Questo
terzo ed ultimo capitolo partecipa alla challenge di febbraio
del
gruppo Boys
Love:
"Midnight
in the Garden of Good and Evil"
Scelta
della maschera: VERDE - INTROSPEZIONE
3-
Ricerca te stesso
La
notizia dell'attacco alle porte di Konoha aveva allarmato l'Hokage,
portando un'altra squadra in sostituzione dei feriti: Kakashi e Obito
vennero esonerati dal servizio il tempo adatto per le cure, e dopo un
paio di notti in cui la loro situazione si era stabilizzata, vennero
trasferiti al villaggio e ricoverati in ospedale. L'Uchiha fu tenuto
in terapia intensiva per tre giorni prima di poter essere portato in
reparto, mentre l'Hatake poté cominciare la dura fase
riabilitativa, con il pensiero cosciente di non sapere quando avrebbe
potuto parlare di nuovo con il compagno di team.
◊
«Mi
viene da vomitare, vaffanculo.»
«Tenga,
prenda questa bacinella e ringrazi di essere ancora vivo.» La
dura voce dell'anziana infermiera risultò più un
sospiro di sollievo mascherato, piuttosto che un vero e proprio
richiamo severo. L'aveva scampata certo, quel paziente, e per un
pelo.
Obito
poggiò lentamente il contenitore sul tavolinetto accanto al
letto, mugugnando per la presenza della flebo ancorata al braccio;
gli stava provocando un gran fastidio, ma ogni sorta di dolore era
sinonimo di vita per lui.
"Chissà
come stai..."
Steso
e cosciente, debole e dalla bocca impastata, aveva tempo a
disposizione per pensare, e parecchio. Tentava di muovere un muscolo
o due, ma più ci provava più le fitte di dolore si
facevano sentire prepotentemente. Una volta era stato beccato nel
tentativo di scendere dal letto, e ne era uscito un rimprovero
decisamente meritato.
"Pretendono
che me ne stia qui a guardare il soffitto tutto il giorno, come se
potessi continuare così. Adesso basta, se entro oggi non mi
permettono di alzarmi, me ne vado dalla finestra!" Tra sé
minacciava e si lamentava, ma dentro sapeva d'essere stato fortunato:
un altro al suo posto sarebbe potuto tranquillamente morire sul
campo, senza via di scampo. Lui non solo era sopravvissuto, ma aveva
pure la certezza che il suo amato era riuscito a scampare
all'agguato. Non smetteva ogni giorno di ringraziare il fatto che
Kakashi fosse ancora lì, anche se non lo aveva ancora visto
dal loro ritorno a Konoha.
Allungò
l'orecchio nel tentativo di percepire qualche suono: i passi rapidi e
decisi di chi ripercorreva quei corridoi tutti i giorni, qualche
incerto colpo di tosse provenire dalle stanza con le porte socchiuse,
ma il cambio turno del personale medico era il momento più
entusiasmante della giornata. E con questo aveva detto tutto.
Voleva
fare qualcosa, davvero. Non era certo abituato a tutta
quell'inattività fisica e mentale, era stato addestrato per
essere sempre pronto a tutto, in ogni momento.
Si
addormentava spesso durante il giorno, e nella notte uguale,
accompagnato dalla noia e dall'alternarsi di antidolorifici e altri
liquidi che gli circolavano in corpo; aveva persino perso il conto di
quante volte avessero cambiato il contenuto vuoto della flebo. Il suo
solito conteggio delle mattonelle del pavimento venne interrotto da
una voce famigliare.
"Sei
tu!"
«Si
può?»
Kakashi
entrò in punta di piedi dopo aver pregato l'infermiera di
turno di poter visitare un paziente al di fuori dell'orario di
visite: non dovette insistere poi molto, bastarono un sorriso
sfoderato al momento giusto ed uno sguardo carico di promesse (non
vere).
«Cosa
vuoi? Stavo riposando.»
«Facciamo
i brontoloni? Sei qui fermo tutto il giorno, avrai tempo più
tardi per dormire. Allora, come ti senti?»
Obito
finse disinvoltura, nonostante la sensazione crescente di disagio.
Chissà poi per quale motivo, pensò, visto che alla fine
tra loro non era successo nulla o quasi. Quel quasi era ciò
che lo stava destabilizzando, più del dolore stesso. Quel
quasi era rappresentato da un bacio a fior di labbra dato in bilico
tra la vita e lo spegnersi da un momento all'altro.
Quel
quasi avrebbe voluto dire tutto, ma probabilmente per l'altro non era
stato nulla. Lo sfiorarsi che bramava da tanto tempo gli aveva
scaldato il cuore, donato un battito in più, rinsaldato la sua
voglia di ricominciare a vivere nonostante le ferite sempre più
profonde e difficili da sopportare.
«Sono
in forma, abbastanza per poter avere voglia di uscire di qui.»
Perché non riusciva a parlargli in modo rilassato, con la
dovuta cautela? O almeno un po' di comprensione. «Tu invece?
Come va la gamba? Mi auguro ti stia riprendendo.»
L'Hatake
sorrise scoraggiato, mostrando le stampelle con chi si muoveva
ovunque in quel reparto: pure lui si sentiva come un animale in
gabbia, chiuso in camera, e passava la maggior parte del tempo a
zoppicare per le varie camere, incontrando pazienti vecchi e nuovi, e
fermandosi a flirtare malamente con le inservienti. «Potrebbe
andare meglio, ma almeno sono vivo.» Si avvicinò
poggiando le grucce contro il muro accanto al letto. Si sedette
sbuffando nel piegarsi, e si aprì in un sorriso completamente
disarmante.
Obito
non poté fare a meno di arrossire vistosamente, augurandosi
che la reazione non venisse recepita. Tentava di staccarsi da lui,
dall'idea di amarlo, dalla volontà di stargli accanto ogni
momento; ci stava provando, e risultava soltanto un idiota. Ne era
sicuro.
«Sono
vivo grazie a te, e non potrò mai dimenticarlo. Obito, grazie.
Sul serio. Sarei morto se non mi avessi fatto da scudo.»
Avvicinò il viso al suo petto fasciato, sfiorandogli con la
fronte la zona ancora pulsante per colpa del dolore e dei punti.
Soffiò le ultime parole in un sussurro, il capo chino e gli
occhi tremolanti di chi stava per piangere. Ciò che disse,
l'Uchiha non lo avrebbe mai dimenticato: «Non so cosa farei
senza di te.»
Il
silenzio che seguì un'affermazione simile pesò sui due
con fare prepotente, pesò così tanto da portarli a non
muoversi d'un fiato, finché il moro non ebbe il coraggio di
riprendere a parlare, ingoiando in malo modo.
«Non
dire cazzate, sono stati i medici. Ti hanno sistemato la gamba, le
ossa, i nervi, tutto. Ti hanno riassestato per bene, e te ne sei
uscito con delle stampelle da usare per un po'. Dai, ti è
andata più che bene no?» La risata amara che uscì
dalla sua bocca ricordava parte del terrore orribile che aveva
provato nel momento in cui si rese conto di dover intervenire, per
non veder assassinato di fronte a sé l'uomo che amava. «E
poi cosa dovrei dire io, che mi hai portato con te anche se eri
ferito?»
«Che
avrei dovuto fare? Abbandonarti lì mezzo morto? Non ce
l'avresti fatta se non ti avessi portato via.»
La
certezza di quelle parole lo colpì nell'anima come uno
schiaffo: s'erano salvati la vita a vicenda, e pure per un soffio. Di
loro erano rimasti la paura, il sangue versato e il dolore nelle
ferite non del tutto chiuse; parole celate che nascondevano molto più
che un semplice sentimento non detto.
Il
silenzio venne interrotto nuovamente da Kakashi, che improvvisamente
finse indifferenza. Ciò che disse lasciò a bocca aperta
Obito per un momento. Si costrinse a riprendersi in fretta e a
trovare qualcosa con cui rispondere alla proposta assurda appena
ricevuta, prima di insospettire l'uomo che lo stava osservando
incuriosito.
«Mi
vuoi dire che dovremmo vivere assieme d'ora in poi?»
L'altro
gli sorrise inclinando il capo: non aveva bisogno di rispondere.
«Non
ci posso credere. Questa è la soluzione migliore che hanno
trovato? Mi avessero consultato almeno.» Perché stava
fingendo d'essere offeso? Il tono non rispecchiava per nulla ciò
che davvero stava pensando, eppure non riuscì ad esprimere una
sola delle cose che gli stavano vorticando pericolosamente
all'interno della testa. Avrebbe voluto dirgli cose come "convivere
con te sarebbe davvero meraviglioso", "sono anni che
aspetto una occasione simile"; oppure cose meno smielate ma
molto più pratiche del tipo "potremmo avere finalmente
del tempo per stare soli, e chissà... un giorno trovare il
coraggio di dichiararmi senza paura."
Il
flusso ininterrotto della mescolanza confusa trovò un momento
di quiete nell'affermazione che seguì: la nonchalance con cui
il grigio si espresse non poté fare a meno di spiazzare l'uomo
che tentennava ancora a stare seduto in equilibrio.
«Veramente
l'ho proposto io.»
Si
sentiva osservato, sondato. Stava tentando di comprenderlo in qualche
modo, di oltrepassare la barriera mentale che aveva innalzato il
giorno del risveglio dall'incidente.
«Perché
avresti dovuto?» Altra domanda legittima quanto idiota. Il
ricordo del bacio, delle lacrime e della forza di vivere che si era
nuovamente insinuata in lui dopo aver constatato che Kakashi era
sopravvissuto all'attacco, si era riversato prepotente nel petto,
facendolo sussultare. Avrebbe voluto reagire diversamente, ma non ci
riuscì; l'orgoglio, o qualcos'altro, lo stava trattenendo.
«Ok, lasciamo stare. Adesso come dovrebbe funzionare?»
L'uomo
sorrise complice, avvicinandosi con quell'espressione da eterno
ragazzino e facendolo avvampare; Obito indietreggiò
istintivamente, piegandosi poi in avanti nel tentativo di riprendere
fiato dopo l'ennesima fitta di dolore.
«Visto?
È anche per questo che io e Tsunade abbiamo optato per il tuo
trasferimento. Il recupero è lungo, ed è meglio tu
avvia qualcuno accanto almeno nel primo periodo.»
Era
andato a scomodare persino la più alta carica di Konoha. Si
sentiva con le spalle al muro e la certezza di non poter fare
altrimenti.
«Aspetta
un momento, perché anche?»
«Cosa?»
«Hai
detto che è anche per questo che tu e l'Hokage avete scelto di
farmi trasferire. Ci sono altri motivi?»
«Io
non ricordo assolutamente di aver detto "anche".»
Mimò delle virgolette con le dita, prendendolo in giro
riguardo a presunte medicine date impropriamente da parte dei medici.
Si avvicinò al volto del moro, sfiorandolo con le dita e
solleticandolo sul collo: «non ti preoccupare, mi prenderò
cura di te.»
⁰
Tremò
stringendo le lenzuola convulsamente. I polpastrelli facevano male
nello spingersi uno sull'altro, muovendosi nell'affannosa ricerca di
un appiglio. Obito gridò alzandosi di scatto, tentando poi di
soffocare un gemito che uscì per metà senza ritegno.
Imprecò con tutto il fiato che aveva.
Dall'altra
stanza una voce rotta dalla preoccupazione rispose, assicurando che
andava tutto bene e che non era successo nulla di grave. «Arrivo!»
Passi
ovattati si rincorsero fino all'apertura di uno spiraglio all'uscio:
un fascio di luce si irradiò nella stanza scura, complice una
figura famigliare che intervenne sottovoce. «Obito, tutto
bene?»
La
fronte imperlata di sudore, i nervi e le vene gonfi per lo sforzo:
per niente bene. «Non preoccuparti, è tutto a posto.»
Il
volto di Kakashi tradì la tensione nonostante il sorriso
delicato dipinto sulle labbra.
«Tutto
a posto un cazzo, ti ho sentito gridare fino in sala. Colpa del
dolore?»
Annuì
con un lieve sentore di vergogna, difficilmente lo avrebbe ammesso ad
alta voce.
«Dovrai
aspettare ancora un paio d'ore, ma vedrai che alla prossima dose
andrà meglio.»
L'Uchiha
riprese fiato ed un sibilo velenoso si impossessò della sua
voce: «è da ieri che me lo prometti.»
Il
compagno di team sbuffò sconsolato invece di rispondere,
notando le condizioni dell'altro, consapevole di quanto potesse
essere difficile e doloroso tentare di guarire da una ferita simile.
Si sedette accanto a lui, smuovendo un poco con il suo peso le
lenzuola stropicciate. Le lisciò con fare distratto prima di
riprendere a parlare.
Obito
non fu in grado di capire tutto ciò che stava dicendo, fermo
in piena notte nel dormiveglia: si sentiva cullato da parole di cui
non riusciva neppure a cogliere il significato. Una mano passò
a districare i capelli umidi e una pezza bagnata tamponò la
fronte sudata. Il collo, le guance, le clavicole: dita gentili
detersero la pelle accaldata e febbricitante.
«Ora
dormi, e vedrai che domattina ti sentirai meglio. Passerò tra
poco con le medicine, non ti preoccupare.»
Le
ultime sillabe sparirono nell'incoscienza del sonno profondo.
La
luce filtra attraverso le palpebre.
Mi
passo una mano sugli occhi nel tentativo di cacciare la fastidiosa
sensazione. Sto decisamente meglio ora. Se penso a tutto quello che è
successo l'altra notte... assurdo. Come cazzo abbiamo fatto a farci
fregare così? Proprio come due bambini. Che razza di idioti.
Fortunatamente anche tu stai meglio, e siamo sani e salvi.
A
proposito, chissà dove sei finito?
Ti
chiamo ma non rispondi.
C'è
un tale silenzio qui.
Richiamo
più forte, eppure ancora niente. Forse sarai uscito. Non sei
certo in missione, anche perché siamo stati congedati per le
ferite riportate. Boh, sarai andato a fare la spesa. Mi fa strano
essere a casa tua, sai? Non è certo la prima volta che mi
capita di entrarci, ma mai così.
...
Mhn?
Cosa è stato quel cigolìo? Sarai tornato, bene! Cioè,
non proprio visto che non so esattamente di cosa parlare. Dopo quello
che è successo, dopo il bacio in quella tenda di fortuna, dopo
aver pregato chiunque per fare il modo che tu potessi salvarti...
cosa potrei dire? Guardarti negli occhi e far uscire un "ti amo"
tremolante, forse? Oppure semplicemente tenermelo per me, così
da non rovinare tutto?
Forse
sarebbe davvero più facile così: stiamo bene io e te.
Siamo affiatati, ci sosteniamo a vicenda, lavoriamo bene in squadra e
siamo ottimi amici.
Dovrebbe
bastarmi, no?
Ecco,
il problema invece è proprio questo: essere amici.
Se
davvero trovassi il coraggio di dirti ciò che penso, cosa ne
sarebbe di noi?
«Sei
il solito.»
Sobbalzo
sul letto, girandomi verso sinistra. Cosa ci fai qui? Non ti ho
neppure sentito arrivare.
«Tanti
problemi solo per parlarmi?»
Allora
la tua è proprio una fissazione! Appari e scompari come un
fantasma, arrivi e fai finta di sapere tutto...
«Perché
io so già tutto.»
Sbruffone.
«So
che sei turbato, so che vorresti dirmi qualcosa ma non sai neppure tu
come farlo. So che non ne saresti in grado, se non fosse per qualcosa
di estremamente speciale, o decisamente grave. Dimmi, se io fossi in
procinto di morire, riusciresti finalmente a parlare?»
Kakashi,
ma che cazzate stai dicendo?
«Se
fossi stato io quello ad essere colpito in missione, e non tu,
saresti riuscito a dirmi davvero ciò che provi?»
Ok,
smettila. Non è per niente divertente.
Sbatto
gli occhi e sono nel bel mezzo di una radura famigliare: cadaveri di
shinobi di altre terre sono sparsi disordinatamente sul terreno. Il
sangue impregna le mie mani, e l'odore metallico di quel liquido mi
ammorba fin dentro lo stomaco.
Ti
vedo, sei davanti a me.
Sorridi.
Sto
per rimettere, inghiottendo il conato ed espirando con poca
convinzione.
Il
tuo corpo inerme è accasciato contro un albero.
Sputi
sangue tossendo, tenendoti la mano ferita sul corpo, poco sotto lo
sterno.
Mi
avvicino e tu gridi di andarmene, di lasciarti qui a morire, di
scappare da quel massacro e di salvarmi ricongiungendomi agli
alleati.
Non
posso, non posso lasciarti lì così, cazzo! Se solo
avessi agito prima...
Se
solo fossi stato abbastanza veloce.
«Sono
stato un idiota...»
Mi
inginocchio di fronte a te, nonostante il tuo tentativo di farmi
allontanare: porto sul tuo petto entrambi i palmi delle mani. Chiudi
gli occhi e inspiri forzatamente, mascherando l'immensa sensazione di
dolore con l'ombra di un sorriso.
«Per
fortuna, tu... stai bene...»
Le
lacrime scendono senza che me ne accorga neppure, scendono mentre le
mie dita tremano tingendosi di rosso. Si sfiorando viscose, premono
ancora nell'inutile tentativo di fermare l'emorragia.
Poggi
la nuca contro la dura superficie rugosa del tronco, in attesa. La
morte forse? Un aiuto portato dagli altri ninja di Konoha? Non lo so,
e credo non lo sappia neppure tu, perché dalle tue palpebre
mezze schiuse le iridi stanno perdendo parte della loro solita
lucentezza.
Ti
scuoto tentando di mantenerti sveglio, smuovo il tuo corpo
avvicinandolo al mio; chiamo il tuo nome più e più
volte, sempre più forte, con la consapevolezza di dover fare
assolutamente qualcosa.
Ti
sto perdendo, lo sento.
Dove
cazzo sono gli altri? Perché non arriva nessuno?!
Grido
ancora mentre ti accasci senza forze sulle mie cosce, arrancando ed
annaspando. Cosa posso fare per te Kakashi? Dimmelo ti prego, ti
prego! Dimmi cosa posso fare per salvarti cazzo!
Ho
paura, cosa devo fare?!
Kakashi
rispondi, rispondi per favore, non andartene...!
Ti
scuoto ancora, ma il tuo capo ricade mollemente senza più la
muscolatura tesa a reggerne il peso.
Non
riesco a respirare.
Non
ce la faccio, tento di stringerti ancora e riportarti qui, eppure non
ci riesco.
Aria,
l'aria non passa, mi sento soffocare.
Un
sussurro...
Mi
volto e vedo il nulla.
Mi
volto ancora, la sensazione del tuo volto poggiato sulle gambe non
c'è più.
Non
c'è più nulla: non ci sono gli alberi, non ci sono
nemmeno più i cadaveri. Non ci sei neppure tu.
Annaspo
nel tentativo di riempire nuovamente i polmoni di ossigeno, e nel
farlo mi guardo le mani tremanti.
Candide.
Nessuna
traccia di sangue.
Nessun
odore.
Niente.
«Obito,
Obito Obito, sei il solito. Appena ti lasci andare succede un
disastro.»
Kakashi?
Kakashi sei tu?
Boccheggio
ancora, ed il cuore pulsa fino a far dolere le costole. La tua voce
sembra serena, sembra non sia accaduto nulla.
Com'è
possibile? «Ti vedo confuso.»
Spaventato,
incazzato, terrorizzato proprio! Confuso è l'ultima cosa che
avrei scelto di dire, se me l'avessero chiesto.
Ti
avvicini ancora, zoppicando e tenendoti lo stomaco con la mano
sinistra; da essa cola un liquido bianco e brillante, che si perde
nel biancore di un pavimento che non esiste neppure.
«Come...
come stai?» Che domanda idiota ti ho fatto. Stavi morendo, e
stavi disgregandoti piano piano.
«Come
stai tu?»
Che
domanda del cazzo è? Una stilettata mi costringe in
ginocchio, tossendo e sospirando.
Male,
dannatamente male.
Sto
male e non riesco a farlo passare.
«Lo
so, è doloroso. Lo so perché posso capirti, lo so
perché io sono te.»
Rido,
mentre scarico il peso sull'avambraccio rovesciato a terra.
Rido
perché stai dicendo un mare di cazzate, rido perché
sono io quello che sta male.
Rido
perché sono io quello ad essere stato colpito a morte, non tu.
Rido,
perché in realtà eri stato tu e solo tu a salvarmi, a
urlare, a bagnarti le mani di sangue e a vedermi riverso sul terreno
senza più respiro in corpo. Eri tu quello che mi ha raccolto,
che mi ha trascinato sulla tua schiena trasportandomi lontano dal
campo di battaglia, fino ad incrociare sul percorso la tenda del
campo base. Rido, perché io ho il corpo squarciato, io
stavo morendo, io desideravo restare vivo per poterti vedere ancora.
«Ridi
perché sai di amare e non hai il coraggio di ammetterlo. Non
cambierai mai.»
Si
svegliò nuovamente madido di sudore. Inghiottì a vuoto
mandando giù poca saliva e tanta angoscia. Notò Kakashi
seduto di fianco al letto, il capo appoggiato al materasso.
Dormiva
profondamente.
Obito
allungò la mano, scostandogli con delicatezza i capelli
argentei dal viso. Si sporse in avanti stringendo i denti e
trattenendo un colpo di tosse mascherandolo a bocca chiusa. Non
voleva svegliarlo in ogni modo, e andava bene così. Poggiò
le labbra sulla testa ferma, godendo del ritmico respiro lento e del
tepore irradiato dal corpo addormentato.
Sussurrò
poche parole, per poi ricollassare malamente sulla schiena e
stringere le dita dell'uomo tra le sue.
«Ti
amo.»
Non
sarebbe stato facile ammetterlo di nuovo a cuor sereno e
completamente desto, ma al momento sentiva sarebbe stato più
che sufficiente. Scivolò nuovamente nel sonno, riequilibrando
il battito ed espirando con estrema lentezza. Nel dormiveglia sentì
un tocco leggero sfiorargli le bende sul corpo.
«Anche
io.»
Non
era sicuro di averlo sognato.
Non
era certo di averlo sentito davvero.
Era
l'unica consapevolezza che aveva: s'era salvato, s'erano salvati
entrambi, per poter stare finalmente uno accanto all'altro.
Eccomi!
Intanto chiedo perdono per aver impiegato così tanto tempo nel
concludere questa minilong, ma ho trovato perfetta la challenge di
febbraio del gruppo Boys Love per riuscire a finirla.
Ne
ho approfittato per il terzo capitolo, visto il poco tempo e i tanti
progetti. È andato tutto come sarebbe dovuto essere? Sì
cazzarola, volevo proprio finisse così, ma non senza
turbamenti in mezzo, ehehehe! :D Ringrazio chi ha avuto la
pazienza di aspettare fino adesso (secondo inchino di scuse), e
ringrazio chiunque abbia avuto un attimo per me e le mie storie.
Tutti voi lettori date vita alla mia voglia di continuare a scrivere
sempre di più, e ancora grazie anche a chi ha deciso di
spendere due parole per recensire questi miei deliri.
Alla
prossima (e questa è una minaccia XD)
-Stefy-
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