Per amore di....

di cin75
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima Parte ***
Capitolo 2: *** Parte Seconda ***



Capitolo 1
*** Prima Parte ***


“Che stai facendo ?” chiese Jensen mentre vedeva l’uomo a cui fino a pochi minuti prima, aveva concesso tutto se stesso.

“Mi sto vestendo.” rispose lui, rimanendo seduto sul bordo del letto, intento a raccattare il pantalone sul pavimento.

“Questo lo vedo, ma perché?” fece con tono sorpreso. No! Forse deluso.

“Vado via!”

“Mi ripeto: perché?!” e ora era decisamente irato.

“Perchè è meglio così, Jensen. Perchè questo….questo non doveva succedere!” sbottò Jared, voltandosi verso di lui finalmente e mostrandogli le lenzuola ancora smosse dal loro appassionato incontro amoroso.

“Questo….non doveva succedere?!” replicò stranito, Jensen, indicandogli anche lui, il letto sfatto.

“No, cazzo. No!!” più deciso.

“Fammi capire!!” ed ora anche Jensen gli parlava con voce ferma e decisa. “Esci con me per due settimane. Mi tratti come se fossi un gioiello prezioso. Mi baci come se baciarmi valesse l’aria che respiri e la vita stessa e quando “quello che non doveva succedere” succede, tu ti vesti e te ne vai dicendomi che è stato tutto un errore?!” disse ricordandogli i giorni passati insieme.

“Jensen...”

“Che gran bastardo!!” esclamò furioso, coprendosi meglio con il lenzuolo che fino a poco prima gli arrivava a mala pena sulla linea dei fianchi ben torniti.

“Jensen, no!”

“Invece sì! Sei un bastardo figlio di puttana!! Se era una semplice scopata a cui stavi puntando in questi giorni, potevi dirlo la prima sera che siamo usciti. Te ne avrei indicati a decine di ragazzi disponibili ad una botta e via!” sembrò volerlo offendere.

A quella ben poco nascosta allusione ad una semplice sveltina, Jared, si sentì lo stomaco torcere. Non aveva mai pensato ad una cosa del genere con Jensen, tanto meno con qualcuno che nemmeno conosceva.

E poi, Jensen era diventato importante. Troppo e in troppo poco tempo. “No!!!!” ribadì quindi con decisione.

“E allora perché?? perché ti stai comportando così??!” replicò il biondo quando, nel tono dell’altro, scorse frustrazione. “Manca solo che mi lasci una pezzo da 50 sul comodino per farmi stare buono!”

“Non osare!!!!” lo rimproverò Jared, offeso da quell’ultima affermazione.

“No! Tu non osare. Perché è così che mi stai facendo sentire, Jared!!” replicò offeso, il biondo.

“Jensen...tu lo sai che lavoro faccio! Cosa sono!” fece quasi a volergli ricordare che era un capitano del Corpo dei Marines.

“Sì, certo. Ma questo che cosa...” fece e poi si fermò quasi scioccato dall’idea che gli si era flashata in quel momento. “Non vorrai dirmi che tu….che l’esercito ancora non accetta quelli come...”

“Cosa?? No!!….l’epoca “niente gay nell’esercito” è finita da tempo ormai!!” lo rassicurò Jared.

“E allora cosa?!” fece Jensen, mentre Jared sospirò all’ennesimo richiamo.

“Me lo hanno comunicato solo ieri...” fece dispiaciuto.

“Cosa ti hanno comunicato?!”

“Tra una settimana dovrò ripresentarmi al comando e lì mi affideranno una nuova missione. Si parla di Iraq o Afghanistan. E si parla di molti mesi, forse più di un anno.”

“Cosa ?..più di un...” trasalì Jensen.

Sapeva che prima o poi Jared avrebbe ripreso servizio, ma non così presto e non per così tanto tempo.

“Già.” ammise sconsolato Jared, che ora , si era spostato a sedersi meglio accanto a Jensen e non più ai piedi del letto. “Stavo bene con te. Sto bene con te.” disse. “Cavolo, se ci sto bene.” precisò con più entusiasmo. “E quando mi hanno comunicato di questa missione, io non volevo lasciarti come se niente fosse. Ma mi ero ripromesso che non sarei andato oltre, che non ti avrei fatto la carognata di venire a letto con te e poi sparire per chissà quanto tempo. Non era giusto, non lo meritavi. Non lo meriti.” disse accarezzandogli la spalla , giù fino alla mano che teneva ancora il lenzuolo stretto al corpo.

“E cosa è successo ieri sera , allora?” e questa volta nel tono di Jensen, non c’era più astio, ma solo dolcezza.

“Tu. Sei successo tu, Jensen.” quasi sussurrò Jared.

“….” non disse niente. Dolcemente stranito.

“Il modo in cui mi hai guardato tutta la sera, come mi hai abbracciato quando sono venuto a prenderti, il modo in cui mi hai ascoltato , mi hai parlato. I tuoi occhi sempre attenti ad ogni mio mutamento. Il contatto continuo delle tue mani sulle mie. Il modo in cui mi hai baciato in quel parco. Ti sei preso tutto di me e al tempo stesso sembrava come se ti stessi arrendendo a me e alle mie braccia che ti stringevano. Hai vinto.” disse sorridendogli. “Mi hai sconfitto. Su ogni fronte. O forse ti ho lasciato vincere perché infondo infondo ti volevo disperatamente. Ma ora...ora...”
"Ora vuoi andare via!" fece con rammarico, ma senza rabbia.
Non gli piaceva, affatto. Ma , alla fine, aveva capito il comportamento del compagno.

"Sì!” fece poco convinto Jared e poi: “No!” invece con più decisione. E poi ancora: “Dovrei!”

“Vedo che sei deciso, capitano!!” lo provocò Jensen, carezzandogli la gamba.

“No! Porca miseria, no. Non voglio andare via!!" ammise felicemente frustrato.

“E allora non farlo!”

“Jensen...”

Il biondo si drizzò a sedere, lasciando cadere sulle gambe il lembo di cotone che ancora gli copriva il torace. Afferrò con decisione le mani dell’altro e le strinse forte tra le sue. “Lascia decidere a me se devo o non devo fare il fidanzato frustrato dalla tua lontananza. Io non sono uno dei tuoi soldati a cui dai ordini e che deve obbedire. Posso e so prendere le mie decisioni da solo.”

“Lo so! Cavolo, se lo so!!” convenne Jared, portandosi quelle mani alle labbra, per poterne baciare le nocche.

“Allora io decido che ti voglio, che voglio stare con te, nonostante tutto. Nonostante la tua partenza.” proclamò convinto. “Ci sentiremo. Ci scriveremo. Ci sono le videochiamate e possiamo...”

“Cosa?? avere una relazione a distanza?!” sembrò scherzare.

“Sì. Se mi vuoi, sì. Se tieni a me, come dici di tenere a me, sì, Jared. Avremo una relazione a distanza e poi una molto più ravvicinata quando e ogni volta farai ritorno.” promise.

Jared sorrise , non più tormentato, dopo quella promessa di Jensen.

Vide i suoi bellissimi occhi verdi brillare entusiasti come la prima volta che lo investirono. Rivide il suo dolcissimo sorriso impertinente. Sentì di nuovo quel meraviglioso calore che pareva avvolgerlo ogni volta che Jensen gli era vicino.

“Molto ravvicinata?!” fece il giovane , ammiccando appena.

“Estremamente ravvicinata!” rispose a tono Jensen, avvicinandosi appena.

“Estremamente??!!” azzardò ancora, Jared.

“Decisamente.” e le sue braccia erano di nuovo al collo dell’altro, pronte a riportarlo su quel materasso, tra quelle lenzuola.

“Jensen...” sussurrò Jared, mentre si sdraiava di nuovo accanto a Jensen.

“Si?!” rispose l’altro, mentre con movimenti sensualmente lenti, spingeva Jared spalle al materasso e lui, gli saliva cavalcioni.

“E se mi stessi innamorando di te?!” domandò con naturalezza, Jared, mentre iniziava a carezzare voluttuosamente il torace nudo del compagno.

Jensen sorrise, radioso. Si sistemò meglio e piano scese , fino a raggiungere con il suo viso quello dell’altro. “Io farei di tutto perché tu lo faccia, Jared. Non sai quanto io voglia che tu ti innamori di me!!” confessò, prima di mordergli delicatamente il labbro inferiore.

“Sul serio?!”

“Sul serio!”

“Perchè?!”

“Perchè io mi sono già innamorato, idiota!!!” confessò senza ombra di dubbio.

Jared strabuzzò gli occhi, ma non per l’ansia, quanto per la felicità di essersi sentito dire una cosa del genere.

Gli bastò un movimento deciso e potente, per ritrovarsi ad essere lui quello che ora sovrastava il corpo muscoloso di Jensen.

“Dimostramelo!” esclamò malizioso al biondo.

Jensen, non si lasciò sorprendere più di tanto e infatti prese il soldato decisamente contropiede.

Gli colpì il braccio che Jared teneva teso per tenersi sospeso su di lui. Lo colpì all’altezza del gomito così che il braccio gli si piegasse e Jensen approfittando di quella perdita improvvisa di equilibrio, riacquistò la sua posizione di predominio.

“Whoa!!!” esclamò sorridendo Jared. “Credo di averti insegnato qualche trucco di troppo!” fece ancora cercando di giustificare quel suo momentaneo ko.

“Già!! sono uno che impara in fretta , soldato!” replicò soddisfatto Jensen, mentre si sistemava meglio sul corpo del compagno e mentre gli fermava con movimenti decisi ma gentili , i polsi, al di sopra della testa. “Ora, caro capitano di prima classe, sta’ fermo così e lascia che io ti dimostri in quanti modi mi sono innamorato di te!” e così dicendo , Jensen, baciò quasi con devozione ogni parte di corpo che riusciva a raggiungere dalla posizione in cui era.

Poi , quando vide, che Jared si era definitivamente arreso alle sue labbra lussuriose, gli lasciò i polsi e iniziò a scendere verso il torace e poi lo stomaco e poi il ventre teso a causa del mal trattenuto ansimare.

E poi….e poi ancora giù, verso quel paradisiaco inferno di piacere.

E quando , Jensen, vinse , anche su quel campo di battaglia, Jared non potè che lasciare che il suo corpo si inarcasse , preda di un piacere intenso, mentre la bocca calda e la lingua vellutata del suo intraprendente amante, lo portavano sull’orlo di un estatico precipizio e quando tutto sembrava star per finire, il calore dal suo basso ventre, sparì.

Jared, strabuzzò gli occhi e si costrinse a guardare verso il basso, dove incontrò dei magnifici occhi verdi, liquidi di desiderio e lussuria.

“Abbandoni….la contesa?!” ansimò Jared, allungando una mano per carezzargli il viso arrossato.

“Mai. È solo che non voglio vincere così….in fretta!!” lo provocò con tono malizioso.

Jared sorrise anche se non sapeva cosa volesse fare l’amante, quando all’improvviso, vide Jensen mettergli una mano alla parte posteriore del ginocchio. Gli fece flettere la gamba e in un attimo, la lingua del biondo carezzava quella parte intima e segreta che era la porta del piacere del soldato.

“Gesù!!!!” esclamò in estasi , Jared.

Le sensazioni di piacere gli esplosero nella testa e nello stomaco e più sentiva Jensen conquistarlo in quel modo, più una follia lasciva lo confondeva magnificamente. “Jen…..Jens...Jensen!!” riuscì a chiamarlo finalmente, con il nome per intero.

“Te l’ho dimostrato abbastanza, mio capitano!” sussurrò vittorioso Jensen, mentre anche dentro di lui, sentiva ormai, un impellente piacere farsi strada con furia.

Jared, era uno spettacolo a letto. Sia come amante che come amato.

“Sì...sì...sì. Ma ora basta. Vinci questa guerra!” lo stuzzicò, sistemandosi meglio contro il corpo dell’altro.

“Ai tuoi ordini!” sibilò al limite anche Jensen.

E piano, con movimenti mirati e sensuali, conquistò definitivamente e profondamente, il corpo del compagno, che ormai perso in quel piacere, gli si concedeva , lasciandogli il pieno potere per quell’amplesso che stava per esplodere definitivamente.

Jensen, si ubriacò della sola visione di Jared. Si perse dentro di lui. Si abbandonò quando sentì l’altro abbandonarsi a lui e alle sue spinte cadenzate. E quando il piacere urlò dentro di loro la voglia esasperata di voler esplodere, le spinte divennero incessanti, i gemiti affannati, i baci sempre più voraci, le mani sempre più ansiose di toccare e accarezzare, i muscoli si contrassero in una spasmodica attesa e i due amanti, si lasciarono andare e insieme godettero di quel momento di pura estasi.

 

Quando i respiri, dapprima affannati e sincopati, divennero pian piano di nuovo regolari, Jared e Jensen, ancora non riuscirono ad allontanarsi l’uno dall’altro. Rimasero stretti in quel loro abbraccio per un tempo indefinito.

Tra le loro labbra un sussurrato “Ti amo!” e poi più dolorosa e amara , si fece avanti la consapevolezza di un prossimo futuro.

“Sarà difficile lasciarti, Jensen!”

“Sarà difficile lasciarti andare, Jared!

 

Circa una settimana dopo, come previsto. Jared dovette ripresentarsi al comando. Lasciare Jensen fu dura. Lasciare andare Jared fu terribile.

Ma i due si erano fatti una promessa. Di sentirsi almeno una volta a settimana così come permetteva il comando comunicazioni. E così fu.

Jared gli parlava delle perlustrazioni e della gente , brava gente, che incontrava e che nulla aveva a che fare con quelle guerriglie che ancora danneggiavano il popolo Afghano. Jensen gli diceva di come andassero bene le cose al Birrificio. Del nuovo capannone che aveva allestito per i suoi corsi da artigiano.

Progettavano dove passare quei giorni di licenza che Jared, diceva, gli avrebbero concesso. Mare, montagna...o semplicemente chiusi in camera da letto!!!

Tutto sembrava andare bene.

Sembrava.

 

Circa sette mesi dopo.

Ackles?

“Sì!”

Parlo con Jensen Ackles?!” chiese ancora la voce al telefono.

“Sì, sono io. Con chi parlo?”

Salve! Io sono Misha Collins. Il dottor Misha Collins del distretto militare …..

“Mish??” lo appellò sorpreso, Jensen.

Come scusi?!” fece, invece, l’altro, stranito da quel soprannome che solo uno usava per chiamarlo.

“Sei Mish?, l’amico dottore di Jared?!”

Io...io….sì. Sono io!” ammise.

“Oddio!! Jared mi ha parlato di te così tanto. Mi ha detto che siete amici da una vita e che quando lui si è arruolato , tu ti sei laureto in medicina e lo hai imitato. Ti sei arruolato nei corpo medici.”

Sì...a quanto pare ti ha parlato davvero di me!” e parve quasi sconsolato nell’ammetterlo.

“Sì, davvero. E mi ha confessato anche qualche vostra idiozia giovanile!”

O per l’amor del cielo, dimmi che non ti ha parlato del mio periodo biondo mechato!!

“Ok! Come vuoi. Non me ne ha parlato!” fece ironico Jensen. E poi: “... come non mi ha parlato del suo periodo “fascia in fronte alla Rambo”!!”

Non mi ci far pensare. Dio!! com’era ridicolo. E comunque...giuro che lo uccido!!

“No, ti prego. Perchè vuoi privarmi di così tanti meravigliosi aneddoti. Ma dimmi? Come mai mi chiami? Non che non mi faccia piacere, ma...”

Già! Veniamo alle cose serie!” così come, improvvisamente era diventata seria la voce di Misha.

“Serie? Misha è successo qualcosa?!”

Ascolta Jensen...

“Mio Dio. E’ successo qualcosa a Jared. Sta male? È stato ferito?!” chiese allarmandosi.

Sì, sì e ancora sì a tutte le tue domande, Jensen!

“Dov’è? Voglio andare da lui. Voglio stare con lui. Misha devi dirmi tutto. Vengo al comando.” fece deciso.

No!!” lo fermò autoritario Misha.

“Perché???quasi gridò.

E’ per questo che ti ho chiamato. Non puoi venire al comando. Vediamoci al bar all’angolo tra la Decima e Roosvelt.” gli riferì.

“Tra la Decima e Roosvelt. Sarò lì tra mezzora.”

Ok! Io sono più vicino. Ti aspetto lì.

 

Arrivare in quel bar , per Jensen, fu come fare il giro del mondo a piedi. Un percorso infinito. Ma quando riuscì a trovare parcheggio poco lontano dall’ingresso del locale, si catapultò fuori dall’auto e raggiunse quasi di corsa il bar. Entrò , facendo tintinnare con forza, la campanella posta sopra la porta di ingresso. Guardò gli astanti e tra loro, non potè sbagliare e individuò Misha. Bruno, perennemente scapigliato, faccia da finto innocente, occhi incredibilmente blu. Esattamente come, tante volte, glielo aveva descritto Jared.

 

“Jensen?!”

“Misha?!”

“Sì! Vieni, siediti.” lo invitò il bruno.

“Dimmi tutto. Che cosa è successo a Jared. Come sta? Dov’è?”

“Ok! Una cosa alla volta. C’è stato un attacco nelle zone in cui operava la squadra di Jared…”

“Un attacco?” quasi esalò, il biondo.

“Sì. Erano in perlustrazione su un terreno accidentato. L’Humvee su cui viaggiava Jared è stato colpito da una granata interrata. Lo scoppio ha sbalzato il mezzo in aria e lo ha ribaltato. È finito in una scarpata. Il soldato che era con lui purtroppo non ce l’ha fatta, mentre Jared è rimasto gravemente ferito.”

“Gravemente….cosa….cosa...” e ora Misha poteva vedere e sentire chiaramente il panico sul volto e nella voce di Jensen. Ma continuò comunque il suo resoconto.

“L’urto esplosivo lo ha sbalzato fuori del veicolo attraverso il parabrezza e l’Humvee gli è finito addosso. Ha le gambe messe male, davvero davvero ridotte male.”

“Ma lui...sì, insomma, lui rischia di...” fece senza avere il coraggio di finire la frase e quella parola assurda e inaccettabile.

“No, Jensen. Non è in pericolo di vita. È stabile e i parametri vitali sono buoni, date le sue condizioni. I soccorsi sono stati tempestivi e veloci e soprattutto efficienti.” sembrò volerlo rassicurare.

“Dio ti ringrazio!! Ma allora cosa….perchè non sembri esserne sollevato?!” si ritrovò a chiedere Jensen, vedendo sul volto del suo interlocutore uno sguardo come apprensivo e preoccupato. “Che altro c’è? Cos’è che non mi dici?”

“Il problema è questo e che sia chiaro che quello che ti sto per dire, deve rimanere tra noi. Io non ti ho mai detto quello che sto per dirti. Chiaro?” fece severo.

“Misha ma cosa...”

“Jensen devi giurarmelo o rischio il congedo con disonore, oltre che l’espulsione dall’albo medico.” lo avvisò, timoroso.

“D’accordo! D’accordo!” lo rassicurò, Jensen.

Misha respirò affondo e dopo essersi guardato attorno, si sporse meglio verso Jensen, che istintivamente , compì lo stesso movimento col busto.

“L’ospedale in cui adesso è ricoverato Jared non ha né i mezzi né lo staff medico per curargli le ferite alle gambe. Quel tipo di ferite.”

“Ok! Trasferitelo!” asserì semplicemente, il biondo.

“Non è così facile. Jared non ha familiari stretti come ben sai. La richiesta di trasferimento può venire solo da un consanguineo diretto o da qualcuno legalmente legato a lui. In caso contrario , il paziente, in questo caso Jared, resta dov’è e deve accontentarsi delle cure che può avere. L’esercito non si assume responsabilità di sorta in casi simili. E’ una sorta di tacito accordo tra Governo e Stato Militare.”

“Ma di che rischi stai parlando Misha? Di che situazione stai parlando per ...”

“Amputazione.” lo spiazzò, Misha.

No, anzi. Lo scioccò definitivamente.

“Co...sa?”

“Nelle condizioni in cui è adesso Jared, i medici stanno valutando l’amputazione di entrambe le gambe, non potendo intervenire in altre maniere!”

“Nooo!!!!” quasi gridò, battendo il pugno sul tavolo.

“Jensen, calmati!” lo richiamò Misha, dato che quella reazione aveva attirato l’attenzione dei pochi clienti su di loro.

“Calmarmi? Calmarmi??? un gruppo di medici inetti sta decidendo come tagliare le gambe a Jared e tu mi dici di calmarmi?” fece in un sibilo rabbioso.

“Jensen...” sembrò volerlo ancora calmare.

Jensen chiuse per un attimo gli occhi. Nella sua mente il corpo del compagno: perfetto, le corse che facevano sulla spiaggia e le loro passeggiate interminabili nel parco. Un attimo dopo: la triste immagine del giovane seduto su una sedia a rotelle.

I suoi occhi fiammeggiarono di rabbia quando li riaprì sul medico di fronte a lui.

“Ok! Come lo porto via da lì? Cosa serve perché io possa avere la possibilità di richiedere il trasferimento immediato di Jared nel Politrauma di Houston? Lì c’è un mio amico, il dott. Morgan. Un chirurgo ortopedico in gamba. Lui saprà cosa fare!”

“Jensen, io...”

“Jared non accetterà mai una vita su una sedia a rotelle. È un soldato, uno sportivo. Non sta fermo nemmeno quando dorme. Se gli tagliano le gambe non farà altro che rimpiangere di non essere morto. Quindi, se sei l’amico che lui mi ha detto che sei...dimmi cosa cazzo posso e devo fare?” disse con decisione.

Misha lo ammirò perché in quelle parole potè trovare e scorgere tutti i sentimenti che legavano Jensen a Jared. Ed erano sentimenti sinceri e profondi. Quindi decise di aiutarlo, anche se ciò che stava per dirgli era qualcosa che non era da tutti.

“Non sei un consanguineo ma se potessi provare che sei legalmente legato a lui, potresti….insomma….tu come...”

“Legalmente legato…..vuoi dire...sposato?” azzardò Jensen. Sorpreso. Spaesato più che altro.
“...” e Misha fece solo spallucce.

“Ma noi non...”

“Lo so….lo so. E’ un….. non so come ...lo so, è un’idea folle...” si tirò indietro , il medico. Forse era un passo troppo azzardato. “Non saprei nemmeno come potresti fare a ...”

“Forse posso renderlo reale.” lo spiazzò immediatamente dopo, Jensen, fermandolo

“Sul serio?” esclamò sorpreso, Misha.

“Quando decideranno sull’operazione?!” si informò, mentre metteva mano al cellulare.

“Un paio di giorni, al massimo tre. Poi dovranno agire o le ferite andranno incontro ad infezioni, dato che non stanno facendo niente in previsione dell’amputazione. Potrebbe rischiare una situazione setticemica.”

“Ok! Mi serve un giorno per quello che voglio fare. Tu comincia a spargere la voce che il marito di Jared sta mettendo insieme i documenti per richiedere il trasferimento del compagno presso la sede ospedaliera di Houston.”

“Il….marito….di Jared?” balbettò Misha, mentre vedeva Jensen alzarsi e porgergli la mano.

“Piacere. Jensen Ackles Padalecki. La partecipazione e la bomboniera te le manderò quando Jared sarà qui in Texas!!”

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Capitolo 2
*** Parte Seconda ***


Jensen uscì di fretta dal locale e non appena fu di nuovo nella sua macchina, si affrettò a digitare il numero che gli serviva.

“Osric?!”

Chi parla?!” rispose la voce giovanile dall’altro lato

“Ackles...Jensen Ackles!”

Ohi!!! professore. Come mai questa telefonata?!

“Senti , lo so che per mesi ti ho detto di stare lontano dai guai, di stare attento alle amicizie , a chi frequentavi. Che durante i corsi al birrificio ti dicevo che i computer ti avrebbero incasinato la vita...”

Ehi, prof! Non so che cosa ti abbiano detto, ma….non sono stato io!! e poi….” si mise già sulla difensiva il giovane ex corsista.

“Osric….ho bisogno del tuo aiuto.” lo fermò.

Del mio….

“E anche di quello di quella tua amica hacker!” precisò, Jensen.

Dimmi dove e quando e sarò lì prima di te, prof.” concluse Osric, senza indecisione, poiché sapeva che se Jensen gli aveva fatto una simile richiesta, la cosa in ballo era davvero grossa e importante.

 

Infatti sia lui che la sua amica Felicia, rimasero senza parole, mentre Jensen raccontava tutto. Di Jared, di come si erano conosciuti e innamorati. Della partenza di Jared , del suo ferimento e di quello a cui andava incontro se non fosse riuscito a riportarlo in Texas.

“Wow!!” esclamò quasi commossa la ragazza. “E’ così romantico e triste….e romantico….e...”

“Triste, sì!!” la fermò Jensen, guardandola stranito. “Comunque, questa è la storia. Dall’inizio alla fine, cioè due ora fa. Mi serve quel documento, Osric. Mi serve un certificato di matrimonio che sembri talmente valido da fregare lo Zio Sam. Puoi farlo? Potete farlo?” chiese con apprensione. Forse speranza.

Felicia si tolse dal viso l’espressione da amante di libri Harmony e rispose per Osric.

“Tesoruccio, ho hackerato il Norad quando avevo 15 anni. Vuoi che non riesca a farti diventare un uomo onesto e maritato in meno di tre ore?!”

“Tre...ore? Solo….tre ore?” ripetè spiazzato, Jensen.

“E me la prenderò con tutta calma!” precisò quasi seccata, lei.

“Oh! credimi prof, è brava. Davvero davvero brava!!” convenne orgoglioso, Osric, mettendo mano già al pc della ragazza, e porgendoglielo.

Jensen vide i due mettersi all’opera immediatamente. Cliccare velocemente sui tasti mentre finestre di siti dell’archivio di Stato, si aprivano con una facilità, manco fossero stati semplici video youtube. Lavoravano in perfetto sincrono e si passavano con nonchalance le informazioni che recuperavano nel Deep-web.

Così li lasciò fare e decise di chiamare e avvisare Misha.

 

“Misha?”

Sì, dimmi!” fece la voce attenta del medico.

“Stasera ti porterò i documenti.”

Cosa? Stasera?” rispose sorpreso.

“Firmati e timbrati. Fa’ quello che devi e riportami Jared.”

Non che io non ne sia felice, ma….Jensen che hai fatto?!” domandò alquanto preoccupato.

“Tutto ciò che dovevo. Per amore di Jared.”

 

Come deciso, il giorno dopo, verso sera, Misha consegnò all’ufficio preposto i documenti con la richiesta di trasferimento del Capitano di prima classe Jared Padalecki presso l’Ospedale Politrauma di Houston. Richiesta presentata dal coniuge dell’ufficiale, nella persona di Jensen Ackles.

Due giorni dopo, dopo averlo stabilizzato e preparato per il lungo volo, Jared atterrò allo Houston Airport, dove un elicottero ospedaliero lo avrebbe portato al politrauma.

 

“Jeffrey….è arrivato? Quanto manca? Dov’è?” continuava a chiedere nervosamente Jensen.

“Jensen datti una calmata!” lo richiamò il chirurgo. “Sono il primario di chirurgia ortopedica e non pensi che se un paziente nelle condizioni di Jared, arrivato dall’Afghanistan, e affidato a me per richiesta del suo compagno legale, fosse arrivato, non lo saprei? Non te lo direi?” gli fece presente anche se in tono ironico, ma più che altro per tranquillizzare l’amico in ansia.

“Hai ragione….scusa...scusa. Hai ragione!” provò a calmarsi.

“L’elicottero che lo porterà dall’aeroporto a qui, arriverà a minuti. Quindi tranquillo. Tra un po’ rivedrai….tuo marito!” e questa volta era davvero ironico.

“JD!!” rispose esasperato, notando quel tono. “Non adesso!!”

“Lo so , lo so. Ma prima o poi dovrai spiegarmi come cosa e quando, ragazzo!” fece deciso.

“Sì. Ok!” e in quel momento una dottoressa richiamò l’attenzione del chirurgo.

“Dott. Morgan?!”

“Sì, Kim?!”

“L’elicottero è quasi sulla piattaforma. Un paio di minuti. Ci hanno comunicato che il paziente aveva i parametri leggermente sfasati a causa del volo e delle sue condizioni attuali e hanno preferito sedarlo.” riferì.

“D’accordo. Avvisa tutti che preparino il necessario e che siano pronti. Voglio la macchina della Tac pronta e comunica di allestire la sala operatoria 2. Non avremo molto tempo se le condizioni delle gambe sono esatte e sono quelle che mi hanno riferito. Io vado sul tetto.”

“Vengo con te!” si fece avanti , Jensen.

“Assolutamente no. Non sei un medico e non sei autorizzato e poi mi faresti solo perdere tempo.” lo bloccò il medico.

“Ma io….”

“Tu...devi restare qui e fare il bravo. Ti prometto che prima di portarlo in sala operatoria te lo farò vedere. Ma ora devi fare quello che dico io e devi fidarti.” lo rassicurò.


“E forse puoi fidarti anche di me!” fece , la voce di Misha, poco fuori l’ufficio dell’ortopedico.


“Misha!!!!” fece Jensen, felice di vederlo.

“Il dott. Collins?!”

“Sì!” fece l’altro medico porgendo cordialmente la mano che venne prontamente stretta.

“Ho sentito parlare molto bene di lei e non solo dal nostro ragazzo qui. Le va di affiancarmi?! Due mani in più mi farebbero comodo.”

“Non chiedo di meglio!” rispose Misha e poi rivolgendosi al ragazzo in trepidazione, provò a rassicurarlo. “Tranquillo, Jensen. Jared se la caverà e tornerà da te con tutti i pezzi originali!!” gli disse facendogli l’occhiolino.

Jensen lo ringraziò solo con lo sguardo e poi: “Ve lo affido. Ma vi prego...vi prego...”

“Ci prenderemo cura di lui!” fece ancora Misha, prima di seguire il chirurgo ortopedico verso il tetto.

 

Pochi minuti dopo, il rumore assordante e ritmico delle pale dell’elicottero avvisò che Jared era arrivato. I due medici e i vari assistenti lo accolsero con professionalità e velocità. Gli furono applicate flebo nuove, misurata la pressione, preso il ritmo cardiaco e non appena tutti insieme, varcarono le porte dell’ascensore e si ritrovarono nei corridoi ospedalieri, Morgan , ordinò che il soldato venisse portato immediatamente nella sala Tac. Voleva una visione immediata del danno a cui si andava ad approcciare.

Le immagini apparvero dopo qualche momento che Jared fu nel macchinario.

“Cavolo!!” esclamò Morgan.

“Già...è messo male!” convenne Misha, vedendo i danni al ginocchio destro e al femore sinistro. Le varie fratture. Sarebbe stata davvero un'impresa rimettere a posto tutto. Se qualcosa andava male, Jared, sarebbe rimasto o paralizzato o , nella migliore delle ipotesi, vistosamente claudicante.

“E l’infiammazione non aiuta. Quegli sciagurati non gli hanno somministrato né antibiotici né altro. Erano già pronti a tagliare tutto!”

“Lo so ed è per questo che ...”

“Ci ritroviamo con i promessi sposi!” ironizzò Morgan.

“Dott. Morgan...” lo richiamò Misha, intuendo l’apprensione con cui quella specie di battuta era stata fatta.

“Tranquillo, dottore. Il padre di Jensen era il mio migliore amico e quando è morto, ho fatto in modo che a quel ragazzo non mancasse niente. So che ha la testa sulle spalle, non ha mai chiesto niente e si è creato una vita e una carriera tutto da solo. In quel birrificio c’è il suo sangue e il suo sudore e di nessun altro. Quindi se ha fatto qualcosa di….strano...” azzardò come parola. “Avrà comunque il mio appoggio e il mio sostegno, perché so che lo ha fatto per la ragione giusta.”

“E ci sarò anche io!”

“Sicuro, Misha?!” lo spiazzò il medico più adulto.

“Certo. Perché questo dubbio?!”

“Sei un medico, ma anche un militare e quello che è stato fatto, se ti coinvolge in qualche maniera, ti mette parecchio rischio!” gli fece presente.

“Jared è come un fratello per me. Mi è stato vicino nei momenti più brutti della mia vita e se, oggi o in futuro, avrà bisogno di me, io ci sarò!”

“Mi fa piacere sentirtelo dire!”

“Mi fa piacere dirlo!!” e nel mentre di quell’amichevole scambio, un infermiere entrò nella sala tecnica e avvisò che tutti gli esami di Jared erano pronti.

“Ok! Portatelo in stanza e preparatelo per l’operazione. Voglio tutte le immagini in bella vista in sala 2!”

“Si, dottore.” e andò via.

“Ora, che ne dici...mentre io inizio a prepararmi, tu porti il nostro Jensen a vedere la sua dolce metà!” scherzò.

“Sì, credo sia meglio o gli verrà un infarto se non lo facciamo!!” rispose sorridendogli.

 

Jensen quasi corse lungo il corridoio quando Misha lo richiamò avvisandolo che poteva vedere Jared prima che lo portassero in sala operatoria. Ma entrò di soppiatto nella stanza , quando vide che il compagno aveva gli occhi chiusi.

Si avvicinò piano al letto. Il ragazzo aveva ancora i segni dell’incidente sul viso. Sul sopracciglio e un taglio vistoso sulla guancia.

Stava per sfiorargli piano il profilo quando Jared girò il volto verso di lui e i loro occhi si incontrarono di nuovo.

E tutto quello che provavano l’uno per l’altro esplose di nuovo libero. Forte.

 

“Ehi!!” fece con un filo di voce Jared, stordito dalla sua situazione e dai medicinali che , prontamente, a Houston, gli avevano somministrato.

“Ehi, soldato! Ciao, come stai?!” domandò con dolcezza, per non farlo agitare , anche perché vide Jared un attimo confuso dalla situazione e infatti….

“Jen….Jensen...Che ci fai qui? Come hai fatto ad arrivare fino...fino a... a Kandahar?!”

Jensen deglutì decisamente ansia. Si sedette con attenzione sul bordo laterale del letto e provò a spiegare a Jared quello che era successo e che stava per succedere, ma decise di evitare di spiegargli con precisione quello che aveva fatto lui a causa della situazione delle sue gambe.

“Jared...Jared...non sei più in Afghanistan. Sei stato ferito vicino Sangin e sei stato trasportato all’ospedale medico più vicino al sito americano: Kandahar. Ho fatto richiesta di farti rientrare in patria così che tu potessi essere curato a dovere, dato che nell’ospedale in cui ti trovavi non avevano i mezzi e le possibilità per farlo.” raccontò in breve.

Jared lo fissò stranito. Era confuso, sì. Ma le regole le ricordava bene.

“Ma come…..come….Solo un parente o un...un coniuge...può ...può fare una simile richiesta.” riflettè perplesso.

Jensen lo guardò sorridente, con quel sorriso che aveva conquistato Jared fin dalla prima volta che lo aveva visto dietro il bancone del suo birrificio.

“Beh! Ben tornato a casa , caro marito!”

“Cosa...cosa hai fatto, Jensen!?” trovò la forza di chiedere con decisione, prima che i medicinali somministratigli per l’operazione facessero effetto.

“Tutto ciò che dovevo. Per amore tuo, Jared!” fu la risposte immediata.

“Jensen...”

“Ma tu tienimi il gioco, o finiremo nei guai. In molti guai. Ok, soldato?!” tentò perfino di scherzare, Jensen. Jared lo guardò perplesso, o meglio, lo guardò preoccupato perché non riusciva a capire il bentornato che Jensen gli aveva rivolto.

Stava per chiedere altro, quando Misha fece ingresso nella stanza.

“Ok! Padalecki. Vediamo di rimetterti a posto!”

“Mish..lo operate adesso?” si fece avanti Jensen.

“Ho visto i risultati degli esami radiologici. E anche Morgan e concordiamo che non possiamo aspettare, rischia un infezione diffusa se non interveniamo immediatamente.” spiegò.

Jensen annuì e poi rivolgendosi di nuovo a Jared, gli sorrise di una dolcezza che forse Jared non gli aveva mai visto.
In quel sorriso c’era tranquillità, c’era preoccupazione, c’era pace, c’era ansia. C’era apprensione e conforto. E poi forte e potente più di ogni altra emozione visibile, c’era amore. L’amore che Jensen provava per lui.

“Ok!Ok!….Ci vediamo dopo! Sarò qui quando ti sveglierai!” gli disse il biondo, accarezzandogli la fronte sudata e lasciandogli un bacio veloce ma sincero sulle labbra screpolate.

“Jensen...”

“Ti amo, Jared.” disse , fermandolo e sorridendogli ancora.

“Jensen, io….” ma ormai lo stordimento era troppo forte.

“Lo so, lo so….me lo dirai dopo!” e così dicendo lasciò che Misha e gli altri due operatori , lo portassero via.

 

L’operazione durò a lungo e aspettare in quella sala d’attesa fu snervante per Jensen.
E fu sicuro anche di aver avuto un leggero infarto quando due ufficiali lo avvicinarono come marito del capitano di prima classe Padalecki, e gli chiesero aggiornamenti su come stava andando il tutto l’operazione. Jensen rispose che anche lui ne sapeva poco, ma poi, cercando di rimanere relativamente tranquillo, assicurò ai due di comunicare qualsiasi nuova notizia , non appena anche lui ne avrebbe avuto.
I due militari gli fecero un saluto militare accennato e andarono via.

 

Dopo quell’incontro, passarono altre due ore e poi finalmente Misha lo raggiunse e lo accompagnò nell’ufficio in cui c’era già Morgan ad attenderli.

 

“Com’è andata?!” chiese ai due medici, non appena la porta fu chiusa.

“Più che bene, Jensen. Più che bene!” fece Morgan

“Davvero? Non mi prendete in giro?” chiese stupidamente. “Misha?!” lo richiamò a chiedere conferma.

“Jensen, andiamo. Potremmo mai mentire??!” lo ammonì amichevolmente Misha. “Il dott. Morgan è davvero un grande. Ha rimesso a posto ossa tendini e muscoli in un modo magistrale. Gli ha letteralmente salvato entrambe le gambe. Certo…..” con un attimo di apprensione.

“Cosa?” si fece avanti con ansia , Jensen

“Jared dovrà fare molta fisioterapia. Sarà dura, molto.” rispose Morgan. “Ma lui….”

“Ma lui è un soldato e ce la farà.” finì Jensen. “E poi io farò in modo che lui non sia mai solo ad affrontare niente di tutto quello che gli aspetta.”

“In salute e in malattia?!” lo spiazzò Misha e in quel momento, entrambi i medici sembravano di aver visto finalmente la consapevolezza di ciò che Jensen si era reso conto di aver fatto.

Il biondo si appoggiò pesantemente allo schienale della sedia su cui era seduto.

“Dio!!! non riesco ancora a credere di averlo fatto.” disse. “Non che non volessi. Io..io lo rifarei altre mille volte. Ma comunque...io ho….Mio Dio!!...Io ho...ho… è illegale e io ho...ma lui...lui stava male e io non potevo lasciare che lui...O Dio!!” balbettò quasi preso da un attacco di panico. Misha gli prese un bicchiere d’acqua e glielo porse, invitandolo a bere, per calmarsi. “E ora...ora.. di certo dovrò spiegargli tutto quando si risveglierà.”

“Andrà bene, vedrai.” Convenne anche Morgan, mentre Misha gli batteva amichevolmente una mano sulla spalla.

“Ora vieni, ti accompagno da lui. Ormai sarà in camera.”

E così dicendo e dopo aver ringraziato ancora e calorosamente il dott. Morgan, i due si avviarono verso la stanza del militare.

Quando vi entrarono, Jared sembrava ancora star dormendo. Misha lo andò a controllare, appuntando i nuovi valori sulla sua cartella clinica, mentre Jensen si avvicinò con discrezione al letto, sorridendo alla serenità che vedeva sul volto del compagno oramai fuori pericolo. “Mish?!”

“Sì?”

“E se non volesse?” chiese piano mentre Misha alzò lo sguardo verso di lui. “Se non lo accettasse? Se non mi volesse….in quel senso?! Insomma…..un matrimonio...un legame legale….Io...io…Ci conoscevamo da poco anche se….c’eravamo dichiarati e avevamo deciso di provarci. Ma….è...è presto. E forse...forse lui…..” e di nuovo quel panico si fece avanti.

“Jensen...” lo fermò Misha. “Quando gli spiegherai il motivo per cui lo hai fatto e le motivazioni che ti hanno spinto ad agire in questo modo, credimi, Jared si chiederà perché non ti ha sposato prima di partire per la missione!” lo confortò , guardandolo negli occhi e mostrandogli tutto il suo ottimismo.

 

“In effetti ho molte cose da chiederti, Ackles!!”

 

“Jared?? sei sveglio finalmente!” esclamò Jensen, felice.

“Ciao, Rambo!!” fece il medico.

“Ciao, Mish!!”

“Ok! Ora ti visito e ti controllo per benino; poi vi lascio da soli. Jensen, esci, ti dispiace?!”

“No..no...vado!” e uscì velocemente, non perché non volesse stare in quella stanza, ma perché doveva riordinare le idee e decidere come affrontare Jared.

 

Quando Misha richiamò Jensen nella stanza, sul suo volto, il biondo, ci vide solo soddisfazione.

 

“Ok! Il bel soldatino sta bene, il post operatorio procede bene, anzi, più che bene. Vado ad aggiornare Morgan. Vi lascio. Credo che abbiate parecchie cose di cui discutere!”

“….” e Jensen annuì solamente.

“Lo credo anche io!” disse invece Jared.

“A dopo!” li salutò Misha, e uscì dalla stanza.

 

“Allora?!” fece Jared.

“Come stai?!” chiese Jensen sapendo bene che in realtà Jared voleva una spiegazione.

“Sto bene. Lo hai sentito Misha? Anche lui ha detto che sto bene.” fece con un lieve tono di apprensione. “Quello che voglio sapere è come faccio ad essere qui e non nel sito di Kandahar.”

Jensen gli si fece vicino, facendo innocentemente finta di sistemargli la flebo, controllare i macchinari o stirargli un angolo del cuscino.

“Jensen, smettila!” lo richiamò Jared. “Come faccio ad essere qui?!”

“Perchè sei stato ferito gravemente!!” rispose con rabbia Jensen e a Jared si fermò per un attimo il respiro a quella reazione del compagno. Poi lo vide respirare affondo e lentamente.

“Jensen!”

“Perchè sei stato ferito gravemente...” ripetè. “..e io come tuo marito avevo la possibilità e responsabilità di riportarti in Patria e farti avere tutte le cure necessarie del caso.” spiegò in breve.

Jared strabuzzò gli occhi.

Allora quello che aveva sentito, quel saluto così strano che Jensen gli aveva riservato prima di andare in sala operatoria non se lo era immaginato.

Jensen aveva detto “marito”.

“Come….mio marito??!” sussurrò stranito e sorpreso.

Jensen tirò fuori dal suo giacchetto dei fogli ripiegati con cura.

“Vedi? Questi sono i documenti del nostro matrimonio. Firmati, timbrati e protocollati!” fece , mostrandoli al soldato.

“Jensen, ma cosa hai fatto? In che casino ti sei andato ad infilare?!” lo ammonì Jared osservando i fogli che sventolavano davanti ai suoi occhi.

“Te l’ho già detto ho fatto quello che dovevo.”

“Quello che hai fatto è illegale!!!” lo rimproverò indicando i documenti e guardandolo con severità.

“Non me ne frega un cazzo!!” sbottò Jensen, allontanandosi dal letto. Raggiunse il centro della stanza e iniziando a gesticolare nervosamente fece valere con decisione le sue ragioni. “Tu stavi male e io ero l’unico che poteva salvarti. Ho visto un modo per farlo e l’ho fatto!!”

“Ma cosa...”

“Puoi accettarlo se vuoi. O puoi non farlo, la cosa non cambia. Io ti amo e quando Misha mi ha detto quello che ti era successo, per un attimo ho sentito il mondo crollarmi addosso. Non mi scuserò per quello che ho fatto, per il modo in cui l’ho fatto ma se non avessi agito in fretta e in questo modo, avresti perso entrambe le gambe.”

“Cosa?!” e a quel punto Jared lo guardò perplesso. Sapeva di essere stato ferito alle gambe, ma ancora non sapeva quanto gravemente. Era successo tutto troppo velocemente.

“Misha non te l’ha detto?”

“...” e Jared negò appena con il capo, e ogni tanto fissava il profilo delle sue gambe al di sotto delle lenzuola.

Ci pensò Jensen a metterlo al corrente.

“In Afghanistan , i dottori che ti hanno preso in cura non avevano mezzi o possibilità per curarti come ha fatto Morgan. E se non ti avessi portato qui, facendomi passare per tuo marito, ti avrebbero amputato entrambe le gambe. L’unico modo, per loro, per salvarti la vita!”

“Amputarmi le…..Dio!!” sussurrò terrorizzato alla sola idea.

“Già!”

“E allora, tu….”

Jensen si calmò un attimo e spiegò il resto della storia, non prima di essersi assicurato che la porta della stanza fosse ben chiusa. “Qualche anno fa, in un mio corso al birrificio, c’era un ragazzino che era un mostro con i computer e la sua amica lo era più di lui. Li ho chiamati e loro in meno di tre ore mi hanno fornito i documenti che mi servivano per riportarti a casa e salvarti gambe e vita. Quindi….non c’è di che, soldato!!” concluse stizzito o forse offeso per il rimprovero ricevuto.

A Jared servì qualche minuto per elaborare la cosa. Il ferimento, il trasferimento, la follia di Jensen, una follia però che lo aveva decisamente salvato, ma comunque una follia. Si guardò ancora le gambe, poi guardò Jensen e il rossore che ancora gli accalorava il viso.

“Hai falsificato un documento di matrimonio?!” chiese , ora, con calma.

“Sì”

“Siamo sposati?!” quasi sorridendo.

“Si, in base a quel documento.”

“Quando? Dove?!” volle anche sapere e Jensen si sentì un attimo spaesato perché si sarebbe aspettato ben altre domande o magari un furioso e definitivo “Non voglio più vederti! Tu sei un pazzo psicopatico che mi farà finire sotto corte marziale!” da parte di Jared.

E invece!!......quando, dove!

“Il 20 marzo. Qui, a Houston. Nella cappella privata della Saint Mary.”

“Abbiamo festeggiato?” e ora il suo tono era decisamente rilassato. Forse curioso.

“Nel ranch che ti hanno lasciato i tuoi. Misha ci ha fatto da testimone. Il reverendo Olson ha celebrato il rito.”

“E abitiamo a….” lasciando che a finire fosse l’altro.

“Ancora non abbiamo messo su casa. Tu sei partito qualche giorno dopo il matrimonio e io allora sono rimasto nel mio appartamento. C’avremmo pensato al tuo ritorno se trasferirci al ranch o prendere un’altra casa.” riferì nello stesso modo in cui aveva fatto agli ufficiali che lo aveva intervistato.

“Hai pensato a tutto, vedo!”

“Ho dovuto rispondere a qualche domanda, quando ho presentato i moduli di richiesta di trasferimento.” si giustificò.

“E dopo che sarò dimesso cosa accadrà?!” chiese Jared, porgendo la mano come a richiamare vicino a lui, Jensen.

Jensen acconsentì e si avvicinò a lui.

Questa sì che era una domanda che si aspettava.

“Porteremo avanti questa cosa fin quando sarà necessario e il tutto risulterà credibile. Poi, quando starai meglio e potrai ritornare in Compagnia, potremmo sempre dire che divorzieremo perché io non sopporto che tu parta ancora mentre tu non sopporti l’idea di lasciare le missioni e restare in ufficio o magari fare l’addestratore.”

“Divorziare?!” si stupì Jared a quella prospettiva.

“Sì. Non voglio costringerti ad un qualcosa che non vuoi o che non avevi deciso o...”

“Ma se non ricordo male, stavamo insieme, prima che io….” e ora la sua mano stringeva quella di Jensen.

“Sì, sì...ma non credo che tu volessi già arrivare alle bomboniere.” fece imbarazzato Jensen, fissando quelle loro mani strette insieme.

Jared gli sorrise, ormai non vi era più astio nella sua voce come sul suo volto. Ma solo riconoscenza e quello stesso amore che Jensen gli aveva dimostrato andando contro ogni regola.

“E se provassimo a lasciare le cose come stanno?!” lo spiazzò.

“…..” e Jensen tremò appena, credendo di non aver inteso quello che gli era stato appena suggerito.

“Jensen? Se provassimo a lasciare le cose come stanno?!” ripetè vedendo la palese confusione sul volto dell’altro.

“Vuoi dire….rimanere sposati?!” balbettò Jensen.

“Voglio dire ...rimanere sposati!” confermò dolcemente , Jared.

“Ma quel documento è….falso!!!” gli fece presente il biondo indicando i fogli dimenticati sul bordo del letto.

Jared sembrò pensarci su un attimo. Poi Jensen lo vide sorridere, soddisfatto.

“Jared ...ma cosa...”

“Quando sarò in grado di stare di nuovo dritto sulle mie gambe, potremmo sempre dire che , grati che tutto si sia risolto per il meglio, vogliamo riconfermare le promesse. Facciamo diventare vero ciò che, ora, non lo è!” ammiccò sottovoce.

“Sul...sul serio?!” fece dolcemente imbambolato.

Jared , forse, lo amò ancora di più in quel momento. Era così dolce.

“Ascolta….Prima di partire ti dissi che mi stavo innamorando di te. Poi è successo e mi sono davvero innamorato di te.”

“Tu mi...”

“Sì, scemo, sì. Ti amo e lo sai.” lo rassicurò tirandolo giù a sedersi accanto a lui. “Ma dopo sono dovuto andare via. Poi questo….e poi tu, e quello che hai fatto per salvarmi. Sì, Jensen, per salvarmi. Perché se mi avessero amputato le gambe io….io non so cosa avrei fatto. Come avrei reagito. Mi hai salvato, Jensen. E questo non fa altro che confermarmi che mi ami e che io amo te più di quanto pensassi. Ti amo davvero. Quindi….”

“Quindi?!” esalò emozionato da quella dichiarazione, Jensen

“Vuoi sposarmi Jensen?!”

“Di nuovo?!” domandò istintivamente , il biondo. I suoi occhi lucidi di emozione.

“Sì, ma sul serio questa volta!” ci tenne a precisare Jared, tirandolo verso il basso, fino a quando i loro visi non furono vicini.

“Sì! Sì lo voglio!!” sussurrò deciso, Jensen, ad un respiro dalle labbra di Jared.

“Allora che ne dici se bacio lo sposo!?” scherzò il militare.

“Dico che lo sposo non aspetta altro da tanto tempo!!” convenne Jensen, annullando lo spazio tra loro con un bacio gentile e profondo. Dolce, morbido. Tranquillo poiché volle prendersi tutto il tempo che gli era stato negato. Sembrarono saggiarsi di nuovo. Come la prima volta che si baciarono. Lo fecero quasi centellinando ogni momento e ogni movimento.

Poi si allontanarono appena, sorridendosi ancora.

“Ciao, marito!”

“Ciao, marito!”

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