...dalle ceneri risorgerai

di pattydcm
(/viewuser.php?uid=1056388)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** capitolo 18 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


! ATTENZIONE !
! DA SAPERE PRIMA DI INIZIARE LA LETTURA !
 
Ciao a tutti!
Eccomi nuovamente qui con voi a presentarvi un’altra mia ff sul mondo di Sherlock. Ho apposto all’inizio questo avviso perché questa che vi propongo è la continuazione della mia OS ‘Fenix’. Vi consiglio, quindi, di dare una lettura a questa, prima di affrontare quella che sarà una piccola long.
‘Fenix’ è stata una OS sofferta. Molte volte avrei voluto gettarla via, ma poi sono riuscita a completarla e in un modo che mi soddisfaceva parecchio. Mi ha anche permesso di lanciarmi in una nuova sfida e scrivere una storia dal punto di vista di Greg. Adoro questo personaggio che mi permette di indagare la psiche di un detective capace nel suo lavoro, non geniale come Sherlock. Una persona più alla mia portata, insomma. Dalla serie sappiamo che il suo matrimonio è in crisi e, come già in ‘Fenix’, qui si approfondisce questo aspetto. Mi sono focalizzata sulla confusione che domina l’ispettore e che si estende a tutti i campi della sua vita (lavorativo, relazionale e sentimentale). Non è una mystrade, in realtà non c’è una vera coppia qui. C’è la confusione di quest’uomo che si scontra con figure diverse: Sherlock, Mycroft, la ex moglie, Donovan, Molly e Moriarty. Sì, anche Moriarty. Non solo perché lo si ritrova in ‘Fenix’, ma perché, come sappiamo dalla serie, la vita di Greg è stata messa in pericolo dalle mire del consulente criminale su Sherlock. Se dalla serie sappiamo come si è evoluta questa minaccia in John, nulla si sa, invece, di come l’abbiano presa Greg e la signora Hudson. Ho voluto qui porre l’accento anche su questo.
Chi ha già letto altre mie ff sa che non mi attengo pedestremente alla sequenza temporale della serie BBC. Posso dirvi che ci trovarci al termine della prima stagione: Moriarty si è palesato con il suo macabro gioco e ha detto a Sherlock che gli brucerà il cuore. Siamo quindi lì. Non ci sarà l’incontro con la Adler, né la gita a Baskerville e il salto dal Bart’s.
Per quanto riguarda l’infanzia di Sherlock, qui riportata da Mycroft, mi sono basata sulla mitica storia apocrifa di Meyer ‘Soluzione sette per cento’ alla quale ho aggiunto del mio.
Spero che questo mio esperimento sia di vostro gradimento. A me è piaciuto scrivere di Greg, dei suoi problemi familiari e relazionali (sarà che in questo periodo sto seguendo una coppia in una separazione assistita, un uomo che sta vivendo una separazione più che conflittuale e una madre con una relazione piuttosto burrascosa con i due figli adolescenti… il mio lavoro mi da molti spunti sui quali scrivere per le ff!) e spero che possiate apprezzare questo mio esperimento. Avevo bisogno di parlare di altri, oltre che della nostra coppia principale (che comunque domina la scena, benchè sia fisicamente assente). Dovrei riuscire a pubblicare un capitolo (o più, a seconda di quanto tempo avrò a disposizione) al giorno, ma vi metterò al corrente volta per volta.
Scusate se mi sono dilungata, ma pensavo fosse necessario darvi queste informazioni in modo che possiate scegliere se avventurarvi o meno nella lettura.
Ovviamente questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Sir Arthur Conan Doyle e la BBC nella trasposizione realizzata da Steven Moffat e Mark Gatiss. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, ma per il puro piacere di scrivere e di raccontare. Mi farà piacere leggere le vostre recensioni e spero la storia vi piaccia
Buona lettura
Patty
 
Capitolo 1
 
La segretaria di Mycroft non stacca gli occhi dallo schermo del suo blackbarry neppure per un istante. Greg la osserva seduta al centro esatto del lungo sedile di questo salotto in miniatura che è l’abitacolo dell’auto scura sulla quale viaggiano. Ha una bella pelle abbronzata, lunghi capelli scuri e occhi chiari. Davvero niente male, se non fosse per quella dipendenza da cellulare e l’aria fin troppo servile.
Greg sposta lo sguardo su Mycroft Holmes, seduto come lui sul sedile di fronte a quello che ospita la ragazza. L’uomo più potente d’Inghilterra contempla il mondo che corre veloce al di là del finestrino. Impeccabile nel suo doppio petto, nonostante il caldo umido di questi giorni, pallido quanto il fratello e dall’espressione così immobile da dare la sensazione di avere a che fare con una statua. Un contrasto netto con Sherlock, sul cui volto gli occhi sono in continuo movimento, così come le sopracciglia, che si aggrottano, si distendono, si inarcano scettiche o strafottenti. La bocca del consulente si muove velocissima quando spiega ai comuni e sciocchi mortali come sia arrivato alle sue deduzioni, o si incurva a disegnare espressioni di disgusto e sufficienza. Raramente Greg lo ha visto sorridere. Molto più spesso, deve ammettere, da quando John è entrato nella sua vita.
Al di là di quei ghigni di adulazione o circostanza, il detective non crede che Mycroft abbia mai sorriso in vita sua. Che si sia mai speso in qualunque tipo di movimento muscolare che non fosse lo stare in piedi appoggiato al suo ombrello. Meglio ancora, seduto alla sua poltrona a impartire ordini segnando il destino dell’umanità.
“Cristo, ma che ci faccio io qua?” si domanda. Come ha potuto lui, semplice ispettore capo di Scotland Yard, arrivare a ricevere un passaggio da un personaggio così illustre e… sì, pericoloso.
<< Quel tipo mette i brividi >> ha detto la sua ex moglie poco dopo che gli Holmes, John e Fox hanno lasciato casa sua, diretti al Diogenes Club. << Davvero eliminerà ogni singola foto compromettente di Liz che quella gente ha messo in rete? >> aveva chiesto scettica.
<< Sì. Può farlo in modo definitivo, non solo dalla rete, ma dai file privati di chiunque le abbia scaricate >> gli ha risposto, benedicendo l’esistenza di quest’uomo.
Il discorso che Mycroft ha fatto a sua moglie lo ha colpito allo stomaco. Anche lui, come lei, ha abbandonato i suoi figli. Non ha insistito e lottato per loro, incredulo e vinto da quanto gli stava crollando addosso. Lui e Margaret possono solo dirsi fortunati che Elisabeth sia ancora con loro. Doppiamente fortunati, se si tiene conto anche del tempismo miracoloso col quale Sherlock ha deciso di mettere Fox sulle tracce della figlia. Sarebbe bastata una mezz’ora di differenza, anche solo un quarto d’ora e… ma non ci vuole pensare, non ora almeno.
Greg ha messo in stand by la discussione da affrontare con Margaret. L’ha vista sfinita dalle parole dell’uomo di ghiaccio, vinta dal senso di colpa. Non gli piace sentirsi in debito con Mycroft per il favore che gli ha fatto nel debellare quel perenne sguardo di disgusto, commiserazione e sfida, dal volto della sua ex moglie, fosse anche solo per una mezza giornata.
Margaret è rimasta silenziosa e non ha aperto bocca per ribattere nemmeno ad una delle decisioni prese da Greg prima che questi volasse al Diogenes Club per raggiungere gli Holmes, John e Fox. Ha tenuto lo sguardo basso, le mani strette l’una nell’altra, quello stesso gesto di imbarazzo che tanto gli aveva fatto battere il cuore la prima volta che si erano incontrati per un appuntamento ufficiale. L’aveva trovata bellissima e si era reso conto che non era solo un’avventura. Quella ragazza di appena un paio d’anni più giovane di lui gli aveva rubato il cuore. Si chiede ancora come possa essere la stessa che da un anno quello stesso cuore lo rompe un pezzettino alla volta in modo sadico, come dice il suo avvocato.
Eppure sono stati felici. Per i primi dieci anni, sì, di questo ne è sicuro. Dopo due anni, inattesa e sorprendente, è arrivata tra loro Elisabeth a stravolgere le cose, ma hanno tenuto botta. Tre anni dopo, voluto e desiderato da entrambi, li ha raggiunti George e con lui il matrimonio. I primi cinque anni da sposati sono stati piacevoli, carichi di amore e complicità. O almeno così era per lui e spera che lo fosse anche per lei. Gliene ha dette talmente tante, Margaret, che non sa più cosa sia vero e cosa no, cosa non ha visto o cosa non ha voluto vedere.
Ricorda la grande festa per la sua promozione a ispettore capo. Ha lavorato tanto per ottenere questo traguardo e Margaret lo ha sostenuto nel cammino e quante volte tra le sue braccia ha trovato la forza per andare avanti. Solo tra quelle braccia poteva voler festeggiare la vittoria, la loro vittoria. E ci ha trascorso molte ore di dolcissima passione, alcune da ubriachi, altre da sobri, approfittando dell’assenza dei figli strategicamente inviati dai nonni materni.
Poi qualcosa si è rotto. Non sa bene dire quando. Forse proprio in quel primo anno dopo la promozione, il più difficile. La pressione dai superiori, l’invidia dei colleghi che, come lui, erano in lizza per quel posto sono state molto forti. Le assenze da casa si sono fatte più frequenti. Le ore trascorse nel suo ufficio sempre più lunghe. Forse è stato lì che è iniziato.  
<< Ti dimentichi troppo spesso di avere una famiglia. Una moglie e due figli per l’esattezza! Vivi come fossi sposato al tuo lavoro anziché con me >> gli ha detto Margaret in quel primo, storico litigio. Greg è rimasto spiazzato dalle sue parole. Si è più volte chiesto dove fosse finita la donna che continuava a dirgli imperterrita “Ognuno deve perseguire il proprio sogno”? O quella che gli diceva “Non sarò certo io a metterti i bastoni tra le ruote” quando le chiedeva scusa e di avere pazienza, preso dal senso di colpa per un corso d’aggiornamento che lo avrebbe portato lontano da casa per un paio di giorni, o un’indagine che si era protratta più del dovuto.
Da lì è iniziato un lento allontanamento da parte di lei. Greg deve ammettere di non essersene occupato subito, preso com’era dal nuovo incarico. Ha cercato di metterci delle pezze, che, però, non hanno tenuto.
Alla fine di quell’anno infernale, Greg ha conosciuto la persona che lo ha sollevato da innumerevoli casini. Quella grazie alla quale ha collezionato una lunga serie di riconoscimenti in questi cinque anni. Da allora i litigi tra lui e Margaret sono aumentati, la lontananza da parte di sua moglie anche e lui ha preso a passare più tempo in ufficio, solo per non dover tornare nell’atmosfera tesa di casa sua.
Non è bastato l’affetto col quale lo accoglievano i suoi figli ad alleggerire quell’aria pesante di giudizi, nè la piacevolezza, sebbene fosse stanco, dello stare con loro. Di questo si pente, a fronte di quanto è venuto a galla oggi. Elisabet, infondo, ha ragione: Margaret sapeva chi stava sposando. Lo sapeva qual’era la carriera che Greg voleva intraprendere, la stessa che ha permesso a lei e ai loro figli di vivere più che dignitosamente in tutti questi anni.
<< Eccoci arrivati, ispettore >> gli dice Mycroft richiamandolo dai suoi pensieri. Greg apre lo sportello, scende dall’auto e resta di stucco nel vedere la segretaria scendere con lui, fare il giro della vettura e aprire al suo capo. Si guarda attorno imbarazzato da quella scena, benchè non lo riguardi. Lui non riuscirebbe mai a farsi servire così.
Mycroft lo attende sul marciapiede e Greg si porta lesto al suo fianco per fargli strada. E’ così diverso dal fratello, che ormai entra ed esce da Scotland Yard senza farsi problemi di alcun tipo. A dire il vero non se n’è mai fatti, Sherlock. Fin da quella prima volta di ormai quasi sei anni prima.
Era ispettore capo da un anno, Greg, e nonostante le mille difficoltà aveva collezionato dei successi. Il caso sul quale stava sbattendo la testa in quel freddo inverno gli era stato presentato come importante. Non tanto per la stranezza in sé, ma per il soggetto. La donna trovata morta di ipotermia in una sauna era la cugina di un noto esponente della politica di quel periodo. Uno di quelli che possono portare alle stelle o gettare nelle stalle e Greg iniziava a sentire puzza di merda di vacca.
Non riusciva a cavare niente dalle prove. Il coroner si diceva essere sicuro che quella donna fosse davvero morta assiderata e nessuno sapeva spiegarsi come potesse essere finita in quella sauna. Per molti giorni il detective aveva fatto avanti e indietro da quella palestra super lusso e una sera era rientrato in commissariato, stremato dal freddo e innervosito dall’inutilità di quell’ennesima falsa pista. Aveva chiamato a sé Donovan e Anderson e le sue grida erano riecheggiate dal suo ufficio. Quando li aveva spediti via era rimasto appoggiato alla porta, la mano a stropicciare il viso stanco.
<< Aveva le dita delle mani coperte di piccole piaghe, non è così? >>.
Era trasalito a quella voce profonda, inaspettatamente vicina. Aveva alzato lo sguardo e aveva incontrato occhi di un colore particolare e indefinibile, che lo studiavano severi, cerchiati da profonde occhiaie violacee. Spiccavano sul viso ceruleo circondato dai capelli neri, ricci e lunghi di un ragazzo al quale non avrebbe dato più di 25 anni. Sul corpo, decisamente troppo magro, vi erano tutti i chiari segni della dipendenza da droghe. Cocaina principalmente, ma non si sarebbe stupito se insieme a quella fosse solito aggiungere anche altri cocktail, giusto per sballarsi ancora un po’. Indossava abiti neppure così tanto consunti, ma sicuramente li teneva addosso da troppo tempo. Così come doveva esserne passato molto dall’ultima volta che aveva fatto una doccia.
Era iniziata così quella loro collaborazione. Con un accordo raggiunto dopo essere stato stordito dalle sue parole a raffica, tutte troppo precise e puntuali, che davano possibili spiegazioni su cosa fosse accaduto.
<< Io la aiuterò a risolvere questo interessantissimo caso e lei, in cambio, farà in modo che non venga processato per possesso di sostanze stupefacenti >> gli aveva proposto, tenendolo sotto il tiro di quegli occhi vigili e attenti, così strani da trovare nel volto di un tossico. Greg aveva accettato. Dio, se aveva accettato. Era pazzesco. Tutto era pazzesco: il ragazzo, il suo modo di ragionare, il caso che si dipanava proprio come lui aveva descritto e previsto, la cattura dell’assassino, gli onori della ribalta.
<< Si prenda pure tutto il merito, a me non serve. Non faccio quello che faccio né per soldi, né per gloria >> gli aveva detto quando Greg gli aveva confessato di sentirsi in colpa per essere stato riconosciuto meritevole della risoluzione del caso, mentre, invece, aveva solo seguito le sue indicazioni.
<< Allora perché lo fai? >> gli aveva chiesto stupito. Dipendente com’era da quella merda che si iniettava in vena avrebbe potuto guadagnare fior fiore di sterline sfruttando questo suo dono.
<< Ho deciso di realizzare questa professione perché siano puniti i malvagi e sia fatta      giustizia[1] >>.
<<    Quale professione? >> gli aveva chiesto stupito Greg, abbozzando persino un sorriso, pensando stesse vaneggiando.
<< Sono un consulente investigativo >> gli aveva risposto risoluto e convinto. << Attualmente, devo ammettere, non ho altri clienti che lei, ispettore >>.
Essere definito un ‘cliente’ non gli era piaciuto per nulla. Affermazione troppo ambigua e potenzialmente compromettente.
Imbarazzato dal suo non volere nulla in cambio, Greg aveva insistito per offrirgli almeno il pranzo e lo aveva visto mangiare con avidità, come fosse digiuno da giorni.
<< Per l’esattezza da quando è stato ritrovato il corpo. La digestione mi rallenta >> gli aveva spiegato e lui era rimasto basito, passandogli anche il suo panino.
La stessa cosa aveva scoperto valere per il sonno. Lo aveva visto piombare come fosse morto sul sedile della sua auto, mentre raggiungevano il posto squallido da tossici nel quale diceva di vivere. Quando lo aveva svegliato, il ragazzo era uscito barcollando dall’auto e Greg non ce l’aveva fatta a lasciarlo lì.
<< Senti, ma una casa vera non ce l’hai? >> gli aveva gridato dal finestrino. Lui si era fermato, il volto stanco e gonfio di sonno.
<< Ha un tetto e quattro pareti >> aveva detto indicando il palazzo fatiscente.
<< Il divano di casa mia non è molto comodo, ma è sicuramente meglio. Salta su >>.
<< Ne è sicuro? >>.
<< Ti devo un bonus extra nello stipendio di questo mese, porta qui il culo e non fare storie! >>.
Lo aveva visto tentennare, grattarsi la testa titubante e infine fare spallucce e tornare all’auto.
<< Non mi hai ancora detto come ti chiami >>.
<< Lei non me lo ha chiesto >>.
<< In effetti non ci siamo neppure presentati. Io sono Greg Lestrade >> gli aveva detto tendendogli la mano per la prima volta.
<< Lo so chi è lei >> aveva ribattuto, guardando stranito quella mano tesa,prima di stringerla con decisione. << Sherlock >>.
<< Sherlock e poi? >>.
<< Soltanto Sherlock >> aveva precisato deciso. Certo con un nome così poco comune cercare informazioni sul suo conto non sarebbe stato difficile. Sempre ammesso che fosse un nome vero. Quello che Greg non si aspettava era che sarebbero state le informazioni a trovare lui.
<< Ispettore, deve firmare il verbale >> .
Lestrade scuote il capo, guardando stupito l’agente Jordan, da pochi mesi in forze alla sua squadra, che gli porge la penna. La afferra e borbotta un qualcosa di indefinito, mentre dà una rapida lettura a quanto dichiarato da Mycroft. Scarabocchia in calce una firma e la riconsegna all’agente.
Holmes si alza dalla seggiola sulla quale era stato fatto accomodare.
<< E’ stata un’esperienza davvero interessante >> dice guardandosi attorno, come avesse appena terminato un’escursione particolarmente avvincente. Gli porge la mano pallida e sottile e Greg ci mette un attimo prima di stringerla con la sua, decisamente più scura e grande. Si aspettava di sentirla fredda, come quelle di Sherlock, mentre, invece, la mano di Mycroft è piacevolmente calda e asciutta.
<< La ringrazio ancora per aver permesso a Fox e ai suoi di accedere ai mainframe governativi e debellare quel maledetto portale >>.
<< Come le dicevo sono in debito con lei, Lestrade >>.
<< Beh, direi che adesso siamo pari >>.
Le labbra sottili di Mycroft si incurvano a formare un sorriso strano. Scuote il capo, mentre ravviva la stretta alla sua mano, per nulla intenzionato a lasciarla andare.
<< La mia battaglia forse si è arrestata. La sua, invece, è ancora in corso >> gli dice serio.           << Posso ancora fare molto per lei. La sua ex moglie è un osso duro. In caso servisse non esiti a contattarmi >> dice porgendogli il suo biglietto da visita. Un semplice rettangolo di cartoncino sul quale in parole dorate è riportato il suo nome, il cognome e un numero di telefono. Nient’altro.
Gli lascia la mano e Greg non riesce a dire nulla, né a rispondere al suo saluto, che percepisce sincero. Lo guarda andare via, muoversi rigido e altezzoso con passo lento tra il resto delle persone che corrono e camminano curve e storte. Così diverso, come provenisse da un altro pianeta. Così lontano da tutti.
“Eppure mi ha toccato” pensa, guardandosi la mano destra sulla quale sente ancora una accenno della sua stretta.
<< Ehi, capo, quel tipo è il fratello del freak? >> gli si avvicina Sally. << Non ce n’è uno normale in quella famiglia >> ridacchia la donna, scuotendo il capo. Un moto di rabbia agita le membra di Greg.
<< Quell’uomo e suo fratello hanno appena salvato la vita di mia figlia, Donovan! >> esclama furioso. << Ti proibisco di parlare male di loro, chiaro? >>.
La donna resta stupita sia da quanto gli ha detto che dal modo in cui lo ha fatto. Si limita ad annuire e si allontana senza aggiungere altro.
Greg controlla l’orologio e si rende conto che è meglio passi subito dal commissario capo se vuole essere in orario per la conversazione che si augura possa essere pacifica con la sua ex moglie.
 
 
[1] Citazione da ‘La soluzione sette per cento’ di Nicholas Meyer.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Buongiorno a tutti
Eccovi un nuovo capitolo. Nel precedente mi sono dilungata troppo, quindi mi limito ad augurarvi una buona lettura.
A presto
Patty
 
Capitolo 2
 
Greg aveva lasciato l’ex moglie e i figli dicendo loro che avrebbero dovuto parlare tutti insieme di quanto era successo e aveva proposto di farlo quella stessa sera, davanti a una pizza. Erano sempre riusciti a ragionare bene davanti ad una pizza. Non sapeva se il miracolo si sarebbe ripetuto anche in queste nuove circostanze e in effetti la cosa non sta andando bene.
Il detective osserva quella che una parte di sé ritiene ancora essere la sua famiglia si rende conto che seduti attorno al tavolo ci sono quattro esseri umani chiusi ognuno nel proprio silenzio. Gli occhi bassi su pizze ormai fredde e appena consumate, che finiranno in frigo e, il giorno dopo, da lì nel cassonetto dei rifiuti.
Margaret, che aveva lasciata remissiva e carica di senso di colpa, sembra essere tornata sul piede di guerra forse anche più di prima. Sentire i figli ostili nei suoi confronti non aiuta il suo umore e Greg si rende conto di essere troppo stanco per sopportare un litigio tra madre e figlia come quello avvenuto nel pomeriggio.
<< Papà >> prende la parola Elisabeth, con un tono che non presagisce nulla di buono. << Io voglio venire a vivere da te. Ho 16 anni e per legge posso scegliere con chi stare[1] >> .
George guarda sconvolto la sorella. Greg gli vede dipinta sul volto la disperazione all’idea di dover restare solo con la madre. Sarebbe ingiusto. Molto ingiusto per entrambi. Sia per Elisabeth ricevere un rifiuto, che per George vedere accolta la richiesta della sorella. Essere genitore, a quanto pare, vuol dire ritrovarsi perennemente a vestire i panni di Re Salomone[2]. Questi, però, non aveva puntati addosso anche gli occhi di una terza madre, oltre le due che si contendevano il bambino.
Sono furenti gli occhi di Margaret. Guarda la figlia con lo stesso astio che ha riservato a lui in questo anno. Greg, però, ha imparato a conoscerla e sa che gli riverserà addosso questo odio, cosa che porterà Elisabeth solo ad accanirsi ancora di più e da lì all’inferno il passo sarà breve.
<< Lizzy, tesoro, sono felice tu voglia stare con me. Credo, però, che non sia un’ottima idea >>.
<< Perché no? >> chiede lei, la voce giù rotta dal pianto. Il cuore di Greg perde un altro pezzettino. Lo sente indistintamente staccarsi e cadere.
<< Perché io non ci sono mai e poi perché non mi sembra giusto lasciare qui da solo tuo     fratello >>.
Elisabeth sembra rendersi conto solo in questo momento di come George, ancora piccolo, non potrebbe seguirla. Tutto voleva Greg tranne che farla sentire in colpa per quell’attimo di egoismo, ma a volte l’insegnamento passa anche attraverso il dolore.
<< Non si può fare un’eccezione? Non può anche lui venire con me da te? >> domanda la ragazza.
<< Tesoro, il giudice ha stabilito degli accordi >> si intromette Margaret calma, prendendo la parola dopo molto tempo.
<< Ma sono ingiusti! Sono simili a quelli che sono stati stabiliti contro il padre della mia compagna Sophie, solo che lui è un alcolizzato con il brutto vizio di mandare all’ospedale una volta la madre, una volta la figlia quasi settimanalmente! >>.
Greg rabbrividisce pensando a come ultimamente beva sempre qualche birra di troppo.  Se i suoi figli aprissero il frigo dell’appartamento nel quale si è sistemano lo troverebbero vuoto di cibo e carico di birre. La cosa non gli piace per niente. Piuttosto che menare le mani sui suoi figli e sulla sua ex moglie se le taglierebbe. Certo Margaret gliene sta facendo tante, ma non potrebbe mai. Non potrebbe colpire quel viso che ha tanto amato e che ama ancora.
<< Mamma >> dice George volgendo lo sguardo alla madre, ignorata per tutto questo tempo.      << Mamma, per favore. Non pensi sia esagerato che noi si possa stare con papà solo per due giorni nella seconda settimana del mese, stabiliti in base ai nostri impegni e a lui imposti? Non è un criminale, quelli lui li mette in galera. Hai visto cosa ha fatto oggi? >>.
<< Ho visto cosa è successo oggi, George, ma la sentenza è stata emessa e modificarla comporterebbe comunque tempi lunghi e tanta burocrazia inutile >>.
<< Inutile! >> sbotta Elisabeth. << Per te permetterci di vedere nostro padre è meno importante che smazzare burocrazia inutile? >>.
<< Lizzy, ti prego! >> esclama Greg. << Possiamo discutere civilmente senza alzare la voce, per favore? >>.
<< Se fosse una discussione su argomenti civili sì che lo potremmo farlo, ma qui di civile non c’è niente! >> grida con la voce rotta dal pianto.
<< Forse non te ne rendi conto, Elisabeth, ma penso che obbligarvi a spostarvi ogni settimana da una parte all’altra, cambiare le vostre abitudini e i vostri ritmi non possa farvi bene >> dice Margaret tentando ancora di mantenersi calma.
<< E tu non ti rendi conto che, dato quello che è successo, papà ti ha fatto un grande favore a non dirmi di sì. Ha voluto solo proteggere George, per evitare che anche lui si mettesse a fare colpi di testa ritrovandosi da solo con te >>.
<< Mi disegni come un mostro, Elisabeth! >>.
<< Beh, almeno potrai provare ciò che hai fatto vivere a papà da un anno a questa parte >>.
<< Elisabeth, per favore basta! >> le chiede deciso Greg e la ragazza si zittisce. << Ti ringrazio per il calore col quale mi difendi. Non voglio, però, vedervi litigare a causa mia e poi non penso che comunque prendere le mie parti possa aiutare me e tua madre a comunicare >> dice volgendo lo sguardo a Margaret che, però, non ci prova neppure ad appoggiarlo nel suo tentativo di riprendere la situazione per i capelli. << Inoltre davvero non è così facile cambiare una sentenza appena emessa >>.
<< E se chiedessi al fratello di Sherlock? >> domanda George .
Greg resta senza parole. Sente nel portafogli il peso del biglietto da visita datogli da Mycroft proprio affinchè lo contatti per una simile situazione. Quasi come se l’avesse prevista.
<< Sì, papà! >> esclama Elisabeth. << Quell’uomo è potente al punto da avere le password dei mainframe governativi, non gli ci vorrà molto a far cambiare la decisione presa da un giudice! >>.
<< Infondo vogliamo solo poter avere i weekend alterni, come molti nei nostri compagni >> aggiunge George.
<< Sì, siamo disposti a sbatterci avanti e indietro più spesso >> dice Elisabeth . << Sarebbe una nostra fatica e noi siamo disposti a farlo, non vedo perché non può esserci permesso! >>.
Greg volge lo sguardo a Margaret che lo fulmina con i suoi occhi castani. Mycroft ha avuto un effetto davvero particolare su di lei, al punto da farla, ora, cadere preda del terrore. Il detective si rende conto che se porta avanti quell’argomento la sua ex moglie esploderà e non vuole che accada. Non davanti ai loro figlio che ne hanno già passate troppe.
<< Ragazzi, non sono d’accordo. So che potrebbe essere utile, ma non voglio agire contro la legge, né con bassi espedienti. Non è questo quello che voglio insegnarvi. Al momento sento di dirvi che io e vostra madre parleremo di nuovo e questa volta civilmente per trovare ciò che è meglio per voi >>.
<< Ma perché non prendete in considerazione le nostre decisioni! Dite sempre che lo fate per il nostro bene, ma di bene nostro qui non ce n’è affatto! >> grida Elisabeth, che si alza e se ne va in camera sua. George resta in silenzio.
<< Papà pensaci per favore >> dice per poi seguire la sorella.
Greg appoggia i gomiti sul tavolo e prende la testa tra le mani. Sembra proprio che non si riesca ad arrivare a nulla. Più prova a risolvere questo caso più si complica e neppure Sherlock potrebbe aiutarlo.
<< Intendi prendere in considerazione la possibilità di mettere in mezzo il fratello del tuo amichetto? >> gli chiede Margaret col suo tono poco conciliante. Quel sorrisetto di scherno sulle labbra non lo comprende e non lo sopporta.
<< Margaret, chiariamo subito due punti >> le dice esasperato. << Il primo è che Sherlock non è un mio ‘amichetto’. È un consulente investigativo al quale mi rivolgo quando i casi che mi ritrovo tra le mani risultano essere troppo complessi. Il secondo è che io non sono solito ricorrere a mezzi illeciti per raggiungere i mie scopi. Non è questo l’esempio che voglio dare ai miei figli e cozzerebbe del tutto con il mio ruolo di ispettore. Non voglio, però, discuterne in presenza dei ragazzi. Mi pare che per oggi ne abbiano pure passate troppe e anche noi >> dice sollevando la mano per bloccare il suo ribattere. Quel ‘noi’ ancora non riesce a lasciarlo andare e gli fa così male rendersi conto di quanto sia difficile accettare l’idea che lei non lo voglia più nella sua vita. Lo sguardo furioso col quale lo guarda, soffocando l’impeto di dargli nuovamente addosso, gli fa così male.
<< Maggie… io davvero non capisco… perché ce l’hai così tanto con me? >> le chiede spossato ed esausto.
<< Perché mi chiedi? >> ribatte lei sforzandosi di tenere bassi i toni e i modi.
<< Se è per il lavoro… io posso impegnarmi ad essere più presente. L’ho fatto quando mi hai detto che passavo più tempo fuori che in casa, ricordi? Trascorrevo persino tutti i weekend qui con voi e non capisco perchè non sia andata bene >>.
<< Non lo capisci! Certo, come puoi? >>.
<< Spiegami allora, per favore! >> si rende conto di implorarla. Margaret prende un profondo respiro e gli scocca un’occhiata che sembra dire ‘Va bene, lo hai voluto tu!’.
<< Prima venivi sempre da me. Mi chiedevi supporto, sostegno, aiuto. A volte anche consigli sui casi. Me li raccontavi la sera prima di dormire o al mattino prima di scappare a lavoro. Poi è arrivato il consulente investigativo >>, dice ponendo un’enfasi dispregiativa su quel titolo, << e io ho smesso letteralmente di esistere! >>.
Greg non riesce a credere alle sue orecchie. Trovare le parole per ribattere è difficile e quando le trova si rende conto di avere la gola arida. La sua ormai ex moglie piange, cosa che le ha visto fare solo all’inizio di tutta questa storia, durante i primi litigi. Ora, parlandogli del consulente investigativo, la fiera rabbiosa che è diventata la donna timida e dolce che ha sposato, piange.
<< Quando lo hai portato qui quella notte d’inverno mi sono detta che avevo un marito fantastico, che non si tira indietro nel correre in aiuto a un ragazzo disperato. Che stupida sono stata! >> ridacchia ricacciando giù il magone. << Ho permesso a quel tossico di entrare in casa mia e portarmi via il marito un caso alla volta! >>.
<< Ma cosa diavolo stai dicendo? >> sbotta esterrefatto.
<< Sì, Greg, l’ho pensato seriamente! Dal modo in cui scappavi subito da lui quando ti cercava per aggiornarti su un caso, dall’espressione ammirata con la quale ne parlavi ai ragazzi. Cristo, persino George ha pensato di andare per prima cosa da lui >>.
<< E direi che ha fatto bene, dal momento che, altrimenti, la sorella sarebbe morta >>.
<< Non è questo il punto, Gregory! >> alza la voce fermandosi subito per ridarsi un contegno.     << Tu mi hai totalmente esclusa dal momento in cui lui è arrivato. La mia opinione di colpo non è stata più utile, né necessaria. Mi hai messa da parte, Greg >>.
È grande lo stupore dinanzi a quelle parole e al modo sofferto col quale sono espresse. Greg non riesce a credere che possa essere questo il reale motivo che sta dietro al loro divorzio. Darsi la colpa per essere stato poco presente e che per questo lei abbia cercato attenzioni altrove è persino più facile da accettare.
<< Io… non era mia intenzione, Maggie >> dice tentando di prenderle mano. Lei la sposta con un gesto di stizza. << Perché me lo dici solo adesso? >>.
<< Perché non sapevo cosa pensare, Greg! >> risponde alzandosi in piedi. Si allontana da lui, portandosi dalla parte opposta della cucina. << Avessi avuto una amante, sarebbe stata una guerra alla pari, almeno. Invece no, tu hai un… consulente investigativo! Come potevo competere con un tipo così, me lo spieghi? E come potevo parlarti di… di queste cose senza che tu mi guardassi come stai facendo adesso, prendendomi per pazza all’idea che mio marito potesse essersi innamorato di un uomo! >> dice portando subito la mano alla bocca, come avesse pronunciato la più atroce delle bestemmie.
Greg non riesce a pensare. Ha smesso di respirare, di muoversi e sente il corpo pesante. Un fischio gli esplode nelle orecchie, come la sirena di un’autopattuglia. Non può immaginare che quanto lei gli abbia detto corrisponda a ciò che davvero pensa. Certo, però, ora riesce a spiegarsi molte cose.
<< Per questo hai fatto di tutto per togliermi i ragazzi? >> le chiede e lei alza lo sguardo a incontrare il suo. << Hai temuto che il loro padre fosse diventato gay e non volevi avessero nulla a che fare con lui? >>.
<< Davvero non è così, Greg? >> gli chiede rispondendogli con quella domanda.
<< Certo che non è così, Maggie! >> esclama esterrefatto, alzandosi a sua volta. << Da quando ti ho conosciuta ho avuto solo te e ti assicuro che le occasioni per tradirti con altre donne non mi sono mancate >> ammette. << Anche adesso >> sospira. << Anche adesso non… non riesco >> dice passando la mano tra i capelli. << E non perché abbia perso interesse per le donne, ma perché io… è solo te che voglio >>.
Margaret scuote il capo e lacrime grandi come perle le rigano il viso. Porta le mani alle tempie e le preme forte, strizzando gli occhi.
<< Maggie, io… non ti chiedo di risolverla e tornare insieme perché… beh, so che hai un altro e… ma se ci fosse anche solo una possibilità, dio, ti prego di prenderla in considerazione! Se la rottura della nostra famiglia dipende da questo malinteso… >>.
<< Non è solo un malinteso, Greg! >>.
<< Allora cos’è, Mag? >> le chiede a gran voce. << Tra me e Sherlock non c’è mai stato nulla se non una collaborazione per la risoluzione di casi complessi. Dio, mi fa strano anche solo dirlo! >> sbotta passando le mani tra i capelli. << Come puoi pensarlo per davvero, cazzo, proprio tu che mi conosci! Io non penso neppure che a uno come lui interessi una cosa così umana e banale come il sesso >>.
<< Oh, per favore Greg! >> esclama alzando gli occhi al cielo. << Non lo hai visto come guarda quell’altro? >>.
<< Parli di John? >> le chiede sorpreso e lei annuisce. << Io… non lo so, Mag, circolano delle voci, ma sono solo voci. John passa da una donna all’altra come fossero ciliegie e comunque questo ti dovrebbe dare la riprova che, se proprio Sherlock dovesse essere interessato a un uomo, quell’uomo non sono io. Nè adesso, nè nel passato e, dio, ti prego non dirmi che potresti pensare che sia una cotta a senso unico da parte mia >> la donna distoglie lo sguardo e a Greg cadono le braccia. Prende a misurare la stanza a grandi passi nervosi. << Tu mi stai dicendo che per quasi sei anni hai pensato io mi fossi preso una sbandata per un uomo! Sei anni, cristo, e me lo dici solo adesso! Ti rendi conto di quante cose potevamo risolvere se ne avessimo parlato prima? >> dice tra i denti piantandosi dinanzi a lei. << Io me la prendo la mia parte di responsabilità. Sono pronto ad ammettere che ti ho cercata meno per chiederti consiglio, che ho esagerato nel parlare di lui e che ho trascorso troppo tempo fuori, ma non accetto di vedermi togliere i ragazzi, di sapere che il mio tempo con loro è ridotto all’osso, perché tu sei certa che io abbia ‘cambiato punto di vista’ >> dice sottolineando le ultime parole. << Rivediamo questi accordi, per favore. Tu non hai idea di quanto mi manchiate, cazzo! >> dice e un singhiozzo gli strozza la gola. << Posso anche accettare l’idea di averti persa e rimpiangerlo per tutta la vita, ma, ti prego, non togliermi anche loro, Maggie >>.
Benchè avesse fatto di tutto per trattenersi, le lacrime scendono a segnargli le guance ispide di barba da troppo tempo non tagliata. Non aveva ancora pianto. Era riuscito, nonostante tutto, a tenere le lacrime al loro posto. Scoprire come stanno le cose ha rotto gli argini. Non riesce a provare nulla se non la voglia di esplodere e poi accasciarsi in un angolo a sperare di riprendersi.
Margaret gli resta lontano. La vede tentennare tra l’andare verso di lui e il restare ferma al suo posto. Decide di non muoversi, e quell’abbraccio mancato lo ferisce ancor più di tutte le cattiverie ricevute nell’ultimo anno. È abituato, Greg, a leccarsi da solo le ferite. A cadere e rialzarsi da sé. In questi anni trascorsi con lei ha pensato di aver trovato qualcuno al quale potersi affidare, ma l’illusione si è infranta del tutto, ora. Non riesce neppure a provare rabbia nei confronti di Sherlock. Perchè dovrebbe, infondo? Che colpa ne avrebbe il consulente, se non quella di averlo aiutato così tanto da fargli ottenere sul lavoro tutto ciò che ha sempre desiderato.
<< E’ meglio che vada, adesso >> dice asciugando via le lacrime dal volto. Recupera la giacca e si muove verso la porta sentendo le membra pesanti e stanche.
Non fa a tempo a scendere le scale e uscire di casa che il telefono squilla. Donovan. Alza gli occhi al cielo e ha quasi la mezza idea di far finta di non sentire. È, però, più forte di lui, maledizione.
<< Sally, che succede? >> le chiede stanco.
<< Capo, mi spiace disturbarti, ma è arrivata una segnalazione per colpi di arma da fuoco a Pall Mall >>.
<< I Jackson? >> domanda d’istinto. Lo stomaco gli si chiude.
<< Sì. Sparatoria durante una discussione. Lui c’è rimasto secco e lei è in fin di vita >>.
<< Omicidio - suicidio? >>.
<< Da verificare, ma a quanto pare tutto porta a quello. Temo non abbiano retto il suicidio della figlia >>.
<< Già >> sospira Greg. Subito pensa a cosa sarebbe successo se Elisabeth fosse riuscita nei suoi intenti. Avrebbe anche lui fatto la fine di Alfred Jackson? Oppure sarebbe successo il contrario: lui a uccidere la ex moglie per poi farsi saltare le cervella? Scuote il capo scacciando via veloce quei terribili pensieri.
<< Ti raggiungo. Dammi il tempo di arrivare >> le dice e chiude la conversazione.
Sale in auto e si dirige a Pall Mall. Dovrebbe riuscire ad essere lì in meno di venti minuti, data l’ora e il traffico. Gli è difficile, però, concentrarsi alla guida. Si ritrova ad accorgersi all’ultimo momento di un semaforo rosso al quale fermarsi, di una precedenza da dare, di uno stop da rispettare. È troppo distratto da quello che Margaret gli ha detto. Non riesce ancora a crederci. Sua moglie, la donna che più di tutti lo conosce intimamente, da un tempo lungo come sei anni pensa che lui sia non solo attratto, ma addirittura innamorato di un uomo. Stringe forte il volante tra le mani e una risata nervosa gli sfugge dalle labbra. L’unica cosa che può ammettere di aver fatto è stato pensare come potesse un ragazzo non solo dall’intelligenza brillante e sopra la media, ma anche obiettivamente bello, ridursi nelle condizioni nelle quali era Sherlock quando lo ha conosciuto. Un pensiero oggettivo. Non pensa ci sia nulla di male se un uomo riconosce la bellezza di un altro uomo, al pari del riconoscerne bravura e intelligenza.
“Andare oltre questo mi sarebbe del tutto impos…”
Inchioda nel bel mezzo della strada, per fortuna deserta, del quartiere che sta attraversando. Resta fermo, il volante stretto tra le mani a fissare un punto imprecisato davanti a sé.
<< Oh, cristo! >> esclama e un brivido gli attraversa la schiena. Si abbandona contro il sedile dell’auto e porta le mani al volto.
Aveva 23 anni. Era euforico per aver ultimano con successo i due anni del corso universitario in scienze forensi e criminali. Aveva passato l’esame ed era stato proclamato ufficiale di polizia in carico alla squadra omicidi. Lui e Jonathan erano al settimo cielo. Si erano conosciuti il primo giorno di università ed erano diventati inseparabili. Avevano deciso di partecipare alla festa che uno dei loro compagni, del quale non ricorda neppure il nome, aveva organizzato a casa sua. Faceva caldo, troppo caldo, molto più di quanto non ce ne fosse fuori. Quando l’ora si era fatta tarda, l’atmosfera si era scaldata ancora di più, portando molti a togliere magliette e canotte. Era una bolgia di uomini a petto nudo e donne in reggiseno.
Greg aveva bevuto tanto e non c’era abituato. L’essere sempre stato uno sportivo lo aveva portato a usare l’alcool con parsimonia e poi aveva timore di essere buttato fuori dal corso per sospetto uso di alcolici. Allora non sapeva neppure che sapore avessero le sigarette.
Quella sera aveva fatto il pieno di tutto. Alcool, sigarette e persino qualche spinello. Ha solo degli sprazzi di ricordi. Si vede in piedi su un tavolo, vestito dei soli jeans, a cantare a squarciagola una qualche canzone rock. Il suo amico appeso alle spalle a gridare con lui e con tutti gli altri.
Ricorda che lui e Jonathan avevano deciso di tornare a casa a piedi. Greg aveva preso un piccolo appartamento nel quartiere di Whitechapel, quello che aveva trovato più economico e a portata delle sue magre finanze. E poi, un futuro detective di Scotland Yard, a suo avviso, a Londra non poteva che vivere nello stesso quartiere in cui aveva operato Jack lo squartatore. Solo che all’appartamento non ci era mai arrivato.
Jonathan, che abitava più vicino ma nella stessa direzione in linea d’aria, lo aveva invitato a salire da lui. Per tutta la festa gli aveva parlato di Simcity, l’ultimo video gioco che aveva acquistato, e aveva insistito affinchè lo provassero. Tante volte, durante i pomeriggi piovosi e noiosi nei quali si ritrovavano entrambi liberi da studio e tirocinio si era ritrovato a casa di Jonathan a giocare a Super Mario Bros, a ‘The Legend of Zelda’ o a Tetris. A volte solo loro due, altre anche con altri amici e ogni pomeriggio diventava una sfida a chi otteneva più punti. Avevano, in quei due anni, organizzato persino dei veri e propri tornei nel monolocale di Jonathan.
Ricorda il grande schermo che il suo amico vantava di aver acquistato mettendo da parte soldi per un intero anno. Il videogioco che parte, la trama avvincente ma complicata da seguire per una mente obnubilata dall’alcool e tutte le altre cose. Le risate soffocate per non dare noia alla vicina rompicoglioni. Gli spintoni sul divano sfondato e poi...
<< Oddio >> sussurra, ancora fermo al centro della strada. Il rumore del motore a creare un monotono sottofondo.
Una battuta di Jonathan. Lui a ridere come un matto. L’altro a tentare di tappargli la bocca con la mano salendo a cavalcioni su di lui. Greg che quelle mani gliele blocca stringendole per i polsi.
<< Lestrade, smettila di ridere o dovrò trovare un altro modo per tapparti la bocca >> gli dice Jonathan ridendo a sua volta.
<< Quale altro modo, Parker? >> ribatte lui e, cristo, se ora questa battuta non gli suona maliziosa.
Jonathan non si era fatto problemi nell’avvicinarsi al suo viso e chiudergli la bocca con la propria. Neppure per lui era stato un problema accettare quel bacio e poi tutti gli altri e lo strofinarsi frenetico dei loro corpi sudati e i morsi e le risate e le unghie a graffiare la pelle.
<< Oddio >> ripete rendendosi conto di come, complice anche il troppo alcool bevuto e la cannabis, si fosse dimenticato del tutto di quella notte. Il giorno dopo si erano risvegliati uno sul divano l’altro sul pavimento, entrambi con indosso solo i boxer. Non gli era passata minimamente per la testa, però, la possibilità che avessero… fatto cose. Aveva una terribile emicrania e la cosa più importante era stata raggiungere il bagno per evitare di vomitare sul tappeto, che poi chi l’avrebbe sentita la padrona di casa?
L’amicizia con Jonathan era continuata come sempre. Non erano mai tornati a quella notte. Lui perché non la ricordava, l’altro… non saprebbe dire. Jonathan non aveva cambiato atteggiamento nei suoi confronti. Non era diventato né più pressante, né meno presente. Il solito Jo, quello che se gli girava di abbracciare gli amici lo faceva senza porsi troppi problemi. Si è trasferito in Scozia dopo cinque anni e ogni tanto ancora si vedono alle rimpatriate. Si è sposato con una ragazza del posto e hanno avuto due gemelle che ora hanno una decina d’anni.
<< Questo non vuol dire niente. Eravamo ubriachi e fatti. E poi non è mai più successo. Nè con lui, né con nessun altro >> dice continuando a stringere il volante. Sente il fiato corto e la pelle scossa da brividi. << E’ un’esperienza come tante. Come farsi uno spinello o prendersi una     sbronza >> continua cercando di togliersi dalla mente lo sguardo disgustato di Margaret.
Un’auto suona il clacson prima di sfrecciare al suo fianco, ricordandogli che è fermo al centro della strada forse da un po’ troppo tempo e Donovan lo aspetta dai Jackson. Si rimette in viaggio, ma è meno attento di prima. Le risate di Jonathan e il suo volto euforico si sovrappongono in continuazione a quello carico di giudizio e disprezzo di Margaret.
 
 
[1] La legge italiana permette ai figli di genitori divorziati di scegliere con chi vivere già dai 14 anni. Per l’Inghilterra non so come funzioni, non ho avuto il tempo di verificare. Mi sono basata, quindi, sulle nostre leggi.
[2] Secondo la Bibbia è stato il terzo re d’Israele. Conosciuto per la sua saggezza, è nota la storia in cui per stabilire di chi fosse figlio un bambino conteso da due donne propose a queste di tagliarlo a metà. Una accettò, l’altra no dichiarando che in effetti non era lei la madre. Salomone da questo capì che la vera madre del bambino era proprio la donna che, per amore suo, aveva rifiutato di farlo dividere a metà pur di averne una parte per sé.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Buona domenica a tutti voi!
Eccovi un altro capitolo. Vi auguro una buona lettura
A presto
Patty
 
Capitolo 3
 
Il soggiorno è invaso dal sangue. Come se non bastasse tutto quello che Rosaline ha riversato sulla moquette della sua cameretta. Il corpo di Alfred Jackson giace riverso sulla schiena. Freddato da un colpo di pistola in pieno petto. Ottima mira, la donna. Chissà se la mano le è stata mossa dalla disperazioni, dalla rabbia o dall’esperienza. Greg sente di scartare l’ultima ipotesi, non le è sembrata il tipo di persona da avere una doppia vita da spia russa o serial killer. Le prime due, invece, sono molto più probabili.
Il detective osserva la scena seguendo i cartellini posti dai ragazzi della scientifica. La donna, a quanto pare, era ferma sul tappeto, dove sono visibili le sue impronte. Da lì pare abbia sparato al marito e poi a se stessa. Due soli colpi, non sono stati trovati altri proiettili per casa, né nel tamburo dell’arma.
“Strano” pensa Greg, grattando il mento ispido. Si guarda attorno ignorando quanto Sally gli sta dicendo. C’è qualcosa che non gli torna.
“Tu guardi ma non osservi!”. Sherlock glielo dice in continuazione. E lui sempre ci prova, quando si trova sulla scena di un crimine, a osservare.
<< … quindi credo che almeno questo caso possa dirsi risolto da sé. L’assassina è già in ospedale e se passerà la notte trascorrerà il resto della sua vita in galera >>.
Sì, se continua a far finta di ascoltare Sally e le sue carinerie è meglio. Greg si avvicina alla finestra che si affaccia sul giardino. Non sembra ci siano impronte che possano far pensare che qualcuno si sia introdotto e abbia obbligato la donna a sparare prima al marito e poi a se stessa. Dal momento che i coniugi sono entrambi ko non si può neppure capire se sia stato rubato qualcosa. Nulla che non sia eclatante, almeno. La cassaforte dietro lo strategico quadro è chiusa e i gioielli della donna ben in vista nel portagioie in camera da letto. No. Ha tutta l’aria di essere ciò che davvero sembra.
“E’ inutile che mi sforzi di trovare qualcosa per evitare di pensare che sarebbe potuta finire così anche a me!” si dice. Certo, però, che la sensazione che ci sia qualcosa che non torna non lo molla.
<< Fa portare via il corpo e, conclusi i rilievi, andate tutti a casa. Io vi precedo. Scusa ma è stata una giornata molto lunga >>.
<< Certo, capo >> gli dice Sally senza aggiungere altro. Deve avere proprio una pessima cera se gli basta così poco per tappare la bocca a quest’impicciona.
Torna alla guida con la testa piena della scena del crimine. Tutto quel sangue. Tutta quella disperazione ancora stagnante nell’aria in quella casa ormai vuota.
Si è sentito morire quando Elisabeth ha confessato di come avesse pensato di farla finita buttandosi dal balcone della biblioteca. Un altro colpo pesante è stato scoprire dalle deduzioni di Mycroft, come ci avesse già provato seriamente un paio di mesi prima. Quando la sentenza di divorzio era stata emessa. Dio, quanto vicini sono andati a uccidere la loro bellissima figlia.
“E tutto a causa tua!” gli grida Margaret nella sua testa. Ora Greg la vede chiara quella colpa. Le volte in cui anziché tornare a casa scappava per raggiungere Sherlock in qualunque posto gli dicesse di essere. Quando lasciava pranzi e cene a metà per lo stesso motivo o si alzava nel cuore della notte dicendole ‘Sherlock ha aggiornamenti sul caso, devo andare’, mentre si vestiva, per poi scappare via. Certo, Margaret ha fatto un’associazione d’idee opinabile e non gli ha esposto questi pensieri, ma lui nulla ha fatto per arginare la foga del consulente investigativo.
“Cristo, è la terza che mi pianta a causa sua!”.
A dare man forte alle parole di Margaret giungono quelle di John, dette in uno dei loro venerdì al pub. Anche il dottore ha più volte incolpato il consulente di essere la causa del fallimento delle sue relazioni, al punto da avergli confidato di aver capito che, lavorando con lui, non può permettersi di frequentare donne con l’intento di ingaggiare una relazione seria.
E’ davvero Sherlock, però, il ‘problema’? Non sono piuttosto loro che faticano ad ammettere quanto sia elettrizzante seguirlo nei suoi casi, nei suoi intricati ragionamenti, vederlo tirare fuori indizi e collegamenti da cose che nessun altro aveva considerato? Loro che non riescono a tirarsi indietro, a dirgli ‘No, senti, io ne ho abbastanza, stavolta passo’?
Perché sia lui che John non riescono a fare come tutti gli altri, che lo caricano di miserie per poi scacciarlo via malamente o allontanarsi da lui? Forse le voci che circolano sul rapporto tra il consulente e il dottore possono pure essere vere e John potrebbe essere impossibilitato dall’allontanarlo perché coinvolto in un’attrazione che va oltre quella mentale e da un sentimento più forte dell’amicizia. Ma Greg? Cosa gli permette di avere pazienza, di andare oltre il ragazzo che spinge costantemente gli altri a prenderlo a parole e ad allontanarlo?
 
Non è la prima volta che le dico come penso Sherlock la consideri un fratello maggiore molto migliore di me”.
 
Greg prende troppo velocemente e stando troppo largo una curva e si trova a dover schivare un’auto che giunge nel senso di marcia opposto. Sterza facendo fischiare le gomme, ma non riesce a controsterzare e finisce contro un lampione. L’airbag gli esplode in faccia e quello schiaffo lo riporta pesantemente alla realtà. Scuote il capo intontito, dandosi dell’idiota.
<< Ehi, tutto bene? >> dal finestrino scorge il volto di un uomo.
<< Sì, scusami, ero sovrappensiero e ho preso male la curva >>.
<< E in pieno il palo >> sottolinea questo, aiutandolo ad aprire lo sportello. << Vuole che chiami un’ambulanza? >> gli domanda ossequioso, come fosse abituato a ricevere ordini nella vita.
<< Sarebbe meglio un carro attrezzi >> sbuffa, guardando il modo in cui ha ridotto l’auto. Il commissario capo lo striglierà peggio di come avrebbe fatto suo padre.
<< Sicuro non abbia bisogno anche di un’ambulanza? >> insiste l’uomo e Greg si ricorda che non ha propriamente una bella cera da qualche giorno a questa parte.
<< No, davvero. Quello di cui avrei bisogno sono una sigaretta e una birra. Anzi, un whisky e pure doppio! >> dice stropicciando il viso con le mani.
<< Non credo le sia permesso bere in servizio, ispettore Lestrade >>.
Greg non può credere alle sue orecchie. Alza piano gli occhi e si volta lento verso la figura inamidata e impeccabile di Mycroft Holmes. Proprio colui la cui voce gli echeggiava nella testa prima del mancato scontro. Guarda un po’ che coincidenza.
“Raramente l’universo è così pigro” arriva immediata la voce dell’altro Holmes a incasinargli i pensieri. La scaccia via scuotendo il capo.
<< Veramente stavo tornado finalmente a casa >> dice con una nota di stizza nella voce. << Lei, invece, cosa ci fa da queste parti? >>.
<< Ci abito >> risponde lui, abbozzando quel sorrisetto sardonico che proprio non sopporta. Non sapeva abitasse a Pall Mall, ma, infondo, dove altro potrebbe vivere uno come lui se non lì? << Non ho birra e neppure whisky, ma se vuole posso offrirle volentieri un brandy >>.
Greg strabuzza gli occhi. Mycroft Holmes lo sta invitando nella sua sicuramente lussuosa abitazione per un brandy?
<< Hugh, occupati dell’auto dell’ispettore e poi rientra. Noi penso che potremo fare a piedi i metri che restano. Vuole seguirmi? >>.
Greg non ne ha voglia. Vuole solo poter arrivare a casa, aprire il frigo, prendersi una bella birra gelata, scolarla in pochi sorsi e buttarsi sul letto. Eppure non riesce a dire di no. La botta in testa che ha preso deve essere stata bella forte, dal momento che si trova a seguire, come un cagnolino e senza obiettare, il fratello maggiore di Sherlock. Quello vero. Quello con lo stesso patrimonio genetico e la stessa intelligenza.
<< E’ davvero un omicidio - suicidio? >> gli chiede rubandolo ai suoi pensieri.
<< Cosa? >>.
<< Quello dei Jackson. È qui per questo, no? >>.
<< E tu come diavolo fai a saperlo? >> domanda arrestando i suoi passi. Mycroft ridacchia voltandosi piano verso di lui.
<< So quello che accade dall’altra parte del mondo in tempo reale e non vuole che sia a conoscenza di ciò che perturba la tranquillità del quartiere nel quale vivo, ispettore? >> lo guarda divertito e Greg sente ancora di più di non avere voglia di proseguire oltre. << Devo ammettere che, nonostante i recenti e tristi avvenimenti, mi stupirebbe parecchio se fosse cosi >> aggiunge facendogli morire sulle labbra il rifiuto all’invito che stava per formulare. Se qualcosa stupisce il fratello del consulente investigativo, da questo stesso descritto come più intelligente di lui, allora forse è buona cosa ascoltarlo.
<< Per quale motivo? >> chiede avvicinandosi a lui.
<< Beh… la signora Jackson non era tipo da compiere un gesto simile. Neppure sotto stress >> dice riprendendo il cammino.
<< Le mogli possono cambiare dal giorno alla notte, Mycroft >> dice con un sospiro. Holmes lo guarda appena. Il ticchettio dell’ombrello puntato sul terreno accompagna i loro passi in modo fastidioso.
<< Da questa parte, prego >> gli fa strada verso il cancello di una villetta su due piani in stile liberty. Greg lo avrebbe visto meglio a vivere in una specie di castello medievale, con gargoyles e torri, pesanti tende scure tirate alle finestre, una bara al posto del letto e zombie come personale di servizio. Invece è molto viva e allegra questa villetta. Percorrono il breve vialetto fino al portone, che Mycroft apre con tre mandate di una vecchia e grossa chiave.
<< E’ la serata libera del personale, dovrà accontentarsi della mia ospitalità >> gli dice ossequioso e a Greg sembra di essere in un vecchio romanzo ottocentesco. Sua madre faceva le pulizie per arrotondare lo stipendio da operaio del padre e non può credere di stare mettendo piede nella casa di un uomo abituato ad essere servito e riverito. L’occhiata di disprezzo di suo padre la sente addosso, benchè sia morto da più di vent’anni.
La porta d’ingresso si apre su un grande salotto al centro del quale la fa da padrone un bellissimo e grande camino.
<< Prego, si accomodi >> lo invita gentile Mycroft, facendo cenno a una delle due poltrone in tessuto bordeaux poste davanti al camino. Greg si accomoda nell’abbraccio morbido della poltrona e sente che potrebbe pure addormentarcisi e svegliarsi fresco e riposato. Si guarda attorno stupito dall’arredamento sobrio. Nessun mobile d’epoca, nessun quadro dal valore esorbitante alle pareti. Se l’arredamento della casa rappresenta la persona che la abita povrebbe dire di trovarsi di fronte all’uomo più semplice che abbia mai conosciuto. Cosa che cozza del tutto con la complessità della mente di Mycroft e con la sua attitudine al comando, al controllo e alla perfezione.
<< Era di mio zio Rudhy >>.
<< Cosa? >>
<< Questa casa >> risponde, sistemando il vetro protettivo davanti al camino. << L’ho mantenuta così come lui l’aveva arredata. Infondo ci vengo solo a dormire >>.
Ecco spiegato il mistero. Certo è alquanto triste. È come se fosse ospite in casa sua e per questo non si permettesse di dare un tocco personale al luogo. Forse lo ha fatto solo con la sua camera da letto, dato che ha precisato che torna qui solo per dormire, ma Greg non pensa proprio di volerlo scoprire.
<< Ciò che è accaduto dai Jackson deve averla sconvolta abbastanza per portarla a correre a quel modo >> dice Mycroft, avvicinandosi al mobiletto-bar dal quale prende una bella bottiglia in vetro lavorato piena di un liquido ambrato invitante.
<< Non è stato un bello spettacolo, lo ammetto >>.
<< Lo immagino >> dice porgendogli un calice dello stesso vetro lavorato. Vi ha versato dentro un dito di brandy profumato. Greg respira estasiato la fragranza del liquore prima di portare il bicchiere alle labbra e saggiarne un sorso.
<< Fantastico! >>.
<< E’ un Torres Jaime I. Mi piace al termine di una giornata piena regalarmene un sorso e direi che questa giornata non è stata pesante solo per me >> dice accomodandosi all’altra poltrona.
<< Non so la sua, ma la mia è stata a dir poco terribile >> dice, bagnando le labbra con un velo di liquore, intenzionato a farlo durare il più a lungo possibile. << Mi scuso per aver tagliato la strada a quel modo al suo autista. Mi auguro non vi siate fatti male. Mi rendo conto di non avervelo neppure chiesto >> dice passando imbarazzato la mano tra i capelli.
<< Hugh ha i riflessi pronti e comunque lei ci ha messo del suo per evitare il peggio >> lo tranquillizza, scacciando le sue preoccupazioni col uno svolazzo della mano.
 << Ha detto, prima, che si stupirebbe del fatto che sia stata la signora Jackson ad uccidere il marito per poi rivolgere l’arma contro se stessa >> dice Greg portando l’argomento sull’indagine, giusto per scacciare il senso di disagio che lo opprime.
<< E lo ribadisco >> annuisce Mycroft.
<< Sa io… ho come la sensazione che ci sia qualcosa che non quadri >> sottolinea, battendo il pugno sul bracciolo della poltrona.
<< Cosa? >> gli domanda Mycroft inclinando appena il capo di lato, curioso.
<< Per prima cosa la dinamica. Ammetto di non aver letto con attenzione il rapporto sulla coppia presentatomi da uno dei miei agenti, perché quel maledetto portale mi ha preso tutte le energie. Anche a me, però, quella donna non mi era sembrata capace di uccidere. Certo, avevo notato quanto la disgrazia appena avvenuta li stesse già allontanando, ma non abbastanza da arrivare a tanto. Si trattasse di un doppio suicidio, poi, è di solito l’uomo a sparare alla donna e poi a se stesso e non il contrario >>.
<< Pensa, quindi, che qualcuno abbia indotto la donna a sparare al marito e poi a se stessa? >> gli chiede Mycroft sempre più incuriosito da lui, come stesse osservando il comportamento di un animaletto messo dinanzi ad un enigma da risolvere.
<< E’ una delle ipotesi che mi sono fatto >> annuisce Greg. << Solo che non ho trovato prove che possano avvalorarla. Vero è, però, che ho dato solo un’occhiata alla scena del crimine >> dice passando la mano sul volto stanco. << Domani ci tornerò su, leggerò il rapporto della scientifica e darò un’occhiata a quello sulla coppia. Poi, se la donna si riprenderà avrò anche la possibilità di sentire direttamente da lei come sono andate le cose. Non mi va di liquidare il caso con semplicità, come proposto da Donovan  >> dice tra i denti, massaggiando il viso stanco.
<< Penso faccia bene ad ascoltare il suo istinto, ispettore >> dice annuendo. Le palpebre di Mycroft si socchiudono appena, come volesse metterlo meglio a fuoco per studiarlo più a fondo. << Le consiglio, però, di tenere in considerazione anche la possibilità che ci sia altro di più… personale che potrebbe impedirle di vedere la cosa per quella che è >>.
La sensazione di essere un topolino rinchiuso in una scatola e sottoposto a esperimenti di intelligenza per il sollazzo di uno scienziato ben poco piace a Greg e lo porta a irrigidirsi contro la poltrona morbida. Tensione causata anche dall’aver sentito riportare a voce alta da quest’uomo le stesse sue preoccupazioni.
<< La ringrazio del consiglio, Mycroft. So bene come questo caso tocchi corde ancora fresche. Sono in grado, però, di lasciare fuori dal lavoro la mia vita privata >> dice con un po’ troppa durezza.
<< Non era mia intenzione mettere in dubbio la sua professionalità >> ribatte, infatti, Holmes.
<< Lo so bene >> si affretta a dire, desideroso che questo scambio di battute volga al termine. Mycroft sembra cogliere questo disagio e abbozza un sorriso tirato prima di prendere un altro sorso di brandy.
<< Conta di mettere mio fratello al corrente dei suoi dubbi? Non ci metterà molto a venire a conoscenza della tragedia avvenuta questa sera >>.
Greg avverte un insolito brivido lungo la schiena e una nuova ondata di disagio invaderlo.
<< Certo, abbiamo comunque condotto insieme il caso ed è anche possibile che indagare su quanto è successo qui possa essergli d’aiuto per le indagini che sta portando avanti in Spagna. Volevo, però, aspettare di avere in mano qualcosa di più chiaro. Come le ho detto, ho fatto solo un sopralluogo e non ho avuto la possibilità né la forza, devo ammettere, per chiarirmi le idee >>.
Le palpebre di Mycroft si assottigliano ancora di più e Greg prende un sorso serio, questa volta, di brandy.
<< I momenti di fragilità sono insiti nell’animo umano, Gregory >> gli dice serio. << Mi rendo conto di quanto questi ultimi giorni siano stati pesanti per lei. Mi creda quando le dico che so bene quanto gli sbalzi umorali di un adolescente possano generare preoccupazioni e togliere il sonno >> sospira e Greg resta stupito della confidenza che gli sta facendo. << In momenti simili è possibile lasciarsi condizionare da qualunque cosa il prossimo ci dica e si è talmente fragili da non rendersi conto di quanto siano solo sciocche parole prive di fondamento, il più delle volte >>.
Il silenzio cala sui loro sguardi congiunti. C’è un messaggio nascosto nelle parole di Mycroft, Greg, però, non può credere che si riferisca a ciò che il suo istinto gli sta indicando. Come potrebbe quest’uomo, essere a conoscenza dell’accusa che gli ha mosso la sua ex moglie solo poche ore fa’?
<< Io… penso di avere solo bisogno di dormire, tutto qui >> taglia corto, sperando che Mycroft lo capisca.
<< Non si offenda se le dico che glielo si legge in viso >> dice abbozzando un sorriso. << Immagino che la discussione con la sua famiglia sia stata piuttosto complicata >>.  
Le palpebre di Mycroft si socchiudono nuovamente. Sembra proprio che voglia insistere su quanto è venuto fuori dal disastroso tentativo di conversazione davanti ad una pizza e Greg non può credere che stia cercando di andare a parare proprio a quel che gli ha detto Margaret.
<< Un vero fallimento >> sbotta prendendo un altro sorso carico di brandy. Il gusto delicato del liquore gli pettina i nervi, invitandolo a posare la schiena tesa contro lo schienale della poltrona. << Elisabeth vorrebbe venire a vivere con me >> si ritrova a dire e la stretta che finora gli teneva chiuso lo stomaco si distende. << Non gliel’ho concesso >> continua. << Non voglio scatenare un’altra guerra e lasciare George da solo dove so che neppure più lui vuole stare >>.
Greg non sa perché stia raccontando i fatti suoi a quell’uomo. Il profumo e il sapore del brandy, il comfort della poltrona, forse, aiutano alle confidenze. Oppure ha solo bisogno di parlare con chiunque sia disposto ad ascoltarlo.
<< La mia proposta è sempre valida >> rinnova Mycroft, aprendo appena le mani in segno di invito.
<< No, Mycroft, la ringrazio >> dice abbozzando un sorriso. << E grazie anche per il brandy. Davvero ottimo >> dice vuotando il bicchiere di quel che resta del liquore. << È meglio che vada, ora >>.
<< Certo. Mi permetta di farla accompagnare >>.
<< Oh, no. Prendo un taxi >> dice rabbrividendo all’idea di fare un altro viaggio dentro una di quelle auto nere. Mycroft non insiste oltre. Si alza a sua volta dalla poltrona e lo accompagna alla porta.
<< E’ stato un piacere chiacchierare con lei, Gregory >> gli dice offrendogli la mano.
<< Anche per me, Mycroft >> mente, stringendogli la mano.
Si lascia alle spalle il governo inglese e la sua magione per salire su un taxi diretto a casa con la strana sensazione addosso di essere stato passato ai raggi X ed esserne uscito indenne per un soffio.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


Buonasera a tutti!
Eccovi un nuovo capitolo. Non sono sicura domani di riuscire a postarne un altro ed è quindi possibile che ci si riveda qui mercoledì. Intanto spero che questo altro brandello di storia sia di vostro interesse. Sarò felice di leggere le vostre recensioni.
Buona lettura
A presto
Patty
 
Capitolo 4
 
Basta a volte grattare la superficie per portare alla luce situazioni scomode, segrete, intime. Il rapporto chiaro, dettagliato e impeccabile redatto dall’agente Andrew Jordan delinea un’immagine di Alfred Jackson che spiega non solo il perché della dinamica della strage avvenuta in casa sua, ma anche cosa abbia spinto la figlia a registrarsi al Fenix.
Dipendente dal gioco d’azzardo da quattro anni, Jackson ha lentamente dilapidato il suo patrimonio e mandato in bancarotta non solo la sua azienda, ma ha portando persino la società di assicurazioni gestita dalla moglie al collasso, a causa dei prestiti che le richiedeva per poter continuare a giocare. A vederli da fuori, però, non lo si sarebbe mai detto, tanto sono stati bravi a mantenere le apparenze e rimanere agli occhi degli altri una rispettabile famiglia borghese inglese.
La crisi economica che si è abbattuta sulla famiglia ha costretto Rosaline, definita da molti viziata e capricciosa, a dover ridimensionare il suo stile di vita. La giovane artista, che poteva permettersi il lusso di avere i materiali migliori, girare il mondo per visitare le mostre del momento e conoscere galleristi, editori e autori importanti, ha visto scemare la possibilità di continuare ad avere tutto questo. Così, ha ripiegato nel successo fittizio ottenuto sul portale, nella competizione con altri ragazzi disperati quanto lei, sebbene per motivi differenti, e ha concluso la sua vita nel peggiore dei modi. Ingannata, derisa, umiliata e spinta al suicidio.
<< Povera ragazza >> sospira Greg. Riponeva tante speranze nell’interrogatorio che avrebbe fatto alla signora Jackson, la quale, purtroppo non ce l’ha fatta a passare la notte. È morta portando con se la verità su quanto sia accaduto tra lei e il marito.
<< Pensa che dovremmo scandagliare le vite di ognuno di quei ragazzi che si sono suicidati per cercare le motivazioni che li ha spinti a farlo? >> gli chiede Jordan, rimasto diligentemente in piedi di fronte alla sua scrivania.
<< A che pro >> risponde lui massaggiando le tempie. << Ognuno di loro aveva dei motivi che ha ritenuto validi, seppure tristi >>.
<< E’ davvero pericoloso il senso di colpa >> dice Jordan recuperando il fascicolo dei Jackson.     << Una volta resasi conto di essere stati loro a portare la figlia al suicidio, la donna non ha retto e ha compiuto anche lei un gesto folle >>.
Greg posa le mani sul volto. Vorrebbe correggere il giovane agente e fargli notare come la donna non sia stata mossa dal senso di colpa. Sapeva bene di chi fosse la colpa e ha ritenuto opportuno punire il marito per i suoi errori.
<< Tutto bene, capo? >> gli chiede il ragazzo, sporgendosi appena verso di lui. Greg non ha chiuso occhio questa notte e i pensieri che ora gli affollano la mente devono rendere il suo viso ancora più pallido, stanco e preoccupante.
<< Certo, Jordan >> minimizza alzandosi in piedi. << Hai fatto un ottimo lavoro >> dice dandogli una pacca sulla spalla, che riempie d’orgoglio il ragazzo. << Devo andare al Bart’s per l’autopsia della Jackson >> aggiunge indossando la giacca.
<< Vuole che venga con lei? >> gli domanda e Greg sorride nel riconoscere in questo ragazzo lo stesso entusiasmo che lo animava quando aveva la sua età.
<< No, Jordan. Raggiungi l’agente Donovan alla scientifica e sollecita da parte mia Anderson a consegnarmi il rapporto sui rilievi effettuati in quella casa >> gli ordina. Il ragazzo scatta e poco ci manca che porti la mano alla fronte nel classico saluto militare. Greg percorre più lentamente la stessa strada, uscendo da Scotland Yard.
La nuova auto di servizio gli è stata consegnata con la richiesta di averne cura. Stranamente non ha ricevuto nessun altro tipo di reclamo per quanto successo la sera prima, né gli è stata chiesta spiegazione sulla dinamica dell’incidente. Di solito quando un’auto di servizio torna distrutta l’autista viene invitato a fare un test per rilevare tracce di alcool o droghe, ma a Greg non è stato proposto nemmeno quello. Molto strano.
Giunge al Bart’s arrovellandosi ancora su questo mistero e mentre si chiede se non possa averci messo lo zampino proprio Mycroft entra nella sala del coroner.
<< Oh, ciao Greg >> lo saluta Molly, intenta a ricucire il corpo della Jackson. << Sto giusto concludendo l’autopsia. Ho anche pronta la relazione sul marito, stavo giusto per inviartela >>.
<< Dammi un’anteprima di entrambe, vuoi? >> le chiede sentendosi sempre alquanto a disagio in quel posto.
<< Alfred Jackson portava in corpo tutti i segni dell’ipertensione e del tabagismo. Arterie e coronarie dilatate, polmoni neri al punto da chiedersi come facesse ancora a respirare. Non ho trovato alcuna traccia di violenza sul suo corpo, fatta eccezione del colpo di pistola che gli ha dilaniato il cuore. Ho consegnato il proiettile alla scientifica >>
<< Sì, ho mandato uno dei miei a sollecitare Anderson >> dice, gli occhi fissi sulle dita allenate della ragazza che con rapidità porta avanti la sutura.
<< La signora Jackson, invece, aveva il fegato in pessime condizioni e un principio d’ulcera. Aveva lo stomaco vuoto ed era parecchio disidratata. Ho trovato dei lividi sul braccio destro e sul fianco sinistro >> dice mostrandoglieli. Greg li osserva attentamente, vincendo la solita reticenza che lo coglie in questo luogo al cospetto di un cadavere appena macellato.
<< Quindi era alcolizzata, tendeva a rimuginare e ingoiare rospi e deve essere stata parecchio su di giri >> deduce Greg. << Dato quanto avevano appena vissuto con la figlia e tutti i problemi economici che stavano affrontando, direi che bere per dimenticare e non curare l’alimentazione siano solo la superficie. Questi lividi, però, sono strani >> dice avvicinandosi ancora di più per osservarli meglio. Danno l’idea che sia stata afferrata da dietro per il fianco e strattonata per il braccio. Ha visto i coniugi molto vicini durante i rilievi nella stanza della figlia e ci può stare che siano segni che il marito le ha lasciati addosso nel tentativo di sorreggerla da un mancamento.
<< Sono stati lasciati poco prima della morte >> gli dice, invece, Molly cogliendolo di sorpresa. << E’ possibile che abbiano avuto una colluttazione lei e il marito prima che gli sparasse? >> chiede Molly ultimando il suo lavoro.
<< No, la casa era più che impeccabile. Non c’era neppure una virgola fuori posto >> risponde Greg meditabondo, sentendo nuovamente che qualcosa che non torna. << E’ come se il marito si fosse messo in piedi davanti a lei, pronto a farsi sparare >>.
<< Un doppio suicidio? >> ipotizza Molly.
<< Sì, ho ipotizzato anche quello. Mi è stato detto che la signora Jackson non sembrava essere tipo da uccidere chicchessia >>.
<< E’ comunque strano, Greg >> dice la ragazza, lo sguardo perso davanti a sé. << Di solito è l’uomo che spara in situazioni di doppio suicidio. Per cavalleria, per evitare alla donna problemi in caso il suicidio di chi spara non vada a buon fine >>.
<< Sì, è la stessa cosa a cui ho pensato io >> conviene lui accarezzando la barba ispida. << E poi non spiegherebbe comunque l’esistenza di questi lividi. C’è qualcosa che non mi torna, Molly >> le confida passando la mano sul viso stanco.
<< Ma… non c’era anche Sherlock su questo caso? >> domanda lei timidamente. La sua cotta per il consulente investigativo è molto più che evidente.
“Poveretta” pensa sorridendole. Lei distoglie lo sguardo arrossendo come una ragazzina. “Non è per nulla giusto!” pensa, trovandola davvero carina.
<< Sì, lo era. Sta continuando a seguire il caso del portale Fenix, quello che ha portato la figlia dei Jackson al suicidio. È partito per Madrid poche ore fa’ >>.
<< Oh >> sussurra lei rattristata dalla notizia. << Non puoi quindi chiedergli aiuto, questa volta >>.
Lo infastidiscono queste parole e si sforza di non darlo a vedere. È già la seconda persona che gli chiede di Sherlock, come se lui non fosse in grado di risolvere nessun caso senza avvalersi della sua collaborazione. Sì, decisamente la situazione venutasi a creare con il consulente pare essergli sfuggita di mano.
<< No, ma penso che neppure me lo darebbe: è un caso troppo banale >> dice tra i denti, imitando l’espressione disgustata e offesa del consulente.
Molly ride e Greg la trova ancora più carina. Sente qualcosa muoversi nella pancia e si dice che in effetti ha saltato la colazione e tra poco è ora di pranzo.
<< Com’è la mensa qui al Bart’s’ >> le chiede.
<< Ottima… se non sei di grandi pretese >> risponde arricciando il naso.
<< Il bar qui di fronte fa degli ottimi piatti. Ti va di farmi compagnia? >>.
La domanda gli scivola dalle labbra ancor prima che se ne renda conto. Molly ne è stupita quasi quanto lui. Abbozza un sorriso e riavvia una ciocca dietro l’orecchio.
<< Volentieri >> gli dice sollevando le spalle, come volesse farsi ancora più piccola.
<< Benissimo >> esclama forse con un po’ troppo entusiasmo. << Vai a cambiarti, allora, ti aspetto all’ascensore >>.
La ragazza, sempre più rossa in viso, annuisce. Escono dalla sala e mentre l’una va agli spogliatoi, l’altro raggiunge l’ascensore. A Greg basta appena qualche minuto d’attesa per iniziare a pentirsi dell’invito fatto, conscio della possibilità di essere frainteso. Di far stare male una ragazza già fin troppo maltrattata da Sherlock non ne ha voglia.
Cambia idea non appena la vede camminare verso di lui. Il camice copriva il bel vestito leggero, allegro e colorato che indossa e che stona del tutto con la professione che svolge. Si avviano al bar restando ognuno sulle proprie e solo quando si seggono al tavolo l’uno di fronte all’altra si scambiano un’occhiata e ridacchiano entrambi nervosi.
<< Ok, una situazione imbarazzante di solito porta a domande classiche… >>.
<< Non vorrai mica chiedermi: perche proprio l’anatomopatologa? >> lo interrompe Molly ironica.
<< In effetti è una domanda un po’ troppo scontata >> ridacchia Greg, che si rende conto di essere un bel po’ fuori allenamento in questo genere di cose.
Entrambi benedicono l’arrivo della cameriera per prendere le ordinazioni. Diligentemente, Greg opta per la semplice acqua ad accompagnare il primo e non solo perché è in servizio. Quello dell’alcool sta diventando un problema abbastanza serio. La stessa cosa fa Molly, anche se non crede lei abbia quel tipo di problema.
<< Non mi sarei mai aspettata di trovarmi a pranzo con te >> dice Molly, riavviando la ciocca dietro l’orecchio. Non continua la frase. Tiene lo sguardo basso sul bicchiere col quale sta giocherellando.
<< L’orario è quello giusto, non mangio da ieri sera e ho pensato che anche tu avresti staccato e che non ci sarebbe stato nulla di male… >> dice facendo spallucce.
<< Infatti è così. Solo ero quasi convinta che voi detective foste privi del bisogno di nutrirvi, dormire, riposare e tutte quelle altre cose molto tipiche di noi sciocchi esseri umani >>.
Greg sa bene chi sta descrivendo. Colui che ha erroneamente definito ‘detective’, in effetti, sembra davvero essere privo di questi umani bisogni fisiologici.
<< Quelli sono i consulenti investigativi >> dice vedendola irrigidirsi sentendosi scoperta. << Ti assicuro che i detective hanno sia questi che altri bisogni. Forse non li soddisfiamo con regolarità, ma di certo non passiamo giorni senza farlo >>.
La ragazza ridacchia imbarazzata e volge lo sguardo altrove. Greg si chiede ancora una volta chi glielo abbia fatto fare. Ripete nella sua testa infiniti incipit con i quali introdurre qualche argomento, giusto per ammazzare il silenzio. Si rende conto, però, di non avere nulla di importante da dire e di buttarla sul lavoro non ne ha voglia. In effetti l’unica cosa che hanno in comune al di là del lavoro è il consulente investigativo. Usarlo come argomento di conversazione, però, non gli va molto.
<< Hai… sentito le voci che corrono su lui e John? >> gli chiede Molly, alzando appena lo sguardo a incontrare il suo. A quanto pare, la ragazza la pensa diversamente sul far diventare Sherlock il loro argomento chiave per questo disastroso pranzo. Si limita ad annuire, pensando che è la seconda volta nel giro di troppo poco tempo che si ritrova a parlare della presunta omosessualità di Sherlock.
<< Tu che ne pensi? Voglio dire… tu e John andate insieme al pub a volte… te ne avrebbe parlato, credo >>.
L’unica cosa che può avvicinarsi all’argomento che John gli ha riportato è la scenetta messa su da Moriarty per avvicinare Sherlock e di come questi lo aveva definito gay volgendogli appena un’occhiata di sufficienza. Non gli sembra il caso, però, di ricordargliela. Pensare che quel criminale abbia corteggiato Molly al solo scopo di sfruttare la sua infatuazione per il consulente aveva infastidito Greg quando John gli avere riportato l’episodio e lo infastidisce ancora. Forse anche per le cose che quel pazzo può averle detto o per alcune domande che le ha fatto, Molly ha deciso di fargli coraggio e porgli queste domande. Infondo, sì, lui e John possono dire di essere diventati amici e, dal momento che cavarne qualcosa da Sherlock è pressoché impossibile per loro comuni mortali, ci sta che Molly abbia pensato di chiedere a qualcuno che possa aver ricevuto delle confidenze dall’altra metà dell’ipotetica coppia.
<< John è l’uomo più riservato e diffidente che abbia mai conosciuto, Molly. Persino più di Sherlock, che non perde occasione per mettersi in mostra e vantarsi di se stesso >> gli duole confessare.
<< Ma neppure lui si sbottona più di tanto >> dice e subito porta la mano alle labbra. << Pessima scelta di parole >> ridacchia nervosa e Greg con lei. << Intendo dire… se fosse interessato a… se non gli interessassero le donne, immagino che me lo direbbe >>.
Con un tempismo perfetto la cameriera giunge con i piatti, spezzando il ritmo della conversazione. Per un lungo momento restano entrambi in silenzio ad occuparsi delle pietanze. C’è una notevole dose di tensione a questo tavolo. Avrebbe dovuto immaginarselo, maledizione.
<< Non lo darei così per scontato >> dice Greg, catturando nuovamente la sua attenzione. << Sherlock è il tipo che si spertica in mille deduzioni sul prossimo, ma di se stesso non dice nulla. Non so se faccia parte del personaggio che si è costruito oppure se sia semplicemente riservato >>.
Come poco prima, la ragazza abbassa lo sguardo sul piatto e interrompe la conversazione. Deve essere difficile per lei non solo parlarne, ma anche ascoltare quel che lui le dice.
<< E’ vero, lui non si fa problemi a dire in faccia ciò che pensa a chicchessia di qualunque cosa si tratti >> sospira la ragazza, gli occhi bassi sul cibo col quale giocherella << E’ possibile, come hai detto, che non parli di sé per questi motivi. Proprio perché è così perspicace, però, potrebbe almeno… non dovrebbe neppure dirmi palesemente ‘sono gay’ >> dice zittendosi all’improvviso per guardarsi attorno. Alza lo sguardo a incontrare il suo e sospira sentendosi scoperta. Greg vorrebbe prenderla la mano e rincuorarla, farle capire che con lui quello che per lei è un segreto da non rivelare è al sicuro. Resta, invece, immobile, incapace di dire o fare alcunché.
 << Potrebbe anche solo dirmi ‘Molly, non mi interessi!’ >> sussurra la ragazza, facendosi piccola piccola. << Io mi metterei l’anima in pace. Lui, invece, si ostina a lasciarmi sospesa e, benchè io abbia capito di non interessargli, ormai è diventata una sfida con me stessa >>.
<< Una sfida al massacro, Molly >> dice sincero. << Perché sbatterci così tanto la testa contro? >>.
<< Sto iniziando a chiedermelo anche io, Greg >> sospira. << Credo siano i suoi occhi >>.
<< Beh, sono di un colore indefinibile, ci può stare possano attrarre >>.
<< No, non è per il colore o la forma o queste cose più anatomiche >> si affretta a precisare. << E’ per quello che dicono. Ci hai mai fatto caso? >> gli chiede guardandolo senza esitazioni. << Quegli occhi sono capaci di inquietare, di mettere a disagio con quella continua analisi deduttiva che fanno. Ci si sente come passati ai raggi X e non è per nulla piacevole >>.
<< Già >> ne conviene Greg.
<< Poi quelle deduzioni te le spiattella in faccia, come un’immagine pornografica che non nasconde nulla e mette tutto in bella mostra. E si reagisce proprio allo stesso modo: con imbarazzo, repulsione, ma anche con curiosità e interesse. Solo che non lo si può manifestare quell’interesse. Farsi vedere interessati alla pornografia non sta bene, infondo, no? >>.
<< Per nulla >>.
<< Eppure sotto sotto ci accende di curiosità e desiderio. E penso sia questo che i suoi occhi non dicono, Greg. Raccontano tutto di chi deducono, ma nulla di chi deduce. Allo stesso tempo, però, è come se attraverso quelle deduzioni tentasse di portare l’altro a sé. Tentasse, in qualche modo… >>.
<< … di sedurlo >> conclude Greg.
<< Proprio così >> annuisce soddisfatta che il suo ragionamento sia stato seguito. << Lui ci seduce continuamente. Forse John, a differenza di tutti noi, anziché allontanarlo malamente ha agito nel verso opposto. Ha trovato fantastica la sua mente e sopportabili i suoi modi, tanto da essere l’unico, a conti fatti, a resistergli accanto. Forse è anche per questo che circolano quelle voci, non credi? Non ci vuole poi molto a dire ‘Ah, ma allora c’è qualcosa di più!’, solo perché John ha accettato le caratteristiche, seppur bizzarre, di un uomo solitamente da tutti allontanano >>.
<< E se, invece, non fossero solo voci? >> la sfida lui, pensando a quanto Margaret gli ha detto su di loro. << Se davvero fosse iniziata così e poi si fosse evoluta in qualcosa di più? >>.
<< Beh… >> resta in silenzio Molly, contemplando il proprio piatto. << Non ci sarebbe nulla di male, comunque >> risponde sincera. << Anzi, sarebbe tutto più chiaro e, in un certo senso, sarei anche felice per loro >>.
“E libera di dedicarti a qualcun altro” pensa tra sè Greg.
<< Lo sarei anche io >> dice e si rende conto di crederlo davvero. Infondo si ritiene loro amico. Forse più chiaramente amico di John, nonostante lo conosca da meno tempo, e se dei suoi amici sono felici perché non potrebbe esserlo anche lui per loro.
<< Vedi, ad esempio nessuno si è mai sognato di pensare che ci fosse qualcosa tra te e     Sherlock >> continua Molly e a Greg va quasi di traverso il boccone.
<< E’ perché avrebbero dovuto farlo? >>.
Molly lo guarda stupita e lui si rende conto di averla posta con un po’ troppa aggressività questa domanda. Vorrebbe scusarsi, ma pensa sia meglio tacere e attendere che lei faccia la prossima mossa.
<< Beh >>, balbetta imbarazzata, << non lo ha pensato nessuno proprio perché tu lo rimproveri, ti lascia andare a qualche battuta su di lui, ogni tanto e sei incredulo e infastidito delle sue deduzioni, Non lo accetti per quello che è, insomma >>.
Non si era mai reso conto di essere così come Molly lo ha descritto. Si dispiace del fatto che Margaret non sia lì ad ascoltare le sue parole. Si renderebbe conto di quanto siano stupide le sue accuse. Greg sorride e scuote il capo, ancora incredulo del fatto che davvero la sua ex la pensi così.  
<< Eppure, sai, c’è una persona convinta che tra noi ci sia una tresca sessual-romantica che dura da anni >> dice, sentendo il bisogno di parlarne e Molly è una persona riservata della quale sente di potersi fidare.
<< Chi? >> gli chiede. La ragazza si sporge curiosa verso di lui e per un istante Greg rivede in lei Margaret, spinta dalla stessa curiosità quando, con fare misterioso, al loro primo appuntamento le aveva svelato di svolgere un lavoro molto delicato e importante.
<< La mia ex moglie >> svela, lasciando Molly a bocca aperta. << E pare che il motivo del suo essere diventata ex sia proprio questo. Peccato che non mi abbia mai rivelato prima di ieri cosa l’abbia spinta a lasciarmi. Diceva sempre che era a causa del mio lavoro e, invece, è a causa di una delle persone con le quali saltuariamente lavoro >>.
<< Oddio, che brutta situazione! >> sussurra Molly esterrefatta.
<< Terribile >> ammette Greg, passando una mano sul volto. << E dire che quando stavamo insieme da poco una collega mi si è attaccata addosso come una ventosa. Non la smetteva di provarci facendomi capire in ogni modo quanto fosse disponibile, ma io l’ho ignorata. Quando Lizzy aveva pochi mesi è successa la stessa cosa, e questa volta era una sovrintendente. Dico, avrei potuto ottenere un avanzamento di carriera nel giro di una notte di sesso o essere sbattuto a dirigere il traffico per non averla accettata, eppure l’ho ignorata, passando i miei bei guai, credimi. L’ultima occasione c’è stata tre anni fa’ e devo ammettere che resistere è stata dura, data la tensione in famiglia, eppure l’ho ignorata per il semplice fatto che io la amo >> dice per poi interrompersi riflettendo su quell’ultima parola. << La amavo >> corregge grattandosi la testa. << Cristo, non lo so. Non so più niente >> ridacchia amaramente. << So solo che le sono stato sempre fedele e lei si è messa in testa che avessi perso la ragione per la persona più improbabile, che non ci ha neppure mai provato con me, giusto per essere chiari >>.
<< Anche lo avesse fatto non ci sarebbe stato nulla di male >> dice la ragazza facendo spallucce. << Se un uomo ci prova con te non vuol dire che anche tu sia gay o bisex o chissà cos’altro. Vuol dire solo che sei un bell’uomo per il quale valga la pena tentare un approccio >>.
Molly sembra rendersi conto solo dopo un attimo di quanto ha detto e arrossisce vistosamente, cosa che fa fare una capriola al cuore in subbuglio del detective.
<< Grazie, Molly >> le dice prendendole la mano. << Quel che dici mi fa bene all’autostima, davvero >>.
<< Ho detto solo la verità >> dice sorridendo con più sicurezza, mentre gli stringe a sua volta la mano. << E penso che un’altra verità sia che la tua ex moglie è una grandissima stupida! >> dice seria facendolo ridere di gusto. << Dico davvero, Greg! Aveva al suo fianco un uomo pronto a gettare al vento la possibilità di tradirla per ben tre volte e lo molla per il sospetto che abbia perso la testa per un uomo. Penso tu abbia tutto il diritto di lasciartela alle spalle e andare avanti >> dice stringendogli la mano. Per la prima volta Greg sente che, sì, può farlo, perché Margaret è stata davvero stupida.
 “Potremmo andare avanti insieme” si dice nel suo retro cranio, ma bada bene di tenere per sè quel pensiero. Non si sente ancora pronto, non per una relazione seria, comunque. E Molly ha sofferto abbastanza per ritrovarsi ad avere accanto un uomo confuso e poco sicuro di sé come sente di essere lui in questo momento.
Il telefono suona strappandoli da quel momento di complicità.
<< Anderson >> sbuffa e si rende conto di pensarla, in questo momento, di avere per l’agente della scientifica la stessa opinione del consulente investigativo. Si scusa con Molly e risponde.
<< Capo, volevo darti un’anteprima del rapporto che ti sto inviando via e-mail. A proposito, grazie per avermi messo Jordan alle costole >> dice e Greg ridacchia sotto i baffi, ripromettendosi di offrire un caffè al ragazzo.
<< Se i suoi modi funzionano così bene provvederò di sguinzagliartelo dietro molto più spesso, Phillip >>. Molly sorride della sua battuta e lui le strizza l’occhio facendola arrossire.
<< Ho esaminato i reperti consegnati dalla Hooper e ti confermo la presenza di tracce di polvere da sparo sulle mani della Jackson. Possiamo confermare, quindi, che ha davvero premuto il grilletto e ucciso il marito >>.
<< Hai ritrovato altri proiettili nella stanza? >>.
<< Nessuno. Neppure nella pistola, a dire il vero >> dice e la cosa colpisce Greg.
<< Altri elementi che possano portare a pensare che non fossero da soli? >>.
<< No, nessuno. La scena era pulita e ordinata come l’hai vista. Nessuna impronta che non appartenesse alle vittime, nessun elemento fuori posto. Pare proprio che si tratti di un omicidio -  suicidio, capo >>.
<< Quindi tu mi stai dicendo che una donna che non ha mai preso un’arma in vita sua l’ha caricata con due soli proiettili e ha sparato colpendo dritto al cuore il marito? >> dice trovando assurde le sue stesse parole.
<< Proprio così, capo >> ribatte fiero Anderson. << La pistola era regolarmente registrata a nome di Alfred Jackson, che l’ha acquistata quattro mesi fa’. Risulta anche, dai tabulati, che si è recato al poligono di tiro due volte negli ultimi mesi  È possibile che siano andati insieme >>.
<< Certo, come no, è possibile anche che la moglie fosse un provetto cecchino >> sospira alzando disperato gli occhi al cielo. << Anderson, stiamo parlando di una donna che quell’arma l’avrà vista nelle due occasioni in cui il marito l’ha presa per recarsi al poligono. Che si tratti di omicidio o di doppio suicidio trovo impossibile che la mano non le sia tremata e che si sia sentita sicura al punto da non introdurre più di due proiettili nel tamburo >>.
<< Magari non ne ha avuto il tempo >> ipotizza il poliziotto messo alle strette.
<< Certo, noi risolviamo i delitti con le ipotesi >> sbuffa Greg. << Senti, chiudiamola qui >> dice mettendo a tacere un suo tentativo di ribattere. << Appena torno in centrale controllo tutto e porto avanti le indagini >>.
<< Vuoi proseguire con le indagini? >> gli chiede esterrefatto Anderson. << Capo, non c’è nulla da indagare. Siamo di fronte a un omicidio - suicidio. Possiamo anche ipotizzare un doppio suicidio, ma non c’è davvero altro motivo per stare ancora su questa storia >>.
Greg stringe forte il pugno e prende un buon numero di respiri. Vuole evitare di scoppiare e riversare tutte le sue miserie su questo idiota. Poi è pur sempre a pranzo con una donna e mostrare il peggio di sé non è proprio il massimo per fare colpo.
<< Fino a prova contraria, Anderson, spetta a me decidere se un caso è pronto per essere chiuso e finchè non mi sarò tolto tutti i dubbi resterà aperto, che ti piaccia o no! >> dice tra i denti. << Ti ringrazio per avermi dato il tuo prezioso parere >> aggiunge chiudendogli la chiamata in faccia.
Stringe il telefono troppo forte tra le mani e sente sotto la pelle, nella pancia, in tutto il corpo una vibrazione che fatica a controllare.
<< Perdonami per il triste spettacolo del quale ti ho resa partecipe >> dice a Molly, faticando persino a sostenere lo sguardo di lei.
<< Phillip è uno stronzo >> dice la ragazza cogliendolo di sorpresa. Alza lo sguardo a incontrare il suo ed entrambi esplodono in una grassa risata che cattura l’attenzione di non pochi presenti.
<< Non avrei saputo dirlo meglio >> dice Greg tra le risate. << Io ho sempre cercato di difenderlo, ma devo dire che Sherlock ha davvero ragione a trattarlo come lo tratta >>.
<< Sì, devo dire che uno come lui se lo merita >> annuisce Molly asciugando le lacrime allegre con attenzione per non far sbavare il trucco. Greg non ricorda fosse truccata quando è arrivato in obitorio. Prova uno strano piacere all’idea che si sia truccata a posta per questo loro pranzo insieme. Da un bel po’ non gli capitava che una donna si metta in tiro per lui.
“Forse come uomo valgo ancora qualcosa” dice, allontanando l’idea che sempre più sta facendosi strada nella sua testa di essere troppo vecchio, troppo stanco, troppo noioso e troppo trasandato per poter suscitare interesse in una donna.
<< Penso tu faccia bene a tenere il caso aperto. Io non chiudo mai un corpo finchè non ho dissipato tutti i dubbi, altrimenti non ci dormo la notte >> dice riavviando imbarazzata una ciocca dietro le orecchie. In effetti ha sentito dire in giro di quanto sia pignola e precisa, quasi maniacale sul lavoro, la giovane patologa. << Il nostro lavoro è importante e carico di responsabilità. Non si può essere approssimativi, non con la vita degli altri >>.
Greg annuisce del tutto d’accordo con lei. Si rende conto di quanto stia davvero iniziando a piacergli questa donna.
<< Ti ringrazio, Molly >> le dice prendendole nuovamente la mano. << Non tutti si rendono conto di quanto davvero sia così. Chiuderò il caso solo quando lo riterrò necessario. Fino ad allora, se ci capiterà di rivederci in prossimità dei pasti e vorrai onorarmi della tua presenza ne sarò felice >>.
La ragazza ride imbarazzata e annuisce riavviando la stessa ciocca di poco prima dietro l’orecchio. Forse è stata la frase più strampalata e assurda che ha mai usato per un invito, ma sembra aver avuto successo. Sicuramente ha mandato a quel paese il buon proposito di restare sulle sue in nome della confusione di cui si sente preda.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Buongiorno a tutti!
Sono riuscita a ritagliarmi un momento per pubblicare questo nuovo capitolo. Spero sia di vostro gradimento.
Buona lettura
A presto
Patty
 
Capitolo 5
 
La signora Jackson era ferma e immobile tra il divano e il tavolino basso. Il suo corpo era stato ritrovato sul pavimento, caduto in modo scomposto. Riverso sul fianco destro, in linea con la traiettoria del proiettile che le ha attraversato il cranio dalla tempia sinistra. Il marito, invece, era fermo a tre metri di distanza, dalla parte opposta del salotto. È caduto di schiena. La pallottola che gli ha squarciato il cuore è andata a conficcarsi nella parete alle sue spalle, la stessa contro la quale ha urtato, scivolando poi lentamente fino al pavimento.
Greg osserva la lunga scia di sangue che ha disegnato sull’intonaco bianco. Come se alfred Jackson avesse voluto lasciare un’ultima traccia di sé su questo mondo.
<< Sì, è possibile che nostra figlia avesse dei problemi e noi non ce ne siamo accorti o non li abbiamo voluti vedere o… o non lo so >> aveva detto l’uomo quando il corpo della figlia giaceva ancora, ormai freddo, sulla moquette della sua cameretta.
“Problemi che tu hai contribuito a creare” pensa Greg. “Ti sarai sentito in colpa, vecchio mio. Io sarei impazzito dal dolore”.
Passa la mano sul viso e si rende conto di come questa tremi leggermente. Alfred Jackson non gli era sembrato, però, preda del senso di colpa, quella mattina. Sicuramente sconvolto e sotto shock, ma non colpevole, neppure quando ha ammesso la loro possibile mancanza. È stata sua moglie ha dare di matto. Lei ha sottolineare come non avessero tenuto conto del malessere della figlia.
“Era lei ha sentirsi colpevole” pensa, volgendo lo sguardo alla macchia scura ancora presente sul parquet. È possibile che quel senso di colpa nascesse dall’aver coperto la dipendenza da gioco d’azzardo del marito. Si è sentita complice del lento declino dell’economia familiare, obbligata a fare i salti mortali per mantenere le apparenze in questo quartiere di ricconi perbene.
“Oppure avevi anche tu le tue colpe, che nulla c’entrano con quelle di tuo marito” pensa Greg, e Margaret si sostituisce, nei suoi pensieri, a questa donna. Lei che è stata zitta, decidendo di mandare in malora il loro matrimonio, senza affrontare l’argomento che più la turbava e che una volta chiarito avrebbe potuto mettere a posto le cose. “Chissà, è anche possibile che tuo marito non avesse alcuna colpa, se non quella di essere poco presente, e che tutto questo casino l’abbia messo in piedi solo tu” esagera, rendendosi conto di stare prendendo una strada del tutto diversa che lo allontana dall’indagine.
<< Quel che ha fatto per… il modo in cui lo ha fatto è strano, non trova? >> aveva chiesto Jackson a Sherlock, riferendosi al modo in cui la figlia aveva deciso di togliesi la vita.
“Anche il modo in cui voi avete deciso di passare a miglior vita è strano” riflette Greg.
Una donna come la Susan Jackson, incensurata, impeccabile sul lavoro così come nella vita privata, come ha potuto sparare dritto al cuore del marito? Non lo ha colpito da una distanza ravvicinata, che l’avrebbe aiutata a non sbagliare, ma da ben tre metri. Ha avuto una mano troppo ferma per una donna in preda alla disperazione.
“No, non posso credere neppure alla lucidità della follia” sbuffa scuotendo il capo dinanzi all’ennesima ipotesi campata in aria che Anderson gli ha sciorinato consegnandogli il fascicolo.
“Questi lividi, poi” pensa riprendendo dal rapporto di molly la foto dei lividi trovati sul corpo Di Susan. “No, ci sono troppe cose che non mi tornano” conclude, ancora più convinto dell’importanza del proseguimento delle indagini.
Un rumore alle sue spalle lo distoglie dai suoi pensieri. Si volta e con poca gioia trova Donovan, ferma a pochi passi dalla porta d’ingresso. Le braccia incrociate al petto e l’espressione che è solita mettere su quando si prepara per una ramanzina. 
<< Non dovevi essere ad Hammersmith, per l’uomo ritrovato senza vita nei magazzini di un supermercato della catena Tesco? >> le chiede tornando ai rapporti che tiene in mano.
<< L’uomo è morto a seguito di un infarto. Era un senzatetto che aveva preso l’abitudine di nascondersi lì per la notte >> dice, facendo qualche passo verso di lui. << Phillip mi ha detto che eri qui e che non hai intenzione di chiudere il caso >>.
<< Proprio così >> dice e la sente sbuffare una risatina. Vorrebbe voltarsi verso di lei e caricarla di insulti, ma decide di soprassedere e restare fermo al suo posto.
<< E’ un semplice caso di omicidio - suicidio, Greg. Perché ti ostini a volerci vedere altro? >>.
<< Forse perché c’è dell’altro >> sbotta, voltandosi verso di lei. La donna fa un passo indietro, sorpresa dai suoi modi aggressivi.
<< Cosa? >> gli chiede decisa a tenergli testa. << Non abbiamo trovato nulla che non confermi la tragedia avvenuta >> gli dice parlando lentamente, come si trovasse dinanzi ad un uomo con dei problemi. << Io… posso immaginare quanto sia stata dura per te questa storia del Fenix… >>.
<< No, Sally, non credo proprio tu possa >> sbotta lanciandole un’occhiataccia. << Non ti sto obbligando a stare sul caso, come vedi, quindi lasciami portare avanti il mio lavoro e torna al comando >>.
<< Sono solo preoccupata per te >> ribatte lei. Distoglie lo sguardo e stringe ancora più forte le braccia al petto. Non è la prima volta che Sally lo affronta apertamente. Di solito al centro delle loro discussioni c’è il consulente investigativo, la cui presenza la donna proprio non tollera. Ora, però, sembra quasi imbarazzata, come se ammettere quella preoccupazione le fosse costato caro.
<< Grazie, ma non ce n’è bisogno >> le dice abbassando i toni.
Riceve un messaggio al cellulare, guarda chi è il mittente e lo rimette in tasca.
<< Lo stai ignorando? >> gli domanda lei stupita, cogliendolo di sorpresa.
<< Di cosa stai parlando? >>.
<< Ogni volta che il freak ti scrive fai una smorfia. Un misto tra un sorriso o un’imprecazione. Ho imparato a riconoscerla, quindi, non tentare di fregarmi >> gli dice puntandogli il dito contro. Greg porta la mano alla bocca, incredulo di avere una reazione così evidente. << E’ lui che ti ha chiesto di tenere aperto questo caso? >> lo incalza Sally, coprendo la distanza che li separa. << Tu non hai bisogno di lui, Greg. Smettila di giocare a fare l’assistente del consulente investigativo >>.
<< Sto facendo il detective >> ribatte con un tono di voce più alto. << E’ mia responsabilità dichiarare la conclusione di un’indagine e finchè non avrò trovato il senso di queste irregolarità io il caso non lo chiudo. Dal momento che sono il tuo capo, ti invito a stare al tuo posto e a non giudicare i miei metodi >>.
 La donna serra i pugni e chiude gli occhi, intenzionata a sedare un’esplosione. La sua furia è, però, bene impressa nell’occhiata che gli lancia.
<< Ti farà solo del male avere a che fare con lui >> dice in tono greve. << Quel freak non si rende conto del male che fa alle persone che si affidano a lui. E’ il caso quello che gli interessa, non la persona che glielo propone e delle conseguenze alle quali questa potrà andare incontro non ci pensa >>.
<< Conseguenze? >> le chiede, sentendo lo stomaco chiudersi in una morsa mozzafiato.
<< Il suo ‘amico’ racconta dei casi che seguono insieme sul suo blog e sta ottenendo successo. Molti di questi glieli procuri tu e anche se Watson non fa apertamente il tuo nome si sa a chi sono stati affidati a Scotland Yard >> sospira e la sua espressione si addolcisce. << Io sono preoccupata solo del fatto che tu possa perdere il tuo lavoro a causa sua, Greg. Sherlock non dovrebbe mettere piede sulle scene del crimine, come qualunque altro civile, invece è sempre tra i piedi. Dacci un taglio e chiudi questo caso >> dice posando la sua mano su quella di lui.
Greg deve ammettere che non aveva pensato a questa possibilità. Sa bene di commettere una violazione del regolamento ogni volta che contatta Sherlock, ma ora che, grazie a John, il suo nome sta iniziando a circolare sul web si rende conto che Donovan ha ragione. Sherlock è stato già la causa indiretta della fine del suo matrimonio. Non vorrebbe davvero che potesse essere la causa diretta del suo licenziamento.
Il detective si limita ad annuire e sente la mano di lei stringere più forte la sua. Sally sorride, sicuramente soddisfatta di aver avuto l’ultima parola, ma c’è anche della dolcezza sul suo viso.
<< Torniamo in centrale insieme? >> gli chiede.
<< No, devo andare a prendere i miei figli >> dice dando un’occhiata all’orologio.
<< Allora ti precedo. A più tardi >> dice strizzandogli l’occhio, gesto che non è assolutamente tipico di lei. Non con lui, almeno.
Greg resta imbambolato, lo sguardo rivolto alla porta. Riceve un altro messaggio che lo scuote dai suoi pensieri. Prende il cellulare e apre il primo.
 
Perché non mi hai detto nulla dei Jackson!
L’omicidio-suicidio non mi convince.
Attendo dettagli. SH
 
<< Siamo in due a non esserne convinti >> sospira, sentendosi rincuorato dal dubbio del consulente. Non sta impazzendo e non sta neppure rivivendo il potenziale e triste futuro che lo avrebbe atteso se la figlia si fosse suicidata. Apre il secondo da parte di John.
 
Come te la passi, Greg?
Sei riuscito a domare la tigre o ne sei uscito a brandelli?
 
Abbozza appena un sorriso alla battuta di John. Resta a guardare i due messaggi, l’uno sopra l’altro, e si rende conto di non avere voglia di rispondere a nessuno dei due.
Quanto ha detto Sherlock ha rinforzato la sua convinzione e scacciato l’idea di chiudere il caso sull’onda delle parole e delle preoccupazioni di Donovan.
<< Dietro a un gesto di questo tipo possono esserci mille motivazioni, signor Jackson >> aveva detto il consulente al padre disperato che si chiedeva se non fosse strano il modo in cui la figlia ha deciso di togliersi la vita.
Quali possono essere le motivazioni che hanno portato Susan Jackson ad agire così? Se si mette un attimo da parte la disperazione per aver perso una figlia e la rabbia verso il marito visto come colui che ne ha causato la morte, cos’altro può esserci?
<< Sembra essere tutta colpa di tuo marito >> dice a una foto incorniciata e appoggiata sul camino, che ritrae l’allegra famigliola con i calici alzati per un brindisi. << Le responsabilità, però, di solito sono divise al cinquanta per cento. Non posso immaginare che la tua percentuale verta solo sull’essere stata complice del suo vizio per il gioco >>.
Qualcosa nella foto cattura il suo occhio. Prende in mano la cornice e la porta più vicina per osservarla meglio.
<< Che mi venga un colpo! >> esclama, volgendo lo sguardo alla macchia di sangue della donna ancora presente sul parquet. Susan tiene il calice con la mano destra, mentre sia Anderson che Molly concordano nel dire che la donna si è sparata alla tempia sinistra. Le tracce di polvere da sparo sono state riscontrate, inoltre, solo sulla mano sinistra.
Greg inizia a portare l’attenzione a tutte le foto presenti nel salotto, ma non ne trova altre che possano aiutarlo a capire se questo sia solo un caso, oppure se la donna fosse solita usare la mano destra. Fa il giro della casa senza ottenere risultati e inizia a cercare nelle librerie, nei cassetti qualche album fotografico.
<< Cristo, eri grande abbastanza da avere avuto delle foto vecchio stile >> borbotta nervoso.
Finalmente trova l’album del matrimonio. Scorre le foto alla ricerca di quella più importante e quando la trova si lascia scappare un’imprecazione. Eccola Susan, molto più giovane e sorridente, firmare il suo nuovo status di donna sposata. È con la mano destra che stringe la penna. Scorre le altre foto e in ognuna trova una posata, un bicchiere, un regalo mostrato alla camera con orgoglio, tutti portati con la mano destra.
<< Bella mia, tu non eri affatto mancina! >> esclama euforico. << E ti ringrazio perché ho scoperto due cose: la prima, che non puoi essere stata tu ad uccidere tuo marito rivolgendo poi l’arma a te stessa. La seconda, che ho il piacere di avere a che fare con un killer mancino >>.
Prende il cellulare, apre il messaggio di Sherlock e si prepara a informarlo di quanto ha scoperto. Resta, però, a guardare il cursore lampeggiare. Non ha voglia di metterlo al corrente di quanto ha scoperto.
“E’ il mio caso, questo!” pensa rimettendo il cellulare in tasca.
<< Nella mia, non vedo l’ora di scoprire quali sono gli scheletri che hai nell’armadio. Perché immagino che siano parecchi >> dice alla sorridente e giovane sposa ritratta nella foto. Chiude l’album, lo mette a posto e prende nuovamente il telefono chiamando un numero dall’agenda.
<< Jordan, mi ricordi dove si trova la società di assicurazioni di Susan Jackson? >> chiede all’agente, senza dargli neppure il tempo di dire ‘pronto’. Il ragazzo resta un attimo interdetto, bofonchia qualche monosillabo prima di attivarsi nella risposta.
<< A Wembley,  al 107 di Chaplin road, di fronte all’accademia di polizia. Qualcosa non va, ispettore? >> gli chiede con un velo di ansia nella voce. Ha redatto lui il rapporto sui coniugi e Greg pensa sia più che possibile che si senta chiamato in causa.
<< Voglio dare un’occhiata agli affari di quella donna, tutto qui >> gli dice uscendo dalla casa.
<< Se posso esserle utile mi precipito sul posto >>. Greg ride tra sè della baldanza del ragazzo.
<< No, Jordan, resta al comando. Vai da Donovan e vedi se ha un caso sul quale piazzarti >> dice immettendosi nel traffico.
<< Capo, scusi se insisto, ma, dal momento che ho portato avanti io le indagini sulla coppia e redatto il rapporto, vorrei poterla affiancare in questo nuovo sopralluogo >>.
Greg si chiede cosa stia succedendo ai suoi agenti, che si sentono giustificati dal mettere in discussione le sue decisioni.
<< Ci confronteremo non appena sarò di ritorno, Jordan >> gli dice con un tono che non lascia spazio a repliche. Il ragazzo mangia la foglia e bada bene di non aggiungere altro.
Il traffico è come al solito impossibile e rischia di metterci il doppio del tempo, già lungo, per raggiungere il luogo. Mentre guida veloce, bruciando qualche semaforo, riceve un altro messaggio.
 
Non mi starai mica ignorando, Lestrade? SH
 
<< E’ bene che anche tu possa provare che effetto fa’ >> sbotta tra le risate, rimettendo il telefono in tasca.
Riceve altri messaggi durante il tragitto, ma bada bene di ignorarli. Giunge in Chaplin road dopo tre quarti d’ora trascorsi nel traffico.
Suona il campanello del civico 107 e mostra il distintivo alla donna in tailleur bordeaux che viene ad aprirgli la porta.
<< Sono l’ispettore Lestrade, sono qui per farle qualche domanda sulla signora Jackson >>.
<< Avevo detto tutto ciò che sapevo all’agente che era stato mandato qui >> dice la donna nervosa.
<< Ci sono state delle evoluzioni nel caso >>.
 << Certo >> ribatte, mordendo le labbra. << Mi trova per puro caso. Ero venuta qui a prendere le mie cose >> aggiunge, invitandolo ad entrare. E’ come se questa donna ci tenesse a prendere le distanze da qualunque cosa stia per chiederle.
È molto chic l’ingresso d questa compagnia d’assicurazioni per persone più che benestanti, ormai prossima alla chiusura.
<< Lei lavorava qui? >> le chiede Greg.
<< Sì. Mi chiamo Eleonor Marshall e, come ho già detto al suo collega, ero la segretaria personale della signora Jackson >> dice stringendo le mani l’una nell’altra in un chiaro segno di agitazione.
La mia presenza qui la inquieta e mi domando perché” si chiede Greg.
<< Quali sono state le cause che hanno portato l’agenzia al fallimento >> le chiede appoggiandosi al bancone di quella che era la reception.
<< Beh… diciamo che la signora Jackson ha fatto dei prestiti alla persona sbagliata >> dice la donna imbarazzata.
<< Si riferisce al vizio del gioco del marito? >> le chiede e lei annuisce e stringe ancora più forte le mani l’una contro l’altra.
C’è qualcosa nel nervosismo di questa donna che fa drizzare le antenne a Greg. La capirebbe se fosse arrabbiata con il marito del suo capo o triste per la situazione che questa viveva e che ha portato lei a perdere il suo impiego, ma quest’ansia così mal gestita non ha alcun senso.
<< La lascio tornare alle sue cose, signora. Io faccio da me >>.
La donna strabuzza gli occhi e la cosa allerta ancora di più Greg. Immaginava sarebbe stata sollevata all’idea di potersene andare e, invece, sembra preoccupata di saperlo intento a fare da sé. Annuisce poco convinta e si allontana per entrare in quello che deve essere il suo ufficio.
Greg prende posto al computer della reception e ne controlla il contenuto. Non trova nulla che possa indicare qualche anomalia né amministrativa, né gestionale. Il libro dei clienti è impeccabile così come i bilanci. È tutto troppo perfetto, come lo era l’appartamento dei Jackson.
“E per questo mi puzza” dice, raggiungendo la segretaria nel suo studio. La donna trasale nel sentirlo arrivare, reazione esagerata che Greg appunta in memoria.
<< Era quello l’ufficio della Jackson? >> le chiede e lei si limita ad annuire. Greg vi entra, chiude la porta e si guarda attorno. Non c’è alcun computer alla scrivania. Si siede alla poltrona, comoda quanto quelle di Mycroft Holmes, e inizia ad aprire i cassetti della scrivania. L’ultimo è chiuso a chiave e lui lo scassina senza pensarci due volte. Ne tira fuori le agende personali della Jackson degli ultimi cinque anni. Le sfoglia senza riscontrare irregolarità né nulla che catturi la sua attenzione, fino a quella dello scorso anno. Dal mese di aprile la donna ha iniziato ad appuntare delle note strane  sulla sua agenda.
 
Ore 10. Porta tutto lì
 
Recita la prima annotazione che si ripresenta puntuale il primo mercoledì di ogni mese, fino a quattro mesi prima che la figlia si suicidasse.
<< Porta tutto cosa? E lì dove? >> si chiede massaggiando la barba ispida del mento. Greg si alza in piedi, esce dall’ufficio e fa trasalire nuovamente la segretaria.
<< Ho bisogno di parlarle >> le dice deciso a vederci chiaro.
<< Non ho altro da dire se non quello che ho già comunicato al suo agente >> insiste la donna, ferma in piedi dietro la sua scrivania. Rigida, gli occhi sbarrati e spaventati.
<< Ho trovato delle strane annotazioni sulle agende personali del suo capo dell’anno scorso e di quest’anno >> insiste piazzandole sotto il naso l’agenda aperta su una di queste. << Si interrompono quattro mesi prima della morte della figlia. Mi chiedevo se sapesse di cosa si tratta >>.
La donna osserva appena la nota e scuote il capo in modo meccanico.
<< Non lo sa? >> incalza Greg. << Pensa che le rinfrescherebbe la memoria venire con me in centrale? >>.
<< No! >> esclama decisa. Porta le mani alla testa e prende un profondo respiro insieme ad una decisione. << Io non c’entro nulla, voglio che sia più che chiaro che non c’entro niente! >> dice a gran voce prima di sedersi davanti al suo pc. << Gli incartamenti sono stati bruciati e ogni traccia sul pc cancellata. Io, però, ho copiato tutti i file su questa chiavetta >> dice mostrandogli una penna usb che collega al pc. << L’ho fatto perché non ero d’accordo con quanto stavano facendo. Susan, però, mi teneva in pugno e ho voluto assicurarmi una via d’uscita in caso mi fossi trovata in una situazione come questa >>.
La donna apre un file che contiene una tabella.
<< Chi sono queste persone? >> chiede Greg, buttando l’occhio qua e là sui nomi indicati nella tabella.
<< Coloro che sono stati truffati dal mio capo e dalla sua agenzia di assicurazioni >> dice la donna in tono greve. Greg la guarda con tanto d’occhi.
<< Susan Jackson truffava i suoi clienti? >> chiede esterrefatto.
<< Solo quelli che riteneva troppo stupidi per scoprirla. Circolavano tanti soldi qui, ispettore. Persone facoltose che non badavano se gli venivano chieste 1000 sterline in più, nè si preoccupavano di scoprire il perché. Il mio capo gonfiava le polizze, vendeva servizi inesistenti, si garantiva percentuali sui rimborsi e, nei casi più gravi, liquidava il cliente scusandosi per il fatto che l’assicurazione non coprisse il danno subito per poi intascarsi il rimborso. Era una donna arrivista e priva di scrupoli. Le confesso che non ho pianto affatto per la sua morte. Mi è spiaciuto solo per il marito >>.
<< E perchè? >> gli chiede Greg ancor più stupito.
<< Era un uomo buono, innamorato di quell’arpia al punto da fargliele passare tutte. È arrivato a dilapidare il suo patrimonio facendo fallire la sua azienda pur di aiutarla a pagare i suoi ricattatori >>.
<< Aspetti un momento, mi sta dicendo che qualcuno ricattava Susan Jackson? >>.
<< Due ex dipendenti >> annuisce la donna. << Loro non avevano nulla da perdere, al contrario di me, e hanno deciso di tentare il tutto per tutto. L’hanno tenuta per il collo e li ammiro per averlo fatto. Queste note che ha trovato sono relative ai giorni in cui li incontrava per dare loro il denaro. Rigorosamente in contanti, ovviamente >>.
<< E perché quattro mesi fa’ si sono fermati? >> chiede Greg e la donna si incupisce. Scuote lentamente il capo.
<< Non lo so, mi creda >> sospira. << So solo che negli ultimi mesi era diventata più nervosa e insopportabile del solito >>.
Greg passa la mano sul volto incredulo. Quanto gli sta rivelando la segretaria di Susan Jackson è esattamente l’opposto di ciò che fin’ora hanno dato per certo. Il marito qui viene descritto come del tutto innocente e, anzi, vittima delle circostanze e la moglie come la peggiore delle arpie. Greg cerca di ignorare l’intima soddisfazione che sta provando e ancora una volta deve ricordarsi che non si tratta né di lui né della sua ex moglie ma dei Jackson.
La cosa che ora deve essere messa in chiaro è come mai il rapporto redatto da Jordan riportasse informazioni diametralmente opposte da quelle da lui appena scoperte.
<< Perché non ha detto tutto questo al mio agente? >>
La donna impallidisce e torna a tremare, particolare che Greg davvero non riesce a comprendere.
<< Il suo agente si è limitato a controllare i registri e i computer, non ha messo le mani tra le cose del mio capo >> dice storcendo il naso. << Alfred aveva deciso di mettere in cattiva luce se stesso pur di proteggere la moglie e io mi sono attenuta alla sua decisione, benchè non la condivida. Pensavo di essere salva. I giornali ne hanno parlato come di un doppio suicidio >> dice scuotendo il capo. << Non se lo meritava un uomo così, quella donna >> sospira affranta.
<< Chi erano i ricattatori? >>.
Eleonor rabbrividisce e porta una mano al viso.
<< Non può chiedermi questo >> dice scuotendo forte il capo.
 << Purtroppo sì. O qui o in commissariato, signora, a lei la scelta >> le dice, mettendola alle strette. La donna annuisce e richiama dal pc le schede dei suoi ex colleghi.
<< Alan Mcmanara e Jared Gregson >> dice. Greg si appunta gli indirizzi e il numero di telefono dei due.
<< Le consiglio di non lasciare la città. È possibile che abbia bisogno di interrogarla ulteriormente >>.
<< Io non c’entro nulla, ispettore! >> grida la donna perdendo del tutto il controllo. << Ero ricattata a mia volta da quella donna. Avrebbe sospeso il rimborso delle cure mediche per mio figlio da parte della polizza che avevo stipulato, se non avessi fatto ciò che voleva >> dice tra le lacrime che le sciolgono il rimmel disegnando lunghe strisce nere sulle sue guance. << Lei ormai è morta, ispettore. Così come il marito e la figlia, perché indagare ancora? >>.
<< Perché delle persone sono state truffate e due uomini hanno agito a scopo di estorsione >> le dice severo, sedando la sua crisi. << Le prime meritano giustizia, le seconde la dovuta punizione. Devo chiederle di consegnarmi la chiavetta. Quelle che vi ha copiato sopra sono prove importanti. Se davvero anche lei era vittima di ricatto il giudice e i giurati ne terranno conto >>.
La donna sembra rifletterci su e annuisce tirando su col naso. Gli consegna la chiavetta e si siede sulla sedia. Greg la lascia così, persa nella contemplazione di quanto si è trovata a dover fare a causa del suo capo, mentre lui si affretta a lasciare quell’agenzia pronto a tornare in commissariato. Vuole togliersi la soddisfazione di sventolare le nuove informazioni ottenute sotto il naso di Donovan, chiedendole se è ancora dell’idea che stia sbagliando a lasciare aperto il caso.
Si rende conto, però, che rischia di fare tardi per andare a recuperare i figli da scuola. Mette al sicuro nella tasca della giacca la chiavetta usb e si dirige verso la scuola di George.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Buonasera a tutti!
Eccovi un nuovo capitolo, nel quale i nodi iniziano a venire al pettine. Spero vi piaccia.
Buona lettura
A presto
Patty
 
Capitolo 6
 
George è già fuori da scuola quando Greg accosta. Si apre in un bellissimo sorriso ne rendersi conto del suo arrivo e si incammina svelto verso di lui.
<< Ciao papà >> lo saluta entrando in macchina. Fino a qualche anno prima quel saluto era accompagnato da un bacio. Greg deve ammettere che gli manca, sebbene comprenda perché il rituale sia stato interrotto.
<< Ciao Georgie, scusami se ho fatto tardi. Ero dall’altra parte della città >> dice immettendosi nel traffico diretto alla scuola della figlia. << Finita la tortura per oggi? >>.
<< La mia sì. Tu, invece? Hai avuto notizie da Sherlock? >> gli chiede e nota come gli si illuminino gli occhi quando parla del consulente. Greg sente il peso dei messaggi ai quali non ha ancora risposto. Non gli piace mentire ai figli, dal momento che si è impegnato nell’insegnare loro a non farlo, ma di ritrovarsi impelagato in una discussione fatta di perché e per come non ne ha voglia.
<< No, ma è normale. Mi contatterà solo quando avrà in mano tutti i pezzi del puzzle >> mente, rendendosi conto di come sia lui ad attendere di avere un quadro completo della situazione per decidersi a rispondere a quei messaggi.
<< Ma neppure John ti ha detto nulla? >> gli domanda sconsolato George. Suo figlio ha sempre avuto la capacità di metterlo alle strette con la sua curiosità.
<< No e a dire il vero non ho avuto tempo di chiedere nulla neppure io >> mente ancora. Se per Sherlock può giustificarsi con la scusa delle informazioni più dettagliate, a John non sa proprio dire perché non abbia ancora risposto. Forse per evitare che il consulente noti la cosa e lo martelli ancor di più di messaggi. O forse perché non ha voglia di raccontare proprio a lui come è andato il tentativo di discussione civile con la ex moglie, e soprattutto cosa ne è venuto fuori.
<< Stai lavorando a un nuovo caso? >> .
Gli scalda sempre il cuore vedere suo figlio così interessato al suo lavoro. Gli piacerebbe percorresse i suoi passi e diventasse a sua volta detective, ma allo stesso tempo, data la fine che ha avuto il suo matrimonio, non sa se sia una buona cosa da augurare al proprio figlio.
Greg sa bene quanto Margaret non voglia parli del suo lavoro ai figli, convinta che possa turbarli e sa anche che ha una riservatezza da mantenere sulle indagini. Non ha ancora avuto modo, però, di parlare con qualcuno di quanto ha scoperto nel sopralluogo all’agenzia di assicurazioni e forse è per questo che racconta a George perché non ha ancora chiuso quello che sembrava essere un semplice caso di omicidio - suicidio. Il ragazzino lo ascolta attento e Greg si fa talmente prendere dal racconto da dimenticarsi le censure che è solito fare dei particolari più raccapriccianti e di controllare il linguaggio, nel quale scivolano imprecazioni e parolacce.
<< Che storia! >> esclama soddisfatto ed euforico George, battendo le mani sulle ginocchia.
<< Tienitela per te >> lo avverte Greg, rendendosi conto di aver esagerato. Parcheggia davanti alla scuola della figlia e restano in auto in attesa che suoni la campanella.
<< Non parlerei neppure sotto tortura >> dice il figlio segnandosi una X sul petto. << Penso tu abbia fatto bene a insistere nel voler tenere aperto il caso. Fregatene di quello che pensa quella Donovan >> sbuffa incrociando le braccia al petto. << Secondo me ha un debole per te >> sghignazza.
<< Ma smettila! >> ribatte Greg, ridendo a sua volta. << Quella se la fa con Anderson, non vedo perché dovrebbe puntare anche me >>.
<< Forse perché ora sei single? >> gli fa notare il figlio.
Deve ammettere che non ci aveva mai pensato. A conti fatti, da cos’altro potrebbero essere mosse le attenzioni e le preoccupazioni che Sally dice di avere nei suoi confronti?
<< No, senti, toglitelo dalla testa! >> ribatte scuotendo il capo. << E comunque non è proprio il mio tipo >> aggiunge a scanso di equivoci.
<< E meno male! Ti ci vuole una donna che sappia cosa sia la dolcezza, papà. Di virago ne hai già avuta una. E generata un’altra >> aggiunge sottovoce, scorgendo la sorella arrivare verso di loro, a braccetto con un’amica.
Greg si stupisce di suo figlio. Si chiede chi sia questo giovane adulto che gli da consigli sulle donne, dicendogli persino di chi ha bisogno di avere accanto, e che fine abbia fatto il bambino che gli parlava di fumetti e rugby. Gli sembra di vederlo adesso per la prima volta con occhi diversi, che mettono a fuoco il filo di barba che gli adombra il viso, la corporatura un tempo esile che ora si sta facendo più massiccia. Ora si rende conto di quanto abbiano ragione coloro che gli dicono quanto George gli assomigli. Si è perso decisamente dei pezzi per strada e sebbene sia orgoglioso del giovane uomo che ha contribuito a donare a questo mondo, prova una profonda nostalgia per il bambino che lentamente sta perdendo.
<< Passa dietro, Georgie, e lasciami il posto >> intima Elisabeth al fratello, strappando Greg ai suoi pensieri.
<< Vacci tu dietro, sono arrivato prima io >> ribatte lui per nulla intenzionato a farsi prevaricare.
I due iniziano a battibeccare e Greg si rende conto di avere ancora a che fare con due bambini.
<< Lizzy, sali dietro >> sbotta ricevendo un’occhiataccia dalla figlia.
<< Ma io sono la più grande! >> ribatte avvilita .
<< Veramente qui dentro il più grande sono io. Siedi dietro e poche storie >>.
La ragazzina chiude, forse con un po’ troppa forza, lo sportello e si accomoda dietro dopo aver lanciato lo zaino. Incrocia le braccia al petto indignata e volge lo sguardo fuori dal finestrino.
Greg la osserva dallo specchietto retrovisore mentre avvia l’auto e non può fare a meno di notare lo stesso cipiglio della madre nella sua bella figlia. A quanto pare George ha ragione riguardo all’aver messo al mondo una virago.
<< Andiamo da te? >> gli chiede.
Da che se ne è andato i suoi figli non fanno altro che chiedergli di portarli a casa sua, curiosi (e anche un po’ preoccupati) di vedere come si sia sistemato. L’idea di condurli senza preavviso nel piccolo appartamento che ha dovuto trovare in fretta lo mette a disagio. Pensa al frigo vuoto di cibo e carico di birre. Al disordine che regna sovrano, fatto di abiti lasciati in giro e poca pulizia.
<< Papà ha tra le mani un caso interessante e deve indagare >> gli giunge in soccorso George. Il ragazzino gli sorride, ma quel che scorge Greg sul suo viso gli causa un’altra fitta allo stomaco. Ha lo sguardo addolorato, suo figlio, addolcito da un sorriso di compassione. Che George provi il suo stesso dolore e questo senso di disagio gli fa male. Elisabeth, poi, sebbene non ribatta a parole quanto dettole dal fratello, scuote il capo proprio come è solita fare la madre dinanzi alle sue incombenze lavorative, sempre pronte a portarlo lontano da casa.
<< Il caso può aspettare >> dice Greg, cogliendoli entrambi di sorpresa. << A casa non ho molto, ma possiamo passare a fare la spesa e organizzarci un the, che ne dite? >> butta lì, sull’onda delle emozioni nate da quel semplice movimento della testa della ragazza.
<< Il the delle vecchie signore inamidate. Io ci sto >> risponde entusiasta George, riportando il ricordo del gioco che era solito fare con loro quando erano più piccoli, dove l’ora del the si trasformava in una parodia dell’assurda nobiltà inglese.
<< Anche io, ma prendiamo i biscotti secchi anziché i dolcetti carichi di burro >> impone Elisabeth.
<< Guarda che ingrassi anche con i biscotti secchi, principessa >> ribatte in ragazzo. La sorella lo colpisce con uno scappellotto e, manco a dirlo, lui si volta a renderglielo.
<< Ehi, smettetela, sto cercando di guidare! >> ribatte Greg, che si pente già della proposta che ha fatto. << Prenderemo sia i biscotti secchi che i dolci burrosi ammazza-coronarie, così siamo felici tutti >>.
I ragazzi sembrano prendere bene questa decisione che porta la pace nell’abitacolo dell’auto, cosa difficile da ottenere negli ultimi tempi.
Per fortuna il negozio che ha sotto casa ha una pasticceria ben fornita e un’ampia scelta di tipologie di the. I ragazzi, ovviamente, battibeccano tra loro su cosa prendere, quanto prenderne e Greg si ritrova nuovamente a riportare l’equilibrio nell’universo.
Si guarda attorno, imbarazzato per il modo in cui è stato costretto ad alzare la voce, e incontra il sorriso di un’addetta al reparto. Aveva notato questa bella donna sulla trentina anche nelle altre poche occasioni nelle quali si è ritrovato a fare qui la spesa. Lei gli aveva sempre sorriso e lui aveva cortesemente ricambiato, come si appresta a fare ora. Elisabeth, però, si piazza tra loro, lo prende sotto braccio e lo trascina verso le casse, decidendo che hanno ormai preso tutto ciò di cui hanno bisogno e possono pure ‘levare le tende da questo posto’. Greg nota come non manchi di alzare la voce per sottolineare il concetto e la vede rivolgere un’occhiataccia all’addetta al reparto. Sta per chiedersi il perché dell’atteggiamento della figlia, quando lo assale il dubbio che il sorriso che la donna gli regala non sia mosso dalla semplice cortesia che si mostra ai clienti.
Si volta verso di lei, che nuovamente sorride e gli strizza l’occhio. Deve ammettere che quel semplice gesto lo riempie di orgoglio per se stesso.
 “Guai a te se non cogli l’occasione di tornare qui quanto prima e uscire col numero di quella donna in tasca”, gli dice John nella sua testa e Greg si sforza di trattenere una risata, pensando alle tante volte in cui il dottore lo ha spronato a ‘far capire alle acquirenti che è tornato sul mercato’, come è solito dirgli. Il modo in cui sua figlia ha reagito a quell’innocente scambio di sguardi, però, gli fa capire quanto rischierebbe di perderla e di generare nuovi scontri e tensioni.
Zittisce, quindi, il brontolio contrariato di John e, con il loro bottino chiuso in un sacchetto, si appresta a lasciare il negozio e raggiungere il palazzo in cui abita.
<< Non aspettatevi niente di chè >> dice loro nervoso, salendo le due rampe di scale. Si rende ancora più conto, adesso, di come l’appartamento sia in pessime condizioni e di quanto abbia fatto una cazzata a proporre loro di venire qui. L’odore di chiuso e cibi precotti che lo investe aprendo la porta non aiuta. Il disordine regna sovrano e gli fa pensare a tutte le volte in cui ha intimato loro di tenere ordinate le camerette.
I ragazzi lo seguono in casa, si guardano attorno ma non dicono nulla. Si avvicinano al tavolo della cucina, ingombro dei piatti da lavare, tazze, giornali vecchi e tovaglioli usati, che Greg cerca di far sparire in un attimo.
<< Dov’è il bollitore? >> gli chiede Elisabeth.
<< Io prendo le tazze >> si lancia George, aprendo il mobiletto sopra il lavandino.
Greg li guarda un po’ stupito e un po’ commosso. Hanno sempre dovuto lottare, lui e Margaret, per far loro apparecchiare la tavola o collaborare con le faccende domestiche. Eccoli lì, adesso, a sgomitare e litigare su chi deve occuparsi di cosa. Si accomoda alla sedia, stanco e col cuore pesante, e asciuga distrattamente qualche lacrima, mentre loro portano avanti i preparativi.
<< Grazie per averci portati qui >> dice Elisabeth. Gli si siede sulle ginocchia e lo stringe forte, avvolgendolo col profumo chimico e fruttato che deve essersi spruzzata per l’ennesima volta prima di uscire da scuola.
<< E’ carino >> dice George guardandosi attorno << Mi sembra di essere nella mia stanza >> ridacchia, lanciandogli una frecciatina per tutte le volte in cui lo ha rimproverato per l’eccessivo disordine.
<< Sì, lo so, dovrei mettere a posto >> ribatte Greg. << Non ho avuto neppure il tempo di cercare una donna delle pulizie. Necessiterebbe proprio di un tocco femminile questo posto >> sospira, cosa che non passa inosservata a Elisabeth, ancora appollaiata sulle sue ginocchia.  
<< Va benissimo così, non c’è bisogno di alcuna donna >> si affretta a dire, stringendolo ancora di più tra le braccia. << Posso passare io a mettere in ordine, se vuoi >>.
<< Non mi pare proprio il caso, Lizzy >> ridacchia lui, che ben sa come il rapporto con l’ordine della figlia non sia poi tanto diverso da quello del figlio.
<< E’ per la mamma? Pensi che non approverebbe? >> dice nervosa.
<< Oh, Liz, dacci un taglio! >> lo salva di nuovo George. << Possibile che non capisci perché non sia il caso? >> le dice sottolineando quel ‘perché’ che persino Greg coglie con qualche istante di ritardo. Quando la ragazza capisce a cosa si riferisca il fratello si irrigidisce e scocca al padre un’occhiataccia degna della madre.
<< E la tipa del negozio? Quella che non ti ha tolto gli occhi di dosso per un solo istante da che siamo entrati? >> lo accusa, con una gelosia che neppure Margaret gli ha mai manifestato in tutti gli anni in cui sono stati insieme. Greg si rende conto di come gli faccia piacere questa manifestazione di possesso e di quanto, allo stesso tempo, sia assolutamente stupido trovarla piacevole.
<< Ma di chi stai parlando? Sono ancora impelagato con la chiusura di un matrimonio, figurati se mi vado a mettere di nuovo nei guai >> dice, sebbene abbia apprezzato il fatto che quella donna lo trovi interessante al punto da non avergli tolto gli occhi di dosso. << No, tesoro, ho chiuso con le donne >>.
Pensava di sedare la furia della figlia con queste parole e in un certo senso ci riesce. Vede, però, i ragazzi scambiarsi un’occhiata strana che lo lascia interdetto.
<< E qual è il caso importante che stai seguendo? >> gli chiede Elisabeth, cambiando del tutto discorso. Si alza svelta dalla sue ginocchia per portarsi al bollitore che ha iniziato a fischiare.
<< E’ una storia fighissima! >> esclama George e, prima che Greg possa intimargli il silenzio, racconta alla sorella quanto gli è stato detto poco prima. Greg sospira, pensando di aver fatto un vero e proprio casino che non porterà a nulla di buono.
<< … se papà non avesse seguito il suo istinto, le truffe di quella donna non sarebbero venute alla luce. Sei davvero un ottimo detective >> dice il figlio guardandolo con orgoglio. << Da quando Sherlock collabora con te, poi, lo sei ancora di più. Anche se lui è eccezionale, geniale ed è in grado di dedurre le cose più difficili partendo da niente, sono sicuro che non sarà un problema per te portare avanti le indagini anche senza il suo aiuto >>.
<< Oh-oh, qualcuno si è preso una bella cotta >> lo canzona la sorella.
George diventa rosso come un lampone e rifila una manata sul braccio di Elisabeth che ride divertita. Greg lo guarda stupito dalla sua reazione. Il ragazzino gli scocca appena una timida occhiata per poi portare l’attenzione alla sua tazza di the. Lo stomaco di Greg si chiude. Non ha mai pensato alla possibilità che uno dei suoi figli possa essere omosessuale e, di conseguenza, non si è chiesto come reagirebbe lui, né come affronterebbe il problema.
<< Scherzi a parte >> dice Elisabeth, distogliendo il padre dai suoi pensieri. << Io non conoscevo Rosaline Jackson, ma ho sentito un po’ di cose sul conto suo e della sua famiglia >>.
<< Quali cose? >> la incalza George, uscito in fretta dal suo imbarazzo.
<< Beh, teniamo conto che sono solo voci, ma era risaputo che i suoi avessero problemi economici. Se ne parlava già all’incontro pubblico proposto dai master del Fenix e lei era parecchio infastidita dalla cosa. Ribatteva a tono a tutti quanti, dicendo che i suoi genitori stavano lavorando per risolvere la faccenda e che in breve tempo sarebbe potuta tornare a fare sfoggio di ciò che poteva permettersi grazie ai loro soldi. Quando sono andata all’incontro privato, settimane dopo, la situazione economica della sua famiglia sembrava essere migliorata. L’ho sentita io stessa parlottare con quella che era la sua migliore amica. Le diceva che sua madre si era rivolta a una persona che l’avrebbe aiutata a risolvere il problema >>.
Un brivido percorre la schiena di Greg. Per una strana associazione di idee ha pensato subito che fosse Moriarty colui che ha aiutato i Jackson a risolvere il problema.
<< Eliminato l’impossibile ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità >>. La voce di Sherlock e questa sua massima, che in un paio di occasioni gli ha sentito dire, gli esplodono nella testa.
“Io non ho, però, eliminato l’impossibile” pensa, accarezzando il mento ispido. “Per ora ho solo l’improbabile”. Non riesce a immaginare, infatti, che i due coniugi si siano imbattuti nella stessa persona che era dietro al portale che ha condotto la figlia al suicidio. “Sarebbe un’ironia fin troppo crudele”.
<< Chi pensi sia questa persona, papà? >> gli chiede George.
<< Non lo so, Georgie >> scuote il capo, sperando intimamente di aver avuto solo un’idea improbabile.
<< Tu hai sentito altre cose sul suo conto? >> chiede il ragazzino alla sorella. Lei ci pensa un po’ su e Greg si rende conto di essere più che interessato a cosa dirà.
<< Non molto, in verità. Andava dicendo, anche con parecchio orgoglio, che aveva suggerito lei alla madre di contattarlo. Pare si sia rivolta al master anziano di cui ti avevo detto >> dice volgendo lo sguardo al padre.
<< Quello con la faccia da depravato? >> domanda George disgustato.
<< Sì, lui. Sembra che questa persona sia la stessa alla quale quel porco si era rivolto per dare vita al Fenix e pare che Rosaline ci sia andata a letto per ottenerne il numero >>.
A Greg va di traverso il the. Eccola la verità improbabile.
“Cristo, Moriarty! Non può esserci lui anche qui, cazzo!”.
<< Ne sei sicura, Lizzy? >> domanda esterrefatto. Nulla di simile era venuto fuori dalle indagini e neppure dagli interrogatori.
<< E’ un’informazione importante? >> chiede Elisabeth scossa dalla sua reazione.
<< Altrochè, tesoro >> risponde, cercando di mitigare il suo stupore. << Nessuno dei ragazzini interrogati per il suicidio di Rosaline ne aveva parlato >>.
<< Hanno paura >> confessa la ragazza. << Il portale è stato smantellato e i master arrestati, ma chi ha preso parte al portale, soprattutto quelli che erano diventati tutor o che erano in lizza per diventarlo sono spaventati. Temono che qualcuno possa minacciarli e per questo non raccontano nulla. Io non ho detto questo perché… beh, è solo colpa mia se Rosaline e Daisy Cooper si sono suicidate >>.
<< Non è assolutamente vero, Lizzy >> cerca di rincuorarla Greg, ma la ragazzina scuote il capo decisa.
<< Sì, papà. Se non avessero scoperto che sono figlia di un ispettore di Scotland Yard non sarebbero entrate in competizione e non sarebbero state spinte al suicidio >> dice e il pianto esplode. Greg la accoglie tra le braccia e la culla, sentendo i singhiozzi farsi sempre più leggeri e sporadici.
<< Risolvi questo caso >> gli dice, affondando il viso contro il suo petto. << Quell’uomo, chiunque esso sia, deve pagare per tutto il male che ha fatto. I Jackson erano una famiglia di stupidi ricchi boriosi e Rosaline era un’insopportabile viziata, ma, anche se hanno sbagliato, non va bene siano stati usati >>.
<< Papà e se… >> tentenna George. << E se quell’uomo ha fatto uccidere i Jackson perché questi, una volta scoperto che era coinvolto nel portale che ha ucciso la figlia, avevano deciso di denunciarlo? >>.
Il ragazzino lo guarda in attesa di un suo parere in merito all’ipotesi alla quale ha appena dato forma. Ipotesi che Greg ora vede più che plausibile. Si limita ad annuire, mentre i pezzi del puzzle sul quale ha sbattuto finora la testa si mettono insieme a formare un quadro ben chiaro.
Il sangue, però, gli gela nelle vene non appena si rende conto del pericolo che corrono i suoi figli. Tenere aperto questo caso significherebbe continuare a tenere i riflettori puntati anche su tutti i ragazzi che hanno preso parte al Fenix, Elisabeth inclusa. Ora che lui, poi, li ha messi a parte delle indagini la situazione si è fatta ancor più delicata. Margaret non ha poi tutti i torti nel dirgli che il suo lavoro non porta nulla di buon alla loro famiglia.
<< Ragazzi, non voglio che parliate di quest’indagine con nessuno. Anzi, non voglio che ne parliate proprio >> dice loro più che serio, guardandoli dritto negli occhi. << Questa persona alla quale i Jackson si sono rivolti potrebbe essere molto pericolosa e non voglio che si sappia in giro che voi sapete di questa indagine. Ho sbagliato a parlartene, Georgie. Cristo, ho commesso un imperdonabile errore >>.
<< Non avresti ottenuto queste informazioni, però >> lo incalza il ragazzino.
<< Voi siete più importanti della risoluzione di qualunque caso, anche di questo! >> ribatte lui deciso. << Se vi perdessi… oddio, non voglio neppure pensarci >> dice scacciando le lacrime subito pronte a sgorgare dai suo occhi. << Ora è più importante che mai che voi restiate da vostra madre. No ascoltatemi >>, esclama interrompendo sul nascere le loro proteste, << non c’entra nulla il disaccordo tra me e vostra madre e neppure le decisioni del giudice e tutte queste cose. Sto parlando della vostra sicurezza e, sebbene l’idea non vi piaccia, portando avanti questa indagine sarete più al sicuro con lei che con me >>.
<< E tu sarai al sicuro, papà? >> gli domanda Elisabeth spaventata.
<< Certo, tesoro >> le dice, sebbene non possa esserne certo. Quando si sceglie un lavoro come il suo la sicurezza di cui parla sua figlia la si perde nel momento in cui ci si appunta al petto il distintivo.
Elisabeth gli getta le braccia al collo e lo stringe forte. George, invece, pallido e silenzioso, lo osserva dal suo posto.
<< Lo dirai a Sherlock, papà? >> gli chiede.
Ancora una volta suo figlio gli sta chiedendo informazioni riguardo alle sue comunicazioni con il consulente investigativo e lui, ancora una volta, non sa cosa rispondere. Certo sarebbe da sciocchi tenere fuori Sherlock da questa indagine se davvero la persona di cui ha parlato Elisabeth risultasse essere Moriarty e purtroppo ci sono molte possibilità che lo sia.
<< Certo. Voglio prima chiarirmi alcuni punti che mi sono poco chiari >> la butta lì poco convinto.
<< Potreste chiarirli insieme >> ribatte George. << Voglio dire… Sherlock ha messo insieme molte informazioni sul portale e su chi sia la persona che ha aiutato quei bastardi a metterlo in piedi.  Proprio perché è una situazione delicata e pericolosa, avere uno come lui accanto ti garantirebbe una sicurezza in più, no? >>.
Greg non sa cosa ribattere. Le parole di suo figlio sono più che sensate. Sono le stesse che direbbe lui a qualcuno che si trovasse al suo posto. Sente, però, di voler procedere da sé e contattare il consulente solo quando sarà sicuro delle sue ipotesi. Non vuole rischiare di essere da lui giudicato come incapace.
<< E’ per quello che ha detto la mamma? >>.
Le parole di Elisabeth gli tolgono il fiato. Ha buttato lì quella domanda senza sciogliere l’abbraccio, anzi, stringendolo ancora di più. George distoglie lo sguardo dal suo che deve essere carico di stupore. A Greg bastano pochi istanti per rendersi conto dell’inevitabilità della cosa e comprende anche perché poco prima abbiano reagito a quel modo al suo dire di non voler avere più nulla a che fare con le donne.
<< Ci avete sentiti. Certo. I toni si sono accesi e voi eravate dietro la porta di camera tua, Lizzy, intenti ad origliare >>.
La ragazza si allontana da lui, rossa in viso e carica d’imbarazzo.
<< E’ stata una conversazione… strana >> dice scoccando uno sguardo al fratello in cerca di sostegno. George, però, tiene lo sguardo basso sulla sua tazza di the ormai freddo.
<< Una conversazione senza capo né coda >> sospira lui, passando la mano sul viso. << Vostra madre ha preso un granchio. Non c’è mai stato nulla tra me e Sherlock, se non una collaborazione per la risoluzione dei casi >> dice a sua volta, imbarazzato dall’argomento che sta affrontando con i suoi figli.
<< Certo, tu non sei gay >> ribatte Elisabeth.
<< Lo dici come se fosse una cosa sbagliata >> sussurra George, alzando appena gli occhi verso la sorella. << Non è sbagliato, invece >> aggiunge, scoccando appena un’occhiata al padre prima di distogliere lo sguardo.
<< No, non c’è nulla di sbagliato >> concorda Greg, la voce rotta dall’emozione. << E’ solo che le cose non stanno come vostra madre se le è immaginate, tutto qui >>.
<< Allora perché non lo contatti subito per aggiornarlo? Non hai nulla da dimostrare a nessuno e neppure a te stesso >> lo incalza George.
Greg ci pensa su. Non l’aveva vista da questa prospettiva. È davvero possibile che le sue remore sul contattare Sherlock siano state influenzate da quanto Margaret gli ha detto? È possibile che il suo incaponirsi nel voler dimostrare a se stesso di non aver bisogno di lui e potercela fare da solo, sia una copertura all’imbarazzo che ancora prova dinanzi alle accuse mosse dalla moglie?
<< Hai ragione >> dice sorridendo al suo giovane uomo. << Lo metterò subito a conoscenza di questi nuovi sviluppi >>.
George sorride e annuisce convinto. Forse dovrebbero parlare, loro due, da uomo a uomo, e forse dovrebbero affrontare argomenti delicati come questo appena concluso. Greg, però, sente di non essere ancora pronto. Paradossalmente suo figlio, molto più giovane e inesperto della vita rispetto a lui, potrebbe esserlo. Greg, invece, ha bisogno di tempo, di parlare con un altro adulto che magari ha vissuto esperienze simili e di una birra. Forse anche due.
Quel the improvvisato si conclude, tutto sommato, con tanta allegria. Il bisogno di lasciare andare la tensione è stato forte per tutti e tre e hanno visto bene di farlo con una grande battaglia a cuscinate. Quel gioco, da sempre vietato da Margaret e relegato ai soli momenti pre nanna di quando erano più piccoli e al perimetro dei loro lettini, è stato esteso a tutta la casa e ha permesso loro di ritrovare il piacere dello stare insieme, seppure per poco tempo. Attimi rubati alle indagini, anche se più corretto sarebbe dire che sono le indagini a prendere il sopravvento su questi piacevoli momenti.
Greg riaccompagna i ragazzi a casa della madre ed è doloroso separarsi, benchè sia lui che i suoi figli facciano di tutto per non darlo a vedere. Sono già le sette del pomeriggio quando rientra in commissariato. Un grande movimento anima l’ufficio di Dimmock e gli agenti della sua squadra.
<< Ehi, cos’è successo? >> chiede al collega, sempre impeccabile nel suo completo chiaro con tanto di cravatta ben annodata al collo.
<< Non hai saputo? È esploso un palazzo mezz’ora fa’ a Regens Garden. Ultimamente esplodono un po’ troppe cose, non credi? >> gli chiede, riferendosi al ben noto gioco architettato da Moriarty ai danni di Sherlock e anche loro.
<< Doloso o… >>.
<< Fuga di gas >> lo anticipa l’ispettore. << Sono appena tornato dal sopralluogo. I vigili ne sono più che certi, ma aspetto comunque il loro rapporto per chiudere il caso. Sono morte sei persone, Greg >> gli dice, mettendogli in mano il plico che ha appena assemblato contenente i dati delle vittime. Greg lo sfoglia, più per dovere che perché ne abbia voglia, e il cuore gli si ferma per un istante quando volta la terza pagina.
<< La conoscevi? >> gli chiede Dimmock sbirciando la foto.
<< Eleonor Marshall >> annuisce Greg, il corpo pervaso da brividi freddi. << Era la segretaria di Susan Jackson >>.
<< La mamma della ragazzina che si è suicidata qualche settimana fa’? >> gli chiede e lui annuisce. << Caspita, che coincidenza >> aggiunge e Greg sa che l’universo davvero non è così pigro. << A proposito, so che sei andato all’agenzia di assicurazioni della Jackson, oggi. Ti è capitato di incontrarla? >>.
Greg lo guarda negli occhi e in quel momento capisce quali devono essere le sue prossime mosse.
<< No. A dire il vero non ho trovato nessuno e non sono riuscito a cavare un ragno dal buco >> mente.
<< Donovan non sembra per nulla felice della tua decisione di proseguire con le indagini >> ridacchia Dimmock. << Riesci davvero a farla impazzire quella donna, Greg >>.
Lestrade si unisce alla risata poco convinto. Scorge Sally seduta alla sua scrivania, intenta a scrivere al computer.
<< Allora la farò felice annunciandole che ho deciso di chiudere il caso >> dice senza toglierle gli occhi di dosso.
<< Davvero? Cosa ti ha convinto? >> gli chiede l’ispettore.
“La strage appena compiuta per punire colei che mi ha messo sulla giusta strada” vorrebbe rispondergli e invece fa spallucce.
<< Ho preso un abbaglio. Pensavo ci fosse altro dietro quello che sembrava un omicidio – suicidio e invece è proprio quel che sembra >>.
<< Capita anche ai migliori >> gli dice il collega, dandogli una pacca sulla spalla.
Lascia Dimmock ai suoi guai e cammina con passo deciso verso il suo ufficio. Se voleva un’ulteriore conferma della presenza di Moriarty e dei suoi scagnozzi in quella storia l’ha ottenuta. Non ha idea di come possano aver scoperto della conversazione che ha avuto con quella donna. Non può sapere se c’erano delle cimici nella stanza oppure se la talpa si nasconda lì, a Scotland Yard.
Sa solo che farà meglio a tenere per sé quanto ha scoperto e che dovrà portare avanti da solo le indagini. Non può fidarsi di nessuno e non vuole mettere a repentaglio le vite dei suoi colleghi, non finchè non avrà delle certezze.
Un nuovo messaggio giunge al suo cellulare. Lo prende e trova nuovamente il nome di Sherlock sullo schermo. Gli ha mandato ben 10 messaggi, tutti con lo stesso tono via via crescente e la stessa richieste di delucidazioni su quanto sta succedendo. Greg sospira, ricordando quanto ha promesso ai figli. Apre la casella di testo per rispondere, ma il dito gli si ferma a mezz’aria.
“Non adesso” si dice, riponendo il cellulare in tasca e si prepara a procurarsi tutto ciò che gli serve per agire per conto suo.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Buonasera a tutti!
Eccovi un nuovo capitolo.
Vi auguro una buona lettura
A presto
Patty
 
Capitolo 7
 
<< Ehi, capo, conti di dormire qui? >>.
Donovan fa capolino nel suo ufficio dopo aver bussato alla porta. Da quando è tornato in centrale e si è chiuso qui, la donna non ha fatto altro che buttare un’occhiata verso di lui con una regolarità che sarebbe stata quasi possibile cronometrare. Greg ha trovato il suo modo di fare snervante e quando l’ha vista alzarsi e con il suo incedere sicuro e sinuoso raggiungerlo ha capito che era meglio salvare gli ultimi documenti e mettersi su una faccia ancora più stanca di quella che ha già.
<< No, sto per andare >> dice rendendosi conto che sono già le nove passate.
<< Ho sentito che hai deciso di chiudere il caso Jackson >> dice con una nota di soddisfazione nella voce. Sempre il solito Dimmock, del tutto incapace di tenersi qualcosa per sé. << Cosa ti ha convinto a cambiare idea? >> gli chiede appoggiandosi allo stipite della porta.
<< Non sono state le tue parole, se è questo che vuoi sentirti dire >> precisa, conoscendola ormai bene. << Ho capito che avrei solo perso tempo. Non c’è più terra nella quale scavare. Domani consegnerò il rapporto al sovrintendente e fine dei giochi >>.
<< Oh, qui di giochi da fare ce ne sono sempre tanti >> ridacchia lei avvicinandosi alla sua scrivania.
<< Non per me, almeno per un paio di giorni. Ho bisogno di una pausa >> dice sbadigliando sonoramente.
<< Penso sia la cosa giusta da fare >> annuisce Donovan. << Stai attraversando un periodo carico di tensioni e il suicidio della figlia dei Jackson penso ti abbia dato il colpo di grazia. È un momento relativamente tranquillo qui, adatto per staccare la spina. Stai un po’ con i tuoi figli, penso ne abbiate bisogno sia tu che loro >>.
Sally gli sorride e gli sembra anche sincera. Quanto gli ha detto George in auto circa un possibile suo interesse per lui gli torna alla mente e sente il bisogno di andare via da lì.
<< Sì, hai ragione >> le concede, ed ecco il sorriso vittorioso farsi largo sulle sue labbra, che  lascia, però, il posto ad un’espressione seria. << Io… sono dell’idea che non meriti quanto ti sta capitando >> dice imbarazzata. << La fine di una relazione non è mai facile e se si viene anche accusati ingiustamente, poi… >>.
<< Perché mi stai dicendo queste cose? >> le chiede infastidito. Non vuole la pietà di una donna che è amante di un uomo sposato.
<< Perché è quel che penso e volevo lo sapessi >> risponde lei facendo spallucce. << Non era mia intenzione essere inopportuna >> aggiunge imbarazzata.
<< Ma lo sei stata >> ribatte spietato Greg.
<< Ti chiedo scusa, capo >> dice sincera. << Beh, allora, buona serata e goditi questi giorni di pausa >> gli augura uscendo dall’ufficio. Il detective si chiede se per caso non sia stato troppo duro con lei, ma ci mette un attimo a scrollarsi di dosso il problema.
Indossa la giacca, prende la cartellina nella quale ha riposto i documenti che gli saranno utili per proseguire l’indagine ed esce dall’ufficio.
<< Va via, capo? >> gli domanda Andrew Jordan.
<< Sì, direi che qui ho finito >> gli dice, stupito del ritrovarlo ancora lì.
<< Io non ho osato disturbarla, l’ho vista così preso dal lavoro, ma volevo chiederle se ha riscontrato anomalie nel mio rapporto dopo il sopralluogo all’agenzia di assicurazioni della Jackson >>.
Si era totalmente immerso nel recuperare documenti e prove che la visita all’agenzia gli sembra vecchia di giorni anziché di poche ore.
<< Non sono riuscito a entrare in quell’agenzia >> mente anche a lui. << Dopo aver riletto tutte le relazioni che mi sono state consegnate su questo caso, tra le quali anche la tua, mi sono reso conto che, effettivamente, non c’era nulla da verificare. Domani consegnerò il rapporto al sovrintendente e chiuderò il caso >>.
<< Oh >> esclama sorpreso il ragazzo. << Mi era parso di capire che avesse una nuova pista e molti dubbi e che fosse intenzionato a portare avanti le indagini >>.
Insiste il ragazzo tenendolo bloccato a pochi passi dal suo ufficio e a molti altri dalla porta d’ingresso del commissariato. Greg vorrebbe gridargli di non rompere e accettare la possibilità che le persone possano cambiare opinione. Il ragazzo, però, ha una genuina espressione di stupore in viso, capace di sgonfiare la rabbia che lo anima.
<< Quando ho qualcosa per la testa ci resto sopra finchè non la risolvo, Jordan, sono fatto così. E dal momento che non ho nessuno che mi aspetta a casa, posso concedermi di avere dubbi e impiegare il tempo costruttivamente finchè non mi rendo conto che lo sto solo perdendo >> gli dice abbozzando un sorriso. Il ragazzo ride apertamente, invece, e Greg pensa che dovrebbe farlo più spesso. Trova sia troppo serio e tendente alla perfezione, qualità eccellente sul lavoro, ma che logora i rapporti umani.
<< Sarò felice di essere coinvolto nella risoluzione di questi problemi, se lo riterrà opportuno >> gli dice tornando serio. Abbassa poi gli occhi e sembra tentennare per qualche istante prima di parlare. << Anche io non ho nessuno che mi aspetti a casa e pensavo di farmi una birra al pub qui di fronte. Se le va di unirsi a me >> aggiunge imbarazzato.
Greg resta senza parole. Sono rimasti solo loro nell’openspace della sessione omicidi e questo lo mette ancora più a disagio. Anche se una birra ci starebbe non ha proprio voglia di berla in compagnia di questo ragazzo. Un frammento del ricordo da poco tempo recuperato della serata trascorsa con Jonathan ai tempi dell’università gli torna alla mente. Lo scaccia via scuotendo energeticamente il capo.
<< Mi spiace, non volevo essere inopportuno >> dice Jordan, abbassando lo sguardo.
<< No, non è per questo >> dice, forse un po’ troppo in fretta. Il ragazzo alza lo sguardo e Greg, per un istante, rivede l’espressione imbarazzata del figlio su quel viso. << E’ che io sono maledettamente stanco >> sbuffa, pensando di stare cadendo dalla padella alla brace. << Ci starebbe una birra, ma penso sia meglio che mi butti a letto >> aggiunge mordendosi subito la lingua, nel timore che questa frase possa essere interpretata in modo ambiguo.
<< Vorrà dire che oserò una prossima volta >> dice e Greg teme di averlo incoraggiato. << Le auguro una buona serata, ispettore >> lo saluta tornando alla sua postazione.
Se prima, davanti a Donovan, non vedeva l’ora di uscire dal suo ufficio ora, dopo lo scampato invito da parte di Jordan, Greg percorre a passo ancor più veloce i metri che lo separano dal portone principale del comando.
Una volta in strada prende un profondo respiro e si ritrova a ridere da solo come uno scemo. Jordan è in carico alla sua squadra da pochi mesi e in qualche modo se lo è sempre trovato  attaccato alle costole. Non può immaginare che dietro a quello che gli sembrava desiderio di apprendere ci sia ‘altro’.
“Oh, cristo, che situazione!” pensa scuotendo il capo. “Guarda te cosa doveva capitarmi a quarant’anni suonati”.  
<< E’ un piacere vederla così allegro, ispettore Lestrade >>.
La voce alle sue spalle lo coglie alla sprovvista. Si volta di scatto verso la donna ferma a meno di un metro da lui.
<< Lei è la segretaria di Mycroft Holmes >> dice stupito di vederla lì.
<< Anthea >> annuisce lei. << E’ molto più facile se usa il mio nome >>.
<< E a cosa devo l’onore di incontrarla ‘casualmente’ qui davanti a Scotland Yard, Anthea? >> le chiede, guardandosi attorno alla ricerca dell’auto nera dalla quale sarà sicuramente sbucata fuori.
<< Un invito a cena >> risponde avvicinandosi di qualche passo.
<< Io e lei? >> le chiede malizioso e la ragazza ride, cosa non propriamente carina da fare. Chi pratica gli Holmes, a quanto pare, si lascia contagiare dai loro modi. Deve ricordarsi di mettere in guardia John.
<< Ahime no >> sospira lei con espressione teatralmente triste. << Sono solo un messaggero >>.
<< Bene, allora dì al mittente che per stasera ho già altri impegni, grazie >> dice ruotando i tacchi, pronto a lasciarla lì senza aggiungere altro. La donna, però, si porta lesta al suo fianco, lo prende a braccetto e lo tiene stretto a sé.
<< Le consiglio di accettare l’invito >> gli dice con lo stesso tono amichevole e quel sorriso sulle labbra. Non può dire che gli stia facendo male bloccandolo a quel modo, ma è comunque una stretta troppo salda.
<< E’ una minaccia? >> le domanda avvolto dal profumo buono di lei.
<< Non è nello stile del mio capo e neppure nel mio >> dice lei. << Penso, però, che possa essere di suo interesse sentire cosa ha da dirle >> lo informa, divenendo improvvisamente seria. Greg intuisce che possa c’entrare qualcosa la piega che hanno preso le indagini che ha condotto.
<< Allora dove andiamo? >> le chiede e sente la presa al suo braccio allentarsi.
<< Ho parcheggiato dalla parte opposta della strada, venga >> lo invita tirandolo appena per il braccio. Raggiungono l’auto e la precede prima che lei possa anche solo fare il gesto di aprire lo sportello del lato passeggero. La vede sorridere e poco gli importa cosa possa pensare di lui.
“Anche perché se sapessi cosa penso io del tuo capo che non si spende neppure per aprire da sè la portiera e scendere dall’auto…” .
<< Dove stiamo andando? >> le chiede.
<< In un posto sicuro >> risponde la ragazza. Quell’espressione stona non poco all’ispettore, convinto che per uno come Mycroft Holmes tutti i posti del mondo siano sicuri.
<< Fa effetto non vederti con lo sguardo perennemente rivolto al tuo blackberry >> le dice e la ragazza si limita a sorridergli, facendo fallire miseramente il tentativo di conversazione. << Mi auguro ti paghi più che profumatamente >> continua deciso a non trascorrere il tragitto nel più pesante dei silenzi.
<< Non mi lamento >>.
<< Di questo non ne avevo dubbi >> ribatte Greg. << Non deve essere facile avere a che fare con lui >>.
<< Neppure avere a che fare con Sherlock lo è. Mi pare, però, ispettore, che non sia un problema per lei >>.
Quel sorriso che le curva le labbra è così simile a quello del suo capo.  George aveva detto che lavorando con Sherlock, a suo parere, era diventato un detective ancora più bravo e Greg si chiede, ancora una volta, fino a che punto frequentare persone particolari come gli Holmes possa portare a cambiare tanto da iniziare ad assumere i loro atteggiamenti. È normale che persone che si frequentano si influenzino. Lui stesso ha fatto propri alcuni modi di dire e atteggiamenti di Margaret in quei dieci anni di matrimonio e, a ben pensarci, anche lei ha preso a sbuffare come è solito fare lui.
<< Ci si addomestica a vicenda, non crede? >> dice cogliendola di sorpresa, cosa che lo riempie di orgoglio.
<< Non capisco a cosa si riferisca >> dice lei, distogliendo appena gli occhi dalla strada.
<< Quando si vive a stretto contatto con qualcuno si finisce con l’addomesticarsi vicendevolmente. Si usano gli stessi modi di dire, la stessa cadenza, la stessa postura, gli stessi atteggiamenti. Non si è più come prima, dopo aver incontrato l’altro. Noi lasciamo qualcosa di nostro e l’altro ci lascia qualcosa di suo >>.
<< Un concetto interessante >> dice la ragazza che sembra ora ritenerlo degno di nota.
<< A volte, quando grido un po’ più del solito, i miei figli mi dicono che mi sto ‘mammizzando’ >> ridacchia. << Quando prima mi hai sorriso mi sei sembrata così simile al tuo capo >>.
La ragazza ride allegra divertita dalle sue parole.
<< E lei cosa ha preso da Sherlock in tutti questi anni? >> gli chiede.
<< Parecchi mal di pancia >> risponde facendola ridere di nuovo. Inizia a chiedersi se non lo stia apertamente prendendo in giro.
<< Allora anche lei ha qualcosa in comune con il mio capo >> dice accostando. << Siamo arrivati >>.
Greg non si aspettava che giungessero sul posto così presto. Quando, quasi sei anni prima, questa stessa donna lo aveva prelevato da Scotland yard per condurlo dal suo capo a bordo di una delle loro auto nere, avevano viaggiato per ore. Questa volta si sono fermati, invece, davanti al pub ‘The red lion’ in Derby gate.
<< Non immaginavo un posto così caotico >> dice seguendola all’interno del pub.
<< Se si vuole nascondere qualcosa, detective bisogna metterla in bella vista >> dice lei prendendolo per mano. Lo conduce, facendosi strada tra i tanti avventori, verso il tavolo più lontano dall’ingresso. Greg riconosce Mycroft seduto di spalle nella sola compagnia del suo immancabile completo grigio perla.
<< Benvenuto Gregory >> lo accoglie. Non si alza in piedi, ma lo invita a prendere posto sul lato del tavolo più vicino alla parete. Anthea gli siede di fronte. << Mi sono permesso di ordinare del brandy >> gli dice, versandogli un dito di liquore.
<< Perché mi hai fatto portare qui? >> gli chiede accettando il calice offerto.
<< Perché non hai risposto ai messaggi di mio fratello? >> domanda a sua volta.
<< Oddio, e tu hai messo in piedi tutta questa messa in scena perché io ho ignorato i messaggi di tuoi fratello? >> gli chiede esterrefatto. << Dobbiamo essere ben in mezzo ai guai se abbiamo bisogno di un posto sicuro per parlare di questo >>.
<< In effetti è così, Gregory. Guai più grossi di quanto tu possa pensare >>.
Lo sguardo severo col quale Mycroft lo osserva aumenta il suo nervosismo e allo stesso tempo la sua curiosità. Decide di prendere un sorso di brandy per rilassarsi i nervi.
<< Che genere di guai? >> .
<< Penso tu lo abbia scoperto >> risponde Mycroft, guardandolo negli occhi. Un brivido percorre la schiena del detective. Sherlock che si allerta per il suo ostinarsi a non rispondere, Mycroft che lo fa prelevare: non può che esserci davvero Moriarty dietro questa storia.
<< Allora ho visto giusto >> .
<< Certo. Non immaginavo ne avessi ancora dubbi >> dice stupito.
<< Non ho avuto modo di indagare a fondo sull’uomo al quale i Jackson si sono rivolti >> ammette iniziando a sentire caldo.
<< Cosa ti ha fermato? >>.
<< Non giocare con me, so bene che lo sai >> sbotta, infastidito da questo interrogatorio ipocrita. Le labbra di Mycroft si distendono in quel sorriso fastidioso che vorrebbe tanto togliergli a suon di pugni.
Holmes posa il bicchiere sul tavolino e congiunge le mani dinanzi a sé.
<< Sherlock non sarebbe felice di quanto ti sto per dire, ma, date le circostanze, penso sia inutile tenerti all’oscuro di quanto grava su di te. Sei in pericolo >> gli dice serio.
<< Mycroft sono un detective, è normale che io sia in pericolo >> ribatte lui infastidito da questa teatralità insita in ogni suo gesto. << L’ho capito dal momento in cui ho annusato ci fosse quel pazzo in questa storia e ne ho avuto conferma con la morte della segretaria della Jackson >>.
<< Temo tu mi stia fraintendendo >> lo interrompe Mycroft con un altro sorriso tirato. << Non sei in pericolo per aver scoperto la presenza di quell’uomo anche negli affari di quella famiglia. Lo sei da molto prima >>.
Greg non capisce dove Mycroft voglia andare a parare. Si sente confuso, cosa che non gli piace per niente e prende un altro sorso di brandy, nella speranza che lo aiuti a non esplodere in questo locale affollato.
<< Se ho capito bene mi stai dicendo che sono in pericolo. Che sono in pericolo e anche da un bel po’. E che tu sai che lo sono e che anche tuo fratello lo sa e, per giunta, non vuole che io lo sappeia. In definitiva io, il diretto interessato, sono l’unico che non sa quale sia il pericolo che sta correndo >> dice alzando la voce. Mycroft lo invita a tenere bassi i toni con un gesto della mano e volgendo impercettibilmente il capo a guardare chi sta loro attorno. Lo stesso gesto che era solita fare sua madre e che Greg non sopportava in lei, figuriamoci ritrovarlo in questo damerino del governo.
<< Di che pericolo si tratta? >> gli chiede brusco, intenzionato a fregarsene della possibilità che li sentano. Mycroft sospira e, ancora una volta, Greg rivede in lui l’esasperazione di sua madre.
<< Quell’uomo ti ha preso di mira >> gli dice, scoccandogli un’occhiata che lo raggela forse più delle sue parole. Greg scuote il capo incredulo. Resta in silenzio, lo sguardo fisso in un punto imprecisato sul tavolo. Sembra poi ricordarsi del bicchiere che ha in mano e lo vuota del suo contenuto.
<< Perchè uno come James Moriarty dovrebbe avermi preso di mira? >>.
Mycroft sospira e sembra tentennare, incerto su cosa dire e questo è ancora più strano di tutto quanto l’intero discorso.
<< Perché sei importante per mio fratello, Greg >>.
L’informazione colpisce non poco il detective. Afferra la bottiglia e si versa dell’altro brandy mandandolo giù in un unico sorso.
<< E questo cosa vorrebbe dire? >> gli chiede, faticando a scacciare dalla mente il volto di Margaret e quel misto di disgusto e rabbia col quale lo guardava mentre lo metteva a parte dei suoi infondati sospetti.
<< Il Napoleone del crimine, come a Sherlock piace chiamarlo, ha deciso, come sai, di ‘bruciargli il cuore’. Tu sei una delle persone la cui morte porterebbe il cuore di mio fratello a bruciare >>.
<< Io? >> ridacchia nervoso. << Posso capire se capitasse qualcosa a John o… sì, persino a te, ma perché io? >>.
<< Mi sembrava di avertelo già detto… >>.
<< E’ per la storia dell’accordo che c’è stato tra noi e per quel suo vedermi come un fratello migliore di te? >> gli domanda stupito.
<< Esattamente >>.
<< Cristo >> sbotta Greg scuotendo il capo. << Ti rendi conto che Margaret non ha fatto altro che dirmi, in questi cinque anni, che ‘quel tipo strano’ mi avrebbe messo nei guai prima o poi? E anche Donovan >> aggiunge passando la mano sul volto. << Anche lei non ha fatto altro che dirmi in continuazione che mi avrebbe solo fatto stare male stargli dietro e tu adesso mi confermi che a causa sua un pazzo criminale è pronto a farmi fuori. A uccidermi per fargli dispetto >> ringhia, stringendo così forte il calice da mandarlo in frantumi. Una scheggia di vetro gli resta conficcata in un dito, che prende a sanguinare copiosamente.
<< Oddio >> esclamano all’unisono Mycroft e Anthea. La ragazza si sporge verso di lui pronta ad aiutarla ma Greg si scosta allontanandosi.
<< Io non sono un giocattolo, Myc! >> dice tra i denti strappando la scheggia dal dito << Né per Moriarty, né per Sherlock e neppure per te! >> aggiunge, tamponando il dito con un tovagliolo. << Io ho due figli da crescere, te ne rendi conto? Due ragazzini che già ne stanno vivendo di tutti i colori e ai quali manca solo di sentirsi dire che il padre è stato ucciso per fare dispetto al consulente investigativo. Io non ci sto, Mycroft! >> grida. << E’ questo il prezzo che devo pagare per avergli dato fiducia? Per averlo salvato, come spesso tu mi ripeti? Certo che è un bel peso esservi amico >>.
Greg è furioso. Con Sherlock e con se stesso. Sente di essere stato tradito, ancora una volta, da una persona che, deve ammetterlo, è per lui importante.
Il dolore pulsante causato dalla ferita, però, si contrappone alla sofferenza dell’animo, permettendogli di lasciare andare quella prima reazione alla notizia ricevuta e osservare meglio i fatti. Si rende conto che Sherlock, dopo tutto, non ne può nulla. Quel pazzo ha deciso di dargli addosso e di prendersela con le persone alle quali tiene, che non devono essere poi così tante. Una di queste ha l’onore di essere lui e la cosa gli fa persino piacere. Nell’angolo masochistico di sé, pensare che Sherlock soffrirebbe per la sua morte lo fa sentire stranamente importante ed euforico. Resta il fatto che lui non può permettersi di essere usato a quel modo. Non può per i suoi figli e per se stesso.
<< Scusami >> dice, incontrando lo sguardo impassibile di Mycroft. << Io… mi rendo conto che non è colpa di tuo fratello e neppure tua >>.
<< Hai ragione, invece >> dice Mycroft. << Io e mio fratello da sempre ci ritroviamo ad essere esposti al pericolo di essere presi di mira da persone… poco raccomandabile. Per questo ho sempre invitato Sherlock a non farsi coinvolgere. A non avere… amici >> specifica pronunciando a fatica quell’ultima parola.
<< Questo, però, non è giusto >> ribatte Greg colpito dalle sue parole. << No, non trovo giusto che si debba rinunciare all’amicizia, alle relazioni >>.
<< Come hai detto tu, però, si rischia di pagare un prezzo molto alto nell’esserci amici. Te ne stai rendendo conto sulla tua pelle, Gregory. L’ultima cosa che mio fratello vorrebbe e che anche io vorrei… >>, aggiunge distogliendo lo sguardo, << e che ti accadesse qualcosa. Non è bello pensare di essere la causa della morte di un altro essere umano. Se questo essere umano, poi, lo consideriamo amico è ancora più difficile >>.
Il silenzio cala sulle parole di Mycroft. L’idea che anche per quest’uomo di ghiaccio possa essere un amico gli lascia una strana sensazione addosso.
<< Sherlock… non voleva che io lo sapessi >>.
<< No >> annuisce Mycroft, riprendendo il bicchiere di brandy in mano. << Temeva che gli avresti potuto dire ciò che hai detto a me poco fa’. Sono parole che feriscono e lui è sensibile. Lo è sempre stato >> dice prendendo un sorso. Greg deglutisce imbarazzato e gli farebbe molto comodo bagnarsi le labbra a sua volta con quell’ottimo liquore. << Dice di avere la situazione sotto controllo e, in sua difesa, posso dire che è vero. Dal momento in cui quel pazzo lo ha minacciato ha tenuto gli occhi aperti e l’ho fatto anche io >>.
<< Ora, però, le cose sembrano essere cambiate >> intuisce Greg e Mycroft annuisce distogliendo lo sguardo. << Sono tanto in pericolo, Myc? >> gli chiede sporgendosi verso di lui. Holmes incontra il suo sguardo e posa il bicchiere un’altra volta.
<< Guardati le spalle, Gregory, non dagli estranei, ma da chi ti è vicino >> gli dice serio.
<< Cosa vuoi dire? >> gli domanda stupito.
<< Voglio dire che Moriarty ha occhi e orecchie ovunque >> dice tenendo gli occhi ben fissi nei suoi. << Il killer al quale è stato affidato il compito di porre fine alla tua vita è possibile tu l’abbia già incontrato. È possibile tu lo veda ogni giorno. È possibile lavori con te gomito a gomito. Ma questo tu lo avevi già intuito  >> dice, sorridendogli soddisfatto e Greg prova una punta di imbarazzo dinanzi la sua ammirazione.
<< Io… ho deciso di portare avanti da me le indagini più che altro per non mettere in pericolo i miei uomini >> ammette. << Ho pensato alla possibilità di una talpa, ma non che potesse essere tra loro >> dice e prova un’altra profonda sensazione di tradimento a quel pensiero.
<< Quanto puoi dire di conoscere le persone con le quali lavori? >> gli domanda cogliendolo impreparato. Greg distoglie lo sguardo dal suo, imbarazzato nel mostrarsi così sprovveduto. << Chiudi questo caso, Gregory. Chiudilo per davvero >> gli dice scoccandogli un’occhiata che non ammette repliche. << Metti al corrente mio fratello di quanto hai scoperto e lascia che sia lui a portarlo avanti, come già sta facendo, d’altronde >>.
<< Questo mi salverà? >> lo sfida, trovando assurda la sua richiesta.
<< Ti esporrà di meno. Come hai detto tu stesso, hai due figli da crescere >>.
<< Sarò comunque esposto, Mycroft, sia che chiuda qui il caso, sia che continui con le indagini >> ribatte, cosa che fa ridere di gusto l’uomo di ghiaccio.
<< Sei testardo quanto Sherlock, sai? >> dice e gli posa la mano sulla spalla. << So che, però, sai essere più ragionevole e sai riconoscere un buon consiglio >> gli sorride. Un sorriso sincero, come la stretta leggera ma decisa della mano di lui sulla sua spalla.
Greg scuote il capo sconsolato. Passa la mano sana sul volto stanco, pensando che forse dovrebbe davvero lasciar perdere. Cosa mai può fare lui, semplice ispettore di Scotland Yard, contro un criminale che ha occhi e orecchie dappertutto.
<< Oh cristo! >> esclama battendo la mano sul tavolo, cosa che lascia di stucco Mycroft e Anthea. << Se quel tipo mi tiene d’occhio da tempo, allora avrà riempito il mio ufficio, la mia casa, l’appartamento nel quale mi sono stabilito, con cimici e magari anche telecamere, non è così ? >> domanda nervoso e il cuore quasi gli si ferma quando Mycroft annuisce. << Oddio no >> dice, portando la mano sana ai capelli. << Oh, cazzo, no! >> ripete in preda al panico. << Ho parlato del caso ai miei figli >> dice, afferrando con forza il polso di Mycroft. << E’ stata Elisabeth a dirmi che Rosaline aveva procurato alla madre il nome della persona che ha aiutato il master a creare il portale. Lui deve averci sentiti e loro, oh cristo, li ho messi in pericolo >> dice, sentendo l’aria mancare, il cuore battere forte e la pelle accapponarsi.
<< Sono al sicuro, Gregory >> gli dice Mycroft, posando la sua mano su quella di lui che gli stritola il polso. << Ho messo alcuni dei miei uomini fidati dietro ai tuoi figli e persino dietro alla tua ex moglie >> gli dice e le sue parole riescono a diradare il panico. << A Moriarty non interessa nulla del portale, neppure di essere associato a quanto è successo ai Jackson. I tuoi figli sono comunque al sicuro. Lui è solo te che vuole e darà l’ordine di ucciderti solo quando riterrà che sia giunto il momento più opportuno >>.
La tensione cala al punto che le vertigini prendono il sopravvento. Certo non è piacevole sapere di avere una simile spada di Damocle sulla testa, ma sentire che i suoi figli e anche Margaret sono protetti da quest’uomo potente lo tranquillizza.
<< Immagino, quindi, che tuo fratello ti abbia chiesto di mettere qualcuno anche su di me >> chiede, sentendo comunque la paura farsi strada a morsi dentro di lui. Mycroft stringe appena un po’ di più la sua mano e gli sorride con una dolcezza che non avrebbe mai pensato di scorgere sul volto di un uomo come lui.
 << Ho qualcuno fisso su di te dal momento in cui tu e mio fratello vi siete incontrati, Greg >>.
Fino a un attimo prima questa affermazione lo avrebbe fatto sentire preda di un ipercontrollo capace di soffocarlo. Ora, invece, è grato a quest’uomo per il suo bisogno di gestire ogni cosa.  
<< Io… non so che dire >> borbotta imbarazzato.
<< Permettimi di offrirti la cena. È tardi, è stata una giornata pesante e qui preparano un’ottima bistecca >>.
Lo stomaco di Greg brontola e si rende conto che è dal pranzo con Molly Hooper che non mangia come si deve. Forse è un modo per comprare la sua fiducia, oppure per tenerlo buono. In questo momento non vuole pensarci.
<< Te lo concedo >> gli dice .
<< Anche se forse sarebbe meglio accompagnarti al pronto soccorso >> dice Mycroft, che sembra essersi accorto solo adesso della macchia di sangue che colora la quasi totalità del fazzoletto col quale ha avvolto il dito ferito.
<< Ma no, è solo un taglietto >> dice. << Chiederò un cerotto e non ci penseremo più >>.
<< Allora, signori, direi che è arrivato il momento di ordinare >> dice Anthea, alzando una mano a richiamare l’attenzione di una delle cameriere.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Buonasera a tutti!
Anche per stasera ce l’ho fatta a postare un nuovo capitolo. Spero sia di vostro gradimento.
A presto
Patty
 
Capitolo 8
 
Greg guarda il soffitto. Si è alzato di buon’ora, stamattina, ed è arrivato a Scotland Yard mezz’ora prima del sovrintendente. Ha redatto la relazione sul caso Jackson e l’ha consegnata, chiedendogli il permesso di prendere due giorni di ferie.
Ora è qui, sul letto, vestito dei soli boxer, dopo aver sistemato casa e fatto una lunga doccia calda, a chiedersi se sia il caso di seguire o meno il consiglio di Mycroft e lasciare che sia Sherlock a portare avanti le indagini.
 
Hai ottenuto delle informazioni preziose, Greg, complimenti.
Ti aggiornerò sugli sviluppi. SH
 
Lo ha riletto più volte il messaggio che Sherlock gli ha mandato in risposta ai suoi, innumerevoli e lunghissimi, nei quali gli ha esposto ciò che ha scoperto e le sue ipotesi. Una risposta che di Sherlock ha ben poco, basti pensare al fatto che ha azzeccato il suo nome. Sembra voglia tenerlo buono, fargli capire che è meglio si faccia da parte per il suo bene.
Greg ridacchia passando la mano sul viso. A casa sua questo si chiama senso di colpa, anche se il consulente non lo ammetterebbe neppure sotto tortura.
 
Non l’ho mai visto così nervoso, Greg.
Segui il consiglio di Mycroft e lasciagli il caso.
La situazione è decisamente delicata e non vorrei ci andassi di mezzo anche tu
 
“Come se già in mezzo non ci fossi” sbuffa alle parole scritte da John nel messaggio di risposta a quello che gli ha inviato, dove lo ringraziava per aver aiutato Sherlock a formulare una frase come quella.
Si mette a sedere sul letto scompigliando i capelli. È proprio quello il punto. Lui è comunque preso in mezzo a tutto questo casino. Non basta consegnare le indagini a Sherlock per togliersi di dosso il killer, che lo punta come un cane da caccia con la preda,
“Chi diavolo sarà?” se lo chiede da quando la sera precedente Mycroft gli ha consigliato di guardarsi alle spalle da chiunque, soprattutto da chi gli è più vicino.
La prima persona che gli è venuta in mente è stata Donovan. L’agente ha insistito fin troppo sul fatto che fosse assurdo tenere aperto il caso, concetto che ha ribadito ad ogni occasione in cui si sono ritrovati a respirare la stessa aria.
Anderson viene subito dopo, anche lui scettico dinanzi alla sua decisione. Non ha insistito più di tanto, ma il fatto che abbia una relazione clandestina con Sally gli fa pensare che potrebbero addirittura essere complici.
Quando ha consegnato la documentazione al suo capo, questo se ne è uscito con un ‘Era ora’, che ha fatto drizzare le antenne a Greg. Ha visto sul viso del sovrintendente un’espressione di vittoria che lo ha portato a aggiungerlo alla lista degli indagati.
Nel breve tempo che ha trascorso in commissariato per preparare il rapporto e consegnarlo, gli è sembrato che tutta Scotland Yarde avesse avuto qualcosa da dire circa la chiusura di questo caso.
“Sto diventando paranoico” pensa stropicciando gli occhi, stanchi delle troppe ore di sonno perse. Non riesce, però, a dormire, figuriamoci, poi, a rilassarsi. Con una spada di Damocle di quel calibro sulla testa sfiderebbe chiunque a riuscirci. E poi c’è un’altra cosa che non gli va per niente giù e che ha maturato in seguito alla discussione con Mycroft. In qualche modo, il suo consiglio di chiudere il caso per davvero ha mosso in lui l’idea di essere considerato non in grado di fare il suo lavoro. Troppe volte i suoi colleghi gli hanno detto che potevano benissimo risolvere il caso senza l’aiuto del consulente e Greg non li ha ascoltati, convinto di quanto, più del loro orgoglio, fosse importante ottenere dei risultati validi, e chi se ne importa di chi risolve la faccenda. Ora, invece, sta ragionando esattamente come loro e non sa se siano gli effetti della diffidenza, oppure se non stia, molto più semplicemente, maturando anche un’ossessione per questo caso.
Accende una sigaretta e, più per distogliere l’attenzione che per altro, apre la cartellina nella quale ha riposto, la sera prima, tutta la documentazione relativa al Fenix, al caso Jackson e i suoi appunti, i documenti, i report di ogni singolo step del gioco malato scandito da esplosioni e quanto di relativo a Moriarty sia riuscito a scoprire.
Sherlock gli aveva fatto un resoconto dettagliato circa questo ‘Napoleone del crimine’, come gli piace chiamarlo e Greg non può fare a meno di ammettere di esserne sinceramente spaventato. Un uomo dalla mente brillante, forse non al pari di Sherlock, ma comunque sopra la media, che si è inventato un’attività di consulenza rivolta a coloro che vogliono perpetrare crimini e riuscire nell’intento.
Se li immagina, questi criminali allo sbando, che pianificano il colpo del secolo ma non sanno come uscire da un punto poco chiaro che potrebbe portarli alla galera. Eccoli che contattano questo Moriarty, un po’ come è solito lui rivolgersi a Sherlock, gli sottopongono il progetto e restano in trepidante attesa di un suo giudizio positivo.
“Pazzesco” pensa, passando la mano sul volto stanco. Quali potrebbero essere mai i clienti tipo di un simile consulente? Se ragiona per paragoni, le persone che si rivolgono a Sherlock hanno tra le mani casi complicati potenzialmente interessanti per il consulente, che sanno essere attratto solo da situazioni insolite. Quindi, Moriarty potrebbe, allo stesso modo, accettare solo progetti criminali interessanti e poco importa da chi provengano. Durante quel gioco malato Greg ha avuto modo di poter scorgere una carrellate dei suoi clienti tipo e in precedenza aveva conosciuto Jefferson Hope, il taxista serial killer.
A conti fatti, ci può anche stare che Moriarty abbia persino più clienti di Sherlock. Il crimine pare ancora rendere molto di più della risoluzione del crimine. Alcuni potrebbero avere progetti innovativi, come l’ideatore del portale Fenix, altri, invece, chiedergli aiuto solo per liberarsi di qualcuno divenuto scomodo, come la signora Jackson, ad esempio. Certo questo non è un caso così eccezionale, almeno per quanto fin’ora ha scoperto, ma il criminale potrebbe aver accettato l’incarico attirato dall’interesse di Sherlock sul portale Fenix. È l’unica spiegazione possibile, dal momento che i due coniugi erano, a conti fatti, pesci piccoli nel mare di squali pronti a sottoporre a Moriarty progetti di gran lunga più interessanti.
“Sono, del resto, un pesce piccolo anche io” riflette, afferrando la sigaretta con indice e pollice. Porta la mano a coprire gli occhi, sputando fuori una nuvola di fumo. Non riesce ancora a capacitarsi del fatto che questo pazzo criminale non lo avrebbe degnato del minimo sguardo se non fosse stato ‘il pusher di casi’ di Sherlock Holmes.
“Avrei dovuto lasciarti incriminare per possesso di sostanze stupefacenti e farti finire in carcere, maledizione” pensa, scacciando subito questa bruttissima immagine dalla mente. “Così rischio di diventare come lui” scuote il capo prendendo l’ultima boccata dalla sigaretta ormai al filtro.
Vuole stamparsi per bene in testa che Sherlock non ha alcuna colpa e da qui partire per cercare di capire a chi sia stato commissionato il suo assassinio.
Inserisce la chiavetta usb nel laptop e scorre i file relativi ai suoi colleghi che ha raccolto in fretta questa mattina. Li ha già letti più e più volte e non ci trova nulla fuori posto.
“Potrebbe essere proprio questo un indizio. Una persona troppo perfetta potrebbe essere un ottimo sospettato” riflette, scorrendo i curricula di Dimmock e di un paio di agenti, tra i quali vi è anche Jordan, tutti con ottimi voti, ottime referenze, ottime famiglie alle spalle.
Sbuffa più confuso che mai. Diffidare dei suoi uomini lo mette a disagio. Cerca di distrarsi, tornando a fare le pulci ai documenti relativi ai coniugi Jackson e tra i file prelevati dal pc dell’agenzia gli saltano all’occhio delle incongruenze presenti sul conto corrente della signora Jackson. Le ingenti somme di danaro prelevate coincidono con le date riportate sulla sua agenda personale, segno che erano destinate ai ricattatori. Quando questo rituale si interrompe, sulla lista dei movimenti del conto corrente compaiono dei bonifici di una certa consistenza, avvenuti a cadenza regolare nei quattro mesi prima del suicidio di Rosaline a favore di due associazioni no profit. L’ultimo di questi bonifici è stato proprio il giorno prima della tragedia che ha visto la signora Jackson sparare al marito per poi rivolgere l’arma verso se stessa.
Greg cerca i nomi delle associazioni su google e scopre che sono state chiuse perché hanno esaurito la loro mission.
“La cosa è alquanto interessante” dice la voce di Sherlock nella sua testa, strappandogli un sorriso. Vorrebbe metterlo al corrente di queste cose, ma rischierebbe di vedersi piombare in casa Anthea o addirittura Mycroft con nuovi ammonimenti, e poi è convinto che abbia già scoperto queste cose. Dietro le associazioni si nasconderà sicuramente Moriarty, che le ha usate come paravento per ottenere il pagamento per i suoi servigi.
“A proposito” si dice tornando su google. “Da qualche parte devono essere stati trovati i corpi di quei due ricattatori. Sono curioso di capire che fine gli hanno fatto fare”.
Digita i nomi di Gregson e McManara sul motore di ricerca, ma non ottiene alcun risultato. Pare proprio che non gli resti altro da fare che andare all’obitorio del Bart’s.
“Dovrei farcela in tempo per il pranzo” dice, pensando che non ci starebbe male un altro invito alla bella anatomopatologa.
Si fionda sotto la doccia e per la prima volta dopo mesi, se non addirittura anni, si mette in tiro. L’abito che ha deciso di indossare puzza forse un po’ troppo di naftalina e gli sta un po’ stretto sui fianchi, segno che la sua vita sregolata gli ha regalato qualche chilo di troppo. Spruzza un po’ di acqua di colonia in più ed esce di casa diretto all’auto.
Arriva al Bart’s anche piuttosto in fretta, calcolando il traffico che è solito rendere le strade impraticabili a quest’ora. Si sente un po’ nervoso all’idea di rivedere Molly così presto e inizia a pensare che sia esagerato proporle anche oggi di pranzare insieme.
“Non vorrei darle l’idea di essere uno stalker” pensa, ricordandosi di come la ragazza sia già stata scottata da un ‘fidanzato’ alquanto ‘particolare’ e potrebbe essere più allerta del solito dinanzi a uomini che tentano un approccio con lei.
“Questo vuol dire che ci stai provando?” gli domanda John, facendosi largo tra i suoi pensieri. Greg non sa cosa rispondere a questa domanda. Ha tirato fuori dalla naftalina un vecchio vestito e si è preparato come stesse per andare a un matrimonio, qualcosa vorrà pur dire.
Prende l’ascensore e quando le porte si chiudono e questo scende l’aria inizia a mancargli.
“Dio santo, possibile che sia arrugginito al punto da prenderla così male?” si chiede e quasi caccia un urlo quando le porte si aprono sull’ingresso dell’obitorio. Eveline, l’attempata segretaria di questo luogo di morte lo accoglie con un sorriso.
<< Siamo eleganti, ispettore >> cinguetta, sistemando meglio sul naso gli occhiali, assicurati al collo da una catenina rosa confetto. Il disagio aumenta e Greg le sorride mandandola mentalmente a stendere.
<< Molly è qui? >> le chiede e la donna sorride dando l’idea di saperla lunga.
<< Come sempre. La trovi nel suo ufficio  >> dice, indicando il corridoio. Il breve tragitto gli appare molto più lungo e ogni passo è pesante come avesse scarpe di piombo ai piedi.
<< Oh, ciao Greg >> lo saluta la ragazza, che sembra davvero felice di vederlo. Lo scruta dalla testa ai piedi e le guance le si accendono, cosa che genera una grande soddisfazione nel detective.
<< Come posso esserti utile, oggi? >> gli chiede e sebbene sia arrivato fino a qui senza un piano ben preciso, ora sa cosa deve fare e si rende conto di dover essere diretto con quell’invito.
<< In realtà non sono qui per lavoro >> le dice cercando di ritrovare la baldanza di un tempo.
<< Allora per cosa? >> gli chiede lei, arrossendo in modo ancor più evidente.
<< Mah, sai, avevo qualche commissione da fare qui in giro e dato che è quasi ora di pranzo mi sono detto ‘Andiamo a vedere se Molly è di turno e vuole farmi compagnia’. Ho fatto male? >> gli chiede innocente.
<< Oh, no, no, per nulla. Stavo giusto per andare >> dice salvando in tutta fretta il documento che ha a video per alzarsi in piedi. << Dammi il tempo di cambiarmi >>.
<< Fai con comodo >> le dice, sentendosi un po’ un verme per il modo in cui in un certo senso si sta approfittando di lei. Non appena esce, infatti, Greg si avvicina alla porta per accertarsi che sia entrata nello spogliatoio. Veloce poi va alla scrivania e richiama dall’archivio le autopsie recenti.
<< Eccoli qua! >> esclama, inserendo la chiavetta usb nel pc sul quale carica la documentazione relativa alle autopsie di Gregson e McManara. Aggiunge anche quella molto recente di Eleonore Marchall. Recupera la chiavetta, chiude le cartelle e si precipita all’ascensore.
Eveline lo accoglie con un sorriso che si allarga ancor di più quando vede uscire Molly dallo spogliatoio, avvolta in un bellissimo vestito che non poteva di certo celarsi sotto il camice bianco.
“Benissimo. Grazie a questa vecchia pettegola tutto il Bart’s saprà dell’avvincente storia tra il detective e l’anatomopatologa” pensa, sentendosi parecchio a disagio. Può immaginare, ora, cosa possano provare Sherlock e John dinanzi ai pettegolezzi sul loro conto.
“Potrebbe anche darsi che a loro non importi nulla di quel che dice la gente” pensa, però, mentre entrano nell’ascensore. “Per te sarebbe un problema?”.
Volge lo sguardo a Molly che gli sorride con dolcezza e si rende conto che, infondo, non c’è nulla di male in quello che stanno facendo.
“Infondo è solo un pranzo” pensa, ben sapendo che anche le tragedie peggiori sono iniziate da situazioni usuali e ‘banali’.
Entrano nel bar del giorno prima senza scambiare neppure una parola durante il tragitto. Siedono allo stesso tavolo e questa volta Greg si arrischia a prendere una birra per accompagnare il pasto.
<< Allora, che farai in questi due giorni di riposo? >> domanda lei che oggi sembra essere più a suo agio.
<< Mi riposo >> dice ed entrambi ridono.
<< Saggia idea >> annuisce lei. << Mi sembravi deciso a tenere aperto il caso, ieri. Cosa ti ha fatto cambiare idea? >>.
Lo stomaco di Greg si chiude e lo stato di allerta nel quale si sente dalla sera precedente lo assale. Questa donna ha frequentato Moriarty per un breve periodo. Il criminale l’aveva abbordata in quanto amica del consulente col solo scopo di poterlo conoscere di persona. Una mossa meschina, che lo porta a pensare, però, alla possibilità che non sia stata solo una tattica di quel pazzo ai danni della ragazza. Questa potrebbe essere coinvolta nei suoi loschi traffici, collaborare con lui esserne, forse, persino l’amante che si presta a giocare al ruolo dell’ingenua invaghita dell’irraggiungibile consulente investigativo. Certo a vederla, così spaurita e timida, non si direbbe. Se ripensa alla sua ex moglie, però, sono proprio le persone insospettabili ad essere le più pericolose.
<< Ho capito che non c’era nulla su cui indagare >> dice, facendo spallucce. << E’ stata una disgraziata disgrazia >>.
<< Certo deve essere terribile perdere una figlia. In quel modo così… freddo e calcolato, poi >> rabbrividisce.
La cameriera li interrompe portando loro i piatti. Greg osserva Molly arrotolare gli spaghetti tenendo la forchetta in mano in modo insolito. Sorride e lei arrossisce appena e il detective pensa che sarebbe un vero peccato se davvero fosse complice di quel criminale.
<< Molly, posso farti una domanda? >> le chiede. << Liberissima di non rispondere, ovviamente >> si affretta a dire, consapevole di come ogni volta che parla con qualcuno finisca col sembrare lo stia sottoponendo ad un interrogatorio. La ragazza annuisce e sembra un po’ tesa, cosa che, però, deve dare l’idea di essere ad ogni domanda che le viene posta. << Tu hai… conosciuto Moriarty >> dice e lei impallidisce. Raddrizza la schiena e abbassa lo sguardo sul piatto.
<< Non è una cosa della quale parlo volentieri >> dice serie e l’occhiata che gli scocca è così dura che a Greg da l’idea di essere al tavolo con un’altra persona.
<< Scusami, non volevo metterti in imbarazzo >> dice, sapendo bene che non usciranno da questa tensione e trascorreranno il resto del pasto nel silenzio più assoluto. << Io penso sia stato un bastardo e mi spiace per la situazione nella quale ti sei ritrovata >> dice, faticando a volgere lo sguardo verso di lei, china sul suo piatto.
“Ecco come giocarsi qualunque tipo di possibilità” pensa sospirando.
<< Come hai fatto a saperlo? >> gli chiede, guardandolo appena. << Sherlock ha chiesto al fratello di fare in modo che non fossi coinvolta in quel folle caso del dinamitardo e lui e la sua odiosa segretaria lo hanno accontentato >>.
<< Mi pare di capire, però, che non ti abbiano trattata bene >>.
La ragazza sbuffa, scostando la frangetta dagli occhi con un gesto del capo.
<< Mi hanno fatto mille domande sul perché e sul per come abbia iniziato a uscire con James >> dice e il suo sguardo si indurisce al suono di quel nome. << Mi hanno trattata come una criminale, mentre io… io sono solo la solita stupida che ci casca >> dice, scoccando un’occhiata severa anche a lui.
<< Mi spiace >> dice, sapendo che se ne farà ben poco lei del suo dispiacere.
<< Sai, ripensavo a quel che mi hai confidato ieri circa l’idea che si è fatta la tua ex su te e Sherlock >> dice, giocherellando col cibo pressoché intatto che ha nel piatto. << In un certo senso anche tu ti sei ritrovato nei guai a causa di Sherlock. Io sono stata usata da quel bastardo e tu sei stato lasciato. Cosa provi per questo, Greg? >> gli chiede e se solo sapesse questa ragazza a quale ben più grave pericolo lo ha esposto il consulente. Non può, però, confidargli anche questo. Non vuole anche lui metterla in pericolo, benchè vorrebbe poterne parlare con qualcuno. Qualcuno meno freddo e irraggiungibile di Mycroft Holmes e della sua segretaria.
<< Quando me ne sono reso conto ho provato una grande rabbia nei suoi confronti >> le confessa. << Poi, però, ho pensato che lui non ha colpe. Voglio dire, se dei pazzi criminali decidono di dargli addosso o se una donna frustrata si mette a vedere tresche amorose laddove non ce ne sono lui, cosa ne può lui? >>.
La ragazza sembra meditare sulle sue parole. Resta in silenzio per un lungo istante, fissando un punto sulla tovaglia di carta.
<< Sapevo che eri una brava persona, Greg. Non immaginavo fino a questo punto >> gli dice sorridendogli dolcemente. << Io, invece, a quanto pare sono cattiva >> ridacchia e una lacrima scivola a rigarle la guancia. << Perché l’ho accusato di tante cose. Ho provato tanta rabbia >> dice mandando giù il magone. << James in quelle poche occasioni in cui ci siamo visti, sia prima che dopo che glielo presentato, mi ha fatto tante domande su di lui. Era parecchio insistente sulla sua vita privata, al punto che era venuto anche a me il dubbio che mi stesse chiedendo di presentarglielo perché interessato a lui e non solo per curiosità. Anche perché io non mi ero mai… proposta >> dice arrossendo. << Ma neppure lui ci aveva provato. Non mi aveva dato neppure l’idea di volerci provare davvero. Avrei dovuto capirlo e allontanarlo da me, invece, l’ho portato da lui, facendo la figura della sciocca >> dice e asciuga lesta un’altra lacrima sfuggita al suo controllo.
<< Ehi, Molly >> le dice prendendole la mano. << Basta darti addosso. Non sei una sciocca e non hai alcuna colpa. Noi tutti siamo degli sciocchi se paragonati alla loro intelligenza. Sono persone diverse e non lo dico in senso dispregiativo. È un dato di fatto che lo siano e viaggiano su binari per noi incomprensibili. Tu dicevi che Sherlock seduce continuamente e anche Moriarty lo fa’. Puoi aver intuito che qualcosa non andava, ma da lì a capirlo ce ne vuole, Molly, e non perché tu sia sciocca, ma perché loro sono… >>.
<< Mostri >> conclude lei per lui, severa. << Sono mostri, Greg >> ripete decisa. << Insensibili, gelidi, razionali e logici al punto da non avere un briciolo di umanità >>.
Greg si rende conto di quanto siano mosse dalla rabbia le sue parole. Non sa se ha avuto modo di parlarne con qualcuno, forse Mycroft e Anthea la tengono persino d’occhio e le hanno intimato di non fare parola a nessuno di questa storia. Come gli ha detto, però, loro due hanno questa comune sfortuna di essere ritenuti importanti dal consulente investigativo.
<< Sherlock non è così >> le dice, dolcemente stringendole la mano. << Io penso che tu sia importante per lui, Molly >> la ragazza ridacchia scuotendo il capo e altre lacrime le rotolano sulle guance. << Da che lo conosco l’ho visto tenere in considerazione ben poche persone. Tre, per l’esattezza: te, John e me. Non viene da te solo perché gli fa comodo, Molly. Ti cerca perché il tuo parere, la tua opinione è degna di nota. Tu sei la migliore nel tuo campo, altrimenti non si spiegherebbe come potresti alla tua giovane età essere responsabile di un intero reparto >> le dice, rendendosi conto per la prima volta di questa cosa. << Anche Anderson ha delle ottime qualifiche ed è intelligente. Mediamente intelligente, è ovvio, ed è responsabile della scientifica da anni, ma, puntualmente, Sherlock lo copre di miserie, non lo cerca mai e del suo parere se ne frega. E non lo fa come ripicca per il modo in cui lui lo tratta, perché abbiamo visto l’altra volta che pure io lo tratto male, eppure finiamo col ritrovarci sempre a lavorare insieme. Sì, forse non gli interessi come tu vorresti, ma sei importante per lui >>.
Finalmente Molly sorride e gli stringe la mano.
<< Grazie, Greg >> gli dice e questa gratitudine Greg la percepisce sulla pelle.
Concludono il pranzo ritrovandosi a parlare del più e del meno ed è talmente piacevole che Greg dimentica quasi di avere una chiavetta carica di documenti da controllare che gli pesa in tasca.
Lei insiste per pagare il pranzo, ma lui non ne vuole sapere e si ritrova a doverla forzare a riporre i soldi nel portafogli.
<< Mi sembra di approfittarne fin troppo, così >> dice lei a disagio, riavviando una ciocca dietro l’orecchio.
<< Penso che dovresti approfittarne di più e farti meno problemi, Molly >> ribatte lui mentre a piedi tornano verso il Bart’s. Questa volta restano a parlare qualche istante davanti alla porta d’ingresso, finchè la ragazza non si rende conto di essere in ritardo. Gli getta le braccia al collo, cogliendolo di sorpresa e lo stringe forte.
Greg si rende conto che è passato molto tempo dall’ultima volta che una donna che non fosse sua figlia lo ha stretto in un abbraccio. È piacevole. Rimette insieme i cocci rotti da troppo tempo.
<< Grazie ancora >> gli sussurra lei all’orecchio, posandogli poi un bacio sulla guancia ben rasata. Greg non riesce a dirle nulla. Abbozza a mala pena un sorriso mentre lei si allontana da lui, imbarazzata dal suo stesso gesto. Cammina veloce verso l’ospedale e Greg resta lì a guardarla, il suo profumo impresso addosso e il calore di quel bacio a scaldargli il cuore. 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** capitolo 9 ***


Buonasera a tutti!
Eccovi un altro capitolo. Spero sia di vostro gradimento. Se vi va lasciatemi una recensione.
A presto
Patty
 
Capitolo 9
 
Greg stropiccia gli occhi fissi da quasi tre ore davanti al pc e finalmente decide di chiuderli per un po’.
“Oh cristo!” pensa cercando di riordinare le informazioni che ha raccolto.
Dalla documentazione ‘recuperata’ dal pc di Molly ha scoperto di quale morte sono venuti a mancare i ricattatori di Susan Jackson.
Gregson è stato trovato dalla moglie nel suo garage, colto da un arresto cardiaco che lo ha portato alla morte quasi immediata. Con l’efficienza che la caratterizza, la patologa ha cercato di capire se si trovasse dinanzi a un vero attacco cardiaco o se questo fosse stato causato da qualcosa che l’uomo ha ingerito e che magari gli è stato somministrato allo scopo di eliminarlo.
Dal momento che Gregson godeva di ottima salute, a detta della moglie, ma confermato dalla sua cartella clinica, un simile controllo è più che importante, benchè un arresto cardiaco possa cogliere chiunque in qualunque momento, sano o malato che sia. L’unico problema fisico di Gregson sembrava essere la stipsi. Molly ha ricondotto la leggera presenza di digitale nel sangue dell’uomo ai preparati erboristici per lassativi che questi prendeva regolarmente e che utilizzano minime quantità di digitale. Greg, però, sa che il ricattatore non è morto per una disgrazia e per lui quella piccola quantità di digitale ha un significato più che chiaro.
Gregson lascia la moglie e due figli di dodici e sedici anni. Dalla foto scattata al momento del ritrovamento è possibile vedere una Bentley ultimo modello acquistata solo sei mesi prima, davvero un po’ troppo costosa per un semplice impiegato in un’agenzia di assicurazioni. Questo particolare, però, sembra non essere stato tenuto in considerazione durante le indagini.
McManara, invece, è morto a seguito delle ferite riportate durante un brutto incidente alla guida, anche lui, di un’auto troppo lussuosa. Greg apre per l’ennesima volta le foto della scena dell’incidente e ancora una volta si chiede come possa essere stato possibile che nessuno si sia accorto di ciò che a lui appare chiaro e lampante.
Dalle foto è evidente come non ci sia sull’asfalto alcun segno di frenata da parte dell’auto che, come spiega il verbale redatto dall’agente della stradale, ha tagliato la strada all’uomo, facendolo finire contro il muro di un vecchio magazzino. McManara ha frenato, le ruote della sua auto hanno lasciato delle belle strisce nere evidenti. Ha tentato disperatamente di salvarsi dal suo assassino.
Dalle telecamere presenti sul posto non si è ricavato nulla in quanto si è scoperto essere guaste, sempre secondo l’agente che ha scritto il rapporto. A nessuno, però, è venuto in mente di capire come mai lo fossero e cosa ne pensassero i titolari del magazzino che ne erano responsabili. Il caso è stato chiuso con dei punti oscuri così chiari da saltare all’occhio del più stupido dei bobby[1].
“Dio, ce le meritiamo le parole di disprezzo di Sherlock” sospira Greg. 
Per quanto riguarda Eleonor Marchall, il cui caso è ancora aperto e in lavorazione da parte di Dimmock e la sua unità, Molly appunta la presenza di un segno attorno al collo parzialmente carbonizzato della donna. Indica che, però, a causa delle condizioni del corpo non è possibile capire se sia stato causato dall’esplosione o se fosse precedente a questa.
Greg si è fatto l’idea che la donna sia stata strangolata e poi il suo assassino abbia inscenato quella fuga di gas per coprire le sue tracce, e chi se ne frega se ci hanno rimesso la vita altre cinque persone.
“Troppe irregolarità” sussurra, sputando fumo e malcontento. Dal momento che non vuole arrendersi all’idea di Sherlock su quanto siano poco professionali, preparati e capaci gli Yardes, questi buchi d’indagine non possono essere che la prova lampante della presenza di talpe di Moriarty all’interno del Met[2]. Più di una perché, da quanto ha potuto vedere da queste tre autopsie e relative documentazioni, vengono toccati i settori della stradale, della scientifica e, purtroppo per lui, della sua squadra investigativa.
“E una di queste è il mio killer” pensa, aprendo le schede personali degli agenti che hanno redatto il rapporto dell’incidente di McManara, dei rilievi nella palazzina nella quale è morta Susan Marchall e di Jordan, che ha preparato quello sui coniugi Jackson.
Ed è sulla scheda del giovane agente che si è soffermato di più. Non riesce a credere che possa essere proprio lui, in carico alla sua squadra da pochi mesi.
“Poco dopo l’arrivo di John nella vita di Sherlock, se non erro” pensa, coincidenza che fa vibrare le sue antenne. “Se così fosse… quali erano le sue reali intenzioni, ieri sera, quando mi ha proposto di unirmi a lui per una birra?” si chiede.
Sherlock e John gli hanno detto poco e nulla sugli sviluppi del caso che stanno seguendo in Spagna. Anche Mycroft la sera prima durante la cena non ha detto nulla di più. A conti fatti, Greg non sa se stanno mettendo nei guai Moriarty al punto da portarlo a decidere di ucciderlo per bruciare il cuore al consulente, oppure se sia ancora abbastanza forte da non averne bisogno.
“Confortante avere delle certezze nella vita” ironizza fissando la foto impeccabile di Jordan, allegata alla sua scheda. “Al pub davanti al Met, avevi detto” medita, dicendosi che, dal momento che domani è ancora libero, potrebbe fare un salto lì stasera e vedere se ha la fortuna di incontralo “E l’avrò per forza se mi sta col fiato sul collo”.
Scocca un’occhiata alla telecamera posta sopra la porta d’ingresso della biblioteca nella quale ha deciso di portare avanti le sue indagini. Ha badato bene di controllare se ce ne fossero altre, prima di scegliere in quale dei tavoli sedersi. Secondo John è Mycroft il signore delle telecamere a circuito chiuso, quindi povrebbe stare più che tranquillo. Il fratello di Sherlock, però, ci ha tenuto più volte a sottolineare come facesse meglio a non fidarsi di nessuno, soprattutto di chi gli è vicino.
“Per quel che ne so, Moriarty potrebbe fregare persino uno come te, Myc” dice, spegnendo il laptop. Riprende in mano il cellulare e apre la chat che ha con Margaret. Sorride, pensando con soddisfazione di essere riuscito a spuntarla in qualcosa, finalmente. Forse aver parlato della stramba idea che si è fatta su di lui ha smosso qualcosa, dopo tutto.
 
Tu che prendi due giorni di vacanza?
Dio, non ci posso credere!
Va pure tu a prendere i ragazzi, ne saranno contenti.
Devo chiederti, però, di riportarli a casa dopo.
Domani George ha la verifica di matematica.
Si era già messo d’accordo con Leslie per studiare insieme oggi pomeriggio.
Lizzy, invece, ha la verifica di francese e sai bene come questa lingua non le entri per nulla in testa!
 
Ride e si rende conto di essere commosso. Da tempo Margaret non si rivolgeva a lui con calma, senza insulti. Sembra quasi siano tornati indietro nel tempo, quando, anziché sms, si lasciavano post it appesi al frigo e ricorda che lei disegnava sempre una faccina sorridente o un cuore alla fine di ogni comunicazione. Erano piccole cose insignificanti. Si è reso conto a sue spese, però, di quanto nulla sia insignificante.
Pensare alla possibilità di recarsi in quel pub e incontrare il suo assassino gli piace meno, ora che ha riletto questo messaggio. La ama ancora, è inutile che cerchi di dirsi il contrario. Nonostante tutto il male che gli ha fatto, nonostante stia in pianta stabile con un altro da tempo ormai, nonostante quella folle idea di lui innamorato di Sherlock, non può fare a meno di provare amore per questa donna.
“Sono un maledetto masochista” pensa stropicciando il viso stanco con entrambe le mani. Controlla l’orologio e si rende conto di essere a rischio ritardo anche oggi.
Solo la fortunata congiunzione astrale di semafori verdi e traffico ridotto gli permettono di giungere in orario alla scuola di George. Lo vede uscire insieme ai suoi compagni e dividersi poi da questi per continuare il tragitto con il suo amico Leslie. Hanno entrambi gli occhi fissi sullo smarthphone nel quale stanno guardando qualcosa che sembra essere davvero interessante. Ridono e Greg sorride insieme a loro nel vederli così spensierati, nonostante i molti problemi. Anche i genitori di Leslie si sono separati quasi nello stesso periodo in cui lo hanno fatto lui e Margaret e questo sembra aver rafforzato l’amicizia tra i due ragazzini. Greg è felice del fatto che il figlio possa aver avuto qualcuno accanto durante la bufera, col quale potersi sfogare ed essere capito, dal momento che cavalcano le stesse onde alte e minacciose.
George si accorge di lui per caso, da una gomitata al suo amico e punta il dito verso di lui tutto felice. Entrambi corrono verso l’auto dalla quale Greg scende per essere letteralmente travolto dal figlio che lo stringe in un forte abbraccio.
<< Non ci posso credere! >> grida George allegro. Lo ripete più volte, senza accennare a volerlo lasciare andare. Leslie si sente evidentemente di troppo e porta l’attenzione al suo smartphone, ma si nota dal sorriso che ha stampato sul viso quanto sia felice per il suo amico.
<< Ho preso due giorni di ferie e ho chiesto a vostra madre se potevo venirvi a prendere io anche oggi >> gli sussurra all’orecchio, stringendolo a sua volta. Il calore di questo abbraccio riesce a sciogliere le tensioni che si porta addosso dalla sera prima, con una forza maggiore di quanto non abbia fatto quello breve e imbarazzato di Molly.
<< E lei ti ha detto di sì? Non ci posso credere! >> dice lui scostandosi appena. Ha versato qualche lacrima e bada bene di toglierne subito ogni traccia.
<< Non so se è un buon segno o solo una coincidenza. Non ci voglio pensare. Sono qui punto e basta >> dice, battendo le mani sulle spalle del figlio. << Leslie, salta su, ti accompagno >>.
Il ragazzino prova a ribattere, ma Greg insiste e George finisce col trascinarlo per un braccio. Prendono posto entrambi sul sedile posteriore e lungo il breve tragitto fino a casa del ragazzo chiacchierano tutti e tre di rugby e dei cantanti del momento, dei quali Greg non conosceva neppure l’esistenza.
Quando Leslie si accomiata ricordando a George l’appuntamento del pomeriggio, questi si siede accanto a lui pronto all’appostamento davanti alla scuola della sorella.
<< Perché hai preso ferie se stavi portando avanti le indagini sui Jackson? >> gli chiede il figlio. Greg si è preparato alle domande di George e prima di uscire ha controllato la sua auto da cima a fondo alla ricerca di cimici o altre diavolerie senza, però, trovare nulla. Accende comunque la radio, nell’eventualità che qualcosa gli fosse sfuggito.
<< Le ho passate a qualcun altro >> gli dice strizzandogli l’occhio. Il ragazzino capisce e sorride compiaciuto.
<< E lui ti ha dato notizie sul caso che sta conducendo in Spagna? >> gli chiede e sembra anche non attendesse altro che porgli questa domanda. Ha negli occhi quel bagliore carico di curiosità e ammirazione per Sherlock, che rinnova i dubbi di Greg in merito alla possibilità che ci sia qualcosa di più.
<< A dire il vero no >> risponde, abbozzando un sorriso.
<< Come ha reagito alle informazioni che gli hai dato sul caso? >> lo incalza.
<< Oh, beh, sai… lui è di poche parole. Mi ha risposto con un laconico ‘Ok’ e da allora non ho più ricevuto sue notizie >>.
George storce il naso e prende a fissare un punto, meditabondo.
<< E’ strano, sai? >> dice Greg, uscendo dal suo silenzio. << Con me è sempre stato gentile e si è dilungato anche in molte spiegazioni, quando gli inviavo le prove che trovavo. Non capisco perché non lo sia anche con te >>.
Ha sempre pensato suo figlio fosse un ragazzino intelligente e perspicace e con queste domande che gli pone gleni sta dando ulteriore prova. Greg si sente un verme all’idea di dovergli mentire di nuovo. 
<< Lui è fatto così, Georgie >> dice facendo spallucce. << Quando è preso da un’indagine non risponde proprio. Mi ritengo fortunato lo abbia fatto anche solo con un semplice ‘Ok’. Ci ho fatto l’abitudine, ormai >>.
Il ragazzino annuisce e torna a fissare un punto, meditando su quanto gli ha appena detto.
<< E’ sicuramente una persona particolare, non trovo giusto, però, che gli altri lo deridano o lo giudichino >> dice, uscendo in fretta, questa volta, dal suo silenzio. << I tuoi colleghi, i miei compagni, pensano sia solo un tipo eccentrico che ama prendere in giro la gente. Leslie non lo giudica, ma fatica a credere che riesca davvero a fare ciò che fa. A me piace >> dice, guardando fuori dal finestrino.
Un brivido percorre la schiena di Greg. Potrebbe essere una innocua constatazione come anche il desiderio di iniziare una conversazione su un argomento che il detective non sente di voler affrontare in questo momento. Prova disagio. Molto disagio. Vorrebbe cambiare discorso, ma non gli viene in mente nulla. Parcheggia davanti alla scuola di Elisabeth e spera che questa arrivi presto. Non sopporta il silenzio nel quale si è chiuso George.
<< Pensi che potrei scrivergli per chiedergli del caso? >> gli domanda e negli occhi c’è di nuovo quella luce che lo abbaglia. << Forse a me risponderebbe, come ha fatto quando era qui >> aggiunge.
A ben vedere George potrebbe essere mosso dal semplice desiderio di essere utile alle indagini.
“Ma sì che è cosi! Scemo io che mi faccio tutte queste paranoie!” pensa e istintivamente scompiglia i capelli arruffati del figlio.
<< Non saprei, Georgie. Potrebbe essere telegrafico anche con te o non risponderti proprio e non voglio tu possa restarci male. Sherlock è capace di ferire il prossimo senza rendersene conto >>.
<< Beh, anche il prossimo lo ferisce, e il più delle volte in modo palese e volontario >> dice il ragazzo. << Penso sia normale diventare acidi quando si è circondati da persone pronte a giudicare negativamente quello che sei, quello che fai, le cose in cui credi. In qualche modo ci si deve difendere. Lo hai fatto anche tu con la mamma quando ti ha accusato di essere gay >> gli dice guardandolo di sottecchi.
Lo stomaco di Greg si stringe e volge lo sguardo all’orologio e a quella maledetta lancetta che proprio non ne vuole sapere di portarsi sul 12 e far suonare la dannata campanella.
<< Tua madre non mi ha accusato di essere gay, ma di essermi innamorato di lui >>.
<< E non è la stessa cosa >> gli chiede curioso.
<< No che non lo è >> dice sicuro di sé, benchè non lo sia affatto. << Penso che si possa prendersi una sbandata per una persona del proprio sesso senza per questo essere attratti da tutti gli altri. Mi pare la chiamino etero flessibilità, ma prendila con le pinze, perché con tutti i termini nuovi che ci sono sull’argomento mi perdo >>.
George torna a fissare il punto, riflettendo su quanto gli ha detto e data l’importanza dell’argomento Greg spera proprio di non aver detto delle gigantesche cazzate.
<< Quindi se mi piace un ragazzo e solo lui e nessun altro, allora non sono gay? >> gli domanda.
“Cristo, ma non si potrebbe più semplicemente parlare di donne!” pensa, maledicendo ancora una volta quella stupida lancetta troppo lenta.
<< No >> risponde, cercando di essere credibile. << Se ti senti attratto dagli uomini sì, se ti senti attratto dalle donne e poi conosci un uomo che ti attira e lui soltanto allora no >>.
<< Che casino >> sentenzia il ragazzo serio. << Non sarebbe più ovvio fregarsene di chi sta con chi e perché e permettere a ognuno di essere e fare ciò che vuole? >>.
Il ragionamento non fa una piega e Greg lo approva in pieno. Come può spiegargli che, però, ci sono persone bigotte, ottuse e convinte di detenere la ragione assoluta, pronte a dare addosso a chiunque esca da ciò che è ritenuto ‘normale’. Quella è la realtà, ma non vuole neppure spaventarlo, perché in qualche modo le cose potranno cambiare, anche se non sa bene né come né quando.
<< E’ per questo che lui mi piace, sai? >> continua il ragazzino volgendo lo sguardo altrove. << Perchè Sherlock se ne frega del giudizio della gente. Nonostante ciò che pensano e dicano di lui, continua a portare avanti il suo lavoro e la sua vita. È ammirevole, non trovi? >>.
<< Sì, lo è. Anche tanto solo, temo >>.
<< C’è John con lui e penso stiano anche bene insieme. Però prima sì, penso anche io sia stato molto solo e forse è per questo che faceva uso di droghe. Ti ricordi quando lo abbiamo ospitato? >>.
Greg annuisce e gli torna in mente quanto dettogli dalla ex moglie in merito a quell’ospitata. << Aveva tutti questi segni sulle braccia e quelle occhiaie profonde. Pensavo fosse un mago quando a colazione ci ha detto cose di noi che non poteva sapere. Se fosse nato nel medioevo lo avrebbero accusato di stregoneria e bruciato sul rogo >>.
In un certo senso, Greg pensa che Sherlock ha qualcuno deciso a bruciargli il cuore anche in questa epoca. Lo stesso individuo a causa del quale lui stesso è in pericolo.
<< Gli hai davvero salvato la vita, papà? >> gli chiede curioso sporgendosi verso di lui.
<< Gli ho chiesto di scegliere tra le droghe e la possibilità di collaborare. Ha scelto l’alternativa a lui più vantaggiosa >>.
<< Forte! >> esclama il ragazzino. << Sei una persona importante per lui. Sono felice tu non gli abbia voltato le spalle >> dice guardandolo con orgoglio.
Lo stomaco contratto di Greg si scioglie dinanzi a quello sguardo che aumenta e di un bel po’ la sua autostima. Essere amico di Sherlock è anche questo, non solo rischiare la vita a causa del pazzo che ha deciso di giocare con lui.
<< Il consulente investigativo ti piace proprio tanto, eh? >> dice senza badare alle possibili interpretazioni di questa frase. Il ragazzino diventa rosso come un pomodoro e allora si rende conto di essersi dato da solo la zappa sui piedi.
La portiera del lato passeggeri si apre e Lizzy, il suo profumo e i suoi modi, invadono l’abitacolo
<< Non ci posso credere! Sei qui!!! >> grida felice, gettandogli le braccia al collo, incurante di come stia schiacciando il fratello. George questa volta non ci pensa due volte a cederle il posto e passare dietro, segno di quanto debba sentirsi in imbarazzo. Si accoccola a ridosso del sedile, rendendogli impossibile scorgerlo dallo specchietto retrovisore.
<< Come è possibile questa cosa? >> gli chiede la ragazza stampandogli sulla guancia un bacio che di sicuro gli lascerà sulla guancia il segno scuro del suo rossetto.
<< Ho consegnato il caso che stavo seguendo a Sherlock, ho preso due giorni di ferie e ho chiesto a vostra madre se potevo passare a prendervi anche oggi. Lei ha detto di sì, ed eccomi qua >> racconta anche a lei, che, però, lo guarda scettica, accomodandosi al suo posto.
<< Penso ci sia dell’altro >> dice scoccandogli un’occhiata indagatrice che lo porta a notare come anche lei gli somigli, soprattutto quando assume espressioni simili. << Non deve dirci nulla, ispettore Lestrade? >> gli chiede, incrociando le braccia al petto. Greg resta di stucco, del tutto ignaro di dove voglia andare a parare.
<< E piantala, Liz! >> dice George da dietro, dando uno scappellotto alla sorella. Questa fa per renderglielo, ma Greg le blocca la mano.
<< Si può sapere di cosa stai parlando? >> le chiede e la ragazza lo guarda storto per poi tornare a sedersi composta.
<< Dove ti trovavi ieri all’ora di pranzo? >> gli chiede, con un tono da interrogatorio convincente al punto che sembra fare il suo stesso lavoro da anni.
Greg strabuzza gli occhi. Certo che sa dov’era a pranzo il giorno prima, quel che non sa è come possano esserne loro a conoscenza.
<< Ero al bar davanti al Bart’s >> .
<< Da solo? >> lo incalza la figlia.
<< Ho pranzato con la patologa per continuare a parlare del caso sul quale stavo lavorando >> risponde, infastidito dai modi della ragazza e dal dover ancora una volta mentire.
<< Hai pranzato con un’anatomopatologa? >> gli chiede George facendo capolino dal sedile posteriore.
<< Sì. Mangiano anche loro sai? >> risponde lui divertito dal suo stupore.
<< E ci fai anche altro con questa patologa? >> gli chiede Elisabeth senza girarci attorno.
<< E anche fosse a te che te ne importa >> si intromette George. << Mamma ce l’ha un amante e da prima che si lasciassero. Non vedo perché lui non può rifarsi una vita. Con una donna che scuoia cadaveri, poi! Forte! >> dice euforico.
<< Non sono per nulla d’accordo! >> ribatte Elisabeth alterata. << Prima dici che con le donne hai chiuso e poi mamma ci chiede se tu stia frequentando qualcuna e se ne esce con questa storia del pranzo >>.
<< Mi ha visto lei al bar con Molly? >> domanda stupito.
<< Oddio che nome ridicolo! >> dice Elisabeth disgustata. << Non ti ha visto lei. Perché sarebbe dovuta essere dalle parti del Bart’s a pranzo? >> domanda alzando gli occhi al cielo per la sua deduzione del tutto errata. << E stata Dora >>.
<< Cristo, Dora! >>.
Greg si era del tutto dimenticato della cara amica infermiera di Margaret che lavora al Bart’s. Sicuramente deve ringraziare la segretaria del reparto per questa spiata.
<< Non ci avevi pensato, eh? >> lo canzona la figlia. << Ovviamente abbiamo detto a mamma che non ne sapevamo nulla. A quanto pare, anche se si fa bellamente i fatti suoi ci tiene ad essere ancora l’unica donna nella tua vita >>.
<< Io faccio il tifo per Molly >> si intromette di nuovo George, spuntando dal sedile posteriore. << Pensi che mi permetterà di vedere un cadavere aperto? >>.
<< Quello non te lo permetto io. Ti assicuro che non è un bello spettacolo >> lo rimette al suo posto scoccandogli un’occhiataccia. << E comunque, a scanso di equivoci, non c’è assolutamente niente tra noi. Abbiamo solo pranzato insieme, tutto qui. Se dovessi stare con tutte le persone con le quali mi capita di pranzare o cenare… >> non conclude la frase, pensando che la sera precedente ha cenato con Mycroft Holmes e la sua segretaria, un duo in mezzo al quale non vorrebbe davvero finire. Pensa anche che stasera ha meditato di tentare di trovare Jordan al pub e se il suo sospetto circa la sua vera identità dovesse essere infondato, la situazione potrebbe diventare alquanto imbarazzante con lui.
<< Eddai papà, per una volta che conosci qualcuno di interessante! >> sbotta George. << Già ci siamo persi l’opportunità di avere per patrigno Sherlock Holmes >> dice e la sorella ridacchia divertita. Greg li osserva stupito e si rende conto che hanno preso quella cosa decisamente meglio di quanto non abbia fatto lui. 
<< Andiamo da te? >> gli chiede Elisabeth, cambiando del tutto argomento.
<< Oggi no, ragazzi, mi spiace. George deve studiare matematica con Leslie e tu hai il compito di francese domani >>.
<< Ma chi se ne frega del compito! Tutto il mondo parla inglese, non vedo perché io, che sono madrelingua, mi devo porre il problema di imparare un’altra lingua >>.
<< Argomentazione che ti fa entrare di diritto nella top ten delle cazzate della settimana, Liz >> ride il fratello e questa volta lo scappellotto gli arriva davvero.
Giungono davanti a casa di Margaret ed entrambi lo stringono forte e gli lasciano un bacio sulla guancia prima di scendere dall’auto. Greg resta a guardarli percorrere il vialetto l’uno accanto all’altra. Suonano alla porta e la madre apre loro facendoli entrare. Prima di chiudere guarda verso di lui e lo saluta con la mano regalandogli un sorriso.
Deve essere seria questa storia della gelosia” pensa, rispondendo al suo saluto che lo riempie di gioia. Spera proprio che i giorni bui dei litigi, delle convocazioni da parte dell’avvocato di lei, degli insulti e della tensione continua siano finiti.
Quando la porta si chiude Greg mette in moto l’auto diretto verso casa sua. Deve prepararsi per la serata e sperare di concluderla con l’arresto del killer assoldato per ucciderlo.
 
 
[1] Nomignolo attribuito agli agenti di strada di Scotland Yard
[2] Metropolitan police departement, l’altro nome di Scotland Yard

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Buonasera!
Oggi pubblico tardissimo, mi spiace.
In questo capitolo torna un mio must dal punto di vista dei riferimenti. Per quanto riguarda l’infanzia di Sherlock, infatti, ho preso spunto da quando scrive Meyer nel suo racconto apocrifo ‘La soluzione sette per cento’.
Spero che anche questo capitolo possa essere di vostro gradimento
A presto
Patty
 
Capitolo 10
 
Greg parcheggia l’auto sotto casa e prima di scendere controlla il messaggio che ha ricevuto. Mentre guidava ha solo visto che era da parte di Margaret e non ha voluto rischiare di leggerlo di fretta e magari rispondere male e scatenare un’altra guerra.
 
I ragazzi stanno studiando tranquilli.
Non ci posso credere! 
Penso farebbe loro piacere se passassi a prenderli anche domani.
Non hanno impegni e potete stare insieme anche per cena.
Sempre che tu non abbia già preso altri impegni, si intende.
Fammi sapere.
 
Deve rileggerlo più volte e stropicciare persino gli occhi per convincersi di aver capito bene. A quanto pare è davvero gelosa. Deve ammettere che prova non poca soddisfazione al pensiero di come la infastidisca saperlo con un'altra. Cerca, però, di fare l’adulto e mettere da parte questi giochi da bambini. Trascorrere del tempo con i suoi figli è molto più importante, e se questo fraintendimento può giocare a suo favore ben venga che lo pensi in una nuova relazione.
Scende dall’auto con la sensazione di aver vinto una battaglia e pensa che non ci starebbe male una capatina al negozio, giusto per collezionare qualche sorriso da parte dell’addetta al reparto.
“E uscirne col suo numero in tasca” aggiunge la voce di John strappandogli un sorriso.
Tira dritto, quindi, andando oltre il suo portone, deciso a buttarsi. Un’auto scura lo affianca. Il finestrino del lato passeggero si apre e rivela la presenza di Anthea.
<< Buonasera, Gregory >> cinguetta questa sorridendogli.
<< Ma che coincidenza >> ridacchia nervoso. << Dovremmo smetterla di incontrarci così, non credi? >> le dice malizioso, appoggiandosi allo sportello, e ancora una volta lei ride sfacciata, dandogli l’idea di prendersi gioco di lui.
<< Il mio capo è geloso, non mi permetterebbe mai di incontrarti in altro modo >> gli dice strizzandogli l’occhio e per un attimo Greg si chiede di chi sia geloso Mycroft. Scopre che preferisce non conoscere la risposta. << Andiamo? >> gli chiede la donna, invitandolo a salire in auto.
<< Un'altra cena in un pub affollato? >> domanda senza muoversi di un passo.
<< Non parliamone qui, Gregory, per favore >> gli chiede seria, nascondendo un ordine dietro una gentile richiesta. Il detective sbuffa e sale sul sedile posteriore.
<< Buonasera, Gregory >>.
Non si aspettava di trovare Mycroft a bordo. Prende posto alla poltroncina subito davanti a lui, in quest’auto grande che custodisce un piccolo salotto al suo interno.
<< Non credi che ci stiamo vedendo un po’ troppo spesso? >> gli chiede incrociando le braccia al petto.
<< Per me è un piacere trascorrere del tempo in tua compagnia >> gli dice lui con quel sorriso tirato. << Sei una persona… interessante >> aggiunge stringendo le palpebre. A Greg non piace il modo in cui lo guarda, come fosse una strana creatura da laboratorio. << Posso immaginare, però, perché tu possa trovare fastidiosa la mia presenza a sconvolgere i tuoi piani per la serata >> dice serio e Greg si chiede come possa sapere ciò che lui ha solo pensato di fare. << Ti avevo chiesto di chiudere il caso e lasciare le indagini a Sherlcok >> dice severo.
<< E’ quel che ho fatto >> ribatte lui.
<< A davvero? >> gli chiede sorridente e Greg gli toglierebbe volentieri quell’aria strafottente dalla faccia a suon di pugni. << Devo, quindi, pensare tu abbai trascorso il pomeriggio in biblioteca per preparare un qualche esame, come gli studenti universitari che erano seduti attorno a te >>.
<< Non sono più libero neppure di impiegare costruttivamente il mio tempo quando sono in ferie? >> gli chiede ironico.
<< No se lo impieghi a metterti in pericolo con le tue stesse mani! >> dice alzando la voce. Lo sguardo duro puntato su di lui è capace di farlo sentire piccolo e stupido. << Non ti rendi conto di quanto sia pericoloso quello che stai facendo! >> esclama ed è paura quella che Greg sente provenire da lui. Il viso è teso, l’espressione arrabbiata, ma è chiaro quanto sia spaventato. Per quanto gli abbia detto di tenerci alla sua incolumità sente, però, di non essere la causa di questo timore.
<< Non è la prima volta che ricevo delle minacce, Mycroft. Non sono così stupido da sottovalutare la follia di quell’uomo, ma non posso starmene con le mani in mano sapendo che c’è un killer che tiene puntata la sua arma verso di me >>.
<< E così ti sei messo in testa di scoprire chi sia e fare cosa? Arrestarlo? >> gli chiede mostrandogli di nuovo quel sorriso strafottente.
<< E’ il mio lavoro >> risponde lui e questa volta Mycroft gli ride apertamente in faccia.
<< Greg, ti ritengo sufficientemente intelligente da renderti conto di come Moriarty abbia seminato Scotland Yard di uomini al suo servizio. Hai già notato quanto siano stati modificati i rapporti presentati da chi ha seguito le indagini sugli omicidi dei ricattatori e della segretaria di Susan Jackson. Anche se tu lo arrestassi credi che cambierebbe qualcosa? Potrebbe scappare in qualunque momento, oppure, se James lo riterrà ormai inutile, potrebbe pure essere ucciso in galera, ma la tua condizione non cambierebbe. Metterebbe qualcunaltro su di te e allora che farai? Continuerai a indagare e indagare e indagare ancora, dando la caccia in eterno al killer assoldato per farti saltare le cervella? Diventerebbe una vera e propria ossessione e mi pareva di aver capito tu avessi due figli da crescere >>.
Greg ha lo stomaco chiuso. Non gli hanno fatto un bell’effetto le parole di Mycroft e neppure il modo in cui questi le ha dette. Si rende conto, però, di come sia abile quest’uomo a manipolare le persone e decide di non permettergli di giocare con lui.
<< Quindi è questo ciò che fai? >> dice, appoggiando la schiena allo schienale del sedile. << Cerchi di toccare il prossimo là dove è più fragile. I miei complimenti >> dice chinando il capo. << E’ una tecnica che uso anche io negli interrogatori e devo dire che riesce discretamente anche a me. Certo, tu hai uno stile più ricercato, diciamo così. Anni di allenamento ed esperienza, presumo >>. Mycroft distoglie lo sguardo e Greg lo prende come un segno di vittoria. << So bene che hai ragione. Lo so, davvero >> gli dice sporgendosi verso di lui. << Ma cosa dovrei fare altrimenti? Io sono abituato a risolvere da me i miei problemi >>.
<< Questo non è un tuo problema >> ribatte Mycroft, riportando su di lui lo sguardo severo.
<< Oh, certo, scusami. Dimenticavo che mi ci ha cacciato tuo fratello dentro questo guaio >> sbotta tornando contro lo schienale. << Anche se sia io che te sappiamo che Sherlock è solo una vittima. Il vero colpevole è Moriarty >>.
Mycroft distoglie nuovamente lo sguardo e resta in silenzio. La cosa colpisce Greg, che si aspettava una battuta, un cenno di assenso, invece non arriva nulla di simile dall’uomo del governo. Un’intuizione lo coglie di sorpresa dandogli i brividi.
<< Tu blocchi tutti coloro che si avvicinano a Sherlock e li interroghi, scavi nelle loro vite, li fai tenere d’occhio >> dice, catturando nuovamente l’attenzione di Mycroft. << Non può esserti passato inosservato questo Moriarty. Voglio dire, tu sei ‘il signore delle telecamere a circuito chiuso’, il fratello maggiore eternamente preoccupato che si prodiga per il benessere del minore. Devi aver fatto anche con questo criminale la stessa cosa che hai fatto con me e John. Gli avrai chiesto il perché del suo interesse per tuo fratello, solo che con lui non ti è andata bene come con noi, non è così Myc? Noi non siamo folli e potenti al punto da ribaltare la situazione e passare dall’essere controllati al controllare >>.
Il volto di Mycroft diviene sempre più inespressivo, tanto da farlo sembrare una statua di cera. A Greg sembra di poter sentire i suoi muscoli tendersi e il respiro bloccarsi.
<< Stai giocando con il fuoco, Greg. Un fuoco che potrebbe bruciarti, che ti sta già bruciando >> lo mette in guardia serio.
<< Fino a che punto sei coinvolto in questa storia? >> gli chiede.
<< Non sono disposto a sottostare al tuo interrogatorio >> ribatte secco lui.
<< Allora perché dovrei stare io al tuo? >> incalza deciso. << Ne ho abbastanza di segreti, Myc. Voglio la verità e non un surrogato al quale sono state apportate le dovute censure >>.
Mycroft scuote il capo e abbozza una risata.
<< Sei davvero il migliori elemento che Scotland Yard abbia all’attivo, Gregory >> gli dice e il suo volto si addolcisce in un modo che imbarazza Greg al punto da farlo arrossire.  << La verità è che quell’uomo mi ricatta e se continuo a permettergli di fare ciò che vuole è solo per l’incolumità di mio  fratello >>.
Greg sbatte le palpebre sorpreso da quella confessione.
<< Lui ti ricatta? Perché non me lo hai detto? Avresi potuto aiutarti >>.
<< Come? >> ride Mycroft. << Quell’uomo è infinitamente potente, Greg. E pazzo, anche. Ho cercato in tutti i modi di tenere fuori mio fratello, così come ho tentato con te, ma siete entrambi testardi e inclini al ribellarvi persino alle più elementari regole del buon senso! >>.
Mycroft appoggia i gomiti alle ginocchia e prende il viso tra le mani. Greg non si sarebbe mai aspettato di vederlo così fragile e scosso.
<< Raccontami la verità, Mycroft >> gli dice sporgendosi verso di lui. << Siamo tutti sulla stessa barca, dal momento che siamo in pericolo. Sputa il rospo, non potrai mettermi nei guai più di quanto già non lo sia >> cerca di convincerlo.
Holmes alza gli occhi a incontrare i suoi. Sono infinitamente stanchi, provati e tristi. È come se la maschera di freddezza che è solito indossare fosse caduta dando modo, finalmente, al mondo emotivi di quest’uomo di manifestarsi.
<< Tu, John, Sherlock… siete finiti invischiati in una storia della quale sono l’artefice >> ammette, alzando appena gli occhi a incontrare i suoi. << Non era mia intenzione, ovviamente. Io volevo solo risolvere una volta per tutte una situazione divenuta insostenibile e, invece, questa ha generato un effetto onda che non mi sarei aspettato. Accadono queste cose, quando si lascia che le proprie azioni siano portate avanti dal cuore anziché dalla ragione >>.
<< E cosa ha tentato di portare avanti il tuo cuore? >> gli chiede e Mycroft prende un profondo respiro prima di rispondere.
<< Avrai capito che i nostri genitori non erano propriamente dei bravi genitori. Mio padre era un violento, insensibile e autoritario uomo di potere. A suo parere Sherlock stava gettando troppo fango sul suo buon nome e aveva deciso che la sua vita sarebbe dovuta finire >>.
<< Tuo padre voleva uccidere suo figlio? >>.
Greg non riesce a credere a quanto Mycroft gli sta confidando. L’uomo annuisce lentamente e prende un altro respiro. Appare affaticato ed è visibile quanto gli pesi recuperare questi ricordi.
<< Sì, Gregory >> dice abbozzando un sorriso tristissimo. << Ero riuscito a sedare la sua rabbia quando scoprimmo la relazione sentimentale che Sherlock portava avanti da tempo con un compagno d’università. Questa finì male, anche a causa di mio padre, e mio fratello si diede alla droga. Mi fu impossibile, a quel punto, convincere mio padre a desistere dai suoi intenti. Ho dovuto, quindi, prendere una decisione estrema >>.
Mycroft guarda Greg dritto negli occhi. Quello sguardo racconta una verità che il detective fatica ad accettare. Ha sempre pensato che quest’uomo avesse una mania del controllo patologica e che facesse di tutto per manifestare il suo potere, un po’ come il fratello fa qualunque cosa pur di dimostrare la sua intelligenza. Si rende conto ora, invece, di quanto amore provi per Sherlock e di quanto abbia fatto pur di salvarlo e non può fare a meno di commuoversi.
<< Tu… mi stai dicendo che per salvare tuo fratello hai… >>.
Mycroft si limita ad annuire sostenendo il suo sguardo stupito.
<< Cristo >> dice Greg, lasciandosi cadere contro lo schienale del sedile. << Moriarty lo ha scoperto e ti ricatta. Svelerà quanto hai fatto mettendoti nei guai se non starai ai suoi ordini >>.
<< E’ il suo modo per tenermi in pugno. Più di ogni altra cosa James brama il potere. Quello nascosto nell’ombra, ancora più potente di quello manifesto. Io sono un uomo potente e per controllarmi e usarmi batte sul mio nervo scoperto >>.
Greg scuote il capo. Gli è difficile accettare questa scomoda verità della quale si pente di aver chiesto di essere messo a conoscenza.
<< Tutto questo è pazzesco >> dice portando le mani al viso. << E’ per questo che si sta comportando così? Che gli ha dimostrato di cosa è capace per invitarlo a non indagare e allo stesso tempo gli ha chiesto, tra le righe, di continuare a farlo? Questa assurda storia di bruciargli il cuore >> sospira scuotendo il capo. <<  Cristo, basta anche solo conoscerlo poco, tuo fratello, per capire che non è tipo da fermarsi dinanzi a simili minacce, anzi. E lui è stato così abile da portare Sherlock a cadere nella sua trappola, in modo da garantirsi il controllo su di te. Sfrutta la sua ossessione per le indagini per poterti tenere in pugno >> conclude, battendo le mani sulle ginocchia.
Prova una profonda rabbia per come questo pazzo criminale usi le persone. Si è preso gioco di Molly, corteggiandola al solo scopo di arrivare al consulente e ora si prende gioco di Sherlock per potere tenere in pugno l’uomo più potente di Inghilterra. Moriarty agisce colpendo le persone nelle loro fragilità. Il bisogno di affetto di Molly, quello di riconoscimento di Sherlock e l’amore fraterno di Mycroft.
<< Come dicevo sei un ottimo detective >> sospira quest’ultimo sorridendogli. << Per un uomo come Moriarty le persone non sono altro che giocattoli da usare per raggiungere i suoi scopi. Lui, poi, è il tipo di bambino che si diverte a distruggere i suoi giochi dopo averli usati per un po’. Distruggerà Sherlock per il solo piacere di vederlo andare a fondo. Lo distruggerà sia emotivamente, facendo sì che causi la morte di chi ama, che professionalmente, gettando fango sul suo nome e sulle sue capacità. E lo farà per soggiogare me, per distruggermi e rendermi un burattino inerme tra le sue mani, dopo avermi tolto, facendola a pezzi, la mia unica ragione di vita >>.
Mycroft chiude gli occhi e una lacrima sfugge dalle sue ciglia per rotolare lungo la guancia pallida. La asciuga piano, sospirando come si fosse tolto un peso dal cuore confidandogli la situazione nella quale è costretto a vivere da chissà quanto tempo.
Greg si rende conto di stare tremando. Prova la stessa sensazione di impotenza che ha vissuto quell’unica volta in cui ha visto piangere suo padre, quando gli hanno comunicato che la fine era vicina e inevitabile e che quel cancro che lentamente lo stava logorando se lo sarebbe portato via del tutto. Anche gli uomini forti e potenti hanno i loro punti di rottura, le loro fragilità, e, proprio come dinanzi a suo padre, ora Greg prova un profondo dolore di fronte a quello composto e silenzioso di Mycroft Holmes.
<< Mi spiace davvero quanto tu ti stia trovando a vivere a causa mia e di mio fratello. Volevo aiutarti e ho provato a farlo nonostante la presenza costante di Moriarty nella mia vita. Ho pur sempre un debito di riconoscenza nei tuoi confronti >>.
<< Tu non hai alcun debito, Myc >> dice ridendo, visibilmente a disagio all’idea che un uomo così potente possa sentirsi in debito con lui. << Io credo che tu, seppure a modo tuo, sia un buon fratello. Hai ucciso per Sherlock. Cristo, non si uccide per una persona alla quale non si tiene. Immagino che lui non lo sappia. Perché, se posso dire di conoscerlo, se lo sapesse non si comporterebbe così con te. Guarda cosa ha fatto con John. Lui ha ucciso Hope ed è diventato il paladino di Sherlock >>.
<< Non pensavo lo sapessi >>.
<< Qualche deduzione sono in grado di farla anche io >> gli dice strizzandogli l’occhio. << Ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati? >> gli chiede, intenzionato a porgli la domanda che da qualche giorno gli torna spesso in mente.
<< Oh, come potrei dimenticarlo! >> ridacchia Mycroft, posando la nuca contro lo schienale della poltrona << Avevo ormai dato Sherlock per disperso e poi, miracolosamente, l’ho ritrovato con te >>.
<< Mi facesti prelevare da Anthea all’uscita del Met[1] e lei mi accompagnò al Diogenes Club >> dice e umetta le labbra prendendo un profondo respiro. << Perché mi facesti quella domanda? >>.
Volutamente non la ripete, consapevole di come una mente brillante come quella di Mycroft sia in grado di intuire a cosa si stia riferendo. L’uomo, infatti, sorride.
<< Ti chiesi in che rapporti fossi con mio fratello, perché temevo che una nuova relazione potesse dargli il colpo di grazia >> gli rivela, sostenendo il suo sguardo. Greg sente di stare arrossendo e pensare che anche Mycroft abbia avuto gli stessi dubbi di Margaret gli chiude lo stomaco. << In quei dieci anni ho rincorso Sherlock nelle sue mille fughe, l’ho recuperato da tutti i suoi nascondigli infimi, con l’ago nel braccio o le pupille dilatate da acidi o chissà quali altre diavolerie. L’ho visto cadere preda di personaggi dalla dubbia moralità e l’intento fin troppo chiaro e per due volte ho tentato di farlo disintossicare, perdendo miseramente. Quando la prima volta la clinica mi chiamò per avvisarmi che mio fratello era scappato me la presi con loro. La seconda volta me la presi con lui. L’unica persona con la quale avrei dovuto prendermela, invece, era solo me stesso. Se lo avessi protetto quando era il momento di farlo e dalle persone giuste, forse le cose sarebbero andate diversamente. O forse no, ma almeno sarei a posto con la mia maledetta coscienza >>.
Mycroft chiude gli occhi e prende un profondo respiro. Greg lo imita, rendendosi conto di essere rimasto in apnea per tutto il tempo. È la disperazione di un uomo che teme per l’incolumità del fratello quella che sente giungergli a ondate e che si aggancia alla sua. Quella che sta provando nei confronti di George e dei dubbi circa il suo orientamento sessuale, che sta maturando dagli ultimi discorsi fatti. Quella che prova nei confronti di Elisabeth e che hanno avuto il picco massimo durante il caso del portale Fenix.
<< Invece non l’ho protetto >> continua Mycroft, uscendo dal suo silenzio << L’ho distrutto >> sussurra, gli occhi ancora chiusi. << E tu lo hai ricostruito >> aggiunge puntandoli su di lui. Leggermente lucidi appaiono quegli occhi. Commossi, come la sua voce così bassa e incerta.
<< Io… gli ho solo dato fiducia. Aveva bisogno di sperimentare il suo metodo e io avevo bisogno di aiuto. Non ti nego che ho pensato di approfittarmi della sua intelligenza e all’inizio è stato per quello che mi sono preoccupato di come stesse e che non si facesse. Poi, però, è diventato un reale scambio di bisogni >> dice Greg fissando quel viso pallido, assorto in chissà quali pensieri. << Non avrei mai potuto pensare a lui in nessun altro modo, Mycroft >> dice imbarazzato.
<< Lo so, Greg, lo so >> ridacchia Mycroft. << L’ho capito subito che non eri interessato a lui in quel senso ed è per questo che non ho ostacolato la vostra collaborazione. Ho visto, anzi, le potenzialità curative e i fatti mi hanno dato ragione. Come ti dicevo lo hai salvato grazie a quel patto semplice che io, però, non pensavo avrebbe funzionato. Ho capito quanto davvero Sherlock ci tenesse a questo lavoro che stava inventandosi. Sì, tu gli hai dato fiducia. Io… devo imparare >>.
Pensare che uno come Mycroft abbia qualcosa da imparare da lui gli suona talmente strano che gli sfugge una risata.
<< Io penso che non si smetta mai di imparare. Non è facile essere genitori >> dice e si rende subito conto dell’errore che ha fatto.
<< Oh, non ti preoccupare. In effetti è come se avessi assolto a quel ruolo, soprattutto dopo aver… eliminato quello reale >> dice e le sue labbra si distendono in quel sorriso così strano. << Ora penso di dover iniziare a… lasciarlo andare >> dice con voce strozzata dall’emozione. << Non è più solo, ormai. Ha John al suo fianco >> dice scoccandogli un’occhiata che sembra dirla lunga.
<< Oh >> esclama Greg stupito. << Vuoi dire che lui e John…? >>.
<< Non era evidente? >>.
<< Per me no. Voglio dire, John da che lo conosco l’ho sempre visto passare da una donna all’altra. L’ho anche invidiato parecchio, devo dire. Ora tu mi dici che ha cambiato punto di vista >>.
Usare quell’espressione non gli fa per nulla bene. Gli torna alla mente lo sguardo giudicante e disgustato di Margaret e lo scaccia via a fatica.
<< John Watson la sa lunga su entrambi i punti di vista, Greg >> dice Mycroft inarcando le sopracciglia.
<< Ok, non voglio sapere altro >> dice imbarazzato, mettendo le mani avanti. << So solo che mi sono sentito sollevato all’idea di poter smezzare il peso di avere a che fare con Sherlock con  qualcuno ‘normale’ quanto me. Anzi, a dirla tutta l’arrivo di John mi ha risolto molte cose. Ha arginato un po’ l’agire azzardato di tuo fratello, per quanto ovviamente sia possibile fare una simile cosa. Mi sono stupito di come Sherlock avesse fatto entrare così prepotentemente John non solo nella sua vita, ma nel suo lavoro. In quei cinque anni, prima del suo arrivo, lo avevo visto prevalentemente solo. Troppo solo. Sono felice cha abbia trovato qualcuno, adesso. E lo sono anche per John, anche lui si merita un po’ di pace >>.
<< Anche tu, Greg >> gli dice e sa bene di come si stia riferendo a quanto gli sta accadendo con la sua ex moglie e i figli.
<< Anche noi, Myc >> ribatte e Mycroft distoglie lo sguardo imbarazzato. << A conti fatti, anche tu stai passando un pessimo periodo a causa di Moriarty. Quest’uomo va eliminato. Come stanno procedendo le indagini che Sherlock sta portando avanti in Spagna? >>.
<< Bene, anche se, nonostante io stia cercando di evitare che Moriarty ci metta del suo, non posso essere sicuro che lui sia all’oscuro di tutto. Come ti dissi ieri sera ha… >>.
<< Occhi e orecchie dappertutto, sì l’ho capito >> dice meditando sul da farsi. << Tu sai chi sono le sue talpe a Scotland Yard? >>.
<< No >> ammette Mycroft sconsolato. << Moriarty non si avvale solo di professionisti da infiltrare là dove servono. Un’altra sua specialità, come vedi, sono i ricatti. Non posso darti la certezza che non sarebbe capace di ricattare qualcuno dei tuoi colleghi e spingerlo a dargli informazioni oppure a depistarti o anche a ucciderti >>.
<< Ho passato al setaccio le schede di ogni agente della mia squadra e della altre, di tutta le sessione investigativa, praticamente, e non ho trovato nulla che possa ricondurli a lui o a qualcosa di losco alla quale lui possa essersi attaccato per ricattarli >>.
<< Non è detto che li troveresti >> insiste Mycroft. << Come hai notato indagando sul caso Jackson, sono molto bravi a nascondere la verità e camuffare la scena del crimine per disegnare una situazione totalmente diversa. Immagino tu non abbia alcuna intenzione di desistere dall’indagare sul killer assoldato per ucciderti, non è così? >> sospira rassegnato.
<< Impazzirei se non facessi qualcosa, Mycroft >> gli confessa. << Sapere di avere un’arma puntata addosso costantemente e qualcuno che potrebbe sparare da un momento all’altro mi manderebbe ai matti, se non potessi sentire di stare facendo attivamente qualcosa per salvarmi >>.
Mycroft si lascia cadere contro lo schienale del sedile e passa la mano sul volto stanco.
<< In realtà sapevo che avresti risposto così. Anche Anthea mi aveva detto che non sarei riuscito a convincerti a desistere >> dice rimettendo sulle labbra quel sorriso tirato.
<< Io… io ti ringrazio per avermi detto la verità >> gli dice Greg sporgendosi verso di lui.
<< Devo dire che mi ha fatto bene >> annuisce Mycroft. << Credo avessi bisogno di confidarmi con qualcuno in grado di capire. Non che Anthea non lo sia, ma… tu sei padre e ho avuto la prova che faresti qualunque cosa pur di proteggere i tuoi figli. Penso sia per questo che mi è stato così semplice parlarti >>.
<< A quanto pare anche l’uomo più potente di Inghilterra ha bisogno di un amico >> dice Greg abbozzando un sorriso. Mycroft lo guarda stranito e poi sembra meditare su quanto gli ha detto.
<< Io non ho ben chiaro cosa sia un amico, Greg >> gli confessa, sporgendosi verso di lui. Il detective deve fare uno sforzo per non ridere di quanto gli ha detto. Non vuole rischiare di offenderlo.
<< Credo tu possa dire di essertene fatto un’idea oggi >> gli dice e lui nuovamente ci pensa su.
<< A a te andrebbe bene? Voglio dire, da che ho capito un amico è una cosa importante >>.
<< Semmai è una persona, Mycroft >> ride, senza riuscire a trattenersi. Holmes lo guarda stupito e poco a poco le sue labbra si curvano in un sorriso. << Perché non dovrebbe andare bene? Certo, preferirei non essere più prelevato per strada da Anthea e condotto chissà dove per scambiare quattro chiacchiere >>.
<< La prudenza non è mai troppa. A proposito >> gli dice prendendo dal taschino della giacca un biglietto da visita.  
<< E’ il numero di Anthea >> gli dice porgendoglielo. << In caso dovessi contattarmi mandale un messaggio in codice e lei me lo girerà >>.
Greg fissa attonito il biglietto per un istante, prima di prenderlo dalle sue mani.
<< Mi auguro che questo clima di terrore e spionaggio si concluda quanto prima >> dice riponendo il biglietto nel portafogli. << Dove siamo? >> gli chiede, rendendosi conto solo adesso di come stiano viaggiando per le strade di Londra.  
<< In giro per Londra. Immagino tu voglia tornare a casa >> gli chiede senza nascondere il suo scetticismo circa la sua decisione di proseguire le indagini.
<< Sì, grazie >> dice deciso. << Hai detto che hai messo qualcuno su di me dal giorno in cui ho incontrato Sherlock >>.
<< C’è ancora ed è fidato >> gli conferma Mycroft. << Farò in modo che sia dalle parti del pub dove ti recherai per incontrare quell’agente. Mi auguro che la serata si concluda con un fraintendimento, ma in caso contrario voglio tu sappia che non sarai da solo >>.
<< Beh, fa sempre piacere sapere di avere un angelo custode >>.
L’auto si ferma e Greg si stupisce di quanto poco ci abbiano messo a tornare sotto casa sua.
<< E’ stato un piacere, Mycroft >> gli dice porgendogli la mano.
<< Non posso dire di essere soddisfatto della tua decisione, ma è stato un piacere anche per me, Gregory >> dice stringendogli la mano.
Greg scende dall’auto, che riparte subito. Questo incontro gli lascia una strana sensazione, come si fosse svegliato adesso da uno strano sogno. Si sono detti tante cose lui e Mycroft. Troppe. Soprattutto tra le righe e nei silenzi.
Si scrolla di dosso tutto quanto e si avvia verso casa. Ha un appuntamento al quale prepararsi e, al contrario di Mycroft, spera di concluderlo con un bell’arresto.
 
 
 
[1] Metropolitan police service

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** capitolo 11 ***


Buonasera a tutti!
Scusatemi, ma ieri non sono riuscita a postare il nuovo capitolo. Mi rifaccio oggi. Voglio mantenere la pubblicazione quotidiana, ma, per motivi di lavoro, questa potrebbe ogni tanto saltare. Cercherò di fare in modo che accada il meno possibile, ma se dovesse accadere non vogliatemene.
In questo capitolo cito un po’ di strade e zone di Londra. Non conosco la città e mi sono affidata a google maps. In caso di inesattezze, quindi, non vogliatemene.
Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento e sarò felice di leggere le vostre recensioni.
Alla prossima
Patty
 
Capitolo 11
 
Greg è arrabbiato. No, arrabbiato è ben poca cosa. E’ furioso.
È rimasto al pub vicino al Met fino a mezzanotte a bere due birre e guardarsi attorno, senza però veder entrare la persona che stava aspettando. È tornato a casa convinto di aver preso un granchio, dal momento che era più che sicuro che, se Jordan fosse stato il killer assoldato per ucciderlo, sarebbe stato costantemente sulle sue tracce. Si è messo a letto tutto sommato contento, dal momento che quel ragazzo è davvero un ottimo agente e gli è quasi venuto un infarto quando il telefono ha squillato alle tre di notte.
Gli ci è voluto un attimo per capire di cosa l’agente che lo ha svegliato nel cuore della notte gli stesse parlando, tanto era in pieno sonno.
<< Lo hanno portato al Bart’s… un’aggressione… fuori pericolo, ma ridotto parecchio male >> è riuscito a cogliere solo questi brandelli di conversazione, a causa anche del rumore di sottofondo del luogo in cui si trovava il bobby.
<< Ma si può sapere di chi stai parlando? >> gli ha chiesto e all’uomo è bastato pronunciare quel nome per svegliarlo del tutto.
Jordan giace addormentato sul letto del reparto di traumatologia del Bart’s. Gli hanno spaccato il braccio sinistro in tre punti, slogato il polso destro e sparato al torace. Solo per un colpo di fortuna la pallottola non ha centrato il cuore, lasciandolo a terra più morto che vivo.
<< Ne avrà per almeno sei mesi, tra operazioni, gesso e riabilitazione >> gli ha detto il medico che lo segue.
Dorme tenuto a bada da una flebo di antidolorifici. Non ha lividi sul volto.
<< L’aggressione è avvenuta alle 8 di sera in una traversa vicino Batty street in Whitechapell >> gli ha detto l’agente non appena è arrivato in ospedale. << In quel vicolo non ci sono telecamere e nessuno ha assistito alla scena. L’ambulanza è stata chiamata da una donna che era scesa per portare a passeggio il cane. Io sono stato chiamato quando è giunto in pronto soccorso, come sempre accade nei casi di vittime di aggressione >>.
<< Abbiamo idea di cosa sia successo? >> gli ha chiesto Greg.
<< Non ho avuto modo di fargli alcuna domanda >> scuote il capo. << Era in stato di incoscienza quando è giunto qui. Era senza documenti né telefono, ho pensato fosse stato vittima di una rapina. È stato portato d’urgenza in sala operatoria e ne è uscito tre ore dopo. Si è ripreso dopo altre tre, giusto il tempo per comunicarmi il suo nome. Quando, inserendo i dati nel sistema, ho scoperto che era un collega in forze alla sua squadra, ispettore, mi sono precipitato a chiamarla >>.
“Mi chiedo perché ti trovassi lì a quell’ora” pensa Greg, lo sguardo fisso sul ragazzo ancora incosciente.
Batty street. A pochi passi da Greenfield Road, dove lui ha da poco trovato sistemazione, dopo aver girovagato per un po’ da quando Margaret lo ha mandato via di casa. Jordan non era in servizio e Batty street non si trova vicino casa sua. Sulla sua scheda redatta al momento dell’assunzione, infatti, risulta abiti in King Charles Street, a sei chilometri da lì.
L’agente gli ha detto di aver pensato fosse stato la vittima di una rapina. Per quale altra ragione, infondo, si spacca un braccio a un uomo, gli si spara al petto e lo si lascia a terra più morto che vivo e senza documenti addosso?
“Forse per impedirgli di ucciderne un altro e rendere difficoltoso il riconoscimento” pensa, lo sguardo sempre fisso sul ragazzo addormentato.
Non ha prove a favore della sua tesi, se non forse il mancinismo di Jordan che potrebbe collegarlo al killer che ha ucciso i Jackson. Al di là di questo, però, ciò che lo manda in bestia è l’essere stato preso in giro da Mycroft Holmes. Già perché se il ragazzo che giace in questo letto d’ospedale dovesse non essere chi dice che sia, allora l’uomo più potente di Inghilterra gli deve delle spiegazioni in merito al suo non sapere chi fossero le talpe di Moriarty infiltrate a Scotland Yard. Un lavoretto come quello fatto a Jordan può essere solo opera di un professionista. Un ladruncolo, magari anche tossico o ubriaco, colpisce per prima cosa il viso della vittima per stordirla. La riempie di pugni e poi la deruba. Non spezza braccia né tantomeno sloga i polsi. È possibile che spari, sì, ma non in modo così preciso. Perché è stato uno sparo di alta precisione, sebbene non sia andato a segno, evidentemente per un movimento compiuto dal ragazzo all’ultimo istante,
“Basta, ho bisogno di certezze” dice, afferrando il bicchiere di plastica avvolto nel cellophane, posato sul comodino. Aiutandosi con un fazzoletto di carta, per non lasciare le sue impronte, porta il bicchiere nel pugno della mano destra di Jordan, badando che i polpastrelli aderiscano bene alla plastica. Lo ripone poi nel cellophane e lo mette in tasca. “Anderson, ho del lavoro per te” pensa soddisfatto, avviandosi alla porta della stanza.
Si volta verso il ragazzo prima di uscire. Una parte di sè spera davvero che si stia sbagliando e che non venga fuori altro che il suo nome dal sistema, quando le impronte verranno scansionate.
“Ne ho abbastanza di tradimenti” pensa abbandonando la camera.
Esce dall’ospedale accertandosi che l’agente resti di guardia, pronto a prendere le deposizioni non appena si sveglierà. In realtà non vuole che Jordan abbia la possibilità di scappare. Sebbene sia ridotto male, se è un killer professionista sarebbe capace di abbandonare l’ospedale pur di non essere scoperto. L’altra alternativa è che qualcuno possa introdursi nella stanza e completare il lavoro. Potrebbero essere altri uomini di Mycroft, oppure di Moriarty, deciso a punire il suo infiltrato che si è fatto scoprire e pestare come uno sprovveduto novellino.
Arriva al Met che è quasi l’alba. La divisione scientifica è ancora sprovvista del suo capo e Greg si vede costretto ad affidare il recupero delle impronte a uno dei colleghi di Anderson.
<< Una possibile prova relativa al pestaggio dell’agente Jordan >> dice e il ragazzo si carica del sacro fuoco che vuole ogni poliziotto impegnarsi al massimo per scoprire chi ha fatto del male a un collega. Greg gli resta col fiato sul collo per tutta la procedura. Lo vede spargere il grigio-argento[1] su tutta la superficie del bicchiere e asportare le impronte col nastro adesivo nero. Poi le scansiona e le immette nel sistema.
<< Ci vorrà un po’, signore >> lo informa l’agente, come se lui non lo sapesse. Si sforza di abbozzare un sorriso ed esce dal laboratorio. Raggiunge la divisione omicidi e, approfittando del fatto che sia parzialmente deserta a quest’ora, si siede alla postazione di Jordan e inizia a frugare tra le sue cose.
Sebbene sia con loro da poco tempo, il ragazzo non ha alcun effetto personale alla sua postazione. Non una foto di una persona che gli stia particolarmente a cuore, nessuna confezione di aspirine o di qualche altro medicinale, agende o rubriche, cazzate messe lì giusto per dare colore, come sulla maggior parte delle postazioni attorno alla sua. Solo penne. Fogli bianchi sui quali scrivere e block notes per prendere appunti. Giusto un pacchetto di fazzoletti intatto, abbandonato da solo nel primo cassetto.
Greg si alza infastidito dal non aver recuperato nulla da questa ispezione ed entra nel suo ufficio, che per oggi non avrebbe dovuto vedere. Accende il pc e appena il programma si inizializza fa delle ricerche, collegandosi al sito del catasto. L’appartamento in King Charles Street nel quale ha segnalato di abitare al momento della sua assunzione, risulta essere di proprietà di un certo Rodney Bolton e regolarmente affittato da più di un anno a tale Giselle Lamàre. Casi di subaffitto abusivi se ne riscontrano in continuazione, la cosa che non gli torna è che Jordan, per come si presenta, non gli sembra proprio il tipo da prestarsi a questo genere di irregolarità.
Controlla se risultino esserci contratti di affitto o di proprietà a suo nome, ma non trova nulla.
“Sì, in effetti potresti essere il tipo che vive ospite di una vecchia zia. Peccato tu mi abbia detto di non avere nessuno ad attenderti a casa e, da quel poco che ti sei lasciato sfuggire in questi mesi, non hai neppure alcun parente o amico qui a Londra” pensa, passando la mano sul viso stanco.
Diventa sempre più chiaro il fatto che questo ragazzo nasconda qualcosa. Dal momento che il sistema non da segni di aver trovato un riscontro delle sue impronte sul database, Greg controlla per scrupolo anche l’agente della stradale, che ha redatto il verbale pieno di imprecisioni per l’incidente di McManara, e il tecnico della scientifica, che si è occupato della fuga di gas nel palazzo nel quale ha perso la vita Susan Marchall. Questi risultano abitare all’indirizzo segnalato sulla loro scheda. Questo non li scagiona, ma certo non li mette neppure in cattiva luce. Non più di quanto non possano sembrarlo.
Il telefono sulla scrivania di Greg squilla e lui risponde immediatamente.
<< Il sistema ha dato dei risultati e… ispettore, è meglio che venga a vedere >>.
Greg non se lo fa ripetere due volte. Mette giù la cornetta e corre alla divisione scientifica. Giunge affannato in laboratorio e scopre l’agente in compagnia di Donovan e Anderson, segno che, tra una ricerca e l’altra, si sono fatte le sette del mattino. Tutti e tre si voltano verso di lui con espressioni stupite sul viso e desiderosi di spiegazioni.
<< Che significa questo, Greg? >> gli domanda Sally, indicando il video che riporta una foto segnaletica che ritrae un Jordan decisamente più spettinato e inquietante. Pare che risponda al nome di Andrej Jadescu, albanese, e che sia persino più vecchio di quanto avesse loro dichiarato. Di dieci anni, per l’esattezza. Ha al suo attivo una serie di crimini da far accapponare la pelle e risulta ricercato dall’MI6, dalla FBI e dalla CIA.
<< Ma che bravo ragazzo >> ridacchia Greg, ignorando la domanda della collega. << Stampami una copia di questo rapporto >> chiede all’agente, che si scuote dallo stupore ed esegue l’ordine. << Sally, chiama l’agente che ho messo di guardia al Bart’s, digli di non perderlo di vista e di non permettere a nessuno, che non sia identificabile come medico o infermiere specializzato, di entrare in quella stanza >> ordina a Donovan, mentre strappa dalle mani dell’agente il rapporto che ha stampato ed esce dal laboratorio. Si dirige a grandi passi verso l’ufficio del sovrintendente e bussa alla porta alla quale entra senza attendere il permesso.
<< Lestrade? Ma tu non eri in ferie? Ti pare il modo di irrompere nel mio ufficio a quest’ora? >> lo rimprovera il capo che indossa ancora la giacca.
<< Sì, se ho da segnalarti la presenza di un killer professionista tra gli uomini che hai fatto assumere di recente nella mia unità >> dice, mostrandogli il rapporto recuperato dal sistema. Il sovrintendente resta a bocca aperta. Gli prende il foglio dalla mani per leggerlo meglio e poi alza lo sguardo a incontrare il suo.
<< Come diavolo hai fatto a scoprirlo? >> gli chiede inarcando le sopracciglia.
<< Diciamo che c’erano troppe cose che non mi tornavano nel comportamento di quel ragazzo >> dice tenendo ancora per sé le sue verità. << Dici che posso arrestarlo appena si riprende e convalidare seduta stante il fermo di questo bell’esemplare di feccia umana, prima che l’MI6, la CIA o la FBI vengano a reclamarlo? >>.
<< Fai in modo che si svegli il prima possibile >> gli ordina il capo e senza attendere neppure che concluda la frase Greg esce dal suo ufficio. Chiama a gran voce Donovan e altri uomini della sua squadra, ai quali comunica la loro prossima meta senza rivelare null’altro.
Donovan lo segue all’auto e si siede al sedile del passeggero. << Vuoi spiegarmi cosa sta succedendo? >> gli chiede.
<< Mi sembra evidente, no? >> dice immettendosi nel traffico. << Scotland Yard ospita degli infiltrati dal curriculum interessante >>.
<< Sì, ma infiltrati da chi e perchè? >> gli chiede la donna. << Stiamo parlando di un killer, uno che per soldi commette le peggiori nefandezze! >>.
<< Sì, di solito è quello che fanno >> minimizza Greg intenzionato a non aggiungere altro.
<< Smettila, Greg! >> gli dice colpendogli il braccio con la mano, forte al punto da fargli male. << Sono l’agente più alto in grado nella tua squadra, lavoriamo insieme da quasi sette anni. Ho appena scoperto che un uomo che credevo essere un collega del quale potermi fidare, e che si è sempre dimostrato essere irreprensibile e ligio al dovere, è in realtà un pericoloso killer ed esigo di sapere cosa sta succedendo! >>.
<< Anche io sono turbato quanto te, Sally >> grida a sua volta, accendendo la sirena per percorrere più in fretta il breve tragitto verso il Bart’s. << Quell’uomo ci ha fregati tutti quanti, maledizione! >> dice, battendo le mani sul volante.
La donna lo guarda a lungo restando in silenzio. Non aggiunge altro per il resto del viaggio, cosa che innervosisce il detective. Non è da lei arrendersi così presto.
Greg parcheggia malamente l’auto e si precipita verso l’ingresso dell’ospedale, seguito a ruota dalla collega e dagli altri agenti. Sale al reparto traumatologia e trova ad accoglierlo il bobby lasciato lì di guardia.
<< Come procede qui? >> gli chiede .
<< Si è svegliato una ventina di minuti fa’ >> lo informa.
<< Ha detto qualcosa? >> .
<< Nulla. Ho preferito aspettare il suo arrivo, ispettore >> gli dice, temendo di aver fatto male.
<< Ottima decisione. Puoi andare >> lo rassicura Greg congedandolo. << Voi restate qui fuori. Non voglio che nessuno entri, neppure fosse il primario in persona, chiaro! >> ordina agli agenti. << Tu vieni con me >> dice a Sally. Farebbe volentieri a meno di tirarsela dietro, ma ha bisogno di un testimone e preferisce dopo gestire le sue domande, che mandare in malora quell’arresto per qualche irregolarità di forma.
Entra nella stanza e si porta lento vicino al letto. Il ragazzo riesce appena a tenere gli occhi aperti, ma sembra benissimo rendersi conto del fatto che tiri una brutta aria per lui.
<< Andrej Jadescu >> dice Greg, pronunciando lentamente il suo vero nome. << Cosa mai ci farà un killer professionista in carico alla mia squadra e per giunta sotto falso nome? Un modo insolito per redimersi, non ti pare? >>.
Il ragazzo sostiene il suo sguardo ed è un sorriso arrogante quello che gli curva le labbra.
<< Le faccio i miei complimenti, capo >> dice a fatica. << Mi ha fatto sudare parecchio per starle dietro. Nonostante tutte le cose che ho fatto, le persone che ho minacciato e quelle che ho raggirato per depistarla, lei è rimasto imperterrito su questo caso. Il suo amico Holmes le aveva consigliato di chiuderlo e lei lo ha ascoltato. Peccato che abbia deciso comunque di portare avanti l’indagine >>.
<< E per questo ti è stato ordinato di portare a termine l’incarico che ti è stato affidato >>.
Il ragazzo accenna una risata, ma il dolore al petto lo zittisce.
<< No, capo, non perda il suo appeal proprio adesso >> lo canzona e seppure sia sofferente riesce ad essere ammiccante.
<< Se non è a causa di quanto avevo intenzione di fare, allora devo presupporre che Sherlock stia dando parecchio filo da torcere al tuo capo >>.
<< Committente >> lo corregge lui puntiglioso. << Io non ho né capi né padroni. Mi ritengo un libero professionista che lavora per il miglior offerente. E lui è un ottimo offerente >> sottolinea annuendo. << E non si illuda, ispettore. Il consulente investigativo non sta dando alcun filo da torcere al suo antagonista >> tenta nuovamente di ridacchiare.
<< Se non è così allora perchè quel pazzo mentecatto ti ha dato l’ok per uccidermi? >> gli chiede infastidito dalla sua arroganza.
<< Mi spiace doverglielo dire, perché davvero lei vale molto di più per essere usato così >> dice e il suo sguardo inaspettatamente si addolcisce. << In questa storia lei è solo una pedina da prima linea, una di quelle che cadono al primo fuoco nemico >>.
<< Il nemico, quindi ha iniziato ad attaccare >> deduce Greg e il ragazzo annuisce.
<< Lei e il suo amico consulente state portando avanti una lotta contro i mulini a vento >> dice serio. << Moriarty non è solo un uomo, è un’organizzazione criminale estesa e ben coordinata. Quel pazzo mentecatto, come lei lo hai definito, ha creato un impero che non potete debellare >>.
<< Sai, Andrej? Più l’ostacolo è complesso più io mi ci intestardisco e anche Sherlock funziona così. Forse ci vorrà più tempo del previsto, ma quell’uomo crollerà >> gli dice convinto, vedendo il suo sorriso allargarsi beffardo. << Per il momento a me basta sapere di aver preso te >>.
<< Crede che arrestarmi cambi la sua condizione? Metterà qualcun altro al mio posto. Anzi, dal momento che non rivela mai del tutto i piani che ha in testa a nessuno, è anche possibile che io non sia l’unico ad averla sotto tiro >> dice e a Greg gela il sangue nelle vene a quell’idea. << Non ci aveva pensato >> deduce, facendosi beffe del suo stupore. << Pensa davvero che una persona capace di dare vita a un’organizzazione di questo tipo affidi incarichi importanti a un solo uomo? >> resta in silenzio godendo del suo turbamento. << Lei avrà anche i suoi angeli custodi pronti ad uccidere per proteggerla, ma non potrà sempre andarle bene. Questi angeli hanno le ali corte, ispettore >> gli dice senza aggiungere altro, consapevole di come lui sappia bene a chi si stia riferendo.
<< Sono consapevole dei rischi che corro >>.
<< Non ne sono così sicuro >> ribatte lui. << Pensa di potersi fidare davvero delle persone che la circondano, ispettore? >> gli chiede facendo un po’ il verso a quanto gli aveva già domandato Mycroft quella sera al pub. << Sa bene che non sono l’unico ad essermi infiltrato a Scotland Yard. Oh, impazzirebbe se sapesse fino a dove è in grado di piazzare le sue pedine, il pazzo mentecatto >>.
<< Questa lacuna provvederai tu a colmarla, Jadescu >> ribatte Greg, contenendo a fatica la sua furia.
<< Perché lei da per scontato che, da bravo criminale, patteggerò con la giustizia fornendo informazioni sul mio collega per voi molto più importante di me? >> lo canzona ridacchiando.
<< Saresti uno sciocco se non lo facessi >>.
<< Ti sbagli, ispettore >> ribatte con durezza, gettando la maschera di arroganza per mostrare emozioni più vere. << Io e te siamo morti che camminano, ormai >> dice con voce tremante e Greg sente la paura che prova, nascosta dietro il velo della rabbia che mostra. << Che mi sbattiate in galera in mezzo alla feccia del mondo o che mi offriate una suite alle spese della cittadinanza, Moriarty troverà il modo per farmi fuori e non per evitare che io parli, ma per punirmi di aver permesso ai tuoi angeli di ridurmi così! >> conclude restando senza fiato.
È visibilmente malridotto e di certo questa conversazione non gli sta facendo bene, come si appresta a sottolineare il cardiofrequenzimetro che inizia a suonare in modo fastidioso. Nonostante tutto, però, il killer resta fermo nelle sue convinzioni e a portarle avanti.
<< Pensi davvero che Moriarty abbia paura di finire davanti a un giudice? >> continua, infatti, abbandonando la testa sul cuscino. << Ci andrebbe di sua spontanea volontà e, anzi, non è detto che non lo faccia. Non teme nulla perché ha mani ovunque. Lui governa al posto stesso del governo >> dice badando bene di sottolineare queste parole.
<< Resta, però, nell’ombra e non si sporca le mani, come solo i veri potenti sanno fare >> conclude Greg al suo posto, che ha già sentito lo stesso ragionamento dalle parole di un altro. Il ragazzo annuisce e di nuovo il suo sguardo si addolcisce.
<< Non lo prenderete mai, lo capisci adesso? >> gli dice accorato. << Io sono solo una pedina, proprio come te e come il tuo amico consulente. Mi dispiace >> dice distogliendo lo sguardo dal suo per la prima volta. Resta in silenzio e per un istante sembra aver deciso di concludere la sua arringa. Prende, però, nuovamente fiato, scoccandogli appena un’occhiata imbarazzata.  
<< Quando ti ho invitato al pub, l’altra sera, non l’ho fatto con l’intenzione di tenderti una trappola, voglio che tu questo lo sappia >> sussurra.
<< Allora perché lo hai fatto? >> gli chiede, confuso dal repentino cambio di argomento, di tono, di umore e di atteggiamento del ragazzo. Questi tace e un sorriso imbarazzato gli si disegna sulle labbra. Ancora una volta Greg rivede suo figlio in quel viso e lo stomaco gli si chiude.
<< Perché mi piacevi davvero >> ammette alzando lo sguardo a incontrare il suo. Il modo in cui parli di se stesso e di lui, anche, al passato, come fossero entrambi già morti, gli gela il sangue nelle vene. << In un certo senso ho tentato anche io di distoglierti dalle indagini. Non volevo potessi cacciati in guai ancora più grossi di quelli nei quali altri ti hanno gettato. E, benchè potrà sembrarti un ragionamento assurdo, speravo di poter essere io a farti fuori, perché so come lavoro e so che sarebbe stato rapido e indolore per te >>.
<< Grazie tante >> ironizza Greg, passando la mano sul volto sconvolto. Il ragazzo ridacchia e il suo sguardo diventa ancora più dolce.
<< Quella sera volevo solo trascorrere del tempo con te. Parlare, conoscerti meglio, come fanno due persone normali. Volevo ritagliarmi un pezzo di normalità con te. Quello e… nient’altro. Sempre che tu non avessi voluto, si intende >> aggiunge, per poi ridere ancora dinanzi alla sua espressione stupita e imbarazzata.
Greg scuote il capo e, nonostante quel che si sono detti e la situazione generale del tutto incredibile nella quale son immersi, prova tenerezza per questo ragazzo.
<< Eri davvero un ottimo agente >> gli dice, cogliendolo di sorpresa. << Mi spiace davvero perderti nella squadra >> aggiunge per poi farsi serio e avvicinarsi al suo letto. << Andrej Jadescu, ti dichiaro in arresto per esserti infiltrato sotto falso nome fingendoti un agente di polizia e per favoreggiamento nelle attività criminose di James Moriarty! >> dichiara e lo ammanetta alla struttura del letto.
Il ragazzo intercetta la sua mano e la stringe nella propria.
<< E’ stato un onore conoscerti, Gregory >> dice sorridendo commosso.
Greg ha la sensazione di sprofondare in quegli occhi umidi di lacrime che non cadranno mai. Scioglie in fretta quella stretta di mano e si avvia veloce alla porta, seguito da Donovan.
<< Tre di voi dentro, gli altri tre qua fuori. Non perdetelo di vista per nessun motivo. Vi riterrò responsabili in prima persona qualunque cosa dovesse accadergli. È chiaro? >> i suoi uomini accolgono l’ordine e persino la minaccia senza batter ciglio e si dividono come richiesto, mentre lui si avvia a gran passi verso l’uscita dell’ospedale.
<< Greg dove stai andando? >> lo insegue Donovan, lui, però, non le da retta. << Fermati! >> intima lei, ma non ha alcuna intenzione di farlo. << Ho detto fermati! >> insite, afferrandolo per un braccio. Gli impone di voltarsi verso di lei e la scopre turbata e spaventata. In tutti questi anni di lavoro gomito a gomito è la prima volta che la vede così. << Cosa sta succedendo? Cosa… cos’erano tutte quelle cose che vi siete detti? >> gli chiede.
Greg sospira e passa la mano sul viso. Ormai non ha più senso chiedersi se di lei si possa fidare o meno. Ormai gli sembra che nulla abbia più un senso, che il mondo sia impazzito e che lui stia per seguirlo a ruota. Si guarda attorno, le afferra la mano con la quale gli stringe il braccio e la tira dentro la stanza vuota davanti alla quale si sono fermati. Chiude la porta e cerca di capire da che parte iniziare a spiegarle la situazione.
<< Perché ti ostini a fare tutto da solo e in segreto? >> gli chiede lei, con un filo di voce. Greg alza gli occhi a incontrare il suo sguardo infinitamente triste. << Ti ha messo nei guai, non è così? Alla fine quel freak è riuscito a metterti in pericolo >> scuote il capo e una lacrima le rotola sulla guancia scura.
<< Sono un detective e ispettore a capo di una squadra di agenti della sessione omicidi, Sally. Basta solo questo a mettermi costantemente in pericolo >> le dice cercando di darsi un tono. << Le indagini che Sherlock sta conducendo è molto importante e ciò che è saltato fuori in laboratorio è la prova di quanto le sue deduzioni siano fondate. Il caso dei Jackson è stato solo un pretesto per scoprirle. La situazione è molto delicata e pericolosa e io preferirei per la tua incolumità che ne stessi fuori, Sally >>.
Donovan lo guarda sorpresa per poi mettere su quell’espressione di giudizio che è solita indossare quando sta per trarre una conclusione, come sempre troppo affrettate.
<< Ora ti sta a cuore la mia incolumità >> ribatte ironica. << Io sto capendo solo perché ero così preoccupata per te. Dio solo sa da quanto tempo te lo dico di lasciarlo perdere! >>.
<< Quello che dici non ha alcun senso >> ribatte lui che non sopporta il modo in cui stia riportando tutto quanto a Sherlock.
<< A no? >> gli domanda, stringendo le braccia al petto. << Nelle ultime settimane ti ho visto nervoso, scostante, sospettoso. Avevo capito che c’era qualcosa che non andava e pensavo fosse per quanto ti sta accadendo a casa. Invece c’è di nuovo quello dietro tutto questo casino. Non mi stupirei se mi dicessi che quel killer si è infiltrato a causa sua nella nostra squadra >> ride, senza rendersi conto di quanto abbia toccato la realtà dei fatti. << Puoi fidarti di me, lo sai >> gli dice facendosi più vicina.
Greg vorrebbe risponderle che non può, che le persone fin troppo facilmente tradiscono la fiducia che gli concede. Non riesce, però, a trovare le parole. Scoprire di aver lavorato gomito a gomito per mesi con il killer assoldato per ucciderlo e, ancora prima, essere messo a conoscenza di come tutta questa storia sia iniziata a causa della decisione di Mycroft di salvare il fratello liberandosi del padre, lo ha stordito, come avesse lui stesso preso i pugni che hanno steso il killer
Copre con un mezzo passo la distanza che lo separa da Sally e posa la fronte contro quella di lei, cogliendola di sorpresa. La cinge con le braccia e lentamente la stringe in un abbraccio, affondando il viso nell’incavo tra il collo e la spalla.
Dopo un primo istante di smarrimento la donna accetta la richiesta di affetto e lo abbraccia a sua volta. La mano di lei scivola tra i suoi capelli, il volto si sposta a incontrare la sua fronte e un bacio leggero le sente posarvi sopra. Greg si rende conto di quanto bisogno avesse di queste semplici, dolci dimostrazioni di affetto. Sally non gli è mai piaciuta, troppo aggressiva, troppo testarda, pronta al facile tagliente giudizio, eppure ora tra le sue braccia ci passerebbe il resto della giornata.
“Non sto bene. Cristo, sono proprio messo male” riconosce, stringendola ancora di più. Gli sfugge un singhiozzo che cerca di soffocare contro la spalla di lei. Dai baci che continua a posare sulla sua fronte, però, capisce che non deve essere passato inosservato alla donna.
“Devo allontanarmi” pensa, cercando di vincere la piacevolezza della sua mano che lenta gli accarezza la testa. Si scosta lentamente, sentendo il corpo pesante e riluttante dal reagire. Sally continua a posare baci leggeri sulla sua fronte, per poi scendere lungo la tempia sinistra, lo zigomo, la guancia. I loro sguardi si incontrano e restano sospesi nell’attimo carico di tensione che precede il bacio.
<< Secondo me ha una cotta per te >>.
                         <<  Donovan, ti dona la fragranza del deodorante di Anderson >>.
                                         << Sì, ma ora sei single, papà >>.
                                                               << Sei un bell’uomo col quale vale la pena fare un tentativo >>.
 
Le voci di George, Sherlock e Molly invadono la mente di Greg. Il bisogno di affetto e vicinanza fisica rischia di metterlo nei guai molto più che essere preda di Moriarty.
Sally si avvicina sempre più alle sue labbra e sarebbe tanto bello concedersi questo attimo di estraniamento. Gli mancano i baci, quelle piccole effusioni che spesso vengono tralasciate per spingersi subito oltre. È passato tanto tempo dall’ultima volta che si è ritrovato così vicino ad una donna. Dall’ultima volta che ha sentito sulla pelle il calore di un altro corpo. Che si è sentito desiderato e amato.
“Lei non ti ama” gli dice la voce di Sherlock.
“L’amore non esiste. È solo un’illusione. Una cosa che finisce e ti sfinisce” ribatte, il respiro di lei caldo contro il suo viso.
“Meriti comunque di meglio, Lestrade. Cadresti solo dalla padella alla brace, portando i guai che hai a casa anche sul posto di lavoro. Vuoi davvero renderti Scotland Yard un luogo invivibile per te?”.
Greg si allontana, come scottato dal fuoco. Scioglie l’abbraccio e Sally fa un passo indietro prima che lo compia lui. Distoglie lo sguardo, riavviando i capelli ricci e folti dietro l’orecchio.
<< Torna in centrale e fai in modo che il caso resti nelle nostre mani >> le dice. << Io vi raggiungo più tardi >> aggiunge avviandosi alla porta.
<< Greg >> lo chiama lei un istante prima che la apra. << Tu non hai da dimostrare niente a nessuno >> gli dice.
Si volta verso di lei stupito dalla sue parole. Non sa a cosa si riferisca esattamente. Se gli stia dicendo che non ha da dimostrare a Sherlock il suo essere un ottimo detective. Se si riferisca alla sua capacità di tenere testa ai superiori e ai colleghi. Alla capacità di portare avanti la sua vita al di là delle accuse della sua ex moglie. Al suo essere un buon padre.
Sa solo che non ha parole da restituire a questa osservazione. La lascia lì, sola in quella stanza vuota e si prepara ad affrontare quello che molti dicono essere l’uomo più importante d’Inghilterra.
 
 
 
 
[1] Polvere di alluminio e additivi che si deposita sulle linee papillari

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Buonasera a tutti!
Oggi ce l’ho fatta! Postare questi ultimi capitoli sta diventando un’impresa. Scusatemi davvero, non mi piace lasciare cose e persone in sospeso.
Eccovi questo nuovo capitolo, che avrei visto bene pubblicato ieri, in occasione di San Valentino, perché è di amore che si parla.
Spero possa essere di vostro gradimento.
Questo weekend sarà carico di impegni e non garantisco di riuscire a postare. Conto su lunedì
A presto
Patty
 
Capitolo 12
 
Greg entra nella stanza anonime dell’hotel Serendipity ai Docks. Era solito incontrarsi lì dieci anni fa’ col suo informatore, un allibratore di corse clandestine che alla fine ci ha rimesso la vita per i suoi loschi affari. È ancora un posto sicuro, privo di possibili cimici, se non quelle naturali dotate di zampe e ali, e di telecamere a circuito chiuso sia dentro la struttura che lungo la strada. Per questo ha deciso di mandare ad Anthea un messaggio con su scritto l’indirizzo, il nome dell’hotel, l’ora che proponeva per l’incontro e la frase ‘Ti voglio, non farmi aspettare’ scritta tutta in maiuscole.
Il semplice ‘Ci sarò’ è arrivato come risposta ancora prima che Greg giungesse qui. L’albergatore lo conosce e sa bene perché di tanto in tanto venga a chiedergli una stanza.
<< Lasciate pulito e non rompete nulla >> gli ha detto annoiato. Frase che è solito ripetere alle prostitute che portano lì i loro clienti, agli amanti alla ricerca di un covo, alle tante anime disperate che giungono al bancone tarlato della reception.
Mancano venti minuti alle 10, orario proposto per questa riunione informale durante la quale vuole far valere le sue ragioni. Spera di riuscire a gestire la furia che ha dentro e che sente prossima all’esplosione. Non gli piace molto l’idea di prendere a pugni il fratello di Sherlock, perché spera che sia lui ad arrivare e che non si limiti a mandare la sua segretaria.
“Non saprei che farmene di lei!” pensa, sedendosi sulla sedia sgangherata che scosta dalla scrivania. Ad accomodarsi sul letto neppure ci pensa. Non vuole neppure sapere cosa sono soliti farci su quei copriletto, che sicuramente non vengono lavati alla temperatura adeguata per poter essere considerati igienizzati.
Greg si sente soffocare. È possibile avere così tanta confusione dentro di sé da provare un senso di claustrofobia, lo stesso che è possibile vivere in un ambiente piccolo pieno di oggetti, mobilito e tanto disordine. Toglie il fiato. Da la nausea. Fa girare la testa. Si perde il senso dell’orientamento e anche quello dell’equilibrio. Non solo quello fisico, ma anche quello mentale.
Chiude gli occhi, appoggia i gomiti alle ginocchia e preme le mani contro le orecchie. Cerca il silenzio per mettere ordine. È tempo di vestirsi di un grembiule, armarsi di uno straccio e iniziare a dare una bella sistemata. Come faceva sua madre ogni primavera. La sentiva cantare con la sua bella voce melodiosa mentre passava l’aspirapolvere, spostava mobili, rifaceva letti, puliva in angoli della casa talmente nascosti da chiedersi se davvero ne valesse la pena.
“Allora, Gregory, da dove iniziamo?” gli chiede adesso e la vede talmente nitida davanti agli occhi da sembrare così reale.
“Mi sento un condannato a morte che non sa quando la sentenza sarà eseguita ed è stato lasciato a impazzire d’ansia in una cella” le risponde e un singhiozzo gli sfugge dalle labbra screpolate.
‘Morti che camminano’, così Jadescu ha definito se stesso e lui. La sua vita è nelle mani dei capricci di un pazzo e questa è la cosa che più di tutte gli genera disperazione. Da bambino trovava conforto alle sue paure tra le braccia di sua madre. Braccia abituate al lavoro, che sapevano essere delicate attorno al suo corpo esile. Ora è il volto di Margaret quello che gli compare davanti agli occhi della mente. Le sue braccia che lo stringevano dandogli conforto quando i casi erano complessi, i colleghi stronzi e la situazione disperata.
“Non puoi andare da lei, Gregory” gli dice sua madre perentoria. Sapeva essere categorica quando si metteva in testa qualcosa e a lui bastava trovarle sul viso quella ruga che le increspava la fronte per capire che non c’era storia.
“Mi ha accusato di non aver più condiviso con lei le mie indagini, di non aver più considerato importate il suo parere. Se andassi da lei e le raccontassi ogni cosa, forse…”.
“Ti darebbe addosso e userebbe questa storia come motivazione in più per toglierti i ragazzi, Gregory”. La ruga diventa più profonda, così come la verità della sua osservazione. Un altro singhiozzo sfugge dalle labbra del detective.
<< Mi stanno… bruciando >> sussurra e non trova altro modo per poter descrivere ciò che prova. Per tutto questo tempo l’immagine che ha associato al comportamento di Margaret è stata quella del suo cuore fatto a pezzi lentamente. Non è, però, una distruzione quella che avverte. Riesce a muoversi, a stare in piedi, a lavorare… no, non c’è nulla che si stia rompendo. La disperazione che prova non lo sta distruggendo, lo sta consumando come un pezzo di carta al quale è stato dato fuoco. Piano piano si annerisce, si arriccia, vinto dalle fiamme, fino ad essere consumato del tutto. Ciò che ne resta è solo cenere. Cenere che si sfalda al minimo alito di vento.
Da un anno sta lentamente bruciando. Costantemente. In alcuni periodi la sensazione è meno forte, in altri la fiamma aumenta, distruggendo porzioni più ampie di lui. La parte ormai disidratata si stacca formando un cumulo di cenere grigia per terra. Non c’è alcun vento, però, a far disperdere questo mucchietto che rappresenta ciò che era. Come se il destino volesse lasciargli vedere cosa ha perso. Chi è stato. Come ha lasciato che lo riducessero.
Si chiede perché sia giunto a tanto. Per amore? Per vigliaccheria? Per paura? Non sa dare una risposta a questa domanda. È successo e lui non ha fatto nulla per impedirlo, forse perché non se ne è reso conto. O meglio sarebbe dire che non sapeva come far fronte a ciò che stava succedendo.
Suo padre ha sempre lavorato. Il suo compito era quello di portare a casa i soldi con i quali mandare avanti la baracca e Greg si chiedeva già da bambino che senso avesse mettere su famiglia se poi per mantenerla ci si deve rompere la schiena tutto il giorno senza godersela. Quando suo padre tornava dal lavoro lui era già a letto. Quando lui si alzava al mattino per andare a scuola il padre era già uscito. Si vedevano solo la domenica, il giorno in cui riuscivano a fare due pasti insieme tutti quanti. Non si sono, però, mai parlati.
Quando era bambino suo padre parlava e lui lo ascoltava, incuriosito dalla sua voce e dal modo in cui pronunciava le parole, piuttosto che di cosa dicesse. La sentiva così poco quella voce.
Da adolescente suo padre parlava e lui pensava ai compiti da fare, alle partite di rugby, agli amici, alle ragazze.
Poi improvvisamente suo padre ha smesso di parlare e Greg si è reso conto di non sapere neppure cosa avesse detto in tutti questi anni. Gli è solo mancata la sua voce. Sulla presenza poco può dire, perché presente suo padre non lo è mai stato. Per lui è sempre è stato la voce della domenica. Poi c’è stato solo il silenzio.
Si è detto, quindi, che se proprio avesse trovato qualcuna con la quale mettere su famiglia, avrebbe fatto di tutto per non essere solo una voce. Evidentemente, però, non era quella la sua strada. Forse avrebbe dovuto più semplicemente continuare a chiedersi che senso avesse la famiglia e se volesse davvero costruirne una. Avrebbe anche lui dovuto, forse, dichiararsi sposato al suo lavoro, come Sherlock.
Ricorda di aver riso quando John gli ha raccontato questa cosa. Allo stesso tempo, però, ha pensato che fosse una soluzione geniale. Il lavoro non tradisce, per prima cosa. Può avere degli alti e dei bassi, periodi più difficili e altri più semplici, ma resta fedele sempre. Quando ha firmato il contratto di assunzione era consapevole di quali fossero i rischi e i pericoli che, divenendo poliziotto in carico alla squadra omicidi, avrebbe potuto correre. Quando ha firmato, invece, il contratto di matrimonio queste cose non le sapeva. Non era uno sprovveduto da pensare che lui e Margaret sarebbero stati insieme per sempre, perché che le storie potessero finire lo sapeva bene. Non sapeva, però, che avrebbe vissuto quell’inferno. Che la donna che diceva di amarlo lo avrebbe trattato come il suo peggior nemico, decisa a sterminarlo. Che avrebbe perso tutto ciò che avevano costruito insieme e si sarebbe dovuto ritrovare a raccattare i cocci di una vita, gettarli nell’immondizia e ricominciare tutto da capo. Che lo avrebbe minacciato di togliergli i figli, le creature che avevano giurato di amare e proteggere insieme.
<< Non posso semplicemente buttare via tutto >> sussurra e l’immagine di uno scatolone carico di oggetti che rappresentano questa parte della sua vita gli compare dinanzi agli occhi.
“Bene, Gregory. Cosa mettiamo nel prossimo?” gli chiede sua madre, pulendosi le mani sul grembiule.
Se non avesse incontrato Sherlock sul suo cammino, quello scatolone non ci sarebbe né dovrebbe preparare il secondo, nel quale riporre questi ultimi sei anni.
“E’ dunque tutta colpa di quel ragazzo?” gli chiede sua madre e Greg scopre di stare annuendo. Un altro singhiozzo sfugge alle sue labbra.
<< Sono uno stronzo! >> sussurra, la gola strozzata dal magone. Nonostante abbia detto a se stesso, a Mycroft, a suo figlio e a Donovan che il consulente non ha colpe, scopre di pensarla diversamente.
“Se lo avessi qui lo prenderei a sberle, a pugni, a calci… lo ridurrei peggio di come è stato ridotto…”.
Lascia sospeso il pensiero e apre gli occhi folgorato da un’illuminazione. Se Moriraty ha preso di mira Sherlock è per usarlo contro Mycroft, garantendosi il burattino attraverso il quale poter governare. Se l’uomo più importante d’Inghilterra, però, non avesse commesso il delitto grazie al quale il criminale lo ricatta, Sherlock non avrebbe mai avuto la possibilità di creare la figura ancora unica del consulente investigativo. Greg non lo avrebbe mai conosciuto e forse il suo matrimonio non sarebbe fallito.
“E’ quindi tutta colpa di questo altro uomo?” gli domanda la madre e lui non sa cosa rispondere, perché la sua incolumità sarebbe dipesa dalla morte di Sherlock. Non sa se vuole dare voce a questo pensiero. Questo ragazzo lo ha aiutato in molte occasioni. Certo, ora si trova preso in mezzo a questo casino, però, lo considera amico e grazie a lui ha conosciuto John col quale ha davvero creato un bellissimo rapporto.
“Quindi, Greg, cosa facciamo?” gli domanda spazientita sua madre.
Due colpi secchi alla porta annunciano l’arrivo del suo ospite. Si alza in piedi e senza rendersene conto sistema giacca e capelli prima di andare ad aprire la porta. È Mycroft Holmes quello che si ritrova davanti. Lui e nessun altro.
Greg non gli dice nulla, limitandosi a spalancare la porta e ad invitarlo ad entrare con un gesto del braccio. Anche Mycroft non dice nulla. Entra con passi lenti, guardandosi attorno inorridito.
<< Davvero un gran bel posto per una riunione >> puntualizza, dando l’idea di stare persino respirando il meno possibile per non contaminarsi con l’aria infetta di questo posto.
<< E’ sicuro e ho pensato gradissi maggiormente la sicurezza piuttosto che la forma >>. L’uomo si limita a una smorfia seguita da un borbottio.
Restano in piedi a un paio di metri circa di distanza. Si osservano, come giocassero al primo che crolla.
<< Conti di restare lì a guardarmi ancora a lungo? >> gli chiede Mycroft, infastidito dal suo silenzio. << Ho spostato una riunione per correre qui >>.
<< Quale onore >> ironizza Greg, facendo un mezzo inchino. << Mi avevi detto di non sapere chi fossero gli infiltrati di Moriarty a Scotland Yard >> dice tra i denti all’uomo del governo, che sostiene il suo sguardo. << Dopo un’inutile serata trascorsa al pub ricevo una telefonata nel cuore della notte, nella quale mi viene detto che uno dei miei uomini è stato vittima di un’aggressione a pochi metri da casa mia e che lo hanno portato al Bart’s in fin di vita. Casualmente è proprio quell’uomo che speravo di incontrare. Lo stesso che scopro essere un killer, miracolosamente salvato per il rotto della cuffia dagli ottimi medici dell’ospedale >> sottolinea e Mycroft fa una smorfia di dissenso.
<< E la cui identità hai visto bene di sbandierare ai quattro venti >> ribatte, scoccandogli un’occhiataccia.
<< Perché mi hai mentito, Mycroft? >> chiede, cercando di tenere a bada la rabbia.
<< Per proteggerti da te stesso, Gregory >> ribatte lui risoluto.
<< Io non sono una principessa da difendere >> grida, perdendo il controllo. << Sono un ispettore della squadra omicidi. Non avrò l’intelligenza degli Holmes, ma sono in grado di svolgere il mio lavoro e non sopporto che mi si tratti da idiota! >>.
<< Jadescu aveva ricevuto l’ordine di ucciderti >> dice calmo Mycroft. << Non potevo lasciare che tu ti servissi a lui su di un piatto d’argento in quel pub. Tentare di salvarti la vita è trattarti da idiota? >>.
<< Mentirmi pensando che io non sia in grado di gestire la situazione lo è! >> dice avvicinandosi a lui di un passo.
<< Ma tu non puoi gestire la situazione! >> ribatte Mycroft, abbozzando un sorriso. << Se non ti fossi messo in mezzo rendendo pubblica l’identità di quell’uomo, avrei potuto farla passare come un’aggressione avvenuta per gli altri mille traffici loschi che gestiva e non per proteggere te >>.
<< Jadescu mi ha detto che lui non era l’unico a starmi addosso >> grida Greg avvicinandosi di un altro passo. << Moriarty affida a più persone la stessa preda >>.
<< Le avevo tutte sotto controllo, avrei potuto eliminarne una per volta >>.
<< Quindi sapevi anche questo? >> domanda Greg inorridito.
<< Certo che lo sapevo, solo che ora lui ha rimescolato le carte ed è dannatamente difficile venire a conoscenza dei suoi piani! >>.
Greg passa la mano sul viso sconvolto. Il modo in cui quest’uomo sta affrontando la conversazione gli chiude lo stomaco. I suoi metodi sono raccapriccianti, come i suoi ragionamenti freddi, che riconducono le persone a problemi da eliminare o da gestire, decidendo delle loro vite come fossero le pedine di una scacchiera. Questo stesso uomo gli sta dicendo di volerlo proteggere uccidendo per lui, ma questa cosa non riesce a farlo sentire grato, né tanto meno al sicuro. È Sherlock quello che ha perso la testa per un uomo disposto a uccidere per salvarlo, non lui. Una simile persona lo spaventerebbe, perché come ha avuto la freddezza di sparare al suo potenziale assassino potrebbe averla anche per rivolgere l’arma contro di lui. E se anche così non fosse, non vuole sentirsi in un simile debito di riconoscenza. Sua madre era solita dire che chi salva una vita ne diviene padrone. Lei intendeva questa frase come divenire responsabili della vita salvata. Lui, di fronte a Mycroft Holmes, non può che leggerla, invece, come divenirne schiavo, legato a lui da quel debito di eterna riconoscenza.
<< Perché non mi hai detto nulla di tutto questo? >> chiede, sentendosi infinitamente stanco.
<< E a cosa sarebbe servito se non a metterti ancora più in ansia? >> ribatte lui, riuscendo a trovare argomenti persino validi per la sua tesi.
<< L’ansia mi viene all’idea di doverti essere riconoscente >> gli dice, sostenendo il suo sguardo. << Ora capisco perché Sherlock non vuole avere nulla a che fare con te >> aggiunge e le palpebre di Mycroft si assottigliano, colpito dalle sue parole. << Tu pur di salvare la situazione sei disposto ad uccidere, ma poi vincoli chi salvi al tuo controllo morboso. Io non ci sto, Mycroft >> dice, facendo un altro passo verso di lui.
<< Greg, io posso immaginare cosa tu stia provando… >>.
<< Tu cosa? >> lo interrompe ridacchiando. << Tu non puoi immaginare niente, perché non sei in grado di provare niente! >> grida, coprendo la distanza che li separa con un passo. Si trova faccia a faccia con lui, che, inespressivo, sostiene le sue accuse. Greg resta in silenzio, affannato dalle sue stesse parole. << La soluzione non può essere quella di uccidere. Non è mai quella di uccidere. Anche se si tratta di persone pericolose, Mycroft. E non è neppure controllare il prossimo per proteggerlo da tutti i mali del mondo, senza rendersi conto, così facendo, di impedirgli di vivere, di essere libero, di commettere anche i suoi sbagli, cadere e imparare a rialzarsi, cazzo! >> dice talmente veloce da restare senza fiato dinanzi a lui che sempre impassibile lo guarda. << Io mi chiedo come tu possa dormire la notte >>.
<< Chi ti dice che io riesca a farlo? >> ribatte lui, serio. << Se ho un problema io lo elimino, Greg. Non mi pesa il fatto di averlo eliminato, quanto che si sia sollevato e che lo abbia dovuto gestire. Questo è per me fonte di fastidio >>.
<< Mi dispiace, allora, di essere stato un fastidio per te, non era nei miei piani >> ribatte e per la prima volta Mycroft distoglie lo sguardo.
<< Tu non sei un fastidio per me, Greg. Come ti ho già detto, mi spiace che a causa nostra tu ti stia trovando in questa spiacevole situazione >>.
<< Non è una ‘spiacevole situazione’, Myc. È una situazione dannatamente di merda, questa! >> specifica Greg, colpendolo alla spalla con la mano. La porta, poi, al viso a schermare gli occhi. << Io… ero qui seduto su quella sedia, prima che tu arrivassi, e mi chiedevo fino a che punto devo avercela con te per aver salvato tuo fratello decidendo di eliminare vostro padre >> sussurra.
<< Beh, visto il punto in cui si è arrivati, ne avresti tutte le ragioni >> sussurra a sua volta Mycroft.
<< Certo che le avrei >> annuisce Greg. << Se tu avessi lasciato che tuo padre lo facesse uccidere, forse il mio matrimonio sarebbe ancora in piedi e sicuramente non mi ritroverei ad essere usato come pedina per un ricatto da Moriarty. Vedi, è questo che, però, non mi piace, Mycroft >> dice tornando a guardarlo negli occhi. << Iniziare a pensare che la mia vita sarebbe stata meglio se tuo fratello fosse morto non mi rende poi molto diverso da persone simili a Jadescu, a Moriarty o anche a te >> dice e nuovamente Mycroft distoglie lo sguardo da lui. << Io, invece, a tuo fratello ci tengo, benchè a causa sua abbia perso quanto di più caro pensavo di avere e rischio, inoltre, di perdere la mia stessa vita. Non voglio che il modo di agire tuo e di quel criminale possano portarmi ad odiarlo, perchè Sherlock non se lo merita. Tuo fratello merita solo di essere amato, perché, nonostante si comporti da perfetto stronzo, da tutto se stesso per le persone alle quali tiene e sono fiero di essere tra queste >>.
Mycroft lo studia a lungo e lui sostiene il suo sguardo, sicuro della sua verità. Lo vede poi aprirsi in un sorriso che osa definire commosso.
<< E’ proprio vero che sei un fratello maggiore migliore di me >> sussurra. << La tua ex moglie ha  scambiato l’ammirazione per amore >>.
Greg arrossisce e non si chiede neppure come faccia Mycroft a sapere di una conversazione avvenuta tra le mura domestiche di quella che una volta era anche casa sua.
<< Si è fatta delle fantasie prive di alcun fondamento >> ci tiene a sottolineare. << Io… ho le mie responsabilità. Avrei dovuto mettere dei limiti all’irruenza di Sherlock e anche al mio bisogno del suo aiuto. Da che lo conosco non sono riuscito a fare a meno di rivolgermi subito a lui, anziché indagare per conto mio >>.
<< Oh, ti prego, togliti dalla testa l’idea di non saper fare il tuo lavoro >> gli dice, anticipando il suo stesso pensiero autogiudicante e svalutante. << Come me anche Sherlock pensa che tu sia il miglior detective che Scotland Yard abbia in carico al momento e tu ben sai quale sia l’idea che lui ha degli Yardes >> sorride e Greg annuisce sorridendo a sua volta. << Per quanto riguarda Sherlock, mettergli dei limiti è come voler prendere l’acqua in mano, Greg >>.
<< John ci riesce >>.
<< John Watson è uno dei misteri di dio >> sospira Mycroft.
Greg lo guarda con tanto d’occhi e poi lascia che la risata esploda fragorosa. Il fatto che Mycroft Holmes abbia fatto una battuta è ancora più divertente della battuta stessa. Con suo stupore, lo sente unirsi a lui nella risata e vanno avanti per un bel pezzo, rompendo quella tensione pesante e opprimente che si era creata tra di loro.
<< Oddio, questa me la segno e gliela riporto appena lo vedo >> dice asciugandosi gli occhi umidi. Torna poi serio e anche Mycroft toglie il sorriso dalle labbra. << Jadescu ha detto che non elimineremo mai Moriarty. Ha ragione, non è così? >> gli chiede, ponendogli la domanda che più di tutte lo turba.
<< Sì >> annuisce Mycroft senza girarci troppo attorno.
<< Avrei dovuto immaginarlo. Tu lo temi e se lo avessi ritenuto un problema risolvibile non ti saresti sprecato nel temerlo >> dice e Holmes sembra apprezzare il suo ragionamento e stupirsene allo stesso tempo. << Non possiamo fare nulla, quindi? >>.
<< Sherlock è convinto che riuscirà a trovare il modo di smantellare la sua rete schiacciando direttamente il ragno e quegli spagnoli gli danno corda >> risponde scettico.
<< Tu, invece, sei più pessimista >>.
<< Io sono realista, Greg e la realtà dei fatti mi porta a vedere una situazione che ha bisogno di essere risolta, indubbiamente, ma che non è per nulla facile risolvere. Ogni mia mossa è controllata, ogni mio tentativo anticipato, ogni possibile via di fuga bloccata >>.
<< Allora come hai fatto a ridurre a quel modo Jadescu? Come hai fatto a venire qui? >> .
<< Jadescu si stava già scavando la fossa con le sue mani, Greg >> gli rivela, con uno sguardo che la dice lunga. Il detective coglie al volo il sottotesto. Gli aveva detto, il ragazzo, di aver in qualche modo lui stesso voluto evitare che portasse avanti le sue indagini. Cercando di proteggerlo per l’infatuazione che provava per lui, il killer ha firmato la sua condanna a morte.
<< Quindi Moriarty ti ha permesso di agire perché aveva già deciso di eliminarlo >>.
<< Proprio così. E, per quanto riguarda il mio essere qui oggi, mi è possibile avere dei piccoli spazi di manovra, che puntualmente mi sbatte in faccia con quel suo brutto vizio di giocare a ‘ti ho beccato’. Ha capito, comunque, che siamo in contatto e che tu ora sai di essere in pericolo. Sa anche di come tra John e Sherlock stia accadendo ciò che lui avrebbe voluto impedire e questo sconvolgimento dei suoi piani originari lo ha innervosito. Io non riesco a gestire più nulla perché vi state muovendo troppo. Prima di questa maledetta inchiesta sul portale Felix riuscivo, nel mio piccolo, ancora a proteggervi e tenere la situazione sotto controllo. Ora, invece >> passa la mano sul viso stanco lasciando la frase in sospeso.
Greg lo osserva provando una strana sensazione di compassione. In un certo senso si rivede in quest’uomo che cerca di tenere tutto insieme, nonostante attorno a lui tutto stia crollando. Il potere comporta responsabilità e non deve essere facile permettere a un pazzo di gestire la propria vita sapendo di essere obbligati a prendere decisioni mettendoci la faccia e la firma. Anche Mycroft sta bruciando, infondo. La prima persona la cui testa salterebbe, se qualcosa andasse storto o venisse a galla, nel bene o nel male, sarebbe la sua.
<< Qualche ora fa’ mi è stato chiesto perché mi ostini a fare tutto da solo e in segreto. Mi rendo conto che mi viene da porti la stessa domanda, adesso >>.
<< Alla quale io darei la tua stessa risposta >> ribatte lui con un sorriso.
L’unica risposta che Greg potrebbe dare a quella domanda è il voler proteggere gli altri e la consapevolezza di non potersi fidare di nessuno al di fuori di se stesso. Sì, da quel che sta imparando a conoscere di quest’uomo può dire che, in effetti, anche lui risponderebbe così.
<< Penso che quella donna volesse da te la stessa cosa che tu mi hai chiesto: essere coinvolto in questa storia per poter dare il tuo contributo alla causa. Credo che lei sia mossa, però, anche da un sentimento più… romantico >> dice Mycroft pronunciando l’ultima parola quasi con disgusto.
<< Un sentimento che io non condivido >> sbotta Greg, infastidito dallo scoprire di come Mycroft sia a conoscenza anche di questa cosa. << Ammetto di aver avuto bisogno di un abbraccio. Non sto vivendo il più idilliaco dei momenti, come ben sai >> dice passando la mano sul viso. << Ho voluto, però, evitare di cadere dalla padella nella brace. Non è la donna giusta per me. Oddio, non so neppure se esista >> ridacchia sconsolato. << Pensavo di averla trovata e, invece, lei mi ha lasciato, pensando che mi fossi innamorato di un uomo. E se i dubbi che ho su George dovesse iniziare ad averli anche lei, mi ritroverò anche accusato di aver plagiato mio figlio con i miei comportamenti immorali >> ride fino alle lacrime, che asciuga continuando a ridere.
Greg ha sentito il bisogno di chiarire la sua posizione in merito a quanto accaduto con Donovan e gli sembra di risentire la voce di lei che non deve dimostrare niente a nessuno. Lui, però, non sente di dover dimostrare nulla. Ha solo bisogno di parlare, condividere, sfogarsi e in questo momento quest’uomo glaciale gli sembra un ottimo ascoltatore. La conversazione, poi, è virata sulla sue ex moglie e sui suoi figli, che sono costantemente al centro dei suoi pensieri. Altro che Moriarty, l’origine dei suo problemi e delle sue preoccupazioni è la sua famiglia ormai sfasciata.
Mycroft lo osserva con una strana espressione sul viso, qualcosa di simile alla compassione. Greg non poteva neppure immaginare che quest’uomo fosse capace di un simile sentimento.
<< Come è stato per te scoprire che tuo fratello… >> gli chiede lasciando la frase a metà. Si rende conto che la strada che ha deciso di percorrere si allontana del tutto da quella li ha portati lì, ma scopre che non gliene importa nulla. A conti fatti, sente che Mycroft può essere l’unico che può aiutarlo a capire come comportarsi con il figlio, per il semplice fatto che c’è già passato con il fratello.
<< Ammetto che non lo capivo. Oddio, non lo capisco neppure adesso >> ammette, abbozzando un sorriso. << Ho solo avuto paura per lui >> dice e questa volta è proprio tenerezza quella che gli vede in viso. << Questo mondo è terribile per chi è considerato ‘diverso’ >> dice ponendo enfasi su questa parola. << Che sia per via di una menomazione fisica, per un eccesso o carenza di intelligenza o per un orientamento sessuale diverso da quello ritenuto ‘normale’, tutto diventa più difficile. Noi abbiamo giù la croce dell’intelligenza >> dice e Greg non si sarebbe mai aspettato di sentirla definire così, questa loro dote. << Ho avuto paura che potessero ucciderlo o spingerlo ad uccidersi. Non parlo solo di nostro padre, ma di tutti gli altri, questa società assurda nella quale viviamo. È ho avuto paura che si approfittassero di lui, della sua ingenuità, del suo spropositato bisogno di amore. Tutte cose che sono successe, purtroppo >> sospira affranto. << Posso capire il tuo timore, Greg >> dice, volgendo a lui lo sguardo. << Lui è mio fratello e io vivo costantemente nel timore che possa accadergli qualcosa, ed è terribile pensare che ciò che è possa portarlo a ritrovarsi in pericolo. Non dovrebbe essere così per nessuno. Posso immaginare quanto tu tema per l’incolumità di tuo figlio. George, però, è ancora un ragazzino >>.
Greg sente lo stomaco liberato dalla stretta che lo costringeva ad una tensione costante. Nelle sue parole Mycroft ha espresso le sue stesse paure e sapere di non essere il solo a provarle già di per sé lo rincuora. Sospira sentendosi più leggero sebbene ancora preda della confusione.
<< Sì, ho pensato anche io che possa essere solo una fase di scoperta. Non ci sarebbe nulla di male, infondo. Non c’è nulla di male neppure se poi… ma è come dici tu, Myc. Ho paura. Ed egoisticamente ho paura anche per me, per le accuse prive di alcuna logica che potrebbe farmi sua madre. Non puoi immaginare quanto sia… oddio, non so neppure dire cosa >> dice scuotendo il capo, nel disperato tentativo di mettere ordine. << Quella donna… la mia donna, la madre dei miei figli si è fatta un’idea del tutto sbagliata di me e questo mi ha… mi sta facendo impazzire >> dice affondando le mani nei capelli. << Sapere che lei possa avermi lasciato per questo… oddio, non hai idea della quantità di dubbi che mi ha messo in testa. Ho iniziato a chiedermi fino a che punto non le abbia io stesso dato modo di pensare a questa cosa >>.
<< E hai permesso che un episodio goliardico avvenuto anni fa’ con un tuo collega ti mandasse in confusione >> dice Mycroft, e un brivido percorre la schiena di Greg.
<< E tu che ne sai di Jo? Non puoi aver dedotto anche questo! >>.
<< In realtà sì, ma a seguito delle ricerche accurate che condussi sul tuo conto quando ci incontrammo la prima volta >>.
Si chiede di che tipo siano queste ricerche e come abbia ottenuto i risultati, ma poi decide di non voler nemmeno più pensare a queste cose.
<< Non mi piace per nulla sapere che sai su di me più di quanto io stesso sappia >> dice spazientito e ora sa cosa prova Sherlock e perché ce l’abbia così tanto col fratello. << Cristo, l’ho recuperato solo pochi giorni fa quel ricordo >>.
<< Allora lascialo lì dov’è e non ti preoccupare >> ribatte Mycroft come nulla fosse. << Mi scuso per questa intromissione nella tua vita >> aggiunge prima che lui possa esplodere dicendogliene di tutti i colori. << Mi rendo conto che sono stato indelicato a tirarla fuori così. Non ci so fare con le persone, Gregory. In questo Sherlock è decisamente molto più avanti di me e… beh, sai bene come si comporta >>.
<< Sì, lo so >> ribatte. Quell’ammissione di colpa riesce a calmare la sua furia. << Mi hai già detto quanto difficile per te sia il concetto di amicizia, figuriamoci quello di amore >>.
<< Io non comprendo la necessità di un coinvolgimento con l’altro, uomo o donna che sia. Non capisco come si possa ricercare qualcosa che porta solo guai >> dice facendo una smorfia di disprezzo. << Voglio dire, guardati >>, dice, indicandolo con entrambe le mani, << tu, un uomo forte, intelligente e capace, ridotto in queste condizioni a causa di una relazione finita male e di una donna stupida al punto da intraprendere una vera e propria guerra contro l’uomo che diceva di amare, per una questione di orgoglio, gelosia e principio. Io mi preoccupo per mio fratello, ma, appunto, è mio fratello, non un estraneo che fino a ieri non era nessuno e che ho deciso di amare alla follia, sobbarcandomi di tutte le conseguenze. Sbaglio così tanto se dico che trovo tutto questo assurdo? >>.
<< No. In effetti no, non sbagli >> annuisce serio Greg. << Tu, quindi… non ti sei mai innamorato? >>.
Mycroft si irrigidisce a quella domanda. Torna a vestire i panni di mister governo e Greg sente di aver posto la domanda sbagliata.
<< Scusami, questa volta è stato il mio turno di indiscrezione >> dice, soddisfatto di essersi tolgo, però, un sassolino dalla scarpa.
<< Sono abituato alla curiosità altrui circa la mia persona e le mie abitudini, Gregory, la vedo costantemente nei volti di chi mi circonda >> risponde Mycroft, che sembra essersi nuovamente ammorbidito. << Io penso che questa cosa che voi vi ostinate a chiamare ‘amore’ non sia altro che la ricerca nell’altro di un soddisfacimento di un proprio bisogno >>.
<< La morte del romanticismo >> ridacchia Greg. << Quindi secondo te, se io incontro una donna e mi innamoro di lei lo faccio perché questa soddisfa un mio bisogno. E immagino che tu non ti riferisca a bisogni sessuali >>.
<< No, mi riferisco ad altri bisogni meno carnali. Come quel che è successo tra te e Donovan. L’hai abbracciata non tanto perché provi amore per lei, ma perché avevi bisogno di un momento di affetto. Da quel che ho potuto analizzare, molte relazioni nascono così >> dice assumendo il tono di un professore che spiega la lezione all’allievo. << Si chiama ‘amore’ qualcosa che amore non è. Pensa se, paradossalmente, ora tu iniziassi una relazione con quella donna. Non proveresti nulla per lei, se non il desiderio di stare tra le sue braccia e ricevere calore e affetto. Pur di non perdere questo, potresti accettare lati del suo carattere che non ti piacciono e compromessi che ti mettono alle strette. Tutto pur di non perdere quell’abbraccio e quell’affetto. Cose che col tempo potrebbero trasformarsi in un ricatto emotivo da parte sua oppure iniziare ad affievolirsi da parte tua. Potresti trovare un'altra donna disposta a darti molto più affetto, ed è noto che si va là dove il nostro bisogno è maggiormente e meglio soddisfatto >>.
Greg riflette un istante sulle parole di Mycroft, che hanno l’effetto di aprire veri e propri mondi nella sua testa e nella sua pancia.
<< Maggie mi ha accusato di non aver più condiviso con lei i dubbi sui miei casi, da quando ho conosciuto Sherlock. Si è sentita messa da parte, non considerata. È possibile che il bisogno che soddisfacevo per lei fosse il sentirsi importante e lei, invece, dava soddisfazione al mio bisogno di essere ascoltato e rassicurato. Tuo fratello con la sua perspicacia ha soddisfatto maggiormente questo bisogno nel lavoro. Oddio… detta così sembra che io abbia vissuto solo e sempre in funzione del mio lavoro >>.
<< E cosa ci sarebbe di male? >> gli chiede Mycroft, facendo spallucce.
<< Beh… avevo una famiglia. Ho due figli. Il lavoro è importante ma… >>.
<< Dove ti senti davvero te stesso, Greg? >>.
Il detective si rende conto di aver pensato subito al suo ufficio, al suo lavoro, alle sue indagini. Abbassa lo sguardo, sentendosi profondamente in colpa .
<< Questo non fa di te un cattivo padre >> gli dice Mycroft, cogliendo i suoi pensieri. << Conoscere te mi ha fatto capire quanto sia possibile avere una passione, un interesse, e portarlo avanti pur continuando ad essere presente per i propri figli e a prendersi cura di loro. Anche se a volte li lasci per scappare dietro un caso tu sai esserci per loro e, credimi, cosa sia un genitore assente io lo so bene >>.
<< Anche io lo so, Myc. Mio padre era sempre via per lavoro e io… non voglio che succeda la stessa cosa. Più Maggie mi diceva di essere assente e di vivere solo per il mio lavoro, più io mi tormentavo, preda dell’idea di stare diventando come lui >>.
<< Invece non lo sei, Greg. Un figlio che si sente abbandonato non si comporta come i tuoi figli fanno con te >>.
Anche il cuore sembra essersi alleggerito di molti pesi, grazie alle parole di Mycroft. Greg si rende conto di come avesse torto nel pensarlo freddo, distaccato, calcolatore. Ciò che gli ha detto è stato tutto fuorchè freddo. Con modi formali, certo, e senza troppi fronzoli e carinerie, fatti salvi i sorrisi sinceri che ogni tanto si è lasciato sfuggire. Pensa di averlo giudicato troppo in fretta dalla copertina e dai suoi modi ipercontrollanti e soffocanti e si rende conto di quanto gli farebbe piacere incontrarlo più spesso.
<< Sai, Myc, devo dire che è interessante parlare con te. Sono arrivato qui con la voglia di farti a pezzi e adesso, invece, ne esco più leggero e persino, sotto certi aspetti, rassicurato. Sono rimasto vittima della tua potente capacità di manipolare il prossimo, di la verità? >>.
Il cellulare di Mycroft suona e lui si scusa, lo prende e controlla il messaggio ricevuto. Il suo volto si tende e chiude gli occhi, dando l’idea che non siano propriamente buone notizie quelle che ha ricevuto.
Greg non fa a tempo a chiedergli nulla che anche il suo telefono suona. Lo prende e vede il nome di Donovan lampeggiare sul display. Scambia un’occhiata con Mycroft e questi, annuendo, lo invita a rispondere.
<< Che succede, Sally? >> le chiede tenendo lo sguardo fisso su Holmes.
<< Jordan… voledo dire Jadescu >>.
<< Cosa gli è successo? >>.
<< Lo abbiamo tenuto d’occhio e sono entrati solo medici e infermieri qualificati. Nessun altro gli si è avvicinato, ne sono più che certa, quindi non può che essere stato un evento naturale… >>.
<< Cosa gli è successo, Sally! >> insiste conoscendo già la risposta.
<< E’ morto >> dice la donna ed è chiaro il suo sconforto nel dargli questa notizia. << Il medico dice che può essere stato un arresto cardiaco. Le sue condizioni erano pessime. Dopo quello che vi siete detti, però… controllerò tutti i medici e gli infermieri e mi accerterò che non sia stato nessuno di loro a… >>.
<< Lascia stare, Sally >> la interrompe, passando la mano sul viso.
<< Ma… come? >> ribatte lei evidentemente stupita.
<< Fallo portare in obitorio. Passerò lì a vedere cosa verrà fuori dall’autopsia >> dice, sapendo già che non verrà fuori nulla che possa dare loro modo di denunciarne l’omicidio.
<< Tu stai bene? >> gli chiede Sally con voce incerta.
<< Per niente >> risponde infastidito a quella domanda ovvia e chiude la chiamata senza aggiungere altro.
<< Sarò il prossimo. Non è così, Mycroft? >> gli chiede incapace di guardarlo negli occhi.
<< Non è detto, Greg >> risponde lui, posandogli la mano sulla spalla.
<< Non posso fare altro che andare avanti, immagino >> sospira abbozzando un sorriso.
<< Proprio così >>.
La mano di lui lo stringe appena e sembrano tristi i suoi occhi. Greg pensa a quanto debba essere frustrante per un uomo abituato a gestire ogni cosa non poter dare risposte certe.
<< Ti ringrazio per la chiacchierata, Myc. Spero di potere al più presto non dover cercare luoghi sicuri per poterne avere altre con te >>
<< Lo spero anche io, Gregory >> gli dice. Scosta la mano dalla sua spalla e gliela tende. Greg la osserva a lungo e poi decide di ignorarla.
<< Sembri sapere tutto di me, persino cose che sono oscure a me stesso >> gli dice, cogliendolo di sorpresa. << Voglio tu sappia anche questo >> aggiunge e gli getta le braccia al collo, stringendolo in un abbraccio. << Quanto può essere piacevole ricevere un abbraccio. Io lo sto rivalutando solo adesso, dopo averne ignorati tanti ed essermi trovato a non averne più nessuno. A ricercarli, anche dalle persone sbagliate, elemosinando attenzioni. Non mi piace, ma per ora è questo il mio bisogno e sento che da qualche parte è anche il tuo >>.
Le braccia di Mycroft, lunghe e rigide lungo i fianchi, si muovono appena. Greg non si aspetta che risponda all’abbraccio. Non si aspetta nulla, in realtà, neppure che capisca il suo intento. Lo stringe solo con tutte le sue forze per poi allentare la stretta e restare lì, la guancia sinistra appoggiata alla sua spalla sinistra e quel senso di leggerezza che le sue parole gli hanno donato.
Accade lentamente e quasi si spaventa. Le mani di lui si posano leggere sulla sue spalle. Percepisce quella rigidità inamidata della quale sembra sempre preda ammorbidirsi appena e un sospiro gli sfugge dalle labbra.
<< Grazie, Gregory >> sussurra contro la sua spalla e Greg prova un’inaspettata sensazione di euforia. Sente che è persino troppo e per questo decide di sciogliere l’abbraccio lentamente. Evita il suo sguardo. Senza dire nulla afferra la giacca e si avvia alla porta. La apre ed esce, lasciando l’uomo più potente d’Inghilterra da solo in quella squallida stanza.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** capitolo 13 ***


Buonasera a tutti!
Eccomi qui in mega ritardo per postare questo nuovo capitolo. Spero possa essere di vostro gradimento e spero di poter tornare quanto prima con il prossimo.
A presto
Patty
 
Capitolo 13
 
Greg fissa attonito il volto pallido dell’uomo che per mesi ha chiamato Andrew Jordan. Giace disteso, nudo ed esposto ad ogni tipo di giudizio dal quale, ormai non potrà più difendersi. Per sua fortuna, il sovrintendente ha espressamente richiesto, data l’importanza della situazione, che la sua autopsia venisse effettuata immediatamente dal responsabile dell’obitorio.
Molly tratta con infinito rispetto i corpi che giungono sul suo tavolo operatorio. Non le importa chi siano stati in vita, né cosa li abbia condotti al suo cospetto e forse per la lista di reati che compongono il curriculum di quest’uomo è un trattamento persino troppo importante.
La patologa sta facendo il suo lavoro, immersa fino ai gomiti nel tronco aperto del killer. È silenziosa, concentrata, impeccabilmente professionale e non c’è alcuna traccia del suo solito imbarazzo, né dell’essere impacciata che le ha sempre visto addosso.
Greg la guarda ammirato, vinto dalla nausea che sempre lo prende dinanzi a un cadavere aperto. Di solito parla del più e del meno, per spezzare la tensione, ma questa volta non ha alcun argomento. O meglio, di cose sulle quali parlare ne avrebbe, ma rischierebbe di metterla a conoscenza di segreti pericolosi.
<< E’ un miracolo che non sia morto a seguito della sparatoria >> dice la ragazza, pronunciando la prima frase dopo più di una mezz’ora di silenzio.
<< E’ possibile, quindi che ne sia morto successivamente, nonostante il medico avesse giudicato l’intervento riuscito? >> le chiede e la ragazza si volta verso di lui. Lo sguardo preoccupato, allontana le mani dal corpo e si toglie i guanti e il camice sporchi di sangue.
<< Quest’uomo >> dice, guardando in viso il cadavere. << Era un killer infiltratosi nella tua squadra >>.
<< Sì >> conferma lui, spezzando il silenzio nel quale si è chiusa, gli occhi ancora puntati sul volto di Jadescu.
<< Nella tua squadra, Greg >> ripete, volgendo i suoi begli occhi a lui. << Non in quella di Dimmock o di Gregson, ma nella tua >>.
<< Sì >> ripete, sostenendo il suo sguardo carico di dubbi e domande. La vede riavviare la ciocca dietro l’orecchio e mordere il labbro, incerta tra il dare voce a questi pensieri o meno.
<< Tutto questo ha a che fare con Moriarty, non è così? >> gli chiede avvicinandosi di qualche passo.
<< Molly, è meglio che tu non mi faccia altre domande >>.
<< Dimmi la verità! >> insiste lei, nonostante il consiglio. Sono determinati i suoi occhi e rivede in loro la stessa sua determinazione nel porre a Mycroft la medesima richiesta.
Si limita ad annuire e la vede impallidire. Volge veloce lo sguardo al corpo per poi posarlo nuovamente su di lui ed è paura quella che vi legge.
<< Un killer… >> sussurra. << Per uccidere… chi? >> gli chiede, sporgendosi appena verso di lui, segno che ha già la risposta a quella domanda.
<< Molly… >>.
<< Chi? >> insiste, portandosi a lui vicina. Greg non riesce a reggere il suo sguardo e quello spostarlo altrove sembra bastarle come risposta. Molly gli afferra entrambe le mani e le stringe forte cogliendolo di sorpresa. << E’ per Sherlock, non è così? >> gli chiede e a quanto pare si è sbagliato. Si è pensato importante per lei al punto da portarla a pensare che possa essere lui il bersaglio di un uomo mandato da Moriarty ad infiltrarsi nella sua squadra .
<< No, Molly, non era lui il suo obiettivo >>.
<< Sì, lo so >> ribatte lei, catturando la sua intenzione. << Intendevo che quest’uomo ha ricevuto l’ordine di infiltrarsi nella tua squadra per… per eliminare te >> dice tutto d’un fiato, facendo perdere un colpo al suo cuore. << Tu sei importante per Sherlock >> aggiunge. Il suo sguardo si addolcisce e il viso si fa rosso, come sempre quando l’argomento ruota attorno al consulente. << Per quale altro motivo, poi, Moriarty potrebbe volerti morto? Sherlock ti ha causato un altro problema e questa volta molto più grave del primo >> sussurra e Greg si rende conto che quella dolcezza e quel rossore sono per lui e non per il consulente.
<< E anche per questo non gli si può dare alcuna colpa, se non quella di ritenermi amico >> dice e la ragazza annuisce, chiudendo gli occhi. Sospira e rinnova la stretta alle sue mani.
<< Come stai? >> gli chiede e a lui viene da ridere. Cerca di soffocare la risata, ma questa non ne vuole sapere. La ragazza resta seria. Lo guarda preoccupata e di unirsi alla sua finta allegria non ne ha alcuna intenzione.
<< Non si può fare nulla, Molly >> gli dice, continuando a ridere. << Quel bastardo è potente. Al punto che persino Mycroft non crede sia possibile liberarsi di lui. Ha le mani ovunque e là dove non le ha può comunque arrivarci senza problemi. Lui non è l’unico infiltrato a Scotland Yard >> dice, volgendo lo sguardo al cadavere. << E non era neppure l’unico a starmi addosso >>.
<< Vuoi dire che ce ne sono altri? >> gli domanda lei, divenendo ancora più pallida. Greg ride ancora più forte, annuendo.
<< E io ho fatto un casino svelando l’identità di questo qui, secondo Mycroft, perché adesso Moriarty li cambierà e se prima lui sapeva chi fossero ora non potrà più aiutarmi. Sono un morto che cammina, Molly. Jadescu lo ha detto prima che venisse ammazzato: siamo morti che camminano, ispettore >> ripete e le risate scemano di colpo. << Morti che camminano >> ripete sospirando.
<< Sei vivo, Greg >> dice Molly, stringendogli le mani. << Sei ancora vivo >> ripete, guardandolo con decisione. << Non vivere come se fossi già morto, anche se tutto ti da da pensare che sia così >>.
Greg annuisce e lo intenerisce la sua determinazione. Si rende conto che ha ragione: è ancora vivo e può ancora fare delle cose prima di ‘essere eseguito’.
<< Posso chiederti una cosa, Molly? >> dice e lei annuisce. << Capisco quel che mi dici e voglio seguire il tuo consiglio. Devo, però, anche tenere presente il fatto che ho questa spada di Damocle sulla testa che non so quando chi la tiene deciderà di lasciarla cadere. Se dovesse succedere >> dice e la sente irrigidirsi attraverso le sue mani che questa volta è lui a stringere. << Voglio che sia tu ad occuparti di me >>.
La ragazza scuote forte il capo.
<< Non puoi chiedermi questo, non potrei mai… >>.
<< Tu rispetti i corpi di cui ti occupi >> la interrompe lui, trattenendo le mani di lei nelle sue. << E io voglio poter sapere che le mani che mi toccheranno per l’ultima volta sappiano essere delicate >>.
La ragazza annuisce, sebbene le si legga chiaro in faccia che non vuole neppure immaginare la possibilità di ritrovarlo privo di vita sul tavolo operatorio. Libera una mano dalla sua stretta e la porta al suo viso accarezzandolo piano.
<< E’ da vivo che potrai apprezzarlo. Non quando sarai… >> dice, scoccando un’occhiata al cadavere alle loro spalle.
<< Di lui cosa sai dirmi? >> le chiede, sentendo il bisogno di ritornare su argomenti più formali.
<< Nulla che possa aiutarti a dichiararlo vittima di omicidio >> sospira lei, scuotendo il capo. << Il cuore si è fermato a seguito di un infarto e anche se dagli esami del sangue che ho consegnato al laboratorio risultassero valori alterati, non potrei dimostrare che gli sia stata iniettato qualcosa per causarlo >>.
<< Come la digitale per Gregson >> dice Greg e la ragazza annuisce. << Io so, però, che è stato ucciso >>.
<< Non ci sono segni di punture recenti al di là di quelle al braccio dove era inserita la flebo >>.
<< Devono essere passati direttamente da lì, allora >>.
<< E’ possibile. Sarà comunque difficile dimostrare qualcosa, Greg >>.
<< L’indagine è orami avviata. Interrogherò il personale e vaglierò i filmati delle telecamere a circuito chiuso. Qualcuno deve essere stato e io lo troverò, e me ne frego di quanto, secondo Mycroft, sia difficile fermare quel criminale >> dice, battendo il pugno contro la sua stessa mano. Molly gli sorride compiaciuta.
<< Questo è lo spirito giusto, ispettore >> gli dice, posando una nuova carezza sulla sua guancia.  La sua mano profuma del borotalco che deve aver messo nei guanti. E’ calda e piacevole da sentire sulla pelle. Questa volta Greg chiude gli occhi per assaporarne meglio la presenza e quando li riapre lei è ancora lì, soddisfatta delle sue idee.
<< Ho scoperto una cosa in questi giorni >> le dice, posando la sua mano su quella di lei, che intuisce l’arrivo di un altro segreto. << Sherlock è gay, Molly >> sussurra, cogliendola di sorpresa.  << Le voci su lui e John… beh, non sono solo voci. Io non credo che lui te lo dirà mai. Non credo lo dirà mai a nessuno. Deve aver sofferto parecchio per aver rivelato questa verità in passato >> gli occhi di Molly si alzano verso di lui colmi di curiosità, ma non chiede nulla di più. << Ma le cose è così che stanno e penso sia meglio per te smettere di sfidarti e andare avanti >>.
<< Grazie, Greg >> gli dice sorridendogli dolcemente. << L’ho sempre saputo, infondo. Ma sai… è difficile digerire il fatto che un così bell’esemplare giochi più a vostro favore che a nostro >>. Ridono di gusto a quella battuta, spezzando la tensione. << E comunque… avevo già deciso di lasciar perdere con quella sfida >> dice arrossendo. << Io qui ho finito. Ci metterò una ventina di minuti a richiuderlo e se ti va di aspettarmi potremmo pranzare insieme >> gli chiede, divenendo audace. Greg prova una insolita soddisfazione al pensiero di aver sconfitto il consulente almeno in questo.
<< Penso che sia pericoloso starmi accanto, Molly >> le dice, allontanandosi da lei che, però, non lo lascia andare.
<< Cosa vorresti fare, allora? Chiuderti in casa e non uscire per il resto dei tuoi giorni, dal momento che mister Holmes pensa che questo pazzo non possa essere debellato? >> incalza lei mostrando un carattere mica male. << John e Sherlock sono partiti per la Spagna insieme. Non si sono separati, e penso che a James roda di più sapere di loro due insieme piuttosto che di noi >> dice e poi arrossisce, come si fosse resa conto di aver detto troppo.
Greg sorride e trova che infondo abbia ragione. Aveva anche pensato di inventare delle scuse per non vedere i suoi figli, ma non potrebbe mai andare avanti a mentire a lungo senza far venire loro dei sospetti o rischiare di perderli del tutto.
Il telefono squilla rimbombando nella sala, come fosse vuota. Il detective fruga nella tasche, preoccupato per un’ennesima brutta notizia. Un numero sconosciuto compare sul display. Greg scambia uno sguardo con Molly, che lo invita a rispondere preoccupata.
<< Il signor Lestrade? >> gli chiede una voce nasale sconosciuta.
<< Sì, sono io. Chi parla? >>.
<< Sono la direttrice della scuola di suo figlio. Le chiedo di venire qui immediatamente >> dice severa.
<< Cosa è successo? >> chiede preoccupato.
<< Ne parleremo nel mio ufficio. La aspetto qui tra un’ora al massimo, non di più. Arrivederci >>.
La telefonata viene bruscamente interrotta e Greg resta a bocca aperta a fissare il cellulare.
<< Vecchia stronza! >> esclama, infastidito dai modi della donna e dal pensiero di tutti i soldi che sta pagando per quella scuola.
<< Penso sia meglio tu non la faccia aspettare >> gli dice Molly, faticando a trattenere una risata dinanzi alle imprecazioni che ancora sta inviando alla direttrice.
<< Temo che dovremo rimandare il nostro pranzo a domani >> le dice, passando nervoso la mano tra i capelli.
<< Metti a posto le tue cose, prima. Io posso aspettare >> gli dice e a Greg non pare vero. Certo non è la strategia migliore da parte di Molly. Porsi già da sè in secondo piano dinanzi a tutto il resto, soprattutto a il tipo di ‘resto’col quale ha a che fare lui, non è il massimo, ma apprezza il fatto che comprenda quali possano essere le priorità in una simile situazione.
<< Ci vediamo domani >> le dice stringendola in un abbraccio. << Se non mi arrestano per aver ucciso la dirigente scolastica della scuola di mio figlio >> le sussurra all’orecchio, facendola ridere. Gli piace il suono della sua risata e il modo in cui vibra contro il suo petto. La stringe ancora più forte e prima di lasciarla andare le posa un bacio sulla guancia. << Buon lavoro, Molly >> dice avviandosi alla porta.
Gli ci vuole un po’ per mettere da parte la soddisfazione per quell’uscita di scena e concentrarsi sul figlio. Prova a chiamarlo al cellulare, ma lo trova spento e pensa che ci possa anche stare, dal momento che, se è stato chiamato dalla direttrice, deve come minimo essere stato messo in punizione. George non ha mai dato alcun tipo di problemi a scuola e che inizi a farlo adesso può essere solo segno della tensione vissuta in famiglia negli ultimi mesi. Margaret non aveva voluto saperne di avvisare i professori dei figli di quanto stava loro accadendo, ribadendo che non voleva che venissero sbandierati i fatti loro ai quattro venti. L’idea di ritrovarla in direzione e dover affrontare con lei accanto quanto può essere successo non lo alletta per nulla.
Giunge a scuola con mezz’ora di anticipo sull’orario richiesto. Chiede del figlio e dopo un giro di telefonate che non si verifica neppure a Scotland Yard, finalmente un operatore scolastico lo accompagna in una piccola aula al secondo piano della struttura.
George siede dando le spalle alla porta. Benchè, dal modo in cui si è messo dritto, abbia sentito arrivare qualcuno non da cenno di volersi voltare.
<< George, cosa è successo?> > gli chiede, ma non risponde.
<< Teste calde i ragazzini di oggi >> dice l’operatore scolastico, scoccando un’occhiataccia verso il ragazzo.
<< Può lasciarmi da solo con mio figlio, per favore? >> gli chiede con un tono che suona più come un ordine. L’uomo fa spallucce ed esce chiudendo la porta.
Greg si avvicina al ragazzo, sempre immobile e quando gli è accanto posa la mano sulla spalla invitandolo a voltarsi. George alza il viso mettendo in mostra un occhio pesto.
<< Ehi, ma cosa ti hanno fatto? >> gli chiede prendendogli il volto tra le mani. << Perché non ti hanno portato in ospedale? >>.
<< Perché io sono quello ridotto meglio, papà >> sussurra George, badando bene a non incrociare il suo sguardo. Greg non crede alle sue orecchie. Sì che suo figlio gioca a rugby, ma mai avrebbe pensato fosse in grado di picchiare un compagno al punto da mandarlo in ospedale.
Prende un profondo respiro e decide di sedersi per ragionare meglio. Posa i gomiti sulle ginocchia e incrocia le mani davanti al viso.
<< Ti va di raccontarmi cosa vi ha portati a questo? >> gli chiede e il ragazzino scuote il capo deciso. << Vuoi davvero che lo venga a scoprire esclusivamente dalla versione che me ne darà la direttrice? >> insiste e George finalmente si volta verso di lui. << Ti ascolterò senza giudicare, lo prometto >> gli dice e il ragazzino sospira e abbassa lo sguardo.
<< Sono stati loro a cominciare >> sussurra, in modo talmente flebile da obbligare Greg a farsi più vicino. << Sono mesi che ci stanno addosso con le loro battutine del cazzo >> dice tra i denti. << Io ci ho provato a tenere, a lasciar correre e tutte quelle altre puttanate che, ti prego, risparmiami! Solo che oggi non ce l’ho fatta >> dice, guardandolo negli occhi.
Non c’è più traccia del bambino che ha cresciuto in quello sguardo. Uno sguardo adulto, arrabbiato e determinato, che spiazza del tutto Greg.
<< Cosa hanno fatto? >> gli chiede e il figlio sospira e ancora una volta abbassa gli occhi.
<< Avevamo ginnastica alla terza ora e come ogni volta in spogliatoio si danno alla pazza gioia >> dice disgustato. << Sempre le solite battutine, sempre i soliti sfottò triti e ritriti da trogloditi microcefali. Questa volta, però, si sono fatti prendere la mano e hanno iniziato a spintonarci, fino a strapparci le maglie di dosso. Uno di loro ha messo le mani addosso a Leslie e lì non ci ho più visto, papà >> dice e il labbro di sotto inizia a tremare, rivelando parte del bambino che ancora è. << Sono saltato al collo di quello stronzo e l’ho riempito di pugni. So che me ne hanno date anche loro, ma io non le ho neppure sentite. Non ci ho più visto. Volevo solo… >> si ferma deglutendo. << Volevo solo che la smettesse una volta per tutte >> .
Le mani di George stringono forte le sue stesse ginocchia. Le nocche sono ferite, segno che ha davvero pestato con forza i pugni contro quel ragazzo.
<< Se c’era anche Leslie e altri due oltre quello che hai aggredito, perché qui ci siamo solo io e te? >> gli chiede Greg mantenendo la calma.
<< Perché quando è arrivato il prof i compari di quel bastardo se la sono data a gambe >> dice, passando la mano sul viso ammaccato.
<< E Leslie? >> gli chiede, vedendolo rabbrividire.
<< Lui non c’entra nulla. Mi sono preso io la colpa di tutto quanto >>.
<< Tu lo hai difeso, George. Non avete alcuna colpa, anzi, se lui potesse dire cosa è successo la situazione sarebbe meno pesante per te >>.
<< Non se ne parla! >> esclama il ragazzo, voltandosi verso di lui. E’ talmente teso da tremare come una foglia.
<< Che ti succede, George? Sembri terrorizzato >> gli chiede cogliendo nel segno, dal momento che il ragazzo si scioglie in un fiume di lacrime.
<< Suo padre lo ammazza se lo scopre >> dice tra i singhiozzi. << Quello non la pensa come te. Per lui dovrebbero morire tutti, perché sono contro natura ed è matto abbastanza da non fermarsi davanti al figlio. Les ha paura persino a respirare quando lui è in casa. Teme che possa rendersene conto da un minimo movimento. Quegli stronzi non capiscono che quello che per loro è un gioco per lui, se la voce gira, può diventare un incubo. Io non voglio che gli faccia del male, papà >>.
Si fionda tra le sue braccia, dando sfogo alle lacrime che chissà da quanto tempo erano lì. Trema ancora, il suo giovane uomo, e Greg lo stringe forte, sentendo il cuore spezzato da quelle paure che temeva potessero ferirlo e che anche troppo presto si sono avverate.
<< Sono fiero di te, George >> sussurra al suo orecchio, placando il pianto. << Hai difeso una persona per te importante, oggi. Certo, mandarne un’altra all’ospedale non è la migliore delle strategie, ma a mali estremi, estremi rimedi >> dice e lo sente ridacchiare mentre tira su col naso.
<< Leslie ha detto di amarmi… io gli voglio bene, ma non so se è la stessa cosa >> sussurra e ancora una volta Greg deve farsi più vicino per sentirlo. << Aveva paura che dicendomelo lo avrei cacciato via. Io, non l’ho fatto, ma gli ho detto che non so e ancora adesso non so. Voglio solo che non rischi la vita per quegli idioti. Io posso fidarmi di te >> gli dice, stringendolo ancora più forte. << So che non mi faresti mai del male, anche se dovessi capire che sono… come Sherlock >>.
<< E perché mai dovrei farti del male nello scoprire la tua intelligenza brillante e superiore alla media? >>. Il ragazzino si scosta da lui e lo osserva, incerto sul fatto che sia serio o se lo stia prendendo in giro. << Sapere che ti fidi di me e che non hai timore nel parlarmi di ciò che provi è un bellissimo regalo per me >> gli dice scompigliandogli piano i capelli. << Immagino che tua madre stia per arrivare >>.
<< Ho dato alla direttrice solo il tuo numero. Le ho detto che mamma a quest’ora non è reperibile >> ammette, distogliendo lo sguardo. << So che non vuoi che dica bugie, ma… di lei non mi fido. Ieri, dopo che Les è andato via, mi ha detto che mi stava troppo addosso e che secondo lei non va bene. Me lo spieghi cosa diavolo ci hai trovato in lei, papà? >> gli chiede, alzando gli occhi al cielo.
<< Non mi piace che parli così di tua madre, George >> lo rimprovera, per quanto lui stesso da non poco tempo si ponga quella stessa domanda. << Io penso che tua madre sia solo preoccupata, come lo sono anche io, del resto. Cose come quelle che hai vissuto oggi accadono ogni giorno, purtroppo. Indipendentemente dall’orientamento sessuale, certo, ma purtroppo le persone hanno ancora una mente piccola e chiusa e pensano che le cose ‘normali’ siano quelle che impongono loro >>.
<< Idioti >> sentenzia George, scuotendo il capo. Porta la mano all’occhio pesto, facendo una smorfia di dolore.
<< Io, però, adesso ti porto all’ospedale e se la direttrice non vuole beccarsi una bella denuncia per omissione di soccorso vedrà bene di non ostacolarmi >> dice alzandosi in piedi.
<< Papà, lascia perdere! Ne ho prese di peggio sul campo a rugby >> sbuffa George .
<< Lo so e me le ricordo bene. Devo comunque chiamare tua madre  >> dice, alzando gli occhi al cielo.
<< E perché? >> gli domanda il ragazzino alzandosi a sua volta.
<< Perché in classe non puoi tornarci, a casa saresti da solo e io devo tornare in ufficio >>.
<< Ma non eri in ferie? >> gli chiede curioso.
<< Hai detto bene, lo ero >> sbuffa prendendo il telefono. << Un agente in forza alla mia squadra è stato ucciso stanotte e io sono stato richiamato per indagare >>.
<< Hanno ucciso Jordan? >> gli chiede e Greg si volta stupito verso di lui.
<< Cosa ne sai tu di questa storia? >> gli chiede e il ragazzino morde il labbro preoccupato di aver parlato troppo.
<< Ecco… diciamo che è possibile che io, come ti avevo proposto, abbia scritto a Sherlock >>.
<< E? >> lo incalza Greg, sentendo la rabbia montare.
<< E che lui mi abbia raccontato qualche cosa >>.
<< Cosa? >> insiste, incrociando le braccia al petto. Il ragazzino sente aria di burrasca e si stringe nelle spalle.
<< Lui non ti rispondeva e allora io ho provato a chiedergli e lui mi ha detto che stava indagando su questo agente che poteva essere una talpa >>.
<< Lui ha condiviso con te informazioni riservate? >> sbotta, portando le mani ai capelli. << Questa è la volta buona che lo uccido con le mie mani! >>.
<< Aspetta, papà, avevi detto che non avresti giudicato >>.
<< Non stiamo più parlando di quanto è accaduto qui, Georgie, ma di cose ben più pericolose >>.
<< Lo so, ed è per questo che gli ho detto quello che ho scoperto >>.
Greg sbatte le palpebre stupito di quanto il ragazzino gli ha appena detto.
<< Tu hai scoperto… cosa? >> gli chiede.
<< Sui Jackson >> risponde lui timoroso. << Quando mi hai raccontato i tuoi dubbi sul caso e poi Lizzy ti ha detto delle voci che giravano sul loro conto… ecco, io mi sono ricordato che avevo salvato parecchi file dalle chat che si erano riversate sull’account di Lizzy. Sono andato a rivederle, perché mi sembrava di ricordare ce ne fosse una che parlava di un uomo capace di far avverare ogni richiesta. Volevo parlartene, ma tu hai detto che avevi passato il caso a Sherlock e allora ho contattato lui >>.
Greg non riesce a credere alle sue parole. Non sa se sgridarlo, complimentarsi con lui o attaccarsi al telefono per caricare di miserie il consulente investigativo. Torna a sedersi, passando le mani sul volto stanco e resta per un lungo istante con entrambe le mani sugli occhi.
<< Non volevo farti arrabbiare >> sussurra George. << Sherlock mi ha detto che sono informazioni importanti >>.
<< E avrà anche ragione, Georgie, ne sono convinto >> sbotta, restando fermo nella posizione. << Solo che è maledettamente pericoloso e già ci sono io dentro fino al collo e non voglio possa finirci anche tu >>.
Greg avverte la mano del figlio posarsi sulla sua testa. Il ragazzino lo accarezza piano e lui solleva il viso a incontrare il suo sguardo ammaccato.
<< Tu fai sempre tutto da solo e io… io volevo solo aiutarti >> gli dice accarezzandogli il viso.
Greg sorride commosso. Sta crescendo bene, il suo ragazzo, nonostante tutto, e si augura che continui così. Che nulla lo distolga da questa passione per la giustizia, neppure una sua possibile morte.
La porta si apre e un donnone dall’espressione corrucciata fa il suo ingresso nella stanza.
<< Signor Lestrade, seguitemi nel mio ufficio >> dice con voce nasale, uscendo dalla stanza senza aggiungere altro.
<< Togliamoci il dente, dai, e poi vedremo come affrontare tua madre >>.
<< Non posso venire in ufficio con te? >> gli domanda George, mettendo sul viso il suo miglior sguardo da cucciolo abbandonato. Greg scuote il capo, convinto che lo uccideranno queste emozioni collaterali prima del killer ingaggiato da Moriarty.
<< Solo se ne usciremo interi dall’incontro con la direttrice >> gli dice e lo vede già ridacchiare felice all’idea di seguirlo a Scotland Yard.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Buonasera a tutti!
Perdonate l’immenso ritardo, sono giorni di fuoco e furore e sto facendo il possibile per trovare il tempo di postare questi ultimi capitoli.
Questo è un bel po’ lungo, così da farmi perdonare. Spero vi piaccia. Lasciatemi una recensione, se vi fa piacere.
A presto
 
Patty
 
Capitolo 14
 
L’utente da lei contattato non è al momento raggiungibile
 
Greg sbuffa e impreca a bassa voce. Sono ore che prova a contattare sia Sherlock che la sua ex moglie senza alcun risultato. Ripone il cellulare in tasca decidendo di lasciar perdere. Ha scritto un messaggio a Margaret, che ovviamente non l’ha ancora visualizzato, giusto per poter dire di averle provate tutte pur di avvisarla della situazione.
Benchè abbia utilizzato ogni possibile argomentazioni in favore del figlio, la direttrice non ha voluto sentire ragioni condannando George ad un giorno di sospensione. I genitori del ragazzo attualmente ricoverato in traumatologia hanno inizialmente fatto la voce grossa, poi, un po’ per il distintivo che porta e un po’ perché non è la prima volta che il figlio viene accusato di bullismo, si sono quietati, riconoscendo la sua parte di responsabilità. Certo non sarà condannato alla sospensione, data l’ottusità della direttrice, ma Greg ha promesso ai genitori che lo avrebbe tenuto d’occhio e questi si sono guardati preoccupati e si spera che possa bastare come motivazione a occuparsi un po’ di più della condotta del proprio figlio.
George ha provato a contattare Leslie senza, però, ottenere, anche lui, alcun risultato. Greg lo ha visto parecchio preoccupato e anche lui deve ammettere di non vedere di buon occhio la situazione. Il padre dell’amico di suo figlio è davvero in grado di diventare parecchio violento quando gli gira male la luna. Proprio a causa di questo temperamento la madre di Leslie ha deciso di farsi coraggio e chiedere il divorzio, aiutata dall’ennesimo ricovero a causa delle botte prese. Nonostante questo, il figlio è stato affidato ad entrambi e obbligato a trascorrere i weekend in modo alterno con i genitori e un giorno alla settimana con il padre.
“Evidentemente tua madre non ha avuto modo di pagarsi un avvocato stronzo come quello della mia ex moglie, Leslie” sospira Greg, pensando al suo solo e assurdo giorno al mese da trascorrere con i figli e a come Margaret fosse arrivata persino a chiedere il luogo neutro per l’incontro, come se lui fosse il peggiore dei criminali.
Greg scaccia questi pensieri dalla testa e osserva George intento a porre domande come fosse una macchinetta a Molly, che con tanta pazienza gli risponde. È stata un’idea del figlio quella di farsi medicare dalla patologa piuttosto che passare dal pronto soccorso.
<< Non voglio saperne di incontrare Dora, papà. Chissà che idee potrebbe mettersi in testa e quali voci mettere in giro vedendomi arrivare lì con te, un occhio nero e il labbro spaccato >>.
Greg non aveva pensato a Dora. Chissà come mai si dimentica facilmente dell’amica di sua moglie, colei che le fatto da prima damigella alle loro nozze e da madrina per Elisabeth. Deve ringraziare che Margaret abbia tenuto per sè le sue idee in merito a una possibile relazione tra lui e Sherlock, vinta dall’imbarazzo e dalla vergogna. Non ha ben chiaro, però, cosa la sua ex moglie abbia detto alla sua amica, dal momento che questa, prima gentile e alla mano con lui, si è trasformata del tutto, scoccandogli occhiatacce e togliendogli il saluto.
Benchè conscio di quanto Margaret potrebbe caricarlo di miserie per aver portato il figlio in un obitorio, Greg ha deciso di accogliere la proposta del ragazzo e deve dire che è piacevole vederlo parlare con Molly, che ci sa fare anche con i pazienti vivi.
La ragazza si volta verso di lui che li osserva dall’oblò posto nella porta dello studio medico. Gli sorride e lui si decide a rientrare.
<< Novità? >> gli domanda George, il cui viso è ancora più gonfio di quando lo ha raggiunto a scuola.
<< Macchè >> sbuffa lui andandogli accanto. << Sherlock o non può rispondere o ignora chiamate e messaggi e il cellulare di tua madre è irraggiungibile >>.
<< Starà facendo ginnastica >> dice il ragazzino, virgolettando con le dita l’ultima parola. << E’ sempre irraggiungibile quando si allena >> specifica ripetendo il gesto.
A Greg si chiude lo stomaco. Nonostante siano passati mesi da quando ha scoperto la sua tresca con l’istruttore di ginnastica, gli fa ancora male come il primo giorno. Non riesce ad accettare l’idea che la sua ex moglia stia facendo sesso con un altro. Lei, della quale conosce le fantasie, le posizioni preferite, i punti che la fanno impazzire, il tono che assume la sua voce quanto è eccitata. Non riesce ad accettare che tutto questo ora sia per un altro. In particolare, lo manda in bestia il fatto che lei se la stia spassando con questo tizio, mentre lui e il figlio hanno affrontato un incontro con la direttrice, uno scontro con i genitori del bullo e siano, ora, in questo studio medico a ultimare le cure ai lividi che George ha riportato.
“Ma sono io, poi, il pessimo genitore” pensa sospirando. Intercetta lo sguardo di Molly, imbarazzato e allo stesso tempo carico di compassione.
<< Scusa papà >> pigola George e Greg si rende conto ancora una volta di come sbagli nel pensare di riuscire a mascherare le proprie emozioni. Gli scompiglia i capelli e posa un bacio poco sopra la medicazione fatta da Molly.
<< E’ meglio andare o faremo aspettare tua sorella e di sentirla strillare non ne ho proprio voglia >> gli dice.
<< Non c’è proprio alcuna possibilità, allora, di vedere uno dei cadaveri che tiene in frigo? >> gli chiede, cercando di mettere su uno sguardo da cucciolo indifeso, senza, però, riuscirci a causa dell’occhio pesto.
<< Assolutamente >> si limita a rispondergli, indicando la porta. George sospira e prova a intenerire Molly, che, però, scuote il capo, desolata.
<< Allora sarà per la prossima volta >> insiste lui, facendo ridere la patologa e spazientire il padre. Si avvia alla porta ed esce lasciandoli da soli in modo anche troppo evidente.
<< E’ simpaticissimo tuo figlio >> dice la ragazza avvicinandosi a lui.
<< Grazie per averlo curato >> le dice posandole la mano sul braccio. << E per aver risposto con pazienza a tutte le sue ennemila domande >> aggiunge, alzando gli occhi al cielo.
<< Figurati, è sempre un piacere parlare con persone curiose e tra i giovanissimi come lui non se ne trovano più tanti, purtroppo. A proposito >> aggiunge, riavviando la ciocca dietro l’orecchio, segno che sta per dirgli qualcosa che la imbarazza. << So che Sherlock ha sbagliato e anche io sarei arrabbiata, fossi al tuo posto. Lui, però, non è tipo da fare o dire qualcosa senza che questa abbia un senso >>.
<< E quale pensi che possa essere? >> le chiede cercando di seguire il suo ragionamento.
<< Beh… io penso che in qualche modo possa essersi rivisto in tuo figlio >> dice, lasciandolo senza parole. << Aveva più o meno la sua età quando si ritrovò a indagare sulla morte di Carl Powell e nessuno gli avrà dato retta, allora. Chi ascolterebbe un ragazzino, a maggior ragione se col caratterino di Sherlock? Penso che abbia visto il potenziale di tuo figlio, la sua voglia di darti una mano e il suo grande senso di giustizia e abbia voluto dargli fiducia >>.
Fiducia. Greg pensa a ciò che ha detto a Mycroft durante il loro ultimo incontro. Ha solo dato fiducia a Sherlock, che aveva bisogno di essere incoraggiato e sostenuto nel suo progetto. Greg si rende conto di non sapere quali siano i progetti di suo figlio. A dieci anni andava dicendo di volere diventare un giocatore di rugby professionista, ma non sa se è ancora di quell’avviso. Si è perso un anno di chiacchiere e racconti. Forse George glielo ha pure detto e lui non lo ha sentito. Un po’ come non sentiva suo padre quando gli parlava, troppo preso da altri pensieri.
L’unica cosa che ha ben chiaro agli ochcidella mente è lo sguardo dei suoi figli. quello sguardo di attesa ceh lo perseguita da mesi. Sono venute fuori tante cose scomode, troppe cose scomode in questo ultimo anno, ma quegli occhi che sembrano implorare ‘ti prego, papà, fai qualcosa’ sono ancora lì. E lui non sa cosa rispondere loro, non sa cosa fare, nonostante abbia detto che è pronto ad esserci, che li ama ancora e che si sente mortalmente in colpa per non aver fatto di più. Bloccato dal rancore, dalla rabbia, dal rimorso. Così preso da se stesso da mettere da parte la cosa per lui più importante.
<< Hai ragione, Molly >> sussurra, mandando giù il magone.
Sherlock ha indubbiamente sbagliato, ma, d’altronde, anche lui ha violato una regola fondamentale quando ha accettato quell’accordo. Un accordo che a conti fatti ha salvato la vita del consulente. È possibile che quello scambio di messaggi tra suo figlio e Sherlock possa in qualche modo aver salvato George. Più volte lo ha sentito paragonarsi a Sherlock, mentre gli parlava della sofferenza del suo amico. E’ possibile che il consulente si riveda in suo figlio, come ipotizza Molly, e forse anche George si rivede in Sherlock. Non nel suo genio e neppure nel suo lavoro, quanto nel suo vissuto. Si chiede anche se per caso gli abbia posto altre domande più personali, oltre quelle legate alle indagini e sa che, se così fosse, Sherlock gli avrebbe risposto. Con la sua solita crudezza e alcun filtro, ma avrebbe soddisfatto la sua curiosità. I ragazzi, infondo, hanno bisogno di modelli e, dal momento che lui non è gay, è possibile che suo figlio in questo momento di confusione abbia bisogno di un modello che sente più simile a lui. Un uomo omosessuale, intelligente, forte e importante.
<< Quando tornerà dalla Spagna dirò a Sherlock che se non l’ho accolto a suon di pugni è solo per merito tuo >> le dice carezzandole il viso. La ragazza ride divertita. Distoglie lo sguardo e sorride nuovamente.
<< Penso che tuo figlio ci stia spiando >> sussurra, avvicinandosi a lui. Greg volge lo sguardo alla porta giusto in tempo per vedere il ciuffo sbarazzino di George scomparire dall’oblò.
<< Ha detto che, dal momento che non può sperare di avere per patrigno il consulente investigativo, farà il tifo per la patologa >> le dice e le guance di lei si accendono mentre ride imbarazzata. << Non so se la quantità di cose che mi stanno piovendo addosso me lo permetterà, ma farò il possibile per essere qui domani a pranzo >> le dice avvicinandosi a sua volta.
<< Grazie >> dice lei impacciata, accettando il bacio che lui le posa sulle labbra stupite.
Greg deve ammettere che lascia a malincuore quel piccolo studio medico, nonostante nel suo retro cranio una vocetta gli stia chiedendo se non ha forse bruciato un po’ troppo in fretta le tappe.
<< Guai a te se lo racconti in giro >> intima al figlio, che lo guarda soddisfatto con un sorriso da un orecchio all’altro.
<< Non so di cosa lei stia parlando, ispettore >> ironizza lui e Greg deve dire che questa nuova complicità che sta nascendo tra loro gli piace parecchio.
Il cellulare suona proprio mentre le porte dell’ascensore si aprono.
<< Toh, guarda. A quanto pare tua madre ha concluso la sessione di ginnastica >> gli dice strizzandogli l’occhio e il ragazzino soffoca una risata nella mano, mentre lui accetta la chiamata.
<< Cos’è successo? >> lo incalza Margaret preoccupata, senza dargli neppure il tempo di dire ‘pronto’.
<< Ti ho scritto tutto nel messaggio. Vado a prendere Liz e ne parliamo a casa. Pensi di riuscire ad aspettare? >> le chiede sentendola parecchio agitata.
<< Sì, certo >> dice in fretta. << Scusami se non ti ho risposto. Io… >>.
<< Ne parliamo a casa, Mag >> la interrompe e lei, stranamente, non ribatte. Bisbiglia un ‘A dopo’ e chiude la conversazione.
<< Senso di colpa portami via >> ironizza George, scuotendo il capo.
<< Stai diventando bravo con le deduzioni >> nota Greg e il ragazzino arrossisce e abbassa la testa. << Sei ancora dell’idea di voler fare il giocatore di rugby da grande? >> gli chiede, posandogli il braccio sulle spalle. Si rende conto di come sia alto quasi quanto lui, ormai.
<< No >> scuote il capo. << Neppure il detective, però. Siete troppo limitati da regole e burocrazia >> storce il naso, portando la mano al mento. << Mi vedo meglio come consulente investigativo. Dici che Sherlock mi prenderebbe come allievo? >> gli chiede, fingendo indifferenza, ma si vede bene quanto sia importante per lui quella risposta.
<< Beh, a qualcuno dovrà pure lasciare l’eredità del suo metodo >> medita Greg e sembra che il suo appoggiare questa idea riempia di gioia il figlio. << Sei riuscito a metterti in contatto con Leslie? >> gli chiede mentre salgono in macchina pronti a raggiungere la scuola di Elisabeth.
<< No e la cosa mi preoccupa >> sospira il ragazzino guardando il cellulare. << Era terrorizzato da quanto è accaduto e non abbiamo avuto modo di parlarne. Quello stronzo del prof di ginnastica mi ha strattonato fino in direzione mentre la prof dell’altra classe chiamava l’ambulanza >> dice tra i denti.
<< Proverò a parlare con sua madre, più tardi. Lei è al corrente di… >> lascia volutamente in sospeso la frase e il figlio coglie subito a cosa si riferisca.
<< No, ma secondo lui lo ha capito o almeno lo sospetta. Mi ha detto che non vuole farla preoccupare, perché penserebbe subito a come potrebbe reagire suo padre  >>.
<< Quindi non ha avuto modo di confidarsi con nessuno se non che con te >> gli chiede, pensando a quanto possa essere pesante a questa età portarsi dentro un segreto importante che alimenta una paura ancora più grande. George annuisce e controlla ancora una volta il telefono.
<< Io, però, papà proprio questa cosa non la capisco >> sospira scuotendo il capo.
<< Cosa? >> .
<< Perché deve essere un segreto e perché si debba essere portati a provare paura per ciò che si è >>.
Greg vorrebbe poter avere una risposta a questa domanda. Lui stesso, per quanto abbia sempre pensato che ognuno è libero di fare ed essere ciò che vuole, finchè non lede gli altri o trasgredisce la legge, si sta rendendo conto di essere molto preoccupato dalla cosa, ora che tocca suo figlio. Questa preoccupazione è lontana dall’omofobia, ma si rende conto che l’unico consiglio che si sentirebbe di dare sia a Leslie che ha suo figlio è di fare ciò che vogliono, ma senza che si sappia, proprio per evitare altre risse e atti di bullismo.
“Non è per nulla una soluzione, però” pensa.
Ricorda che la cosa che gli piaceva di più con la sua prima ragazzina era quella di poterla tenere per mano. Mentre passeggiavano, quando erano seduti, in ogni occasione. Un gesto semplice ma importante, in quanto permette di mostrare al mondo quando si tenga ad una persona, quanto si sia felici e, sì, anche come la si possieda. È un atto di riconoscimento personale e sociale e pensare che suo figlio non potrebbe godere di questa piccola vittoria, perché a costante rischio di giudizio e di azioni violente, lo spaventa e allo stesso tempo gli fa notare quanto sia ingiusto tutto questo odio immotivato.
<< Non lo so, George >> ammette, parcheggiando davanti alla scuola della figlia. << Io spero che le cose cambino. Che la gente cambi >>.
<< Secondo Sherlock è impossibile che questo avvenga >> gli dice, cogliendolo di sorpresa. << Che si deve essere se stessi e fregarsene del giudizio altrui e che non è necessario dirlo non perché è meglio che resti segreto, ma perché gli etero non sono tenuti a farlo, allora perché dovrebbero esserlo gli omo? >>.
<< Ottima osservazione >> constata Greg. << Quindi non lo hai solo aggiornato sulle indagini >> osserva Greg, vedendolo arrossire.
<< Gli ho chiesto un consiglio per Leslie >> sussurra facendo spallucce. << Lui non mi ha risposto subito e pensavo di averlo irritato. Ieri sera, però, mi ha mandato un messaggio lunghissimo >> dice tutto felice e Greg lo vede richiamarlo dalla chat del cellulare. Vorrebbe chiedergli di poterlo leggere, ma non vuole essere invadente.
Elisabeth spalanca lo sportello e George sbuffa, ma accetta di scendere dall’auto per risalire nel sedile posteriore.
<< Ehi, ma che cosa hai combinato alla faccia? >> gli chiede la sorella intercettandolo. George si divincola, infastidito dalle sue attenzioni e la ragazzina si siede al suo posto, volgendo al padre uno sguardo preoccupato. Ascolta con attenzione quanto è successo a scuola, senza interrompere né lui, né George una sola volta e alza gli occhi al cielo quando sente dell’irreperibilità della madre.
<< Penso tu abbia fatto bene a mandare quello stronzo all’ospedale, Georgie >> sentenzia guardando orgogliosa il fratello.
<< Io, invece, penso che menare la mani non sia mai la soluzione migliore >> ribatte Greg nel disperato tentativo di dare un messaggio educativo chiaro, anche se, sotto sotto, pensa anche lui che il figlio abbia fatto bene. Lo avrebbe fatto anche lui al suo posto.
<< Cosa conti di dire alla mamma? >> gli chiede Elisabeth, sedendosi finalmente composta sul sedile.
<< La stessa cosa che ti ha appena raccontato tuo fratello >> ribatte lui, sapendo bene, però, a cosa alluda sua figlia.
<< Avanti, ispettore, non faccia il finto tonto >> gli dice, infatti, scoccandogli un’occhiata di sfida. << Sai bene a cosa mi riferisco >>.
<< Non voglio scatenare nessuna guerra, Lizzy >> mette in chiaro vedendola alzare gli occhi al cielo.
<< Ma come puoi essere così ingenuo? >> sbotta lei. << Hai la possibilità di sfruttare la situazione a tuo favore e la butti via così? >>.
<< Tuo fratello ha un occhio nero, un giorno di sospensione e ha mandato un ragazzino all’ospedale, mi sembra che non ci sia nulla da sfruttare in tutto questo >>.
<< In questo no, ma nel fatto che lei fosse irreperibile perché presa da sappiamo quali impegni, mentre suo figlio se la passa male sì, papà. Ha dimostrato di essere lei il pessimo genitore e puoi impugnare questa cosa per costringerla a rivedere gli accordi >>.
<< Io non vi ho insegnato queste cose, Elisabeth! >> la richiama severo. << Non mi piace sentirti parlare di approfittare di situazioni e di ricatti >>.
<< Pensavo volessi anche tu stare di più con noi >> sbuffa la ragazza.
<< Ora smettila, Liz >> si intromette George. << Non ti rendi conto che sei come la mamma quando ti comporti così? >>.
La ragazza si volta verso il fratello, pronta a ribattere ma resta in silenzio. Sospira e torna a sedere composta.
<< Scusami, papà >> sussurra. << Sono arrabbiata con lei. Ci provo a lasciar perdere, ma non ci riesco. Anche solo la sua voce mi da in testa, ormai >> ammette volgendo lo sguardo fuori dal finestrino.
<< Lasciate che le parli io, per favore >> chiede a entrambi e questa volta nessuno ribatte. << La situazione è già tesa e non voglio davvero che scoppi la guerra. Non sono in grado di farvi fronte in questo periodo, ragazzi. Sono maledettamente stanco e mi stanno cadendo addosso troppe cose. Lo so che vi sto chiedendo tanto e non dovrei, ma ho bisogno di tempo >>.
I ragazzi restano in silenzio e il piccolo abitacolo diventa scomodo e fin troppo caldo.
<< Beh, dai, una nota positiva in tutta quanta questa storia c’è stata >> dice George, catturando la loro attenzione. << Ho avuto modo di conoscere Molly >>.
<< No! >> esclama Elisabeth, voltandosi verso di lui. << Lo hai portato in obitorio? >> chiede al padre stupita.
<< Non volevo rischiare di beccare Dora, che chissà cosa si sarebbe inventata, e ho proposto di farmi curare dalla patologa >>.
<< Cioè tu sei stato medicato da una donna che per mestiere squarta cadaveri? >>.
<< Lei non squarta cadaveri, Liz, esegue autopsie >> precisa Greg, che non sopporta proprio l’immagine che gli evoca queste parole.
<< Sia come sia, ma è stato comunque medicato da un medico dei morti >> dice disgustata. << Cosa conti di fare con Les? >> gli chiede, cambiando argomento. Greg si rende conto di quanto sia visibilmente infastidita dall’idea che lui possa avere una nuova compagna e teme che questo possa essere un problema serio. L’ennesimo problema serio, che gli fa passare la voglia di mettersi in qualunque altro tipo di relazione.
<< Proverò a parlare con sua madre e se sarà il caso anche con il padre. Non posso incriminarlo, purtroppo, dal momento che non ha fatto nulla >> sospira Greg, che spera continui a non fare niente.
<< Ancora per poco >> ribatte macabra la figlia. << Finirà male, secondo me. Certo che lassù sono proprio bravi a mandare ragazzini gay in famiglie omofobe. Tu glielo hai detto che hai la testa altrove? >> chiede al fratello voltandosi verso di lui. << Giusto per non illuderlo, dal momento che di sfiga ne ha già abbastanza >>.
George scocca un’occhiata allo specchietto retrovisore, incontrando lo sguardo di Greg e subito si sposta verso lo sportello. Risponde alla sorella con smorfie e sbuffi e lei torna al suo posto scuotendo il capo.
<< Io voi maschi proprio non vi capisco >> borbotta.
Il viaggio si conclude nel silenzio e Greg cerca di non farsi domande su dove il figlio abbia la testa, dal momento che pensa di avere già la risposta. Parcheggia davanti casa e tutti e tre percorrono il vialetto. Margaret apre la porta ancora prima che bussino. Ha occhi preoccupati che si fanno ancora più grandi alla vista dell’occhio pesto di George.
<< Oddio >> esclama, alzando la mano per avvicinarla appena alla medicazione. Volge lo sguardo a Greg, che ritrova quel bisogno di sostegno e aiuto che non vedeva da tempo.
<< Ragazzi andate a fare i compiti, ho bisogno di parlare con vostra madre >> dice e loro ubbidienti vanno via senza ribattere.
<< Perché li hai mandati via? >> gli domanda Margaret, confusa.
<< Perché penso sia meglio parlarne a quattrocchi io e te prima. Non qui, però >> dice, volgendo lo sguardo alle porte delle camerette. Lei capisce e lo prende per mano. Greg non se lo aspettava. È fredda la sua mano e tesa, mentre lo conduce a quella che una volta era la loro camera da letto.
Benchè non abbia cambiato nessun elemento d’arredo a Greg sembra diversa. Manca il suo disordine, quello che sempre gli rimproverava e il suo odore, dopobarba, tabacco e sudore. Non c’è più quella fragranza che nasceva dall’incontro del loro odore e che gli dava quel senso di equilibrio, di territorio e di famiglia.
Margaret chiude la porta e per un istante Greg ha la sensazione di essere in trappola. Lei sembra così remissiva, preoccupata. Non ci sono segni di una possibile esplosione imminente, eppure quegli occhi gli mozzano il fiato.
<< Il nostro Georgie ha davvero spedito un suo compagno all’ospedale? >> gli chiede in un sussurro. Lui annuisce scostando il colletto della camicia dalla gola.
<< Gli ha spaccato il naso, rotto lo zigomo destro, pestato gli occhi e costellato il volto di ecchimosi e lividi >> dice, vedendola divenire sempre più pallida.
<< Cosa ha scatenato tutta quella rabbia? >>.
<< Quel ragazzo, e altri due che se la sono data a gambe, importuna da qualche mese lui e Leslie >> dice e la vede tendersi nel tirare in ballo il ragazzino. << Questa volta ci sono andati giù più pesante del solito, soprattutto con Les, e quando questo ragazzo gli ha messo le mani addosso George non ci ha visto più >>.
<< Al punto da ridurlo a quel modo? >> domanda lei incredula.
<< Mag… penso che abbia riversato su di lui tutta la frustrazione, la rabbia, la paura di questi ultimi tempi. A conti fatti George non ha mai manifestato segni di malessere per quanto è successo. Lizzy ha tenuto la scena, diciamo così, e lui, invece, si è tenuto tutto dentro. Oggi è esploso >>.
<< Non ti preoccupa il fatto che abbia fatto così tanti danni a quel ragazzo con questa esplosione? >> gli chiede muovendo qualche passo verso di lui.
<< Non sta impazzendo, se è questo che ti preoccupa >> dice e da come distoglie lo sguardo capisce che è questo il suo timore. << Sa di aver fatto uno sbaglio e, certo, dovremo gestire la situazione, stargli accanto senza essergli troppo addosso. Un casino, in sostanza >> dice sedendosi ai piedi del letto. Lei gli si avvicina piano e si siede accanto a lui lasciando un metro buono di distanza.
<< Tu… che ne pensi di Leslie? >> gli chiede guardandolo appena.
<< Penso che quel ragazzino stia vivendo un inferno forse peggiore di quello che ci siamo lasciati noi alle spalle >> dice, sperando che davvero sia alle loro spalle.
<< Io… l’ho visto come guarda George. Pende dalle sue labbra. Lo cerca con lo sguardo. Con le mani. Io non so come affrontare il discorso con lui. La situazione qui è abbastanza fredda >> sospira stringendosi nelle spalle. << A te ha per caso detto… qualcosa? >> gli chiede e Greg non sa di cosa possa essere preoccupata. La famiglia di Margaret è una di quelle vecchio stampo, abbastanza chiusa e giudicante. Lei non è mai stata in linea con le loro idee, ma ultimamente sono cambiate talmente tante cose che Greg non sa più chi sia la donna con la quale sta parlando.
<< In merito a cosa, Mag? >> le chiede, intenzionato a non farsi manipolare. Lei morde il labbro inferiore e si curva ancor di più su se stessa.
<< Ho riflettuto molto su ciò che mi hai detto la volta scorsa >> dice avvicinandosi un po’ a lui. << Mi sono resa conto che avrei dovuto parlarti dei miei dubbi ed è un po’ quello che mi sta succedendo adesso con George. Non riesco a chiedergli cosa stia provando. Se quella tra lui e Leslie sia solo amicizia oppure se… se c’è qualcosa di più. Anche solo qualche esperimento innocente. Io e la mia migliore amica alla loro età ci baciavamo allegramente per allenarci a farlo con i ragazzi >> ridacchia, confidandogli una cosa che in tutti quegli anni non aveva mai detto. << Se fosse solo Les e lui lo avesse difeso perché è suo amico… penso sia un bel gesto. Certo, quel giorno di sospensione dovrebbe essere assegnato anche al bullo, ma questi sono dettagli burocratici >> dice passando la mano sul viso. << Cosa facciamo, Greg? >> gli chiede, avvicinando la mano alla sua.
Greg guarda quella mano bella dalle unghie laccate di blu e vorrebbe prenderla, ma decide di non farlo. Lo ha evitato e attaccato per tutto questo tempo e ora che si trovano a vivere un momento di confusione lo cerca remissiva. Può far parte della civile convivenza tra due ex coniugi per il bene dei figli, un’azione di questo tipo, ma quello di Margaret è un cambiamento d’umore fin troppo repentino, anche per essere portato dalla paura, e lui scopre sempre di più di non fidarsi per nulla di lei.
<< Non penso ci sia da fare qualcosa di diverso da quanto faremmo se al posto di Leslie ci fosse una ragazza >> le dice sicuro di sé. << Mi rendo conto che può essere qualcosa al quale non abbiamo mai pensato, ma è pur sempre nostro figlio >>.
<< Quindi per te non ci sarebbero… problemi? >>.
<< No, Maggie. Preoccupazioni, quelle sì. Il mondo è talmente pieno di idioti del calibro del padre di Leslie >> sospira. << Anche se non stiamo più insieme, penso che dovremmo fare fronte comune su questa cosa >> le dice e nuovamente lei distoglie lo sguardo dal suo.
<< Io… io non so, Greg >> sussurra. << Non è solo per gli omofobi e i bulli. Io… mi chiedo se non abbia sbagliato qualcosa. Se non sia stato per quei farmaci che ho preso quando ancora non sapevo di essere incinta, ricordi? Oppure per la bambola che avevo in camera e con la quale lui voleva sempre giocare >>.
<< Non credo che sia per queste cose, Mag. Non credo che sia per qualcosa, ma che semplicemente… sia >> le dice, rendendosi conto di quanto lei faccia fatica a stargli dietro. << Io e te siamo etero e non lo siamo per medicine prese per sbaglio o per giocattoli particolari. Lo siamo e basta. Lui, forse è omo e non vedo perché noi dovremmo essere giusti e lui sbagliato >>.
<< Io… non lo so, Greg >> ripete confusa. << Io non avevo ancora neppure iniziato a pensare alla possibilità che fosse interessato alle ragazzine, figurati ai ragazzini >>.
<< Lasciagli il tempo di capire da che parte sta, allora, e poi quando si sarà chiarito le idee… vedremo di chiarircele anche noi >>.
Margaret annuisce poco convinta e riavvia una ciocca dei capelli castani che lui ha tanto amato. Quella sfumatura naturale che vira al rosso d’inverno e al biondo d’estate.
<< Gregory, io… mi rendo conto di essere stata terribile con te >> sussurra, guardandolo con occhi infinitamente tristi. << Ti ho accusato di essere un cattivo genitore è, invece… invece tu c’eri oggi. Io ero… altrove >> dice, distogliendo lo sguardo, imbarazzata. << Quell’uomo, il fratello del consulente investigativo… aveva ragione nel dire che il pessimo genitore qui non sei tu. Io pensavo di potercela fare, ma non ci riesco >> dice, mandando giù il magone, mentre le lacrime le rigano il viso. << Tu l’altra volta hai detto che ti manchiamo, mi hai chiesto di non portarti via i ragazzi, di rivedere gli accordi… io mi sono resa conto che sono io quella che vi ha perso tutti quanti. Elisabeth non mi considera, George mi guarda appena… manca anche a me ciò che eravamo. Io… pensavo di agire per il meglio e, invece… non ho capito nulla e ho rovinato tutto >> il pianto irrompe togliendole il fiato.
Greg si stupisce del fatto che non stia provando nulla. A dire il vero lo percepisce finto il suo dolore e non si sente nemmeno in colpa per ciò che sta pensando. Prova solo il bisogno di uscire da quella stanza, non riesce, però, ad alzarsi dal letto tanto strana gli appaia questa situazione.
<< Se tu fossi disposta a rivedere gli accordi potrei essere più presente per i ragazzi e forse le cose migliorerebbero anche qui >> dice, facendo ciò che gli ha consigliato la figlia: approfittare della situazione. Margaret tira su col naso e annuisce.
<< E se… se, invece, noi… ci riprovassimo? >> gli chiede guardandolo titubante.
Lo stomaco di Greg si aggroviglia e l’aria gli manca del tutto. Si rende conto che ciò che fino a qualche giorno fa sarebbe stata per lui la proposta più bella da ricevere, adesso, invece, lo manda in panico. Deglutisce più volte, incapace di dire qualcosa a quegli occhi che lo puntano aspettandosi una risposta. Non ha idea di come prenderebbe un ‘no’ e si rende conto di avere paura di dare il via ad un’altra guerra, questa volta per tornare insieme. Non vuole dirle di ‘sì’, però, per la sensazione di falsità che avverte nei gesti e nelle parole della sua ex moglie. Per questa diffidenza che forse è solo un derivato di quanto ha vissuto in questi giorni, delle parole di Jadescu e di Mycroft.
Riceve un messaggio sul cellulare che fa trasalire entrambi, tanto sono tesi. Non gli sembra il caso di leggerlo adesso, proprio mentre lei attende una risposta così importante. Gli permette, però, di scongelarsi e di dare voce a pensieri nuovi che sorprendono lui stesso.
<< Margaret… io penso che le nostre strade siano ormai destinate a dividersi >> dice facendosi coraggio. << Io… io ti amo ancora, è vero, però, mi rendo conto che possiamo essere due genitori separarti che crescono i figli che insieme hanno avuto, ma non potremmo mai più essere una coppia. Non come lo eravamo, sicuramente >> dice, sforzandosi di sostenere il suo sguardo stupito e attonito. << E poi tu… tu stai con… beh, non so il suo nome, comunque hai un altro >>.
<< Sono disposta a lasciarlo per darci un’altra possibilità. Bisogna vedere se anche tu lo sei >> ribatte lei sul cui viso ora non c’è più alcuna espressione.
<< Non voglio accendere altre discussioni, Margaret >> dice alzandosi in piedi. << Finora sono stato io quello che ha proposto un riavvicinamento ritrovandosi sempre caricato di miserie. Ora mi rendo conto che non c’è più storia, Mag. Ci sono i nostri figli, ma non c’è più un ‘noi’ >>.
<< Hai detto di amarmi eppure stai frequentando un’altra >> ribatte lei, che sembra non aver sentito neppure una parola di ciò che gli ha detto.
<< Io sto cercando di andare avanti, Margaret >> ribatte a tono. << Cosa pretendi? Che me ne stia a macerarmi per questa storia fino alla fine dei miei giorni? Tu un altro uomo ce l’hai, un’altra relazione, un'altra vita. Io non la volevo, mi andava bene quella che avevamo, ma dato che le cose sono andate così ora sto cercando di andare avanti. Sono disposto ad esserci per i ragazzi e per questo ti ho chiesto di rivedere gli accordi. È l’unica cosa sulla quale sono disposto a ragionare, Mag >> dice perentorio. La sua ex moglie si alza a sua volta dal letto e si porta dinanzi a lui.
<< Ti ho definitivamente perso, quindi? >> gli chiede seria, guardandolo appena. Sinceramente non sa cosa rispondere a questa domanda assurda e, anzi, gli viene da guardarsi attorno per sincerarsi di non essere finito in una candid camera. << Non mi resta che augurarti ogni bene >> gli dice e Greg davvero fa fatica a capire cosa stia succedendo. << Rivedremo gli accordi. Voglio che tu ci sia per i ragazzi. Tu sai come prenderli, a quanto pare >> sussurra e questa è l’unica cosa che Greg voleva sentirle dire, l’unica che a conti fatti gli interessi.
<< Ti ringrazio, Margaret >> le dice, cercando di tenere per sè solo ciò che gli è utile e mettere una X sopra tutto il resto privo di alcuna logica. Lei gli sorride e si avvicina entrando nel suo spazio privato.
<< No, sono io che ti ringrazio per la pazienza che hai avuto, Greg >> dice, stringendolo lentamente in un abbraccio. << Voglio baciarti un’ultima volta, posso? >> sussurra, così vicina a lui da poterne sentire il fiato caldo sul viso.
Non gli lascia il tempo di pensare, figuriamoci quello di trovare il modo di risponderle. Bacia le sue labbra piano, con la dolcezza di un tempo, nel modo in cui sa di farlo impazzire. Nonostante i mille pensieri per la testa, i dubbi, il timore, Greg si lascia coinvolgere in quel bacio. La abbraccia a sua volta e le mani di lei, che lente scivolano lungo la sua schiena, gli causano brividi di un piacere che manca da troppo tempo. Sfiora il corpo di lei, le curve che nonostante il trascorrere degli anni e le gravidanze sono immutate. L’eccitazione prende il sopravvento e la passione trasforma i loro baci, le loro mani ed è come se fossero tornati ragazzini che si scambiano effusioni nel segreto della cameretta, con i genitori in salotto e il rischio di essere scoperti.
“Ti rendi conto che tutto questo non ha senso, vero?” gli domanda John, spuntando impropriamente tra i suoi pensieri. Lo ignora. È inutile confermare l’ovvio, come dice sempre Sherlock.
Margaret si fa a lui più vicina, portando entrambi verso il letto, e poi, come faceva quelle prime volte, quando lasciava cadere la maschera della ragazza timida per vestire i panni della seduzione, si lascia cadere sul letto tirandoselo appresso. Le sfugge una risata contro le sue labbra e lui se ne lascia contagiare. L’anno di astinenza si fa sentire, il desiderio di baci e carezze anche e quando le mani di lei vanno a trafficare con la cintura, insistenti e frenetiche, Greg perde del tutto il contatto con la realtà.
“Ehi, ehi, aspetta, cosa cazzo fai?!” grida John nella sua testa, ma lui sente solo le mani di lei che lo accarezzano piano, le sue labbra che morde con forza e quella risata, la risata della sua Mag, quella che gli ha sempre fatto capire che possono darci dentro finchè ce n’è.
“Fermati, maledizione! Questa donna si è appena fatta scopare da un altro mentre vostro figlio faceva a botte con un ragazzo per difendere un amico!” esclama John con il tono di voce che è solito usare per richiamare Sherlock all’ordine quando esagera.
Greg si ferma di colpo, come avesse ricevuto una secchiata d’acqua gelida a raffreddare i bollenti spiriti. Incontra lo sguardo di Margaret, confuso da questa brusca interruzione. Non è mai successo che si interrompesse. Quando erano impegnati in queste cose neppure le chiamate dalla centrale lo distoglievano.
<< Cosa stiamo facendo? >> le chiede scostandosi da lei.
<< Beh… mi sembra ovvio, no? >> dice lei, accarezzandogli il viso. Greg si allontana dalla sua mano mettendosi a sedere ai piedi del letto.
<< Noi non stiamo più insieme, Margaret. Non siamo più marito e moglie, quindi non possiamo fare queste cose. Con i nostri figli fuori dalla porta, per giunta! >> dice rimettendosi in ordine.
<< Pensavo ti piacesse >> pigola lei e quell’espressione innocente lo manda in bestia.
<< E’ ovvio che mi piaccia, Maggie >> ribatte, voltandosi verso di lei. << Non hai mai smesso di piacermi e dio solo sa quando questo accadrà, ma non puoi giocare cosi con me, cristo >> dice a gran voce vedendola rabbrividire. << Senti >> dice, prendendo un profondo respiro nel tentativo di calmarsi. << Finiamola qui. Basta liti, basta lotte. Aggiustiamo questi accordi e limitiamoci a incontrarci per ciò che riguarda i ragazzi. Non mancherò al pagamento degli alimenti, né a ragionare insieme su situazioni come quella che ci siamo ritrovati ad affrontare oggi, ma tu vai per la tua strada ed io per la mia >>.
Margaret sembra stupita da tanta determinazione. In un certo senso se ne stupisce anche lui. E’ la prima volta che mette dei punti fermi con lei da che ha avuto inizio questa storia.
Greg esce dalla stanza senza aggiungere altro. Sente lo stomaco sotto sopra e la nausea prendere il sopravvento.
<< Ragazzi, io vado >> dice, cercando di rimettersi in quadro. I figli escono dalle camere troppo in fretta per non essere stati lì ad origliare, sperando di cogliere qualcosa di quanto si stavano dicendo. Lo guardano straniti e lui si da un’occhiata per sincerarsi di aver messo tutto a posto.
<< Tutto bene, papà? Sembri sconvolto >> gli chiede Elisabeth volgendo lo sguardo alla porta della stanza dalla quale la madre è appena uscita.
<< Io e vostra madre abbiamo deciso di rivedere gli accordi per quanto riguarda il vostro affido >> dice e questa notizia distoglie la loro attenzione dal resto. Li vede davvero felici per quella vittoria e si rende conto di come stiano sorridendo persino alla madre. << E per ciò che concerne quanto accaduto oggi a scuola, George >> aggiunge, richiamando l’attenzione del ragazzo. << Il motivo che ti ha spinto a farlo è ammirevole, ma non è facendo a botte che si risolvono le situazioni. Ti invitiamo a parlarne con noi molto prima che si arrivi a questo. Mi metterò in contatto con la madre di Leslie e vedrò cosa posso fare per lui. Ti invito a contattarmi per qualunque novità, togliendoti dalla testa l’idea di fare da te, ok? >>.
Il ragazzino annuisce. Ci sarebbero molte altre cose di cui parlare, cose più importanti di una sospensione e persino di una scazzottata, ma Greg sente che non è proprio il momento. Ha troppe cose da rimettere in ordine in se stesso per poter mettere in quadro altri.
<< Ora devo andare. Ho un bel po’ di cose da sistemare >> dice salutandoli in fretta per poi prendere la porta e uscire.
Prende un profondo respiro, come se fosse rimasto sott’acqua per tutto questo tempo. Percorre il vialetto e non è neppure giunto a metà quando sente Elisabeth chiamarlo. Si volta giusto in tempo per essere travolto da lei che lo stringe forte tra le braccia.
<< Non so cosa sia successo, cosa vi siate detti, ma sei diverso. Sei tornato quello di un tempo >> gli sussurra all’orecchio. << E io sono felicissima di questo >>.
Gli occhi di sua figlia brillano commossi e, sì, era davvero da tanto tempo che non le vedeva questo bel sorriso sul viso.
<< Anche io, Lizzy. Per quanto ti è possibile, cerca di sistemare le cose anche tu con tua madre. La pace è sempre la migliore delle soluzioni >>.
La ragazza annuisce, gli da un altro bacio e torna verso casa. Lui resta a guardarla sentendo il bisogno di esplodere, ma non è proprio il momento e neppure il luogo.
Torna in auto e riceve un messaggio che gli riporta alla mente il precedente. Prende il telefono e scopre essere entrambi da parte di Anthea, cosa che lo allarma, ricordandogli il suo altro grande problema.
 
Ci vediamo al 7 di Eldon road
 
Non farmi aspettare!
 
Greg mette in moto e si immette nel traffico. Pensa a cosa mai possa essere successo e al perché di quel messaggio. Mycroft non è solito agire così. Quando vuole parlargli lo fa prelevare, come ha fatto in questi giorni, invece adesso gli chiede di recarsi in Eldon road.
<< Oh cristo! >> esclama, frenando forse un po’ troppo bruscamente al semaforo rosso. Conosce quell’indirizzo. Sì, lo conosce fin troppo bene.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


 
Buongiorno a tutti!
Scusate l’attesa, riesco solo oggi finalmente a mettermi qui e postare un altro capitolo. Mi spiace non sapervi dire bene quando riuscirò a postare, non è per nulla da me, ma piuttosto di dare una data e non attenderla preferisco dire che farò il possibile per non far passare troppo tempo.
Intanto vi lascio alla lettura di questo nuovo capitolo.
A presto
Patty
 
Capitolo 15
 
Greg parcheggia male l’auto, scende sbattendo la portiera e corre al numero 7 di Eldon road. Il portone si apre ancora prima che si attacchi al campanello come un disperato. Sale le scale due gradini per volta fino al terzo piano.
<< Ce ne ha messo di tempo, ispettore >> lo accoglie Anthea. Fatica a riconoscerla con quegli abiti informali addosso. Una tuta larga, grigia, anonima. Sotto il cappellino con tanto di visiera i capelli sono tenuti stretti da un elastico in una coda che le ricade sulla spalla e non ha nessuna traccia di trucco sul viso.
Greg la ignora, la scosta in malo modo dalla porta e si fionda nell’appartamento. Non aveva idea di cosa vi avrebbe trovato. Continuava a sperare di non ritrovarsi davanti al cadavere di quello che non sa se sia il ragazzo di suo figlio. Di dargli questa brutta notizia non ne avrebbe avuto per nulla la forza.
Leslie, invece è vivo. Siede sul divano, i gomiti appoggiati alle ginocchia e le mani a sorreggere la testa. Alza appena lo sguardo verso di lui, stupito di vederlo lì.
<< Ispettore, cosa ci fa qui? >> gli chiede alzandosi in piedi nervoso.
<< Gli ho chiesto io di venire >> risponde Anthea al suo posto, avvicinandosi a loro.
<< Oh >> sussurra il ragazzo, guardando la donna con sospetto. << Non sapevo vi conosceste >>.
<< Nemmeno io sapevo tu la conoscessi >> ribatte Greg, scoccando un’occhiata alla segretaria di Mycroft, che ha sulle labbra quel sorriso di circostanza ben poco empatico.
<< E in effetti non la conosco. Si è offerta di accompagnarmi a casa e aspettare con me il ritorno di mia madre >> spiega, confuso da quanto sta accadendo.
<< E perché lo ha fatto? >> gli chiede, sforzandosi di mettere da parte il detective e agire come un padre preoccupato.
Il ragazzo torna a sedere sul divano e piega il capo fino a portare il mento al petto. Greg si accomoda sul tavolino basso posto davanti a lui e non sa bene cosa dire, anche perché non sa assolutamente cosa abbia portato Anthea in questa casa e da questo ragazzo. Volge lo sguardo alla donna ferma a un metro da lui, le braccia incrociate al petto. Non gli dice nulla, limitandosi a tenere lo sguardo fisso sul ragazzino.
<< Anthea mi ha chiesto di correre qui e io l’ho fatto. Temevo che tuo padre ti avesse… >>.
<< George glielo ha detto? >> lo interrompe il ragazzo, guardandolo spaventato. Greg annuisce e Leslie distoglie lo sguardo divenendo rosso. Si stringe ancora di più nelle spalle, dondolando piano su se stesso.
<< Io… io ho bisogno di capire cosa sta succedendo >> dice Greg. << Voglio aiutarti, Les >> insiste, e il ragazzo scuote il capo.
<< Io non lo merito il suo aiuto, ispettore >> sussurra, stringendo le braccia al petto. << Lei avrebbe dovuto lasciarmi fare. Era l’unico modo per porre fine a questa storia! >> dice scoccando un’occhiataccia ad Anthea.
<< Quale storia? >> gli chiede Greg confuso. Il ragazzo scuote di nuovo il capo e stringe ancora di più le braccia al petto. Ci sono delle macchie scure sulla manica sinistra della maglietta, tirata sino a coprire la mano. Greg la afferra e il ragazzo, colto di sorpresa, cerca di sottrarsi alla sua stretta.
<< Cos’hai fatto? >> gli chiede, lasciandolo andare, ma lui si ostina a non rispondere e nasconde la mano alla sua  vista.
<< Autolesionismo >> dice Anthea, uscendo dal suo silenzio. << Ha le braccia piene di tagli. Per questo, nonostante il caldo che fa, indossa magliette a maniche lunghe >>.
Greg resta a bocca aperta, colpito dalla spiegazione asettica della donna. Il ragazzino non sembra gradire quella violazione della sua privacy.
<< Perché ti fai del male? >> gli chiede e lui scuote il capo restio a volerne parlare.
<< Per sedare l’ansia >> spiega Anthea. << Il dolore fisico distoglie da quello emotivo. È una valvola di sfogo. Lo si fa anche per sentire qualcosa, per dimostrarsi di essere vivi, vedere il proprio sangue, i segni delle cicatrici >>.
Il ragazzo è visibilmente a disagio e trema ancora di più. Nasconde il braccio destro chinandosi sempre più verso le ginocchia.
<< Ti ringrazio per la spiegazione chiara e lineare, Anthea, ma penso che possa bastare >> la richiama Greg, infastidito dalla sua mancanza di empatia. << George sa del male che ti fai? >> gli chiede, pensando che forse mettere in mezzo il figlio possa essere un modo per indurlo a parlare.
<< Sì >> risponde. << Non gli piace e non capisce perché lo faccio. Non lo capisco neppure io, sento solo di doverlo fare. Mi aiuta a stare meglio >> dice, incontrando finalmente il suo sguardo.
Greg si rende conto di fare fatica a sostenerlo. Il suo lavoro lo ha portato a scontrarsi con il male del mondo e con le sue brutture e cattiverie, ma ha sempre creduto di poter lasciare queste cose nel suo ufficio a Scotland Yard. La solita illusione che ‘A me questo non potrà mai accadere’. E, invece, in questi ultimi giorni si sta rendendo conto che queste cose possono succedere, e come, anche a lui. La figlia vittima di cyberbullismo, il figlio con grossi dubbi circa la sua sessualità e questo ragazzo, che conosce da sempre, con i chiari segni sul corpo del dolore che prova.
“Non sono preparato per tutto questo” pensa, passando la mano sul viso stanco.
<< Come sta George? >> gli chiede Leslie, imbarazzato.
<< Ha un occhio nero, il labbro spaccato e un giorno di sospensione. Il ragazzo che ti ha importunato è messo molto peggio >> dice e, sebbene sia scosso da quanto gli ha detto, le sue labbra si curvano in un sorriso commosso, che, però, subito scompare.
<< Mi spiace per quel che è successo. Non volevo si prendesse tutta la colpa, ma lui ha insistito per farlo. Ha detto che poteva fidarsi di lei >> dice scettico guardandolo appena.
<< Certo che può e anche tu >> ribadisce Greg, assumendo la sua stessa postura.
<< Quindi lei non mi odia per il giorno di sospensione che suo figlio si è preso a causa mia? O per il fatto che io… >> lascia la frase a metà, mandando giù ciò che non riesce a dire.
<< Che sei innamorato di lui? >> dice al suo posto, vedendolo trasalire. << No, non ti odio per questo >> lo rassicura sorridendogli. Il ragazzino scuote il capo e le lacrime prendono il sopravvento.
<< E invece dovrebbe! >> esclama tra i singhiozzi. << Perché sono stato così stupido da lasciare che mi minacciassero e per questo volevo saltare giù dal ponte, perché non ce la faccio più, ispettore! >> esclama, chiudendosi su se stesso. Posa la fronte sulle ginocchia e sfoga il suo pianto disperato.
Greg lo guarda interdetto. È talmente confuso da non sapere più come si respira. Volge lo sguardo stupito ad Anthea, che prende una sedia e la porta vicina a lui.
<< Abbiamo ricevuto una segnalazione dai nostri controllori >> racconta finalmente, accomodandosi. << Avevamo deciso di tenerlo d’occhio, lui come tutti coloro che gravitano attorno a te e alla tua famiglia. Fa parte delle manovre di protezione >> spiega, portando a sua volta i gomiti alle ginocchia. << Il mio capo mi ha mandata sul posto. Ha ritenuto fosse importante gestissi io la situazione, data la delicatezza e la giovane età del ragazzo >>.
Greg pensa che Mycroft si è sbagliato di grosso se ha deciso di affidare a lei la situazione in quanto donna e per questo dotata di un qualche istinto materno.
<< Lo avevano avvistato vicino al vecchio ponte dell’ex ferrovia ai Docs in atteggiamento sospetto >> continua lei, catturando l’attenzione del ragazzo, che la guarda sconvolto.
<< Mi avevi detto di essere lì per fare jogging >> dice Leslie. << Ho pensato fosse una cosa assurda scegliere di correre proprio lì, ma non posso credere che tu sia stata mandata da qualcuno. Che io sia sotto controllo >> dice spaventato.
 << Se ti avessi detto chi sono non mi avresti ascoltata e ora non saremmo qui, tutti insieme, Leslie >> gli dice e la sua voce si fa più morbida. A quanto pare se vuole questa donna riesce ad essere dolce.
<< Sei dei servizi sociali? Mi state ancora addosso per la storia della separazione dei miei? >> le chiede infastidito.
<< No, Les, i tuoi non c’entrano >> risponde Greg, cogliendolo di sorpresa. << Sei amico di George, lui è mio figlio e io… sto passando un periodo un po’ particolare a lavoro >>.
<< E’ sotto scorta? >> gli chiede stupito e curioso.
<< Diciamo di sì e gradirei che George non lo venisse a sapere. Pensi di poterlo tenere per te, finchè non troverò il modo di parlarne a lui e alla sorella? >>.
Il ragazzino annuisce e sembra sollevato all’idea che quella donna non sia lì per lui.
<< Perché volevi buttarti da quel ponte, Leslie? George ne avrebbe sofferto >> lo riporta sull’argomento, usando un espediente un po’ crudele ma necessario, se vuole capire cosa stia succedendo.
<< Soffrirebbe ancora di più se sapesse la verità e io non ho il coraggio di dirgliela >> risponde, cercando di controllare il pianto.
<< Vuoi parlarne con me? >> gli chiede e il ragazzo tentenna.
<< Posso raccontargliela io, se preferisci >> si intromette Anthea, cogliendo di sorpresa entrambi. Leslie respira affannato, del tutto stupito della proposta che questa donna per lui sconosciuta gli ha fatto.
<< E’ sotto scorta per la storia del portale? >> gli domanda spaventato.
<< Il portale? Ti riferisci al Fenix? >> gli chiede Greg e un brivido gli percorre la schiena quando lo vede annuire. Scocca un’occhiataccia ad Anthea. Se ciò che ha detto al ragazzo non è solo un escamotage per farlo parlare e lei e il suo capo sono davvero a conoscenza di qualcosa che per l’ennesima volta gli hanno tenuto nascosto e la volta buona che esplode fregandosene delle conseguenze.
<< Lizzy ne aveva parlato a George e lui mi aveva detto di esserci andato per capire cosa fosse. Mi aveva spiegato che era un sito di automutuo aiuto e io mi sono detto ‘Perché no? Se può aiutare Lizzy magari può essere utile anche per me’. Così mi sono iscritto >> sospira, dondolando piano su se stesso. << Non l’ho detto a George perché secondo lui il modo migliore per risolvere un problema e parlarne e, dal momento che con mio padre è impossibile farlo, continuava a dirmi di andare dalla psicologa della scuola. Io, però, non potevo andare da quella e raccontargli dell’inferno che anche adesso che sono separati continuo a vivere con i miei. Non potevo pensare di ritrovarmi di nuovo con i servizi sociali per casa a scavare nella mia vita e rendere mio padre ancora più nervoso. Era solo un sito web, infondo, non poteva farmi nulla di male >> dice con la voce rotta dal pianto. << Invece me ne ha fatto tanto e me ne sta ancora facendo >>.
<< Ancora? Com’è possibile? È stato smantellato e i colpevoli arrestati >> dice Greg, ma il ragazzo scuote forte il capo.
<< No, ispettore. Non li avete presi tutti >> sussurra, guardando spaventato. << Io mi sono fidato di Michael, il tutor che mi avevano affidato. Gli ho parlato dei problemi con mio padre e di quel che provo per George. Lui era simpatico, mi dava molti consigli e mi rassicurava tanto. Mi ha spronato a dichiararmi e aveva ragione nel dire che il mio amico non mi avrebbe scacciato e questo mi ha portato a fidarmi ancora di più. Poi, George ha iniziato ad avere dei sospetti sul portale. Non gli piaceva l’effetto che aveva su Lizzy e non faceva altro che parlare del consulente investigativo >> dice storcendo il naso. << Voleva andare da lui e esporgli il caso, ma io continuavo a dirgli che non gli avrebbe dato retta, perché non c’era nulla che non andasse in quel portale. Anche Michael appoggiava le mie idee. Lui mi ha chiesto se per caso non fossi geloso dell’importanza che George attribuiva a Sherlock e io non ci avevo mai pensato. Me ne parla praticamente da quando l’ha conosciuto. Me la ricordo bene la mattina in cui si è svegliato e lo ha trovato sul divano di casa vostra e lui ha dedotto cose che non poteva sapere di voi solo guardandovi. Me ne ha parlato per tutta la lezione, portando la maestra a sgridarci più volte. Io pensavo fosse una sorta di supereroe per lui e, invece, ho capito che gli piace davvero >> dice e a Greg si chiude lo stomaco.
Aveva già ipotizzato che suo figlio potesse essersi preso una cotta per Sherlock, ma sentirlo dire a voce dal ragazzo che dice di amarlo lo stordisce al punto che deve fare un bello sforzo per restare sul pezzo.
<< Io non ci ho visto più >> prosegue il ragazzo. << A me continua a dire che non sa cosa prova per me, che non sa se anche lui lo è, che non vuole fare… >> lascia in sospeso la frase, guardandolo imbarazzato. << Ma si scioglie ogni volta che riceve un messaggio dal consulente e gli occhi gli brillava mentre ne parla. Io non potevo sopportarlo e mi sfogavo con Michael. All’inizio lui mi ascoltava interessato, cercando di tranquillizzarmi e farmi ragionare. Poi, però, ha iniziato a darmi dei consigli strani >> dice il ragazzo rabbrividendo.
<< Che genere di consigli? >> lo incita Greg.
<< Voleva che mettessi in giro la voce di una relazione tra il consulente e il figlio dell’ispettore col quale collabora assiduamente. Io mi sono sempre rifiutato >> si affretta a precisare. << Devo ammettere che non l’ho fatto per salvare la reputazione di quell’uomo, ma per George. Ci sarebbe andato di mezzo anche lui e non volevo creargli problemi. Più io mi rifiutavo, più Michael insisteva e iniziava a inquietarmi. Poi, Lizzy ha tentato il suicidio >> dice e a Greg tremano i polsi nel sentirgli parlare anche di questo. << George ha iniziato a presentarmi tutta una serie di prove circa la malvagità nascosta dietro la fenice e io non potevo dirgli che avevo delle prove a favore della sua tesi, perché non volevo rischiare di perderlo. Ho interrotto le comunicazioni con Michael e mi sono cancellato dal portale. Pensavo che questo sarebbe bastato e per qualche tempo, in effetti, non ho avuto problemi. Poi, però, Rosaline Jackson si è uccisa, Sherlock è stato chiamato a indagare e… ed è iniziato tutto quanto >>.
Il pianto lo interrompe e Greg riprende fiato. Volge lo sguardo ad Anthea, imperscrutabile e apparentemente impassibile alla sofferenza del ragazzino. Quel non trovare alcun sostegno in questa donna lo inquieta forse ancor di più di tutto il resto.
<< Cosa ha avuto inizio, Leslie? >> domanda al ragazzo quando lo sfogo si conclude.
<< Le e-mail. I messaggi. Le chiamate da parte di Michael. Voleva che facessi ciò che mi aveva proposto, che mettessi in giro quelle voci, ma io ho continuato a rifiutarmi. Mi ha minacciato, allora, di mettere lui delle voci in giro sul mio conto, sapendo bene che se fossero giunte all’orecchio di mio padre io sarei praticamente morto >> rabbrividisce. << Io non riuscivo a capire come potesse lui ancora minacciarmi dato che il portale, per quanto mi aveva detto George, era stato smantellato da lei e da Sherlock grazie all’aiuto del fratello di questo. Quando gliel’ho chiesto, Michael si è messo a ridere e mi ha detto che c’è molto di più di un semplice portale dietro questa storia e io mi sono sentito il più grande degli idioti per esserci caduto dentro >>.
<< E così hai pensato che farla finita fosse la soluzione migliore >> sussurra Greg e il ragazzino annuisce. << Questo Michael ha messo davvero quelle voci in giro, che sono culminate oggi con la rissa nello spogliatoio e hai avuto paura che tuo padre venisse a sapere della cosa e scoprisse il tuo segreto >>, Leslie annuisce di nuovo e il pianto ricomincia, questa volta silenzioso e remissivo.
<< Piuttosto che vederlo arrabbiarsi e dirmene di tutti i colori, prendere la cinghia e darmene fino ad ammazzarmi preferisco saltare dal ponte. Lei, però, non me lo ha permesso >> dice scoccando un’occhiataccia ad Anthea, per nulla toccata dal suo disprezzo.
<< E direi che ha fatto bene >> dice Greg. << Ok, prendi le tue cose e seguimi >> gli dice, alzandosi in piedi.
<< Perché, dove andiamo? >> gli chiede preoccupato.
<< Non posso lasciarti qui in balia di tuo padre e di chi ti minaccia. Quindi ora ti porto da George e resterai lì finchè non avremo trovato una soluzione più consona >>.
<< Ma mia madre… >>.
<< Con tua madre ci parlo io >> lo interrompe perentorio. << Leslie, non voglio che tu possa farti del male e non riesco a tollerare l’idea che tu possa morire, sia che sia tu a decidere di porre fine alla tua vita, sia che sia quel troglodita di tuo padre a farlo. Non si deve temere per la propria incolumità solo perché si è ‘diversi’. Perché ‘diversi’, poi, vorrei proprio capirlo >> dice, portando la mano agli occhi. << Per me i ‘diversi’ sono i cosiddetti ‘normali’ che ammazzano e vessano chi dicono non essere come loro e quindi indegni di vivere >>.
<< Allora non posso andare da George, ispettore. Sua madre… beh, mi spiace dirglielo, ma la sua ex moglie non la pensa come lei >>.
<< Dal momento che nostro figlio, da quanto mi dici, è possibile che appartenga ai ‘diversi’, allora farà meglio a mettersi l’anima in pace, se non vuole che questa volta sia io a fare guerra per toglierle la patria potestà >>.
<< Lei lo farebbe davvero? >> gli chiede il ragazzo alzandosi in piedi. E’ ancora un po’ curvo su se stesso e da l’idea di essere fragile come cristallo. Greg gli sorride, pensando a quanto sia complesso l’animo umano. Leslie è sempre stato più alto di George ed è cresciuto molto di più e più in fretta di suo figlio. Sul campo di rugby è uno di quei giocatori che non si riesce a buttare a terra neppure a caricarlo in quattro alla volta. Ha le spalle larghe, la voce già bassa e gli si potrebbero dare benissimo due o tre anni in più a vederlo, eppure, in questo momento, sembra uno scricciolo spaurito. Prova una profonda tenerezza per questo ragazzo che ha sempre considerato essere il migliore amico di George e quindi, in un certo senso, un figlio putativo per lui.
<< Certo che lo farei, Les >> gli dice posando la mano sulla sua spalla curva. << Nessuno ha il diritto di farti del male per ciò che sei, per le tue idee, per i tuoi sentimenti. Cristo, siamo già oltre il primo decennio del 2000, ragionamenti di questo tipo non li si dovrebbe neppure più fare. A me non importa se sei etero, omo o bisessuale. Io voglio che tu sia vivo e in salute >>.
Il ragazzo piange commosso faticando a sostenere il suo sguardo. Gli si avvicina piano fino a posare la fronte contro la sua spalla.
<< Grazie >> sussurra tra le lacrime e Greg lo stringe tra le braccia. Dal modo in cui gli si aggrappa capisce quanto bisogno avesse questo ragazzo dell’appoggio di un adulto e ancora una volta si trova a maledire coloro che hanno ideato questo portale e quel pazzo criminale che li ha aiutati nell’intento.
“E che ha tentato di spingere questo ragazzo a dare addosso a Sherlock per diffamarlo e portare avanti i suoi interessi” pensa.
<< Prendi una borsa e mettici dentro l’essenziale, Les. Io ti aspetto qui >> gli dice, incoraggiandolo a riprendersi, cosa che sembra avvenire con più facilità dopo questo abbraccio.
Il ragazzo si dirige in camera sua lasciandolo da solo con Anthea.
<< Tu e il tuo capo sapevate di queste minacce, non è così? >> le chiede, voltandosi verso di lei che ha rimesso diligentemente la sedia al suo posto.
<< Io e il mio capo stiamo cercando di salvare te e i tuoi cari, Greg. Ti assicuro che non è per nulla facile >> gli dice voltandosi verso di lui.
<< Lo sarebbe di più se condivideste i vostri problemi, anziché tenerli segreti >>.
<< E cosa pensi che dovremmo fare? Un gruppo di auto mutuo aiuto per le vittime di quel criminale? >> gli domanda ironico, mettendosi sulle labbra lo stesso sorriso del suo capo.
<< Ti rendi conto di quanto i segreti causino problemi, Anthea? >> le dice avvicinandosi a lei. << partendo da quello usato da Moriarty per ricattare il tuo capo fino a giungere a questo di Leslie, i segreti sono solo fonte di guai >>.
<< Questo vorrebbe dire che lei, ispettore, non ne ha? >> lo sfida la donna, muovendo a sua volta un passo verso di lui.
<< No, mia cara, non ho segreti per nessuno. Non ho mai ucciso se non per legittima difesa o in un’azione di polizia, non ho mai tradito chi credevo mi amasse, non ho truffato, raggirato, manipolato mai nessuno, sono un perfetto idiota, come direbbero gli Holmes. Del tutto incapace di approfittarmi delle situazioni, figuriamoci delle persone! >>.
<< Un uomo inattaccabile, insomma >> ironizza ancora una volta Anthea.
<< Oh, no, ti sbagli. Mi possono attaccare sugli affetti, sui sentimenti, sul lavoro. In queste cose sono vulnerabile, ma è diverso dal mentire al punto da mettersi nei guai con le proprie mani >>.
Si guardano a lungo avvolti da un silenzio carico di tensioni.
<<  Il mio capo ha ragione, Lestrade. Sei un uomo davvero interessante >> dice, scrutandolo con la stessa aria da scienziato che osserva un campione da laboratorio che rivede ogni volta sul volto di Mycroft.
<< Il topo da laboratorio a sua volta studia chi lo osserva, Anthea, non lo sai? >> ribatte, muovendo un passo verso di lei in modo da trovarsi molto vicini. << Io voglio la verità, senza postille e senza omissioni >>.
<< Non spetta a me dirtela >> ribatte lei facendo un passo indietro.
<< Oh, è vero il tuo compito è quello di aprire sportelli, prendere appunti e correre a salvare ragazzini in difficoltà >>.
<< Non solo ragazzini, Lestrade >> dice con uno strano sorriso sulle labbra. Cambia del tutto espressione, indurendo lo sguardo, e veloce la sua mano corre ad afferrare il bavero della sua camicia. << Chi credi abbia eliminato il killer che stava per farti fuori, eh? >> sussurra aggressiva senza lasciarlo andare.
Greg sbatte più volte le palpebre incredulo. Deve ammettere che l’immediato cambiamento di questa donna lo spaventa. È forte la sua presa, deciso il suo sguardo e si rende conto che la segretaria perennemente concentrata sullo smartphone potrebbe davvero essere capace di uccidere un killer.
<< Mycroft aveva detto di aver messo su di me il migliore dei suoi elementi >> sussurra stupito.
<< Colei che ha il compito di proteggerlo, addestrata dai servizi segreti e scelta tra una rosa di candidati più che qualificati, sì >> dice e le sue labbra si curvano in un sorriso più simile a un ghigno. << Sei maledettamente importante e non te ne rendi neppure conto, piccolo uomo che cade facilmente preda delle sue frustrazioni >> dice spintonandolo via da sé.
Greg non riesce a credere di trovarsi dinanzi a… beh, a un killer. I servizi segreti non addestrano di certo principesse abili nel ricamo. Doveva aspettarselo da uno come Mycroft. Essere circondato da una scorta avrebbe dato troppo nell’occhio e, sebbene possa sembrare paradossale, dato il posto di rilievo che occupa, non è tipo al quale piaccia essere al centro dell’attenzione. Unire, invece, l’utilità di una segretaria efficiente, alla praticità di una guardia del corpo più che preparata e, ovviamente, tenere il tutto debitamente nascosto è più nel suo stile.
Greg ricorda bene il curriculum di Jadescu. Non osa immaginare quale possa essere quello di Anthea, se è riuscita a farlo fuori. Porta istintivamente la mano a massaggiare il braccio sinistro, ricordando di come quello del finto agente fosse rotto in più punti con una precisione chirurgica.
“Meglio che non la faccia arrabbiare!” pensa deciso, comunque, a non farsi mettere i piedi in testa da lei.
<< Ti ringrazio >> dice, catturando la sua attenzione.
<< E’ il mio lavoro >> ribatte lei facendo spallucce. << Cosa conti di fare con quel ragazzino? >> gli chiede cambiando argomento. Greg vorrebbe pensare che sia a disagio nel parlare del suo lavoro e di cosa questo comporta, ma crede che per questa donna non ci sia alcun senso di colpa, alcun rimorso. Esegue gli ordini del suo capo ed è a lui fedelissima.
<< Lo porto da George, come gli ho detto. Hai un’idea migliore? >>.
<< No >> risponde e Greg non può fare a meno di pensare che in effetti non è pagata per avere idee. Bada bene, però, di tenere questa considerazione per sé. << Rafforzeremo il controllo attorno casa della tua ex e sulla tua famiglia >>.
<< Ti fidi delle persone che gestisci, Anthea? >>.
<< Come di me stessa, Gregory >> risponde e torna sulle sue labbra quel sorriso di circostanza che la rende così simile al suo capo.
<< Allora abbiamo un problema >> le dice lui, cogliendola di sorpresa. << Perche nonostante tu mi abbia salvato la vita, nonostante tu abbia impedito a Leslie di togliersi la sua, io non riesco a fidarmi di te e neppure di chi ti comanda >>.
La donna sorride e sembra essere soddisfatta della sua diffidenza.
<< Ti porterò da chi potrà dirti la verità >>.
<< Sarebbe la terza volta in cui me la dice, questa >> sbuffa lui, che di essere preso in giro non ne ha proprio più voglia.
<< Potrebbe essere quella giusta >> ribatte lei strizzandogli l’occhio.
Leslie torna in salotto interrompendo il loro battibecco. Porta a tracolla il borsone dell’associazione di rugby e sulle spalle lo zaino di scuola, entrambi pieni fino a scoppiare, segno che ha preso sul serio la sua intenzione di aiutarlo.
<< Mia madre tornerà a casa per le sette. Le ho scritto un biglietto per non farla preoccupare per la mia assenza >> dice mostrandogli un foglio di carta scritto fitto.
<< Lasciaglielo pure dove sai che lo noterà subito. Cercherò di essere qui in tempo per parlarle >>.
<< Ci vada piano con lei, per favore. Questa storia la distrugge un po’ di più ogni giorno >> gli confessa ed è straziante vedere come si preoccupi per lei. Rivede in Leslie entrambi i suoi figli e pensa che se proprio c’è qualcosa che non è normale è questa preoccupazione che i ragazzi provano per i genitori. Questo continuo tentativo di proteggerli per non vederli soffrire.
<< Sta tranquillo. So bene cosa stia passando >> gli dice e il ragazzo per la prima volta gli sorride.
<< Lo so, ispettore. Sua moglie non l’ha mandata all’ospedale più volte con lividi e ossa rotte, ma l’effetto delle sue azioni e delle sue parole non è tanto diverso da quello delle mani di mio padre >> dice con un’analisi perfetta di quella che è la sua condizione.
Greg gli accarezza i capelli e lo invita a seguire Anthea fuori dall’appartamento. Lo vede voltarsi a guardare quel salotto, come volesse imprimerselo nella mente per timore di non rivederlo mai più. Lo stesso gesto deve averlo fatto tutte le altre volte in cui l’assistente sociale di turno lo prelevava da quella casa per condurlo in un posto più sicuro.
“Dovrebbe essere questo il tuo posto sicuro” pensa Greg vedendolo uscire di casa. “Dovrebbe esserlo per tutti”.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Buonasera a tutti!
Eccovi un nuovo capitoletto che spero possa essere di vostro gradimento.
Alla prossima
Patty
 
Capitolo 16
 
Greg sospira, mollemente abbandonato sul sedile passeggeri dell’auto guidata da Anthea. La donna ha insistito affinchè si muovessero verso le loro destinazioni utilizzando la vettura blu e anonima, con la quale hanno accompagnato Leslie da George e che ora li vede diretti al Diogenes Club.
Viaggiano in silenzio, l’una guida, l’altro rimugina sui suoi pensieri. Sullo sguardo della sua ex moglie, fisso su Leslie. Greg non si era aspettato un’accoglienza esultante da parte di lei alla proposta di ospitare il ragazzo, ed era certo che non si sarebbe apertamente espressa nel suo disaccordo dinanzi ai figli. Aveva sperato, però, con tutto se stesso di non vedere quello sguardo. Quel giudizio. Quel timore.
<< Terrò d’occhio suo padre. Non avrà modo di venire qui a importunarvi, sta tranquilla >>. l’aveva rassicurata rendendosi conto, dolorosamente, di come lei non avesse neppure pensato a quella possibilità. Non è quella la cosa che la spaventa, l’unico vero pericolo che potrebbe contestargli.
<< Pensi sia il caso di farli dormire nella stessa stanza? >> gli aveva infatti chiesto in un sussurro, preoccupata più di questo che di tutto il resto.
<< Non vedo perché no, Maggie >> le aveva risposto e lei aveva storto il naso.
“In tutti questi anni non me ne sono accorto” pensa, scuotendo il capo. Prende una sigaretta dal pacchetto che tiene nel taschino della giacca. << Da fastidio se fumo? >> domanda ad Anthea, che scuote il capo, gli occhi fissi sulla strada. Accende la sigaretta e prende una lunga boccata.
Sono stati insieme per dieci anni e non se n’è mai accorto. Certo, non hanno mai avuto modo di entrare in contatto con uomini e donne omosessuali e non se ne è mai parlato in casa e forse è per questo che non si è reso conto di come la sua donna, la sua compagna, la madre dei suoi figli fosse omofoba. La battuta fatta a Leslie circa la guerra per toglierle la patria potestà gli torna alla mente e scopre di non avere voglia di altri problemi. Sospira, soffiando una nuvola di fumo che gli avvolge il viso facendogli bruciare gli occhi.
<< Quanti sospiri, ispettore >> gli dice Anthea, senza rivolgergli lo sguardo.
<< Mi sono rimasti solo questi. Lasciameli esprimere, per favore >>.
<< Oh, suvvia, non mi pare il caso di darsi al vittimismo >> ribatte lei sorridendogli. << Non sei il primo ad aver sposato la persona sbagliata della quale ti eri fatta un’idea totalmente errata >>.
<< E questo dovrebbe tirarmi su il morale? >> le chiede e la ragazza ride in modo irrispettoso.
<< No, in effetti no. Mi spiace, Gregory >> gli dice posando la mano sul suo ginocchio per poi riportarla al volante. << Poco te ne farai del mio dispiacere, ma sappi che è sincero. Devo dire, però, che hai imparato dai tuoi errori e ti sei buttato su una donna più intelligente, aperta di mente e rispettosa dell’altrui pensiero >>.
Greg non si stupisce più di tanto del fatto che lei sappia dei suoi pranzi con Molly. Lei e il suo capo sanno persino ciò che le persone che tengono d’occhio non conoscono di loro stessi.
<< Non mi sono buttato su niente. Sono troppo incasinato per buttarmi su qualsiasi cosa >> ribatte sbuffando un’altra nuvola di fumo >>.
<< E lei lo sa? >> gli chiede e sembra dispiaciuta della cosa.
<< Non ci siamo detti nulla. Dal momento che non c’è nulla >>.
<< E quel bacio? >> gli chiede, sbattendo le lunghe ciglia.
<< Ma tu e il tuo capo non avete nulla di meglio da fare che trascorrere le giornate a spiare gli altri? >> le domanda infastidito e lei torna subito a guardare la strada.
<< Era un tentativo di conversazione >>.
<< E perché dovremmo conversare? >>.
<< E’ quello che fanno le persone, no? >>.
Greg ride e poco gliene importa se questa sua reazione possa sembrare irrispettosa e giudicante. Non sa neppure lui perché la battuta di questa donna gli abbia smosso tutta questa ilarità. Forse non riesce a scindere l’immagine della segretaria e, da poco scoperta, guardia del corpo-killer, da quella della donna che vuole fare due chiacchiere per riempire il silenzio di un abitacolo che forza ad una vicinanza non gradita.
<< Beh, almeno sono riuscita a farti ridere >> borbotta seria e, sì, sembra proprio che l’abbia offesa con la sua risata.
“Vale per le volte in cui tu hai riso di me” pensa compiaciuto.
<< Posso immaginare quanto sia difficile la tua vita, Anthea >> ribatte, deciso a rincarare la dose. << Tutto il giorno dietro il tuo gelido capo, lo sguardo perennemente attaccato al tuo smartphone, discorsi complicati, sicuramente noiosi e la costante attesa che accada qualcosa, qualunque cosa purchè si possano menare le mani. Un talento eccezionale costretto nei panni di una perfetta segretaria. Sì, deve essere tanta la frustrazione, se arrivi a voler conversare con me >>.
La ragazza approfitta del semaforo rosso per voltarsi verso di lui. Il suo sguardo è indecifrabile. Potrebbe dirsi arrabbiato, offeso, irritato, ma anche stupito.
<< Ti sottovaluti, Gregory >> gli dice ripartendo al verde. << Ti concedo l’analisi che hai fatto. In effetti a volte qualche argomento più leggero e momenti informali mi renderebbero la vita più semplice. Gli stimoli legati al pericolo e al menare le mani, contrariamente a quanto tu possa immaginare, ti assicuro che non mancano. Soprattutto negli ultimi tempi >> dice, cogliendolo di sorpresa.
A quanto pare l’eliminazione di Jadescu non è stata un caso isolato portato da circostanze straordinarie. Greg si chiede quante persone si ritrovi ad eliminare in un mese, questa donna, per conto del suo capo e scopre di non volerlo sapere. Anche perché se c’è Moriarty dietro la maggior parte delle decisioni di Mycroft, la donna che gli siede accanto starebbe eseguendo gli ordini non del suo capo, ma del Napoleone del crimine, divenendo, a tutti gli effetti sua complice.
<< Ciò che mi hai detto la volta scorsa, nel breve viaggio che abbiamo fatto insieme dal Met al pub mi ha incuriosita >> continua. << Se ho tentato anche questa volta di far partire una conversazione è solo perché ho trovato interessante parlare con te, Greg. Mycroft non si spende molto in discorsi filosofici, né in concetti semplici e più alla portata di tutte le menti e, sì, ammetto di fare fatica a seguirlo quando parte per i suoi voli pindarici. Non credo neppure che gli interessi che io riesca a stargli dietro o no. Penso di essere una sorta di accessorio, come potrebbe esserlo un teaser, un revolver o un registratore al quale parlare senza aspettarsi che questi risponda >>.
<< Parecchio umiliante >> constata Greg e lei sfoggia un sorriso amaro.
<< Oh, tu e John il più delle volte assolvete allo stesso ruolo con Sherlock >> minimizza la ragazza. << E’ un po’ il prezzo da pagare per poter stare al loro fianco, dal momento che è l’unico modo nel quale sanno manifestare interesse. È quello di cui parlavi l’altra volta, l’addomesticarsi. È difficile guardare al mondo con altri occhi dopo averlo intravisto attraverso il loro filtro >>.
<< Sì >> conviene Greg, rendendosi conto di come, da quando ha a che fare con Sherlock, abbia assunto non solo alcuni dei suoi atteggiamenti, ma abbia cambiato anche le sue idee sul genere umano. << Fa paura, non trovi? >> le chiede rivolgendole un sorriso complice.
<< Dipende da quale sia questa paura >> ricambia lei. << Se ti spaventa la possibilità di rimanere solo, perdere le tue altre conoscenze per il tuo nuovo modo di vedere al mondo e alle cose è un conto. Se, invece, ti spaventa l’idea di quanto sciocchi in fin dei conti sappiano essere gli esseri umani, persi nelle situazioni problematiche che loro stessi creano o permettono di essere coinvolti è un altro >>.
<< E qual è la differenza >> ragiona Greg, trovando interessante questa conversazione.
<< Nel primo caso hai paura di crescere, nel secondo stai crescendo e questo comporta compiere delle scelte >>.
<< Chi tenere accanto a sé e chi lasciare andare >> continua Greg al posto suo.
<< Assumendosi la responsabilità delle proprie decisioni e, a conti fatti, della propria vita >> annuisce Anthea. << Sai qual è la cosa che più mi colpisce di te, Greg? >> dice volgendo a lui lo sguardo.
<< La mia eccezionale personalità? >> risponde, facendola ridere in quel modo col quale sembra sempre prendersi gioco di lui.
<< Sì, in un certo senso è proprio questa >> annuisce lei e nota solo adesso, Greg, quanto le doni il sorriso sincero che le ammorbidisce i lineamenti rendendola ancora più bella. << Sherlock ti ha rovinato la vita. Non si può dire il contrario, in fin dei conti. Sì, lui potrà anche non averne colpe >> dice, interrompendo, alzando la mano, il suo tentativo di ribattere. << Ma, seppure indirettamente, è stato la causa della fine del tuo matrimonio, ha messo a rischio l’incolumità dei tuoi figli, la tua stessa vita e persino il tuo amato lavoro. Eppure tu continui a credere in lui >> dice battendo la mano sul volante. << Partiresti a spada tratta per difenderlo, se fosse necessario. Ti metteresti contro tutto il resto del mondo pur di salvarne la reputazione, se servisse. Cosa che già fai, litigando costantemente con Donovan e Anderson, del tutto contrari al tuo ostinarti a cercare il suo aiuto. E questo nonostante lui continui imperterrito, direttamente o meno, a causarti guai sempre più grossi. Mycroft è esattamente come te >> gli dice, cogliendolo di sorpresa. << Nei primi anni di lavoro al suo fianco mi sono chiesta perché non si limitasse a liberarsi di un fratello così. Avrebbe potuto farlo e nessuno nel suo ambiente lo avrebbe accusato di menefreghismo. Lui, invece, tutt’ora paga di tasca sua team di controllori che tengano d’occhio le telecamere alla ricerca del fratello. Quando ancora Sherlock faceva uso di droghe, dopo una giornata trascorsa tra alti vertici e riunioni di gabinetto durante le quali la sua era una delle parole che potevano cambiare le sorti del mondo, si recava nei posti in cui gli era stato detto essere stato avvistato il fratello e lo andava a recuperare. Troppe volte ho visto Sherlock del tutto fatto dargli addosso e lui incassare i colpi, trascinandolo imperterrito via dall’ennesimo covo di disperati. Allora non sapevo cosa lo spingesse a farlo e quando l’ho scoperto sono rimasta, come te, colpita. Non tanto dal fatto che abbia ucciso suo padre per salvare il fratello, quanto dall’immenso amore che prova per lui. Lo manifesta, forse, in un modo che né tu né io possiamo comprendere. In un modo che forse neppure Sherlock comprende, eppure è così. Quel ragazzo è la manifestazione vivente del suo lato emotivo. Lui lo chiama senso di colpa, ma non è solo quello a muoverlo >>.
<< E’ la sua unica ragione di vita >> sussurra Greg, ricordando quanto detto da Mycroft nel loro incontro in auto.
<< Proprio così >> annuisce Anthea. << Capisci, ora, perché sei maledettamente importante, Greg? >>.
Il detective annuisce e passa la mano sul viso sconvolto. Non riesce a crederlo. Non ha mai preteso di essere importante per qualcuno e a dirla tutta è una sensazione che lo riempie di ansia. Quando negli occhi dei suoi figli vede quel bisogno, quell’affetto incondizionato si chiede sempre se ne sia all’altezza e puntualmente si dice di no, che non fa mai abbastanza. Gli toglie il fiato pensare che Mycroft, dall’alto della sua posizione di prestigio e comando, possa ritenere lui, semplice ispettore capo di Scotland Yard, una persona importante.
<< Tu con quella proposta, col tuo dare fiducia a Sherlock, hai salvato la sua unica ragione di vita >>.
Sentire Anthea mettere a parole questa cosa lo mette a disagio. Improvvisamente il sedile dell’auto diventa scomodo e la cintura di sicurezza troppo stretta contro il suo petto.
<< E’ troppo >> riesce solo a dire abbassando il finestrino bisognoso di aria.
<< Lo posso immaginare. Tu hai solo visto un ragazzo da aiutare e hai fatto la cosa più semplice che ti potesse venire in mente: lo hai aiutato. Hai visto anche la possibilità di aiutare te stesso grazie alle sue capacità, certo, ma questa fedeltà nei suoi confronti dimostra che c’è altro che va oltre il semplice usarlo >>.
<< Ehi, senti, non… >>.
<< No, no, sta tranquillo >> ride lei, alzando nuovamente la mano a interromperlo. << Non sono così stupida da pensare tu abbia perso la testa per lui, come John Watson. Dico solo che è indubbio che tu gli voglia bene >>.
Greg sorride e si rende conto che in effetti è così. Mycroft fin’ora gli ha detto che Sherlock lo considera un fratello maggiore migliore di quanto non lo sia lui. Forse anche Greg è mosso da un fraterno amore nei suoi confronti. Il fratello minore che non ha mai avuto e che aveva tanto a lungo desiderato. Quello che ha cercato negli amici che ha avuto, ma che non lo sono mai stati. Perché c’è una differenza profonda tra un amico e un fratello, al di là del patrimonio genetico. Un amico può percorrere con te una parte del tuo cammino come anche tutto quanto. Con lui ci si può confidare, ci si può affidare, si può anche fare a botte per lui e prendersi tutte le responsabilità per toglierlo dai guai. L’amicizia, però, può finire, le strade dividersi e la persona con la quale prima si trascorrevano ore di chiacchiere e segreti può diventare il perfetto sconosciuto che era prima di incontralo.
Un fratello, invece, conosce il fango dal quale arrivi perché ne fa anche lui parte. Può assolvere a sua volta tutte le caratteristiche dell’amico, con la differenza che anche se ci si divide, anche se si litiga, resta quell’amore incondizionato che rende diversa persino la rabbia che si prova.
Commosso, Greg trova ora un senso a molte cose.
<< Anche John lo ha salvato, sparando a Hope >> dice, sentendo di dover smezzare con qualcuno il peso che sente essere stato posato sulle sue spalle da quelle parole. Inaspettatamente la donna ride di gusto, come avesse fatto la più spassosa delle battute.
<< John Watson ha messo a dura prova il mio capo fin dal primo fotogramma di loro due insieme che gli è stato proposto da uno dei nostri controllori >> dice alzando gli occhi al cielo.
<< E perché, scusa? Sherlock è cambiato tantissimo da quando c’è John al suo fianco >>.
<< Il che vuol dire che se se ne andasse crollerebbe e puoi ben immaginare dove potrebbe andare a cadere uno come lui >> ribatte lei, guardandolo negli occhi.
Greg non può fare a meno di convenire con lei. L’amore è uno strano sentimento, di quelli capaci di dare tanto e togliere tutto nel giro di poco e lui questo lo sa bene.
<< E poi c’è anche un’altra cosa >> aggiunge lei, sorridendo con dolcezza. << Una cosa molto… tenera, a mio parere >> specifica divenendo piccola piccola.
<< Cosa? >> gli chiede lui divertito dalle sue espressioni.
<< Mycroft non ha mai pensato alla possibilità che Sherlock potesse trovare qualcuno con il quale stare bene. Un uomo in grado di amarlo, in sostanza, e penso che questa idea se la sia fatta un po’ a causa del padre e un po’ per l’egoistica convinzione di essere l’unico in grado di poterlo amare e dargli ciò di cui lui ha bisogno >>.
<< Una mamma chioccia gelosa e iperprotettiva, sì, lo avevo notato >> sorride Greg .
<< Benchè saperlo felice lo riempirebbe di gioia, allo stesso tempo sente che lo perderebbe. Se Sherlock fosse capace di camminare sulle sue gambe, di prendere decisioni assennate, cose che, a mio parere, è benissimo in grado di fare, ma come, sai, sono difficili da spiegare a una madre apprensiva >> gli dice, strizzandogli l’occhio. << Se ne fosse capace, dicevo, potrebbe andarsene e farsi la sua vita e lui lo perderebbe >>.
<< Ciò dimostra come il tuo capo non sia per nulla immune dall’amore >>.
<< Oh per niente >> ride lei. << Anche se, purtroppo, è l’unica forma di amore che si concede >> sospira lei.
Greg la guarda stupito da ciò che gli sembra di aver intravisto dal modo in cui ha pronunciato quest’ultima frase. Vorrebbe osare e porle apertamente la domanda che gli frulla per la testa ma non sono così in confidenza. Un conto e parlare dei fratelli Holmes, un altro è entrare in ambiti più personali. Anthea sembra rendersi conto di questo lavorio silenzioso e sorride volgendogli lo sguardo.
<< Sono stata gelosa di te, sai? >> dice cogliendolo di sorpresa.
<< Gelosa di… me? >> ripete lui incredulo, dando ancor più luce al suo sorriso.
<< Oh, sì >> conferma lei con un sospiro. << Pensavo che il mio capo potesse avere un interesse per te che andasse al di là della riconoscenza e della stima. Sai, il fratello posso tollerarlo, un estraneo invece no >> dice scoccandogli un’occhiataccia.
Non vorrebbe per nulla al mondo avere questa donna contro ed è ben felice che questa sua gelosia sia infondata.
<< E quindi tu… tu cosa farai? >> le chiede curioso. << Resterai nell’ombra a sospirare per un uomo che sai aver deciso di concedersi come unica manifestazione d’affetto l’amore che prova per il fratello? >>.
<< E’ possibile che sia questo ciò di cui ho bisogno >> risponde lei facendo spallucce.
Greg ricorda bene la storia dei reciproci bisogni da soddisfare, che, secondo Mycroft, sono ciò che i comuni mortali chiamano ‘amore’ e non può fare a meno di ridacchiare scuotendo il capo.
<< Ti sei addomesticata proprio bene, Anthea >> le dice ed è un sorriso amaro quello che le curva le labbra.
<< So essere un’ottima volte, Greg[1] >> gli dice, strizzandogli l’occhio. << Così come tu sai di essere incasinato. A quanto pare siamo in grado di accettare i nostri limiti e la nostra capacità di… perdere delle occasioni >>.
È chiaro il riferimento a quanto le ha detto circa Molly e la conseguente frecciatina. John è il tipo di persona che non si lascia scappare mai un’occasione e se fosse qui adesso gli scoccherebbe un’occhiata molto simile a quella di Anthea. Greg, però, non è molto d’accordo con la tattica del ‘chiodo scaccia chiodo’. Non con una donna sensibile come la patologa, comunque.
<< Eccoci arrivati >> lo informa la donna, distogliendolo dai suoi pensieri. << Sei ancora dell’idea di voler conoscere la verità? >> gli chiede, come volesse offrirgli un’ultima possibilità per tirarsi indietro. Si rende conto che la conversazione avuta con lei di verità ne ha portate a galla parecchie e soprattutto gli ha permesso di chiarirsi le idee su molte cose. Lui, però, annuisce, deciso a ruzzolare fino in fondo nella tana del bianconiglio[2].
 
 
[1] Citazione de ‘Il piccolo principe’ di Saint-Exupéry
[2] Citazione dal film ‘Matrix’.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


!ATTENZIONE! CAPITOLO MODIFICATO E RIPUBBLICATO!
Buona domenica a tutti!
Ieri sera ho pubblicato questo capitolo ma ho deciso di riscriverlo perché ho avuto una illuminazione per un finale diverso
Eccovi, quindi, questa nuova versione che spero possa essere di vostro gradimento.
Buona lettura
Patty
 
Capitolo 17
 
Il silenzio è assordante in questo posto. La moquette e il soffitto affrescato riducono le dimensioni della stanza facendola diventare claustrofobica. L’arredamento è fin troppo ricercato, al punto che Greg lo definirebbe pacchiano, ma non è uno dei grandi uomini che sono soliti frequentare questo club e quindi non può capire né apprezzare questo genere di cose.
Trova assurdi i camerieri in livrea con le scarpe impacchettate per attutire il rumore cercando di ridurlo al minimo. Si chiede cosa succederebbe se ora il suo telefono iniziasse a suonare o se, più banalmente, gli scappasse uno starnuto. Gli viene da ridere a quell’idea. Questo luogo in cui il silenzio è una regola aurea gli tira fuori una grandissima voglia di fare rumore.
È seduto in questa sala d’attesa per gli ospiti da quasi venti minuti. Non si aspettava che Mycroft lo avrebbe fatto attendere, data la fretta che, per contro, a messo a lui Anthea.
“Starà trattando con qualche altro grande personaggio per evitare chissà quale guerra” pensa, anche se si rende conto che potrebbe stare trattando per farla esplodere.
<< Da quando conosci persone così pericolose? >> gli aveva chiesto Margaret quando Mycroft aveva lasciato la sua casa. Non sa nulla la sua ex moglie di quest’uomo, eppure ha deciso di rivolgersi a lui con quel termine. Pericoloso. Sì, ancora una volta Greg si trova a dover ribadire quanto il fratello di Sherlock lo sia. Nonostante ciò che gli ha appena detto Anthea sul suo conto, il fatto che ritrovarselo contro non porti nulla di buono è pura verità.
Forse dovrebbe andarsene. Ha cose più urgenti da fare, come parlare con la madre di Leslie, ad esempio, e scoprire chi ci sia dietro le minacce fatte al ragazzo. A cosa gli serve, infondo, un ennesimo incontro con Mycroft? Anthea lo ha già messo a conoscenza di una buona porzione di verità, sottolineando quanto lui sia importante per il suo capo. È dunque forse lì per quello? Per ingigantire la soddisfazione che ha provato mista al peso di quella che ha avvertito come una grande responsabilità. Oppure è lì per un altro motivo. Una motivazione che sta cercando di ignorare, ma che come un tarlo si fa strada per essere ascoltata.
<< Sono stata gelosa di te, sai? >>
Questa frase di Anthea gli da il tormento.
<< Pensavo che il mio capo potesse avere un interesse per te che andasse al di là della riconoscenza e della stima >>.
Un interesse. Seduto in questa stanza troppo silenziosa i suoi pensieri rimbombano facendo molto rumore. Rivede lo sguardo analitico di Mycroft, quello che lo ha fatto sentire un topo da laboratorio. Gli Holmes hanno un modo tutto loro di manifestare interesse, di prendersi cura, di proteggere. E se quello sguardo indicasse altro, oltre la scientifica curiosità di cui si ha l’idea di essere bersaglio?
“Anthea, però, non si sarebbe espressa al passato” si dice, muovendosi a disagio sulla sedia. Si alza e prende a camminare avanti e indietro, pestando forte i piedi alla ricerca di un rumore che possa distoglierlo da questi pensieri. Non c’è soddisfazione, però, nel sommesso ‘puff’ delle suole delle sue scarpe contro la moquette.
“Mi spieghi cosa ci sarebbe di male?”. Come se non bastasse, John giunge a porgli domande scomode. “Non sei mica obbligato a starci, come non lo eri con Jordan. O forse…”.
<< Sta zitto! >> esclama, picchiando la fronte e la sua voce improvvisa fa uno strano effetto nel silenzio.
“Sono decisamente troppo confuso” pensa lasciandosi cadere sulla sedia. “John che si mette con Sherlock; George che non sa cosa provare per il suo amico; Sally che ci prova spudoratamente, le avance di Jordan, Margaret che tenta di sedurmi e Molly…” sospira, ripensando a quel semplice bacio che la ha dato e che Anthea ha subito riportato come un fatto importante.
“E lo è, caspita” pensa.
Un bacio non è come una stretta di mano e neppure come un abbraccio. Anche quando non è spinto dalla passione o dal desiderio è comunque un qualcosa di molto intimo. Lui potrebbe anche buttarla su un’amicizia più profonda alla quale si concedono manifestazioni di questo tipo, anche se non gli è mai successo e neppure troppo ci crede. Molly, ad ogni modo, potrebbe non vederla per nulla così. Potrebbe averlo preso come un apripista per qualcosa di più e come più volte si è ripetuto tutto vuole tranne che farle del male.
“Non se lo merita” sospira, posando i gomiti sulle ginocchia. Quella con Molly potrebbe anche essere una balla storia, dal momento che questa donna deve ammettere piacergli parecchio, e non vuole rovinarla a causa della sua confusione.
“Allora fai in modo di ricompattarti, altrimenti la confusione diventerà una scusa bella e buona, Greg” fa notare John.
Si rende conto che il dottore gli manca. Avrebbe bisogno di una di quelle loro serate al pub a bere birra e parlare. Parlare davvero, come a Greg non era mai capitato. Prima pensava fosse la professione di John a renderlo così propenso all’ascolto, alla cura e capace di mettere a proprio agio al punto da aprirsi. Ora si rende conto che unito a questo deve esserci anche la sua natura che pesca da entrambe le metà dell’universo. Ne avrebbe di domande da fargli a riguardo. Non solo per avere più informazioni da usare per gestire suo figlio, ma anche perché sono cose così lontane da lui.
“Allora con Mycroft come la mettiamo?” gli domanda John con una mezza risata nella voce.
<< Non la mettiamo in nessun modo >> risponde lui, rendendosi conto di essere in tensione. Si ripete che Anthea non lo vede come un rivale e che, quindi, la curiosità di Mycroft deve essere solo curiosità, appunto. O, più semplicemente, anche l’uomo di ghiaccio ha bisogno di un amico.
“E’ ciò che gli ho detto, infondo. Siamo amici” pensa, benchè non riesca a immaginarsi con Mycroft a vivere una serata come con John, ad esempio. “Sono due persone completamente diverse” giustifica la cosa. “E lui stesso ha ammesso di non sapere un amico cosa sia” pensa, trovandosi nuovamente a ridere per quel suo aver oggettivato un individuo.
Uno dei camerieri in livrea entra nella sala d’attesa, strascicando i piedi impacchettati. Greg si zittisce temendo di essere rimproverato per il suo leggero sghignazzare e si alza in piedi. Poco ci manca che faccia a sua volta un inchino.
<< Il signor Holmes può riceverla. Prego, mi segua >> gli dice questi raddrizzando la schiena prima di girare sui tacchi e ciabattare facendogli strada.
Greg si aspettava di essere condotto lungo il corridoio della volta precedente fino allo studio privato di Mycroft in questo club. Invece è in un’altra stanza che il valletto lo conduce, dopo aver percorso nel silenzio più assoluto innumerevoli corridoi intricati. Non immaginava che questo luogo potesse essere così grande.
Il detective prende un profondo respiro e bussa anche troppo forte alla porta davanti alla quale il valletto lo ha lasciato. Il cordiale invito a entrare lo coglie impreparato. Fa capolino nella stanza, sentendosi l’essere umano più idiota sulla faccia della terra.
<< Gregory >> lo saluta Mycroft alzandosi dalla sedia. << Prego, accomodati >> lo invita indicandogli la poltrona.
Lestrade non si aspettava così tanta gentilezza. Certo questo Holmes è sempre stato educato, anche troppo per i suoi gusti, però ora sembra quasi, azzarda, felice di vederlo. Un comportamento, questo, che rinforza i pensieri che si è appena lasciato alle spalle. Greg li scaccia e muove piccoli passi incerti in questa stanza quadrata dai pesanti drappi alle tende, la moquette rosso mattone e le pareti rivestite di legno.
<< Ho chiesto di poterti ricevere in questa piccola saletta di solito adibita al gioco degli scacchi >> dice, indicando una scacchiera con pezzi scolpiti in marmo bianco e nero, silenziosamente adagiata su un piccolo tavolo posto al centro della stanza.
<< Immagino questo luogo sia più sicuro >> dice Greg accomodandosi alla poltrona.
<< Sì, è così. Anthea mi ha detto che volevi parlarmi e qui potremo farlo indisturbati e… inascoltati >> sottolinea e le sue labbra si distendono in un sorriso, mentre si siede a sua volta. Congiunge le dita sotto il mento proprio come il fratello, dettaglio dinanzi il quel Greg deve sforzarsi di non ridere.
<< Penso di doverti ringraziare per aver tenuto d’occhio Leslie. Non sarebbe più tra noi se non avessi mandato Anthea da lui >> gli dice sinceramente grato.
<< Quel ragazzino sarebbe stata un’ennesima vittima innocente di quel pazzo di Moriarty. Ma non è solo per ringraziarmi che sei qui >> constata Mycroft, scrutandolo col suo solito sguardo da scienziato. Sì, è solo uno sguardo curioso il suo che non sottende alcun altro interesse.
<< In effetti no >> ammette Greg << Ma, vedi… mi rendo conto di non essere più spinto dallo stesso desiderio di conoscenza che avevo quando ho detto ad Anthea di volerti parlare >>.
<< Allora perché sei qui? >> gli domanda socchiudendo gli occhi curiosi.
<< Io sono… confuso, Mycroft >> ammesse poggiando i gomiti alle ginocchia. Holmes non dice nulla. Si limita a osservarlo, lasciando che la pesante coltre di silenzio cali su di loro. << Quando ho capito grazie a Leslie che non eri stato sincero con me, l’unico pensiero che ho avuto è stato quello di correre a cercarti e gonfiarti di botte. Mi sono sentito preso in giro. Poi, però… durante il tragitto ho parlato con Anthea e quel che ci siamo detti ha spento questa rabbia e ora io… io sono stanco >> confessa posando le smani sul volto.
Mycroft continua a restare in silenzio, il volto impassibile ed è una strana sensazione di fastidio quella che avvolge Greg. Strana perché è come se lo obbligasse ad aprirsi in risposta della sua apparente chiusura.
<< Quel ragazzino stava per uccidersi per timore che suo padre scoprisse la sua omosessualità. È terribile. Terribilmente più grande di me, questa cosa >> sospira massaggiando il viso. << Avevo l’assurda illusione, sai, che le situazioni sulle quali il mio lavoro mi porta a indagare, le persone che mi fa incontrare e cosa queste vivono non avrebbe mai riguardato me da vicino. Invece eccomi qua >> dice raddrizzando la schiena. << Mia figlia ha tentato il suicidio per ben due volte, mio figlio ha dubbi sulla sua sessualità, il suo migliore amico è innamorato di lui e la mia ex moglie >>, sospira chiudendo gli occhi, << la mia ex moglie tenta di sedurmi per tenermi a sé affinchè la aiuti con i figli e Moriarty è un cancro impossibile da vincere. Io… non ce la faccio più, Myc >> sussurra, abbandonandosi contro lo schienale della poltrona.
Si sente un vero idiota in questo momento. Era uscito da casa di Leslie intenzionato ad incontrarlo per sfogare la rabbia, dirgliene di ogni colore e obbligarlo a raccontargli come stanno realmente le cose e, invece, eccolo lì a fare la vittima sfinita di una battaglia impossibile da vincere.
<< Posso immaginare come ti senti. Credimi >> sussurra Mycroft uscendo dal suo silenzio. Greg alza gli occhi a incontrare i suoi e non trova più la maschera impassibile che è stata fin’ora il suo volto. Un sorriso triste gli curva le labbra, al quale Greg risponde senza neppure rendersene conto.
<< Lo so >> dice << e forse è per questo che te ne sto parlando. Mi rendo conto solo adesso che anche tu hai affrontato e stai ancora affrontando buona parte di ciò che sto vivendo. Ho bisogno di un amico con cui parlare e noi ci eravamo detti di esserlo >>.
<< Sì >> annuisce lui e al detective sembra che le sue guance si colorino di rosso. << L’amicizia è una cosa… strana >> gli dice assottigliando ancora di più lo sguardo. << Non l’avevo mai presa in considerazione, ma da quando me ne hai parlato ecco… ne ho valutato la possibilità >>.
<< Me ne compiaccio >> sorride Greg felice all’idea di aver insegnato qualcosa a questo uomo apparentemente glaciale. Questi distoglie lo sguardo e il detective si stupisce del suo imbarazzo. Sarebbe così facile prendersene gioco, distruggerlo in mille pezzi ridendo di lui, indurlo a chiudersi nuovamente a riccio e, invece, è piacevole assistere a questa lenta apertura.
<< Ti ho fatto aspettare perché ho ricevuto degli aggiornamenti da Sherlock >> gli dice, portando l’argomento su fatti meno personali.
<< Aggiornamenti? >> dice sorpreso. << Ma non è pericoloso che lui ti dica cosa sta facendo? >>.
<< Non ora che prende le dovute precauzioni >> risponde e Greg vede ancora una volta l’imbarazzo sul suo volto.
<< Gli hai detto di essere sotto ricatto? >> gli chiede, colto da questa improvvisa intuizione.
<< Non io, Greg >> sospira lui con quel sorriso tirato. << Quegli spagnoli sono davvero in gamba >> ammette suo malgrado. << Grey Stone, il loro capo, ha scoperto del ricatto e della motivazione che lo ha fatto nascere >>.
<< Quindi ora Sherlock sa che tu hai…? >> esclama lasciando la frase in sospeso. Mycroft annuisce lentamente. << Cristo. E come l’ha presa? >> .
<< Si è limitato a dire che aveva sempre trovato strano fosse morto d’infarto, dal momento che un uomo simile non poteva avere un cuore >> sorride restando però infinitamente triste.
<< Come stai tu? >> gli chiede Greg, sporgendosi verso di lui. Vorrebbe potergli prendere la mano, tenerla nella sua e infondergli un po’ del calore di cui lo vede mancante.
<< Io? >> gli domanda abbozzando una risata. << Avrei dovuto essere io a parlargliene, non un gruppo di giornalisti dai metodi tutt’altro che convenzionali >> dice tra i denti. << Se non l’ho fatto è stato perché non volevo dargli l’idea che ogni cosa la si possa risolvere ponendo fine alla vita di chi ci ostacola >> dice guardandolo negli occhi. << Sì, Greg, ho pensato molto alle tue parole, al tuo insistere sul fatto che uccidere non sia mai la soluzione >> ammette e questa volta spetta a Greg sentirsi in imbarazzo. << Sherlock ha sempre agito ai limiti della legalità. Pur di ottenere giustizia in passato ha usato mezzi un po’ troppo coercitivi. Non penso sarebbe giunto a uccidere anche se io gli avessi detto cosa ho fatto per salvarlo, ma, benchè non mi sopporti, so di essere un punto di riferimento per lui. Non approva le cose che faccio per il governo, il modo in cui mi faccio usare come ‘custode dell’armadio delle scope’, come dice lui. Sono felice di questo. Mio fratello ha tante pecche, ma non è un assassino. Io… beh, diciamo che non ho propriamente un posto in paradiso ad attendermi >>.
Greg non sa bene cosa dire. Come ha detto ad Anthea, lui può essere sicuro di non avere segreti e il suo grande senso di rispetto della legge lo porta a non vedere di buon occhio atteggiamenti simili a quelli perpetrati da Mycroft. Non riesce, però, in questo momento a provare né rabbia né ribrezzo nei suoi confronti. Persiste questa profonda tenerezza e compassione.
<< Ora che Sherlock lo sa… penso tu ti sia reso conto di come questo porti la minaccia di Moriarty a decadere >> gli dice cogliendolo di sorpresa.
<< Non vedo come possa. È vero, mio fratello ora ne è a conoscenza, ma il resto del mondo no, per fortuna >>.
<< Avresti tutte le attenuanti per uscirne con una pena ridotta >> gli dice, vedendolo irrigidirsi. Accavalla le gambe e preme la schiena contro lo schienale indurendo anche lo sguardo, del tutto offeso e spaventato dalle sue parole.
<< Tu non ti rendi conto di cosa stai dicendo >> ribatte acido. << Perderei tutto quanto. Il mio lavoro, la mia posizione di rilievo in questo ambiente, le persone che si rivolgono a me per chiedere consiglio e assistenza. Tutto >>
<< Sono davvero così importanti queste cose, Mycroft? >> gli chiede sentendosi stranamente calmo dinanzi alla sua furia contenuta. << Sebbene non sia una persona importate come te, so bene cosa voglia dire perdere tutto. Ho perso la mia famiglia a causa del mio lavoro. Ho perso la donna che credevo mi amasse e che si è trasformata in un mostro, che, per il male che mi ha fatto e che ancora mi sta facendo, non fatico a definire una versione femminile di Moriarty ai mie occhi >> dice, portandolo a sbuffare una risata. << Ho rischiato di perdere i miei figli e costantemente ho paura di portarli ad allontanarsi da me o di vederli andare via delusi e sempre a causa del maledetto lavoro che amo. L’amore, però, è ben altra cosa, Mycroft, e lo sto riscoprendo solo ora. Ora che ho perso tutto >> dice e gli occhi di lui si assottigliano ancora una volta curiosi. << Posso immaginare come perdere tutto questo ti spaventi. Anche io mi sentirei morire se mi mandassero via da Scotland Yard. Non avevo pensato a quanto coinvolgere tuo fratello nei casi a me assegnati potesse mettere in pericolo il mio lavoro finchè Donovan non me lo ha detto apertamente appena pochi giorni fa’ eppure dinanzi alla possibilità che questo possa divenire un pericolo per i miei figli non esiterei a farne a meno >> gli dice, provocando l’inarcarsi scettico delle sue sopracciglia. << Se qualcuno mi minacciasse di portarmi via ciò che ho costruito, obbligandomi a macchiarmi di azioni e crimini che altrimenti non commetterei, allora non esiterei a lasciarlo, Mycroft >>.
<< Evidentemente, Greg, tu sei un uomo dall’etica e la morale ben più salda della mia e sicuramente molto più coraggioso >> ribatte lui e Greg non capisce se si stia prendendo gioco di lui o se sia serio.
<< Questa è una grandissima stronzata, Mycroft >> esclama risoluto. Mycroft sorride del suo atteggiamento e prende un profondo respiro.
<< C’era un piano in origine >> dice in un sospiro cogliendolo di sorpresa con questo repentino cambiamento di discorso. << Un’idea che Sherlock aveva avuto per poter uscire di scena e lavorare in incognito, introducendosi nella rete di Moriarty per eliminarla un pezzo alla volta >>.
<< Uscire di scena? >> domanda Greg sporgendosi curioso verso di lui .
<< Inscenare il suo suicidio >> risponde, lasciandolo a bocca aperta. << Non aveva ancora ben chiaro come fare, come ti ho detto era un’idea, e devo dire che sono felice che sia stata accantonata >>.
<< Non capisco perché trovasse necessario fingersi morto >>.
<< Perché sarebbe stato l’unico modo per impedire a Moriarty di fare del male a te, alla signora Hudson e a John >> gli spiega, lasciandolo ancora di più senza parole. << Finchè lui è in vita voi siete in pericolo, ma se lui muore allora non ha più alcun senso per quel criminale tenervi sotto tiro >>.
<< E’… pazzesco >> sussurra Greg, che si ritrova a usare questo termine ogni volta che lui lo mette a conoscenza delle verità che stanno dietro a questa storia.
<< Ma logico >> ribatte Mycroft. << Ovviamente, Moriarty aveva capito il suo intento. Quel bastardo è geniale quasi quanto Sherlock e sapeva che sarebbe arrivato a pensare a una soluzione folle come questa pur di salvarvi. Mi aveva chiesto di convincerlo a tenere John all’oscuro di tutto >>.
<< Che cosa? >> esclama Greg a gran voce. << Cristo, John sarebbe impazzito dal dolore >>.
<< E, molto probabilmente, si sarebbe ucciso >> conclude Mycroft annuendo.
<< E così Moriarty avrebbe fatto ciò che gli aveva promesso: gli avrebbe bruciato il cuore. Cristo santo >> esclama abbandonandosi nuovamente contro lo schienale della poltrona.
<< Non avevo ancora iniziato questo tentativo di persuasione. Non volevo assolutamente, sapendo a cosa avrebbe portato. John… ecco io non so ancora se posso fidarmi di lui, ma, a quanto pare, tiene davvero al benessere di mio fratello. Non penso per lui sia solo un’avventura >> dice mostrandosi in difficoltà con l’uso di simili termini.
<< Oddio, io fatico ancora a credere che stiano insieme >> ammette Greg, scuotendo il capo a quell’idea. << Cristo, proprio John. Uno dei suoi commilitoni che si è unito a noi per una bevuta un venerdì sera lo ha chiamato ‘Tre continenti Watson’ per essersi portato a letto donne di ben tre continenti, appunto. Finire con un uomo >> ridacchia scuotendo il capo. << E non un ‘uomo qualunque’, ma l’unico consulente investigativo esistente al mondo >>.
<< Non erano solo donne quelle dei tre continenti >> precisa Mycroft, inarcando un sopracciglio.
Si scambiano un’occhiata, l’uno stupito, l’altro serio, e a poco a poco si sciolgono in una risata irriverente.
<< Cazzo, non ci posso credere >> ribadisce Greg tra le risate. << Sì, penso di capire perché tu non sappia se fidarti di lui. È, però, la loro vita >> dice tornando serio. << So che temi che Sherlock possa ricadere nella droga, in caso la loro storia dovesse finire, ma le condizioni sono diverse adesso. Il suo lavoro da consulente investigativo è molto più avviato di un tempo e lui è cresciuto. Dovresti dargli un po’ più di fiducia >>.
<< Anthea >> scuote il capo Mycroft, divertito. << Quella benedetta ragazza >> ride, avendo ovviamente intuito della loro conversazione.
<< Quella ragazza ci tiene davvero tanto a te, amico mio. Mi farò, però, gli affari miei e non ti dirò che secondo me rischi di perdere una gran bella opportunità >> gli dice strizzandogli l’occhio.
<< Questo genere di cose non fanno per me, Gregory >> ribatte lui, imbarazzato dalla sua confidenza. Greg pensa di aver esagerato, ma allo stesso tempo non se ne fa un cruccio.
<< Mi avevi detto che Moriarty non aveva preso bene sapere che John e Sherlock hanno deciso di scoprire le carte >> dice, riportando comunque l’argomento su discorsi più seri.
<< Per nulla >> sospira Mycroft. << Infatti, dal momento che la messa in scena del suicidio era saltata e, di conseguenza, non poteva più costringermi a spronare Sherlock a separarsi da John, Moriarty ha deciso di iniziare a giocare di sponda >>.
<< Che vorrebbe dire?  >> chiede confuso Greg. Mycroft prende un profondo respiro e si alza dalla poltrona.
<< Ho bisogno di qualcosa di forte. Mi fai compagnia? >> gli chiede e Greg si stupisce delle sue parole.
<< Volentieri >> dice, immaginando che se Mycroft ha bisogno di qualcosa per farsi coraggio, lui non possa che doverne prendere il doppio per accusare il colpo.
<< London dry gin >> gli dice porgendogli il pesante bicchiere di cristallo.
<< Ci andiamo pesanti >> constata preoccupato Greg, accettando il bicchiere. Mycroft si limita ad abbozzare un sorriso tornando al suo posto. Prende un sorso dal suo bicchiere e Greg fa altrettanto, sentendo il sapore forte del liquore bruciargli gli occhi e la gola.
<< Ti dissi che Moriarty non era interessato ai tuoi figli. Che erano al sicuro >> dice, lo sguardo fisso sul bicchiere. << Ma come hai potuto notare da quanto è successo all’amico di tuo figlio, non è così >>. Il cuore di Greg batte velocissimo e una parte di lui vorrebbe non ascoltare quanto gli sta per rivelare. Mycroft si prende ancora qualche istante e un altro sorso. << Fox aveva notato come i messaggi inviati a tua figlia fossero diversi da quelli destinati ad altri ragazzini incoraggiati al suicidio. Come le foto che sono state modificate con Photoshop e messe on line risalissero a un tempo di tanto precedente agli avvenimenti e non fossero presenti nel computer della ragazza, nè sul suo cellulare né nei social dei suoi amici >>.
<< La tenevano d’occhio? >> rabbrividisce Greg e Mycroft annuisce.
<< L’amico di tuo figlio, Leslie, è stato usato con lo stesso scopo, dal momento che George è stato più difficilmente avvicinabile dagli uomini di Moriarty >> gli dice, con una nota d’orgoglio nella voce per il ragazzo.
<< Leslie mi ha detto che lo minacciavano affinchè mettesse in giro la voce di una relazione tra George e Sherlock >> sospira Greg, passando la mano sul viso. << Perché tutto questo, Myc? A quale scopo attaccare i miei figli? >>.
<< Per distruggerti, Gregory >> risponde diretto Mycroft. << Diffamarti attraverso la loro condotta inaccettabile >> aggiunge e il detective si rende conto di come sia un tentativo che richiama ciò che Sherlock ha fatto con la propria famiglia. Metterla in cattiva luce a causa della sua omosessualità e della sua dedizione alla cocaina. Moriarty sa essere non solo pazzo e pericoloso, ma anche cinico nel modo in cui orchestra i suoi piani. << La prima mossa sarebbe stata quella di mettere Elisabeth al pubblico ludibrio sui social, ritratta in foto equivoche >> continua Mycroft. << Questo ti avrebbe punto nel vivo e ancora di più lo avrebbe fatto se questa avesse deciso di porre fine alla sua vita. Con te fuori gioco, Sherlock non avrebbe avuto più il gancio più prolifico di casi a Scotland Yard e inoltre, scoprendosi causa dei tuoi guai, ne avrebbe sofferto e il suo cuore avrebbe iniziato a bruciare. Dal momento che con lo smantellamento del portale tua figlia è stata salvata, la seconda mossa è stata quella di tornare a dare addosso all’amico di tuo figlio per tentare di ottenere lo stesso risultato, passando, però, a una diffamazione diretta di Sherlock non solo ai tuoi occhi, ma agli occhi del mondo. Tuo figlio sarebbe stato etichettato come omosessuale e amante di un uomo molto più grande che sarebbe stato accusato di pedofilia >>.
<< Sherlock un pedofilo… oddio non ci posso credere >> scuote il capo incredulo, prendendo un sorso di gin. << Anche questo piano è stato, però, smantellato >>.
<< Sì e Moriarty non ne è per nulla contento, come non lo è di ciò che stanno facendo Sherlock e gli spagnoli >> dice compiaciuto. << Attaccare te era un primo passo. Il secondo sarebbe stato mettere tra mio fratello e John una donna. Una di quelle donne che è meglio non avere contro >>.
<< Un killer come la tua Anthea? >> domanda e benchè il discorso sia anche fin troppo serio Greg non può fare a meno di mettere una nota di malizia nella voce, giusto per smorzare la tensione. Mycroft alza appena gli occhi al cielo, infastidito da quel nuovo accenna alla sua segretaria.
<< Una escort >> ribatte serio .
<< Una escort? >> ride Greg. << E cosa se ne farebbe Sherlock di una donna a pagamento? >>.
<< Nulla, ovviamente. La donna avrebbe, però, tentato di sedurre mio fratello, mettendo il dubbio in John e lasciandogli credere di esserci riuscita. Questo avrebbe portato il dottore a credere di essersi sbagliato sul conto di Sherlock e ad allontanarsi dall’idea di tentare un approccio >>.
Greg si prende tempo per introiettare tutte le informazioni da telenovela mista a spy story che Mycroft gli sta dando. Prende un sorso di gin, cercando di immaginare che tipo di donna possa essere quella capace di dare a intendere di aver sedotto Sherlock.
“Una davvero eccezionale nel suo campo” pensa, dal momento che riesce a figurarsi fin troppo bene il consulente restare del tutto indifferente a una bella donna poco vestita a molto disponibile, intenta a mandargli messaggi inequivocabili. Pensa addirittura che non li capirebbe, che non sarebbe in grado di cogliere l’obiettivo di quelle provocazioni. È pur sempre l’uomo che è rimasto sbigottito dinanzi all’idea che una donna furiosa potesse divenire ingestibile e pericolosa, chiedendosi poi come potessero loro trovarle interessanti.
<< Fammi ricapitolare >> sospira. << Quindi Moriarty avrebbe tolto di mezzo me e di conseguenza la possibilità per Sherlock di avere casi da Scotland Yard e poi avrebbe portato John a farsi da parte. Senza più il mio sostegno, né quello di John… >>.
<< Portarlo alla decisione di inscenare il suo suicidio tenendo il dottore fuori dai suoi piani sarebbe stato ancora più facile >>.
Greg resta imbambolato, gli occhi fissi su Mycroft che prende un terzo sorso dal suo bicchiere. Non può fare a meno di trovare tutta quanta questa storia assurda e folle.
<< Quindi il suo scopo è comunque quello di isolare Sherlock per portarlo all’autodistruzione e continuare a tenere te in pugno >>.
<< Esattamente >> annuisce Mycroft.
<< Ora, però, le carte sono scoperte. Sherlock sa quali sono i suoi piani e potrà agire anche grazie agli spagnoli con lo scopo di distruggere Moriarty e la sua organizzazione >> dice, ma non vede in Mycroft il suo stesso entusiasmo. << Credi ancora che questo non sia possibile? >> gli chiede.
<< Non dico che non lo sia >> ammette dando l’idea, però, di pensarla in tutt’altra maniera.
<< Allora cosa c’è? >> gli chiede e immediatamente viene colto da un’altra intuizione. << E’ per la sua indipendenza, non è così? >> esclama e dalla reazione di stupore di Mycroft capisce di aver colto nel segno. << Mycroft, io posso immaginare come, dato quanto le amicizie che ha intrapreso tuo fratello abbiano messo nei guai sia lui che te tu abbia simili idee riguardo alle relazioni. Non puoi, però, temere che quest’uomo sia eliminato perché questo comporterebbe vedere tuo fratello camminare con le sue gambe. Saresti ugualmente importante per lui anche senza questo ricatto di cui lui non sapeva nulla e del quale tu dovevi a tutti i costi mantenere il segreto. Penso tu possa imparare altri modi di manifestare affetto che non siano legate a simili ricatti emotivi >>.
Mycroft sembra prendere in considerazione le sue parole. Resta in silenzio per un lungo momento e questa volta Greg non si sente a disagio. Assiste al suo lento rilassarsi e gli piacerebbe davvero tanto poter ascoltare i suoi pensieri, scoprire come ragiona, toccare quella genialità che sente così lontana dalle sue possibilità.
<< Non è facile ciò che proponi >> dice poi uscendo dal suo silenzio. << Mi rendo conto che le tue osservazioni sono sensate e che… sì, che è possibile io non conosca altro modo per rapportarmi con lui. Ci sono sempre stati dei segreti da custodire. Lui è della famiglia colui che ha sempre portato tutto alla luce, sia di se stesso che di tutto il resto. Io alla luce non ci so stare. Mi scotto e non voglio possa scottarsi anche lui >>.
<< Esistono le creme solari, sai? >> dice lui prendendo al volo la sua similitudine per fare una battuta capace di stemperare l’atmosfera. << Si chiamano amici, persone sulle quali poter contare, stereotipi da superare, etichette da mettere da parte, spontaneità. Potrei continuare con la lista, ma penso che il messaggio possa essere già chiaro così >>.
<< Abbastanza >> annuisce Mycroft, che non è più scettico ora, ma, anzi, riflette sulle sue parole.
<< In questi giorni più persone mi hanno accusato di fare tutto da solo. Donovan, Molly, George… loro tentano di aiutarmi ma io mi ostino a tenere le cose per me con l’assurda convinzione di poterli così’ salvare e proteggere. Come vedi non siamo poi così diversi io te e tuo fratello >>.
<< Certo che lo siamo >> ribatte Mycroft serio. << Tu comprendi la natura umana mentre noi… io meno di mio fratello, lo ammetto… ci perdiamo dinanzi a queste cose. È sempre stato così, fin da quanto eravamo bambini >>
<< Io neppure riesco a immaginare che sia tu che lui possiate esserlo stati >> si lascia sfuggire. Mycroft riporta sulla labbra quello strano sorriso nel quale ci vede una nota di malinconia.
<< Eppure è così >> sospira prendendo un sorso di gin. << Sherlock, soprattutto, lo è stato, soprattutto. Un bambino parecchio solo e incapace di accettare questa condizione >>.
<< Non vedo perché avrebbe dovuto >>.
 Mycroft sorride e distoglie lo sguardo, portandolo su un punto imprecisato del pregiato tappeto ai loro piedi.
<< Fino ai dieci anni gli è stata impartita un’istruzione casalinga, come era stato fatto a me. Aveva avuto poche occasioni, quindi, di incontrare altri bambini e quando è stato il momento di frequentare le scuole secondarie si è optato per il migliore dei collegi, lo stesso da me frequentato. Era euforico all’idea di partire, ma anche spaventato, sebbene non lo avrebbe ammesso neppure sotto tortura. Penso che all’inizio non si sia accorto della differenza palese che c’era tra lui e tutti gli altri e che abbia preso sul serio il loro dargli dello strano e le prese in giro. Poi ha iniziato a capire, ma anzichè lasciar correre quelle piccole menti inferiori senza farsi toccare dalle loro parole, lui si è intestardito a volersele fare amiche. Una volta capito di possedere qualità fuori dal comune ha pensato che mostrare la sua bravura potesse essere il modo migliore per stupire l’altro e avvicinarlo a sè. Invece ha solo ottenuto l’effetto opposto >>.
Greg la rivede tutt’ora questa tattica e si intenerisce all’idea di un improbabile piccolo Sherlock che tenta di piacere agli altri mettendosi in mostra, senza capire quanto, invece, questo sia deleterio.
<< Dal semplice isolamento al quale lo sottoponevano i bambini più piccoli si passò, anno dopo anno, agli insulti, agli spintoni, fino ad arrivare ai pestaggi o a ‘dispetti’, diciamo così, poco piacevoli. Ne ha passate tante, eppure quella voglia di… ‘amici’ non l’ha mai persa >> dice passando la mano sulla fronte.
Greg si rende conto come per Mycroft quella debba essere la prima volta che parla di queste cose. Prendono un sorso di gin in contemporanea e si scambiano un sorriso d’intesa quando se ne rendono conto.
<< Poi è successa la cosa che più temevo >> dice rabbuiandosi.
<< Cosa? >> gli chiede curioso, spezzando il suo silenzio riflessivo.
<< Si è innamorato >> risponde lui con quel sorriso tirato. << Oddio, amore forse è una parola grossa. Penso sia stata una banale cotta finita male, se non semplice attrazione sessuale. Penso sia normale in adolescenza >>.
<< Direi di sì >> dice ridacchiando, ma subito torna serio quando si rende conto che quella di Mycroft non era una battuta. Pensare che quell’uomo così intelligente possa essere all’oscuro di quelle che sono le consuete tappe dell’età evolutiva lo spiazza.
<< Ovviamente è finita male >> dice vuotando il bicchiere, come fosse sicuro che non potesse accadere altrimenti. << Malissimo direi >>.
<< Cosa accadde? >> chiede, fregandosene della possibilità di essere indiscreto. Mycroft sospira guardando in contro luce il bicchiere.
<< Sherlock non si è mai fatto troppi problemi di ciò che è etichetta, buone maniere e opinione pubblica. Benchè lo ferissero gli attacchi della gente ha imparato col tempo a disinteressarsene. Aveva trovato una persona interessante e a lui interessata, e che fosse un uomo era per lui un semplice dettaglio >>.
<< Beh… non c’è nulla di male >> ribatte Greg.
<< Tu la pensi così, anche altre persone la pensano così. I suoi compagni di scuola, però, all’epoca non l’hanno pensata così. Neppure gli insegnati. Nostro padre  poi… >> alza gli occhi al cielo e un’espressione di disprezzo gli solca il viso per un istante. << Ma la cosa peggiore è che il suo ‘ragazzo’ non la pensava neppure lui così >>.
<< Cosa? >> domanda stupito.
<< Quando vennero scoperti lo accusò di averlo plagiato, sedotto e circuito e se anche poco si conosce mio fratello si può ben immaginare quanto, se lo voglia, gli sia capace fare una simile cosa >>.
Greg resta senza parole. Non riesce a immaginare Sherlock tentare di sedurre e approfittarsi di un ingenuo eterosessuale. Non è tipo da approfittare del prossimo.
<< E’ per questo che non sai se fidarti di John? >> gli chiede, iniziando a capirci qualcosa di più di tutta quella storia.
<< Il nostro dottore non ha fatto altro, sino dal primo momento in cui hanno iniziato a insinuare una loro possibile relazione, che ribadire il suo non essere gay, non essere il suo compagno, non essere loro una coppia >> dice Mycroft stizzito. << Ora, invece, se ne esce fuori come l’innamorato devoto pronto a ufficializzare la loro situazione. L’incoerenza delle persone non l’ho mai capita né la tollero >>.
<< Penso che sia data dal fatto che si può cambiare idea, Mycroft >> precisa Greg, catturando la sua attenzione. << Non è una cosa facile quella che ha fatto John. Un conto è darsi al sesso con uomini e donne, penso, un altro ammettere, prima di tutto a se stesso e poi al resto del mondo, di essere innamorato di un uomo. E tuo fratello non è un tipo molto facile da capire, dal momento che nasconde ciò che prova così bene da sembrare una fredda macchina. Penso che la bellezza del genere umano che faticate a capire stia proprio nella possibilità di cambiare idea, scelte e decisioni. È anche l’unico modo di crescere e penso che in questo voi Holmes non abbiate molta voglia di farlo. Sherlock sta iniziando grazie a John. Penso possa iniziare a farlo anche tu, Mycroft >>.
Si rende conto che potrebbe ferirlo nell’orgoglio così grande e smisurato che quest’uomo possiede, ma poco gli importa. Lo vede nuovamente meditare sulle sue parole e quando riporta lo sguardo su di lui c’è un leggero sorriso sulle sue labbra.
<< Hai ragione >> sussurra Mycroft, la voce rotta dall’emozione. << Mi rendo conto di essere rimasto bloccato a quanto è successo ormai quasi vent’anni fa’. Non ho difeso mio fratello e continuo ancora oggi a sentirmi in colpa, perché se ha iniziato a drogarsi è stato solo a causa di quella storia andata male >>.
<< Io non penso che sia stato per quello, Myc >> dice, tentando di salvare la situazione. << Quella forse è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ma, da quanto mi hai detto le altre volte, di motivi che potessero portare Sherlock all’autodistruzione ce ne sono stati parecchi già prima >> dice e sembra aver catturato l’attenzione di Mycroft. << Quando ho visto i tagli che Leslie si è fatto sulle braccia, quando George mi ha raccontato come suo padre odi così tanto gli omosessuali al punto che sarebbe capace di ammazzare il suo stesso figlio, mi è sembrato di ritrovarmi davanti a una giovane versione di Sherlock. Ho vissuto quell’impotenza che penso possa essere stata la stessa che tu hai provato. Cosa mai si può fare quando è un padre il nemico peggiore di un figlio? >>.
<< Eliminarlo >> risponde deciso Mycroft.
<< Devo ammettere che l’ho pensato anche io. Ma poi ho deciso di condurre Leslie da George, perché è di un amico che si ha bisogno in un simile momento. Io ci sono, Mycroft >> dice, ponendo enfasi nelle sue parole. << Stanco, rassegnato, impelagato in problemi familiari, ma ci sono. Moriarty mi ha spinto ad esserci per forza >> constata aprendo le braccia. Mycroft scuote il capo sorridendo.
<< Gregory Lestrade >> sospira. << Pronto a fare l’impossibile per salvare due geniali idioti. Chi salverà, però, te? >> gli chiede sporgendosi verso di lui.
<< Tuo fratello >> ribatte sicuro. << Gli servo vivo e in forze a Scotland Yard. Nessun altro gli darebbe retta, altrimenti >> conclude strizzandogli l’occhio.
Ridono di quella battuta mandando in frantumi la tensione legata a tutta quanta questa storia, a queste verità che non sono state solo quelle di cui Greg voleva venire a conoscenza. Altre se ne sono unite, più antiche, più intime.
<< So che ti chiedi come poter andare avanti nonostante tu ora sia a conoscenza di tutte queste cose, Greg >> gli dice Mycroft catturando la sua attenzione. << Io mi sento di dirti di goderti la vita. Penso sia l’unica cosa da fare. A conti fatti, in qualunque momento possiamo morire, con o senza un killer pronto a spararci >>.
<< Già >> annuisce il detective alzandosi in piedi. << Cercherò di mettere a posto Leslie e poi mi prendo altri due giorni di ferie. Se riesco a tenere buona Margaret proporrò ai ragazzi un weekend fuori porta >>.
<< Lo Yorkshire è bellissimo in questa stagione >> gli dice Mycroft alzandosi a sua volta.
<< Lo terrò presente. Beh allora… arrivederci Mycroft >> gli dice porgendogli la mano. Holmes la guarda perplesso per un istante e poi la afferra deciso.
<< Arrivederci, Greg >> gli dice e il detective percepisce una strana esitazione in lui. << Ti ringrazio per… per avermi ascoltato ed essere rimasto >> sussurra imbarazzato, stringendo un po’ più forte la sua mano. << Ti ho detto la verità. Tutta quanta, questa volta >>.
<< Sì >> annuisce Greg. << Il mio numero ce l’hai, Myc. Siamo amici e gli amici ogni tanto si sentono e magari si vedono anche per una birra. O un brandy >> dice facendo spallucce.
<< Sì, penso sia questo ciò che fanno >> dice Mycroft solenne, senza lasciargli andare la mano. Una strana tenerezza si impadronisce di Greg. Quella mano che trattiene la sua, come a prolungare ancora la sua permanenza lì in quella stanza. Non sa se è per il timore che possa accadergli qualcosa una volta fuori o se per la ritrovata solitudine che farebbe seguito al suo andarsene. Forse sono solo fantasie che si sta facendo, spinto dall’idea che chiunque abbia bisogno di compagnia e questi Holmes sanno essere così particolari da mettere in dubbio le cose più semplici.
Lentamente la mano di Mycrof lascia la sua. Si scambiano un altro sorriso e un ennesimo saluto. Greg chiude la porta alle sue spalle e si ritrova in quel silenzio così pesante in questo luogo.
<< A conti fatti in qualunque momento possiamo morire, con o senza un killer pronto a spararci >> ha detto Mycroft. Una verità schiacciante, che prima, però, lui riusciva a ignorare come il resto del genere umano. Ora, invece, gli è così difficile farlo. Fa fatica a mandare giù l’idea di potersi congedare bruscamente dalla vita, proprio come Mycroft ha fatto fatica a liberarlo dalla stretta della sua mano.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** capitolo 18 ***


Buonasera a tutti!
Ce l’ho fatta. Scusate davvero per il terribile ritardo, ma ho avuto settimane zeppe di cose che voi umani….
Ma eccomi qui a concludere questa long. Ho riflettuto a lungo sul finale e oggi ho avuto modo di renderlo un po’ più vicino all’idea iniziale. Aperto, possibilista e con tante valide interpretazioni che lascerò a voi.
Spero vi piaccia e che sia una buona lettura
Ancora una volta vi ringrazio per aver letto questa mia ff, per averla seguita fin qui con pazienza e un grande e caloroso grazie va a chi ha avuto il piacere di lasciarmi una recensione.
E’ possibile che ci si riveda, anche se devo mettere a posto un po’ di cose perché non voglio assolutamente ridurmi a non sapere quando riuscire ad aggiornare.
A presto, quindi
Patty
 
Capitolo 18
 
Greg sbuffa una nuvola di fumo che si perde in mille spire salendo verso l’alto. Le osserva, ipnotizzato dalle loro evoluzioni e si rende conto che il soffitto avrebbe bisogno di una mano di bianco. Sa che non perderà tempo a rinfrescare le pareti di una casa che non sente minimamente sua e dalla quale potrebbe andarsene da un momento all’altro.
E’ appena tornato dalla rinnovata sentenza di divorzio, che lo ha visto vincere e ottenere giustizia. Non è questa, però, l’unica novità. Nei tre mesi trascorsi dal giorno in cui Anthea ha salvato la vita di Leslie di cose ne sono successe parecchie. Ha cominciato con una scazzottata col padre del ragazzino, finito dritto in centrale accusato di aggressione a pubblico ufficiale. Poi, c’è stata la crisi di nervi della madre, il conseguente ricovero in clinica e Leslie nuovamente preso in carico dai servizi sociali, che hanno acconsentito a lasciarlo in affido a Margaret finchè la madre non si fosse ripresa.
La sua ex moglie, per nulla felice della situazione, si è vista obbligata ad accettare per cercare di recuperare un minimo il rapporto con i figli. Con lei la vera novità è che lo sguardo duro e privo di alcuna pietà col quale lo guarda, non gli fa più alcun effetto. Greg le aveva detto chiaro e tondo che voleva poter vedere i figli due giorni alla settimana e a weekend alterni e che se avesse provato ancora a mettergli i bastoni tra le ruote avrebbe portato dinanzi al giudice le sue ‘assenze’. Margaret era rimasta visibilmente senza parole dinanzi alle sue minacce e aveva accettato tutte le sue condizioni, conscia di come il tentato suicidio di Elisabeth fosse avvenuto proprio mentre lei era col suo amico, così come, per lo stesso motivo, non fosse stata reperibile, quando George aveva fatto a botte a scuola.
Soddisfatto, ora Greg si sta godendo il resto della giornata di permesso che ha chiesto. Ha programmato una cena con i figli, alla quale parteciperanno anche Leslie e Molly. Con lei ha voluto mettere le cose in chiaro, spiegandole quanto fosse troppo confuso per intraprendere qualcosa di nuovo e come non volesse rischiare di farle del male. Si aspettava di vederla esplodere di rabbia, urlargli contro di averla presa in giro e chissà cos’altro, ma, invece, lei lo ha addirittura ringraziato per essere stato onesto e sincero. Greg si è reso conto che ha avuto a che fare per troppo tempo con una donna che puntualmente lo aggrediva con parole e miserie, al punto da essersi dimenticato che non sono tutte come la sua ex moglie.
In questi tre mesi, lui è Molly hanno pranzato insieme quando è stato loro possibile, è capitato, anche, che siano andati a cena e che lui si sia fermato da lei per la notte. Non stanno insieme, ma neppure sono aperti ad altri possibili incontri.
<< Godiamo di quello che c’è e il resto… il resto si vedrà >> gli ha detto lei, trovandolo perfettamente d’accordo.
Elisabeth non fa certo i salti di gioia all’idea di sapere suo padre ‘fare il ragazzino’, come ha borbottato quando ha spiegato loro come stanno le cose tra lui e la patologa. Greg se la sarebbe risparmiata questa confessione, ma purtroppo Margaret davanti a lui sta comportandosi da perfetta donna-caduta-in-una-trappola-ingiusta-dalla-quale-non-può-uscire-ma-che-accetta-con-coraggio, ai figli, invece, domanda spesso, direttamente o meno, della vita privata dell’ex marito. Quando le ha chiesto di smetterla lei ha diminuito il tiro, ma ogni tanto scivola in una domanda ‘tanto per parlare’, dice lei, ma che mette a disagio i figli e anche lui.
<< Certo che lei ha una pazienza infinita, ispettore >> gli ha sussurrato Leslie, guardandolo con ammirazione, dopo l’ennesima sfuriata di Elisabeth contro la madre. Greg ha riso con amarezza della sua osservazione, pensando come sia sempre stata proprio la pazienza a mancargli. Ha sempre corso, nella vita, e rincorso il tempo, trovandosi ogni volta a non averne abbastanza.
Ride anche adesso, sbuffando l’ultima boccata della sigaretta ormai al filtro, conscio di stare bellamente perdendo tempo senza alcuna preoccupazione. Pensava che la spada di Damocle rappresentata dai sicari assoldati da Moriraty contro di lui lo avrebbe portato a correre ancora di più. Invece ha rallentato.
Ha iniziato a delegare sempre più compiti a Donovan e agli altri agenti della sua squadra, tenendo per sè quelli più grossi, che necessitano proprio della sua presenza e cura. Ha preso, senza sensi di colpa, permessi e giorni di ferie, ribattendo con un ‘Mi spettano di diritto’ ad ogni occhiataccia del suo capo.
Sally ha tentato più volte di avere informazioni sulla situazione nella quale ‘quel freak ti ha cacciato’ e lui le ha raccontato una versione dei fatti del tutto inventata, alla quale, pensa, lei non creda minimamente.
<< E per quanto riguarda il fratello del freak? >> gli ha chiesto, l’ultima volta che ha affrontato l’argomento. << Perché non può che esserci anche lui dietro. Ovunque ci sia l’uno ecco che subito non manca ad arrivare l’altro a coprirne i danni. E a te quel tipo ha fatto un danno così grande che sono convinta il fratello non abbia potuto esimersi dall’intervenire >>.
Sally sarà una grandissima spina nel fianco, ma non può dire non sia brava nel suo lavoro. Ha, infatti, ragione su tutta la linea e Greg sa bene che se può permettersi di impuntarsi col capo sulle ferie, delegare incarichi e mansioni e prendere la vita con più lentezza lo deve all’occhio di Mycroft sempre vigile su di lui.
Sospira, provando uno strano peso sul petto. Non vede il maggiore degli Holmes dall’ultima volta in cui Anthea lo ha portato al Diogenes Club. Deve ammettere che un po’ gli dispiace. Sì, è parecchio strano, ma è così. Si stava creando una piacevolezza nello stare in reciproca compagnia.
In questi mesi ha più volte ripreso in mano il suo biglietto da visita, intenzionato a chiamarlo per proporgli una bevuta. Si è sempre fermato, vinto dal timore che potesse essere non solo inopportuno, ma addirittura pericoloso. E poi ha pensato che sarebbe potuto essere anche imbarazzante. Non sarebbe stato come il venerdì sera al pub con John, perché Mycroft Holmes tutto è tranne che uomo da pub. Già al ‘Red lion’, la sera in cui lo fece portare lì da Anthea, stonava del tutto con il luogo in cui si trovavano. Avrebbero rischiato una serata di pesanti silenzi, con gli occhi della gente puntati addosso, perché uno come Mycroft, impettito e inamidato, non passa certo inosservato. Soprattutto per il contrasto che sono capaci di creare l’uno vicino all’altro.
Dal momento che uscire per una bevuta non era possibile, e che in qualunque altro posto dove Mycroft sarebbe potuto trovarsi a suo agio non ci si sarebbe, invece, trovato Greg, l’alternativa sarebbe stata incontrarsi a casa di lui. Inutile dire che era un’idea da scartare a prescindere. Gli è bastato quel brandy la sera del ritrovamento dei cadaveri dei Jackson. Se fosse finito in casa sua, poi in una sera in cui ‘il personale di servizio’, come lo aveva chiamato, fosse stato presente, Greg avrebbe percepito sul collo il fiato del suo defunto padre a sussurrargli di essere un venduto a servizio dei nobili al potere.
Insomma, incontrare Mycroft per una piacevole chiacchierata costruttiva non è facile come gli era sembrato quando gli ha buttato lì la proposta. Greg scuote il capo ridendo di se stesso, mentre si mette a sedere sul letto. Il fatto è che andare da solo al pub non è per nulla divertente. Anzi, è alquanto triste. Ha provato ad unirsi al gruppo dei colleghi, come faceva prima di conoscere John, ma si finisce col parlare di lavoro anche lì e poi sono facce che vede tutti i santi giorni.
Così ha smesso di andare da solo. Ha smesso quando ha avuto l’immagine chiara di come doveva essere visto da fuori. Curvo sulla sua pinta di birra, il volto stanco, l’aura grigia che sembra gridare ‘Avvicinati e ti mordo!’ in alcuni momenti e ‘Lasciami nel mio dolore’ in altri. Ha finito inevitabilmente per sentire la mancanza di John e giocherellare col telefono, chiedendosi se fosse o meno il caso di mandargli anche solo un messaggio di saluti. Ha sempre desistito dal farlo. Nessuno glielo ha specificato, ma non ci va un’intelligenza alla Holmes per capire che il suo telefono è sotto controllo e contattare John lo porterebbe a mettere nei guai il suo amico e il consulente. Anche se stesso, considerate le cose che vorrebbe raccontargli. Come ha fatto a non rendersi conto di quanto sia importante potersi confidare con qualcuno? Ha tre mesi di pesi, cambiamenti, novità, preoccupazioni, dubbi, scazzi nello stomaco e nessuno con cui poterne parlare. Non vuole portare tutti i suoi pesi nei momenti che trascorre con Molly. Quelli vuole che restino qualcosa di piacevole e spensierato, come fossero due ragazzini col solo pensiero dei compiti che se anche non li fai trovi qualcuno che te li passa il giorno dopo a scuola.
Passa la mano sul viso a cancellare tutti questi pensieri. Si sente abbastanza egoista nel vedersi alle strette quando John e Sherlock chissà cosa mai staranno vivendo. In questi tre mesi sono successe molte cose strane in tutta Europa. Attentati in città importanti, altre esplosioni a Londra che lo hanno portato a dover correre sapendo già chi ci fosse dietro e dovendolo tacere. Ha deciso, infatti, di tagliarsi fuori da Moriarty e i suoi complotti. Lo ha deciso ponendo fine all’indagine su coloro che minacciavano Leslie e lasciando che il caso Jadescu gli fosse strategicamente sottratto dall’MI6.
<< Goditi la vita >> gli aveva detto Mycroft e lui ha deciso di farlo. Portando avanti i suoi casi, quelli nei quali sa essere un ottimo ispettore, le sue beghe familiari, le sue nuove relazioni.
Ci sono momenti in cui se ne pente. Momenti in cui vorrebbe partire a sua volta per la Spagna, ammesso che John e Sherlock siano ancora lì, ricordandosi, solo alla fine di quelle fantasie ad occhi aperti, di avere, a differenza del dottore e del consulente, due figli da crescere. Due figli e un ragazzino, che, sebbene ora sia tornato dalla madre, passa più tempo con suo figlio che a casa propria.
Sbuffa e salta giù dal letto. Sono già le due e tra un paio d’ore dovrà andare a prendere i figli a scuola. Si rende conto di avere la dispensa vuota e dal momento che ospiterà due inceneritori travestiti da adolescenti è meglio che si rechi a comprare qualcosa.
Si veste con calma e scende al negozio sotto casa. Mette nel carrello qualche cosa in più, in modo da non sentire sua figlia fargli la solita ramanzina. Scorge quasi per caso l’addetta al reparto che non perde occasione di sorridergli. Ha messo da parte l’idea di chiederle il numero, sebbene con Molly non ci sia nulla di vincolante. Evidentemente è lui ad essere ormai troppo vecchio per imbarcarsi in più relazioni libere e spensierate.
“Che esempio darei ai miei figli?” si chiede, ricambiando, però, come sempre, il sorriso.
“Una scusa bella e buona, amico mio” ribatte John nella sua testa, facendolo sghignazzare.
Sì, il dottore ha ragione. Mette di mezzo i figli per non ammettere di sentirsi in imbarazzo in questo corpo ormai stanco e rilassato che fatica a mostrare. Che guarda allo specchio, sospirando affranto per i tempi che furono, quelli in cui poteva dirsi fiero della sua prestanza.
“Come se fossero poi queste le cose importanti” continua John, che, come lui, non è più un ragazzino ed è allo stesso modo sull’onda del rilassamento addominale, eppure con le donne non si è mai fatto problemi.
“E neppure con gli uomini” constata, faticando ancora a vederlo in una relazione con Sherlock che va oltre la professionalità e l’amicizia.
<< Mi scusi >> .
La voce leggera dell’addetta a reparto lo coglie di sorpresa. Lei sorride del suo trasalire e gli porge un foglietto.
<< Le è caduto questo >> dice.
Greg resta interdetto. Prende il biglietto e distrattamente ringrazia. La ragazza torna al suo lavoro e pensa che potrebbe essere un ottimo espediente per conversare. Il detective che è in lui, però, prende il sopravvento e pensa sia il caso di dare la priorità a ciò che tiene in mano.
Dispiega il foglio con cura, guardandosi attorno più volte nel farlo.
 
Al Serendipity tra mezz’ora
 
Greg non può credere ai suoi occhi. Rilegge più volte la breve frase scritta in una calligrafia chiara e pulita. Il primo pensiero corre a Mycroft. Un pensiero logico, dal momento che gli ha proposto lui di incontrarsi lì la seconda volta e questa ragazza potrebbe essere una delle tante pedine da lui mosse e messe al suo seguito. Quale posto di osservazione migliore del negozio nel quale saltuariamente va a fare la spesa posto proprio sotto casa sua?
Gli giunge, però, alla mente un’altra ipotesi, un’ipotesi capace di gelargli il sangue. Moriarty gli si ripresenta alla mente, rompendo tutte le barriere che ha eretto in questi mesi per cercare di andare avanti, nonostante tutto. E se non fosse Mycroft il latore di questo messaggio? Se fosse una trappola da parte del consulente criminale?
<< Non sono l’unico al quale è stata assegnata la tua esecuzione >> così gli aveva detto Jadescu e questa ragazza potrebbe lavorare non per Holmes ma per il Napoleone del crimine.
Porta la mano alla fondina che tiene sotto la giacca e volge lo sguardo alla ragazza, che gli sorride strizzando l’occhio. Si avvia alla cassa, voltandosi di tanto in tanto verso di lei, che sempre lo guarda e gli sorride. Paga la spesa, la porta in casa e per un istante pensa che sarebbe meglio ci rimanesse. Anzi, che si trasferisse del tutto.
“E a che servirebbe” pensa affranto, consapevole di come quell’uomo abbia la capacità di scovarlo ovunque come l’occhio di Sauron[1].
Si fa coraggio e torna in strada per salire in auto e dirigersi in quel fetido hotel. Lo raggiunge in meno del tempo stabilito e il vecchio alla reception lo saluta con il solito cenno del capo. Non gli dice neppure in quale stanza è atteso, convinto che già lo sappia.
“Peccato che non sappia nulla” pensa e di chiedergli delucidazioni non ci pensa neppure. L’ascensore piccolo e con quel vago odore di ammoniaca che sale dalla moquette macchiata procede lento verso l’ultimo piano. Il corridoio è deserto e inquietante. Greg ha la sensazione che i suoi passi rimbombino persino troppo forte sulla moquette, impedendogli di rendersi il più silenzioso possibile.
La porta della stessa stanza nella quale ha condotto Mycroft si apre appena con uno secco ‘clank’ della serratura e resta socchiusa. Il cuore perde un colpo, raggelandolo. Ci mette un po’, Greg a convincere le sue gambe ad andare avanti e coprire quei pochi metri che mancano. Porta la mano sotto la giacca e stringe l’impugnatura della pistola, pronto a estrarla e fare fuoco, se necessario.
Decide, però, che è meglio agire d’anticipo ed apre la porta con un calcio, puntando l’arma verso l’uomo fermo davanti a lui. La penombra della stanza ne disegna la sagoma scura. Indossa un paio di jeans su scarpe da tennis, una giacca di pelle chiusa fino alla gola e quello che sembra un cappellino con visiera sulla testa. Nell’aria si propaga il profumo leggero della sua acqua di colonia.
<< Direi che può metterla via, ispettore >> gli dice con voce calma, alzando appena le mani più in segno di comando che di resa.
<< Tu? >> esclama puntandogli ancora l’arma addosso. << Cristo, mi hai fatto prendere un colpo! >> insiste talmente sorpreso e spaventato da restare fermo e impalato davanti alla porta, col braccio destro teso e la mano stretta attorno all’arma.
<< Che ne dici di entrare? >> gli consiglia Mycroft afferrando l’arma con la mano pallida spostandola dal sé. Le dita affusolate salgono a incontrare la mano di Greg che finalmente si rilassa abbassando l’arma. Si lascia trascinare dentro la stanza e crolla a sedere sulla sedia strategicamente posta vicino l’ingresso.
<< Avrei potuto ucciderti >> gli dice, massaggiando il braccio destro teso e dolorante.
<< No, non lo avresti fatto >> ribatte sicuro Mycroft.
<< Ma come diavolo sei vestito? >> gli chiede, guardandolo finalmente alla debole luce di una abatjour.
<< Ho pensato fosse il caso di non dare nell’occhio >> gli dice guardandosi distrattamente allo specchio. Vanesio come il fratello, dev’essere una condizione genetica. In effetti ai suoi occhi risalta perché non è abituato a vederlo in questo stile casual. Mycroft potrebbe pure travestirsi da babbo natale, ma non perderebbe quel portamento altezzoso e fiero che lo renderebbe comunque riconoscibile.
Greg inizia a ridere di quell’immagine improbabile dell’uomo di ghiaccio vestito di rosso con tanto di barba finta. Mycroft lo osserva con quel sopracciglio inarcato che la dice lunga su cosa stia pensando di lui.
<< Ok, ok, la smetto >> gli dice, cercando di riprendere fiato. << Mi spieghi il perché di tutto questo? >>.
<< Volevo vederti >> risponde Mycroft, facendo una piccola pausa capace di togliere il fiato a Greg. << Ci sono delle novità >> aggiunge.
<< Che genere di novità? >> gli chiede preoccupato .
<< Di quelle buone >> risponde, appoggiandosi al davanzale della finestra dai vetri sporchi. << Come avrai sentito dai notiziari e come ti sarà capitato di occuparti, sono stati mesi carichi di tensione in tutta Europa >>.
<< Ho immaginato ci fossero dietro le indagini di Sherlock e il nervosismo di Moriarty >> annuisce Greg e con lo stesso gesto Mycroft conferma i suoi sospetti. << Se le novità sono buone, allora vuol dire che lo hanno sconfitto! >> esclama entusiasta balzando in piedi. << No, aspetta >> ci ripensa facendo un passo indietro. << Non avresti avuto bisogno di tutto questo, se non ci fosse più pericolo >> deduce e Mycroft gli sorride soddisfatto del suo acume.
<< La lotta è ancora lunga, Gregory >> sospira visibilmente addolorato per ciò che gli sta dicendo. << Sherlock e gli spagnoli, però, hanno ridotto notevolmente il suo potere e liberato te e la signora Hudson dalle sue mire. Tutti coloro che attendevano fosse dato l’ordine di uccidervi sono stati eliminati >>.
<< Tutti? >> gli chiede Greg incredulo.
<< Tutti >> ripete Mycroft . << E nessun altro sarà più assoldato al suo posto. Gli hanno fatto terra bruciata attorno >>.
L’euforia si fa strada piano dentro Greg. Deve abbattere i muri del sospetto, della diffidenza, dell’incredulità, prima di poter dar modo alla gioia di esplodere. E quando questo accade è una risata isterica, un esultare come il più accanito dei tifosi dinanzi alla meta decisiva.
<< Tutti? >> ripete, questa volta tra le risate, e Mycroft annuisce felice di avergli dato finalmente una bella notizia.
Greg gli getta le braccia al collo ancora prima di rendersene conto. Lo stringe forte, al punto da sentirgli borbottare un sommesso ‘non respiro’, che, per un istante ignora, prima di allentare la presa. Non lo lascia andare, però. Posa la testa contro la sua spalla e si abbandona ad un'altra risata e poi a un pianto liberatorio e ancora risate, tutto su quella spalla coperta da un’insolita giacca di pelle nera. Solo quanto inizia a calmarsi, Greg si rende conto di essere a sua volta abbracciato da lui. Con la mano gli pettina i capelli corti, che sono diventati ancora più bianchi, come a voler rendere pubblico lo sconvolgimento che ha cercato di camuffare così bene.
<< Finirà del tutta questa storia, vero? >> gli domanda, voltandosi appena per appoggiare la fronte contro la spalla di lui.
<< Prima non ci credevo. Ora… ora sono ottimista >> risponde Mycrof. Greg ridacchia e solleva la testa ad incontrare il suo sguardo.
<< Pensavo fossi realista >> gli dice e lo vede ridere della sua battuta. << Tra poco, quindi, potrò invitarti a bere qualcosa senza temere di metterci entrambi in pericolo solo per averti inviato un messaggio? >>.
<< Tra poco tornerà John e potrai invitare lui >> ribatte Mycroft, distogliendo lo sguardo. Si allontana piano dal suo abbraccio. << Sherlock ha stimato che per la fine del mese saranno di ritorno vincitori >>.
<< Questo è bellissimo >> dice Greg, che a malincuore lo vede allontanarsi sempre di più. << Avevamo detto di essere amici >> .
<< Ed è per questo che sono qui >>.
<< Allora perchè hai detto che potrò invitare John. Io non ti sto usando per riempire il vuoto lasciato da un amico al momento assente, Mycroft >> gli dice offeso.
<< Questo lo so >> concorda lui, mostrando quel sorriso tirato. << Penso, però, che la sua compagnia possa essere più piacevole della mia >>.
<< Questo vorrei poter essere io a stabilirlo, se non ti dispiace >> ribatte. Mycroft sembra non capire il perché del suo tono. << Ho pensato a lungo se scriverti o meno per proporti di vederci. Se avessi voluto anche solo riempire una serata di cazzate al pub avrei avuto con chi farlo, e a volte l’ho fatto, quindi non pensare di essere un ripiego, per favore >>.
<< Va… bene >> ribatte confuso l’uomo di ghiaccio. << Penso, comunque che, ora come ora, non sia il caso >>.
<< Non saresti qui vestito così, altrimenti >> osserva Greg, notando come gli sia più semplice parlare con lui ora che indossa abiti informali.
<< Esatto >> conferma. << Per quanto riguarda il dopo… non so. Non so neppure se abbia senso fare discorsi di questo tipo >>.
<< Perché? >> .
<< Perché sono… non voglio sembrare svalutante, ma sono… sciocchi >> dice con una buffa smorfia di disapprovazione. << Siamo utraquarantenni e stiamo discutendo come due adolescenti >> sentenzia alzando gli occhi al cielo.
<< E che male c’è? >> gli chiede. << In questi tre mesi passati dall’ultima volta in cui ci siamo visti, ho perso tempo, demandato responsabilità che spettavano a me ad altri, iniziato una pseudo relazione che non saprei in quale modo definire con una donna che ‘squarta cadaveri’, come dice mia figlia, puntato i piedi per ottenere ciò che mi spetta di diritto. Mi sono goduto la vita, in definitiva, come tu mi hai consigliato. Non vedo perché non possa anche disquisire sull’amicizia come il più intellettuale e politicamente impegnato degli adolescenti >>.
<< … politicamente impegnato? >> domanda confuso Mycroft.
<< Nel senso che ho a che fare con un uomo politico >>.
<< Non ha alcun senso >> ribatte esasperato.
<< Trovami qualcosa che lo abbia in tutto questo? >> ride Greg divertito. << E’ proprio qui che sta il gioco, Mycroft! Ok, abbiamo più di quarant’anni, ma perché non possiamo essere anche adolescenti. Non solo adolescenti ma anche >> specifica serio. << Guarda come ti sei vestito >> continua, indicandolo. << Come puoi pretendere che ti parli in modo serio se sei vestito così? >> chiede a lui sempre più confuso.
<< Pensavo che non fosse l’abito a fare il monaco >> ribatte comunque Mycroft, che non ci sa proprio stare senza essere lui a mettere il punto alla conversazione.
<< Infatti >> rincara la dose, invece, Greg. << Sono sicuro che anche qui dentro >>, dice afferrandolo per le braccia, << ci sia un adolescente che preme per uscire. Cristo, Mycroft, avrai avuto anche solo una volta nella vita la voglia di mandare tutto e tutti affanculo e fare qualcosa di incredibilmente stupido! >>.
<< No >> ribatte deciso scuotendo il capo.
<< No? >> chiede incredulo Greg, che resta ancor più di stucco dal suo ripetere il gesto di diniego. << Oh >> aggiunge. << Mi dispiace >> .
<< Non ti manca ciò che non conosci >> ribatte lui, piegando i gomiti per allontanare le sue mani. << E, comunque, Molly Hooper è un’ottima anatomopatologa, tua figlia dovrebbe avere più rispetto >> dice cambiando argomento e portandolo, non a caso, sulla donna che sta frequentando.
<< Non è assenza di rispetto ma gelosia, Mycroft >> precisa lui.
<< La figlia gelosa del padre >> pensa meditabondo. << Sì, un classico >> si risponde, archiviando la cosa come poco interessante in quanto troppo banale.
<< A proposito, ti ringrazio per avermi aiutato con il riesamino della sentenza e per Leslie >> gli dice.
<< Di nulla. Come ti ho detto fin dal principio, il mio aiuto è per te sempre valido, Gregory. Direi che ora posso andare, il mio compito l’ho assolto >>.
<< Beh, spero di non dovermi ritrovare a temere di rischiare la vita per poi scoprire essere un tuo invito, la prossima volta >> dice, seguendolo con lo sguardo mentre si avvia alla porta.
<< Lo spero anche io >> ribatte, posando la mano sul pomolo della porta. << Continua a goderti la vita, Gregory >> gli dice con un sorriso sincero.
Greg vorrebbe dirgli di aspettare, di non andare via così presto, di restare lì con lui, parlare ancora un po’. Invece resta in silenzio e lo vede uscire dalla stanza.
“Avresti dovuto farlo” gli dice John nella sua testa, ma lui lo scaccia con un rapido gesto del capo.
<< Io non sono come te >> sussurra e la sua voce rimbomba nella stanza.
“E lui non è come Sherlock. E allora?” continua il dottore imperterrito.
Non ha una risposta a quella domanda. Solo quella sensazione di aver perso forse un’occasione. Quando ha allontanato la fronte dalla sua spalla per incontrare il suo sguardo. Prima di fare quella battuta alla quale poi lui ha risposto iniziando a liberarsi dal suo abbraccio. A rompere quel bellissimo momento.
<< Lo avrei rotto in mille pezzi >> dice tornando a sedere.
“O forse saresti stato tu a romperti?” propone John. “Avresti dovuto lasciare a lui la possibilità di scegliere”.
<< Bastardo >> ridacchia Greg, infastidito dal modo in cui la voce del dottore nella sua testa rigira contro di lui le sue stesse parole. Non può dargli torto, però. Sarebbe potuto essere solo un bacio. Un qualcosa di cui poi lui lo avrebbe accusato o che avrebbe potuto accogliere come un semplice gesto di affetto. Un affetto… ‘diverso’ da quello che è solito ricevere dai suoi figli, dai suoi amici e da Molly.
<< E’ che forse, John, sono semplicemente invidioso di quel che avete tu e Sherlock >> ammette alla penombra della stanza. << Perché lo sento che è qualcosa di profondo, bellissimo e che durerà nel tempo. Voi avete la forza e il coraggio per farlo durare e a me piacerebbe davvero tanto vivere qualcosa di simile >>.
“E perché non dovrebbe poterti capitare, Greg?” gli chiede, con sorpresa, la voce di Sherlock. “Ho distrutto lentamente con la mia presenza ingombrante quelle che erano le tue sicurezze e ti ho dato modo di imparare a guardare le cose da un’altra prospettiva. Perché non dovresti potermi prendere ad esempio ancora una volta e costruire, ora, qualcosa di più adatto a te?”.
<< Già, perché? >> si chiede alzandosi in piedi.
Sherlock ha conquistato l’uomo che ama e sta per distruggere il nemico che aveva giurato di bruciargli il cuore.
Greg ha messo un confine netto con la sua ex moglie, ottenendo giustizia. Sta imparando a conciliare lavoro e famiglia per poter crescere i suoi figli. Sta vivendo una relazione senza farsi troppi problemi e mantenendo una trasparenza di intenti, pensieri e sensazioni che non credeva possibile con una donna. Ha ammesso a se stesso di avere paura, di essere disperato, depresso, di avere un problema con alcol e sigarette e di doversi prendere cura di se stesso seriamente. Ne ha imparate di cosa, caspita. E ce ne sono già tante che sente più adatte a sé.
“Solo che mi ostino a non vederle, a dimenticarmene, a non riconoscerle” si rende conto.
Si avvicina alla porta e posa la mano sul pomolo prendendo un profondo respiro. Vuole uscire da questa stanza squallida e buia come fosse la sua vita prima che scoprisse l’esistenza del portale Fenix. Vuole uscire in questa luce più forte, capace di permettergli di guardare dentro di sé. Vuole camminare a testa alta, di nuovo, come faceva prima che le bufere della sua vita avessero inizio. Vuole lottare, come Sherlock gli ha mostrato sia possibile fare, per realizzare se stessi e ottenere ciò   che si desidera.
Ruota il pomolo e lascia che la luce entri.
 
 
 
 
[1] Citazione da ‘Il signore degli anelli’

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3820139