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di michy michy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo Capitolo ***
Capitolo 2: *** Secondo Capitolo ***
Capitolo 3: *** Terzo Capitolo ***



Capitolo 1
*** Primo Capitolo ***


Artù non era abituato ad alzarsi presto. Soprattutto se a svegliarlo era il pianto di un bambino. Socchiuse gli occhi e, credendo di essersi immaginato il tutto, ritornò a dormire. Per quanti sforzi facesse, però, il lamento sembrava deciso a non lasciarlo prendere sonno, rendendosi conto così che forse quel suono non se l'era immaginato.
Scattò su in piedi dal letto e afferrò una spada che teneva attaccata alla parete. Silenzioso solo come colui che, dopo aver affrontato diverse battaglie, sapeva cogliere di sorpresa il nemico, si avvicinò di soppiatto, fino a giungere alle spalle di qualcosa, o meglio, di qualcuno. Artù fece un passo in avanti e lo sconosciuto, allora uditolo, cercò di scappare, rendendosi conto di trovarsi in una situazione pericolosa.
“Non così in fretta” affermò il principe, afferrandolo: lo sollevò da terra e si rese conto che effettivamente era un bambino, all'incirca di sei o sette anni, inoltre aveva un aspetto familiare, per non parlare, poi, dei vestiti che indossava; era sicurissimo di averli già visti da qualche altra parte.
Il piccolo lo guardò e sicuramente qualcosa nel suo volto lo aveva rasserenato perché si asciugò le lacrime e si avvicinò al collo di Artù, stringendolo forte.
Il principe rimase immobile e con un mucchio di domande in testa: chi era quel bambino? Come aveva fatto ad entrare nelle sue stanze? Ma soprattutto, perché sentiva la spalla bagnata? Allontanò il piccolo da sé il poco che bastava a darsi un'occhiata, così da notare, con suo incredibile disappunto, di essere stato ricoperto da muco e da lacrime. Decise di non badarci troppo per questa volta: ora aveva ben altri problemi. Fece scendere dalle braccia il piccolo, riluttante a dover rimettere i piedi a terra.  
 
“Allora...” iniziò Artù, incrociando le braccia al petto nudo, “... chi sei?”
Il bambino alzò la testa ed esitò un attimo a rispondere: sua madre gli aveva ricordato di non parlare mai con gli sconosciuti, ma lui sapeva di potersi fidare dell'uomo che lo iniziava a guardare un po' spazientito.
“Ti hanno forse tagliato la lingua? O forse non sai parlare?” chiese ironicamente il re, sollevando un angolo della bocca.
Il piccolo lo guardò con gli occhioni azzurri spalancati: “No! Mi chiamo Merlino” gli rispose deciso.
Artù perse ogni traccia del sorriso che prima lo accompagnava: Merlino? Il suo Merlino? In un ragazzino? Riabbassò lo sguardo, così da incontrare nuovamente quei bellissimi occhi azzurri, che ora però erano riempiti di lacrime.
“Mamma, dov'è la mia mamma?” chiese il piccoletto, iniziando a rigare il suo bel viso di lacrime. Artù non seppe far altro che prenderlo in braccio e appoggiarlo al suo petto; era in grado di uccidere un uomo persino ad occhi bendati, ma non sapeva cosa fare per consolare un bambino.
Accarezzò dolcemente i capelli scuri di Merlino, mentre si dirigeva verso il suo letto, dove l'adagiò, continuando ad accarezzargli i capelli, fino a quando il piccolo non si addormentò completamente.

Artù sospirò: senza ombra di dubbio era stata la magia ad aver fatto ringiovanire il suo servitore. La vera domanda era: chi l'aveva fatto, ma soprattutto, perché? Forse l'incantesimo era destinato a lui, ma, come era già successo altre volte, il suo fedele servitore vi s'era messo in mezzo e lo aveva protetto, finendo con il ridursi in questo stato.
Doveva ammettere però che non gli dispiaceva così tanto doversi occuparsi di un moccioso, soprattutto se quel moccioso era Merlino. Così, con questo pensiero, si coricò sull'altra parte del letto e, dopo aver dato un bacio sulla fronte al bambino, chiuse gli occhi.

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Capitolo 2
*** Secondo Capitolo ***



Artù si svegliò non appena sentì un qualcosa di pesante sopra di sé.
Fortunatamente notò che non si trattava che del ragazzino, o meglio di Merlino, che si era trovato la sera prima in camera. Gaius si era di certo preoccupato non vedendolo tornare. Il principe sgranò immediatamente  gli occhi: come accidenti aveva fatto a non pensare di doverlo portare dal vecchio?
Il medico di corte senz'altro avrebbe avuto una soluzione per la decrescita di Merlino.
Senza prendere troppo in considerazione il piccolo, che stava ancora dormendo, dopo essersi vestito velocemente, uscì dalle sue stanze, con un bambino addormentato tra le braccia.

 
"Merlino?!" chiese Gaius, sollevando un sopracciglio.
"Dannazione Gaius! E' Merlino! Me lo ha anche confermato ieri sera" ribattè il principe, iniziando a scaldarsi. Era la quinta volta che cercava di fare entrare nella vecchia zucca di Gaius il fatto che quel bambino, che ora stava traquillamente osservando le pozioni e i libri di medicina, disordinatamente disposti su un tavolo, in realtà altri non era che quel buono a nulla del suo servitore.
"E come avrebbe fatto a confermarglielo, Sire?"
"Mi ha detto che si chiama Merlino! Quanti altri Merlino conosci, Gaius?"
Il vecchio medico sospirò: "Merlino", lo chiamò e aggiunse: "avvicinati un secondo".
Il piccolo si alzò dalla postazione su cui stava seduto, intento ad osservare ogni genere di provetta e si avvicinò ai due, posizionandosi di fianco al principe e guardando Gaius con curiosità. Appena il vecchio si piegò così da raggiungere l'altezza del piccolo, quest'ultimo si aggrappò alla mano di Artù e nel contempo si nascose dietro la sua schiena.
Artù alzò gli occhi al cielo e sospirò frustato: "Ora che c'è, Merlino?"
"Sire, vi prego di fare attenzione: a mio parere, questo giovincello non ha nessun ricordo di noi" affermò il medico.
"Cosa? Impossibile, Gaius. Ieri sera, quando lo incontrai, sembrava riconoscere perfettamente chi fossi" ribattè il principe. "Dai, Merlino: non fare lo sciocco come al solito. Staccati" e fece per ritirare la mano a cui stava attaccato, quasi con trasporto, il più piccolo che, a seguito di quell'ordine, si aggrappò al braccio del principe con maggior forza, iniziando allo stesso tempo a piagnucolare.
Né Gaius, nè Artù riuscirono a spiegarsi il perché dell'attaccamento di Merlino al giovane Pendragon, ma di una cosa erano entrambi certi: sarebbe stato più difficile del previsto occuparsi di questo nuovo problema.

 
Per quel giorno, e solo per quel giorno, Artù acconsentì ad occuparsi del piccolo, soprattutto perché quello non sembrava intenzionato a staccarsi dalla sua mano. Così, dopo che Gaius gli promise che avrebbe trovato una cura per quello strano incantesimo, il principe fece fare a Merlino il giro del castello, dalle scuderie agli alloggi della servitù, sperando ricordasse qualcosa, ma tranne le espressioni di meraviglia e gli urletti di gioia, il loro pellegrinaggio non sembrava aver portato nulla di positivo, anzi, il principe si accorse anche dei molti sguardi stupiti della servitù.
Effettivamente era stato un po' imprudente da parte sua girovagare con un bimbo all'interno del castello, così lo portò nelle sue stanze. Merlino sembrò riconoscere il posto perché lasciò anadare la mano di Artù e corse verso il letto a baldacchino.
Il principe lo seguì e accortosi del fatto che il bambino facesse fatica a salire sopra il letto, lo afferrò da sotto le spalle e lo posizionò sulla parte destra del materasso.
Merlino sbadigliò: era evidente che la giornata era stata faticosa, e non solo per lui; il giovane Pendragon sbadigliò a sua volta e si sistemò sulla parte sinistra del letto, a una certa distanza dal bambino, che non appena chiuse gli occhi, si addormentò. Tale cosa non accadde purtoppo per il maggiore: aveva infatti troppi pensieri per la testa. Era preoccupato per il suo servitore, che cosa gli sarebbe capitato qualora Gaius non avesse trovato un rimedio per quella maledizione.
Guardò il piccolo: i capelli scuri e arruffati, pelle di porcellana e quei magnetici occhi blu, ora nascosti, che sembravano non aver paura di nulla. Artù riteneva che Merlino fosse l'uomo più coraggioso avesse mai incontrato, anche se non l'avrebbe mai ammesso pubblicamente. Si fidava ciecamente di lui e teneva in considerazione alcuni dei suoi consigli; doveva far ritornare il suo fedele servitore al suo stato originale a qualsiasi costo.
Sentendo le palpebre farsi pesanti, decise di chiudere gli occhi e di lasciare i problemi al domani. Senza quasi rendersene conto, si avvicinò al piccolo e gli lasciò un dolce bacio sulla fronte, per poi addormentarsi con un sorriso sul viso.

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Capitolo 3
*** Terzo Capitolo ***


Ciao! Sono l'autrice, michy michy. Grazie mille a elfin emrys e a chibisaru81 per le vostre recensioni, ma grazie mille anche a tutti voi, lettori silenziosi, anche se mi piacerebbe moltissimo sentire un qualche vostro parere su questa mia storiella.
​Questo capitolo è stato revisionato e sistemato da alcuni errori di battitura fastidiosi (ancora grazie, elfin emrys per la tua segnalazione ;) )
​Buona lettura!


Artù si svegliò di soprassalto, avendo udito un rumore sospetto. Il suo sesto senso, che lo aveva da tempo accompagnato in tremende battaglie, non falliva mai; anche quella volta, non appena aprì gli occhi, si trovò una figura incappucciata, intenta a sollevare un Merlin dormiente. Il piccolo, non curante del pericolo a cui sarebe stato esposto, continuava a dormire tranquillamente e per una volta, pensò Artù, mai era stato più felice di avere un servitore così pigro e ingenuo: non avrebbe altrimenti saputo come affrontare la situazione se fosse stato sveglio.

Il principe fece la cosa che più gli parve ovvia in quella situazione: scattò in piedi sul letto, afferrò la spada che stava appesa alla parete e la puntò contro lo sconosciuto, il quale, per lo spavento, mollò la presa sul bambino, che cadde, fortunatamente tra le lenzuola. Il rapitore, con ancora la lama puntata contro, arretrava con passi lenti, quasi come se non avesse paura della minaccia che incombeva sulla sua vita.

"Chi sei? Che cosa ci fai nelle mie stanze? Ma soprattutto: che diavolo vuoi da Merlino?" chiese, con tono minaccioso.
Essendo l'interpellato riluttante nel rispondere, il principe ferì lievemente il collo dello sconosciuto, il quale velocemente si portò le mani al collo, in segno di dolore. Artù non era così: mai avrebbe torturato qualcuno, nemmeno per estorcere informazioni. Ma ultimamente si era conto che tutto ciò che riguardava il suo servitore e in particolare tutto ciò che avrebbe potuto nuocere alla salute del ragazzo, lo allarmava.
Lui un giorno sarebbe stato il sovrano di Camelot e in quanto tale doveva iniziare ad avere comportamenti adeguati ad una figura del suo stampo, ma sarebbe stato assai difficile se si agitava così tanto per un semplice servitore.

Ma Merlino non era un semplice servitore, questo Artù lo sapeva bene: era leale, coraggioso e pronto a tutto per il suo padrone, era più leale di molti cavalieri presenti a Camelot e il principe dentro di sé sapeva quanto a Merlino importasse di lui; solo che il brutto carattere di "sua altezza reale, Testa di fagiolo" era troppo orgoglioso per elogiare di persona il servitore, quindi si limitava a punzecchiarlo qua e là, nascondendo il proprio compiacimento nel farlo. Ora c'era solo il rimorso di non avergli dimostrato apertamente la propria fiducia e il proprio rispetto: non poteva farlo, con lui in quelle condizioni. 

"Parla! Altrimenti non ci sarà un processo per te domani: morirai stanotte con la mia lancia"
A quelle parole, la figura incappucciata mostrò il volto: era un uomo, sulla quarantina, dall'aspetto selvaggio e trascurato. I suoi occhi, azzurri e vivaci, cercavano una scappattoia attraverso la stanza, fino a quando un rumore non attirò l'attenzione di entrambi: Merlino, svegliato dalla voce di Artù, si stava alzando, stroppicciando gli occhi e stava chiamando il nome del principe, il quale, ancora intento ad osservare il bambino, si era ladciato sfuggire lo sconoscito, che, nel frattempo, era riuscito a raggiungere il piccolo.

Artù non riusciva a comprendere il fatto di essersi fatto scappare lo sconosciuto ma avrebbe potuto rimproverarsi più tardi: ora la vita di Merlino era in pericolo, minacciata dal coltello che l'uomo gli stava puntando al collo. Il piccolo non emise nemmeno un suono e Artù non seppe se fosse per coraggio o semplicemente perché era ancora mezzo addormentato, fatto sta che guardò il biondo con uno sguardo carico di domande.

Artù fece un passo in avanti, con ancora la spada puntata verso il suo obiettivo.
"Si fermi, Vostra Altezza: non sono qui per ferire nessuno dei due"
"Certo, e mi credi così ingenuo? Per cosa stavi cercando di rapire Merlino, mi domando"
"Sire, questo bambino, o meglio questo ragazzo non è chi dice di essere: devo portarlo via con me, per poterlo educare assieme ai suoi simili"

Artù strabbuzzò gli occhi e guardò il piccolo: a parte la decrescita improvvisa, niente sembrava fuori posto dal suo giovane corpo. Cosa intendeva con "simili". Certo, sapeva che Merlino fosse un essere umano sottosviluppato, glielo ripeteva continuamente, ma non credeva avesse bisogno di essere trattato in modo diverso. Magari doveva renderlo più vigile e attivo, ma per quella non c'era una scuola: bastavano le pacche di Artù.
" "Suoi simili"? Cosa intedi, parla!" ordinò il giovane Pendragon, piuttosto adirato: la pazienza non era mai stata una delle sue virtù.
"Questo non posso rivelargelo, Maestà, ma le posso assicurare che Emrys sarà al sicuro con noi; abbiamo anche provveduto a trasformarlo in bambino, così da rendere la prelevazione più sicura e più veloce"

Quindi erano stati loro ad aver ridotto il suo servitore in quel modo! Un'incredibile ira si fece padrona dell'animo del principe, il quale non solo si era dimenticato di domandare chi diavolo fosse quell' "Emr e qualcosa", ma stava già per infilare l'arma nel collo del rapitore, quando si ricordò dello sguardo vigile del piccolo. Vero che Merlino aveva visto diverse morti, dopo aver servito Artù in campi di battaglia e non solo, ma forse, dal momento che sembrava che la sua memoria gli fosse stata cancellata con la decrescita, decide do non rischiare, di abbandonare l'idea, così da evitare di lasciare un segno indelebile, come l'omicidio di una persona, nella mente del piccolo. Ma non gettò la spada: sarebbe stato da incoscieti e da stupidi anche solo pensare a un'ipotesi del genere.

"Quindi siete stati voi a ridurlo così: dammi l'antidoto per farlo ritonrnare normale e posso assicurarti che la morte non sarà l'unica tua opzione nel processo di domani."
"Mi spiace, Sire, ma non posso: la Creatura mi ha detto..." ma subito ecco che lo sconosciuto lasciò andare la presa del coltello su Merlino, il quale, non appena ne ebbe occasione, corse a ripararsi dietro le gambe di Artù. L'uomo misterioso sembrava quais colto da un dolore improvviso al petto
"Dammi l'antidoto!" ordinò il principe.
"Non posso, Sire, altrimenti mi ucciderà!" rispose con voce debole l'uomo, accovacciato a terra, schiacciato da un dolore insopportabile.
"Chi? Chi ti ucciderà?" chiese Artù, con un tono disperato.
"Essa abita nelle più alte vette delle montagne attorno al Lago Nord, Lei vuole... " ma subito il volto dell'uomo divenne violaceo: sembrava facesse fatica a respirare.
Iniziò a divincolarsi, quasi come se volesse fuggire da quella tortura. Artù lo avrebbe aiutato, se solo avesse saputo cosa fare contro quella che aveva tutta l'aria di essere una magia. Sentì una forte presa alla base del tessuto che lo copriva, utilizzato come veste da notte: era Merlino che ora, sveglio e cosciente, osservava la scena con il terrore nel viso, bagnato da lacrime silenziose. Il principe gli accarezzò la testa per calmarlo, ma nessuno dei due tolse gli occhi da quello spettacolo tremendo. Dopo un'agonia che sembrava interminabile, lo sconosciuto si accasciò a terra, senza dare segni di vita.

I due rimasero senza fiato: cosa aveva visto, si domandò il futuro re di Camelot. Non fece nemmeno in tempo ad analizzare il corpo senza vita, che questo prese fuoco, sotto lo sguardo spaventato dei due spettatori. Dopo una manciata di secondi del corpo o delle fiamme non rimase più nulla: vi era soltanto una strano disegno sul pavimento, sembrava una scrittura antica.

Ne avrebbe dovuto parlare con Gaius, ma decise di non far parola con suo padre né dello strano incontro né della sua conclusione, dal momento che avrebbe potuto accusare e condannare a morte le persone sbagliate. Già non sapeva come comunicare al re che il suo servitore era stato trasformato in un bambino di 7 anni, anche se sospettava che qualcosa fosse giunta alle orecchie di Uther, figuriamoci l'intera questione del rapimento. Non aveva ancora capito l'interesse nell'avere Merlino, ma era sicuro sarebbe riuscito a trovare delle risposte al più presto possible.

In quel momento però c'era solo una cosa da fare. Si allontanò dagli strani simboli lasciati sul pavimento, avvicinandosi al bambino, il quale guardava ancora il punto in cui, fino a poco prima, un uomo moriva in un modo tremendo. E pensare che il principe si era persino preoccupato di non utilizzare la spada per evitare che in qualche modo Merlino ne rimanesse marchiato a vita, ma lo spettacolo a cui avevano appena assistito era stato forte per lui, che di morti ne aveva viste diverse, figuriamoci per un bambino.

Toccò leggermente la spalla del piccolo: sapeva come comportarsi in certe situazioni con gli adulti, più vicini a questa crudele realtà piuttosto che con un bambino. Ma non dovette preoccuparsi troppo: Merlino, non appena sentì l'unico tocco familiare che poteva conoscere e riconscere, si gettò tra le braccia del principe, scoppiando in un pianto a dirotto.
Il futuro sovrano lo sollevò e si posizionò sul letto, con il suo servitore ancora attaccato al suo collo.
Artù lo lasciò sfogarsi, iniziando ad accarezzargli la schiena, desideroso di calmare almeno in parte quel terribile pianto. La cosa funzionò: il piccolo poco a poco iniziò a traquillizzarsi, fino a quando non si addormentò nuovamente. L'unica differenza era che ora ci sarebbe stato Artù a vegliare su di lui: si promise di non lasciarlo solo nemmeno per un istante, che fosse giorno o che fosse notte.
"Non permetterò che ti accada nulla" sussurrò il principe sulla testa di Merlino, il quale, come se avesse sentito le sue parole, si fece più vicino al petto dell'uomo.

Fu un sonno senza sogni per entrambi.

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