L'ultimo orizzonte

di lmpaoli94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incubi perpetui ***
Capitolo 2: *** Un generale rispettoso ***
Capitolo 3: *** Un arrivo inaspettato ***
Capitolo 4: *** Vite stroncate ***



Capitolo 1
*** Incubi perpetui ***


Era un freddo madornale sulle rive del Carso nel Friuli Venezia – Giulia.
Dopo l’ennesima giornata passata a schivare le bombe degli austriaci, Giancarlo si prepara a dormire nel suo sacco a pelo cercando un posto riparato e caldo.
Ma in quelle condizioni estreme, Giancarlo non riusciva a trovare il giusto riposo.
Gli mancava l’affetto della sua famiglia, della sua fidanzata, un letto comodo su cui riposare e del buon cibo per ristorarsi.
“Servire una patria a cui non gli importa niente del mio futuro… Questa è la mia fine ed io non tornerò mai più a casa” pensava il giovane uomo di origini molisane ogni volta che non pensava alle bombe e ai proiettili dei suoi nemici.
“Mi manca la mia vecchia vita di contadino e le feste paesane che facevo quando ero un giovane marmocchio. Io non ho mai desiderato questa vita da soldato… Ma non posso tirarmi indietro ed essere accusato di diserzione.
Io non sono un codardo.
Ho sempre affrontato la vita a pieno petto in qualunque situazione.
Da quando mio padre mi prendeva a cinghialate fino a quando io e i miei amici non facevamo a botte per delle cavolate inaudite.
Mi manca la mia infanzia e la mia adolescenza.
Non avrei mai creduto che la vita da adulto fosse così rude e crudele.
Se solo potessi tornare indietro nel tempo…”
Ma prima che Giancarlo potesse pensare ai suoi più bei ricordi, fu svegliato malamente da uno dei suoi compagni con la tromba.
< Sei proprio un cretino, Frediano! >
< Perché? Almeno mi sono divertito un po’. Dovevo fare una scommessa con gli altri e devo dire che l’ho vinta. Ti sei spaventato come una donnetta. >
< Lasciami riposare! Il mio momento di guardia è finito. >
< Anch’io dovrei riposare, ma non riesco minimamente a dormire. >
< Questi non sono affari che mi riguardano. Sono problemi tuoi. >
< Potresti fari un po’ di compagnia… >
< Perché sei più ottuso di un asino? Non ho voglia di parlare né con te né con nessuno. Voglio solo dormire. >
< Adesso capisco perché non hai nessun amico qua al campo. Sei solo un solitario di… >
< Evita di dire brutte parole, grazie. >
< Altrimenti che mi fai? Chiami la tua mamma? >
Mentre Frediano stava facendo di tutto per rendere la vita impossibile a Giancarlo, quest’ultimo prese il suo fucile di battaglia per minacciare il suo compagno.
< Preferisci morire questa notte per mano mia o per mano di una bastardo austriaco? >
< Giancarlo, io stavo solo scherzando > replicò Frediano con la voce strozzata.
< LO scherzo è bello quando dura poco… Esci immediatamente dalla mia tenda o questa notte i miei compagni dovranno rimpiangere un buffone come te. >
Non sapendo che cos’altro dire, Frediano uscì dalla tenda del suo compagno spaventato come non mai.
< E di a tutti gli altri che la vostra scommessa stupida l’hai persa in partenza. Il prossimo che vorrà disturbarmi, se ne pentirà amaramente. Parola mia > gridò infine Giancarlo prima di rimettersi sotto il suo sacco a pelo cercando una volta per tutte di prendere sonno.
 
 
Quando Giancarlo si svegliò di colpo, gli austriaci stavano facendo di tutti per sfondare il confine e uccidere tutti gli italiani che erano in trincea.
“No. Questa non può essere la mia fine.”
Uscendo dalla sua tenda dopo essersi rivestito velocemente e aver preso il suo fucile, Giancarlo era pronto per combattere.
“Giancarlo, tu vai avanti. Noi ti copriamo le spalle.”
“Non ci pensare neanche, Frediano. Io non sono un assaltatore come te. Sta a te andare avanti per primo.”
“Assolutamente no. Non mi farò riempire il mio stomaco di mitragliate.”
“Questi sono problemi tuoi.”
“Invece di litigare come due poppanti, perché non andiamo tutti insieme?” fece un altro soldato spronando i due uomini.
“Io non andrò mai al macello… Mai!”
Ma senza accorgersene, il gruppo di soldati in trincea presenti sul Carso furono colti a sorpresa da una moltitudine di bombe che lì colpì impunemente.
Non potendo fare niente, il povero Giancarlo era ricoperto di sangue dalla testa ai piedi, e quando vide un soldato austriaco aggirarsi in quelle vicinanze non poté fare niente che perire sotto il suo fucile.
“Du bist tot” gli fece il soldato in tedesco dopo averlo massacrato, spiaccicato la sua faccia nel terreno e prima di essere inondato da una secchiata d’acqua che riportò il giovane soldato italiano alla realtà.
< Svegliati, sognatore. È il momento di marciare > fece un suo compagno.
< Ma che diavolo… >
< Scusami se ti ho svegliato in questo modo, ma devi parlare con Frediano. >
< Quel Frediano sta scherzando con il fuoco. >
< Sarà meglio che tu pensi a lui quando ci saremo salvati la pelle anche questo giorno. Ci avviciniamo sempre di più al nemico. >
< Oppure il nemico si avvicina a noi? >
< E’ la solita cosa, non ti pare? Meglio che ti rivesti prima che il generale ti trovi in mutande. >
< Sono già vestito, grazie. >
< Dormi con i soliti abiti? Devono puzzare molto, terrone di un molisano. >
< Come mi hai chiamato? >
< Pensavo che eri senza cervello, ma non fino a questo punto. >
< Rimangiati quello che hai detto, altrimenti… >
< Ehi piccioncini, sono tutti pronti a parte voi due. Che cosa avete intenzione di fare? >
< Frediano, sai che cosa ti aspetta dopo vero? >
< Credi di farmi davvero paura? Beh, allora ti darò una spiacevole notizia… >
< Martelli, che cosa ci fai qui?! Questa non è la tua tenda! > tuonò il generale strigliandolo per bene.
< Mi scusi, non volevo. >
< E voi due? Non siete ancora pronti?! Sbrigatevi o finirete dritti alla corte marziale! >
< Sarebbe quasi la nostra salvezza… >
< Che cos’hai detto, stupido soldato senza cervello?! >
< Il mio nome è Giancarlo Roano e non sono senza cervello! Anzi, sono molto più intelligente di tutti voi messi insieme. >
< Ah sì? Mi hanno parlato di te, Roano… Dalla tua scheda risulta che non sei riuscito a superare nemmeno la seconda elementare… Sei veramente un asino come pochi. >
< Ho dovuto abbandonare la scuola per andare a lavorare con mio padre nei campi. La mia è una famiglia molto povera. >
< Non è vero! Io e gli altri superiori abbiamo parlato con i tuoi maestri e tutti ci hanno detto che eri la pecora nera della scuola. Non cercare di mentirmi. Sarebbe inutile. >
< Siete voi che state mentendo! >
< Come ti permetti?! > gridò il generale minacciando Giancarlo con la pistola < Rivestiti immediatamente o non supererai questa giornata. Fila! >
< Sono già pronto, Generale. >
< Io per te sono Signor Generale! Sistema subito la tua tenda. Ti aspetto fuori di qui tra tre minuti. Sono stato abbastanza chiaro? >
< Sì, Signor Generale… >
< Non ho sentito bene! >
< Sì, Signor Generale! > gridò il giovane ragazzo trattenendo a stento la sua rabbia.
< Molto bene… E tu che cosa credi di fare? >
< Io? Sto venendo fuori con lei… >
< Tu e tutti gli altri non vi azzardate mai più a rompere i coglioni a questo ragazzo o vi faccio saltare le budella personalmente. Sono stato abbastanza chiaro?! >
< Sì, Signor Generale. Non capiterà mai più. >
< Lo spero bene… A più tardi, giovani senza speranza > disse infine il generale raggiungendo la prima fila del gruppo.

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Capitolo 2
*** Un generale rispettoso ***


Mentre il gruppo di soldati in cui faceva parte Giancarlo arrivò fino in cima ad una collina innevata, il Generale ordinò a tutti i presenti di scavare una trincea e di sistemare tutte le loro armi in attesa di un assedio da parte degli austriaci.
< Ma come? Ci fermiamo qui? >
< Tenente, non so se lei è più stupido di quello che sembra, ma io tengo molto ai miei ragazzi. >
< Che cosa vorrebbe dire? >
< Volevo dire che se avanziamo ancora un bel po’ rischiamo di venire sopraffatti dal nemico. E tutti noi non vogliamo che ciò accada, non è forse vero? >
< Sì, ha ragione lei. >
< Come sempre, del resto… Aiuti immediatamente tutti gli altri soldati a scavare una trincea. Non abbiamo tempo da perdere. >
< Ma veramente non sarebbe un mio compito, Generale. >
< Tenente Bassi, faccia subito quello che gli ho ordinato o passerà un brutto quarto d’ora con il sottoscritto. >
< Ma io… >
< Sì muova!!! > gridò il generale mentre la sua voce rimbombò in tutta la vallata.
< E voi che cosa cazzo guardate?! Scavate immediatamente o vi uccido con le mie mani. >
Senza fiatare minimamente, tutti ubbidirono alla richiesta del loro generale senza alzare lievemente lo sguardo.
< Roano, devo parlarti un attimo in privato. >
Sbuffando alla sua richiesta, Giancarlo seguì il suo generale lontano da tutti gli occhi indiscreti.
< Che cos’ho fatto? >
Senza che se ne potesse accorgere, Giancarlo fu afferrato all’altezza del collo e sbattuto per terra sotto l’attacco a sorpresa del suo generale.
< La prossima volta che sbufferai scocciato quando avrò il desiderio di parlarti, farai una brutta fine che non scorderai mai per tutto il resto della tua vita. Mi hai capito? >
< Ma io veramente… >
< Non controbattere e dimmi se hai capito. >
< Perfettamente > replicò con voce flebile.
< Molto bene… Se ti ho riunito fin qui senza che nessuno ci potesse disturbare, è perché sono curioso sulla tua vita privata. Perché non hai mai scritto ai tuoi genitori? >
Sentendo una simile domanda, Giancarlo distolse gli occhi dal suo superiore evitando di rispondere.
< Adesso non parli neppure? >
< Perché? Sono obbligato? Finirò dinanzi alla Corte Marziale se preferisco rimanere in silenzio? >
< No… Ma farò in modo che tu ci finisca per la minima cazzata che combinerai e ti assicuro che non sono poche. >
< Ok, ha vinto lei… Se non scrivo ai miei genitori o alla mia fidanzata, è perché non voglio pensare a loro. Mi farebbe star male ancora di più. Non so se mi capisce… >
< Ti capisco perfettamente… Ah, posso darti del tu non è vero? >
< Si può rivolgere a me come meglio crede. Io non mi faccio problemi. >
< Sai Roaro, mi piace molto la tua grinta… Anche se mi fai molto incazzare. >
< E’ il mio carattere e non ci posso fare nulla. >
< Potrei darti un consiglio, Roaro? Cerca di farti qualche amico. Almeno renderà il tuo soggiorno sul Carso più sopportabile. >
< Grazie del consiglio generale, ma non m’interessa. Sto benissimo da solo. >
< Ho intuito che gli altri non fanno altro che prenderti in giro… Perché non ti fai rispettare? >
< Perché non perdo tempo con quelli meno intelligenti di me. >
< Ahahah sei davvero incorreggibile, Roaro. >
< Con tutto il rispetto, forse dovrei tornare insieme ai miei simili a scavare la trincea in attesa di un attacco nemico. Voi cosa pensate? >
< Vai pure. Noi due abbiamo finito. >
Ma prima che Giancarlo potesse tornare dai suoi compagni, egli fu molto contento di aver trovato un suo superiore che lo potesse rispettare per quello che era veramente.
< Se lei si trovasse nel mio paese, avrebbe conquistato il rispetto di tutti. >
< Purtroppo è quello che manca in questo gruppo di soldati: l’onore è il rispetto. >
< Infatti è per questo che io non ci sto molto volentieri… >
< Desidereresti davvero tornare a casa tua? >
< Farei carte false per riuscire in questo intento. >
< Forse allora posso fare qualcosa per te… >
< Grazie di tutto generale, ma non ce n’è bisogno. >
< Perché dici questo? Mica lo faccio per farti un favore a te. >
< E allora perché? >
< Te l’ho detto prima: mi stai molto simpatico. >
< Generale, forse è meglio che questa nostra chiacchierata non ci sia mai stata. Per il nostro bene. >
< Hai forse paura di qualcosa, Roaro? >
< Sì… Della morte… Con permesso > disse infine il giovane soldato prima di tornare definitivamente tra i suoi colleghi.
< Spero che il generale ti abbia fatto passare un brutto quarto d’ora. Te lo meriti, permaloso di un terrone. >
< Quando avrai imparato il rispetto con un essere umano civico, noi due potremmo parlare. >
< Sei tu che non hai rispetto per noi! > gridò Frediano andandogli a muso duro < Spero che tu sia il prossimo a morire. Nessuno di noi ti sopporta più, Roaro. >
< Già. Lo spero pure io. >
< Sei solo un uomo senza palle, Roaro. Non meriti di stare qui tra di noi a difendere la patria. >
< Infatti io non mi sento per nulla italiano. >
< Occhio a come parli, Roaro. Rischi di finire dinanzi la corte marziale. >
< Non ho paura né di voi né della corte marziale. >
< Roaro, tu sei solo mentre noi siamo più di un centinaio. Credi di riuscire a cavartela da solo? >
< Con l’aiuto della mia amichetta, sicuramente > replicò il giovane molisano tirando fuori dal suo borsone una mitragliatrice.
< Spero che tu non dirai sul serio… >
< Fatevi da parte se non volete farvi del male. È una minaccia. >
< Che cosa sta succedendo qui? > fece il generale frapponendosi tra Giancarlo e tutti gli altri ragazzo.
< Generale, noi non ne vogliamo più sapere di questo ragazzo. Crede di fare il furbo solo perché è un terrone senza cervello. >
< Roaro, posa immediatamente quest’arma. È un ordine. >
Ma Giancarlo non ne voleva sapere di ubbidire al suo superiore.
< Lo vede? Vuole fare di testa sua! >
< Voi fate tutti silenzio o vi spedisco alla corte marziale!... Roaro, non peggiorare ulteriormente la situazione. È per il tuo bene. >
Dopo averci pensato a fondo, alla fine Giancarlo ripose la sua arma.
< Generale, da questo momento non faccio più parte di questo plotone. Voglio cambiare fronte. >
< Purtroppo non è possibile, Roaro. Rischieresti solo di morire. >
< Anche se come le ho detto ho paura solo della morte, ho il coraggio di andare a piedi fino a casa mia piuttosto che non rivedere mai più questa brutta gente. >
< Smettila di fare il coraggioso e riprendete a scavare tutti assieme. Muovetevi! >
Una volta presala pala, Giancarlo si mise in disparte per scavare la parte di trincea completamente da solo.
< Terrone di merda > gli gridavano tutti gli altri compagni < Farai la stessa fine dei nostri nemici. >
< Se sentirò dire un’altra offesa al vostro compagno, vi farò passare un brutto quarto d’ora che non scorderete mai per tutto il resto della vostra vita. Sono stato abbastanza chiaro? >
Ma nessuno dei presenti rispose.
< Allora?! Rispondetemi, branco di pecore! >
< Sissignore! >
< Muovetevi a scavare! Il nemico presto giungerà in queste terre e noi dovremmo farci trovare pronti! >
 
 
Una volta sceso il sole, il gruppo dei soldati che aveva avanzato a nord del Carso si preparava a passare la notte.
< Guardate Roaro > fece un ragazzo molto più giovane del molisano < Non è ancora riuscito a scavare la sua parte di trincea. >
< Vorrà dire che questa notte la passerà con il culo scoperto. >
Mentre era impegnato a scavare, Giancarlo ebbe l’inconveniente della rottura della sua pala.
< Scommetto che gli attrezzi del tuo paese sono molto resistenti! >
< Esattamente > replicò Giancarlo.
< Allora perché non te li sei portati dietro? Un giovane esperto contadino come te non può marciare senza il suo piccone dopo che non sa nemmeno tenere una mitragliatrice. >
< E questo chi l’ha detto? >
< Ti abbiamo visto tutti, Roaro. Sei una schiappa a tutti gli effetti. >
Per cercare di lasciarli perdere, Giancarlo cercò in tutti i modi di finire il suo lavoro meglio che poté.
< Che cosa fai? Il gatto ti ha mangiato la lingua? >
< Ancora non capisco come i tuoi genitori abbiano tirato su uno scansafatiche come te. Sei la rovina di tutti noi, Roaro. >
< Meno male che si sono liberati di te. >
< A differenza vostra, riuscirò a tornare nel mio paese > replicò Roaro a denti stretti.
< Ne dubitiamo fortemente… Frediano, che cosa stai facendo? >
< Sto cercando di prendere sonno e non sentire i vostri piagnistei. >
< Avanti, perché non prendi un po’ per il culo quel contadino da quattro soldi? >
< Perché non so davvero che cosa ci troviate di divertente… E’ solo un povero ragazzo disgraziato come noi. >
< Che cosa? A differenza sua, noi riusciremo ad avere oneri e onori mentre lui verrà divorato dal freddo e le sue carni verranno divorate dai lupi della montagna. >
< Adesso però basta. State davvero esagerando > replicò Frediano alzandosi di scatto.
< Se tu difendi quel terrone, vuol dire che sei contro di noi! >
< Io non voglio difendere nessuno! Voglio solo trovare un po’ di pace in attesa del prossimo giorno! >
< Sciocchezze! >
< Spegnete tutti la luce. Non voglio che il nemico ci possa inquadrare per colpa nostra. >
< Ma generale, stavamo parlando tra di noi… >
< Parlavate solo di cazzate, Zanti. Spegni immediatamente la luce se vuoi superare la notte. >
< D’accordo… Tanto verremo svegliato da quel dannato di Roaro visto che non è ancora riuscito a sistemare la sua buca. >
< Che cosa? >
< Sì generale, ha capito bene. >
Dopo essere uscito dalla sua tenda, il generale andò incontro al suo sottoposto per cercare di aiutarlo in qualsiasi maniera.
< Mi lasci in pace una volta per tutte, generale Toti. So benissimo cavarmela da solo. >
Non riuscendo a convincerlo in nessun modo, alla fine il vecchio uomo acconsentì alla richiesta del ragazzo.
< Se avrai bisogno di me, sai dove trovarmi. Buonanotte. >

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Capitolo 3
*** Un arrivo inaspettato ***


Quando le prime luci dell’alba illuminarono l’altopiano del Carso, Giancarlo non ne voleva sapere di svegliarsi.
< Secondo voi come se la sarà cavata quello stupido di un terrone al freddo? > domandò Zanti ai suoi compagni.
< Spero tanto che sia morto congelato. Non sopporto più vedere la sua faccia. >
< Andiamo a controllare. >
Vedendo che Giancarlo non era riuscito a costruire la trincea, egli pensarono che non aveva superato la notte.
< Ma dove si trova secondo voi? >
< Secondo me è morto congelato… Per te, Zanti? >
< Oppure è scappato come un codardo cercando di tornare a casa. Ma se fosse vero, presto capirà che non c’è fuga in questa guerra. >
< Mi dispiace per tutti voi, ma siete completamente fuori strada > fece Giancarlo spuntando all’improvviso.
< Allora non sei un codardo come pensavo… >
< Non lo sono mai stato, Zanti. >
< Come hai fatto a sopravvivere in questa gelida notte senza essere riuscito a farti la trincea? >
< Ho trovato un riparo molto efficace. >
< E cioè? >
< Non credo che siano affari tuoi, Zanti. >
< Invece mi dirai come hai fatto! > tuonò il soldato prendendolo per il collo < Non costringermi a strozzarti. >
< Mi faresti solo un favore, sai? >
< Zanti, ma cosa stai facendo? Vuoi finire dinanzi alla corte marziale?! >
< Zitto! Questa discussone riguarda solo me e questo terrone. >
< Questo terrone come mi continui sempre a chiamare è più tosto di quello che pensi… >
< Che cosa fai? Mi stai minacciando anche in questo frangente? >
< Tanto non ho niente da perdere… >
Ma alla fine, Zanti mollò il ragazzo sbattendolo violentemente a terra.
< Spero che sarà un austriaco a farti fuori. Qui nessuno sopporta la tua faccia. >
< Non è un problema mio. >
< Che cosa sta succedendo? > tuonò il generale Toti avvicinandosi al gruppo di soldati.
< Niente, generale. Stavamo solo dando il buongiorno al nostro compagno. >
Vedendo che Giancarlo stava tossendo terribilmente, il generale Toti capì che era stato maltrattato per l’ennesima volta.
< Zanti, vorrei parlare un attimo in privato con te. >
< Come vuole lei, generale. >
Dopo che i due si furono allontanati a distanza di sicurezza, Toti tirò fuori la sua rivoltella e sparò in una gamba a Zanti.
< Generale! Che cazzo sta facendo? >
< Come ci si sente ad essere zoppo e deriso da un superiore? >
< Maledetto! Come ha potuto?! >
< Attento a come parli o ti ferirò anche all’altra gamba. >
< Oserebbe davvero? >
< Non cercare di sfidarmi > replicò il generale puntando l’arma verso l’altro ginocchio.
< La smetta, la prego. Non lo farò più! Non deriderò nessun mio compagno. Soprattutto quel sempliciotto di Roaro. >
< Sarà meglio per te… Adesso rialzati. Ti accompagno in infermeria. >
< Come faccio ad alzarmi?! Sono ferito! >
< Smettila di fingere. Ti ho solo sfiorato. >
< Sfiorato un cazzo! >
< D’accordo, allora rimani qua a morire assiderato. >
Cercando di farsi forza, alla fine Zanti si rialzò senza l’aiuto di nessuno.
< Hai visto che ce la facevi da solo? >
< Che cosa spiegherà a quelli più in alto di lei come mi sono ferito? >
< Caro Zanti, pensi davvero che a qualcuno interessi la tua sorte? >
< Quando parlerò con il capitano di questo plotone… >
< Non c’è nessun capitano, Zanti. Quello più in alto in carica sono io. E tutti prendono ordine da me… Quindi, se gli ordino di tacere su questa “spiacevole” faccenda, stai pur certo che lo faranno. Sono stato chiaro? >
Senza sapere cosa dire, alla fine Zanti rimase muto cercando di trattenere la sua rabbia.
< Risparmia la tua collera verso il nemico. Ne avrai bisogno. >
< E se non tornerò mai più a combattere? >
< Vorrà dire che ti avrò fatto un favore. Tornerai a casa dalla tua famiglia lontano dalla guerra. >
< Ma io voglio combattere! >
< Quando ti ritroverai il nemico dinanzi, cambierai subito idea… Adesso andiamo. Devi curarti alla svelta. >
 
 
Quando il generale si mostrò di nuovo alle sue truppe, egli era molto felice e spensierato.
< Soldati, prepariamoci alla guerra. Tra poco i nemici saranno qui. >
< Generale! > gridò un soldato attirando la sua attenzione.
< Che cosa succede? >
< Qualcuno si sta avvicinando a gran velocità. >
< Qualcuno? >
< Sì. Ha il volto coperto. >
< Che sia un messaggero austriaco? >
< Lo potremmo vedere solo se lo affrontiamo… Roaro, tocca a te. >
< Che cosa? >
< Uccidi quel messaggero. Mostra a tutti di che pasta sei fatto. >
< Ma io non so… >
< Ascoltami bene: vuoi essere un eroe oppure essere etichettato come un codardo? In questo momento Zanti non sarà mai più un problema per te. >
< Perché? Che cosa gli ha fatto? >
< Sta bene, non ti preoccupare. >
Ma Giancarlo non sapeva cosa fare.
Andare in battaglia e provare ad uccidere un individuo innocente oppure rimanere senza far nulla ed essere deriso?
< Roaro, non hai molto tempo… >
< Va bene. Accetto di combattere da solo quell’individuo. >
< Ottima decisione. Prendi la tua mitragliatrice e rendi orgoglioso il tuo paese. >
< Sarà fatto. >
Appena Giancarlo si sistemò in cima alla collina, fece di tutto per prendere la mira sull’individuo misterioso che intanto continuava ad avvicinarsi sempre di più.
“Ma cosa…”
Appena il vento sferzante scoprì il volto misterioso dell’individuo, Giancarlo rimase di sasso quando vide chi realmente era.
“Filomena…”
< Che cosa stai aspettando?! Uccidilo! >
< No! Non si tratta di un messaggero austriaco… >
< Che cosa stai dicendo? >
< Lei è… la mia compagna. >
< Che cosa?! non ti ho sentito! >
Una volta gettata a terra la sua arma, Giancarlo si precipitò verso di lei per abbracciarla.
Ma non ricevette il suo amore come egli pensava.
< Filomena! Perché questo schiaffo? > fece Giancarlo toccandosi la guancia.
< Per tutte le volte che non mi hai mai scritto una lettera! Ero profondamente preoccupata per te ma tu non hai fatto niente per rassicurarmi. >
< Io… non potevo… >
< Sono salita fin qui dal Molise perché pensavo che tu fossi morto… Ma poi ti ho visto qualche giorno fa’ in compagnia di alcuni tuoi compagni e ho deciso di seguirti. >
< Ma sei pazza?! Così rischiavi di farti uccidere! >
< Non m’interessa! La mia vita senza di te non conta niente. >
< Filomena… >
< Adesso andiamocene da qui insieme. Io ho bisogno di te… >
< Non posso. Devo combattere questa guerra. >
< E non possono farlo gli altri per te? >
< No. Il mio dovere è servire questa patria e non posso tirarmi indietro. >
< Giancarlo! Che cosa ci fai lì impalato?! Gli austriaci stanno arrivando! >
Alzando lo sguardo, Giancarlo poté vedere un’orda di soldati avvicinarsi minacciosamente verso di loro.
< Dobbiamo ripararci! Alla svelta! >
< Giancarlo… >
< Sbrigatevi o vi uccideranno! > gridò il generale cercando di accogliere in loro aiuto.
< Filomena, corri più veloce che puoi. >
< Volevo solo dirti… >
< Adesso non c’è tempo! La nostra salvezza è quella trincea e noi dobbiamo raggiungerla! A qualsiasi costo! >

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Capitolo 4
*** Vite stroncate ***


Le vite di Giancarlo e di Filomena erano appese ad un filo.
< Siamo in mezzo al campo di battaglia! Dobbiamo tornare immediatamente in trincea se vogliamo salvarci! >
< Giancarlo, io non credevo… >
< Adesso smettila di pensare e corri. È la nostra unica speranza. >
Mentre il Generale Toti e gli altri soldati cercavano di proteggere la coppia sparando verso i nemici, Filomena venne colpita da una pallottola vacante all’altezza della spalla destra.
< Filomena! >
La giovane donna non riusciva a muoversi in nessun modo.
< Giancarlo, non riesco a muovermi. >
< Devi riuscirci! Ormai manca poco. >
< No. Mi fa troppo male. >
< Devi resistere! >
Ma dopo il colpo inferto alla sua spalla, un soldato austriaco prese bene la mira su di lei ferendola una seconda volta senza però ucciderla definitivamente.
< La mia gamba! >
< Filomena! >
Giancarlo era estremamente disperato.
Non sapeva come aiutare la sua amata.
< Dannato bastardo austriaco! >
Mentre il nemico cercava di ricaricare il suo fucile da cecchino, quest’ultimo fu colpito mortalmente dal generale Toti.
< Doveva lasciarlo a me! >
< E con quale arma l’avresti ucciso? >
< Con i miei pugni! >
< Smettila di fare lo sciocco e prendi la tua ragazza sulle spalle. >
< Sì, d’accordo. >
Dopo essere riusciti a salvarsi, il generale e Toti si recarono verso il medico di trincea per curare il prima possibile la povera donna prima che le sue due ferite si potessero infettare.
< Giancarlo, ho paura di morire > fece Filomena con le lacrime agli occhi.
< Non ti preoccupare, tesoro mio. Non ti succederà niente di male. Promesso. >
< Tieni la mia mano. Non te ne andare. >
< Ma io… devo combattere questa guerra… I miei compagni mi stanno aspettando. >
< Non ti preoccupare. Roaro. Puoi rimanere qui quanto vuoi. >
< Ma generale… >
< Fai come ti ordino o te lo farò capire con le cattive! Ci penseremo noi agli austriaci. >
Dopo essere rimasto da solo con lei e il medico di trincea, Giancarlo non smetteva di stringere la mano alla sua amata e di consolarla.
< Non mi abbandonare… >
< Non lo farò, Filomena… Non ora che ti ho ritrovato… >
< Roaro, devo anestetizzarla per fare in modo che non senti dolore. >
< Faccia quello che ritenga più opportuno. >
< Venga un attimo con me… >
< Che cosa succede, dottore? >
< Devo parlarle in privato > rispose l’uomo preoccupato.
Acconsentendo alla sua richiesta, Giancarlo vide dipinto negli occhi dell’uomo tutta la preoccupazione e la disperazione che poteva manifestare.
< Voglio essere sincero con lei… Molto probabilmente la sua fidanzata non passerà la notte. Il colpo inferto alla sua gamba sinistra hanno colpito l’aorta… Operarla sarebbe un grande rischio visto tutto il sangue che ha perso… Mi dispiace. >
Giancarlo non seppe cosa dire.
< Che cosa dovrei fare, dottore? >
< Rimanga accanto a lei. E’ l’unica soluzione. >
< Gli manca molto alla sua… >
< Non lo so. Però ogni minuto è prezioso. >
< Che cosa gli dovrei dire? >
< Niente di particolare… Rimanga accanto a lei cercando di consolarla come ha fatto finora. D’accordo? >
< Sì, d’accordo… >
< Se ha bisogno di me sono qui vicino a curare altri commilitoni. >
Una volta tornato dalla sua amata, Giancarlo non riusciva a trattenere le lacrime.
< Giancarlo, che cos’hai? > gli domandò la donna con voce flebile.
< Niente, tesoro. Va tutto bene. >
< Che cosa ti ha detto il medico? >
< Niente d’importante, tranquilla. >
Fissando lo sguardo di Giancarlo, Filomena capì che stava mentendo.
< Quanto mi manca per morire? >
< Cosa? >
< Giancarlo, non credere che io sia una sciocca… Tu e il medico avete parlato che io non supererò la notte, vero? >
< Io… non so cosa dire… >
< E’ tutta colpa mia. Se non avessi varcato il confine nemico tutto questo non sarebbe mai successo. Sono solo una stupida. >
< Non dire così. Sono stato contento di rivederti. >
< Sì… per l’ultima volta… >
< Adesso però smettiamola di pensarci, va bene? Voglio passare gli ultimi momenti con te stringendoti a me. >
< Giancarlo… >
Sentendo qualcuno che lo stava chiamando, il giovane soldato si girò di scatto, e quello che vide lo lasciò interdetto.
Il generale Toti era ostaggio di un soldato austriaco che gli puntava la pistola.
< Lascialo andare > fece Giancarlo con voce flebile e alzando le mani.
< Sciocco italiano sentimentale… Invece di combattere per difendere il tuo paese pensi a questa donna? > replicò il nemico parlando un perfetto italiano.
< Ma lei è… >
< Parlo italiano alla perfezione visto che lo studio da quando sono bambino. Ma questa è un’altra storia… Adesso pensiamo a noi. >
< Lasci andare il mio generale. >
< Perché dovrei farlo? Voi siete miei nemici. >
Giancarlo non sapeva cosa fare.
Vedere quello spettacolo lo rendeva impotente e inutile.
< Che cosa avete in mente? >
< Sterminare tutti senza pietà. A cominciare dalla tua donna. >
Con uno scatto repentino, il soldato austriaco puntò la pistola verso Filomena colpendola in piena fronte e uccidendola sul colpo.
< No! Filomena! >
Il secondo colpo invece fu tutto per Giancarlo, che venne colpito sulla schiena.
< Maledetto! Come hai potuto?! >
< Silenzio, Toti. Lei è sotto il mio totale controllo. >
< Adesso non più! >
Una volta liberatosi dalla sua presa allentata, il generale Toti sfoderò la sua rivoltella colpendo il soldato austriaco.
< Maledetto bastardo senza cuore! Come hai potuto?! > gridò mentre lo riempiva di pallottole < Meriti di marcire all’inferno! >
Dopo essersi sfogato, Toti si precipitò verso Giancarlo.
< Vado subito a chiamare un medico! Forse riuscirà a salvarti. >
< No. Non se ne vada. >
< Ma Giancarlo… >
< Ormai la mia ora è giunta… Lasciami ricongiungere con la mia povera Filomena. Non si merita di morire in quel modo… Non ho avuto modo di salutarla… >
< Ma tu devi vivere. Lei l’avrebbe voluto. >
< Vivere su una sedia a rotelle? Grazie, ma preferisco morire. >
Una volta averci riflettuto a fondo, il generale Toti acconsentì alla sua richiesta.
< Generale, non voglio che mi veda in questo modo. >
< Vorresti essere lasciato solo? >
< Per lei è un problema? >
< Odio sentirmi impotente! >
< Vada ad uccidere tutti gli austriaci che le capiteranno di fronte. Lo faccia per me. >
< Sì, Giancarlo. Verrai vendicato finché qualcuno non riuscirà a fermarmi. >
< Credo proprio che non ci sia nessuno visto quanto è cazzuto. >
< Sì, hai ragione > replicò l’uomo sorridendo.
< Adesso vada. Non c’è tempo da perdere. >
< Addio, Giancarlo. Sei stato un grande soldato… Cazzuto proprio come me. >
< La ringrazio… Per tutto quello che ha fatto per me > disse infine Giancarlo esalando l’ultimo respiro ed evitando di essere visto dall’unico uomo che l’aveva amato come un figlio.

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