Segni indelebili

di MaryS5
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


1.




Un forte odore di pioggia si diffondeva per le strade di New York. Aveva appena piovuto e io camminavo a testa bassa ai margini di un marciapiede ascoltando il rumore delle gomme che strisciavano sul cemento bagnato.
Ero stufo di stare in quella città continuamente grigia e bagnata, ma ero costretto. I Big Time Rush erano ancora all’inizio della carriera, avevamo ancora tanta strada da fare, ma prima avremmo dovuto farci conoscere. Così eravamo venuti momentaneamente nella grande mela.
Saremmo dovuti rimanere qualche mese o anno e l’idea non mi allettava per niente, tuttavia l’entusiasmo degli altri mi spingeva a superare la mia negatività e a farcela tutta per realizzare il nostro sogno.

Dopo aver superato un ponte, che si stagliava con tutta la sua maestosità sopra la mia testa, mi diressi verso una fermata dell’autobus per poter tornare finalmente a casa.
Ero appena uscito da scuola, se così si può chiamare, in realtà era uno studio musicale adibito a scuola solo per noi quattro e per qualche altro ragazzino che sperava di diventare una futura pop star. Avevo perso una scommessa con i miei amici. In palio c’era un passaggio da scuola fino a casa, che durava per tutto il tempo in cui saremmo stati lì. Purtroppo i posti erano limitati; una scommessa tra di noi avrebbe deciso chi avesse usufruito della grande comodità e indovinate chi aveva perso?
Non mi importava più di tanto. Mi piace camminare, avrei sgranchito un po’ le gambe, ma la pioggia e l’umidità mi infastidivano parecchio.

Arrivato alla fermata mi appoggiai distrattamente al cartello che indica l’obbligo di fermata del mezzo. Avevo i calzini odiosamente fradici e per non pensarci cominciai ad osservare la vita che scorreva intorno.
Ad aspettare insieme a me c’erano poche persone: un anziano appoggiato al bastone cercava qualcosa nelle tasche, lo guardai finché non scoprii l’oggetto che provava ad afferrare, ovvero un enorme fazzoletto a scacchi con cui si soffiò rumorosamente il naso arrossato. Dietro di me invece c’era una coppia di trentenni che chiacchierava sommessamente. Li guardai ridacchiare abbracciati l’un l’altro, poi spostai l’attenzione su una figura minuta, l’unica seduta sulla panchina umida. Aveva il capo basso, ma non riuscivo a comprendere che cosa stesse facendo.
Mi girai per guardarla, forse un po’ troppo sfacciatamente. Era una ragazza con un elegante cappotto rosso. Capelli color castano chiaro fuoriuscivano dal cappello, abbinato all’indumento, e si poggiavano con grazia sulle spalle. Teneva un quadernino nero, ma non lo stava sfogliando, lo stringeva semplicemente.
La vidi sobbalzare e tremare appena. Mi sorpresi di questo e non distolsi lo sguardo. Sentii un singhiozzo e la vidi passarsi la mano bianca sulle guance. Stava piangendo.
Intenerito e allo stesso tempo sorpreso dalla scena, mi guardai intorno. Possibile che nessuno facesse niente? Le puntai lo sguardo per qualche minuto, poi mi decisi a fare qualcosa. Pensai che se fossi stato io al suo posto avrei gradito una leggera considerazione.
Mi sedetti alla sua sinistra e abbassai un po’ la testa cercando di scorgere la sua espressione. Lei finalmente si accorse della mia presenza e sussultò. Mi squadrò velocemente, in quell’attimo vidi i suoi bellissimi occhi verdi inondati dalle lacrime, ma poi si allontanò alla punta della panchina, che comunque non distava molto da me, e mi guardò con sguardo crucciato.
<< Vuoi prendermi in giro anche tu? >> chiese flebilmente, << Avanti, fa pure! >>. Rimasi sconvolto. Allora era quello il motivo delle sue lacrime.
<< No, no, no, no, ti sbagli, non voglio assolutamente prenderti in giro. Perché dovrei fare una cosa simile? Desideravo soltanto sapere perché stessi piangendo. Tutto qui >>. La ragazza sospirò abbassando ancora lo sguardo << Lascia perdere … sono solo uno stupido sbaglio e non merito l’attenzione di nessuno … >>, << C-come? Perché dici queste cose? >> chiesi avvicinandomi un po’. Lei sembrò intenzionata a rispondere, ma poi scoppiò a piangere con foga. Rimasi stupefatto, immobile a fissarla.
Non so da quale angolo oscuro della mente mi venne quell’assurdo pensiero che mi fece agire, ma senza nemmeno ascoltarlo misi un braccio sulle sue spalle e la abbracciai delicatamente. Non la conoscevo e intuivo appena il motivo delle sue lacrime, tuttavia avevo come la sensazione di conoscerla da tempo, mi sembrava familiare. Ovviamente era la prima volta che la vedevo in vita mia.
Lei non mi spinse via. Rimase accucciata a piangere.

Ad un tratto si avvicinò un uomo trafelato. Aveva la divisa da autista. << Mi dispiace per il disagio signori, ma l’autobus ha una gomma a terra e ci vorrà qualche minuto prima che venga riparato il guasto o sostituito il veicolo >> disse rivolto a noi per poi continuare la sua marcia per chissà dove.
<< Ohhh! Sapevo che fosse stato meglio andare a piedi!! >> si lamentò il vecchietto allontanandosi seccato.
<< Tesoro, mentre aspettiamo che ne dici di entrare in qualche negozio? >> << Sì! Mi conosci così bene! >>, dopo essersi scambiati un veloce bacio la coppia sparì dietro un angolo.
<< Meglio di così non poteva andare! >> sussurrò lei asciugandosi le lacrime. Mi discostai guardandola. << Approfittiamo di questo tempo per dirmi perché piangi, ok? >>. La ragazza sembrò pensarci un attimo, poi alzò le spalle e cominciò. << I miei compagni mi prendono continuamente in giro, sta diventando insostenibile e a casa non va meglio. Sono stufa della mia vita >>, << Mi dispiace tanto >>. Lei mi sorrise. << Sei molto gentile >> constatò. Sorrisi con lei compiaciuto.
<< Io sono Grace >> si presentò porgendomi la mano, << Logan >> dissi stringendogliela.
<< Come mai sei qui? Non ti ho mai visto in questa fermata. Forse … sei solo di passaggio? >> mi domandò, << Veramente la mia casa non è a New York, ma in Texas. Sono venuto qui con la mia band. Stiamo cercando qualche sponsor e nel frattempo ci diamo da fare e ovviamente studiamo >>. << Fantastico! Fai parte di una band! Per quanto rimarrete? >>, << Beh credo un bel po’. Forse un anno o due, ma spero non troppo. Dipende che deciderà il nostro manager >>. << Ohh quindi siete famosi!! >>, << Non proprio, ma qualcuno sa chi siamo >>. Grace scoppiò a ridere e io con lei.
Ero riuscito a farla smettere di piangere e mi stava molto simpatica. Ero orgoglioso del mio operato. << Mi piacerebbe sentire qualche vostra canzone >>, << Se ti va domani porto il mio mp3 e ti faccio ascoltare qualcosa. Ovviamente se sarai qui >> << Certo! Mi renderebbe molto felice. Mi puoi trovare qua tutti i giorni, ma il sabato e la domenica è festivo >> si mise a ridere ancora e io la seguii sollevato. Poi però si rabbuiò subito.
<< Non voglio tornare a casa >> rispose al mio sguardo interrogativo. << Scusami, a te non interesserà niente dei miei problemi, ma io ho così tanto bisogno di confidarmi con qualcuno. Purtroppo nessuno vuole avere a che fare con me >> disse con le lacrime agli occhi. << Racconta pure. Ti puoi fidare di me, sta tranquilla >>, non se lo fece ripetere due volte, mi sorrise e cominciò; << Mio padre è morto quando ero molto piccola, non ricordo quasi niente di lui, ma una cosa che mi ritorna sempre in mente è ciò che pensavo a quel tempo. Ricordo che avevo un grande desiderio di riunirmi a lui, che pensiero infantile, vero? Quando era ancora con noi mi metteva tanta tranquillità ascoltare il suo respiro o la sua voce, ma nonostante fossi ancora una bambina sentivo che avrei dovuto prendermi cura di mia madre. Era così debole. Non ce la fece a resistere, a crescermi da sola, a sostenermi nonostante il dolore. Così si mise con un altro uomo: il mio patrigno. Adesso sta con lui, ma è irruento, si arrabbia per niente e beve, beve moltissimo. Desidero che mia madre la smetta di andargli sempre dietro. È sempre più sciupata, non dorme, non mangia se non glielo dice lui. Sta cominciando anche a non considerarmi più perché lui gli dice di farlo. Il mio patrigno è una specie di psicologo, anche se non è laureato, per farti capire meglio è un mago delle parole. Dice di sapere cos’è giusto fare e incita mia madre a seguirlo per stare bene e per far stare bene anche me. Tuttavia la sta solo distruggendo e io non riesco a farla ragionare. Mi sento sola. >> confessò tutto d’un fiato.
Rimasi senza parole. Non avrei mai potuto credere che una ragazzina, all’apparenza così semplice e dolce, nascondesse tali segreti. << Ma adesso basta parlarne. Mi ha fatto bene, ma ho detto anche troppo. Tu piuttosto, parlami un po’ di te >>, mi incitò con un sorriso un po’ forzato.
<< O-ok … mhh … non c’è molto da dire … ho una sorellina, che si trova in Texas con i miei. Amo gli animali da compagnia, soprattutto i gatti. E ho tre amici fantastici con cui, per il momento, dividiamo l’appartamento … >>, << I membri della tua band? >> << Esatto >> annuii con un sorriso.
Restammo un momento senza dir niente, entrambi troppo occupati ad osservare la strada trafficata. << Credi alla magia? >> disse ad un tratto rompendo il silenzio. << Che intendi dire? >> domandai un po’ perplesso. << La magia … mi riferisco proprio a quella >>, rispose sicura. << Non sei un po’ grande per credere in queste cose? >>, lei scoppiò a ridere di gusto, << Ma non sto parlando della magia che permette di far uscire delle colombe da un cilindro o che fa levitare le persone. Io mi riferisco alla Magia, quella con la M maiuscola, quella che fa muovere il mondo, fa sognare le persone, ti fa vivere … >> lasciò la frase in sospeso immersa in chissà quali pensieri.
Io non avevo la più pallida idea di ciò a cui si stesse riferendo così risposi un po’ titubante per paura di essere preso per uno stupido: << Beh credo di no … >>. Lei mi guardò per pochi secondi e io ebbi l’impressione che con il suo sguardo riuscisse a leggermi l’anima.

<< Qual è il tuo animale preferito in assoluto? >> chiese cambiando improvvisamente discorso. Rimasi un po’ spiazzato. << L-la tigre >> le dissi mentre la osservavo aprire il quadernino nero e impugnare la matita che si trovava tra le pagine.
<< Perché? >> chiese in modo indifferente sfogliando le pagine bianche. << Non lo so… è forte e maestosa, veloce, potente, saggia, bellissima e … c-che stai facendo? >> stava scribacchiando qualcosa, anzi stava disegnando. Cercavo di scorgere qualcosa tra la punta nera della matita e le sue dita sottili. Muoveva la mano destra con delicata precisione, ma anche con velocità. Era molto aggraziata nei movimenti e ciò mi incantava.
<< Ecco! >> esclamò porgendomi il quaderno. << Ma questo è un coniglio! >> mi lamentai deluso.
<< Infatti! >> disse senza scomporsi. << Questo è il mio animale preferito; un po’ simile alla lepre, ma più dolce. Tutti credono che sia solo una preda, un animale troppo delicato e piccolo, ma dentro di lui si cela una potenza e una forza che l’avversario non vede. È saggio. Sa quando fuggire via o affrontare il pericolo. Ha denti e artigli pericolosi se decide di usarli, ma è molto fedele e dolce se decide di voler bene a qualcuno. Per non parlare di quando corre … il vento gli accarezza il pelo mentre le zampe danno una potente spinta al terreno, riesce quasi a volare >>.
La guardai incantato, sembrava quasi appartenere ad un altro mondo. << Vedi? >> avvicinò la pagina bianca su cui risaltava il disegno, piccolo, ma a tratti decisi. Lo guardai concentrandomi in ogni particolare; le zampe morbide, le orecchie lunghe e la codina soffice. Sembrava quasi che si stesse per muovere, o che camminasse, sembrava che corresse, anzi … stava correndo!!
Si muoveva in fretta sulla pagina bianca. Correva come un matto scalciando di gioia di tanto in tanto, poi si avvicinò a me e stirò il musetto in un sorriso socchiudendo gli occhietti neri. Dopo ritornò al suo posto come se non fosse successo niente.
Io rimasi con gli occhi sgranati a fissare il disegno. Il coniglio si era mosso e … mi aveva sorriso. Il disegno di un coniglio mi aveva sorriso?!?
<< C-che è s-successo?! L’hai visto anche tu? >> il suo sguardo divertito mi fece intuire che non ero impazzito.
<< Come hai fatto? >>, la guardavo a bocca aperta cercando di carpirle un’informazione, per capire. << E qui ritorniamo alla magia … >> disse ridacchiando, ma lasciò anche questa frase in sospeso.
<< Dai dimmi come hai fatto! >> la supplicai. << Io no ho fatto niente, è stata la tua magia, che si trova qui … >> e mi sfiorò il lato sinistro del petto << … oppure qui … >> aggiunse indicando la mia fronte << … la magia sei tu, siamo noi è tutto questo. Forse è un po’ difficile da spiegare … vorrà dire che lo capirai da solo. Forse in futuro >>, << Cos… no! Aspetta! Non vale!! >>.
Un autobus che si fermò proprio davanti a noi mi interruppe. << Andiamo? >> << Sì >> risposi ridestandomi.

Mentre salivo su quell’autobus non avevo la più pallida idea che quella figurina fasciata da un cappotto rosso, proprio davanti a me, sarebbe diventata molto importante nella mia vita. Un unico incontro che mi cambiò facendomi crescere e per questo le devo molto.


 

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Capitolo 2
*** 2 ***


2.


Passai il resto del pomeriggio, la sera e perfino la notte a pensare a Grace. Avevo una gran voglia di rivederla e parlarle ancora. Era una ragazza molto interessante. Avevo deciso di non dire niente agli altri, almeno per il momento. Supponevo che mi avrebbero preso in giro per chissà quale ragione, così lasciai perdere.
Se l’avessi rivista e fossimo diventati amici l’avrei presentata loro.

Il giorno dopo era lì, come promesso. Io portai l’mp3 con tutte le canzoni della band e lei si dimostrò entusiasta nel sentirle. Purtroppo quei pochi minuti in cui aspettavamo l’autobus terminarono in fretta e, dopo un paio di fermate, scese salutandomi con un bacio sulla guancia.

Ero estremamente felice di averla conosciuta, Grace era una ragazza dolce e intelligente. Così passarono i giorni. In quel poco tempo in cui ci vedevamo raccontavamo tante di quelle cose. Era bello stare con lei e non aspettavo nient’altro durante la giornata. Era la mia valvola di sfogo, la mia confidente, la mia gioia e io lo ero per lei.
Nei giorni in cui stava male le davo dei consigli, le infondevo coraggio e fiducia, ma questa cosa non mi pesava. Mi impressionava molto la sua forza. Più il tempo passava e più Grace mi rivelava i particolari della sua vita difficile. I compagni di scuola non volevano stare con lei perché non era tra le più popolari, inoltre aveva perso il padre e per questo era considerata “diversa”. Gli insegnanti non la gratificavano per niente dopo i lavori che terminava con scrupolosità, la trattavano con distaccato rispetto.
Una volta mi confessò che le sembrava quasi di essere invisibile, nessuno la considerava, le parlava, la guardava. Solo io le avevo fatto credere il contrario poiché mi ero affiancato a lei senza nessuno scopo.

Era bello stare con Grace. Ogni giorno scoprivo un nuovo spettacolare aspetto della vita. Nonostante fosse stata così sfortunata era vitale e sempre allegra. Erano molto rare le volte in cui il suo viso si presentava contratto in una smorfia. Rideva sempre e il suono della sua risata mi incantava.


Un mercoledì mentre ci trovavamo sull’autobus in prossimità della sua fermata le chiesi di uscire quella sera. Mi dispiaceva il fatto di doverla vedere solo pochi minuti al giorno ed eravamo abbastanza legati da poterle chiedere una cosa del genere. Così mi disse sì e ci scambiammo il numero di telefono. Poi mi salutò come sempre con un bacio sulla guancia.
Il pomeriggio mi accorsi di essere molto teso. Non avevo idea di dove l’avrei portata. << Cosa c’è amico? Ti vedo nervoso >> chiese James entrando nella piccola cucina e vedendomi troppo concentrato mentre osservavo il contenitore dello yogurt che avevo tra le mani, ancora intatto. << Niente … è solo che stasera devo vedermi con una ragazza e non so come comportarmi >> confessai leggermente frustrato. << Cosa? Il nostro Logan ha un appuntamento?! >> esclamò richiamando l’attenzione di Kendall e Carlos che erano intenti a giocare con un videogioco violento. Lasciarono il joypad e si avvicinarono a noi.
<< Chi è la fortunata? >> domandò il latino con un sorriso a trentadue denti. << È Jessy, vero? >> continuò Kendall, << Probabile, è da venerdì che ti fa gli occhi dolci >> precisò James. << No, no, voi non la conoscete. È una ragazza che incontro sempre alla fermata. Si chiama Grace >>. << Aaahhhh lo sapevo che non avremmo dovuto lasciarti così a piede libero. Stai facendo strage di cuori … >> mi interruppe ancora il più alto. << Vi state sbagliando. È solo un’amica e voglio che rimanga tale >> precisai con uno sbuffo. << Bene … e che hai organizzato per stasera? >> James non era molto convinto delle mie intenzioni. << Non so, pensavo ad una semplice passeggiata potremmo andare in un fast-food >>. << Stai scherzando spero! >> Carlos mi guardava stupito. << Devi portarla in un bel ristorantino e poi … beh magari qui a casa. Noi potremmo lasciarla libera per un po' di intimità e voi … >> << Basta! Vi ripeto per l’ennesima volta che lei è solo un’amica. Non voglio che le cose si facciano imbarazzanti, abbiamo una certa confidenza e non voglio rovinarla >>. Vedendoli ancora un po' scettici spiegai il nostro incontro, la sua situazione, ciò che ci eravamo confidati, comunque non entrai troppo nei particolari.
<< Capisco >> mugugnò Kendall. << Hai fatto una cosa molto bella amico… >> mi sorrise Carlos << … magari un giorno ce la potresti presentare >>. Sorrisi anch’io. << Adesso però dobbiamo decidere che cosa dovrai mettere. È una scelta difficile; non dovrai essere né troppo elegante e né troppo sportivo >> James si stava già spremendo il cervello.
Dopo all’incirca un’ora ero pronto. I ragazzi erano stati molto disponibili e mi avevano dato ottimi consigli. Mentre li ringraziavo mi arrivò un messaggio: “Sto per partire. Ci vediamo al solito posto - Grace”. Sorrisi involontariamente. Non avevo ancora la patente così eravamo costretti ad andare con i mezzi pubblici, comunque mi ero deciso a non andare troppo lontano.
Per la prima uscita non volevo che tornasse tardi e la madre non la facesse più uscire. << Io vado. Ciao ragazzi! >> dissi prendendo la mia giacca nera. << A presto! Dopo raccontaci tutto! >>, mi salutarono di rimando dal divano del salotto in cui guardavano un film poliziesco. Mentre scendevo in ascensore guardavo il mio riflesso allo specchio. Non ero vestito in modo elegante, ma abbastanza comodo. Avevo una camicia bianca, i pantaloni neri con una catenina che ricadeva dalla cinta e le scarpe da ginnastica. Tutto sommato non ero niente male.
Il viaggio fu abbastanza veloce e arrivai alla fermata dell’autobus per primo. Poco dopo arrivò un altro mezzo da cui scesero poche persone. Inizialmente non mi resi conto che fra loro si trovava proprio Grace. Indossava un vestitino blu che le stava d’incanto, i capelli le ricadevano a boccoli sul coprispalle e anche lei aveva le scarpe da ginnastica. Mi avvicinai e le sussurrai imbarazzato << Sei molto bella >>, << Grazie Logan, anche tu non sei proprio male >> come suo solito non dimostrava il minimo imbarazzo, ma una grande gioia.
<< Non sai quanto ho pregato mia madre per farmi uscire … >> mi confessò mentre camminavamo << Voleva chiedere un parere al suo compagno, ma alla fine l’ho convinta. Sai? Sento che da quando ci sei tu, che mi dai sempre ottimi consigli, mia madre sta cominciando ad ascoltarmi un po' di più e tende a seguire meno le parole di quel gamberone >>. Scoppiò a ridere e io la seguii contagiato dalla sua gioia.
Camminammo per un po' scherzando e giocando tra di noi, poi si fece ora di cena così, sorpresi dai morsi della fame, ci fermammo davanti ad un camioncino di hot dog. Prendemmo dei panini enormi e ci sedemmo sul marciapiede senza smettere di ridere per il buffo atteggiamento del venditore o lo strano colore fluo del camioncino. Ci stavamo divertendo molto. Era una serata gradevole e leggera.

Dopo cena decisi di portarla in un parco a pochi metri dal luogo in cui ci trovavamo. Credevo che a quell’ora fosse chiuso o peggio che fosse immerso nelle tenebre della notte e facesse ormai paura, ma con mia grande sorpresa riuscì a distinguere da lontano la luce tenue dei lampioni all’interno di esso. Entrammo.
Sembrava quasi la scena di un film francese. Il silenzio dominava su tutto mentre solo pochi passanti erano onorati di assistere a quello spettacolo. La luce calda dei lampioni creava ombre e giochi di luce bellissimi. Le enormi fronde degli alberi facevano da tana per gli animaletti che si accoccolavano tra le foglie, stanchi dopo una lunga giornata. E il vento creava una singolare melodia mentre sbatacchiava leggermente il piccolo specchio d’acqua o sgusciava tra i fili d’erba.
Ci stendemmo per un po' sull’erba umida osservando il cielo stracolmo di stelle. Sorridevo mentre sentivo il respiro calmo di Grace che studiava ad una ad una ogni costellazione. Prima di andare ci avvicinammo al laghetto in cui, qualche cigno ancora sveglio si puliva maestosamente le piume.
Mi girai a guardare la ragazza. Aveva un magico scintillio negli occhi, forse dovuto al riflesso della luce tra le acque che stavamo ammirando, oppure perché era serena, tuttavia ciò mi fece sentire bene.

Purtroppo il tempo era passato troppo in fretta, forse per farci uno scherzo innocente, ma in un attimo ci ritrovammo ancora alla fermata. Questa volta però non c’era trepidazione nell’aria, ma un senso di malinconia. Non avremmo nemmeno potuto prendere lo stesso autobus poiché a quell’ora il percorso variava. Appena scorgemmo il mezzo avvicinarsi in lontananza lei si voltò verso di me sorridendo. << Grazie per questa fantastica serata >>, con dolcezza mi prese il viso tra le mani e mi lasciò un bacio all’angolo della bocca. Io arrossii per l’imbarazzo e ringraziai mentalmente il buio della notte. << Emhh sì, anch’io mi sono divertito. Mi raccomando appena arrivi a casa manda un messaggio >>, << Ok, non ti preoccupare. Ci vediamo domani >> disse facendo l’occhiolino e salendo sul veicolo mentre io alzavo la mano in segno di saluto.
Non ricordo quasi niente del viaggio di ritorno, ma appena arrivai all’appartamento i miei amici mi assillarono per sapere l’esito della serata. Dopo aver raccontato tutto nei minimi dettagli andai finalmente a letto. Prima di chiudere gli occhi riguardai l’ultimo messaggio di Grace “Sono a casa. Buona notte mio angelo custode ahahah”, e con il sorriso stampato sulle labbra mi addormentai.


L’indomani però non fu la giornata fantastica che pensavo potesse arrivare. Fu tutto normale e monotono fino a quando non arrivai alla fermata dell’autobus, il momento che consideravo il migliore della giornata. Grace era lì, ma teneva lo sguardo basso. Appena mi vide fece un cenno con la testa, ma rimase in silenzio. << Che è successo? >> domandai spontaneamente. << Ieri, dopo essere tornata a casa, ho incontrato il mio patrigno, che è entrato subito dopo di me da una serata con gli amici. Si è accorto che ero uscita e ha cominciato a sbraitare infuriato dicendo che avrei dovuto avvertirlo e che una ragazza della mia età non deve fare certe cose. Mi ha ordinato di andare subito nella mia stanza intimando che non sarei più dovuta uscire con nessuno dei miei amici a meno che non avesse acconsentito. La cosa più brutta è che più tardi la mamma è salita in camera e ha giustificato il suo comportamento dicendo che si preoccupa, che è normale … >> sospirò pesantemente <<… non so se ce la faccio >> sussurrò con gli occhi velati di lacrime.
Io la abbracciai subito, proprio come la prima volta. La strinsi forte mentre la sentivo tremare la le mie braccia. << Ce la farai. Io so che ce la farai. Grace supereremo questa situazione insieme. Non aver paura, lui non può farti niente, gioca solo sulle parole >>, << Non fa niente a me, ma a mia madre sì. La sta allontanando >> << La riavvicineremo, vedrai. Sarà qui con noi. Insieme ce la faremo >>.
Rimanemmo abbracciati, in piedi, fino all’arrivo dell’autobus, poi mi fece un sorriso, uno dei suoi favolosi sorrisi, e salimmo insieme nel mezzo. Era questo che adoravo di lei: finiva sempre per sorridere. Dopo averle dato qualche consiglio e parola di conforto la lasciai scendere. Lei mi salutò dolcemente e si allontanò.

L’indomani era come se avesse cancellato ogni cosa era allegra e sorridente. Mi raccontò che la giornata a scuola non era andata tanto male; durante l’ora di arte aveva fatto un bel disegno, la professoressa si era complimentata e dopo una ragazza molto timida si era avvicinata a lei dicendole che era molto brava e confessandole il suo amore per l’arte. Ero molto felice di questo e non lo nascosi. Per festeggiare le offrii un gelato e il suo sorriso si allargò ancora.
Anche a me le cose in quei giorni stavano andando bene. Tra qualche tempo sarebbe uscito il nostro primo disco, era da tanto che ci stavamo lavorando ed ero veramente impaziente di vederlo. Quei giorni così allegri e spensierati rendevano me e Grace ancora più felici e propensi nello scherzare fra di noi. Chiunque, passando per la strada o in autobus, sbirciando da qualche sedile più indietro al nostro, avrebbe giurato che fossimo degli amici d’infanzia.

Un mercoledì fui eccitato di dare una bella notizia alla ragazza. Stavo tornando dalla scuola e, appena la vidi, le corsi incontro abbracciandola ridendo. Lei si fece contagiare dalla mia risata sorpresa dell’abbraccio inatteso. << Che è successo? Come mai tanto entusiasmo? >> mi chiese sorridendo. << Guarda! >> le dissi estraendo dallo zaino il contenitore e mostrandole la copertina del nostro primo album. Appena lo vide urlò dalla gioia. Io non mi preoccupai degli sguardi infastiditi della gente. Questa volta fu lei a saltarmi al collo. << Non ci posso credere!! Che bello! Auguri! >> continuò ridendo emozionata. << Grace è tuo! >> le annunciai porgendoglielo. Lei si immobilizzò. << Cosa? Non scherzare >> << Non scherzo. Te lo regalo; un disco in anteprima solo per te! Te lo meriti! >> . lei urlò ancora rossa in viso ed estremamente elettrizzata. << Grazie, grazie, grazie!! >> mi ringraziò e prese ciò che le stavo porgendo guardandolo avidamente. << Lo tratterò con estrema cura! >> << Eh eh eh, non credi di esagerare?! >> << Assolutamente no! Ahahahahahahah >>.
Rimase qualche minuto ad analizzare la foto del gruppo nella copertina, mentre io osservavo gli autobus che si fermavano cercando quello giusto. << Dovresti proprio presentarmeli! >> riferì poi. << Hai ragione >> mi venne un’idea folle. << Vieni con me! >> le proposi, << Come? >> << Vieni a casa mia, mangerai da noi! >> lei non sembrava convinta della mia proposta. << Mi dispiace, ma preferirei avvertire prima mia madre >> << Allora vieni domani! Prometto che ti accompagnerò fino a casa al ritorno >>. Lei ci pensò su; << Va bene! È deciso! >>.
Non vedevo l’ora. Arrivato a casa riferii la notizia ai ragazzi e passai gran parte della giornata ad ammonirli su possibili comportamenti indiscreti; non dovevano essere presuntuosi o scorbutici, al contrario dovevano essere gentili, disponibili e simpatici. Arrivò il momento in cui rischiai di essere ucciso da una bottiglia vagante. Anche gli altri erano felici della notizia, pur non sopportando i miei avvertimenti, e il pomeriggio andammo a fare una spesa veloce, giusto per avere il necessario per il pranzo. Avevo un po’ paura che a Grace non piacesse la nostra cucina, ma aveva confessato di essere una ragazza di buona forchetta, quindi mi imposi di rimanere tranquillo.
Dopo la scuola i ragazzi insisterono per seguirmi alla fermata e prendere l’autobus insieme, ma io intervenni dicendo che sarebbe stato meglio se fossero andati a casa a preparare tutto. Alla fine si fecero convincere. In realtà più tardi, riflettendo su questa cosa arrivai alla soluzione che forse non volevo mi accompagnassero perché consideravo quel momento “il mio momento”, pochi minuti dedicati a me e Grace. Forse ero un po’ geloso della sua amicizia, ma ancora non me ne rendevo conto, anche perché lei aveva occhi solo per me.
Comunque, ritornando al racconto, io e Grace ci ritrovammo sempre lì, soli. Anche alla ragazza non risparmiai delle raccomandazioni. << Potrebbero sembrare un po’ strani, forse invadenti, ma non farci caso vogliono solo conoscerti. A volte sono proprio inopportuni, ignora anche questo. Però sotto sotto sono buoni e divertenti, sono sinceri e … >> << Logan >> Grace mi aveva interrotto mettendo una mano sul mio braccio, << Sono sicura che siano fantastici >> disse sfoggiando uno dei suoi soliti sorrisi.
Davanti casa indugiai un attimo con la chiave in mano mentre la ragazza mi guardava tranquilla. Era assurdo come riuscisse ad essere così calma e felice in certe situazioni. Dopo aver fatto un respiro profondo e sorriso un attimo alla mia amica mi decisi ad aprire.
I ragazzi si fecero trovare tutti e tre uno accanto all’altro ad osservarci con sorrisi da ebete.
Perfetto, non poteva cominciare meglio!






























 
 

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Capitolo 3
*** 3 ***


3.




<< Ciao!! >> dissero insieme. La ragazza sorrise di rimando. Se non erro notai un certo nervosismo nei suoi movimenti. Allora anche lei era umana!
<< Io sono Kendall >> si fece avanti il biondo presentandosi con una stretta di mano. << James, molto piacere >> proruppe il più alto prendendole la mano bianca e baciandola come un gentiluomo. A quella scena arrossii forse per gelosia, ma lei rimase sorridente, forse un po’ sorpresa, ma mai come quando si fece avanti Carlos. << Sono felice! >> esclamò abbracciandola con affetto. Lei rise appena poi pronunciò il suo nome per presentarsi, come se loro non lo avessero saputo prima…
Dopo una certa rigidità iniziale cominciammo a scioglierci un po’. Fu un pranzo gradevole e divertente, soprattutto quando ci accorgemmo che, per errore, James aveva comprato le patatine a forma di dinosauro.
Alla fine, con la scusa di mostrarle le nostre stanze ci ritrovammo tutti sul letto a prenderci a cuscinate e a ridere fino alle lacrime. Grace fece una bellissima impressione anche a loro, tanto che non volevano più lasciarla andare.
<< Rimani a cena! >> la supplicò James mentre eseguiva la mossa vincente ad un difficilissimo gioco da tavolo che Kendall era riuscito a recuperare da chissà quale angolo recondito della casa. << James!! Non vale! Stai barando! >> protestò il biondo che fino a qualche minuto prima credeva di essere il giocatore migliore. Il ragazzo lo ignorò aspettando la risposta di Grace. << Mi dispiace, ma devo proprio andare, mia madre mi ha permesso di venire a condizione di tornare presto >> << Non preoccuparti, ti accompagno io. Così tua madre non dovrà preoccuparsi >> lei sorrise. Inutile dire che i ragazzi, nonostante ciò che aveva detto, cercarono di trattenerla il più possibile. << Ci rivedremo! Non fate così >> disse un po’ dispiaciuta. Alla fine dovettero arrendersi, anche se prima proposero ancora di accompagnarla con me. << Ciao a tutti! >> disse lei abbracciandoli e dando un bacio ad ognuno. << Su andiamo o perderemo l’autobus >>.

In ascensore la ragazza richiamò la mia attenzione; << Sono molto simpatici, sei stato duro a descriverli >> << Già >> risposi grattandomi la testa imbarazzato. << Ti ricordi che faccia hanno fatto quando ho parlato del cd? >> continuò ridendo << Avevano una faccia! Non si aspettavano che l’avessi sentito così tante volte! Ormai è come se le mie orecchie avessero preso la forma delle cuffiette ahahahah! >>, risi con lei.
Parlammo molto della serata tanto da non accorgerci di essere arrivati alla sua fermata. << Beh, io vado >> mi disse una volta scesi. << No, ti accompagno fino a casa, te lo avevo promesso, no? >> << Ma sta per fare buio >> << Non importa, andiamo >> dissi prendendola a braccetto con fare amichevole.
La casa non era tanto distante ed era anche molto graziosa. Non era enorme, ma era bella. Grace suonò il campanello, evidentemente la madre non le aveva lasciato la chiave di casa. << Grace!! >> urlò qualcuno spalancando la porta. Era la madre, si somigliavano molto, solo che lei era emaciata, aveva dei solchi scuri sotto gli occhi, era pallida e indossava dei vestiti vecchi. Era evidente che si trascurava molto. Rimasi indietro mentre le parlava.
<< Ci hai fatto preoccupare tanto! Marcus è tornato due ore fa >> intuii si trattasse del patrigno. A quelle parole si affacciò un uomo alto e sottile dai lineamenti duri. Anche lui aveva delle occhiaie pronunciate e il suo sguardo non sembrava molto amichevole. Lanciai uno sguardo alla mia amica che vidi incupirsi alle parole della madre. Visto l’atteggiamento di Grace e che nessuno mi aveva notato feci un passo avanti.
<< Io sono Logan >> annunciai guardando tutti con sicurezza. Vidi la ragazza sobbalzare per chissà quale motivo, forse si accorse dell’occhiataccia che mi rivolse il patrigno. << Sì >> continuò lei, << È un mio compagno >> mentì prendendomi un braccio e accostandosi a me.
<< Possiamo entrare? >> chiese retoricamente a quelli che ancora ci fissavano. << Certo, certo, venite pure >>. Appena la donna chiuse la porta l’uomo attaccò la ragazza, forse trattenendosi appena vista la mia presenza; << Dove sei stata? >>. Prendendo esempio dal coraggio e dalla sfrontatezza che lei aveva dimostrato poco prima mi feci avanti << Era con me >> risposi sicuro puntando gli occhi sui suoi. Non avevo intenzione di farlo vincere. Grace sembrò acquistare ancora più forza dal mio atteggiamento << Sì, è vero. Sono stata a casa sua a studiare, ci aiutiamo a vicenda e, grazie a lui, i miei voti stanno migliorando molto >>.
Percepii la madre, dietro di me, sorridere appena. Alle parole della ragazza lui non poteva protestare. Si era creata un alibi perfetto e lui non poteva ribattere. Secondo le sue parole non era uscita per divertimento, ma per migliorare sullo studio e, in mia presenza, non poteva proprio dirle che stava mentendo.
L’uomo sbuffò allontanandosi appena, possibilmente soffocato dal mio sguardo che non lo abbandonava un attimo. << Ora saliamo in camera, gli devo dare degli appunti >> disse lei prendendomi per il polso e tirandomi su per delle scale strette. Diversamente dalle mie aspettative non si levò nemmeno una voce dal piano inferiore.

Grace mi spinse dentro una piccola stanzetta e, chiudendo la porta, si appoggiò ad essa sospirando sollevata. La osservai mentre cercava, con dei respiri profondi, di rallentare il battito cardiaco. Alzò lo sguardo e mi sorprese a guardarla.
Senza nessuna vergogna, forse con un bisogno nascosto, mi abbracciò stingendomi a sé con le braccia e le mani che mi sfioravano il collo. << Scusa, non dovevo raccontare tutte quelle bugie su di te >>, non risposi ricambiando l’abbraccio per lasciare che si rilassasse un po’. << Se gli avessi detto la verità non mi avrebbe più lasciata uscire con te. Odio mentire >>. << Non preoccuparti … >> le dissi allontanandomi appena per guardarla in viso << Hai fatto bene, anzi da oggi studieremo anche insieme, così ci vedremo di più >> lei sorrise alla mia proposta << Mi piacerebbe vederci qualche volta >> rispose allontanandosi.
<< Be’ abbiamo un po’ di tempo … >> annunciò tuffandosi sul suo letto, << … che ne pensi della mia stanza? >>.
Io mi guardai intorno; era piccola con il tetto spiovente verso destra, sotto la piccola finestrella, proprio difronte alla porta, c’era il letto con accanto un comodino rosato. Dalla parte opposta c’era un armadio e ai piedi del letto, davanti ad un’altra finestra, si trovava una scrivania con tantissimi fogli e quaderni. Era tutto molto semplice, gli scaffali erano strapieni di libri e nei muri erano attaccati dei disegni che mi attardai ad ammirare. << È molto bella >> dissi sincero. << Non è grandissima, ma è il mio rifugio. Accanto c’è il bagno e in fondo la stanza di mia madre >> annuii. << Ora però è meglio che tu vada, non vorrei che quello trovasse una buona ragione per convincere mia madre a cacciarti via >>.
Mi accompagnò all’ingresso. << Ci vediamo domani >> disse sorridendo e lasciandomi un bacio sulla mandibola. Sorrisi di rimando lanciando un occhiata in cucina. Mi sorpresi vedendo la madre che ci guardava di nascosto sorridendo. Le lanciai un sorriso e la salutai con un gesto della mano, senza dire una parola.

Quando uscii di casa era già sera e faceva un po’ freddino. Non smisi di pensare al clima di tensione che si respirava in quel posto. Mi dispiaceva molto per Grace, ma vedevo che stava cercando di reagire.
Il giorno dopo fui felicemente sorpreso di notare che la ragazza era molto felice tanto che mi abbracciò più di una volta. << Appena sei andato via, ieri, mia madre mi ha detto che gli sei piaciuto e che le sembri simpatico. Per lei posso continuare a venire con te! >>. Ero entusiasta della notizia. Così non ci lasciammo sfuggire l’opportunità, quando era possibile la invitavo ad uscire oppure era lei a farlo e ci divertivamo sempre moltissimo. Purtroppo non poteva stare fino a sera tarda e per questo ci organizzavamo come possibile.
Dopo tre mesi, all’incirca, decidemmo di invitare anche i ragazzi a qualche uscita. Ricordo ancora la prima volta, quando andammo al luna park; avevano montato delle giostre vicino casa nostra per chissà quale festa. Comprammo chili di zucchero filato e dolci di ogni tipo, caramelle gommose, liquirizie e dopo provammo quasi tutte le attrazioni. Alla fine Kendall stava quasi per vomitare così decidemmo di darci un taglio. Comunque ci divertimmo tanto.
Nonostante tutto il divertimento Grace ed io ci mettemmo d’accordo anche per studiare insieme. Lei, qualche volta, veniva a casa nostra dopo scuola e, sistemandoci sopra il mio letto, provavamo a memorizzare delle date storiche oppure a fare degli esercizi di matematica e geometria. Non sono mai stato un asso a scuola, ma lei non me ne fece una colpa, tutt’altro spesso era lei ad aiutarmi a capire le cose. Solitamente questi pomeriggi terminavano con l’intrusione di James, Carlos e Kendall che, stanchi e annoiati dal troppo studio, venivano a disturbarci mettendo la musica della band, a mio parere, a volume troppo alto. Grace non si arrabbiava mai e decideva di concedere un ballo ad ognuno di noi. Stranamente quando toccava a me si dava il via allo stile libero …
Non andavamo quasi mai a casa sua. Capitava di rado che, quando la accompagnavo, la madre mi invitasse ad entrare con un enorme sorriso. Ovviamente in quei momenti non era mai presente il compagno della donna. Lei si presentava sempre in modo gentile, si impegnava offrendomi qualcosa e mi intratteneva con delle storielle gradevoli.
Notai che più passava il tempo e più la donna diventava aperta nei miei confronti, tanto che passò dai discorsi sul tempo a ciò che aveva fatto durante la giornata, anche se non nominava mai l’uomo. Non solo, diventava sempre più bella, cominciava a curarsi di più, a volte si truccava e notai che diventava molto più affettuosa verso la figlia.
Grace si accorgeva di tutto ciò e, quando ci incontravamo alla fermata, non faceva altro che raccontarmi come sua madre avesse deciso spontaneamente di uscire o di come avesse il desiderio di parlarle con lei senza l’intercessione del compagno, o ancora di come le piacesse andare dal parrucchiere. La donna stava cominciando a diventare indipendente da lui, più forte e consapevole della sua vita. La mia amica mi ringraziava ogni volta dicendo che era tutto merito mio che avevo trasmesso il coraggio sia a lei che alla madre, tuttavia non riuscivo ancora a capire come potessi effettivamente intercedere in quella situazione.

Mi dispiaceva quando arrivavano le vacanze perché non avevamo molte scuse per vederci, nonostante la mamma di Grace non chiedeva spesso come prima il consenso al suo compagno, era ancora restia a lasciare uscire la figlia se l’uomo non ne era a conoscenza o, ancora peggio, d’accordo.
Ricordo quando tornammo dalle vacanze di Natale. Le avevo fatto un piccolo regalo; un paio di guanti a strisce rosse e blu con un pon pon sul dorso. Glielo donai dicendole che avrebbe dovuto metterli per non congelarsi le mani così da poter continuare a disegnare, senza avere sempre le mani intorpidite. Le piacquero molto tanto che cominciò a portarli sempre con sé.
Quello stesso giorno anche lei, diversamente dalle mie aspettative, mi diede un regalo. Quando lo scartai rimasi sorpreso; era una bellissima e grande sciarpa rossa. Mi disse che l’aveva fatta lei. Ero stupito. Quando me la mise al collo riuscii a sentire il profumo di Grace che era rimasto impigliato nell’indumento. Fu un regalo apprezzatissimo tanto che non riuscii più a separarmene.

Ricordo come non si fermasse davanti a niente, come considerava ogni cosa una sfida. Per lei la fantasia e l’amore erano al centro di tutto. Adorava mettersi in gioco anche se non le piaceva stare al centro dell’attenzione. Un giorno mi sorprese quando mi disse << Domani fatti trovare qui alle cinque con costume e tovaglie da mare! >>. Era ovvio che una frase del genere mi sconvolgesse tanto visto che era Aprile e non c’era proprio il clima giusto per andare a fare un bagnetto.
<< Fidati >> disse rispondendo alla mia faccia perplessa, << So che domani è sabato e che non ti va di prendere l’autobus, ma ci divertiremo, vedrai! >>.
Non era esattamente quello il motivo della mia esitazione, ma lasciai correre. Ormai mi fidavo di lei più di chiunque altro, la consideravo come un’altra sorella.













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Capitolo 4
*** 4 ***


4.




L’indomani si fece trovare lì ad aspettarmi ed io non tardai. Indossava un vestitino leggero che le arrivava fino alle ginocchia, ottimo per il mare, e delle ciabattine gialle e di un arancione soffice, intonate con i colori floreali del vestito. Anch’io avevo messo i pantaloncini e una maglietta leggera e, come lei, avevo il costume. Entrambi avevamo un borsone con il necessario.
Prendemmo l’autobus che cambiammo spesso per raggiungere la meta. In circa un’oretta arrivammo a Brighnton Beach un lido molto ampio, ma allo stesso tempo spoglio. Non c’erano tante persone, direi quasi nessuno, ed era abbastanza ovvio in quel mese.
Grace sorrideva entusiasta non scollando gli occhi dal mare. << Era una vita che non ci venivo! >> disse con le lacrime agli occhi. Io sorrisi, quasi automaticamente, per la tenerezza che faceva in quel momento. Sentii il bisogno di concederle un po’ di privacy, così mi misi a guardare altrove.
Era strabiliante l’effetto che faceva osservare i due mondi che si uniscono in quel posto; da una parte i grattaceli, alti e grigi, quasi come dei giganti che osservano tutto, che si muovono lentamente e dirigono il traffico della gente. Mentre, dalla parte opposta, l’oceano, libero e quasi infinito, che si lascia trasportare dal vento e luccica sotto il debole sole.
<< Vieni! >> mi sorprese prendendomi per mano e trascinandomi più avanti. Mentre camminavamo sulla sabbia, con le scarpe alla mano, notai come lei amasse osservare i piedi che sprofondano sulla sabbia, oppure le impronte che lasciavamo dietro di noi.

Camminammo per qualche minuto e, quando il cielo cominciò a farsi rosato, lei sembro risvegliarsi. << Andiamo, su! >>, mi lasciò la mano e, abbandonando borsa e scarpe sulla sabbia, corse dritta tra le onde che si muovevano basse. << No! Aspettami! >> cercai di liberarmi il più velocemente possibile dai vestiti mentre lei saltava urlando di gioia e creando grandi schizzi d’acqua.
Io non ero così eccitato, tanto che quando corsi verso di lei mi bloccai tremando con i piedi a mollo. Grace mi notò subito. << Dai! >> mi strattonò ed io, colto di sorpresa, caddi in acqua annaspando. Si ghiacciava. Lei rideva a crepapelle, come se non sentisse freddo. << Non fare il bambino è solo appena fresca >> mi guardava dall’alto mentre io cercavo di muovermi per riscaldarmi un po’. Le lanciai un’occhiataccia. << Come fai? >> le chiesi strofinando le mani sulle braccia intorpidite. << Ho controllato le correnti su internet e oggi ne passa una calda quindi l’acqua non è fredda nonostante sia Aprile >> << Se lo dici tu >> questo non giustificava proprio niente.
Nuotammo un po’ per riscaldarci e abituarci alla temperatura dell’acqua. Sinceramente dopo qualche minuto non avevo più freddo. Ormai il mare aveva acquistato un colorito rossastro riflettendo il colore del sole al tramonto. Era uno spettacolo stupendo. Mi distrassi un attimo osservando il sole nascosto tra le nuvole rosate, ma abbandonai quella vista incuriosito dal comportamento di Grace. Stava immobile con gli occhi chiusi ad ascoltare chissà cosa. Mi avvicinai a lei credendo che mi volesse fare uno scherzo. Non si mosse di un millimetro, sapevo che sarebbe saltata addosso urlando facendomi prendere un colpo. Scossi una mano davanti i suoi occhi per dimostrarle che sapevo ciò che intendeva fare. Tuttavia aprì gli occhi lentamente continuando a sorridere beata.
<< L’hai sentito anche tu? >> << Come? >> non capivo di che stesse parlando. Sorrise ancora prendendomi le mani nelle sue. << Chiudi gli occhi >> mi disse facendo ciò che mi aveva detto. Io però rimasi ad osservarla divertito. Che stava facendo? Che avrei dovuto sentire? L’unica cosa che riuscii a notare fu il suo vestito colorato ormai zuppo e incollato al corpo, non lo aveva tolto prima di tuffarsi, che bizzarra che era. Lei mi sentì ridacchiare e aprì gli occhi lanciandomi uno sguardo di rimprovero. << Ti avevo detto di chiudere gli occhi! >> << Ok ok! >> li chiusi immediatamente continuando a sorridere. Grace però, per evitare che li riaprissi, mise i palmi delle sue piccole mani sui miei occhi. Non sapevo proprio dove volesse arrivare, ma la cosa mi divertiva parecchio. Ad un certo punto però riuscii a sentirlo e riuscii a capire. Il vento leggero che mi sfiorava la pelle facendomi rabbrividire, che mi entrava nelle orecchie fischiando debolmente. L’acqua che scorreva tra le mie gambe e mi faceva dondolare appena con il suo movimento tranquillo. Il sole che mi baciava il corpo e mi riscaldava, per quanto possibile. Le mani delicate e morbide di Grace sul mio viso. I nostri respiri calmi che si univano al suono della natura e, in lontananza, il rumore delle macchine, della gente rumorosa, di una vita che, in quel momento, non faceva parte di noi e che non avrebbe potuto raggiungerci.
Ad un certo punto lei abbassò le mani, ma non si allontanò prendendo le mie. Io non aprii gli occhi, rapito da quella magia. Grace mi sfiorò prima il palmo e poi il dorso della mano. Ero completamente rilassato e lasciavo il mio corpo distendersi per non farsi irrigidire ancora dall’ansia, dal nervosismo, dalla paura, dal mondo, dalla realtà. Lei spostò delicatamente le mie mani lasciandomi sfiorare il pelo dell’acqua. Era una sensazione meravigliosa a cui decisi di non sottrarmi. Poi cominciò ad accarezzarmi il viso partendo dalle mandibole, il mento, le labbra, i lati del naso, il limite degli occhi, le palpebre, la fronte ed infine i capelli umidi. Riuscii a cogliere ogni movimento, come se lo vedessi.
Dopo poco si allontanò ed io riuscii a sentire il mare che si muoveva al suo passaggio. Mi decisi ad aprire gli occhi e la guardai con un’espressione sorpresa mentre lei si immergeva fino alla spalle guardandomi a sua volta. << L’ho sentito >> la informai. Grace sorrise, si avvicinò a me spingendo i piedi sulla sabbia per darsi la spinta e muovendo le braccia. Mi prese la mano e mi tirò giù per poi abbracciarmi << Bravo >> disse soltanto.

Uscimmo in fretta poiché stava per farsi buio. Entrambi eravamo dentro le nostre tovaglie per asciugarci, ma la vidi tremare e battere i denti. Sorrisi intenerito e la circondai da dietro con le braccia per fasciarla anche con la mia coperta. Aspettammo in quella posizione fino a quando il sole non scomparve completamente lasciando spazio alle stelle e al buio della sera. << Dobbiamo andare >> mi disse poi ed io ubbidii senza protestare.

La accompagnai a casa dove trovai la madre di Grace che ci aspettava. Da quello che mi disse la ragazza il suo patrigno era partito per una conferenza, giusto un paio di giorni. La donna, notando che ero ancora un po’ bagnato, mi invitò dentro permettendomi di asciugarmi i capelli, mi offrii qualche stuzzichino e una bevanda, mentre Grace si sistemava indossando un pigiamone. Non abusai della loro cortesia e mi dileguai dopo poco salutandole e ringraziando.
Quella giornata fu indimenticabile tanto che la ricordo ancora oggi come se l’avessi vissuta pochi minuti fa. I giorni che seguirono furono comunque meravigliosi, anche se non ci ricapitò più di andare a mare.
Ad inizio di Maggio però accadde una cosa sorprendente. Ero alla fermata ed aspettavo Grace. Era strano che non si facesse vedere. Pensai stesse male e fosse rimasta a casa, ma avrebbe mandato un messaggio avvertendomi.
Attesi fino a quando non arrivò l’autobus e, mentre stavo per salire, mi arrivò una chiamata, era lei.
<< Sei già salito? >> mi chiese con voce preoccupata, << Sono appena entrato >> dissi mentre prendevo posto tra i primi pronto a scendere se me lo avesse detto. << Ok, puoi scendere alla mia fermata per favore? >> << Certo >> le dissi. Non ebbi nemmeno il tempo di chiederle cosa stesse succedendo che lei chiuse la chiamata. Fu la corsa più lunga di sempre, avevo paura che potesse essere successo qualcosa di brutto.
Provai a distrarmi in vari modi, ma non ci riuscii tanto che mi venne la nausea per l’agitazione.
Appena arrivai alla meta corsi subito fuori non badando agli altri. Mi guardai intorno, Grace non era lì. Cosa avrei dovuto fare? Volevo spostarmi e cercarla, ma se lei non mi avesse trovato? Mi tremavano le gambe e non capivo nemmeno il motivo.
Presi il cellulare deciso a chiamarla quando sentii una voce << Logan >> . Era lei. Mi voltai correndole incontro. << Che è successo?! >> chiesi allarmato.
Lei mi circondò il petto con le braccia e nascose il viso nella mia maglietta singhiozzando. Ero terrorizzato mentre pensavo a mille possibili motivi che l’avevano ridotta in quel modo. Le scostai delicatamente i capelli dal viso e mi sorpresi scoprendo la sua espressione.
Stava … sorridendo? Ma piangeva o rideva? Ero perplesso. << Grace? >> la chiamai piano con il cuore che batteva a mille. Lei mi guardò dal basso appoggiando il mento su di me. << Mia madre h-ha litigato con l-lui >> rimasi immobile cercando di assimilare la notizia. << Non è stato come le altre volte, questa volta lo ha contrastato, ha urlato, mi ha difeso. Lui è … è andato via di casa >>. Non riuscii a trattenere un sorriso mentre lei mi guardava piangendo di gioia. << H-ha detto che lei non lo merita, c-che era stanco di come lo trattasse in quei giorni, che se non gli avesse chiesto scusa se ne sarebbe andato via >>, attesi un attimo che lei si riprendesse un po’ e che continuasse a parlare.
<< Quando è uscito mamma ha parlato con me, ha detto che non poteva trattarmi in quel modo, c-che io sono l-la cosa più preziosa che ha. Lo lascerà andare via! Ha capito che ci sta facendo solo del male >>, mi strinse più forte tornando a nascondere il viso sulla mia maglietta e scoppiando a piangere ancora. Io la strinsi con più vigore accarezzandole la schiena e poggiando le labbra sui suoi capelli. Ero felice, felicissimo per lei.
Sospirai sollevato e le porsi un fazzoletto pulito. Mentre asciugava le lacrime mi informò che aveva deciso di non andare a scuola per stare accanto alla madre. Avevano parlato tutta la mattina e insieme avevano deciso che fosse stato meglio cacciarlo via. Grace aveva detto alla madre tutto quello che da tempo si teneva dentro.
Non volevo staccarmi da lei, nonostante la gioia che sentivo emanasse, sapevo fosse molto debole in quel momento. Quella notizia l’aveva sconvolta, le aveva donato la possibilità di crearsi un futuro che in passato non immaginava nemmeno. Aveva bisogno di aiuto, aveva bisogno di me, prima come adesso ed io non mi sarei tirato indietro. Tuttavia dovetti ammettere che anche sua madre aveva bisogno di tanto sostegno e una gran dose di coraggio, così la lasciai andare.
Avrei voluto accompagnarla a casa come sempre, ma la situazione era delicata ed era lei a doverla dirigere con la mamma. << Buona fortuna >> le dissi lasciandole un bacio sulla guancia. Prima che lei andasse via le donai un braccialetto di cuoio che indossavo in quel momento. Ero sicuro che non ci saremmo visti per qualche giorno, poiché lei aveva deciso di saltare la scuola per un po’ per rimanere accanto alla madre ed evitare possibili ricadute o ripensamenti. Quel piccolo dono avrebbe dovuto legarci e darle il coraggio di cui necessitava immaginando la mia presenza accanto a lei.
Feci molta fatica ad allontanarmi e la osservai correre via fino a quando la sua figura non scomparve tra i palazzi. Anch’io, quando salii sull’autobus per casa mia, non riuscii a trattenere qualche lacrima. Ero estremamente entusiasta per lei.
Continuammo a sentirci per messaggi e ogni notizia era sempre più buona; l’uomo, dopo alcuni giorni in cui sembrava aver deciso di voler tornare nella loro casa, aveva desistito, visto l’atteggiamento gelido della donna. Finalmente lei aveva aperto gli occhi. Poi aveva preso le sue cose, con qualche raro tentativo di convincimento, ed era sparito.
Erano settimane che non vedevo Grace, certo ci sentivamo per messaggi, oppure a volte ci scambiavamo brevi telefonate, ma non era proprio la stessa cosa che averla accanto a me. Sapevo comunque che non sarei dovuto andare a trovarla.
Ovviamente in quei giorni non ero esattamente felice ed i miei amici si accorsero subito del mio cattivo umore. Mi sentivo un egoista; Grace stava faticando molto per ricostruirsi una vita felice, una famiglia tranquilla ed io non riuscivo ad essere completamente felice per lei, desiderando solo di averla vicina. Provai spesso a cacciare via quei pensieri, a mettermi nei panni della ragazza, ma non ottenni grandi risultati. Potete immaginare dunque la mia emozione il giorno in cui ci rivedemmo.
La sera prima mi aveva mandato un messaggio dicendo che sarebbe tornata a scuola l’indomani, la situazione era molto migliorata. Non pensai ad altro tutta la mattina, tanto che fui richiamato molte volte dagli insegnati.
Quando arrivai alla fermata fremevo d’impazienza. << Grace! >> urlai avvistandola da lontano mentre, anche lei, si guardava intorno. Entrambi ci gettammo l’una nelle braccia dell’altro. << Mi sei mancato tantissimo! >> disse infossando il viso nella mia felpa. << Anche tu! >> risposi stringendola di più con indosso un sorriso enorme.
Ci tenemmo per mano tutto il tempo e lei, ormai tranquilla e felice della sua situazione, non smise di raccontare come stava andando in casa sua. La madre stava molto meglio, all’inizio era diventata acida e continuava a ripensare alla vecchia situazione, c’erano momenti in cui si pentiva di aver lasciato andare il compagno, mentre altri in cui era felice della situazione. Poi col tempo e con il dialogo riuscì a convincersi fermamente di aver fatto la scelta migliore. I primi giorni si era appoggiata totalmente a Grace; non usciva se non con lei, aveva difficoltà a lavorare, ad occuparsi della casa e di se stessa. Tuttavia era cambiata molto, tanto che adesso desiderava avere un po’ di spazio per se stessa e spingeva la figlia ad uscire, a divertirsi e a vivere al massimo.
Ero gioioso per questo. Il mio umore cambiò totalmente. Lei non era più obbligata a tutte le limitazioni precedenti, ovviamente aveva sempre delle regole, ma erano molto diverse e flessibili.
Ricordo anche come la madre ci invitò a pranzo una domenica. Praticamente disse a Grace che mi obbligava a portare i miei amici. Fu una giornata perfetta, ai ragazzi piacque molto così come a me. Quasi non volevamo andare via quando fu il momento di tornare e la donna era perfettamente d’accordo con noi, ci voleva intrattenere anche per la notte!! Era anche pronta a preparare i letti per ognuno. Tuttavia, nonostante mi sarebbe piaciuto passare la notte lì, magari a dormire accanto a Grace, reclinammo l’invito educatamente.
Quello fu un giorno importante per me poiché, mentre tutti erano impegnati a cercare di completare un puzzle impossibile, la madre di Grace mi chiamò in disparte. Rimasi al dir poco sorpreso quando cominciò a ringraziarmi per tutto ciò che avevo fatto alla figlia e anche a lei. Mi confessò che senza la mia presenza, la mia forza e il mio buon umore Grace non sarebbe mai potuta essere felice. Io ovviamente le feci notare che la figlia era già molto forte di suo, ma posso ammettere che quelle parole furono e sono anche adesso fondamentali per me.

















Angolo dell'autrice: Salve a tutti. Non mi dilungherò, vorrei solo scusarmi per l'imperdonabile ritardo, in questi giorni tra esami e problemi vari non ho potuto prendere mano al computer, anche adesso sto facendo di corsa. Prima o poi riuscirò a mettermi in pari. Spero vi sia piaciuta. Vi auguro una buona giornata!

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Capitolo 5
*** 5 ***


5.


 

Purtroppo quei giorni passarono in fretta e quasi mi dispiacque quando la scuola chiuse per le vacanze estive. Non l’avrei vista ogni giorno. Continuavamo ad uscire insieme, anche con gli altri ragazzi e ad andare a mare, ma sapevo cosa voleva dire l’inizio dell’estate. Il nostro produttore, dopo grandi sforzi e impegno da parte nostra per mettere il meglio nel lavoro, decise di darci un paio di mesi di vacanza. Chiamai i miei il giorno stesso. Sarei dovuto tornare in Texas per le vacanze. Nonostante fossi felice di rivedere la mia famiglia ero molto dispiaciuto di non poter passare del tempo con i ragazzi e con Grace.

Fui il primo a partire tra i quattro (anche loro dovevano tornare a casa), non avrei nemmeno avuto il tempo di salutare tutti come si deve perché il mio aereo partiva alle sei di mattina. Vidi Grace un paio di giorni prima e la salutai, poiché il giorno prima della mia partenza non l’avrebbe potuta passare con me. Con Kendall, James e Carlos invece passammo una serata insieme, non avevo molta voglia di uscire, anche perché mi sarei dovuto alzare in mattinata, così ci organizzammo nel modo migliore. Ordinammo pizza, birre e dopo estenuanti partite ai videogiochi ci addormentammo un po’ d’ovunque. Inutile dire che la mattina ero esausto. I ragazzi non si scomodarono nemmeno a prepararsi. Lanciai un saluto generale mentre loro, assonnati e infossati ognuno nei propri letti, mi rispondevano con versi incomprensibili impastati dal sonno.

Chiamai un taxi e mi diressi all’aeroporto da solo. Ero in anticipo, ma ciò non mi disturbava, non avrei perso il volo.

 

<< Logaaaan!! >> mentre ero concentrato a leggere un libro di viaggi trovato lì per caso non potei non notare delle voci e dei passi pesanti, ma veloci, venire verso di me. Quando mi voltai rimasi sorpreso dalla scena; Kendall, Carlos e James correvano verso di me capitanati da Grace e seguiti di qualche passo dalla madre della ragazza. Mi avvolsero tutti in un abbraccio di gruppo mentre la donna ci raggiungeva ansimando per la stanchezza, ma sorridendo.

Ero così felice di aver avuto la possibilità di salutare tutti tranquillamente. Passammo i minuti rimanenti a fare colazione al bar dell’aeroporto e a parlare. << Mi raccomando, scrivimi! >> urlò la ragazza facendosi spazio tra gli altri ragazzi che mi guardavano dirigermi al gate sorridendo. << Va bene! Ciao a tutti! >> ricambiai correndo per non rischiare che gli altri passeggieri partissero senza di me.

L’estate … fu un’estate come le altre. Mi divertii molto, ma non ricordo un solo particolare di quei giorni, è come un ammasso confuso nella mia testa. Fui contento di rivedere i miei dopo tanto e anche mia sorella era eccitatissima. Lei mi presentò anche alle sue nuove amiche che erano mie fan, immagino che per loro sia stata proprio una bella esperienza. Rividi tutti i miei parenti che si riunirono per festeggiare il mio arrivo. I miei genitori vollero raccontato ogni cosa, come se avessimo perso i contatti da anni…

Inutile dire che in quei giorni mi divertii, ma non ci fu un’ora in cui non mi fermai a pensare a Grace e ai ragazzi.

Quando tornai a New York i miei sentimenti erano ambivalenti; ero triste di abbandonare ancora la mia famiglia, ma ero anche emozionato di rivedere gli altri. Proprio come all’andata i miei amici si fecero trovare all’aeroporto. James e Carlos erano ancora dalle loro famiglie, mentre Kendall e Grace mi aspettavano a braccia aperte. Fui elettrizzato di riabbracciare entrambi.

La situazione a casa della mia amica era cambiata ulteriormente; lei si era fatta dei nuovi amici che la adoravano e che, dopo molte preghiere, mi presentò. La madre invece aveva cominciato a frequentare un uomo che, a detta di Grace, era a dir poco adorabile, dolce, premuroso e gentile.
 

L’inizio delle lezioni non fu entusiasmante visto che si trattava dell’ultimo anno e il lavoro era decisamente raddoppiato. Tuttavia io e Grace ci incontravamo ogni giorno alla fermata ed io non potevo essere più felice per questo.

<< A quanto pare quella di mia madre sembra una storia seria >> mi disse eccitata mentre eravamo in autobus. << Lui è così carino! Si chiama George! Te l’ho già detto? Sai che mi adora? Ieri mi ha portato una scatola enorme di dolcetti e delle matite bellissime. Sa cucinare cose fantastiche, sai? È bellissimo e credo sia innamorato, poi lavora … >> io la interruppi sorridendo << Sai che lui è il fidanzato di tua madre e non il tuo? >> le chiesi retoricamente. Lei scoppiò a ridere ed io la seguii a ruota.

Erano dei giorni stupendi per tutti, anche perché il nostro manager aveva deciso di far uscire un altro album. Non vi racconterò di come passammo quei giorni, ma vi confesso che ci ripenso a lungo. Ogni cosa che facevo insieme a Grace era meravigliosa che fosse una festa, una corsa, una sezione di studio, una cucinata insieme, e perché no? Anche le liti. Succedeva a volte di perdere il controllo, ma noi non riuscivamo a tenere il broncio per più di cinque minuti, quindi dopo qualche minuto dalla lite tornavamo ad essere amiconi.

Visto che non intendo annoiarvi raccontandovi di quei giorni monotoni, ma spensierati, passerò subito al giorno in cui cambiò tutto. Quello mise a dura prova ( ancora una volta) l’ambivalenza delle mie emozioni.

Grace mi aveva chiamato una mattina di sabato e mi aveva chiesto di uscire quel pomeriggio, soli. Doveva dirmi qualcosa e non voleva farlo per telefono. Io ero curioso di sapere cosa avrebbe voluto dirmi, ma nonostante tutto ero molto tranquillo. Io e lei ci conoscevamo ormai da tanto e quando stavo con lei capitavano rarissimi momenti di imbarazzo.

Alle sei ero presente all’appuntamento vestito in modo abbastanza semplice e appena elegante, tuttavia senza rinunciare alla catena sui jeans ( in quel periodo mi ero fissato). Appena arrivò Grace notai come anche lei fosse vestita semplicemente; scarpe da ginnastica, jeans stretti, maglietta larga e colorata, i capelli morbidi sciolti sulle spalle, aveva anche uno zainetto, anch’esso molto colorato. Nonostante volesse sembrare tranquilla riuscì ad accorgermi che era molto agitata. << Ti devo dire una cosa >> mi ripeté una volta che ci fummo salutati, io annuii senza dire nulla.

Eravamo all’ingresso di un piccolo parco, lo stesso della nostra prima uscita. Era stata lei ad insistere per venire lì, aveva ammesso che le era piaciuto tanto.

Entrammo all’interno mentre la osservavo tormentarsi le mani e guardare da tutt’altra parte meno che me. << Vuoi un gelato? >> le proposi per stemperare un po’ la sua agitazione. Lei scosse la testa.

Dopo che ci addentrammo lei decise di parlare. Mi prese per mano e mi condusse vicino ad una panchina nella quale ci sedemmo. << Ti devo dire una cosa >> ripeté per l’ennesima volta. << Lo so Grace, l’hai già detto. Cos’è che ti preoccupa? >> le chiesi apprensivo mentre cercavo di inchiodare lo sguardo ai suoi occhi sfuggenti.

Sembrò incoraggiata dalle mie parole. Prese il suo zainetto e frugò all’interno per poi afferrare un piccolo libretto pieno di scritte, colori e immagini. << Ho una buona notizia e una brutta notizia >> cominciò guardandomi negli occhi e stringendo il libro. << Ho deciso di dirtelo adesso anche se un po’ precocemente, ma tu sei il mio migliore amico e non voglio aspettare per dirti le cose >> sorrisi a quell’appellativo, ma lei non si rilassò un attimo, << Forse parteciperò ad un corso di disegno, questo potrebbe darmi tantissime possibilità lavorative e potrei addirittura realizzare il mio sogno. C’è un concorso, me lo ha proposto George e mia madre è d’accordo. Devo rispondere a delle domande e, se lo passo, potrò seguire il corso. Capisci? Mi abiliterà a fare delle cose grandiose e ad iscrivermi a scuole prestigiose in cui potrò apprendere tecniche che ora non immagino nemmeno >>, sorrisi attendendo che continuasse, ma lei si fermò fissando il blocchetto che stringeva.

<< E qual è la brutta notizia? >> chiesi io all’oscuro di tutto. Lei alzò il volto scoprendo le lacrime che bagnavano i suoi occhi. << S-se passo il concorso … p-per seguire il corso dovrò … io dovrò … >> incapace di continuare mi porse il libro. Io lo afferrai confuso guardandola, mentre mi puntava lo sguardo sul volto cercando di scorgere la mia espressione. << Logan, la scuola è a Londra. In Europa >>.

Io mi bloccai incapace di comprendere le sue parole, incapace di fare qualsiasi gesto, incapace di parlare, incapace di respirare e di accettare tutto. Sarebbe andata via. Sarebbe andata via da me.

Intuendo i miei sentimenti mi gettò le braccia al collo singhiozzando appena. Io non riuscii a trattenere qualche lacrima. Sarebbe partita.

Cominciò a farfugliare qualche parola per alleviare il dolore che mi aveva procurato. << M-ma … ma n-non è detto che mi prendano. N-non è detto che ci andrò. I-infondo non sono nemmeno brava. C-ci sono più possibilità c-che io rimanga, c-che non vada via >>. No, sapevo che non era così.

Mi asciugai le lacrime con il pugno e la scostai da me, forse troppo brutalmente. << No >> dissi, gli occhi puntati a terra. << Tu farai quel concorso, lo passerai e andrai a Londra. Sei brava Grace, sei la più brava. S-segui il tuo sogno >>, quelle parole mi fecero male, come un colpo allo stomaco o una stretta al cuore, mi sembrava che qualcuno stesse cercando di strozzarmi. Stavo perdendo la persona più importante per me. Tuttavia sapevo fosse la cosa giusta da fare. Lei doveva essere felice.

In quegli attimi non pensai nemmeno per un attimo a me stesso, non potevo permetterlo o l’egoismo avrebbe prevalso. << Logan >> lei mi guardò con le lacrime agli occhi e mi abbracciò ancora.

Sarei potuto scoppiare a piangere in quel momento, ma mi trattenni. Grace aveva bisogno ancora di me.

Sentivo le sue piccole mani che stringevano la maglietta che indossavo e, per farle coraggio, le lasciai un bacio tra i capelli mentre le accarezzavo la schiena. Continuavo a ripetere nella mente qualsiasi cosa mi potesse far stare meglio “ Logan, hai ancora tempo. Non dovrà partire subito. Continuerete a sentirti. Tornerà presto. Sarà felice. Avrà ciò che merita. La vedrai ancora”.

<< Ora basta >> sussurrai scostandola da me. Le ripulii il viso dalle lacrime con i palmi. << Allora … parlami un po’ di questa scuola! >> le dissi cercando di fare il miglior sorriso del mio repertorio. Ero anche un attore e in quell’istante dovevo fingere, non solo per lei, ma per entrambi.

<< Oh … >> disse lei tirando su col naso. << Ho visto le foto su internet, è bellissima! Ed enorme! Ne ho anche discusso con George e mamma. Il corso si terrà al Royal College of Art. Purtroppo quando finirà non potrò continuare con la scuola perché teoricamente è per chi ha già conseguito la laurea, ma George ha detto che potrò iscrivermi alla Kunstgut School of Contemporary Art! Che nome assurdo, vero? Si trova in Germania. Sono scuole di altissimo livello, spero di meritarle >>, << Certo che le meriti >> dissi intenerito dalla sua reazione.

Lei sospirò, << Andiamo a fare un giro? >> chiese. Io annuii. Non parlammo molto, ero troppo giù e lei lo aveva capito. Anche a Grace dispiaceva moltissimo andare via, lo leggevo nei suoi occhi, ma sapeva fosse la cosa più giusta. Io non avevo intenzione di farle scappare un’opportunità del genere.

Mangiammo un gelato di malavoglia e la riaccompagnai a casa. << Logan >> mi disse prima di entrare. Io feci un cenno per farle intendere che avevo la sua attenzione, << Sai che non dovrò partire subito, vero? Ci vorranno mesi per quel concorso >>, << Lo so, ma tu non preoccuparti di nulla, dai solo il massimo di te >>. Mi sorrise e si avvicinò lasciandomi un bacio all’angolo della bocca.
 

Non posso negare che quando tornai a casa mi chiusi nella mia stanza e scoppiai a piangere. Quella notizia mi aveva scombussolato ed era l’unico modo per sfogarmi. Ne avevo tutto il diritto, lei era diventata un pezzo della mia vita.

Dopo mi sentii molto meglio. Ero riuscito a convincermi che era la cosa migliore. Cominciai anche a immaginarla come una pittrice, oppure una designer, di sicuro sarebbe diventata importante. Magari avremmo potuto vederci durante un tour della band. Avrei convinto il nostro manager a fare dei tour anche in Europa. Immaginando tutto ciò mi addormentai.

 

Dopo giorni riuscii ad assimilare completamente la notizia. Chiedevo a Grace, praticamente in continuazione, quando sarebbe uscito il bando per l’inizio dei test che scoprii si sarebbero tenuti online. Spesso ci ritrovavamo a sognare quali grandi cariche avremmo raggiunto.

Tutto tornò monotono come i giorni prima della notizia. Sembrava che si fossero dimenticati di quel concorso. Tuttavia ci incontravamo più spesso di prima. Andavamo al cinema, ovviamente anche con gli altri, a cui Grace disse tutto dopo qualche giorno rispetto a quando lo rivelò a me. Avevamo anche stabilito un giorno a settimana per andare in giro tra ristoranti sconosciuti, non sempre però era un successo. La madre di Grace ci invitava spesso a pranzo o a cena. Riuscii perfino a conoscere George e devo ammettere che era un tipo molto solare e gioioso, di aspetto opposto all’uomo magro e pallido che una volta abitava in quella casa, lui era slanciato, robusto e sempre sorridente.
 

Passò qualche mese e, nonostante uscissimo molto spesso insieme tutti e cinque, restava sempre il nostro appuntamento alla fermata. Qualche volta Carlos mi accompagnava ( lui un po’ più spesso degli altri) per salutare Grace, ma gli facevo intendere molto chiaramente che preferivo andare da solo. Quella scommessa persa era stata la mia salvezza, da quel momento mi accorsi come adoravo gli autobus. La situazione a scuola di Grace migliorava, nonostante i professori continuassero ad essere abbastanza indifferenti nei suoi confronti, premiandola, se dovuto, solo con buoni voti e senza nessun apprezzamento verbale ( o rarissimi), i compagni divennero più aperti e gentili con lei. Non era certo la più popolare, ma adesso nessuno la prendeva più in giro. Aveva degli amici lì che le stavano accanto e la aiutavano con i compiti. Non che fossi geloso, tanto il suo migliore amico ero io, e non c’era nessun dubbio in merito.
 

<< Logan! Logan! >> mi chiamò un giorno, mentre la aspettavo alla fermata. << Ho una notiziona! >> << Brutta o bella? >> le chiesi retoricamente notando il suo sorriso sgargiante. << Bellissima! >> urlò stringendo le mie mani. Non riuscendo più a trattenersi mi confessò tutto bruciando l’effetto suspense che forse voleva creare. << Mia madre è incinta! >>. Rimasi senza fiato dalla notizia inaspettata, << Avrò un fratellino! >> mi disse abbracciandomi. << Sono così felice! Auguroni!! >> le dissi, << George come l’ha presa? >> chiesi. << Benissimo! Si è messo a piangere dall’emozione, non ha mai avuto un figlio, ma lo desiderava da tantissimo. Ha detto che è l’uomo più felice del mondo! >>, << Devo fare gli auguri a tua madre >> << Quando arrivi a casa chiamala così potranno farlo anche gli altri … ah! Ricorda di dirlo anche a loro! >>, mi misi a ridere. << Certo sorella maggiore >> le dissi e lei cominciò a fare degli urletti non riuscendo a contenere la gioia. << La mia vita è fantastica!! >> urlò alzando le braccia al cielo. Io ridacchiai alla sua reazione. << Prima di conoscerti non avrei mai sognato di dire una cosa del genere >> disse poi facendomi commuovere. Riuscimmo a scambiarci un ultimo abbraccio, poi arrivò il mezzo.

Tornato a casa diedi la notizia ai miei amici. Anche loro erano molto emozionati. Credevano che per la madre di Grace, una donna buona e gentile, fosse un avvenimento bellissimo, entusiasmante! Come detto dalla ragazza chiamammo la donna. lei fu contentissima dei nostri auguri e ci raccontò praticamente tutto delle visite che avrebbe dovuto fare, a quanti mesi si sarebbe saputo il sesso, quando sarebbe dovuto nascere, di che segno zodiacale sarebbe potuto essere, insomma ci disse tutto.


















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Capitolo 6
*** 6 ***


6.





Fu un Sabato mattina quando Grace mi chiamò. Ero ancora a letto, nonostante fossero già le dieci.
<< Pronto? >> risposi mezzo addormentato. << Logan vieni, hanno pubblicato il test >>, mi drizzai sul letto già completamente sveglio. << Arrivo >> dissi solo per poi correre a prepararmi.
Chiamai gli altri e li feci preparare ad una velocità impressionante. Senza nemmeno far colazione chiamammo un taxi e partimmo verso casa di Grace.

Ci eravamo già messi d’accordo; quando fosse stato postato tutto online noi avremmo dovuto andare a casa sua per darle un supporto.
Eravamo davanti alla casa e stavamo per bussare quando la madre di Grace ci aprì. << Ero affacciata alla finestra ed ho visto che eravate fuori >> spiegò << Presto entrate >>.

La ragazza era in piedi e faceva avanti e indietro; dal salotto passava per il corridoio, per poi entrare in cucina e tornare indietro. George invece era davanti al computer, posizionato sul tavolino del salotto difronte al divano.
<< Ragazzi! >> ci chiamò quando ci vide mentre passeggiava nel salotto. Sembrava sul punto delle lacrime, non l’avevo mai vista così agitata. Contorceva le mani e camminava velocemente, curva in avanti. Mi corse incontro e, posizionandosi davanti a me parlò guardando tutti.
<< È arrivato. Devo solo cominciare >> disse stringendo i denti in un sorriso forzato. << Come funziona? >> chiese Kendall mettendosi al suo fianco e poggiandole una mano sulla spalla per calmarla un po’.
<< La prova è divisa in due punti. Il primo è un test in cui dovrò rispondere a delle domande su chissà che tema. Avrò un limite di tempo di trenta minuti. La seconda prova invece consiste in un colloquio tramite internet, devono accertarsi che non abbia copiato durante la prima prova e mi conosceranno un po’ >>.
<< Bene! Puoi farcela! >> dissi convinto. Lei mi guardò esasperata << NO! No che non ce la faccio! >> era ne panico. La presi per le spalle e guadandola negli occhi le dissi << Fai un bel respiro! Tu puoi farcela! >>. Dopo aver inspirato ed espirato più volte mi guardò e annuì decisa.
La accompagnai in salotto insieme agli altri << Saremo qui ad espettarti >> dissi quando lei prese il posto di George che le aveva sistemato tutto. Gli altri annuirono alle mie parole. Le lanciai un sorriso ed un occhiolino prima che la porta venne chiusa per concederle più tranquillità.

Ero agitatissimo, avrei dato qualsiasi cosa per sapere che cosa stava combinando, ma mi imposi di stare calmo.
La madre di Grace fu provvidenziale e propose a tutti di bere una tazza di camomilla con qualche biscotto. Dato che non avevamo toccato cibo accettammo, nonostante il buco nel mio stomaco.
Appena sentii la porta che si apriva corsi fuori dalla cucina e vidi Grace che usciva sospirando. Quando mi vide mi abbracciò lentamente stringendomi la vita. Io ricambiai l’abbraccio accarezzandole la schiena. Gli altri mi raggiunsero subito dopo. La ragazza guardò oltre il mio braccio e li vide tutti lì.
<< Ho fatto >> rispose agli sguardi interrogativi di tutti, << Stanno correggendo la scheda, più tardi mi chiameranno per il colloquio >> ci informò.

Entrammo tutti in salotto per paura di perdere la chiamata. Grace aveva una sola possibilità. Rimasi accanto a lei a stringerle la mano per tutto il tempo dell’attesa mentre la madre le portò un bicchiere di camomilla, la avrebbe aiutata a calmarsi.
Appena il computer cominciò a squillare lei mi lasciò la mano e mi diede una leggera spinta. Avrei voluto tenerle la mano per tutto il tempo del colloquio, ma sapevo che era una cosa che avrebbe dovuto fare da sola. La lasciai non prima di darle un bacio di incoraggiamento sulla tempia. Uscimmo tutti, ma questa volta lasciammo aperta la porta, volevamo sentire il colloquio. Tuttavia si sentiva pochissimo, quasi niente.
Mentre attendevo in piedi, con le mani di Carlos e Kendall sulle spalle, non potei fare a meno di pensare che se Grace parlasse così tanto ( si sentiva solo lei che farfugliava qualcosa e solo sporadicamente la voce di un uomo sulla quarantina, se non di più ) non poteva che andare bene. Si concluse abbastanza in fretta.
Sentimmo Grace sospirare sollevata e poi ci chiamò dentro. Io mi fiondai accanto a lei e le feci mille domande, così come gli altri, ma lei disse soltanto; << Tra qualche minuto manderanno un’email con il risultato >>.

Sembrava sfinita. Mentre i ragazzi prendevano delle sedie mettendosi intorno al computer lei si appoggiò sul mio petto. Sapevo che aveva bisogno di un po’ di conforto, così cominciai ad accarezzarle la schiena e poggiai la guancia sul suo capo. Tutti ci guardavano in silenzio, ma io non provavo nessun imbarazzo, pregavo solo che tutto fosse andato per il meglio e che lei fosse riuscita a farsi ammettere. La risposta non tardò ad arrivare.
Si sentì un leggero bip al computer. Tutti saltarono sul posto. Rimanemmo in attesa che la ragazza aprisse l’email e leggesse tutto, ma lei allungò appena la mano per poi ritirarla e mettere le mani sugli occhi. << Non ci riesco, fatelo voi >>.

Ci alzammo tutti insieme, tranne lei che rimase immobile. Ci scambiammo mille sguardi, ma nessuno aveva il coraggio di prendere l’apparecchio e leggere. << Signora, credo che debba farlo lei. Insomma, è la madre >> disse James.
<< No, io credo che debba farlo tu Logan. Sei il migliore amico di Grace >> rispose lei di rimando. << No, no. Carlos fallo tu! Per favore >>
<< Cos.. io?! E perché non Kendall? >> contraccambiò quello sulla difensiva. << Scusate a questo punto lo fa colui che ha parlato per primo … James?! >> disse il biondo spostandosi indietro.
<< No! No! Io n… >> << Va bene! Va bene! Lo faccio io! >> si intromise George afferrando il computer.
Ringraziai mentalmente il cielo. Se non fosse stato per lui saremmo rimasti lì tutto il pomeriggio. Grace alzò appena il viso e, nonostante nessuno, un momento prima, aveva intenzione di leggere, ci avvicinammo accerchiando l’uomo. Senza nessuna esitazione aprì l’email. Cominciò a leggere dal primo rigo quella pagina piena di parole.
Io non ascoltai una lettera di ciò che disse e, scorrendo lo sguardo tra le righe, cercavo il risultato. Appena lo scovai mi bloccai. Non potevo nemmeno continuare a stropicciarmi le mani a vicenda per l’agitazione.
“ Ammessa”. Che cosa mi ero aspettato? Sapevo che sarebbe stata ammessa. Non riuscivo a gioire per questo. Sarebbe partita. Provai a fare un sorriso e magari tornare alla realtà. Fino a quel momento credevo di averlo accettato, invece mi faceva ancora male. Come avrei fatto a dimostrarmi felice ed orgoglioso di lei?

<< … La candidata è stata ufficialmente … AMMESSA!! >> urlò George facendomi sobbalzare.
Grace rimase immobile un paio di secondi per assimilare la notizia, poi fece un balzo saltando in piedi e urlò. Ci stava stonando i timpani, ma la sua gioia era contagiosa. La madre si mise ad urlare con lei, gli altri si unirono congratulandosi ad alta voce e ridendo. Io non trattenni un enorme sorriso.
La ragazza corse verso di noi e ci abbracciò con foga. Afferrò prima James e Kendall, i più vicini al suo posto. Poi stritolò me, Carlos e ancora Kendall, si trovava nella traiettoria delle sue braccia. Quando si lanciò su George stava già piangendo di gioia e non la smetteva di urlare e ridere. In fine toccò alla madre che fremeva per averla tra le braccia.
<< Tesoro!! Sono così felice!! Ti hanno ammessa! TI HANNO AMMESSA!! >>. Urlavano tutti abbracciandosi l’un l’altro. In quella stanza quasi si soffocava per l’eccesso di gioia accumulata.

Riuscii a resistere solo pochi minuti. Quando tutti si furono calmati e l’adrenalina cominciò a calare, la realtà mi cadde addosso come una frana. Mi si spense il sorriso. Mentre guardavo madre e figlia abbracciate che ancora piangevano, mi allontanai rifugiandomi in cucina.
Mi abbandonai su una sedia e puntellai i gomiti sul tavolo reggendo la testa con le mani. Era tutto vero. Sarebbe andata via.
Sospirai serrando gli occhi per non scoppiare a piangere. Sentii delle voci allegre e squillanti provenire dal salotto. Mi alzai.
Nonostante volessi rimanere in quella posizione ancora per un po’, o forse per secoli, imposi a me stesso di darmi una mossa. Non volevo rovinare la festa a nessuno.

Presi un vassoio abbandonato sul tavolo e, con le mani che ancora mi tremavano, riuscii a riempire sette bicchieri d’acqua. Fu un’impresa portarli in salotto senza rovesciare tutto a terra.
<< Ho portato l’acqua! >> dissi ridacchiando nervosamente. << Ma che acqua! Qui ci vuole qualcos’altro! Dobbiamo festeggiare! >> esultò la madre, << Mamma! Ti ricordo che sei incinta! >> la rimproverò la figlia prima che l’uomo potesse dire qualcosa. << Allora aranciata per tutti!! >> disse correndo in cucina.
Sorrisi mentre gli altri la seguivano a ruota. Grace rimase in coda. << Io ne prendo un bicchiere >> mi disse con un sorriso passandomi accanto.
So che stava facendo; voleva leggere la mia espressione.
A quanto pare riuscii ad aggirarla con il mio enorme sorriso perché, dopo aver preso un bicchiere, si allontanò sorridendo. Non attesi ancora e la seguii.

Festeggiammo tutta la mattina. Rimanemmo in cucina a parlare e a scherzare tutto il tempo. Ognuno provava ad immaginare la vita futura di Grace. Chi la immaginava come architetto, chi come capo di una grande compagnia di disegno, chi come artista impegnata in un giro per il mondo, chi come grande imprenditrice, chi come famosissima fumettista, chi come importante animatrice grafica. Ognuno aveva qualcosa da dire.
Quando la fame cominciò a sentirsi George propose << Andiamo a mangiare fuori!! Offro io! Dobbiamo festeggiare! >> fummo d’accordo.
Mentre i ragazzi uscivano dalla cucina per prendere i giubbotti, l’uomo andava a posare il computer e la donna correva a sistemarsi, io raggruppai tutti i bicchieri sporchi sul vassoio. Presi quest’ultimo e mi avvicinai alla lavastoviglie aprendola per poi infilare ad uno ad uno le posate. Le mani non potevano fermarsi. Ormai tremavano con troppa evidenza.
Stavo per posare il terzo bicchiere che Grace mi prese la mano bloccandomi. Mi guardò dal basso << Stai bene? >> mi chiese ansiosa.Io abbandonai il vassoio, con la mano libera, sul ripiano della cucina.
<< S-sì >> mugugnai guardandola con un sorriso incerto. Lei mi accarezzò la mano con entrambi i pollici e alzò un sopracciglio. Capii subito la perplessità che la attanagliava. Stavo tremando come una foglia.
<< Sono solo troppo felice per ciò che è successo >> risposi allargando il sorriso. Grace prese il bicchiere che ancora stringevo e lo infilò al suo posto nella macchina. Poi intrecciò le dita nelle mie e mi rivolse ancora uno sguardo. << So che ce l’avresti fatta >> le dissi visto che sembrava non voler parlare. << Grazie >> rispose sorridendo.
<< Adesso andiamo via >> concluse chiudendo con un movimento del bacino la lavastoviglie e trascinandomi fuori dalla cucina.

Non mi volle lasciare la mano per tutto il viaggio e, nonostante la madre aveva insistito per farla sedere nel posto avanti in macchina, lei aveva rifiutato con vigore mettendosi accanto a me, con la scusa che, nel sedile avanti stanno per galanteria le donne con più anni. Fu una grande giornata. Ci ingozzammo fino alla nausea, ridemmo e bevemmo per ore. La nostra allegria riusciva a contagiare tutti, tanto che le persone, presenti nella nostra stessa sala al ristorante, non riuscivano a smettere di sorridere ascoltando le nostre risate.
Ci divertimmo molto, ma ci furono anche tanti momenti commoventi. La madre di Grace, forse perché la sua unica figlia stava per volare via dal nido, o forse perché era incinta, e tutti sanno che in quel periodo le donne sono molto emotive, scoppiava a piangere di gioia praticamente continuamente.
Aveva pure avuto l’intenzione di fare un discorso, ma non era più stata in grado di continuare dopo il “ Grazie a tutti …” iniziale.
Alla fine tornammo a casa di Grace, stanchi, ma soddisfatti.
Avevo parlato in disparte con i miei amici e avevamo deciso di tornare a casa per lasciare che quella fantastica famiglia potesse festeggiare in intimità.

<< Logan! Per favore non andate via! >> mi supplicò Grace tirandomi per la manica del giubbotto che avevo indossato. << Tanto ci rivedremo lunedì >> la consolai. Lei annuì piano.
Sapevo che l’idea di stare un po’ con la madre le piaceva, aveva aspettato tutto il giorno, desiderava un attimo di tranquillità. Eravamo davanti alla porta, pronti a lasciare la casa, quando la ragazza urlò << Logan! Aspetta! Mi sono dimenticata che devo darti una cosa! >> sorrideva impacciata mentre tutti la fissavano. << Ok >> dissi confuso. << Vieni! >> disse tirandomi per il polso su per le scale.
Guardai gli altri che ci osservavano ridacchiando prima che la visuale mi fu oscurata dal muro. Grace mi spinse dentro la sua stanza e chiuse la porta.
Quella scena mi ricordò il primo giorno in cui venni a casa sua. Si tuffò nel letto e, indaffarata come non mai, cominciò a frugare nella sua enorme borsa cercando chissà cosa. Rimasi immobile a guardarla mentre prendeva il suo quaderno nero e lo sfogliava velocemente.
<< Eccolo! >> esultò bloccando le pagine in un punto preciso. Prima che potessi fare qualcosa la vidi strappare una pagina. << No! Perché l’hai fatto? >> mi lamentai.
Lei mi ignorò e si avvicinò a me porgendomi il foglio. Lo presi osservandolo. Era il disegno del coniglietto che aveva realizzato il giorno del nostro incontro. Sorrisi al ricordo.
<< È tuo >> disse cercando di scorgere i miei sentimenti. << Grazie mille >>. Lo piegai accuratamente e lo misi della tasca dei jeans. Appena alzai gli occhi notai come non avesse scollato lo sguardo da me. Stavo per chiederle il motivo di quell’atteggiamento, ma fui interrotto da un suo abbraccio.
<< Ci vedremo Lunedì >> disse come per convincere se stessa. Annuii poggiando la guancia sui suoi capelli. Le accarezzai la schiena per sollevarle un po’ l’umore, sapevo che amasse quando lo facevo.
<< Non partirai subito, vero? >> chiesi colto da un dubbio. Lei mi strinse con più vigore ferita da quelle brusche parole. << Parto tra d-due settimane >> mi confessò.
Trattenni il respiro mentre un enorme nodo cominciava a ostruirmi la gola. La spinsi più contro di me. Adoravo sentire il meraviglioso odore del suo shampoo. Era così delicato. Lei era così delicata.

<< Ragazzi!! >> sentimmo la voce della donna che ci chiamava dal piano inferiore. << È … è ora di andare >> disse sciogliendo l’abbraccio e asciugando una lacrima. Annuii spostandomi per permettere lei di aprire la porta.
Scendemmo in fretta. << Avete fatto? >> chiese la madre con sguardo apprensivo. Annuimmo entrambi. Gli altri erano già fuori, stavano parlando con George. << Beh, ciao >> dissi a Grace. Lei sorrise tristemente avvicinandosi a me per lasciarmi un bacio all’angolo della bocca. << Ciao >> sussurrò allontanandosi di qualche passo.
Feci un cenno alla madre e uscii di casa. Quella situazione mi stava prosciugando. Dopo aver salutato anche l’uomo, tornammo nel nostro appartamento con un taxi.
Ero sfinito così mi abbandonai sul letto e, dopo lunghe ore di una snervante riflessione, mi addormentai.



                     











Angolo dell'autrice:
Ciao a te che sei arrivato fino a qui!
Prima di tutto grazie, grazie per ogni cosa, anche per aver semplicemente letto. 
Non voglio rompere con la solita storia del ritardo ecc. sapete meglio di me che spesso (se non sempre) è impossibile prendersi un momento per sè.
Adesso è molto tardi, ho faticato per ricontrollare e postare tutto, ma ho pensato fosse necessario farlo considerando che starò via per qualche tempo.
Ormai stiamo quasi per giungere al termine... mi dispiace un po'. C'è stato un periodo in cui ero legatissima a questa storia, ma adesso mi sono leggermente raffreddata; molti progetti ( o sarebbe meglio chiamarle idee astratte) stanno andando in fumo, così mi sento sempre più insicura delle mie capacità.
Non so se questo scritto vi stia prendendo, se è così mi farebbe davvero piacere saperlo, oppure mi piacerebbe conoscerne i motivi, magari mettermi in gioco mi aiuterà a rivalutare me stessa. Vi chiedo solo di non essere troppo cattivi.
Abbiate tutti una buona giornata.

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Capitolo 7
*** 7 ***


7.




Come promesso Lunedì lei era lì. Mi osservò avvicinarmi a lei con un sorriso. Appena mi accostai alla sua figura mi afferrò la mano. << Dobbiamo fare qualcosa >> disse. << Andiamo al tuo appartamento, devo ancora dire ai ragazzi il giorno della partenza. Oppure andiamo al parco. Ah! Ti va di andare al mare? >>, non voleva sprecare un minuto.
Io sospirai ricambiando il sorriso. << Va bene, andiamo a casa. I ragazzi devono saperlo >>. La ragazza spostò il viso dall’altra parte e mise il palmo della mano libera sulla bocca strizzando gli occhi. Stava ancora per piangere.
La tirai verso di me circondandole le spalle con un braccio << Basta piangerci addosso. Cerchiamo di vivere i giorni più belli >>, mi guardò e annuì. Aveva gli occhi lucidi.

Mentre eravamo in autobus Grace chiamò la madre e la informò che non sarebbe tornata. Nonostante i nostri buoni propositi non riuscimmo a non ricadere nella tristezza. A casa la ragazza dovette informare gli altri del giorno della partenza. Fu terribile quando quei tre la strinsero in un abbraccio collettivo. Ci volle del tempo prima che il clima si alleggerisse appena.
Pranzammo lentamente, non ricordo nemmeno cosa mangiammo, ma Grace ci aiutò a preparare tutto. Dopo Carlos propose di vedere un film. Ci mettemmo tutti sul divano scegliendo un canale qualsiasi.
Il programma era iniziato da qualche minuto che Grace si accostò a me e sussurrò: << Logan, possiamo andare nella tua stanza? >> chiese con una faccina adorabile. Annuii e entrambi ci dirigemmo lì senza dire una parola. Lei si sedette sul letto. << Volevo solo stare un po’ con te >> si spiegò rivolgendomi un sorriso. La seguì stendendomi accanto alla sua figura. Mi imitò.
Entrambi fissavamo il soffitto assorti nei nostri pensieri. << Logan? >>, feci un verso per farle capire che la stavo ascoltando. La sentii smuoversi e girarsi verso di me. Questa volta fui io ad imitarla. Eravamo viso contro viso.
<< Secondo te ce la farò lì da sola? >> chiese inchiodando lo sguardo nei miei occhi.
<< Tua madre non ti accompagnerà? >> risposi con un’altra domanda. In realtà sapevo già che la donna non sarebbe venuta, ma non ne conoscevo il motivo. << È un po’ difficoltoso nelle sue condizioni. La pancia comincerà a crescere e sarà difficile tornare in America per far nascere il bambino. George vorrebbe tanto che nascesse qui. Loro verranno con me solo per i primi giorni >>, si fermò pensando a chissà cosa.
Io sorrisi e le parlai accarezzandole la guancia con il pollice. << Certo che ce la farai. Non conosco nessuno più forte e determinato di te >>, lei ridacchiò alle mie parole, << Inoltre sei talentuosa. Andrai lontano Grace >>.
<< Grazie >> attese un attimo per poi continuare; << Sai? Mi piace quando dici il mio nome >> confessò arrossendo appena. Io sorrisi malizioso. << Ah veramente? >> chiesi alzando le mani sul suo corpo. Lei cominciò a ridacchiare parando le mie azioni con le mani. Aveva capito che stavo per fare. << Se è così allora … Grace! Grace! Grace! Grace!! … >> urlai tra le risate mentre cercavo di farle il solletico sulla pancia e sul collo. Grace non riusciva a smettere di ridere e, tantomeno, a frenarmi in qualsiasi modo. Sghignazzavamo come due scemi.
Stavo per farla cadere dal letto così mi fermai e la circondai con il braccio per evitare la caduta. Lei continuò a ridere per qualche altro minuto ed io la seguii. << Cretino >> disse nascondendosi tra le mie braccia. Sospirammo all’unisono.
<< Mi mancherai >> disse poi. << Anche tu >> enunciai di conseguenza.
Attesi qualche minuto prima di continuare; << Ma guarda il lato positivo, incontrerai tantissimi altri ragazzi! Ti farai un sacco di nuovi amici … ma ricorda sempre che sono io il tuo preferito. Sono il tuo migliore amico e questo non deve cambiare >> ribadii con un pizzico di presunzione.
<< Grace? >> domandai non sentendola proferir parola. Mi allontanai appena per scoprire il suo visetto tranquillo. Si era addormentata. Ridacchiai sorpreso. Forse non aveva dormito la notte. Effettivamente quei giorni mi sembrava sempre stanca. Rimasi accanto a lei per un po’.
Avrei voluto addormentarmi anch’io, ma ogni volta che chiudevo gli occhi mi si presentava l’immagine della ragazza con dietro la madre, che teneva in braccio un neonato, e George, tutti che salutavano mentre erano in piedi, di fronte ad un portone di una tipica casa londinese.
Quando mi stancai della situazione lasciai scivolare il capo di Grace dal mio braccio al cuscino. Feci molta attenzione che non si svegliasse. Presi la felpa che avevo abbandonato su una sedia, la mia preferita, e la avvolsi con essa. Tornai dagli altri che si girarono all’unisono abbandonando lo sguardo dal film che ormai era quasi alla fine. << Si è addormentata >> annunciai. Loro annuirono senza dire una parola.
Dopo aver sistemato il piatti ormai puliti, mi unii al gruppo.

Grace si svegliò qualche ora dopo. Si era fatto tardi, era già sera. Decidemmo di accompagnarla a casa. Era ancora assonnata quando salutò Kendall e James. La accompagnai sorreggendola per evitare che sbandasse. Carlos sarebbe venuto con noi per guidare l’auto che aveva affittato il giorno prima. Avrebbe dovuto restituirla il giorno stesso, ma decise che sarebbe rimasto a casa per passare un po’ di tempo con la ragazza. Sarebbe mancata a tutti.
Ero in uno dei sedili posteriori mentre ridevo osservando Carlos che scherzava con Grace accanto a lui.
Salutammo in fretta i due adulti, la ragazza ci abbracciò uno alla volta e, in pochi minuti ero ancora sul mio letto. Le lenzuola, tutto sapeva di lei. Aveva lasciato il suo profumo in giro. Era come una droga per me ed ero molto felice di non dovermi accontentare dell’odore che aveva acchiappato la sciarpa rossa, donatami da lei.
Furono le settimane più veloci della mia vita. Nonostante avessi voluto fermare il tempo era come se tutto quanto fosse contro di me. Dovevo stare male. Grace doveva partire.
Cercammo di occupare ogni spazio libero con appuntamenti in ogni sorta di posto. Un giorno la portammo pure allo studio, visto che per lavorare non ci saremmo potuti vedere. Stavo trascurando tutto al di fuori di lei. C’è da dire che anche i ragazzi non erano molto attenti. Ormai non studiavo più, non stavo attento in classe pensando a quando l’avrei rivista, non mi concentravo sulle canzoni o le registrazioni. Avevo pure proposto di non andare più a scuola. Lei era il mio unico pensiero. L’idea che si sarebbe allontanata mi stava spossando. A volte mi ritrovavo pure a sognare il giorno della partenza. Era un vero e proprio incubo. E come un incubo si presentò. Freddo e puntuale. Forse un po’ in anticipo.
Era giovedì, oppure mercoledì? Be’ non importa più di tanto. Andammo a casa di Grace saltando la scuola. Lei non voleva che noi la accompagnassimo fino all’aeroporto. Era stata molto rigida riguardo questa scelta, ma noi eravamo altrettanto testardi. Ci mettemmo d’accordo con un compromesso. L’avremmo lasciata davanti all’ingresso, non saremmo entrati.
Erano tutti molto agitati. Nonostante le valigie fossero già pronte, la madre non faceva altro che entrare e uscire da ogni stanza controllando che niente fosse fuori posto. << OH! Hai portato lo spazzolino? >> le chiese per l’ennesima volta. << Sì mamma, sì. Ora vogliamo andare prima di perdere l’aereo? >> chiese esasperata. Noi ridacchiammo nervosi. << Su abbiamo preso tutto >> la incitò il fidanzato. << Va bene, andiamo >> si lasciò convincere. << Ohhh! Non posso credere che la mia bambina andrà a Londra!! >> disse entrando nel taxi-pulmino. George chiuse la porta di casa e noi aiutammo a portare le valigie. Grace si mise in mezzo a noi ragazzi. Stringendoci in un abbraccio commosso.
Arrivammo abbastanza in fretta. Ricordo come il cuore mi battesse all’impazzata. Credevo di star per avere un infarto.
Una volta scesi Grace si fermò all’ingresso, con le braccia spalancate, facendo fermare anche noi. I due adulti si bloccarono osservandola a dir poco sorpresi. << Li saluto qui >> disse con un sorriso forzato. << Va bene >> acconsentì la madre. Entrambi ci salutarono prendendo le valigie che stavamo portando ed entrarono. << Noi ti aspettiamo dentro >> disse la donna prima di sparire oltre la porta. Lei si girò guardandoci commossa. << Mi mancherete tutti! >> disse fiondandosi su di noi.
Salutò ognuno con un lungo abbraccio e un bacio, ma appena toccò a me non riuscii a trattenere l’emozione e scoppiai a piangere tra le sue braccia. Sapevo che sarebbe successo, ma speravo proprio di no.
<< Oh Logan … t-ti prego non fare così >> mi supplicò con voce spezzata. Io nascosi in viso tra i suoi capelli per celare il più possibile la mia reazione. << Logan … >> sussurrò. Anche lei stava piangendo. Avrei tanto voluto prenderla, metterla sulle spalle e scappare via.
Si allontanò appena da me e cominciò ad asciugarmi le lacrime con i palmi. << Ti prego non piangere … >> sussurrò poggiando la fronte sulla mia. Serrai i denti provando a calmarmi.
Grace si girò un attimo a guardare gli altri. << Va bene … >> continuò asciugandosi le lacrime, << Lui mi accompagna dentro, va bene? >> chiese ai ragazzi. Loro annuirono incapaci di pronunciare una sola parola. Lei mi prese per mano e mi trascinò dentro.
Camminavo e cercavo di riprendere una respirazione normale. Notai come indossasse ancora il braccialetto di cuoio che le avevo donato. Non se ne sarebbe mai liberata. Questo mi fece sorridere.

Arrivata ad una grande colonna si fermò e mi spinse contro di essa così che avessi potuto appoggiarmi. Mi osservava mentre mi accarezzava la guancia con un sorriso rassegnato. Mi ero praticamente calmato, avevo solo gli occhi rossi e gonfi. Ma anche lei non riuscì a resistere e con un singhiozzo scoppiò in lacrime.
Io la avvicinai a me come Grace aveva fatto poco prima nei miei confronti. Poggiai la fronte sulla sua e cominciai ad asciugarle le lacrime che le scavavano il volto. Lei mi imitò facendo lo stesso con me, che ormai avevo ricominciato a piangere. << Non dobbiamo piangere … non dobbiamo piangere … >> mugugnava mentre passava le mani morbide sul mio viso.

Dopo qualche minuto riuscimmo a calmarci e ci ritrovammo immersi in un lungo abbraccio. Ognuno ascoltava i respiri dell’altro farsi sempre più regolari. Guardai la gente farsi strada con le valigie alla mano e sorrisi. Mi allontanai appena da lei per guardarla negli occhi; << Andrai alla grande >> dissi con voce rauca. Lei annuì.
La spinsi ancora una volta contro di me provando ad imprimere nella mente quelle emozioni. << Addio Logan … >> mi disse facendo qualche passo indietro. << No, non è un addio, ci rivedremo, no? E poi rimarremo sempre in contatto >> affermai con un sorriso. La ragazza annuì ancora. Sembrava poco convinta, ma non ci feci caso, forse era solo stanca.
<< T-tornerò quando nascerà il bambino >> sussurrò forse per convincere se stessa.
Chiuse gli occhi e sospirò prendendo la mia mano. Dopo poco puntò quelle iridi meravigliose sul mio viso. Sorrise appena e si avvicinò, quasi impercettibilmente, al mio corpo. Mi lasciò la mano per prendermi il viso con entrambe le mani. Accostò il mio volto al suo. Chiusi gli occhi ascoltando il suo respiro. Riuscivo a sentire l’aria che liberava dalla bocca e si schiantava sulle mie labbra. Sorrisi appena pensando a quanto mi piacesse quella sensazione. Mi sorpresi quando si spinse un po’ più avanti e poggiò le labbra morbide alle mie. Erano così fredde, oppure erano le mie troppo calde. Sapevano di lacrime dolci. Provai delle emozioni fortissime. Era meraviglioso riuscire a percepire la morbidezza delle sue labbra soffici. Tuttavia Grace non mi diede il tempo di ricambiare il bacio e si allontanò.
Subito prevalse una sensazione di freddo, contraria al tepore che mi aveva avvolto precedentemente. Avrei voluto scaldare quelle labbra congelate, ma rimasi al mio posto. La osservai leggermente sorpreso e curioso di sapere il motivo di quel gesto.
Eravamo ottimi amici e fino a quel momento non avrei mai pensato di aver potuto mettere in discussione la nostra relazione in quel modo. Indubbiamente quello non era il momento adatto, ma non potevo esserle più grato.
<< Volevo sapere cosa si prova >> disse solo, << Fa finta che non sia successo niente >> sussurrò abbassando lo sguardo ormai completamente rossa in viso.
Sarebbe stato impossibile fingere che non fosse accaduto nulla, ma sorrisi per dimostrarle che volevo accontentarla.
<< Posso accompagnarti? >> le chiesi capendo che si stava facendo tardi. << No. No … io >> inchiodò lo sguardo a terra. << Io devo farlo da sola >> mi disse finalmente guardandomi. Aveva gli occhi umidi e teneva le mandibole contratte. Stava cercando di non piangere ancora.
Io annuii sorridendo << Va bene. Mi adeguerò alla tua scelta >>.
Grace annuì sorridendo e si allontano lasciandomi la mano. Fece qualche passo, ma poi si girò e corse indietro.
<< Aspetta … a-almeno accompagnami ai controlli. I miei saranno già al gate >> disse arrossendo, << Sì >>.

Le presi la mano e la accompagnai davanti alla fila dei controlli. Attese un minuto fissando quella marea di gente, poi si voltò verso di me. << Addio Logan >> disse abbracciandomi. Avrei voluto ribattere ancora che non si trattava di un addio, ma mi decisi a godermi l’ultimo momento con Grace.
<< Fai buon viaggio >> dissi soltanto. Lei annuì, mi diede un bacio sul mento e corse a mettersi in fila. Si voltò molte volte verso di me, ma non poteva più tornare indietro. La osservai fino a quando non mi salutò con un gesto della mano e sparì a cercare l’imbarco.
Io rimasi molto tempo lì. Immobile sul posto aspettavo. Forse speravo di vederla spuntare sorridendo, e che mi dicesse che aveva perso l’aereo, ma non avrei sopportato un altro addio. Quello era stato abbastanza straziante.
Quando mi convinsi che non sarebbe più tornato nessuno, mi voltai ripercorrendo i miei passi con le mani nelle tasche. Grace mi sarebbe mancata tantissimo. Ne ero certo.













Angolo dell'autrice: e siamo giunti quasi alla fine, devo ammettere che non vorrei continuare, e non perchè non desidero concludere, ma perchè mi sento un po' cattiva. Questo è il capitolo che reputo migliore, o almeno solitamente ( dico solitamente perchè oggi mi è preso quella specie di odio-nervoso che ti fa detestare ogni cosa, comprese le tue creazioni), sarà, ma  in questo periodo non mi sento all'altezza proprio di niente. A questo punto dò fiducia alla me del passato che si è fidata tanto di ciò che ha scritto. Comunque, grazie mille per essere arrivati fino a qua, per aver sopportato i miei tormenti e soprattutto per quei gentilissimi che hanno lasciato un parere. Grazie, grazie, grazie a chi, nonostante tutto, continua a seguire questa strana vicenda.
Buona giornata.

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Capitolo 8
*** 8 ***


8.




Fu difficile doversi abituare alla vita senza la sua presenza.
Lei provò ad esserci sempre, almeno per messaggi, ma non era la stessa cosa. Appena era arrivata a Londra mi aveva subito mandato un messaggio vocale. Lo riascoltai centinaia di volte.
Il jet leg era un nostro grande nemico. C’era una gran differenza d’orario ed era molto complicato sincronizzarci anche per fare una sola telefonata. I primi giorni senza di lei furono terribili, ogni volta che uscivo da scuola e venivo alla fermata mi aspettavo di trovarla. I miei amici fecero di tutto per sollevarmi il morale; convinsero il nostro manager a regalarci un’auto e Carlos si impegnò ad accompagnarci a casa dopo scuola, così non sarei più dovuto andare alla fermata. Tuttavia anch’io mi impegnai a stare bene. Non volevo che Grace si sentisse in colpa e, ogni volta che la sentivo sfoderavo un sorrisone enorme.
Comunque riuscimmo ad abituarci alla sua assenza quel necessario che bastava per vivere tranquilli. Ogni volta che pensavo a lei la immaginavo tra i banchi di una scuola modernissima ad impegnarsi nel suo lavoro. Mi aveva promesso che avrebbe dato il massimo ed io non avevo dubbi al riguardo. Ovviamente ero certo del fatto che mi avrebbe pensato spesso, così come io facevo con lei. Infondo portava al polso il mio bracciale. Eravamo legati.

Mi concentrai completamente sulla carriera, sulla musica e la band. Non ero mai stato un asso a scuola, ma i voti non tradivano l’impegno. Quell’anno era abbastanza pesante. Troppo spesso io ed i ragazzi ci ritrovavamo esausti dopo una lunga giornata e saltavamo la cena andando direttamente a letto. Incontrai anche nuove persone; la nostra etichetta discografica aveva ingaggiato altri artisti e, la per maggior parte, sembravano simpatici.
Riuscimmo ad organizzare concerti e partecipammo a moltissime attività. Stavamo acquistando ammiratori molto in fretta e il nostro manager non poteva esserne più entusiasta.

Non potevo dire che fosse tutto perfetto. Era un periodo molto duro per me. Mi risultava difficile ritrovare l’ottimismo e ogni giornata sembrava grigia e monotona. Comunque provai a convincermi che prima di aver conosciuto quella ragazza vivevo una vita felicissima e adesso le cose non sarebbero cambiate. Ovviamente era giusto che effettivamente fossi cambiato. Ero riuscito a crescere con lei. Avevo imparato ad amare la vita anche per il dolore che ci dona. Me lo aveva insegnato Grace, sorridere sempre. C’è sempre un buon motivo per sorridere. A volte mi ritrovavo immobile, con gli occhi chiusi, ad ascoltare il suono del vento. Scoppiavo a ridere immaginando come la gente mi osservava e cosa pensasse. Fosse credevano che fossi pazzo. Ma appena mi sfiorava l’idea che anche Grace sarebbe potuta trovarsi nella mia stessa situazione il mio cuore si riempiva di gioia. Forse il vento aveva sfiorato prima lei e poi era corso ad accarezzare me. Questi pensieri mi facevano stare meglio.
Ma la vita non è soltanto una linea dritta; ti sconvolge, ti sorprende, quasi mai succede ciò che ti aspetti.


Quel giorno arrivò. Quel venerdì … Ero a casa da solo. I ragazzi erano usciti qualche oretta prima perché quel pomeriggio avevano delle commissioni da fare. Mi avevano proposto di seguirli, ma io non avevo accettato. Ero in uno stato di apatia totale in cui ogni cosa mi annoiava.
Non mi sorpresi più di tanto per il mio umore poiché capitava già da qualche giorno. Non mi andava di aspettarli ancora così provai a distrarmi. Stava per piovere e non avevo intenzione di uscire. Accesi la televisione, ma mi annoiai e irritai appena; non c’era nulla di interessante. Provai con i videogiochi, ma fu lo stesso risultato. Avevo avuto la mezza idea di mettermi a cucinare, ottimo passatempo, tuttavia mi assalì un senso di nausea che mi fece cambiare idea immediatamente. Ero stufo. Alla fine mi decisi a navigare un po’ su internet. Il mio cellulare avrebbe di sicuro soddisfatto la noia che mi attanagliava.
Non passarono nemmeno dieci minuti che anche il divano, su cui stavo disteso, cominciò a darmi fastidio. Non c’era una posizione che andasse bene. In un momento di agitazione e rabbia gettai tutti i cuscini a terra e mi stesi meglio. No, niente da fare. Decisi di alzarmi e andare a letto; lì mi sarei potuto mettere molto più comodo. Mentre mi dirigevo verso la mia stanza pensavo che avrei dovuto darmi una calmata, ero pure stufo di muovermi.
Avevo appena superato l’uscio che il campanello squillò. Sapevo che fossero i ragazzi. Forse avevano comprato troppa roba e avevano bisogno di una mano per portare tutto dentro. Lanciai il cellulare sul letto, senza badare che non fosse scivolato a terra, e corsi ad aprire.
Davanti alla porta però non c’erano i miei tre amici, ma una donna. la squadrai un attimo per focalizzare la sua immagine, ma la riconobbi subito. << Salve!! >> salutai con un sorriso.
Era la madre di Grace. Lei sorrise appena, << Ciao Logan >>. Ero così felice di rivederla, era da molto che non la incontravo. Mi ritrovai a pensare che, se non l’avessi saputo, era praticamente impossibile indovinare che quella donna fosse incinta, la pancetta non si vedeva nemmeno. Avevo mille domande da porle. Tutte quante cominciarono ad affollarsi mentre io sorridevo sornione alla donna. << Come va? >> riuscii a dire. Tra quei mille dubbi questo fu l’unico che sfiorò le mie labbra.
Lei mi rivolse uno sguardo commosso. << Logan … >> disse poi << … devo dirti una cosa >>.
Mi sorpresi di quanto somigliasse a Grace. I suoi modi i suoi lineamenti, la mia amica aveva preso praticamente tutto da lei. Io allargai il mio sorriso. Notai come contorcesse le mani a disagio e ciò mi portò al giorno in cui Grace mi confessò che desiderava fare un concorso che l’avrebbe portata a Londra. Mi sembrava che fosse passata una vita.
Inchiodai lo sguardo sui suoi occhi facendole segno con il capo di continuare, ma qualcosa mi bloccò.
Sapevo che l’avrei dovuta accompagnare dentro casa, magari fare accomodare, oppure offrirle qualcosa, tuttavia c’era qualcosa che non mi convinceva. I suoi occhi erano diversi dall’ultima volta che l’avevo vista. Forse era il trucco che era diverso, ma non ne capisco molto. L’aspetto mi sembrava identico a prima. C’era qualcosa che non mi convinceva.
Spostai lo sguardo dalla testa ai piedi. Sì, era uguale. Sembrò rimpicciolirsi sotto il mio sguardo. Tentai ancora di inchiodare gli occhi sui suoi, ma continuava a guardare il pavimento. Sembrava che il tappetino le piacesse molto.

<< C-cosa c’è? >> chiesi titubante mentre il mio sorriso si spegneva. Quelle parole sembrarono colpirla con forza, come un potente schiaffo. Mise le mani sulla bocca e serrò gli occhi. Proprio come Grace.
<< Cosa c’è?! >> chiesi ancora alzando la voce. Non era da me comportarmi in quel modo, soprattutto con una signora. Ma sentivo il cuore che cominciava a balzare feroce e le mani iniziare a tremare.
C’era qualcosa che non andava. Lei, sentendo il tono della mia voce, lasciò andare un singhiozzo.
<< Dov’è Grace?! >> chiesi, la voce alterata. Le gambe tremolanti. Lei continuò a non rispondere e iniziò a singhiozzare rannicchiandosi appena.
<< DOVE’È GRACEEEE?!! >> Stavo urlando. Lei sobbalzò.
Il panico si stava impossessando di me.
La donna non si mosse e non emise un fiato, ma cominciò a scuotere la testa, prima piano poi con sempre più vigore. Le mani sempre ancorate al viso.
Spalancai gli occhi aprendo appena la bocca.
<< DOVE’È GRACEEEE?!?!! >> urlai fortissimo. La donna ormai stava piangendo e non smetteva di scuotere il capo.
<< NOOOOO!! >> diedi un pugno tanto vigoroso quanto incontrollato alla porta. Avevo capito. Avevo capito tutto quanto. Non avevo bisogno di sentire le sue parole. Non volevo sentire le sue parole.
<< Nooooo!! >> gridai ancora lanciando un altro colpo alla porta accostata a me. La mano bruciava, ma non mi importava. Sentivo di aver bisogno di quel dolore lancinante.
<< No! >> feci qualche passo indietro e mi appoggiai rozzamente al muro. Scivolai sulla schiena fino al pavimento e, con me, iniziarono a sgorgare anche le lacrime.
<< No! >>. Gli occhi serrati, le mani strette in due pugni, la mascella compressa con troppa forza.
<< Grace!! >> urlai con la testa rivolta verso l’alto. << Grace … Grace … Grace … Grace! >> sussurravo o gridavo il suo nome nella completa disperazione. Misi i pugni sulla faccia facendo una grande pressione e scoppiai a piangere con una foga inimmaginabile. Singhiozzavo. Entrambi singhiozzavamo come due bambini.
Anche la donna si accucciò a terra, ma non si mosse di un millimetro dal suo posto.
<< Grace >> scivolai con il viso sul pavimento freddo. Congelato come il mio cuore. Lo sentivo rompersi piano piano, scricchiolare senza vergogna.
<< … Grace … >>. Avevo perso tutto. Mi girava la testa e mi doleva terribilmente. In un secondo mi tornarono in mente tutti i ricordi che avevo di lei. La mia Grace. La mia piccola Grace.
La sua immagine sorridente mi accoltellò lo stomaco. Piangevo e piangevo. Non sarei più riuscito a smettere, a fermarmi.
<< Grace >> provai ad aprire appena gli occhi. Volevo vederla. Volevo vederla ancora una volta. Solo ombre. Vedevo solo ombre davanti a me. Mi accovacciai completamente, le braccia attorno alla testa. Sembravo un bambino in quel momento, un bambino disperato che ha perso la casa. Ha perso la vita. Ha perso la felicità.

Restammo così forse per ore fino a quando delle mani robuste mi sollevarono. Non alzai la testa. Non riuscii ad aprire gli occhi gonfissimi. Continuai a piangere, ancora e ancora. Qualcuno mi condusse nella mia stanza. Non sentivo nemmeno i piedi che facevano forza sul pavimento per sostenermi.
Prima di entrare lanciai uno sguardo alla donna che era accovacciata a terra davanti all’ingresso. Un uomo stava sopra di lei e la toccava. Era George, l’aveva aspettata e adesso era tornato per appoggiarla.

Appena riuscii a percepire il mio corpo che sprofondava sul letto fui stordito da un odore, purtroppo conosciuto troppo bene. Urlai ancora. Volevo sputare fuori tutto il veleno che mi stava logorando. Sentivo di star per morire. Sentii delle coperte stringermi e qualcuno schiacciarmi al letto singhiozzando. Allora l’avevano capito anche loro. Avevano saputo tutto.
Era troppo. Era troppo per me.


Mi svegliai la mattina dopo. Avevo passato la notte a piangere, senza pensare a niente se non a lei.
Grace era morta.
Avevo gli occhi gonfissimi. Non riuscivo nemmeno ad aprirli, così fui costretto a tenerli semi chiusi.
Non mi importava più nulla. Volevo morire con lei. Volevo morire su quel letto.
Ricordai tutte le promesse che mi aveva fatto prima di partire. Ricordai il suo sorriso. I suoi occhi. La morbidezza della sua pelle. Le sue labbra. Il nostro bacio.

Senza pensarci affondai una mano nelle coperte e afferrai sia la coperta che le lenzuola. Le appallottolai come possibile e infilai tutto in gola. Volevo morire.
Provai a spingere. Più infondo. Più infondo. Ancora più infondo. Ma il mio corpo provò a proteggermi e, respingendo il tentativo, vomitai. Proprio accanto al letto. Vomitai fino a quando non sentii la gola bruciare. Ero sudato.
Solo troppo tardi mi accorsi che Kendall era accanto a me e cercava di tirare via le coperte. << Che hai fatto?! >> mi chiese spaventato mentre cercava di farmi alzare per portarmi in bagno. Sorrisi amaramente. Non aveva visto ciò che stavo per fare. Crollai su di lui e lo strinsi a me in un abbraccio. << L-lei è … lei è … >> sussurrai non riuscendo a continuare.
Mi accarezzò la schiena per confortarmi. << Lo so amico … >> singhiozzò. Stava piangendo anche lui. Entrarono Carlos e James. Per la prima volta dal giorno precedente li vidi in faccia. Erano pallidi con gli occhi gonfi ed enormi occhiaie violacee. Si avvicinarono e si unirono a noi schiacciandoci a loro con forza. Riuscivo a sentire anche il loro dolore.


Non continuo. Non me la sento di raccontare altro.
Fu il giorno più brutto della mia vita. Quel venerdì. Quel maledetto venerdì mi aveva ucciso.
Ci vollero giorni per riuscire semplicemente ad uscire dalla mia stanza. Sudavo e tremavo, in continuazione. Stavo così male che mi venne una forte febbre. Grazie a Dio riuscii a riprendermi. Carlos, James e Kendall si occuparono di me tutto il tempo. Ci volle moltissimo, ma decisi che non sarei crollato. Non avrei distrutto tutto quello che avevo costruito.
Per giorni i ricordi di Grace mi torturarono e mi perseguitarono. Fu difficile. Troppo difficile. Era impossibile credere che lei non ci fosse più.
Era morta. Era morta a Londra. Non ho mai voluto sapere com’è successo, ma lo sentii. Lo sentii raccontare dalla madre in lacrime ai ragazzi.
Era in autobus, aveva ceduto il suo posto ad una donna anziana e lei si era appoggiata ad un palo. L’auto aveva slittato. Troppa pioggia, troppo ghiaccio. Era finito fuori strada.
Non posso crederci. Una cosa ho chiesto di sapere. Solo una: Grace non aveva sofferto. Era scivolata. Era caduta come una foglia d’autunno e aveva battuto la testa. Un solo colpo. Uno solo l’aveva uccisa.

Il funerale venne organizzato in America. C’erano tante persone, tutte vestite di nero. A Grace non sarebbe piaciuto.
Io ero elegante con la giacca nera. Non riuscii a sentire una parola del discorso del prete. Ero troppo impegnato a tenere lo sguardo basso ed a cercare di non piangere.
Ogni singhiozzo della madre era come un pugno in pieno petto. L’erba era verde, fresca e bagnata.
Quando la gente cominciò ad allontanarsi non guardai in faccia nessuno. Attesi che le voci ovattate si allontanassero e mi avvicinai alla lapide. C’era una sua foto, una di quelle sorridenti. Mi inginocchiai sull’erba e cominciai ad accarezzare il marmo intorno alla foto. Mi morsi il labbro per trattenermi. Non mi importava se qualcuno mi stesse guardando. Non sentivo ne’ le voci ne’ il resto del mondo.
Avvicinai il viso alla lapide e baciai quella superfice fredda. Fredda come le sue labbra. Sorrisi al ricordo. Poggiai la fronte su quel ripiano e, accovacciato nella mia posizione, attesi.
Ero arrabbiato. Mi aveva abbandonata. Aveva realizzato i suoi sogni e aveva coronato la sua vita raggiungendo il suo obiettivo; ricongiungersi al padre. Come aveva potuto farmi questo? Mi aveva toccato il cuore e poi era andata via lasciando che si sgretolasse.

Non rimasi lì a lungo. James mi prese per un braccio e mi accompagnò via.
Non sono più tornato in quel posto. Grace non è lì. Nonostante tutto non sono arrabbiato con lei. Non provo rancore. Lei mi ha amato ed io ho amato lei. Mi ha donato la cosa più bella che avrebbe mai potuto darmi.


Non riesco più a continuare, le lacrime mi mozzano il respiro.
Un boato di applausi silenziosi si solleva dalla folla.

Finalmente loro hanno conosciuto lo splendore di una ragazza qualsiasi.
Abbiamo finito un concerto ed io, per la prima volta mi sono deciso a parlare di lei. Questo mi ha fatto stare male e bene allo stesso tempo. Mi chiedo perché l’ho fatto se, fino a qualche giorno fa, soltanto sentire quel nome mi avrebbe provocato un brivido violento. Forse è perché ha mantenuto la sua promessa.

È successo solo poche ore fa. Stavo sistemando le mie cose prima di andare in scena. Ripiegavo uno dei miei giubbotti per rimetterlo nella valigia, quando una scintilla ha attirato la mia attenzione. Era una piccola luce. Si muoveva velocemente.
Mi concentrai a guardarla mentre gironzolava per le quinte. Un batuffolo. Una figura minuta; un coniglietto bianco, grande quanto un pollice. Ha fatto un cerchio lungo intorno a me, poi si è fermato e mi ha sorriso. È sparito così com’è apparso.
E sì … un coniglio mi ha sorriso.
Poco dopo il mio cellulare ha squillato; un messaggio. Era la madre di Grace. Mi ha scritto: “ Logan è nato. Gli abbiamo dato il tuo nome, Logan”. Quel messaggio mi ha commosso tanto.

Adesso sono qui, davanti ad un pubblico. Cerco di trattenere le lacrime, ma allo stesso tempo un’enorme sorriso mi dipinge il volto. Scorro lo sguardo tra la folla e la vedo. Grace è lì. Mi sta guardando e sorride. Ha un sorriso meraviglioso. Muove le gambe gioiosa mentre mi fa un occhiolino.
Mi aveva promesso che sarebbe tornata alla nascita del bambino.
Ha mantenuto la promessa.


















 Salve a tutti!
Prima che corriate ad uccidermi voglio comunicarvi che c’è un motivo specifico per tutto, compreso il ritardo (che condivide anche la paura dei vostri giudizi a questo “lieto” finale). Con l’intenzione di riportare una breve spiegazione sul perché ho scelto di seguire questa piega, avevo appuntato ogni cosa in un foglietto che non riesco a trovare da nessuna parte!! Non mi era mai capitata una cosa del genere, per quanto tempo abbia speso a cercarlo, non è uscito un ragno dal buco. Quindi sono costretta a riassumere ogni cosa in modo abbastanza sbrigativo.
Dicevo… c’è un motivo di questa scelta così drastica. Molto tempo fa lessi, su un fandom di questo sito, una storia che mi aveva molto intrigata, anche perché proponeva dei punti bui. Ho letto ogni capitolo col fiato sospeso e il finale mi ha scioccata (non era come questo ovviamente); sostanzialmente la protagonista, ignorata da tutti per quasi l’intero arco della sua vita, riesce a trovare una vera amica, che non la giudica e che le vuole bene, ma… dopo che quest’ultima si allontana per qualche giorno è come se non ricordasse nulla del percorso fatto insieme, così per la povera ragazza il tormento ricomincia FiNE.
Sta di fatto che ad una mia richiesta di spiegazioni mi viene detto che il mondo è ingiusto, che certe cose capitano, che la vita non va sempre come vorremmo. Ecco il mio intento è questo; sostenere questa teoria da un lato, perché ne sono consapevole, ma allo stesso tempo mostrare l’altra parte della medaglia.
La vita cambia, è un concetto che mi strascino a fatica da tempo, basta un attimo per mutare qualcosa che poco prima sembrava sarebbe durato per sempre, tuttavia quello che abbiamo passato, quello che abbiamo perso, è stato il più grande dono che avremmo mai potuto ricevere. Così fa Logan, Grace lo ha cambiato e adesso è una parte di lui, per quanto potrà soffrire questo non cambierà e se un giorno, tra cent’anni lui dovesse dimenticarsi di lei, sarà comunque un pezzo del suo essere, rimarrà nei suoi modi di fare, nel suo cuore, nei sentimenti che ha provato, forse per la prima volta, tutti ovviamente diversi da ogni tipo di sentimento che prova e proverà. E questo vale per tutti.
Mi permetto un’altra piccola digressione per definirmi un po’. Già di mio non sono una persona abbastanza positiva o che guarda al futuro, a volte me ne dispiaccio, per quanta speranza nel domani possa custodire il mio sguardo è sempre rivolto allo ieri, non tanto per nostalgia, tanto per gratitudine, proprio come ho detto sopra ciò che ho avuto è stato un dono e adesso che l’ho perso non posso che esserne ancora più consapevole.
A pensarci bene è passato tantissimo tempo da quando ho finito di scrivere questa cosa, anche per questo motivo non me la sono sentita di cambiare qualche passaggio, nonostante non ne fossi soddisfatta e quindi eccolo qui! Se doveste individuare errori vi inviterei a segnalarmelo.
Dopo questa immensa nota (*per fortuna che doveva essere sbrigativa  -.-*) vi saluto augurandovi il meglio della vita, perché ognuno si merita di godere delle meraviglie del mondo, ognuno è unico in ogni suo aspetto. Ci tengo a ringraziarvi di cuore per avermi seguito passo passo in questo piccolo cammino insieme. Buona giornata. Ciao!

 Ps: ricordo ancora che una volta finito di scrivere ho sentito una canzone che mi è sembrata molto, molto simile con la vicenda. Non so se la conoscete, è di Tiziano Ferro, si chiama "Per dirti ciao", se desiderate ascoltarla vi riporto il link: 
https://www.youtube.com/watch?v=M3STj8zlQw4

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