For who could ever learn to love a beast?

di EchoRosenrot_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Blue Iris ***
Capitolo 2: *** 2. Her Hero ***
Capitolo 3: *** 3. Girls are a mess ***



Capitolo 1
*** 1. Blue Iris ***


In comune non avevano assolutamente niente.

Fu questo il solo pensiero che le sovvenne quando per la prima volta incrociò lo sguardo di Enji Todoroki, quel tiepido pomeriggio di tarda primavera. Era sempre stata una ragazza piuttosto acuta e attenta ai dettagli, Rei, le bastava una singola occhiata per riuscire a farsi un’idea abbastanza chiara di chi avesse davanti e quali fossero le sue inclinazioni anche se, in quel caso specifico, non era affatto necessario affidarsi esclusivamente al proprio sesto senso per sapere qualcosa sul giovane uomo al suo cospetto.
Tutti conoscevano Endeavor, il prodigioso eroe professionista noto all’intero Giappone nonostante fosse appena al debutto di quella carriera che già si annunciava più che promettente. E tutti, o comunque i più, in qualche misura lo ammiravano. Perfino i suoi genitori, che forse proprio in virtù della sua fama si erano mostrati fin troppo entusiasti quando le avevano annunciato che un uomo -oh, erano stati molto attenti a non rivelarne in anticipo l’identità, così caldamente desiderosi di farle una sorpresa- aveva chiesto di poter incontrarla. L’engawa era piacevolmente ventilato, carezzato da una lieve brezza che portava con sé il profumo del ciliegio in sboccio a pochi metri dal punto in cui la ragazza sedeva, ma era la presenza dell’eroe del fuoco a rendere quasi surreale quell’atmosfera per lei così familiare. Era strano, pensò Rei, vederlo stretto in abiti normali e privo non solo del suo costume da eroe ma anche delle fiamme di cui era solito circondarsi, eppure non poteva dire che le dispiacesse del tutto: riusciva a vedere i tratti del suo viso squadrato e fiero meglio di quanto il giovane uomo non le avesse mai consentito al di là dello schermo televisivo.
« Mi ha trovata in fretta, Endeavor. »
Spezzò il silenzio con tono garbato, mentre un sorrisetto si apriva sulle sue labbra rosate.
Già, non avevano proprio niente in comune, bastava guardarli in quel giardino maniacalmente curato e ricco dei colori della primavera. Enji Todoroki era alto ed il suo fisico statuario era ben evidente nonostante i jeans scuri e la giacca in similpelle che indossava al di sopra di una maglia nera non fossero succinti quanto il vestiario da lui usato quando pattugliava le strade della città. La sua postura era rigida e trasudava orgoglio e sicurezza, i suoi occhi di un gelido azzurro sembravano trafiggerla in quel suo ostinato fissarla con aria imperscrutabile, mentre la brezza profumata serpeggiava tra le ciocche dei suoi capelli rossi come il fuoco a lui tanto caro. Rei al contrario era esile, minuta e leggiadra, non spiccava certo in altezza e sebbene il suo corpo fosse morbidamente avvolto dalle pieghe di un vestito cobalto con le maniche lunghe, che ricadeva fin sopra le ginocchia fasciando le sue forme ben proporzionate, la diciottenne sapeva perfettamente di non poter facilmente competere con l’indiscutibile prestanza di Endeavor: ricambiava il suo sguardo tenendo gli occhi grigi fissi nei suoi, eppure non poteva fare a meno di sentirsi in qualche modo sopraffatta dalla sua sola presenza. Non erano solo le loro fattezze ad essere totalmente discordi, no, era qualcosa di più profondo, qualcosa di intrinseco e radicato nelle loro personalità, nelle loro anime. Rei non sapeva cosa fosse di preciso, semplicemente lo percepiva frizzare nell’aria, lo scorgeva nelle sue iridi turchine e perforanti.
« Non è stato difficile. » Rispose l’eroe, senza particolari incrinazioni nella voce.
« Immagino proprio di no. » Rei gli elargì ancora un sorriso, cercando di cogliere cosa l’uomo stesse provando in quel momento.
Era la prima volta che incrociava il suo sguardo, sì, ma non era la prima volta che si imbatteva in Enji Todoroki, in effetti.
Le loro strade si erano incontrate per una mera e fortunata casualità circa una settimana prima.

 

Rei era seduta per terra, con gli occhi leggermente sgranati e la spalla destra indolenzita.
A circa dieci metri di distanza da lei un uomo la fissava con il viso deforme schiacciato contro l’asfalto, intento a stringere compulsivamente in una mano la borsa che le aveva sfilato via mentre con l’altra cercava inutilmente di liberarsi dall’ingente peso di un piede che premeva contro la sua cassa toracica. Il ladro aveva il viso di un camaleonte e silenziosamente le si era avvicinato mimetizzandosi con la parete alla sua destra prima di strattonarla per privarla della borsa con tanta forza da scaraventarla per terra. Rei non era mai stata quel genere di ribelle disposta a fare un uso smodato del proprio Quirk, men che meno in pubblico considerati i rischi legali che ciò avrebbe comportato se avesse recato danni a terze persone. Era avvenuto spontaneamente, forse un’incontrollata reazione di panico che l’aveva indotta ad agire. Nulla di troppo rumoroso e teatrale, solo una sottile lastra di ghiaccio lungo quel breve tratto di strada, appena percettibile sotto i piedi ma più che sufficiente per far scivolare il malvivente.

Quel che Rei non sapeva, era che qualcuno lo stesse già seguendo da un po’. Lo stesso qualcuno che aveva approfittato di quel breve vantaggio per raggiungere il piccolo criminale e bloccarlo al suolo, premendo la suola dello stivale destro contro il suo petto.
Nonostante quella strada secondaria del distretto di Shizuoka fosse poco praticata e buia, l’oscurità di quella sera era prepotentemente rischiarata dalla calda luce delle fiamme che abbracciavano il suo torace e parte del suo corpo, ma Rei non aveva il coraggio di sollevare lo sguardo su Endeavor, troppo occupata a fissare il borseggiatore ed il sottilissimo ghiaccio sotto il suo corpo.
«La legge non consente di utilizzare il proprio Quirk in luoghi pubblici.»
La voce dell’eroe le giunse profonda e imperiosa, come un rimprovero tutt’altro che velato.
Sentiva il suo sguardo addosso sondarla con corruccio e scrupolo, ed ostinatamente la ragazza non rispose, tramortita da quel frenetico dispiegarsi di eventi. Avrebbe voluto sottolineare di non aver fatto male a nessuno, effettivamente. Avrebbe voluto ringraziarlo per essere accorso in suo aiuto e per aver approfittato del goffo capitombolo per bloccare il suo borseggiatore, facendola sentire al sicuro come si conveniva a qualsiasi eroe degno di questo nome. Non fece nulla di tutto ciò, con le lacrime agli occhi a sciogliere la tensione, trattenute a fatica tra le ciglia chiare. Poi Endeavor si chinò a strappare la borsa di Rei dalle mani del ladruncolo e con lo sguardo rivolto altrove gliela porse tendendo un braccio in sua direzione. Nel farlo tacque a sua volta.

 

La giovane sapeva, in cuor suo, che si sarebbero incontrati nuovamente. Solo… non si aspettava che ciò accadesse così presto, né in quel modo. Si aspettava che la contattasse per testimoniare contro il suo borseggiatore, o che le facesse recapitare un richiamo per aver utilizzato il suo Quirk per uno scopo che forse, a ben guardarlo, qualcuno avrebbe potuto definire offensivo.
Di certo no, non avrebbe mai creduto di vederlo piombare nel giardino di casa sua, con una mano affossata nella tasca della giacca ed una intenta a stringere quello che aveva tutta l’aria di essere un mazzo di fiori. Li aveva notati quasi subito, variopinti e profumati com’erano, e non si sorprese affatto di vedere il giovane uomo temporeggiare senza porgerglieli: non aveva l’aria di essere avvezzo a quel genere di galanteria.
« Gradirebbe del tè? » Riprese a parlare la ragazza, spezzando il silenzio opprimente che si era creato, più che mai gravoso sui due poco più che adolescenti e ancora intenti a fissarsi reciprocamente. Anche i loro sguardi erano diversi.
Enji sembrava studiarla con attenzione, come se stesse cercando in lei qualcosa, come se la stesse soppesando e valutando.
Rei, invece, era come intrappolata nell’azzurro dei suoi occhi che tanto la attraevano come magneti quanto le trasmettevano brividi lungo la schiena, e non era neanche certa che si trattasse di brividi di compiacimento. Era così austero, così freddo per essere l’eroe del fuoco…
« Credo di non avere il tempo. A breve sarò di pattuglia. »
Rispose lui, muovendo qualche passo in sua direzione con studiata lentezza e l’incidere marcato di chi non sapeva cosa fosse l’incertezza. Fu istintivo, per la ragazza, irrigidirsi sul posto quando Enji si sedette al suo fianco, ad una distanza ben più esigua di quanto fosse consuetudine tra due sconosciuti, ma per muoversi con tanta disinvoltura in casa sua doveva certo aver agito in anticipo ed ottenuto il consenso di suo padre, che come minimo avrebbe dato di matto se un uomo qualsiasi avesse osato una simile iniziativa.
Rei capì subito cosa fosse accaduto e cosa stesse per accadere. Capì l’entusiasmo dei suoi genitori, capì quella visita inattesa. Capì che sarebbe stata moglie prima di quanto avesse mai immaginato.
Non seppe cosa pensare, ed abilmente celò le sue perplessità e la sua confusione dietro ad uno sguardo benevolo e gentile, che si tramutò in sorpresa quando con un gesto un po’ impacciato Endeavor le porse il mazzo di fiori.
« Non sapevo quali ti piacessero. Quindi… ho cercato di variare il più possibile. »
Disse, e per un istante Rei ebbe quasi l’impressione che il suo volto austero fosse un po’ più colorito sugli zigomi. Lei, dal canto suo, di arrossire violentemente non riuscì davvero a farne a meno, accogliendo tra le braccia un trionfo di fiori variopinti con un sorriso imbarazzato ma al tempo stesso sinceramente lusingato. Non le capitava tutti i giorni di ricevere dei fiori da un uomo, e non avrebbe mai immaginato che il primo a farle un simile dono non fosse un uomo qualsiasi ma un eroe del suo calibro.
« La ringrazio, sono davvero bellissimi. »
Rispose in un sussurro un po’ tremulo, avvicinando i fiori al volto per inspirarne il pervasivo ed ipnotico profumo. Enji esitò un istante prima di lasciare andare in definitiva l’elegante mazzo colorato, e ciò permise alla diciottenne di avvertire per un misero istante il tocco della sua mano contro il proprio braccio. La sua pelle era ruvida, calda come se l’uomo al suo fianco fosse febbricitante, e si chiese che effetto avrebbe fatto un suo tocco sul proprio viso ma fece in fretta ad arginare quel pensiero, concentrandosi sui tre piccoli fiori blu al centro esatto del bouquet.
Il sorriso si ampliò sul suo volto ed i suoi occhi luccicarono appena.
« Iris blu. Sono questi i miei fiori preferiti. »
Sottolineò mentre conduceva due dita a sfiorarne delicatamente i petali. Un sorrisetto apparve, effimero e di sbieco, sulle labbra dell’uomo, soddisfatto forse di aver avuto la fortuna di far inserire in quel mazzo il fiore preferito di Rei.
« Non sapevo neanche che avessero un nome. »
Borbottò, ed in tutta risposta Rei si sciolse in una risata che celò dietro il dorso della mano destra e che attirò su di sé un ennesimo sguardo indecifrabile dell’eroe delle fiamme. Era impossibile capire cosa gli passasse per la testa, eppure sembrava in qualche misura aver gradito quella reazione, o perlomeno la sua mandibola sembrava meno contratta agli occhi di Rei.
« Mi piacerebbe poter ricambiare la sua gentilezza. È davvero sicuro di non avere il tempo per un tè? »
Chiese nuovamente, con in cuore la speranza di non stare insistendo troppo, ma l’eroe non parve mostrare alcun fastidio e scoccò uno sguardo al proprio orologio da polso prima di emettere un sospiro e tornare in piedi, abbandonando il posto al fianco della ragazza. Soltanto allora, sorpresa da una vaga frescura, Rei si accorse di quanto calore avesse emanato Enji per quel breve istante in cui le era rimasto accanto.
« Il dovere mi chiama. » Tagliò corto.
Non era un uomo di molte parole, questo lo aveva capito già da un po’, e rispettosamente Rei annuì, inclinando il capo verso la propria spalla destra mentre Endeavor si allontanava di qualche passo.
« Ci rivedremo? » Chiese Rei, senza nascondere un sottile velo di aspettativa.
L’uomo smise di camminare e si voltò in sua direzione quel tanto che bastava da riuscire ad intercettare nuovamente lo sguardo della ragazza dai capelli candidi.
« Probabile. » Fu la sua risposta, poi tornò sui suoi passi e affondòentrambe le mani nelle tasche della giacca con la schiena dritta, attraversando il giardino con fiere falcate.
« Venerdì potrei avere il tempo per quel tè. » Aggiunse a tradimento.
Rei sentì qualcosa agitarsi nel suo stomaco e le sue labbra si schiusero in un bel sorriso che l’uomo, intento a darle le spalle, probabilmente non avrebbe mai visto. Rimase in silenzio, vittima di un gran numero di emozioni che nel suo stomaco si agitavano dolorosamente rendendone sempre più difficile la comprensione, immobile con gli occhi fissi sulle sue spalle ampie fin quando dei passi alla sua destra non annunciarono il rapido avvicinarsi di suo padre, che ruppe il silenzio schiarendosi la voce.
« Rei, tesoro… vieni dentro. Dobbiamo parlare. »
La giovane donna attese che l’eroe delle fiamme fosse completamente sparito dalla sua vista prima di alzarsi a sua volta dal ligneo pavimento dell’engawa e seguire il genitore all’interno della casa, con i fiori stretti al petto.
Sapeva già di cosa avrebbero parlato.
Sapeva già che avrebbe sposato l’autore di quel regalo, quasi certamente senza possibilità di appello o protesta, probabilmente perché il suo Quirk aveva destato l’interesse di quell’uomo, altrettanto probabilmente perché i suoi soldi e la sua fama avevano destato l’interesse dei suoi genitori.
Eppure… non era del tutto certa di esserne dispiaciuta.
Non ancora.
Ma questo non poteva saperlo.



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L'angolo di Echo_

Sono abbastanza sicura di essermi cimentata in un progetto più grande di me. Ho provato ad immaginare le diverse fasi del matrimonio di questi due controversi personaggi, gli eventi che hanno preceduto quelli resi a noi noti dall'opera di Horikoshi Kōhei, tutto ciò che ha costituito le fondamenta di questa distorta relazione, forsa nata per mera convenienza ma forse (chi può dirlo?) screziata di sentimento. Spero soltanto di non essere caduta nell'OOC e di non farlo in futuro, trattandosi di due personaggi davvero difficili da rendere efficacemente. 
Le recensioni sono più che gradite! 

 

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Capitolo 2
*** 2. Her Hero ***


Si sarebbero sposati l’ultimo giorno d’autunno.
Era la sua sola certezza, quella, nonché l’epilogo della lunga conversazione sostenuta con i suoi genitori (ormai parecchi giorni addietro) che si era protratta fino ad ora di cena e perfino oltre. L’avevano trattenuta per un tempo che le era sembrato infinito, unicamente per fornirle argomentazioni che Rei aveva già intuito da sola e di cui, sinceramente, non credeva di avere particolarmente bisogno.

« È un brav’uomo e un ottimo partito! »

Non avrebbero mai potuto dire diversamente, d’altronde.

«Ed è un eroe professionista tra i più celebri.»

Come se non lo sapesse…

«Pensa che prole prodigiosa verrebbe fuori dalla vostra unione! Con due Quirk così interessanti...»

Era davvero la sola cosa importante per tutti?

«Con lui vivrai una vita agiata e al sicuro. E poi vorresti forse negarlo? È davvero un bel ragazzo, così forte e vigoroso!»

Cielo, si aspettavano realmente che parlasse di bellezza maschile con i suoi genitori?!

Tra i due quella a mostrarsi più entusiasta era stata senza dubbio sua madre, che scalpitava sul posto e sorrideva radiosa ed eccitata come se fosse lei stessa a dover sposarsi per la seconda volta, mentre Rei si era limitata a sorridere e farsi carico di quella scelta obbligata sulla quale avrebbe avuto parecchio da riflettere, pur conscia di non poter tirarsi indietro. Matrimoni di quel genere erano piuttosto comuni già da qualche anno, e la scelta del proprio partner era diventata sempre più strettamente connessa al Quirk in suo possesso che non all’effettiva presenza di un sentimento o anche solo di un’armoniosa intesa. Era un processo un po’ distorto ai suoi occhi giovani e ingenui, probabilmente inevitabile dal momento che la professione dell’eroe si era affermata con tanta prepotenza da diventare la più ambita in assoluto, ma comunque altamente discutibile. Suo padre era un fervido sostenitore della normalità e, forse, della piena legittimità di matrimoni strutturati in questo modo, pienamente convinto che ciò rientrasse nella natura stessa degli esseri viventi: nel mondo animale, diceva sempre, nessuna creatura sceglieva il proprio compagno in base alla simpatia o al feeling, ricercando piuttosto il corredo genetico che potesse garantire la sopravvivenza della prole e la continuità della specie, se non addirittura la sua evoluzione. Il punto era che Rei non amava considerarsi al pari di un animale, né considerare l’uomo riduzionisticamente tale. Non erano forse le più elevate capacità cognitive a differenziarli da una mucca, un cane o qualsiasi altro mammifero? Non era forse una più complessa ed articolata rete emotiva a sollevare gli uomini dalla loro natura animale?
La ragazza era stata più volte avvertita di possedere un’abilità abbastanza potente da far gola a molti, ma nonostante la divergente prospettiva di suo padre aveva sempre escluso la possibilità di ritrovarsi realmente coinvolta in un’unione programmata, forse intimamente convinta di poter trovare il grande amore ben prima che qualcuno avanzasse pretese su di lei ed il suo Quirk, forse ingenuamente speranzosa di poter vivere una storia appassionata come quelle narrate nei romanzi che tanto amava leggere, e in fondo che male c’era a sognare, quando di anni ne aveva solo diciotto? Perfino una ragazza avveduta e con i piedi per terra come lei meritava il privilegio di immaginare per se stessa un amore sconfinato e romantico, e certo nei suoi lunghi silenzi non era una novità lasciarsi andare a simili vaneggiamenti. Eppure aveva sempre saputo che se per assurdo qualcuno avesse chiesto la sua mano… non avrebbe potuto far altro che accettarlo, senza recare vergogna e disonore alla propria famiglia.
Solo che l’assurdo era divenuto reale, ed il matrimonio una concreta realtà lontana appena sette mesi. Aveva solo bisogno di elaborarlo, rintracciarne gli aspetti positivi, ed in questo Enji Todoroki sembrava disposto ad aiutarla nonostante la sua apparenza così burbera.
Il tè del venerdì, ad esempio, era diventato una piacevole abitudine e, sebbene non fosse molto, il tempo trascorso insieme era sorprendentemente utile e forse perfino di qualità. Enji era un giovane uomo silenzioso, mai troppo espansivo, ed ascoltava sempre con estrema attenzione ciò di cui Rei parlava, fissandola dritto negli occhi e facendole, a volte, qualche domanda inquisitoria perché approfondisse i suoi racconti o le sue più semplici chiacchiere. Non le era mai chiaro se fosse davvero interessato alle sue parole o se lo facesse per consentirle di familiarizzare con colui che sarebbe stato suo marito, ma lei apprezzava ugualmente: era piacevole sentirsi ascoltati e pensava che se gli avesse consentito di conoscerla forse, più avanti, lui le avrebbe concesso lo stesso beneficio parlandole di sé. A volte la faceva sentire a disagio, sì, ma era abbastanza sicura che Endeavor fosse in imbarazzo quanto lei, solo ben più abile a nasconderlo dietro un’espressione rigida e stoica.
Un aspetto sul quale sorprendentemente l’eroe delle fiamme aveva insistito, lasciandola un po’ di stucco, era che Rei non interrompesse la frequentazione delle sue coetanee soltanto perché era ormai prossima alle nozze. Non sembrava avere molti amici, lui, o comunque non ne aveva mai nominato alcuno in sua presenza, ma aveva ribadito più di una volta quanto fosse importante ai suoi occhi che Rei non rinunciasse alla sua libertà e che si concedesse senza alcun vincolo le attività tipiche dei suoi pochi anni (lui ne aveva appena un paio in più di lei, ciononostante essendo già un eroe in carriera dubitava fortemente che riuscisse a trovare molto tempo da dedicare allo svago). Anche in questo caso non le era chiaro se lo avesse detto per sincero interesse o per ammorbidirla di fronte alla loro unione. Aveva comunque pensato che un pomeriggio tranquillo con qualche amica potesse solo farle bene, oltre ad essere la perfetta occasione per annunciare la grande novità alle più care e fidate compagne di sempre.
«Non riesco ancora a credere che stai per sposarti, Rei-chan!»
Di fronte a lei, sotto il tiepido sole pomeridiano che baciava caldamente i tavoli all’aperto di quel raffinato bistrot, Haruka si agitava sulla sedia come se fosse in procinto di esplodere. La sua faccia rubiconda e morbida era contratta da diversi minuti in un’espressione di sincera gioia selvaggia e alla notizia aveva gettato entrambe le braccia al cielo con un urletto stridulo ed una pioggia di frappè alla fragola che si era riversata sul tavolino circolare tra le risa generali. Haruka era la sua più cara amica fin dall’infanzia, non si sarebbe mai aspettata una reazione diversa da parte sua, e sul tavolo non faceva altro che stringere con forza entrambe le sue mani.
«E con niente meno che Enji Todoroki, per di più. Sei davvero una ragazza fortunata!» Aggiunse Yumi, seduta alla sua destra, depositandole un’amichevole carezza sulla spalla. Rei sorrideva con un luccichio negli occhi grigi e le gote screziate di un vago rossore, incapace di nascondere alle amiche e vecchie compagne di scuola quanto le loro parole, così come la situazione in sé, la gettassero nel più assoluto imbarazzo. La sola che sembrava propensa ad evitarle ulteriore disagio era Keiko, che seduta alla sua sinistra si limitava a guardarla con il viso poggiato sul palmo di una mano ed un sorriso enigmatico impresso sulle labbra, ma comunque in silenzio.
«In realtà fatico ancora a crederlo io stessa. Sta accadendo tutto così in fretta...» Ammise, stringendosi nelle spalle e sottraendo la mano destra alla presa ferrea di Haruka per scostarsi dal viso una ciocca di capelli argentei, che condusse dietro il corrispettivo orecchio.
«Giusto ieri sera parlavo di lui con mio fratello, sai? E adesso scopro che la mia migliore amica lo sposerà presto, sono così elettrizzata!» Ancora una volta Haruka saltellò sulla sedia, e con un sospiro mesto Keiko intervenne a placare il suo entusiasmo sferrandole un lieve calcio sotto il tavolo.
«Rilassati, Haru-chan, vuoi farti un’altra doccia al frappè?» La rimbeccò amichevolmente, gonfiando poi le guance con finta aria indispettita. «E non sembravi affatto così tanto entusiasta per le mie nozze.» Si sciolse subito dopo in una risata, che Rei sapeva perfettamente essere mirata ad evidenziare l’ironia di quel suo dire. Keiko era la sola tra le presenti, e forse anche nella cerchia delle sue amicizie più strette, ad essere già sposata, seppur da poco. Convolata a nozze soli tre mesi prima, era stata coinvolta anche lei in un’unione programmata grazie al suo Quirk, che le consentiva di emettere forti raffiche di vento dalle labbra, e nessuna tra loro era mai riuscita a cogliere se fosse realmente felice del suo matrimonio o meno. Era una giovane donna forte, ma anche piuttosto ritrosa, pur essendo assolutamente priva di filtri quando si trattava degli altri.
«Non è affatto vero, ho pianto di gioia per tutto il tempo!» Protestò prontamente Haruka. «E poi vuoi dirmi che non sei felice per Rei-chan? Insomma, sposerà l’eroe professionista più in gamba del Giappone!»
Il silenzio che seguì la voce cristallina di Haruka fu piuttosto strano, se non addirittura ambiguo, ed anche Yumi parve percepirlo come tale dal momento che si cimentò in un colpetto di tosse nel tentativo di spezzarlo. Quasi timidamente Rei sollevò lo sguardo su Keiko, incuriosita dal tempo forse un tantino prolungato che impiegò per rispondere.
«Certo che sono felice per Rei-chan. Sono solo…speranzosa che vada tutto per il meglio, ecco.» Disse.
«Perché non dovrebbe?»
Chiese a quel punto Haruka, con un velo di delusione nella voce. Probabilmente avrebbe provveduto Rei stessa a porre quella domanda che le martellava in testa con fastidiosa insistenza, ma era troppo occupata a studiare silenziosamente l’espressione dell’amica alla sua sinistra.
«Non guardatemi così, non intendevo smorzare il tono della conversazione. Credimi Rei, sono davvero felicissima per te e ti auguro il meglio per queste nozze, ma… posso dire una cosa senza che tu ti offenda?»
Rei cercò di sorridere e con sua somma sorpresa trovò estremamente difficile per una volta cimentarsi in tale impresa. Sentiva qualcosa all’altezza dello stomaco: la sensazione che le parole dell’amica non le sarebbero affatto piaciute.

Schiena dritta, petto in fuori, passo lento, i suoi occhi scivolavano attenti lungo la strada in un’osservazione accurata e vigile, le orecchie erano tese a cogliere qualsiasi rumore, qualsiasi richiesta d’aiuto, qualsiasi suono potesse tradire la necessità di un suo immediato intervento, ma perlopiù a raggiungerlo erano saluti entusiasti (alcuni perfino troppo rumorosi) ed apprezzamenti da parte dei cittadini in giro per il distretto di Shizuoka che incrociavano il suo cammino. Alla fine, era esattamente a quello che servivano le pattuglie, no? Dare prova della propria presenza, del proprio operato, dimostrare che Endeavor, anche se non ricambiava quasi mai i saluti, era lì per loro e che questo rendeva le strade più sicure.
Ciò non toglieva che, al di là della loro utilità, le pattuglie fossero una gran seccatura, specialmente quando le lunghe ronde lo ponevano davanti a pochi casi da risolvere ed un numero eccessivo di fastidiosi casi umani dei quali avrebbe volentieri fatto a meno. Enji non era un ingrato, affatto: sapeva bene di dovere molto a quanti inneggiavano al suo talento, a quanti si soffermavano ad esprimergli la loro ammirazione facendogli scalare rapidamente le vette della classifica dei Pro Hero più amati, ma il suo stanziare stabilmente sul podio nonostante avesse solo vent’anni e a dispetto di quel carattere schivo e irritabile che certamente non nascondeva, ai suoi occhi significava soltanto una cosa: certi teatrali e poco realistici atteggiamenti cavallereschi, così come lo sfoggio gratuito di ampi sorrisi smaglianti e vanagloriosi monologhi costruiti a regola d’arte, potevano benissimo essere trascurati quando la fama era costituita da una reale ed innegabile forza. Roba da egocentrici biondi in fissa con l’America, che decisamente non faceva per lui, certo di poter asserire con orgoglio di aver guadagnato il titolo di Eroe Numero Due con il suo solo talento e non mettendosi in posa per gli ammiratori. Puro merito, nulla più.
Lo stesso merito che lo avrebbe condotto ancor più in alto, fino a renderlo l’indiscusso Numero Uno.
«Credimi Rei, sono davvero felicissima per te e ti auguro il meglio per queste nozze, ma… posso dire una cosa senza che tu ti offenda?»
Enji arrestò di netto il suo passo al suono di quella frase, che fece suonare un campanello d’allarme nelle recondite profondità della sua mente, strappandolo alle sue ambiziose riflessioni con forse un po’ troppa violenza. Ad appena mezzo metro da lui il marciapiede svoltava a sinistra verso quello che sapeva essere uno dei bistrot più in voga del distretto. Oltre l’angolo dell’edificio l’area di proprietà del piccolo ed elegante locale era delimitata esternamente da aiuole fiorite e sebbene non fosse solito frequentare luoghi del genere Endeavor lo conosceva piuttosto bene. Vi aveva sventato una rapina appena una settimana prima, ricordava i tavolini circolari disposti all’esterno, alcuni bianchi ed altri di un fastidioso, urticante, vomitevole rosa pastello, e la grande parete di vetro che mostrava l’interno del bistrot e tutte le prelibatezze dolciarie disposte su raffinati espositori, ma non era stato certo il prepotente odore zuccherino che pervadeva la strada ad attirare la sua attenzione.
Il Giappone intero probabilmente era pieno di donne con quel nome, forse lo stesso distretto da lui pattugliato con tanta efficacia ne contava più di una, eppure era diventato quasi spontaneo da qualche giorno a quella parte soffermarsi un singolo istante ogni volta che sentiva qualcuno pronunciare il nome della sua...come definirla?
Collaboratrice preziosa nella realizzazione di una prole virtuosa?
Donna?
Futura moglie?
Fidanzata?
«Ti ascolto, Keiko.»
Gli occhi di ghiaccio dell’eroe delle fiamme si assottigliarono appena: il suo istinto, dunque, non si era sbagliato poi così tanto. La voce inconfondibile di Rei, quella Rei, esattamente colei che non sapeva come definire, carezzò il suo udito con la consueta morbidezza di cui disponeva, ed Enji non dovette affatto sforzarsi per notarne una particolare e curiosa sfumatura. Sembrava quasi che fosse in qualche modo allarmata. Eppure, rifletté, sebbene quella oltre l’angolo fosse la sua indefinita, probabilmente seduta ad un tavolo con qualche amica, non pensava fosse il caso di interrompere la sua conversazione sbucando dal nulla come un fungo molesto. Avrebbe potuto pensare che la seguisse o che la controllasse e sebbene gli importasse ben poco di cosa potesse effettivamente pensare di lui non voleva rendere troppo difficile quel matrimonio creando tensioni dopo neanche un mese di indeterminato legame. Mosse dunque un passo indietro, deciso a prendere una strada secondaria per continuare la sua ronda, e fu proprio allora che accadde: prima che potesse allontanarsi una frase lo raggiunse con la forza inarrestabile e distruttiva di un treno in corsa.
«Ecco… ti rendi conto anche da sola che stiamo parlando di Endeavor, vero?»
L’amica di Rei, chiunque ella fosse, fece il suo nome con un tale disprezzo da inchiodarlo sul posto.
Non era il tipo di uomo incline ad origliare e detestava chiunque lo facesse; non era un ficcanaso né un curioso, filtrava le conversazioni altrui per raccogliere da esse soltanto ciò che poteva tornare utile al suo lavoro (indizi e voci di corridoio, generalmente) dimenticando tutto il resto e tra l’altro quelli non erano nemmeno affari suoi. Non gli importava sapere di cosa parlasse Rei quando era in compagnia, ma poteva davvero ignorare che qualcuno facesse il suo nome in quel modo, parlando alla donna che avrebbe sposato?
«E con questo?» Incalzò la voce di Rei.
La sua amica rimase in silenzio per qualche secondo ed Enji rimase immobile dietro l’angolo, quasi sul chi va là, avvolto nelle spire roventi del suo Quirk. Il buon senso gli suggeriva di allontanarsi rapidamente e con discrezione, il suo orgoglio invece era come in agguato quasi percepisse nell’aria l’approssimarsi di un’incombente esplosione. Keiko, o almeno così gli era sembrato di capire che si chiamasse, sospirò ed emise un versetto simile ad una risata che l’eroe avvertì come stridente e acre. A volte, forse ormai avvezzo ai modi cortesi di Rei, dimenticava quanto sapessero essere odiose certe donne.
«Con tutto il dovuto rispetto non capisco questo eccessivo entusiasmo. Non stiamo parlando di All Might, sarei stata al settimo cielo io stessa se mi avessi detto di sposare l’Eroe Numero Uno, ma...Endeavor, Rei, sul serio? È un burbero, non c’è da esser lieti. »
Fastidio. Lo sentì distintamente scivolare sulla sua pelle, permeare la carne e stringere le viscere in una morsa ferrea.
Irritazione. Trasudava inclemente dagli occhi ferini fissi nel vuoto e dal ringhio impresso sulle sue labbra. L’ennesima fanatica di quello zoticone di All Might?
«Ma è l’Eroe Numero Due! » Protestò una nuova voce femminile, probabilmente appartenente ad un’altra amica di Rei.
«Dici bene, Haru-chan, il Numero Due! Non vi siete mai chieste perché non riesca a raggiungere la vetta? È molto bravo, certo, anche se non possiede il carisma di All Might. E farà anche un buon lavoro come eroe ma dicono di lui che non abbia un briciolo di altruismo e umanità, mi dà i brividi. Dicono anche che sia scontroso, violento, borioso e…dai, è chiaro come il sole che sia interessato soltanto al tuo Quirk! Perdonami se non sono troppo felice di affidarti ad un uomo del genere. »
Dunque le cose stavano così, realizzò Todoroki. Erano queste le voci che circolavano sul suo conto tra gli svenevoli ammiratori dell’imbecille numero uno. In parte ne era consapevole, non si era mai curato del loro giudizio e certo non avrebbe iniziato quel pomeriggio, conscio del fatto che vi fosse anche un’ombra di verità in quelle voci, ma per qualche ragione che non comprese del tutto le sue mani si strinsero in due saldi pugni lungo i fianchi. Rei taceva, Enji non poteva vederne il viso, non riusciva neanche ad immaginare quale emozione vi potesse essere impressa ed irrazionalmente la cosa lo infastidì parecchio.
Si chiese per un istante se anche lei la pensasse allo stesso modo sul suo conto.
Si chiese anche perché la cosa gli importasse a tal punto da tenerlo ancora fermo dietro quel dannato angolo. Non era forse una contraddizione con il se stesso che solo pochi istanti prima era pienamente convinto di non nutrire alcun interesse nei confronti del giudizio di quella donna che, al diavolo tutto, avrebbe sposato ugualmente?
Il silenzio che seguì quell’infelice e pungente monologo fu duraturo e svilente. Non era allo stesso tavolo con quelle ragazzine, ma perfino dietro quell’angolo di cemento e intonaco fu sfiorato dall’asfittica nube dell’imbarazzo che aleggiava sulle commensali di cui non conosceva il numero esatto. Indipendentemente da quante fossero tutte tacevano, lasciando che al suo udito giungessero soltanto i clacson del traffico cittadino che si fondevano al chiacchiericcio indistinto dei passanti e fu con una certa arroganza che il giovane uomo non si mosse da lì, in attesa di neanche lui sapeva cosa.
«Sei davvero gentile a preoccuparti così tanto per me, Keiko.» Sopraggiunse d’improvviso la voce di Rei, come un fulmine a ciel sereno, talmente pacata da suonare quasi fuori luogo. «Sei una buona amica, apprezzo che tu mi metta in guardia da quella che reputi una minaccia e farò tesoro della tua lealtà. Ma permettimi di dissentire.»
Gli occhi chiari di Endeavor si corrucciarono appena nel momento stesso in cui percepì il tono della ragazza abbassarsi, tradendo un garbato e ben misurato risentimento. Controllato e addirittura cordiale, in un ossimoro che perfino l’Eroe Numero Due trovò velatamente inquietante, quanto curioso e degno del suo interesse.
« Enji è… particolare. Non ha niente in comune con All Might, è ben diverso dagli altri eroi per carattere e strategie, ed ammettiamo anche che sappia essere poco collaborativo con i colleghi, ma resta pur sempre un eroe. Un eroe, Keiko, un uomo che ha scelto di seguire una strada tortuosa con impegno e dedizione, con fatica e sacrificio. La fama, la gloria, la ricchezza e l’amor proprio sono tutti aspetti che fanno gola a chiunque in una società come la nostra che innalza gli eroi quasi fossero divinità, questo non lo metto in dubbio e non posso sapere se nelle profondità del suo cuore sia effettivamente questo il motore delle sue azioni. Ciò non nega, però, che occorra una tendenza neanche troppo sottile verso il prossimo per votare la propria vita alla protezione degli altri, mettendola a repentaglio giorno dopo giorno. Nessun uomo privo di altruismo e umanità correrebbe un simile rischio per inseguire la fama. »
La ragazza dai capelli argentati si concesse una pausa, durante la quale Enji si ritrovò a fissare il capo opposto del marciapiede senza realmente vederlo. Non era mai stato particolarmente versato con le ragazze e, neanche a dirlo, non se n’era mai preoccupato più di tanto, trattandole con sufficienza e quasi disinteresse. Certo sapeva apprezzarne la conturbante bellezza, non era cieco e non era mai stato immune al fascino femminile o estraneo ai più tortuosi e roventi desideri ma erano esperienze circoscritte a notti sporadiche e neanche troppo frequenti, decisamente meno impegnative e tediose di relazioni fisse che gli avrebbero risucchiato ogni energia. Corteggiare le ragazze richiedeva una pazienza che non possedeva, d’altronde, ed un’abnegazione lontana anni luce dal suo essere, nonché una dedizione che di norma preferiva rivolgere a ben altro genere di ambizione. Rei gli era semplicemente necessaria, possedeva un Quirk potente, complementare al suo -pur essendo il suo esatto opposto- ed il fatto che fosse anche piuttosto bella era stato solo un maggiore incentivo ad intavolare le nozze, ma dietro quell’angolo scoprì per la prima volta come la sua indefinita fosse in grado di stupirlo.
Encomiabile, in effetti.
«Enji mi ha soccorsa e protetta quando quell’uomo ha cercato di derubarmi. È stato eroico nell’accezione più concreta del termine e anche se le statistiche lo pongono eternamente al secondo posto per me sarà sempre il Numero Uno. Stimo All Might, ne ammiro l’operato e lo trovo straordinario, lo sai, ma è stato Endeavor a salvarmi. È lui il mio eroe. Io non so se sia borioso come dicono, non so se sia un violento o se abbia degli scheletri nell’armadio -come tutti, vorrei puntualizzare- tuttavia penso francamente di non voler affidarmi alle parole degli altri per costruire la mia idea su chi sia Enji Todoroki. Avrò tempo per conoscerlo ed anche se mi ha scelta per il mio Quirk, esattamente come tuo marito ha scelto te, non è detto che non possa con il tempo imparare a gradire la mia compagnia.»
Formalmente, nonostante fosse leggermente più basso del consueto, il tono di Rei restava del tutto invariato nella sua misurata compostezza e nel garbo di cui era intrisa ogni singola sillaba, da sempre portavoce del suo cuore puro e di una limpidezza d’intenti quasi surreale e a tratti perfino snervante. In quelle parole era però celata l’ombra di una risolutezza piccata che svelò all’eroe un aspetto del tutto nuovo di quella ragazza usualmente tanto a modo, ponendola ai suoi occhi in una differente luce. Dunque quella ragazzina non era solo un trionfo di eleganza e buone maniere, sapeva farsi valere e rimanere fedele alla propria opinione, sapeva elargire il dovuto risentimento senza deturpare la sua immagine con eccessi, mantenendosi inscalfibile e controllata. L’esatto opposto di Enji, che ad infiammarsi era piuttosto bravo sotto ogni punto di vista e che in quell’ottica trovò la sua indefinita particolarmente interessante, affascinante sotto certi aspetti.
Un sorrisetto in tralice inclinò le sue labbra.
Conoscerla si sarebbe rivelato più intrigante del previsto.
«Signor Endeavor, signore?»
Una voce ben meno piacevole all’udito e nettamente maschile lo riportò duramente alla realtà. Spostando lo sguardo incrociò il volto di un giovane uomo, forse poco più grande di lui, che sbucando dalle aiuole in fiore con due frullati in bilico su un vassoio che reggeva tra le mani lo guardava con gli occhi sgranati. Si fissarono per qualche secondo, uno carico di timida aspettativa, l’altro incerto sul da farsi.
Il cameriere aveva letteralmente urlato il suo nome per attirare la sua attenzione, svelando così la sua presenza ai clienti del bistrot che scoprì suo malgrado essere alquanto numerosi. Un gran numero di teste iniziò a fare capolino dall’aiuola, inclusa quella di una ragazza dai capelli neri raccolti in un’elaborata acconciatura e le labbra accese da un rossetto scarlatto, che sembrò perdere ogni traccia di colore residuo sul suo viso.
Enji comprese subito di non poter rimanere un secondo di più dietro l’angolo senza svelare di avervi trascorso gli ultimi minuti, dunque mise in mostra la sua espressione più fiera e neutrale quando riprese a camminare lungo il marciapiede come se non avesse mai interrotto la sua ronda, fiancheggiando in tal modo il locale.
«Che piacere vederla da queste parti! Prego, si accomodi, desidera qualcosa? Offre la casa, è il minimo che possiamo fare per lei, è stato straordinario a catturare quei rapinatori la scorsa settimana.»
Il cameriere era particolarmente entusiasta e parlava rapidamente, indicando i pochi tavoli liberi e i dolci esposti oltre la vetrina, e dal suo sguardo era evidente un sincero desiderio di sdebitarsi. Alcuni dei clienti del bistrot indicavano in sua direzione, concitati nonostante Endeavor li guardasse a malapena.
«Non è necessario. Ho fatto solo il mio dovere e non ho tempo per queste cose.» Rispose incisivo, volgendo soltanto allora lo sguardo ad un tavolo occupato da quattro ragazze che lo fissavano, incontrando il viso di Rei. Scoprì a quel punto che sedevano in prossimità della parete, a pochi centimetri dall’angolo oltre il quale aveva sostato più a lungo di quanto non fosse concesso ad un eroe in servizio, e gli fu estremamente chiaro perché la loro conversazione gli fosse giunta con tanta e tale chiarezza. La ragazza con le labbra scarlatte e i capelli acconciati sedeva alla sinistra di Rei e, a giudicare dalla faccia esangue e l’aria di essere in procinto di sprofondare o dare di stomaco, ipotizzò fosse la stessa Keiko che lo aveva definito violento e da brivido. Non la biasimava, doveva fare un certo effetto incontrarlo così d’improvviso e ritrovarsi a vagliare l’ipotesi -corrispondente alla realtà, tra l’altro- che avesse udito le sue parole, ma decise comunque di ignorarla e soffermarsi sullo sguardo sorpreso della sua indefinita: indossava un sobrio abito bianco, davanti a lei sostava un piatto vuoto con una forchetta argentata, misero residuo di un dolce consumato durante il pomeriggio, ed i suoi occhi grigi risaltavano sul volto piacevolmente rosato. Aveva imparato a cogliere il suo imbarazzo, Enji Todoroki, e lo vide accentuarsi quando un’altra fra le ragazze sedute al tavolo in sua compagnia con fare allusivo la pungolò con il gomito, sfoggiando un sorriso furbetto. Rei parve riscuotersi, distogliendo per qualche secondo gli occhi dai suoi prima di ricomporsi in un sorriso accogliente e rivolgergli un cenno con la mano destra, che lui non ricambiò.
«Tutto bene?» Le chiese dal nulla, severo.
Non seppe spiegarsi con esattezza cosa lo avesse spinto a porle quella domanda così banale. Forse non voleva limitarsi a procedere sulla sua strada come se non l’avesse vista, forse voleva effettivamente assicurarsi che non fosse turbata… forse, inconsciamente, voleva dimostrare alla sua amica qualcosa che lui stesso ignorava, per il puro gusto di farle credere che si sbagliasse. Sotto i suoi occhi l’espressione di sorpresa sul viso di Rei si accentuò leggermente ma anche il suo sorriso lo fece, nel momento stesso in cui annuì in risposta.
«Va tutto bene, sì. » Rispose lei stringendosi nelle spalle. «Come procede la ronda?» Si scostò i capelli nivei dal viso, tradendo ulteriormente il disagio che probabilmente quella circostanza le recava. Non erano abituati, d’altronde, ad incontrarsi in pubblico o in presenza di altre persone, era effettivamente un’esperienza nuova per entrambi ma data la presenza delle sue amiche probabilmente per Rei era anche piuttosto imbarazzante.
Era carina, quando era a disagio.
«Procede. Non posso soffermarmi oltre, infatti.»
Fu la sua risposta concisa, prima che volgesse nuovamente gli occhi cerulei lungo la strada. «Certo che no, il dovere è dovere.» Il tono di Rei era tornato morbido come sempre, pregno di gentilezza ed una sincera comprensione. Conosceva i suoi impegni e non li aveva mai recriminati all’eroe delle fiamme, sebbene questi impedissero loro di trascorrere più tempo insieme. Gli piaceva credere che ne fosse orgogliosa.
Le rivolse un rapido cenno con la mano, riprendendo il suo cammino e con esso la sua pattuglia.
«Non prendere impegni per stasera. » Aggiunse dopo aver dato le spalle al quartetto di ragazze. «Puntuale alle sette, non farmi aspettare. Ceniamo insieme.»
Si allontanò con calma e passo flemmatico, lasciandosi sfuggire una smorfia di disappunto quando udì una delle sue amiche cimentarsi in un urletto fastidiosamente acuto che perforò il suo udito e stuzzicò il suo sistema nervoso. Attraversò la strada con le braccia lungo i fianchi, ancora una volta con la schiena dritta, il petto in fuori, il passo lento, lo sguardo vigile e la mente colma di quella frase.

È lui il mio eroe.

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L'angolo di Echo_

Parto dal sottolineare quanto sia stato difficile per me il cambio di POV. Non ero sicura di voler farlo davvero, ma alla fine ho deciso di mettermi alla prova e di vivere questo capitolo come una sfida, provando ad immergermi nella mente di un Enji ancora giovane ma ugualmente complesso. Mi auguro vivamente, ancora una volta, che il risultato non sia OOC, ma posso assicurare quanto sia stato difficile scrivere dalla sua prospettiva e mi avvalgo di ciò per giustificarmi indegnamente di eventuali pastrocchi. Le amiche di Rei sono ovviamente frutto della mia fantasia, e non escludo che possano fare nuovamente capolino nel corso di questo racconto, anche se avranno in qualsiasi caso un ruolo abbastanza marginale. Voglio approfittare di questo spazio per ringraziare quanti hanno deciso di seguire questo esperimento o inserirlo tra i preferiti, siete davvero in tanti e mi avete dato una grande motivazione. Spero di non deludervi, e vi prometto che dal prossimo capitolo vedremo aspetti più concreti di questa coppia ancora agli albori. Godiamoci questo breve stralcio di tranquillità e fluff, prima che sopraggiunga l'angst.
Perché arriverà. Oh sì che arriverà.

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Capitolo 3
*** 3. Girls are a mess ***


Enji Todoroki non era mai in ritardo.
Ma d’altra parte Rei non indossava mai colori caldi, per cui quella doveva proprio essere la sera delle novità.
L’orologio affisso alla parete del salotto ticchettava in un suono esasperante e colmava il silenzio che aleggiava su entrambi i piani della modesta casa, reso più che mai opprimente dall’assenza dei suoi genitori che si erano recati fuori città per far visita a dei parenti in una di quelle lunghe e tediose riunioni familiari che Rei, se e quando poteva, evitava più che volentieri. Oltre la finestra il crepuscolo aveva ormai iniziato a lasciare il posto all’imbrunire, lungo la strada i lampioni si accendevano uno dopo l’altro sebbene il buio non fosse ancora fitto, e la ragazza dai capelli candidi sedeva sul divano con un libro tra le mani e lo sguardo che troppo spesso correva in direzione del quadrante, che segnava quasi le sette e mezza. Si era preparata per quella cena inattesa con largo anticipo appositamente per non far tardi come l’eroe delle fiamme le aveva caldamente suggerito quello stesso pomeriggio, e per sua somma fortuna Haruka si era offerta di aiutarla per farle guadagnare tempo. Non le sarebbe mai stata abbastanza grata per l’interminabile ora che aveva dedicato alla scelta dell’abbigliamento più adatto per l’occasione, ma la sua migliore amica era talmente esaltata dalla prospettiva di Endeavor e Rei a cena insieme che non aveva categoricamente accettato scuse e si era fiondata verso casa sua saltellando incessantemente lungo tutto il tragitto. Aveva frugato a lungo tra i vestiti, svuotando l’armadio di quasi tutto il suo contenuto (provvidenzialmente lanciato alla rinfusa sul letto di Rei), aveva brontolato un po’ con fare insoddisfatto e l’aveva costretta ad un defilè per osservarla con addosso sette diverse combinazioni di indumenti, nonostante le deboli proteste proferite con un certo disagio, che si rivelarono del tutto inutili di fronte alla sua caotica esuberanza. Lo aveva trovato quasi per sbaglio dopo ben quaranta minuti, alla fine, accuratamente ripiegato in una scatola ancora integra e sulla quale era affissa l’etichetta con su scritto il prezzo sbarrato da un vistoso segnale nero. Non aveva avuto bisogno di vederlo addosso all’amica per essere certa che fosse l’abito perfetto per quella serata, sebbene Rei non ricordasse di averlo acquistato o di averlo mai visto prima di quella sera. Probabilmente era uno di quei regali gettati nel dimenticatoio e che provvidenzialmente mostravano la loro utilità nei momenti più impensabili, semplice nella forma e di un intenso rosso granata, opaco e poco appariscente, che creava un netto e deciso contrasto con il candore delle sue ciocche e della sua pelle che Haruka aveva definito poetico. Era un colore molto lontano da lei, in effetti, che raramente avrebbe indossato di sua spontanea volontà, ben più avvezza a lasciarsi avvolgere da stoffe blu o bianche che riflettevano al meglio il suo temperamento tranquillo e fresco, ma quando aveva visto quell’abito dalla morbida gonna a campana -lunga fin poco sopra le ginocchia- calzare perfettamente attorno al proprio corpo da giovane donna in sboccio si era sentita a suo agio come se il rosso, in fondo, fosse diventato improvvisamente parte della sua vita. Un leggero velo di trucco sul viso per definire lo sguardo, qualche goccia di profumo ed infine si era ritrovata sul divano a leggere in attesa dell’arrivo di Enji.
A leggere un po’ troppo a lungo, decisamente più di quanto avesse programmato.
Il tempo scorreva con asfissiante lentezza, ogni secondo sembrava durare un’eternità, protraendosi e dilungandosi nella sua mente in una stridente e fastidiosa eco che a tratti le mozzava il respiro. Rei aveva iniziato a cambiare posizione ripetutamente sul divano, colta dall’opprimente sensazione che quel ritardo non fosse una mera dimenticanza e dal crescente timore che fosse accaduto qualcosa. Lo percepiva all’altezza dello stomaco e assumeva la forma di un peso ingombrante e fastidioso, un sentore sgradevole che accresceva la sua aspettativa ed ancor più la sua ansia.
Non era da lui.
Semplicemente non lo era, e la ragazza aveva smesso ormai da diversi minuti di concentrarsi realmente sulle pagine di quel libro sfogliato per inerzia, con la mente che vagava a briglia sciolta verso scenari per nulla gradevoli. La tensione si sciolse ormai a qualche minuto dalle otto, quando un deciso bussare contro la porta la fece sussultare: un tonfo improvviso seguito da un secondo ed un terzo, al suono del quale Rei lasciò cadere il libro per precipitarsi di gran corsa verso l’ingresso. Aprì la porta di scatto con una mano febbrilmente stretta attorno alla maniglia e l’altra tremante poggiata sul legno scuro dello stipite, il cuore martellava furiosamente nel suo petto ed il torace si sollevava in un rapido ansimare, ogni aspetto del suo viso e del suo sguardo tradiva l’angoscia che solo allora sembrò in grado di esprimere. Lentamente i suoi occhi grigi si sgranarono davanti ad un’immagine che la paralizzò sull’uscio con le labbra leggermente schiuse e la sensazione di star precipitando nel vuoto, come se una voragine si fosse aperta sotto i suoi piedi appositamente per inghiottirla.
«Chiedi sempre chi sia, prima di aprire la porta.» L’ammonì Enji, guardandola dall’alto con il solo occhio destro, austero e imponente nella sua considerevole altezza. La parte sinistra del suo volto era quasi del tutto celata da un panno che con insistenza l’eroe premeva sul viso accuratamente rasato, impedendole di incrociare il secondo dei due frammenti di cielo che era ormai abituata a sentire su di sé, e diversamente da quel pomeriggio non era avvolto dalle lingue fiammeggianti del suo Quirk offrendole una visione quasi completa dei suoi tratti marcati. I suoi capelli rossi erano leggermente scarmigliati, ma decisamente era l’ultima delle cose che la diciottenne avrebbe mai potuto notare in quel momento.
Un liquido rosso e viscoso dall’intenso odore ferrigno gocciolava lentamente sullo sterno di Endeavor, piccole chiazze si aprivano a deturpare la stoffa della camicia bianca che con tanta sapienza avvolgeva il suo torace ampio.
«Devo chiederti di lasciarmi entrare qualche momento, anche se i tuoi genitori non sono in casa.» L’uomo riprese a parlare, e la voce profonda ed innaturalmente calma che la raggiunse sembrò scuoterla con forza fino alle fondamenta della sua anima.
«Sta sanguinando...» Soffiò Rei con un filo di voce, facendosi da parte quel tanto che bastava da consentire ad Enji di oltrepassare la soglia di casa. Fu quando la luce dell’ingresso mise in evidenza la grande macchia rossa sul panno utilizzato dall’uomo per tamponare il volto che Rei percepì qualcosa scattare in lei. Simile ad uno schiocco di frusta, sfolgorante come una scintilla che innescò una vera e propria detonazione.
Il panico si impossessò di lei ancor prima che potesse realmente rendersene conto.
«Sta sanguinando!» Ripeté, questa volta ad un tono di voce ben più alto che attirò l’attenzione di Enji, intento a sfilarsi le scarpe. Lo vide voltarsi in sua direzione e sgranare leggermente il solo occhio a lei visibile a tradire un misto di sorpresa e confusione di cui la ragazza sembrò non curarsi affatto. Gli occhi di Rei erano inesorabilmente fissi su quelle macchie di troppo, la sua mente era dolorosamente pervasa dall’immagine di una ferita di cui non conosceva la gravità e parallelamente al focus su di essa aumentava anche il senso di oppressione che attanagliava il suo petto. Portò la mano destra ai propri capelli chiari, scostandoli dal viso con uno scatto un po’ troppo repentino, il suo respiro divenne rapido e l’ambiente circostante sembrò quasi sfumare come se fosse irreale. Mosse qualche passo incerto in direzione dell’uomo per stringere entrambe le mani attorno ad un suo braccio, e cercare -tremante- di condurlo in direzione del salotto, nonostante lui fosse perfettamente stabile sulle gambe atletiche.
«Io… oddio, ha perso molto sangue.» Farfugliò smarrita, con gli occhi che guizzavano a destra e sinistra in cerca di qualcosa, di una soluzione, di un’idea che la sua mente in stato confusionale non riusciva a trovare. Enji sospirò ed il suo sguardo si accigliò visibilmente ma Rei era troppo immersa nella sua bolla di angoscia ancestrale per notarlo.
«Rei.» La richiamò.
«Non si sforzi. Si stenda sul divano e… santo cielo… io farò qualcosa.» Parlava rapidamente ed il suo volto era cinereo, sentiva la gola secca e d’improvviso lasciò andare il braccio dell’eroe per iniziare a camminare velocemente attraverso il salotto.
«Rei.» Il tono di Enji era divenuto leggermente più grave e, nonostante si mantenesse contenuto, era facile percepire un velo di stizza nel modo in cui pronunciò il suo nome quella seconda volta. Una stizza che le scivolò addosso, incapace di sfondare la barriera ansiogena che la imprigionava mentre frugava tra le scartoffie su un ripiano in una ricerca quasi disperata e sconclusionata; alcuni fogli caddero per terra, ricoperti agli angoli da un sottile strato di brina. Riprese a parlare con una velocità inconsueta, tutto d’un fiato, con voce tremante, lasciando che tramite essa il suo turbamento fluisse come un fiume in piena, esondante e distruttivo.
«Serve un medico, serve immediatamente un medico, devo trovare il telefono, chiamerò un’ambulanza prima che...»
«Rei!»
La voce baritonale di Endeavor tuonò tra le mura della casa vuota, imperiosa e autoritaria, con una durezza priva di fronzoli che la investì con tanta violenza da arrestare definitivamente le sue parole sconnesse. La mano grande e ruvida dell’uomo le circondò il polso sinistro, sollevandolo sgraziatamente quel tanto che bastava da distanziare la sua mano dai plichi ormai sparsi su tutto il ripiano ligneo: la ragazza sentì una forza irruenta e ben superiore alla sua strattonarla lievemente, piuttosto rude nell’attirare il suo corpo per intero che si ritrovò a pochi, miseri centimetri da quello di Enji. Il suo palmo era rovente, deciso, avvolgeva il polso esile della giovane donna in una morsa ferrea mentre i suoi occhi, entrambi, la trafiggevano in un muto e severo rimprovero. Rei taceva, il respiro trattenuto, travolta dal calore emanato dal suo corpo e resa immobile da quella stretta forse un po’ dolorosa.
Adesso che il panno non premeva più sul suo volto, l’uomo sanguinava copiosamente da un lungo taglio che dalla tempia sinistra si dilungava fino a pochi millimetri dall’angolo del corrispettivo occhio.
«Tu sarai la moglie di un eroe.» Scandì la sua voce autorevole, con un tono ben più facile da tollerare ma che non ammetteva replica alcuna. «Questa potrebbe essere una prassi. Vedere tuo marito tornare a casa ferito e sanguinante, non vederlo tornare affatto e sapere poi che si trova in ospedale, non avere sue notizie per ore, perfino per giorni, vederlo in diretta televisiva mentre affronta un malvivente e fallisce nell’evitare un colpo. Tutto questo potrebbe diventare parte della tua vita quotidiana, Rei. E tu non potrai permettere al panico di pervaderti in questo modo. »
La ragazza lo fissava dal basso con gli occhi sgranati, vittima di uno strisciante imbarazzo che serpeggiava tra le mura della sua mente a placare il caos che fino a pochi istanti prima vi imponeva il suo dominio. E non era solo la distanza esigua dal corpo scultoreo di Enji Todoroki, era la consapevolezza delle sue inoppugnabili ragioni che la indussero remissivamente ad abbassare lo sguardo per puntarlo sul misero stralcio di pavimento che separava i due futuri coniugi.
Il tumulto emotivo si placò gradualmente e Rei si sentiva sempre più sciocca, secondo dopo secondo. Cosa pensava di poter risolvere, tremando e agitandosi in quel modo? Di certo non sarebbe stata di alcun aiuto se avesse continuato a congelare bollette e missive in cerca del telefono, ed era soltanto riuscita a mostrare tutta la sua debolezza. Una realtà che, a dirla tutta, le era piuttosto nuova: era sempre riuscita ad affrontare razionalmente e con grande consapevolezza situazioni turbolente di qualsiasi natura, non era da lei quell’incapacità di mantenere equilibrio e lucidità davanti ad un problema. Non aveva mai gradito la vista del sangue, certo, ma questo non aveva mai compromesso prima di quel momento la sua attitudine all’intervento. Lentamente la mano di Enji allentò la presa attorno al suo polso fino a lasciarlo andare del tutto e soltanto allora Rei trovò il coraggio di sollevare nuovamente gli occhi grigi sul suo viso. Nel farlo intercettò uno sguardo indecifrabile.
«Speravo smettesse di sanguinare prima che arrivassi. Non è grave, è meno profondo di quanto possa sembrare. È solo il calore che fa coagulare più lentamente, tutto qui. Qualche minuto e possiamo andare.» Puntualizzò, prima di tornare a premere il panno ormai lercio sul volto e dirigersi lentamente verso il divano, sul quale si sedette. «Mi serve solo qualcosa per pulirmi.»
La ragazza rimase chiusa in un cupo silenzio che sapeva di imbarazzo e mortificazione, e di nuovo volse lo sguardo verso il basso prima di dirigersi lentamente verso la stanza adiacente.

 

Enji chiuse gli occhi per qualche istante, una volta rimasto solo nel salotto di quella casa non sua. Aveva sempre avuto una soglia di sopportazione del dolore piuttosto alta, fin da molti anni prima di diventare Endeavor, e riuscire a ragionare con lucidità anche quando la sofferenza fisica minacciava di prendere il sopravvento era indubbiamente uno degli aspetti più importanti per un eroe. Non era quello il caso, per sua fortuna, a dispetto del sangue che insozzava il suo volto e la camicia non avvertiva particolarmente fastidio a quello che ostinatamente continuava ad etichettare come un semplice graffio, eppure faticava a mettere in ordine i pensieri che si rincorrevano caotici e rumorosi nella sua mente in un guazzabuglio inestricabile. Era abituato, in effetti, a vedere persone in preda al panico abbandonare qualsiasi controllo e lasciarsi pervadere dall’ansia, ne incontrava quotidianamente quando a testa alta e con determinazione affrontava i più disparati pericoli per mettere in salvo qualcuno, un qualcuno che nella maggior parte dei casi non aveva la benché minima capacità di gestire una situazione di pericolo o di elevata tensione.
Da questo punto di vista alle volte i civili erano tremendi.
Aveva visto decine di donne e uomini piangere disperatamente, strillare, agitarsi compulsivamente e aggrapparglisi addosso in balia di un atavico terrore, appena pochi giorni prima aveva anche ricevuto un colpo nel naso da un’anziana in piena crisi dopo esser stata presa in ostaggio da un Villain alto il triplo di lei ed il doppio dello stesso Endeavor, e con qualche sforzo aveva imparato a non biasimarli troppo indipendentemente da quanto fossero fastidiosi o di ostacolo al suo intervento. Lo sapeva, solo una fetta ristretta della popolazione aveva frequentato scuole per eroi, ed una ancor più minuta alla fine era riuscita a far carriera nel settore, per cui non poteva aspettarsi che possedessero tutti i suoi stessi nervi d’acciaio nel trovarsi coinvolti in certe situazioni. Quel che non si aspettava, in realtà, era che la stessa Rei che da sola era riuscita a rallentare l’uomo che le aveva strappato la borsa potesse reagire in modo tanto incontrollato al cospetto di un po’ di sangue. Di fronte al suo panico tangibile, di fronte alla sua preoccupazione intensa, ai suoi movimenti repentini e alla sua angoscia Enji aveva provato quell’unica emozione in grado di mandarlo fuori dai gangheri nel modo più esplosivo: il senso d’impotenza. Non si sentiva in colpa per aver alzato la voce, alla fine si era rivelato un ottimo metodo per farla rinsavire, ma iniziava a pensare che non fosse stata una buona idea bussare alla sua porta in quelle condizioni. Forse accentuare il suo ritardo, nonostante lo trovasse disdicevole, gli avrebbe consentito di medicarsi adeguatamente e risparmiare ad entrambi quanto appena accaduto. Dalla stanza accanto provenivano piccoli e radi rumori, come se Rei si muovesse con studiata cautela, e quando aprì gli occhi Enji notò per terra a pochi passi dal divano un libro dalla copertina bronzea, con le pagine aperte rivolte verso il legno del parquet come se fosse stato frettolosamente lasciato cadere.
Il suo tardare, probabilmente, aveva gettato Rei nel panico ancor prima che lui arrivasse.
Forse aveva cercato di distrarsi con la lettura, ma questo non era bastato a sedare le sue preoccupazioni, che erano poi esplose non appena aveva visto il sangue sul suo viso.
E ancora forse, sebbene fosse difficile crederlo e strano pensarlo, non era stata la vista del sangue a farle perdere il controllo, quanto il timore per la sua incolumità. Poteva concepirlo davvero?
I suoi occhi cerulei si spostarono automaticamente in direzione della porta che Rei aveva poco prima attraversato per sparire nei meandri della casa, all’insorgere di quella domanda: gli era concesso ipotizzare che quella ragazza, che ancora conosceva così poco, avesse tanto a cuore la sua salvaguardia nonostante fosse di fatto poco più che un estraneo? Ritornarono vivide nella sua mente le parole che le aveva sentito pronunciare appena poche ore prima -e che, sebbene lo negasse con veemenza, lo avevano tormentato per tutto il giorno-, quell’accorata difesa che nelle sue lunghe riflessioni Enji aveva attribuito un po’ alla necessità di Rei di preservare il suo orgoglio femminile, un po’ all’ammirazione che nutriva nei suoi confronti in quanto eroe, ma lentamente iniziò a farsi strada in lui l’idea che potesse celarsi qualcosa di più in esse. Una piccola scintilla traballante, che non sapeva se fosse in procinto di divampare in un caldo rogo luminoso o destinata ad estinguersi. E di fronte alla quale, tra l’altro, non sapeva affatto come reagire o anche soltanto cosa provare.
Distolse lo sguardo, appena un istante prima che la sua indefinita riemergesse dalla stanza accanto con una scatoletta bianca tra le braccia ed una pezzuola azzurra stretta nella mano destra. Aveva temporaneamente raccolto i capelli candidi in un fermaglio nero e il suo viso era ancora piuttosto pallido, ma di contro i suoi tratti sembravano più rilassati così come il suo sguardo, che vagliò rapidamente i fogli sparsi per terra mentre li superava con passo lungo. Adagiò la pezza su un tavolino basso di pregiato ciliegio posto davanti al divano, prima di sedersi al fianco di Enji e adagiare la valigetta sulle proprie gambe. Le sue mani si mossero con grazia fluente nel tirare fuori d essa del disinfettante che versò in un morbido batuffolo di cotone. Era particolarmente silenziosa, si manteneva ad una certa distanza dal suo corpo e non sorrideva, ma i suoi movimenti erano adesso fluidi e naturali, pregni della consueta spontaneità, come se l’angoscia fosse svanita nel nulla disperdendosi come un soffio di brezza. Quando l’aria fu pregna dell’intenso odore del disinfettante lo ripose accuratamente nella scatoletta e la spostò sul tavolino a far compagnia al rettangolo di stoffa azzurra, poi tornò in piedi.
«Non mi serve.» L’eroe aveva subito compreso quali fossero le sue intenzioni e fu rapido a spezzare il silenzio per primo, mugugnando con disappunto quelle poche parole che ebbero come solo risultato lo sguardo di Rei finalmente fisso sul proprio volto.
«La prego.» Rispose con fermezza, mentre si poneva di fronte a lui guardandolo dall’alto. Sembrava aver riacquistato pienamente il proprio autocontrollo, i suoi occhi erano ancora lucidi ma nelle iridi grigie che si ritrovò ad osservare riuscì a scorgere un’ombra di fierezza.
«La prego, mi permetta di rendermi utile.»
Rimasero a fissarsi reciprocamente per diverse frazioni di secondo: l’eroe delle fiamme seduto sul divano, Rei in piedi davanti a lui con i capelli raccolti e del disinfettante, intenta a reggere il suo sguardo. Poi d’improvviso la ragazza si mosse, seppur esitante, ed ancor prima che potesse impedirle di avvicinarsi Enji percepì il tocco gelido della sua mano sulla propria che stringeva ormai quasi compulsivamente il panno sporco di sangue contro il volto. I suoi polpastrelli erano quasi vellutati contro la sua pelle calda, freddi, leggeri nell’avanzare una tacita richiesta senza pretese: di fronte a tanta delicatezza, a discapito del suo pessimo carattere e del suo pessimo umore, l’uomo non trovò neanche una ragione valida per opporsi, permettendole di scostarla e svelare così la parte sinistra del suo viso, lungo la quale il sangue continuava a scorrere, seppur in minore quantità. Percorse i suoi tratti con sguardo analitico, e nel farlo Endeavor vide le sue sopracciglia sottili aggrottarsi appena in un’espressione assorta e concentrata mentre si chinava leggermene in sua direzione per iniziare a medicarlo con piccoli tocchi. Non batté ciglio, inscalfibile e rigido di fronte a quel dolore ben lontano dall’essere insopportabile, semplicemente la lasciò fare limitandosi a mantenere gli occhi fissi su alcune ciocche di capelli sfuggite alla morsa ferrea del fermaglio, che ricadevano lungo il suo collo candido. Si ritrovò a pensare che fosse piuttosto abituata ad utilizzare simili medicamenti, date le sue movenze metodiche e precise che stonavano violentemente con la ruggente ansia poco prima esibita alla vista del sangue.
«Volevo solo dirle che mi dispiace.» Soffiò Rei d’un tratto, con una voce bassa e leggermente arrochita che distrasse l’eroe dall’attento studio dei suoi sottili capelli perfettamente lisci. Per quanto possibile Enji mosse gli occhi in cerca del suo volto che riuscì a scorgere solo parzialmente, dal basso della sua posizione. «Non so cosa mi sia preso. Io ero… preoccupata. Ma ha ragione, non posso permettermi di perdere il controllo in questo modo. Non ci sarà una seconda volta, mi creda.» La sua voce era morbida e carezzevole, eppure tremava appena. Non lo stesso tremore che poco prima trasudava l’intensità della sua ansia, scandendo quegli attimi di panico e aberrazione, no, era un tremore carico di emozione, probabilmente di tutto l’imbarazzo che pronunciare ad alta voce quelle parole le stava costando.
Le ragazze erano un disastro. Erano un problema.
Stordivano gli uomini, destabilizzandoli, privandoli del loro baricentro, o almeno era questo ciò che sentiva così tanto spesso dire ai suoi coetanei, orgogliosamente certo che nulla di tutto ciò potesse riguardarlo da vicino, che niente e nessuno potesse sortire su di lui un simile effetto annichilente.
Ma su quel divano gli fu chiaro che Rei fosse un disastro ed un problema ben più di qualsiasi altra donna avesse incontrato prima di allora:bastò quella frase perché Endeavor potesse sentire qualcosa agitarsi furiosamente nel suo stomaco. Qualcosa di strano e poco definito, difficile da identificare con esattezza o catalogare, a metà strada tra il fastidio e il piacere; non sapeva neanche che si potessero provare due sensazioni radicalmente opposte contemporaneamente.
Rei si chiuse nuovamente in un rispettoso e imbarazzato silenzio che per un po’ rimase inalterato. Il batuffolo di cotone zuppo di disinfettante si muoveva con precisione lungo lo squarcio sottile e non troppo profondo, talvolta soffermandosi inclemente sulla carne viva, stretto in quella mano fredda che a volte, nel compiere quelle movenze così precise, carezzava il suo viso. La vide allontanarsi appena con l’intero corpo, forse per assicurarsi che il sangue fluisse con maggiore lentezza a dare prova di una più efficiente coagulazione, poi si chinò quanto bastava per recuperare un secondo batuffolo e delle steri strip. La nuova posizione da lei assunta gli consentiva finalmente di vederla in viso.
«Puoi anche evitare certe formalità.» Pronunciò l’eroe, e fu sufficiente che il suo timbro si diffondesse nella stanza perché la ragazza sussultasse impercettibilmente, forse colta alla sprovvista dalle sue parole dopo quel silenzio prolungatosi così a lungo. Si voltò a guardarlo, scostando le ciocche di capelli che ricadevano sul suo viso in un gesto che Enji aveva osservato innumerevoli volte e che aveva capito essere strettamente connesso al suo nervosismo. Schiuse le labbra per dire qualcosa, ma lui la precedette.
«Chiamarmi per nome, ad esempio. Darmi del tu.»
Una richiesta semplice, la sua, l’abbattimento di quei modi tanto garbati quanto distaccati che forse iniziavano un po’ a star stretti all’interno del loro rapporto ancora indefinito, una richiesta che sembrò sorprendere la giovane donna. Rimase a fissarlo basita per qualche istante, con gli occhi sgranati e le labbra leggermente dischiuse, come se le avesse chiesto di spogliarlo.

Dio, cosa vado a pensare?

Allontanò quel pensiero con la stessa rapidità con cui si era presentato, incuriosito dalla reazione di Rei che tornò frettolosamente a medicarlo, chiaramente in imbarazzo. Fu certo di vederla sorridere un istante prima che tornasse in piedi a sovrastare la sua figura per continuare, paziente e delicata, a ripulire la piccola ferita ed applicare una dopo l’altra le steri strip sulla sua pelle.
«Se lo desideri.» Mormorò, palesemente in difficoltà nel rivolgersi a lui senza quelle cerimonie alle quali era stata probabilmente indottrinata fin dalla più tenera età da genitori propensi a renderla perfettamente desiderabile da uomini di alto rango. Emise poi un versetto di soddisfazione quando posizionò l’ultima clip di sutura, prima di afferrare un cerotto bianco ed una garza dalla scatoletta. «Se vuoi posso cucinare qualcosa io, stasera. Non è indispensabile cenare fuori, data la situazione, End… Enji.»
La sua esitazione nel chiamarlo per nome lo fece sogghignare impercettibilmente.
«No. Andremo a cena come stabilito. Non sarà un cerotto a darmi fastidio e un vestito del genere non va sprecato per cenare in casa.»
L’uomo non si accorse subito di quanto le sue parole suonassero simili ad un complimento, lo realizzò solo dopo averlo letto sul volto di Rei che sotto i suoi occhi si accese di un puerile rossore. Vide le cremisi sfumature dipanarsi sulla pelle nivea dei suoi zigomi, concorrere a rendere per un istante le sue guance simili a pesche mature, e colto a sua volta dal disagio di aver avanzato un velato elogio distolse lo sguardo con un versetto stizzito, provvidenzialmente posto a dissimulare il suo stesso imbarazzo. No, decisamente, lui certe cose non sapeva farle e le chiacchiere dei suoi colleghi di fronte alle quali aveva sempre mostrato fastidio e disinteresse in quel momento non gli tornavano affatto utili. Tutte quelle smancerie, quelle assurde frasi romantiche degne di una soap opera che li facevano sembrare più degli idioti che dei veri uomini, erano totalmente fuori dalla sua portata.
Eppure era innegabile che la consapevolezza di avere tra le mani il potere di far arrossire una ragazza come Rei avesse un certo retrogusto piacevole.
«Sono felice che ti piaccia. »
Ancora un verso indecifrabile, mentre le dita fredde della ragazza scivolavano sulla sua pelle nell’applicare quel cerotto con estrema delicatezza, quasi temesse di romperlo. Aveva ancora tanto da imparare sulla capacità di resistenza d Enji Todoroki, ma forse non sarebbe stato troppo lieto di sposare una donna rude e sgraziata. In fin dei conti erano quei piccoli dettagli a renderla gradevole al di là del suo Quirk.
Non gradevole, no. Era un termine riduttivo, che non riusciva ad associare a Rei.
Desiderabile, forse.
«Bene, direi che abbiamo finito. Non sono sicura di riuscire a pulire la camicia, però. Il sangue macchia.» Disse la ragazza conducendo entrambe le mani tra i capelli candidi per far scattare il fermaglio e lasciare che le ciocche morbide tornassero libere di ricadere attorno al suo volto e lungo lo sterno.
«Non ha importanza. Inizio ad avere fame, nessuno farà caso a qualche macchia.» Borbottò Enji alzandosi dal divano per attraversare il salotto, seguito dallo sguardo di Rei che stava riponendo nel frattempo i medicamenti nella scatoletta. Stese le braccia verso l’alto per sgranchirle, l’aria si riempì di uno scroscio sinistro proveniente dalle sue articolazioni intorpidite dalla posizione sul divano e leggermente indolenzite dalla lunga attività quotidiana, poi si diresse verso l’ingresso. Sentì chiaramente Rei muoversi alle sue spalle, ne percepì i passi felpati e aggraziati sul pavimento di legno muoversi con una certa fretta ancora una volta al di là della porta che conduceva al resto dell’abitazione, probabilmente per recuperare la borsa o mettere a posto la scatoletta bianca, e non trovò necessario interrogarla prima del dovuto su quanto tempo intendesse perdere prima che potessero finalmente andare a cena. L’ora iniziava ad esser tarda, le energie spese nell’arco delle ore lavorative reclamavano con un certo ardore di essere colmate con del buon cibo, ma intimamente sperava di non essere incappato nell’ennesima ragazza ritardataria che aveva il bisogno fisiologico di sprecare mezz’ora in più del necessario prima di uscire da casa.
«Enji? »
Chiamò la sua voce esitante, nuovamente nel salotto.
«Mh?»
Chiese in risposta, senza voltarsi, intento ad allacciare le stringhe delle scarpe.
«Sarebbe inopportuno se ti chiedessi di raccontarmi cosa è successo? Lungo la strada o a cena, come preferisci.»
Il fruscio che udì annunciò chiaramente il suo essere intenta ad indossare il cappotto. Sorprendentemente rapida, la ragazza…
«Spiegati meglio.» Bofonchiò tornando in piedi. Fu allora che sentì qualcosa avvolgergli il collo, ed abbassando lo sguardo vide una sciarpa di leggero cotone, nera e grigia, scivolare sapientemente lungo il suo petto. Si voltò rapidamente in cerca degli occhi di Rei, che non faticò a trovare. Era ancora in piedi, in cima allo shikidai*, e ciò la rendeva quasi alla sua altezza o comunque le permetteva di guardarlo negli occhi senza sollevare il capo. Aveva sulle labbra quel sorriso piacevolmente gentile e cordiale, che illuminava i suoi tratti morbidi e li distanziava notevolmente dall’espressione contrita di paura e angoscia, colpevole di averli ingloriosamente deturpati nel pieno di quella crisi di panico che difficilmente l’eroe avrebbe dimenticato.
«Intendo che mi piacerebbe conoscerne le dinamiche.» Spiegò tranquillamente, conducendo entrambe le mani a sistemare accuratamente la sciarpa affinché coprisse le macchie di sangue sulla sua camicia. Aveva un taglio nettamente maschile, eppure il profumo emanato dalla stoffa era inequivocabilmente quello di Rei.
«Non so, che tipo di delinquente era, cosa stava facendo, in che modo gliele hai suonate o hai arrostito il suo didietro dopo che ti ha colpito.»
L’uomo teneva ancora lo sguardo fisso sulla sciarpa e su quelle mani che si muovevano a lisciarla con cura sul suo petto.
«Non devi fingere che ti interessino queste cose solo perché sarai mia moglie.» Rispose. Sorprendentemente Rei rise e condusse una mano alle labbra per contenerne il suono.
«Non sto fingendo. Io e Haruka parliamo per ore delle gesta degli eroi, mi interessa davvero! E voglio i dettagli.»
Enji aveva smesso di ascoltarla. La sua voce era diventata un indistinto, seppur piacevole, suono lontano nella sua mente che risuonava, piuttosto, di un martellante pulsare e dell’accavallarsi di strane sensazioni.
Quel profumo, quel tocco pacato, quel pianto, le lacrime attorno ai suoi occhi.

È lui il mio eroe.

Il suo sorriso, il suo sincero interesse, la delicatezza con cui lo aveva medicato, i capelli lungo la sua pelle.

Per me sarà sempre il numero uno.

Sollevò lo sguardo sul viso di Rei così repentinamente che la vide irrigidirsi per un istante.
«Sempre se non è un disturbo. Se ti va di parlarmene, ecco.» Aggiunse infatti, quasi volesse scusarsi di quella richiesta che ben poco aveva di illegittimo.
Endeavor era un uomo riflessivo, nel complesso, soprattutto (e forse soltanto) sul lavoro. Sapeva di dover valutare le conseguenze delle sue azioni, di dover cogliere ogni dettaglio per risolvere un caso nel migliore dei modi e con l’adeguata precisione, sapeva quando era il caso di muoversi con cautela, quando esitare. Ma era anche una testa calda, una delle peggiori. Lui non era soltanto l’eroe delle fiamme, lui era fuoco vivo a tutti gli effetti, indomabile, un rogo inestinguibile, un incendio inarrestabile che divampava con irruenza e poteva distruggere o creare, sterminare o scaldare. E delle fiamme che dominava con tanta maestria, senza dubbio possedeva l’impeto.
Il suo corpo si mosse ancor prima che la sua mente elaborasse un pensiero, che la razionalità potesse vagliare i rischi, le alternative, il significato stesso di quel gesto.
Entrambe le sue mani calde affondarono tra le ciocche argentate sulla nuca di Rei, in una presa tanto leggera quanto impositiva, e rapido la trasse a sé inclinando il capo quel poco che bastava per poter premere con forza le labbra sulle sue in un bacio rude, un po’ impacciato, ma del tutto spontaneo.

 

Fu come se il mondo circostante si fosse improvvisamente spento. Come se qualcuno avesse premuto un pulsante in grado di arrestare il tempo, porre a tacere ogni rumore, rendere fioca ogni luce. Si era interrogata innumerevoli volte su come sarebbe stato il suo primo bacio, gelosamente custodito per l’intera adolescenza in attesa di quel grande amore nel quale non aveva mai smesso di sperare. Lo aveva immaginato, screziandolo di tenerezza, sotto fiocchi di neve danzanti o pioggia battente come nei film, lo aveva immaginato con piacevoli melodie in sottofondo o con il fruscio del mare nelle orecchie, aveva immaginato che nella sua mente esplodessero variopinti fuochi d’artificio al solo tocco di labbra lungamente bramate e che il suo cuore urlasse la consapevolezza di aver trovato la sua perfetta metà.
Non c’era musica nell’aria, in un quel salotto che dal mare era piuttosto lontano. Non c’erano fuochi d’artificio nella sua mente. Regnava incontrastata la sensazione che il mondo intero non esistesse, che nulla vi fosse di realmente concreto al di fuori di quelle labbra calde contro le sue. No, non era affatto come Rei lo aveva immaginato, non si avvicinava neanche lontanamente alle sue fantasie ed aspettative. Eppure il suo cuore urlava lo stesso. Lo sentiva pulsare freneticamente nel suo petto, quasi fosse in procinto di collassare e portare via con sé ogni soffio di vita, lo sentiva risuonare nelle tempie, nella gola, mentre prigioniera di quelle mani grandi e forti, di quelle labbra decise e impazienti, viveva per la prima volta l’ebbrezza di un’inconsueta completezza. Andava bene. Andava tutto spaventosamente e meravigliosamente bene, era tutto così perfetto da rendere quasi ridicole e tutt’altro che allettanti le sue precedenti prospettive. Superata la sorpresa delle prime frazioni di secondo, lottando contro il buonsenso che le urlava quanto disdicevole potesse essere un simile gesto in casa dei suoi genitori, lasciò che le proprie mani si muovessero con tremula esitazione nel raggiungere le spalle larghe dell’eroe delle fiamme in un timido ma necessario sorreggersi. Sebbene lui si trovasse al di sotto dello shikidai, consentendole di guadagnare una ventina di centimetri in altezza, Rei dovette comunque issarsi sulle punte di entrambi i piedi ancora scalzi in un agito del tutto spontaneo: il suo corpo si muoveva da sé, come se sapesse esattamente cosa fosse giusto fare a discapito della sua proverbiale inesperienza, guidato da un istinto che la ragazza era sempre stata piuttosto attenta a tenere a bada. Percepì una mano di Enji, solo una, abbandonare la morbidezza delle sue ciocche ed un istante dopo il suo braccio le cinse con disinvoltura la vita, apparentemente per renderle più comodo il suo sostare sulle punte, ma generando di fatto una vicinanza tra i loro corpi che infiammò l’animo di Rei. Era una sensazione strana, per una come lei che conviveva con il ghiaccio fin dalla nascita, eppure estremamente gradevole, che rese naturale accogliere il moto di irruenza elargito dal futuro marito, quando questi schiuse le labbra a sfiorare le sue con la lingua, prima di violarle. L’intero corpo di Enji irradiava un intenso calore, le labbra erano tanto roventi che Rei temeva potessero marchiare le sue, ma fu solo quando percepì il tocco audace della sua lingua contro la propria che realizzò quanto il fuoco fosse parte effettiva di lui. Si lasciò guidare, improvvisamente stordita dalla sensazione di avere le viscere in subbuglio, si lasciò assaporare, contemporaneamente avvolgere e stravolgere dalle movenze perfettamente coordinate delle loro lingue coinvolte in una danza che sembravano aver provato infinite volte appositamente per divenire complici partner. Una reciproca esplorazione, che non richiedeva espliciti consensi e che lasciava parlare i corpi in una comunione che mai si sarebbe aspettata di ritrovare in un fidanzamento combinato. Non c’era spazio per le domande, in quel momento, per chiedersi quante donne avessero goduto prima di lei di quelle labbra infuocate, di quei baci rudi e screziati di aggressività, per chiedersi se fosse accettabile lasciarsi andare in quel modo tra le mura della stessa casa che condivideva con il padre, per chiedersi se fosse davvero possibile dimenticare di respirare così a lungo senza subire alcun danno cerebrale. C’era solo Enji ed il bacio che le stava donando, pur rubandolo con una certa irruenza.
Sentì i suoi denti perlacei stringerle piano il labbro inferiore, in un ultimo marchio di indiscusso dominio e possesso, prima che Endeavor si allontanasse dal suo volto facendola precipitare in un improvviso vuoto. Fu come se l’interruttore fosse nuovamente scattato, riattivando il mondo esterno ai due futuri coniugi e rendendola nuovamente padrona di sé e del proprio raziocinio. Scoprì di tremare appena, stretta dal braccio forte dell’eroe e da quella mano che ancora sostava tra i suoi capelli, e se fino a quel momento era rimasto silente ed impercettibile fu nell’arco di pochi secondi che si ritrovò investita in pieno da un inclemente imbarazzo, che con prepotenza prese possesso di ogni sua cellula e accese il suo viso di un intenso rossore impossibile da nascondere. Enji rimase immobile per qualche istante, senza smettere di stringere il corpo di Rei, ed emise un singolo sospiro flebile a pochi, miseri, irrilevanti millimetri dalle sue labbra prima di liberarla da quella cocente morsa ed indietreggiare di un singolo passo. Istantaneamente la ragazza abbassò lo sguardo sul pavimento, travolta da una modica dose di disagio e dall’impellente necessità di regolarizzare il respiro con sufficiente discrezione da non mostrare il suo stato di iperventilazione, ma vide con la coda dell’occhio l’eroe volgere il capo verso destra e cimentarsi in un colpetto di tosse dettato, ipotizzò, da un imbarazzo pienamente condiviso.
«Muoio di fame. Andiamo.»
Aggiunse quest’ultimo con il tono più basso di circa un’ottava rispetto al consueto, probabilmente per evitare che il silenzio prendesse il sopravvento e accrescesse il turbamento creatosi a seguito di quel bacio. Rei stentava ancora a credere che fosse realmente accaduto, non era neanche del tutto certa di aver recuperato pienamente le sue facoltà intellettive, ma le sue labbra ancora bruciavano ed il cuore sembrava intenzionato a non placare il suo battito. Ciononostante, in risposta a quell’esortazione annuì e scostò le ciocche chiare dietro le orecchie, prima di abbandonare la posizione sopraelevata garantitale fino a quel momento dallo shikidai per calzare delle comode scarpe nere dal tacco basso. Enji, nel frattempo, aveva già raggiunto la porta e con una mano in tasca la teneva aperta, lasciando che Rei lo precedesse al di fuori di essa. Ostinatamente evitava di guardarla, il ché per qualche istante gettò la diciottenne nel deliberato timore che nutrisse vergogna o rimorso per quanto appena accaduto. E se non fosse stato affatto soddisfacente, per lui? Il solo pensiero bastò a stringerle lo stomaco in una morsa dolorosa, mentre con lo sguardo basso chiudeva la porta con diversi -forse perfino troppi- giri di chiave. Il vialetto era fiocamente illuminato, per cui Rei si mantenne di fianco all’eroe nel percorrerlo, appena a qualche centimetro dal suo braccio, timorosa di inciampare nonostante le scarpe fossero piuttosto comode. Pur non guardandolo riusciva a percepire con estrema chiarezza quanto Endeavor fosse irrequieto: teneva una mano affossata nella tasca del cappotto, sbuffava ripetutamente fissando qualsiasi cosa non fosse Rei, e poi quasi di scatto condusse la mano libera ad avvolgere la sciarpa nera e grigia attorno al proprio collo, emettendo un mugugno indefinito che attirò, per la prima volta negli ultimi minuti, lo sguardo della ragazza. Sembrava avesse qualcosa da dire, il suo volto era corrucciato e lasciava trasparire uno sforzo quasi fisico. Quando prese fiato, dopo qualche secondo di smorfie accigliate, parlò come se una forza superiore lo stesse coercitivamente obbligando a farlo.
«Forse non avrei-»
«Sciocchezze!»
Rei si portò una mano alla bocca, sorpresa dal proprio scatto incontrollato. Le sue labbra si erano mosse in automatico non appena aveva intuito cosa il ragazzo stesse cercando di dire per esprimere il suo pensiero forse un po’ troppo spontaneamente. Percepì ancora una volta il viso surriscaldarsi quando colse gli occhi cerulei di Endeavor fissi su di lei.
«Intendo...wow.»
Questa volta condusse le mani a coprire completamente il viso, dandosi mentalmente della stupida per quell’affermazione ancora una volta priva di filtri, che aveva deliberatamente sostituito il suo timido tentativo di spiegare come non vi fosse alcun biasimo in quel bacio. Un commento del tutto inappropriato, che la fece sprofondare tra le braccia di un ulteriore, eccessivo, spropositato imbarazzo. Lei non poteva vederlo, ma sul volto dell’eroe delle fiamme apparve una smorfietta simile ad un sorriso.
«Wow, eh?»
La riprese, con quello che Rei non sapeva se interpretare come un tono di scherno o una conferma del suo commento. Conoscendolo, però, poteva ragionevolmente optare per la prima ipotesi. Scostò le mani dal proprio volto solo dopo lunghi istanti di profonda vergogna, arresa ormai alla consapevolezza di aver fatto una pessima figura e di non poter comunque nascondere il rossore che probabilmente avrebbe verniciato i suoi zigomi per il resto della serata.
«Ti interessa ancora sapere com’è andata?»
Ancora una volta fu la voce di Enji a spezzare il silenzio. Fissava la strada davanti a loro, con quella consueta aria austera e rigida che in qualche misura Rei aveva iniziato ad apprezzare. Ma almeno, ed era una consolazione, non sembrava più in procinto di esplodere. Sentì la tensione sciogliersi e il nodo al petto allentarsi abbastanza da consentirle di sorridere con garbo.
«Certo.»
Si incamminarono lungo il marciapiede senza fretta alcuna, nonostante l’ora di cena fosse già lontana e la fame (ma era davvero la fame?) iniziasse a contrarre lo stomaco di entrambi.

Endeavor non la respinse, quando prima che iniziasse il suo racconto Rei strinse esitante la sua mano.

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L'angolo di Echo_

Non so neanche da dove cominciare. Postare il nuovo capitolo con un simile ritardo è stato obbligatorio per una serie di fattori. Da una parte le incombenze universitarie (leggasi "esami") ne hanno rallentato notevolmente la stesura ma soprattutto, ed è anche evidente, la complessità è aumentata nell'arco di un singlo capitolo. Anzitutto la lunghezza è notevole rispetto ai precedenti e ho affrontato due tematiche in grado di mettermi in difficoltà. Ho sempre pensato, dati anche i miei studi in psicologia, che non fosse da escludere una fragilità emotiva di base per quanto riguarda Rei. I vissuti che tutti conosciamo avranno senza dubbio provocato un declino consistente, ma sarei poco professionale se non considerassi l'ipotesi che in partenza non vi fosse una totale e piena stabilità. Da qui il pensiero che vedere il proprio fidanzato, per quanto non scelto, piombare in casa sanguinante potesse generare in lei un certo turbamento. Ma ciò che più mi ha messa in crisi è stata l'idea del bacio. Dio, ma davvero, Endeavor che bacia una ragazza?! Altro che crisi da OOC, ho cancellato e riscritto decine di volte ma spero vivamente che il risultato finale sia perlomeno soddisfacente. Mi ero ripromessa di dedicare questo capitolo al mio primo recensore, per cui una menzione speciale spetta a RollyChwan che mi ha donato l'ebbrezza del primo commento a questo progetto. Ma non posso assolutamente non ringraziare anche Kushi2195 e Jayden_ che hanno colmato il mio cuore di gioia con il loro incoraggiamento e le loro splendide parole.
Attendo il verdetto inclemente su questo capitolo. Apprezzatelo anche solo per la fatica che mi è costata. Alla prossima!
*Shikidai: Piccolo gradino che nelle case tradizionali giapponesi separa l'ingresso dal resto dell'abitazione.

 

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