Born from this sword

di AStepAway9
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Prologo.

 

 

<< Forse non dovremmo stare qui. Ho sentito cose strane su questo posto: dicono che sia maledetto >>, sussurrò un uomo, con voce tremante. Anche le sue mani avrebbero tremato se il loro proprietario non avesse temuto di venir affettato dalla sua stessa ascia. Dalla sua fedele compagna.

<< Tu ascoltavi troppe leggende. Era solo uno spauracchio che ci raccontavano i nostri genitori perchè non ci addentrassimo nel bosco, ora non siamo più bambini. E smettila di tenere quell'ascia come un'arma: siamo taglialegna, non soldati. Se qui ci fosse davvero qualcosa di strano, in città si saprebbe, no? >>, disse un secondo personaggio, alto nei suoi vestiti impolverati, fiero nei suoi modi grezzi.

<< Sì, forse hai ragione tu. Però prendiamo la legna per il fuoco e andiamocene. Questi alberi sono inquietanti >>, ribattè l'altro, più basso e decisamente meno coraggioso.

<< Sono solo alberi. Dovrebbero essere loro ad aver paura di te, visto e considerato che devi abbatterli> >, chiuse il discorso l'amico.

I due taglialegna procedevano scostando le foglie e i rami del sottobosco, cercando di raggiungere quel luogo che, secondo uno straniero incontrato alla locanda pochi giorni prima, era ricco di ogni tipo di legna e assolutamente sconosciuto ai più. Un paradiso per loro che, da anni, desideravano un modo per mettersi in luce.

Non sapevano però che il bosco non era un ambiente disabitato.

<< Cos'è stato? >>, chiese ancora il primo, asciugandosi sui vestiti le mani sempre più sudate.

<< Cos'è stato cosa? Io non ho sentito niente >>.

L'uomo alto ora fingeva una voce ancora più seccata di prima, ma un velo di paura riusciva a sfuggire al suo controllo. Anche lui aveva sentito le foglie sopra di lui che si muovevano. Un peso troppo grande per essere quello di un animale boschivo le aveva spostate.

<< Non è vero, hai sentito benissimo. Qualcosa si è mosso. Non siamo soli >>

<< Certo che non siamo soli: è un bosco, è pieno di animali >>.

Un altro rumore si fece sentire, facendo rizzare i capelli agli intraprendenti boscaioli: stavolta arrivava da un'altra direzione.

<< Questo posto mi fa paura, andiamocene >>, suggerì il tizio basso. L'amico, dopo che la fortuna lo ebbe salvato da un ramo diretto verso la sua testa, decise che non era il caso di farsi pregare: doveva esserci per forza un altro posto in cui far legna.

I due uomini si voltarono e intrapresero la strada nel verso opposto, prima camminando, poi sempre più velocemente.

Il rumore sospetto invece proseguì, andò sempre più avanti, finchè, davanti a quella che poteva sembrare una cortina di rami troppo spessa per essere attraversata, una figura incappucciata saltò dal ramo più alto di una quercia, atterrando perfettamente sul terreno sconnesso.

<< Possiamo stare tranquilli: non torneranno tanto presto >>.

 

 

Capitolo I.


I folti capelli neri premevano per uscire dal nascondiglio del cappuccio, i muscoli irrigiditi dal freddo pretendevano il dolce tepore di un letto familiare. Dopo tanto tempo, ancora doveva abituarsi alla lunga veglia notturna che spettava a chi era di guardia. Questo però non l’avrebbe mai rivelato a nessuno: il suo orgoglio non l'avrebbe permesso.

Con occhi distratti guardò la luna piena che sormontava la foresta e subito restituì lo sguardo al terreno. Era una notte tranquilla: nell’aria si udivano solo i versi degli animali, il fruscio del vento del nord tra le foglie e il continuo scorrere della cascata alle sue spalle. Stava seduta su quel ramo già da alcune ore e nemmeno un suono umano aveva turbato quella quiete che sembrava destinata a non venir spezzata da nessuno. Presa da una specie di muto rispetto, lei stessa aveva evitato di produrre rumori che avrebbero potuto contrastare con il poetico ambiente che la circondava. Se il suo animo fosse stato più propenso, avrebbe dedicato dei versi a quel magico plenilunio. In quel momento però aveva solo voglia di dimenticare i tragici esiti di quella giornata e le conseguenze che avrebbero potuto portare a lei e alla sua famiglia. Quella ragazza, che affrontava la notte sul ramo di un albero, non aveva avuto parte in ciò che era successo, ma se ne sentiva coinvolta, come accadeva per ogni missione che veniva affidata alla sua più stretta cerchia di amici. Mai come negli ultimi giorni aveva imparato che ogni loro azione doveva essere perfetta, altrimenti il prezzo da pagare sarebbe stato salato.

Il suo cervello registrò inconsciamente l’immagine delle altre sentinelle che scattavano, spaventate da alcuni passi affrettati che si dirigevano verso di loro; erano ancora troppo giovani e inesperte per riconoscere il cammino felpato di uno di loro. Sorrise nel costatare che non troppi anni prima era successo anche a lei, durante la sua prima notte di guardia. Forse ancora non lo sapevano, ma il loro udito sarebbe diventato abbastanza preciso da distinguere il passo di un adulto da quello di un adolescente. Le piccole guardie, due ragazzi e una bambina che non poteva avere più di dodici anni, si tranquillizzarono nel vedere la faccia a loro familiare di Byron, il maestro che si occupava delle nuove reclute. Speravano che desse il cambio a qualcuno di loro, ma rimasero delusi nel capire che avevano almeno altre tre ore davanti.

<< Diana, se non ti dispiace, prendo io il tuo posto. Raphael ti sta aspettando. Non per intromettermi in cose che non mi riguardano, ma mi è sembrato davvero preoccupato. Non l’avevo mai visto così >>, disse con la sua voce calda e sempre allegra.

Aveva il volto gioviale e sicuro di un ragazzo bello e consapevole di esserlo, ma in quel momento i suoi lineamenti erano oscurati da un timore segreto e contemporaneamente comune. Il sorriso che riservò alla ragazza era tirato e fasullo e altrettanto fu quello che lei gli donò in cambio. Diana scese dal ramo con un balzo e atterrò sul terreno con un tonfo appena percepibile. Lanciò un gesto di saluto alle altre sentinelle e ricambiò lievemente l’inchino di Byron. Senza altre parole si diresse verso la cascata.

Il rumore dell’acqua che si schiantava sulle rocce e la calma pacifica che prometteva il laghetto sottostante la attraeva come se stessero governando una marionetta, ma la ragione prevalse e le fece scegliere la strada più sicura. Quando la temperatura si sarebbe scaldata, si ripromise, avrebbe ricominciato a usare l’entrata subacquea, ma al momento non era una scelta consigliabile.

Con passi lunghi e sicuri girò attorno allo specchio d’acqua fino a raggiungere la cascata vera e propria. Lì si trovava una ripida salita, difficile da individuare, ma ben chiara per chi conosceva la via.

Riparandosi con il mantello dai numerosi schizzi, raggiunse la grotta e respirò a pieni polmoni l’aria umida che da tanti anni la accoglieva al suo ritorno a casa.

Si guardò intorno e dovette ammettere che chi era stato lì prima di lei aveva fatto un ottimo lavoro per nascondere a sguardi ostili il loro nascondiglio: tre gallerie diverse si diramavano dalla grotta, ma nessuna di esse aveva una fine. Procedevano per chilometri, incrociandosi tra di loro, senza portare mai da nessuna parte. Partivano dalla parete di fronte a lei e sembravano non lasciare spazio ad altro, ma in realtà, celavano abilmente il segreto di decine di stirpi e generazioni.

Diana non esitò oltre, si girò e si parò davanti alla parete più nell’ombra. Consapevole di ciò che stava facendo, prese il pugnale dal suo fianco e lo spinse in un'apertura della roccia. Contò fino a dieci e ritrasse la lama. Immediatamente il muro si aprì come una porta e la ragazza poté entrare.

Ad accoglierla c’erano due uomini sulla trentina, alti e dal fisico nervoso. S’inchinarono al passaggio di Diana e la accompagnarono fino alla seconda porta. Questa era maestosa e imponente e recava su di essa il segno dei secoli con la stessa dignità con cui rappresentava lo stemma dei Figli della Spada e quello del signore della regione. Si spalancò per lasciarle libero accesso al mondo che pochi conoscevano.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


N.d.a. Vi ricordo che tutto quanto troverete scritto è puramente tratto dalla mia fantasia. Ogni riferimento a fatti e persone realmente esistite è puramente casuale. Inoltre, il mondo in cui è ambientato questo racconto è generico e anche l'ambientazione storica non è precisata. 
Buona lettura e, ricordate, una recensione può rendere felice un autore. 


Capitolo II.

 

L’ordinata confusione della base le fece nascere un sorriso sulle labbra, come quando si torna a casa e si è sopresi di ritrovarsi un fratellino tra i piedi, che impedisce di muoversi. Ogni cosa le era familiare e Diana sarebbe stata in grado di esplorare ogni angolo di quel posto senza perdersi. Incontrava sulla sua strada la squadra di ritorno dall’allenamento e chi tornava da una missione, salutava con piacere i suoi amici e rassicurava con lo sguardo i bambini preoccupati che erano arrivati alla base da poco. Qualcuno si fermava per inchinarsi davanti a lei e Diana ricambiava con cortesia e sorpresa per il rispetto che ancora tutti le riservavano. Intanto osservava: nulla, né i volti né gli sguardi, né il modo di camminare né quello di parlare, riuscivano a sfuggirle. L’esperienza le aveva insegnato che osservare era il modo migliore per capire e lei aveva bisogno di capire molte cose.

Dopo pochi minuti arrivò in una zona più appartata, dove si trovavano le stanze di chi aveva un certo livello nella scala del potere. La porta centrale conduceva agli appartamenti del capo.

Fu lì che Diana andò.

Non c’era il lusso che ci si aspettava da un grande signore, ma solo quell’arredamento particolare che caratterizzava un combattente e un condottiero. Alle pareti erano appese armi di ogni tipo e spade preziose; un enorme arazzo rappresentava i Figli in battaglia. Non era un’ostentazione di ricchezza, bensì una dimostrazione di onore e orgoglio.

Un uomo stava ritto di fronte ad esso, ammirandolo quasi con rimpianto. Era vestito con semplicità, ma la dignità e la forza che emanava lo facevano sembrare un re. I capelli che una volta erano stati biondi, ora erano bianchissimi. Aveva superato da tempo la cinquantina, ma la pelle non mostrava nemmeno una ruga e gli occhi erano severi e profondi, proprio come quando lei era una bambina.

Diana lo conosceva da molto tempo, ma il rispetto che le incuteva era rimasto immutato.

La ragazza si fermò a pochi passi da lui e s’inchinò.

<< Eccomi, Raphael. Byron mi ha riferito che mi stavate cercando >>.

L’uomo si voltò lentamente, quasi volesse assimilare alla perfezione quelle poche parole. Diana alzò leggermente il volto per osservarlo: il viso sembrava assorto in ragionamenti profondi, lo sguardo era assente.

Improvvisamente parve risvegliarsi. La ragazza lo vide sorridere e farle cenno di avvicinarsi. Obbedì e riprese a parlare.

<< Signore, state bene? >>

Stavolta lui le rispose, ma lei intuì che la voce dell’uomo era strana.

<< Diana, non sai quanto vorrei che tu cominciassi a vedermi come tuo padre. Per me sei una figlia e sarai tu a succedermi quando morirò. Gli eventi degli ultimi giorni fanno presagire che succederà molto presto >>.

Diana fu spaventata dalle parole dell’uomo: era affezionata a Raphael e l’ultimo dei suoi desideri era che succedesse qualcosa a colui che l’aveva cresciuta come un padre.

<< Vi prego, Raphael, non dite così. Avete ancora un lungo futuro davanti e la vostra gente ha bisogno di voi >>.

<< Vorrei davvero che fosse così. Ci sono momenti in cui non so se sarebbe peggio morire o avere ancora una lunga prospettiva di vita così movimentata e incerta. Temo di essere ormai troppo vecchio per sopportare tutte queste orribili notizie che ci arrivano giorno dopo giorno. Comunque, non è per questi discorsi tristi che ti ho chiesto di venire: volevo conoscere il tuo parere su ciò che è successo oggi >>.

Diana se lo immaginava e aveva passato la notte pensando a cosa riferirgli. Non voleva che si preoccupasse, ma lei non poteva certo nascondere la gravità della situazione.

<< Lucas e Mair sono dispiaciuti del loro errore e non possiamo dar loro la colpa di qualcosa che superava immensamente le loro capacità. Noi per primi abbiamo insegnato il rispetto per le autorità e credo di poter capire che cosa abbiano provato in quel momento: trovarsi davanti il duca in persona e con un ordine così perentorio deve averli confusi e spaventati. Si sono sentiti impotenti, incapaci di disobbedire o di scappare e tutto ciò che hanno potuto fare è stato lasciar cadere la pergamena e scappare prima di venir catturati >>, cominciò. << Tuttavia, i Figli hanno paura. Non sanno cosa potrebbe succedere e temono che tutto ciò per cui hanno sempre lottato possa ora distruggerli. Hanno bisogno di capire, Raphael, e ne ho bisogno. Cosa stiamo rischiando? Perchè quella pergamena può crearci tanti problemi? >>

<< Mi stai chiedendo di dirti qualcosa che solo io posso sapere. Sai benissimo, mia cara Diana, che ci sono cose che un capo deve saper tenere per sè. Se avessi accettato la mia proposta al momento in cui te l'ho fatta, forse ora potrei metterti a parte della verità >>, rispose l'uomo. A Diana tornò in mente quel momento di qualche anno prima, quando le era stato offerto ufficialmente di diventare consigliera personale del capo dei Figli della Spada. Accettare avrebbe implicato trovarsi su un gradino superiore agli altri, avere privilegi e diritti che non le spettavano. La ragazza aveva rifiutato senza pensarci due volte e da quel momento aveva dovuto cominciare a lavorare duramente, perchè, nonostante i suoi principi, era ambiziosa e voleva arrivare in alto.

<< Sapete bene che non avrei mai potuto accettare ciò che mi proponevate: sarei andata contro i miei stessi principi. Non credo giusto essere superiore ad altri per il nome o per il sangue; chiunque deve dimostrare le proprie capacità se vuole ottenere rispetto, è l'unico modo lecito. Non vi chiedo di rivelarmi tutti i vostri segreti, vi sto solo dicendo che abbiamo tutti bisogno di capire e che se ne sapessi qualcosa di più forse potrei darvi un consiglio >>.

<< Tu, Diana, sai sempre come usare le parole, forse anche meglio di quanto usi la spada. Va bene, te lo dirò, ma sappi che nessun altro dovrà venire a conoscenza di ciò che sto per raccontarti. Sai benissimo che, fin dal principio, i Figli della Spada hanno cercato di compiere la loro missione rimanendo nell'ombra. Ma il popolo fa presto a creare e diffondere voci e così è sempre esistita almeno una leggenda su di noi. Devi capire che se venisse trovata una pergamena come quella che Lucas doveva portarmi, avrebbe l'effetto di legna gettata sul fuoco. Non sappiamo come potrebbe reagire il mondo esterno alla scoperta della nostra esistenza. Ma, in sostanza, non corriamo rischi immediati, poichè nessuno con un minimo di assennatezza parlerebbe in una lettera di argomenti di tale importanza da metterci in pericolo >>.

Diana riflettè un attimo, ma nella sua testa mancava un'informazione cruciale.

<< Ma di cosa parlava quella lettera, padre? >>, domandò, utilizzando quell'appellativo con l'intento di convincere l'uomo a risponderle.

<< Come ho già detto, potresti cambiare il mondo con le tue parole >>, disse l'uomo, con un sorriso amaro sul volto << Non so di cosa parlasse la lettera. Un mio caro amico, nonchè mio collega in un altro feudo, doveva darmi un'informazione importante, ma che ignoro. Ho solo la speranza che non fosse niente da cui possa dipendere la nostra sicurezza >>

Raphael tornò a girarsi verso l’arazzo e chiunque altro l’avrebbe potuto prendere come un congedo, ma non Diana. Lei sapeva che l’uomo voleva nascondere la sua preoccupazione agli occhi degli altri e per questo lo ammirava: era convinta che mostrare il proprio dolore fosse segno di debolezza. D’altronde, la sua storia le aveva insegnato questo modo di comportarsi e solo questo conosceva.

<< Se volete un consiglio da parte mia, io ne parlerei ai Figli. Li tranquillizzerebbe sapere che non corrono un pericolo immediato. Se sapessero almeno una parte di ciò che avete detto a me, si muoverebbero con più attenzione, certo, ma smetterebbero di preoccuparsi. Se poi si potesse fare qualcosa per recuperare la pergamena, sarebbe meglio. Ma naturalmente ci avrete già pensato da solo. Detto questo me ne vado, se non vi è di disturbo >>.

Si inchinò, ma lui non la vide. Sentì solo la porta chiudersi alle sue spalle e il sollievo pervadere il suo corpo. Presto se ne sarebbe andato, ma i Figli avrebbero avuto un altro grande capo su cui contare.

 

***

 

 

Diana fu raggiunta da Mair appena fuori dalle stanze di Raphael. L’amica era visibilmente preoccupata e tradiva l’ansia a ogni suo passo. Non aveva mai compiuto un errore così grave e temeva di aver rovinato secoli di combattenti con un solo gesto. Stava per parlare, ma Diana la interruppe: << Raduna gli altri, ci vedremo nella mia stanza tra mezz’ora >>.

Mair rimase sorpresa dal brusco ordine ricevuto, ma non esitò a obbedire. Dal canto suo Diana sapeva di essere stata scortese, ma in quel momento aveva ben altre preoccupazioni. Aveva sempre visto in Raphael uno spirito forte e combattivo e mai come in quel momento si era stupita di vederlo debole e arrendevole. Le sue parole l’avevano turbata, perché il suo rapporto con quell’uomo era diverso da quello degli altri Figli. Non c’erano solo rispetto e obbedienza, ma un sentimento più forte. Raphael aveva cresciuto Diana come solo un vero padre avrebbe potuto fare. Non aveva fatto caso al sangue diverso dal suo di quella bambina indifesa e spaventata e nemmeno al fatto che egli stesso avesse appena perduto la sua unica figlia. Aveva fatto in modo che venisse educata più di molti altri, che imparasse a parlare molte lingue, a leggere e a scrivere. Riservava per lei i migliori insegnanti e spesso le insegnava nuove tecniche con la spada o l’arco. Quando aveva solo quattro anni la metteva a letto tutte le sere nella sua stessa stanza e le leggeva quelle favole che le piacevano tanto. Poi Diana era cresciuta e la distanza tra loro era aumentata. Nonostante la sua scelta di rifiutare ogni privilegio, però, la ragazza era certa di essere ormai designata a diventare l’erede del titolo. Sperava con tutto il cuore che il momento di prendere il posto del padre adottivo non arrivasse mai, perché sapeva di non essere pronta. Soprattutto, non era pronta a rimanere di nuovo da sola.

Arrivò nella sua stanza e si mise davanti allo specchio; era una cosa che la faceva sentire bene, che le permetteva di percepire anche i minimi cambiamenti nel suo corpo. Era sufficientemente alta per la sua età e aveva un fisico asciutto e snello. I muscoli erano nervosi e scattanti, temprati dall’allenamento. I lisci capelli corvini le arrivavano oltre le spalle e incorniciavano un viso pallido e deciso. I lineamenti delicati la facevano sembrare una bambolina di porcellana, ma era tutt’altro che fragile. Ciò che di solito colpiva nel suo volto erano gli occhi: gelidi e penetranti, erano pozzi troppo profondi per essere esplorati. Erano occhi del colore della nebbia in una mattina d’inverno, adulti e consapevoli del mondo circostante. Aveva solo diciotto anni, ma il suo sguardo era quello di una donna che del mondo aveva già visto tanto.

Effettivamente nel suo lavoro le scoperte terrificanti non mancavano: si ricordava di un giorno, dieci anni prima, in cui era andata con una ragazza poco più grande di lei a portare dei soldi a una vecchina che non ne aveva più nemmeno per le medicine. Avrebbero dovuto farlo prima, ma purtroppo avevano subito un contrattempo e quando erano arrivate era ormai troppo tardi. L’anziana era morta, il suo corpo gelido era steso sul pavimento sudicio della capanna e accanto a lei una bambina piangeva. La vita l’aveva lasciata sola e nemmeno loro potevano fare qualcosa. Il destino della piccola non era quello di una Figlia e le due ragazze si erano dovuto limitare ad avvisare un prete perché la portasse all’orfanotrofio. Diana era rimasta sconvolta quel giorno e per molto tempo non era più riuscita ad entrare nelle capanne dei poveri senza temere di compiere macabre scoperte. Aveva anche imparato quanto il fato potesse essere duro e terribile e di quanto l’umanità fosse impotente di fronte ad esso. Quell’esperienza le aveva fatto capire quanto fosse stata fortunata a trovare una famiglia come quella che i Figli della Spada erano per lei.

Una parte della famiglia entrò nella stanza in quel momento; erano in sei: Mair, Lucas, Matt, Helene e Phil. Non dissero niente, non salutarono Diana, semplicemente si sedettero in cerchio sul pavimento come quando erano bambini. Era una tradizione che non aveva bisogno di saluti o spiegazioni, che avrebbero potuto mantenere tranquillamente per tutta la vita. Erano ragazzi molto diversi tra loro, ma da quando si erano conosciuti avevano silenziosamente decretato la loro amicizia. Ogni differenza era stata accantonata e i segreti rimossi. Solitamente Diana era la loro informatrice, poiché era l’unica ad avere accesso alle stanze del potere. Ormai anche Raphael sapeva che ogni cosa che raccontava alla ragazza sarebbe stata argomento di discussione della cerchia d’amici, ma sapeva anche che niente sarebbe uscito da là.

Diana fu l’ultima a sedersi, e lo fece solo dopo aver osservato attentamente gli altri ragazzi. Mair si nascondeva come sempre dietro i suoi capelli ricci, gli occhi bassi erano un segno della sua grande timidezza. Era una persona sorprendente, che tirava fuori la grinta e l’astuzia non appena ce n’era bisogno; inoltre si muoveva nell’ombra come nessun’altro. Lucas era suo fratello gemello, con un viso che dichiarava un enorme insicurezza. Sembrava certo delle sue mosse solo quando impugnava la sua spada, il cui metallo era dello stesso colore dei suoi occhi. Matt era il grande spavaldo del gruppo, si vantava dei suoi fluenti capelli biondi con la stessa frequenza con cui una persona normale respirava. A dispetto del carattere focoso, però, non amava la mischia e preferiva tenere sotto controllo la situazione con il suo fidato arco. Helene era senza dubbio la mente del gruppo e la più brava a raccontare storie. Proveniva da un paese lontano e, prima che diventasse una Figlia, la sua famiglia la iniziò alla conoscenza delle lingue antiche e di molte altre discipline. Non era bella come Diana o Mair, ma la sua intelligenza e la sua astuzia la rendevano affascinante e interessante agli occhi degli altri. Infine, c’era Phil, o, come spesso lo chiamava Matt, l’Enigma. Aveva la pelle olivastra e il viso d’angelo. Nascondeva un animo ribelle e testardo, ma capace di ispirare simpatia in chiunque. Proveniva da una famiglia di artisti e sembrava che parlasse veramente solo attraverso disegni e poesie. Per il resto, le sue parole erano spesso fredde e scostanti. Gli occhi sembravano scudi per proteggere il vero se stesso, si aprivano solo con poche persone e anche in quei casi non si poteva essere certi della verità. Era un ragazzo affascinante e metà delle Figlie aveva avuto almeno una volta una cotta per lui.

In quel momento però tutti i ragazzi tentavano invano di nascondere il timore per ciò che era successo.

<< Allora… che succede in piena notte? >>

Matt tentò di mascherare la tensione con una battuta, ma ricevette in risposta solo sorrisi falsi e tirati. Nessun altro riuscì a parlare, ognuno preso dai propri timori, e toccò a Diana iniziare il discorso.

<< Ho appena parlato con Raphael >>.

Bastò quella semplice frase per ravvivare l’interesse di tutti. Si misero sul chi vive, aspettando notizie.

<< Concordano tutti sul fatto che non potevate scappare con la pergamena davanti al duca >>, cominciò, rivolta soprattutto ai gemelli, << ma la gente è preoccupata e tanto. Voi sapete che ciò che mi ha detto Raphael deve rimanere segreto, vero? >>.

Guardò le facce decise dei suoi amici e continuò.

<< Probabilmente il mittente di quella lettera è l'unico a conoscerne il contenuto per ora, ma Raphael teme che possa comunque essere una prova della nostra esistenza. Una prova però che non spiega chi siamo, né dove ci nascondiamo. Siamo al sicuro, ragazzi, possiamo continuare la nostra vita tranquillamente, ma dovremo fare attenzione a non compiere altri passi falsi. Non possiamo sapere come reagirebbe il popolo se ci scoprisse e anche il possibile comportamento del duca è un'incognita. Secondo me, dovremmo mandare qualcuno a recuperare quella pergamena. Comunque, ho consigliato a mio padre di parlarne domani mattina in assemblea >>.

<< Diana, parliamo di Lord Darel. Quell'uomo è un ottimo duca, è giusto, non perseguiterebbe mai nessuno, senza ottime ragioni >>, intervenne Matt.

<< Questo è vero, Matt, ma non possiamo correre rischi in nessun caso. Nessuno ci assicura che ci proteggerebbe se venisse a sapere della nostra esistenza >>, rispose Helene, con una delle sue solite osservazioni a cui non si potevano trovare difetti.

Diana rimase in silenziò e si limitò ad osservare i suoi amici: Matt si tormentava i capelli, Helene sembrava essere immersa in una riflessione profonda e Phil guardava in alto come se potesse ricevere risposta a tutte le sue domande. Mair e Lucas, invece, si osservavano l'un l'altra con sguardi preoccupati e pieni di sensi di colpa. Il loro errore poteva non essere distruttivo, ma in ogni caso si sentivano come se non avessero dovuto compierlo.

<< Diana, se noi… se noi potessimo fare qualsiasi cosa per rimediare… >>, cominciò il ragazzo.

<< No, Lucas. Se qualcuno verrà mandato a recuperare la pergamena, lo deciderà Raphael e per quanto noi siamo una squadra forte, spero che scelga qualcuno più esperto. Perchè se voi non avete fatto nulla di grave, un solo errore in questa missione potrebbe davvero rovinare tutto. Per quello che riguarda ciò che è successo, avremmo avuto da rimproveravi se aveste fatto il contrario. Sono passati dieci anni, ma vi ricordate le parole del giuramento? Noi serviamo il feudo e il suo signore e non possiamo disobbedire ad un suo ordine. Avete fatto la cosa giusta, ciò che avrebbe fatto chiunque al vostro posto e non avete niente per cui biasimarvi >>.

Nessuno ebbe da ridire a queste parole. Tutti si ricordavano quello che avevano giurato, tutti si ricordavano di aver creduto fortemente in quelle parole e di crederci ancora. 

<< So che è difficile, ragazzi, se fosse successo a me probabilmente mi sarei sentita allo stesso modo, ma va tutto bene, dovete pensare solo a questo >>, aggiunse poi Diana, sorridendo ai gemelli. Si rendeva conto di essere l'amica più strana che fosse mai esistita, ma teneva a quei ragazzi più che a molte altre cose e certe volte avrebbe voluto essere più brava a dimostrare i propri sentimenti.

<< Coraggio, andate a dormire. Domani sarà particolarmente dura >>, disse infine la ragazza.

Tutti si alzarono e uscirono dalla stanza, solo Phil si trattenne un attimo, come se volesse dire qualcosa, ma non aprì bocca e se ne andò.

Diana rimase sola e si sdraiò sul letto. Era sfinita, stanca fisicamente dopo una lunga giornata e mentalmente dopo una batosta non da poco. Era stata sincera con Lucas, ma temeva che il suo amico non si sarebbe perdonato facilmente e così sua sorella. Si ripromise che l’indomani avrebbe parlato con loro, poi si tolse stivali e cintura. Posò con delicatezza la spada e il pugnale sul tavolo e mise accanto i coltelli da lanciò. Lanciò uno sguardo al cielo che si intravedeva tramite una minuscola finestrella, sufficiente per far passare l'aria. Non aspettò di infilare la camicia da notte, si sdraiò sul suo letto e si addormentò così com’era, lasciandosi finalmente accogliere nell’oblio del sonno.

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