A Sky Full Of Stars

di coronaborealis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


-330 giorni; o almeno così era segnato sul mio calendario. Sorrisi leggermente: finalmente sarei andata via da questo stupido paese in cui vivo. “Cèleste! Sei in ritardo!” sentii urlare mia madre dal piano inferiore e iniziai a imprecare. Non chiamate mai i vostri figli con un nome francese in America, perché credetemi, è imbarazzante. “Arrivo mamma!” mi misi lo zaino in spalla e rischiai quasi di inciampare nei miei stessi piedi. “Cazzo!” “Cèleste! Le parole! Quante volte te lo devo dire! Che Dio abbia pietà di te!” scesi gli ultimi scalini alzando gli occhi al cielo. “Mamma, sono sicura che Dio mi perdonerà.” presi un pancake che era sul piatto in cucina. Ah, cara mamma..se solo sapessi in cosa Dio deve perdonarmi! “Signorina, io non ti perdono di certo, quando inizierai ad andare di nuovo in chiesa?” mi guardò con quel fare minaccioso e incrociò le braccia. Ecco,ci risiamo. “Mamma, sono in ritardo; ne parliamo dopo sì?” le lasciai un bacio sulla guancia e la vidi mentre alzava gli occhi al cielo e accennava un sorriso. Chiusi la porta dietro di me e notai che il cielo era nuvoloso. Guardai il portaombrelli e rivolsi di nuovo lo sguardo verso il cielo, indecisa se prendere l’ombrello o meno. Alla fine non lo presi, e mi incamminai mettendo le AirPods nelle orecchie: Lana Del Rey mi accompagnò fino alla fermata dello scuolabus. Ottimo modo di iniziare una giornata. La mia mente iniziò a vagare su come sarebbe andata la giornata e soprattutto su come avrei potuto chiedere a mia madre soldi per poter uscire dopodomani: sabato. “Cèleste!” mi toccò la spalla. Feci un balzo e alzai lo sguardo. “Ehi Tristan!” sorrisi, o almeno, ci provai e mentre mi tolsi un AirPod dall’orecchio alcune domande mi sorsero spontaneamente: 1) perché diamine mi chiamava Cèleste? Sa che odio il mio nome. “Ti sto parlando da circa 5 minuti.” sorrise e si aggiustò il ciuffo. 2) perché i ragazzi si mettono così tanta colonia? “Ohw..uhm, mi dispiace, sai che la mattina ho sempre la testa fra le nuvole.” gli sorrisi e mi persi guardando i suoi occhi verdi, tanto da dimenticarmi della domanda numero 3. “Dicevo..penso che abbiamo perso il pullman sai?” guardò l’ora sul telefono. “Se vuoi ti do un passaggio.” mi guardò. 4) se mia madre scopre che sono entrata a scuola di nuovo in ritardo, sono morta. Morta. Dio, abbi pietà di me. “Va benissimo. Grazie T.” stoppai la musica e lo seguii. “Allooora..” si mise le mani in tasca. “Mi è giunta voce che sei andata a ballare sabato scorso.” “April?” ero sicura che quella piccola stronza gli avesse raccontato tutto. La mia migliore amica diceva che Tristan era il ragazzo giusto per me,un ragazzo a posto. Dovrò farle capire nuovamente che io non provo niente per Tristan. Iniziò a ridere. “Già..” prese le chiavi della sua macchina e la aprì. Ogni volta mi dimenticavo di quanto ricco fosse. Salì sulla sua Range Rover a dir poco imbarazzata. “Uhm..sì, sono andata a ballare ma non è successo nulla di interessante T.” mi allacciai la cintura. Lo sentii sospirare e vidi che strinse leggermente il volante. “Cece, senti.. Penso che tu l’abbia capito..” mi guardò. Oh no, non ora. Non poteva dirlo. “Vieni anche tu questo sabato con noi?” lo interruppi. “Cosa?” si accigliò. “Sì, dai! Ci divertiremo! Ora andiamo che siamo in ritardo.” Sorrisi dolcemente e lo vidi ricambiare. Sapevo benissimo quello che provava per me, ma non volevo rovinare il nostro rapporto d’amicizia. Probabilmente anch’io provavo qualcosa ma non volevo avere una relazione con T. Non ora per lo meno, magari quando sarei tornata dall’Inghilterra. Magari. “Cos’hai ora?” chiuse la portiera. Lo guardai cercando di ricordare che materia avessi alla prima ora. “Algebra!” chiusi la portiera. “Cazzo no.. algebra!” piagnucolai. Lo sentì ridere. “Dai, muoviti cervellona!” accelerò il passo ed entrammo a scuola. “Ci vediamo in mensa Cece!” lo vidi correre dalla parte opposta in cui dovevo andare io. Sospirai pesantemente e corsi verso la classe in cui c’era Algebra, controllai l’ora sul mio telefono: 8.17 AM. “Oh, fantastico!” bussai e aspettai che il Prof. dicesse “avanti”. Entrai e vidi la mia classe che mi stava fissando. “Ma guarda un po’ chi è entrato ancora in ritardo..” mi guardò da sopra gli occhiali. Quei maledetti occhiali. “Mi scusi Signor..” “Niente scuse, Signorina Cooper. Questa è la terza volta che entra in ritardo. Sa che ci sono delle conseguenze.” Scrisse qualcosa sul registro. Mi guardò e giurai di aver visto soddisfazione nei suoi occhi. “Prego.” Mi porse il registro. “Vada in presidenza.” Lo guardai con odio e sentii i miei compagni iniziare a sussurrare. Quello fu il giorno fu brutto della mia vita. Presi il registro ed uscì la classe. Avevo il cuore a mille e l’unica cosa a cui stavo pensando erano i miei genitori. Li avrebbero chiamati? Sarebbero venuti qui a scuola? Giurai che non avrei avuto più una vita sociale. Questo era il karma che mi puniva, o forse era Dio? Feci per bussare contro la porta quando un ragazzo la aprì di colpo ed io, la ricevetti in piena faccia. “Cazzo!” feci cadere il registro e mi toccai il naso. In realtà non sapevo bene dove mettere le mani, sapevo solo che volevo morire in quell’istante. “Merda.” sentii sussurrare il ragazzo-portainfaccia e mise le mani sulle mie spalle. “Mi dispiace tanto..” ridacchiò. “sì, vaffanculo.” mi toccai il naso e vidi sulla mia mano alcune gocce di sangue. Alzai gli occhi al cielo. “Di bene in meglio” “Ah, non dirlo a me.” Incrociai il suo sguardo e mi ci persi completamente. Aveva gli occhi color oceano e pensai di non aver mai visto un colore del genere. “Cooper!” sentì urlare dal Preside. Sbattei gli occchi. “Sì?” “Cosa ci fa qua? E perché le esce sangue dal naso?” “Uhm..” mi toccai la fronte e guardai il registro. “Le ho aperto la porta in faccia, è colpa mia.” lo guardai di nuovo, aveva i capelli color miele e aveva le labbra piene. La mascella tesa, era nervoso. “Cooper, era ancora in ritardo non è così?” distolsi lo sguardo dal ragazzo-portainfaccia e annuì guardando il Preside. “Il Signor Wood la accompagnerà in infermeria, poi vi voglio in classe. Tutti e due.” Si chinò a prendere il registro. “Penso io a riportarlo in classe.” Mi guardò e mi fece capire con lo sguardo che questa era l’ultima delle ultimissime chance che mi stava dando. “Una mano?” vidi il ragazzo porgermi la mano. La presi e mi tirò su. “Io sono Nathan, riesci a camminare?” “Piacere Nathan riesci a camminare, io sono Cece. E, sì riesco a camminare.” Presi un fazzoletto e tamponai il naso. “Ce-ce? Che razza di nome è?” mi prese a braccetto. “Sta’ zitto, ti prego.” Ridacchiò. “Potevi svegliarti prima e venire a scuola puntuale, sai?” Lo guardai accigliandomi. “Non ti ho mai visto qui, sei nuovo?” Annuì solo. Non azzardai a continuare il discorso perché 1) come osava a parlarmi in quel modo? 2) non pensavo esistessero persone così arroganti quanto lui e 3) mi aveva sbattuto la porta in faccia, stavo perdendo sangue dal naso ed ero stordita più di quanto lo fossi già.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Era la quarta volta che ripetevo il mio nome alla infermiera. “Scusa tesoro..come hai detto di chiamarti?” “Cèleste. C, E accentata, L, E, S, T, E. Cèleste!” “S,T ed E.” la sentì ripetere a bassa voce mentre tentava di scrivere. Avrà avuto all’incirca 63 anni, e probabilmente la scorsa notte si era addormentata alle 3 e mezza del mattino. Aveva i capelli bianchi raccolti in una specie di chignon e aveva gli occhiali sulla punta del naso. Appoggiato allo stipite della porta c’era Mr. Simpatia che continuava a guardarmi ed io non capivo il perché. “Okay tesoro, puoi andare a casa se vuoi. C'è qualcuno che può accompagnarti? Ad esempio questo bel giovanotto che ti sta guardando da un bel pezzo!” ridacchiò tra sé. “ah..la vostra età è la più bella che ci sia.” “Grazie Signora Jenkins, ma sto benissimo. Rientro in classe.” le sorrisi e scesi dal lettino. “va bene, stai attento la prossima volta giovane!” guardò Nathan sorridendo. “Certo Signora.” Sorrise e lì, notai che aveva anche le fossette. Gli passai davanti e camminai per la mia strada. Sentii prendermi il polso da dietro, mi girai e lo vidi. “Non mi ringrazi nemmeno?” “E per cosa dovrei ringraziarti? Per avermi sbattuto la porta in faccia? Beh, grazie.” Mi guardò spazientito. “Sì, senti la prossima volta a colazione beviti una camomilla al posto del caffè.” Se ne andò ed io spalancai la bocca. “A me non piace nemmeno il caffè, pensa un po'!” urlai così da farmi sentire. E in quel momento suonò la campanella che segnava l'ora di pranzo. Tirai un sospiro e alzai gli occhi al cielo. Come si faceva ad essere così stronzi? Era così arrogante e mi dava sui nervi. Non lo sopportavo. “Ehi Cece!” April mi abbracciò da dietro. “Cos’è successo? Sembra che tu abbia visto un fantasma! Sei più bianca del solito.” “Tutti simpatici oggi eh.” Mi sorrise e ridacchiò. “Dai, lo sai che scherzo! Andiamo a mangiare? Ho una fame terribile!” “Andiamo piccola stronza.” Le sorrisi ed entrammo in mensa. Nella nostra scuola, la mensa era il putiferio più totale. Un po’ come il Limbo nella Divina Commedia: code che non finiscono più, gente che sbraita, che si bacia, che si spintona. “Ho il pranzo da casa, per fortuna.” Mi guardò ed io la seguii verso il tavolo numero 5; non era il tavolo degli sfigati, ma non era nemmeno il tavolo dei VIP, era un tavolo normale. Vidi Tristan messaggiare con il telefono e gli tirai un coppino. “Ahia!” mi guardò male e poi sorrise. Risi guardandolo e mi sedetti fianco a lui. “Ragazzi, oggi ero sola durante l’ora di storia perchè il ragazzo nuovo non era ancora arrivato.” Un momento, quale ragazzo nuovo? “ad un certo punto, entra un ragazzo altissimo, bellissimo e..stramegabellissimo!” sbiancai. Non poteva essere lui. Tristan rise. “Oddio April..” “Era il ragazzo nuovo!” squittì. “Cece, stai bene?”mi guardò.“Io..sì sto bene, non sono stata molto bene oggi quindi penso tornerò a casa per..uhm riposarmi, già..” mi alzai e presi il telefono. April aveva la fronte corrucciata e dal suo sguardo capii che voleva spiegazioni. “Vi scrivo sul gruppo di Whatsapp!” azzardai un sorriso ed uscii dalla mensa. Guardai le notifiche di Instagram e vidi alcuni post in cui spottavano già il ragazzo nuovo, o meglio, Nathan. Guardai il suo profilo Instagram e mi fermai fuori da scuola. “Testa di cazzo.” Sussurrai e ritirai il telefono in tasca. Adoravo il tempo nuvoloso, non faceva nè freddo, nè caldo e poteva mettersi a piovere da un momento all’altro. Tirai fuori dalle tasche un pacchetto di Marlboro Light e accesi una sigaretta. Chiusi gli occhi spirando. “Non dovresti fumare” mi girai di scatto. “Fa male.” Spirò anche lui e mi guardò negli occhi. “Adesso fai lo stalker?” “Eri tu quella che stava guardando il mio profilo Instagram 5 minuti fa.” Mi sorrise e spense la sigaretta. Diventai paonazza, ma che dico? Diventai rossa come tutto l’inferno. “Vuoi un passaggio Cece?” sussurrò. “Puoi andartene a fare in culo per quanto mi riguarda.” Lo guardai con odio e me ne andai spegnendo la sigaretta. Che gusto c’era di fumare quando intorno c’era un soggetto del genere? Lo sentii ridere di gusto. “Guarda che si mette a piovere!” Gli mostrai il dito medio e proseguii per la mia strada. Lo odiavo con tutta me stessa. Prima la porta, poi Instagram e poi..sentii una goccia cadermi in testa. “Dio, ti prego. Ti prego, non ora.” Le preghiere non funzionarono perchè mi ritrovai a metà percorso da casa mia fradicia e come se non fosse bastato aveva iniziato anche a tuonare. Maledissi Nathan, perchè alla fine era stata colpa sua. Tutti sanno che se dici la frase:”dovrebbe piovere”, poi piove. È scientificamente provato. Credetemi! Sentii una macchina passare fianco a me per poi fermarsi. “Cece!” “Mamma?” “Cosa ci fai lì sotto la pioggia? Per l'amor di Dio sali subito in macchina!” salì in macchina ed iniziò a farmi il peggior interrogatorio della mia vita. Non stetti nemmeno ad ascoltarla perché tanto sapevo che da un momento sarebbe scoppiata in lacrime dicendo che sono un disastro e dandosi la colpa su come mi aveva educato. E infatti, iniziò a singhiozzare. “mamma..ti prego” “dovevo mandarti in collegio! Ma la colpa é solo mia! Lo so benissimo! Che cosa ho fatto al buon Dio?” sospirai. Questo era il colmo. “domani volevo andare in chiesa.” Smise di singhiozzare e mi guardò. “veramente? Cèleste non farmi questi scherzi.” “no, veramente.” “Perché non stasera?” parcheggiò davanti casa. “allora andiamo stasera?” sorrisi lievemente. Mi guardò e mi accarezzò la guancia. “questa è la mia piccola Cèleste.” Mi guardai allo specchio e pensai che forse non mi ero vestita adeguatamente per andare in chiesa, così mi cambia per la quarta volta. Optai per un jeans e un maglioncino preso a caso dell’armadio, tanto avrei messo sopra il giubbotto quindi nessuno avrebbe visto il mio bellissimo maglioncino color rosa evidenziatore. Scesi di sotto e vidi mia mamma già pronta. “papà?” mi misi le sneakers. “È andato in trasferta.” “di nuovo?” la guardai cercando di decifrarla. “di nuovo. Dai, ora andiamo.” Il viaggio per andare verso la Chiesa, lo intesi come viaggio della speranza; mi stavo già per addormentare in macchina, non volevo pensare in Chiesa cosa avrei fatto. Trovammo parcheggio (no, Dai? Chi è che va a messa la sera?) ed entrammo dentro. Mi guardai intorno e non c'era gente, a parte 4 persone. Mia madre andò a sedersi di fianco ad una signora la quale la salutò calorosamente tanto da farmi pensare che fossero amiche di vecchia data. La seguii e salutai la donna. “Alice, questa è mia figlia Cèleste!” “Oh, ma che bella ragazza! Ha preso tutto da suo padre!” “E Nathan? Come sta?” Nathan? Quel Nathan? “Oh, Nathan mi fa sempre tribulare! Non capisco questi giovani d'oggi! Dovrebbe arrivare a momenti. L'ho obbligato sai? Primo giorno di scuola ed è già andato in presidenza.” “Ti capisco benissimo Alice. La mia non è da meno. Vero Cèleste?” mi guardò. “Mamma dai..” Alzò gli occhi al cielo e rise insieme ad Alice. Ci invitò a sedere con lei e suo figlio ma io rifiutai l'invito. Mia madre mi fulminò con lo sguardo ed io in quel momento ebbi veramente paura. Mi sedetti mostrando uno dei miei sorrisi più belli e sinceri (non è vero) che avevo, e iniziai di nuovo a pregare affinché Nathan non venisse. “Cèleste la smetti di fare sceneggiate? Per l’amor di Dio.” Mi sussurrò. Sentii il portone della Chiesa aprirsi per poi chiudersi di nuovo e lì, capì di essere nuovamente fottuta.

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