia un cuscino, finiamo per addormentarci parlando di domani e di come saranno i nostri colleghi, scherzandoci su e ridendo. La mattina la passiamo in giro per il Santa Cabrini Hospital, è molto grande e pieno di finestre, sembra un enorme struttura a cerchio vista da lontano, come un rompo gigante. I dottori sono tutti molto formali, all’ingresso dell’ospedale una donna ci ha accolti con un bel sorriso. Il primario dottor Hochins è molto giovane, credo abbia più o meno trent’anni, è molto alto, biondo, occhi verdi e credo faccia palestra, gli infermieri maschi sono anche molto carini, Enny non ha fatto altro che darmi gomitate per tutto il tempo che ci presentavano qualche collega che trovava carino. -”Questo Ospedale è bellissimo” commenta quando usciamo nell’atrio, io alzo gli occhi al cielo, sapevo che lo avrebbe detto -”Certo, l’ospedale o il personale?” la guardo di sbieco con un sorrisino prevedendo già la sua risposta -”Entrambi” mi spintona con un sorrisetto malizioso, faccio un sorriso. Posso solo immaginare come andranno le giornate in questo posto. -”Domani inizieremo e ci hanno assegnato il turno serale” si lamenta Enny parlando con mio zio -”A me non dispiace” faccio spallucce. -”Ragazze non potete pretendere di scegliere voi i turni, è un ospedale molto organizzato e avranno già deciso i turni la scorsa settimana, la lettera del vostro trasferimento è arrivata un giorno prima del vostro arrivo, avranno fatto il possibile per farmi iniziare il prima possibile” dice mio zio mentre sorseggia il suo caffè seduto sulla poltrona. -”Spero che ci sia quell’infermiere biondo con noi domani sera” mi porto una mano sulla fronte esasperata, la mia amica a volte sembra una sciocca, la guardo e scuoto la testa esasperata -”Sei sempre la solita” dico soltanto, lei ride e mio accenna una risata. Lizzy è in cucina che sta preparando, Enny e mio zio iniziano a parlare di lavoro, mi alzo e raggiungo Lizzy. -”Annoiata?” chiede lei, annuisco, sta preparando un’insalata di pesce, -”Sembra buono” dico, è ancora difficile riuscire a parlare con lei, ci conosciamo da due giorni e ancora non siamo riuscite ad avere una vera e propria conversazione. -”Spero che lo sia” mi sorride -”Sei molto brava a cucinare” cerco di puntare sul complimento, magari essere gentile aiuta a sciogliere l’imbarazzo che si crea fra di noi quando rimaniamo sole in una stanza. -”Vivo da sola da quando avevo 17 anni, mio padre e mia madre non sono stati più presenti e quindi ho dovuto arrangiarmi” non mi guarda, continua ad affettare le carote, mi incuriosisce -”posso chiederti come mai i tuoi genitori non sono stati più presenti?” mi avvicino, prendo una carota e inizio ad affettarla imitando i suoi movimenti. Lei mi sorride dolcemente -”Diciamo che quando hanno capito che ormai avevo l’età per riuscire a badare a me stessa sono andati via, non volevano che io crescessi sulle sole spalle, volevano che mi creassi un futuro con le mie sole forze e non con il loro aiuto, così ho vissuto da sola in Scozia per un paio di anni e poi sono venuta qui in Canada, mi sono laureata in Ingegneria e ho trovato un lavoro” c’è un velo di tristezza nella sua voce -”Sei una donna molto forte” lo penso davvero, io sono qui adesso grazie all’aiuto di mio zio, non sono mai stata da sola. -”Grazie” mi guarda sorridendo e io ricambio il sorriso. Lei mi piace e mi dispiace che debba essere capitata nella ragnatela di mio zio, lui gli spezzerà il cuore di sicuro. Finalmente indosso il mio nuovo camice ospedaliero, l’unica cosa di cui sono orgogliosa credo sia il mio lavoro. Lego i miei capelli in una coda alta, metto scarpe comode e mi dirigo verso la sala bianca con Enny, il dottor Hochins è stato molto gentile, ci ha detto quello che dovevamo fare, i pazienti da visitare e i farmaci che dovevamo somministrare. -”Quando avrete finito una di voi deve stare al pronto soccorso” questo voglio farlo io. -”Bella” mi supplica Enny, so già quello che vuole chiedermi -”Tranquilla, ci andrò io” la rassicuro, lei mi sorride -”Sei la mia salvezza” dice felice e io alzo gli occhi al cielo. Iniziamo il nostro lavoro, molti dei pazienti sono anziani, sono molto gentili e dolci e anche io cerco di esserlo con loro. Quando arrivo al pronto soccorso John, uno degli infermieri che Enny trova carino, mi fa accomodare nella prima stanza con il dottor Shepard che è intento a visitare una bambino che ha la febbre molto alta, io preparo le fiale per i prelievi. Il bambino ha la fronte tutta sudata e gli occhi pieni di lacrime, lo guardo con tenerezza e cerco di sorridere. Quando finiamo con la visita facciamo accomodare il bambino e la mamma nella sala d’attesa. Mentre accompagno un altro paziente all’ingresso del pronto soccorso arrivano tre ragazzi, due di loro trascinano il terzo fin dentro l’ingresso, io li raggiungo -”Che succede?” uno di loro mi guarda, ha un cappello NY messo al contrario, si nota la testa rasata, ma quello che cattura la mia attenzione sono le braccia tatuate, così come il suo amico, il ragazzo pestato indossa una camicia nera -”Questo idiota ha fatto a botte con un coglione che gli ha spaccato la faccia” dice uno di loro, bel gioco di parole -”Fatelo sedere che gli do un’occhiata” aiutano il loro amico a sedersi su una sedia, sollevo il suo viso con delicatezza, ha il viso gonfio, tiene gli occhi chiusi, uno è molto gonfio e viola, il sopracciglio è spaccato, ci vorranno sicuramente dei punti, ha dei graffi sulla guancia, metto a fuoco il suo viso per intero e il cuore mi si ferma nel petto, non può essere. No, non è lui. Mi allontano un attimo, i due ragazzi mi guardano confusi, la mia bocca è completamente asciutta e sento la gola secca. John viene verso di me -”Ragazzi, fate entrare il vostro amico nella seconda stanza” aiuta i ragazzi a portare dentro il loro amico, io non mi sento come se fossi incapace di muovermi, così tanto che ci vuole lo strattone di John a riportarmi alla realtà. -”Vai tu con loro? C’è un ragazzo che si è mozzato un dito di là” dice e scompare dentro la prima stanza. Mando giù la bile che si era creata e vado verso la seconda stanza. Entro e aiuto il dottore con i vari disinfettanti -”Ci vorranno tre punti sul sopracciglio” dice il dottore, uno dei ragazzi che è entrato si passa una mano dietro la nuca. -”Ha bisogno di rimanere una notte qui” dice verso di me, vuol dire che devo far preparare una stanza per lui. Quando il dottore finisce con la medicazione e i punti, mi passa la cartella clinica, il cuore mi martella nel petto, su questi fogli c’è scritto il nome, una parte di me non vede l’ora di scoprire il mio errore, il mio sbaglio, il mio abbaglio, perché non può essere lui, è impossibile, non può succedere. Sollevo il foglio è leggo Paziente: Ryan Ambrose Hastings. Eccolo, quello che speravo non succedesse. È lui, è davvero lui.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3819928