Hook-Up

di Btsuga_D
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Ellen Show ***
Capitolo 2: *** After The Concert ***
Capitolo 3: *** Blackmail ***
Capitolo 4: *** Fan-Sign ***
Capitolo 5: *** Deal ***
Capitolo 6: *** Bodyguard ***
Capitolo 7: *** Party 1: Drunk ***
Capitolo 8: *** Party 2: Seduction Game ***
Capitolo 9: *** Memories ***
Capitolo 10: *** Mic Drop ***
Capitolo 11: *** On Stage ***
Capitolo 12: *** Best Friend ***
Capitolo 13: *** Reverse ***
Capitolo 14: *** Broken Heart ***
Capitolo 15: *** Gossip ***
Capitolo 16: *** Catch-Up ***
Capitolo 17: *** Shooting - Day 1 ***
Capitolo 18: *** Revenge ***
Capitolo 19: *** Date ***
Capitolo 20: *** Airplane ***
Capitolo 21: *** Shooting - Day 2 ***
Capitolo 22: *** Man ***
Capitolo 23: *** Where Should I Sleep? ***
Capitolo 24: *** Fake Love ***
Capitolo 25: *** Explosion ***
Capitolo 26: *** Kindness ***
Capitolo 27: *** Courtship ***
Capitolo 28: *** Betrayal ***
Capitolo 29: *** Mistrust ***
Capitolo 30: *** Shame ***
Capitolo 31: *** Bulletproof ***
Capitolo 32: *** What do you thing? ***
Capitolo 33: *** Desire ***
Capitolo 34: *** Don't Leave Me ***
Capitolo 35: *** Your Name ***
Capitolo 36: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** The Ellen Show ***


❖❖❖☸❖❖❖

«Avete mai rimorchiato un’ARMY?»
 
Ellen era sinceramente curiosa e divertita dalla risposta che avrebbe ottenuto dai BTS. RM scoppiò a ridere e si coprì il viso con la manica della sua giacca verde militare. L’interprete seduto al fianco di Ellen, sul divanetto di pelle bianca, tradusse in coreano le parole della presentatrice, che ebbe da ridire.
 
«Spiegagli cosa significa “rimorchiare”, andiamo!»
 
J-Hope sbatté le mani e aprì le braccia divertito. Gli altri si limitarono a ridacchiare, ma tutti gettarono degli sguardi nervosi verso Yoongi, che se ne stava immobile al suo posto, al limite del divano. Il biondo con la bandana si massaggiò lentamente il collo con la mano ricolma di anelli, cercando di nascondere il sorrisetto che stava per spuntargli sulle labbra.
 
«No!» intervenne V, mettendo un punto a quella domanda per loro alquanto problematica.
 
Yoongi si leccò le labbra.
 
Se solo Ellen avesse saputo.
❖❖❖☸❖❖❖



ᗩngolo.ᗩutore


Bentrovati in questa nuova ff. Da come avrete capito, ho avuto l'idea dall'intervista EllenxBTS. Mi sono detta, perché no? Per quelli che stanno leggendo l'altra mia ff "Can You See Me", vi avviso che questa sarà molto più tranquilla (almeno spero ò.ò) Avevo bisogno di qualcosa di leggero e divertente ed è uscita fuori questa cosa. Non ho mai scritto scene smut, ma ho intenzione di cimentarmi in questa impresa, quindi stay tuned! I capitoli non saranno lunghissimi, niente papiri come il mio solito.

Spero che la trama vi attiri, fatemelo​ sapere! Grazie a chi ha letto e chi leggerà, un bacio ♥

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Capitolo 2
*** After The Concert ***


❖ After The Concert
WARNING: SMUT
____________
POV YOONGI
 
La stanza buia dell’albergo era satura dei nostri respiri. Mi spingevo contro di lei per provare più piacere possibile, per assaporare quella sensazione paradisiaca che mi stava mandando in estasi. Buttai la testa all’indietro e continuai a spingere i fianchi contro il suo bacino ad un ritmo sempre più veloce. I suoi gemiti mi colpirono le orecchie e riabbassai lo sguardo con gli occhi velati dal piacere, la bocca socchiusa in un gemito soffocato.
 
Ero sudato. Le lenzuola erano diventate un ammasso senza forma che aveva raggiunto i piedi del letto. Ringhiai e afferrai i fianchi della ragazza tra le mie mani. Aumentai la stretta quando mi fece capire che la mia irruenza la stava facendo eccitare ancora di più. La strattonai verso il basso e affondai di più in lei, facendola urlare. Le tappai la bocca con la mano, ma non le diedi comunque tregua.
 
«Sssh, piccola,» le sussurrai all’orecchio con voce roca, leccandoglielo subito dopo. «Ci sentiranno.»
 
Gemette ancora contro il mio palmo e chiuse gli occhi, sotterrando la testa nel cuscino dietro di lei. Con l’altra mano, le spostai i lunghi capelli biondi e mi avventai sul suo collo. Le passai la lingua sulla pelle morbida e poi cominciai a succhiare finché non sentii la ragazza tremare a causa dei brividi. Mi afferrò per i capelli, facendomi capire di continuare. Feci scivolare la lingua verso il basso, fino al suo petto, finché non arrivai all’incavo dei suoi seni.
 
Mi spinsi ancora di più in lei e questa volta neanche la mia mano riuscì ad attutire l’urlo di piacere che le provocai. Si liberò la bocca e fece intrecciare le nostre dita.
 
«O-Oppa…» mi chiamò con uno strano accento. Eravamo in America, quindi era ovvio che avessi scelto un’Americana. E sapeva anche parlare coreano. Le tremarono le labbra mentre il suo corpo si muoveva al ritmo incessante del mio. Le sollevai una gamba e affondai in lei, ancora e ancora.
 
Non ne avrei mai avuto abbastanza. Ero prigioniero di quella sensazione chiamata piacere. Ero schiavo di quell’atto lascivo definito sesso.
 
Abbassai la testa e la tenni ferma per i fianchi mentre le facevo allacciare anche l’altra gamba intorno alla mia vita. Le presi un capezzolo in bocca e cominciai a stuzzicarglielo con la lingua, muovendola sempre più velocemente. Le unghie della bionda si strinsero con forza intorno ai miei capelli disfatti color platino. Il dolore che provai non fece altro che aumentare la sensazione di piacere martellante che stavo provando in mezzo alle gambe.
 
C’ero quasi. Mi sistemai meglio e sollevai la schiena, poggiando una mano contro la testiera alle nostre spalle e l’altra sulla vita della ragazza sotto di me. Il letto prese a cigolare e sbattere contro il muro. Ansimai ad ogni affondo e lei inarcò la schiena dopo la terza spinta, raggiungendo il suo orgasmo. Continuai a muovermi dentro di lei mentre le sue unghie mi graffiavano la schiena a causa della troppa sensibilità. Strinsi gli occhi e allungai il collo verso l’alto, spalancando la bocca. Mi riversai nel preservativo con un’ultima spinta e un ringhio talmente roco da fare invidia ad una tigre. Mi lasciai ricadere su un fianco, stremato ma soddisfatto.
 
La ragazza aveva ancora le mani tra i miei capelli. Giochicchiava con quei fili quasi bianchi mentre io ero ormai diventato un tutt’uno con il cuscino sotto la mia testa. Respiravo affannosamente e il petto nudo si alzava e si abbassava sfiorando il materasso candido sotto di me. Ero così stanco che mi sarei potuto addormentare nel giro di due secondi.
 
Aprii gli occhi, appena in tempo per vedere le labbra della ragazza a qualche centimetro dalla mia faccia. Mi ritirai di scatto e la guardai da una distanza di sicurezza.
 
«Cosa stai facendo?» le domandai severo.
 
Stava per baciarmi?
 
«I-Io…»
 
«Ti avevo avvisato. Solo sesso. E niente baci sulla bocca,» dichiarai con voce ferma.
 
«Lo so. Scusa, Oppa. Ma pensavo che…»
 
Sapevo già cosa stava per dire. Il solito discorso sull’amore che sboccia dopo aver fatto sesso. L’avevo sentito fin troppe volte.
 
«Pensavi male,» la bloccai. «Mi dispiace,» aggiunsi nel vedere il suo volto segnato dalla delusione. Ci speravano tutte, fino alla fine. «Ehi, vieni qua. Non piangere.» Sollevai la schiena e mi avvicinai a lei, avvolgendola goffamente tra le braccia nel tentativo di confortarla. La sentii tirare su col naso e le sue guance si bagnarono a causa delle lacrime.
 
«Io ti amo così tanto, Oppa…»
 
Diavolo, perché finiva sempre così?
 
«Lo so, ma quando ti ho scelta, dopo il concerto, avevo prima messo le cose in chiaro. No?» La sentii annuire contro il mio petto. «Allora perché ti sei fatta delle illusioni inutili?»
 
«Non posso farne a meno. Sono così vicina a realizzare il mio sogno che potrei impazzire.»
 
Qualcuno bussò con decisione alla porta della camera e sollevai gli occhi al cielo prima di alzarmi dal letto. Mi tolsi il preservativo e indossai i primi pantaloni che trovai sul pavimento. Andai ad aprire.
 
Mi trovai davanti la faccia seria e scazzata di Namjoon. Aveva una mano sul fianco e un gomito poggiato sullo stipite della porta, come se avesse aspettato pazientemente che andassi ad aprire.
 
«Che c’è?»
 
«Hai finito con questo baccano? Qui c’è gente che sta cercando di dormire! Sono le tre di notte, Hyung. Maledizione! Alle sei dobbiamo alzarci per prendere l’aereo e ritornare in Corea! O te ne sei dimenticato?»
 
«Ammettilo che vorresti essere al mio posto.»
 
La faccia di Namjoon fu impagabile. Sentii qualcuno ridere sguaiatamente in corridoio e il Leader si voltò di scatto dopo avermi fulminato.
 
«Jimin! Torna subito nella tua stanza o farò il culo anche a te. E a Jungkook! Sì Maknae, ti ho visto. Vieni fuori di lì. Sei troppo alto per nasconderti dietro Jimin.»
 
«Yah!» urlò quest’ultimo. «Cosa stai insinuando?»
 
«Nelle vostre camere, tutti e due!»
 
Si sentì un’altra risata del più piccolo. Si precipitò nella sua stanza, imitato subito dopo da Jimin. Si sbatterono le porte alle spalle. Non potei fare a meno di ridacchiare quando la voce di J-Hope comparve dal nulla, alludendo alla mia frecciatina nei confronti di Namjoon. Aveva urlato così forte che lo avevamo sentito da dietro la porta di camera sua, che era quella di fronte alla mia.
 
Namjoon sospirò. «Dico sul serio, Hyung. Quella ragazza, la voglio fuori di qui entro dieci minuti. Vai a dormire o domani sembrerai uno zombie. Le foto in aeroporto non hanno pietà per nessuno.»
 
Annuii. «Prenderà l’uscita secondaria dell’hotel. Chiama Seijin e digli di darle un passaggio con la macchina. Non mi fido a mandarla in giro da sola a quest’ora di notte.»
 
«Lo so, Hyung. Non è certo la prima volta. Un giorno di questi Seijin ti appenderà per il collo. Ringrazia che abbiamo dei manager comprensivi o ti avrebbero già sbattuto fuori.» Si allontanò per tornare nuovamente nella sua stanza. «E poi non ti lamentare che hai sonno!» aggiunse prima di sbattere la porta.
 
Sbuffai. Chiusi la porta e mi voltai verso la ragazza che aveva appena finito di rivestirsi. Appoggiai le spalle nude alla porta e infilai le mani nelle tasche dei pantaloni. Rimasi fermo a guardarla mentre prendeva la sua borsa e si avvicinava a me.
 
«Oppa, comportandoti così… non hai paura di perdere le tue fan?»
 
I miei occhi scuri e sottili penetrarono quelli verdi di lei. «Ti ho persa?»
 
Rimase in silenzio prima di rispondere, «No.» La sua espressione si addolcì. «Mi sei entrato nel cuore ancora più di prima.»
 
Le sorrisi. Aprii la porta e la tenni spalancata per lei. Mi passò di fianco, ma si fermò. «Oppa,» mi chiamò.
 
«Hm?»
 
«Non mi chiederai di rivederci, vero?» Silenzio. «Non mi chiederai neppure il mio nome, o il numero?» Ancora silenzio. «Posso almeno darti un bacio sulla guancia?» Ridacchiai intenerito. Mi avvicinai e le posai una mano sul viso, stampandovi un bacio talmente casto che le mie labbra sfiorarono a malapena la sua pelle. «Non dimenticherò mai questa notte,» mi sussurrò prima di andarsene e lasciarmi da solo nel buio di quella camera d’albergo.
 
Io invece sì. L’avrei dimenticata come avevo dimenticato tutte le altre notti. Come avevo dimenticato tutte le donne con cui ero stato a letto, per il semplice gusto di provare piacere carnale.
 
Io gli donavo la mia musica, le mie parole, il mio rap. Loro mi offrivano piacere in cambio. Era uno scambio equo, e del tutto consensuale. Sia chiaro. Mai mi sarei permesso di alzare un dito sulla ragazza che avrebbe rifiutato. Anche se fino ad ora non avevo mai ricevuto un no come risposta.
 
Sospirai e chiusi gli occhi. Perché ero diventato così? Cosa mi mancava? Forse lo sapevo e non volevo ammetterlo a me stesso.
 
«Che stanchezza…» bofonchiai grattandomi il retro della testa. Andai in bagno per una doccia veloce e sprofondai nel letto.
 
Ecco il motivo per cui Min Yoongi ha sempre sonno.
 
ngolo.utore
 
In realtà volevo scrivere un capitolo più corto, ma sono uscite fuori 1430 parole! Non mi regolo proprio. Il capitolo comincia con il botto, ma volevo farvi subito inquadrare il personaggio di Yoongi. Ho fatto davvero fatica a scrivere la scena smut e non sono del tutto soddisfatta, a dire il vero. Spero di migliorare in seguito :) Fatemi sapere cosa ne pensate, e vi ringrazio per le cose sempre carine che mi scrivete «3 Un bacione a tutti 😘

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Capitolo 3
*** Blackmail ***


❖ Blackmail
_______
­­­YORIN POV
 
«Stai scherzando, vero?»
 
Guardai Ji Woo con l’espressione più minacciosa che riuscissi a fare. Avevo assottigliato così tanto gli occhi che credetti sarebbero scomparsi completamente insieme alle palpebre. A pensarci bene, non sarebbe stato un bello spettacolo.
 
Ji Woo, tuttavia, non fece una piega di fronte alla mia faccia spaventosa. Anzi. Sporse il labbro inferiore e mise un piccolo broncio che mi fece sollevare gli occhi al cielo.
 
«Yorin…» mi supplicò con gli occhi lucidi.
 
«Chon Ji Woo, non pensarci neanche!» l’ammonii chiamandola con il suo nome intero per suonare più minacciosa. L’allontanai dalla mia faccia e continuai a camminare sul marciapiede.
 
Mi stava seguendo da quando eravamo uscite da lavoro, e non mi aveva dato un attimo di tregua. Camminai a passo spedito finché non me la ritrovai di nuovo tra i piedi, per la dodicesima volta. Fui costretta a fermarmi per non andarle addosso. Chiusi gli occhi in preda alla frustrazione.
 
«Yorin… Yorin, ti sto supplicando! Sono già stata sfortunata, non trasformarla in una tragedia! Non ti sto mica chiedendo la luna!»
 
Sbattei nervosamente il piede a terra e aprii gli occhi, fulminandola ancora una volta.
 
«Peggio! Preferirei fare quello piuttosto che andare ad un fan-sign! E lo sai benissimo, Ji Woo!»
 
«Lo so, lo so… So bene che odi queste cose. Che non sopporti le urla isteriche, le spinte e la confusione. E non ti piace neanche quel genere di musica. Ma non puoi farmi questo piacere almeno una volta nella vita? Te l’ho già spiegato. Ho vinto il mio primo biglietto per un fan-sign e non posso andarci perché quel giorno dovrò partire con la crew. Tu resterai qui a causa del tuo infortunio. Perché non puoi andarci al posto mio e farmi firmare il cd?»
 
«Perché non sopporto queste cose, okay?!» strepitai. «Non posso stare in mezzo ad un esercito di ragazzine con gli ormoni a mille. Mi sale l’istinto omicida soltanto a pensarci. Potrei fare una strage, te ne rendi conto?»
 
Ji Woo sbuffò e mi guardò ancora una volta con gli occhi lucidi. Maledizione.
 
«Sarò in debito con te e potrai chiedermi di fare tutto quello che vuoi. Ci stai?»
 
La guardai in silenzio e lei non perse tempo a sfruttare quell’occasione. Aveva visto una breccia nel mio scudo di ferro e stava cercando di forzare la spada per trafiggermi dritta al cuore.
 
«Ti comprerò una figure di Kumamon.» Colpita e affondata. Ji Woo cominciò a saltellare sul posto quando capii che ormai mi aveva in pugno. «Una figure gigante. Anzi, la polaroid di Kumamon! Non mi avevi detto che avresti fatto di tutto per averla? Beh, ringraziami. Te ne sto dando la possibilità.»
 
Digrignai i denti e Ji Woo indietreggiò per la paura, e fece bene.
 
«Ti odio da morir-» Non riuscii a finire la frase perché mi ritrovai le sue braccia strette intorno al collo. Dovetti aprire la bocca per inalare ossigeno visto che mi stava stritolando i polmoni.
 
«Grazie! Grazie! Grazie!»
 
«Sì, sì. Ho capito. Adesso scollati.»
 
Me la levai di dosso e continuai a camminare per la mia strada. Ji Woo mi seguì, cominciando a saltellare per la gioia di essere riuscita a ricattarmi.
 
«Non vuoi neanche sapere chi sono?»
 
«Dovrebbe interessarmi?»
 
«Dai, è impossibile che non li conosci. Ecco, guarda. Sono loro!»
 
Indicò il punto più alto del grattacielo che avevamo appena sorpassato. Sollevai il collo e diedi un’occhiata allo schermo ultra-gigante che rischiava di farmi storcere gli occhi a causa dei troppi colori. Vidi sette ragazzi che ballavano e si muovevano a ritmo di musica. Uno di loro aveva appena lasciato cadere il microfono per terra e aveva voltato le spalle con nonchalance, come se fosse l’uomo più ricco sulla faccia della terra. Si era unito agli altri sei e lo schermo si era oscurato, facendo apparire la scritta a caratteri cubitali: BTS.
 
Un frastuono agghiacciante mi sfondò i timpani quando le fan sotto il tabellone pubblicitario urlarono a squarciagola.
 
Mi voltai verso Ji Woo, che prese la saggia decisione di evitare il mio sguardo, facendo finta che ci fosse qualcosa di veramente interessante dall’altra parte della strada.
 
Bene, perché quel giorno avevo in mente di compiere un omicidio.


ᗩngolo.ᗩutore

Okay, la protagonista mestruata mi mancava. Povero Yoongi x'''D Mi piaceva l'idea della non-fan perché lui è abituato a non essere mai rifiutato. Fatemi sapere cosa ne pensate ^^ Un bacione!

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Capitolo 4
*** Fan-Sign ***


hookupfansign
Fan-Sign

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­­­YOONGI POV
 
«Yoongi? Yoongi, sveglia. Siamo arrivati.»
 
Qualcuno mi scosse la spalla e riconobbi subito la voce di Jin-hyung.
 
«Siamo già arrivati?» chiesi con la voce impastata dal sonno.
 
Mi strofinai gli occhi e raddrizzai leggermente la schiena, guardando fuori dal finestrino oscurato del van. Mi massaggiai il retro del collo mentre cercavo di mettere a fuoco le miriadi di fan che stavano urlando al nostro passaggio. L’autista si fermò esattamente davanti all’entrata del Department Store Plaza di Daegu. Da quanto tempo non tornavo nella mia città natale? Non vedevo i miei genitori da prima del tour e avrei tanto voluto fare un salto a casa mia. Purtroppo, il tempo non me lo permetteva.
 
Eravamo appena tornati dall’America e già ci aspettavano le promozioni per il nuovo album, i servizi fotografici, le esibizioni nei programmi televisivi, gli allenamenti nella sala prove fino alle tre del mattino. Durante il comeback, era difficile anche solo trovare il tempo per respirare.
 
«Hyung? Tutto bene?»
 
Mi voltai e vidi la capigliatura bionda di Jimin. I suoi occhi piccoli e stretti mi stavano fissando con apprensione.
 
«Sì, stavo solo pensando che sono a circa mezz’ora da casa e non posso andarci.»
 
«Vuoi andare a trovare i tuoi?» domandò Jungkook mentre si sistemava la camicia blu scuro nei pantaloni neri attillati. Si passò una mano tra i capelli per sistemarsi il ciuffo che gli ricadeva sul viso. «Possiamo chiedere a Bang-PD, se vuoi.»
 
«Lo sapete che non c’è tempo,» replicò Namjoon. «Dopo il fan-sign dobbiamo partecipare al party organizzato da uno dei nostri sponsor. È già tutto programmato.»
 
«Uuh, Yoongi-hyung! Mi sa che anche stanotte farai le ore piccole,» disse J-Hope scatenando le risate di Jimin e Jungkook.
 
«Non ci pensare nemmeno!» intervenne Namjoon rivolgendosi a me. «Già ieri sera mi hai fatto penare. Questa volta vedi di controllarti. Non ho voglia di alzarmi di nuovo alle due del mattino per venire a bussare alla tua fottuta porta e dirti di fare silenzio.»
 
Tutti si scambiarono uno sguardo divertito, ma trattennero le risate per non far incazzare ancora di più il nostro Leader. Io sollevai gli occhi al cielo e mi alzai dal mio posto, precedendo tutti quanti verso la portiera. Taehyung mi si avvicinò, proprio mentre le porte si spalancavano per farci scendere dal van. Mi mise una mano intorno alle spalle, come per confortarmi.
 
«Non prendertela, Hyung,» mi sussurrò all’orecchio. «Namjoon ha solo paura che il tuo passatempo possa mettere in cattiva luce il nostro gruppo. Lo sai com’è fatto. È fin troppo apprensivo.»
 
«Lo so, Tae,» gli risposi mentre mi alzavo la mascherina nera per coprire il naso e la bocca.
 
«E anche io vorrei andare a casa visto che è a solo un quarto d’ora da qui, ma il nostro lavoro ha la priorità, no?»
 
Annuii, dandogli una pacca sulla schiena per fargli capire che aveva ragione. Mi staccai da lui e mi voltai verso la strada. Fui il primo a scendere dal van e a essere inondato da una miriade di flash e voci isteriche che gridavano il mio nome. Le urla aumentarono di tono quando tutti gli altri si unirono a me sul marciapiede. Sollevai una mano e salutai in tutte le direzioni, dirigendomi a passo spedito verso il palazzo, seguito dai miei compagni, le guardie del corpo e i nostri manager. Mi guardai intorno, tanto per dare una veloce occhiata alle ragazze in prima fila. Ma nessuna di loro attirò il mio interesse.
 
Ormai era diventato un vizio. Lo sapevo anch’io che era una cosa poco etica e che, soprattutto in Corea, era visto come un tabù. Ma non potevo farci niente. Il vuoto che sentivo nel cuore mi chiedeva costantemente di essere colmato, e io non potevo fare altro che arrendermi alle sue richieste disperate. In questo modo avrei sentito meno male. In questo modo mi sarei sentito completo.
 
Ci fermammo quasi a metà strada per farci fotografare, disponendoci tutti su di una fila. Hoseok cominciò a sorridere e a muoversi come al suo solito. Namjoon aveva lo sguardo serio e il sorriso tirato, forse a causa della discussione di prima nel van. La maknae line era vivace come al suo solito mentre Jin mandava baci a destra e a manca causando un rialzo incontrollato delle urla. Io mi limitai a sollevare il pugno verso i vari obiettivi che ci stavano letteralmente spogliando.
 
Lo staff ci indicò di avanzare e ci fece strada verso l’ingresso del Department Store Plaza. Era pieno di negozi e brand costosissimi. V adocchiò subito quello di Gucci e Jungkook fu costretto a tirarlo per la camicia rossa e convincerlo a tenere il passo. Le nostre guardie del corpo ci scortarono verso un’altra entrata che avremmo usato per raggiungere la sala del fan-sign. Dai finestroni sulla nostra destra, potevamo intravedere la fila di Army fortunate che avevano vinto l’accesso al nostro fan-sign con l’acquisto dell’album. A occhio, erano circa duecento, se non di più.
 
Si misero nuovamente a urlare quando ci videro passare di fianco a loro. Jimin e Hoseok le salutarono con un cenno della mano e alcune di loro rischiarono persino di farsi male per potersi avvicinare al vetro.
 
Mi fermai nel bel mezzo del corridoio, lasciando che gli altri mi sorpassassero. Feci un cenno con la testa a uno dei bodyguard che si era fermato ad aspettarmi, facendogli capire di andare avanti senza di me. Infilai le mani nelle tasche dei jeans chiari e mi persi a guardare quelle persone, chi più piccole, chi della mia stessa età, che si sbracciavano per cercare di toccare la mia figura dietro la lastra di vetro.
 
Ero circondato da tanta gente, eppure mi sentivo così solo. Solo come in quel corridoio buio.
 
‘In quel momento, non sapevo ancora che la mia felicità si trovasse proprio dall’altra parte di quel vetro. Non sapevo che qualche ora più tardi avrei guardato negli occhi il tassello mancante che avrebbe riempito il vuoto che lei aveva lasciato nel mio cuore. Che avrei incontrato l’uragano che mi avrebbe sconvolto definitivamente la vita.’ –Min Yoongi.
 
______________
­­­YORIN POV
 
Maledii per l’ennesima volta il branco di ragazzine che avevo dietro le spalle. Non la finivano più di spingere e mi ritrovavo puntualmente tra i piedi di quelle che mi stavano davanti.
 
«Tanto la fila non scappa, state tranquille,» le fulminai, girandomi verso di loro con uno sguardo severo e tagliente.
 
Vidi le espressioni sconvolte e impaurite delle tre ragazze, che fecero un impercettibile passo indietro con l’intento di allontanarsi da me. Alzai gli occhi al cielo e incrociai le braccia al petto, sbattendo nervosamente il piede per terra.
 
L’avrei uccisa. Avrei ucciso Ji Woo. Ero in fila da più di un’ora e mezza e non ci eravamo avvicinati neanche di un passo all’entrata di quella fottuta sala. Abbassai lo sguardo e l’occhio mi cadde sull’album che tenevo tra le mani. Me lo rigirai tra le dita per la curiosità, e anche per distrarmi dal mio malumore. Tolsi la protezione, stando attenta a non far cadere il cd, e presi tra le mani il book. Era tutto bianco e sopra vi era disegnato un fiore stilizzato che sfumava dal rosa al celeste, passando per il viola. La scritta LOVE YOURSELF era fatta allo stesso modo, così come il kanji ‘Her’. La resa grafica era piuttosto carina, dovevo ammetterlo. Aprii il book e cominciai a sfogliarlo, ritrovandomi davanti le immagini di quei sette ragazzi immersi nei fiori, avvolti da un’atmosfera eterea e paradisiaca. Sul bordo c’era la lettera O. Significava che c’erano altre versioni?
 
Girai le pagine con la delicatezza che di solito si usa per maneggiare un fiore. Non solo perché Ji Woo mi avrebbe uccisa se le avessi rovinato l’album, ma anche perché sentivo che non avrei potuto sfogliarlo in modo diverso. Quelle immagini erano così pure e artistiche che temevo di intaccarle semplicemente passandovi sopra le dita.
 
All’improvviso, qualcuno mi diede uno spintone e mi ritrovai sovrastata da tutte le ragazze che stavano aspettando in fila. Mi premetti l’album contro il petto e sibilai a causa del dolore al polso slogato. La fasciatura era stata d'aiuto, ma con la botta appena ricevuta avevo visto le stelle.
 
Mi veniva voglia di imprecare.
 
Delle urla isteriche mi bucarono i timpani e improvvisamente la folla mi trascinò in avanti, facendomi sbattere contro una superficie di vetro. Strinsi gli occhi a causa del dolore. Li aprii di nuovo e sollevai lo sguardo. I miei occhi incontrarono un viso coperto dalla mascherina, appartenente al ragazzo che se ne stava immobile dall’altra parte del vetro. Indossava una giacca nera e una camicia bianca con lo scollo a V che gli lasciava scoperto il petto. Teneva le mani nelle tasche dei jeans chiari, fissandoci con un’espressione seria. I capelli celesti gli coprivano la fronte e lasciavano intravedere i suoi occhi, piccoli e azzurri a causa delle lenti a contatto.
 
Dove lo avevo già visto?
 
Era il tipo del cartellone pubblicitario. Quello che aveva lanciato via il microfono. Ed era anche uno dei sette ragazzi ritratti nelle foto dell’album che stavo ancora stringendo contro il petto. Un unico nome usciva dalla bocca rumorosa delle fan, continuando a ripetersi nelle mie orecchie.
 
In quel momento, capii di avere appena scoperto come si chiamava il motivo per cui mi trovavo schiacciata contro quel fottutissimo vetro. Min Yoongi.
 
▫◦▫◦▫
 
Finalmente la situazione si era sbloccata. Ci avevano fatto entrare nella sala e naturalmente ero stata di nuovo travolta dalla marea di ragazze impazzite che si stavano uccidendo tra loro per sedersi in prima fila. Ma nessuno aveva spiegato a quelle assatanate che avevamo i posti già assegnati? Secondo loro a cosa serviva il numero sul biglietto? A tenere il conto del numero di capelli che si sarebbero strappate? Un po’ inverosimile visto che arrivavano solo fino al 280.
 
Diedi il mio biglietto ad una ragazza che mi aveva chiesto gentilmente di fare cambio visto che io stavo in seconda fila e lei nella penultima. Almeno c’erano ancora delle persone normali e di buone maniere. Le sorrisi (il mio primo vero sorriso di quella giornata) e ci scambiammo i biglietti. Mi diressi verso il fondo della stanza e presi posto su una poltroncina, tirando un sospiro di sollievo. Lì si respirava un’atmosfera decisamente più tranquilla.
 
Mi presi il polso tra le mani e feci una leggera pressione. Era più dolorante del solito. Maledette scriteriate.
 
Il mio cellulare vibrò ben quattro volte nella tasca posteriore dei miei pantaloncini di jeans e lo tirai fuori aiutandomi con l’altra mano. Diavolo, ora non riuscivo neanche a muovere le dita. Inserii il codice e mi apparve subito la sfilza di messaggi di Ji Woo.
 
«Rompipalle1
Sei dentro?
Li hai visti?
Sono arrivati?
Stai facendo la fila?
 
Tu»
Calmati, squinternata ✓✓
 
«Rompipalle1
Non dirmi che sei ancora a casa
 
Tu»
E anche se fosse? ✓✓
 
«Rompipalle1
YORIN!!!!
 
Spostai l’attenzione verso il palco quando le mie orecchie furono testimoni del più alto grado di urla spaccatimpani che avessi mai sentito in tutti i miei 24 anni di vita. I sette ragazzi erano appena saliti sul palco, formando una fila. Tutti loro avevano un microfono in mano e stavano sorridendo verso di noi. Anche quello che avevo visto prima, che ora non aveva più il volto coperto dalla mascherina.
 
Il più alto si portò il microfono vicino alla bocca, come se avesse intenzione di parlare o fare un discorso.
 
«Army!» urlò, e la stanza si riempì di risposte affermative. «Ultimamente siamo stati in America e ci siamo esibiti agli American Music Awards. Avete fatto il tifo per noi, vero?» Altre risposte affermative. «Non finirò mai di ricordarvi che questo è tutto merito vostro. Siamo riusciti ad arrivare dove siamo perché voi ci avete supportato fino ad adesso, e continuate a farlo ogni giorno. Passiamo queste due ore insieme e cerchiamo di divertirci, okay?» Ennesima risposta affermativa da parte della platea.
 
Cazzo, due ore?! Questo Ji Woo non me l’aveva detto. Che volpe.
 
Anche gli altri ragazzi cominciarono a parlare, scherzando e ridendo fra di loro, e facendo ridere anche le 279 persone presenti. Io non badai ai loro discorsi, continuando a ripetermi che dopo quella tortura avrei ottenuto la mia polaroid di Kumamon. Era l’unico motivo per cui avevo ancora il culo attaccato alla poltroncina. Anche se dovevo ammettere che era comoda.
 
Il mio cellulare vibrò ancora una volta.
 
«Rompipalle1
Yorin!!!! Sei rimasta davvero a casa????
 
Aprii la fotocamera e scattai delle foto a caso, mandandole alla squilibrata.
 
Tu»

 ✓✓
 ✓✓
 ✓✓
 
 
«Rompipalle1
OMMIODDDIO
NONCICREDO
TIAMOOOOOO
STOMALE
 
Tu»
Se mi ami così tanto comprami
anche la figure gigante di Kumamon ✓✓
 
«Rompipalle1
Cazzo, ti compro tutto quello che vuoi
 
Tu»
Guarda che faccio lo screenshot a questa conversazione ✓✓
Non puoi rimangiarti la parola ✓✓
 
«Rompipalle1
Ma perché le foto sono così lontane?
Non stavi in seconda fila?
 
Tu»
No, sono in penultima ✓✓
Ho fatto cambio con una tipa ✓✓
 
«Rompipalle1
Hai fatto cosa…?
Stai scherzando vero??????
Dalla seconda fila potevi fotografargli anche i peli del naso!
Io ti uccidooo!!!!!!
 
Tu»
Spero che tu stia scherzando ✓✓
Se no fatti vedere da uno bravo ✓✓
 
«Rompipalle1
È UN MODO DI DIRE CRETINA
 
Tu»
Sì vabbè ✓✓
Come si chiama quello a cui devo far
fare un selfie con il MIO cellulare? ✓✓
Non mi ricordo più ✓✓
 
«Rompipalle1
JUNGKOOK!
J
U
N
G
K
O
O
K
 
Tu»
Non c’era bisogno dello spelling ✓✓
Non sono ritardata ✓✓
 
«Rompipalle1
Dio, non osare dimenticartene
Ti uccido davvero se lo fai
E la polaroid di Kumamon te la scordi
 
Tu»
E tu non scordarti  la figure gigante ✓✓
 
Sbuffai e oscurai lo schermo del cellulare, rimettendolo nella tasca dei miei pantaloncini. Sollevai lo sguardo e mi accorsi che avevano già cominciato a far scorrere il primo gruppo di ragazze. Non prestai particolare attenzione all’ora e mezza successiva. Ci avevano diviso in 8 gruppi, ciascuno composto da 35 persone. Io, avendo scambiato il mio biglietto con quella di prima, ero capitata nell'ultimo. Ecco cosa succede quando si vuole essere troppo gentili. Lo prendi sempre in quel posto.
 
Giochicchiai con il mio cellulare finché uno dello staff non urlò letteralmente il mio numero quando non risposi alla prima chiamata. Tutte le altre del mio gruppo erano già in fila, ma io ero stata troppo impegnata a tagliare la frutta che volava sullo schermo del mio cellulare. Presi l’album che avevo abbandonato sulla poltrona di fianco alla mia e mi unii alla fila che partiva quasi da metà sala. Naturalmente ero l’ultima.
 
La fila scorreva velocemente. Ogni persona poteva parlare con ogni membro per un massimo di tre minuti, altrimenti avremmo fatto notte, per dirla in poche parole. Se si andava fuori tempo, un membro dello staff compariva magicamente dietro la schiena di quello con cui stavi parlando, facendoti capire di spicciarti e non intralciare il flusso della fila. Peggio di Kim Shin nel drama Goblin quando Ji Eun Tak soffiava sulla candela.
 
Finalmente arrivò il mio turno. Mi inginocchiai per arrivare all’altezza del tavolino dietro cui era seduto il primo membro del gruppo. Incontrai subito il suo sguardo caloroso e il suo sorriso squadrato. Aveva una faccia simpatica.
 
«Ciao!» mi salutò allegramente, prendendo l’album che tenevo tra le mani. «Sei la ritardataria, eh? Non starai mica cercando di imitare Jimin?» mi chiese aprendo una pagina a caso.
 
Sollevai le sopracciglia. «Non avevo sentito. Stavo giocando al cellulare.»
 
Scoppiò a ridere, sorprendendomi. «Questa è nuova! Di solito non ci togliete gli occhi di dosso.»
 
«Sono passate due ore e avevo voglia di guardare qualcos’altro.»
 
Rise ancora e prese il pennarello al suo fianco. «Beh, su questo non posso darti torto. Il tuo nome?»
 
«Ji Woo,» mentii. In fondo la dedica doveva essere per lei.
 
«Ji…Woo…» fece lo spelling mentre lo scriveva e firmava sotto una sua foto con dei girasoli. Disegnò una specie di fiore e riuscii ad intravedere una piccola V su un lato.
 
«Ciao, Ji Woo. È stato un piacere incontrarti. Spero che continuerai a supportarci anche in futuro,» mi disse con uno sguardo pieno d’amore e sincerità. Sollevò una mano con il palmo rivolto verso di me.
 
Voleva che gli dessi il cinque?
 
Lo feci con un po’ di incertezza e accennai un veloce sorriso. Il ragazzo dai capelli grigi fece scivolare l’album verso il compagno alla sua sinistra. Io feci la stessa cosa con le mie ginocchia, però a destra.
 
«Ehi!» gridò il nuovo tizio facendomi sobbalzare per la sorpresa. Il suo sorriso mi stava accecando.
 
«Ciao,» gli risposi, sempre titubante. La sua vivacità mi metteva soggezione, e anche i suoi capelli rosso fuoco. «Prima volta che ci incontriamo?» mi chiese guardandomi dritto negli occhi. Aveva la faccia leggermente lunga e gli occhi di un bambino felice.
 
«Sì, è la mia prima volta ad un fan-sign.» E l’ultima, aggiunsi internamente.
 
Il ragazzo annuì e abbassò per un attimo lo sguardo, leggendo il nome che aveva scritto precedentemente il suo compagno.
 
«Ji Woo,» disse mentre scribacchiava la dedica e firmava anche lui. Disegnò una specie di fumetto e dentro ci scrisse BTS Hope. Mi guardò ancora negli occhi, studiando attentamente la mia faccia. «Sei troppo seria, Ji Woo! Cos’è quel broncio? Stai incontrando i BTS! Fammi un bel sorriso, vuoi?» Si portò le dita agli angoli delle labbra e li tirò verso l’alto. «Sorridi, dai!»
 
Ma cosa voleva ‘sto tipo? Lo accontentai, solo per poter proseguire e togliermi velocemente dalle scatole. Peccato che al posto del sorriso mi uscì una smorfia.
 
«Meglio, ma non sono ancora soddisfatto. Ti lascio andare solo perché sono costretto. Ma la prossima volta voglio vedere un sorriso fatto come si deve. Intesi?»
 
La prossima volta? Questo non aveva capito niente. Non mi avrebbe rivista più, nemmeno nei suoi sogni. Annuii e scivolai ancora verso destra, ricambiando il saluto fin troppo eccitato del tipo con i capelli rossi. Mi stava letteralmente agitando le mani in faccia.
 
Il prossimo era davvero un bel ragazzo. Aveva i capelli neri e un viso che risplendeva di luce propria. Quando mi sorrise, dovetti ammettere che mi lasciò senza fiato. Mi venne voglia di alzarmi e scappare via. Anche lui lasciò la dedica sul book e una firma che mi sembrava quella di un uomo in carriera. Praticamente illeggibile.
 
Tuttavia, mi lasciò completamente basita quando mi disse, «Sai dove va in vacanza d’estate un canguro? Nel Mar Supio!» Scoppiò a ridere solo lui e cominciò a battere freneticamente le mani. Vidi i tre di prima fare una faccia sconvolta e rassegnata allo stesso tempo.
 
Ma dove diavolo ero finita?
 
Mi spostai per proseguire mentre il moro mi diceva, «Era così brutta? Vuoi che te ne racconti un’altra?»
 
«No no grazie, quella mi è bastata,» risposi mentre mi mandava un bacio volante con la mano.
 
Sollevai lo sguardo sul quarto ragazzo. Era quello che aveva parlato per primo, il più alto di tutti. Aveva i capelli biondi tendenti all'arancio. Molto tendenti all'arancio.
 
«Hi!» mi salutò in inglese. «Lascia perdere Jin, lo sai com’è fatto.» Mi sorrise e sulle sue guance comparvero due graziose fossette. Tuttavia, quando i suoi occhi ispezionarono per bene il mio volto, si rabbuiò. Chinò la testa sul book, ma non mi sfuggì la veloce occhiata che buttò alla sua sinistra, oltre il compagno che aveva di fianco. «Ji Woo, è un bellissimo nome,» mi disse, ritornando a guardarmi e a sorridermi.
 
«Grazie,» risposi. Ji Woo sarebbe impazzita quando gliel’avrei detto.
 
La firma di questo tizio era più illeggibile di quella del ragazzo di prima. Non se ne rendevano conto o era una cosa voluta? Avevo cercato di leggere i nomi di tutti e speravo di non aver saltato Jungkook. Ji Woo mi avrebbe uccisa, e addio Kumamon.
 
Il tipo che sapeva l’inglese mi congedò con un «Grazie di essere un’Army, Ji Woo. Lo apprezziamo davvero tanto e cercheremo di dare sempre il massimo.» Fece un piccolo inchino mentre tendeva il book al ragazzo al suo fianco.
 
Quella situazione mi fece sentire un po’ a disagio. Non ero una loro fan, non mi chiamavo Ji Woo e non doveva sentirsi obbligato a chinare il capo davanti a me. In fondo, era come se li stessi prendendo in giro. Ma preferivo evitare di dirgli che ero lì solo come sostituta della mia migliore amica. Sarebbe stato ancora più imbarazzante.
 
Sollevai lo sguardo e incontrai gli occhi neri e rotondi del quinto ragazzo che mi stava fissando con una certa curiosità. Anzi, non mi stava fissando. Mi stava squadrando dalla testa ai piedi. Si sporse persino dal tavolo per dare un’occhiata alle parti del mio corpo che non riusciva a vedere.
 
Che diavolo di problemi aveva questo tipo?
 
«Oh, accidenti,» si lamentò sbattendosi una mano sulla fronte. «Hyung, siamo nei guai,» disse rivolgendosi al ragazzo alla sua destra, quello con cui avevo appena parlato.
 
Quest’ultimo fece un sospiro e sollevò gli occhi al cielo. «Lo so, me ne sono accorto.»
 
«Posso sapere di cosa stiamo parlando?» domandai, guardando entrambi i ragazzi. Quello moro di fronte a me si limitò a farmi un grande sorriso, forse per farmi distrarre da ciò che stavano dicendo.
 
«Niente, niente. Non preoccuparti…» fece una pausa e guardò sul book, «…Ji Woo, giusto?» Annuii. «Mia cugina si chiama Ji Woo. Mi è sempre piaciuto questo nome. È molto femminile,» disse mentre scarabocchiava il suo su uno spazio vuoto della pagina. Finalmente qualcosa di chiaro e leggibile. Jungkook.
 
Cazzo, era lui. Non persi tempo a tirare fuori il mio telefono dalla tasca e a porgerglielo con entrambe le mani.
 
«Puoi farti un selfie?» gli domandai senza troppi giri di parole. A quanto pare non se l’aspettava, perché fece una faccia scioccata. Gli occhi stavano per uscirgli dalle orbite. Ma non mi sembrava di avergli chiesto la luna.
 
«Oh, certo,» rispose quando si fu ripreso dalla sorpresa iniziale.
 
Provò diverse angolazioni fin quando non riuscì a scattarsene finalmente uno. Dio, ma era così difficile? Io non ero il tipo da selfie, ma almeno ci mettevo mezzo secondo e non stavo lì a ricontrollarlo. Questi Idol…
 
Mi porse il telefono e io chinai la testa per ringraziarlo. Stavolta la mia gratitudine era sincera. Con quella foto avrei potuto ricattare Ji Woo. Avevo una bomba nucleare nel telefono, pensava che non lo sapessi? Ora avrei potuto chiederle qualsiasi cosa.
 
«Ciao, Ji Woo! È stato un piacere conoscerti,» mi disse Jungkook sollevando entrambe le mani verso di me. «Batti il cinque!»
 
Anche lui? Doveva essere un grande amico del primo della fila. In effetti me lo ricordava un sacco. Avevano la stessa energia. Battei i palmi contro i suoi (piano per evitare di vedere di nuovo le stelle) e il moro continuò a salutarmi anche quando mi spostai verso il penultimo ragazzo. Era quasi finita.
 
«Ehi, principessa.»
 
Oh Gesù. Questa non l’avevo ancora sentita. Finsi l’ennesimo sorriso, ma dovetti ricordarmi di respirare quando venni completamente abbagliata da quegli occhi sottili e sorridenti. Il ragazzo biondo mi stava fissando con un amore che poteva essere paragonato solo a quello di mia madre.
 
«Ma smettila, Jimin-ssi!» lo ammonì Jungkook tirandogli una gomitata. «Ci stai provando per caso?»
 
«Non credo di essere io il problema,» rispose l’altro facendo svanire il sorriso dalla faccia del moro. Entrambi gettarono un’occhiata alla loro sinistra, proprio come aveva fatto il tipo di prima. Che c’era di così tanto interessante? Non feci in tempo a girarmi che il ragazzo biondo di fronte a me scarabocchiò la sua firma sul book (naturalmente illeggibile) e poggiò il peso sui gomiti per avvicinarsi alla mia faccia. Allungò un braccio e mi scompigliò i capelli.
 
«Ottima scelta la versione O di Her. Piace tantissimo anche a me. È la mia preferita,» affermò mentre ritirava il braccio e sollevava il pollice. Mi sorrise.
 
Lo guardai basita. Mi aveva appena trattato come una ragazzina? Come minimo avevo due anni più di lui. Mi risistemai i capelli con una faccia indecifrabile, cercando di mordermi la lingua e non rispondergli per le rime. Mi conoscevo troppo bene.
 
Guardai con la coda dell’occhio la ragazza di fianco a me che stava ancora parlando con l’ultimo membro. Avrei voluto darle una gomitata e dirle di darsi una mossa, così che potessi alzarmi e andarmene a casa.
 
«È la tua preferita solo perché in quella versione sei uscito bene,» disse Jungkook, che ricevette uno spintone da parte del biondo. Le fan sedute in platea impazzirono a causa di quel contatto tra i due.
 
«Kook! Non intrometterti nella mia discussione! Tu hai già parlato con Ji Woo.»
 
«Lei era l’ultima e quindi ora non ho niente da fare. Cosa c’è di male se ascolto la vostra conversazione?» ribatté Jungkook con un sorrisetto furbo sulle labbra. «Hai paura che possa soffiarti una fan? Anche se penso di essere io il suo preferito. Sono l’unico a cui ha chiesto un selfie.»
 
Mentre i due ragazzi discutevano tra loro, ne approfittai per sgattaiolare al posto della ragazza che si era appena alzata, lasciandomi il via libera con l’ultimo membro. Tuttavia, quando presi posto davanti a lui, dovetti nuovamente voltarmi poiché mi sentii addosso sei paia di occhi. Ed avevo ragione. Mi stavano fissando tutti, a partire da quello in fondo con i capelli grigi fino ad arrivare al biondino da cui mi ero appena allontanata.
 
Cos’avevano da fissare con così tanta insistenza?
 
Mi voltai, incatenando gli occhi a quelli azzurri e taglienti del ragazzo che mi stava fissando con un’intensità mai vista prima. Mi sentii… intimorita.
 
Io? Intimorita? Impossibile.
 
Era il tipo che stava dietro al vetro. Lo stesso del cartellone pubblicitario. E anche quello che mi era rimasto più impresso tra tutti e sette. Non mi disse niente, ma i suoi occhi abbandonarono il mio viso e si abbassarono sul mio collo, percorrendomi la linea delle clavicole. E continuarono ad andare giù. Sempre più giù.
 
Mi sentii nuda sotto il suo sguardo.
 
Mi avvolsi istintivamente le braccia intorno e poggiai i gomiti sul tavolino, cercando di coprire la forma del seno che stava palesemente adocchiando. Lo fissai intensamente negli occhi, convincendolo a sollevare i suoi per guardarmi di nuovo in faccia. Quando lo fece, si leccò il labbro inferiore con la lingua.
 
Senza mai distogliere lo sguardo dal mio, allungò un braccio verso destra e afferrò il book che era rimasto tra le mani del ragazzo biondo al suo fianco. Lo fece slittare davanti a sé e finalmente abbassò gli occhi per dare un’occhiata alquanto interessata alle varie firme e dediche. Tornò a guardarmi e mi fece un sorriso che mostrò molto più di quello che voleva dare a vedere.
 
«Ji Woo,» disse con voce roca e suadente. «È un piacere fare la tua conoscenza.»
 
‘In quel momento, non sapevo ancora che la mia felicità si stesse nascondendo dietro quello sguardo carico di lussuria. Non sapevo che quello stesso sguardo si sarebbe trasformato nella forma d’amore più pura su cui avessi mai avuto la fortuna di posare gli occhi.’ –Kang Yorin.



ᗩngolo.ᗩutore
Stavolta capitolo più lungo. Mi sono divertita un sacco, soprattutto a scrivere la conversazione tra Yorin e Ji Woo via messaggio x''D Spero di aver descritto bene i vari caratteri dei Bangtan. Ho cercato di farli più fedeli possibili agli originali, anche se è stato parecchio complicato pensare a cosa fargli dire ahaha Come avrete notato, la storia è ambientata durante l'Era di Her.

Mi piaceva l'idea di inserire delle citazioni dei due protagonisti, come se stessero parlando da un futuro in cui i fatti presenti si sono già svolti. Credo che continuerò a farlo anche nei prossimi capitoli. Ditemi cosa ne pensate e se la trama vi intriga! Un bacio e al prossimo capitolo ^^

Instagram: btsuga_d

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Capitolo 5
*** Deal ***


hookupfansign
Deal


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­­­YOONGI POV
Spostai nuovamente lo sguardo verso il basso, adocchiando la sua seconda abbondante. Avevo avuto di meglio, ma ciò che vedevo non mi dispiaceva per niente. Inclinai leggermente la testa e senza staccarle gli occhi di dosso feci una veloce firma sull’unico spazio vuoto che era rimasto su quella pagina del book: la faccia di V. Disegnai una S, muovendo elegantemente la mano come se stessi dirigendo un’orchestra di musica. I braccialetti d’argento intorno al mio polso tintinnarono, facendo da sottofondo al nostro scambio di sguardi.
 
Era brava. Non era ancora arrossita.
 
«È davvero Jungkook il tuo preferito?» le chiesi, riferendomi al maknae seduto di fianco a Jimin. Potevo sentire il suo sguardo addosso. Anzi, quello di tutti gli altri.
 
Finii di lasciare la mia firma e posai il pennarello sul tavolo, chinandomi leggermente in avanti per avvicinarmi al suo viso. Non si mosse di un centimetro.
 
«Non esattamente,» mi rispose, impassibile. «Per me siete tutti uguali.»
 
Aveva uno sguardo di ghiaccio. Fiera e impetuosa come una pantera. La sua voce era così calda e sexy che non potei fare a meno di immaginarmela mentre gridava il mio nome. Mi venne voglia di prenderla lì, davanti a tutti. Su quel dannato tavolino che ci separava.
 
«Ah sì?» le sussurrai, facendo strisciare i gomiti in avanti per avvicinarmi ancora di più al suo volto. Le sue iridi, castane e contornate da lunghe ciglia nere, si abbassarono sulla mia mano, che aveva appena intrecciato le dita con le sue. Dio solo sa cosa mi stavo immaginando nel toccarle quelle dita lunghe e perfette. «Potrei farti cambiare idea molto velocemente,» le sussurrai all’orecchio, leccandomi volutamente le labbra.
 
A causa della nostra stretta vicinanza, udii qualche urletto sollevarsi dalla platea. Vidi anche qualche flash sparato nella nostra direzione. Ma non m’importò, troppo impegnato a studiarle la linea del collo e la piega dei seni, di cui ora avevo una visuale perfetta.
 
Si allontanò leggermente e fui costretto a risollevare lo sguardo per incontrare nuovamente il suo volto marmoreo. Era bellissima. Una bellezza che avevo avuto occasione di vedere poche volte. Per questo ero curioso di dare un’occhiata anche alle altre sue curve. Mi ero accorto di lei quando si era già inginocchiata, più o meno quando era stato il turno di Namjoon.
 
Dischiuse le labbra e non potei fare a meno di concentrarmi su quei due boccioli rosati. Era passato molto tempo dall’ultima volta che ero stato attratto dalla bocca di una donna, ma la sua aveva un non so che di magnetico. Mi allettava in un modo che avevo quasi dimenticato.
 
Ji Woo, tuttavia, continuava a guardarmi e a non dire nulla. Stranamente, quel suo silenzio mi stava facendo eccitare ancora di più. Sentivo i pantaloni farsi sempre più stretti.
 
«Che hai fatto alla mano?» le domandai, notando finalmente la fasciatura che mi stava impendendo di toccare la sua pelle e godere di un vero contatto con lei.
 
«Incidente sul lavoro,» rispose secca.
 
Le sollevai la mano che stringevo già tra la mia e le lasciai un bacio sulle garze bianche, cercando di essere il più delicato possibile. La platea s’inondò di urla quasi isteriche.
 
«Fai attenzione,» le sussurrai quando ebbi staccato le labbra dal tessuto bianco. «Una donna dovrebbe sempre prendersi cura di sé stessa.»
 
Un ciuffo di capelli le ricadde sul volto quando si avvicinò nuovamente al mio viso, avvicinando le labbra al mio orecchio. Avvertii una scossa dolorosa al basso ventre che mi mozzò il fiato.
 
«Non preoccuparti,» mi sussurrò con voce sexy. «Non sono così fragile come pensi. Sono il tipo di donna a cui piace avere il controllo della situazione.»
 
Cazzo. Deglutii per contenermi dal saltarle selvaggiamente addosso. Feci scorrere le dita lungo il suo braccio, graffiandole leggermente la manica della maglietta per farle capire quanto la bramassi. Quando la desiderassi.
 
«Signorina, mi scusi,» c’interruppe una voce alle mie spalle. «Il suo tempo con Suga è scaduto. Sono passati più di tre minuti. La prego di ritornare al suo posto in platea.»
 
Sollevai velocemente la mano libera per far capire al bodyguard dietro di me di chiudere la bocca. «Va bene così, Junghoo» ordinai con voce ferma. «Può rimanere ancora un altro minuto.»
 
«No, non c’è bisogno,» intervenne Ji Woo. Mi guardò. «Non abbiamo altro da dirci.»
 
Mi avvicinai di nuovo a lei, sfiorandole i lunghi capelli castani mentre abbassavo nuovamente le dita. «Incontriamoci qui fuori al termine del fan-sign,» le sussurrai il più silenziosamente possibile, senza quasi muovere le labbra. «Ho qualcosa da dirti.»
 
Non mi rispose, ma continuò a guardarmi con quello sguardo profondo e tagliente che mi mandò completamente fuori di testa. Le lasciai andare la mano e richiusi il book, porgendoglielo e sorridendole con la testa inclinata. Lei lo prese senza esitare, e senza degnarmi di una risposta. Si alzò e mi voltò le spalle, dandomi una visuale completa del suo fondoschiena fasciato dai pantaloncini di jeans. Per non parlare delle curve perfette dei suoi fianchi e delle sue gambe bianche e slanciate.
 
Mi morsi il labbro ancora una volta, passandoci subito dopo la lingua.
 
«Hyung,» udii la voce di Jimin al mio fianco.
 
«Cosa?» risposi mentre continuavo a seguire il dondolio dei fianchi di Ji Woo.
 
«Chiudi la bocca o ci entrano le mosche. E asciugati la bava.»
 
«Oh, andiamo. Ma l’hai vista?» gli domandai incredulo voltandomi verso di lui. Quella volta non potevano biasimarmi. Nessuno sano di mente sarebbe rimasto con le mani in mano. «Ci hai provato persino tu.»
 
«Non ci stavo provando! Solo perché l’ho chiamata Principessa non vuol dire che voglio portarmela a letto!»
 
«Buon per me, allora.»
 
Jimin sospirò esasperato. Subito dopo vidi spuntare da dietro di lui la testa di Jungkook.
 
«Però il suo preferito resto sempre io.»
 
«Vedremo per quanto tempo ancora lo sarai,» proposi, facendo sparire quel sorrisetto compiaciuto dalla faccia del più piccolo. «Io dico che non passerai i prossimi sessanta minuti.»
 
Misi a fuoco quello che stava succedendo dietro le spalle di Jungkook e intravidi lo sguardo accigliato e scuro di Namjoon. Il mio sorriso scomparve, ma non mi lasciai intimidire. Feci segno a Junghoo di avvicinarsi e gli sussurrai all’orecchio di non perdere di vista Ji Woo e portarla nella zona riservata una volta concluso il fan-sign. Lui annuì, ormai fin troppo abituato a quelle richieste da parte mia.
 
Ci alzammo dai nostri posti e formammo nuovamente una fila, occupando l’intera zona frontale del palco. Ci mettemmo in posa così che le fan potessero scattarci delle foto e poi Namjoon s’impossessò del microfono, cominciando il suo solito sproloquio. Io mi appoggiai al tavolo dietro di me e infilai le mani nelle tasche, adocchiando per bene le persone in platea. Mi ci volle qualche minuto per scorgere Ji Woo seduta in penultima fila, gli occhi rivolti verso lo schermo del suo cellulare.
 
Ridacchiai. Il solo pensiero che non avesse perso tempo a far sapere a qualche sua amica che Suga voleva incontrarla in privato, la rendeva davvero adorabile. Continuai a fissarla finché qualcuno non mi passò il microfono. Forse Jin.
 
«Tu che dici, Suga?» mi venne in aiuto quest’ultimo, consapevole che non avessi ascoltato una sola parola del loro discorso. «Oggi è stato davvero divertente, no?»
 
Afferrai il gelato e me lo portai vicino alla bocca, tamburellando gli anelli contro di esso e facendo risuonare nella platea quei tre o quattro colpetti.
 
«Assolutamente sì,» affermai, incatenando gli occhi a quelli di Ji Woo, che aveva risollevato lo sguardo non appena aveva sentito la mia voce fuoriuscire dagli altoparlanti. «E penso che il divertimento non sia ancora finito.»
_________
YORIN POV
Dire che ero sconvolta era poco.
 
Divertimento? Sbuffai, incredula, e mi alzai dalla sedia non appena annunciarono finalmente la fine di quell’evento. Le altre ragazze si attardarono per poter scattare ulteriori foto ai membri e rubargli qualche altra parola. Io sgattaiolai fuori da quella sala, rileggendo ciò che avevo scritto prima a Ji Woo e rispondendo ai messaggi che mi aveva appena inviato.
 
Tu»
Ma fai sul serio? ✓✓
Davvero ti piacciono questi tipi?
✓✓
 
«Rompipalle1
Perché?
Cos’è successo?
 
Tu»
Uno di loro ci ha palesemente provato ✓✓
Ha continuato a flirtare con me
per tutto il tempo
✓✓
 
«Rompipalle1
COSA????
ODDIO CHI?
 
Tu»
Suga, quello bassino ✓✓
E con la faccia perennemente
incazzata
✓✓
 
«Rompipalle1
FASKJHFAKSJFHAKJSFHASF
AFSHASJHFGASJHF
FASUFHASFA
 
Tu»
Stai bene…? ✓✓
 
«Rompipalle1
NO CHE NON STO BENE
MA STAI SCHERZANDO?
 
Tu»
Perché dovrei scherzare
su una cosa del genere?
✓✓
Mi ha persino chiesto di incontrarci
dopo la fine del fan-sign
✓✓
 
«Rompipalle1
EEEEEEEEEEEH??????
E TU LO INCONTRERAI, VERO?
VERO?????
 
Tu»
Ovvio che no ✓✓
Ti saluto, sto per uscire
da questo posto
✓✓
E prepara i miei Kumamon,
o il selfie di Jungkook te lo scordi
✓✓
 
«Rompipalle1
YORIN!
NON TI AZZARDARE
KANG YORIN
VAI DA SUGA NON FARE SCHERZI
YORIN!!!!
 
Sbuffai e oscurai lo schermo, rimettendo il cellulare in tasca dopo aver inserito la modalità silenzioso. Non volevo di certo un massaggio tremolante sul culo. Le mie natiche erano già dure come il marmo a causa degli allenamenti.
 
Mi diressi verso l’uscita di quel posto infernale con la voglia di tornare a casa e stravaccarmi sul divano. Per quel giorno ne avevo avuto abbastanza di urla e spintoni.
 
Purtroppo, i miei piani furono ridotti in frantumi dallo stesso ragazzo che avevo visto nella sala del fan-sign e che mi aveva esortato a velocizzarmi. Non immaginava minimamente quanto gliene fossi grata. Avrei voluto inginocchiarmi di fronte a lui e ringraziarlo di avermi accorciato quella tortura.
 
«Signorina!» mi chiamò, obbligandomi a voltarmi. «Deve venire con me nell’area privata. Suga desidera parlare con lei.»
 
«Grazie per l’offerta, ma rifiuto.»
 
La sua espressione incredula non mi sorprese. «C-Cosa? Ma lui ha detto…»
 
«Lo so cos’ha detto, ma non sono interessata. Le auguro una buona giornata.»
 
«Aspetti! Aspetti.» Mi sbarrò la strada e fui costretta a fermarmi. Perché tutti volevano impedirmi di tornare a casa? Volevo soltanto rivedere il mio adorato letto.
«Ha capito di chi stiamo parlando? Suga dei BTS. Non è una loro fan?»
 
«Senta, non glielo ripeterò un’altra volta. Si faccia da parte. Io l’ho avvisata.»
 
«Deve solo parlare con lui. Finirò nei guai se non viene con me, signorina.»
 
Lo guardai negli occhi e vidi la sua espressione implorante. Cos’è, rischiava il licenziamento? Cazzo. Fanculo al mio senso del dovere.
 
Sospirai e chiusi gli occhi per darmi una calmata.
 
«Va bene, d’accordo.» Vidi l’uomo sfoderare un sorriso a trentadue denti. «Comunque mi congratulo con lei. Occuparsi di tutte quelle ragazzine non dev’essere facile.»
 
L’uomo mi guardò incuriosito. «Perché dice così?»
 
«Ci ho avuto a che fare anch’io. Il mio lavoro a volte lo richiede.»
 
«Oh,» si sorprese. «Capisco. Prego, da questa parte. La scorterò personalmente nell’area privata.»
 
Ma perché diavolo mi ero lasciata abbindolare? Forse perché sapevo fin troppo bene cosa volesse dire perdere il lavoro. O forse perché non volevo che quel ragazzo passasse dei guai a causa mia. Lo avevo provato sulla mia pelle e non era stato divertente. Affatto.
 
Mi fece fare un giro lunghissimo per evitare la gente che stava uscendo dalla sala del fan-sign. Mi ero resa conto che stava anche cercando di non farsi vedere. O forse ero io quella che stava cercando di tenere nascosta. La cosa mi puzzava alquanto.
 
Attraversammo l’ennesimo corridoio deserto e svoltammo l’angolo, arrivando in un’area delimitata da alcune strisce gialle con il divieto d’accesso. Il bodyguard spostò i due paletti che si trovavano in mezzo al pavimento coperto dalla moquette rossa e mi fece cenno d’entrare, seguendomi subito dopo. Si guardò intorno controllando che non ci fosse nessuno e mi guidò verso l’ennesimo corridoio, costeggiato sulla sinistra da dei finestroni che offrivano una visuale stupenda del posto. Non mi ero resa conto che fossimo saliti così in alto. Probabilmente eravamo all’ultimo piano.
 
«Aspetti qui. Non tarderà ad arrivare.»
 
Mi lasciò da sola e io ne approfittai per godere di quella vista stupenda. Il sole stava per tramontare e il cielo si era tinto di una sfumatura che andava dal rosa al rosso acceso. Le nuvole avevano catturato quei colori, rendendo l’atmosfera più magica di quanto già non fosse.
 
Poggiai una spalla contro la parete e incrociai le braccia.
 
Finalmente qualcosa che meritava la mia completa attenzione. Avrei potuto passare le ore a contemplare il sole che svaniva pian piano dietro l’orizzonte. O le stelle, che una dopo l’altra si mostravano nel cielo notturno. Poggiai la testa contro il muro e sospirai.
 
«Non dirmi che sei una romanticona?»
 
Quella voce roca e profonda mi fece voltare. Incontrai nuovamente gli occhi azzurri e sottili di Suga, che se ne stava in piedi dietro di me con le mani nelle tasche, a squadrarmi da capo a piedi.
 
Il suo sguardo mi infastidiva.
 
«Che c’è di male ad esserlo?»
 
«Niente.» Si avvicinò finché non fummo vicinissimi. Si appoggiò anche lui alla parete con una spalla e chinò la testa, sovrastandomi. Potevo sentire il suo respiro sulla punta del naso. «Ma non mi sembri il tipo. Tutto qui.»
 
«Pensi che una donna come me non possa innamorarsi?» gli domandai alzando un sopracciglio.
 
«Non ho detto questo. Ma magari preferisci altre esperienze,» mi sussurrò sensualmente all’orecchio. «Esperienze che io approvo in pieno.»
 
Mi si avventò sul collo, prendendomi completamente alla sprovvista. Sbattei la schiena contro la lastra di vetro alle mie spalle mentre il suo corpo si sistemava davanti al mio. Le sue mani scivolarono sui miei fianchi, accarezzando la linea dei glutei per poi afferrarli saldamente tra i suoi palmi e spingermi contro il suo petto. Sentivo la sua lingua bagnarmi il collo mentre mi lasciava baci umidi e vogliosi sulla pelle.
 
Cercai di alzare un braccio per posarlo su una delle sue spalle, ma lui me l’impedì, bloccandomi il polso contro la finestra. La sua lingua risalì verso l’alto, accarezzandomi il mento e staccandosi all’ultimo secondo per evitare le mie labbra. Mi diede un altro bacio sullo zigomo e poi si avvicinò al mio orecchio, spostandomi i capelli con la punta del naso.
 
«Vieni in albergo con me,» sussurrò con voce roca, spingendo il suo bacino tra le mie gambe per farmi sentire quanto fosse eccitato. Il suo alito caldo mi sfiorò l’orecchio. «Passa la notte con me.»
 
Mi afferrò una coscia e le sue dita risalirono verso l’alto. Gli bloccai il polso con l’altra mano quando cercò di sbottonarmi i pantaloncini per insinuare le dita più in profondità. Lui allontanò la testa per guardarmi negli occhi. Aveva la bocca leggermente dischiusa, la punta della lingua poggiata contro l’angolo sinistro del suo labbro inferiore.
 
«Cosa?» gli domandai, troppo sconvolta per formulare una domanda più intelligente.
 
Si liberò dalla mia stretta e mi bloccò anche l’altro polso contro la finestra, questa volta più delicatamente visto che era quello slogato. Mi ritrovai imprigionata tra le sue braccia.
 
«Facciamo un patto?» mi domandò con un sogghigno. «Vieni a letto con me. Niente vincoli, nessun limite. Tutto è permesso. Tranne i baci sulla bocca, quelli non li accetto.» Si leccò le labbra. «Domani mattina potrai tornartene a casa. Ma non incollarti a me, chiaro? Solo una notte e basta. Io ti ho avvisata.» Chinò la testa e mi lasciò un bacio sulla spalla che aveva appena scoperto tirandomi giù la manica della maglietta. «Allora? Hai voglia?» Mi mordicchiò la pelle con un gemito. «Perché io sì, e tanta.»
 
Qualcosa scattò nella mia testa. Mi liberai abilmente dalla sua stretta e gli spinsi il petto, allontanandolo bruscamente dal mio corpo e facendolo indietreggiare. Il suono dello schiaffo che gli spalmai sulla guancia destra rimbombò nel corridoio deserto, rimbalzando sui muri. Rimase immobile, di profilo, con gli occhi azzurri sgranati e il ciuffo celeste che gli copriva la fronte, mentre sulla sua pelle bianca cominciavano ad apparire i segni rossi delle mie dita.
 
Finalmente, voltò lentamente il viso segnato da un’espressione incredula. Si portò una mano sulla guancia per toccarsi il punto dolorante, come per assicurarsi che lo avessi fatto davvero. Mi guardò scioccato.
 
«Senti un po’,» cominciai con il fiato corto a causa della rabbia. «Per caso mi hai preso per una puttana?!» sbraitai, facendogli spalancare ancora di più gli occhi.
 
«C-Cosa?» balbettò, la mano ancora premuta sulla guancia. «Certo che no, stavo solo-»
 
«E ringrazia che era un sinistro, o a quest’ora ti saresti ritrovato giù dal palazzo, pezzo di merda!»
 
Era completamente senza parole. Mi guardava come se non riuscisse a capire cosa gli stessi dicendo. Chissà quante volte aveva fatto questo giochetto, approfittandosi del cuore innamorato di quelle ragazzine. Solo a pensarci mi venne una voglia matta di tirargli un altro schiaffo e rimandarlo al suo fottuto albergo.
 
«Toccami un’altra volta con quelle tue sudicie mani e giuro che vado direttamente dalla polizia a denunciarti per molestie sessuali. Mi sono spiegata?»
 
Mi voltai, lasciandomi alle spalle la sua espressione completamente basita. Si era congelato sul posto. Mi voltai nuovamente quando mi venne in mente un’altra cosa da dirgli, o da rinfacciargli.
 
«E per la cronaca, sono innamorata di un ragazzo che è diecimila volte più gentiluomo di te, e sa cosa voglia dire amare veramente una persona. Peccato che di me si accorgano soltanto i tipi vuoti e depravati come te!»
 
Gli voltai le spalle e corsi via, quasi con le lacrime agli occhi. Non avevo mai detto a nessuno del mio amore non corrisposto, neanche a Ji Woo. Perché diavolo lo avevo appena confessato a questo Idol pervertito? Forse per fargliela pagare di avermi scambiata per una donna priva di sentimenti, basandosi solo sul mio aspetto esteriore. Lo facevano in troppi e questa era stata l’ennesima dimostrazione di quanto gli uomini potessero fermarsi alle apparenze. A loro bastava un bel culo e una faccia carina.
 
Lui invece era diverso. Lo era sempre stato. Peccato che non si fosse mai accorto di quello che provavo, neanche quando avevo dovuto dirgli addio.
 
Odiavo il mondo degli Idol, fatto di telecamere, luci, riflettori. Persone che ostentavano un lato di loro che non era reale, che indossavano una maschera per far felici gli altri, ma non loro stessi. Per questo odiavo quel mondo.
 
Odiavo quel mondo perché me lo aveva portato via.


ᗩngolo.ᗩutore
Ciao a tutti! Capitolo un po' movimentato xD Di certo Yoongi non si aspettava una reazione simile da parte di Yorin. E voi? Come pensavate avrebbe reagito Yorin? Inoltre scopriamo che c'è già qualcuno nel suo cuore che appartiene a quello stesso mondo che lei detesta, proprio perché le ha portato via l'unica persona che ama e da cui non era ricambiata. Spero che la storia continui a piacervi. Se è così, lasciate un commento o una stellina ^^  Un bacione e al prossimo capitolo!

Finalmente ho scelto la prestavolto per Yorin, Krystal Jung delle f(x) ^^

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Capitolo 6
*** Bodyguard ***


hookupfansign
Bodyguard

_________
­­­YOONGI POV
Le risate senza controllo di Hoseok mi stavano dando sui nervi. Come se non bastasse, Jin e Jimin si unirono a quella presa per il culo che aveva me come protagonista.
 
«Non ce la faccio!» disse Jin con le lacrime agli occhi mentre si teneva la pancia. «Sto per sentirmi male!»
 
Jimin cercò di ritornare serio, ma scoppiò nuovamente a ridere quando mi guardò in faccia. Hoseok ormai era mezzo morto sul pavimento. Gli altri si limitavano a guardarmi e a trattenere con scarso successo quei fottuti sorrisetti. Solo Namjoon mi guardava senza alcun accenno di divertimento.
 
«Vi decidete a farla finita?!» scoppiai, la mano ancora premuta sulla guancia dolorante. «Non c’è proprio un cazzo da ridere!»
 
«Ma Hyung,» disse V trattenendosi a stento. «Hai una cinquina spalmata sulla faccia.» Non ce la fece. Mi scoppiò a ridere in faccia.
 
Jungkook non si trattenne più e diede il via alla sua risata da psicopatico, lasciandosi cadere completamente sul divano con le gambe per aria e la bocca spalancata per le troppe risate.
 
«Vi prego,» intervenne Hoseok senza fiato. «Fatela tornare qui. Devo stringerle la mano e dirle che è la mia nuova eroina. Altro che Anpanman.»
 
Mi alzai in fretta e furia e voltai a tutti le spalle, continuando a massaggiarmi la guancia dolorante. «Fottuta ragazzina,» borbottai. «Giuro che gliene farò pentire.»
 
«Beh, però devi ammettere che te la sei cercata,» disse Jimin quando ebbe ripreso fiato. «Era palese che non fosse interessata. A momenti ti trucidava con lo sguardo.»
 
«Però era davvero bella,» intervenne Jungkook raddrizzando la schiena. «Sapete una cosa? Tra noi sette, di sicuro io sono il suo preferito, mentre Suga è l’ultimo della lista. Ci scommetto tutto quello che volete,» ridacchiò. «Comunque, ad una prima occhiata l’avevo scambiata per un’Idol. Secondo voi fa l’attrice?»
 
«Possiamo smetterla di parlare di lei?» sbraitai voltandomi nuovamente a guardarli. «Mi viene l’orticaria solo a sentirla nominare.»
 
«Qualche ora fa non mi sembrava che ti facesse venire l’orticaria,» mi prese in giro V. «Anzi, direi tutto il contrario.»
 
Afferrai la prima cosa che mi capitò a tiro (l’asciugacapelli) e portai indietro il braccio minacciando di tirarglielo in testa. Taehyung si alzò in fretta e furia, seguito da Jungkook che stava dietro di lui.
 
«Abbassa subito quel coso,» mi ordinò Jin sconvolto. «Sono già stupidi di loro. Cerchiamo di non complicare la situazione, okay?»
 
«Hyung,» mi chiamò Jimin. Spostai lo sguardo su di lui con il braccio ancora per aria. «Quindi stasera niente festa? E non mi riferisco al party dello sponsor.»
 
Bastò una mia occhiata raggelante a far indietreggiare il più piccolo e farlo uscire dalla stanza. Gli altri decisero saggiamente di seguirlo. Tutti tranne Namjoon.
 
Posai l’asciugacapelli sul banco dove l’avevo trovato e mi lasciai cadere nuovamente sul divano di pelle bianca. Le luci della sala trucco mi stavano accecando e la guancia non faceva che pizzicarmi. Chiusi gli occhi e sospirai per darmi una calmata.
 
I miei pensieri erano così confusi che non sapevo da dove iniziare per riuscire a fare ordine nella mia testa. Era la prima volta che venivo rifiutato da una ragazza. La prima volta che una di loro mi mollava un ceffone così su due piedi. Aveva sempre funzionato. Stavolta cos’era andato storto? Forse avevo davvero frainteso la sua attrazione per me? A pensarci bene, non è che l’avessi presa in considerazione. Di solito era sottointeso che la ragazza provasse qualcosa nei miei confronti.
 
«Che cosa ti ha detto?»
 
La voce seria di Namjoon mi fece aprire gli occhi.
 
«Hm?» gli domandai, alquanto disinteressato.
 
«Quella ragazza, Ji Woo. Che cosa ti ha detto? Se ti ha tirato uno schiaffo vuol dire che era fuori di sé dalla rabbia.»
 
Sbuffai. «Perché diamine lo vuoi sapere?» Richiusi gli occhi. «Non dovresti esserne contento? Finalmente è accaduto quello che speravi. Sono stato rifiutato da una ragazza. Perché hai l’aria di qualcuno a cui è appena morto il gatto?»
 
«Hyung, dimmi che cosa ti ha detto!» urlò. Risollevai le palpebre e lo guardai sorpreso. Perché si stava scaldando tanto?
 
«Mi ha chiesto se l’avessi scambiata per una puttana. Ovviamente le ho risposto di no.»
 
«E poi?»
 
Sospirai per la frustrazione. «Dio, Namjoon... Poi…» Ci pensai, ma ciò che mi venne in mente fu in grado di far scomparire il mio fastidio. Cazzo. Namjoon avrebbe sbottato. Stavolta sussurrai, «Che mi avrebbe denunciato, se ci avessi provato di nuovo.»
 
«Cazzo, lo sapevo!» esplose il minore di fronte a me. «Lo sapevo che saremmo arrivati a questo punto! Io ti avevo avvisato!»
 
«Che cazzo ti urli?!» gli domandai infastidito. «Stai esagerando come al tuo solito, Nam. Posso assicurarti che non ho alcuna intenzione di metterle di nuovo le mani addosso. Almeno non in questa vita. Come puoi vedere,» mi indicai la guancia arrossata, «mi ha già fatto capire alla grande che non le interesso. Per caso mi hai preso per un maledetto stupratore?»
 
«Le hai messo le mani addosso senza il suo consenso?» urlò di nuovo. «Ma sei impazzito?! Non pensi che potrebbe andare a dire in giro che Suga dei BTS ha provato a violentarla? Cazzo, Hyung. Scoppierebbe uno scandalo. Per te sarebbe la fine. Per i BTS… sarebbe la fine.»
 
Sbiancai. «Non oserebbe,» soffiai. «Perché dovrebbe farlo?»
 
«Secondo te? Per i soldi, e la fama. I paparazzi pagherebbero oro una notizia del genere.»
 
«Non ha le prove,» controbattei. «Non può dimostrarlo.»
 
«E secondo te ai giornalisti importa?» mi domandò incredulo. «Da quando gli interessa se la fonte sia attendibile o meno? A loro basta fare notizia. Fino ad ora ti ho sempre rimproverato, ma ho lasciato correre perché sapevo che eri abbastanza previdente da scegliere tra le fan più fidate. E soprattutto ero al corrente che non le toccavi fin quando non ti davano il loro consenso. Si può sapere stavolta che diamine ti è preso?!»
 
Aveva ragione. Ero stato sconsiderato, e troppo sicuro di me. Mi ero lanciato su di lei senza prima chiederle se fosse d’accordo. Legalmente, poteva essere considerata un’aggressione. Mi passai entrambe le mani sulla faccia per calmarmi.
 
«Spera che quella ragazza mantenga la parola data e non ti denunci sul serio. Ne avrebbe tutto il diritto.»
 
«Non penso che lo farà,» affermai dopo averci pensato su. Risollevai il viso per incontrare quello incuriosito di Nam. «Era pur sempre una nostra fan, e non l’ho più toccata appena ho capito che era contraria. E ora che ci penso, durante il fan-sign non è stata proprio una santa! Avete visto tutti e sei come mi si è avvicinata all’orecchio. Senza contare le parole che mi ha detto. Stava sicuramente flirtando con me, non me lo sono immaginato.»
 
Namjoon sospirò e si passo una mano tra i capelli. «Va bene, ne riparleremo. Ora sbrighiamoci o faremo tardi al party organizzato dallo sponsor.» Mi diede un’ultima occhiata mentre mi rimettevo in piedi. «Ma prima fatti dare una sistemata da una delle truccatrici. Vedi se riesce a coprire quel segno.»
 
Mi passai di nuovo una mano sulla guancia, sfiorando con le dita il punto dolorante. «Si vede ancora?»
 
«Di meno rispetto a prima. Si può sapere che diavolo di schiaffo ti ha tirato? Ci ha messo davvero così tanta forza?»
 
Sogghignai. «E questo è niente. Ha detto che se fosse stato un destro, mi avrebbe fatto volare giù dal palazzo.»
 
____________
POV YORIN
 
«Fottuto puttaniere!» urlai sbattendo la porta di casa.
 
Per fortuna Ji Woo era partita con la sua crew, altrimenti mi avrebbe tempestato di domande. Questo mi fece venire in mente il cellulare che avevo completamente dimenticato nella tasca posteriore dei miei pantaloncini. Lo tirai fuori e quasi mi venne un colpo nel leggere i 52 messaggi persi.
 
«Pazza psicopatica. Non dovrebbe lavorare invece di stare sempre con il cellulare in mano?»
 
Aprii la chat e feci scorrere verso l’alto i 52 messaggi che mi chiedevano senza sosta dove fossi finita e cosa stessi facendo. Feci apparire la tastiera e cominciai a picchiettare le dita mentre mi buttavo a peso morto sul letto. Il polso mi faceva male da morire.
 
Tu»
Ma tu non hai niente di meglio da fare? ✓✓
Perché non pensi a ballare invece di rompermi le palle? ✓✓
 
«Rompipalle1
Yorin
Che è successo?
Perché sei più mestruata del solito…?
 
Tu»
 Non ne voglio parlare ✓✓
E non chiedermi mai più di fare una cosa del genere per te ✓✓
Oggi ho rischiato di uccidere qualcuno per il tuo fottuto album autografato ✓✓
 
«Rompipalle1
Stai parlando di Suga?
 
Tu»
Quel bastardo non me lo devi neanche nominare ✓✓
Ci sentiamo ✓✓
 
Tolsi la cover e scaraventai via la batteria. Non volevo sentire nessuno. Il fatto che avessi raccontato proprio a lui, un idol, del mio amore non corrisposto, mi aveva mandato in bestia. Sentii gli occhi pizzicarmi, ma sbattei più volte le palpebre per liberarmi di quella sensazione fastidiosa. Incrociai le braccia al petto.
 
Non avrei pianto. Kang Yorin non piangeva mai.
 
Ripensai alle mani sudicie di quel Min Yoongi che avevano vagato sul mio corpo e mi venne un brivido. Come cazzo si era permesso di toccarmi? Avevo bisogno di una doccia. Mi alzai dal letto e mi tolsi i vestiti, buttandoli poco elegantemente sul pavimento. M’infilai nella doccia e azionai il getto dell’acqua calda, lasciandomi coccolare da quel calore misto a vapore. Sospirai e cominciai a passare la spugna dappertutto, neanche mi avesse effettivamente stuprata. Ma non riuscivo a sopportarlo. Non ero mai stata toccata in quel modo, neanche da lui. Come avevo potuto lasciarmi prendere alla sprovvista da un ragazzo così mingherlino? In altre circostanze, non glielo avrei mai permesso.
 
Mi feci lo shampoo e mi risciacquai i capelli, massaggiando per bene il cuoio capelluto con il polso ancora integro. A proposito, avrei dovuto cambiare la fasciatura a quello slogato. O forse sarei dovuta andare in ospedale per farmi controllare. Le spinte di quelle ragazzine avevano peggiorato il dolore.
 
Uscii dalla doccia e indossai l’accappatoio che era appeso vicino allo specchio. Sfregai i capelli con l’asciugamano per togliere l’acqua in eccesso mentre davo un’occhiata al mio riflesso. Chi era l’idiota che aveva messo in giro la diceria che essere belli ti semplificava la vita? A me portava soltanto sciagure, come quella di oggi. Una sciagura chiamata Min Yoongi.
 
Il telefono di casa squillò e sollevai gli occhi al cielo. Mi diressi in soggiorno a passo di marcia, intenzionata a maledire chiunque ci fosse dall’altro lato della cornetta. Se era Ji Woo, avrei riagganciato senza dire una parola.
 
«Pronto?» dissi, cercando di nascondere il mio fastidio in caso si trattasse di qualcun altro.
 
«Kang Yorin?»
 
«Sì? Con chi parlo?»
 
«Con il tuo datore di lavoro.»
 
Sbattei le palpebre. «In Guk?»
 
«Proprio io, bellezza. Si può sapere perché sul cellulare sei irraggiungibile? Ho dovuto mettere a soqquadro gli archivi per trovare il tuo maledetto numero di casa.»
 
«Che succede? Perché mi chiami a quest’ora?» gli domandai cercando di farla breve. Erano quasi le nove di sera, e quando avevo detto di non voler parlare con nessuno, intendevo proprio nessuno.
 
«Ascolta, so che sei in malattia… ma devo chiederti un favore.»
 
Aggrottai la fronte. «Che tipo di favore?» domandai guardinga. Non mi piaceva il suo tono. Era troppo gentile.
 
«Stasera abbiamo un ingaggio, ma ci manca una persona.»
 
«Starai scherzando, spero,» dissi con il tono più freddo che riuscii a fare. Sentii In Guk deglutire dall’altro lato della cornetta. «Dimmi che scherzi. Ho un cazzo di polso slogato per colpa tua! Te ne sei forse scordato?»
 
«No, piccola. Certo che no… Ma sono disperato. È una festa importante a cui parteciperanno persone di spicco. Il proprietario dell’albergo mi ha chiesto di occuparmi anche della figlia di un suo importante cliente. Se tu potessi…»
 
«Vuoi che protegga una ragazzina?» domandai incredula. «In Guk, se devi pagarmi, fallo per compiti più complicati. Così offendi la mia professionalità.»
 
«Non hai appena detto che hai un polso slogato? Per questo lo sto chiedendo a te. Non è un compito difficile e dovrai solo starle vicino e tenerla sotto controllo. E ti pago, ovviamente. Non ti basta?»
 
Chiusi gli occhi e sospirai. «Chi è questa ragazza? Perché ha bisogno di protezione?»
 
«Lee Soo Jin, un’attrice piuttosto famosa. Non ne hai mai sentito parlare?»
 
«No, mai sentita prima,» ammisi sinceramente. «Ha molti fan che le vanno dietro?»
 
«Esatto, per questo suo padre ha voluto ingaggiare un bodyguard solo per lei. Ma Soo Jin preferisce le donne. Dice che gli uomini sono troppo maleducati.»
 
Sbuffai. «Su questo le do ragione.»
 
«Allora? Posso contare sulla tua presenza?»
 
«Mandami l’indirizzo,» acconsentii. «E mi aspetto che mi paghi in anticipo.»
 
«Ovviamente, tesoro. Ovviamente,» mi prese in giro. «Alle 9 e mezza di fronte casa di Lee Soo Jin. Puntuale, mi raccomando.»
 
«Non c’è bisogno che me lo dici.»
 
Gli riattaccai il telefono in faccia e mi appoggiai alla parete con gli occhi socchiusi. E anche quella sera si lavorava fino alle 5 del mattino. Cosa non si era disposti a fare per un po’ di spiccioli.
 
Mi asciugai i capelli e li legai in una coda bassa che mi arrivava all’altezza dei fianchi, poi mi diressi verso l’armadio. Lo aprii e tirai fuori il completo nero con la camicetta bianca leggermente scollata. La giacca aveva due bottoni argentati sul davanti, mentre il pantalone era attillato ma elastico, così da permettermi di muovermi liberamente. Infilai i tacchi bassi e mi sbattei in faccia un po’ di trucco. Un rossetto rosso di un tono leggero e un mascara che incurvava le ciglia. Mi spruzzai un po’ di profumo e afferrai il Taser che tenevo nel cassetto della mia stanza, infilandolo nella piccola fondina attaccata alla cintura dei miei pantaloni.
 
La prevenzione prima di tutto.
 
▫◦▫◦▫
 
Arrivai a casa dell’attrice alle 9 e mezza precise, puntuale come un orologio svizzero. Era molto bella, ma di sicuro si era rifatta il viso. I capelli a caschetto mogano le sfioravano la linea del mento e le sue ciglia finte continuavano a sbattere sui suoi occhi a mandorla, che mi guardavano con curiosità mentre la aiutavo a salire nella limousine. Mi accomodai sul sedile anteriore, di fianco all’autista.
 
«Piacere di conoscerla, Lee Soo Jin-ssi,» le dissi guardandola attraverso lo specchietto retrovisore. «Sono Kang Yorin e sarò la sua guardia del corpo durante questa serata all’Hotel Four Seasons. Eviterò di starle troppo vicino, ma la prego di rimanere in vista in caso dovessi intervenire per la sua sicurezza,» le spiegai, ripetendo a memoria quelle parole che rifilavo a ogni cliente.
 
«Come mai una ragazza così bella è finita a fare la guardia del corpo?» mi domandò all’improvviso, lasciandomi senza parole. «Hai un volto così particolare. È uno spreco. Ti vedrei benissimo come protagonista di qualche drama.»
 
M’incupii. «Il mondo dei riflettori non mi interessa. Preferisco rimanere in incognito e farmi vedere solo quando serve.»
 
La ragazza ridacchiò. Doveva avere all’incirca la mia età. «Tipiche parole di quelli che non possono ottenere quello che vogliono. Fanno finta di disprezzare questo mondo solo perché non hanno la possibilità di farne parte.»
 
Avrei tanto voluto cancellarle quel sorrisetto saccente dalla faccia. «Ho tutto quello che mi serve. Di certo per essere felice non ho bisogno di vivere in un mondo frivolo e superficiale come quello dello spettacolo.»
 
Avvertii il suo sguardo sorpreso e indignato, ma ero comunque riuscita a tapparle quella boccaccia pitturata di un rosso fin troppo acceso.
 
«Siamo arrivati,» l’avvertii spalancando la portiera e trovandomi di fronte a una miriade di flash. Per quel giorno ne avevo avuto abbastanza. «State indietro,» ordinai ai giornalisti mentre mi facevo largo verso la portiera posteriore.
 
Lee Soo Jin scese dalla limousine e a quel punto un boato di urla si propagò nella nostra direzione. Non mi ero accorta che ci fossero così tante persone, ma altri bodyguard le stavano già tenendo a bada. Io mi occupai di allontanare le macchine fotografiche che i paparazzi stavano avvicinando decisamente troppo al suo viso, scostandole gentilmente con la mano buona. Riuscii a scortarla fino all’ingresso dell’hotel senza particolari intoppi, e fu lì che incontrai In Guk.
 
«Allora? Come procede?» gli domandai, evitando volontariamente di salutarlo.
 
Indossava il suo solito completo scuro con la camicia bianca e la cravatta nera. Il ciuffo nero era spiaccicato sulla sua fronte a causa del taglio a scodella. All’orecchio aveva l’auricolare che gli trasmetteva in tempo reale tutti gli aggiornamenti. Ce lo avevo anch’io, ma molto più piccolo e meno visibile del suo.
 
Notai che teneva l’indice premuto sull’orecchio, segno che stava ascoltando le parole di qualcuno. Sembrava agitato.
 
«C’è qualche problema?»
 
Finalmente si decise a darmi attenzione. «Stanno arrivando. Tieniti pronta anche tu,» mi ordinò cominciando a scendere i gradini e avvicinandosi alla limousine bianca che aveva appena parcheggiato di fronte all’hotel. Sei o sette altri bodyguard lo seguirono subito dopo.
 
«Tenermi pronta per cosa?» domandai, adocchiando l’attrice davanti a me.
 
«Ma come, non lo sai?» mi domandò con fare saccente. «Stanno per arrivare i super ospiti dell’evento. Il party è stato organizzato per loro. Mio padre è uno dei loro sponsor.»
 
Mi voltai quando delle urla, molto più forti di quelle che avevano dato il benvenuto a Lee Soo Jin, riempirono il piazzale. E a quel punto desiderai che una voragine si aprisse sotto i miei piedi e m’inghiottisse.
 
Non era possibile. Non era assolutamente possibile. Cosa avevo fatto di male nella mia vita per meritarmi una cosa simile?
 
Sbiancai quando vidi gli stessi sette ragazzi che avevo incontrato quel pomeriggio scendere dalla limousine bianca, vestiti di tutto punto. Erano elegantissimi, come se dovessero sfilare su una passerella di moda. Scesero uno a uno, passando in mezzo ai giornalisti per avanzare verso l’entrata dell’Hotel. In Guk dovette sudare sette camice per allontanare i paparazzi, mentre gli altri bodyguard tenevano a bada le fan che stavano minacciando di sorpassare le linee di sicurezza.
 
Il gruppo avanzò tra le luci accecanti dei flash e le urla isteriche delle fan. Mi nascosi dietro la mia cliente quando rischiai di incrociare gli occhi con quelli ora scuri di Min Yoongi. Era un passo più avanti di tutti gli altri ragazzi e teneva le mani nelle tasche dei pantaloni eleganti mentre camminava con passo fiero verso di noi. Cominciò a salire le scale, seguito da tutti gli altri.
 
Si fermò proprio di fronte a Lee Soo Jin, obbligandomi a voltare le spalle per non essere riconosciuta. Con la coda dell’occhio, vidi che anche gli altri ragazzi si erano fermati. Feci finta di parlare nel microfono incorporato nel mio orologio da polso.
 
«Soo Jin-a!» disse qualcuno. Sembrava la voce del ragazzo con i capelli rossi. «Da quanto tempo che non ci vediamo. Tuo padre come sta?»
 
«Bene, Hoseok-a,» rispose la mia cliente. «Vi sta aspettando dentro. Vogliamo andare?»
 
Mi feci da parte per farli passare, abbassando la testa per coprirmi la faccia con il ciuffo. Nessuno di loro fece caso a me. In fondo, erano abituati a essere circondati da un sacco di bodyguard, che fossero uomini o donne. Li seguii all’interno, ma rimasi a debita distanza come mi imponevano le regole. Una volta lontani dagli obiettivi dei paparazzi, notai che Yoongi avvolse subito la mano intorno alla vita di Lee Soo Jin. A lei non sembrò dispiacere quel contatto, perciò lo lasciai fare.
 
Notai con che occhi la stava guardando Min Yoongi. Gli stessi occhi affamati con cui mi aveva guardato per tutto il tempo del fan-sign prima di saltarmi letteralmente addosso. Si leccò il labbro inferiore con la lingua.
 
Fottuto puttaniere.

ᗩngolo.ᗩutore
Ciao a tutti! Ed ecco il nuovo capitolo. Avevate capito il lavoro di Yorin? Ora sapete perché ha detto a Yoongi che le piace avere il controllo della situazione x'D Non vedo l'ora di scrivere il prossimo capitolo ed entrare nel vivo del party. Credo che se ne vedranno delle belle! Vi lascio qualche immagine <3 Al prossimo capitolo ^^

Il completo di Yorin


Seo In Guk


Lee Soo Jin


Four Seasons Hotel


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Capitolo 7
*** Party 1: Drunk ***


❖ Party 1: Drunk



[Avviso: capitolo pieno di DISAGIO 😂]
__________
­­­­POV YOONGI

Feci un sorrisetto di cortesia e avvicinai la mano per far scontrare il mio bicchiere di champagne contro quello mezzo pieno di Soo Jin. Il nostro contatto visivo rimase intatto mentre avvicinavo il bordo di cristallo al mio labbro inferiore e scolavo il contenuto della flûte con una sola, rapida sorsata. Sollevai il collo e lo mandai giù come se fosse acqua.
 
«Mio padre ci sta guardando,» mi disse Soo Jin gettando una veloce occhiata alle mie spalle. Accarezzò il bordo del suo bicchiere con la punta dell’indice. I suoi occhi truccati di nero ritornarono su di me. «Ti tiene ancora d’occhio, Yoongi.»
 
Ridacchiai mentre afferravo un altro bicchiere di champagne dal tavolo di fianco alla parete a cui eravamo appoggiati. Mi scolai anche quello in meno di mezzo secondo. «Ce l’ha ancora con me per l’ultima volta?» domandai mentre rimettevo il bicchiere vuoto sul tavolo.
 
Soo Jin sollevò un sopracciglio mentre posava delicatamente le labbra sul bordo del suo bicchiere ancora intatto. «Beh, tu che dici?» I suoi occhi si fissarono su di me, che non avevo ancora smesso di osservarla. «Ormai lo sanno tutti che andiamo a letto insieme ogni volta che ci incontriamo.»
 
«Mi sembra che tu sia grande abbastanza da decidere per conto tuo. Non serve che tuo padre faccia il fidanzatino geloso ogni volta che ci vediamo. Prima, quando l’ho salutato, stava per stritolarmi la mano.»
 
Soo Jin ridacchiò, mandando giù un sorso del suo champagne. L’occhio mi cadde sul movimento tremolante della sua gola. «Lo fa perché si preoccupa per me. Credo che abbia assunto un bodyguard proprio per questo: per proteggermi da te. Lo sa benissimo che mi usi solo per divertirti. Altrimenti a quest’ora staremmo già insieme.»
 
«Ehi, ehi, frena,» la bloccai sollevando il palmo della mano davanti al suo viso. Chiusi gli occhi e aggrottai le sopracciglia per sforzarmi di capire ciò che le mie orecchie avevano appena registrato come parole prive di senso. «Perché parli come se io fossi l’unico a volerlo?» Aprii di nuovo gli occhi e la guardai corrucciato. «Non mi sembra che ti dispiaccia quando mi tiri i capelli e gridi il mio nome mentre ti lecc-»
 
Mi tappò subito la bocca, avvicinandosi al mio corpo con gli occhi sgranati.
 
«Ma sei pazzo?!» Si guardò intorno con la mano ancora premuta sulle mie labbra. «Cosa diavolo urli? Qualcuno potrebbe sentirti, idiota!»
 
Mi liberai dalla sua mano e le afferrai il polso, strattonandola verso di me. I nostri nasi si sfiorarono. «Ascoltami bene, Lee Soo Jin,» cominciai abbassando di un tono l’intensità della mia voce. «Per caso stai cercando di farmi passare per il bastardo di turno? Perché se è così, vuol dire che non mi conosci proprio per niente. Ti ricordo che sei l’unica donna con cui sono stato a letto più di una volta. E lo sai perché continuo a farlo? Perché io e te siamo fatti della stessa pasta. Vogliamo la stessa cosa. Ci approfittiamo l’uno dell’altra senza farci troppi problemi. Quindi smettila di fare la santarellina che non sei. Dovresti saperlo che le persone che fanno le finte perbeniste mi stanno sul cazzo.»
 
Mi guardò mentre io continuavo a guardarla a mia volta negli occhi. Ci studiammo a vicenda, cercando di catturare l’uno i pensieri dell’altra. Alla fine, Soo Jin posò il suo bicchiere di champagne sul tavolo di fianco a noi e sollevò le mani sulla mia camicia bianca per sistemarmi lo jabot di pizzo in stile barocco. Una delle tante rimanenze dell’Era Wings. La osservai mentre dava l’impressione di essere completamente assorta in quello che stava facendo.
 
«Chi l’ha detto che sei l’unico a volerlo?» sussurrò senza staccare gli occhi dal suo impiego momentaneo. Mi lisciò le pieghe delle balze e mi sistemò i risvolti neri della giacca. I suoi occhi incontrarono di nuovo i miei. «Lo voglio anch’io. E ovviamente non sei solo tu a divertirti. Come mi hai già fatto notare, mi sembra di essere stata piuttosto… eloquente,» mi sussurrò all’orecchio ridacchiando.
 
Le posai le mani sui fianchi e le strinsi le pieghe del vestito che le fasciavano il bacino. Feci in tempo a spostarmi quando vidi le sue labbra dirigersi verso le mie. Tirai indietro la testa e aggrottai le sopracciglia. Lei mi sorrise, avvolgendomi le spalle con le braccia.
 
«Le sue parole ancora ti perseguitano?» mi domandò. La mia espressione s’incupì finché non divenne del tutto vuota. «È passato così tanto tempo. Pensavo l’avessi dimenticata.»
 
«Ci sto provando,» dissi secco. «Ma così non mi aiuti.»
 
Soo Jin annuì. «So io come aiutarti.» Guardò ancora una volta oltre le mie spalle. «Mio padre è occupato nella conversazione. E nessuno sembra badare a noi.» Voltò di nuovo il viso verso il mio, accarezzandomi le spalle coperte dalla giacca a quadri neri e dorati. «Andiamo di sopra?» mi chiese avvicinandosi ancora una volta alle mie labbra. Stavolta si fermò prima che potessi scansarmi. Mi passò una mano sul petto, accarezzando le balze della camicia. «La camera dell’ultima volta dovrebbe essere libera. Avevi detto che ti piaceva.»
 
Stavo per risponderle, ma qualcosa alle sue spalle mi bloccò le parole in gola. Mi sporsi per guardare meglio e assottigliai gli occhi. No, era impossibile. Quella ragazzina non poteva essere qui. Chiusi gli occhi a causa di un giramento di testa, forse dovuto ai due bicchieri di champagne di prima, e poi li riaprii. Proprio come pensavo, non c’era nessuno vicino alla tenda rossa accanto alla finestra. Solo Jungkook che si reggeva a malapena in piedi.
 
«Cosa c’è?» domandò Soo Jin, voltandosi a controllare il punto che stavo fissando con insistenza. Di sicuro si stava chiedendo cosa avesse attirato così tanto il mio sguardo da farmi persino distogliere l’attenzione dalla nostra conversazione.
 
«Niente,» dichiarai afferrando con noncuranza un terzo bicchiere di champagne. «Mi sembrava di aver intravisto qualcuno che conosco. Devo essermi sbagliato.»
 
Lo buttai giù tutto d’un fiato, come avevo fatto con i precedenti due. Perché continuavo a pensare a quella maledetta ragazzina? E ora cominciavo anche a vederla in giro. Probabilmente era colpa dell’alcol.
 
«Accidenti, questa persona deve essere proprio importante se ha fatto passare la mia domanda in secondo piano,» ridacchiò Soo Jin. «E, a proposito,» continuò togliendomi la flût vuota di mano per appoggiarla sul tavolo. Si avvicinò di nuovo al mio viso. «Non mi hai ancora dato una risposta,» mi sussurrò a un centimetro dalle labbra dopo che le ebbi inumidite con la lingua.
 
Non me lo sarei fatto ripetere una terza volta. Mi guardai in giro per assicurarmi di non avere nessuno sguardo puntato addosso. Soprattutto quello di Namjoon. Per mia fortuna, stava parlando con Jin, Hoseok e il padre di Soo Jin. Afferrai il polso di sua figlia, e senza darle il tempo di aprire bocca, la trascinai con me dentro l’ascensore.
________
­­­­POV YORIN
 
Più e più volte avevo pensato di intervenire. Soprattutto quando quel bastardo l’aveva presa per il polso, strattonandola verso di lui. Avevo sentito la rabbia crescermi dentro fino ad insinuarsi nei meandri più profondi del mio cervello. Come diavolo si permetteva di trattarla in quel modo? Lo aveva fatto anche con me e a quanto pare alle altre donne non riservava un trattamento migliore. Le assaliva come se fossero delle prede da esporre come trofei.
 
Dire che mi faceva ribrezzo era poco.
 
Ma quello che mi faceva più ribrezzo era la signorina che dava l’idea di voler accettare le sue avance. Come poteva una donna calpestare in quel modo il proprio orgoglio? Non aveva vergogna a farsi anche solo toccare da un tizio del genere? Ero senza parole.
 
Yoongi sollevò la testa e i nostri sguardi s’incrociarono per un istante. Mi vennero i brividi lungo la schiena. Quando li richiuse, non so perché, il mio primo impulso fu quello di nascondermi dietro la tenda rossa alle mie spalle. Dietro vi era nascosta una rientranza piuttosto spaziosa. Probabilmente la usavano come ripostiglio.
 
Non volevo farmi vedere da Min Yoongi. Non volevo che mi riconoscesse perché sinceramente non avevo tutta questa gran voglia di parlarci. Soprattutto dopo quello che era successo tra di noi. Ma a quanto pare il mio lavoro lo richiedeva. Ero obbligata. Sospirai e mi diedi mentalmente dell’idiota. Che razza di bodyguard si nascondeva dietro una tenda mentre la sua cliente era nelle mani di uno sporco pervertito? Di certo non uno serio e competente.
 
Stavo per uscire, ma qualcuno decise di farmi compagnia dietro la tenda. Un giovane alto, bello e dall’aspetto piuttosto brillo, piombò nel mio nascondiglio e si appoggiò al muro. Era vestito bene. Indossava un completo gessato nero che gli calzava a pennello, una camicia bianca e un farfallino allentato intorno al collo. Teneva la schiena chinata in avanti e traballava come se stesse camminando su dei trampoli. I capelli neri gli coprivano gli occhi.
 
«Ehi,» mi salutò alzando la mano e il viso. Sulle labbra aveva un’inquietante sorrisetto ubriaco. «Che fai? Giochi a nascondino?» ridacchiò con gli occhi semi-chiusi. «Voglio giocare anch’io. Inizia a contare così mi nascondo!» Lo guardai meglio in faccia, e per poco non mi venne un infarto. Cazzo. Era quel Jungkook! «Aspetta un momento!» m’indicò all’improvviso, sgranando gli occhi. Il suo indice mi avrebbe cavato un occhio se non avessi fatto prontamente un passo indietro. «Ji Wooooo!» cominciò ad urlare. «Oh mio Dio! Sei Ji Woo! Ji Wooo-»
 
Nonostante la sua statura, gli tappai la bocca e lo afferrai per un braccio, bloccandogli entrambi i polsi con una mano. Lo feci voltare e lo sbattei contro il muro. Solo dopo qualche secondo, mi resi conto che forse avevo esagerato. Tolsi la mano dalla sua bocca per farlo respirare.
 
«Ahi! Ahi! Ahi!» si lamentò Jungkook, sconvolto e completamente ubriaco. Riuscivo a sentire l’odore del vino nonostante fossimo distanti. «Ma cos’è tutta questa violenza?! Stai cercando di uccidermi?!»
 
«Scusa, è che…»
 
In realtà, non volevo farmi riconoscere anche dagli altri. Già uno bastava e avanzava, figuriamoci sette. Ma ormai il danno era fatto. Jungkook si voltò, massaggiandosi le braccia indolenzite. Anche io mi massaggiai il polso sempre più dolorante.
 
Jungkook scoppiò a ridere. Lo guardai incredula. M’indicò di nuovo.
 
«Sei una sasaeng, vero? Dai, ammettilo. Ormai ti ho scoperto!» disse in un modo fin troppo euforico. Avevo avuto a che fare con un sacco di sasaeng e di certo non c’era niente di che rallegrarsi. Quelle tipe erano completamente pazze. «E ti sei anche vestita da uomo per passare inosservata!» continuò sempre più eccitato. L’alcol gli aveva davvero dato alla testa. «Anche se questo completo mi sembra di averlo già visto…»
 
Qualcun altro si unì a quella reunion a dir poco bizzarra. Dal nulla, la faccia mezza assonnata del ragazzo biondo comparve da dietro la stoffa rossa. Indossava un completo bianco con una camicia nera. La sua voce alta diverse ottave mi perforò i timpani.
 
«Kooookieeeee!» urlò con un sorriso che andava da un orecchio all’altro. Il suo corpo attraversò completamente la tenda e si avvicinò a noi. «Che cosa fai qui dietrooo?» Ovviamente anche lui era ubriaco perso. Mi guardò e il suo sorriso venne subito rimpiazzato da un’espressione confusa. «Principessa?» domandò. Assottigliò gli occhi. «Principessa!» Il suo sorriso ritornò più sfolgorante di prima, abbagliandomi.
 
Cercò di abbracciarmi, ma Jungkook mi tirò verso di sé per seppellirmi nel suo petto. «No, Jimin-ssi! Solo io posso abbracciarla! Ji Woo è la mia fan numero uno! Me lo ha detto lei! Vero, Ji Woo?»
 
«Non fare l’egoista!» ribatté il biondo mettendo il broncio. Barcollò. «E poi voglio solo congratularmi con lei per lo schiaffo che ha tirato a Suga-hyung.» Si voltò a guardarmi mentre il suo petto sussultava a causa di un singhiozzo. Socchiuse le palpebre mentre gli occhi gli ricadevano all’indietro e sollevava entrambi i pollici davanti alla mia faccia. «Ooooottimo lavoroooo,» sbiascicò intanto che il suo corpo minacciava di cadere all’indietro.
 
«Ovvio,» intervenne Jungkook stritolandomi tra le sue braccia. «Ji Woo è la più foooorte del mondo! Anch’io voglio ricevere uno schiaffo da lei!»
 
Come se non bastasse, un terzo ubriaco si unì a quel duo di scalmanati che stavano rischiando di farsi strangolare dalla sottoscritta. Indossava un completo grigio chiaro tendente al rosa con una camicia e uno jabot bianco che gli ricadeva sul petto. I risvolti della giacca erano neri.
 
«Oooh! Ragazzi!» urlò il grigio. Il primo con cui avevo parlato al fan-sign. «C’è un’altra festa qui dietro e nessuno di voi mi ha avvertito?!» si offese, ma poi sembrò pensarci meglio e il suo sorriso quadrato ritornò. «O state giocando a nascondino? Anch’io voglio giocare! Tana per Kookie e Jiminie!» Ridacchiò e poi finalmente si accorse che c’era una terza persona sepolta tra le braccia di Jungkook. Ovvero la sottoscritta. «Oh cielo. Ji Woo!» urlò. Sollevai gli occhi al cielo mentre mi liberavo dalla presa del moro e mi sistemavo la coda spettinata. «Sei Ji Woo, non è vero??» m’indicò sconvolto.
 
«Sì, Sì! Sono io. Avete indovinato, complimenti. Adesso dateci un taglio!» sbraitai esausta. «E non sono una sasaeng!» Mi voltai a guardare Jungkook che per la confusione aveva assottigliato così tanto gli occhi da farsi venire le rughe sulla fronte. «E non sono vestita da uomo! Sono un bodyguard. Un fottutissimo bodyguard. Vedete di farvelo entrare in quella testa piena di alcol!»
 
«Un bodyguard?!» domandò incredulo Jimin. Poi sorrise di nuovo. «Che bello! Un Bodyguard! Non abbiamo mai avuto una fan che fa la bodyguard!» Sbatté le mani entusiasta.
 
«Anch’io voglio fare il bodyguard,» intervenne il grigio con lo sguardo di uno che aveva appena preso una botta in testa. Cominciò ad annuire. «Sembra divertente.»
 
Jungkook non sembrava essere d’accordo. «Naah!» scosse energicamente l’indice davanti al naso del suo interlocutore. «Secondo me fare il poliziotto è più divertente.»
 
«È praticamente la stessa cosa, idiota,» disse Jimin con gli occhi chiusi e la testa ciondolante. Gli tirò uno schiaffo dietro la nuca che lo fece finire contro le mattonelle alle sue spalle.
 
«Non chiamarmi idiota!» si offese Jungkook massaggiandosi la parte colpita. «Io ho un nome. J-e-o-n J-u-n-g-k-o-o-k!» Scandì ogni lettera scrivendola per aria con il suo indice. «Jeon Jungkook! Chiaro?»
 
«Io invece sono Park Jimin. Piacere di conoscerti.» Gli tese la mano.
 
Sollevai gli occhi al cielo. «Io vado, vi saluto,» li congedai in preda all’esasperazione. Peccato che Jungkook me lo impedì, bloccandomi per le braccia. Non so come, riuscii a trattenermi dal tirargli un pugno sul naso.
 
«Noo, Ji Woo! Resta con noi!» mi pregò. «Dobbiamo giocare a nascondino! E tu devi contare!»
 
«Ma chi cazzo vuole contare!!» esplosi, liberandomi dalla sua presa. «Io sto lavorando, al contrario vostro. Fate contare Jimin.»
 
«Ok!» rispose il biondo entusiasta. Si coprì gli occhi e cominciò, «Uno! Due!» Poi, il suo sorriso scomparve. «Cosa viene dopo il due?»
 
«Il cinque, idiota!» disse Jungkook tirandogli uno schiaffo dietro la testa che gli fece scoprire gli occhi.
 
«Non chiamarmi idiota!» ribatté Jimin restituendogli lo schiaffo. «E cos’è tutta questa mancanza di rispetto nei confronti dei tuoi Hyung?! Vado subito a dirlo a Jin-hyung!»
 
«Me l’ha insegnato Suga-hyung!» disse orgoglioso Jungkook.
 
Suga. È vero. Perché mi stavo attardando con questi idioti ubriachi quando avevo altro da fare? Scostai la tenda e il mio sguardo si diresse subito verso l’angolino appartato che avevo tenuto d’occhio fino a prima. Ma, ovviamente, Yoongi e Soo Jin non c’erano più.
 
Cazzo. Avevo perso di vista la mia cliente. In Guk mi avrebbe ucciso, o peggio. Non mi avrebbe pagato. Feci vagare lo sguardo lungo la sala gremita di persone. Riconobbi In Guk, il padre di Soo Jin e gli altri tre membri dei BTS che stavano parlando con diverse persone. Da quello che avevo capito, i tre dietro la tenda erano i più giovani e facevano parte della maknae line. I tre che stavano conversando come persone civili, più l’altro pervertito, erano i più grandi e formavano la hyung line.
 
Nel mio auricolare si alternavano diverse voci, compresa quella di In Guk, che mi tenevano aggiornata sulla situazione. Niente pericoli all’orizzonte. Tutto tranquillo. Ebbi l’impulso di avvicinare le labbra al mio orologio e fare un annuncio per controllare se qualcuno avesse visto Soo Jin. Ci ripensai subito. Sarei diventata lo zimbello dei miei colleghi.
 
 Mi voltai di nuovo verso la tenda. Non vedevo altre alternative.
 
La scostai e trovai i tre ragazzini di prima che giocavano a sasso-carta-forbice. Jimin aveva appena perso contro il grigio che, mi sembrava di ricordare, si chiamava V.
 
«Sììì!» urlò quest’ultimo. «Tocca di nuovo a te contare, Hyung!»
 
«Ma me lo dite cosa viene dopo il dueee?» si lamentò il biondo.
 
Roteai gli occhi fin quando non li sentii quasi sparire dietro la testa.
 
«Scusate!» li chiamai esasperata.
 
Si voltarono tutti verso di me, sorridendomi non appena mi videro.
 
«Noona!» urlò Jungkook. Noona?? «Hai cambiato idea? Vuoi contare tu?»
 
Mi spiaccicai la mano sulla faccia. Ma cosa avevo fatto di male?
 
«Vi prego, ho bisogno di un favore,» li supplicai. Ero proprio arrivata al limite. «Qualcuno di voi sa dirmi dove potrebbe andare Suga in compagnia di una ragazza? Mi riferisco a questo Hotel, ovviamente. Voi conoscete quel pervertito meglio di me.»
 
Jimin scoppiò a ridere dopo aver sentito la parola ‘pervertito’ associata al suo Hyung, mentre V sembrò pensare seriamente alla mia domanda. Si strofinò persino il mento per darsi un’aria più intellettuale. Scossi la testa.
 
«Credo di ricordare qualcosa,» disse con sguardo perso.
 
Era stupido fidarsi delle parole di un ubriaco, lo sapevo bene. Ma non avevo scelta. Sempre meglio che girare a vuoto e perdere tempo inutilmente. In effetti, c’era una cosa che mi preoccupava. Yoongi si era scolato tre bicchieri di champagne come se fossero acqua e temevo potesse fare qualcosa a Soo Jin. Dopotutto, non si era fatto scrupoli ad aggredire me, da sobrio. Da ubriaco fin dove si sarebbe spinto?
 
«L’anno scorso,» continuò V con gli occhi chiusi, perso nei suoi ricordi. «Al party dell’anno scorso, lui e Soo Jin sono spariti per circa due ore, ricordate?» domandò, cercando appoggio nelle memorie degli altri due. Appoggio che non trovò. Riaprì gli occhi e mi guardò. «Namjoon-hyung si era infuriato così tanto che li ha cercati in tutte le camere dell’Hotel! E stiamo parlando di 250 camere!»
 
«È vero!» intervenne Jungkook. «Il padre di Soo Jin voleva uccidere Suga-hyung. Per fortuna Jin-hyung è riuscito a convincerlo che erano solo ‘cose da giovani innamorati’. Da quella volta, Yoongi-hyung evita il Sig. Lee come la peste.»
 
Jimin s’intromise, «Avete notato come lo ha fulminato questa sera quando lo abbiamo salutato? Mi sembrava di essere nel video di Fire. Però stavolta sarebbe toccato a Yoongi-Hyung prendere fuoco!» Tanto dalle risate, Jimin si ritrovò a terra. «Yoongi-hyung ha fatto boom!»
 
Sospirai. «Sì, d’accordo. Ma, con tutto il rispetto, non m’interessa niente del Sig. Lee e del rapporto che ha con Yoongi. Per caso, vi ricordate in quale stanza li ha trovati insieme Namjoon?»
 
«Uuhm,» si concentrò V. «Jungkook?» cercò di farsi aiutare.
 
«Non guardare me, Hyung,» disse l’interpellato poggiando la testa contro il muro. «Sei tu quello dalla memoria di ferro. Ti ricordi tutte le nostre coreografie.»
 
«Pensa, pensa, pensa.» V si strofinò le tempie fino a farsi quasi due buchi in testa.
 
Nonostante apprezzassi i suoi sforzi, ormai non ci speravo più. Se fosse successo qualcosa a Soo Jin, non me la sarei cavata solo con un intervento non pagato. Cominciai a temere di dover dire addio al mio lavoro, per la terza volta. Non ero certa che sarei riuscita a sopportarlo. Sarebbe stato troppo difficile. La cosa che mi faceva incazzare, era che un incarico tanto semplice sarebbe stato la causa del mio licenziamento. Min Yoongi, sarebbe stato la causa del mio licenziamento. Sentii il sangue ribollirmi nelle vene.
 
«Ma insomma!» si risvegliò all’improvviso Jimin, che si era addormentato sul pavimento dopo aver riso fino alle lacrime per la sua battuta. Raddrizzò la schiena e si mise seduto con il labbro superiore che sporgeva verso l’esterno, imbronciato. «Me lo dite cosa diavolo viene dopo il dueee?!»
 
«TRE!» urlò all’improvviso V, facendo sobbalzare sia me che Jungkook. «Era la stanza numero tre! Primo piano!»
 
I miei occhi si illuminarono. «Ne sei sicuro?»
 
«A-s-s-o-l-u-t-a-m-e-n-t-e!» scandì accompagnando ogni lettera con il movimento del suo dito. «Me lo ricordo perché Namjoon-hyung non aveva controllato il primo piano, credendo che non potessero essere lì. Sarebbe stato troppo scontato. Per questo aveva cominciato a cercarli dal terzo piano in poi. Si era incazzato tantissimo! Ho riso per una settimana intera!»
 
Nessuno mi dava la certezza che potessero essere davvero in quella stanza, ma almeno adesso avevo una pista da seguire. In più, ora sapevo che Suga era il tipo che compiva azioni banali per non dare nell’occhio. Ero convinta che lo avesse fatto anche questa volta.
 
«Grazie, V,» dissi mentre scostavo la tenda. «Ti devo un favore!»
 
«Figurati, Ji Woo!» mi urlò dietro. «E vieni a giocare di nuovo a nascondino con noi! Sei una ragazza divertente!»
 
«Sìì!» si aggregò Jungkook. «Però questa volta conti tu! Jimin-ssi non è capace.»
 
Prima di fare un altro passo e cominciare a correre verso le scale, vidi Jimin ancora a terra con lo sguardo perso e imbronciato. Le gambe leggermente spalancate e le braccia ciondoloni tra di esse. Sembrava un bambino.
 
«Ma quindi…» sussurrò. «Cosa viene dopo il tre?»
________
­­­­POV ZERO
 
Jin scostò la tenda rossa con un movimento fulmineo del braccio, rivelando dietro di essa un vero e proprio alloggiamento. Guardò con stupore Jimin, che era seduto a terra con lo sguardo perso nel vuoto mentre continuava a ripetere all’infinito il numero tre. Jungkook era in piedi di fianco a lui, ma non riusciva a vedergli la faccia, troppo in basso rispetto all’altezza del più grande. In più, Jungkook aveva i capelli davanti alla faccia e sembrava che stesse per sboccare da un momento all’altro. Taehyung era accovacciato di fianco a Jimin, la testa grigia per aria e un sorriso da ebete sulla faccia. Sembrava che stesse guardando delle farfalle che gli svolazzavano attorno.
 
«Ma che diavolo…» disse J-Hope che si trovava di fianco a Jin. «Quando li ho persi di vista non erano così. Te lo giuro, Hyung!»
 
Jin sospirò per contenere la rabbia. «Uscite subito di qui prima che venga a prendervi per le orecchie!» disse minaccioso cercando di non farsi sentire dagli ospiti presenti nella sala. «E datevi un contegno, per l’amor del cielo! Taehyung sembra che abbia visto la madonna!»
 
«Hyung!» si risvegliò quest’ultimo. «Non ho visto la madonna, ma ho visto Ji Woo!» urlò entusiasta. J-Hope si mise un dito davanti alla bocca per intimargli di fare silenzio, o gli ospiti avrebbero potuto sentirlo.
 
«Sì!» intervenne Jungkook sollevando la testa di scatto. Si portò una mano davanti alla bocca quando gli venne da sboccare. «È una bodyguard! La mia fan numero uno è una bodyguard!»
 
Jin e Hoseok si scambiarono un’occhiata perplessa, poi tornarono a guardare il trio.
 
«Ji Woo? Bodyguard?» gli domandò J-Hope confuso. «Ma che vi siete fumati?»
 
Jin si rivolse a Jimin, che non aveva ancora parlato. «Jimin, tu che mi dici?» chiese speranzoso. Lui doveva aver conservato un po’ della sua dignità, no? Il biondo sollevò lo sguardo e il più grande rimase senza parole quando vide le lacrime intrappolate tra le sue ciglia. «Jiminie, che cos’hai?» gli domandò preoccupato.
 
«Hyung,» disse in lacrime. «Perché nessuno vuole dirmi cosa viene dopo il tre?»
 
A J-Hope cadde quasi la mascella. Jin invece si coprì il volto con una mano.
 
«Ho cambiato idea,» disse il maggiore. «Restate qui e non fatevi vedere finché non vi sarà passata la sbornia! Siete una vergogna!»
 
Jimin continuò a piagnucolare. «Nemmeno tu vuoi dirmelo, Jin-Hyung?»
 
Dopo aver chiuso la tenda in faccia al biondo, Seokjin si voltò verso il rosso. Hoseok si strinse nel suo completo grigio scuro puntellato di bianco sotto lo sguardo severo del più grande. Si allentò il farfallino nero che stava diventando fin troppo stretto.
 
«Ti avevo detto di non farli bere!» sbraitò Jin, cercando sempre di non farsi sentire. «Lo sai che diventano incontrollabili dopo il secondo bicchiere di champagne. Quante volte te lo devo ripetere?!»
 
«Hyung! Sono andato un attimo in bagno. Non pensavo che si sarebbero ridotti così!» si difese l’altro.
 
«Hanno bevuto anche il vino,» s’intromise Namjoon, che era arrivato proprio in quel momento. Si sistemò il colletto della sua camicia nera coperta dalla giacca del suo completo nero a pois bianchi. «Li ho visti mentre stavo parlando con il Sig. Lee. Non ho avuto modo di fermarli.»
 
«Fantastico!» affermò Jin sollevando le mani al cielo. Si allentò la cravatta nera a pois bianchi e si sistemò il risvolto della sua giacca color rosa antico. «Teniamoli nascosti qui dietro fino alla fine del party. I paparazzi sono appostati qua fuori e non aspettano altro. Guarda tu cosa ci tocca fare!»
 
Namjoon si avvicinò alla tenda. «Devo prima chiedergli una cosa. Il Sig. Lee sta cominciando ad agitarsi e non vorrei che andasse a finire come l’anno scorso.» Una volta aperta, si trovò davanti i tre maknae completamente assuefatti dall’alcol. Una scena che aveva visto altre volte, ma a cui non si sarebbe mai abituato. «Ehi, maknae. Avete visto Suga e Soo Jin?»
 
V sollevò prontamente la mano verso il cielo, gli occhi chiusi. «Primo piano! Stanza numero tre!» urlò contento.
 
Jimin si disperò. «Sì, ok! Ma cosa viene dopo il tree??»
 
Jungkook, invece, sollevò la testa, sbuffando. «Ancora? Ma perché cercate tutti quei due? Lasciateli stare, poverini! Vogliono solo scopare in santa pace!»
 
«Jungkook!» lo ammonì Seokjin. «Chi diavolo ti ha insegnato queste parole?!»
 
Jungkook sorrise. Un sorriso ubriaco.
 
«Suga-hyung.»

ᗩngolo.ᗩutore
Ciao a tutti! Questo capitolo è davvero pieno di disagio x'D Non sono una persona simpatica e per questo preferisco occuparmi di storie serie, ma se sono riuscita a strapparvi almeno un sorriso sono contenta ^-^ Ovviamente la maknae line doveva farsi riconoscere, ma senza rendersene conto hanno trovato da soli un posto in cui nascondersi e non riempire il loro gruppo di vergogna xD Spero che il capitolo vi sia piaciuto nonostante il nonsense ahahah E qualcuno dica a Jimin cosa viene dopo il tre, povera stella ahahahha Se volete, lasciatemi pure un commentino ^^ Al prossimo capitolo!



Instagram: btsuga_d

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Capitolo 8
*** Party 2: Seduction Game ***


Hook-Up
❖ Party 2: Seduction Game
WARNING: SMUT



__________
­­­­POV YOONGI

Le porte dell’ascensore si chiusero e spinsi Soo Jin contro la parete dopo aver premuto il tasto del primo piano senza nemmeno guardare. La schiena della brunetta sbatté contro il muro e non persi tempo ad intrappolarla tra le mie braccia. Abbassai la testa, spingendo le labbra nell’incavo del suo collo mentre strofinavo la mano contro la sua coscia coperta dal vestito. Soo Jin ansimò, gettando la testa all’indietro. I suoi respiri affannati stimolarono anche i miei, e in poco tempo quel piccolo spazio si riempì dei nostri sospiri.
 
«Non puoi aspettare di essere almeno in camera?» mi domandò a corto di fiato quando provai ad abbassarle la zip del vestito. «E se entrasse qualcuno?» Sollevai gli occhi al cielo, allontanando le dita dalla sua schiena. Per essere una poco di buono, era davvero una rottura di coglioni.
 
«Dio, quanto sai essere rompipalle.»
 
«Mai quanto te, Min Yoongi.»
 
L’ascensore impiegò meno di venti secondi ad arrivare a destinazione. Presi per mano Soo Jin e la trascinai fino alla porta della nostra camera. La guardai.
 
«Hai la chiave?» le domandai. Mi fece un sorrisetto e tirò fuori dalla borsetta la chiave magnetica, esponendola come un trofeo prima di strisciarla velocemente nello scomparto. La guardai in modo arrogante. «Ammettilo. Sapevi già che sarebbe andata a finire così.»
 
«Mi ero solo preparata all’evenienza,» si difese.
 
Non potei fare a meno di ridacchiare. Mi avvicinai a lei e le afferrai con forza i fianchi, spingendola contro la porta. Quest’ultima si aprì con uno scatto. «Quanto puoi essere bugiarda?» le sussurrai a un centimetro dalle labbra.
 
La spinsi dentro la camera, richiudendomi la porta alle spalle con un calcio forse fin troppo forte. Non accesi neanche la luce. Mi bastò adocchiare il letto matrimoniale che si trovava proprio alle spalle di Soo Jin. Non ci pensai due volte a farla sprofondare con la schiena nel materasso, mandando il copriletto a farsi fottere. Mi sistemai sopra di lei, cingendole la vita con i muscoli delle cosce e riprendendo da dove avevo interrotto.
 
Al buio, percorsi con la lingua la linea del suo collo mentre le mie mani si riposizionavano sulle sue gambe, esattamente sotto la gonna a balze del vestito. La sentii mugolare sotto di me quando cominciai a scendere, sfiorando con le dita la sua parte più sensibile. Inarcò la schiena, e ne approfittai per posarle una mano sulla spalla e farla voltare, così da trovarmi con l’inguine premuto contro il suo sedere. Afferrai la zip del corpetto nero che le fasciava i seni e cominciai ad abbassarla, molto lentamente. Ad ogni centimetro di pelle che scoprivo, ci passavo sopra la lingua. Soo Jin fremette sotto il mio tocco. Le venne la pelle d’oca.
 
Continuai a spingermi contro il suo bacino mentre le toglievo definitivamente quell’impedimento, lasciandola solo in reggiseno. Finii di tracciare la linea della sua schiena con la lingua e la feci voltare nuovamente. Stavolta, spinsi i fianchi tra le sue gambe aperte, ottenendo in cambio un suo gemito. Spostai di poco la stoffa delle sue mutandine di pizzo e feci scivolare due dita nella sua apertura già bagnata. Un sospiro roco mi sfuggì dalle labbra, infrangendosi contro il lobo del suo orecchio che cominciai subito ad accarezzare con la lingua.
 
Le mie dita erano piene dei suoi umori e non potei fare a meno di sogghignare contro la sua pelle. Quando cominciai a muoverle, il suo corpo sfregò contro il mio. Il suo seno ancora coperto dal reggiseno mi sfiorò lo sterno e a quel punto desiderai di più. Senza avvisare, le sollevai la schiena e le allacciai le gambe intorno alla mia vita. Quel movimento spinse le mie dita più in profondità e Soo Jin sobbalzò a causa della scossa di piacere improvvisa. Nascose il viso contro il mio collo, cominciando a mordicchiarlo.
 
«Soo Jin, levami questa cazzo di giacca,» le ordinai sull’orlo di una crisi di nervi. «O devo fare tutto da solo?»
 
La sentii ridere contro la pelle morbida del mio orecchio. «Sei di fretta?»
 
«Sì, ho voglia di aprirti in due. Quindi muovi il culo. In tutti i sensi.»
 
Rise ancora una volta, liberandomi finalmente da quell’impedimento. La giacca mi scivolò lungo le spalle, lasciandomi solo con i pantaloni neri eleganti e la camicia bianca a maniche lunghe che cominciò subito a sbottonare.
 
«Yoongi?» mi chiamò quando fu al quinto bottone. Ora mi si intravedevano gli addominali.
 
«Hmm…?» le risposi, anche se suonava più come un gemito che come un invito a parlare. Ero troppo impegnato a passare la lingua tra l’incavo dei suoi seni.
 
«Pensi che lei sia ancora arrabbiata con noi?» Sollevai la testa di scatto, fermando il movimento delle mie dita all’interno del suo corpo. La guardai negli occhi. «Credi che finiremo all’inferno?»
 
Aumentai la stretta sulla sua vita, avvicinandola di più alla mia faccia. «E i sensi di colpa ti vengono solo adesso? Dopo cinque anni? E per giunta mentre facciamo sesso?» le domandai in modo piatto. «Avresti dovuto pensarci un po’ prima, Soo Jin.»
 
«Tu non ci hai pensato?»
 
«Sì,» risposi quasi subito. «E ho deciso che l’inferno sarebbe un bel posto in cui trasferirsi. Almeno ci troverei anche lei
 
Mi lasciai cadere sulla schiena, costringendo la mora a sedersi a cavalcioni su di me. «Tu parli troppo per i miei gusti, Soo Jin.» Le afferrai una mano, posandola di forza sul rigonfiamento fin troppo evidente nei miei pantaloni. «Ti preferisco quando hai la bocca impegnata. Almeno non spari stronzate,» le sussurrai in maniera provocatoria.
 
Lei sembrò capire al volo. Finì di sbottonarmi la camicia e la spalancò. Poi si chinò sul mio petto, lasciandovi una scia di baci che terminò sull’orlo dei pantaloni. Presi a respirare profondamente, inarcando il bacino contro la sua mano che aveva iniziato ad accarezzare la mia eccitazione. Chiusi gli occhi, stritolandole le dita con cui continuava a torturarmi da sopra la stoffa dei pantaloni. Il mio petto nudo si alzava e si abbassava, sfiorando il tessuto pregiato della mia camicia aperta.
 
«Soo Jin…» ansimai quando mi slacciò la cintura e mi diede un po’ di sollievo con il palmo della mano.
 
Per poco, non mi ero lasciato sfuggire il nome di quella fottuta ragazzina. Che cazzo di problemi avevo? Prima me la immaginavo al piano di sotto e ora la vedevo al posto di Soo Jin mentre stavamo per fare sesso. Tre bicchieri di champagne mi avevano ridotto davvero in questo stato? Di solito reggevo piuttosto bene l’alcol.
 
Le labbra di Soo Jin si posarono sulla mia erezione, cominciando a stuzzicarla da sopra la stoffa dei miei boxer. Ansimai ancora una volta, ma stavolta per la frustrazione.
 
Lei ridacchiò, sollevando nuovamente la schiena per avvicinarsi alla mia faccia. La guardai con gli occhi socchiusi e le pupille dilatate dal piacere. «Fatti dare un bacio e potrei anche accontentarti,» soffiò sulla mia bocca dischiusa.
 
«Sei una fottuta stronza,» la insultai, afferrandole i capelli corti tra le dita tremanti. «Ma le mie labbra te le scordi, tesoro. Il bacio dammelo da un’altra parte. Però stavolta come si deve.» La guardai, ghignando di fronte alla sua espressione delusa.
 
«Te lo hanno mai detto che sei un pezzo di merda?»
 
E ringrazia che era un sinistro.
O a quest’ora ti saresti ritrovato giù dal palazzo, pezzo di merda!
 
«Sì,» sospirai chiudendo gli occhi. Perché mi stavo eccitando ancora di più? «Stenterai a crederci, ma è successo.»
 
Tre colpi alla porta ci fecero voltare di scatto. Soo Jin si paralizzò mentre io lasciai cadere la testa all’indietro e allentai la presa ferrea sui suoi capelli. Roteai gli occhi, strofinandomi il viso con entrambe le mani. Alcune ciocche celesti mi finirono tra le dita.
 
«Cazzo, stavolta giuro che lo disintegro. Sto arrivando al limite,» borbottai, rimanendo immobile con la speranza che lasciasse perdere e se ne andasse. Soo Jin continuò a rimanere seduta sulle mie gambe, incerta sul da farsi.
 
Altri tre colpi alla porta. Stavolta ancora più forti.
 
Mi tolsi le mani dalla faccia e raddrizzai la schiena di scatto, levandomi malamente Soo Jin di dosso. La ragazza rotolò al mio fianco mentre io strisciavo verso il bordo del letto, rialzandomi e barcollando verso la porta con i pantaloni slacciati e la camicia completamente aperta. Riuscii a raggiungere la maniglia nonostante il mal di testa.
 
Spalancai la porta, cominciando a gridare in mezzo al corridoio ancor prima di aver guardato in faccia il rompicoglioni. «Namjoon, porca puttana! Mi hai davvero rotto il cazz-»
 
Mi bloccai e osservai la piccola figura che mi stava squadrando dalla testa ai piedi con un’espressione piuttosto schifata. Sbattei le palpebre, aggrottando le sopracciglia mentre anch’io seguivo il suo esempio e la osservavo in tutta la sua interezza, partendo dalle gambe. Era vestita da uomo?
 
«Non è possibile,» dichiarai, scuotendo la testa per cercare di liberarmi dal male che mi stava offuscando il cervello. O forse la vista. «È una maledizione. Perché continuo a vederla ovunque? Nam, ora ti scambio persino per quella ragazzina.»
 
«Riprenditi, idiota! Vuoi che ti molli un altro schiaffo?!»
 
La sua voce mi fece riaprire gli occhi. La guardai incredulo. Rimasi completamente basito quando fece un passo in avanti, avvicinandosi al mio viso. O per essere più precisi, alle mie labbra. Sgranai gli occhi, ma non mi mossi di un centimetro. Le osservai le lunghe ciglia nere mentre si avvicinava ancora di più a me. Non potei fare a meno di chiudere gli occhi e perdermi nel suo profumo.
 
«A giudicare dall’odore, non mi sembra che tu abbia bevuto altro. Ma a quanto pare tre bicchieri di champagne sono bastati a farti diventare ancora più idiota del solito.»
 
Riaprii gli occhi. Mi aveva appena annusato le labbra per controllare se puzzassi d’alcol? Sogghignai, appoggiandomi allo stipite della porta con un braccio. La guardai dall’alto in basso.
 
«Che diavolo ci fai qui?» le domandai una volta capito che si trattava davvero di lei e non dell’ennesimo scherzo bastardo della mia testa. «Non dirmelo. Hai cambiato idea?» domandai con una forte aspettativa, chinandomi verso di lei per diminuire la già poca distanza tra noi. Ji Woo si ritrasse, ma l’afferrai per la vita prima che potesse sfuggirmi. Feci scontrare i nostri petti e quella botta fu in grado di risvegliare la mia eccitazione ormai dormiente. Le strofinai il naso sul collo. «Posso liberarmi di quella ragazza, se vuoi,» le sussurrai sensualmente all’orecchio. «Oppure vuoi unirti a noi? Ammetto che una cosa a tre non mi dispiacerebbe per niente.»
 
«Levami subito le mani di dosso, razza di pervertito,» mi minacciò con una voce bassa e roca che trovai fin troppo eccitante. L’ebrezza della sbornia non mi aiutò a controllarmi e finii per avvicinarmi ancora di più a lei, posandole le mani sul sedere.
 
«Ne sei proprio sicura?»
 
«Yoongi!» ci interruppe una voce irritante alle mie spalle. Sollevai gli occhi al cielo, sprofondando con la testa nell’incavo del collo di Ji Woo. Non volevo sentirla. «E tu che diavolo ci fai qui?!»
 
Mi risollevai di scatto, voltando finalmente la testa verso Soo Jin che stava puntando il dito contro la ragazza a cui mi ero appiccicato peggio di una cozza. Mi raddrizzai, facendo vagare lo sguardo tra le due.
 
«Aspetta, vi conoscete?» domandai confuso.
 
Prima che Soo Jin avesse il tempo di rispondere, Ji Woo si liberò dalla mia stretta, facendo un passo avanti per afferrare il polso dell’altra ragazza e strattonarla verso di sé.
 
«Andiamo,» le ordinò. La sua faccia era una maschera di rabbia.
 
Appena cominciarono a muoversi, afferrai Soo Jin per l’altro braccio, costringendo Ji Woo a fermarsi. «Aspetta un momento…» cominciai, rivolgendomi alla ragazza dai capelli lunghi. La guardai ancora una volta finché i miei occhi non finirono sulla sua mano che stringeva con forza il polso di Soo Jin. Sgranai gli occhi. «Adesso ho capito perché continui a rifiutarmi. Sei lesbica, vero?» Ji Woo mi fulminò. Mi voltai a guardare l’altra ragazza. «E tu… Tu che diavolo sei? Bisessuale?»
 
«Yoongi, che stronzate stai tirando fuori?» mi rispose alterata Soo Jin. «E che vuol dire che continua a rifiutarti? Non avrai mica in mente di scopartela quando sei insieme a me?!»
 
Ignorai completamente la sua voce da gallina e tornai a guardare la mora dallo sguardo infuocato. «Però non ha senso… Mi hai detto che sei innamorata di un ragazzo che non ti...»
 
Non feci in tempo ad aggiungere altro perché sobbalzai a causa di una scossa che mi immobilizzò le gambe. Non riuscii a mantenere l’equilibrio e scivolai a terra. Solo quando sollevai lo sguardo, mi resi conto che Ji Woo stava tenendo una specie di pistola puntata contro di me. Sbarrai gli occhi.
 
«Ma sei completamente matta?! Che cazzo fai?!» urlai guardandomi le gambe. Avevo due minuscoli spilli conficcati nel pantalone, all’altezza del polpaccio. Ji Woo diede uno strattone al filo che li collegava alla pistola e questi si staccarono immediatamente, cadendo a terra. Ero completamente senza parole, così come Soo Jin.
 
«Era per farti riprendere dalla sbornia e farti chiudere la bocca. Parli troppo,» mi avvertì la ragazza dai capelli lunghi.
 
«G-Gli hai appena sparato?» balbettò Soo Jin facendo un passo indietro e coprendosi la bocca con entrambe le mani. Strinse le spalle magre nel corpetto nero che aveva avuto la decenza di rimettersi addosso.
 
Ji Woo sollevò gli occhi al cielo. «Non gli ho sparato. Gli ho semplicemente dato una lezione. È un fottuto Taser. Una pistola elettrica. Ti paralizza per circa cinque secondi con una scarica da cinquantamila volt. Non preoccuparti. Non morirà.»
 
«Perché diavolo te ne vai in giro con una cosa del genere?» le domandai rialzandomi in piedi. Mi tremavano ancora le gambe. Poi sogghignai. «Se hai dei kink strani come quello di vestirti da poliziotta io non ho nulla in contrar-»
 
Mi ritrovai schiacciato contro il muro, con il suo braccio che mi premeva la gola. Per un attimo, mi mancò il fiato. «Mi stai rompendo il cazzo, Min Yoongi! Sono la sua bodyguard, quindi vedi di tapparti questa fottuta bocca o la prossima volta la scossa elettrica te la sparo in un posto dove non batte il sole. Non so se mi spiego. E non ci verrò mai a letto con te! Mettiti l’anima in pace. Come è sicuro che non lascerò la mia cliente nelle grinfie di un tipo schifoso come te!»
 
Continuò ad urlarmi in faccia, ma la mia attenzione era completamente rivolta alle sue labbra, che continuavano a muoversi a un centimetro dalle mie. Dio.
 
«Credo che tu abbia passato il segno, signorina,» intervenne Soo Jin. «Sei la mia bodyguard, non di certo mia madre. E decido io con chi andare a letto o meno! Quindi ritorna da dove sei venuta e fatti gli affari tuoi prima che vada a lamentarmi con il tuo capo!»
 
Ji Woo sogghignò. «Non per essere scortese, signorina Lee, ma suo padre mi ha ingaggiato per tenerla lontana dai pericoli. Da quello che mi hanno raccontato, detesta fortemente questo tipo,» m’indicò, «quindi non credo che finirò nei guai. Anzi, potrebbe persino decidere di ricompensarmi. In fondo, sto solo facendo il mio lavoro. E poi… è proprio sicura di voler dire a suo padre cosa stava facendo con questo bastardo?»
 
Soo Jin ammutolì. Inclinai la testa di lato per osservare il volto fiero e bellissimo della ragazza che mi stava ancora premendo le mani sul petto nudo. Inconsciamente, le sue dita scivolarono verso il basso e mi ritrovai a socchiudere gli occhi. Cazzo. Di questo passo sarei impazzito.
 
«Io… Io non stavo…» cominciò Soo Jin. Spalancai nuovamente gli occhi. Non ne potevo più di sentire la sua voce. Non so perché, era diventata improvvisamente fastidiosa.
 
Afferrai Ji Woo per un polso e la trascinai nella stanza, sbattendo la porta in faccia a Soo Jin. L’ultima cosa che vidi fu la sua espressione completamente sconvolta mentre rimaneva da sola nel corridoio. Non ebbe neanche la forza di replicare.
 
«Che diavolo fai?!» urlò Ji Woo mentre le facevo sbattere la schiena contro la porta chiusa alle sue spalle.
 
«Mi stava dando sui nervi. Parliamo qui dentro.»
 
«Certo. Ovviamente ti sta sui nervi quando non devi infilarti tra le sue gambe, vero?» mi rinfacciò. Io sogghignai. Quella sua lingua tagliente mi mandava fuori di testa.
 
«Sul serio sei una bodyguard? Allora che ci facevi al fan-sign?»
 
Ji Woo mi guardò, presa alla sprovvista. «Non sono affari tuoi. E poi che c’è di male, scusa? Una bodyguard non può andare ad un fan-sign?»
 
La fissai, forse troppo intensamente visto che si schiacciò ancora di più contro la porta. «Non lo so… C’è qualcosa che non mi torna.»
 
«Lasciami andare,» mi ordinò, riferendosi alle mie mani che la tenevano imprigionata contro la porta. «Non te lo ripeterò una seconda volta.»
 
Sogghignai di nuovo, abbassando il volto per sfregare il naso contro il suo. «Obbligami.»
 
Come aveva detto, non se lo fece ripetere due volte. Mi afferrò per un braccio, e senza capire come o perché, mi ritrovai schiacciato contro la porta al posto suo, ma stavolta di petto e con il braccio dietro la schiena. Cazzo, faceva male.
 
Cominciai a ridere con la faccia premuta contro lo stipite. «Dio, mi farai impazzire sul serio.»
 
Senza darle il tempo di replicare, invertii nuovamente le posizioni. Mi schiacciai contro il suo bacino mentre le tenevo bloccate le braccia dietro la schiena. Cercò di voltare la testa, ma glielo impedii poggiando la guancia contro la sua. Avvicinai le labbra al suo orecchio.
 
«Forse non te l’ho detto…» cominciai, «ma ho uno zio che insegna arti marziali, e diciamo che mi ha dato lezioni sin dall’infanzia.» La sentii muoversi contro di me nel tentativo di liberarsi. «Non ti conviene scherzare con me, tesoro.»
 
«E a te conviene non abbassare la guardia.»
 
Mi prese del tutto alla sprovvista. Si liberò dalla mia presa e si voltò tra le mie braccia ad una velocità inaudita. Nell’oscurità, ci ritrovammo a guardarci negli occhi. Subito dopo mi piegai a causa del dolore atroce che percepii alle parti basse. Un lamento mi sfuggì dalle labbra, ma non feci in tempo a riprendermi dal dolore che la sua gamba si attorcigliò con la mia e mi ritrovai con la schiena premuta sul pavimento. Mi lamentai di nuovo.
 
«Cazzo, tesoro. Quelli mi servono,» mi lamentai riferendomi ai miei gioielli di famiglia. «Prima lo schiaffo, poi la pistola elettrica e ora questo. Stai davvero cominciando a darmi sui nervi. Dacci un fottuto taglio!»
 
«Solo quando tu la smetterai di molestarmi.»
 
Ridacchiai, riaprendo finalmente gli occhi. La testa mi girava come una trottola. Mi si mozzò il respiro quando mi accorsi che mi stava tenendo le braccia bloccate sopra la testa e che era seduta a cavalcioni su di me. Sentivo il suo bacino contro il cavallo dei miei pantaloni. Deglutii a fatica il groppo di saliva che mi si era formato in gola.
 
«Ma allora dillo che ti piace provocarmi,» dissi serio, gli occhi neri per l’eccitazione. «Non puoi aspettarti che me ne stia fermo con te seduta sul mio cazzo.»
 
Dalla gola mi uscì una specie di ringhio quando alzai la testa per sfregare le labbra contro il suo mento. Sollevai una gamba e l’avvolsi intorno alla sua vita, spingendo verso destra per ribaltare le nostre posizioni. Ji Woo tentò di contrastare la forza dei miei muscoli mantenendo la presa sui miei polsi, ma un’espressione sofferente le attraversò il volto e si ritrovò nuovamente sovrastata dal mio corpo.
 
Delle lacrime di dolore cominciarono a formarsi nei suoi occhi. Lacrime che cercò di mandare subito via per non farmene accorgere. Allentai la stretta sul suo polso ancora slogato, capendo che era stato quello a causarle tanto dolore. Cominciai a massaggiarglielo con cautela. «Scusa,» le sussurrai mentre le lasciavo un bacio piuttosto dolce sul collo, continuando ad accarezzarle la parte dolorante. «Ti fa ancora male?»
 
Ji Woo sbuffò incredula. «Min Yoongi, te l’hanno mai detto che sei un cazzo di lunatico?»
 
Ridacchiai contro la sua pelle. «No, perché lo sono soltanto con te.» Risollevai il viso per guardarla negli occhi. Quegli occhi talmente belli che avrei potuto osservarli per ore. «Tu mi fai uno strano effetto, Ji Woo. E non so spiegarmi il perché.»
 
Mi guardò scettica. «A quante altre ragazze lo hai detto?»
 
«A nessuna, te lo giuro,» mormorai a un soffio dalle sue labbra. La mia voce era piena di sincerità. «Soltanto a te.»
_________
­­­­POV YORIN
 
Lo guardai stranita. Che cazzo stava dicendo? E perché mi era venuta la pelle d’oca? Prima che potesse accorgersene, mi liberai dalla sua stretta e lo spinsi via in malo modo. Mi rialzai e lui mi seguì a ruota, anche se un po’ barcollante. Mi sa che l’alcol stava cominciando a fargli fin troppo effetto. La sua camicia aperta gli sventolò sui fianchi, accarezzandogli la pelle degli addominali.
 
Non riuscimmo a dirci un’altra parola perché qualcuno aprì la porta senza nemmeno bussare. Vidi il ragazzo che sapeva parlare inglese entrare in camera come una furia. Alzò gli occhi al cielo.
 
«Non ci posso credere,» si lamentò, guardando sia me che Yoongi. «Adesso te la fai con due ragazze contemporaneamente?! Una ormai non ti basta più? Ho incontrato Soo Jin sulle scale e stava dando di matto. Per caso quello che ti ho detto ti è entrato da un orecchio e ti è uscito dall’altro?!»
 
«Nam, ti prego,» rispose Yoongi portandosi le mani sulle tempie. «Mi scoppia la testa. Puoi evitare di urlare?»
 
«Te la faccio scoppiare io la testa! A suon di pugni, però! Cazzo, Hyung! Di sotto c’è il Signor Lee, e dopo tutto quello che è successo tra di voi, hai ancora il coraggio di fotterti sua figlia ad un party dove c’è anche lui?! E poi mandarla via come se fosse una puttana qualunque?!» Dopo aver urlato come un ossesso, si voltò a guardarmi, squadrandomi dalla testa ai piedi. «E questa chi diavolo è?»
 
«Soo Jin non è una puttana. C’è stato solo un piccolo malinteso. E lei è Ji Woo. Come diavolo fai a non ricordartela?» rispose Yoongi lasciandosi cadere sul letto con le braccia spalancate. «La ragazza che mi ha tirato lo schiaffo.»
 
«E che diavolo ci fa qui?» domandò con un tono piuttosto preoccupato, ma la sua attenzione ritornò sul suo compagno moribondo sul letto. «Hyung… sei ubriaco?»
 
«Forse un po’…»
 
«Ti prego, non ti ci mettere pure tu… Già ci basta la maknae line. Di sotto hanno combinato un casino.»
 
«Beh, io me ne vado,» li avvertii cominciando a dirigermi verso la porta.
 
Non avevo più motivo di starmene lì visto che Soo Jin era tornata al piano di sotto. Dovevo trovarla e riportarla a casa, così quella giornata di merda sarebbe finalmente giunta al termine. Non ce la facevo più.
 
Sfortunatamente, a qualcuno non sembrò piacere la mia idea. Mi ritrovai il braccio premuto in una morsa fin troppo stretta.
 
«Chi ti ha detto che puoi andartene?» mi domandò la voce contrariata di Min Yoongi. «Io e te non abbiamo ancora finito.»
 
Sollevai gli occhi al cielo, voltandomi a guardarlo. «Non me l’ha detto nessuno. Ma non ho bisogno del consenso di qualcuno per uscire da questa stanza. Men che meno del tuo. E per quanto mi riguarda, io e te abbiamo finito eccome.»
 
«Beh, io non voglio che te ne vai,» dichiarò, rafforzando la presa intorno al mio braccio. «Quindi resta qui.»
 
Ridacchiai. «Mi dispiace fartelo presente, ma i tuoi ordini per me valgono meno di zero. Diventa il mio datore di lavoro e forse potrei anche ripensarci. Ma visto che non lo sei…» mi liberai dalla sua mano con uno strattone, «ti saluto. A mai più rivederci. Spero che troverai la ragazza giusta con cui scopare e soddisfare le tue voglie.»
 
Mi voltai, ma quel rompipalle mi afferrò nuovamente per il braccio. «Io non lo farei se fossi in te.»
 
Lo guardai di nuovo. «Mi stai minacciando?»
 
«Forse.»
 
«Mettiamo le cose in chiaro, Min Yoongi,» cominciai voltandomi completamente verso di lui. «Preferirei morire piuttosto che venire a letto con te. Quindi ti prego di starmi alla larga. Le persone appiccicose non le sopporto proprio. Per non parlare dei pervertiti. E tu, mio caro Suga, rientri in entrambe le categorie. Quindi ti consiglio di starmi non a uno, non a due, ma a ben diecimila chilometri di distanza. Capisci quello che ti sto dicendo oppure l’alcol ti ha fottuto definitivamente il cervello?» Lo guardai in attesa di una risposta, che non arrivò. «E detto tra noi, non credo di perdermi chissà quale ben di Dio. Sarai pure bravo col sesso, ma scommetto che a fare l'amore sei pessimo.»
 
I suoi occhi si fecero immediatamente seri. Non mi aveva mai guardato in un modo tanto severo, e spaventoso. Ma non mi lasciai intimorire. Strattonai il braccio e mi allontanai sia da lui che dal suo amico che era rimasto in silenzio alle nostre spalle, e che ora mi stava guardando con un’espressione alquanto scioccata in viso.
 
Kang Yorin non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno.
__________
­­­­POV YOONGI
 
Mi sentivo un idiota? Sì. Per un momento, mi ero lasciato andare ad un’emozione che credevo di aver dimenticato. Avevo pronunciato delle parole di cui mi ero subito pentito una volta uscitemi di bocca.
 
Tu mi fai uno strano effetto, Ji Woo.
E non so spiegarmi il perché.
 
Già, perché? Perché avevo abbassato la guardia? Come diavolo avevo potuto lasciarmi andare così? E con lei, per giunta. L’unica donna a cui ero completamente indifferente. Anzi, a cui facevo ribrezzo. E lei mi aveva rifiutato, in tutti i sensi. Se n’era andata nonostante le avessi fatto capire che in lei c’era qualcosa che mi attirava, e a cui io stesso non riuscivo a dare una spiegazione.
 
Ero stato punto nell’orgoglio? Sì. Le sue parole mi avevano fatto sprofondare nella voragine che mi si era aperta sotto i piedi. Parole così affilate e taglienti che avrebbero potuto aprirmi in due insieme al disgusto che avevo letto nei suoi occhi. E tutto questo di fronte a Namjoon, per giunta.
 
Ero arrabbiato, confuso, imbarazzato. Incontrollabile.
 
«Hyung?» mi chiamò Namjoon mentre ripescavo il mio cellulare dalla tasca dei pantaloni. «Hyung che diavolo fai?»
 
«Chiamo una persona,» risposi freddamente mentre cercavo il suo numero nella rubrica.
 
«Non fare stronzate. Sei ubriaco. E lo sai che quando sei ubriaco ti incazzi il doppio del solito.» Non lo ascoltai e continuai a cercare il numero tra i duemila contatti salvati. Namjoon sospirò. «Senti, lo so che quella ragazza ha ferito il tuo orgoglio. So che per te è difficile da accettare visto che non sei mai stato rifiutato. Ma… Insomma, puoi averne quante diavolo ne vuoi. Guarda Soo Jin. Ti cade letteralmente ai piedi. Ji Woo invece…»
 
«Le farò cambiare idea. Non ti preoccupare,» affermai portandomi il cellulare all’orecchio dopo aver premuto il numero corretto. «Gliel’avevo detto che se ne sarebbe pentita.»
 
«Hyung…»
 
«Pronto? Dong Wook?» lo chiamai una volta che ebbe risposto. «Sì. Yoongi. Min Yoongi. Ascolta, ho bisogno che tu mi faccia un favore.» Colsi lo sguardo preoccupato di Namjoon. «Devi far licenziare una persona per me.» Aggrottai le sopracciglia. «Con quale accusa?» Mi fermai a pensare. «Aggressione a mano armata.»
 
«Hyung!» urlò Namjoon. «Ma sei matto?! Con una denuncia del genere non la assumeranno più da nessuna parte.»
 
Sogghignai. «È proprio quello che voglio.»

ᗩngolo.ᗩutore
Ciao a tutti! Scusate il ritardo, ma ultimamente mi sto dedicando all'altra mia storia, Can You See Me, che vi consiglio di leggere! Hook-Up è nata più come un passatempo, ma sono contenta di vedere che vi sta piacendo, e ne approfitto per ringraziarvi di tutti i complimenti che mi fate ogni volta <3 In questo capitolo c'è una piccola scena smut, se proprio vogliamo chiamarla così visto che in pratica non succede niente ahaha  Come sempre non mi trovo a mio agio a descrivere certe scene, ma ci provo! Abbiate pietà x'D Yoongi sembra aver avuto un momento che non si addice per niente al suo carattere, ma Yorin è rimasta impassibile come sempre, e anzi, gliene ha dette quattro! E naturalmente il caro Yoongi l'ha presa come una sfida personale.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi abbia divertito, anche se sono sicura che ora vorreste prendere a pugni Yoongi ahaha Prometto che non lascerò passare troppo tempo per il prossimo aggiornamento <3

Un bacione e alla prossima!

Instagram: btsuga_d

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Capitolo 9
*** Memories ***


Hook-Up
❖ Memories



«Che cosa hai detto?»
 
Sollevai lo sguardo dal foglio su cui avevo scribacchiato alcune parole di un testo e mi voltai verso Dong Wook, il mio amico ufficiale che lavorava nella polizia.
 
«La Defense Service Security non ha nessun impiegato che risponde al nome di Ji Woo. Me lo ha confermato il loro capo, Seo In Guk. Sei sicuro che si chiami proprio così?»
 
Presi a fissare il vuoto con il foglio ancora tra le mani. Non c’era nessuna Ji Woo? Era impossibile.
 
«Non può essere. Faceva sicuramente parte della loro Agenzia. Sei sicuro di aver controllato bene?»
 
Dong Wook sollevò la testa, facendomi un piccolo sorrisetto. «Yoongi, mi conosci. Sai che sono un tipo piuttosto scrupoloso, e se ti dico che non c’è, allora non c’è.»
 
Posai il foglio sul tavolo e mi alzai in piedi, frustrato. Come diavolo era possibile? Ji Woo era il suo nome in codice o qualcosa del genere? Questo complicava decisamente le cose.
 
«Vuoi che chiami di nuovo l’Agenzia?» si offrì Dong Wook non appena si accorse del disappunto impresso sulla mia faccia. «Chiederò più informazioni riguardo la squadra che hanno mandato tre giorni fa al party.»
 
«No, non serve,» dissi sollevando una mano verso di lui. Afferrai il cellulare. «So chi contattare per avere delle informazioni più dettagliate.»
 
Aprii la chat e scorsi la lista delle conversazioni finché non arrivai a quella che mi interessava. Controllai la data. Dopo il party dell’anno scorso, non ci eravamo più sentiti o scambiati messaggi. A quanto pare non ne avevamo sentito il bisogno.
 




 
Mi bloccai. Avvicinai la faccia allo schermo e rilessi quel nome almeno una decina di volte. Sbattei velocemente le palpebre mentre un ricordo piuttosto nitido si faceva spazio nella mia mente. Ripresi a picchiettare le dita sulla tastiera.
 
 
Sbattei di nuovo le palpebre, allontanando il cellulare dal mio viso. Di che cazzo stava parlando?
 

 
Maledetta stronza. Mi lasciai cadere nuovamente sulla sedia e buttai la schiena all’indietro, sospirando peggio di un tubo di scarico.
 
«C’è qualche problema?» mi chiese Dong Wook. Avevo quasi dimenticato che fosse nella stanza.
 
«No, ho tutto sotto controllo,» gli risposi passandomi una mano sulla faccia. «Non si chiama Ji Woo, ma Yorin. Chiama l’Agenzia e questa volta chiedi di lei.»
 
L’uomo aggrottò le sopracciglia. «Yorin? Yorin come?»
 
«Non lo so ancora, ma ho intenzione di scoprirlo. Tu intanto contattali. Non credo ci siano molte Yorin che fanno le bodyguard.»
 
Mentre Dong Wook annuiva e lasciava la stanza per parlare al cellulare, io riabbassai lo sguardo sul mio. A quanto pare era arrivato il momento di tirare fuori le mie doti di seduttore. Dovevo sapere il suo cognome e liberarmi di quel peso che mi stava schiacciando il petto.
 


 
Il cellulare per poco non mi cadde di mano. Rimasi immobile a guardare lo schermo mentre sentivo il mio cuore cominciare a battere freneticamente. Lanciai quell’aggeggio sul tavolo e puntai lo sguardo sul soffitto.
 
Yorin. Kang Yorin?
 
Chiusi gli occhi e un ricordo preciso s’impossessò della mia mente. Quanto tempo era passato? Forse cinque anni. Subito dopo il nostro debutto.
 
▫◦▫◦▫
 
\Flashback/
 
«Kang Yoona? In scena tra cinque minuti,» disse il membro dello staff mentre le passava di fianco.
 
La ragazza annuì e puntò le iridi castane sui riflettori che stavano illuminando il palco. La platea era piena di gente che acclamava il gruppo di ragazze che stava per finire la sua esibizione. Dopo sarebbe toccato a lei.
 
«Nervosa?»
 
Si voltò verso di me e incatenò gli occhi ai miei. «Non tanto,» mi confessò. «Forse perché ho aspettato fin troppo a lungo questo momento. Non mi sembra quasi vero.»
 
Sorrisi, avvicinandomi di un passo. «Il giorno del debutto è sempre quello più stancante. O almeno per me è stato così. Sono passati tre mesi ma ancora riesco a ricordare il nodo alla gola che non mi faceva respirare.» Abbassai il capo per guardarla. «Ma tu sei così tranquilla. Ti invidio.»
 
«Magari perché tu hai continuato a rassicurarmi.»
 
Le sorrisi ancora una volta. Con le mani nelle tasche, mi avvicinai. Lei continuò a guardarmi mentre abbassavo lo sguardo su quello che stava indossando. Un top bianco con la scritta SANDIEGO che le lasciava scoperta la pancia e dei pantaloni rosa super attillati. Tornai a guardarla negli occhi.
 
«Sei bellissima,» mi uscì di bocca.
 
Yoona incrociò le braccia al petto e inclinò la testa. «Sei sempre così romantico, Min Yoongi.»
 
Con un singolo movimento, ruotai all’indietro la visiera del mio berretto e mi abbassai per unire le mie labbra alle sue. Neanche a dirlo, si ritrasse. Come ogni volta. Non mi dava neanche il tempo di sfiorarle.
 
«Non sono abbastanza romantico?» le domandai.
 
«Lo sei anche troppo,» mi rispose senza mai staccarmi gli occhi di dosso. Mi posò una mano sul petto per allontanarmi ulteriormente dalla sua faccia. «E lo sai che i tipi così non mi attirano per niente.»
 
Stirai le labbra e un sorriso amaro comparve sul mio volto. Lo sapevo. Lo sapevo fin troppo bene. Me lo aveva ripetuto fino allo sfinimento.
 
«Cosa posso fare per farti cambiare idea?»
 
«Perché ti importa così tanto?» mi chiese senza rispondere alla mia domanda. «Cos’ho di tanto speciale?» La sua espressione mostrava fin troppo chiaramente la sua curiosità.
 
Sospirai. «Come faccio a spiegarti una cosa del genere?» domandai più a me stesso che a lei. Ci pensai su mentre la musica sul palco diventava sempre più assordante. «Mi piaci, Yoona. Semplicemente questo. Mi piace il modo in cui ridi. Mi piace il modo in cui parli. Ogni volta che ti ho vicina, sento il cuore farsi più leggero.» Mi guardò senza battere ciglio. Abbassai il capo e feci un sorrisetto imbarazzato. «Troppo romantico?»
 
Alla fine, sorrise anche lei. Si mordicchiò il labbro. «Decisamente.»
 
«Non posso farne a meno. Come ben sai, sono anche un compositore. Scrivo la maggior parte delle canzoni dei BTS. Non potrei farlo se non avessi un cuore romantico.»
 
Yoona annuì. «Certo, lo capisco. Ma non ti sto certo dicendo di cambiare solo per stare con me.»
 
«Potrei anche farlo,» la sorpresi. «Posso diventare tutto quello che vuoi.»
 
«Kang Yoona, in scena!»
 
La voce del membro dello Staff ci riportò alla realtà. Tuttavia, Yoona continuò a guardarmi negli occhi con uno sguardo che non seppi interpretare. Alla fine, si girò verso il palco mentre il gruppo di ragazze rientrava dietro le quinte. Yoona saltellò sul posto, cercando di sgranchirsi le spalle. Mi posizionai dietro di lei e cominciai a massaggiarle i muscoli tesi. Chiuse gli occhi e si rilassò subito sotto il mio tocco.
 
«Pronta?» le domandai. Lei annuì contro il mio petto. «Non avevi detto che oggi sarebbe venuta anche tua madre?»
 
Yoona annuì ancora una volta. «Mia madre e mia sorella, Yorin.»
 
«Yorin?» le domandai curioso mentre le luci si accendevano e partiva la base della musica.
 
Yoona si sistemò il microfono che le sfiorava le labbra. «Sì, Yorin. Kang Yorin.»
 
“Non ero mai stato rifiutato? Niente di più falso. Era stato proprio un rifiuto a farmi diventare quello che ero. Nessuno mi aveva mai detto di no dopo essere diventato ciò che credevo di meritare. Ciò che ormai credevo di essere davvero.” –Min Yoongi.

\End Flashback/

 
«Dimmi che è uno scherzo,» sussurrai con un filo di voce mentre rileggevo quelle parole scritte nero su bianco.
 
«Tesoro, io…»
 
«Dimmi che è un fottuto scherzo, In Guk!» urlai gettando per aria le carte che tenevo in mano. «Dimmelo altrimenti giuro che è un uomo morto!»
 
«Prima di tutto fai un bel respiro e cerca di calmarti.» Lo fissai incredula mentre mi faceva segno di gonfiare il petto e respirare profondamente. «Hai usato davvero la pistola?»
 
Sollevai gli occhi al cielo cercando di non far scendere le lacrime che mi stavano pizzicando gli occhi. «Sì. Sì, l’ho fatto. Ma volevo solo…»
 
«Cazzo. Cazzo, cazzo!» imprecò In Guk stringendo gli occhi. «Quante volte ti ho detto di usare con cautela le pistole in dotazione? Non sono dei giocattoli, Yorin! Sono delle armi. Delle fottute ARMI!»
 
«Non volevo fargli del male! L’ho colpito apposta agli arti inferiori per diminuire il danno! Gli avrà fatto a malapena il solletico e quel bastardo se n’è approfittato per…» Non riuscii a continuare. Un’altra parola e la voce mi si sarebbe spezzata definitivamente. Feci un profondo respiro. «Non ci credo che è stato capace di fare una cosa del genere. E poi che diavolo vuol dire aggressione?! Semmai sono io che dovrei denunciarlo per molestie sessuali!»
 
«Esatto! Proprio di questo volevo parlarti,» mi bloccò In Guk schioccando le dita. Tornai a guardarlo, confusa. «Al telefono mi avevi accennato qualcosa e ho fatto qualche ricerca. E credo di aver trovato la tua scappatoia.»
 
Mi tese dei fogli, che afferrai con mani tremanti a causa del nervoso e dell’arrabbiatura. Sgranai gli occhi quando mi resi conto di cosa stavo guardando.
 
«Come… Come diavolo hai fatto a…»
 
«Non dovresti sottovalutare le fan di quei tizi. Gli scattano foto in continuazione e le postano sui social. Non è stato difficile trovarle, soprattutto perché è una scena che non è passata di certo inosservata. Ci sono anche dei video su YouTube.»
 
Abbassai nuovamente lo sguardo e continuai ad osservare la prima foto. Ritraeva me e quel bastardo al fan-sign. Mi stava tenendo la mano ed era fin troppo vicino alla mia faccia. La seconda foto mostrava chiaramente che mi stesse sussurrando qualcosa all’orecchio. Un flirt vero e proprio. La terza, era il bacio che mi aveva dato sulla mano quando gli avevo detto che mi ero slogata il polso a causa di un incidente sul lavoro. Le altre foto erano dei primi piani della sua faccia mentre mi guardava il seno con fin troppa malizia.
 
Se delle semplici foto potevano far intendere la sua lussuria, non osavo immaginare il video. Non volevo nemmeno pensarci. E l’aveva fatto con un miliardo di obiettivi puntati addosso. Era scemo o cosa? Per fortuna io ero sempre di schiena e non mi si vedeva la faccia. Altrimenti a quest’ora sarei già stata presa d’assalto dalle fan.
 
Guardai di nuovo In Guk, che mi stava fissando con una luce di speranza negli occhi.
 
«Che cosa vuoi che faccia?» gli domandai. Lui sembrò non capire. «Vuoi davvero che lo denunci per molestie sessuali?»
 
«Hai le prove. Cos’altro ti serve?» mi domandò confuso. Mi squadrò ancora una volta il viso. «Perché non sembri contenta?»
 
Sospirai e distolsi lo sguardo, abbandonando le foto sulla scrivania del suo ufficio. Gli voltai le spalle. «Non posso farlo.»
 
«C-Cosa? Perché?!» mi domandò incredulo. «Sei matta? Hai le prove per incastrarlo e ti tiri indietro?» Si alzò dalla sedia e aggirò il tavolo, fermandosi davanti a me per guardarmi nuovamente in faccia. «Yorin, qual è il problema?» Si abbassò alla mia altezza. «A me puoi dirlo, lo sai. Non posso aiutarti se non mi dici che cosa ti frulla per la testa. Sarò costretto a licenziarti. È quello che vuoi?» Scossi la testa, mantenendo un’espressione seria. «Hai paura di lui?»
 
Sbuffai. «Ma fammi il piacere!»
 
«Allora che c’è?»
 
«È per mia sorella,» ammisi. La voce mi tremò appena. «Non voglio che qualcun altro debba passare quello che ha passato lei.» Feci una pausa. «È quel mondo che mi fa paura. Quello che fa alle persone.»
 
Risollevai gli occhi e vidi lo sguardo compassionevole di In Guk. Ecco perché avrei preferito restarmene zitta. Io non volevo la pietà di nessuno. Non volevo essere compatita da nessuno.
 
«E quindi vuoi proteggerlo nonostante quello che ti sta facendo?» mi domandò, stavolta con una nota di comprensione nella voce.
 
«Anche se mi sta privando del mio lavoro per non essere andata a letto con lui, se decidessi di ripagarlo con la stessa moneta e denunciarlo per avermi molestato sessualmente, non ci andrebbe di mezzo soltanto lui, ma il suo intero gruppo. Non sono così meschina.» Mi scappò un sorriso. «E poi devo ancora un favore ad uno di loro.»
 
«Uno di loro?»
 
«Mi sembra si chiami V. Questo sarà il mio modo di ripagarlo.»
 
In Guk sospirò ancora una volta, incrociando le braccia al petto. «Quindi cosa vuoi che faccia? Devo licenziarti?»
 
«Hai altre alternative?» gli domandai ironicamente con un sopracciglio sollevato. «Da quello che c’è scritto su quel foglio, non mi sembra. Hai le mani legate, In Guk. E anche io. Continueranno a farti pressione finché non mi sbatterai fuori di qui. Non abbiamo il potere necessario per metterci contro di loro. Di certo quel bastardo sa come scegliersi gli amici.»
 
«Mi dispiace da morire, Yorin…»
 
Feci spallucce. «Non farlo. Non è colpa tua. E poi ho già in mente un piano B, anche se l’idea non mi fa proprio impazzire. Devo solo aspettare che Ji Woo torni a casa. Ovvero tra due giorni.»
 
In Guk si avvicinò nuovamente alla scrivania e afferrò le foto che avevo lasciato sulla superficie di legno. Gli diede un’occhiata e poi sollevò di nuovo lo sguardo su di me, guardandomi seriamente. Lo fissai con curiosità. Quando faceva quella faccia, di solito non premetteva nulla di buono.
 
«Tu ti sarai anche arresa,» cominciò, «ma io non mi lascerò sfuggire l’opportunità di togliermi una piccola soddisfazione.»


 
«Mi ripeti ancora una volta perché lo hai fatto?»
 
La voce irritante di Namjoon mi ronzò nelle orecchie mentre fissavo lo schermo del mio pc come se fossi sotto una specie di ipnosi. Continuavo a rileggere i caratteri che formavano il nome di Kang Yoona. L’articolo, scritto cinque anni prima, parlava del suo incidente. Non mi era mai passato per la testa di andare a cercare notizie di quel tipo. Sapevo che la frustrazione che sentivo nel petto ogni qualvolta la sentivo nominare sarebbe aumentata fino ad autodistruggermi. Ma stavolta la curiosità aveva avuto la meglio sulla mia testardaggine. Rilessi le poche righe dell’articolo e mandai giù ogni parola come se fossero aghi appuntiti.
 
“23 dicembre 2013. Il corpo senza vita della famosa cantante e ballerina solista, Kang Yoona, è stato rinvenuto sul fondo del fiume Han alle 7:46 di questa mattina. I fan e la famiglia si dichiarano sconvolti e profondamente addolorati dall’accaduto. Sua sorella minore, Kang Yorin, che non è mai apparsa di fronte alle telecamere, ha inveito contro i giornalisti che erano presenti sul luogo dell’incidente, ritenendo il mondo dello spettacolo l’unico responsabile della morte di sua sorella. Il caso è stato archiviato come suicidio. La redazione del Korea Times partecipa al lutto della famiglia e si stringe attorno ai fan addolorati di tutto il mondo.”
 
«Hyung?»
 
Mi voltai di scatto quando Namjoon mi chiamò nuovamente. Sbattei velocemente le ciglia cercando di asciugare le lacrime che mi si erano formate agli angoli degli occhi, ma finii per farne cadere una che mi solcò l’angolo dello zigomo.
 
«Hm? Cosa hai detto?» gli domandai spaesato.
 
I suoi occhi mi studiarono il volto, stavolta con una dolcezza che trovai piuttosto inconsueta per uno come Namjoon. «Perché l’hai fatta licenziare?»
 
Il momento di debolezza svanì non appena il minore mi ricordò la ragione per cui ero andato a cercare quell’articolo. Il disappunto s’impossessò del mio corpo e la mia fronte si riempì di rughe a causa della frustrazione che avevo trattenuto fin troppo a lungo.
 
«L’ho fatta licenziare perché se lo merita,» affermai senza alcuna esitazione.
 
«Solo perché non è venuta a letto con te?» domandò incredulo Namjoon. «Senti, sto cercando di rimanere calmo, ma ti sei dimenticato che lei potrebbe denunciarti per molestie sessuali?! Per un secondo, un cazzo di secondo, hai pensato al bene del gruppo piuttosto che al tuo fottuto orgoglio?! No sai, tanto per saperlo. Perché qui ci rimettiamo tutti quanti!»
 
Ed eccole, le urla di Namjoon. Mi sembrava strano che non mi avesse ancora minacciato in qualche modo. Era stata solo la calma prima della tempesta. E a quel punto, scoppiai anch’io.
 
«Non ha le prove, Namjoon. Le prove! Lo so che i pettegolezzi a volte possono essere peggio, ma cosa credi che farà più notizia? Suga che rende pubblica la denuncia di una bodyguard che lo ha aggredito o una pazza che se ne va in giro con una pistola elettrica dicendo che Suga l’ha molestata? Dai, andiamo. Sii serio. È ovvio che crederanno tutti alla mia versione dei fatti. In più, ho dalla mia parte un Ufficiale di polizia e l’attrice più famosa di tutta la Corea che ha assistito personalmente all’incidente. Mi credi davvero così stupido, Nam?»
 
Finalmente, il minore sembrò calmarsi. «Ci hai messo comunque in pericolo. Questa te la potevi benissimo risparmiare! E pensavo che dopo esserti ripreso dalla sbornia ti saresti dato da solo dell’idiota, ma come vedo non è successo. Anzi. Mi sembra che il tuo disprezzo per quella ragazza sia addirittura aumentato.»
 
Tornai a guardare lo schermo, rileggendo la parte in cui si parlava della sorella di Yoona. Strinsi i pugni, cercando di contenere la mia rabbia.
 
«Ti avevo detto che gliel’avrei fatta pagare, ed è quello che sto facendo.»
 
«Mi hai anche detto che le avresti fatto cambiare idea. Mi spieghi come hai intenzione di fare? In questo modo ti stai solo facendo odiare di più.»
 
Ridacchiai, accavallando le gambe sotto il tavolo e mettendomi comodo sulla sedia girevole. «Non preoccuparti. Tra non molto sarà lei a venire da me.» Namjoon sembrò non capire. «Arriverà il momento che per riuscire a trovare un lavoro dovrà rivolgersi direttamente al sottoscritto. E non vedo l’ora che succeda.»
 
Namjoon si accomodò sulla poltrona di fianco alla porta e intrecciò le dita. Mi guardò con serietà. «Sei cambiato, Yoongi-hyung,» mi disse con voce spenta. «Cinque anni fa non eri così. Ti saresti fatto in quattro per aiutare una persona in difficoltà. E ora… Ora sei tu che la metti in difficoltà. Te ne rendi conto?»
 
«Forse aveva ragione Yoona,» sussurrai con lo sguardo perso nel nulla. «Questo mondo ti trasforma in una persona diversa. Hai bisogno di qualcuno che ti tenga con i piedi ancorati al suolo, oppure potresti spiccare il volo prima di riuscire a rendertene conto.» Sospirai e chiusi gli occhi. «Anche lei aveva perso la sua àncora. Per questo è volata via.»
 
«Yoongi!» Riaprii gli occhi e mi ritrovai davanti Seokjin-hyung. Sembrava piuttosto agitato. «C’è un tipo che chiede di vederti. Dice di essere il capo di un’Agenzia di Sicurezza o una roba del genere… Non ho ben capito. Ma vuole parlare con te. I nostri Bodyguard hanno detto che lo conoscono ed è una persona affidabile, quindi non devi preoccuparti.»
 
Un’Agenzia di Sicurezza? «Fallo entrare,» gli dissi senza giri di parole.
 
Quando il ragazzo sconosciuto comparve sulla porta del mio studio, ammetto che rimasi piuttosto stupito. Non pensavo fosse così giovane. Il resto dei miei compagni stava aspettando dietro la porta, soprattutto la maknae line, che cercava di origliare la nostra conversazione senza neanche degnarsi di non darlo a vedere. Persino io riuscivo a sentire il loro parlottare mentre a turno si dicevano di fare silenzio per riuscire a captare i nostri discorsi.
 
«Prego, si accomodi,» dissi al ragazzo indicandogli la sedia di pelle di fronte a me.
 
«Sto bene in piedi,» mi rispose l’altro. Il suo sguardo, in quanto a durezza e severità, faceva a gara con il mio. «E preferirei non tirarla troppo per le lunghe, se non le dispiace. Quindi… mi presento. Sono Seo In Guk, Direttore della Defense Service Security e secondo classificato alle olimpiadi coreane di arti marziali del 2017. Avrà sicuramente sentito parlare di me.»
 
«No,» mentii. «Ma ho sentito parlare della sua Agenzia. Se non sbaglio, vi avevano ingaggiato per il party al Four Seasons Hotel.»
 
In Guk ghignò. «No, non sbaglia. Ma volevo solo farle presente che chiunque maltratti gli impiegati della mia Agenzia, maltratta il sottoscritto.» Si piegò in avanti e poggiò le mani sulla scrivania che ci separava. Mi squadrò da capo a piedi e poi ritornò a guardarmi negli occhi con superiorità. «Non devo fare nomi, giusto? Di sicuro sa già a chi mi sto riferendo.»
 
Sostenni il suo sguardo finché non si avvicinò ancora di più a me. Di sicuro era un uomo ben piazzato. Si vedeva lontano un miglio che era il campione di qualche sport. Nel suo caso, arti marziali. Le sue spalle erano il doppio delle mie, forse anche più larghe di quelle di Jin.
 
«L’avverto,» cominciò, e io riportai l’attenzione sulla sua faccia. «Non creda di passarla liscia. Yorin avrà anche abbassato la testa di fronte alle sue schifose minacce, ma io non ho intenzione di chiudere gli occhi.» Piegò leggermente il volto e il suo sguardo si fece ancora più freddo. «Se vengo a sapere che le ha messo di nuovo le mani addosso senza il suo permesso, ci penserò io a sistemarla a dovere. Yorin ha un cuore troppo buono per farle un torto, ma io non mi faccio alcuno scrupolo a mandare in prigione lei e tutti i suoi amichetti ballerini da quattro soldi.»
 
Il mio cuore perse un battito, ma non lo diedi a vedere. «Di che diavolo sta parlando?» gli domandai con voce assente, inespressiva. «Non riesco a seguirla.»
 
«Io invece credo che mi stia seguendo benissimo.» Aprì la giacca e tirò fuori dalla tasca interna un malloppo di fogli. Li sbatté sulla scrivania, proprio davanti al mio naso. Questa volta non riuscii a contenermi e non potei fare altro che strabuzzare gli occhi. Mi si bloccò il respiro nel petto. «Non riesce ancora a seguirmi?» mi prese in giro. «Purtroppo, più di così non posso fare. Dovrà capire da solo cosa sto cercando di dirle.»
 
«In Guk, senta…»
 
«E le dirò anche un’altra cosa,» m’interruppe. «Così, tanto per farla sentire ancora di più una merda. Sono stato io a trovare queste foto, ma Yorin non ha voluto usarle per denunciarla. E lo sa perché?» Deglutii. «Perché si preoccupa per lei,» m’indicò, cominciando a ridacchiare. «Riesce a crederci? Dato che vive nel mondo dello spettacolo, quella stupida ragazzina si preoccupa che una cosa del genere possa distruggerla definitivamente. Ha paura che possa rovinarle la carriera quando lei ha distrutto completamente la sua!»
 
Cominciò ad urlare e gli altri ragazzi fecero capolino dalla porta.
 
«Hyung, che succede?» domandò Namjoon piuttosto preoccupato. «Hai bisogno di una mano?»
 
«No,» risposi continuando a guardare In Guk. «No, io…»
 
«Ha ragione, non serve. Me ne sto andando.»
 
Si voltò, ma prima di varcare la soglia si girò ancora una volta verso di me. Il suo modo di parlare si fece più diretto, lasciandomi intendere che aveva deciso di abbandonare le formalità. «Quelle te le lascio per ricordo,» si riferì alle foto sparse sulla mia scrivania. «Considerale un promemoria e stai ben attento a quello che fai.» Mi fissò ancora più intensamente. «Ti tengo d’occhio, Min Yoongi.»
ᗩngolo.ᗩutore
Ciao a tutti! Ecco il nuovo capitolo. Qui ci soffermiamo su quello che è successo nel passato dei personaggi, precisamente cinque anni prima, poco dopo il debutto dei BTS. Yoongi viene a sapere il vero nome di Yorin e finalmente si scopre l'identità di questa "lei" che sembra aver cambiato totalmente la vita di Yoongi, e anche Yoongi stesso, che ora sembra così diverso dal ragazzo romanticone dei flashback. Si scopre anche che Yoona era la sorella di Yorin (un altro motivo per cui quest'ultima odia il mondo dello spettacolo) e che fine abbia fatto.

So che è un argomento piuttosto delicato, ma voglio provare a dire un po' la mia su questo mondo che, se da una parte ha tantissimi lati positivi, dall'altra ha anche un sacco di ombre. In fondo, più ti avvicini alla luce, più grande diventa la tua ombra (i richiami a Kingdom Hearts sono del tutto casuali!!) Spero di non combinare un pasticcio.
 
Comunque, finalmente ho inserito le targhette di Yoongi e Yorin ^-^  E ho anche reso più realistico il modo in cui si scrivono i messaggi. Mi sono divertita tantissimo a ricreare la conversazione tra Yoongi e Soo Jin ahaha Spero lo abbiate apprezzato anche voi.

Fatemi sapere cosa ne pensate! Un bacione e alla prossima!

Instagram: btsuga_d

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Capitolo 10
*** Mic Drop ***


❖ Mic Drop




La porta della mia camera si spalancò e mi ritrovai stretta in un abbraccio soffocante, uno di quelli che ti tolgono il respiro. Cercai di staccarmi per riottenere il mio sacrosanto spazio personale ma riuscii solo ad intravedere gli occhi castani di colei che non aveva la minima intenzione di scollare le braccia dalla mia vita.
 
«Yoriiiin! Dio, quanto mi sei mancata!» mi urlò nelle orecchie mentre mi stritolava ancora più forte. «Come te la sei passata senza di me? Hai mangiato? Dormito? Hai fatto la maschera per il viso almeno due volte a settimana prima di andare a letto?»
 
«Ji Woo, scollati!» la supplicai sollevando gli occhi al cielo. «Mi sono trasferita per non sentire gli schiamazzi di mia madre e ora devo sopportare i tuoi? A momenti sei peggio di lei.»
 
Ji Woo scoppiò a ridere e finalmente si allontanò. Mi guardò dritta negli occhi. «Dai, smettila di fare l’acida che in realtà non sei. Sappiamo tutte e due che sotto sotto sei un agnellino. Ti sono mancata, vero?»
 
Sollevai di nuovo gli occhi al cielo. «Credi a quello che vuoi,» le risposi cercando di andare in cucina, ma lei mi trattenne per un braccio.
 
«Ehi, ehi! Ferma lì. Dove credi di andare? Devi raccontarmi un sacco di cose.»
 
La guardai spaesata. «Tipo?»
 
«Come “tipo”! Per messaggio non mi hai voluto dire niente, ma ora ti tocca, bella mia. E sto ancora aspettando il selfie che mi hai promesso!» Si bloccò. «Non… Non te ne sei dimenticata, vero?»
 
Stavolta riuscii a staccarmi dalla sua presa. Mi diressi in cucina e aprii il frigorifero per afferrare il cartone del succo di frutta.
 
«No. Il tuo caro selfie è ancora al sicuro nel mio telefono. E anche il cd autografato. È di là in camera mia.»
 
Ji Woo cominciò a saltellare per la stanza con le mani davanti alla bocca. «E non me l’hai ancora dato?! Che diavolo aspetti? E poi…» tornò improvvisamente seria, «Che è successo con Suga? Ora che ci penso… è da quel momento che non hai più risposto ai miei messaggi.» Mi guardò mentre riempivo con fin troppa cattiveria il mio bicchiere di vetro. I suoi occhi si illuminarono. «Voleva davvero incontrarti?»
 
Scolai il succo di frutta in una sola sorsata e sbattei il bicchiere sul tavolo di marmo, facendo sobbalzare Ji Woo. Lo strinsi tra le mie mani rischiando di ridurlo in mille pezzi.
 
«Non ti avevo detto che quel bastardo non me lo devi neanche nominare?»
 
«Ma…»
 
«Ji Woo, ascolta. Ho bisogno di chiederti un favore.»
 
Ma prima che potessi farlo, il campanello suonò. Ci girammo entrambe verso la porta, scambiandoci uno sguardo che rispecchiava perfettamente i nostri dubbi. Chi diavolo poteva essere a quell’ora? Erano a malapena le due del pomeriggio.
 
«Vai ad aprire tu. Io mi metto qualcosa addosso,» dissi rifugiandomi nella mia stanza.
 
Ero ancora in pantaloncini e canottiera, e di certo non volevo farmi vedere in quelle condizioni da un estraneo. Perché sicuramente era qualche amico di Ji Woo. A parte lei, io non avevo altri amici che avrebbero potuto farmi visita. Tralasciando In Guk, ovviamente. E ora che ci pensavo, forse poteva essere davvero lui. Le sue parole di due giorni prima mi avevano dato da pensare. Chissà che diavolo aveva fatto.
 
Andai in camera mia e mi richiusi la porta alle spalle, intenzionata ad avvicinarmi all’armadio per prendere un jeans e una maglietta da mettermi addosso. Ma mi bloccai prima che potessi raggiungerlo.
 
Voltai la testa di scatto quando l’urlo di Ji Woo risuonò nell’atrio.
 
Senza pensarci due volte, spalancai la porta e mi precipitai fuori. Mi bloccai quando davanti a me vidi un tizio tutto vestito di nero. Indossava una felpa larga con il cappuccio e mi dava le spalle, quindi non riuscivo a vedergli la faccia. Ma riuscivo a vedere benissimo quella sconvolta della mia migliore amica che gli stava di fronte.
 
Cazzo. Non avevo preso la pistola nel comodino.
 
Beh. A mali estremi, estremi rimedi. Cominciai a correre e afferrai il delinquente dal cappuccio della felpa che aveva in testa. Lo feci voltare e gli agguantai il braccio mentre mi giravo a mia volta. Mi piegai in avanti e mi caricai tutto il suo peso sulle spalle, facendolo ribaltare in avanti. Si schiantò sul pavimento con un tonfo sordo, sbattendo malamente la schiena. Trattenne a fatica un gemito di dolore.
 
Non persi tempo a sedermi sulle sue gambe, bloccandogli il respiro con il gomito. Solo quando misi a fuoco il suo volto, per poco non mi andò di traverso la saliva.
 
«T-Tu…» farfugliai in preda alla confusione e alla rabbia. Mollai la stretta sul suo collo e riprese nuovamente a respirare. «Come diavolo…!»
 
«Cazzo! Vedi che ho fatto bene a denunciarti per aggressione? Tu hai seriamente intenzione di uccidermi!» mi urlò Yoongi massaggiandosi il collo dolorante e tossendo per riprendere aria. Lo fulminai con lo sguardo. «Prima di scaraventare le persone a terra, guardale in faccia!»
 
«Io non la voglio neanche vedere la tua faccia!» gli urlai a mia volta. «E con che coraggio ti presenti a casa mia?! Esci subito fuori di qui!»
 
«Sai, tesoro. Per quanto mi piaccia sentire il tuo culo contro il cavallo dei miei pantaloni, non posso alzarmi se continui a rimanere in questa posizione.» Abbassai lo sguardo, rendendomi conto che aveva ragione. Poggiai le mani sul suo petto quando mi strattonò per la vita, avvicinandomi a lui. Me lo ritrovai ad un centimetro dalla faccia e sbattei velocemente gli occhi per la sorpresa. «Oppure possiamo rimanere così. A me non dispiace per niente.»
 
Lo spinsi brutalmente all’indietro e picchiò la schiena contro il pavimento. Il cappuccio della felpa gli scivolò via dalla testa e rivelò i suoi capelli celesti. Sembrava che il colore si stesse scaricando vicino alle radici, lasciando intravedere la base bionda. Sulla fronte teneva legata una bandana rossa dalla fantasia a fiori. Dal nodo dietro la testa penzolavano i due capi, abbastanza lunghi da sfiorargli la spalla. Il ciuffo era stato lasciato fuori e gli solleticava il sopracciglio sinistro.
 
«Hai finito di mangiarmi con gli occhi?»
 
Sbuffai, incredula e quasi schifata. «Non mi azzardo neppure. Potresti farmi venire un’indigestione.»
 
«Sì, per il troppo guardare.»
 
«Yorin…» mi chiamò Ji Woo. Mi voltai per guardare ancora una volta la sua faccia sconvolta. Era seduta sul pavimento. Allungò la mano tremante e indicò il malcapitato che stava sotto di me. «YORIN! N-Non sono pazza, vero?! Quello è S-Suga! Lo vedi anche tu?»
 
Sospirai e mi voltai di nuovo, incontrando quegli occhi sottili e castani. «Purtroppo sì.»
 
Stava per venirle un attacco isterico da fan-girl. Lo sentivo. Ma vista la situazione, stavolta sarebbe stato peggio delle volte precedenti. Di solito si metteva a urlare davanti alla tv o al cellulare. Così, senza un motivo preciso. In realtà ero piuttosto preoccupata che potesse saltargli addosso o qualcosa del genere. Scommetto che quel pervertito non aspettava altro.
 
Mi alzai in piedi e Yoongi fece lo stesso, sistemandosi la felpa sgualcita. Ji Woo lo squadrò da capo a piedi ed è allora che tirò l’ennesimo urlo spaccatimpani che mi fece saltare il cervello. Forse aveva finalmente realizzato la situazione.
 
«Dio mio, Ji Woo! Vedi di darci un taglio. Non è Gesù Cristo!» urlai stringendo i pugni.
 
«Aah, ora capisco.» Mi voltai quando sentii la voce del ragazzo. Mi guardava con un sorrisetto dispettoso e le mani infilate nelle tasche della tuta. Inclinò la testa. «Hai rubato il nome alla tua amica?»
 
Sgranai gli occhi. «Io non ho rubato proprio niente. E come hai fatto a sapere il mio vero nome?» gli domandai. In effetti me lo ero chiesta da quando avevo ricevuto la sua denuncia.
 
Yoongi fece spallucce. «Soo Jin. Mi è bastato chiedere a lei.»
 
«Già, immagino. L’hai convinta portandotela di nuovo a letto?»
 
Yoongi ghignò. «No. Promettendo di portarmela a letto.»
 
Il mio sarcasmo sparì all’istante. «Ti ho già detto che mi fai schifo?»
 
«Hmm,» sospirò e fece finta di pensarci su. «Mi sembra di sì. Questa dovrebbe essere la centesima volta.»
 
«Beh, chissà perché ho lo strano bisogno di ricordartelo ogni volta che ti vedo.»
 
Si avvicinò a me e io indietreggiai. «Preferirei che tu avessi altri bisogni. Quelli sarei disposto a soddisfarli più che volentieri.»
 
«Senti un po’.» Feci un passo in avanti picchiettandogli l’indice contro il petto. «Non credo proprio che tu possa permetterti di parlarmi così dopo quello che mi hai fatto! O forse te lo sei scordato? Certo che hai un bel coraggio a presentarti qui. Ti conviene andartene con le tue gambe prima che ti prenda a calci in culo e ti faccia tornare da dove sei venuto!» Yoongi mi scoppiò a ridere in faccia, un gesto che mi fece indiavolare ancora di più. Ero basita. «Credi che stia scherzando?»
 
«No, affatto. Per questo è divertente.»
 
Senza preavviso, mi afferrò per il polso e mi trascinò verso la porta aperta di camera mia. Se la sbatté alle spalle e finalmente mi lasciò andare. Ji Woo era rimasta nel soggiorno e non potei fare a meno di pensare che quella situazione fosse piuttosto familiare.
 
«Di nuovo? Ma allora è un vizio.»
 
«Dobbiamo parlare. Solo io e te.»
 
Sbuffai, incrociando le braccia al petto. «E di che cosa dovremmo parlare esattamente? Vuoi forse che ti ringrazi per avermi fatto licenziare? Che diavolo ti è passato per la testa?!»
 
Sentivo che tutta la mia rabbia repressa stesse per esplodere. Dovevo contenermi o gli avrei mollato un pugno dritto sul naso. Altro che schiaffo.
 
«Mi avevi fatto incazzare!» si difese. «Ed ero ubriaco. Ma ad essere sincero, non me ne sono pentito neanche dopo. Almeno fin quando non è comparso il tuo amichetto Mastro Lindo.»
 
Lo guardai confusa. «Mastro Lindo?»
 
«In Guk.»
 
Deglutii. «È venuto da te? Perché?»
 
«Questo dovrei essere io a chiedertelo.» Aggrottai le sopracciglia. Perché ogni sua parola sembrava un maledetto mistero? Non poteva parlare chiaro? «Perché non mi hai denunciato?» Sgranai gli occhi. «Avevi le prove. Non ci avresti messo niente ad incastrarmi.»
 
Mi stava guardando con serietà, mantenendo una distanza di sicurezza. Stranamente. Di solito a quest’ora mi sarebbe già saltato addosso come le due volte precedenti.
 
«Vattene,» gli ordinai distogliendo lo sguardo. «Non ne voglio parlare.»
 
Lui si avvicinò, afferrandomi il braccio per costringermi a guardarlo negli occhi. «Dimmelo. Voglio saperlo.» Ora era così vicino che sentivo il suo respiro contro la punta del mio naso. Mi concentrai sulle sue ciglia, fin troppo lunghe per appartenere davvero ad un uomo.
 
«Perché so cosa vuol dire essere presi di mira dai pettegolezzi, soprattutto quando si tratta di qualcuno famoso come te.» La presa sul mio braccio si allentò. «E poi uno scandalo non farebbe affondare soltanto te, ma anche i tuoi compagni. E non mi sembra giusto. Loro non mi hanno fatto niente.» Mi allontanai di nuovo da lui. «Quindi complimenti, Signor Min. Scacco Matto. Ora puoi pure andartene.»
 
Invece di dare ascolto al mio avvertimento, continuò a fissarmi, completamente immobile. Dopo qualche minuto, tirò fuori dalla giacca della sua felpa una specie di documento e me lo porse. Guardai prima ciò che teneva in mano e poi lui. Inarcai un sopracciglio.
 
«Che cos’è?»
 
«Firmalo,» mi ordinò senza mezzi termini. Fece un leggero movimento con il braccio per incitarmi a prenderlo. «Ti assumo io.»
 
Per poco non mi cadde la mascella a terra. «Come scusa?»
 
«Non posso ritirare la denuncia. Ci ho provato, ma mi hanno detto che in quel caso sarebbe Soo Jin a finire nei guai per falsa testimonianza. Perciò ti assumo io. Lavora per me.»
 
Morivo dalla voglia di scoppiargli a ridere in faccia, ma mi trattenni. «E sentiamo, cosa dovrei fare?»
 
«Quello che vuoi. Puoi essere la mia bodyguard, stylist, truccatrice, coreografa. Fai quello che ti pare o quello con cui ti trovi più a tuo agio. Ti pagherò in ogni caso.»
 
Mi scappò un sorrisetto. «Stai scherzando, vero?»
 
«Perché? Non posso farlo?»
 
«Tu sei davvero un lunatico!» mi alterai. «Prima mi salti addosso e poi ti preoccupi di avermi fatto male. Mi licenzi e poi vuoi ridarmi il lavoro di tasca tua. Te l’hanno mai detto che hai le idee un po’ confuse?!»
 
Yoongi abbassò il braccio e mi guardò frustrato. «Senti, chiariamo questa cosa una volta per tutte. Perché pensi che ti abbia messo le mani addosso?»
 
Sbuffai. «Perché sei uno sporco pervertito e stavi cercando di molestarmi?»
 
Alzò gli occhi al cielo. «No, cazzo! Perché mi hai fatto completamente perdere la testa!» Lo guardai sconvolta. «Di solito non sono così avventato, ma con te… Con te non capisco più niente. Ti volevo e le mie mani si sono mosse da sole. Ti desideravo così tanto che ho smesso completamente di ragionare. Quando mi hai detto che non dovevo più toccarti, ero davvero intenzionato a fare come volevi. Ma quando ci siamo rivisti, ero ubriaco e non sono riuscito a trattenermi. Scusami, okay? Scusa se sono sembrato inopportuno. Non volevo approfittarmi di te.»
 
Lo ascoltai con il respiro bloccato nei polmoni. Mi aveva appena gridato in faccia di aver perso la testa per me? E mi stava chiedendo scusa? Min Yoongi?
 
«Ti ho denunciato perché volevo vendicarmi di quello che mi avevi detto. Volevo che fossi tu a venire da me, implorandomi di fare qualcosa per ridarti il lavoro. Ma…»
 
«Ma?» lo incalzai.
 
Mi guardò. «Ma mi sono sentito una merda quando In Guk mi ha detto che tu invece ti eri preoccupata per me. E per gli altri ragazzi, a quanto pare.» Mi porse nuovamente il foglio. «Questo è il mio modo di ringraziarti. Quindi firma e risolviamo le cose tra di noi. Non pensiamoci più.» Abbassai gli occhi sulla scritta in grande al centro del foglio. Contratto Di Assunzione. Poi tornai a guardare lui. «Se non ti fidi, ti darò il tempo di leggerlo. Giuro che non c’è nessuna clausola che mi permette di metterti le mani addosso. Puoi controllare tu stessa,» mi disse con un sorrisetto divertito.
 
Afferrai il contratto e vidi accendersi nei suoi occhi una piccola luce. Mi guardò speranzoso mentre leggevo le prime righe del contratto. Si portò una mano dietro la testa e cominciò a massaggiarsi il collo, come se fosse a disagio.
 
Lo guardai negli occhi, e senza pensarci due volte, stracciai il contratto davanti ai suoi occhi increduli. Poi lo strappai in pezzi ancora più piccoli. Fui tentata di lanciarglieli in faccia, ma mi accontentai di buttarglieli ai piedi. Non ero così cattiva.
 
«Min Yoongi, mi credi davvero così stupida?» gli dissi mentre mi guardava con un’espressione indecifrabile. «Pensi davvero che firmerò un contratto che m’impone di fare tutto quello che vuoi 24/7? E che mi obbliga ad essere alle tue dipendenze?» Sogghignai. «Si vede che non mi conosci per niente. Preferisco rimanere senza lavoro che strisciare ai tuoi piedi. E smettila di propinarmi la storiella che ti dispiace. Lo sappiamo benissimo tutti e due che stai facendo leva sul tuo senso di colpa per incastrarmi.»
 
M’incamminai verso la porta con l’intenzione di tornarmene in soggiorno e sbatterlo fuori da casa mia, ma mi bloccai quando la sua mano trovò nuovamente il mio polso, stavolta quello slogato.
 
«Yorin…»
 
Non capivo se fossi rimasta traumatizzata dal fatto che mi avesse chiamata per nome, il mio vero nome, oppure per la fitta che si estese dalla mano fino al mio braccio. Digrignai i denti, cercando di mascherare il dolore. Ma fallii miseramente.
 
Yoongi abbassò subito lo sguardo. «Non sei ancora andata a farlo vedere?» mi domandò incredulo.
 
«Non ho avuto tempo. Qualcuno mi ha tenuta fin troppo impegnata,» gli risposi guardandolo storto.
 
«Se continui ad usarlo, peggiorerai solo la situazione. Devi tenerlo a riposo.»
 
«E a te cosa frega?»
 
Mi guardò senza dire una parola. Spostò la mano dal mio polso al mio braccio e cominciò a trascinarmi verso la cucina, sotto lo sguardo incredulo di Ji Woo. Si fermò davanti al frigorifero e aprì il freezer, afferrando la vaschetta del ghiaccio. Fece cadere due cubetti e li avvolse in uno straccio da cucina. Sobbalzai quando mi premette l’impacco freddo contro la slogatura. Cercai di contenere un sibilo di dolore.
 
«Il ghiaccio attenua il dolore,» mi spiegò mentre lo faceva scivolare con cura su un altro punto. «Dovresti metterci una stecca.»
 
Cercai di liberarmi dalla sua presa. «Posso farlo da sola,» gli dissi, ma lui mi afferrò nuovamente la mano.
 
«E io potrei lasciartelo fare, ma non voglio.» Lo fissai. «Quindi sta’ ferma.»
 
Rimasi a guardarlo, pensando che si stesse impegnando un po’ troppo per una semplice slogatura. «Dove diavolo è finito?» domandai.
 
«Chi?» mi rispose senza nemmeno alzare la testa.
 
«Il bastardo pervertito e puttaniere.»
 
Sollevò gli occhi di scatto e subito dopo le sue labbra si stirarono verso l’alto. «Ho anche un lato gentile. Non lo sapevi?» Ritornò ad occuparsi della mia mano. «Ma non lo faccio uscire tanto spesso.»
 
«Perché?»
 
«Perché è fastidioso. Dopo le donne si accollano e non si staccano più.»
 
Arcuai le sopracciglia. «E perché con me lo stai facendo uscire? Non hai paura che possa accollarmi?»
 
«In realtà, è proprio quello che spero.» Mi guardò. «Sta funzionando?»
 
«Ti piacerebbe.»
 
Ridacchiò e allontanò il ghiaccio dal mio polso, sostituendolo con la sua mano. Era calda. «Lavora per me,» mi ripeté, stavolta con più serietà rispetto a prima. «Preparerò una decina di contratti e ti perseguiterò finché non mi dirai di sì. Lo sai questo, vero?»
 
«Bene, fai pure. Io ti denuncerò per stalking.»
 
Scoppiò a ridere. «Non puoi farlo, ricordi? Ci andrebbero di mezzo anche tutti gli altri.» Si sporse in avanti e si avvicinò al mio viso. Io chinai la schiena all’indietro per allontanarmi. «Non puoi rovinarmi la reputazione. Sei troppo buona per farlo,» mi sussurrò.
 
Lo fulminai. «Non provocarmi.»
 
Ridacchiò, poi tornò nuovamente serio e cominciò a guardarmi in un modo decisamente fastidioso. «Non le somigli per niente.»
 
«A chi?»
 
Yoongi fece una breve pausa. «Una stronza più stronza di te.»
 
«E di te?» gli domandai inclinando la testa.
 
Il celeste sbuffò divertito. «Sì, anche di me.»
 
«Cavoli, allora spero di non incontrarla mai.»
 
Il suo volto si accigliò e a quel punto decisi che per quel giorno ne avevo avuto abbastanza. Perché non lo avevo ancora cacciato fuori a calci?
 
«Ora puoi andartene, per favore? Io e Ji Woo siamo piuttosto impegnate.»
 
Annuì, lasciandomi andare la mano. «Tanto non finisce qui.» Si voltò verso la mia amica, che stava ancora imbambolata al centro della stanza. Sembrava che non si fosse ancora ripresa. «Ciao, Ji Woo. È stato un piacere conoscerti,» le disse inchinandosi leggermente. Ji Woo ricambiò in modo alquanto goffo. «Il cd te l’ho già firmato, vero?» le domandò con un sorrisetto. Poi, si voltò verso di me. «Non c’è bisogno che lo faccia di nuovo.» Aveva capito tutto. Era piuttosto sveglio. Si avvicinò al mio orecchio e mi sussurrò in modo sensuale, «Tra un po’ apparirò in tv. Abbiamo registrato la messa in onda circa un’ora fa. Assicurati di guardarmi.»
 
«Mi assicurerò di staccare la spina. E anche la corrente.»
 
Sogghignò. Poi, inaspettatamente, mi stampò un veloce bacio sulla guancia. Mi portai la mano sul punto appena sfiorato dalle sue labbra. Sulla pelle sentivo una specie di formicolio. Lo guardai sconvolta.
 
«È la cosa più casta che ti abbia mai fatto, insieme al bacio sulla mano. E a proposito, quelle foto sono venute piuttosto bene. Sembrava uno shooting fotografico per qualche spot pubblicitario.»
 
I miei occhi diventarono quasi neri. «Fuori da casa mia, Min Yoongi! Non farti più vedere!» urlai afferrandolo per un lembo della felpa. Lo trascinai fino alla porta, lanciandolo letteralmente sul pianerottolo.
 
Yoongi si voltò a guardarmi. «Ho fatto proprio bene a denunciarti per aggressione. Quanto cazzo sei violenta!» s’infervorò. Per non farsi riconoscere, sollevò il cappuccio della felpa e si coprì il naso e la bocca con la mascherina che teneva attaccata al collo. «Ci vediamo, stronza,» mi disse con un tono di voce ovattato. Mi diede le spalle e si congedò con un gesto veloce della mano. Poi la seppellì nella tasca dei suoi pantaloni e si diresse verso il SUV nero alla cui guida c’era il suo bodyguard.
 
«Ci vediamo un cazzo, puttaniere!» Richiusi la porta con un tonfo, che sicuramente non gli sfuggì. Quando mi voltai, mi trovai di fronte la faccia incredula di Ji Woo.
 
«Tu esci con Suga e non me lo hai mai detto?» disse con un tono piuttosto offeso. «Yorin… questa… Questa da te proprio non me l’aspettavo! Non sono la tua migliore amica? Come hai potuto tenermi nascosta una cosa del genere?!»
 
Era completamente fuori di sé. Gli occhi le luccicavano a causa delle lacrime di rabbia, ma io ero più sconvolta di lei. «Uscire? Con quello lì? Ma vorrai scherzare!» dissi offesa. «Ma tu mi ci vedi con un tipo del genere? Ascolta. So che tutta la situazione ti sembra assurda, ma è solo un malinteso. Te lo posso assicurare.»
 
«Che malinteso? Perché da fuori sembra che vi siate conosciuti al fan-sign e abbiate cominciato ad uscire insieme. Anche se non ho ben intenso la faccenda della denuncia.»
 
Sbuffai. «Vedi? Risposta sbagliata. Diciamo che il signorino ha sbagliato approccio e sta… continuando a provarci. La denuncia poi te la spiegherò. È una storia fin troppo lunga.» Non potevo dirle che mi aveva messo le mani addosso. Nonostante tutto, ero ancora convinta che diffondere simili pettegolezzi non portasse a nulla di buono. «Però è riuscito a farmi licenziare con l’obiettivo di farmi lavorare per lui. Perciò ho un favore da chiederti, Ji Woo.»
 
La mora mi guardò sconvolta. «Ti ha fatto licenziare?! Stai scherzando? M-Ma… Come… Perché?»
 
«Perché è un bastardo, te l’ho detto. Comunque, vuoi ancora il tuo selfie di Jungkook, vero?»
 
Ji Woo mi guardò ancora più incredula. «S-Sì, certo! Ma perché me lo chiedi? Non riesco a seguirti.»
 
«Se lo vuoi, dovrai farmi un favore. Fammi entrare nella tua crew.» Ji Woo strabuzzò gli occhi. «Avevi detto che stavate cercando un altro membro. Beh, eccomi qui. Offrimi il lavoro e io ti darò il tuo selfie di Jungkook.»
 
«Ma… Yorin. I membri della nostra crew vengono spesso ingaggiati come back dancers negli show televisivi. E per quanto tu sia una ballerina fenomenale, hai sempre detto di non voler far parte di quel mondo… per quello che è successo a Yoona.» Pronunciò il nome di mia sorella con dolcezza, forse perché sapeva quanto mi toccasse quell’argomento. Lo apprezzai molto.
 
«Lo so, ma ho anche detto che non ho intenzione di farmi mettere i piedi in testa da quello lì. Non voglio lavorare per lui, e dato che non avrei altra scelta, tu sei la mia unica speranza.» La guardai ancora una volta. «Io ti ho fatto un favore, Ji Woo. Sono andata al fan-sign e ti ho anche rimediato il selfie di Jungkook. Al posto della figure di Kumamon che dovevi comprarmi, offrimi questo lavoro. Okay?»
 
Ora sì che Ji Woo era sconvolta. Di sicuro non si aspettava che fossi così disperata da rinunciare alla mia preziosa ossessione. «Va bene,» disse infine. «In quanto Leader degli Streeter, ti do il benvenuto nella nostra crew, Yorin. Preparati perché oggi proviamo. La prossima settimana abbiamo un ingaggio.»
 
Annuii, guardandola con riconoscenza. Ma niente abbracci o parole di ringraziamento. Non era nel mio stile.
 
Ji Woo adocchiò l’orologio. «Comunque, Suga aveva ragione. Tra un po’ ci sarà il loro comeback stage! Si esibiranno per la prima volta live con Mic Drop. Vuoi guardarlo con me?»
 
«No grazie. Non ci tengo.»
 
Stavo per scappare via e rifugiarmi nella mia stanza, ma Ji Woo mi bloccò per un braccio. «Dai, Yorin! Ti preeego! Guardalo con me per ringraziarmi di averti accettato nella Crew. Che ti costa sederti sul divano e guardare un’esibizione insieme a me? E poi ti sarà utile per capire come ballare davanti alla telecamera. È tutto a tuo vantaggio.»
 
Sollevai gli occhi al cielo. «Va bene, d’accordo. Ma solo per questa volta.»
 
Ji Woo batté le mani contenta e mi trascinò sul divano di fronte alla televisione a schermo piatto. Appena la accese, sullo schermo comparvero i due presentatori che stavano annunciando proprio in quel momento l’esibizione dei BTS.  Che “fortunata” coincidenza. Incrociai le braccia e mi portai le ginocchia al petto. Sbuffai.

La prima cosa che udii fu l’urlo isterico delle fan non appena attaccò la base. Uno di loro, quello al centro, cominciò a muovere il piede a ritmo di musica. Era quello che aveva continuato a chiedermi di sorridere, eppure qui sembrava così serio. Avevo già adocchiato Suga. Anche se era in ultima fila, era fin troppo riconoscibile con quei capelli azzurri e la bandana rossa. La stessa che stava indossando prima.
 
Il gruppo cominciò a danzare sul posto, probabilmente in freestyle, poi si divise e in scena rimasero solo quattro di loro. Poi rimasero in cinque, ma stavolta con due membri diversi rispetto a prima. Suga era sparito dietro le quinte, aspettando probabilmente il suo turno. Nel frattempo, io mi concentrai sui movimenti dei membri che correvano avanti e indietro sullo schermo, facendo cambiare continuamente la scenografia alle loro spalle.
 
Dovevo ammettere che erano bravi. Ballavo da quando avevo circa cinque anni e potevo affermare che i loro movimenti erano puliti e pieni di energia. Sorrisi quando riconobbi i tre maknae ubriachi della festa: Jimin, Jungkook e V. Qui sembravano così seri, eppure nella realtà erano un vero disastro.
 
Era proprio vero che davanti alla telecamera indossavano tutti una maschera.
 
Quando arrivò il turno di Suga, le urla si moltiplicarono. Comparve da dietro le spalle di J-Hope e mi focalizzai sui suoi movimenti e sul timbro della sua voce. Lui non sembrava indossare una maschera. Era lo stesso di sempre. Stessa aria strafottente e atteggiamento irritante. Almeno per me.
 
Ma era bravo. Come rapper non era male e se la cavava anche nel ballo, seppur alcune cose andavano migliorate. Non potei fare a meno di ridere quando ammiccò alla telecamera. Non riusciva proprio a fare a meno di sedurre la gente.
 
Feci un sonoro sbuffo quando rappò le parole, “Se sei geloso, denunciami.” Sul serio, gente. Da che pulpito.
 
La canzone proseguì senza alcun intoppo da parte dei ballerini/cantanti. La musica non era esattamente il mio genere preferito, ma apprezzai comunque la loro esibizione. Erano bravi e su questo non ci pioveva. Ora capivo perché avevano così tanto successo.
 
Arrivati alla fine, capii perché mi sembrava tutto così familiare. Avevo già visto quella scena su quel famoso cartellone pubblicitario. Suga che lanciava via il microfono.
 
Proprio come allora, i sette ragazzi si voltarono di spalle e cominciarono a camminare verso il fondo del palco. Prima di unirsi agli altri, Suga guardò verso l’obiettivo della telecamera e lasciò cadere il microfono ai suoi piedi. Quest’ultimo fece un sonoro rimbombo che accompagnò la chiusura della canzone e dell’esibizione.
 
Ji Woo cominciò ad applaudire come se facesse davvero parte del pubblico. «Allora? Che ne dici? Ti piacciono?»
 
«Discreti,» mentii. «E il mic drop è proprio nel suo stile,» aggiunsi riferendomi a Yoongi. «Arrogante com’è, ci credo che lo hanno fatto fare a lui.»


ᗩngolo.ᗩutore
Ciao a tutti! Ji Woo finalmente è tornata a casa e non ha perso tempo ad accollarsi a Yorin. Proprio quella Yorin che non sopporta le dimostrazioni di affetto troppo sdolcinate ahaha In questo ricorda molto la sorella, eppure Yoongi dice che è completamente diversa da lei. Chissà perché? Passando a lui, anche in questo capitolo le prende dalla protagonista. Sembra che ormai sia diventato un vizio x'D E che ne pensate delle sue scuse? E' sincero oppure è davvero un modo per incastrarla come ha pensato Yorin? In fondo sappiamo tutti che ne sarebbe capace visto come è riuscito ad ammaliare Soo Jin. E Yorin, a malincuore, ha deciso di avvicinarsi a quel mondo che tanto detesta per non darla vinta al suo aguzzino. Ho inserito la loro prima esibizione di Mic Drop, ma ce ne saranno tante altre. Li vedremo molte volte sul palco perché mi interessa esplorare anche il loro lato idol, non solo quello privato.

Spero che la storia continui a piacervi e vi ricordo di lasciare un commento per farmi sapere cosa ne pensate. Sono davvero curiosa ^^ Un bacione e alla prossima!

Instagram: btsuga_d

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Capitolo 11
*** On Stage ***


Hook-Up
❖ On Stage
WARNING: SMUT




Feci cadere la testa all’indietro e rilassai le spalle, puntando gli occhi sul soffitto bianco sopra la mia testa. Mi lasciai offuscare dal piacere e dischiusi le labbra mentre sotto di me Soo Jin continuava a muovere la bocca seguendo il ritmo del mio bacino contro la sua faccia. Mi posò una mano sul petto per richiamare la mia attenzione e abbassai il mento ritrovandomela a un palmo dal naso. Sogghignai.
 
La spinsi contro il materasso e le bloccai i polsi sopra il cuscino. Senza staccarle gli occhi di dosso, cominciai a scendere fin quando non mi ritrovai con la bocca tra le sue gambe. Non ci pensai due volte a far scontrare la punta della lingua con la sua intimità, causandole un gemito che risuonò nella stanza buia.
 
Cercò di chiudere le gambe, ma la bloccai schiacciandole i fianchi contro il materasso, spingendo la lingua dentro di lei per assaporare ogni singola goccia di quel liquido che stava rilasciando. Mi afferrò i capelli e sollevò leggermente la schiena per mettersi seduta e avvicinare ancora di più il suo nucleo alla mia bocca.
 
Mi ritrovai in ginocchio ai piedi del letto. Le afferrai i glutei e la schiacciai contro la mia faccia, facendola gemere ancora una volta. Mi staccai solo quando mi resi conto che ormai era quasi vicina al limite. Mi posizionai sopra di lei e guardai compiaciuto la sua espressione insoddisfatta. Si sporse in avanti, cercando di catturarmi le labbra con le proprie, ma mi ritrassi all’ultimo secondo.
 
Sogghignai. «Una cosa che mi fa irritare di te, è la tua caparbietà,» le sussurrai facendola voltare senza troppi complimenti. Il suo petto nudo sbatté contro le lenzuola umide del nostro sudore. Mi avvicinai al suo orecchio e appiccicai il torace alla sua schiena. «Ma allo stesso tempo mi eccita da morire.»
 
Affondai in lei senza preavviso e posai le mani sui suoi fianchi, iniziando a muovermi senza darle il tempo di abituarsi alla mia grandezza. Soo Jin seppellì la testa nel cuscino e ne approfittai per piegarmi completamente su di lei, passandole le labbra sul retro del collo. Aveva la pelle d’oca.
 
Aumentai sempre di più il ritmo delle mie spinte e dovetti sollevare leggermente il petto per trovare un’angolazione migliore. Quando ci riuscii, abbassai la testa per contenere i brividi che si stavano formando sulla schiena e sulle gambe. Soo Jin cercò di girarsi, ma glielo impedii poggiandole una mano sulla spalla, mentre con l’altra continuai a tenerle fermo il fianco.
 
«Yoongi, voglio guardarti in faccia…» mi supplicò tra un affanno e l’altro. «O il mio perdono te lo scordi.»
 
Sollevai gli occhi al cielo e la feci voltare bruscamente, infilandomi nuovamente tra le sue gambe. Mi avvicinai alla sua faccia e la guardai negli occhi a mo’ di sfida. Ripresi a muovermi. «Soddisfatta?»
 
Lei annuì e mi allacciò le braccia intorno al collo, sfiorandomi la punta del naso con le labbra dischiuse. «Molto.»
 
«E non hai ancora visto niente.»
 
Le passai una mano sulla coscia e strinsi la pelle sudata tra le mie dita per strattonare il suo corpo verso il mio. La sua schiena strisciò contro il materasso e Soo Jin sussultò per la sorpresa, sollevando il viso per guardarmi nuovamente negli occhi. Posai il braccio vicino alla sua testa e abbassai la schiena, passando la lingua sul suo collo, sui suoi seni, soffermandomi su uno dei suoi capezzoli. Sentii le sue unghie conficcarsi nella pelle della mia schiena e scivolare verso il basso, aggrappandosi ai miei fianchi e seguendone il movimento che li faceva scontrare contro il suo bacino.
 
Aumentai il ritmo delle spinte finché non riuscii più a trattenere i gemiti. Smisi di torturare il suo capezzolo e vi posai sopra la fronte. Chiusi gli occhi, lasciandomi guidare dal piacere che stava diventando sempre più intenso. Sempre più forte.
 
Soo Jin cominciò ad ansimare insieme a me, ma i suoi gemiti diventavano più rumorosi dopo ogni mia spinta. Le tappai la bocca con l’avambraccio. «Fatti sentire da Namjoon e giuro che stavolta uccido prima te e dopo lui,» la minacciai con voce roca. Soo Jin ridacchiò e spinse fuori la lingua per leccarmi la porzione di pelle che gli stavo premendo contro le labbra. Ansimai, eccitandomi ancora di più.
 
Ero arrivato al limite. Le passai entrambe le mani dietro la schiena e la sollevai mentre mi mettevo seduto. Mi lasciai cadere sul materasso, osservandola mentre mi sovrastava e cominciava a muovere velocemente il bacino. Le afferrai i fianchi per poter regolare quel movimento alle mie esigenze, almeno fin quando non raggiunsi finalmente l’orgasmo. Mi liberai dentro di lei aumentando la pressione delle unghie sulla sua pelle. Vi rimasi aggrappato fin quando non cominciai a respirare regolarmente e mi resi conto che anche lei si era completamente soddisfatta.
 
Feci ricadere le braccia sul materasso e sospirai profondamente, godendo a pieno di quella sensazione liberatoria. Chiusi gli occhi, ma poi li riaprii di scatto.
 
«Prendi ancora la pillola, vero?» le domandai sulla difensiva.
 
Soo Jin ridacchiò, lasciandosi cadere al mio fianco. «E se non lo facessi più?»
 
«Soo Jin!»
 
Rise ancora più forte. «Certo, stupido.» Si avvicinò per lasciarmi un bacio sul collo. «Non sono così meschina.»
 
Mi posò una mano sul petto e cominciò ad accarezzarlo con il palmo aperto. Quando cercai di alzarmi, prese a baciarmi la linea della mandibola.
 
«Soo Jin, levati,» le ordinai con voce ferma. «Non sono il tipo da coccole dopo il sesso. Non ci vediamo da un anno e te lo sei scordato?»
 
Staccò le labbra dalla mia pelle e mi guardò negli occhi. «E chi ha detto che ti sto coccolando?» Sollevai un sopracciglio quando si rimise a cavalcioni su di me. «Non ti sei ancora fatto perdonare.»
 
Sogghignai e chiusi gli occhi mentre le sue mani cominciavano a tracciare il profilo dei miei addominali appena evidenti. «Sei così gelosa di lei?» le domandai. Soo Jin si bloccò. «Non ti va proprio giù che possa averti cacciata dalla stanza per scoparmi un’altra, eh?» Ridacchiai così forte che mi sobbalzò il petto.
 
«Hai detto che non ci sei andato a letto,» affermò lei offesa. Sollevai una palpebra per gustarmi la sua espressione imbronciata. «Ci sei andato o no?» mi domandò ancora una volta, esigendo una mia risposta. Ridacchiai di nuovo.
 
«No, non ci sono andato.»
 
La sua espressione si rilassò e chinò la schiena per avvicinarsi al mio viso. «Eri serio quando hai detto che non vuoi perdermi?» mi sussurrò fissandomi le labbra.
 
Spalancai anche l’altro occhio e la guardai mentre posava le dita sul mio mento. Di che diavolo stava parlando? Sollevai internamente gli occhi al cielo quando mi ricordai del nostro scambio di messaggi e del mio piccolo tentativo di farmi rivelare il nome di Yorin.
 
«Se l’ho detto vuol dire che è vero,» mentii.
 
«Non tutto quello che dici è vero,» puntualizzò. Mi guardò negli occhi. «Per esempio, tutto ciò che hai detto a Yorin non era sincero. Ti sei scusato con lei solo perché Namjoon ti ha consigliato di tenertela buona e cara.» Continuai a guardarla cercando di nascondere una smorfia di disappunto. «Come ha potuto stracciare il tuo contratto e gettartelo ai piedi? Quella ragazzina non ci sta con la testa. Fosse stata un’altra, non ci avrebbe pensato due volte a buttarsi tra le tue braccia.»
 
«Lei non è te, Soo Jin,» mi uscì spontaneo. La sua faccia sconvolta mi recò una certa soddisfazione. «Non tutti vogliono far parte di questo mondo,» puntualizzai per pararmi un po’ il culo.
 
Ancora una volta, la sua espressione si rilassò. Chinò la testa e cominciò a lasciarmi una scia di baci umidi sul collo. Sospirai, socchiudendo gli occhi per farmi trasportare dai brividi che raggiunsero le spalle.
 
«Hai intenzione di farti perdonare o no?» mi sussurrò all’orecchio. Si leccò leggermente le labbra. «Io sono ancora qui che aspetto.»
 
Sogghignai. «Mi hai già perdonato alla grande, ma non si dica che Min Yoongi neghi a una donna quello che vuole.»
 
«Io non voglio-»
 
Non la lasciai continuare. Sollevai la schiena e ribaltai le nostre posizionai, sistemandomi sopra di lei. Quando stavo per infilarmi nuovamente tra le sue gambe, il mio cellulare m’informò che avevo appena ricevuto un messaggio. Voltai la testa di scatto e abbandonai Soo Jin tra le coperte per allungarmi verso il comodino. Guardai lo schermo e i miei occhi si illuminarono. Il messaggio che avevo mandato quella mattina aveva finalmente ricevuto una risposta.
 
 
Scoppiai a ridere con gli occhi ancora incollati allo schermo. Soo Jin gattonò verso di me e si appiccicò alla mia schiena. Mi avvolse le braccia intorno al busto e iniziò a lasciarmi una serie di baci sulle spalle e sul collo. Sentivo la sua terza scarsa premere contro la mia spina dorsale.
 
«Chi è?» domandò mordicchiandomi l’orecchio. Mi scostai, mantenendo l’attenzione sullo schermo del mio cellulare. «E da quand’è che ridi così?»
 
«Da quando mi fanno ridere,» chiusi il discorso senza nemmeno rispondere alla sua prima domanda. Cercò di sbirciare, ma mi lasciai cadere sul materasso e rivolsi il cellulare unicamente verso di me. Ripresi a scrivere.
 
 
Non mi rispose più e lanciai il cellulare sul materasso con un sospiro. Mi passai le mani sulla faccia. Ne ero sicuro, quella ragazza mi avrebbe fatto diventare matto, sia per la frustrazione sessuale che per quella mentale.
 
«Si può sapere chi è?» domandò ancora una volta Soo Jin con un tono che trovai a dir poco fastidioso. «Namjoon? Non dirmi che ci ha sentito?»
 
Mi tolsi le mani dalla faccia e la guardai male. «Soo Jin, ma quella bocca ogni tanto la chiudi oppure devi per forza darle aria ventiquattr’ore su ventiquattro?» Si offese di nuovo, ma non poteva fregarmene di meno. Presi di nuovo il cellulare e diedi una veloce occhiata ai numeri minuscoli che segnavano l’ora nell’angolo in alto a destra. «Comunque, per quanto mi piaccia la tua compagnia, devo andare a prepararmi per i Seoul Music Awards di questa sera. Le truccatrici staranno già dando di matto.»
 
Stavo quasi per alzarmi, ma Soo Jin mi afferrò il polso e fui costretto a fermarmi per voltarmi a guardarla. «Era una ragazza, vero?» mi domandò con un tono di voce scoraggiato. «Avevi detto che ero la prima della lista.»
 
Feci un debole sorriso e mi piegai leggermente in avanti per arrivarle a un centimetro dalla faccia. La guardai. «Appunto. Ho detto che eri la prima della lista. Non l’unica
 
▫◦▫◦▫
 
Chiusi gli occhi per evitare che le luci della sala trucco mi facessero diventare del tutto cieco. Perché quelle stanze erano sempre così luminose? Molte volte mi facevano venire il mal di testa. Sentii la punta di un pennellino solleticarmi le labbra e sollevai leggermente le palpebre per osservare la ragazza che mi stava passando un po’ di rossetto sul labbro inferiore per accentuarne il colore.
 
La squadrai da capo a piedi. Non era male, ma fin troppo grande per i miei gusti. Abbassai di nuovo le palpebre per permetterle di disegnarmi una leggera linea d’eyeliner e applicare una punta di ombretto per ridefinire gli angoli degli occhi.
 
«Yoongi, vuoi che ti metta le lenti a contatto?» mi domandò. Le aveva già pronte sul tavolo.
 
«No, ti ringrazio. Ho già gli occhi arrossati e non vorrei peggiorare la situazione.»
 
Lei annuì, avvicinando le mani al mio collo per sistemarmi il colletto della giacca. Ci avevano fatto indossare gli stessi abiti di quel famoso fan-sign. Gli stessi del video di DNA. Avevo di nuovo la camicia bianca con la giacca nera e i jeans chiari con la cintura di cuoio. Ma stavolta i risvolti del colletto della giacca erano di colore rosso.
 
«Hyung!» urlò Jimin saltellando verso la mia sedia. Continuai a tenere gli occhi chiusi. «Davvero hai portato Soo Jin a casa nostra? Me lo ha detto Jungkook.»
 
Arricciai il naso. Come diavolo se n’erano accorti? Mi sembrava di essere stato piuttosto silenzioso. «Abbassa la voce. Vuoi farti sentire da Namjoon?» lo ammonii.
 
Jimin si tappò subito la bocca e si guardò intorno, ma il ragazzo dai capelli arancioni e con il cappellino rosso era seduto sul divano con le cuffiette nelle orecchie. «Scusa, hai ragione. Ma quindi è vero? Di solito non porti mai le ragazze in casa nostra, preferisci stare con loro quando siamo in albergo.»
 
Gettai la testa all’indietro e sospirai. «Cosa stai cercando di dire, Jimin?»
 
«Ti sei innamorato?» sussurrò sottovoce. «Di Soo Jin?»
 
Scoppiai a ridere in maniera quasi isterica e mi portai una mano sugli occhi. «Ma fai sul serio?» gli domandai piuttosto divertito. Tolsi la mano per guardarlo in faccia. «Io? Innamorato di Soo Jin? Tu guardi troppi drama, Park Jimin.»
 
Quest’ultimo sembrò piuttosto deluso. «Beh, avete una bella chimica. Che ci sarebbe di male?» S’inginocchiò accanto a me e osservò il mio sguardo perso nel vuoto. «Se stai cercando di nasconderlo perché pensi che andrò a dirlo in giro, ti posso assicurare che…»
 
«Io non m’innamoro, Jimin,» lo bloccai. «Non più.» Mi fermai a riflettere. «Si soffre fin troppo e si finisce per prenderlo sempre nel culo.»
 
«Hyung, dovresti cercare di superare ciò che è successo con Yoona,» sussurrò quasi intimorito. Mi si bloccò il respiro nel petto. «Sono già passati cinque anni. E se ti senti in colpa perché Soo Jin era la sua migliore amica…»
 
Mi sollevai di scatto dalla sedia, facendogli chiudere la bocca. «È quasi ora di andare in scena. Non ti prepari?» tagliai corto, uscendo da quella stanza per fare quattro passi prima dell’esibizione.
 
I corridoi erano pieni di artisti, truccatrici, membri dello staff, backup dancer. Erano tutti indaffarati con il proprio lavoro e ogni tanto qualcuno chinava la testa quando le nostre strade si incrociavano. Io ricambiavo rispettosamente il saluto, ma evitavo di guardarli in faccia, troppo preso dai miei pensieri.
 
\Start Flashback/
 
«Ci sei andata a letto?» le domandai con fare accusatorio. Di fronte al suo silenzio, le lacrime cominciarono a pizzicarmi gli occhi. «Cazzo, Yoona! Ci sei andata a letto sì o no?!» esplosi, guardandola con un rancore che prima d’ora non le avevo mai rivolto.
 
«Sì!» esplose anche lei, sollevando finalmente il volto per guardarmi in faccia. Nei suoi occhi non c’erano lacrime, solo un’inspiegabile… fastidio? «Sì, Yoongi. Ci sono andata a letto. Ora vedi di darci un taglio!»
 
Sembrava che qualcuno mi avesse appena strappato il cuore dal petto. Mi voltai per non guardarla in faccia e nasconderle la mia espressione distrutta e ferita. Mi coprii gli occhi con entrambe le mani. Avevo l’irrefrenabile desiderio di graffiarmi la faccia. «Non ci credo… Non riesco a crederci…» farfugliai lasciando cadere le braccia lungo i fianchi. Guardai dritto di fronte a me e mi voltai solo quando fui sicuro di riuscire a contenere la mia rabbia, ma quando incontrai i suoi occhi, tutti i miei buoni propositi andarono a farsi fottere. «Me lo avevi promesso…» dissi a fior di labbra. Sentivo che sarei potuto scoppiare a piangere da un momento all’altro. «ME LO AVEVI PROMESSO, YOONA! Mi avevi promesso che ci avresti provato! Mi avevi promesso che avresti dato una chance alla nostra relazione!»
 
«Yoongi, cosa diavolo vuoi che ti dica?!» urlò lei. «È successo. Non ho potuto impedirlo.»
 
«Non hai voluto impedirlo. È diverso, Yoona!» la corressi puntandole il dito contro. «Non ti è passato neanche per l’anticamera del cervello il pensiero che avresti potuto ferirmi? Dopo tutto quello che faccio per te, dopo tutto quello che ho affrontato per permetterti di arrivare dove sei, questi sarebbero i tuoi sforzi per dimostrarmi quanto ci tieni a me? A noi?!»
 
La guardai mentre si lasciava cadere contro la parete della sala prove. Lo specchio rifletteva il mio volto disperato e distrutto, mentre il suo… Il suo era vuoto e privo di sentimenti.
 
«Yoongi, ascolta…» iniziò chiudendo gli occhi. «Sto passando un periodo difficile. Cerca di capirmi.»
 
«Me lo ripeti da circa due mesi! Questa sarebbe la tua scusa per avermi tradito con quel pezzo di merda?!» ringhiai al limite della rabbia.
 
Non so come, me la ritrovai tra le braccia. Le tenni spalancate per la sorpresa, incapace di stringerle attorno al suo corpo. «Non arrabbiarti anche tu,» mi sussurrò con la faccia premuta contro il mio petto. «Già mia sorella continua a dirmi che questo mondo mi ha cambiato. Che non mi riconosce più. Tu sei l’unica persona che è rimasta al mio fianco nonostante ti abbia detto che non sono in grado di amare. Per me è difficile, Yoongi. Perciò cerca di capirmi. Anche tu hai detto che avresti fatto uno sforzo. Che per me saresti cambiato.»
 
«E tu quando hai intenzione di cambiare per me?» le domandai con un filo di voce. Abbassai le braccia e posai le mani sui suoi fianchi. Il cuore prese a battermi velocemente nel petto. «Quando hai intenzione di dimostrarmi che per te valgo qualcosa?»
 
«Lo sto facendo adesso,» mi rispose guardandomi negli occhi. «Ti sto dicendo di non lasciarmi da sola.»
 
Sospirai, e allo stesso momento provai una strana sensazione nel petto. Mi chinai verso di lei, ma ancora una volta si scostò prima che potessi catturarle le labbra. Fissai ciò che mi stava negando ormai da fin troppo tempo. «Allora perché non mi baci?»
 
Abbassò gli occhi sulla mia felpa, cominciando a giocherellare con la zip. «Perché dovresti baciare qualcuno che ti ha tradito?» La sua voce si fece ancora più bassa. «Perché dovresti baciare qualcuno che non ti ama?»
 
«Non vuoi baciarmi perché credi di non essere degna di me?» La guardai incredulo. Yoona annuì, continuando a girare le dita intorno alla mia cerniera. Mi avvicinai ancora di più e le presi il viso tra le mani per farmi guardare negli occhi. «Perché questo non lo lasci decidere a me?»
 
Scosse la testa. «So bene che tipo di persona sei, Yoongi. E so bene che tipo di persona sono io.» Mi accarezzò il viso. «E io non sono fatta per stare con un ragazzo dolce e sensibile come te. Almeno, non ancora.»
 
«Mi bacerai quando penserai di esserlo diventata?»
 
Annuì, e il mio cuore si fermò. «Lo farò solo quando ne sarò veramente sicura. È quello che ti meriti.» Chinai la schiena e poggiai il mento sulla sua spalla, abbracciandola finalmente come si deve. «Mi perdoni?» mi sussurrò all’orecchio con una dolcezza che mi sciolse il cuore.
 
«Ti amo,» le risposi semplicemente.
 
«Lo so,» si limitò a dire ricambiando l’abbraccio. «E mi dispiace tanto di essere così.»
 
Amare qualcuno faceva davvero così male? Avevo sempre pensato che innamorarsi significasse essere felici, poter toccare il cielo con un dito, ma c’era un lato dell’amore che mi era ancora ignoto. Chi amava di più, era destinato a soffrire di più. Era questa la verità. E io lo avevo capito troppo tardi. –Min Yoongi.
 
\End Flashback/
 
▫◦▫◦▫

Video
 
Dopo la nostra esibizione, uscimmo dai camerini e tornammo velocemente ai nostri posti in platea, quelli riservati esclusivamente agli artisti. Passammo velocemente di fronte agli altri idol, inchinandoci quando questi ci fecero i complimenti. Jimin si fermò a parlare con qualcuno degli EXO e dei WANNA ONE mentre Jin si catapultò dai VIXX e Namjoon dai GOT7. I membri dei gruppi femminili ovviamente evitavano persino di guardarci negli occhi per eludere qualunque tipo di pettegolezzo. Io mi fiondai immediatamente al mio posto e cominciai a sventolarmi una mano in faccia per farmi aria. Ero sudato dalla testa ai piedi e alcune ciocche celesti mi si erano appiccicate alla fronte. E a proposito, dovevo dire a uno dei nostri parrucchieri di cambiarmi la tinta. Quel colore mi aveva stancato.
 
Dopo aver ballato DNA e Mic Drop, ero completamente senza fiato. Ero anche piuttosto sicuro di aver rotto il microfono perché qualcuno si era dimenticato di passarmi quello finto per il mic drop. Beh, pazienza. Ci avrebbe pensato uno dei nostri manager. Comunque, trovai il fiato per rivolgermi a Taehyung che era seduto nella poltroncina di fianco alla mia.
 
«Quanto manca alla fine?» gli domandai all’orecchio per sovrastare la musica.
 
Taehyung guardò il suo orologio. «Circa una mezz’ora. Altre due esibizioni di due gruppi, una premiazione e poi abbiamo finito.»
 
«Grazie a Dio,» dissi a me stesso sistemandomi meglio sulla poltroncina. Jungkook e Taehyung cominciarono a salutare i fan che stavano continuando ad urlare i nostri nomi per farci voltare verso di loro. Io non avevo neanche la forza di sollevare un braccio, quindi lasciai fare ai due maknae, a cui poi si aggiunse anche Jimin. Le urla si moltiplicarono quando tutti e tre cominciarono a sorridere a destra e a manca.
 
Io volevo solo dormire.
 
Le luci si abbassarono e a quel punto pensai che mi sarei addormentato per davvero, ma c’erano un miliardo di telecamere e i fan mi stavano riprendendo con il cellulare. Non potevo farmi vedere in quelle condizioni. Mi tirai su e puntai gli occhi stanchi verso il palco, fingendo un interesse che in realtà non avevo. La musica partì e le luci dei riflettori puntarono verso il centro, illuminando le quattro ragazze in posizione. Erano le BLACKPINK.
 
L’esibizione iniziò e il ritmo della musica mi aiutò a tenere gli occhi aperti. J-Hope si sedette al mio fianco e solo allora mi resi conto di essere capitato tra i due più reattivi alle esibizioni femminili del nostro gruppo: Taehyung e Hoseok. Mi portai una mano sulla fronte quando cominciarono a ballare a ritmo di musica, fracassandomi i timpani.
 
«DDU-DU DDU-DU DU!» urlò Taehyung con gli indici rivolti in avanti e i pollici sollevati, imitando il colpo di una pistola. Subito dopo, Hoseok iniziò a muovere i fianchi nonostante fosse seduto. Riuscivo a sentire le sue risate nonostante la musica altissima.
 
Ma cosa avevo fatto di male nella mia vita?
 
«Hyung, tutto bene?» mi domandò Jungkook sporgendosi oltre Taehyung. «Hai una faccia.»
 
«Mai stato meglio,» replicai senza neanche guardarlo. «Anche se in questo momento vorrei avere davvero una pistola.»
 
Mi chinai per raggiungere la bottiglietta d’acqua che stava proprio sotto la mia poltroncina. Sentivo la gola secca e avevo bisogno di idratarmi visti tutti i liquidi che avevo perso. Svitai il tappo e mi portai la bottiglietta di plastica sulle labbra, mandando giù una bella sorsata. Mi sentii rinato. Mentre stavo mandando giù il secondo sorso, i miei occhi si spostarono casualmente sullo schermo gigante che stava trasmettendo le immagini della messa in onda, e per poco non sputai l’acqua in faccia ad Hoseok.
 
Sgranai gli occhi e cominciai a tossire, attirando l’attenzione di tutti i miei compagni. J-Hope mi diede dei leggeri colpetti sulla schiena.
 
«Hyung, stai bene?» mi domandò preoccupato. «Bevi con calma, non ci sta inseguendo nessuno.»
 
Continuai a tossire con la mano davanti alla bocca e gli occhi incollati allo schermo. Jungkook fu l’unico a capire che avevo visto qualcosa che mi aveva profondamente turbato e allora ebbe la saggia idea di seguire il mio sguardo, rimanendo del tutto scioccato.
 
«Ji Woo!» urlò puntando lo schermo gigante, la bocca spalancata. «U-Una delle backup dancer. È Ji Woo!» ripeté, facendo voltare immediatamente Namjoon.
 
«Dove? Dove?!» urlarono all’unisono Jimin e Taehyung, spingendosi tra di loro per riuscire a dare una sbirciata allo schermo nonostante ce l’avessero davanti agli occhi. Gli cadde la mascella quando la individuarono.
 
È vero. A parte me e Namjoon, gli altri non avevano ancora capito che Ji Woo in realtà si chiamava Yorin. Nonostante avessero ascoltato la conversazione con In Guk, il nome di Ji Woo non era mai saltato fuori e avevano pensato che si trattasse di tutt’altra ragazza. Io e Namjoon eravamo stati troppo impegnati a pensare a un modo per calmare le acque per potergli spiegare la situazione. Alla fine avevamo optato per un contratto di lavoro e delle scuse ufficiali da parte mia, ma il nostro piano non era decisamente andato a buon fine.
 
«Ma non avevate detto che Ji Woo era una bodyguard?» domandò Jin riferendosi ai tre maknae. Si grattò il retro della testa. «Io l’ho detto che eravate troppo ubriachi. Chissà con chi diavolo avete parlato a quel party. Speriamo non vada a raccontare in giro in che condizioni eravate.»
 
«Jin-hyung, era lei. Te lo posso assicurare!» intervenne V. «Okay, eravamo ubriachi, ma è impossibile che ce la ricordiamo tutti e tre.» Jungkook e Jimin annuirono alle parole di Taehyung.
 
Mi sentii lo sguardo di Namjoon addosso, ma ero troppo occupato a tenere gli occhi incollati allo schermo. O per meglio dire, al corpo di Yorin. Ero incredulo. Quella ragazza mi stava prendendo per il culo, non c’era altra spiegazione. O forse si divertiva a provocarmi?
 
Era vestita con un pantalone nero fin troppo attillato, scarponi rossi alti fino al polpaccio, un crop top nero che le lasciava la pancia scoperta e un giubbottino completamente aperto dello stesso colore. Come tocco finale, indossava dei guanti senza dita con un motivo rosso sul dorso. Sembrava pronta per salire in sella a una moto e sgommare a tutta velocità.
 
Si muoveva come una farfalla, continuando ad ondeggiare i fianchi e il bacino come una di quelle ballerine professioniste. Ma arrivati a questo punto pensai che lo fosse davvero. Fece roteare il collo, e i capelli lunghi e castani le finirono davanti al volto, scivolando in modo fin troppo sensuale sulle sue spalle. Si muoveva con un’energia che accomunai automaticamente ad un altro contesto, ed è allora che sentii pulsare il mio amichetto stretto nei pantaloni.
 
Presi un profondo respiro e buttai la testa all’indietro, chiudendo gli occhi. Mi stava provocando, ne ero sicuro. Si stava prendendo gioco di me ed era venuta lì per vendicarsi. Sapeva che sarei stato presente a quell’evento e aveva deciso di parteciparvi per stuzzicarmi e farmi incazzare. Sospirai e riaprii gli occhi, ma avrei fatto meglio a tenerli chiusi.
 
Era il momento della breakdance e il suo corpo cominciò a muoversi come un’onda, prima da un lato e poi dall’altro. Era di una sensualità scioccante. I miei occhi finirono automaticamente sul suo sedere, che si muoveva con fin troppa agilità. Avevo la sensazione che mi stesse scoppiando il cervello, e anche un’altra cosa. Chinai la schiena in avanti e poggiai i gomiti sulle ginocchia, coprendomi metà volto con entrambe le mani, eppure continuai a sbirciare attraverso le dita nonostante stessi sudando freddo. Non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso.
 
Ma da quand’è che le BLACKPINK avevano delle coreografie così sexy? E perché me n’ero accorto soltanto adesso?  
 
La coreografia terminò con un ultimo movimento di fianchi e l’ennesimo colpo di pistola che avrei preferito mi arrivasse dritto al cervello. Almeno non sarei stato obbligato a soffrire in quella maniera.
 
«Waaa, Ji Woo!» urlò Jungkook cominciando ad applaudire la sua eroina. Ma solo in quel momento mi accorsi che la vera Ji Woo era davvero presente sul palco. Quando udì il suo nome, si guardò intorno, ma a causa delle luci dei riflettori non riuscì ad individuare il suo fan urlante. E per fortuna non lo fecero neanche le telecamere. Mi venne voglia di sotterrarmi quando pensai ai cellulari delle fan che sicuramente avevano ripreso la scena.
 
«Jungkook, sta’ buono!» lo ammonì subito Seokjin. «Potrebbero pensare che al posto di Ji Woo hai urlato Ji Soo! Lo sai che ultimamente ci accoppiano sempre con le BLACKPINK.»
 
Jungkook si tappò subito la bocca, ma ormai il danno era fatto. Namjoon si passò una mano sulla faccia per contenere la sua frustrazione, proprio come avevo appena fatto io con la mia. Ma io ero frustrato per qualcos’altro.
 
Quando le luci in platea si abbassarono, mi alzai velocemente dal mio posto con l’intenzione di raggiungere i camerini. Nel buio, andai quasi a sbattere contro qualcuno degli EXO che si era alzato proprio nel mio stesso momento. Chinai leggermente il capo, pronto a scusarmi, ma poi lo guardai negli occhi e le mie buone intenzioni svanirono immediatamente.
 
«Scusa, Suga-ssi,» disse Kai. «Non ti avevo visto.»
 
Rimasi a guardarlo con un’espressione indecifrabile. Lo fulminai per cinque secondi buoni prima di fare un lieve cenno con la testa e sorpassarlo. Guidato dalla curiosità, mi voltai di nuovo e lo trovai ancora a fissarmi. Il suo sguardo emanava lo stesso carico di emozioni che gli stavo riservando anch’io. Puro disprezzo.
 
Mi voltai nuovamente e afferrai il cellulare che avevo ripescato in camerino dopo la nostra esibizione. Aprii la conversazione e vidi che Yorin non aveva ancora visualizzato i miei messaggi. Non effettuava l’accesso da quel pomeriggio e ora finalmente avevo capito il perché. Le mandai altri messaggi.
 

ᗩngolo.ᗩutore

Ciao a tutti! Yoongi sembra essersi scusato con Yorin solo perché Namjoon gli aveva consigliato di tenersela buona, ma sarà effettivamente così? Oppure Yoongi sotto sotto comincia ad affezionarsi a quella testa calda di Yorin? Soo Jin sembra attaccarsi sempre di più a Yoongi e da l'impressione che per lei stia diventando qualcosa di più che un semplice rapporto occasionale, ma lo stesso non si può dire di Suga.

Dal flashback invece scopriamo che Yoona era una ragazza che non sapeva amare, ma che era rimasta incantata dal modo di amare di Yoongi e aveva deciso di dare ad entrambi una possibilità. Ma come avrà fatto Yoongi a perdere quella parte così bella del suo carattere e diventare quello che è adesso? Nel frattempo, Yorin sconvolge definitivamente il nostro Suga con la sua esibizione (la coreografia che balla Yorin è QUESTA e il movimento che sconvolge Yoongi è l'onda che fanno al minuto 3:00 x'D) E sembra essere comparso un altro personaggio, Kai. Tra lui e Suga di certo non scorre buon sangue, ma chissà perché? E Yorin dovrà preoccuaparsi con quell'ultimo messaggio?

Sembra la sinossi di un episodio di qualche drama ahaha Comunque spero di averti incuriosito! Se il capitolo vi è piaciuto, lasciatemi pure un commentino! Un bacione e alla prossima!

Instagram: btsuga_d

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Capitolo 12
*** Best Friend ***


Hook-Up
❖ Best Friend




«Secondo te lo hanno notato?» mi domandò Ji Woo disperata. Aveva le mani nei capelli e guardava dritto davanti a sé nonostante non stesse prestando attenzione a dove stesse andando. Sollevai gli occhi al cielo e l’afferrai per un braccio, evitandole di andare a sbattere contro un’inferriata del sottopalco. «Secondo te se ne sono accorti?»
 
«Ji Woo, di chi diamine stai parlando?» le domandai esasperata.
 
«Dei BTS!» urlò come se avessi appena bestemmiato. «Ho sbagliato il giro nel secondo ritornello. Secondo te Jungkook se n’è accorto?»
 
«Per l’amor di Dio!» dichiarai ad alta voce. «Era solo uno stupido giro. Chi vuoi che se ne sia accorto?»
 
«Loro?»
 
Roteai gli occhi. «No di sicuro. Non era neanche la loro coreografia. Come pretendi che possano essersene accorti? Scommetto che a malapena si ricordano le loro.»
 
«Ed è qui che ti sbagli!» saltò su Ji Woo puntandomi il dito contro. Fui costretta a fermarmi quando lo fece anche lei. «Conoscono un sacco di coreografie femminili, soprattutto questa. Penso che sia la loro preferita.»
 
Mi venne da ridere quando pensai a Yoongi intento a ballare DU-DDU DU-DDU. Non riuscii a trattenermi e voltai le spalle a Ji Woo, scoppiando in una risata liberatoria.
 
«Yorin? Ti senti bene?» mi domandò incredula. «Stai… ridendo?»
 
Cercai di darmi una calmata e recuperare il mio solito cipiglio, ma l’immagine di Yoongi che ondeggiava i fianchi mi fece scoppiare di nuovo.
 
«Mi stai spaventando…» continuò Ji Woo. «Da quand’è che ridi?»
 
«Da quando penso a qualcuno che mi fa ridere,» chiusi il discorso tornando seria.
 
Cavolo, perché il pensiero di lui che ballava in quel modo era così esilarante? Quando tornai alla realtà, mi diedi mentalmente dell’idiota. Avevo lasciato che Min Yoongi fosse la causa delle mie risate. Risate vere. Quel pensiero mi fece imbestialire.
 
«Comunque, non preoccuparti,» la rassicurai riprendendo a camminare. Ji Woo mi seguì subito dopo. «Uno di loro sicuramente non se n’è accorto. E scommetto che non lo hanno fatto neanche gli altri. Non ci chiamano backup dancer per niente. Gli spettatori guardano i protagonisti della performance, non i ballerini di contorno.»
 
Ji Woo sospirò. «A causa di questa esibizione sono stata in ansia per tutta la settimana,» disse sconsolata. «Era la prima volta che mi esibivo davanti a loro e non volevo fare errori.» Il suo labbro inferiore si piegò verso il basso. «Ho preteso troppo da me stessa.»
 
Odiavo vederla così giù. Era una delle ballerine più brave che conoscessi e il fatto che si stesse sminuendo per quei sette tizi mi fece salire il sangue al cervello. Non doveva assolutamente farlo. Il talento parlava al posto suo.
 
«Non hai preteso proprio un bel niente. Sei stata bravissima come al solito e non c’è bisogno di sminuirti per una dannatissima giravolta. Torna in te, Ji Woo! Non farti condizionare da quelli là e cerca di dare più importanza a te stessa e al lavoro che fai. Hai provato per tutta la settimana e non ti sei riposata un attimo. La perfezione non esiste ed errare è umano. Credi forse che loro non sbaglino mai sul palco?»
 
Ji Woo mi guardò e si bloccò nuovamente. «No, sbagliano anche loro,» ammise.
 
Il mio sguardo s’illuminò. «Visto? Allora smettila di dire stronzate e cammina. Il camerino non verrà da noi. Siamo noi che dobbiamo andare dal camerino. E se continui a fermarti ogni tre per due, non ci arriveremo prima di domani mattina. E io ho sonno,» affermai esasperata e con un tono che suonò più velenoso di quanto volessi.
 
Proprio in quel momento, mi resi conto che l’ultima esibizione dello show si era conclusa da poco. Il presentatore dell’evento stava parlando al microfono e la sua voce rimbombò per tutta l’arena, arrivando persino fino a noi.
 
«E i vincitori del Best Music Video sono… i Bangtan Sonyeondan! Congratulazioni BTS!»
 
Il mare di urla diventò un vero e proprio maremoto mentre di sottofondo partiva la canzone di Spring Day, quella che Ji Woo ascoltava dalla mattina alla sera. Ecco perché l’avevo riconosciuta alla prima nota. Dato che ora eravamo dietro le quinte, la mia migliore amica si voltò subito verso il palco, arrestando ancora una volta i suoi passi. Sollevai gli occhi al cielo.
 
«Ji Woo, io comincio ad andare. Tu fai pure con calma,» le dissi in modo sarcastico mentre lei annuiva e basta, tenendo gli occhi incollati sui ragazzi che stavano salendo sul palco per ritirare il premio. Scossi la testa e mi avviai. In quel momento era inutile cercare di avere una conversazione decente con lei.
 
Passai in mezzo a due tizi dello staff e un gruppo di ballerini che si era appena esibito. Sbirciai anch’io dietro il sipario nero che delimitava il palco e intravidi i ragazzi che avevano appena preso il microfono per parlare. Riconobbi Jungkook, che si era sistemato dietro RM che stava tenendo il discorso di ringraziamento. Mi voltai, assolutamente disinteressata, ma all’improvviso qualcuno mi afferrò per un braccio e mi trascinò dietro il sipario nero, nascondendoci alla vista delle altre persone.
 
Sbattei la schiena contro la parete alle mie spalle e trattenni un gemito di dolore. Quando sollevai lo sguardo, mi ritrovai davanti gli occhi neri di Min Yoongi. Il suo corpo premeva contro il mio e a causa della vicinanza riuscivo a sentire il suo respiro sulla punta del naso. Lo guardai incredula.
 
«Ma sei completamente pazzo?!» gli urlai in faccia, ma lui non si mosse di un millimetro. Continuò a guardarmi con quello strano sguardo negli occhi. Quasi come se fosse… arrabbiato?
 
«Sei tu la pazza,» mi sussurrò a un centimetro dalle labbra in modo minaccioso. Abbassò lo sguardo sul mio corpo e i suoi occhi tracciarono la linea del mio seno e dei miei fianchi scoperti. «Devi aver perso il cervello. Vestirti così sapendo che ci sono io a guardarti.»
 
«Non ho scelto io di vestirmi così. Era il concept della coreografia,» risposi in modo velenoso, ricambiando il suo sguardo severo. La voce del suo Leader rimbombò nelle casse e solo allora mi resi conto che Yoongi non avrebbe dovuto essere lì, dietro un sipario in compagnia di una ballerina di fila. Si trovava decisamente nel posto sbagliato. «Non dovresti essere sul palco?»
 
«Sono troppo incazzato per andare a ritirare un premio.»
 
Lo fulminai. «E per cosa dovresti essere incazzato, esattamente? Secondo te di chi è la colpa se sono dovuta venire qui? Credi che mi piaccia ballare su quel palco quando la cosa che detesto di più al mondo è essere al centro dell’attenzione?»
 
Yoongi fece scivolare le mani sulla pelle nuda dei miei fianchi ed ebbi un brivido quando sentii la sua guancia entrare in contatto con la mia. Il suo respiro caldo mi solleticò l’orecchio. «Ecco perché ti ho detto di lavorare per me,» disse con voce roca mentre lasciava ricadere la fronte sulla mia spalla. «E te lo ripeterò fin quando non accetterai.» Sospirò.
 
Aggrottai le sopracciglia, guardandogli i capelli celesti con la coda dell’occhio. Posai le mani sul suo petto e lo spinsi all’indietro, obbligandolo a staccarsi. Lo guardai in faccia e avvicinai il naso alle sue labbra. I suoi occhi rimasero incollati alla mia bocca. «Yoongi… Per caso sei di nuovo ubriaco?»
 
Non me l’aspettai. Chiuse gli occhi e poggiò la fronte contro la mia, deglutendo. La sua espressione arrabbiata mutò in una sofferente. «Vorrei esserlo sul serio, almeno non mi sentirei così patetico.»
 
Lentamente, la punta del suo naso scivolò verso destra, sfiorandomi la guancia. Dischiuse le labbra e le poggiò delicatamente contro la pelle del mio zigomo, lasciandovi dei piccoli baci che divennero sempre più appassionati intanto che scendeva verso il mio collo. Mi avvolse la vita nuda con le mani e mi strattonò verso il suo corpo che sembrava stesse per esplodere. Mi aggrappai alle sue spalle per mantenere l’equilibrio nonostante fossi già sorretta dalle sue braccia.
 
Quel suo slancio appassionato mi lasciò per un attimo senza parole, ma più di tutto fui sopraffatta dal mio stesso corpo. Quando la sua lingua mi bagnò la pelle della clavicola, mi ritrovai a socchiudere gli occhi e a dischiudere le labbra. Si spinse verso di me e mi appiccicò di nuovo al muro. Tra un bacio e l’altro, dalle sue labbra fuoriuscì un leggero ansimo.
 
Yoongi si staccò dal mio collo con un sonoro schiocco e risalì nuovamente verso il mio viso, tracciando con la punta del naso la linea della mia mandibola e poi delle labbra. Fece tutto molto lentamente mentre io sollevavo finalmente le palpebre. Mi guardò negli occhi e fece un leggero ghigno.
 
«Hai la pelle d’oca,» mi rinfacciò con fare strafottente. La sua voce era roca a causa dell’eccitazione.
 
Strabuzzai gli occhi e ritornai alla realtà. Il suo viso ricolmo di soddisfazione mi fece andare il sangue al cervello e lo spinsi all’indietro con tutta la forza che avevo, facendolo sbattere violentemente contro la parete alle sue spalle. I capelli gli finirono davanti agli occhi e sollevò leggermente il mento mentre il suo petto si alzava e si abbassava a causa della sua risata cupa.
 
«Andiamo, Yorin,» mi spronò leccandosi il labbro inferiore. Qualche goccia di sudore gli scivolò lungo il collo, insinuandosi nella camicia bianca. «Smettila di fingere che non t’importi. Mi vuoi tanto quanto ti voglio io. Riesco a sentirlo.»
 
Ero senza parole. Sia per la sua sfacciataggine che per quello che avevo appena fatto. Mi diedi mentalmente dell’idiota e non potei fare a meno di scaricare la mia rabbia sul diretto interessato. Si stava prendendo gioco di me, trattandomi come se fossi un misero trofeo da aggiungere alla sua collezione. Proprio come quello che aveva appena vinto e che non si era nemmeno degnato di andare a ritirare insieme ai suoi compagni.
 
«Va’ all’inferno, Min Yoongi.»
 
Mi voltai, indispettita peggio di una vipera, ma proprio quando stavo per scostare la tenda nera, quel bastardo mi riafferrò per il braccio, riportandomi contro il suo petto. Notai che stava volutamente evitando di prendermi per il polso. Almeno non era del tutto stupido.
 
«Lasciami andare,» gli ordinai fermamente guardandolo negli occhi. Nei miei si poteva leggere un completo disprezzo. «Lasciami andare, Yoongi. Devo forse ricordarti quello che ti ha detto In Guk?» lo minacciai.
 
«Me lo ricordo benissimo quello che ha detto.» Si avvicinò di nuovo alla mia faccia. «Ma non mi sembra di averti messo le mani addosso senza il tuo permesso
 
Un’altra frecciatina. Un altro motivo per farmi saltare le staffe. «Lo stai facendo adesso. Ti ho detto di lasciarmi.»
 
Ghignò nuovamente e si allontanò da me, sollevando le mani per far vedere che aveva eseguito il mio ordine. Come per dimostrare che lui era innocente. Se non fosse stato un idol, gli avrei tirato un pugno dritto sul naso. Peccato che la sua faccia era la sua fonte di guadagno. Per questo optai per un calcio negli stinchi.
 
Lo afferrai per le spalle e gli calciai il ginocchio nello stomaco con tutta la forza che avevo. Yoongi si piegò in avanti trattenendo un gemito di dolore, ma subito dopo scoppiò a ridere.
 
«Puoi mentire a te stessa,» disse con voce sofferente mentre scostavo la tenda e ritornavo finalmente alla realtà. Lui mi seguì con una mano poggiata sul ventre dolorante. «Ma non puoi mentire a me, Yorin. Sono fin troppo bravo a capire quando una ragazza mi desidera.»
 
Strinsi gli occhi e mi morsi il labbro inferiore. Mi faceva imbestialire come si stesse vantando di essersi portato a letto così tante ragazze da essere diventato un esperto. Mi faceva imbestialire il modo con cui mi stava denigrando dopo quel maledetto attimo di debolezza. Ma più di tutto, mi faceva imbestialire che fossi stata tradita dal mio stesso corpo.
 
«Yorinie!»
 
Mi bloccai sul posto non appena quella voce mi arrivò alle orecchie. In un attimo, mi dimenticai di tutto. Mi voltai così velocemente che per poco non andai a sbattere contro Yoongi, che si trovava proprio dietro di me. Si voltò anche lui verso la persona che aveva appena pronunciato il mio nome in un modo così tenero e infantile.
 
I miei occhi si illuminarono e oltrepassai Yoongi, dirigendomi verso il ragazzo che mi stava aspettando a braccia aperte. Non persi tempo a buttargli le braccia al collo, e lui mi sollevò in aria, facendomi volteggiare come una bambina. Non potei fare a meno di ridere mentre mi metteva giù.
 
«Jongin,» lo chiamai guardandolo negli occhi. «O forse dovrei chiamarti Kai?»
 
Il moro rise, picchiettandomi il naso con l’indice. «No, Yorinie. Per te sarò sempre Jongin.» Sorrise ancora una volta e mi avvolse le braccia intorno alle spalle, premendomi contro il suo petto. Io feci lo stesso, aggrappandomi alla sua camicia. «Mi sei mancata così tanto,» mi sussurrò mentre mi cullava.  
 
«Anche tu,» dissi contenta, inspirando il meraviglioso profumo che emanava. «Non ci vediamo da quasi un anno.»
 
«Scusami, sono stato troppo impegnato. Non ho trovato neanche il tempo di venire al nostro ritrovo vicino al fiume. I Bodyguard non mi danno il tempo di respirare.» Si allontanò per guardarmi in faccia. «Beh, tu dovresti saperlo bene,» ridacchiò, ma poi ritornò subito serio. «A proposito, che diavolo ci fai qui? Quando ti ho vista ballare sul palco insieme a Ji Woo, mi è preso un colpo. Non lo starai di nuovo facendo come lavoro part-time, vero?» Il suo sguardo s’incupì. «Hai di nuovo problemi di soldi?»
 
Mi affrettai a negare con la testa. «No, io… Ho avuto qualche problema con quel lavoro e ho dovuto chiedere a Ji Woo di entrare a far parte della sua crew. Niente di importante, tranquillo,» mentii nonostante morissi dalla voglia di raccontargli della bastardata di Yoongi.
 
«Ma tu odi questo mondo,» mi ricordò accarezzandomi amorevolmente una guancia. «Posso solo immaginare quanti brutti ricordi ti fa tornare in mente. Non dovresti farlo, Yorinie. Yoona non ne sarebbe per niente contenta. Lo sai.»
 
Sorrisi amaramente. «Lo so. Ma per il momento non ho scelta.»
 
«Posso fare qualcosa per te?» mi domandò preoccupato. Il suo tono era diventato davvero dolce. «Posso aiutarti in qualche modo?»
 
«Già il fatto di averti rivisto mi ha aiutata tantissimo,» gli risposi con sincerità. Le mie mani si mossero da sole e lo abbracciai nuovamente, poggiando la guancia contro il suo petto. «Non per niente sei il mio migliore amico
 
Faticai un sacco a pronunciare quella parola. Ma ormai mi ero data per vinta. Lo avevo accettato nonostante il mio cuore continuasse ad urlare qualcos’altro. Lo amavo. Lo avevo amato dal primo giorno di scuola elementare fino al suo debutto. Lo avevo amato quando avevo saputo che in realtà moriva dietro a mia sorella e lo avevo amato quando aveva deciso di intraprendere quel cammino insieme a lei. Un cammino che avrebbe portato entrambi a sigillare definitivamente i loro cuori.
 
Ma Jongin era sempre rimasto lo stesso. Mia sorella era cambiata, ma lui no. Lui era ancora il ragazzo dolce e meraviglioso di sempre, lo stesso che mi aveva confortata lungo la riva del fiume Han quando mia sorella aveva preso la decisione più sofferta di tutta la sua vita. Lasciarci definitivamente.
 
Ora che lo avevo rivisto, il mio cuore era così in pace che avrei potuto affrontare ogni singolo ostacolo che mi si sarebbe parato dinnanzi.
 
Era questo che volevo. Un amore vero e sincero, dove l’altra persona non si faceva scrupoli a dimostrare il bene che voleva all’altro. Non uno stupido gioco fatto di tentazioni e doppi sensi che avevano come risultato un atto erotico e privo di amore. E con questo pensiero in testa, mi sentii ancora più in colpa per essermi lasciata andare con Yoongi. Mi sentii in colpa per aver attribuito all’amore un significato così misero e averlo surclassato a un atto privo di sentimenti, guidato solo dalla voglia di provare piacere.
 
Jongin mi baciò la fronte e mi sollevò il viso, sorridendomi e facendo sprofondare il mio cuore nel petto, dandomi il colpo di grazia. Perché amare faceva così male?
 
«Allora… Fatti dare un’occhiata.» Mi disse scherzosamente afferrandomi per un braccio, facendomi fare una piroetta su me stessa. Mi sentii i suoi occhi addosso e non potei fare a meno di arrossire. Quando lo guardai nuovamente in faccia, dalle sue labbra fuoriuscì un fischio di approvazione.
 
«Quando sei diventata così sexy?» mi domandò, facendomi arrossire ancora di più. Si avvicinò di nuovo a me e mi posò entrambe le mani sui fianchi. «E balli da Dio, ma questo lo sapevo già.»
 
Ridacchiai quando lo fece anche lui. Poi, puntò lo sguardo su qualcosa alle mie spalle e il suo sorriso scomparve. Tornai seria anche io. Non avevo mai visto Jongin con un’espressione così cupa. Mi voltai, curiosa di scoprire cosa avesse attirato la sua attenzione. Sollevai un sopracciglio quando vidi Yoongi, la schiena poggiata contro il sostegno di uno dei riflettori e le braccia incrociate al petto.
 
Immobile nell’oscurità, sembrava davvero minaccioso. Aveva gli occhi ridotti a due fessure e lo sguardo fisso su di me. O su Jongin. Da così lontano non riuscivo a capirlo. Sapevo solo che il suo corpo emanava un’aria cupa e ricolma di diffidenza che interpretai come un avvertimento nei confronti di Jongin.
 
Leva le mani da ciò che è mio.
ᗩngolo.ᗩutore
Ciao a tutti! Scusate come sempre l'attesa. Ammetto che questa settimana non ho avuto per niente ispirazione, ma volevo comunque scrivere un capitolo di Hook-Up per non lasciarvi senza 😩 Quindi scusate se è più corto rispetto agli altri, ma prometto che il prossimo arriverà presto.

Qui scopriamo un altro lato di Yorin che fino ad ora era sempre rimasto nascosto. Con Kai vediamo finalmente una ragazza innamorata, che non ha paura di farsi abbracciare o toccare, e che le ricorda cosa vuol dire per lei la parola amore. E proprio per questo se la prende ancora di più con sé stessa per aver avuto quel breve attimo di debolezza con Yoongi, che ovviamente non ci ha pensato due volte a rinfacciarglielo!

 Ripeto che non ho avuto ispirazione, ma spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto! Un abbraccione e alla prossima ^^

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Capitolo 13
*** Reverse ***


Hook-Up
❖ Reverse


«Dove diavolo eri?!» sbraitò Namjoon quando mi raggiunse dietro le quinte con tutti gli altri alle calcagna. «Lo sai che razza di figura ci hai fatto fare?»
 
Non lo ascoltai. I miei occhi erano incollati a quelle luride mani posate sui fianchi di Yorin. Sentivo una strana sensazione nel petto, un peso che continuava a dirmi di andare lì e tranciargliele all’istante. Eppure, non mi mossi. Rimasi nell’oscurità, con le braccia conserte e Namjoon che continuava a strepitare nel mio orecchio.
 
«Yah, mi ascolti sì o no? Che diavolo stai guardando?»
 
Quando si voltò, finalmente si zittì. Lo so a cosa stava pensando, infatti mi guardò nuovamente, lanciandomi un’occhiata severa. «Da quand’è che fai tutte ‘ste scene per una ragazza?»
 
«Non le farei se non si trattasse di lui.» Mi meravigliai io stesso del tono minaccioso della mia voce. «Quel pezzo di merda mi fa salire il sangue al cervello.»
 
«Ji Woooo!»
 
Mi ridestai quando la voce di Jungkook mi bucò i timpani. Lo vidi correre verso di lei come un bambino che aveva appena ritrovato la sua mamma. Sollevai gli occhi al cielo.
 
«Jungkook,» lo salutò Yorin, voltandosi nella stretta di Jongin. Dio, ma quelle mani non aveva proprio intenzione di levarle? Contrassi la mascella e mi mossi sul posto per trattenermi dal pensarci io stesso.
 
«Ji Woo, sei stata… incredibile,» si complimentò Jungkook indicando il palco. «Eri la migliore, dico sul serio! Non sapevo ballassi. Ma non facevi la bodyguard?»
 
Yorin mi lanciò un’occhiataccia, che io ricambiai. «Ho cambiato lavoro.»
 
«Hai visto?!» urlò Jungkook all’improvviso, voltandosi verso Jin. «Avevo ragione io. Questo dimostra che non ero poi così tanto ubriaco.»
 
«Lo eri eccome,» lo interruppe Yorin. Il maknae si voltò verso di lei, incredulo. «E non solo tu. Anche quei due non erano da meno.» Si sporse oltre Jungkook per incontrare lo sguardo di Jimin e Taehyung. «Jimin, alla fine hai scoperto cosa viene dopo il tre?»
 
Sollevai un sopracciglio mentre la faccia del biondo diventava di un intenso colore rosso, neanche avesse appena mandato giù qualcosa di piccante. Di che diavolo stavano parlando?
 
«Io… E-Ecco, io…» cominciò a balbettare Jimin grattandosi il retro della testa. «C-Certo che lo so! Dopo il tre viene il quattro!» rispose indispettito. Il mio sopracciglio stava per sfiorare l’attaccatura dei capelli. «E so anche cosa viene dopo il quattro. Il cinque!»
 
«Che strano, pensavo che il cinque venisse dopo il due,» affermò divertita Yorin. Questa volta fu il turno di Jungkook di arrossire.
 
Hoseok scoppiò a ridere e indicò subito la ragazza. «Io ti amo, sul serio!» Rise ancora più forte. «Te l’ho già detto che ti ho eletta mia nuova eroina?»
 
Yorin increspò la fronte. «Deve essermi sfuggito, ma ti ringrazio per la fiducia.» Jin represse un sorrisetto.
 
Mi sporsi leggermente in avanti quando vidi Jongin avvicinarsi all’orecchio di Yorin per sussurrarle qualcosa. I miei occhi si assottigliarono ancora di più quando fu lei a girarsi per sussurrare qualcosa all’orecchio di Jongin, mettendo la mano davanti alla bocca per coprire il labiale. Si guardarono entrambi negli occhi e Kai represse un sorrisetto, annuendo leggermente. Erano troppo vicini. Sentivo il sangue ribollire nelle vene.
 
«Non ve l’hanno detto che bisbigliare in pubblico è cattiva educazione?» li frecciai. Tutti si voltarono verso di me, compresi i diretti interessati.
 
«A me hanno detto che non presentarsi volontariamente sul palco per ritirare un premio è cattiva educazione,» mi rispose Yorin con quella sua lingua tagliente. «E anche strattonare le persone per le braccia o fargli proposte indecenti.» Stirò le labbra in un sorrisetto. «Ma magari io e te abbiamo un diverso concetto di “buona educazione”.»
 
Strinsi i pugni. «Prendere le persone a calci e schiaffi ti sembra il comportamento di una persona educata?»
 
Il sorriso di Yorin scomparve. «L’ho fatto per un motivo ben preciso. Sono sicura che se ti sforzi riuscirai a capire qual è. Lo so che di solito fai ragionamenti meno complicati, ma non è così difficile come sembra. Basta applicarsi.»
 
Mi aveva appena dato dell’idiota?
 
«Per tua informazione, non mi chiamano “Genio” per niente.»
 
Scoppiò in una risata sarcastica. «Min Yoongi, tu potresti fare solo il genio della lampada. Anzi, nemmeno quello visto che non sai neanche esaudire i desideri.»
 
Assottigliai ancora di più lo sguardo. Lasciai ricadere le braccia e mi diressi a passo svelto verso di lei, sotto gli sguardi attoniti degli altri. Mi fermai a un centimetro dalla sua faccia. «Beh, forse i desideri no, ma un altro tipo di richieste sì,» le sussurrai così che potesse sentirmi soltanto lei. La sua faccia rossa mi gonfiò il petto di soddisfazione.
 
Jongin si schiarì la gola. Lo fulminai. «Yor- Voglio dire, Ji Woo… Come conosci i Bts? Sembrate avere parecchia confidenza.» Mi guardò storto e io contraccambiai.
 
«È capitato,» rispose la ragazza senza scollarmi gli occhi di dosso. Anche io tornai a guardarla dopo aver lanciato l’ennesima occhiata poco rassicurante a Jongin. «E fra di noi non c’è tutta questa confidenza.»
 
«Ji Woo è una nostra fan! È venuta al nostro fan-sign,» s’intromise Jungkook avvicinandosi a Yorin. Non capivo proprio perché quella dannata ragazza non volesse dirgli che non si chiamava Ji Woo. Cosa diamine stava architettando? «Oh, comunque, possiamo scambiarci i numeri, Ji Woo?» domandò il più piccolo. Sgranai gli occhi. «Sempre se vuoi, ovvio. Di solito non do il mio numero privato alle fan, ma per te farò un’eccezione.»
 
Stranamente, Yorin accettò subito. Si voltò e prese il cellulare che gli stava porgendo Jungkook, dandomi le spalle. Sbirciai per curiosità e vidi che stava cominciando a scrivere il numero, ma poi lo cancellò improvvisamente, sostituendolo con un altro. Aggrottai le sopracciglia. Aveva problemi di memoria?
 
Una volta fatto, restituì il cellulare al maknae, che lo afferrò come se fosse la cosa più preziosa del mondo. Lo fissò con occhi luccicanti e un sorrisetto a trentadue denti. Anche lui mi stava facendo saltare il cervello. Quel giorno si erano messi tutti d’accordo per farmi incazzare?
 
«Oh, comunque vorrei presentarvi una mia amica,» disse improvvisamente Yorin, facendo un cenno alla ragazza che ci stava osservando da lontano. «È una vostra grandissima fan.» Assottigliai gli occhi e vidi che era Ji Woo. Che diavolo stava combinando Yorin?
 
Ji Woo s’indicò, incredula, chiedendo tacitamente alla sua amica se si stesse riferendo proprio a lei. Yorin le fece l’ennesimo cenno con la mano, ordinandole letteralmente di avvicinarsi. La ragazza dal volto pallido e le guance un po’ paffute fece un passo verso di noi, tremando. Si sistemò dietro Yorin, come se volesse diventare invisibile. Per un attimo, mi fece tenerezza.
 
«Ciao… Io… Io sono… Cioè, volevo dire… Io… Ecco…»
 
Jin si lasciò sfuggire un verso di tenerezza mentre tutti gli altri la guardarono con un sorriso enorme stampato in faccia. Soprattutto Hoseok.
 
«Mi chiamo Ji-»
 
«Yorin,» l’interruppe bruscamente la sua amica. «Si chiama Yorin.»
 
Io e Ji Woo la guardammo come se fosse completamente uscita di senno. Sul serio, che diavolo le stava frullando per la testa?
 
Hoseok fece un passo avanti. «Ciao, Yorin! Ti ho vista ballare. Sei stata una bomba!» si complimentò sollevando entrambi i pollici e facendole l’occhiolino. Ji Woo s’illuminò dopo aver sentito il complimento del nostro Main Dancer.
 
«È vero, ti ho intravista anch’io!» s’intromise Taehyung. «Eri vicina a Ji Woo, vero?»
 
La mora annuì, non del tutto convinta. Ma a quanto pare era fin troppo abituata alle stranezze della sua migliore amica visto che si riprese quasi subito.
 
«Io… Davvero, non so che dire… Ho sempre pensato a cosa dirvi quando vi avrei visto di persona, eppure adesso non mi ricordo neanche una parola.»
 
Jimin scoppiò a ridere. «Succede anche a me durante i discorsi di ringraziamento. Tranquilla!» Jungkook gli tirò uno schiaffo dietro la testa. «Ahi!» si lamentò il biondo.
 
«Idiota, che diavolo c’entra? La situazione è completamente diversa,» lo ammonì il più piccolo. «Come sempre parli a sproposito, Jimin-ssi.»
 
Scossi la testa nello stesso momento di Jin e Namjoon mentre Ji Woo faceva un passo incerto verso il maknae che aveva appena parlato. «Jungkook…?» lo chiamò con una voce timida e dubbiosa. A malapena riuscii a sentirla.
 
«Hm?» rispose lui, voltandosi subito verso di lei. Jimin si stava ancora massaggiando il collo mentre Taehyung lo prendeva in giro.
 
«Posso… Possiamo farci una foto?»
 
«Sicuro!» rispose subito Jungkook. Si sistemò vicino a lei, chinandosi per arrivare alla sua altezza, e aspettò che la ragazza tirasse fuori il suo cellulare. Avevo l’impressione che Ji Woo stesse per svenire. Aveva gli occhi lucidi.
 
«Oh no…» disse all’improvviso, tastandosi il pantalone nero attillato. Notai che non aveva tasche. «Ho lasciato il cellulare nel camerino.» Si voltò verso la sua amica che stava ancora attaccata a Jongin. Contrassi la mascella. «Yo-Ehm, Ji Woo… puoi prestarmi il tuo cellulare?»  
 
«L’ho lasciato anche io in camerino,» rispose sconsolata.
 
«Tranquilla, ci penso io,» dichiarò Jungkook tirando fuori dal nulla il suo telefono. «Manderò la foto a Ji Woo. Adesso fai un bel sorriso!»
 
Sospirai e i miei occhi finirono ancora una volta su Yorin e Jongin. Lui era dietro di lei e le stava di nuovo sussurrando qualcosa all’orecchio. Si guardavano e si sorridevano, e Jongin aveva ancora le mani su entrambi i fianchi di Yorin, sfiorandole quasi il sedere con le dita. Il moro si chinò in avanti per sentire meglio ciò che gli stava dicendo la ragazza, ma in questo modo il suo naso andò a finire contro il suo collo scoperto.
 
Sentii il petto implodere.
 
«Ti decidi a levarle le mani di dosso?» sbottai dopo essermi trattenuto fin troppo a lungo. Si voltarono tutti a guardarmi e Jongin sollevò un sopracciglio. Abbassai lo sguardo sulle sue dita che stavano stringendo in modo fin troppo possessivo i fianchi di Yorin. «Se continui così, tra un po’ non riusciranno più a staccarvi.»
 
«Suga-ssi, qual è esattamente il tuo problema?» mi pizzicò Jongin con un sorrisetto che mi fece saltare definitivamente i nervi. «Sei per caso il suo ragazzo?»
 
«No di certo,» obiettò subito Yorin. «Questo tipo non sa neanche cosa voglia dire avere una ragazza.»
 
Il mio cuore perse un battito a quelle parole. Il peso del passato si schiantò sulle mie spalle per un attimo che durò quanto un breve battito di ciglia, e la mia rabbia crebbe a dismisura. Intensificai lo sguardo e mi avvicinai a Jongin, guardandolo dritto negli occhi. Yorin si ritrovò schiacciata tra noi due.
 
«Beh, da quanto ne so non lo sei nemmeno tu,» gli sussurrai a un centimetro dalla faccia, ignorando completamente le parole di Yorin. «E sei proprio sicuro di voler sapere qual è il mio problema? Strano, perché pensavo lo sapessi già.»
 
«Illuminami. Non riesco proprio a seguirti.»
 
Che faccia da schiaffi. Sapeva benissimo di cosa stessi parlando, eppure continuava a fare finta di niente per farmi passare dalla parte del torto. Non era cambiato di una virgola. Era sempre il solito stronzo opportunista.
 
«Non fare il finto tonto con me, Kai!» ringhiai. «Dopo esserti scopato Yoona, ora ci stai provando con sua sorella?!»
 
Un rumore sordo risuonò dietro le quinte. Solo dopo qualche secondo, riconobbi il familiare bruciore di quella volta. Raddrizzai il viso e mi portai una mano sulla guancia che era stata appena colpita. Incontrai gli occhi di Yorin, ricolmi di rabbia e… lacrime? Sollevai gli occhi sulla sua mano ancora ferma a mezz’aria. Aprii la bocca per dire qualcosa, ma mi spinse brutalmente da parte per correre via.
 
Non mi guardai indietro, consapevole degli sguardi increduli di tutti gli altri. Non m’importò che stavolta mi avesse schiaffeggiato davanti a tutti, sotto lo sguardo scioccato di un sacco di persone che non conoscevo, ma che di sicuro conoscevano me. Cominciai a correre per raggiungerla e l’afferrai per un braccio, costringendola a guardarmi in faccia.
 
«Yorin-»
 
Mi bloccai quando vidi una lacrima solitaria solcarle il viso. Si liberò violentemente dalla mia stretta e indietreggiò, guardandomi finalmente negli occhi. Il suo volto era livido di rabbia.
 
«Non osare,» sibilò minacciosamente. «Non osare parlare in quel modo di mia sorella! Mi hai sentito, lurido bastardo?! Sciacquati la bocca prima di pronunciare il suo nome!!»
 
Era fuori di sé. Tremava e teneva i denti stretti per contenere le lacrime che le stavano scendendo a tradimento dagli occhi. Se le asciugò con un gesto veloce della mano, sicuramente perché non voleva mostrarsi così debole di fronte a me.
 
«Yorin, ascoltami ti prego-»
 
«Non voglio!» urlò di nuovo. «Non voglio ascoltarti! Ogni volta che lo faccio, vorrei prenderti a pugni, Yoongi! Quindi sta’ zitto. Sta’ zitto e fai un favore a te stesso!» Rimasi fermo a guardarla nella speranza che si calmasse, ma riprese ad urlarmi addosso peggio di prima. «E chi diamine ti credi di essere per parlare in quel modo di una persona che neanche conoscevi? Hai mai incontrato mia sorella? Ci hai mai parlato?!»
 
«Sì, cazzo! L’ho fatto!» esplosi. Non ce la facevo più, sul serio. Yorin s’immobilizzò sul posto e mi fissò con gli occhi sgranati. «La conoscevo e ci ho anche avuto a che fare! Quindi adesso ti dispiace chiudere la bocca e ascoltarmi?!»
 
Non me ne fregava niente che la gente ci stesse guardando come se fossimo due pazzi. A quanto pare, urlare era l’unico modo che avevo per farmi ascoltare da lei, e avrei continuato a farlo finché non si fosse data una calmata. Ma prima che potessi riprendere a parlare, Yorin si coprì la faccia con entrambe le mani.
 
«No, ti prego…» implorò. «Non dirmelo… Non dirmi che sei andato a letto anche con lei…» Si tolse le mani dalla faccia e sollevò il viso per guardarmi. «E hai anche il coraggio di prendertela con Jongin? Sei tu che ci stai provando con me dopo essere stato a letto con mia sorella! Ma non ti fai schifo, Min Yoongi?!»
 
Feci un passo in avanti e l’afferrai per un braccio, strattonandola verso di me. Yorin finì contro il mio petto e sollevò il viso per guardarmi di nuovo in faccia. I suoi occhi spalancati incontrarono i miei pieni di rabbia e risentimento.
 
«Non ci sono andato a letto,» sibilai a un centimetro dalla sua faccia. «Chiaro?»
 
«Cosa…?»
 
«Mi hai sentito! Stavamo insieme, ma non ci sono andato a letto.»
 
Gli occhi di Yorin si allargarono ancora di più. «S-Stavate insieme?» ripeté incredula. «Non è possibile… Lei non mi ha mai parlato di te…»
 
«Ovvio, visto che per lei contavo meno di niente!» urlai ancora una volta. Mi avvicinai al suo viso e le avvolsi un braccio intorno alla vita per impedirle di allontanarsi. «Credi che io sia sempre stato così? No, tesoro mio. La tua cara sorellina mi ha fatto diventare quello che sono adesso! Mi ha strappato il cuore dal petto e l’ha calpestato senza nessuna considerazione. È stata lei a farmi capire che è inutile struggersi per una cosa futile come l’amore, tanto alla fine si finisce per prenderlo sempre nel culo!»
 
«Yoongi…»
 
«E lo sai che ti dico? Tu sei una stronza, esattamente come lei. Voi donne siete tutte uguali! Fate le finte perbeniste ma in fondo siete tutte false come Yoona! Del resto cosa mi aspetto da una che continua a nascondersi dietro un nome che non è il suo?»
 
La liberai dalla mia stretta e la spinsi all’indietro, facendola quasi a cadere a terra. Ero livido di rabbia. Ogni volta che si parlava di Yoona, non riuscivo a contenermi. Diventavo peggio di un treno impazzito. Mi stavano tremando le mani e avevo una voglia matta di prendermela con qualcuno. Jongin, magari.
 
Repressi i miei istinti omicidi e irrigidii la mascella. Cominciai a camminare e superai Yorin, che stava immobile senza dire una parola. Prima che potessi allontanarmi, mi sentii afferrare per un braccio. Mi voltai.
 
«Yoongi, possiamo parlarne?» domandò con un tono di voce più calmo.
 
Sogghignai. «Ah, adesso vuoi parlare? E quando volevo farlo io, invece?» Abbassai lo sguardo sulle sue mani che stringevano con forza la manica della mia giacca nera. Mi liberai dalla sua stretta senza preoccuparmi di essere gentile. «Non toccarmi, Yorin,» sibilai. «Stai cominciando a ricordarmi lei, e questa cosa non mi piace per niente.»
 
 
Un urlo agghiacciante risuonò per tutto l’appartamento. Per la fretta di rimettermi in piedi, caddi quasi dal letto e aprii il comodino per prendere al volo la mia pistola. Uscii dalla mia camera e mi catapultai subito in quella di Ji Woo, spalancando la porta peggio di un uragano.
 
«Cosa?! Chi c’è? Che succede??» urlai puntando la pistola in diverse direzioni, guardandomi a destra e a sinistra per accertarmi che non ci fossero strani tipi incappucciati nascosti negli angoli.
 
Finalmente, il mio cervello decise che era giunto il momento di farmi abbassare lo sguardo su Ji Woo. Era seduta in ginocchio sul letto. Con una mano si copriva la bocca e con l’altra teneva stretto il cellulare. Stava guardando lo schermo come se stesse per esplodere da un momento all’altro.
 
«C-Che succede? Brutte notizie? È morto qualcuno?»
 
La mia testa elaborò più di cinquanta possibili situazioni catastrofiche in meno di un minuto. Il gatto di Ji Woo era morto. Qualcuno della sua crew si era schiantato contro un lampione. Era scoppiata la guerra. Gli alieni erano atterrati sul nostro pianeta. Oggi era la fine del mondo.
 
«Yorin, oh mio Dio… Jungkook… Jungkook mi ha mandato un messaggio!!!»
 
Io che sparavo a Ji Woo era la cinquantunesima possibile situazione catastrofica. Sbuffai e inserii la sicura alla pistola prima di lanciarla a terra e buttarmi sul pavimento con le braccia spalancate.
 
«Dio! Mi hai fatto prendere un infarto! Pensavo fosse arrivata la fine del mondo.»
 
«E infatti è così! Guarda cosa mi ha mandato!!!»
 
Sollevai leggermente il collo e spalancai un occhio, cercando di leggere ciò che c’era scritto sullo schermo.
 
 
«Bella la foto,» dissi ritornando a stendermi sul pavimento.
 
«Bella la foto? Bella la foto??? Ti rendi conto che Jeon Jungkook mi ha appena inviato dei messaggi? Sul mio cellulare??» sbraitò indicando continuamente lo schermo. «E come diavolo fa ad avere il mio numero?»
 
«Gliel’ho dato io.»
 
Ji Woo si bloccò. «Gli hai dato… cosa?»
 
«Il tuo numero, scema. Pensava che gli stessi dando il mio, ma in realtà gli ho dato il tuo.»
 
«P-Perché?»
 
Sbuffai. «Come perché? Jungkook è il tuo bias, no?»
 
«Sì, certo. Ma… voglio dire… perché gli hai dato il mio numero? E perché hai scambiato i nostri nomi?»
 
Sbuffai nuovamente e sollevai la schiena, ritrovandomi seduta sul pavimento. Avevo i capelli scompigliati, le occhiaie e le labbra screpolate. Di sicuro sembravo una pazza appena uscita dal manicomio.
 
«Perché ho capito che Jungkook mi aveva preso in simpatia. E quando mi ha detto che di solito non dà il suo numero alle fan, ho pensato di fargli credere che il tuo numero in realtà fosse il mio, così puoi parlarci tranquillamente.»
 
Le vennero le lacrime agli occhi. «Yorin, io… Io non so cosa dire…»
 
«Non dire niente, allora. Tanto crede già di parlare con una tipa che si chiama Ji Woo. È perfetto.»
 
La mia migliore amica s’imbronciò. «Sì, ma… Così mi sembra di prenderlo in giro. Lui crede di parlare con te.»
 
«Non preoccuparti, tra una settimana al massimo gli diremo la verità. Il tempo di rendersi conto che sei una ragazza affidabile. Sono convinta che si affezionerà subito a te. Vedrai che non avrà nulla da ridire. Ho scambiato i nostri nomi proprio per semplificarti le cose, così ti sentirai meno in colpa quando continuerà a chiamarti Ji Woo.»
 
Ji Woo saltò dal letto e si lanciò su di me a gambe aperte, abbracciandomi stile koala. Trattenni un urlo di dolore quando venni schiacciata dal suo peso.
 
«Yoriiin! Ti ho già detto che ti adorooo??» cinguettò sfregando la guancia contro il mio petto. Sollevai gli occhi al cielo.
 
«Sì, sì. Ma adesso scollati, eh?»
 
Scoppiò a ridere, ma poi ritornò subito seria. «Yorin, hai intenzione o no di dirmi cosa sta succedendo con Suga? L’altro giorno sono rimasta senza parole quando gli hai tirato quello schiaffo. E poi Jongin… Sapevi che tua sorella era andata a letto con lui?»
 
Sospirai. «Sì, lo sapevo. Me lo aveva detto.»
 
Ji Woo spalancò gli occhi, allentando la presa intorno alla mia vita. «Lo ha fatto nonostante sapesse che avevi una cotta per lui?»
 
La guardai sorpresa. «E tu come diamine fai a saperlo?»
 
«Yorin… Pensavi davvero che non lo avessi capito? Si nota subito quando ti piace un ragazzo. Diventi completamente un’altra persona. E sono sicura che anche Yoona lo sapesse. Quindi come ha potuto farti una cattiveria del genere?»
 
«Di cosa ti sorprendi? Sai com’era fatta.»
 
«Sì, ma…» Si grattò l’estremità della testa. «Era pur sempre tua sorella.»
 
«Sì, una sorella che con lui avrebbe avuto più possibilità di quante ne avrei avute io.»
 
Ji Woo cercò di controbattere, ma me la tolsi di dosso e mi alzai in piedi, facendo ritorno nella mia camera. Mi buttai sul letto e mi coprii la faccia con le mani. Mi sentivo uno schifo.
 
In quei giorni avevo ripensato un botto al passato. Dopo l’accesa discussione con Yoongi, non avevo potuto fare a meno di ritornare a cinque anni fa. Yoona era sempre stata una ragazza diffidente quando si parlava di relazioni amorose. Come aveva potuto accettare di stare con Yoongi? L’aveva raggirata in qualche modo? O forse alla fine Yoona si era davvero innamorata di lui? Ma a quel punto me l’avrebbe detto, invece non avevo sentito parlare di Min Yoongi fino al giorno di quel maledetto fan-sign.
 
Le parole di Yoongi continuavano a tornarmi in mente nonostante cercassi di allontanare ogni brutto pensiero. Aveva detto che era stata mia sorella a cambiarlo, ma in che modo? Com’era lo Suga di cinque anni fa? Non so perché, ma ero davvero curiosa di scoprirlo. A quanto pare mia sorella gli aveva spezzato il cuore, tradendolo con Jongin. E lui invece come si era vendicato? Conoscendolo, stentavo a credere che non fosse andato a letto con lei, soprattutto dal momento che avevano una relazione stabile. Sia lui che lei sembravano completarsi alla perfezione. E a pensarci bene… Yoongi era proprio una versione maschile di Yoona.
 
Afferrai il telefono che stavo schiacciando con il mio sedere e sbloccai lo schermo. Andai sulla conversazione con Yoongi e tirai un sospiro di sollievo quando lo trovai online.
 
 
Sbuffai e imprecai mentalmente. Cosa diavolo stava facendo? Perché non mi rispondeva? Possibile che fosse ancora con quella Soo Jin o come diavolo si chiamava lei? Oppure era impegnato con qualche altra ragazza. Premetti l’icona della telefonata senza nemmeno pensarci. Uno squillo. Due squilli. Tre squilli. Segreteria telefonica.
 
Diavolo, mi aveva messo giù. Come facevo a parlare con lui se non rispondeva né alle mie chiamate né ai miei messaggi? Questa cosa mi faceva incazzare come non mai. Ora che volevo parlare con lui, non riuscivo a contattarlo.
 
Avevo bisogno di risposte. Volevo sapere qualcosa di più su tutto ciò che Yoona mi aveva tenuto nascosto. Volevo sapere come fosse il Min Yoongi di cinque anni fa. Afferrai nuovamente il telefono e stavolta cliccai su un altro numero. Uno squillo. Due squilli. Tre squilli.
 
«Pronto?»
 
«In Guk? Sono Yorin. Ho bisogno che tu mi faccia un favore.»
 
L’uomo si mise subito in allerta. «Ehi, piccola. Che succede? Quel bastardo non ti avrà mica messo di nuovo le mani addosso, vero? Devo prendere la pistola?»
 
Sì. «No, sta’ tranquillo. Non è lui il problema.» O forse sì. «Ascolta, tu hai il numero di tutti i membri dei Bts, vero?»
 
«Sì, certo. A causa di quel lavoro all’Hotel. Ma ovviamente sono strettamente riservati. Perché?»
 
Chiusi gli occhi. «Dammi quello di Kim Namjoon. Ho bisogno di parlare con lui.»
 
“I ruoli si erano invertiti. Lo stalker era diventato l’uomo sfuggente e la donna sfuggente era diventata la stalker. Min Yoongi mi stava facendo scoprire dei lati di me di cui io stessa ignoravo l’esistenza.” –Kang Yorin.
ᗩngolo.ᗩutore
Ciao a tutti! Ecco il nuovo capitolo, decisamente in anticipo, ma ho voluto essere buona perché oggi è il mio compleanno x'D Con la faccenda dell'età coreana non ho ancora capito se ho la stessa età di Jin oppure sono un anno più grande, ma dato che è nato nel 92 mi sa di più la seconda ipotesi x'D Chiamatemi Unnie ahaha Comunque, ho scritto il capitolo tra ieri e oggi e spero vi sia piaciuto. Non ve lo avevo ancora detto, ma Ji Woo ha il volto di IU. Jungkook nella realtà è un suo fanboy scatenato, qui invece è lei che impazzisce per lui e mi sembrava una cosa carina xD

E a proposito di Jungkook e Ji Woo, ora che è successo questo casino con lo scambio dei numeri, vi piacerebbe se ogni tanto facessi dei capitoli speciali dove si vedono loro due che messaggiano? ^^

Passando a Yorin e Suga, la situazione si è un po' capovolta. Ora è lei che fa la stalker e lui è irrintracciabile xD 

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e come sempre vi mando un bacione! Se vi va, lasciatemi un commento per farmi sapere cosa ne pensate ^^ Alla prossima!
Instagram: btsuga_d

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Capitolo 14
*** Broken Heart ***


Hook-Up
❖ Broken Heart
WARNING: SMUT




La pelle delle nostre cosce sfregò quando sollevai leggermente il bacino per spingermi ancora una volta dentro di lei. I suoi sospiri s’infransero contro il mio collo mentre il mio petto sudato scivolava contro il suo e le mie mani stringevano con forza il lenzuolo stropicciato ai lati della sua testa. Diedi una spinta decisa e raddrizzai la schiena per osservare il volto adorante della ragazza sotto di me.
 
Mi stava guardando come se fossi Dio sceso in terra. Questa cosa mi fece sorridere.
 
Sogghignai mentre continuavo a muovermi, assecondando le sue spinte e soprattutto le mie voglie. Un ansimo mi sfuggì dalle labbra, seguito da uno sbuffo frustrato quando il mio cellulare mi avvertì che avevo ricevuto un messaggio. Adocchiai il minuscolo led di notifica che aveva cominciato a lampeggiare vicino all’obiettivo della fotocamera.
 
Senza smettere ciò che stavo facendo, allungai un braccio verso il comodino e afferrai distrattamente il cellulare. Quando sbloccai lo schermo, i primi due messaggi mi fecero arrestare sul posto e sentii la ragazza sotto di me cercare insistentemente le mie attenzioni. Cominciò a baciarmi il collo, ma continuai a leggere i messaggi che mi stavano arrivando uno dietro l’altro.
 
Quanto avrei voluto dirle il motivo per cui visualizzavo e non rispondevo. Morivo dalla voglia di farlo, ma qualcuno mi tolse il cellulare di mano, lanciandolo sul letto.
 
«Oppa…» si lamentò, avvinghiando le braccia intorno al mio collo. Il suo respiro mi solleticò le labbra. «Ti sembra il momento di guardare il cellulare? Così mi offendi…»
 
Sogghignai. «Scusa piccola. Hai ragione,» le sussurrai spingendola rudemente contro il cuscino. Mi avvicinai di nuovo alla sua faccia, sovrastandola. «Non dovrei fami distrarre da cose di poco conto.» Mi avventai sul suo collo, ma il mio cellulare squillò. Sollevai nuovamente la testa e diedi un’occhiata al nome che era comparso sullo schermo. Il mio sguardo diventò di marmo. «Rifiuta la chiamata,» ordinai alla ragazza, che non se lo fece ripetere due volte e allungò un dito per declinare la telefonata dopo il terzo squillo. «E blocca il numero.»
 
Il mio umore era decisamente peggiorato. Non che prima stessi per spiccare il volo dalla felicità. Tutta la mia frustrazione si riversò nelle mie spinte che cominciarono ad essere sempre più forti e veloci, riflettendo la rabbia che mi stava crescendo dentro. Voleva parlarmi? Mi sembrava di essere stato abbastanza chiaro quando le avevo detto che mi ricordava fin troppo quella stronza di sua sorella. Ora mi rompeva le palle perché voleva farmi il terzo grado per scoprire se Yoona fosse morta a causa mia? Mi stava dando la colpa? Ringhiai.
 
Sentii una morsa dolorosa nel petto. Era il mio cuore che stava pulsando in quel modo? Strano. Ormai pensavo di non avercelo più, un cuore. Eppure, quella sensazione era simile a quella che avevo provato in passato. Il dolore di un cuore spezzato.
 
▫◦▫◦▫
 
\Start Flashback/
 
«Yoongi?»
 
Sollevai il volto e la guardai mentre tenevo la camicia sollevata per attaccare il trasmettitore del microfono ai miei pantaloni. Inarcai le sopracciglia per mimarle un silenzioso “Che c’è?”. Rimasi di sasso quando Yoona mi sorrise e, dopo avermi squadrato dalla testa ai piedi, mi disse:
 
«Oggi sei sexy da morire.»
 
Le mie mani si bloccarono di colpo e sollevai un sopracciglio, guardandola come se fosse pazza. Io? Sexy? Mi voltai per controllare che dietro di me non ci fossero Jimin o Taehyung. O peggio ancora, Jungkook, che nonostante fosse il più piccolo, era quello che riscuoteva più successo tra le fan.
 
«Si sono dimenticati di metterti le lenti graduate?» le domandai serio tornando a guardarla.
 
Yoona incrociò le braccia al petto e scoppiò a ridere. Il mio cuore si sciolse quando le mie orecchie udirono quel dolce suono. «Ci vedo benissimo, Yoongi. Hai debuttato da quattro mesi e ancora non hai un briciolo di autostima, com’è possibile?»
 
La guardai negli occhi. «Forse perché tu mi stai sempre intorno.»
 
Aspettai che mi prendesse nuovamente in giro per le mie battute fin troppo romantiche, ma stranamente non lo fece. Anzi, rimasi sorpreso quando il suo volto si addolcì.
 
«Questa te la faccio passare, Min Yoongi. Era… decente.»
 
Mi abbassai la camicia che avevo sollevato per sistemare il ricevitore e feci un passo verso di lei, avvolgendole la vita con entrambe le mani. Posai la fronte sulla sua. «Ti sto finalmente portando dalla mia parte?»
 
La rossa scosse la testa, sorridendo. «Ho detto che era decente. Solo decente, okay?»
 
Le sue mani mi accarezzarono i fianchi e mi risalirono le braccia fino a fermarsi sulle mie spalle. Seppellì le dita nella mia camicia e inclinò leggermente la testa, appiccicando le labbra piene al mio collo. Il suo corpo si mosse verso il mio e il suo seno sfregò contro il mio petto, facendomi sentire tutto ciò che teneva intrappolato in quel corpetto striminzito pieno di strass. Deglutii e mi guardai intorno per assicurarmi che non ci fosse nessuno. Eravamo dietro le quinte e io avrei dovuto esibirmi di lì a poco insieme agli altri. Per fortuna il posto in cui ci trovavamo era piuttosto appartato.
 
«Yoona…» l’avvertii cercando di scollarmela di dosso, ma lei si appiccicò ancora di più al mio corpo. Mi lasciò dei baci umidi sul collo fin quando non risalì con la lingua fino al mio orecchio. Mi venne la pelle d’oca quando la sentii ansimare.
 
«Yoongi… Accontentami per questa volta…» mi provocò con voce sensuale. Sentii la sua mano scendere fino al cavallo dei miei pantaloni. «Ho bisogno di te.»
 
Le bloccai il polso con la mano quando mi resi conto che era quasi riuscita ad infilarla all’interno dei miei boxer. Tirò indietro il viso e mi guardò con un’espressione delusa.
 
«Yoona…» cominciai facendo sfregare la punta dei nostri nasi. «Te l’ho già detto. Non voglio che la nostra relazione diventi una scopata e basta come quelle che hai già avuto. Io con te voglio fare sul serio. Non voglio che il nostro rapporto sia uno dei tanti occasionali a cui sei abituata, okay?» Continuò a guardarmi ma non mi rispose. Abbassai il viso per baciarla, ma lei si allontanò all’ultimo secondo. Sorrisi. «Vedi? Questo dimostra che a me ci tieni, almeno un po’. Altrimenti non ti faresti scrupoli a baciarmi solo perché non mi ami. Con gli altri te ne sei sempre fregata.»
 
«Magari se andiamo a letto insieme capirò di amarti sul serio…» sussurrò evitando il mio sguardo. «Il sesso serve anche a questo.»
 
Diventai serio e le strinsi le mani tra le mie. «Yoona, ascoltami bene.» Il mio sguardo si fece più profondo e potei notare nelle sue iridi, ora di un verde finto a causa delle lenti, quanto fosse rimasta sorpresa dall’intensità racchiusa nei miei occhi castani. «Non si fa sesso e poi si dice ti amo. Si dice ti amo e poi si fa l’amore.» Mi fermai per studiare la sua espressione visto che sembrava essere stata presa alla sprovvista. «E da come mi stai guardando in questo momento, ti posso assicurare che non sei pronta per fare un passo del genere. Non ancora.» Mi avvicinai di nuovo a lei e le stampai un bacio sulla fronte. «Capisci cosa sto cercando di dirti?» Ci mise un po’, ma alla fine annuì contro il mio petto.
 
«Yoongi!» La lasciai andare e mi voltai verso Jin. «Tocca a noi! Smettila di sbaciucchiarti con Yoona e fila sul palco. Lo sai che già circolano dei pettegolezzi su quanto tu sia pigro. Vuoi forse far sapere a tutti che è la verità?» mi prese in giro.
 
Sollevai gli occhi al cielo e tornai a guardare Yoona. «Vado. Ti saluto adesso perché dopo l’esibizione dobbiamo scappare al nostro prossimo appuntamento. Abbiamo la giornata strapiena di impegni.» Le stampai un altro bacio sulla fronte. «Ti amo.»
 
E come ogni volta, non mi rispose. Si limitò a sorridermi e accarezzarmi una guancia. «Tu sei davvero troppo buono per stare con una come me,» sussurrò con un tono malinconico.
 
«Ehi, sono qui apposta per aiutarti, no?» le dissi pizzicandole il naso. «Insieme ce la faremo, vedrai.» Sorrise ancora una volta e mi lasciò andare. «Ti scrivo dopo.»
 
Quando l’ebbi vista annuire, mi voltai per darle le spalle. Raggiunsi gli altri vicino al palco e controllai ancora una volta che il microfono fosse attaccato per bene al retro dei miei pantaloni. Raggiungemmo le nostre postazioni e aspettammo nel buio che tutto fosse pronto. Era una pre-registrazione, perciò ci avrebbero messo un po’ per controllare che tutte le telecamere fossero al loro posto.
 
«Problemi con Yoona?» Mi voltai e mi trovai davanti il volto semi illuminato di Jin. «Aveva un’aria decisamente triste.»
 
Sospirai e tornai a guardare davanti a me. «Il solito.»
 
«Io davvero non ti capisco, Yoongi,» continuò Jin. «Quella ragazza ti ha tradito e continui a stare con lei nonostante ti abbia detto in faccia che non ti ama. Perché lo fai?»
 
«Perché io la amo,» risposi senza esitazione. «E perché si sta sforzando di venirmi incontro. Sta cercando di cambiare, solo per me.»
 
«Le persone non cambiano così facilmente, Yoongi. Deve esserci una buona ragione per spingere una persona a diventare l’opposto di quello che è. Tu credi di essere un motivo sufficientemente valido per far cambiare quella ragazza?»
 
Voltai nuovamente la testa e vidi che anche tutti gli altri ragazzi ci stavano ascoltando. Potevano sentire quello che stavamo dicendo visto che eravamo appiccicati gli uni con gli altri a causa della posa di partenza.
 
«Non lo so, ma continuo comunque a sperarci.»
 
«Io sono d’accordo con Jin-hyung,» s’intromise Namjoon. «Se non c’è amore, non ci può essere fiducia. Io non riuscirei mai a stare con una persona che non mi ama e che potrebbe pugnalarmi alle spalle ogni due per tre. Ammiro il tuo coraggio, Hyung. Sul serio. Quando si tratta di amore, tu sei sempre quello più coinvolto tra i due. Ed è per questo che mi preoccupo. Alla fine, ho paura che sarai tu ad uscirne distrutto.»
 
«Oh insomma, smettetela di torturarlo in questo modo,» disse improvvisamente Jimin. «Perché dovete essere sempre così negativi? Yoongi-hyung ama Yoona-noona e Yoona-noona tiene a Yoongi-hyung. Direi che è un ottimo modo per iniziare una relazione, no?»
 
Taehyung si schiarì la gola. «Sì, per iniziarla. Ma Yoongi-hyung e Yoona-noona stanno insieme da più di un mese e lei l’ha già tradito una volta. Per non parlare di quante altre cose gli avrà fatto alle spalle.»
 
«Oh, insomma! La volete finire?» tuonò J-Hope. «Stiamo per esibirci e gli state rovinando l’umore. Dobbiamo essere tutti belli sorridenti per i fan!»
 
Jungkook s’imbronciò. «Non vogliamo rovinargli l’umore, ma sono cose che deve sapere. Ci stiamo solo preoccupando per lui perché abbiamo paura che alla fine si ritroverà con il cuore spezzato.» Il più piccolo, che era accanto a me, mi guardò negli occhi nonostante il buio. «Lo stiamo facendo perché ti vogliamo bene, Hyung.»
 
«Lo so, Kook,» dissi mentre le luci si accendevano e partiva la musica. «Ma purtroppo, al cuore non si comanda.»
 
Finimmo la nostra esibizione tra gli applausi e le urla della platea. Dopo aver salutato un po’ in giro, tornammo dietro le quinte con il fiatone e i vestiti fradici di sudore. Avevamo ballato tre canzoni di fila ed eravamo ridotti uno straccio. Dovevamo cambiarci subito e fiondarci nel SUV per raggiungere lo studio televisivo in cui avremmo fatto l’ennesima intervista, ma una ragazza dello staff ci raggiunse per comunicarci che i nostri vestiti non erano ancora pronti e che potevamo prenderci qualche minuto di pausa.
 
J-Hope allungò le braccia sopra la testa, stiracchiando la schiena. «Oooh, finalmente un po’ di relax.»
 
«Beh, saranno a malapena cinque minuti,» dichiarò Taehyung. «Ma facciamoceli bastare visto che saremo impegnati fino a stasera.»
 
Mi voltai per guardarmi intorno. Chissà se Yoona se n’era già andata? Si era esibita prima di noi, ma aveva deciso di restare per assistere alla nostra esibizione. I miei occhi scrutarono gli angoli più bui del dietro le quinte e improvvisamente catturarono due figure avvolte dall’oscurità.
 
Mi si ghiacciò il sangue nelle vene.
 
Yoona era avvinghiata al collo di un ragazzo e le sue labbra stavano letteralmente divorando quelle di quel pezzo di merda. Lui la teneva stretta a sé mentre le toccava i fianchi per trascinarla insieme a lui nell’oscurità, così da non essere visti. Quando riconobbi la faccia di merda di Jongin, non ci vidi più.
 
I miei piedi si mossero da soli. Mi avvicinai velocemente alla coppia e afferrai Jongin per il bavero della camicia, obbligandolo a staccare le labbra da quelle della mia fottutissima ragazza. Gli portai il viso a qualche centimetro dal mio e digrignai i denti. «Fottuto pezzo di merda,» gli sussurrai prima di sferrargli un pugno che lo fece quasi cadere a terra. Ancora insoddisfatto, marciai verso di lui per sistemarlo a dovere, ma qualcuno mi trattenne per le braccia.
 
«Yoongi!» urlò Jin cercando di farmi indietreggiare. «Yoongi, non fare cazzate!»
 
«Ehi! Calmi, calmi!» cercò di mettere pace Suho, il Leader degli EXO che era appena arrivato con tutta l’allegra combriccola alle calcagna. «Jongin, che diamine succede?»
 
Quest’ultimo, visibilmente dolorante a causa del livido che gli stava uscendo sul labbro inferiore, non rispose, così Suho si voltò a guardarmi. Dato che io ero troppo impegnato a fulminare Jongin, il Leader degli EXO si rivolse a quello dei BTS. «Namjoon-ssi?»
 
«Il tuo compagno stava baciando la ragazza del mio Hyung, Suho-ssi,» lo avvertì Namjoon con una nota di rimprovero nella voce. Poi spostò gli occhi su Yoona, che stava guardando a terra per evitare di incontrare il mio sguardo furioso. «Anche se non credo che la colpa sia solo sua.»
 
Mi liberai brutalmente dalla presa di Jin e continuai a guardare Yoona con un’espressione indecifrabile. Dato che non si decideva a guardarmi, scossi la testa per la frustrazione e girai i tacchi, cominciando a camminare verso un luogo imprecisato. Dovevo allontanarmi da lì oppure avrei fatto o detto qualcosa di cui poi mi sarei pentito.
 
«Yoongi!» La voce tremolante di Yoona mi fece bloccare sul posto. Si avvinghiò al mio braccio e seppellì la faccia nella mia camicia umida. «Yoongi, ti prego… Possiamo parlarne?»
 
Sbattei le palpebre e stranamente mi venne da ridere. Ma non lo feci. «Yoona, lasciami…»
 
«Yoongi, ti prego… Non… Non è come pensi. È… È stato un momento di debolezza, te lo giuro!»
 
Non riuscivo a parlare. Non riuscivo a dire niente nonostante volessi urlarle contro tutto il mio disprezzo. Perché ero così buono? Perché ero così… debole? Dopo quello che mi aveva fatto, come potevo preoccuparmi che le mie parole potessero farla soffrire? Mi sentivo un idiota.
 
«Yoona… Non toccarmi, ti prego,» le dissi liberandomi gentilmente dalla sua stretta. Finalmente mi voltai e la guardai negli occhi. Le lacrime erano intrappolate tra le sue ciglia nere ma non erano ancora cadute sulle sue guance. Non stava ancora piangendo. «Ho bisogno di restare da solo.»
 
Le voltai le spalle e mi avviai verso i camerini mentre Jimin e Jungkook continuavano ad urlare “Hyung” per cercare di fermarmi. Cominciai a correre e mi fermai solo quando fui a corto di fiato. Non c’era nessuno nei paraggi così mi lasciai cadere contro il muro e iniziai a piangere. Mi portai una mano sul petto e scivolai verso il basso, trattenendo i singhiozzi più rumorosi.
 
Il cuore mi faceva male da morire. Sembrava che qualcuno me lo avesse strappato dal petto e lo avesse preso a calci. Continuava a battere freneticamente contro la mia cassa toracica e ogni battito era una coltellata che mi mozzava il fiato, talmente era doloroso. Amare faceva davvero così male? Ero sicuro che lei non provasse neanche la metà del dolore che stavo provando io in quel momento. Ero io l’unico destinato a soffrire, e sarebbe sempre stato così.
 
«Hai bisogno di aiuto?»
 
Sollevai la testa di scatto mentre l’ennesima lacrima segnava una scia bagnata sulla mia guancia pallida. Davanti a me, vi era una ragazza molto carina. I lineamenti del suo viso erano quasi perfetti e mi guardava con quei suoi occhioni da cerbiatta. Indossava un vestito lungo elegante che le fasciava la vita stretta e faceva intravedere la gamba lunga e snella attraverso lo spacco laterale della gonna. Ritornai a guardarla negli occhi.
 
«No, ti ringrazio. È tutto a posto.»
 
«Beh, non mi sembra. Stai piangendo.»
 
Ridacchiai di fronte alla sua insistenza. «Piango perché una donna mi ha spezzato il cuore. Ora che lo sai, come hai intenzione di rimediare?»
 
Con mia grande sorpresa, si afferrò un’estremità del vestito e si sedette di fianco a me, poggiando la schiena contro il muro. Voltò il capo e mi guardò. «È strano vedere un uomo piangere per una donna. Non mi era mai capitato prima d’ora.»
 
Sogghignai, asciugandomi una lacrima. «Lo so, sono piuttosto patetico. Non c’è bisogno che me lo fai presente.»
 
«No, non patetico. Carino.»
 
Sbuffai. «Ancora peggio.» La ragazza si mise a ridere e quando la sua risata si perse nel corridoio, tra di noi piombò un profondo silenzio. «In questo momento accetto qualsiasi consiglio, quindi spara,» dissi dal nulla continuando a guardare il muro bianco di fronte a me.
 
«Lei che tipo è?»
 
«Il tipo che ti tradisce con il primo che capita.»
 
Di nuovo silenzio. «Wow… Sei piuttosto coraggioso ad amare una persona del genere.»
 
«Non è questione di coraggio. Mi sento un completo idiota ma non posso farci niente, ed è questa la cosa che mi fa più incazzare. Continuo a mettere la sua felicità prima della mia e alla fine mi ritrovo sempre in questa situazione. Continuo a soffrire anche se so bene che l’unica soluzione è allontanarmi da lei.» Abbassai il capo e lo posai sulle ginocchia. «Ma non ci riesco.»
 
«Io credo che tu abbia bisogno di una distrazione,» disse all’improvviso facendomi risollevare la testa.
 
«Che tipo di distrazione?»
 
«Secondo me prendi le cose fin troppo sul serio. Scommetto che sei il tipo che mette anima e corpo in una relazione e pensa che l’altra persona sia la donna della sua vita.»
 
«E che cosa ci sarebbe di male?» le domandai infastidito. «Una relazione senza amore non è una relazione.»
 
«Neanche una relazione a senso unico è una relazione.» Ci guardammo negli occhi. «Lei ti ama?»
 
Deglutii. «No.»
 
«Ci sei andato a letto, almeno?»
 
Continuai a guardarla. «No.»
 
La ragazza sollevò gli occhi al cielo. «Tu sei davvero un tipo strambo. Lasciatelo dire.» Raddrizzò il blocchetto che fino a quel momento non mi ero accorto tenesse in mano e cominciò a scribacchiarci sopra con una penna che aveva tirato fuori dalla sua borsetta.
 
Ecco dove diavolo l’avevo già vista. Era la presentatrice dello show a cui avevamo appena partecipato. Se non sbaglio, era un’attrice alle prime armi, ma la sua famiglia era talmente ricca da permetterle di comparire piuttosto spesso in tv. E inoltre… Sbarrai gli occhi quando quel pensiero mi colpì come un fulmine a ciel sereno.
 
Raddrizzai il volto e le puntai l’indice contro mentre lei era ancora intenta a scrivere. «Tu… Tu conosci Yoona! Una volta mi ha detto che sei…»
 
«Sì, sono la sua migliore amica. Ci siamo conosciute qualche anno fa, mentre lei era ancora una trainee.» Finì di scrivere e strappò il pezzo di pagina su cui aveva scribacchiato un numero di telefono. Mi porse quel fogliettino improvvisato e si alzò. «Scrivimi quando hai bisogno di parlare con qualcuno. Se vuoi, posso essere la tua distrazione.» Lo presi dalle sue mani e gli gettai un’occhiata. «Ci vediamo, Min Yoongi.»
 
Non rimasi sorpreso dal fatto che conoscesse il mio nome. Ultimamente ero piuttosto famoso, e di sicuro Yoona le aveva parlato di me. Abbassai di nuovo lo sguardo sul fogliettino e lessi i tre caratteri che formavano il nome della tizia che se n’era appena andata, lasciandomi nella confusione più totale.
 
Lee Soo Jin
 
‘Forse in quel momento il mio cuore era fin troppo scosso. Forse quell’occasione si era presentata nel momento sbagliato, nel momento in cui ero più vulnerabile. Ma l’unica cosa di cui sono sicuro, è che caddi dritto nella sua trappola. E così cominciai a camminare lungo quel sentiero che mi avrebbe portato lontano dalla persona che avevo sempre creduto di amare. Lontano dalla persona che avevo sempre pensato di essere. ’ –Min Yoongi.
 
\End Flashback/
 
▫◦▫◦▫
 
Diedi un’ultima spinta e con un forte gemito mi riversai nel preservativo, lasciando ricadere la fronte contro il seno scoperto della ragazza sotto di me. Il mio petto si alzava e si abbassava contro il suo mentre cercavo di riprendere fiato, godendomi quella sensazione che fu in grado di scacciare il dolore dal mio cuore e farmi spegnere definitivamente il cervello. Ero totalmente rilassato. Non mi preoccupai neanche di controllare se la mora avesse raggiunto a sua volta l’orgasmo.
 
Ed ecco che la porta si spalancò come se fosse appena entrato un uragano. La ragazza sotto di me si mise ad urlare e cercò di nascondere il suo corpo nudo sotto le coperte mentre io mi lasciavo cadere sulla schiena per girarmi verso la porta. La mia faccia testimoniava perfettamente la mia incredulità nel ritrovarmi davanti il volto serio di Namjoon.
 
Quando guardai oltre le sue spalle, vidi Jin che stava cercando di sbirciare per scoprire perché il nostro Leader fosse piombato in quel modo nella mia camera d’albergo. Appena vide in che condizioni ero, il più grande strabuzzò gli occhi. Li allargò ancora di più quando vide la ragazza al mio fianco e andò completamente fuori di testa quando Jungkook passò di lì per caso e si sporse per vedere oltre le larghe spalle di Jin.
 
«Hyung, cosa ci fai davanti la camera di Yoongi-hyu-»
 
«NIENTE!» urlò Jin con fin troppa enfasi, girandosi e poggiando le braccia su entrambi gli stipiti della porta per impedire al più piccolo di vedermi completamente nudo con una donna altrettanto nuda nel letto. Lo afferrò velocemente per la camicia e lo fece voltare. Chiuse la porta con un calcio ma lo sentii comunque urlare, «In quella camera non c’è ASSOLUTAMENTE niente! Mi hai capito, maknae?!»
 
«M-Ma ti ho solo chiesto cosa ci facevi davan-»
 
«Ti ho detto che non c’è niente!»
 
«Ma io non ti ho chiesto cosa c’-»
 
«ZITTO!»
 
«Ma mi fai finire di parlar-»
 
«NO!»
 
Continuarono così finché non sentii più le loro voci. A quanto pare si erano allontanati. Sempre più sconvolto, ritornai a guardare Namjoon.
 
«Si può sapere che diavolo ti prende? È impossibile che ci hai sentito, non abbiamo fiatato. Beh, io forse un po’, ma…»
 
Il suo cellulare mi prese quasi dritto in fronte, ma per fortuna riuscii ad afferrarlo al volo prima che mi spaccasse in due la testa. Guardai prima l’oggetto tra le mie mani e poi il ragazzo che aveva appena incrociato le braccia al petto.
 
«Giuro, non ho mai incontrato una ragazza simile in tutta la mia vita,» disse facendo un cenno verso il suo cellulare, che ora si trovava tra le mie mani. Sentii la mora al mio fianco muoversi a disagio sotto le coperte. Non le diedi attenzione e lessi la conversazione sullo schermo del telefono di Namjoon.
 
 
Premetti velocemente sulla foto inviata e assottigliai gli occhi per leggere ciò che c’era scritto su quel documento.
 
 
Mi pietrificai nel letto. Continuai a rileggere ciò che c’era scritto come un idiota analfabeta che non capiva il senso delle parole. Poi, il cellulare di Namjoon mi avvertì che erano arrivati altri messaggi. Tornai sulla conversazione.
 


 
Mi buttai all’indietro e mi stesi sul letto, lanciando il cellulare di Namjoon sulla moquette rossa. Mi passai le mani sulla faccia e sospirai. Dovevo ammetterlo. Kang Yorin era una ragazza fuori dal comune. Forse era per questo che non riuscivo a togliermela dalla testa.

ᗩngolo.ᗩutore

Furbetta Yorin! 😆 Dato che Yoongi l'aveva bloccata e non voleva più parlare con lei, per avere le sue risposte ha compilato il contratto così da costringerlo a dirle tutto, legalmente s'intende 😂 E deve pure pagarla 👍 Ora sono datore di lavoro e dipendente, ma sembra che il potere ce l'abbia comunque Yorin visto che la sua mansione è "rompipalle a tempo indeterminato". Ho come l'impressione che svolgerà alla perfezione il suo lavoro. Povero Yoongi ahahhaah

Per quanto riguarda il flashback, vediamo il primo incontro tra Yoongi e Soo Jin, un incontro che forse ha segnato profondamente Yoongi.

Credo che il prossimo sarà il capitolo speciale con Jungkook e Ji Woo quindi non dovrebbe tardare ad arrivare 😉

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Fatemi sapere cosa ne pensate! Un bacione grande 😘

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Capitolo 15
*** Gossip ***


Hook-Up
❖ Special Chapter: Gossip



Il mio telefono trillò proprio nel momento in cui stavo passando davanti alla porta di camera mia con l’asciugamano avvolto sui capelli bagnati. Ero appena uscita dalla doccia e avevo addosso una canottiera e i pantaloncini del pigiama. Yorin non era in casa così ne avevo approfittato per dare una sistemata all’appartamento e anche a me stessa.
 
Entrai in camera mia e afferrai il cellulare con la testa da un’altra parte. Ultimamente Yorin si stava comportando in modo strano. Prima di uscire di casa si era messa a sbraitare per il salotto lanciando minacce a qualcuno di cui avevo preferito non sapere l’identità. Anche se dopo averla sentita urlare “puttaniere”, avevo un vago sospetto di chi potesse essere questa persona che le aveva fatto saltare i nervi.
 
Ancora non sapevo come definire la relazione tra lei e Suga. Dopo lo schiaffo che Yorin gli aveva tirato davanti a tutti, Yoongi doveva essersela presa a morte. La mia migliore amica mi aveva accennato qualcosa, ma era rimasta piuttosto vaga sulla situazione. Forse perché non voleva sbilanciarsi troppo su qualcosa che per lei non aveva alcuna importanza. O forse ne aveva fin troppa.
 
Non l’avevo mai vista in quel modo. Era più che determinata a scoprire qualcosa di più sulla sorella visto che tra Yoona, Yoongi e Jongin doveva essere successo qualcosa di spiacevole. Yoongi aveva detto che Jongin era andato a letto con Yoona e che ci stava provando anche con Yorin.
 
Sinceramente, parlare di un membro dei Bts come se si trattasse di un tipo che incontravo tutti i giorni a lavoro, mi fece pensare di essere diventata matta. Quando ripensai al selfie con Jungkook e ai messaggi che mi aveva inviato, il mio viso si colorò di rosso. Mi buttai sul letto di faccia e cominciai a dimenare le gambe per la troppa felicità, cercando di soffocare i miei urletti di gioia contro il materasso. Mi sembrava di vivere in un sogno, e tutto grazie a Yorin che ci aveva presentati e aveva scambiato i nostri numeri di telefono.
 
Finalmente mi ricordai del cellulare che stavo stringendo tra le mani. Mi ricomposi e mi misi seduta, sbloccando lo schermo per poter leggere la notifica.
 
Da Jungkook:
Ji Woo… Sono tanto triste.
Ho bisogno di parlare con qualcuno…
 
Per poco non lanciai un altro urlo che di sicuro avrebbe allarmato mezzo quartiere. Mi resi conto di essere finita con le gambe all’aria solo quando fui costretta a sollevare la schiena per mettermi seduta sul pavimento, ma l’euforia se ne andò nello stesso modo in cui era arrivata quando rilessi il messaggio.
 
Jungkook era triste? Perché? E perché aveva scritto proprio a “Ji Woo” per confidarsi? Aveva altre sei persone fidate con cui potersi sfogare. Ma ciò non mi fermò dal far apparire la tastiera e picchiettare velocemente la mia risposta.



Andai subito su internet e digitai il nome “Jungkook” sulla barra di ricerca. Uno dei primi risultati era un articolo che diceva: “Jungkook dei BTS rivela il suo interesse per Jisoo delle BLACKPINK durante i Seoul Music Awards.”
 
Spalancai gli occhi e cliccai velocemente sul link, cominciando a leggere le prime righe del trafiletto con affianco due foto, una del maknae dei BTS e un’altra della più grande delle BLACKPINK.
 
Durante i Seoul Music Awards tenutisi ieri al centro dell’omologa città, sembra che il membro più giovane dei BTS, Jeon Jungkook, abbia espresso pubblicamente il suo apprezzamento nei confronti della Leader delle BLACKPINK, la bella Kim Ji Soo, che dopo la sua performance ha ottenuto un’ovazione da parte del giovane golden maknae. Le due agenzie non hanno ancora smentito la notizia di una loro possibile relazione amorosa. Che il più giovane dei Bangtan Sonyeondan abbia deciso di uscire allo scoperto attraverso un gesto tanto eclatante quanto inaspettato? In attesa di maggiori informazioni, vi rimandiamo al video incriminato e ad un altro che sembra confermare una relazione tra i due giovani idol delle due band k-pop sudcoreane più famose del momento.
 
Il primo video era la reaction di Jungkook alle BLACKPINK. Non si sentiva niente, ma dal labiale sembrava urlasse proprio il nome di Jisoo. L’altro video non era altro che una fancam registrata durante uno dei tanti spettacoli a cui avevano preso parte entrambe le band. Gli occhi dei due idol si erano incontrati per una manciata di secondi e la gente aveva cominciato a speculare su una possibile relazione tra i due. Ecco perché i contatti tra i vari artisti si erano ridotti al limite. Proprio per colpa di quelle persone a cui piaceva vedere qualcosa che in realtà non esisteva.



Allora non me l’ero immaginato. Qualcuno aveva davvero gridato il mio nome alla fine della performance. Sapere che era stato proprio Jungkook, mi fece sorridere. Ma il pensiero che quei complimenti non fossero rivolti a me bensì alla mia migliore amica, mi fece un po’ demoralizzare.










Rimasi ferma a fissare lo schermo. La conversazione stava prendendo una piega decisamente inaspettata. Non volevo parlare con Jungkook di cose che riguardavano Yorin, specialmente quando mi stavo spacciando per lei. Non sarebbe stato giusto.













Scoppiai a ridere come una scema con il naso che sfiorava lo schermo. Quanto poteva essere dolce Jungkook? Non si era reso conto di essersi fatto coraggio da solo e mi aveva subito ringraziato nonostante per me fosse stato più che un piacere stare lì a leggere i suoi pensieri. Ogni sua parola per me era oro. Era sempre stato così. Certo, ero una semplice fan, ma non potevo dire di non essere stata fortunata. Messaggiare con Jeon Jungkook non era una cosa che ti capitava tutti i giorni. E ancora una volta dovevo ringraziare Yorin.
 
Non so perché, ma con lui avevo sempre avuto una connessione speciale. Forse per il suo modo di fare, di porsi o addirittura di sorridere. O meglio ancora, per il suo modo di cantare. Non per niente era il mio bias.
 
Lasciai cadere il telefono e senza volerlo mi addormentai. Quella notte, sognai Jeon Jungkook.

ᗩngolo.ᗩutore

Ciao a tutti! Spero che questo capitolo speciale vi sia piaciuto ❤ Non è lunghissimo, ma ho voluto farlo corto apposta. Ho cercato di immedesimarmi in una fan che chatta per la prima volta con il suo idolo ed è venuta fuori questa cosa ahaha Scusate se vi ho fatto aspettare molto, ma tra feste e cose varie non ho proprio avuto tempo di scrivere 😭 Se il capitolo vi è piaciuto lasciatemi pure un commento per farmi sapere cosa ne pensate! Mi fa sempre piacere ❤ Un bacione e alla prossima 😘


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Capitolo 16
*** Catch-Up ***


Hook-Up
❖ Catch-Up


«Senta, non glielo ripeterò una seconda volta. Sono autorizzata ad entrare lì dentro quindi si tolga di mezzo o dovrò farmi strada da sola. E le assicuro che non le conviene. Quando voglio, so essere estremamente cattiva.»
 
Il bodyguard alto due metri che stava di fronte al palazzo della Big Hit mi squadrò dalla testa ai piedi e… Mi stava seriamente ridendo in faccia?
 
«Diamine, ma voi sasaeng non vi riposate mai?» domandò con fare strafottente incrociando le braccia al petto. «Aria, bimba. Ringraziami che non prendo le tue credenziali e ti porto dritta dritta dalla polizia. Non ho tempo per giocare con le ragazzine come te. Devo lavorare.»
 
Brutto scimmione senza cervello. Con chi diamine credeva di parlare?! Era già la seconda volta che mi davano della sasaeng e stavo cominciando a perdere la pazienza. Avrei tanto voluto dargli una ginocchiata nelle parti basse, ma mi trattenni per non dare spettacolo in mezzo alla strada, e soprattutto per non metterlo in imbarazzo. Mi portai le mani sulla faccia e sospirai per calmare i nervi. Quella giornata era cominciata davvero di merda.
 
«Mi ripeta di nuovo perché non le basta il contratto che le sto mostrando da tutta la mattinata. Non vede che c’è la firma di quel fottuto Min Yoongi?!» urlai indicando il documento sullo schermo del mio cellulare. L’uomo avvicinò la faccia al cellulare e assottigliò gli occhi facendo finta di sforzare la vista, ovviamente per prendermi per il culo.
 
«Hmm, sì. C’è scritto Min Yoongi. Ma nessuno mi ha avvisato del tuo arrivo, perciò non sono tenuto a farti entrare. Sai quante ragazzine hanno provato ad incastrarmi con questo stupido stratagemma? Pensi che sia davvero così stupido?»
 
Oh, per l’amor del cielo! Stavo davvero perdendo la pazienza. Voltai il cellulare verso di me e cercai il numero di Yoongi, costringendo le mie dita a premere il bottone di chiamata. Mi portai il ricevitore all’orecchio e dopo mezzo squillo partì la segreteria telefonica. Quel bastardo non mi aveva ancora sbloccata?!
 
Allora non mi lasciava altra scelta. Andai di nuovo nella rubrica e stavolta cliccai su un numero differente. Portai di nuovo il ricevitore all’orecchio e finalmente qualcuno si degnò di rispondermi.
 
«Pronto?» disse il ragazzo con un leggero fiatone.
 
«Kim Namjoon? Passami Min Yoongi. Lo so che è lì con te.»
 
«Scusi, ma con chi parlo?»
 
Sollevai gli occhi al cielo. Un altro ritardato. «Sei proprio sicuro di essere quello con il QI più alto del gruppo? Sono Yorin! Kang Yorin!»
 
«Ah…» “Ah”? «Non credo abbia molta voglia di parlare…»
 
«Non me ne frega niente se ha voglia o meno! Passagli quel fottuto telefono, a costo d’infilarglielo nell’orecchio!» sbraitai mentre il bodyguard di fronte a me mi guardava con un sopracciglio sollevato. «E vedi di non farti scappare il mio vero nome. Non ho voglia di dare spiegazioni anche a te.»
 
«Ehm… Aspetta. Provo… Provo a fare un tentativo.» Cominciai a sbattere il piede sulle scale a causa del nervosismo, poi la voce di Namjoon risuonò nuovamente nel ricevitore, stavolta ad una tonalità più bassa. Sembrava stesse parlando proprio con la persona che m’interessava. «È la psicopatica. Vuole parlare con te.»
 
La psicopatica? Ma lui si era guardato allo specchio? Sembrava un maledetto spacciatore.
 
«Dille che sono morto.»
 
Fottuto bastardo! Solo la sua voce era stata sufficiente ad alterarmi, per non parlare di quello che aveva detto. Per fortuna c’era Namjoon che continuando ad insistere stava involontariamente tenendo a bada i miei istinti omicidi.
 
«Hyung, ti prego… Continuerà a chiamarmi finché non riuscirà a parlare con te. Non fare il bambino e rispondi.»
 
Sentii Yoongi sbuffare. Avrei tanto voluto trasformarlo in una caffettiera.
 
«Che vuoi?» mi domandò scocciato.
 
Inarcai un sopracciglio per l’irritazione. «Sbloccami.»
 
«Ti piacerebbe.»
 
«Min Yoongi! Vieni subito qui e dì a questo scimmione di spostarsi!»
 
Ridacchiò. «Non è uno della tua razza? Sbrigatela da sola.»
 
«Ascolta solo quello che gli dici tu. A quanto pare tra scimmioni ci si intende.»
 
«Senti un po’, ragazzina,» disse con un tono leggermente alterato. «Sono una persona impegnata e di certo non posso permettermi il lusso di stare al telefono a parlare con te. Non scocciarmi o stavolta ti denuncio per stalking. Sono stato chiaro?»
 
Sbuffai, incredula. «E io ti denuncio per violazione del contratto! Tu DEVI parlare con me, Min Yoongi! Smettila di nasconderti dietro ad un cellulare e affrontami faccia a faccia. Vieni fuori se hai le palle!»
 
Click.
 
Allontanai il cellulare dall’orecchio e lo fissai con gli occhi spalancati. Mi… Mi aveva davvero chiuso il telefono in faccia? No, questo era davvero troppo. Sollevai lo sguardo sul bodyguard che mi stava guardando come se fossi davvero una pazza psicopatica.
 
«Signorina, lei è davvero la fan più creativa che abbia mai visto. Questa è la prima volta che vedo qualcuno fingere di parlare con uno di loro per poter entrare. Ha mai pensato di studiare recitazione?»
 
Tirai un urlo per scaricare la rabbia e l’uomo di fronte alla porta indietreggiò per lo spavento mentre le persone in mezzo alla strada si voltarono a guardarmi, compresa la ragazza seduta alla reception che riuscivo ad intravedere attraverso le porte a vetri dell’edificio.
 
Ok, a quanto pare quel puttaniere non mi lasciava altra scelta. Avevo ancora una carta da giocare. Afferrai nuovamente il telefono e scrissi un messaggio a Ji Woo. Lei era la mia unica speranza.
 


Rimasi in piedi di fronte a quel maledetto bodyguard per un altro quarto d’ora. Continuammo a guardarci con le braccia incrociate al petto e uno sguardo di sfida negli occhi. Mi sembrava di essere finita in uno di quei film western dove si faceva a gara a chi sfoderava prima la pistola e uccideva più velocemente l’altro.
 
«Signorina, questo è il mio ultimo avvertimento,» m’informò. «Se non si allontana da qui entro due secondi, sarò costretto ad usare le maniere forti. Io l’ho avvisata.»
 
Proprio in quel momento, Ji Woo mi mandò un messaggio per dirmi che Jungkook stava arrivando. Ci aveva messo così tanto a risponderle perché si trovava nella sala prove insieme a tutti gli altri. Stavano facendo una pausa e lui ne aveva approfittato per controllare il cellulare, trovando il messaggio di Ji Woo.
 
Quando sollevai lo sguardo dallo schermo, vidi il soggetto della nostra conversazione che si stava precipitando giù per le scale dell’atrio, bardato dalla testa ai piedi. Riuscii a capire che era Jungkook solo perché sollevò un braccio verso la mia direzione per avvertirmi della sua presenza. Era vestito completamente di nero. Indossava una felpa enorme, pantaloni larghi della tuta, cappello, mascherina e un paio di Timberland marroni. Corse nella mia direzione e spalancò velocemente le porte a vetri, afferrandomi per un braccio.
 
Il bodyguard lo guardò sconvolto.
 
«Sono Jeon Jungkook. Lei è con me,» lo informò trascinandomi dentro con lui. Di sicuro non voleva farsi vedere in mia compagnia per evitare di scatenare qualche altro pettegolezzo.
 
Prima di entrare, riuscii a lanciare al bodyguard un’occhiata soddisfatta. Dio, avrei voluto scattare una foto alla sua faccia sorpresa e incorniciarla per poterla guardare ogni volta che mi sentivo giù. Era terribilmente appagante.
 
Jungkook mi trascinò dietro una delle colonne dell’atrio e si abbassò la mascherina per mostrarmi il suo sorriso a trentadue denti. Stava ancora sulla difensiva perché da fuori riuscivano a vederci a causa delle pareti fatte di vetro.
 
«Ji Woo!» urlò sollevandomi per i fianchi. Per poco non gli tirai un calcio in mezzo alle gambe visto che mi aveva presa alla sprovvista. Mi aggrappai alle sue spalle per non cadere e chinai la testa per guardarlo negli occhi.
 
«J-Jungkook… Mettimi giù,» gli ordinai guardando il pavimento con una certa brama. «Chi ti ha detto che potevi prendermi in braccio?»
 
Il suo sorriso scomparve, venendo rimpiazzato da uno sguardo imbarazzato. «Oh… Io… Scusa. Mi sono fatto prendere troppo la mano,» disse facendomi poggiare di nuovo i piedi per terra. Studiò con attenzione il mio volto e inclinò la testa di lato quando vi lesse qualcosa che lo fece ridacchiare.
 
«Ji Woo, soffri di vertigini?» mi domandò teneramente. Arrossii fino alla punta dei capelli.
 
«C-Cosa?! Io… N-No, certo che n-»
 
«Sì invece! Guarda come tremi!» M’indicò le gambe e mi morsi il labbro inferiore per la frustrazione di essere stata beccata. «Caspita, non pensavo che una tipa come te potesse soffrire di vertigini.»
 
«Non succede sempre!» gli rinfacciai indispettita. «Posso stare all’ultimo piano di un palazzo e guardare senza problemi dal vetro di una finestra, ma fissare direttamente il vuoto è un po’…»
 
«Ok, ok. Ho afferrato il concetto. Non ti solleverò più in quel modo, okay?» mi domandò, sempre con quel tono gentile che mi fece storcere il naso. «Ah, e si può sapere perché ieri non mi hai detto che saresti venuta per vedere Yoongi-hyung? Avrei potuto aiutarti fin dall’inizio.»
 
Ieri? Aveva forse messaggiato con Ji Woo? Perché quella stupida non me lo aveva detto?
 
«Oh, io…»
 
«Beh, probabilmente non ne hai avuto il tempo. Ho parlato sempre io e poi sono sparito nel nulla a causa degli impegni,» rifletté.
 
Annuii subito, assecondandolo. «Sì… Sì, non te l’ho detto per questo…»
 
«E a proposito, ne approfitto per ringraziarti di persona,» continuò grattandosi il retro della testa. «A volte mi butto giù, ma non farci caso. Mi basta poco per ritornare quello di prima. Te ne sarai accorta anche tu.» Sorrise e io lo assecondai, sfoggiando uno dei miei sorrisi più falsi. Di che diavolo stava parlando?
 
«Adesso posso vedere Yoongi?» tagliai corto per tirarmi fuori da quella strana situazione. Non so perché, stare con Jungkook mi faceva sentire a disagio.
 
«Oh, certo…» affermò abbassando il tono di voce. Sembrava… deluso? «Vieni, la sala prove si trova al piano di sopra. La nostra pausa è quasi finita.»
 
Raggiungemmo il terzo piano e vidi subito un sacco di trainee che andavano avanti e indietro per i corridoi. Jungkook s’inchinò ad ognuno di loro, anche a coloro che erano più piccoli di lui. Tutti lo guardavano con ammirazione e lo salutavano con dei sorrisi accecanti dipinti sul volto. A quanto pare il maknae dei Bts era molto ben voluto nella sua compagnia.
 
«Ji Woo!» urlò qualcuno alle nostre spalle. Quando mi voltai, mi trovai davanti i capelli biondi e leggermente mossi di Jimin. Il suo sorriso era più luminoso di tutti quelli dei trainee messi assieme. «Che cosa ci fai qui? Non dirmi che ti sei unita alla nostra compagnia?» domandò incredulo. Jungkook mi guardò scioccato, chiedendosi sicuramente perché non avesse pensato subito a quella eventualità.
 
«Beh, sì e no…» risposi grattandomi la testa. «È un po’ difficile da spiegare.»
 
«Sul serio?!» Sobbalzai quando la voce di V mi perforò i timpani. Da dove diavolo era sbucato fuori? Era al mio fianco ma non mi ero accorta della sua presenza finché non aveva aperto la bocca. «Per caso hai intenzione di debuttare??»
 
Trattenni una risata. «Io? Debuttare? Naaah, non sono il tipo. Preferisco starmene buona buona in ultima fila.»
 
«Beh, è un peccato,» disse sconsolato Jimin. «Sei bravissima. Potresti diventare la main dancer di qualche gruppo.»
 
«Io dico che potrebbe persino essere la Leader,» affermò orgoglioso Jungkook. «Ha una bella presenza. Sul palco si vede soltanto lei.»
 
Tutti quei complimenti stavano per farmi venire il mal di testa. Volevo solo scavarmi una fossa e buttarmici dentro. Mi schiarii la gola a causa dell’imbarazzo. «Allora… Yoongi dov’è?»
 
V si accigliò. «Io te lo dico… ma promettimi che non gli tirerai un altro schiaffo. Da quella volta è diventato più intrattabile di prima.»
 
«Già,» confermò Jimin. «Ora ho persino paura di chiedergli che ore sono. Ieri mi ha risposto che era l’ora di togliermi di mezzo. È stato spaventoso…»
 
«A me ha detto che il colore dei miei capelli gli stava rovinando l’umore.» V si afferrò una ciocca grigia che gli stava solleticando la fronte. La ispezionò con gli occhi incrociati visto che era fin troppo vicina alla sua faccia. «Cos’ha che non va il colore dei miei capelli?»
 
«Niente, Hyung,» arrivò in suo aiuto Jungkook. «Ultimamente lo infastidisce tutto. L’unica cosa da fare è ignorarlo. Prima o poi gli passerà.»
 
Incrociai le braccia al petto e sbuffai a causa della rabbia. «Beh, questo non vuol dire che può trattarvi come gli pare e piace. Se ha un problema con qualcuno, dovrebbe risolverlo invece di fare il finto offeso.»
 
«F-Finto offeso?» domandò Jimin.
 
«Dov’è?» sbottai.
 
A causa del mio tono severo, V e Jungkook non persero tempo ad indicarmi la porta che si trovava qualche metro più in là. Marciai verso di essa alla pari di un soldato che stava per andare in guerra ed entrai attirando l’attenzione di tutte le persone che vi erano all’interno. Tra i backup dancers, riconobbi i volti familiari di J-Hope, Jin e Namjoon. Quest’ultimo spalancò gli occhi non appena mi vide.
 
«Ji W-»
 
Feci segno a J-Hope di fare silenzio prima che potesse urlare il “mio” nome ai quattro venti. Il ragazzo dai capelli rossi si tappò subito la bocca, ignaro di quale errore avesse commesso mentre io cominciavo a guardarmi intorno per individuare la mia preda. Quando i miei occhi si posarono su Namjoon, il Leader mi fece segno con la testa di guardare verso uno degli angoli della stanza.
 
Eccolo lì. Disteso a terra con una gamba piegata e le braccia spalancate. Aveva gli occhi chiusi e sembrava profondamente addormentato. Il suo petto si alzava e si abbassava con una frequenza regolare mentre un leggero velo di sudore gli bagnava il collo e la fronte.
 
Mi avvicinai a Jin e gli sfilai di mano la bottiglietta d’acqua da cui stava bevendo. Il più grande mi guardò confuso, ma mi lasciò fare. Mi avvicinai al ragazzo dai capelli celesti con tutti gli sguardi della sala puntati addosso, soprattutto quelli dei backup dancers che sicuramente si stavano chiedendo chi diavolo fossi.
 
Non ci pensai due volte a rovesciare il contenuto della bottiglia in faccia a Yoongi. L’acqua lo prese dritto negli occhi e gli inzuppò i capelli, facendogli sollevare la schiena di scatto. Sentii qualche ansimo sorpreso provenire da dietro le mie spalle, ma non ci feci molto caso e lasciai cadere a terra la bottiglietta di plastica. Incrociai le braccia al petto mentre il ragazzo ai miei piedi si guardava intorno, confuso e piuttosto adirato, in cerca del responsabile di quello stupido scherzo. Quando sollevò la testa zuppa d’acqua, si pietrificò sul posto.
 
«Sveglia, bell’addormentato,» lo presi in giro. «È così che ti dai da fare? Pensavo fossi talmente impegnato da non avere il tempo di parlare con me.»
 
Vidi la sua mascella contrarsi alla velocità della luce. Le gocce d’acqua continuavano a gocciolargli dai capelli e a scivolargli giù dal mento, finendo sui pantaloni neri della tuta. I suoi occhi, ridotti a due fessure, si spostarono immediatamente su qualcosa alle mie spalle. Quando mi voltai per controllare, vidi Jungkook che si stava nascondendo dietro J-Hope.
 
«Maledetto traditore,» lo apostrofò Yoongi, capendo subito che era stato lui a farmi entrare. Quando i suoi occhi tornarono nei miei, mi ritrovai a fare un passo indietro a causa della rabbia che intravidi nelle sue pupille a malapena visibili. Si alzò in piedi, e con un movimento secco del polso afferrò la bottiglia quasi piena di Namjoon. Fu talmente veloce che neanche il suo Leader riuscì a capire come avesse fatto a sfilargliela di mano così velocemente.
 
«Ji Woo, scappa…» mi consigliò Jin deglutendo subito dopo. «Fidati. Scappa.»
 
Lo trovai un ottimo suggerimento. Girai i tacchi e cominciai a correre, ma subito dopo sentii lo scatto felino di Yoongi e i suoi passi affrettati dietro di me. Mi era alle calcagna. Uscii dalla stanza con la sensazione di essere inseguita da una belva feroce. A causa della velocità, non riuscii a fermarmi e andai a sbattere contro il muro del corridoio, ma mi ripresi quasi subito e mi feci spazio tra i trainee a dir poco sconcertati.
 
«Q-Quello è Suga-ssi?» sentii dire da qualcuno. «Sta correndo davvero? E quella chi è?»
 
Voltai la testa per controllare la situazione alle mie spalle e Suga stava letteralmente trapassando la folla. Tutti si erano già spostati per fargli spazio e permettergli di prendermi. Okay che ero nel loro “territorio”, ma questo mi sembrava troppo! Io dovevo farmi strada a suon di spintoni mentre lui aveva già la strada spianata. Così era troppo facile.
 
Continuai a correre e mi diressi verso un’altra ala dell’edificio, decisamente meno affollata e ingombrante, così da non incappare in qualche altro impedimento che avrebbe potuto rallentarmi, ma non avevo messo in conto che anche Yoongi avrebbe ottenuto maggiore velocità. Accelerò il passo e un urletto sfuggì al mio controllo quando riuscì ad allacciarmi un braccio intorno alla vita con un ultimo scatto in avanti. La mia schiena incontrò il suo petto e in una frazione di secondo mi ritrovai i capelli completamente fradici. Non contento, mi versò l’acqua anche giù per il collo, bagnandomi la maglietta. Cercai di liberarmi dalla sua presa, ma le sue mani sembravano essersi incollate ai miei fianchi. Non aveva intenzione di lasciarmi andare.
 
Mi voltai nella sua presa e con un veloce movimento del braccio gli rubai la bottiglietta, gettandogli in faccia l’ultimo residuo di acqua rimasto. Voltò la testa di lato a causa delle gocce che gli finirono negli occhi, poi mi guardò di nuovo, strappandomi di mano l’arma del crimine ormai vuota.
 
Trovai quella situazione piuttosto… divertente. Sembravamo due bambini delle elementari che si facevano i dispetti.
 
Senza che potessi impedirlo, cominciai a ridacchiare. Yoongi lanciò via la bottiglia e mi spinse contro il muro, intrappolandomi tra lui e la parete. Quando lo guardai in faccia, scoppiai definitivamente a ridere. E di gusto anche. Sembrava un pulcino bagnato.
 
Cominciai a ridere così forte che fui costretta a coprirmi la bocca con le mani. La sua faccia imbronciata era oro. Più lo guardavo, più la sua espressione incredula mi faceva spaccare in due. Mi mancò il fiato a causa delle troppe risate e chinai la testa in avanti, poggiando la fronte sul suo petto che continuava ad andare su e giù. Almeno così non lo avrei guardato in faccia e mi sarei data una calmata. Forse.
 
Mi aggrappai ai suoi bicipiti che mi stavano intrappolando contro il muro e cercai di riprendere fiato. Sollevai la testa quando le sue mani scivolarono sulla mia vita, accarezzandomi la pelle attraverso la maglietta umida. Per puro caso, la punta del mio naso sfregò contro la sua e ci ritrovammo a guardarci negli occhi. Non pensavo fossimo così vicini.
 
«Hai finito?» mi sussurrò con una voce veramente roca e sfiancata a causa della corsa. Le gocce d’acqua continuavano a cadergli dai ciuffi sulla fronte e a scivolargli lungo la pelle del viso.
 
«Di fare che?»
 
«Di ridermi in faccia,» spiegò. Mi morsi il labbro inferiore e i suoi occhi abbandonarono subito i miei per catturare quel gesto che avevo compiuto con fin troppa leggerezza.
 
«Sì,» affermai. «Ho finito.»
 
«Peccato.»
 
 
Mi passai una mano tra i capelli bagnati e li spostai all’indietro, liberando la fronte per riuscire a vedere meglio la sua espressione confusa. Sì, peccato. Peccato perché con quel sorriso sul volto era davvero bellissima.
 
«Sei proprio un bambino,» mi ammonì. «Ha ragione Namjoon.»
 
Wow, ci aveva sentito?
 
«Senti chi parla,» risposi assottigliando gli occhi. «Sei stata tu a cominciare. Chi è che mi ha svegliato buttandomi dell’acqua in faccia? Mi sono solo vendicato.»
 
«Sei un bambino perché hai continuato ad evitarmi fino ad ora. Guarda cosa ho dovuto fare per rivolgerti la parola. Chi diavolo ti credi di essere?!»
 
«Suga, un famoso rapper e compositore a cui tu non potresti neanche avvicinarti. Ti basta come risposta?»
 
La ragazza di fronte a me sbuffò e sollevò gli occhi al cielo. «Vedi? Sei proprio un bambino, e viziato per giunta.»
 
I miei occhi si spostarono immediatamente verso il basso, fissando un punto ben preciso del suo corpo. Quando Yorin mi imitò e fece cadere lo sguardo sulla sua maglietta bianca, ora completamente trasparente a causa dell’acqua, si portò subito le mani sul petto per nascondere il suo reggiseno in bella vista.
 
«Adesso chi è il bambino?» la punzecchiai avvicinandomi ancora di più a lei. Yorin indietreggiò, schiacciando la schiena contro il muro. Distolse lo sguardo dal mio quando il mio respiro le solleticò le guance.
 
«Sei un pervertito.»
 
«Un bambino e un pervertito. Non credi che ci sia qualcosa che non va?» ridacchiai. La mia bocca si mosse istintivamente verso il suo collo. «Mi sa che hai le idee un po’ confuse,» sussurrai sfregando la punta del naso lungo la sua gola, ma prima che le mie labbra riuscissero a posarsi sulla sua pelle bagnata, mi spinse all’indietro.
 
«Io avrei le idee confuse?» mi domandò incredula. «Pensavo non volessi neanche vedermi, ma ora stai cercando di saltarmi addosso. Non mi avevi detto di non toccarti perché ti ricordavo fin troppo mia sorella?»
 
Il mio sguardo si fece più duro. «Posso anche essere incazzato, ma la voglia che ho di te rimane comunque. Quella non posso controllarla. Per questo mi ricordi tua sorella.»
 
Yorin sollevò un sopracciglio. «Prima domanda, Min Yoongi. Cosa ti ha fatto mia sorella per farsi odiare così tanto da te?» Distolsi lo sguardo, puntando gli occhi sul corridoio deserto. «Che vuol dire che ti ha calpestato il cuore facendoti diventare una persona diversa? Prima che tipo eri?»
 
Mi allontanai e la liberai dalla gabbia che le avevo costruito intorno con il mio corpo. Mi passai una mano tra i capelli bagnati e li arruffai per far cadere l’acqua in eccesso. «Non sono tenuto a risponderti.»
 
«E invece sì!» scattò puntandomi un dito contro. «Ti sei forse dimenticato del contratto che hai firmato? Mi devi delle risposte, Yoongi.»
 
«Io non ti devo proprio niente! Quel contratto lo hai compilato con l’inganno.»
 
«Ne sei proprio sicuro? Sei stato tu a darmi carta bianca. Non è colpa mia se ho fatto esattamente quello che mi avevi chiesto di fare!»
 
Sollevai gli occhi al cielo e le diedi le spalle. «Pensala come cazzo ti pare.» Stavo per andarmene, ma la sua mano si chiuse intorno al mio braccio, obbligando i miei piedi a fermarsi. Mi voltai di nuovo verso di lei e la guardai negli occhi, pronto a mandarla a quel paese, ma qualcosa mi bloccò. Il suo sguardo improvvisamente serio.
 
«Forse sarà stupido,» cominciò abbassando la testa. «Ma quando le indagini si sono concluse e mi hanno detto che Yoona si era suicidata, non ci ho creduto.» Sgranai gli occhi. «Sebbene stesse passando un brutto periodo, non avrebbe mai avuto il coraggio di buttarsi da quel ponte, e lo sai perché?» Sollevò il viso per guardarmi di nuovo negli occhi. «Lei soffriva di vertigini, proprio come me.»
 
Mi paralizzai. «Vertigini?» sussurrai incredulo.
 
Yorin annuì. «Era terrorizzata dal vuoto. Neanche la sua voglia di morire avrebbe potuto spingerla a buttarsi da una simile altezza. Ecco perché penso…»
 
«Pensi che sia stato io?»
 
Un silenzio cupo calò fra di noi mentre eravamo presi ad ispezionaci l’un l’altra. Yorin mostrò per la prima volta un’espressione pentita e aprì la bocca per dire qualcosa, ma io l’anticipai. Mi fiondai verso di lei e la sbattei nuovamente al muro, assicurandomi di avere i suoi occhi increduli puntati nei miei pieni di risentimento.
 
«Guardami,» le ordinai con un filo di voce. M’indicai le iridi scure. «Guardami negli occhi e dimmi se ti sembro un fottuto assassino!» le urlai dritto in faccia.
 
«No,» rispose velocemente Yorin. La sua voce non era mai stata così ferma e decisa. «No, non lo sembri e non lo sei. Mi hai frainteso, Yoongi.»
 
«Lo so che sarebbe la cosa più sensata da pensare,» ammisi aumentando la stretta sulle sue braccia. «Lei mi ha tradito e io avrei potuto vendicarmi, ma quella sera avevo un alibi. L’ho spiegato anche agli investigatori quando mi hanno interrogato. Non sono stato io, Yorin. Te lo posso giurare.» I suoi occhi limpidi e pieni di fiducia mi diedero la forza di continuare. «Non l’ho uccisa io.»
 
«Lo so,» mi riconfermò velocemente. «Ho controllato anche io. Quella sera eri ad un Award Show fuori Seoul. Le telecamere hanno ripreso tutto, compresa la vostra esibizione.» Si fermò a riflettere. «Non puoi essere stato tu.»
 
Tirai un sospiro di sollievo e mi passai una mano sulla faccia. «Allora che cosa diavolo vuoi sapere?»
 
«Qualunque cosa che possa aiutarmi a capire cosa le è successo. A parte te e Jongin, non conosco nessun altro che le era tanto legato.» I miei occhi si assottigliarono non appena udii quel nome, ma proprio quando stavo per aprire la bocca, qualcuno ci interruppe.
 
«Yoongi?»
 
Mi voltai, incontrando lo sguardo indagatore e sospettoso di Lee Soo Jin. Sollevai gli occhi al cielo senza farmi vedere. Diamine, è vero che le avevo detto di incontrarci dopo la fine delle prove, ma in quel momento era proprio l’ultima persona che volevo vedere.
 
«Che c’è? Sono occupato,» le dissi allontanandomi da Yorin. Il modo in cui stava squadrando la vicinanza dei nostri corpi non mi piaceva per niente.
 
«A dire il vero dovresti essere occupato con me,» mi rinfacciò sollevando la mano destra per mostrarmi il suo telefono. «Ho già prenotato la camera d’albergo,» aggiunse con un sorrisetto soddisfatto. I suoi occhi si diressero verso la mora al mio fianco, facendole capire che doveva farsi da parte.
 
Chinai il capo per guardare Yorin. Fissava Soo Jin come se avesse voluto incenerirla, perciò non potei fare a meno di ridacchiare. Inclinai leggermente la testa e le passai due dita sotto il mento per farle voltare il viso verso di me. Incontrai i suoi occhi confusi.
 
«Lo sai che potresti esserci tu al posto suo,» le sussurrai a un centimetro dalla faccia. «La mia proposta è sempre valida.» Yorin mi schiaffeggiò la mano alla velocità della luce, facendomi ridacchiare.
 
«Quanto puoi essere puttaniere da uno all’infinito?!»
 
«E tu quanto puoi essere gelosa da infinito a infinito?»
 
Yorin spalancò la bocca. «Io? Gelosa di te? Ma fammi il piacere!»
 
«Allora non fare quella faccia,» la indicai.
 
Yorin si mise subito sull’attenti. «Quale faccia?»
 
«La faccia di qualcuno che potrebbe seriamente prenderla a schiaffi.» Inclinai la testa, indicandole Soo Jin che ci stava fissando con un broncio dipinto sul viso. «E sappiamo benissimo tutti e due che saresti capace di farlo. Perché non mostri anche a lei quanto sei brava a far tacere la gente?»
 
«Quello è un onore che riservo soltanto a te.»
 
«Yoongi… Ti muovi? Sono stufa di aspettare!» si lamentò Soo Jin.
 
Mi allontanai da Yorin, e senza togliere gli occhi di dosso a quest’ultima, affermai, «Arrivo, piccola.» Prima di raggiungere Soo Jin, mi piegai verso la ragazza di fronte a me per lasciarle un veloce bacio sulla guancia. Yorin si scostò come se si fosse appena scottata mentre Soo Jin strinse forte i pugni.
 
Mi divertiva troppo essere la parte contesa. Non potevo fare a meno di stuzzicarle entrambe, ma prima che potessi allontanarmi, Yorin mi bloccò ancora una volta.
 
«Non credere di potertene andare così. Devi ancora rispondere a un sacco di domande.»
 
Ridacchiai. «Per oggi credo di averti risposto a sufficienza. Abbiamo ancora un sacco di tempo da passare insieme, cerchiamo di non sprecarlo.»
 
«Che diavolo vuoi dire?»
 
«Credo che tu abbia dimenticato un piccolo particolare,» cominciai. «Io sono il tuo capo e io decido quando risponderti, e dato che secondo il nostro contratto devi lavorare dovunque si trova il mio culo, preparati perché domani il mio didietro sarà in uno studio al centro di Seoul per un servizio fotografico.»
 
In quel momento, Yorin realizzò la grande stronzata che aveva fatto. Le passai un dito sulle labbra e ghignando le sussurrai, «E d’ora in avanti vedi di chiamarmi Boss.» Abbassai ancora di più il tono di voce e posai le labbra contro il suo orecchio. «Detto da te mi eccita da morire.»

ᗩngolo.ᗩutore

Ciao a tutti! E dopo il capitolo speciale riecco di nuovo Yoongi e Yorin. A questo punto posso dire che Yorin ci ha preso gusto a bullizzare Yoongi, stavolta è toccato al gavettone ahahah Cosa riuscirà a combinargli nel prossimo capitolo con questo fantomatico servizio fotografico? Dopotutto il suo mestiere è quello di "rompipalle a tempo indeterminato" 😂

Rivelazione importante. Forse Yoona non si è suicidata ma è stata fatta fuori da qualcuno? Giuro che quando ho iniziato a scrivere questa storia avevo in mente una trama tranquilla, non so come abbia fatto a trasformarsi in un giallo con Yoongi e Yorin che sembra vogliano trasformarsi in degli investigatori privati 😂

Non mi dilungo troppo, spero solo che questo capitolo vi sia piaciuto come a me è piaciuto scriverlo. Ogni volta che compare la maknae line non posso fare altro che far uscire allo scoperto il mio lato comico ahaha Spero lo apprezziate anche voi.

Un bacione e alla prossima 😘

Instagram: btsuga_d

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Capitolo 17
*** Shooting - Day 1 ***


Hook-Up
❖ Shooting - Day 1




Sorvolai su quella frecciatina che era chiaramente rivolta a me e spostai l’attenzione sulla foto del post. Ci cliccai sopra per zoomarla e appoggiai la schiena contro il sedile della metropolitana per mettermi in una posizione più comoda. Era davvero lui? Lo avevo sempre visto con i capelli celesti e mi faceva troppo strano vederlo con un colore così comune. Sembrava… diverso.
 
Nonostante ciò rimaneva sempre il solito puttaniere.
 
Eh sì, alla fine mi ero ritrovata a seguirli su Twitter. Non avevo potuto farne a meno visto che ora, legalmente parlando, Yoongi era il mio datore di lavoro. Il solo pensiero mi faceva digrignare i denti, ma non potevo biasimare nessuno, soltanto me stessa. Volevo avere le mie risposte e per riuscirci ero persino disposta a sorbirmi la sua compagnia. Questo bastava a farmi capire quanto potessi essere disperata.
 
Ero decisamente in ritardo visto che il pullman aveva avuto un guasto ed ero stata costretta a prendere la metro, o come la chiamavo io, gabbia per animali. Lì dentro la gente stava sempre tutta ammucchiata e non so per quale miracolo del cielo ero riuscita a trovare un posto a sedere. Forse Dio aveva capito che se non fosse stato così magnanimo, alla prossima fermata il tipo che mi stava un po’ troppo attaccato al culo sarebbe finito sotto le rotaie.
 
Finalmente arrivai al mio capolinea. Riposi il cellulare nella borsa e mi avviai verso l’indirizzo inviatomi la sera precedente da Min Yoongi. Non si era neanche preoccupato di scrivermi un “Ciao, come stai?”. Mi aveva inviato direttamente la posizione del posto, poi si era di nuovo volatilizzato nel nulla. Forse lo aveva fatto per farmi capire che mi aveva sbloccato solo per “questioni lavorative”?
 
Dio, quanto avrei voluto prenderlo a pugni.
 
Sollevai gli occhi al cielo quando davanti all’edificio vidi l’ennesimo bodyguard. Ovviamente era diverso da quello di ieri. Ma quanti diavolo ne avevano? Uno per ogni giorno della settimana? Avrei passato un’altra ora davanti al portone per cercare di convincerlo che non ero una sasaeng. Già sentivo le mie imprecazioni risuonarmi in testa e raggiungere il cielo.
 
«Salve, sono Kang Yorin. Lo so che può sembrare strano, ma sono qui per…»
 
«Oh certo, da questa parte,» m’interruppe l’uomo spalancando immediatamente la porta alle sue spalle per permettermi di entrare. «La stanno aspettando.»
 
Ammetto che rimasi piuttosto perplessa.
 
«Ah… Davvero?»
 
«Certo… Lei non è Kang Yorin, l’assistente personale di Min Yoongi?»
 
Per poco non sentii il rumore della mia mascella che si schiantava contro il pavimento. Assistente personale? Stava dicendo sul serio?
 
«Sì… Forse. Qualcosa del genere…»
 
«Ah, ha detto di ritirare il suo tesserino all’entrata. La nostra receptionist la sta aspettando.» Indicò una signorina bionda seduta dietro il bancone, appena dopo l’entrata. Gli lanciai un’altra occhiata perplessa e attraversai la soglia, raggiungendo immediatamente la ragazza.
 
«Oh, è l’assistente di Min Yoongi, giusto?» mi domandò la ragazza con un sorriso che mi fece quasi indietreggiare per quanto fosse luminoso. Mi ricordava quello di Jimin. Annuii un po’ controvoglia e lei si mise a frugare in un cassetto sotto la scrivania.
 
Che diavolo aveva fatto quel deficiente? Aveva spifferato il mio vero nome a mezzo mondo nonostante gli avessi fatto capire di non farlo?! Questa volta lo avrei ammazzato sul serio, altro che scossa elettrica. La signorina mi tese il mio nuovo badge magnetico e io lo afferrai titubante. Quando lessi il nome che vi era impresso sopra, spalancai la bocca.
 
MEMBRO DELLO STAFF
Big Hit Entertainment
Assistente Personale
Kang Ji Woo
 
Oddio, questa non me l’aspettavo. Rimasi immobile nello stesso punto mentre facevo scorrere gli occhi sui caratteri che componevano il nome della mia migliore amica. Yoongi aveva falsificato un badge lavorativo… per me? Beh, dovevo ammettere che non mi sarei mai aspettata questa gentilezza da parte sua, ma la mia mente, ormai troppo abituata ai suoi trabocchetti, pensò subito che doveva esserci qualcosa dietro. Per forza. Non poteva averlo fatto solo per farmi un favore.
 
«Ah, c’è anche questa,» mi disse la ragazza allungandomi una maglietta bianca con la scritta STAFF sul retro. «Può indossarla nel camerino al secondo piano.»
 
La ringraziai ed entrai nell’ascensore con il badge e la maglietta stretti al petto. Quel posto era gigantesco. Non ero mai stata in uno studio fotografico, ma una volta Yoona mi aveva detto che in realtà si trattava di uno spazio enorme e vuoto che all’occorrenza veniva arredato con i vari set. Quando le porte dell’ascensore si spalancarono, mi ritrovai davanti una sala immensa, piena di attrezzature fotografiche e gente che correva a destra e a sinistra. In un angolo, verso il fondo della stanza, c’era un set completamente bianco, quasi etereo. Era da lì che si originavano i click delle macchine fotografiche e i flash che stavano illuminando una persona seduta a terra sul parquet.
 
Il ragazzo era vestito di bianco dalla testa ai piedi e teneva un velo trasparente sulla testa mentre il fotografo avvicinava la macchina fotografica al suo viso. Erano lacrime quelle che gli stavano scorrendo sulle guance? Incredula, assottigliai gli occhi per mettere a fuoco il viso del ragazzo.
 
 Era Jungkook.
 
Perché diamine stava piangendo? Ma nessuno sembrava preoccuparsene, perciò doveva far parte del suo lavoro. Non lo invidiavo per niente. Io a malapena riuscivo a far uscire delle lacrime vere, figuriamoci quelle finte. Avrei fatto impazzire il fotografo e alla fine sarei impazzita io.
 
Fermai la prima persona che mi passò davanti e le chiesi dove fosse il camerino. Dopo avermi squadrato dalla testa ai piedi, m’indicò una porta che si trovava proprio dietro alle mie spalle. Era una stanzetta relativamente piccola e piuttosto incasinata. C’erano vestiti ovunque e trucchi abbandonati sui ripiani di fronte agli specchi.
 
Poggiai la maglietta e il badge su uno di questi ripiani e cominciai a sbottonarmi la camicetta con gli occhi fissi su ciò che stavo facendo. Quando i bottoni si aprirono a sufficienza per lasciare intravedere il mio reggiseno, sollevai lo sguardo di fronte a me. Mi venne quasi un colpo quando nel riflesso dello specchio incontrai gli occhi voraci di Min Yoongi, che stava comodamente appoggiato alla porta chiusa con le braccia conserte.
 
«Dio, ma sei matto?! Mi hai fatto prendere un colpo!» sbraitai afferrando subito la maglietta con la scritta STAFF per coprirmi il seno. Yoongi sogghignò.
 
«Oh, continua. Non fermarti solo perché ci sono io,» mi stuzzicò facendo cadere gli occhi su ciò che stavo cercando di nascondere.
 
«Ti piacerebbe.»
 
Yoongi inclinò la testa e un ciuffo di capelli neri gli sfiorò le ciglia lunghe. Non potei fare a meno di fissarlo. Non sembrava nemmeno lui. Lo squadrai dalla testa ai piedi e gli occhi mi caddero su ciò che stava indossando. Una maglietta larga, ricamata e trasparente sulle spalle, insieme ad un paio di pantaloni attillati. Come Jungkook, era vestito completamente di bianco. Sembrava un angelo.
 
«Che c’è? Sono così bello che non riesci a togliermi gli occhi di dosso?»
 
La sua voce mi fece alzare lo sguardo e mi ritrovai a guardarlo di nuovo negli occhi. No, mi ero sbagliata. Non sembrava nemmeno lui un corno. Era ancora il Min Yoongi strafottente e puttaniere di sempre.
 
Non risposi alla sua domanda e continuai a fissarlo mentre infilava le mani nelle tasche dei pantaloni. Iniziò a camminare verso di me e i suoi occhi non lasciarono i miei finché non mi fu esattamente davanti. A quel punto, li abbassò nuovamente sul mio collo scoperto.
 
«Sei in ritardo,» mi ammonì senza guardarmi in faccia. «Un’ora di ritardo, per la precisione. Non ti aspettare che ti paghi per questa giornata di lavoro. Te lo scordi.» M’imbronciai, e quando Yoongi chinò la schiena in avanti per poggiare le mani sul ripiano dietro la mia schiena così da intrappolarmi, mi strinsi più forte la maglietta contro il petto. «Ma se vuoi posso pagarti in altri modi,» mi sussurrò sfiorandomi il lobo dell’orecchio con la punta del naso.
 
Ridacchiai. «No grazie. Da te accetto solo soldi,» affermai scostandomi leggermente. «E non è stata colpa mia. Sono stata costretta a prendere la metro perché il pullman ha avuto un guasto. Ho dovuto sorbirmi la calca di gente e i pervertiti come te che cercavano di toccarmi il culo.» I suoi occhi si assottigliarono. «Purtroppo non ho la fortuna di avere un SUV e un autista privato che mi scarrozza a destra e a sinistra.»
 
«Beh, da oggi lo avrai.»
 
Spalancai gli occhi. «Eh?»
 
«Parlo del nostro autista, perciò non osare prendere di nuovo la metropolitana, chiaro?»
 
«Posso prendere benissimo il pullman. Non c’è bisogno che fai scomodare il vostro autista solo per m-»
 
«Io sono il capo, io decido come vieni a lavoro,» m’interruppe. «Fine del discorso.»
 
Sollevai gli occhi al cielo e poi li abbassai per rendermi conto che mi stavo ancora coprendo il seno con la maglietta. «Ti dispiace voltarti?» gli domandai ironicamente. «Dovrei cambiarmi.»
 
«Sì, mi dispiace.»
 
Lo fissai furibonda. «Min Yoongi, non credere che non l’abbia capito. Questi camerini sono riservati agli artisti, c’è scritto sulla porta. Hai detto alla receptionist di farmi cambiare qui così avresti potuto fare i tuoi sporchi comodi. Dico bene? E per sporchi comodi intendo guardarmi mentre mi cambio. Ma non ti vergogni neanche un po’?»
 
«Sinceramente no. È troppo divertente vederti imbarazzata.»
 
Già, lo avevo capito. Era chiaro come il sole che si stesse divertendo da matti a stuzzicarmi, ma io avevo un messaggio per lui. Kang Yorin non provava vergogna davanti a niente e nessuno.
 
«Perfetto. Allora guarda pure ciò che non puoi avere. Spero che tu ti diverta,» gli sussurrai a qualche centimetro dalle labbra guardandolo con sfida.
 
Senza neanche un briciolo di vergogna, lasciai cadere la maglietta a terra e ripresi a sbottonarmi la camicetta mentre lo guardavo dritto negli occhi a mo’ di sfida. Tuttavia, gli occhi di Yoongi non stavano guardando i miei, ma fissavano increduli le mie dita che si spostavano lentamente verso il basso per lasciare intravedere il mio ventre piatto. La camicetta mi scivolò giù per le spalle e finì a terra, andando a fare compagnia alla maglietta bianca.
 
Ero in reggiseno davanti a Min Yoongi, ma ciò che provavo era solo un fortissimo senso di vittoria. I suoi occhi sconvolti che continuavano a ripassare le curve del mio corpo erano un vero spettacolo. Mi spostai i capelli su un lato e scoprii il collo per dargli una visuale perfetta di quel punto su cui sapevo si sarebbe fiondato, se solo avesse potuto.
 
Il suo pomo d’Adamo andò su e giù a causa della saliva che aveva appena inghiottito. «Ti piace quello che vedi?» gli domandai con voce sensuale. «Vuoi che mi tolga anche i pantaloni?»
 
«Yorin…»
 
«Cosa? Ieri la tua Soo Jin non ti ha soddisfatto a sufficienza?» mi sfuggì senza che potessi impedirlo. Non so perché, quella ragazza mi stava altamente sulle palle, soprattutto per il modo in cui mi squadrava ogni volta che avevo la sfortuna di incrociarla.
 
«Per niente,» rispose Yoongi lasciandomi senza parole. Si avvicinò impercettibilmente e il suo sguardo si spostò dal mio seno alla mia faccia. Finalmente mi stava guardando negli occhi. «Continuavo a pensare a te.»
 
Wow… Questo ragazzo soffriva sul serio di qualche disturbo. Come diavolo faceva a cambiare così velocemente? Un secondo prima era il solito Suga pervertito, e il secondo dopo era quasi… dolce? Era successo fin troppe volte perché fosse solo una coincidenza.
 
«Che cosa ti è successo, Min Yoongi?» gli domandai, stavolta con serietà. «Davvero mia sorella ti ha trattato talmente male da farti diventare… così?»
 
«Così come?» m’incalzò. Sembrava essersi arrabbiato all’improvviso.
 
«Come se avessi completamente perso fiducia nell’amore.»
 
«Non credo che queste siano le parole giuste per spiegare ciò che mi ha fatto tua sorella,» mi rispose liberandomi finalmente dalla gabbia che mi aveva costruito intorno. Si allontanò per guardarmi meglio in faccia.
 
«E quale sarebbero le parole giuste?»
 
Yoongi sogghignò e mosse il dito indice davanti alla mia faccia in segno di negazione. «Ah-ah. Te lo sei già dimenticato, tesoro? Decido io quando rispondere alle tue domande. E la risposta a questa domanda non l’avrai oggi.» Abbassò la mano e se l’infilò nuovamente in tasca. «E mi sembrava di averti detto di chiamarmi Boss. Anzi, ora che ci penso, fino ad ora ti sei rivolta a me senza nessuna formalità. Devo forse ricordarti che sei una mia dipendente?»
 
Sbuffai. «Me lo ricordo fin troppo bene. Non c’è bisogno che continui a rigirare il coltello nella piaga.»
 
«Come hai detto?»
 
Sollevai gli occhi al cielo. «No, non c’è bisogno che lei me lo ricordi,» mi corressi sottolineando in modo decisamente esagerato quella parolina che avrebbe potuto farmi vomitare.
 
«Non manca qualcosa?»
 
«Non ti chiamerò mai Boss! Mettitelo bene in testa!» urlai fulminandolo con lo sguardo, ma proprio in quel momento la porta si spalancò.
 
«Hyung! Il fotografo ha detto che è il tuo turn-» Jimin, che ad un primo sguardo non avevo riconosciuto a causa dei capelli neri, si bloccò sulla soglia con la faccia tutta rossa e gli occhi spalancati. Non capii cosa gli fosse preso finché Yoongi non si mise davanti a me per… coprirmi?
 
Ah, giusto. Ero ancora in reggiseno.
 
«Oh… Io… Ecco, stavo solo…» cominciò a balbettare Jimin. «Oh, continuate pure. Scusate se vi ho interrotto!» Stava per chiudere la porta, ma poi ci ripensò e si voltò nuovamente verso di noi con la mano ancora sul pomello. «Ji Woo, ma tu che diamine ci fai qui?»
 
«Te ne vai o no?!» urlò Yoongi quasi al limite della pazienza.
 
«S-Sì, certo! Me ne vado… Scusate.» Si richiuse la porta alle spalle con un tonfo sordo mentre Yoongi lasciava uscire un sospiro frustrato. Raccolse la mia maglietta da terra e me la premette contro il petto per convincermi ad afferrarla.
 
«Ma tu sei sempre così disinibita davanti agli uomini?» mi domandò con una punta di fastidio nella voce.
 
«Non sono mica nuda.»
 
Il moro sbuffò incredulo. «No, ma sei in biancheria intima.»
 
«E allora? Non hai mai visto una donna in costume? È la stessa cosa.»
 
S’infervorò ancora e cominciò ad urlare, «I costumi non hanno…!» si bloccò per far cadere gli occhi sul mio reggiseno. In modo più pacato, concluse, «il pizzo nero.» Si leccò le labbra per inumidirle.
 
Trattenni una risata e m’infilai finalmente la maglietta. Era piuttosto stretta, sentivo il petto schiacciato dentro la stoffa e il bordo mi arrivava sopra l’orlo dei pantaloni. Inoltre, essendo bianca, la maglietta lasciava intravedere il mio reggiseno nero.
 
«Lo hai fatto apposta, vero?» lo accusai guardandolo male. «Ti diverte così tanto darmi le cose striminzite?»
 
«Tra uno scatto e l’altro devo pur tenermi impegnato con qualcosa. Di solito non c’è niente di bello da guardare visto che lo Staff è composto principalmente da ragazze oltre la quarantina.»
 
«Beh, come ti ho già detto, guarda quanto vuoi. Tanto puoi fare soltanto quello.» Afferrai il badge e me lo sistemai intorno al collo. «Ah, a proposito…» Afferrai il cartellino e lo sollevai con due dita per farglielo vedere. «Kang Ji Woo
 
«Perché?» mi domandò con le mani ancora nelle tasche. «Ho sbagliato?»
 
«No, ma… Non pensavo te ne saresti ricordato…»
 
«Beh, devi avere un motivo se non vuoi far sapere il tuo nome agli altri ragazzi,» ipotizzò. «Qual è questo motivo?»
 
«Qui le domande le faccio io, Min Yoongi.»
 
«Boss,» mi corresse ancora una volta. «Ti ho detto di chiamarmi Boss.»
 
Sogghignai. «Sì, nei tuoi sogni.»
 
 
«Assistente personale di Yoongi?!»
 
L’urlo di Hoseok mi perforò i timpani. Perché doveva gridare sempre in quel modo? Eravamo tutti disposti in cerchio mentre le truccatrici finivano di sistemarci il trucco e pettinarci. Era piuttosto strano perché per la prima volta avevamo tutti i capelli neri.
 
«Ji Woo, sul serio? Voi due non mi sembravate così tanto affiatati…» le fece notare Jin.  «Se non fosse un reato, ieri Yoongi ti avrebbe uccisa di sicuro.»
 
«In camerino stavano facendo tutt’altro che uccidersi,» disse Jimin con una punta di malizia. Ci guardò entrambi mentre una delle nostre truccatrici stava finendo di sistemarmi il ciuffo. «Sarà vero quel detto, chi disprezza compra?»
 
«Jimin, cuciti la bocca!» intervenne Yorin. «Non stavamo facendo niente. Mi stavo solo cambiando.»
 
«Ah, tu di solito ti cambi davanti a Yoongi?» domandò innocentemente Taehyung. «E io che pensavo che le ragazze fossero tutte riservate.»
 
«Aspetta un attimo…» sussurrò Yorin con un tono decisamente minaccioso. «Hai appena insinuato che sono una poco di buono?»
 
Taehyung sgranò gli occhi. «C-Cosa? No! Ho solo detto che…»
 
«Kim Taehyung, comincia a correre,» lo avvertì la ragazza scattando in avanti, e Tae fece esattamente come lei gli aveva detto. Iniziò a ridere come un matto mentre cercava di destreggiarsi tra le nostre figure raggruppate in cerchio per non farsi prendere dalla ragazza. Cercò di farsi proteggere da Namjoon ma quest’ultimo sollevò le mani per dichiararsi innocente.
 
«Non mettermi in mezzo, Tae. Sono arrivato alla conclusione che questa ragazza fa paura.»
 
«Avete finito di prendermi per il culo?»
 
Le parole di Yorin provocarono una risata generale. Io mi limitai a sbuffare, ma poi l’occhio mi cadde su Jungkook. Il nostro maknae non aveva ancora detto una parola e il suo volto era così serio che quasi stentavo a riconoscerlo. Che diavolo gli era preso?
 
«Yoongi?» mi chiamò qualcuno dello Staff. «Vieni, il fotografo ha detto che è pronto per le tue foto singole.»
 
Mi alzai dallo sgabello e mi sistemai la maglietta bianca che era come minimo due taglie in più visto che il mio busto ci navigava dentro. Mi sedetti per terra poggiando le mani sul parquet e mi ritrovai l’obiettivo della macchina fotografica puntato in faccia. Ormai ci avevo fatto l’abitudine.
 
«Ok, Yoongi,» mi disse il fotografo squadrando la mia figura per intero. «Questo concept è praticamente l’opposto di quello che abbiamo fatto prima. Stiamo passando dai toni dark a quelli un po’ più soft, ma qui prevale il tema centrale dell’album, ovvero quel tipo di amore che porta solo lacrime.» Le sue parole mi riportarono indietro nel tempo e nella mia mente si focalizzò l’immagine di Yoona. Percepii una stretta al petto. «Ti sto chiedendo di piangere, Yoongi. Credi di esserne capace o vuoi usare le lacrime finte? Per me non c’è nessun problema, ma piangendo davvero le emozioni saranno più intense e di conseguenza le foto verranno più belle.»
 
Feci un sorriso amaro. «Conosco bene quel tipo di sensazione,» affermai suonando più duro di quanto volessi. «Non mi servono le lacrime finte.»
 
Il fotografo annuì e si allontanò leggermente per trovare la giusta angolazione. Quando risollevai gli occhi, vidi quelli preoccupati di tutti i miei compagni. Sapevo a cosa stavano pensando. I loro sguardi apprensivi mi dicevano che già sapevano a cosa mi sarei ispirato per far uscire quelle maledette lacrime che mi ero ripromesso di non mostrare mai più. Ma stavolta il lavoro m’imponeva di aprire nuovamente il mio cuore e lasciar uscire quella parte di me di cui mi vergognavo come un ladro. Quella parte debole che mi faceva sembrare così patetico.
 
Ripensai al primo incontro con Yoona, a come mi si era sciolto il cuore quando mi aveva sorriso per la prima volta. Ripensai al mio modo timido e impacciato di corteggiarla e alle sue prese in giro perché per lei ero fin troppo romantico. Ripensai a tutti gli sforzi che avevo fatto per far sì che lei mi aprisse il suo cuore e a come ero stato ripagato con una miriade di coltellate dietro la schiena, ovvero tanti e tanti tradimenti.
 
Sentivo il cuore esplodermi nel petto, ma a parte gli occhi lucidi e l’espressione frustrata, non riuscivo a lasciarmi andare del tutto. Il flash del fotografo mi illuminava il viso, catturando come un ladro la mia parte più debole e vulnerabile.
 
«Perfetto, fermo così,» mi disse aumentando lo zoom sul mio volto. A giudicare dal rumore, ero sicuro che mi avesse scattato come minimo un centinaio di foto. «Riesci a far scivolare una lacrima sulla guancia?»
 
Questo voleva dire abbassare ogni difesa. Fino ad oggi, ogni lacrima che era sfuggita al mio controllo era stata scacciata via dalla mia mano come se fosse un insetto fastidioso e indesiderato. Eppure, quando sollevai il viso per guardare il fotografo, inconsciamente misi a fuoco il volto della ragazza che si trovava alle sue spalle. Non appena incontrai gli occhi curiosi di Yorin, il mio autocontrollo venne meno.
 
Una lacrima solitaria riuscì a liberarsi dal mio occhio sinistro e scivolò lentamente sulla pelle della mia guancia, tracciando un sentiero bagnato che si interruppe sulla linea definita della mia mascella e penzolò nel vuoto. Il cuore mi faceva talmente male che avrei potuto strapparmelo dal petto per non sentire più dolore.

 
 Ed era proprio quello che avevo fatto cinque anni prima. Da ciò che avevo imparato, un cuore era meglio non avercelo.
 
«Credo sia sufficiente,» disse improvvisamente Namjoon comparendo alle spalle del fotografo. «Meglio non forzare troppo la mano.»
 
«Oh, certo,» concordò l’uomo abbassando la macchina fotografica. «Ho appena scattato l’ultima foto. Ottimo lavoro, Yoongi.» Si voltò verso di me e alzò il pollice per avvalorare i suoi complimenti. Accennai un sorrisetto e mi asciugai immediatamente la guancia con la mano. Nel mio gesto si poteva percepire la rabbia che stavo provando nell’essermi lasciato andare in quel modo.
 
«Stai bene?» mi domandò Namjoon tendendomi la mano. Accettai il suo aiuto e mi rialzai in piedi. «Ti ho visto un po’ in difficoltà e ho preferito intervenire.»
 
«Sto benissimo, ma grazie per esserti preoccupato,» lo ringraziai continuando a passarmi la mano sul viso. Volevo cancellare ogni traccia di dolore e debolezza, ma così stavo finendo per rovinarmi il trucco. Senza che avessi bisogno di chiedere, una delle truccatrici si avvicinò a me per ripassarmi il fondotinta.
 
Lo sguardo mi cadde nuovamente su Yorin. Non appena i nostri occhi s’incontrarono, la mora tornò a guardare il suo cellulare come se l’avessi sorpresa a fissarmi. Mi avvicinai a lei e mi sedetti sullo sgabello al suo fianco intanto che il fotografo si dedicava a Jin.
 
«Con chi messaggi?» le domandai osservando il più grande che cominciava a piangere a comando. Si vedeva proprio che aveva studiato per fare l’attore. «Non puoi farlo durante l’orario di lavoro. Non ti pago per farti i cavoli tuoi.»
 
«Infatti non mi paghi e basta. E chi ti dice che sto messaggiando con qualcuno?» mi domandò senza staccare gli occhi dallo schermo del suo telefono.
 
«Le tue dita che continuano a premere i tasti quando potrebbero fare qualcos’altro di decisamente più utile.»
 
La ragazza scoppiò in una risata ironica. «Da che pulpito. Scommetto che tu messaggi dalla mattina alla sera con quella Soo Jin. Perché non vai da lei? Le sue dita saranno sicuramente più allenate delle mie.»
 
Repressi un sorrisetto e mi voltai a guardarla. «Ammettilo, sei gelosa marcia.»
 
«Sì, nei tuoi sogni. E comunque la tua piccola attrice da quattro soldi deve lasciarti proprio insoddisfatto visto che continui a saltarmi addosso ogni volta che mi vedi.»
 
Mi sporsi verso di lei e le sfiorai il lobo dell’orecchio con la punta del naso. Yorin si voltò finalmente a guardarmi. «Soo Jin mi soddisfa eccome, Yorin,» le sussurrai con un tono volutamente malizioso, abbassando lo sguardo sulle sue labbra. «Sei tu che non sai farlo. Dovresti proprio prendere lezioni da qualcuno più esperto di te.»
 
«Grazie tante, ma non mi interessa il corso accelerato in puttanologia.»
 
«Sai che ti dico? Forse fai tanto la santarellina perché in realtà sei una verginella che non ha la minima idea di come si faccia a soddisfare un uomo,» la provocai lasciandole un bacio sulla spalla coperta dalla maglietta. «Dovrei insegnartelo io? Magari potrebbe tornarti utile con Jongin, il pezzo di merda con cui stai messaggiando.»
 
Quando sollevai il viso, incontrai lo sguardo incazzato di Yorin. No, non era incazzato. Era furibondo. Non potei fare a meno di ghignare. Mi divertivo troppo a stuzzicarla.
 
«Min Yoongi, non ti conviene provocarmi,» ringhiò a denti stretti. «Io ti ho avvertito.»
 
Sollevai una mano e le passai le dita sul viso per accarezzarle una guancia. Non si scostò, troppo incazzata per prestarvi attenzione.
 
«Ti provoco quanto voglio, tesoro. Devo forse ricordarti che sei una mia dipendente? Non puoi farmi niente che possa nuocermi o mancarmi di rispetto, e questo comprende gli schiaffi, le ginocchiate nelle costole e le scosse elettriche, così come i gavettoni in faccia.»
 
Mi alzai dal mio posto e l’abbandonai lì per andare a cambiarmi l’outfit. Stavolta toccava ai pantaloni e alla giaccia di jeans. Ognuno di noi aveva una sfumatura diversa che andava dal bianco al nero. A me ovviamente era toccata quella più scura. Faticai un po’ per infilare i pantaloni visto che erano davvero stretti. Mi dedicai prima a loro e, una volta tirata su la cerniera, pensai ai bottoni della giacca.
 
Ero rimasto da solo in camerino visto che di solito ero il più lento dopo Jimin, ma stavolta il minore era stato più veloce di me. La porta si spalancò all’improvviso e mi bloccai sul posto quando Yorin entrò e se la richiuse alle spalle. Le mie dita rimasero ferme su uno dei bottoni della giaccia mentre la fissavo con la fronte aggrottata. Aveva gli occhi fissi su di me.
 
«A quanto pare devo anche insegnarti a bussare. Cosa avresti fatto se mi avessi trovato nudo?» la punzecchiai tornando ad allacciarmi gli ultimi bottoni della giacca. «Sei davvero senza vergogna.»
 
Non me l’aspettai minimamente. Mi sentii spingere per il petto e portai subito le mani indietro, aggrappandomi alla prima cosa che riuscii a trovare. Il bordo del tavolo. Non feci in tempo ad alzare il viso che sentii qualcosa piombarmi addosso. Spalancai gli occhi quando mi resi conto che il corpo piccolo e formoso di Yorin si era fatto spazio tra le mie gambe. Le sue mani si posarono con prepotenza sul mio petto e mi spinsero brutalmente all’indietro, facendomi sbattere la schiena contro la superficie del tavolo. Spalancai gli occhi quando realizzai che Yorin era sopra di me.
 
«Yorin, cosa cazzo stai-»
 
Le parole successive mi morirono in gola e si trasformarono in un gemito soffocato non appena le sue labbra si fiondarono sul mio collo. Gettai la testa all’indietro e socchiusi gli occhi in preda ad un attacco di piacere. Mi accarezzò i fianchi con una sensualità che avrebbe potuto uccidermi, soprattutto quando cominciò a sbottonarmi la giacca. Le sue dita si fecero spazio tra la stoffa ruvida che venne subito rimpiazzata dalle sue labbra e dalla sua lingua. Mi lasciai sfuggire un altro gemito quando quella sensazione calda e decisamente appagante mi accarezzò il petto nudo e scese fino allo stomaco.
 
«Y-Yorin…» balbettai travolto dai brividi. Sentivo la patta dei jeans farsi sempre più stretta mentre immaginavo quella lingua in un posto decisamente più consono e invitante. Sollevai d’istinto il bacino e mi mancò il fiato quando la mia erezione coperta dalla stoffa si scontrò con la sua mano. Mi spinsi ancora di più contro il suo palmo aperto, che cominciò ad accarezzare in modo più che soddisfacente quel punto dolorante e bisognoso di attenzioni. Ciò mi diede un po’ di sollievo, ma io volevo di più. Quello che mi stava facendo non mi bastava.
 
Sollevai la schiena di scatto e le avvolsi un braccio intorno alla vita, incastrando il suo corpo con il mio. Il suo seno premette contro il mio petto e la sua intimità si scontrò contro la sua mano che stava compiacendo la mia. Le palpai un seno con una mano e con l’altra le afferrai una natica per schiacciarla ancora di più contro il mio corpo. Poterla toccare in quel modo senza che mi respingesse mi causò una soddisfazione e un piacere che mai avrei pensato di poter provare nella mia vita. La volevo. La volevo fino al punto che sarei potuto impazzire.
 
Sollevai il viso e feci scontrare le punte dei nostri nasi mentre a malincuore le spostavo la mano che era ancora premuta sul cavallo dei miei pantaloni per sbottonarmi velocemente i jeans e abbassare la cerniera che stava reprimendo la mia erezione dolorante. Quei pantaloni erano veramente troppo attillati.
 
«Inginocchiati,» le ordinai con voce roca ed eccitata.
 
Pensai di morire quando mi guardò negli occhi con la stessa voracità con cui la stavo guardando io. Mi sentii ancora peggio quando mi posò una mano sul petto e mi spinse all’indietro per farmi posare di nuovo la schiena sulla superficie del tavolo. Fece tutto con una lentezza straziante ed eccitante allo stesso tempo. La seguii con lo sguardo finché il suo corpo non scivolò tra le mie gambe e non riuscii più a vederla.
 
Chiusi gli occhi e il mio petto si gonfiò a causa dell’aspettativa. Cavolo, non scherzava quando mi aveva detto che era una persona a cui piaceva avere il controllo della situazione, e io ero più che propenso a concederglielo. Sarei stato disposto a farmi fare tutto ciò che voleva.
 
Come diavolo mi aveva ridotto questa donna?
 
Tuttavia, spalancai gli occhi quando non sentii più le sue mani sulle mie gambe. Ebbi un brutto presentimento e sollevai subito la schiena per vedere i miei dubbi diventare certezze. Yorin se ne stava in piedi a qualche metro da me con le braccia conserte e un sorrisetto soddisfatto stampato sul viso. Sgranai gli occhi quando realizzai che non aveva intenzione di finire ciò che aveva iniziato.
 
«Oh, dato che sono la tua assistente personale, sono solo venuta a dirti che il fotografo ha detto di raggiungerlo subito per scattare le prossime foto,» disse come se non mi fosse appena saltata addosso. «Ha detto anche di sbrigarti.»
 
I miei occhi increduli caddero di riflesso sul rigonfiamento che si notava fin troppo bene dalla cerniera slacciata dei miei pantaloni attillati. No, non poteva averlo fatto sul serio.
 
«Yorin… Non fare la stronza…» la minacciai a denti stretti. «Non posso andare dal fotografo… così.»
 
«Non è un problema mio,» affermò innocentemente passandosi una mano tra i capelli. «Io ho fatto il mio lavoro. Ora tu pensa a fare il tuo.»
 
«Non posso farlo in queste condizioni!!» urlai alzandomi in piedi. «Yorin, ti prego…» la supplicai passandomi una mano sulla faccia. Non potevo crederci. Non poteva essere stata così stronza.
 
Riaprii gli occhi quando la sentii di nuovo vicina a me. Tolsi la mano dalla faccia ed incontrai i suoi occhi divertiti, poi divenne improvvisamente seria e si avvicinò ancora di più al mio volto.
 
«Guarda come riesce a ridurti una verginella come me, Boss,» mi sussurrò a un soffio dalle labbra. Una scossa di piacere mi colpì nuovamente le parti basse, e ciò non fece altro che peggiorare il problema. «Forse dovrebbe essere la tua Soo Jin a prendere lezioni da me. Scommetto che lei non riesce a tenerti attaccato all’amo come faccio io.»
 
«Sei una fottuta stronza,» la insultai riducendo gli occhi a due fessure.
 
«Te l’avevo detto di non provocarmi. Si raccoglie ciò che si semina, Min Yoongi.»
 
Si voltò e se ne andò così com’era arrivata, lasciandomi da solo nel camerino con un’erezione pulsante tra le gambe e più di un centinaio di foto da fare. Sollevai gli occhi al cielo ed ebbi l’impulso di prendere a pugni qualcosa per scaricare la rabbia che sentivo crescermi nel petto. Ringhiai e mi passai una mano tra i capelli.
 
«Maledetto il giorno in cui ti ho incontrata, Kang Yorin.»
 
‘Benedetto il giorno in cui ti ho incontrata, perché da allora ho capito quanto mi piaccia starti accanto. Ho capito cosa può farmi ridere, cosa può farmi piangere. E in un modo o nell’altro, la risposta sei sempre tu.’ –Min Yoongi

ᗩngolo.ᗩutore

Ho riso come una matta quando ho scritto la parte finale di questo capitolo 😂 Ormai Yorin non si ferma più, qualcuno salvi Yoongi ahaha Ma è anche vero che lui se le cerca, eh!

Come avrete capito ho ambientato il capitolo durante lo shooting per Tear, versione U. Nel prossimo capitolo invece toccherà allo shooting all'aperto della versione Y, e anche un briciolo della R con cui Yoongi avrà un po' di problemi 😂

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e vi ringrazio perché questa storia è arrivata a 20.000 visualizzazioni ❤ Vi ricordo che ho in corso anche un'altra storia "Can You See Me". Se vi va andate a dare un'occhiata perché ci tengo particolarmente ❤

Un bacione e alla prossima 😘 

Instagram: btsuga_d

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Capitolo 18
*** Revenge ***


Hook-Up
❖ Revenge



🔻🔻🔻  


«Ehm, Yoongi?» si schiarì la voce il fotografo. «Potresti avvicinarti un po’ di più ad Hoseok, per favore? Sì, proprio così. Un po’ più vicino. Hoseok, tu invece piega il ginocchio in modo da nascondere… Ehm, sì. Un po’ più in alto. Perfetto, fermi così.»
 
Volevo morire. Le truccatrici erano state costrette a mettermi due strati di fondotinta perché il colorito rosso delle mie guance continuava a risaltare nella foto di gruppo. Come se non bastasse, gli altri non la smettevano di ridere. Jimin scoppiava ogni tre per due e nelle foto sembrava che avesse perennemente gli occhi chiusi a causa delle risate. Riuscivo a toccargli la mano da oltre le spalle di Hoseok e gli tiravo delle sberle sul braccio ogni qualvolta minacciava di scoppiare a ridere. Come se non bastasse, la risata di Jin era contagiosa e una volta partito lui partivano tutti, persino le truccatrici che non avevano neanche il coraggio di guardarmi in faccia quando si avvicinavano per sistemarmi il ciuffo.
 
Non mi ero mai vergognato così tanto in tutta la mia vita.
 
Gli unici seri eravamo io e Jungkook. Il maknae al centro della foto aveva l’espressione perennemente imbronciata nonostante il fotografo ci avesse detto di essere naturali. Oggi aveva davvero qualcosa che non andava. Non sembrava nemmeno lui. Forse era ancora depresso per la storia del pettegolezzo?
 
Quello shooting sembrò durare ore. Il fotografo continuava a cambiare l’inquadratura per assicurarsi che il mio… problemino non si notasse. Più che altro cercava di nascondermi dietro agli altri ragazzi, anche se di solito ero sempre io a stare davanti a causa della mia altezza. Le cose si complicarono quando passammo alle foto singole. Diedi le spalle alla parete completamente bianca e infilai le mani nelle tasche anteriori dei jeans. Con le dita tirai il tessuto verso l’esterno con la speranza di allentare un po’ la pressione che sentivo in mezzo alle gambe. Quando sollevai lo sguardo, ciò che vidi non mi aiutò a stare meglio.
 
Yorin era dietro le spalle del fotografo, seduta sempre sullo stesso sgabello con le gambe accavallate e le braccia conserte. La guardai negli occhi per un momento prima di notare la sua espressione soddisfatta e il sorrisetto che si estendeva agli angoli della bocca. M’irrigidii sul posto quando si passò la lingua sul labbro inferiore senza mai togliermi gli occhi di dosso. Le mie mani diventarono due pugni e distolsi velocemente lo sguardo.
 
Vedermi imbarazzato la divertiva così tanto? Beh, dopo mi sarei divertito io. Sarebbe stato ingenuo da parte sua pensare che non mi sarei vendicato.
 
Per fortuna il set singolo durò poco perché il fotografo, completamente a disagio come il sottoscritto, decise di immortalare solo la parte superiore del mio corpo, soprattutto il viso. Mi disse di fare un’espressione seria e arrabbiata e non dovetti neanche sforzarmi. A causa di una certa persona, ce l’avevo già impressa sulla faccia.
 


 
«Hyung? Dove vai?» mi domandò J-Hope cercando di non scoppiarmi a ridere in faccia per la milionesima volta. Giuro, se non fossero praticamente i miei fratelli, a quest’ora li avrei già presi a pugni.
 
«A cambiarmi questi cazzo di pantaloni,» risposi voltando la testa nella sua direzione. «Ma prima ho bisogno di fare altro. Sai dov’è il bagno?» gli domandai suonando schifosamente ovvio. Hobi divenne rosso fino alla punta dei capelli, ma ero troppo scazzato per fare il prezioso. Detto in parole povere, a causa di Yorin avevo urgente bisogno di farmi una sega.
 
«Oh, s-sì… Di là,» farfugliò indicandomi il corridoio. «Sempre dritto, poi giri a destra.»
 
Lo ringraziai e cominciai ad incamminarmi. Diamine, non c’era neanche una ragazza decente a cui avrei potuto chiedere di darmi una mano, ma durante i servizi fotografici era sempre così. A parte le nostre make-up artist o stiliste che non attiravano di certo il mio interesse, la maggior parte dello staff era composto da uomini. Se fossimo stati ad un concerto, ero sicuro che la fila di ragazze disposte ad aiutarmi sarebbe stata chilometrica, ma sfortunatamente oggi c’era solo Yorin.
 
Peccato che lei fosse la causa, e non la soluzione al problema.
 
Digrignai i denti prima di fermarmi nel bel mezzo dell’enorme sala a causa di un flash che aveva attirato la mia attenzione. Un flash rivolto proprio alla ragazza a cui stavo pensando. Aggrottai le sopracciglia quando vidi l’obiettivo del fotografo puntato contro il suo volto sorpreso. Sentii la rabbia crescermi nel petto e marciai a passo spedito verso Yorin e l’uomo. Mi posizionai di fronte a quest’ultimo e poggiai una mano sulla macchina fotografica che ora mi stava sfiorando il petto, facendogliela abbassare con dei modi non troppo gentili.
 
«Tieni quella cosa rivolta da un’altra parte,» gli dissi come se le avesse appena puntato contro una pistola. E forse per me era come se lo avesse fatto sul serio.
 
«Oh, Yoongi…» rispose l’uomo guardandomi in modo confuso. «Scusami, stavo solo… Ho pensato che avesse dei lineamenti davvero belli e particolari e non ho potuto fare a meno di scattarle una foto. È la tua assistente, vero? Non hai mai pensato di darle una mano e farla entrare nel mondo dello spettac-»
 
«No,» lo interruppi con gli occhi ridotti a due fessure. Un altro po’ e lo avrei incenerito sul posto. «Non ci ho mai pensato e non ho intenzione di farlo. Sotto mia precisa richiesta, è vietato farle foto o video, di qualunque tipo.»
 
«Oh, perdonami… Non lo sapevo.»
 
Mi voltai verso Yorin e incontrai il suo volto esterrefatto di fronte a quella mia rivelazione inaspettata. Ci guardammo ancora per un momento e poi decisi di porre fine a quello scambio di sguardi con cui sembrava volessimo dirci tutto e niente. Le afferrai il braccio, facendola scendere dallo sgabello per trascinarla con me verso la toilette. Stranamente, non oppose resistenza. La lasciai andare quando fummo davanti al bagno degli uomini, tuttavia non entrai. Rimasi lì fuori con lei mentre le davo le spalle.
 
«Perché lo hai fatto?» mi domandò mentre prendevo un profondo respiro. «E che vuol dire che gli hai vietato di scattarmi foto o riprendermi?»
 
«Vuol dire esattamente quello che ho detto,» affermai voltandomi a guardarla. Ce l’avevo ancora con lei, e il fatto che qualcuno avesse ignorato i miei ordini non mi aiutava a distendere i nervi. «Hai detto che odi stare al centro dell’attenzione. Beh, sta’ sicura che cose come quella accadranno tutti i giorni, soprattutto se sei circondata da fotografi, stilisti, manager e roba varia. Tu hai un sacco di talento. Sei bella, sai ballare e scommetto che hai anche una bella voce. Sei come un’esca in un oceano pieno di pesci, perciò vedi di non farti mangiare. Chiaro?»
 
«Yoongi,» mi chiamò guardandomi dritto negli occhi. Aveva uno sguardo così serio.
 
«Che c’è?»
 
«Perché ti preoccupi così tanto per me?»
 
Inarcai le sopracciglia. «Non mi preoccupo per te. Temo solo che tu possa farti imbambolare dalla luce dei riflettori.»
 
«Ne parli come se fosse successo anche a te,» mi fece notare. «Anche tu ti sei fatto imbambolare dalle luci del palco?» Distolsi lo sguardo e lo puntai sulla parete alle sue spalle.
 
«Io sono stato costretto,» rivelai mettendomi le mani in tasca. «Non volevo fare l’Idol, volevo fare il compositore. Ma per avere successo in questo campo devi per forza debuttare, altrimenti non ti noteranno mai. Ho imparato a ballare e mi sono spinto oltre i miei limiti. Ho ottenuto ciò che volevo e sono felice del successo che abbiamo raggiunto. Non sto dicendo che non lo rifarei, ma io mi sono avventurato in questo mondo con la consapevolezza che non sarebbe stato tutto rose e fiori. C’è chi riesce a sopportarlo, chi cade in un baratro dal quale non riesce ad uscire. Devi essere bravo a farti scivolare tutto di dosso, altrimenti ne rimarrai schiacciato.»
 
La guardai di nuovo negli occhi. Il suo cipiglio era scomparso, sostituito da uno sguardo che stava cercando di leggermi dentro, più a fondo di quanto avesse già fatto. Lei sapeva che non stavo parlando a grandi linee. Mi riferivo a qualcosa in particolare. Un evento che ci aveva sconvolto entrambi e che ci pesava sulle spalle come un sacco stracolmo di pietre.
 
«Perciò cerca di tenere fede a quello che pensi, Yorin. Fai bene a odiare questo mondo. Lo odio anch’io, ma ho imparato a conviverci perché sono egoista. E sono egoista anche perché mi ostino a tenerti qui nonostante la testa mi dica di rimandarti subito a casa.»
 
«Io non sono mia sorella, Yoongi,» disse all’improvviso facendomi bloccare sul posto. «Non lo sono mai stata e non ho intenzione di diventarlo. Conosco fin troppo bene il mondo in cui vivi e lo odio proprio perché mi ha portato via delle persone importanti. Se pensi che sia così ingenua da lasciarmi tentare, si vede che non mi conosci per niente.»
 
«Non basta avere fiducia in sé stessi,» ribattei. «Le tentazioni esistono per metterti in difficoltà quando pensi che non ci sia niente che possa farti cambiare idea.» La guardai serio. «Non ti permetterò di fare la fine di tua sorella.»
 
Quelle parole mi uscirono di getto, senza pensarci. L’espressione sorpresa sul volto di Yorin mi fece capire che ero riuscita a sconvolgerla ancora una volta. Perché ci ritrovavamo sempre a parlare di Yoona? Tutto ciò era deprimente. Yoona apparteneva al passato, ma più cercavo di dimenticarla, più diventava parte del mio presente, soprattutto da quando avevo incontrato Yorin. La sua ombra non voleva proprio lasciarmi in pace.
 
«Tenevi molto a mia sorella, vero?» Sollevai gli occhi e incontrai le sue iridi castane e leggermente lucide. «So che dirtelo non servirà a niente, ma qualunque cosa ti abbia fatto Yoona, mi dispiace che tu ci sia rimasto male.» Sbuffai, facendole capire quanto poco senso avessero quelle parole.
 
«Male è un eufemismo. Mi ha praticamente fatto diventare un’altra persona, ma ti ringrazio per la premura.» Mi massaggiai il collo con una mano e con l’altra mi sistemai il fastidio stretto nei jeans. Yorin incrociò le braccia al petto e abbassò lo sguardo sul cavallo dei miei pantaloni, ridacchiando.
 
«Ti da ancora fastidio?» domandò cercando di trattenere le risate. Io cercai di trattenere le imprecazioni.
 
«Tu che dici? Fattelo dire, sei stata una maledetta stronza. Ora mi prenderanno in giro finché non si saranno stufati, come quando mi hai dato quello schiaffo.»
 
«Quale schiaffo? Sii più preciso, te ne ho dati ben due. E poi sei stato tu a istigarmi. Se avessi tenuto la bocca chiusa, a quest’ora non avresti fatto vedere la tua erezione a mezzo staff della Big Hit. Ringrazia che non ci fosse il direttore o avresti fatto una doppia figura di merda,» mi prese in giro senza preoccuparsi di essere gentile. Poi sollevò il braccio per guardare l’ora sul suo orologio bianco che le fasciava elegantemente il polso. «Ne abbiamo ancora per molto? Jongin mi ha chiesto di uscire e devo tornare a casa a prepararmi.»
 
Strinsi i pugni. Mi diressi a passo spedito verso di lei e Yorin indietreggiò appena si rese conto che non avevo buone intenzioni. Fece qualche passo indietro finché non si ritrovò con la schiena contro il muro. La raggiunsi e mi fermai esattamente a un centimetro dal suo naso. La guardai dall’alto in basso mentre lei continuava a rimanere sulla difensiva per anticipare ogni mia mossa. Guardai a destra e a sinistra e vidi che c’era della gente, allora abbassai gli occhi su una delle sue mani.
 
«Come va il tuo polso?» le domandai. Yorin aggrottò la fronte per quel cambio d’argomento improvviso. «Ti fa ancora male?» specificai.
 
«No, sono passati più di dieci giorni. È guarito.»
 
«Perfetto.»
 
L’afferrai proprio da lì e la trascinai in bagno, chiudendomi la porta alle spalle. L’espressione sul volto della mora mi diceva che non ci avrebbe pensato due volte a prendermi a calci se solo avessi provato a farle qualcosa, così decisi di essere previdente e le bloccai le braccia prima che potesse ribellarsi. Sgranò leggermente gli occhi e, come mi aspettavo, cercò subito di ribaltare le nostre posizioni.
 
Si divincolò nella mia stretta, ma riuscii a farla voltare così da premerle la schiena contro il mio petto. La spinsi in avanti e la schiacciai contro il muro, afferrandole entrambi i polsi con una mano per bloccaglieli dietro la schiena. Mi piegai sul suo collo e inalai il suo profumo mentre il mio amichetto nei pantaloni mi chiedeva pietà. Sfregava contro la curva perfetta del suo sedere e non so con quale forza di volontà riuscii a rimanere fermo quando la sentii muoversi contro di me nel tentativo di liberarsi.
 
«Min Yoongi, che diavolo stai facendo?!» urlò piena di rabbia. «Stai cercando di stuprarmi o cosa?» Sbuffai incredulo contro la pelle morbida del suo collo.
 
«Credimi, non sono il tipo.»
 
«Allora levami subito le mani di dosso! Non ci metto niente a chiamare In Guk e farti prendere a calci in quel culo piatto che ti ritrovi!!»
 
Ridacchiai ancora una volta e la mia gola vibrò contro la sua clavicola. «Culo piatto? Tesoro, ti assicuro che il mio culo potrebbe fare concorrenza al tuo e a quello di Jimin messi assieme. Se vuoi ti faccio dare una palpatina così te ne rendi conto da sola.»
 
«Sai com’è, ho le mani bloccate. Ma se proprio ci tieni, liberami così ti faccio vedere dove te la do questa “palpatina”. Però ti avviso che non sarà per niente piacevole.»
 
Ridacchiai ancora. Le sue frecciatine erano troppo divertenti, e già pregustavo la sua reazione quando avrei messo in atto ciò che avevo in mente di farle. Rafforzai la presa intorno ai suoi polsi e con l’altro braccio le avvolsi la vita per tenerla ferma contro il mio petto. Sapevo che avrebbe trovato qualche strano stratagemma per liberarsi, così fui previdente e le bloccai tutto ciò che avrebbe potuto usare contro di me. Abbassai ancora di più la testa e sfregai la punta del naso contro il suo collo.
 
«Faccio in fretta. Te lo prometto,» sussurrai dolcemente contro la sua pelle.
 
 
Il primo pensiero che mi passò per la testa?
 
Questo pazzo bastardo sta per masturbarsi su di me.
 
Cercai di divincolarmi per l’ennesima volta, ma mi resi conto che Yoongi non era debole come sembrava. Di sicuro non aveva mentito sullo zio che gli aveva insegnato arti marziali fin da bambino. Sapeva quello che faceva e lo faceva anche piuttosto bene. Stava riuscendo a mettermi in difficoltà. Tuttavia, aveva tralasciato qualcosa di importante. Avevo le gambe libere.
 
Ne sollevai una e cercai di colpirlo con il tallone proprio in mezzo alle gambe. Rimasi senza parole quando riuscì a parare anche quel colpo. Fece scivolare velocemente la mano che mi teneva la vita e mi bloccò il piede con uno scatto rapido del braccio. Mi fece voltare e mi ritrovai a guardarlo negli occhi. Si allacciò la mia gamba intorno al suo fianco e si spinse con tutto il corpo verso di me, schiacciandomi la schiena contro il muro.
 
«Così sono decisamente più comodo,» mi sussurrò all’orecchio facendo tintinnare i due orecchini che avevo sul lobo. Mi vennero i brividi lungo la schiena quando si abbassò per incollare le labbra al mio collo. Aprì la bocca e cominciò a lasciare una serie di baci intorno alla zona più sensibile, poi si concentrò su un punto in particolare, mordicchiando la pelle. Spalancai gli occhi.
 
Lurido figlio di puttana. Avevo capito cosa stava cercando di fare.
 
«Yoongi… Fermo!» gli ordinai cercando di scollarmelo di dosso. «Stasera devo uscire con Jongin! Sai da quanto aspetto questo momento?! Yoongi, ti prego!»
 
Inutile. Le mie lamentele lo convinsero ad attaccarsi ancora di più al mio collo. Rafforzò la stretta intorno alla mia gamba e si buttò su di me. I nostri corpi erano talmente appiccicati che quasi facevo fatica a respirare. Riuscivo a sentire la sua eccitazione premere contro i miei fianchi. Poi avvertii un bruciore, una scarica che si propagò dal punto che stava torturando e succhiando con le labbra e con i denti.
 
Dio, lo avrei ucciso. Appena sarei riuscita a liberarmi, gli avrei strappato tutti i capelli così da farlo rimanere pelato. I suoi parrucchieri avrebbero dovuto ringraziarmi per avergli diminuito il carico di lavoro.
 
Riuscii a liberare la gamba che stava tenendo bloccata contro il suo fianco e la caricai indietro per tirargli un calcio dritto sul petto. Yoongi indietreggiò e si staccò finalmente dal mio collo, neanche fosse un vampiro. Mi portai subito la mano sul punto che continuava a pizzicarmi e guardai il moro sconvolta.
 
Non poteva averlo fatto davvero. Non era stato davvero così stronzo. Non dopo che gli avevo detto che stavo per uscire con la mia crush storica che mi stava ignorando da quasi tutta la vita.
 
«Bastardo, figlio di…» sibilai, ma mi bloccai non appena lo vidi sogghignare e passarsi una mano sulle labbra per asciugare i residui di saliva.
 
«Potrei dire la stessa cosa di te,» disse adocchiandosi i pantaloni. «Bastarda e anche stronza.» Poi risollevò gli occhi e le sue iridi scure agganciarono immediatamente il collo che avevo appena lasciato scoperto. Le sue sopracciglia si inarcarono e mi sentii morire quando dischiuse leggermente le labbra per dire, «Non pensavo di esserci andato così pesante.»
 
Mi voltai velocemente verso lo specchio con la faccia di una condannata a morte. Gli occhi mi uscirono quasi fuori dalle orbite. Era uno scherzo. Doveva sicuramente essere uno scherzo. Non era possibile una cosa del genere.
 
«Scusa, forse ho esagerato un po’.»
 
Feci scattare la testa verso di lui con la mascella contratta e gli occhi che lanciavano fiamme e saette. Spalancai la bocca. «”Scusa”?» ripetei. «”Scusa”? “Scusa”?! Ma lo sai dove te le infilo le tue cazzo di scuse?!» urlai. Sembravo una pazza appena uscita da un ospizio. «Min Yoongi, ma fai sul serio?! Sembra che mi abbiano tirato un maledetto pugno sul collo! Ho un livido grande quanto una casa!»
 
«Non pensavo si vedesse così… tanto,» cercò di pararsi il culo. «Comunque è quello che ti meriti! Così impari a svergognarmi davanti a tutti, stronza!»
 
Dio, fermami tu perché lo ammazzo.
 
«Yoongi, comincia a correre perché giuro che lo schiaffo dell’ultima volta in confronto ti sembrerà una carezza.»
 
Detto fatto. Il ragazzo cercò di trattenere una risata e aprì la porta alla velocità della luce. Gli lasciai solo qualche secondo di vantaggio sperando di far sbollire la rabbia… ma ciò non accadde. Anzi, ero più incazzata di prima. Marciai lungo il corridoio mentre Yoongi continuava a ridermi in faccia camminando all’indietro. Lo raggiunsi senza troppe cerimonie e gli allacciai il braccio intorno al collo, abbassandogli la testa all’altezza del mio petto. E quel bastardo continuava a ridere mentre cercavo di strozzarlo.
 
«Yorin.» Un’altra risata. «Yorin, così mi soffochi,» continuò sfregando i capelli contro la mia maglietta mentre cercava di liberarsi.
 
«Bene. È proprio quello che sto cercando di fare.»
 
«Ji Woo?»
 
Appena sentii la voce di Jungkook, mollai subito la presa e Yoongi finì quasi per terra. Mi coprii il livido alla velocità della luce e mi voltai verso il ragazzo che era comparso dal nulla alle nostre spalle.
 
«Sì, Jungkook?»
 
Stava guardando sia me che Yoongi. Quest’ultimo raddrizzò la schiena passandomi un braccio intorno alle spalle con il sorriso ancora sulle labbra.
 
«Ehi, Kook,» lo salutò con il fiatone poggiando la testa contro la mia. Ma chi gliela dava tutta ‘sta confidenza? «Che ti serve?»
 
«Ecco… io…» Jungkook spostò i suoi occhi su di me, su Yoongi e poi sul suo braccio intorno alle mie spalle. «Ji Woo, posso… Posso parlarti un attimo? In privato.» Il sorriso di Yoongi si spense.
 
«Sì, cert-»
 
«Ji Woo lavora per me,» m’interruppe Yoongi rafforzando la presa intorno alle mie spalle. «Qualunque cosa tu debba dirle, puoi dirgliela davanti a me.»
 
M’imbronciai voltandomi a guardarlo. «Aspetta un momento. E questo chi l’avrebbe decis-»
 
«Va bene.» Stavolta fu Jungkook ad interrompermi. Perché diavolo non mi facevano parlare?! «Ji Woo, quello che mi hai scritto ieri sera… lo pensavi davvero?» mi domandò con un broncio che trovai davvero adorabile. Mi sentii lo sguardo di Yoongi addosso.
 
Oh no. E ora che diavolo gli aveva scritto Ji Woo?
 
«Ehm, a quale parte ti riferisci?»
 
Jungkook mi riservò uno sguardo talmente intenso da potermi cavare l’anima dal petto. «Che sono la persona più importante della tua vita.»
 
▫◦▫◦▫
 
«JI WOO!» urlai a squarciagola sbattendomi la porta di casa alle spalle con un botto assordante. Udii uno strano rumore in camera della suddetta ragazza e pensai subito che fosse caduta dal letto per lo spavento. Andai a controllare ed ebbi la mia conferma quando la ritrovai stesa sul pavimento.
 
«Oh mio Dio!» urlò Ji Woo appena mi vide. M’indicò e io assottigliai gli occhi per la confusione. «Ti ha punto un calabrone??»
 
Ma perché avevo una migliore amica così stupida? Sollevai gli occhi al cielo. «Sì, un calabrone davvero stronzo… Senti, Ji Woo. Cosa diavolo hai scritto ieri a Jungkook? Sei uscita di senno?!»
 
La mora diventò tutta rossa. «Yorin, io… Volevo dirtelo, te lo giuro. Ieri sera ero particolarmente sensibile… Mi era appena arrivato il ciclo e… beh, sai come divento quando ho il ciclo. Isterica e frignona, per non dire depressa. In più stavo messaggiando con Jungkook, il mio bias. Credo di essermi un po’ lasciata andare…»
 
Chiusi gli occhi per darmi una calmata. «Ji Woo, ti rendi conto di quello che gli hai detto? Ora lui pensa che sia stata io a farlo! È venuto lì a chiedermi se pensassi davvero che fosse la persona più importante della mia vita!»
 
«S-Stai dicendo sul serio?!» mi domandò incredula alzandosi in piedi. «E tu cosa gli hai risposto?»
 
«Gli ho detto di sì perché lui è il mio bias e io sono la sua fan numero uno,» dissi coprendomi il viso per la vergogna. In quel momento avrei voluto sotterrarmi, ma per non farmi beccare avevo detto la prima cosa che mi era passata per la testa. E poi la faccia di Yoongi era stata uno spettacolo. Mi aveva guardato come se gli avessi bestemmiato in faccia. Jungkook invece si era illuminato e aveva continuato a sorridere per tutta l’ora successiva.
 
Come avevo fatto a ficcarmi in quella situazione?
 
«Ji Woo, sono passati diversi giorni,» l’avvisai tornando a guardarla. «Devi dirgli la verità… Ora che lavoro per Yoongi, vedrò Jungkook tutti i giorni e non posso essere a conoscenza di ogni singola cosa che vi scrivete. Alla fine commetterò qualche errore e lui lo verrà a sapere. Sii sincera e diglielo tu prima che lo scopra da solo. Pensa a quanto ci rimarrebbe male.»
 
«Lo so…» disse sconsolata puntando gli occhi sul pavimento. Cominciò a giocherellare con le dita e a mordicchiarsi il labbro inferiore. Sembrava una bambina. «Cerco sempre di dirglielo, ma non ho mai il coraggio di inviare il messaggio.»
 
Il mio sguardo si addolcì. «Vuoi che ci pensi io?»
 
«No!» urlò sollevando immediatamente la testa. I suoi occhi erano pieni di terrore. «No, è giusto che sia io a farlo. Ma ti chiedo ancora qualche giorno. Due o tre al massimo.»
 
«Ji Woo…»
 
«Ti prego, Yorin! Devo trovare il modo di andare sul discorso. Non voglio che ci resti troppo male.»
 
La guardai. «Perché dovrebbe rimanerci male? Mi sembra che tu gli stia molto simpatica.»
 
«Non sono io a stargli simpatica, ma tu…» dichiarò sconsolata. «Se non trovo le parole giuste… potrebbe finire per odiarmi. Lo sto facendo in buona fede, ma gli sto pur sempre mentendo.»
 
Incrociai le braccia al petto e sospirai. «Sono stata io a dargli il tuo numero di telefono. È con me che deve prendersela. Tu non c’entri niente, Ji Woo. Non darti la colpa per cose che non ti riguardano.»
 
«Sì, ma io ho accettato…» insistette. «E non mi piace per niente continuare a mentirgli, ma… ormai parlare con lui è diventata un’abitudine. Ci sentiamo quasi ogni giorno e in un certo senso siamo diventati uno la valvola di sfogo dell’altro, perciò mi dispiacerebbe troppo perdere la nostra complicità. Parlare con lui mi fa sentire bene.»
 
Certo, era comprensibile. Jungkook era il suo idolo. A chi non sarebbe piaciuto scambiare pareri e pensieri con la persona che si ammirava di più al mondo? Per Ji Woo, ogni parola di Jungkook era oro. Ogni suo consiglio aveva un valore inestimabile perché solo lui aveva il potere di consolarla e spronarla come neanche io sarei mai stata in grado di fare. Ero sempre rimasta affascinata dal rapporto che legava una persona famosa ai suoi fan, ma non l’avevo mai visto concretizzarsi davanti ai miei occhi come stava succedendo con Jungkook e Ji Woo. A me non era mai capitato, neanche con Jongin.
 
Cazzo, Jongin!
 
«Oh mio Dio! Che ore sono?!» sbraitai cercando un qualunque oggetto su cui ci fosse scritta l’ora. Ero tornata a casa da poco ma ero già in ritardo visto che Yoongi, per dispetto, non mi aveva fatto tornare subito a casa. Se l’era davvero presa per quello che avevo detto a Jungkook.
 
«Le otto e un quarto. Perché?» mi domandò Ji Woo dopo aver controllato l’orario sul suo cellulare. Spalancai gli occhi e mi precipitai fuori dalla sua stanza, dirigendomi verso il bagno.
 
«Alle otto e mezza passa a prendermi Jongin!» urlai di nuovo sbattendomi la porta del bagno alle spalle. Mi tolsi i vestiti per infilarmi sotto la doccia e mi venne quasi un infarto quando nel riflesso dello specchio rividi per la seconda volta quel livido violaceo che m’imbrattava vergognosamente la pelle. Vi passai un dito sopra e notai che non mi faceva male. Era la prima volta che qualcuno mi faceva un succhiotto, peccato che l’avessi ricevuto nientemeno che da quel deficiente. Gli avrei fatto pagare anche questa.
 
Sconsolata, mi buttai sotto la doccia e m’insaponai i capelli alla velocità della luce. Per fortuna non ero il tipo di ragazza che perdeva le ore in bagno, perciò riuscii a fare tutto nel giro di dieci minuti. Evitai volutamente il trucco e uscii dal bagno con i capelli ancora leggermente umidi e il viso stravolto a causa di quella giornata. Ji Woo mi seguì subito in camera da letto.
 
«Che vuol dire che Jongin ti passa a prendere?» mi domandò facendo capolino dalla porta. Mi osservò mentre afferravo una felpa a caso e un paio di jeans strappati sul ginocchio. Il tono che usò per pormi quella domanda mi trasmise tutta la curiosità che aveva represso fino al momento in cui non ero uscita dal bagno.
 
«A dire il vero non lo so nemmeno io. Ha continuato a mandarmi messaggi mentre ero a lavoro e poi mi ha chiesto se stasera avevo voglia di uscire con lui.» Diventai rossa come un pomodoro mentre tiravo su il cappuccio della felpa per nascondere i capelli già in disordine. «Andiamo a mangiare sushi. Niente di particolarmente complicato, ma credo che mi stia venendo un attacco cardiaco,» conclusi portandomi entrambe le mani sul cuore e osservando il mio riflesso allo specchio.
 
«E vuoi andarci vestita così?!» Mi voltai e vidi lo sguardo incredulo e critico di Ji Woo che mi stava squadrando dalla testa ai piedi. «E non hai neanche un filo di trucco. Okay che sei gnocca, ma quale ragazza non si mette in tiro per un appuntamento?»
 
«Non è un appuntamento. È solo un’uscita tra vecchi amici,» la corressi. «E ho messo la felpa per coprire il segno sul collo. Non posso di certo fargli sapere che qualcuno mi ha fatto un succhiotto.»
 
«Un… Un che?» La mascella di Ji Woo toccò quasi per terra. Si coprì la bocca spalancata con le mani quando il suo cervello non troppo sviluppato riuscì finalmente a capire l’origine di quella macchia sul mio collo. «E chi diavolo te l’ha fatto?» Sollevai gli occhi al cielo.
 
«Un calabrone di nome Suga.»
 
«Oh santo Namjoon…»
 
«Quel tipo mi sembra tutto tranne che un santo.»
 
«È un modo di dire!» sbraitò la moretta. «Ti rendi conto che io devo ancora metabolizzare il fatto che tu sia pappa e ciccia con i BTS, che io scambio messaggi con Jungkook e che Min Yoongi ti ha fatto un maledetto succhiotto?! Per non parlare dell’appuntamento con uno degli EXO. Io sto per andare in paranoia!»
 
«Ok, ok. Calmati,» le dissi cercando di frenare quella sua esplosione di emozioni. «Capisco che il tuo cervello da fan non riesce ad elaborare così tanti concetti tutti insieme, ma…»
 
«Elaborare?! Diamine, Yorin. Qualche mese fa scleravo davanti alla televisione e quasi uccidevo per riuscire a mettere le mani su un biglietto di un loro concerto. Sai che ogni volta che vedo spuntare il nome di Jungkook sul mio telefono rischio l’arresto cardiaco? Elaborare un corno!»
 
Mi trattenni dal ridere. Era troppo carina quando sclerava in quella maniera. Ji Woo dimostrava decisamente meno anni di quelli che aveva. I suoi tratti dolci e infantili la facevano assomigliare ad una bambina capricciosa ogni volta che s’incazzava. Soprattutto se metteva il broncio come stava facendo in quel momento.
 
«Ok, che posso fare per farti calmare?»
 
«Prima di tutto ti togli quei vestiti, poi ti fai truccare come si deve.»
 
Il mio sorriso scomparve. «E sentiamo, che dovrei mettermi?»
 
Il suo sorrisetto non mi piacque per niente. Si avvicinò al mio armadio e cominciò a rovistare finché non trovò quello che stava cercando. Buttò sul mio letto un paio di collant nere, una gonnellina nera a pieghe e una camicetta di pizzo bianco con lo scollo a barca. Spalancai gli occhi finché non mi si appannò la vista.
 
«Io ‘sta roba non la metto,» le dissi indicando la gonna. «E con quella camicetta ho tutto il collo scoperto. Mi stai prendendo per il culo o cosa?»
 
«Con un po’ di trucco quella macchia si affievolisce, fidati di me. O al massimo puoi mettere un foulard intorno al collo. E quella gonna te l’ho regalata io al tuo compleanno. Se non la metti mi offendo. Non puoi sempre andartene in giro con quei pantaloncini e quei jeans strappati versione barbona. Una donna deve tirare fuori la sua femminilità quando va ad un appuntamento con un uomo.»
 
«Per la centesima volta, non è un appuntamento!» urlai sconsolata. Mi lasciai cadere sul letto, ma Ji Woo non mi diede il tempo di poggiare la schiena sul materasso che mi aveva già fatta alzare in piedi. Mi trascinò nella sua camera e mi abbassò il cappuccio della felpa per dare un’occhiata al mio viso.
 
«So che di trucco te ne intendi, ma stavolta lascia fare a me, ok?» disse mentre mi studiava i lineamenti del volto. Abbassai lo sguardo a disagio.
 
«Fai quello che vuoi, basta che ti sbrighi. Rimangono solo cinque minuti.»
 
Non l’avessi mai detto. Ji Woo prese tutti i trucchi sul suo comodino e cominciò a colorarmi la faccia peggio di un pittore con il suo quadro. Mi sentivo esattamente come quando ero apparsa in tv per fare la backup dancer. Le truccatrici mi avevano costretto a stare un’ora nella sala trucco e io stavo per dare di matto perché non riuscivo a stare ferma. Per fortuna Ji Woo c’impiegò relativamente meno tempo. Finì di sistemarmi il rossetto, il mascara e poi diede un ultimo ritocco al collo. Quando mi guardai allo specchio, rimasi piacevolmente sorpresa.
 
Non aveva esagerato, optando per dei toni caldi e seducenti. L’eyeliner mi allungava la forma dell’occhio e le dava un tocco felino, mentre il rossetto era di una leggera sfumatura rosa. La macchia sul collo si vedeva appena... ma si vedeva.
 
Mi alzai e mi diressi in camera mia, guardando i vestiti sul letto come se fossero degli oggetti di tortura. Mi costrinsi ad indossare la gonna e le calze solo perché non volevo offendere Ji Woo. Di solito non le sopportavo, ma per Jongin avrei fatto uno sforzo. Persi quasi l’equilibrio cercando di infilare un piede nella calza, ma alla fine riuscii a vincere quella guerra. Indossai la camicetta e mi guardai allo specchio.
 
Beh, non era male.
 
Allungai una mano e presi un piccolo foulard bianco che legai intorno al collo, esattamente dove c’era l’alone scuro. Poi Ji Woo ritornò con un paio di tacchi in mano. «No, quelli non li metto,» protestai allontanandomi di un passo. «Resto fedele alle mie sneakers.»
 
«Non fare la deficiente! Tu li metti oppure non ti faccio uscire,» s’impuntò la mia migliore amica. Ah, ora eravamo arrivate alle minacce? Di una cosa ero sicura. Quando Ji Woo si metteva in testa una cosa, non c’era verso di farle cambiare idea.
 
Dlin Dlon.
 
Sgranai gli occhi e guardai la mia amica mentre faceva la mia stessa espressione sorpresa. Il cuore prese a battermi all’impazzata e cominciai a sudare freddo. Tanto dall’agitazione, non mi resi conto che stavo andando ad aprire senza aver messo le scarpe. Per fortuna Ji Woo mi trattenne per un braccio e mi convinse ad infilarle, non senza qualche turbolenta imprecazione da parte mia. Mi slogai quasi una caviglia quando feci il primo passo, ma riuscii ad arrivare alla porta senza altri intoppi.
 
«E non essere sempre così ovvia!» mi urlò Ji Woo dall’altra stanza prima che potessi spalancare il portone d’ingresso. «L’avrà già capito che gli muori dietro. Sembri una ragazzina alle prese con la sua prima cotta!»
 
Senti chi parla. Lei con Jungkook si comportava peggio di me. Era già un miracolo che non gli fosse saltata addosso quando l’aveva incontrato dal vivo. Tuttavia, quando aprii la porta, per poco non svenni lì sulla soglia.
 
«Ehi,» mi salutò Jongin con degli occhi talmente sorridenti che mi fecero tremare le ginocchia. Rimasi imbambolata sulla porta, a guardarlo. «Non sono in anticipo, vero? Avevamo detto le otto e mezza e sono…» controllò l’orologio che aveva sul polso, «le otto e trentacinque. Cavolo, sono in ritardo di cinque minuti. Non ti ho fatto aspettare, vero?» si preoccupò tornando a guardarmi negli occhi. Io riuscii solo a deglutire. «Yorinie? Tutto bene?» mi domandò inclinando la testa.
 
«S-Sì. Cioè, no… No nel senso che non mi hai fatto aspettare.» Dio, stavo facendo una figura di merda. Sembravo davvero una di quelle ragazzine alle prese con la sua prima cotta. Beh, Jongin era la mia prima cotta, perciò non avevo poi tutti i torti. «Prendo la borsa e andiamo, ok?» Annuì e io tornai indietro mentre il moro appoggiava la spalla contro lo stipite e infilava le mani nelle tasche dei pantaloni. Deglutii una seconda volta. Il cuore che continuava a battermi nel petto non mi aiutava a pensare lucidamente.
 
Come poteva esistere un ragazzo così bello? Ancora non riuscivo a capacitarmene. Indossava una semplice maglietta bianca con dei jeans chiari e un giubbotto di pelle. Aveva il viso coperto dalla mascherina, ma ciò non impediva alla sua bellezza di farmi rimanere senza fiato, come ogni fottuta volta. Afferrai la borsa, il mio giubbotto di pelle e tornai indietro.
 
«Andiamo?» mi domandò facendo un cenno con la mano verso il SUV parcheggiato davanti alla porta. «Il ristorante ha un’area VIP, quindi non preoccuparti per i giornalisti. Avremo la nostra privacy.»
 
Non so perché, quella frase mi fece mancare un battito. Riuscii solo ad annuire mentre mi voltavo per chiudere la porta. Vidi Ji Woo con i pollici alzati, intenta a mimare con la bocca un tifo fin troppo esagerato. Chiusi la porta con un tonfo e camminai di fianco a Jongin che mi aprì la portiera dell’auto e mi aiutò a prendere posto sul sedile posteriore della macchina. Fece il giro e si sedette di fianco a me, dicendo all’autista di partire.
 
Mi voltai quando sentii gli occhi di Jongin su di me. «Che c’è?» gli domandai stringendo più forte la borsa che tenevo in mano. «Ho qualcosa di strano in faccia?»
 
Oddio, aveva già notato la macchia sul collo? Impossibile, era coperta dal foulard… Forse si era spostato?
 
«No, certo che no,» mi tranquillizzò, e io ripresi nuovamente a respirare. «Solo che…» Mi mancò di nuovo il fiato. «Oggi sei molto carina. Tutto qui. Non fraintendermi, lo sei anche gli altri giorni, ma oggi…» Fece una risata e si tirò giù la mascherina rivelando il suo sorriso perfetto e il suo volto mozzafiato. «Oggi sei davvero bellissima.»
 
Sentii la faccia andare a fuoco. Non riuscii a mantenere il contatto visivo con lui e diressi lo sguardo sul vetro anteriore della vettura. «G-Grazie,» riuscii a balbettare. Ero talmente in imbarazzo che avrei potuto sprofondare in mezzo ai sedili. Non sapevo cosa rispondergli, così decisi di rimanere in silenzio nella speranza di far passare quel momento.
 
Cavolo, Kang Yorin non stava mai zitta. Aveva sempre qualcosa da dire, ma non con Jongin. Con lui mi trasformavo in una persona completamente diversa. Se fosse stato un altro, di sicuro gli avrei risposto per le rime. Come facevo con Min Yoongi.
 
Per fortuna il mio cellulare ebbe pietà di me e si ricordò che esisteva soprattutto per tirarmi fuori dalle situazioni imbarazzanti. Trillò avvertendomi di un messaggio appena ricevuto. Di sicuro era Ji Woo con una delle sue solite frasi incoraggianti tipo “Fighting!”. Quando controllai la notifica sullo schermo, per poco non mi venne un colpo.
 
Da Puttaniere:
Come va il tuo appuntamento? Spero che tu non stia tradendo la persona più importante della tua vita. Il tuo bias potrebbe rimanerci davvero male.

🔺🔺🔺

ᗩngolo.ᗩutore
Finalmente ce l'ho fatta a postare questo capitolo 🤯 Ho passato una settimana a scrivere due righe, fermarmi e poi riprendere a scrivere. Le parole non volevano proprio saperne di uscire ahaha Per farmi perdonare ho allungato il capitolo, spero non vi annoi 😆

E Yoongi alla fine si è vendicato con qualcosa che ha lasciato il segno 🤔 Povera Yorin, proprio quando finalmente poteva uscire con Jongin 😆 Jungkook ha ricevuto la "conferma" che è il preferito di Ji Woo, anche se non della Ji Woo che pensa lui ahaha Come credete andrà a finire questa faccenda tra loro due?

In realtà in questo capitolo avevo in mente di scrivere tutt'altro (giorno due del photoshoot) ma ancora una volta non sono riuscita a seguire la scaletta che mi ero fatta in testa. Succede anche a voi che quando scrivete prendete una direzione completamente diversa da quella che vi eravate prefissati? Perché a me succede SEMPRE

Vabbé, non vi annoio più di tanto! Spero che il capitolo vi sia piaciuto e prometto che per il prossimo non vi farò aspettare così tanto! Se volete lasciatemi un commentino ⭐ Alla prossima 😘  

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Capitolo 19
*** Date ***


Hook-Up
❖ Date



🔻🔻🔻  


Da quando avevamo messo piede in quel ristorante, era forse la centesima volta che mi sistemavo il foulard intorno al collo. Stavo seduta con l’ansia che potesse spostarsi e rivelare il segnaccio che mi aveva lasciato Yoongi. Certo, era coperto dal fondotinta, ma l’alone si vedeva comunque, soprattutto dopo aver continuato a sfregare la stoffa contro il collo per essere sicura che non si vedesse. In realtà avevo finito per rimuovere quasi metà del trucco. Me n’ero accorta dopo essere andata in bagno e aver controllato il pasticcio allo specchio.
 
Un applauso, Kang Yorin. Una cosa più intelligente di questa non potevi farla. E ovviamente non mi ero portata dietro i trucchi per poter rimediare al danno. Doppio applauso. Tutto meritato.
 
Tornai dal bagno con l’ansia a mille e mi sedetti di fronte a Jongin. Lui mi fece un sorriso prima di ritornare con gli occhi sul menù che teneva in mano. Dovevamo ancora scegliere cosa prendere dato che eravamo lì da neanche dieci minuti. Ed io ero già andata in bagno. Cavolo, forse aveva pensato che fossi incontinente. Che figura di merda.
 
Mi guardai intorno per non pensarci e mi resi conto che il posto era davvero carino. Un separé gigantesco di colore rosso, con delle decorazioni in stile giapponese, ci divideva dal resto della gente. Eravamo seduti a gambe incrociate su dei cuscini color porpora e avevamo di fronte un tavolino basso, piccolo, bianco e quadrato. Uno dei bodyguard di Jongin stava immobile davanti al separé e vietava a chiunque di oltrepassarlo, a meno che non fossero camerieri.
 
«Non controlli il menù?»
 
La voce di Jongin mi riportò alla realtà. Mi resi conto che mi stava fissando con curiosità e allora afferrai subito l’altro menù che era rimasto inviolato sul tavolino. «Sì, stavo per farlo,» gli risposi dandomi mentalmente dell’idiota. «Mi stavo solo guardando intorno.»
 
«Ti piace? Io adoro l’atmosfera di questo posto,» affermò il moro tornando a guardare il suo menù. «È tranquillo e soprattutto riservato. Non ci disturberà nessuno.»
 
Era proprio per quello che mi stava andando in fumo il cervello. Con un po’ di gente intorno non mi sarei sentita così a disagio. Ok, era il mio migliore amico, ma non eravamo mai andati a cena da soli, non in un ristorante di lusso come quello. Dal suo debutto lo avevo visto poco e niente, per questo mi faceva strano.
 
«Ti consiglio l’hosomaki misto o l’huramaki fuji. Sono deliziosi,» disse indicando le due illustrazioni sul menù. Io, da brava tirchia qual ero, adocchiai prima il prezzo. Per poco non mi partì un’imprecazione talmente forte che lo avrebbe fatto ribaltare dalla sedia con conseguente rottura della colonna vertebrale. E no, non esagero.
 
«Ah, okay…» dissi nascondendo il volto dietro il mio menù. Il mio borsellino non era decisamente pieno visto che avevo ripreso a lavorare solo quella mattina, e come se non bastasse Yoongi non aveva neanche intenzione di pagarmi. Maledetto puttaniere. Avrei dovuto affidarmi ai miei risparmi di emergenza sulla carta di credito. Almeno non avrei fatto la figura della barbona di fronte a uno degli idol più famosi del momento. Cavolo, doveva essere pieno di soldi. Che diavolo ci facevo lì con lui?
 
Mi sistemai ancora una volta il foulard. Ormai era diventato un gesto meccanico per tenere a bada lo stress. Ma uscire con la propria cotta era davvero così sfiancante? Cavolo, pensavo che fosse divertente, ma a quanto pare mi sbagliavo.
 
Il cameriere arrivò a prendere le nostre ordinazioni e io evitai come la peste ciò che mi aveva consigliato Jongin. Optai per le cose meno costose del menù mentre il mio migliore amicò prese quasi tutto quello che c’era al suo interno. Concluse la sua ordinazione con una bottiglia di vino e una di soju. Non osai nemmeno immaginare quanto avrebbe speso per tutta quella roba.
 
Ed eccolo, il momento che temevo di più. L’attesa delle portate. Stavo in silenzio a torturarmi i pollici mentre Jongin stappava la bottiglia di vino e ne versava un po’ nel mio bicchiere. Abbassai leggermente il capo per ringraziarlo. Se ne versò un po’ anche lui e afferrò il calice dalla base mentre faceva roteare il polso per far oscillare il liquido rosso al suo interno. Diede un veloce colpetto contro il mio bicchiere per fare un brindisi e posò le labbra sul bordo di cristallo, leccandosi quello inferiore per assaporare il gusto del drink alcolico.
 
Ero completamente rapita da ogni suo gesto, che fosse il debole movimento del polso o la carezza della lingua contro le sue labbra. Che fosse il semplice accavallare le gambe o il passare le dita tra i capelli scuri e setosi.
 
«Allora, Yorinie,» disse posando nuovamente il calice sul tavolo. Mi guardò negli occhi e si leccò il labbro ancora umido. Mi vennero i brividi. «Ho saputo che lavori per Suga.» Spalancai gli occhi e li risollevai per guardare i suoi. Erano pieni di curiosità.
 
«Come fai a saperlo?»
 
«Beh, lavoriamo nello stesso campo. Le voci girano.» Annuii. Certo, aveva ragione. «Ma c’è qualcosa che non mi convince.»
 
Lo guardai confusa. «In che senso?»
 
«Beh, non credo di esagerare quando dico che tu lo detesti. Ti ricordo che gli hai tirato uno schiaffo davanti a me. Lo guardavi come se volessi ucciderlo.» Cavolo, ci aveva preso alla grande. «Quindi perché adesso ti ritrovo a fargli da assistente? Non ti sarai mica cacciata in qualche guaio, vero?»
 
Sospirai e afferrai il mio calice di vino per mandarne giù un sorso. Avevo proprio bisogno di una spinta o sarei impazzita. «No, tranquillo. Nessun guaio. Solo che… lui sa delle cose su Yoona che io non so e stargli accanto è l’unico modo per fargli sputare il rospo.» L’espressione di Jongin mutò non appena udì il nome di mia sorella uscirmi dalle labbra. Posò i gomiti sul tavolino che ci separava e chinò la schiena per avvicinarsi a me.
 
«Yoona?»
 
«Sì,» confermai, un po’ scossa dalla sua vicinanza. «A proposito, Jongin-ah. Perché non mi hai mai detto che Yoona si vedeva con Yoongi?» domandai reclinando il capo. «Non mi hai mai parlato di lui.» Jongin sospirò e si allontanò nuovamente, permettendomi di riattivare la respirazione.
 
«Perché avrei dovuto parlartene? Era solo uno dei tanti che Yoona si portava a letto. Sai com’era fatta. In quella trappola ci sono caduto anch’io.»
 
«Ma Yoona non se l’è portato a letto,» lo contraddissi. Il moro mi guardò confuso. «Me lo ha detto Yoongi. E mi ha anche detto che stavano veramente insieme, come una normalissima coppia.»
 
Jongin scoppiò a ridere e sbatté i palmi delle mani contro la superficie del tavolino. «Oh, Yorinie! E tu ci credi?» mi domandò continuando a ridacchiare. «Dai, non deludermi proprio tu. Com’è possibile che una divora serpenti come te si sia fatta abbindolare dalle parole di quel tipo? Sai che Yoona schifava le relazioni e dava confidenza a qualcuno solo se voleva portarselo a letto. Era fatta così. Ma te lo dico io com’è andata. Yoongi si è fatto i viaggi mentali. Yoona c’avrà fatto sesso qualche volta e lui ha creduto di essere diventato il suo ragazzo. Ho visto la sua gelosia con questi occhi e ho provato il suo pugno sulla mia pelle quando ci ha visto baciarci dietro le quinte. E lo sai che ha fatto Yoona? Il giorno dopo è andata a scopare con un altro.»
 
Lo guardai incredula. «Quindi mi stai dicendo che Yoongi mi ha mentito? Perché avrebbe dovuto farlo?»
 
«Non lo so, ma pensaci. Quel tizio è famoso per essere un dongiovanni. E ora tu mi vieni a dire che ha fatto il santarellino con la ragazza meno pudica che io abbia mai conosciuto?» Mandò giù un altro sorso di vino. «Non ti sembra parecchio strano? Sicuro che non ti abbia raccontato una balla per guadagnarci qualcosa?»
 
«Cosa dovrebbe guadagnarci?» domandai confusa.
 
Jongin ridacchiò e allungò una mano per spettinarmi amorevolmente i capelli. Il cuore mi balzò quasi fuori dal petto. «È questa tua ingenuità che ti rende così carina,» sussurrò con il sorriso sulle labbra. «Ma devo comunque avvisarti, Yorinie. Quello è capace di tutto per portarti a letto, persino mentirti. Perciò non fidarti delle sue parole. Non fidarti di Min Yoongi, te lo dico col cuore.»
 
Ora sì che ero confusa. Quindi, secondo Jongin, Yoongi mi aveva detto di non essere andato a letto con mia sorella perché così sarei stata più propensa ad andare a letto con lui? E su cos’altro poteva avermi mentito? La mia testa stava cominciando a fare dei ragionamenti poco felici e allora decisi di finirla lì. Quando pensavo troppo finivo per ingigantire le cose.
 
«Sicura che non ti ha fatto niente?» mi domandò all’improvviso. «Non mi fido di quel tipo.»
 
La mia mano scattò subito sul mio collo prima che me ne accorgessi. Cominciai a massaggiarmelo per fargli credere che volessi farlo fin dall’inizio. Diamine, stavo per essere tradita dal mio stesso corpo.
 
«Jongin, andiamo. Mi conosci. Pensi che mi faccia mettere le mani addosso da quello lì? Gli arriverebbe prima uno schiaffo in faccia e poi un calcio nelle parti basse. Mi sembra che tu abbia visto con i tuoi occhi come so tenerlo a bada.» Jongin sorrise e mi scompigliò ancora una volta i capelli.
 
«Oh sì, e sei stata fantastica! Quello schiaffo se l’è proprio meritato.»
 
Il cameriere arrivò proprio in quel momento con le nostre ordinazioni e ne approfittai per tirare fuori il mio cellulare e controllare la sfilza di messaggi che mi erano arrivati sempre dallo stesso mittente.
 
«Puttaniere
Ah, quindi hai deciso di ignorarmi?
 
«Puttaniere
O forse hai la coda di paglia?
 
«Puttaniere
Dove siete? Già al ristorante?
 
«Puttaniere
Cosa state facendo?
 
No vabbè, era incredibile. Ora aveva deciso di diventare il mio stalker? Come se non bastasse il capo rompipalle e pervertito.
 
Tu»
Altri due messaggi e ti blocco
 
«Puttaniere
Non puoi. Sono il tuo capo.
 
«Puttaniere
Hai bisogno del mio numero per lavorare
 
Tu»
Vai a farti fottere
 
«Puttaniere
Preferirei fottere te
 
Mi lasciai sfuggire uno sbuffo incredulo e Jongin sollevò il mento mentre stava sistemando nel mio piatto alcuni special roll al salmone e formaggio che aveva ordinato per sé stesso. Seguii il movimento delle sue bacchette che si spostavano dal suo al mio piatto.
 
«Cosa stai facendo?» gli domandai confusa.
 
«Li ho ordinati anche per te. Mangia,» mi ordinò con una semplicità invidiabile. «A chi stai scrivendo?» Andai nel panico, ma le mie doti nascoste di attrice vennero allo scoperto.
 
«Oh, è Ji Woo. Vuole sapere come sta andando la cena. È una tua fan, lo sapevi?»
 
Jongin arcuò le sopracciglia. «Davvero? Non ho mai avuto modo di parlarci. Da quand’è che la conosci?»
 
«Hmm,» ci pensai su picchiettandomi le labbra con la punta delle mie bacchette. «Quasi cinque anni. L’ho conosciuta dopo la scomparsa di Yoona. Mi ha aiutato un sacco a venirne fuori, per questo la reputo la mia migliore amica. Non ne ho mai avuta una, ma con lei è stato naturale pensare che lo fosse.» Poi mi venne un’idea che mi fece storcere le labbra in un sorrisetto malefico. «Jongin? Ti dispiace se ci facciamo un selfie?»
 
Il moro s’infilò in bocca uno dei suoi sashimi al tonno e poi si voltò verso di me mentre masticava con vigore. «Tu che mi chiedi un selfie? Perché?»
 
«Voglio mandarlo a Ji Woo.»
 
La sua espressione cambiò in una comprensiva e annuì con vigore mentre scivolava verso di me. Finì di masticare quello che aveva in bocca e avvicinò la sua faccia alla mia per entrare nell’inquadratura. Cercai di fare una posa carina nonostante mi facesse venire il voltastomaco e attivai anche un filtro per mettere un cuoricino sulla faccia. Mi picchiettai la guancia con l’indice e arricciai persino le labbra. Mi facevo ribrezzo. Premetti quattro volte il pulsante dello scatto, e anche se erano pressoché identiche, le inviai tutte alla mia vittima preferita.
 
Tu»
 
Tu»
Io e Jongin ti mandiamo tanti saluti
 
Tu»
La cena è deliziosa
 
«Puttaniere
Ha la faccia da minchia
 
Tu»
Sarà bella la tua
 
Tu»
Perché non vai da quella faccia
da minchia di Soo Jin?
 
«Puttaniere
Abbiamo appena finito di
scopare e si è accollata
 
«Puttaniere
Odio le ragazze che
si accollano dopo il sesso
 
Tu»
Quanto sei romantico,
Min Yoongi
 
Tu»
Giuro, mi fai commuovere
 
«Allora? Che ha detto?» domandò Jongin facendomi risollevare lo sguardo. Stava bevendo un altro sorso di vino. Sorrisi e scrollai le spalle.
 
«Dice che ti adora e sei bellissimo.»
 
«Ah, troppo buona,» ridacchiò imbarazzato. «Ma non mi hai detto com’è andata a finire con il suo preferito. Jungkook, giusto?»
 
Annuì e finalmente mi decisi a iniziare a mangiare. Quello stronzo mi aveva tenuta così impegnata che non avevo ancora provato nulla. «Ho scambiato i nomi e i numeri come ti avevo detto, ma credo che la situazione ci stia sfuggendo di mano,» affermai infilandomi in bocca uno dei tanti hosomaki che avevo nel piatto. Le mie papille gustative andarono in visibilio.
 
«Davvero? Perché?»
 
Masticai. «Perché Ji Woo ha paura di dire la verità a Jungkook.»
 
«Ah, brutta roba,» concordò Jongin. «Si è affezionata?»
 
«Fin troppo.»
 
Bip. Bip. Ennesimo trillo del telefono che mi avvisava la ricezione di un altro messaggio. Sollevai gli occhi al cielo e afferrai il cellulare mentre con l’altra mano mi portavo il bicchiere di vino alla bocca. Ne presi un sorso.
 
«Puttaniere
Non baciarlo
 
Il vino mi andò di traverso e cominciai a tossire. Jongin mi picchiettò gentilmente la schiena mentre mi portavo il pugno davanti alla bocca per evitare di contaminare il cibo con i miei stessi germi.
 
«Ehi. Piano, altrimenti ti strozzi,» mi avvisò Jongin. Cercai di sorridere per rassicurarlo e ripresi il cellulare in mano. Picchiettai le dita sulla tastiera, furiosa come una belva.
 
Tu»
Ma ti fai un po’ di cavoli tuoi???
 
«Puttaniere
Ha già visto il mio
bellissimo succhiotto?
 
Tu»
No caro mio.
Ho messo un foulard
 
«Puttaniere
Che roba da vecchia
 
Tu»
E indovina di chi è la colpa se mi
sono dovuta vestire da vecchia!!
 
Sul serio. Mi stava facendo saltare i nervi. Mi aveva fatto quel succhiotto per rovinarmi l’uscita con Jongin e sicuramente si era irritato perché mi stavo godendo la serata nonostante tutto. Che bastardo viziato. Ma sapeva che il mondo non girava attorno a lui?
 
«Comunque chiamarti Ji Woo mi fa strano,» disse Jongin ridacchiando sotto i baffi. «Cerca di ricordarmelo quando siamo insieme a loro oppure potrei rovinarti la copertura.»
 
Quelle parole mi ricordarono che Yoongi non era stato del tutto stronzo. In fin dei conti aveva falsificato il mio badge per diventare complice della mia bugia. Non avevo ancora capito perché lo aveva fatto. Non mi aveva ancora ricattata e non aveva insistito quando mi aveva chiesto perché nascondessi il mio vero nome. Che fosse anche questo un metodo per farmi addolcire e riuscire a portarmi a letto? Bevvi un altro sorso di vino per non pensarci.
 
«Anche a me fa strano quando mi chiamano Ji Woo,» risposi rimettendo il bicchiere sul tavolo. «Sei una delle poche persone che mi chiamano ancora con il mio vero nome. Non sai quanto sia bello.»
 
«Allora ti chiamerò Yorinie ancora più spesso. Mi piace farlo. Mi ricorda quando eravamo piccoli.»
 
Ridacchiai. «Anche a me.»
 
La serata passò molto tranquillamente. Ad un certo punto Jongin cominciò persino ad imboccarmi le robe che aveva nel suo piatto e dovetti fare dei respiri profondi per evitare di fargli vedere che stessi andando in iperventilazione. Diamine, ero proprio cotta. Kang Yorin non arrossiva mai, a meno che non si trattasse di Kim Jongin. Lui era un’eccezione alla regola.
 
Il cellulare trillò di nuovo mentre facevamo l’ennesimo brindisi. E adesso che altro voleva?
 
«Puttaniere
Siete ancora al ristorante?
 
Tu»
Ovviamente
 
«Puttaniere
Questo Jongin deve
essere proprio uno sfigato
 
«Puttaniere
Non lo sa che al primo
appuntamento si scopa e basta?
 
Tu»
Eh certo. Cos’è, una delle tante regole
dell’abbordaggio secondo Min Yoongi?
 
«Puttaniere
Il corteggiamento
non è nelle mie corde
 
«Puttaniere
La mia regola numero uno è non spendere un patrimonio
per la cena quando vuoi solo portarti a letto la ragazza
 
«Puttaniere
Spreco di soldi che non viene neanche
ricompensato a dovere se lei a letto fa cagare
 
Tu»
Quindi secondo
te pagherà tutto lui?
 
«Puttaniere
Io farei pagare tutto a te
 
Tu»
Dai! Sii serio per una
volta nella tua vita
 
«Puttaniere
Perché me lo chiedi?
Non vuoi che ti offra la cena?
 
Tu»
Ovvio che no.
Mi sentirei a disagio
 
Tu»
Ha ordinato un sacco di cose
e le sta condividendo con me
 
«Puttaniere
Brutto segno allora
 
«Puttaniere
Paga lui di sicuro
 
«Puttaniere
Scusa, ma che t’importa?
 
«Puttaniere
Tanto quello c’ha i soldi
che gli escono dal culo
 
Tu»
E quindi?
 
Tu»
Solo perché è ricco non vuol dire che
deve sentirsi obbligato a pagarmi le cose
 
Tu»
Questo maschilismo
non lo sopporto
 
«Yorinie?» Sollevai la testa di scatto ed incontrai gli occhi di Jongin. «È di nuovo Ji Woo?»
 
«Oh, sì,» mentii rimettendo il cellulare nella borsa. Cavolo, avevo davanti agli occhi Jongin e sprecavo il mio tempo a messaggiare con quello stronzo. A volte ero davvero senza speranza.
 
«Ti stavo dicendo, ti ho chiesto di uscire per una ragione precisa,» affermò diventando improvvisamente serio. Stappò la bottiglia di soju e me ne versò un po’ nel piccolo bicchierino di vetro, poi fece lo stesso con il suo. Se lo portò alle labbra e sospirò. Ok, mi stava facendo venire l’ansia. Cosa stava cercando di dirmi? «Ti ho portato qui perché era da un po’ di tempo che volevo dirtelo, ma non ho mai trovato l’occasione giusta per farlo,» continuò mandando giù il suo sorso d’alcol.
 
Il cuore mi batteva così velocemente che temetti potesse sentirlo. Lo guardai imbambolata, cercando di non fare una faccia troppo idiota o adorante. Quando mi prese la mano, soffocai quasi con la mia stessa saliva. Volevo alzarmi e correre via.
 
«Sai che le relazioni non sono viste di buon occhio nel mondo dello spettacolo,» affermò carezzandomi il palmo della mano. «Soprattutto le relazioni serie. Devono rimanere segrete oppure succederebbe un casino.» Deglutii. «Tu sei la mia migliore amica, Yorinie. Mi sei stata accanto quasi tutta la vita, e nonostante non abbiamo molto tempo per vederci, il mio affetto per te è rimasto immutato. Anzi, si è persino moltiplicato.» Non respiravo più. Lo guardavo con gli occhi sgranati mentre continuava a massaggiarmi la mano nella sua. Avevo i brividi lungo la schiena. «Perciò voglio dirtelo, non importa se mi metterà nei casini.»
 
Deglutii di nuovo. Quell’attimo di silenzio che precedette le sue parole sembrò durare un’eternità. Rafforzò la stretta intorno alla mia mano.
 
«Mi sono fidanzato.»
 
Tutte le mie certezze crollarono in una manciata di secondi. Ero sicura che il crack che avevo sentito nelle orecchie provenisse dal mio cuore. A darmene la certezza fu il tremendo dolore che sembrava mi stesse aprendo il petto in due. Sì, c’ero veramente rimasta di merda. Lo ammetto. Ma avevo ancora una dignità, e quella doveva rimanere intatta. Sbattei le palpebre per evitare di far uscire le lacrime che sentivo sempre più vicine e mi stampai sulla faccia un sorriso falso come i soldi del Monopoli.
 
«Jongin, ma è fantastico!» dissi con un tono fin troppo eccitato. «E chi è la fortunata? La conosco?»
 
Il ragazzo mi sorrise e fece dondolare la testa come a dire: “Sì, potresti conoscerla persino tu che vivi come un’eremita”. Sollevò improvvisamente lo sguardo e i suoi occhi si accesero non appena udii un rumore di passi provenire da dietro le mie spalle.
 
«Eccola qui,» disse Jongin alzandosi in piedi e lasciandomi andare la mano. No, ti prego. Dimmi che non stava succedendo quello che pensavo. Mi voltai molto lentamente e i miei occhi incontrarono la figura piccola e snella di una ragazza che aveva il volto coperto da una mascherina nera. Rimasi imbambolata sulla sedia mentre Jongin le si avvicinava e le tirava giù la mascherina per darle un bacio sulle labbra, che lei ricambiò all’istante. Un altro colpo al cuore che mi fece sobbalzare sulla sedia.
 
Jongin si voltò verso di me. «Yorin, lei è Jennie. Jennie, lei è Yorin. La mia migliore amica.»
 
La ragazza dai lunghi capelli castani mi sorrise e chinò la testa in segno di rispetto. Era davvero bellissima. «Ciao, Unnie! Piacere di conoscerti. Jongin mi ha parlato molto di te.»
 
Già, anche io avrei voluto che mi parlasse di te, ma non ad una cena che pensavo fosse un fottuto appuntamento tra me e il tuo ragazzo. Ovviamente non potevo dirglielo, così mi stampai sulla faccia l’ennesimo sorriso falso che mi stava facendo fare delle smorfie fin troppo evidenti.
 
«Il piacere è tutto mio.»
 
Jongin la prese per mano e le sistemò il cuscino per farla accomodare al suo fianco. Con me non era stato così gentile. Fu la prima cosa che notai. Cretina io che mi ero illusa fino alla fine. Afferrai la bottiglia di soju e mi riempii il bicchiere fino all’orlo, mandandolo giù in un solo sorso.
 
«Allora… da quanto tempo state insieme?» domandai per farmi ancora più male. Volevo sapere per quanto tempo mi ero illusa inutilmente. Jennie sorrise e intrecciò le dita con quelle di Jongin. Ennesima coltellata al cuore.
 
«Ormai è quasi un mese. Non volevamo dirlo a nessuno per evitare che la notizia potesse arrivare ai giornali, ma Jongin mi ha detto che si fidava di te.» Certo, dopotutto ero la sua migliore amica. Scema io che avevo sperato di poter essere qualcosa di più. «Comunque non mi avevi detto che la tua amica fosse così bella,» continuò Jennie voltandosi verso il ragazzo al suo fianco. Gonfiò le guance e mise un piccolo broncio che trovai adorabile persino io. «Potrei essere gelosa.»
 
Sì, come no. Lei gelosa di me? Ma si era guardata allo specchio?
 
«Tranquilla, io non sono per niente il tipo di Jongin,» affermai mandando giù un altro bicchiere di soju. «Lui preferisce le tipe femminili come te.»
 
«Beh, tu mi sembri molto femminile, Unnie.»
 
Ridacchiai. Sentivo le guance in fiamme a causa dell’alcol. «Fidati, è tutta apparenza. Sono la tipica donna maschiaccio. Ormai mi sono rassegnata a rimanere single.» Ok, di sicuro era l’alcol che stava parlando al posto mio, ma avevo bisogno di sfogarmi almeno un minimo per non impazzire. Sentivo ancora le lacrime pizzicarmi gli occhi.
 
«Sai che è l’assistente di Suga dei BTS?» le domandò all’improvviso Jongin. Jennie si voltò a guardarmi sorpresa.
 
«Davvero? Quindi conosci Jungkook. Il ragazzo che è finito in quel pettegolezzo con Ji Soo.» Aggrottai le sopracciglia.
 
«Ah, lei fa parte delle BLACKPINK,» arrivò in mio aiuto Jongin. «Avete faticato un po’ per mettere tutto a tacere, vero?» domandò alla mora.
 
Jennie annuì. «Già, per fortuna ci hai dato una mano tu con i giornalisti, oppure non so come avremmo fatto a venirne fuori. Ji Soo stava già dando di matto.» La ragazza si sporse verso di lui e lo baciò di nuovo. Ok, stavo per arrivare al limite.
 
«Vado in bagno,» dissi alzandomi di scatto. Non li guardai nemmeno in faccia e sorpassai il bodyguard che stava di fronte al separé. Mi fiondai nella toilette e feci scorrere l’acqua per bagnarmi il viso. Non me ne fregava niente di rovinarmi il trucco. Onestamente, era l’ultimo dei miei pensieri.
 
Ma come diavolo avevo fatto a finire in quella situazione? Mi sentivo uno schifo, per di più l’alcol stava cominciando a fare effetto e il mio malumore sembrava essersi accentuato. Non mi guardai nemmeno allo specchio e tornai nell’area riservata cercando di non andare a sbattere contro i muri. Mi sedetti e mi versai l’ennesimo bicchiere di vino, ma stranamente nessuno aprì bocca finché non mandai giù il liquido dal sapore fruttato. Me lo scolai tutto in un solo sorso.
 
«Ehm, Unnie…?» mi chiamò Jennie. Dio, odiavo già quel soprannome.
 
«Che c’è?»
 
«Che cos’hai sul collo?»
 
M’irrigidii sul posto. Sollevai gli occhi di scatto e li puntai subito in quelli di Jongin. Ma lui non mi stava guardando in faccia. Aveva lo sguardo fisso sulla macchia violacea, che ora era sotto gli occhi di tutti perché ero stata così stupida da spostare il foulard quando mi ero sciacquata la faccia. La cosa più divertente? L’acqua aveva tolto quasi tutto il fondotinta. Ci avevo fatto caso in bagno, ma l’alcol mi aveva annebbiato i pensieri e non mi era sembrata una cattiva idea tornare da Jongin con un succhiotto in bella vista. O forse lo avevo fatto apposta per fargliela pagare di avermi illuso?
 
«A te cosa sembra? Jongin non te lo fa mai?»
 
Precisa. Tagliente. Dritta al punto. Bere amplificava fin troppo il mio brutto carattere. Diventavo la macchina della verità.
 
Jennie divenne rossa come un pomodoro. «Oh, io…»
 
«Chi te lo ha fatto?» intervenne Jongin con un tono decisamente troppo serio. Mi stava guardando come se fosse furioso. Bene. «Non dirmi che è stato lui.»
 
«Lui chi?» domandò subito Jennie. Ma una vagonata di cazzi tuoi?
 
Jongin la ignorò bellamente e strinse i pugni. «Yorinie… Quel puttaniere ti ha fatto qualcosa senza il tuo consenso?»
 
Ma senti questo. Solo io potevo chiamarlo puttaniere.
 
«Magari ero consenziente. Che ne sai?» E con quella uscita mi alzai in piedi, barcollando come una nave in mezzo ad un uragano. «Torno a casa. Credo di aver bevuto troppo e domani devo andare a lavorare. Voi divertitevi pure. Prenderò un taxi.» Presi la borsa e mi voltai per togliermi dalle scatole, ma Jongin mi afferrò prima che potessi fare un altro passo.
 
«Ti accompagno. Non sei nelle condizioni di andartene in giro da sola. E io e te dobbiamo fare una chiacchierata.»
 
«Sto bene, Jongin. Non devo mica guidare. Resta pure con la tua fidanzata.» Mi liberai facilmente dalla sua stretta. «Grazie per la serata.»
 
Girai i tacchi, andai alla cassa per pagare quello che dovevo e uscii dal locale con la faccia rossa e la testa che mi girava peggio di una trottola. Stavo uno schifo. Avevo voglia di piangere e disperarmi ma non lo avrei di certo fatto in mezzo alla strada come la peggiore delle ubriacone. Feci qualche metro a piedi e poi mi lasciai cadere su una panchina. Mi portai le mani tra i capelli e sospirai. Stavo per fare una cazzata.
 
Afferrai il cellulare e aprii la conversazione di Yoongi. Le mie dita si mossero senza che io potessi fare nulla per fermarle.
 
Tu»
Yoongi… Mi vieni a prendere…?
 
Lo visualizzò in meno di un secondo e la risposta non tardò ad arrivare.
 
«Puttaniere
Ti ha messo le mani addosso?
 
«Puttaniere
Guarda che lo smonto
 
Ridacchiai debolmente nonostante mi venisse solo da piangere.
 
Tu»
No. Voglio solo che
mi porti via di qui…
 
Stavolta ci mise più tempo a rispondere nonostante avesse visualizzato subito.
 
«Puttaniere
Arrivo tesoro. Dove sei?
 
Passò minimo un quarto d’ora. Una Aston Martin nera metallizzata si fermò proprio davanti alla panchina su cui ero seduta. La portiera del guidatore si aprì e Yoongi corse verso di me con la sua chioma scura e la mascherina a coprirgli il viso. Si piegò sulle ginocchia per potermi guardare in faccia visto che avevo il viso rivolto verso il pavimento.
 
«Yorin? Stai bene?» mi domandò preoccupato cercando di farmi sollevare il viso. Avevo gli occhi rossi nonostante non avessi ancora versato una lacrima. Mi controllò con più attenzione. «Sei ubriaca?»
 
«Yoongi, mi porti a casa?» gli domandai stancamente cercando di alzarmi in piedi. Volevo solo sprofondare nel letto e dimenticare quella serata di merda. Barcollai prima di riuscire a fare un passo in avanti e mi ritrovai tra le braccia di Yoongi che mi afferrarono al momento giusto.
 
«Ehi, ehi. Piano. Non ti reggi in piedi.»
 
«L’unica cosa che non reggo è l’alcol. Peccato che sia così stupida da non averlo ancora capito.»
 
«Mi dici che succede? Mi stai facendo preoccupare,» domandò allontanandomi un po’ dal suo petto. «Devo picchiare qualcuno?»
 
Ridacchiai contro la sua maglietta. Aveva un buon profumo. «L’unica che dovrebbe essere presa a schiaffi sono io. Sono troppo ingenua.» Sospirai. «Perché sono così ingenua?»
 
«Vieni, ne parliamo in macchina,» disse con tono serio trascinandomi verso la sua auto. Aprì la portiera del passeggero e mi fece sedere. Quando la richiuse, il rimbombo mi fece quasi scoppiare la testa. Mi stava venendo la nausea.
 
«Allora? Mi dici che è successo?» domandò Yoongi mettendo in moto. La macchina cominciò a muoversi. «Mi sembrava che stesse andando tutto bene.» Si zittì per un momento, poi tornò a guardare davanti a sé. «Ha visto il mio succhiotto?»
 
«No, credo di averglielo fatto vedere apposta per prendermi una piccola rivincita.» Aggrottò la fronte. «Mi ha presentato la sua fidanzata.»
 
«Che deficiente del cazzo,» sbottò aumentando la presa sul volante. «Come si può essere così scemi? Si vede lontano un miglio che gli muori dietro.»
 
«Già, a quanto pare lo hanno capito tutti tranne lui. Forse avrei dovuto dichiararmi prima?»
 
Yoongi stette in silenzio. Nessuno di noi due parlò finché non mi resi conto che la macchina si era fermata. Eravamo già arrivati a casa mia. Yoongi si tolse la cintura di sicurezza e solo allora mi resi conto che la mia doveva avermela allacciata lui, altrimenti non si spiegava come facessi ad averla su. Slacciò anche la mia.
 
«Come ti senti?» mi domandò voltandosi a guardarmi. Dovevo avere un aspetto orribile. «Vuoi che ti prepari un caffè?»
 
«Tu in casa mia non ci entri. E per la cronaca, sembra che qualcuno mi abbia strappato il cuore dal petto.» Presi un profondo respiro. «Ho solo una gran voglia di piangere.»
 
«Allora fallo.» Mi voltai a guardarlo e incontrai i suoi occhi che mi stavano scrutando nel buio. Erano così profondi che per un attimo mi ci persi dentro. «Piangi. Ti assicuro che dopo ti sentirai un po’ meglio.»
 
«E tu come fai a saperlo?»
 
Ridacchiò amaramente e tornò a guardare davanti a sé. «Tua sorella mi ha fatto versare più lacrime di quante ne avessi davvero. Fidati quando ti dico che capisco come ti senti. Ti sembrerà strano, ma ci sono passato anch’io. Lo so che fa schifo.»
 
Le parole di Jongin mi tornarono alla mente e mi voltai verso il moro seppellendo la testa nello schienale alle mie spalle. Profumava di nuovo. «Yoongi, tu non mi hai mai mentito, vero?» gli domandai in un sussurro. Quella domanda lo prese alla sprovvista. Mi guardò negli occhi, spostando le iridi da una parte all’altra del mio viso per cercare la risposta nella mia espressione distrutta.
 
«Perché mi fai questa domanda?»
 
«Voglio solo averne la certezza.»
 
Si sporse verso di me e mi ritrovai il suo volto a qualche centimetro di distanza. Non mi allontanai. In quel momento non mi dava per niente fastidio. Anzi, il suo profumo mi faceva rilassare, così come il suo respiro caldo sulla punta del naso. Scrutai ogni più piccolo dettaglio del suo volto mentre lui continuava a guardarmi negli occhi.
 
«Non ti ho mai mentito,» affermò con voce roca. «Neanche una volta.»
 
Sentii il cuore farsi più leggero e una parte delle mie preoccupazioni prese il volo insieme alle parole fuorvianti di Jongin. Yoongi poteva anche essere uno stronzo, ma non si sarebbe mai approfittato di Yoona per indorarmi la pillola e convincermi ad andare a letto con lui. Vero?
 
«Tenevi davvero a mia sorella?»
 
Notai il suo repentino cambio di espressione, ma quella volta decise di affrontare il discorso e rispondermi con sincerità. Lo apprezzai.
 
«L’amavo più della mia vita, Yorin. Anche se lei non mi ricambiava. Ecco perché continuo a dirti che l’amore non porta a niente di buono. Finisci solo per avere il cuore spezzato. Non te ne stai rendendo conto da sola?» M’indicò il petto, lì dove si trovava il muscolo distrutto e protagonista della nostra conversazione. «Non ti viene voglia di mandare tutto al diavolo e smettere di soffrire?»
 
Scossi la testa, e finalmente una lacrima mi scivolò sul viso dopo tutti gli sforzi nel cercare di trattenerla. «No,» sussurrai di fronte al suo sguardo confuso. «Amare significa anche soffrire. Amare significa avere il coraggio di riprovarci finché non troverai la persona che ti renderà davvero felice.»
 
Gli occhi di Yoongi si riempirono d’incredulità. Sollevò una mano e con il pollice scacciò via la lacrima che mi aveva bagnato la guancia. «Buona ricerca, allora.»
 
Ridacchiai. Era proprio fermo sulle sue convinzioni. «Vado. Mi sta venendo da vomitare e non voglio rovinarti la tappezzeria nuova.»
 
«Allora questo pianto non te lo fai?»
 
Lo guardai mentre aprivo la portiera. «Non di certo davanti a te.»
 
«Ovviamente.» Mi osservò finché non riuscii ad aprire la porta di casa. Mi voltai e lui abbassò il vetro del finestrino. «Domani non venire a lavorare. Ti do una giornata di riposo,» disse serio. «Scrivimi se hai bisogno di qualcosa.»
 
Mise in moto e partì, lasciandosi dietro una Yorin distrutta ma allo stesso tempo rincuorata. Quella serata non era finita poi così male.
🔺🔺🔺

ᗩngolo.ᗩutore
Capitolo lunghetto! Ma così mi faccio perdonare per la troppa attesa 😂 Mi sono divertita un sacco a scrivere questo capitolo (così come mi diverto per ogni capitolo di Hook-Up) e spero che sia piaciuto anche a voi. Non ho inserito le conversazioni con WhatsApp perché c'erano troppi messaggi e mi trovavo più comoda così!

Yorin c'è rimasta davvero male quando ha saputo che Jongin ha la fidanzata, e così è entrata in scena anche Jennie. Piccola curiosità. Kai nella realtà è stato sia con Krystal (Yorin) che con Jennie 😂

Yoongi invece fa sempre lo stronzo, ma il suo lato tenero è sempre in agguato, soprattutto se si tratta di Yorin!

Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Fatemi sapere cosa ne pensate 😘 Un bacione e alla prossima ❤

Instagram: btsuga_d

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Capitolo 20
*** Airplane ***


Hook-Up
❖ Airplane



🔽🔽🔽  


«Inviato?»
 
«No,» rispose Ji Woo stringendo il telefono fra le dita.
 
Aspettai ancora un po’.
 
«Inviato?» ripetei la domanda.
 
«No.»
 
Sollevai gli occhi al cielo e le sfilai il cellulare dalle mani, pigiando il tasto al lato della chat per inviare il messaggio composto nella casella di testo. Sullo schermo apparve la solita nuvoletta verde con la spunta grigia, segno che il messaggio era stato inoltrato.
 
«Inviato,» confermai restituendole nuovamente il telefono. Ji Woo si alzò in piedi guardando lo schermo con gli occhi sgranati.
 
«Ti avevo detto che l’avrei fatto io, Yorin!» sbraitò la mia migliore amica spaccandomi quasi un timpano.
 
«Sì, così avremmo fatto notte. Io tra una decina di minuti devo prendere la metro per andare a lavoro, Ji Woo.»
 
«Non l’ha ancora letto,» cambiò discorso la mora fissando intensamente lo schermo. «Deve essere impegnato. Magari sta provando qualche coreografia. L’ultima volta mi aveva detto che ce n’era una abbastanza impegnativa. Gli ho dato anche qualche dritta.»
 
Si notava dal tono della sua voce che le sarebbe dispiaciuto non poter parlare più con Jungkook, ma non potevamo più aspettare. Per quanto odiassi ammetterlo, Yoongi aveva ragione. Era stato piuttosto semplice trovare una scusa per interrompere i contatti con il maknae dei BTS. Secondo la versione ufficiale, Ji Woo avrebbe disattivato il suo numero perché stava cambiando gestore telefonico, ma per quello nuovo ci sarebbe voluto più tempo del previsto. Avevamo escogitato anche un piano B nel caso mi avesse chiesto il numero provvisorio.
 
Guardai l’orologio sul mio polso e vidi che ero decisamente in ritardo. Non mi andava proprio di sorbirmi un’altra ramanzina da parte del puttaniere. Mi ero già maledetta abbastanza per essermi lasciata andare in quel modo con lui. Ero rimasta sinceramente sorpresa dal fatto che non se ne fosse approfittato. Aveva anche trovato una scappatoia per Ji Woo e fatto ingelosire Jongin per farmi un favore.
 
A pensarci bene, sembrava lui quello ubriaco.
 
Salutai Ji Woo e mi diressi verso la porta con indosso la solita maglietta bianca attillata, pantacollant nero e converse ai piedi. Afferrai il giacchetto di jeans e spalancai la porta, indietreggiando non appena mi ritrovai il volto di Yoongi a un centimetro dalla faccia, coperto ovviamente dalla mascherina. Era appoggiato svogliatamente contro lo stipite della porta, incappucciato come se fosse un maledetto ladro pronto a derubarmi.
 
«Dio, mi hai fatto prendere un infarto!» urlai poggiando entrambe le mani sul cuore. «Ma sei deficiente?!»
 
«Cazzo, era ora,» sbottò infastidito infilando le mani nelle tasche della sua felpa extralarge. «Per questo fai sempre tardi a lavoro. Sei una ritardataria cronica. È da venti minuti che ti aspetto!»
 
«E non ti è passato per quella testa bacata di suonare il campanello o mandarmi un fottuto messaggio?!» strillai, infastidita che mi stesse attaccando senza motivo. «E comunque, che diavolo ci fai qui?»
 
«Oltre ad essere ritardataria sei anche svampita. Non ti ho forse detto che non devi più prendere la metro per venire a lavoro?»
 
Sbattei gli occhi e guardai oltre le sue spalle per cercare il SUV nero che usavano di solito i ragazzi. Stranamente, non ce n’era traccia. «Sei venuto a prendermi con il tuo autista?»
 
Si sporse in avanti e mi afferrò per un polso. «Sono io l’autista.»
 
Mi trascinò con lui, dandomi a malapena il tempo di chiudere la porta e salutare Ji Woo, ancora con gli occhi fissi sul telefono. Girammo intorno alla casa e ci ritrovammo sul retro, lì dove aveva parcheggiato la sua Aston Martin, forse pensando che così sarebbe passata inosservata. Come diavolo glielo spiegavo che quella cosa sembrava aver scritto sulla carrozzeria: “Sì, è proprio come pensate. Mi sta guidando un Idol.”
 
Spalancò la portiera del passeggero e mi spinse gentilmente sul sedile, richiudendola solo quando si assicurò che avessi i piedi ben piantati sul tappetino. Prese posto sul sedile del guidatore, si tolse la mascherina e mise in moto. Partì con un rombo e una sgommata che mi fece diventare un tutt’uno con il sedile alle mie spalle.
 
«Lo sai che questa macchina è una pessima scelta per qualcuno che vuole passare inosservato? Per non parlare del tuo modo di guidare.»
 
«Non rompere. La macchina è mia e faccio quello che voglio,» mi zittì senza distogliere lo sguardo dalla strada. Con una mano teneva il volante mentre con l’altra aveva appena cambiato marcia.
 
«Sbaglio o oggi sei più suscettibile del solito?» lo stuzzicai incrociando le braccia al petto. Gli fissai il volto privo di imperfezioni nonostante fosse ancora struccato. «Oppure stai cercando di rimediare all’eccessiva dolcezza di ieri?»
 
Lo presi in contropiede. «Dolcezza?» ripeté come se fosse un insulto. «Penso che tu abbia frainteso, Yorin. Questa parola non fa parte del mio vocabolario. L’ho cancellata tempo fa e non ho alcuna intenzione di reinserirla tra i termini che conosco. Ultimamente memorizzo solo ciò che non ritengo una perdita di tempo.»
 
Sogghignai. Chi credeva di prendere per il culo? Mi ricordavo tutto ciò che aveva fatto. Ogni carezza data, parola detta o sguardo rubato.
 
Fermò la macchina al semaforo rosso e ne approfittai per sporgermi verso di lui nonostante fossi bloccata dalla cintura di sicurezza. Non so perché, ma stuzzicarlo era diventato il mio passatempo preferito. Amavo vedere quell’espressione sbigottita che gli si formava sul viso ogni qualvolta ero io a fare la prima mossa. Era appagante.
 
Sollevai una mano e gli passai il pollice sulla guancia, carezzandogliela delicatamente. Il mio tocco lo turbò più di quanto avessi previsto. Voltò la testa di scatto e incatenò il suo sguardo al mio. Mi fissò incredulo mentre continuavo a massaggiargli lo zigomo con una lentezza da manuale, imitando lo stesso identico movimento che aveva fatto lui sulla mia pelle il giorno prima.
 
«Questo non ti dice niente?» lo stuzzicai ancora una volta, mordicchiandomi il labbro inferiore per bloccare la risata che mi stava risalendo i polmoni. Il suo sguardo perso era da premio oscar. «Sono sicura che puoi chiamarlo “gesto dolce”.»
 
Mi afferrò di colpo la mano, facendomi sussultare. Non me l’aspettavo. I suoi occhi si assottigliarono fino a diventare due piccole fessure che intensificarono il suo sguardo già di per sé profondo e intimidatorio.
 
«Non toccarmi in questo modo, Yorin,» sussurrò contro la pelle della mia mano, scendendo poi con le labbra ad accarezzare il resto del mio braccio. Chiuse gli occhi mentre lo osservavo esterrefatta. «Se fai così, non riesco a tenere a bada le mie fantasie.»
 
Sbattei entrambi gli occhi. «Quali fantasie?»
 
Sogghignò e mi lasciò andare quando cercai di liberare il braccio. Il contatto con le sue labbra mi aveva fatto venire un brivido che cercai di mascherare allontanandomi il più possibile da lui. La mia schiena sbatté contro il finestrino alle mie spalle mentre gli occhi scuri di Yoongi facevano la loro comparsa da sotto le palpebre. Mi guardò come se volesse mangiarmi.
 
«Io che ti fotto su quel maledetto sedile. Quindi vedi di startene buona. Ho appena comprato questa macchina e devo ancora inaugurarla, e ammetto che non mi dispiacerebbe farlo proprio con te. Non so se mi spiego.»
 
«In che senso inaugurarl-» Mi bloccai quando vidi il suo sopracciglio sollevarsi. «Oh,» mimai con le labbra, capendo finalmente a cosa si stesse riferendo. «Quindi non ti dai da fare soltanto in albergo?»
 
Yoongi tornò a guardare il semaforo ancora rosso e ridacchiò. «Quando non voglio farmi beccare da Namjoon uso la mia macchina. L’ho cambiata apposta per prenderne una più grande. Quella di prima non aveva abbastanza spazio. Facevo una fatica enorme per muovermi.»
 
Arrossii come un peperone. Perché diavolo mi stava raccontando una cosa del genere? Secondo lui m’importava delle sue scopate occasionali in macchina? Eppure la mia mente elaborò di sua spontanea volontà delle immagini che vedevano Yoongi in posizioni assurde e decisamente troppo hot.
 
A cosa diamine stavo pensando?
 
«Non me ne frega niente, pervertito!» lo aggredii voltandomi dall’altra parte per non fargli vedere quanto fossi diventata rossa. Stavo facendo concorrenza al semaforo che per fortuna era appena diventato verde. Non vedevo l’ora di arrivare a destinazione e scendere da quella macchina.
 
«Veramente sei tu che me l’hai chiesto,» ridacchiò Yoongi riprendendo a guidare. Cavolo, aveva ragione. «Comunque sono contento che sei ritornata acida e altezzosa. Ti preferisco così.»
 
«Allora non lamentarti quando ti arriverà l’ennesimo calcio rotante sulle costole. In questo momento potrei anche optare per un pugno sui denti.»
 
Scoppiò a ridere e la sua risata riempì l’abitacolo. «Come va con Jongin?» ritornò serio. «Ti ha chiamata di nuovo?» Il suo tono di voce perse di colpo tutta la sua ilarità.
 
Anch’io m’incupii. «Sì, questa mattina. Ma non ho risposto. Poi mi ha mandato un messaggio dicendomi che vuole assolutamente parlare con me. Mi ha dato appuntamento al nostro ritrovo sul fiume.»
 
«Visto? Te l’avevo detto che non te lo saresti più scollato di dosso,» disse orgoglioso e un tantino… infastidito? «Ora non devi fare altro che continuare a farlo ingelosire.»
 
Voltai subito la testa verso di lui. «Stai scherzando?»
 
«No, per niente,» affermò rafforzando la presa sul volante. «Devi farlo se vuoi riprendertelo.»
 
Mi voltai completamente verso di lui e incrociai le braccia al petto, infastidita. «Punto primo, Jongin non è mai stato mio. Punto secondo, è fidanzato, semmai te lo fossi dimenticato.»
 
«E allora?» mi domandò come se gli avessi detto l’ovvio. «Le fidanzate vanno e vengono. Tu sarai semplicemente la prossima.»
 
«Wow, Min Yoongi. Il tuo lato passionale potrebbe farmi commuovere fino alle lacrime,» ironizzai.
 
«Non fare la stupida,» mi ammonì gettandomi una veloce occhiata per poi ritornare con gli occhi sulla strada. «Devi approfittartene. Che diavolo ti frega di quella là? Se sei davvero innamorata di quel tipo, non guardare in faccia a nessuno. La tua felicità deve venire prima di tutto.»
 
Come diavolo faceva a passare da affermazioni completamente prive di spessore a… questo? E da quando gli importava della mia felicità?
 
«Non è una ragione valida per separare due persone innamorate,» affermai cominciando a torturarmi le dita. «Come ti sentiresti se la tua ragazza ti tradisse con un altro?» Sollevai lo sguardo per guardarlo in faccia. «È quello che ti è successo con Yoona, giusto?»
 
Frenò all’improvviso, e se non fosse stato per la cintura di sicurezza, mi sarei ritrovata con la faccia spalmata sul cruscotto. Lo guardai con gli occhi sbarrati. Era diventato pazzo? Poi mi resi conto che eravamo arrivati a destinazione. I miei occhi si allargarono ancora di più quando realizzai dove ci trovavamo.
 
«Min Yoongi…» lo chiamai minacciosamente mentre lui si liberava della sua cintura di sicurezza e poi della mia. «Perché diavolo siamo all’aeroporto?»
 
Ignorò la mia domanda e tirò fuori dal cruscotto una mascherina bianca. Senza darmi il tempo di reagire, mi passò gli elastici dietro le orecchie così da coprirmi la bocca. Poi si sfilò la felpa e me la lanciò sulle gambe, facendomi cenno d’indossarla.
 
«Scendi,» mi ordinò con voce fredda e distaccata mentre si rinfilava la sua mascherina nera, aprendo lo sportello per uscire dalla vettura.
 
Non me lo feci ripetere due volte. Indossai la felpa che su di me dava più l’aria di essere un vestito e tirai su il cappuccio, seguendolo nel parcheggio dell’aeroporto mentre alcuni membri dello staff raggiungevano l’abitacolo da cui eravamo appena usciti per prendere la valigia di Yoongi. Aumentai il passo e lo afferrai per un braccio prima che potesse sfuggirmi.
 
«Mi spieghi che diavolo ci facciamo qui?»
 
Quando si voltò, riuscì a farmi rimanere senza fiato. Lo squadrai dalla testa ai piedi e solo in quel momento mi resi conto di cosa indossava sotto la felpa che mi aveva prestato. Una camicia bianca, forse di una taglia più grande e tenuta fuori dai pantaloni neri, con lo scollo a V da cui s’intravedeva una collanina d’argento. I capelli neri, non acconciati e perciò più lunghi del solito, lasciavano intravedere gli occhi scuri, la cui severità era accentuata dalla mascherina nera che gli copriva perfettamente il naso e la bocca. Per finire, degli orecchini lunghi con delle croci gli abbellivano il viso, cercando di districarsi tra gli elastici della mascherina.
 
Dovevo ammetterlo. Era etereo, ma anche intimidatorio. Sembrava appena uscito da un anime.
 
«Stiamo andando in America,» affermò lasciandomi di stucco. «Dobbiamo partecipare ai Billboard Music Awards.»
 
Si liberò dalla mia stretta e riprese a camminare come se nulla fosse. Rimasi imbambolata a guardare la sua figura che si allontanava mentre gli altri membri dello staff mi passavano di fianco per raggiungerlo.
 
Cosa diamine aveva detto?
 
«E tu me lo dici così?!» sbraitai colpendo il pavimento con la suola della mia scarpa. Alcune persone si voltarono a guardarmi. Cominciai a correre e lo raggiunsi mentre stava attraversando le porte scorrevoli dell’entrata secondaria dell’aeroporto. «Mi stai seriamente portando con te in America? Lo sai che non ho neanche una valigia, vero? E cosa faccio con Ji Woo? E Jongin? Ti ho detto che oggi voleva incontrarmi e-»
 
Si voltò di scatto facendomi arrestare sul posto. Il suo volto coperto dalla mascherina era a un centimetro di distanza dal mio. Deglutii.
 
«Sì, ti sto portando in America con me perché secondo il nostro contratto devi essere dovunque si trova il mio culo, e oggi il mio culo sarà su uno di quegli aerei. Ti ho già fatto preparare una valigia con un miliardo di vestiti e tutto ciò che potrebbe servirti durante il viaggio. Ji Woo è grande e vaccinata, se la caverà benissimo da sola. E Jongin può anche andare a farsi fottere. Aspetterà semplicemente il tuo ritorno.» Lo fissai incredula. «E ora muoviti, non abbiamo tempo da perdere. Gli altri ci stanno già aspettando.» Ricominciò a camminare, ma poi si bloccò di colpo, voltandosi nuovamente verso di me. «Ah. Se gli altri ti dicono qualcosa di strano, ignorali.»
 
«In che senso?» domandai confusa.
 
«Tu fallo e basta.»
 
Lo seguii cercando di passare inosservata, cosa che non fu per niente difficile visto che dietro la felpa che mi aveva dato Yoongi c’era scritto STAFF a caratteri cubitali. Aveva pensato anche a quello per evitare che venissi presa di mira dalle fan scatenate. Quando raggiungemmo gli altri ragazzi, nessuno di loro mi guardò o mi rivolse la parola. Neanche Jungkook. Cominciarono a parlare tra loro, ignorandomi completamente. Forse perché eravamo in pubblico. Per evitare di stare lì ferma a fare nulla, aiutai le stylist a trasportare le valige piene di vestiti mentre i ragazzi si facevano fotografare dai miliardi di paparazzi appostati davanti a loro.
 
Una marea di gente ci accolse non appena varcammo le seconde porte scorrevoli mentre i bodyguard si schieravano in prima linea per poter difendere i ragazzi da qualche attacco inaspettato. Okay, avevo trovato cosa fare. Passai ad una ragazza dello staff le due valige che mi stavo trascinando dietro e mi diressi velocemente verso una fan che stava per attaccarsi alla felpa nera di Jungkook. Le afferrai il polso senza farle male e la spinsi gentilmente all’indietro. Bloccai all’ultimo secondo un ragazzo che si era fiondato su Jimin e allontanai infastidita un paparazzo che teneva l’obiettivo della macchina fotografica attaccato al viso di Yoongi.
 
Si capiva lontano un miglio che si sentiva a disagio. Non ci avevo mai fatto caso, ma io e Yoongi eravamo simili sotto molti punti di vista. Entrambi non sopportavamo gli obiettivi puntati in faccia, stare al centro dell’attenzione o l’invasione deliberata del nostro spazio personale. Io ero ferma sulle mie decisioni, ma Yoongi aveva dovuto scendere a compromessi a causa del suo lavoro, com’era stato lui stesso a dirmi. Non lo invidiavo per niente.
 
Una volta di fronte ai controlli, mi resi conto di non avere il biglietto. Tutti mostravano il proprio e si tiravano giù la mascherina per farsi riconoscere. Quando fu il mio turno, guardai il controllore e il controllore guardò me. Che momento imbarazzante.
 
Yoongi apparve dal nulla alle mie spalle e gli porse un biglietto con su scritto il mio nome. «Fagli vedere il passaporto,» mi ordinò. «Lo so che ce l’hai.»
 
E come diamine faceva a saperlo? Ero sinceramente intimorita da quanti agganci potesse avere. Con le giuste conoscenze, poteva fare tutto ciò che voleva. Tirai fuori dalla borsa il passaporto (che per fortuna mi portavo sempre dietro insieme al borsellino con i soldi) e lo mostrai al ragazzo dei controlli. Quest’ultimo mi fece cenno di abbassarmi la mascherina per confermare la mia identità. Quando lo feci, Yoongi mi coprì con il suo corpo per evitare foto indesiderate della mia faccia.
 
Una volta sull’aereo, potei finalmente rilassarmi e togliermi la mascherina. Cavolo. Per gli Idol, spostarsi da un posto all’altro era davvero così sfiancante? Ripeto. Non li invidiavo per niente. Mi sarei sotterrata piuttosto che rivivere quella tortura. Mi lasciai cadere su un posto a caso senza nemmeno controllare se fosse il mio, ma dopo un po’ mi accorsi che quell’aereo era decisamente troppo piccolo per far parte di un volo normale. C’erano soltanto otto posti.
 
Cazzo, era un jet privato. Mi guardai intorno, rimanendo a bocca aperta a causa di tutto quel lusso.
 
«Ehi, Ji Woo!» Mi voltai e incontrai il volto sorridente di Jungkook. «Ti sei già messa comoda?» ridacchiò prendendo posto al mio fianco. «Visto che siamo sempre in sette, di solito prendo io i due posti davanti, ma per te farò un’eccezione.»
 
«Oh, se vuoi posso andare a sedermi dietr-»
 
«No no!» mi bloccò scuotendo le mani. «Figurati, mi fa piacere chiacchierare con te. In fondo lo facciamo sempre. E poi devi ancora spiegarmi per bene questa storia del telefono. È un guaio che sia successo proprio adesso che stiamo andando in America.»
 
Cavolo. E ora che diavolo dovevo dirgli? Mentre pensavo ad una scusa, mi resi conto che non c’erano altri membri dello staff. C’eravamo solo io, i ragazzi, le assistenti di volo e il comandante. Puntai su una tattica differente e cambiai completamente argomento.
 
«Jungkook, dov’è il resto dello staff? E i vostri manager?»
 
«Oh, sono su un altro aereo,» disse mettendosi comodo. «Così possiamo avere più privacy e rilassarci.»
 
«E perché io sono qui?» domandai confusa. «Non dovrei essere sull’altro aereo?»
 
«Yoongi-hyung ha voluto che viaggiassi con noi!» s’intromise Taehyung sbucando dallo spazio tra i nostri poggiatesta. «Un jet privato è più comodo di un semplice aereo. Sono 14 ore di volo. Io ti consiglio di metterti comoda.»
 
Anche la testa di Jimin spuntò dal nulla. Lui e Taehyung erano seduti proprio dietro di noi. «Io invece ti consiglio i tappi per le orecchie,» ridacchiò. Si sporse per avvicinarsi a me e sussurrarmi, «Yoongi-hyung di solito è il primo che si addormenta, ma fa un casino della madonna. Tra lui e J-Hope non so chi sia peggio!»
 
«YOONGI RUSSA?! AHAHAHHA» Scoppiai in una risata isterica al solo pensiero. I tre maknae si allarmarono subito e partì un coro di “shhhhhh” che mi fece ridere ancora più forte. Avevano tutti il dito davanti alla bocca e si guardavano intorno con circospezione, quasi avessero paura che una tigre potesse saltargli addosso da un momento all’altro.
 
E la tigre infatti arrivò, però toccò solo a Jimin prendersi lo scappellotto dietro la testa.
 
«Che cazzo le state dicendo?» ringhiò Suga, la mascherina ancora sulla bocca. In quel modo sembrava ancora più minaccioso del solito. «Io non russo.»
 
La maknae line deglutì mentre Jimin si massaggiava il retro del collo.
 
«Non russi solo quando hai il sonno leggero,» s’intromise Jin prendendo posto vicino al corridoio, nella fila parallela a quella mia e di Jungkook. Tra le braccia stringeva un peluche di RJ. «Se sei particolarmente stanco, devo prenderti a calci per farti stare zitto. Quando eravamo compagni di stanza mi veniva voglia di farti cadere addosso quella libreria che ci separava.»
 
A quanto pare la mia risata era contagiosa, perché Hoseok e Jimin si unirono a me, subito seguiti da Jungkook e Taehyung.
 
«Avete finito di prendermi per il culo?» ci minacciò Yoongi togliendosi finalmente la mascherina. «E tu vieni a sederti con me,» m’indicò. «Devo aggiornarti sulla situazione prima di arrivare in America. Non pensare di poter poltrire.»
 
Non me lo feci ripetere due volte. Non ci tenevo proprio a stare vicina a Jungkook. Mi avrebbe riempito di domande e non sarei riuscita ad evitare né lui né la “questione telefono”. Quando mi alzai per raggiungere Yoongi, un coro di fischi si sollevò all’interno del piccolo aereo.
 
Suga roteò gli occhi al cielo. «Ragazzi, dateci un taglio,» li avvertì. «È da ieri che andate avanti con questa storia.»
 
«Esatto, fatela finita,» gli diede ragione Namjoon. Il leader si era appena seduto accanto a Jin, dal lato del finestrino. «Già sono stati degli idioti a fare certe cose in pubblico. Cerchiamo di non complicare la situazione.»
 
Cominciai a sudare freddo e incontrai lo sguardo cupo di Yoongi. «Di che cosa stiamo parlando?» gli domandai. Perché avevo una bruttissima sensazione?
 
J-Hope si avvicinò e mi porse il suo telefono, ridacchiando. «Guarda tu stessa.»
 




 
Gli occhi mi uscirono quasi fuori dalle orbite. Era il momento in cui avevo dato quel “quasi bacio” a Yoongi per ringraziarlo. Sembrava quasi che ci stessimo davvero… Oh cielo. Guardai Yoongi, che stava evitando volutamente il mio sguardo.
 
«Ti avevo detto di cancellarla,» intervenne Namjoon riferendosi a J-Hope. «Potrebbe finire nelle mani sbagliate. Immagina se qualcuno ti rubasse il telefono! Quella foto potrebbe finire sui giornali.»
 
«Ma dai, Hyung!» disse Jimin. «Non gli si vede neanche la faccia. Non riuscirebbero mai a capire che si tratta di Yoongi-hyung.»
 
«Beh, però la scenata di gelosia che ha fatto a Kai l’hanno sentita tutti,» s’intromise Jungkook. Il maknae aveva perso il sorriso dopo che era saltato fuori quell’argomento. «Ci sei andato piuttosto pesante, Yoongi-hyung,» disse mettendo il broncio.
 
«Ve l’ho già spiegato,» rispose il diretto interessato massaggiandosi il ponte del naso. «Non è come sembra, okay? Non ci siamo baciati, per la miseria! E se anche fosse, sarebbe solo un maledettissimo bacio. Non me la sono mica scopata davanti a tutti!»
 
Jin si sistemò meglio sulla poltroncina e canticchiò, «Un bacio tira l’altro e ti porto in sala parto!» Piombò un silenzio gelido e imbarazzante. Gelido quanto lo sguardo che gli riservai. Scoppiò a ridere solo lui. «Daaaai, era carinaa!» cercò di smuoverci, ma si zittì quando incontrò i miei occhi assassini. Il sorriso gli scivolò via dalle labbra. «Scusa. Non parlo più.»
 
«Ecco bravo.»
 
«Io ci credo che non si sono baciati,» disse Taehyung. «Yoongi-hyung non bacia nessuno, ricordate? Non da quando-»
 
«Tae, chiudi la bocca,» lo bloccò subito Namjoon. «Comunque diamo un taglio a questo discorso. Stiamo per partire. Cercate di riposarvi e non affaticate troppo la mente. Dobbiamo essere belli carichi per domani.»
 
Che voleva dire V con: “Yoongi-hyung non bacia nessuno”?
 
L’aereo cominciò a muoversi sulla pista e la voce del comandante c’invitò a prendere posto e allacciare le cinture di sicurezza. Mi avvicinai agli unici due posti vuoti, quelli dietro Jin e Namjoon, ma poi vidi Yoongi ancora in piedi. Mi guardò.
 
«Vuoi stare vicino al finestrino?» mi domandò, aspettando una mia risposta.
 
Negai con la testa e gli feci cenno di andare avanti. Il moro annuì leggermente e si sedette al suo posto. Io mi accomodai di fianco a lui. Cavolo. A volte dimenticavo di soffrire di vertigini. Guardare dal vetro di una finestra era fattibile, ma stare a 13.000 metri da terra… Sentii un brivido attraversarmi la schiena. La cosa peggiore? Non avevo mai preso un aereo in tutta la mia vita.
 
Ero brava a mascherare le mie paure, ma sperai con tutto il cuore di non cominciare a tremare come una ragazzina. Sarebbe stato patetico. Presi un profondo respiro cercando di non farmi vedere, ringraziando mentalmente chi avesse deciso di abbassare le luci in cabina. Stavo tremando.
 
L’aereo cominciò a muoversi e mi paralizzai sulla poltroncina al solo pensiero che di lì a poco saremmo arrivati così in alto. Il velivolo prese velocità e s’inclinò, puntando il muso verso il cielo. Una strana sensazione mi colpì le orecchie e per un momento mi sembrò di cadere nel vuoto. Mi aggrappai alla prima cosa che trovai: la mano di Yoongi.
 
Nel buio, sentii il suo sguardo addosso. Cercai di fare dei respiri profondi, ma il pensiero di essere così in alto mi mandò a puttane il cervello. Non riuscii a contenere un ansimo di paura.
 
«Yorin…» La sua voce calda mi sfiorò l’orecchio. «Tutto bene?»
 
No, per niente. «Sì. Sto bene,» gracchiai.
 
«Non mi sembra.» Lo sentii avvicinarsi ancora di più. «Hai paura dell’aereo?»
 
«No.»
 
Mi strinse la mano tra la sua, cominciando ad accarezzare il dorso con il pollice. Poi fece intrecciare le nostre dita con una gentilezza che mi fece sussultare il cuore. «Allora perché stai tremando?»
 
L’aereo ondeggiò in seguito ad un leggero scossone, facendo schizzare la mia paura alle stelle. Non ero più sull’aereo. La mia mente mi aveva di nuovo teletrasportato su quella ruota panoramica di quindici anni fa. Riuscivo a vedere i nostri genitori, che dal basso ci guardavano con gli occhi pieni di terrore. Le urla di mia sorella, la mia mano che l’afferrava prima che potesse cadere nel vuoto. Le oscillazioni e il tremore della nostra cabina che si era bloccata nel punto più alto, impedendoci di raggiungere il suolo. I lampi e i fulmini che quel giorno promettevano pioggia. E infine, gli occhi supplicanti di mia sorella che mi imploravano di non lasciarla andare, di non farla cadere.
 
Lo scenario cambiò. La strada cementata sotto di lei si trasformò nelle onde burrascose del mare e io non riuscii più a sorreggere il suo peso. Yoona cadde nel vuoto e sparì tra quelle acque nere come la notte. Mi aveva lasciato senza che io potessi fare niente per impedirlo. Mi mancava. Mi mancava da morire.
 
Liberai la mano da quella di Yoongi e mi alzai di scatto per correre verso il bagno. Non mi ero nemmeno accorta di stare singhiozzando. Spalancai la porta della toilette e me la richiusi alle spalle, chinandomi sul water per liberarmi dalla nausea che mi aveva stretto lo stomaco.
 
 
Si liberò dalla mia mano e si catapultò verso il bagno, lasciandomi completamente di stucco di fronte ai suoi singhiozzi e alle lacrime che avevano cominciato a rigarle il volto. Sganciai subito la cintura di sicurezza che mi stringeva i fianchi e mi diressi a passo spedito verso la piccola toilette nell’angolo del velivolo.
 
«C-Che cos’ha?» disse Jimin alzandosi in piedi. «Soffre il mal d’aria?»
 
«Fino al punto di piangere?» domandò incredulo Seokjin. Stava abbracciando RJ come se non ci fosse un domani. «Forse ha paura dell’aereo. Yoongi, non gliel’hai chiesto prima di farla salire?»
 
«Io ho delle pastiglie contro la nausea, se possono tornare utili,» disse Hoseok cominciando a rovistare nella sua borsa trasparente. «Le porto sempre con me. Dove diamine le ho messe?»
 
«Ma quali pastiglie!» urlò Taehyung sull’orlo di una crisi di panico. «Ci vuole un dottore! Che facciamo se sviene?! Qualcuno sa praticare la respirazione bocca a bocca?!» Si portò le mani nei capelli. «Oddio, oddio! Cosa facciamo?!»
 
«Ma te la vuoi dare una calmata?» lo rimproverò Jungkook facendolo sedere nuovamente al suo posto mentre io continuavo a bussare insistentemente alla porta del bagno. Riuscivo a sentire distintamente i singhiozzi di Yorin. Stavo per diventare matto. «Penso che abbia fatto così perché soffre di vertigini,» rifletté Jungkook.
 
Mi voltai di scatto, incrociando lo sguardo con quello del maknae. «Cosa?»
 
«Vertigini?» domandò Namjoon. «Strano, sull’aereo non si dovrebbe soffrire di vertigini. A meno che queste non siano collegate ad un evento piuttosto traumatico.»
 
La mia mente fece due più due e rimise insieme i pezzi di quel puzzle ancora incompleto. Yorin mi aveva detto che Yoona soffriva di vertigini, per questo era impossibile che si fosse lanciata spontaneamente nel vuoto. Ora Jungkook mi stava dicendo che anche Yorin soffriva di vertigini, quindi questo suo scoppio era dovuto ad un ricordo della sorella?
 
Yorin stava piangendo per Yoona?
 
«Yorin. Yorin, apri questa porta,» le ordinai severo mentre sbattevo il pugno contro la superficie di legno. Non m’importò neanche di averla smascherata. Non avrei mai potuto convincerla continuando a chiamarla con un nome che non le apparteneva. In quel momento, non sarei stato in grado di portare avanti quella farsa. «Yorin, ti ho detto di aprire questa fottuta porta!»
 
«Yorin?» domandò Jungkook confuso. «Chi è Yorin?»
 
«Non era la sua amica?» domandò a sua volta Taehyung. «Quella che ballava.»
 
Jimin si sbatté la mano sulla fronte. «Diamine, hai ragione! Si chiamava Yorin.» Il suo sorriso scomparve non appena si rese conto che qualcosa non andava. «Hyung, perché stai chiamando Ji Woo Yorin?»
 
«Perché è così che si chiama,» risposi stringendo i denti. «Si chiama Kang Yorin. Ficcatevelo bene in testa.»
 
Non riuscivo più a sentire i suoi singhiozzi, così aprii la porta senza il suo consenso. La trovai davanti allo specchio con le mani sul viso e il corpo leggermente chino in avanti mentre si asciugava le ultime lacrime.
 
«Dio, Yorin. Si può sapere che ti è preso?» le domandai avvicinandomi di un passo. Il mio riflesso si unì al suo nello specchio. «Ti senti bene?»
 
Yorin sollevò la testa e i nostri occhi s’incontrarono attraverso quello stesso riflesso. Era così pallida che mi si strinse il cuore. «Yoongi, ti prego… Lasciami sola…»
 
«Non ti giudicherò,» le sussurrai facendole risollevare lo sguardo. Mi guardò ancora una volta con gli occhi lucidi e increduli. «Perciò lasciati andare. Non nascondermi niente.»
 
Sapevo che non voleva mostrare a nessuno il suo lato debole. Era una persona troppo orgogliosa e testarda per farmi vedere le sue lacrime. La capivo perché ero proprio come lei. Anch’io non volevo mostrare la mia parte debole a nessuno, ma proprio per questo ero consapevole che a volte bisognava farlo. Bisognava lasciarsi andare per diventare più forti.
 
«Non devi fare la dura davanti a me. Non ce n’è bisogno.»
 
Yorin si morse il labbro inferiore e abbassò ancora una volta lo sguardo, evitando di proposito il mio. «Mi manca, Yoongi.» Aggrottai la fronte. «Mi manca mia sorella. E ho ancora il terrore che possa aver sofferto per colpa mia. Ho paura che possa essere caduta in depressione perché non le sono stata vicina quando ne aveva più bisogno.» Mi avvicinai fin quando il mio petto non incontrò la sua schiena. Posai le mani sul lavandino di fronte a noi, al lato dei suoi fianchi. «Le ho detto che non la riconoscevo più, che era cambiata… e lei se n’è andata senza sapere che in realtà le volevo bene.»
 
«Sono sicuro che lo sapeva,» le sussurrai contro l’orecchio, sfregando la punta del naso contro il profilo della sua guancia. «Non darti la colpa per qualcosa che non hai fatto.»
 
Si voltò piano e ci ritrovammo a una spanna di distanza. Mi persi in quelle gocce di tristezza ancora intrappolate nei suoi occhi. Ma non volevo forzarla. Non volevo che si sentisse costretta a piangere davanti a me. Lo avrei accettato solo se avesse voluto farlo.
 
«Vuoi che ti lasci da sola?» le soffiai a un centimetro dalle labbra. «Dimmelo e me ne vado. Ti basta una parola.»
 
Non mi rispose, ma distolse lo sguardo dal mio per abbassarlo sul pavimento. Quella per me era già una risposta. Sospirai e raddrizzai la schiena, allontanando le mani dal marmo freddo del lavandino. La guardai un’ultima volta prima di voltarmi e lasciarle la privacy che meritava, ma non riuscì a fare un passo perché mi sentii tirare nuovamente all’indietro. Mi voltai e vidi Yorin, la testa ancora china e le mani strette con forza intorno alla manica larga della mia camicia bianca. Sollevai gli occhi sul suo viso.
 
Buttai fuori l’aria che avevo accumulato nel petto. «Dimmelo, Yorin,» la spronai, quasi una supplica a fior di labbra. «Dimmi cosa vuoi che faccia.»
 
Rafforzò la presa intorno alla mia camicia. «Abbracciami.»
 
Non ci fu bisogno di ripeterlo. Le passai una mano intorno alla vita e l’attirai verso il mio corpo, nascondendole il volto contro lo scollo a V della mia camicia. E proprio in quel momento… Yorin scoppiò a piangere, mostrandomi ogni sua più piccola debolezza. Le avvolsi le braccia intorno a quel corpo talmente piccolo e minuto da poterlo cingere con una mano sola. Yorin fece scivolare le braccia dietro la mia schiena e si aggrappò alla stoffa della mia camicia come se la sua vita dipendesse da questo. Le mie labbra trovarono subito la sua fronte, le sue guance. Per qualche ragione, non riuscivo a staccarmi dalla sua pelle. La riempii letteralmente di baci.
 
La strinsi così forte che mi fece male il petto. O forse il dolore non proveniva dalla forza di quell’abbraccio, ma dal mio cuore che veniva scalfito da ogni suo singhiozzo. Quel cuore che dopo tanto tempo aveva finalmente ripreso a battere.
 
Eppure, io quella paura ce l’avevo ancora. La paura di amare.
🔼🔼🔼

ᗩngolo.ᗩutore
Dico sempre di aggiornare presto ma non lo faccio mai! AaaRgghh uccidetemi 😩 Stavolta ero troppo impegnata con l'altra mia storia, Can You See Me, che mi prende davvero tantissimo tempo, perciò scusate se gli aggiornamenti di questa vanno un po' a rilento.

Ancora una volta Yoongi ci stupisce, forse ancora più della volta scorsa. Yorin poco a poco sta mettendo da parte il suo carattere un po' burbero per mostrare a Yoongi i suoi lati più deboli e sensibili, lati che non ha mai fatto vedere a nessuno, neanche alla sua migliore amica Ji Woo. Ma non preoccupatevi, Yorin rimane sempre Yorin 😉 (E finalmente i ragazzi hanno scoperto il suo vero nome. Era anche ora!)

Non sapete quanto ho riso con la chat di gruppo 😂 Il povero Jimin ormai viene bullizzato con questo "Cosa viene dopo il tre?" Povero AHAHAH Sicuramente ci saranno altre chat così perché adoro il genere ❤ Fatemi sapere se le trovate divertenti anche voi 😘

Se il capitolo vi è piaciuto lasciatemi pure un commentino, sapete che ci tengo ❤ Un bacione e alla prossima 💪

Instagram: btsuga_d

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Capitolo 21
*** Shooting - Day 2 ***


Hook-Up
❖ Shooting - Day 2



🔻🔻🔻  


«Ma proprio oggi doveva alzarsi il vento?» si lamentò Jimin stringendosi nella sua maglietta marrone con su la scritta “REGRET”. I suoi capelli neri gli solleticarono la fronte mentre cercava di spostarli all’indietro con l’ausilio delle sue dita. La sua fronte rimase scoperta per un attimo, il tempo necessario a far intravedere le rughe d’espressione, comparse a causa del piccolo broncio che gli si era formato sul viso.
 
«A me non dispiace,» intervenne Namjoon mentre si faceva sistemare il trucco. «E poi qui c’è una vista stupenda. Ho sempre adorato questo posto. V, dopo mi scatti qualche foto da pubblicare su Twitter?»
 
«Mm mm,» annuì Taehyung, anch’egli perso in quel paesaggio spoglio eppure così rilassante. Sembrava di essere nella savana. «Quel punto sarebbe perfetto, soprattutto con questa luce,» disse puntando un albero in lontananza.
 
«Non è lo stesso posto in cui abbiamo girato Save Me?» domandò Jin guardandosi intorno. «Quel giorno pioveva a dirotto ed eravamo bagnati fradici, per non parlare di tutte le corse che abbiamo fatto per riuscire a stare dietro al cameraman. Se ci ripenso mi fanno male le gambe.»
 
«Non ho mai desiderato il mio letto come in quel momento,» mi aggregai alla conversazione. Ero disteso a terra con la pancia rivolta verso il basso e le braccia incrociate sotto il mento. «Ero infreddolito e bagnato. Volevo solo andarmene a casa e sprofondare nel letto.»
 
Hoseok scoppiò a ridere. «Lo sappiamo. Appena tornati a casa ti sei lanciato sul materasso, neanche avessi visto Kumamon dormirci sopra. Scommetto che in quel momento non avevi neanche voglia di spassartela con qualche ragazza,» ridacchiò.
 
«A proposito, Hyung,» c’interruppe Jungkook. Si guardò intorno prima di tornare con gli occhi puntati su di me. «Dov’è Ji Woo? Non la vedo da nessuna parte.»
 
Distolsi immediatamente lo sguardo e lo puntai verso la radura che si perdeva a vista d’occhio. Il vento mi sfiorò dolcemente i capelli. «Le ho dato un giorno di riposo. Ieri sera non si sentiva molto bene.»
 
Jimin mostrò subito un’espressione maliziosa. «Ieri sera? Uhmm… Hyung, non dirmi che-»
 
Sbuffai e lo interruppi. «No, Jimin. Frena il film che ti stai facendo in testa. Lo sai che preferirebbe strangolarmi piuttosto che…» abbassai il tono della voce, «fare qualcosa con me,» mi trattenni per non sconvolgere troppo il maknae.
 
«Davvero?» domandò Jimin non del tutto convinto. «Ma ieri in camerino-»
 
Afferrai uno dei pannelli riflettenti che usavano per regolare la luce durante le foto e glielo lanciai dritto in testa. Jimin si chinò leggermente all’indietro, ridacchiando. «Piantala! Per colpa sua ho fatto una figura di merda davanti a tutti. Ho ancora voglia di prenderti a pugni perché continuavi a ridere!»
 
«Ma dai, Hyung! Come facevo a non ridere con te in quelle condizioni?» Gli lanciai contro un altro pannello e stavolta lo presi dritto in faccia. Jimin rise di nuovo. «Accidenti, quanto sei permaloso!» mi rimproverò, sempre con il sorriso sulle labbra.
 
«Però devi ammettere che riesce a tenerti testa alla perfezione,» disse Jin incrociando le braccia al petto. «Sarà perché faceva la bodyguard? È una tipa tosta.»
 
«Io sarò sincero,» intervenne Namjoon. Ci voltammo tutti a guardarlo. «Quella ragazza non mi piace. E te l’ho già detto, Suga-hyung. Devo forse ricordarti che è la sorella di Yoona-noona?» Piombò un silenzio improvviso. Mi sentii tutti i loro sguardi addosso, alcuni preoccupati, altri dispiaciuti a causa di Namjoon che aveva deciso di tirare fuori quell’argomento nonostante sapesse quanto mi infastidisse.
 
«E questo cosa c’entra?» domandai sulla difensiva. L’atmosfera giocosa di prima era decisamente sparita. «Ji Woo non è Yoona.»
 
Namjoon sospirò. «Lo so benissimo, ma… ho come l’impressione che ti stai attaccando un po’ troppo a quella ragazza. Non te ne stai rendendo conto anche tu? Io me ne sono accorto, e ti sto solo mettendo in guardia come ho sempre fatto. L’ho fatto con ogni ragazza che ti sei portato a letto. L’ho fatto con Yoona e ho intenzione di farlo anche con Ji Woo.» Si voltò verso di me mentre gli altri ci osservavano in religioso silenzio. «Sono il vostro Leader ed è mio dovere intervenire quando mi accorgo che qualcosa o qualcuno potrebbe minacciare la sicurezza del nostro gruppo. Ne va della nostra sopravvivenza.»
 
Lo guardai. Sapevo a cosa si stava riferendo. Namjoon era sempre stato molto cauto sull’argomento “ragazze”, soprattutto quando si era reso conto che mi ero davvero innamorato di Yoona. Noi Idol non potevamo fidanzarci. Era una clausola del nostro contratto, ma lui aveva chiuso un occhio, e insieme agli altri ragazzi aveva mantenuto segreta la mia “relazione”. Avevano rischiato, ma lo avevano fatto per me. Per rendermi felice. Peccato che i loro sforzi fossero andati sprecati. E quando avevo cominciato ad andare a letto con ogni ragazza che mi capitava a tiro… il rapporto tra me e Namjoon si era decisamente incrinato. Per lui ero una persona immatura che pensava solo al proprio tornaconto e non dava la giusta importanza ai pettegolezzi che avrebbero potuto distruggere quello che avevamo faticosamente costruito.
 
Capivo perché non vedeva di buon occhio Yorin. Lei aveva tutte le ragioni per farmela pagare. Poteva denunciarmi, o cercare vendetta e pubblicare quelle foto che ci avrebbero distrutto. Namjoon lo sapeva, e nonostante il contratto fosse stata una sua idea, non poteva fare a meno di tormentarsi. Dopotutto era sempre il nostro Leader.
 
«E io ti ho già detto di non preoccuparti,» gli risposi alzandomi in piedi. «Ji Woo mi odia, ma non è così stronza da vendicarsi. Non ce lo ha forse dimostrato?»
 
«Non è lei quella che mi preoccupa,» ribatté subito Namjoon. «Ma tu.»
 
Prima che potesse spiegarsi meglio, Jungkook s’intromise ancora una volta nella conversazione. «Hyung, sei sicuro che Ji Woo stesse davvero male?» domandò improvvisamente il più piccolo. Sembrava averci rimuginato fino a quel momento.
 
Aggrottai le sopracciglia. «Sì, sono sicuro. Perché me lo chiedi?»
 
«Beh, abbiamo messaggiato tutta la notte, ma non mi ha detto nulla a riguardo. Anzi, dava l’aria di stare piuttosto bene.»
 
«Tutta la notte?!» sbraitò Seokjin. «Ecco perché hai quelle occhiaie spaventose! Dammi subito il tuo cellulare, Jeon Jungkook. Da oggi è sotto sequestro!»
 
«C-Cosa?» balbettò il maknae. «Non puoi farlo! Ho vent’anni, per la miseria! Non trattarmi come se fossi un bambino!»
 
«Ma Kook, tu sei un bambino,» lo prese in giro Taehyung avvolgendogli un braccio intorno alle spalle. «Cosa credi di fare con questa faccia da coniglietto?»
 
«Te lo mostro subito.»
 
Jungkook si liberò dalla sua presa e cominciò a prenderlo a pugni, ovviamente in modo scherzoso. Mentre i due maknae si comportavano come tali, io continuavo a pensare a quello che mi aveva detto Jungkook. Avevo detto a Yorin di scrivermi se avesse avuto bisogno di qualcosa, allora perché si era rivolta a Jungkook? Senza rendermene conto, gli angoli delle mie labbra si curvarono verso il basso e una strana sensazione cominciò a farsi strada nel mio petto. Era fastidiosa.
 
«Ji Woo!» urlò all’improvviso J-Hope facendoci sobbalzare. Jungkook interruppe il suo finto battibecco con Taehyung e si voltò subito verso la direzione indicata da Hoseok. Mi voltai di scatto e non credetti ai miei occhi quando vidi la ragazza in questione dirigersi verso di noi. Camminai verso di lei e la fermai prima che potesse avvicinarsi agli altri ragazzi.
 
«Che diavolo ci fai qui?» le domandai leggermente alterato. Le studiai il volto e mi accorsi che aveva ancora i postumi della sbornia. Non si era truccata e delle occhiaie profonde le solcavano gli occhi. «Ti avevo detto di non venire. O forse eri troppo ubriaca per ricordartelo?»
 
«Mhh, Yoongi… Fa’ silenzio, ti prego,» m’implorò socchiudendo gli occhi e tastandosi le tempie con le dita. «Ho un mal di testa allucinante. Oggi non ho proprio voglia di sentire le tue lamentele.»
 
Sospirai e sollevai gli occhi al cielo. «Per questo ti avevo detto di startene a casa! Hai preso di nuovo la metro?» La vidi annuire con gli occhi chiusi e roteai nuovamente i miei. «Tu non mi ascolti proprio mai, vero? Perché non mi hai avvisato che saresti venuta a lavoro? Ti avrei mandato il nostro autista. Bastava un maledetto messaggio!»
 
«Non avevo voglia di prendere il telefono, okay?!»
 
Lo ammetto. Mi sentii un po’… offeso.
 
«Non ne avevi voglia perché hai passato tutta la notte a scambiarti messaggi con Jungkook?» Yorin sollevò la testa di scatto e mi guardò negli occhi. Ora sembrava decisamente più vigile. «A me ne bastava solamente uno, Yorin. Uno per farmi sapere che stavi bene. E la sai una cosa?» Distolsi lo sguardo e lo puntai a terra. «Se avevi tutta questa gran voglia di sfogarti, avresti potuto rivolgerti a me. E non sto parlando del sesso. Sarò anche uno stronzo, ma ricordo ancora come si fa a consolare qualcuno.»
 
«Yoongi…»
 
«Ma non posso biasimarti,» la interruppi dandole le spalle. «Anche io avrei scelto Jungkook. Ha l’aria decisamente più affidabile.»
 
Camminai verso i miei compagni e verso Jungkook che non perse tempo ad affiancare Yorin e a chiederle se andasse tutto bene. Io non glielo avevo nemmeno chiesto. Mi ero limitato ad urlarle contro, chiedendole perché fosse venuta lì nonostante le avessi detto di non farlo. Infilai le mani nelle tasche dei miei pantaloni firmati e mi avviai verso il luogo che il fotografo aveva scelto per il mio set singolo.
 
Sì, me l’ero presa. Ma cosa mi aspettavo? In fin dei conti le avevo sempre dato l’impressione di essere una persona superficiale, una di quelle che non si preoccupa di ferire i sentimenti altrui o di consolare chi ha avuto una batosta amorosa. Ero diventato in quel modo per una ragione e niente e nessuno avrebbe potuto farmi cambiare idea. Sapevo fin troppo bene i rischi a cui sarei andato incontro se avessi deciso di aprire nuovamente il mio cuore. Ecco perché non dovevo aspettarmi nulla da Yorin.
 
Ma era più forte di me. Quella sensazione fastidiosa continuò a tormentarmi e non mi lasciò in pace fino alla fine del set. Una volta finito, mi lasciai cadere su una delle tante sedie che erano sparse un po’ ovunque e lasciai uscire un sospiro che era un mix tra uno di sollievo e uno frustrato. Chiusi gli occhi aspettando che qualcuno arrivasse a sistemarmi il trucco per poter scattare le foto di gruppo dopo la pausa.
 
Qualche secondo dopo, percepii sulla guancia il delicato tocco di una spugnetta. Sollevai le palpebre e mi ritrovai davanti la faccia stanca e triste di Yorin. Oggi non sembrava nemmeno lei. Dov’era andata a finire la ragazza pronta a saltarmi alla gola?
 
«Cosa stai facendo?» le domandai mentre continuava a picchiettarmi sulle guance la spugnetta sporca di fondotinta. Non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso. «Ora sei anche una make-up artist?»
 
«Mi avevi detto di fare quello in cui ero più brava. Beh, per colpa di mia sorella me la cavo anche con il trucco. Quindi sta’ fermo.» Lo disse con un tono piatto, eppure eseguii lo stesso il suo ordine. Posò la spugnetta e prese una matita nera dalla trousse poggiata su un tavolino. «Chiudi gli occhi,» mi ordinò nuovamente, ma questa volta fu un po’ più difficile fare quello che mi aveva chiesto. Volevo continuare a guardarla. «Yoongi, chiudi gli occhi.»
 
E allora li chiusi. Abbassai le palpebre e la punta morbida della matita mi solleticò la base delle ciglia e gli angoli degli occhi. Percepii il suo dito che compiva movimenti circolari intorno alla riga inferiore, per poi spostarsi verso l’alto e sfumare il tutto. Allontanò il dito, ma dopo un momento lo sentii nuovamente su di me. Sul mio labbro inferiore. Aprii gli occhi di scatto.
 
Era totalmente immersa in ciò che stava facendo. Gli occhi nocciola erano puntati sulle mie labbra, attenti a non oltrepassarne il profilo con la sfumatura rosa che stava usando per accentuarne il colore. Il suo dito picchiettava sulla pelle morbida del mio labbro, in modo incerto e per nulla invadente. Poi si spostò su quello superiore, avvicinandosi a me di qualche centimetro. Ed è allora che il mio sguardo si spostò sulle sue labbra, che si dischiusero per dirmi qualcosa.
 
«Non ho messaggiato con Jungkook,» affermò raddrizzando la schiena e posando il rossetto sul bancone al suo fianco. «Non ho messaggiato con nessuno. Ho passato la notte a piangere, e parlare con qualcuno era l’ultimo dei miei pensieri. Ho evitato persino Ji Woo.»
 
Aggrottai la fronte. «Ma Jungkook ha detto-»
 
«Jungkook non ha il mio numero,» dichiarò puntando lo sguardo a terra. «Gli ho dato quello di Ji Woo. Ecco perché ho scambiato i nostri nomi.»
 
La guardai interdetto. «Yorin, tu e la tua amica state prendendo per il culo il mio maknae?» domandai serio. Con mia grande sorpresa, lei annuì.
 
«Beh, non è che lo stiamo prendendo per il culo,» si affrettò ad aggiungere cominciando a torturarsi le mani. «Ji Woo adora Jungkook e ho pensato che sarebbe stato carino farli interagire. Ma Jungkook non avrebbe accettato di dare a Ji Woo il suo numero, così ne ho approfittato quando ha chiesto il mio.» Sbattei le palpebre, sempre più interdetto. «Ma credo di aver fatto una cazzata.»
 
«Ma davvero?» le domandai ironicamente. «Io non la chiamerei cazzata, ma stronzata colossale. Cazzo, Yorin. Jungkook sta sempre appiccicato a quel telefono e ora capisco perché quando ti vede gli si illumina la faccia! Ti rendi conto che adesso lui si è fatto un’idea del tutto sbagliata di te?»
 
Ero furioso. Non ci vedevo più dalla rabbia. In effetti mi era parso strano che Yorin continuasse a farsi chiamare con il nome della sua amica, e mi era parso ancora più strano quando aveva dato il suo numero a Jungkook, cancellando il primo che aveva scritto per sostituirlo con un altro. Come avevo fatto a non capirlo prima? Per di più, mi ero reso involontariamente partecipe di quella farsa ai danni del mio amico. Avevo falsificato il badge di Yorin per farle un favore, senza preoccuparmi di scavare a fondo nella faccenda. Mi sentivo un idiota.
 
«Lo so,» disse la ragazza con tono sconsolato. Si portò una mano dietro la testa e si massaggiò la nuca. «Hai tutte le ragioni per essere arrabbiato.»
 
Sospirai e chiusi gli occhi per darmi una calmata. Non volevo prendermela con lei. Sapevo che lo aveva fatto per rendere felice la sua amica, ma non potevo permettere che quella situazione andasse avanti. Il pensiero di Jungkook che assaporava una felicità fasulla mi faceva altamente girare i coglioni. Se prendevano in giro uno dei miei membri, prendevano in giro il sottoscritto.
 
«Perché me lo hai detto?» domandai portandomi una mano davanti agli occhi con fare frustrato. «Avresti potuto continuare la tua farsa senza farti scoprire. Che cosa ci hai guadagnato a dirmelo?»
 
«Te l’ho detto per ringraziarti.» Tolsi la mano dalla faccia e la guardai negli occhi. Di che diavolo stava parlando?
 
«Tu? Ringraziare me? E per cosa?»
 
Yorin incrociò le braccia al petto. «Per ieri sera. Mi dispiace di averti chiesto di venire a prendermi, ma ti ringrazio per essere corso subito da me e non essertene approfittato nonostante le mie condizioni. L’ho apprezzato.»
 
«Perché lo hai chiesto proprio a me?» domandai con sincera curiosità. «Ci siamo insultati tutta la sera e poi all’improvviso mi hai chiesto aiuto. Sai quanto mi hai sorpreso?»
 
Yorin ridacchiò. «Ho rovinato la tua serata romantica con Soo Jin?»
 
«Romantica un corno,» affermai schifato. «E poi avevamo già finito. Non hai rovinato un bel niente. Anzi, mi hai dato una scusa per togliermela dalle palle.»
 
«Io davvero non ti capisco.» Indietreggiò e piegò le ginocchia per sedersi a terra. La seguii con lo sguardo. «Perché ci vai a letto se non la sopporti?»
 
«Perché grazie a lei mi convinco sempre di più di aver preso la decisione giusta.» Poggiai la testa contro le nocche della mano e diressi lo sguardo verso il terreno erboso sotto i nostri piedi. «Non hai la minima idea di quanto sia liberatorio mettere da parte i sentimenti. Io e Soo Jin siamo uguali, la pensiamo allo stesso modo. Vogliamo solo del buon sesso. Nient’altro.»
 
«E a te va bene così?» Ritornai a guardare Yorin. La ragazza inclinò la testa e si chinò all’indietro per poggiare i palmi sul terreno secco dietro di lei. «Una vita senza amore ti va davvero bene?»
 
«Mi basta quello dei miei fratelli. Di quello delle donne ne faccio volentieri a meno.»
 
Ed era la verità. Ormai non mi fidavo più delle loro parole sdolcinate o delle loro false promesse. Odiavo ammetterlo, ma anche Yorin era come tutte le altre. Me n’ero reso conto con questa storia di Jungkook. Certo, aveva mentito a fin di bene, ma Jungkook avrebbe sofferto solo perché Yorin stava facendo l’egoista. Anche Ji Woo, la vera Ji Woo, si stava approfittando di Kookie, come ogni donna che si rispetti. Più tempo passava, più la mia teoria si rivelava esatta. Le donne sono tutte uguali.
 
Soo Jin era l’unica eccezione, ecco perché con lei avevo infranto la regola di non andare mai a letto con la stessa ragazza. Le altre avrebbero potuto illudersi, ma non Soo Jin. Lei sapeva cosa voleva e i suoi bisogni erano identici ai miei. Era stata proprio lei ad aprirmi gli occhi e a farmi capire quanto fossi idiota a struggermi d’amore per qualcuno che non mi avrebbe mai ricambiato. Sebbene non sopportassi alcuni lati del suo carattere, mi sentivo in dovere di ringraziarla. Mi aveva reso la vita più semplice.
 
«A proposito di Jungkook,» cominciai accavallando le gambe. Yorin sollevò il mento per guardarmi dal basso in alto e non potei fare a meno di deglutire. Vederla in quella posizione risvegliava in me delle fantasie poco caste, che se solo avessi potuto non avrei perso tempo a far diventare realtà. «Mi aspetto che tu gli dica subito la verità. Altrimenti lo farò io.»
 
Yorin sembrava aspettarsi una proposta del genere, infatti si mosse sul posto e spostò il bacino verso destra, così che toccasse terra invece di stare in equilibrio sui suoi talloni. Si schiarì la gola. «Non puoi aspettare qualche giorno? Per Ji Woo è molto difficile dire la verità a Jungkook. È passato un po’ di tempo e…»
 
«Proprio per questo bisogna dirglielo subito!» m’infervorai. «Non sono così scemo da non averlo capito. È da quando abbiamo avuto quel battibecco dietro le quinte che stai prendendo in giro Jungkook. Gli hai anche detto che sei la sua fan numero uno, ma scommetto che prima del fan-sign non sapevi neanche della nostra esistenza. Sei davvero una nostra fan, Yorin?»
 
La mora scosse la testa e sogghignai per nascondere la mia delusione. Non so perché, ma sapere che Yorin mi aveva preso per il culo come sua sorella mi fece salire il sangue al cervello. Forse perché avevo sperato che lei almeno fosse diversa. Quanto mi sbagliavo.
 
«Non sono mai stata una vostra fan. Ji Woo mi aveva semplicemente chiesto di andare al fan-sign al posto suo perché lei quel giorno non poteva. Ho detto di chiamarmi Ji Woo perché non avevo voglia di dare spiegazioni e perché pensavo che così avremmo finito prima. Ma poi la situazione è degenerata quando ho scambiato i nostri numeri di telefono. Non pensavo di combinare un simile casino.»
 
Ancora una volta parlò con quel tono sconsolato che non le si addiceva per niente. Perché era così remissiva? Di solito mi avrebbe urlato contro con la sua solita parlantina strafottente. Forse si sentiva davvero in colpa nei miei confronti? E perché? In fondo io volevo solo portarmela a letto.
 
«Te l’ho già detto. O glielo dici tu o glielo dirò io. Non ho intenzione di stare a guardare mentre Kook viene nuovamente ridicolizzato. Questo giochetto è durato fin troppo.»
 
Davvero lo stavo facendo solo per Jungkook? Guardarmi dentro era più difficile di quanto pensassi, ma per un momento riuscii a sbirciare oltre quel muro che avevo eretto intorno al mio cuore. No. Non lo stavo facendo solo per Jungkook. In realtà volevo che il maknae si allontanasse da Yorin e la smettesse di guardarla con quegli occhi adoranti. Mi dava fastidio.
 
Sospirai quando mi resi conto di ciò che avevo appena pensato. Continuavo a ripetermi che le donne fossero tutte uguali, ma davanti a Yorin non capivo più niente. Pensavo che fosse uguale a sua sorella, ma poi la difendevo di fronte agli altri dicendo che non era per niente simile a Yoona. Correvo da lei non appena mi chiedeva aiuto e lasciavo indietro Soo Jin, la stessa Soo Jin che fino ad un momento fa avevo acclamato come mia salvatrice.
 
Cosa diamine avevo di sbagliato?
 
La guardai nuovamente negli occhi e la sua espressione triste e malinconica mi provocò ancora più fastidio. Non riuscivo a vederla in quelle condizioni. Dov’era finita la mia Yorin forte e caparbia? Quella che non ci avrebbe pensato due volte a ribaltarmi con tutta la sedia?
 
«In realtà vorrei che fosse Ji Woo a dirglielo,» parlò con lo sguardo basso mentre si abbracciava le ginocchia e posava il mento su di esse. «Ma quando le ho detto di rivelare la sua identità a Jungkook… era terrorizzata.» I suoi occhi si fecero più tristi. «Non voglio che Ji Woo stia male per colpa mia. Non voglio che per colpa mia venga odiata dalla persona che ammira di più al mondo.» Sollevò lo sguardo e solo allora mi accorsi che aveva gli occhi gonfi. Aveva davvero passato la notte a piangere? «Non puoi venirmi incontro, Yoongi? Non voglio che qualcuno soffra a causa mia. Non di nuovo.»
 
Non di nuovo? Rimasi immobile finché non mi sistemai meglio sulla sedia. Quel mio silenzio prolungato non aiutò Yorin a distendere i nervi. Era la prima volta che pendeva dalle mie labbra. Una mia sola parola e la sua amica avrebbe potuto dire addio alla fiducia di Jungkook nei suoi confronti. Mi mordicchiai il labbro inferiore mentre lei apriva di nuovo la bocca per aggiungere qualcos’altro.
 
«Farò tutto quello che vuoi.»
 
Mi trattenni dallo spalancare gli occhi, tuttavia fu difficile mantenere un’espressione neutra con le mie sopracciglia che cercavano di stirarsi verso l’alto. Quelle parole erano davvero uscite dalla bocca di Yorin?
 
«Fai sul serio?» le domandai con voce roca. «Sai a chi lo hai appena chiesto?»
 
«Sì, al tipo che vuole solo scoparmi.»
 
Deglutii. «L’alcol di ieri ti ha fottuto il cervello?»
 
«Taglia corto, Min Yoongi. Cosa devo fare per convincerti a darmi qualche giorno in più e non spifferare tutto a Jungkook?»
 
Cosa devi fare? Cazzo, apri le gambe, stenditi su quel fottuto prato e lasciami avere la scopata più memorabile di tutta la mia vita. Ecco cosa devi fare. Ti farò urlare fin quando non m’implorerai di smetterla. Qui, davanti a tutti.
 
Erano queste le parole che avrei voluto dirle, eppure la mia bocca rimase sigillata. La guardai finché i suoi occhi scuri e profondi non mi fecero venire i brividi. Avevo sempre adorato il suo sguardo felino. Molte volte avevo anche fantasticato su quanto sarebbe stato appagante se durante il sesso mi avesse guardato con quegli stessi occhi famelici. Sarei morto sul colpo.
 
Aprii le gambe e mi stravaccai sulla sedia, picchiettandomi le cosce con entrambe le mani. «Vieni qui.» Yorin sollevò un sopracciglio. «Voglio che ti siedi a cavalcioni su di me. Muoviti.»
 
«Yoongi, siamo in un luogo pubblico.»
 
Sogghignai. «Non me ne fotte un cazzo.»
 
«E se ci vede Jungkook?»
 
«Jungkook sta filmando V e Jimin con la sua videocamera. È troppo preso dal suo mondo per fare caso a noi. Te lo posso assicurare. Lo conosco fin troppo bene.»
 
Yorin diede un’occhiata alle sue spalle per accertarsi che avessi detto il vero e poi si alzò un po’ titubante. Le tenni gli occhi incollati addosso fin quando non fu abbastanza vicina da poterla afferrare per i fianchi. La tirai con violenza verso di me e la mora mi cadde addosso, atterrando con il sedere sulle mie cosce e appoggiandomi le mani sulle spalle per evitare di finirmi in faccia. Mi guardò.
 
«Puoi evitare di strattonarmi? Ho ancora la nausea.»
 
Non le diedi ascolto e mi chinai all’indietro per poggiarmi allo schienale della sedia. Le afferrai una gamba e la portai dall’altro lato del mio corpo così che entrambe le sue cosce mi cingessero i fianchi, il suo bacino premuto contro il mio inguine. Adoravo sentire il suo corpo contro il mio, infatti dischiusi le labbra per lasciar uscire un ansimo quasi impercettibile che non sarei stato in grado di trattenere. Le mie mani si mossero verso il basso finché non incontrarono le sue natiche.
 
«Tutto qui?» mi domandò sollevando un sopracciglio. «Vuoi solo che stia seduta sopra di te?»
 
Chinai la schiena in avanti e le accarezzai il profilo del collo con la punta del naso. «Yorin, non prendermi in giro,» le sussurrai con voce roca intensificando la presa sui suoi glutei. «Lo sai benissimo che se non dovessi obbligarti a quest’ora saresti già in ginocchio.»
 
«Non vuoi obbligarmi?»
 
Ridacchiai contro la sua pelle e ne inspirai il profumo come un drogato in crisi di astinenza. «Non fare la finta tonta con me. Non costringerei mai una ragazza a farmi qualcosa contro la sua volontà. Lo sapevi e te ne stai approfittando, non è vero?» Mi tirai indietro e sollevai lo sguardo per guardarla negli occhi. Ora sì che la riconoscevo, la Yorin che era sempre un passo avanti in quanto a furbizia.
 
«Allora cosa farai?» mi domandò sottovoce. Era incredibile come riuscisse ad eccitarmi anche con un semplice sussurro. «Lo dirai a Jungkook?»
 
I suoi occhi si riempirono di tristezza e le mie dita si mossero da sole. Abbandonai la presa su uno dei suoi glutei e feci risalire la mano fino ad insinuare le dita tra i capelli dietro il suo orecchio, accarezzandole la guancia con il pollice. Fui incredibilmente delicato.
 
«Facciamo così,» cominciai senza interrompere la carezza. Anche il tono della mia voce si era tinto di una sfumatura più dolce. «Dì a Jungkook che hai un problema con il telefono. Fagli credere di dover cambiare numero o qualcosa del genere, ma che potrebbe volerci un po’ di tempo. Intanto mantieni le distanze dal maknae e cerca di parlarci il meno possibile.»
 
Yorin s’irrigidì e anch’io mi bloccai non appena vidi la sua insicurezza. La guardai con fare interrogativo senza staccare il pollice dalla pelle della sua guancia. «Che c’è?»
 
«Quindi vuoi che Ji Woo smetta di parlare con Jungkook senza rivelargli chi è?» mi domandò sconsolata. «Vuoi far finta che non abbia mai messaggiato con lui?»
 
«Non avevo ancora finito di parlare,» l’avvisai, e Yorin sembrò riprendere vita. «Ji Woo è una ballerina, no?» La mora annuì contro il mio pollice. «Falle fare un provino per entrare nel nostro team di coreografi. Farò in modo che venga presa. Lei e Jungkook s’incontreranno quasi ogni giorno nella sala prove e lei potrà finalmente farsi conoscere per quella che è davvero. Se è riuscita a farsi voler bene da Jungkook una volta, ci riuscirà anche una seconda.» Spostai la mano e le picchiettai l’indice contro la fronte. «Non ti sembra un’idea migliore della tua? Cosa pensavi di guadagnarci con tutti questi sotterfugi, razza di stupida?»
 
«I-Io…» balbettò la ragazza strappandomi un sorriso. «Non ho mai pensato di chiedere il tuo aiuto.»
 
«Male,» l’ammonii. «Dovresti farlo più spesso. Come vedi so rendermi utile anch’io.»
 
«Pensavo te ne saresti approfittato,» mi rivelò distogliendo lo sguardo dal mio. «Mi hai sempre dato questa impressione.»
 
«Mi piacerebbe, ma non riesco proprio ad approfittarmi di te.» Ripresi ad accarezzarle la guancia e Yorin tornò a guardarmi negli occhi. «Ora me lo dici perché oggi non sembri nemmeno tu?»
 
La mora sembrò confusa da quella domanda. «Cosa vuoi dire?»
 
«Beh, guardati. Non fai la strafottente come al solito e si vede lontano un miglio che sei depressa. A che pensavi stanotte per esserti ridotta in questo stato? Piangere fa bene, ma non se pensi a cose troppo deprimenti. In quel modo peggiori solo la situazione.» Ancora una volta, Yorin non riuscì a guardarmi negli occhi. Segno che avevo fatto centro. «Dimmelo, Yorin. Sfogati con me,» le sussurrai avvicinando le dita al collo alto della sua maglietta smanicata. Tirai giù il lembo di stoffa e scoprii il segno che le avevo fatto il giorno prima. Il mio petto si riempì di soddisfazione al solo pensiero che Jongin lo avesse visto.
 
Era meno visibile rispetto a ieri, ma macchiava ancora la sua pelle candida. Yorin non mi bloccò quando posai dolcemente le labbra su quel punto, senza ovviamente infierire oltre. Mi limitai a massaggiarlo con la lingua e a passarle le mani sulla schiena per permetterle di rilassarsi. La sentivo ancora rigida tra le mie braccia.
 
«Non sono depressa,» affermò titubante. «La nausea e il mal di testa non mi aiutano a ragionare. Mi sento ancora uno schifo.» Chinò la testa in avanti e abbandonò la fronte contro la mia spalla. Ne approfittai per aumentare l’intensità dei baci che le stavo lasciando sul collo. «Ho ignorato così tante chiamate di Jongin da perderne il conto.»
 
Mi bloccai. Sollevai la testa, ma non riuscii a guardarla in faccia perché l’aveva seppellita nell’incavo del mio collo. «Continua a chiamarti? Perché? Che cosa vuole?» Suonai più severo di quanto volessi.
 
«Come diavolo faccio a saperlo se non gli ho risposto?» si lamentò contro la mia camicia. «So solo che se dovessi sentire la sua voce scoppierei di nuovo a piangere. Mi sono rotta le palle di piangere. Non ne ho più voglia,» si lamentò ancora con il tono di una bambina. Sollevò le braccia e si aggrappò alla mia camicia come se fossi la sua àncora di salvezza.
 
Sentii una strana stretta allo stomaco e poi un calore che risalì fino al petto. L’abbracciai a mia volta e le passai una mano tra i capelli mentre lei si sistemava meglio sulle mie gambe. Forse risentiva davvero dei postumi della sbornia. Era la prima volta che si appiccicava a me di sua iniziativa. A quest’ora, in circostanze normali, mi avrebbe già tirato un pugno. Forse con l’alcol diventava più affettuosa? Cazzo, avrei dovuto farla bere più spesso.
 
«Davvero non riesco a crederci che ti sei ridotta così per un tipo come Jongin,» borbottai a bassa voce, ma Yorin riuscì comunque a sentirmi. Sprofondò ancora di più contro il mio petto e il suo naso mi sfiorò la pelle del collo. Mi vennero i brividi lungo la schiena.
 
«Sono innamorata di lui fin da bambina. Jongin sa come trattare le donne. È un vero gentiluomo.»
 
Sbuffai. «Già, infatti ti ha presentato la sua fidanzata durante un’uscita che avrebbe dovuto essere solo per voi due. Neanche io ho tutto questo tatto,» ironizzai.
 
«Lei è bellissima,» sospirò di nuovo contro il mio collo. Cominciai ad accarezzarle la pelle della coscia con dei movimenti circolari. «Sembra un angelo caduto dal cielo. Non ho speranze.»
 
«Non può essere più bella di te,» sussurrai piano. «È impossibile. Non ho mai visto una ragazza più bella di te.»
 
Ridacchiò, e la sua risata mi riempì le orecchie. «Beh, dovrai ricrederti. Lei è la perfezione. Credo che sia nata per stare con Jongin. Sembra una principessa.»
 
«Vuoi smetterla di sminuirti?» mi alterai. «Scommetto che è una di quelle oche tutte rifatte e senza cervello. Toglimi una curiosità. È famosa?»
 
«Sì,» sussurrò. «Fa parte di un gruppo, ma non posso dirti chi è.»
 
«Perché?»
 
Fece spallucce. «È una relazione segreta. Non vogliono finire sui giornali.» Continuai ad accarezzarle la schiena. «Certo che la vita degli Idol fa proprio schifo.» Ridacchiai, e a quel punto Yorin si tirò indietro per guardarmi in faccia. «Senza offesa,» aggiunse con espressione colpevole. Scossi la testa per farle capire che non me l’ero presa e le sistemai dietro l’orecchio una ciocca di capelli che le era finita davanti agli occhi.
 
«Sono d’accordo con te. Per certi versi fa veramente schifo.»
 
«Cazzo, io e te che siamo d’accordo su qualcosa?» domandò sorpresa. «Oggi è davvero una giornata strana.»
 
Scoppiai a ridere e lei mi seguì a ruota. «È ancora più strana visto che ti sto toccando da circa venti minuti e non mi hai ancora ucciso come il tuo solito. Devo forse aspettarmi uno schiaffo dell’ultimo minuto quando rinsavirai completamente dall’alcol?»
 
Yorin si sistemò i capelli e l’occhio mi cadde sulla maglietta attillata con la scritta STAFF e il badge con il nome falso che ricadeva nell’incavo dei seni. Avevo già notato che non fosse molto prosperosa, ma per me Yorin era perfetta così. Non avrei cambiato niente.
 
«Non lo so, oggi sei meno pervertito del solito,» constatò facendomi risollevare lo sguardo. «Devo essere ancora ubriaca,» ridacchiò strofinandosi gli occhi con entrambi i pugni mentre rimaneva in bilico sulle mie cosce.
 
«Che dici? Me lo merito un bacio per averti fatto ritornare il sorriso?» Yorin fece ricadere i pugni e mi guardò mentre picchiettavo l’indice contro la guancia sinistra per farle capire che non intendevo un bacio sulle labbra. «O per la faccenda di Ji Woo. Io dico che hai un sacco di ragioni valide per darmene uno.»
 
Si avvicinò senza darmi il tempo di realizzare. Mi afferrò il viso con entrambe le mani e mi stampò un bacio al lato delle labbra. Si allontanò dopo qualche secondo che avevo passato nella più totale incredulità. Le mie labbra fremevano, desiderose di un contatto più intimo con le gemelle premute più in là. Quando Yorin si staccò, seguii il suo volto finché il suo corpo non tornò a sovrastarmi. Mi ero congelato sul posto.
 
«Grazie…» sussurrò puntando lo sguardo verso la radura. «Per tutto. Per avermi portato a casa ed esserti preoccupato per me. Per Ji Woo. Per aver cercato di consolarmi nonostante la tua repulsione per l’amore.» Sospirò e il vento le accarezzò amorevolmente i capelli. «E grazie per non essertene approfittato.»
 
Rimasi a guardarla, rapito dal vento che le scompigliava i capelli e dalla sua voce che continuava a ringraziarmi con quel tono sincero e senza pretese. Rimaneva immobile, a cavalcioni su di me come se per lei fosse una cosa naturale, come se i nostri corpi fossero stati creati per restare in contatto. Era un’attrazione particolare, una di quelle che mi spingeva a volere sempre di più. A desiderare sempre di più.
 
Ecco perché raddrizzai la schiena e allungai le braccia fin quando non mi ritrovai il suo volto tra le mani. I suoi occhi increduli si fissarono nei miei e sentii il suo respiro sulle mie labbra. Osservai ogni centimetro del suo volto, ogni briciola d’incertezza che le riempiva gli occhi. Le accarezzai le guance con i pollici e feci sfiorare i nostri nasi mentre le mie labbra si dirigevano verso quei boccioli rosa che bramavo con tutto me stesso.
 
Nella mia testa echeggiarono così tanti campanelli d’allarme che feci fatica ad ignorarli tutti. Erano assordanti, ma io ero intenzionato a poggiare le labbra su quelle di Yorin. Non m’importava degli avvisi che mi stava lanciando il mio cuore.
 
“Non farlo.” “Soffrirai di nuovo.” “Te ne pentirai.”
“Non lasciarti fuorviare dai sentimenti.”
 
Poi, un allarme più forte degli altri e con la vibrazione incorporata, riuscì a scuotermi e a farmi riprendere il controllo. Che cazzo stavo facendo? Guardai il volto ancora incredulo di Yorin mentre, con fare impacciato, tirava fuori dalla tasca il suo telefono. Lo fissò per un momento, osservando il nome che continuava a lampeggiare sullo schermo. Lo guardai anch’io e storsi istintivamente le labbra.
 
Kim Jongin.
 
Yorin cercò di mettere via il telefono, ma io fui più veloce di lei. Glielo sfilai di mano e mi alzai cercando di non far cadere a terra la ragazza che un attimo fa era seduta sulle mie gambe. Quando mi assicurai che avesse poggiato i piedi per terra, indirizzai la mia attenzione al cellulare che tenevo fra le mani.
 
«Yoongi, ridammelo!» si lamentò Yorin cercando di riprenderselo, ma io sollevai il braccio per impedirglielo e mi girai dalla parte opposta come se stessi giocando una partita di basket. Il cellulare era la palla e Yorin il mio avversario. Feci canestro quando riuscii a premere il pulsante verde per accettare la chiamata.
 
«Yorinie! Dio, è da ieri sera che cerco di chiamarti! Non mi hai neanche fatto sapere se eri tornata a casa sana e salva. Si può sapere che diamine ti è preso?! Jennie si è fatta un’idea sbagliatissima di te. Dice che eri troppo boriosa e secondo lei non la sopporti!»
 
«Beh, se la tua ragazza è rompipalle quanto te non faccio fatica a crederlo.»
 
Ci fu un attimo di silenzio che dalla mia parte venne riempito dai continui tentativi di Yorin di riprendersi il suo dannato cellulare. Peccato che non fosse nelle condizioni di usare una delle sue famose mosse in stile kung fu. Mi bastò darle le spalle per impedirle di crearmi troppi problemi.
 
«Perché hai tu il cellulare di Yorin?» mi domandò con un tono che avrebbe potuto uccidermi. «Lei dov’è?»
 
«Qui accanto a me, ma in questo momento non può parlare,» lo punzecchiai mentre guardavo Yorin, sfiancata per colpa dei vari tentativi falliti nel cercare di recuperare il suo telefono. «A causa mia la tua Yorinie è un po’ a corto di fiato,» dissi con una nota maliziosa nella voce. Jongin ovviamente travisò le mie parole.
 
«Lurido figlio di puttana! Se le hai messo le mani addosso io-!»
 
«Le mani? Ho fatto molto più di questo, Kai. Pensavo avessi visto il segno che le ho lasciato sul collo. Sei talmente idiota da non aver recepito il messaggio?» Il mio sguardo s’indurì e rafforzai la presa sul telefono. «Stalle alla larga. Yorin non è affar tuo.»
 
«E neanche affar tuo, puttaniere di merda! Yorin non potrà mai stare con un donnaiolo come te. Quella ragazza è troppo preziosa per finire nelle tue mani. E ora fammi parlare con lei. Devo farla rinsavire!»
 
Digrignai i denti. «Yorin non vuole parlare con te, quindi vedi di non romperle le palle, sono stato chiaro? Chiamala un’altra volta e giuro che vengo lì a spaccarti la faccia!»
 
«Non vedo l’ora. Io sono qui che ti aspetto!»
 
«Non provocarmi,» ringhiai. «L’ho fatto una volta e posso rifarlo anche una seconda. Avverti già da ora il tuo chirurgo plastico oppure non riuscirà a rimettere insieme i pezzi della tua faccia di merda!»
 
«Yoongi! Yoongi, ti prego! Adesso smettila!» Mi voltai, completamente accecato dalla rabbia. Riacquistai il controllo solo quando vidi il volto supplicante di Yorin. Deglutii e riattaccai il telefono in faccia a quel babbeo. Cazzo, forse avevo esagerato un po’. Yorin riuscì finalmente a riprendersi il telefono e me lo sfilò di mano con una rabbia inaudita.
 
«Si può sapere che cazzo ti è preso?!» urlò a squarciagola. «Sei diventato matto?!»
 
«No, non sono diventato matto!» urlai a mia volta. Ero ancora furibondo per la discussione avuta con Jongin. «Ora quel damerino sarà geloso marcio! Complimenti, Yorin. Tra poco non te lo leverai più di dosso. Non sei contenta?»
 
«C-Cosa?» balbettò.
 
«E tu saresti quella devota all’amore?» sbuffai. «Non lo sai che per attirare l’attenzione di un uomo bisogna farlo ingelosire? Quel tipo mi odia, perciò immagina quanto gli sta rodendo il culo in questo momento. Era fuori di sé dalla rabbia.»
 
«Sì, ma ora pensa che siamo andati a letto insieme! C’era bisogno di arrivare a tanto?!» Ridacchiai. In realtà ne avevo approfittato per prendermi una piccola rivincita. Mi ero vendicato per tutto ciò che mi aveva fatto passare con Yoona. Maledetto bastardo. «Perché lo hai fatto?» mi domandò Yorin attirando la mia attenzione. «Pensavo non sopportassi l’idea che mi stesse vicino.»
 
Sospirai e seppellii le mani nelle tasche dei pantaloni. «Voglio che ritorni quella di prima. Questa tua versione soft e malinconica non mi piace.»
 
La verità? Mi piaceva fin troppo. La Yorin che mi ringraziava e mi abbracciava senza respingermi, la Yorin che mi dava un bacio vicino alle labbra senza troppi pensieri… mi faceva impazzire. Ero quasi caduto nella sua trappola e non potevo cascarci una seconda volta. Quella Yorin era pericolosa e io dovevo starne alla larga, anche se ciò implicava spingerla tra le braccia di Kim Jongin.
 
Aveva ragione Namjoon. Dovevo proteggermi prima che fosse troppo tardi. Dovevo proteggere il mio cuore o avrei finito per soffrire di nuovo. Dovevo allontanare Yorin e metterla in una condizione che mi avrebbe impedito di portare avanti quella brama che sentivo per lei. Perché con lei non sarebbe stato solo sesso, e io me n’ero reso conto soltanto ora.
 
‘Ricordo ancora adesso quella sensazione. I giorni scorrevano e quelle scene si ripetevano davanti ai miei occhi come un loop infinito. Lei che abbracciava lui. Lui che baciava lei. Mi ero ripromesso di non soffrire più, di non tormentarmi più. Eppure quella sensazione fastidiosa era tornata dopo cinque anni di assenza. La gelosia mi stava mangiando vivo ed ero stato io a far sì che ciò accadesse. Per evitare di soffrire, avevo finito per distruggermi con le mie stesse mani.’ –Min Yoongi
🔺🔺🔺

ᗩngolo.ᗩutore
E dopo una vita riesco ad aggiornare! D'ora in poi cercherò di essere più regolare con la pubblicazione, ma non vi prometto niente 🤔 Devo anche recuperare tutte le storie che seguo! Arrghh, ce la farò 😆

Passando al capitolo, Yoongi sta cambiando e se ne sta rendendo conto anche lui. Peccato che continui a rinnegare quelle emozioni che Yorin è riuscita a risvegliare per un breve momento. Ed ecco che Yoongi corre nuovamente ai ripari, usando la sua gelosia per lanciarla dritta dritta tra le braccia di Jongin. Un atteggiamento un po' vigliacco? Forse, ma da quelle ultime parole mi sa che ne pagherà le conseguenze 🤔

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto ❤ In tal caso non dimenticatevi di farmi sapere cosa ne pensate, ci tengo davvero tanto 😘 Ne approfitto per ringraziarvi di tutto l'amore che state dando a questa storia. Non me lo aspettavo davvero! Un bacione e alla prossima 💘

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Capitolo 22
*** Man ***


Hook-Up
❖ Man



🔽🔽🔽  


Sentivo gli occhi di Jungkook addosso. Non importa quanto cercassi di evitare il suo sguardo, mi fissava come se avesse voluto tempestarmi di domande, e sono sicura che fosse proprio quello il suo intento. Nonostante questo, nessuno di loro mi rivolse la parola fino alla fine del volo, indubbiamente per le mie condizioni pietose. Dovevo avere la faccia che urlava: “Non azzardatevi a chiedermi qualcosa. Potrei mordervi.”
 
Non mi chiesero nulla. Solo la maknae line continuava a gettarmi qualche veloce occhiata pensando che non me ne accorgessi. Namjoon passò le 14 ore successive a leggere un libro grosso come un mattone mentre al suo fianco Jin continuava a sonnecchiare abbracciato al suo inseparabile peluche. Jimin mi lanciava occhiate preoccupate intanto che spettegolava con Taehyung e Jungkook, cercando di non svegliare J-Hope che si era addormentato di fianco al più piccolo.
 
Ero distrutta. Piangere era sempre stato molto sfiancante per me. Mi risucchiava di tutte le energie e di solito mi addormentavo nel giro di cinque minuti. Voltai il viso stanco verso destra, incontrando i capelli scuri di Yoongi che stava guardando fuori dal finestrino dell’aereo.
 
Mi sentivo ancora in imbarazzo. Apprezzai il fatto che si fosse voltato e non mi stesse chiedendo niente, ma allo stesso tempo mi sentivo a disagio per quello che gli avevo detto nella toilette. Gli avevo chiesto di abbracciarmi. Mi veniva voglia di sotterrarmi, ma dovevo ammettere che non era stato male lasciarsi cullare dalle sue braccia. Sentivo ancora la sensazione delle sue labbra sulla fronte e sulle guance. Sentii una fitta allo stomaco e scossi la testa per scacciare quei pensieri e liberare la mente. Chiusi gli occhi e dopo l’ennesimo sospiro mi addormentai.
 
▫◦▫◦▫
 
«Yorin?»
 
Un sussurro dolce quasi quanto lo zucchero mi solleticò l’orecchio. Arricciai il naso e mi passai la lingua sulle labbra secche. Avevo un disperato bisogno di acqua.
 
«Mmhh…» mi lamentai aggrottando le sopracciglia. La sgradevole sensazione di essere stata svegliata da un sonno profondo mi scosse fino alla punta dei capelli. Odiavo quando succedeva. Mi obbligai ad aprire gli occhi e lottai contro il mio stesso corpo per raddrizzare la schiena, ritrovandomi davanti il volto coperto di Min Yoongi. Si era rimesso di nuovo la mascherina nera. Non dissi niente e mi limitai a guardarlo negli occhi. Era stato lui a chiamarmi?
 
«Siamo arrivati,» m’informò senza staccarmi gli occhi di dosso. Tuttavia, il suo tono era decisamente troppo dolce per un’informazione tanto superflua. Chi è che annunciava l’atterraggio di un aereo come se stesse parlando della sua stessa famiglia? Lo guardai confusa. «Rimettiti la mascherina. Stiamo per scendere,» aggiunse porgendomi quella che aveva in mano. Stavolta non prese l’iniziativa e aspettò che l’infilassi da sola. «E ricorda. Cerca di passare inosservata,» disse serio mentre si alzava in piedi per farmi capire di fare altrettanto.
 
Annuii. I ragazzi si alzarono insieme a noi e si prepararono a scendere dall’aereo. Jungkook continuava a guardarmi ma io feci finta di non accorgermene. Sapevo che se avessi incrociato il suo sguardo, il maknae non avrebbe perso tempo ad avvicinarsi per cominciare a chiedermi l’impossibile. Non ero arrabbiata con Yoongi perché aveva rivelato agli altri il mio vero nome. Ero stata io a mentire a tutti loro, perciò non lo biasimavo per avermi smascherato in quel modo. Avevo di sicuro perso la loro fiducia, ma forse era quello che mi meritavo per essere stata tanto meschina, soprattutto con Jungkook.
 
All’uscita dell’aeroporto, trovammo un vero e proprio caos. Non avevo mai visto così tanta gente ammucchiata in un posto solo. Le grida e la sequenza ininterrotta dei flash stavano per far venire il mal di testa a me, figuriamoci a loro che erano l’attrazione principale. Mi mescolai alle altre stylist e al resto dello staff che aspettava pazientemente la fine di quello che sembrava a tutti gli effetti un servizio fotografico. I ragazzi erano disposti su di una fila mentre salutavano a destra e a sinistra e si mettevano in posa per delle foto che sarebbero diventate le copertine di chissà quante riviste. Mi venivano i brividi solo a pensarci.
 
Non eravamo ancora fuori dall’aeroporto eppure avevo già sentito parecchie parole inglesi. Alcune fan gridavano anche in coreano per farsi capire meglio dai ragazzi, e quando succedeva mi scappava un sorrisetto, coperto a dovere dalla mia mascherina bianca. Era interessante vedere come imparassero il coreano per poter avere anche un minimo contatto con loro.
 
Finalmente fummo liberi di procedere. Cercai di seguire Yoongi, che ovviamente non mi degnò di uno sguardo mentre veniva scortato verso la sua macchina. Non vidi più i ragazzi poiché ognuno di loro s’infilò in una vettura diversa che li avrebbe portati al nostro hotel. Uno dei Manager mi fece segno di salire sul loro SUV e non persi tempo a seguire i suoi ordini. Non vedevo l’ora di arrivare in albergo e buttarmi sul letto come se non ci fosse un domani. Quel viaggio in aereo mi aveva distrutto nonostante avessi dormito più di otto ore. Ma chi diavolo me l’aveva fatta fare? Ah giusto, Min Yoongi.
 
Mentre aspettavo di arrivare a destinazione, vidi i vari membri dello staff parlottare fra loro mentre mi lanciavano occhiate incuriosite. Sbuffai e incrociai le braccia al petto. Avrei dovuto aspettarmelo. Di sicuro si stavano domandando che razza di legame avessi con i ragazzi visto che ero salita sul loro jet privato. Odiavo i pettegolezzi, e tutti quegli sguardi puntati addosso non facevano altro che peggiorare la situazione. Volevo solo andarmene da lì e chiudermi in camera.
 
«Ji Woo-ssi, vero?» mi domandò una ragazza guardando il badge che avevo appeso al collo. Ma sì, bravi. Continuate a ricordarmi quanto mi sento in colpa per aver falsificato il mio nome.
 
«No, mi chiamo Yorin,» risposi senza scompormi più di tanto. Sentii un peso scivolarmi giù dal cuore. Era così bello dire alla gente il mio vero nome. Non vedevo l’ora di sentirlo pronunciare anche dagli altri ragazzi e ripulirmi definitivamente dalle mie colpe. La stylist mi guardò incredula e tornò a leggere il mio badge per assicurarsi di non avere le traveggole. Scossi la testa. «Fidati, lunga storia.»
 
«Oh, okay…» rispose titubante. «Comunque Yoongi-ssi non ci ha nemmeno presentati. Io sono Bo Young, una delle stylist. Loro sono Se Hyun, Dong Gi e Lee Ran. Si occupano dell’acconciatura e del trucco dei ragazzi mentre io faccio squadra con altre cinque persone per scegliere i vestiti delle esibizioni e degli eventi.» Si voltò verso un altro gruppo di persone che mi stava fissando dalla testa ai piedi. «Loro sono i Manager dei BTS. Li seguono ovunque e credo che ormai siano diventati le loro ombre,» disse scoppiando a ridere. «Seijin-ssi, Hobum-ssi e Minook-ssi.»
 
Quello chiamato Seijin si sporse verso di me e si sistemò gli occhiali da vista, forse per guardarmi meglio. Aveva la faccia da buono. «Quindi sei tu la famosa assistente personale di Yoongi?» mi domandò interessato. Anche da seduto, dava l’impressione di essere alto più di un metro e novanta. «Quel ragazzino mi ha proprio colto di sorpresa. Un giorno è venuto da me e mi ha detto che aveva in mente di assumere qualcuno che potesse aiutarlo. Devo ammettere che non me l’aspettavo. Suga non è il tipo che ama avere gente intorno, ad eccezione degli altri ragazzi. Certo, ama la compagnia delle donne, ma di solito se ne libera prima di fare colazione.»
 
«Solo una domanda, Yorin-ssi,» s’intromise Bo Young con fare strafottente. Si mordicchiò il labbro e fece un’espressione maliziosa. «Sei andata a letto con Suga-ssi?»
 
Rimasi talmente sconvolta dalla domanda che m’irrigidii sul posto. «Come scusa?»
 
«Dai, parliamoci chiaro. Sei andata a letto con Yoongi, non è vero? È impossibile che abbia assunto una ragazza così carina solo per questioni lavorative. Per quello avrebbe potuto benissimo scegliere una di noi, perché scomodarsi a cercarne una?»
 
Ma questa tipa faceva sul serio? Chiedermi una cosa tanto confidenziale di fronte all’intera troupe con cui avrei dovuto stare a contatto giorno e notte. Non si preoccupava neanche del fatto che mi stesse umiliando davanti ai Manager, facendomi passare per una poco di buono.
 
«È la prima volta che ti vedo e di certo non vengo a raccontarti con chi vado a letto,» soffiai acida, incapace di controllare la mia lingua tagliente. «E poi che cosa stai insinuando? Che ho ottenuto questo lavoro perché ho aperto le gambe al mio capo?»
 
«Questo mi sembra palese, allo shooting vi abbiamo visto tutti.» Di nuovo quel sorrisetto che mi fece salire il sangue al cervello. «Oltre a fargli gonfiare la patta dei pantaloni, che cos’altro sai fare?»
 
Povera ingenua. Non sapeva proprio contro chi si era messa.
 
«Beh, io almeno riesco a fargliela gonfiare. Tu non lo ecciteresti neanche se dovessi rammendargli i pantaloni mentre li ha ancora addosso. Mi sembri una di quelle zitelle frustrate che riversa le sue fantasie sessuali sugli Idol che non la cagano neanche di striscio.»
 
La mia risposta la congelò sul posto. Divenne rossa come un peperone mentre gli altri membri dello staff ridacchiavano in modo imbarazzato per cercare di alleggerire l’atmosfera. Questa Bo Young doveva essere la pettegola della situazione, peccato che con me fosse caduta proprio male. Frustrata del cazzo.
 
«Non arrabbiarti, Yorin-ssi!» intervenne una delle ragazze sedute al suo fianco. Aveva una voce talmente stridula che riuscì a farmi venire la pelle d’oca. «Siamo soltanto curiose. Che male c’è a scambiarsi qualche pettegolezzo?»
 
«La relazione tra me e Yoongi NON È un fottuto pettegolezzo. Inoltre, non sono tenuta a dare spiegazioni a nessuno, tanto meno a voi,» risposi indifferente mentre i manager continuavano a ridersela alle loro spalle. «Sono fatti miei e perciò resteranno tali. Odio le persone ficcanaso che non sanno farsi i cazzi propri solo perché nella loro vita non succede niente d’interessante. Scopate di più e starnazzate di meno.»
 
Avvertii gli sguardi di fuoco delle due ragazze di fronte a me. Bene, mi ero appena inimicata due vipere sul posto di lavoro. Già riuscivo ad immaginare le meravigliose giornate che mi attendevano. Non vedevo l’ora di passare tanti bei momenti insieme a loro, momenti all’insegna delle frecciatine e delle occhiate velenose. Ottimo lavoro, Yorin.
 
Nessuno disse niente per il resto del viaggio. Io fui la prima a scendere dal SUV e avviarmi verso l’entrata dell’hotel. Non aspettai nemmeno l’arrivo dei ragazzi, volevo solo salire in camera e buttarmi sul letto. Peccato che mi resi conto di non sapere neanche una parola d’inglese. Guardai la tipa della reception che sicuramente stava aspettando che aprissi la bocca per formulare chissà quale complicata preposizione. La fissai a disagio finché non decisi di fare dietro front e appostarmi di fianco alla porta girevole per aspettare i ragazzi. Odiavo quella situazione. Mi sentivo troppo fuori posto, tipo una bambina che non può fare a meno dei suoi genitori.
 
Il primo ad entrare fu Yoongi, che si stava trascinando dietro una valigia di colore blu. Stavolta, insieme alla mascherina nera, indossava anche degli occhiali da sole. Si guardò intorno finché non mi vide appoggiata contro la parete. Mi venne incontro con passi decisi e si fermò proprio davanti a me.
 
«Questa è la tua valigia,» mi disse indicandola con un cenno del capo. «Credo di averci messo l’indispensabile, ma se dovesse servirti qualcos’altro… non esitare a dirmelo.» Sollevò la testa e mi fissò con attenzione da dietro le lenti scure. «Yorin? Tutto bene?»
 
«Sì, alla perfezione,» risposi fredda. «Sono soltanto stanca.» Oppure incazzata nera con le tue stylist che non sanno stare al loro posto.
 
«Mi stai dicendo una stronzata. Ormai ti conosco come le mie tasche. Me ne accorgo quando sei arrabbiata per qualcosa.»  
 
Cavolo, non gli si poteva nascondere niente. Stavo per aprire bocca, ma il resto dei membri ci raggiunse in un batter d’occhio, seguito dai manager e dal resto dello staff. Identificai subito le tipe stronze di prima. Seguivano Jimin come se fossero due cagnoline fedeli, ma si allontanarono alla velocità della luce quando il ragazzo si avvicinò alla sottoscritta insieme a tutti gli altri. I loro occhi si fissarono su di me e mi sentii subito senza difese.
 
Okay, era arrivato il momento della verità.
 
«Yorin… giusto?» disse J-Hope con un sorriso che andava dal cortese all’imbarazzato. «Come ti senti? Va meglio?»
 
Era palesemente una situazione di disagio per entrambe le parti. Annuii e chinai la testa in avanti per scusarmi. «Mi dispiace avervi mentito,» dissi con tono sconsolato. «Non volevo farlo, ma-»
 
«Sono stato io a ordinarglielo,» intervenne Yoongi mettendosi di fronte a me. Aspetta… Cosa? «Non è colpa sua. Visto ciò che è successo a sua sorella, ho pensato che usare un nome diverso avrebbe potuto proteggere la sua privacy. Non voglio che quella storia ritorni a galla, e se qualche paparazzo dovesse scoprire che Yorin è imparentata con Yoona… non ci sarebbe modo di evitare i pettegolezzi. È anche per questo che ho vietato ai fotografi di scattarle delle foto. Qualcuno potrebbe accorgersi della somiglianza.»
 
Ero incredula. Stava dicendo la verità oppure si stava inventando tutto di sana pianta? Qualcosa mi diceva che quello era il vero motivo per cui aveva preso parte alla mia messinscena: per proteggermi dai pettegolezzi e dai riflettori che mi sarei trovata puntata addosso se la mia identità fosse stata rivelata al mondo.
 
La questione con Yoona era stata lasciata in sospeso ed ero sicura che quegli avvoltoi non vedevano l’ora di poterci rimettere le mani per scrivere un articolo da prima pagina: “La sorella minore della compianta Kang Yoona, stella dello spettacolo, entra a far parte di quel mondo che lei stessa aveva reputato tossico, divenendo l’assistente personale di Suga dei BTS. Ipocrisia o semplice voglia di cavalcare l’onda mediatica della sorella per acquisire popolarità?”
 
Dio, avevo già i brividi.
 
«Perciò non prendetevela con lei per avervi mentito,» continuò guardandoli uno per uno. «La colpa è solo mia. Se dovete prendervela con qualcuno, prendetevela con me.»
 
«Yoongi…» lo chiamai, ma lui m’ignorò bellamente.
 
«Scusate se l’ho tenuto nascosto persino a voi. Prometto che non succederà più.»
 
Mi sentivo male per lui. Si stava addossando tutta la colpa per non far pensare ai suoi amici che fossi una persona di poca fiducia. Non era giusto, ma a quel punto non potevo fare altro che aggregarmi alla sua versione dei fatti. Non mi stava lasciando altra scelta.
 
«Hyung, non c’è bisogno che ti scusi,» disse Taehyung con sguardo rammaricato. «Non è un problema così serio. Al tuo posto avrei fatto lo stesso.»
 
«Già, non pensarci troppo,» affermò Jin. «Per quanto mi riguarda, può chiamarsi Ji Woo, Yorin o persino Soo Jin… ma ciò non cambia il fatto che è sempre la stessa ragazza che ti ha mollato ben due schiaffi,» ridacchiò stringendo il suo peluche. Trattenni a stento una risata.
 
Seijin si avvicinò a noi e posò le mani sulle spalle di Yoongi. Quest’ultimo si voltò e dovette sollevare di molto lo sguardo per poter guardare il suo Manager negli occhi. Quell’uomo era un gigante in confronto a Yoongi, figuriamoci a me che ero ancora più bassa di lui. Incuteva davvero timore, ma appena apriva bocca si trasformava nell’uomo più dolce di sempre. Di sicuro era un bel contrasto.
 
«Yoongi-a!» lo chiamò entusiasta. «Dove hai trovato una ragazzina tanto tosta? Ha messo a tacere Bo Young e Lee Ran come se niente fosse. Credo che si stiano ancora nascondendo per la vergogna,» ridacchiò. «Era ora che qualcuno le mettesse al loro posto. Ultimamente faccio fatica a tollerarle persino io.»
 
Ancora una volta, i sette ragazzi si voltarono verso la mia direzione. Yoongi si tolse gli occhiali da sole per guardarmi meglio in faccia. «Bo Young e Lee Ran?» domandò serio. «Che cosa ti hanno detto?»
 
«Niente, e se non ti dispiace mi piacerebbe non sentirle più nominare.»
 
Continuò a fissarmi in silenzio, ma i suoi occhi mi dicevano che non avrebbe lasciato perdere. Appena ne avrebbe avuto l’occasione, mi avrebbe tempestato di domande. Glielo leggevo in quelle iridi scure e fredde come la notte.
 
«Namjoon-a?»
 
Un altro Manager si diresse verso il Leader dei BTS, che appena udito il suo nome si mosse immediatamente nella sua direzione. Solo dai suoi modi di fare, avevo capito che Namjoon fosse una persona altamente affidabile. Ecco perché lo avevano scelto come loro Leader.
 
«Credo che ci sia un problema con le camere, ma non riusciamo a farci capire bene dalla receptionist,» disse il Manager. «Ti dispiace darci una mano?»
 
Namjoon non se lo fece ripetere due volte. Lo vidi discutere animatamente con la donna dietro il bancone, sputando frasi che per me non avevano alcun significato. Come faceva ad essere così bravo in inglese? Forse aveva preso qualche lezione? Passarono altri dieci minuti, ma la situazione sembrava non avere una svolta. Alla fine, Namjoon ritornò da noi con una faccia altamente confusa.
 
«Yoongi-hyung,» disse attirando la sua attenzione. «Sei sicuro di aver aggiunto Yorin nella prenotazione?»
 
Il maggiore aggrottò le sopracciglia. «Certo, perché me lo chiedi?»
 
«Il suo nome non è sull’elenco. Né come Kang Ji Woo né come Kang Yorin.»
 
Yoongi sbarrò gli occhi. «Non è possibile. Hai provato a ricontrollare?»
 
«Certo che ho ricontrollato. La tipa continua a ripetermi che il suo nome non c’è e non possiamo neanche prenotare una camera in più perché tutte le stanze sono al completo. A quanto pare le fan hanno scoperto dove alloggiavamo e tutti gli altri piani sono occupati. L’unico modo è portare un materasso nella camera delle stylist e farla dormire lì con loro.»
 
«Preferisco dormire sul pavimento del corridoio,» affermai per far valere il mio punto di vista. Neanche fra un miliardo di anni avrei dormito con quelle vipere nella stessa stanza. E se avessero cercato di strangolarmi nel sonno? Sempre se non l’avessi fatto prima io.
 
«Ok, deve pur esserci una soluzione,» intervenne Jimin. «Noi siamo divisi in coppie e per questo dormiamo tutti in camere matrimoniali. Dato che siamo in sette, uno di noi ha un posto libero, giusto?»
 
«E indovina chi è?» ridacchiò J-Hope. «Yoongi-hyung sceglie sempre di stare da solo così dopo i concerti può portare le ragazz-»
 
«Sì sì, lo sappiamo il perché!» urlò Jin per interrompere Hoseok. «Ma vi state dimenticando che Yorin è una donna. Come possiamo farla dormire con uno di noi? Dai, non scherziamo. Siamo pur sempre dei gentiluomini.»
 
«Parla per te,» disse Yoongi incrociando le braccia al petto. «Comunque non abbiamo altra scelta. Deve pur dormire da qualche parte e la mia stanza è l’unica che ha un posto in più. Inoltre è la mia assistente. È giusto che me ne occupi io.» Il moro si voltò a guardarmi e i nostri occhi s’incatenarono gli uni agli altri. «Dormi con me, Yorin.»
 
Io, Yoongi ed un letto? Neanche a pensarci.
 
«Dormo con Jungkook.»
 
▫◦▫◦▫
 
L’avevo detto senza pensarci? Probabilmente sì. Ma in quel momento mi era sembrata la soluzione migliore. Non volevo dormire con Yoongi per ovvi motivi. Se già tendeva a saltarmi addosso in circostanze normali, figuriamoci con un letto e tutta una notte a disposizione. Di dormire con gli altri ragazzi non se ne parlava proprio. Certo, con loro mi trovavo a mio agio, ma fra di noi non c’era sufficiente confidenza da convincermi a sdraiarmi nel loro stesso letto.
 
Con Jin mi sarei trovata estremamente a disagio, per non parlare di Namjoon. Jimin e Taehyung erano simpatici, così come J-Hope, ma mi faceva strano immaginarmi nel loro stesso letto. L’unica opzione rimasta era Jungkook. Non potevo negare di aver legato in modo particolare con il più piccolo del gruppo. Fra tutti loro, era quello che mi ispirava maggiore fiducia, e poi ora non avevo più il timore di restare da sola con lui visto che il problema del mio nome era stato in parte risolto.
 
Ancora una volta, l’espressione di Yoongi era stata uno spettacolo. Non potevo fare a meno di provare una certa soddisfazione quando davo l’impressione di preferire il maknae a lui. Non so perché, il volto pietrificato di Yoongi mi scaldava sempre il petto. Forse perché la vedevo come una sorta di gelosia nei miei confronti?
 
Nà, impossibile. Quel tipo geloso di una ragazza? Era più probabile che fosse geloso di Jungkook perché temeva che sarebbe riuscito a portarmi a letto prima di lui. In fondo, io gli interessavo solo in quel senso.
 
Jungkook non aveva ancora spiccicato parola. Si era limitato ad annuire quando gli avevo chiesto se a lui andasse bene farmi dormire nella sua stanza. Jin gli aveva fatto la ramanzina dicendogli di non lasciarsi tentare dalle strane sensazioni che avrebbe potuto provare guardandomi. Inutile dire che eravamo arrossiti entrambi come due pomodori mentre c’era mancato poco che Yoongi si trasformasse in una statua di pietra.
 
Jin mi faceva sempre ridere, ma a volte la sua apprensione era soffocante. Insomma, Jungkook non era un bambino. Parlargli come se fosse un adolescente non mi sembrava giusto nei suoi confronti. Era grande e grosso, ma nonostante questo ero sicura che sapesse contenersi anche con una ragazza sdraiata nel letto, non come un altro soggetto di mia conoscenza che ci provava con ogni esemplare di genere femminile.
 
Jungkook mi guidò nel corridoio finché non si fermò di fronte alla “nostra” camera, che in origine doveva essere sua e di Taehyung. Quest’ultimo aveva gentilmente traslocato nella camera di Yoongi. Non sembrava che gli dispiacesse, al contrario del maggiore che non mi aveva più rivolto la parola o guardato di sfuggita.
 
Jungkook aprì la porta e m’invitò ad entrare accennando un piccolo sorriso. La camera era avvolta dal buio, ma riuscivo a sentire l’odore di pulito e il fresco che veniva fuori dal condizionatore. Quando il maknae accese la luce, la camera matrimoniale si mostrò in tutto il suo splendore.
 
La moquette era marrone, con una fantasia che ricordava tantissimo quella di un parquet. Se non fosse stato per la sua morbidezza, avrei giurato di star camminando davvero sul legno pregiato. Più avanti c’era una piccola scrivania ovale con sopra una tipica lampada da ufficio, mentre sulla sinistra, proprio sotto il davanzale della gigantesca finestra che occupava tutta una parete della stanza, vi era un divanetto a due posti dello stesso colore della moquette con qualche cuscino sparso qua e là.
 
Il letto era gigantesco e altissimo. Il materasso doveva essere il triplo di quello che avevo a casa e il copriletto si adattava ai colori della stanza: bianco con un’imponente striscia beige nel mezzo. I cuscini erano bianchi e candidi come la neve, disposti ordinatamente contro la testiera del letto che nascondeva un gigantesco specchio.
 
«Wow…» mimai con le labbra, guardandomi intorno con una faccia incredula. Qualcuno ridacchiò alle mie spalle e allora mi voltai, incontrando gli occhi scuri e dolci di Jungkook. Sembrava proprio un cerbiatto.
 
«Ti piace?» mi domandò contento.
 
«Se mi piace? Non ho mai visto una camera più bella di questa.»
 
Il maknae ridacchiò ancora. «Io ne ho viste parecchie. Fidati, dopo un po’ ci si fa l’abitudine.» Mi sorpassò e abbandonò la sua valigia in un angolo della stanza, poi si buttò sul letto con le braccia spalancate, sospirando soddisfatto. «Però devo ammettere che questo è il materasso più comodo che abbia mai avuto. Mi piacerebbe portarmelo a casa.»
 
Ridacchiai mentre giocherellavo con le mani dietro la schiena. Mi guardai ancora un po’ intorno finché la voce di Jungkook non riempì nuovamente la stanza.
 
«Mi piace il tuo nome,» sussurrò fissando il soffitto. «Yorin. È molto delicato e femminile.»
 
Arrossii. «Grazie…»
 
E poi calò il silenzio, quel silenzio imbarazzante che avevo temuto fin dall’inizio. Mi massaggiai il retro del collo e decisi di dedicarmi alla mia valigia, tanto per distrarmi e alleggerire quell’atmosfera soffocante. Chissà se quel pervertito mi aveva rimediato un pigiama decente. Già immaginavo pizzi e merletti da tutte le parti, ma dovetti ricredermi quando trovai un pantaloncino e una camicetta di raso color blu marino.

Quanto diavolo aveva speso per comprarmi quel pigiama? Controllai le altre cose che c’erano in valigia e mi accorsi che erano tutti capi di marche costosissime. Cinque o sei magliette Chanel, vari jeans Gucci e biancheria intima di Victoria’s Secret che era più sobria di quanto pensassi. La cosa più strana? Era tutto impacchettato, perciò doveva per forza aver speso dei soldi. Nessun vestito preso in prestito da qualche ragazza o sorella a me sconosciuta.
 
«Jungkook? Torno subito. Devo chiedere una cosa a Yoongi,» dissi tirandomi su dal pavimento. Il maknae sollevò la testa per darmi un’occhiata mentre mi dirigevo verso la porta ancora spalancata.
 
«Oh, certo. Ti aspetto qui.»
 
Marciai decisa lungo il corridoio finché non arrivai alla camera di Yoongi e Taehyung. Dopo il terzo colpo alla porta, venne ad aprirmi proprio la persona con cui volevo parlare. Pensavo di trovarlo mezzo addormentato, eppure era decisamente sveglio. Mi soffermai a guardare la camicia mezza sbottonata del suo pigiama che gli faceva intravedere il petto e la maggior parte del collo, ornato dalla stessa catenina d’argento che aveva indossato quel giorno.
 
«Che c’è?»
 
Il suo tono mi fece risollevare subito lo sguardo. Sembrava… preoccupato? I suoi occhi scesero verso il basso e mi accorsi che mi stava squadrando dalla testa ai piedi. Avevo la sensazione che mi stesse facendo un check-up completo, così incrociai le braccia al petto per nascondergli la mia mercanzia.
 
«Volevo parlarti delle cose che ci sono in valigia,» dissi, e a quel punto la sua espressione si rilassò. «Sei serio, Yoongi?»
 
«Perché? C’è qualcosa che non ti piace?» domandò stranito. «Ho cercato di seguire i tuoi gusti. Di solito ti vesti sempre con magliette, felpe e jeans strappati, così ho comprato soltanto roba di quel tipo.» Inclinò leggermente la testa. «Per caso volevi delle minigonne? Perché se fosse stato per me, ti avrei riempito la valigia di calze a rete e magliette striminzite.»
 
Sollevai la gamba per tirargli un calcio sulla coscia in modo scherzoso. Yoongi indietreggiò divertito mentre ridacchiava e tornava a sistemarsi il ciuffo scuro che gli era ricaduto sul viso quando si era spostato. Mi guardò nuovamente negli occhi e il suo sorriso scomparve poco a poco fino ad essere rimpiazzato da un’espressione seria.
 
«Dico sul serio, Yoongi. Quanto diamine hai speso per tutte quelle cose? Perché sei andato in posti tanto costosi quando avresti potuto fare un salto al mercatino dell’usato?»
 
«Il tuo corpo non è fatto per indossare roba del mercatino dell’usato,» rispose arricciando il naso. «Per me… vale molto di più.»
 
M’immobilizzai. «Mi hai detto che la tua regola numero uno è non spendere un patrimonio quando vuoi solo portarti a letto la ragazza,» sussurrai fissandolo negli occhi scuri e profondi.
 
Non mi rispose, eppure il suo sguardo sembrava volermi dire: “Io non voglio solo portarti a letto”. E perché mi dava la sensazione che fosse profondamente combattuto? Riuscivo a vedere il debole movimento delle sue sopracciglia che tremavano sotto la coltre scura dei suoi capelli. Piegò la testa e appoggiò la spalla contro lo stipite della porta, infilando entrambe le mani nelle tasche dei pantaloni larghi.
 
«Le cose belle vanno valorizzate. Non è un mistero che mi piaccia il tuo corpo, Yorin. Te l’ho sempre detto e continuerò a farlo finché non avrò più fiato in gola. Tu mi ecciti in ogni modo possibile e immaginabile. Mentirei se ti dicessi che non sei diventata il mio sogno proibito dal primo momento in cui ti ho messo gli occhi addosso.»
 
Arrossii fino alla punta dei capelli. Come poteva essere così schietto su alcune cose e totalmente riservato su altre? «Allora diciamo che sono in debito con te per tutta quella roba. Che te ne pare se da oggi in poi comincio ad offrirti il pranzo?»
 
Yoongi ghignò sollevando gli occhi al cielo. «Yorin, per ripagare il debito che hai con me, dovresti offrirmi il pranzo per il resto della tua vita.»
 
«L’importante è cominciare,» risposi facendolo ridere nuovamente. «Ora scusami. Me ne torno in camera perché sto per addormentarmi qui in corridoio.» Strizzai gli occhi per cercare di tenerli aperti e sollevai una mano nella sua direzione mentre mi voltavo per dargli le spalle. «Riposati. Da quanto ho capito domani avrete una giornata piuttosto impegnativa.»
 
Non riuscii a fare un altro passo perché sentii la porta chiudersi e due braccia stringermi forte da dietro. Voltai leggermente il viso e vidi il volto di Yoongi che premeva contro il profilo del mio collo. Cercai di voltarmi, ma lui me l’impedì rafforzando la presa sulla mia vita. E ora che diavolo gli era preso?
 
«Non tornare da lui,» mi sussurrò con una voce talmente bassa da farmi venire i brividi. «Resta con me.» Cominciò a lasciarmi caldi baci sul collo mentre mi stringeva sempre di più contro il suo petto, insinuando le dita sotto la stoffa bianca della mia maglietta per accarezzarmi il ventre. «Io conosco Jungkook, Yorin. Quel ragazzino non è ingenuo come sembra. Potrà anche ingannare Jin, ma non riuscirà mai a prendere per il culo il sottoscritto.»
 
Riuscivo a sentire tutto il suo calore e la voglia di unirsi a me che stava cercando di saziare attraverso il movimento del suo bacino contro il mio. La mano scivolò verso l’alto finché le sue dita non incontrarono la stoffa del mio reggiseno e poi la curva del mio seno sinistro, che agguantò all’improvviso lasciandomi senza fiato. Mi maledii quando quel gemito mi scivolò via dalle labbra, provocandone un altro disperato in Yoongi. I suoi baci aumentarono d’intensità e il suo tocco divenne più lascivo mentre i suoi ansimi mi risuonavano nell’orecchio sotto le luci fioche del corridoio.
 
Cazzo, non capivo più niente. La mia testa mi diceva di staccarmi da quelle mani lussuriose e rifugiarmi in camera mia, ma il mio corpo si rifiutava di rinunciare a tutto quel piacere inaspettato che stava provando. Yoongi mi leccò il collo fino a raggiungere l’orecchio, accarezzandolo e inumidendolo con la punta della lingua. Chiusi gli occhi e un secondo gemito abbandonò la mia bocca, ma stavolta mi morsi le labbra per non fargli capire quanto mi stessero piacendo le sue attenzioni. Peccato che il ragazzo alle mie spalle se ne fosse già accorto da tempo.
 
«Posso dire a Taehyung di tornare da Jungkook,» soffiò ancora una volta contro il mio orecchio. La sua voce profonda e gutturale rispecchiava alla perfezione il piacere che gli stava scorrendo nelle vene. «Ti basta solo una parola, Yorin. Solo una parola e io stanotte divento tuo.»
 
Spalancai gli occhi e fissai la parete bianca di fronte a me. Stanotte? Lo colsi di sorpresa e mi liberai malamente dalla sua stretta mentre mi voltavo per fronteggiare il suo viso perplesso. Certo, era ovvio che intendesse solo una notte di sesso. Poi arrivederci e grazie.
 
«Non sono la tua puttana, Min Yoongi,» soffiai acida mentre il suo sguardo ancora velato dal piacere si faceva sempre più confuso. «Forse sono semplicemente una persona troppo ingenua.»
 
«Yorin-»
 
Non lo lasciai parlare. Corsi verso la stanza di Jungkook e mi ci fiondai dentro per poi richiudere la porta con un tonfo. Quando mi voltai, mi ritrovai davanti il maknae a petto nudo, con i capelli gocciolanti e un misero asciugamano a coprirgli le parti basse. Ma con tutti i momenti, Jeon Jungkook doveva uscire dalla doccia proprio quando io decidevo di tornare in camera?
 
Ma non fu quello a sconvolgermi. Rimasi senza fiato quando lo vidi avanzare verso di me con sguardo serio e penetrante. Sembrava davvero… un uomo. Le spalle larghe si muovevano seguendo il ritmo delle sue gambe muscolose. I capelli bagnati gli donavano un’aria sexy che non gli avevo mai visto, forse solo quando era sul palco.
 
Si avvicinò sempre di più finché non fui costretta ad indietreggiare. Mi ritrovai con le spalle contro la porta, intrappolata tra le sue braccia nude e ancora bagnate, il viso piccolo e delicato a qualche centimetro dal mio. Avrei voluto chiedergli che cosa diavolo stesse facendo, ma non me ne diede l’occasione.
 
La sua bocca si schiantò contro la mia, trascinandomi in un bacio che mi rubò letteralmente il respiro.
🔼🔼🔼

ᗩngolo.ᗩutore
Sono tornata! Scusate se vi faccio sempre aspettare tanto, ma tra mancanza d'ispirazione, tempo e periodi un po' no, la mia voglia di aggiornare scende ai minimi sindacali ahaha

Passando al capitolo, di sicuro succedono cose inaspettate. Incontriamo le due stylist che non sembrano proprio essere dalla parte di Yorin, che ovviamente non si fa mettere i piedi in testa e ottiene le simpatie dei Manager.

Qualcuno ha fatto un guaio con le camere e non ha registrato la prenotazione di Yorin. Secondo voi chi potrebbe essere stato? 🤔 Ma grazie a questo contrattempo, Yorin finisce di sua spontanea volontà in camera con Jungkook 😂

Dopo un'innocente conversazione, Yorin ha un altro incontro ravvicinato con Yoongi, che davanti a lei non riesce proprio a contenersi. Stavolta entrambi sembrano presi dal momento, almeno fin quando Yoongi non dice quella frase che fa ritornare Yorin alla realtà. Davvero Suga la vuole solo per una notte o sarà lei che ha frainteso tutto? In fondo non sappiamo cosa stesse pensando Yoongi 🤔

E la parte finale... ve l'aspettavate una reazione simile da parte del nostro maknae? 😂

Spero che il capitolo vi sia piaciuto! In tal caso fatemi sapere pure cosa ne pensate. Un bacione e alla prossima 😘

Instagram: btsuga_d   

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Capitolo 23
*** Where Should I Sleep? ***


Hook-Up
❖ Where Should I Sleep?



🔽🔽🔽  


La sua lingua sfiorò la mia per poi intrecciarvisi in modo peccaminoso. Dischiuse le labbra per convincermi a fare altrettanto e approfondire quel bacio datomi alla sprovvista, ma l’unica cosa che riuscii a fare fu rimanere immobile, le spalle premute contro il muro e gli occhi spalancati per lo shock.
 
Jungkook fece un passo in avanti e il suo ciuffo bagnato mi sfiorò la fronte mentre posava entrambe le mani sulle mie guance per attirarmi a sé ed esplorare ancora una volta la mia bocca, stavolta con maggiore ingordigia. Mi mancava il fiato. Interdetta, posai i palmi sui suoi pettorali e cercai di spingerlo via per costringerlo a staccarsi da me. Era strano. Era fottutamente strano. La sua lingua cercava la mia, che se ne stava immobile al suo posto, scioccata quanto la sottoscritta.
 
Baciare faceva davvero così schifo? Okay che era il mio primo bacio, ma pensavo fosse diverso. Piacevole. Invece avevo la viscida sensazione di avere in bocca una fottuta sanguisuga che stava per risucchiarmi la lingua.
 
Magari perché avevo sempre immaginato di baciare Jongin?
 
Arrivai al limite, soprattutto quando mi ricordai che quello appiccicato alle mie labbra era nientemeno che Jeon Jungkook, il ragazzo dall’aspetto innocente che invece non aveva perso l’occasione per saltarmi addosso. Ripresi il controllo e lo spinsi nuovamente all’indietro, facendolo indietreggiare senza alcuna fatica. Il maknae sollevò finalmente le palpebre e mi guardò negli occhi, ma il mio schiaffo gli fece deviare subito lo sguardo.
 
«Jeon Jungkook, che cazzo stai facendo?» gli domandai ricolma di rabbia. «Ti sei forse bevuto il cervello?»
 
Il moro rimase con la testa girata e lo sguardo perso nel vuoto. A giudicare dal rossore sulla sua guancia sinistra, doveva pizzicargli un sacco. E pensare che mi ero persino trattenuta. Si voltò nuovamente verso di me e non potei fare a meno di notare il suo sguardo confuso. Mi stava prendendo in giro? Quella confusa dovevo essere io.
 
«Io non ti capisco, Yorin,» mi disse senza troppi giri di parole. Le sue sopracciglia erano aggrottate. «È una tattica per confondermi oppure mi hai raccontato solo un mucchio di balle?»
 
Deglutii. «A… A cosa ti riferisci?»
 
«Lo sai benissimo!» mi urlò dritto in faccia. Cavolo, non lo avevo mai visto così arrabbiato. «Smettila di farmi ingelosire con Yoongi. Ho recepito il messaggio, quindi vedi di darci un taglio.»
 
Mi veniva voglia di prendere il primo aereo e andare a strozzare Ji Woo. Si può sapere cosa diamine gli aveva raccontato per farlo scaldare in questo modo? La mia migliore amica mi aveva davvero rivelato ogni cosa oppure si era lasciata sfuggire qualche dettaglio importante, tipo che la loro relazione era più intima di quanto pensassi?
 
Jungkook mi guardava dritto negli occhi e io non sapevo cosa rispondergli. Avrei potuto dirgli la verità, ma forse avrei finito per peggiorare le cose. Era come camminare sull’orlo di un precipizio senza sapere cosa ci fosse sul fondo. Un solo passo falso e le probabilità di peggiorare la situazione sarebbero aumentate a dismisura. Non volevo più far soffrire nessuno. Era questo il mio difetto.
 
«Non ti seguo,» risposi con una faccia da poker. Stavo cercando di rimanere impassibile dato che non sapevo di cosa stesse parlando. «Potresti spiegarmi?»
 
«Faccio di meglio. Te lo mostro.» Si allontanò per recuperare il suo cellulare. Picchiettò le dita sullo schermo finché non lo girò verso di me per farmi leggere la conversazione. «Magari ti rinfresca un po’ la memoria.»
 
Presi il cellulare dalle sue mani per poter leggere in tutta tranquillità la discussione tra lui e Ji Woo che era nata con l’unico scopo di conoscersi l’un l’altro. Tornai persino indietro, approfittando di quell’occasione per riempire il vuoto che la mia migliore amica non si era preoccupata di riempire.
 








 
Gli occhi stavano per uscirmi fuori dalle orbite, ma riuscii comunque a mantenere la mia imperscrutabile faccia da poker. Cavolo, dovevo proprio fare l’attrice. Sollevai lo sguardo su Jungkook mentre stringevo il telefono come se avessi voluto stritolarlo.
 
Ji Woo. Quella ragazza era forse impazzita? Cosa diavolo le era venuto in mente? Non lo sapeva che dicendo quelle cose mi aveva messo in una posizione ancora più difficile? Forse si era dimenticata che Jungkook si ricordava a malapena della sua esistenza? Tutto ciò che gli diceva, si rifletteva sulla sottoscritta.
 
«Ti sei innamorata di Yoongi-hyung?» mi domandò il maknae con occhi tristi. La sua collera era scomparsa. «Per questo ultimamente sembrate così affiatati?»
 
La sua espressione scoraggiata mi provocò un dolore nel petto. Jungkook stava soffrendo per colpa mia, per una bugia che avevo raccontato senza riflettere. Mi ero ripromessa di non far soffrire più nessuno, ma continuavo a commettere sempre lo stesso errore. Quanto potevo essere stupida?
 
«Jungkook, io…»
 
«Perché ti comporti così? Io davvero non riesco a capire…» disse amareggiato. «Prima dici che sono la persona più importante della tua vita, poi vengo a sapere da Jimin che sei rimasta da sola con Yoongi nel camerino a fare chissà cosa. Subito dopo vi becco nel corridoio, a scherzare come due fidanzatini alla prima cotta.» Era partito, ormai non lo fermava più nessuno. «Anche il fatto dell’erezione… pensavo che lo avessi fatto per vendicarti di lui, per questo non ci ho dato tanto peso. Poi messaggi con me tutta la notte e mi confidi che semmai fossimo rimasti da soli, avresti voluto che ti baciassi.»
 
Deglutii. Quella conversazione stava degenerando. «Jungkook-»
 
«Eppure sull’aereo ti sei fatta consolare da lui…» m’interruppe senza troppe cerimonie. «Magari è stata anche colpa mia, che non ho avuto il coraggio di alzarmi e abbracciarti come invece ha fatto Yoongi, ma quando hai detto che volevi dormire insieme a me… ammetto di essermi tranquillizzato. Finalmente eri tornata la ragazza che mi aveva scritto tutti quei messaggi, quelle parole che ai miei occhi sono sempre state sincere. Eppure, nonostante fossimo finalmente da soli, sei andata da Yoongi,» mi rinfacciò come se fosse stato il peggiore dei tradimenti. «Perché devi andare da Yoongi ogni volta che siamo insieme? Davvero lo usi per farmi ingelosire?»
 
«No, Jungkook!» riuscii finalmente a dire. «Non lo uso per farti ingelosire.»
 
«Allora perché lo fai? Perché mi hai respinto in quel modo quando ti ho baciato?! Sei stata tu a dirmi che lo volevi!»
 
«Perché mi piace Yoongi!»
 
Mi morsi la lingua non appena pronunciai quella frase che mai avrei pensato potesse uscirmi di bocca. Onestamente, il discorso di Jungkook mi aveva fatto capire quanta rabbia avesse nel cuore. Cosa sarebbe successo se avessi scelto di dirgli la verità tirando di mezzo Ji Woo? L’avrebbe odiata. L’avrebbe odiata a morte per averlo preso in giro. Avrebbe odiato sia lei che me, senza offrirci alcuna possibilità di redenzione.
 
Jungkook aveva un animo buono, ma proprio per questo non ci avrebbe pensato due volte a portarci rancore. Se volevo tenere Ji Woo lontana dai guai, dovevo dare al maknae una ragione valida per lasciarmi in pace. Dovevo fare in modo che mi odiasse. Yoongi era stato il mio primo pensiero, la scusa perfetta per allontanarlo. Suga era uno dei suoi migliori amici e di certo Jungkook non avrebbe osato fargli un torto. Non se ero io ad ammettere il mio interesse per lui.
 
«Che cosa hai detto…?» mi domandò sottovoce, l’espressione completamente sconvolta. «Yoongi… ti piace?»
 
«C’è una netta differenza tra l’idolatrare il proprio bias e provare interesse per qualcuno. Io ti ho sempre ripetuto di essere una tua fan. Tu sei il mio idolo ed è ovvio che provi dei sentimenti affettuosi nei tuoi confronti, ma…» Mi leccai le labbra prima di dischiuderle nuovamente. «Questo è solo un amore platonico, e tale dovrà rimanere.»
 
Jungkook assottigliò gli occhi. «Platonico?»
 
«Sì,» confermai. «Platonico. L’amore di un fan verso il suo cantante preferito. Nulla di più.»
 
«Volevi che ti baciassi,» tornò all’attacco. «Non c’è nulla di platonico nel voler baciare qualcuno!»
 
«Era una semplice supposizione, Jungkook!» urlai. Urlai per far valere le mie ragioni, ma anche per consolidare quella marea di stronzate che gli stavo propinando solo per far sì che cominciasse ad odiarmi. «Non tutti i sogni sono fatti per avverarsi. Alcuni è meglio che restino delle fantasie.»
 
«Hai paura che possa deludere le tue aspettative?» ci provò ancora. «Hai paura che una volta tolta la maschera da idol potrei non piacerti più? Io mi sono già confidato con te, Yorin. Ti ho detto tutto ciò che mi passava per la testa. Ti ho raccontato ogni mia più piccola paura perché pensavo fossimo uguali. E dopo tutto quello che ci siamo detti, te ne esci con “È un amore platonico”? Ma fai sul serio?»
 
«Pensavo lo avessi capito,» risposi fredda nonostante sentissi le lacrime pizzicarmi gli occhi. «Quello che provo per te non è amore, Jungkook. È solo adorazione.»
Quello fu il colpo di grazia. Lo capii dalla scintilla che abbandonò gli occhi del maknae. Ero stata cattiva, tagliente. Volevo che Jungkook si liberasse di questa strana idea che si era fatto di me e farla crollare come un castello di carte. Io non ero la persona di cui si era infatuato. Non ero Ji Woo, la ragazza che gli era entrata nel cuore senza alcuno sforzo. Stavo solo cercando di fargli vedere la vera Kang Yorin, la tipa stronza che non sapeva capirlo e che non si meritava tutte le sue attenzioni. La sua falsa anima gemella.
 
«Ti credevo una persona diversa,» disse con rammarico ed evidente delusione. «A quanto pare mi sbagliavo.»
 
Mi voltò le spalle e si chiuse nel bagno, uscendo qualche minuto dopo con indosso una felpa e un paio di pantaloni della tuta. Aveva ancora i capelli bagnati. Si avvicinò nuovamente a me, che ero rimasta immobile contro la porta, incapace di spostarmi.
 
«Vado a prendere una boccata d’aria,» mi disse senza guardarmi in faccia, facendomi capire che dovevo spostarmi per lasciarlo passare. «Non aspettarmi alzata.»
 
Annuii e mi spostai leggermente per permettergli di aprire la porta. Neanche io avevo il coraggio di guardarlo negli occhi. Nel momento in cui stava per richiudersi la porta alle spalle, improvvisamente parlò.
 
«Non innamorarti di Yoongi-hyung.» La sua voce ricolma di amarezza mi vibrò nelle orecchie. «Non farlo mai. Lui vuole solo portarti a letto e poi abbandonarti per cercare la sua prossima preda, ma sono sicuro che te ne sei già accorta.» Lo sentii sospirare. «Quello che c’è tra noi sarà anche un amore platonico, ma quello con Suga è solo un amore a senso unico. Pensaci bene prima di fare qualcosa di cui potresti pentirti.»
 
Sbatté la porta senza lasciarmi il tempo di replicare. Mi ritrovai da sola in quella camera d’albergo, con mille pensieri per la testa e il dubbio di aver fatto la cosa giusta. Certo, ero riuscita a farmi odiare da Jungkook, ma ne era valsa la pena?
 
Quello sguardo deluso negli occhi del maknae aveva fatto davvero male, ma perlomeno ero riuscita ad evitare che lo rivolgesse anche a Ji Woo. Il moro non mi avrebbe perdonato facilmente, ma ero sicura che avrebbe dato una possibilità alla mia amica. Perché nonostante tutto, Jungkook non era come Yoongi. Nonostante le delusioni, il maknae dei BTS credeva ancora nell’amore.
 
Scivolai a terra stringendomi le ginocchia. Perché non volevo far soffrire Ji Woo? Forse perché mi ricordava troppo mia sorella, la persona a cui avevo fatto del male senza neanche rendermene conto. Non volevo ripetere lo stesso errore, per questo stavo cercando di tenerla fuori da quella situazione che le avrebbe fatto ottenere solo odio e rancore. La rabbia che Jungkook avrebbe rivolto a Ji Woo, l’avevo semplicemente deviata su me stessa. Solo su me stessa.
 
Non potevo dormire in quella camera con la situazione che si era venuta a creare. Mi alzai in piedi e afferrai la valigia, recuperando anche il cellulare che avevo tenuto nascosto a Jungkook. Era zeppo di chiamate da parte di Jongin. Cavolo, è vero che avevamo deciso di incontrarci nel nostro posto in riva al fiume, ma in quel momento ero troppo stanca per riuscire a sostenere una conversazione con lui. Lo avrei richiamato il giorno dopo.
 
Aprii la porta e mi ritrovai nel corridoio illuminato dalle piccole luci sul soffitto. Quasi mi scontrai con Jimin, che si fermò dal salutarmi quando vide la mia espressione triste.
 
«Yorin, cosa-»
 
«Che c’è? Vuoi saltarmi addosso anche tu?» domandai con finta ilarità. Non riuscivo neanche più ad arrabbiarmi. «Dovresti sapere che non c’è due senza tre. Tu hai problemi solo a capire cosa viene dopo, giusto?»
 
Stranamente, Jimin non se la prese per quella frecciatina sul numero che ultimamente lo stava perseguitando. Anzi, la sua preoccupazione crebbe a dismisura. «S-Saltarti addosso? Perché mai dovrei…?» Abbassò lo sguardo. «E dove stai andando con quella valigia?»
 
«A dormire.»
 
Non aggiunsi altro e me lo lasciai alle spalle. Percorsi il corridoio finché non arrivai alla camera che m’interessava. Per fortuna avevo memorizzato i numeri delle loro stanze. Bussai finché la porta non si aprì, rivelando il volto assonnato di Kim Seokjin che stringeva a sé il povero RJ.
 
«Yorin?» domandò strofinandosi gli occhi gonfi. «Ma lo sai che ore sono? Hai interrotto il mio sonnellino di bellezza.»
 
«Scusa, scusa. Potresti andare a dormire nella camera di Jungkook? Io mi trasferisco qui.»
 
Il sonno abbandonò velocemente il suo viso. «C-Cosa? Perché?» domandò con gli occhi spalancati. «Quel teppista ti ha fatto qualcosa? Io glielo avevo detto che-!»
 
«No, semplicemente non mi va di stare in stanza con un ragazzo che se ne va in giro con solo un asciugamano legato in vita. Mi mette a disagio,» mentii. «Quindi dormo con Kim Namjoon.»
 
«Eeh? Con Kim Namj-»
 
Prima che potesse concludere la domanda, m’intrufolai nella stanza e lo spinsi in corridoio, chiudendogli la porta in faccia. Abbandonai lì la valigia e mi lanciai sul letto senza nemmeno chiedere il permesso. Sprofondai con il viso nel cuscino, ma mi convinsi a rialzarlo quando sentii due occhi marchiarmi a fuoco la pelle.
 
«La smetti di fissarmi? Non riesco a dormire,» mi lamentai osservando gli occhi increduli del Leader. Indossava un pigiama con degli animaletti blu stampati sopra. Per poco non gli scoppiai a ridere in faccia. Prima Jin con quella specie di pecora bianca e ora lui con l’allevamento di koala sulla maglietta. Però dovevo ammettere che quei BT21 erano adorabili. Ovviamente li conoscevo grazie a Ji Woo, che aveva tempestato la casa di penne, ciabatte e peluche di quel brand.
 
«Dov’è finito Seokjin?» domandò mettendosi a sedere sul materasso. «E tu che diavolo ci fai qui? Non mi pare di averti invitato ad entrare,» disse coprendosi il petto con il lenzuolo, come se fosse in imbarazzo.
 
«Che c’è? Hai paura che ti salti addosso?» ridacchiai per poi tornare subito seria. Mi sistemai contro il cuscino e socchiusi gli occhi. «Vai a dirlo ai tuoi adorabili compagni di avventure. Due di loro mi hanno già fatto un agguato. Spero che non ce ne sia un terzo oppure stanotte sbotto sul serio. Giuro che vado a dormire sul tetto insieme ai gatti.»
 
Namjoon sembrò rilassarsi. Lasciò cadere il lenzuolo e poggiò la schiena contro il cuscino, continuando a guardarmi negli occhi. «Uno è di sicuro Yoongi,» disse con convinzione. «Ma l’altro?»
 
«C’è bisogno che te lo dica?»
 
«Jungkook,» rispose subito sollevando gli occhi al cielo. «Maledizione! Lo sapevo…»
 
Le mie labbra si stirarono verso l’alto. «Allora sei davvero perspicace come dicono. Pensavo fosse solo una trovata pubblicitaria per dare più visibilità al tuo personaggio. Finalmente qualcosa di vero.»
 
«Cosa stai insinuando?» domandò infastidito. «Che siamo… falsi? Tu non dovresti proprio parlare visto quello che stai facendo a Jungkook. Devo forse ricordarti perché ti è saltato addosso?»
 
Sbuffai. «Ma chi sei, il compagno di pettegolezzi di Yoongi? Perché ti racconta sempre tutto?»
 
«Perché io sono il Leader ed è compito dei miei compagni informarmi riguardo tutto ciò che accade nel gruppo,» spiegò con severità. «Risolvere i problemi fa parte del mio ruolo e dei miei doveri,» aggiunse squadrandomi dalla testa ai piedi. Era ovvio che si stesse riferendo a me.
 
«Sta’ tranquillo. Ora Jungkook mi odia.»
 
«In che senso ti odia?» chiese aggrottando le sopracciglia. «Gli hai detto la verità?»
 
«No, ho semplicemente gonfiato la bugia fino a farla scoppiare. Sono ancora d’accordo con il piano di Yoongi di presentargli Ji Woo. Quando quei due s’incontreranno, tutto tornerà al proprio posto. Jungkook sarà di nuovo felice con la persona che lo comprende più di chiunque altro… e io continuerò a ricevere il suo odio, com’è giusto che sia.»
 
Restammo in silenzio per parecchi minuti, così tanti che quasi mi addormentai. Poi la voce di Namjoon mi ripescò dal mondo dei sogni. «Io non ti odio,» sussurrò, quasi come se lo stesse dicendo a se stesso. «Magari qualche volta ti do questa impressione, ma non ti odio.»
 
«Dici sul serio?» domandai in dormiveglia. «Allora perché sei sempre sulla difensiva?»
 
«Perché per me sei un pericolo. Un pericolo per i BTS e soprattutto per Yoongi.» Non appena udii quel nome, raddrizzai la schiena. «Sono sicuro che sai già come funzionano le cose nel mondo dello spettacolo. Yoongi è completamente assuefatto da te, Yorin. Non sei un semplice passatempo, e questo non va bene. Sono contento che sei riuscita ad allontanare Jungkook, ma cerca di farlo anche con Yoongi. Te ne sarei grato.»
 
«Non sono io che devo allontanarmi da Yoongi. È Yoongi che deve allontanarsi da me.» Sospirai e sprofondai nuovamente nel cuscino. «Io ho già chi mi fa battere il cuore, e posso assicurarti che non è nessuno dei tuoi membri.»
 
Namjoon si massaggiò il retro del collo. «Non ti ho mai ringraziato per non aver portato quelle foto alla polizia,» mi sorprese. «Yoongi deve esserti sembrato un pervertito, ma ti assicuro che non asservirebbe mai una donna per soddisfare il proprio piacere. Magari a volte ha degli atteggiamenti un po’ eccessivi, ma non si spingerebbe mai oltre il suo limite.» Sospirò platealmente. «Ma tu gli dai del filo da torcere.»
 
«Lo sappiamo tutti e due che vuole solo portarmi a letto,» affermai ricordandomi le parole di Jungkook. «È solo una fissazione momentanea. Gli passerà quando troverà di meglio.»
 
«Spero davvero che sia così.»
 
La porta si spalancò all’improvviso e dall’oscurità apparvero Jimin e Hoseok. E ora che diavolo volevano quei due? Ma cosa più importante, come diavolo avevano fatto ad aprire la porta?
 
«Yorin!» urlò J-Hope avvicinandosi per controllare che fossi tutta intera. «Jimin mi ha detto che ti ha vista entrare in camera di Jin e Namjoon. Perché stai qui a dormire con questo pervertito?!»
 
Spalancai gli occhi. «Pervertito?» domandai voltandomi verso Namjoon. Perché era diventato tutto rosso? «Stai parlando di Namjoon?»
 
«Certo che sto parlando di Namjoon!» affermò indispettito puntandogli il dito contro. «Non lo sai che questo tipo non fa altro che guardare porno?! Piuttosto, vieni a dormire con me e Jimin!»
 
«Ma la vuoi chiudere quella bocca?!» tuonò Namjoon alzandosi in piedi sul materasso. «Io non guardo nessun porno!»
 
«Sì, e io sono alto un metro e ottantadue,» ribatté Jimin. «Secondo te perché il tuo computer è pieno zeppo di virus? Non fai in tempo ad accenderlo che hai già il desktop tempestato di donne mezze nude! Neanche Suga-hyung è arrivato a quei livelli!»
 
«Io almeno me lo tengo nei pantaloni!»
 
Mi alzai senza dire niente e mi diressi verso la porta. Giuro, ne avevo abbastanza. Ogni camera sembrava la tana di un lupo, e in questa si erano aggiunte anche le due iene scassapalle.
 
«Yorin?» mi chiamò Hoseok mentre cercava di soffocare Namjoon. Ovviamente lo stava facendo per gioco. Credo. «Dove stai andando?»
 
«A cercare una persona normale con cui poter dormire. Voi due fate un chiasso allucinante. Mi avete fatto venire il mal di testa.»
 
Mi sbattei la porta alle spalle e camminai fin quando i miei piedi non mi portarono sulla gigantesca terrazza riservata ai VIP. Era al coperto e c’erano anche delle panchine. Potevo sdraiarmi lì e concedermi qualche ora di sonno. Peccato che il posto fosse già occupato.
 
«Yorin?» mi chiamò una voce profonda. Diamine, quasi quasi preferivo quando nessuno conosceva il mio nome. Stavo cominciando ad odiarlo. «Cosa ci fai qui? Non stavi dormendo con Jungkook?»
 
«Taehyung,» dissi con voce assonnata. «Piccolo cambio di programma. Tu non stavi dormendo con Yoongi?»
 
«Sì, ma continuava a sbuffare e rigirarsi nel letto, così mi sono alzato per cercare un po’ di pace.» Picchiettò il posto accanto a sé. «Mi fai compagnia?»
 
Annuii. Non so perché, Taehyung mi aveva sempre fatto una buona impressione. Mi sedetti accanto a lui e il moro mi sistemò una coperta sulle gambe. «Cosa stavi facendo?» gli domandai accoccolandomi contro lo schienale della panchina.
 
«Guardavo le stelle,» fece spallucce osservando il cielo. «Speravo di vedere qualche ufo.»
 
«Ufo?» domandai con gli occhi chiusi. «Ci credi davvero?»
 
«Certo. Sai che noia se fossimo gli unici nell’universo? Io sto ancora aspettando che uno di loro venga a rapirmi. Magari mi sentirei meno incompreso,» ridacchiò, ma nella sua voce percepii una nota amara che mi fece risollevare le palpebre. «Io per te sono strano?»
 
«Se per strano intendi che non salti addosso alle ragazze come i tuoi amici al piano di sotto, allora sì, sei strano.» Poggiai la testa contro il suo braccio. «Ma non credere. A volte strano è sinonimo di normalità.»
 
«Lo pensi davvero?»
 
«Al cento per cento,» dichiarai. «Dopotutto, questo mondo funziona al contrario.»
 
Lo sentii ridacchiare. «È vero. A volte bisogna fare l’opposto di ciò che si vuole per farsi piacere dalla gente.» Sospirò. «Noi lo sappiamo fin troppo bene.»
 
«Taehyung… Posso farti una domanda?»
 
«Certo. È su Yoongi?»
 
Wow, come diavolo faceva a saperlo? Annuii. «Quando eravamo in aereo… hai detto che Yoongi non bacia nessuno,» affermai sottovoce. Avevo paura che potesse essere un argomento tabù visto che Namjoon gli aveva impedito di continuare. «Potresti spiegarmi cosa significa?»
 
 
Mi svegliai di soprassalto quando sentii il cellulare squillare sul comodino al mio fianco. Sbuffai per la frustrazione e mi massaggiai gli occhi gonfi, risultato di una notte passata in bianco. Le truccatrici avrebbero dovuto fare miracoli per risistemarmi la faccia. Avevo la netta sensazione di assomigliare ad uno zombie.
 
Allungai un braccio per prendere il telefono e risposi senza neanche guardare chi mi stesse chiamando.
 
«Chi è che rompe il cazzo di prima mattina?» mi lamentai con voce roca mentre passavo le dita tra i ciuffi neri che mi solleticavano la fronte, assicurandomi che il rompiscatole potesse sentire quanto fossi infastidito dalla sua chiamata.
 
«Buongiorno anche a te.»
 
Mi bloccai non appena udii quella voce. Allontanai il telefono per leggere il nome sul display e confermare ciò che le mie orecchie avevano appena sentito. Riavvicinai il ricevitore all’orecchio. «Che cosa vuoi?»
 
«Oh, andiamo… Non ci sentiamo da un po’ e mi tratti in questo modo?»
 
«Taglia corto, Soo Jin. Non sono dell’umore,» la bloccai mettendomi a sedere. «Ho passato una nottata di merda.»
 
«Vuoi che ti faccia ritornare il buon umore?» mi domandò con quella sua solita voce sexy con cui cercava sempre di corrompermi. Dovevo ammettere che funzionava. «Ti va? Ho un po’ di tempo libero prima di girare la prossima scena.»
 
Sesso telefonico. Io e Soo Jin avevamo fatto anche quello. Ogni volta che partivo per l’estero o per un tour, lei telefonava per farmi cadere dritto nella sua trappola. Certo, preferivo toccare con mano ciò che mi faceva eccitare, ma non ero il tipo che si tirava indietro di fronte a proposte del genere. Si trattava pur sempre di sesso, e in quel momento ne avevo un disperato bisogno. Sentivo ancora la pelle di Yorin sotto le mie dita. Al solo pensiero, buttai la testa all’indietro, sprofondando nel cuscino oltre le mie spalle. Non riuscii a trattenere un gemito soffocato, che raschiò subito le pareti della mia gola.
 
«Quello era un sì?» mi prese in giro Soo Jin. «Sai dove mi sto toccando in questo momento?» sussurrò nel ricevitore.
 
Chiusi gli occhi e la mia mano scivolò verso l’orlo dei pantaloni. «No, dove ti stai toccando?»
 
«Vuoi che ti mandi un video?»
 
Sospirai. «Anche due.»
 
Cazzo, come avevo fatto a ridurmi in quel modo? Ero proprio disperato. Le mie dita presero ad accarezzare la stoffa che ricopriva la mia intimità mentre chiudevo gli occhi, abbandonandomi al piacere che per ora ero costretto a darmi da solo, peccato che la mia testa focalizzò il volto di Yorin al posto di quello di Soo Jin.
 
Il mio cuore mi stava mettendo ancora una volta nei casini. Perché era così difficile togliermela dalla testa? Che cos’aveva Yorin più delle altre? Stavo cominciando a pensare che mi eccitava il fatto che a letto potesse essere attiva, ma allora non si spiegava perché avevo provato quella profonda gelosia nei confronti di Jungkook. Non ero mai stato geloso dei miei compagni, neanche quando avevano mostrato un certo interesse per qualche ragazza che mi ero portato a letto. Se non fosse stato per i rimproveri di Namjoon, avrei potuto benissimo condividerle con loro.
 
Eppure, il solo pensiero che lei e Jungkook fossero nello stesso letto… mi aveva tenuto sveglio tutta la notte. Chissà cosa diavolo avevano fatto quei due? Conoscevo bene Jungkook e di certo non era il ragazzino ingenuo che voleva far credere. In passato, spesso e volentieri aveva bussato alla porta della mia stanza per chiedermi dei consigli o qualche preservativo, altro che lezioni di musica. Questo è quello che aveva raccontato a Jin.
 
Avevo passato la notte ad immaginare i peggio scenari. Nonostante Yorin fosse restìa, dovevo ammettere che Jungkook ci sapeva fare con le donne, e poi lei aveva deciso spontaneamente di dormire con lui. Mi ero ripromesso di allontanarmi da lei, ma più cercavo di distanziarmene, più aumentava l’attrazione che provavo per quella fottuta ragazzina. Yorin sarebbe stata la mia rovina, soprattutto perché mi era balenato in testa il pensiero che forse avrei potuto dedicarle più di una notte. A me, che non concedevo delle seconde occasioni a nessuno.
 
Ora che era finalmente mattina, dovevo scoprire che cosa diavolo era successo in quella stanza, a costo di buttare giù la porta. Ero anche intenzionato a scoprire chi avesse mandato a puttane la prenotazione che avevo fatto. L’avrei preso a calci nel culo fino alla mattina successiva.
 
«Soo Jin, ferma,» la bloccai aprendo gli occhi di scatto. «Non mandarmi niente. Mi è passata la voglia,» l’avvisai alzandomi dal letto.
 
«C-Cosa? Perché?!» domandò incredula. La sua voce da gallina diventò sempre più insopportabile mentre m’infilavo una maglietta a casaccio e dei jeans strappati sul ginocchio.
 
«Perché ho voglia di vedere qualcun altro.»
 
Le chiusi il telefono in faccia e proprio in quel momento mi resi conto che Taehyung non c’era. Si era alzato prima di me? Probabile visto che ero sempre l’ultimo a svegliarmi. Aprii la porta e mi diressi a passo spedito verso la camera di Jungkook. Era dalla sera precedente che avevo una voglia matta di fiondarmi in quella stanza e trascinare via Yorin. Almeno ora avevo la scusa che doveva prepararsi per il lavoro. Era pur sempre la mia assistente.
 
Bussai, ma venne ad aprirmi l’ultima persona che pensavo di trovare là dentro. «Seokjin-hyung?» dissi incredulo. «Che ci fai nella stanza di Jungkook? Dov’è Yorin?»
 
«Secondo te?» domandò indispettito. «Yorin mi ha fatto fare cambio perché questo ragazzino se ne andava in giro mezzo nudo.» Spostai lo sguardo oltre le spalle di Seokjin e incrociai gli occhi con quelli del maknae ancora disteso nel letto. Il più giovane si voltò subito dall’altra parte, evitando il mio sguardo. «Sul serio, i giovani d’oggi non hanno un minimo di pudore. Comunque quella ragazza non sa cosa sia il rispetto per i più grandi! Mi ha cacciato dalla mia stanza dicendo che avrebbe dormito con Namjoon. Ci credi che mi ha disturbato mentre ero nel pieno del mio sonnellino di bellezz-»
 
Mi voltai e lo lasciai lì mentre alle mie spalle riecheggiava un: «Stavo parlando con te, delinquente! Ora capisco perché t’intendi così bene con quella ragazzina! Siete entrambi dei maleducati!»
 
«Da che pulpito,» rispose Jungkook. «Tu sei il primo che non mi fa mai finire di parlar-»
 
«Tu taci, teppista!» lo zittì Jin senza dargli alcuna possibilità di continuare. «La ramanzina di stanotte non ti è bastata?»
 
«Eccome se mi è bastat-»
 
«Bene! Andiamo a fare colazione. Ho saputo che ci sono i pancake.»
 
Non avrei voluto essere nei panni di Jungkook. Quando Jin entrava in modalità Golden Hyung, non lo fermava più nessuno. Altro che Super Sayan. Forse per questo avevo avuto la sensazione che il maknae mi stesse guardando male. Seokjin doveva avergli rovinato l’umore.
 
Mi venne da ridere al pensiero che Yorin fosse scappata dalla stanza dopo aver visto Jungkook mezzo nudo. Si trattava davvero della stessa ragazza che era rimasta di fronte a me in reggiseno? La stessa che aveva avuto la faccia tosta di dire che era la stessa cosa che stare in costume da bagno? Quella volta non mi aveva dato l’impressione di essere così timida. Che cos’altro mi stava nascondendo? Il mio buon umore sparì quando mi ricordai che Yorin aveva dormito con Namjoon. Davvero aveva scelto il Leader dipendente dai porno? Cazzo!
 
Cominciai a correre e bussai più volte alla porta, ma nessuno venne ad aprirmi. Preso dal panico, la spalancai senza preoccuparmi di ciò che avrei potuto trovare all’interno della stanza. Namjoon non chiudeva mai la porta a chiave, un difetto che Seijin continuava a fargli presente. Cosa sarebbe successo se qualche sasaeng fosse riuscita ad eludere la sicurezza e avvicinarsi alla sua camera?
 
Mi fermai sulla soglia mentre i miei occhi cercavano di adattarsi all’oscurità. Allo stesso tempo, le mie orecchie catturarono un leggero ronfare che di certo non apparteneva a Yorin. Accesi la luce e senza volerlo accecai i tre soggetti che stavano dormendo nel letto a due piazze. Ci misi un po’ per realizzare la situazione.
 
Namjoon era nel mezzo, con Hoseok alla sua destra che teneva le braccia spalancate e una mano spiaccicata sulla faccia del Leader. Dall’altra parte, Jimin teneva poggiata una gamba sul lungo busto di RM, la testa rivolta dall’altra parte e la bocca spalancata insieme alla maglietta del pigiama leggermente sollevata. Il suo stomaco aveva ancora qualche accenno di addominale.
 
«Che diavolo state facendo?» domandai incredulo. «Non ditemi che Yorin è sepolta lì sotto?» chiesi ancora indicando lo spazio che s’intravedeva sotto il mucchio di lenzuola sgualcite. Stavo per ribaltarli con tutto il letto.
 
«Sepolta? Perché sepolta?» ribatté Jimin con gli occhi chiusi. Mi sa che stava ancora dormendo. «È morta?»
 
«Chi è morto?» J-Hope raddrizzò di scatto la schiena, mostrando la sua faccia assonnata e i capelli disordinati che sparavano verso l’alto. «Giuro che ieri ho solo fatto finta di soffocare Namjoon. Quando ho controllato respirava ancora.»
 
«Fate silenzio. Voglio dormire,» si lamentò RM voltandosi e nascondendo la testa sotto il cuscino. «Stanotte russavate come delle mietitrebbie. Avrei dovuto uccidervi nel sonno.»
 
«Le mietitrebbie non russano,» sottolineò Jimin con la voce impastata dal sonno e un leggero broncio. «Al massimo grugniscono.»
 
J-Hope si massaggiò il retro della testa con un occhio aperto e l’altro serrato. «Ma che diavolo sta blaterando?»
 
«Che ne so io,» rispose Namjoon da sotto il cuscino. «Lo sai che appena sveglio non riesce a connettere. Sembra strafatto.»
 
«Ragazzi,» li chiamò Jimin rotolando pigramente sul materasso e finendo contro la schiena di Namjoon. Si grattò lo stomaco scoperto con la mano destra. «Se non russano o grugniscono… allora come fanno le mietitrebbie?»
 
Hoseok sollevò gli occhi al cielo. «Eccolo che ricomincia con le domande fuori luogo.»
 
«Una volta ne ho vista una in un campo che stava-»
 
«Scusate!» interruppi il più piccolo. «Mi dite dove cazzo è Yorin? Non me ne frega un fottuto accidente di come fanno le mietitrebbie!»
 
«Hai provato nella tua stanza?» mi domandò Hoseok gettando nuovamente la testa sul cuscino. «Ieri se n’è andata dicendo che facevamo troppo casino. Stava cercando qualcuno con cui dormire.»
 
«In camera mia non c’era! Me ne sarei accorto. Il letto era vuoto e-»
 
Mi bloccai. Taehyung e Yorin erano gli unici che mancavano all’appello. Mi colse un fastidio improvviso che mi accarezzò la bocca dello stomaco e mi obbligò a deglutire nella mia gola secca. Corsi via dalla stanza con Namjoon che mi urlava dietro di farmi trovare pronto entro mezz’ora perché dovevamo provare per i Billboard Music Awards. Attraversai il corridoio finché non arrivai alle scale, diligentemente sorvegliate da due bodyguard.
 
Dove diavolo erano finiti quei due? Le altre stanze sul piano erano occupate dai Manager e dal resto dello Staff. Non potevano essere spariti nel nulla. Mi voltai indietro e quasi sobbalzai quando vidi Taehyung appoggiato comodamente contro una colonna, le braccia conserte e un sorrisetto stampato sul viso.
 
«Hai perso qualcosa?» mi prese in giro.
 
«Hai visto Yorin?»
 
Non sembrò sorpreso dalla domanda. Piegò un braccio e indicò il soffitto sopra la sua testa. Sorrise di nuovo. «Stava dormendo sulla terrazza.»
 
Razza di stupida. Passai davanti a Tae e mi fiondai nell’ascensore mentre il minore continuava a guardarmi con quel sorrisetto soddisfatto di chi la sapeva lunga. Raggiunsi in fretta l’ultimo piano e i miei occhi ispezionarono velocemente il luogo prima di posarsi sulla piccola figura distesa sulla panchina in posizione fetale.
 
Quel posto era al coperto ma faceva comunque freddo. Sul serio preferiva dormire su una sporca panchina piuttosto che entrare nel mio letto? Mi avvicinai, ma arrestai i miei passi non appena le fui a qualche centimetro di distanza, gli occhi fissi sulle sue palpebre abbassate, le ciglia scure e le labbra dolcemente dischiuse. Quel bruciore allo stomaco si presentò più forte di prima e non riuscii a trattenere una smorfia che mi fece arricciare il naso.
 
M’incantai. Rimasi lì a fissarla come se mi trovassi di fronte ad un’opera d’arte esposta in qualche famoso museo. I suoi lunghi capelli mori le facevano da cuscino mentre il suo respiro le sollevava il seno piccolo e perfetto. Senza sapere come o perché, mi ritrovai in ginocchio. Le mie dita si appoggiarono al bordo della panchina, sfiorando la pelle del suo braccio su cui aveva appoggiato la testa.
 
La sovrastavo, eppure, per qualche strana ragione, era lei a sovrastare me.
 
Di fronte a Yorin, mi sentivo nudo. Indifeso. Quasi come se rendesse inefficace ogni mio tentativo di restarle lontano. Era come una calamita, un uragano che m’imprigionava al centro del suo occhio. Anche se riuscivo a liberarmi, la sua forza continuava ad attrarmi verso di lei. O forse era semplicemente lei che continuava ad attrarmi.
 
Le mie labbra erano a un centimetro dalle sue. Proprio come l’ultima volta, assaporavo già la sensazione della sua lingua, il calore del suo respiro che si fondeva con il mio. Immaginai di farla mia su quella panchina mentre il bruciore allo stomaco diventava sempre più insopportabile. Avevo la pelle d’oca e il respiro pesante, un mix di emozioni che mi stava pregando di fiondarmi sulle sue labbra minuscole e rosate.
 
Eppure, mi ritrovai con gli occhi nei suoi. Aveva appena sollevato le palpebre e mi osservava con una profondità e una confusione tale da farmi annegare in quelle pozze castano-dorate. Non riuscivo a staccarmene. Sollevai una mano e le accarezzai dolcemente una guancia, spostando poi il pollice sul suo labbro inferiore. Lei non fece nulla per fermarmi. Mi guardava con la stessa intensità con cui la stavo guardando io. Le sue iridi erano ricolme di mille pensieri, riflessioni che non riuscivo a decifrare nonostante avvertissi che fossero profondi quanto il suo sguardo.
 
Mi chinai su di lei, sovrastandola ancora di più. I nostri nasi si sfiorarono e diressi gli occhi sulle sue labbra che stavano per toccare le mie. La mia mano scivolò lungo il suo viso e le passai due dita sotto il mento per sollevarle il volto e catturare ciò che desideravo.
 
«Taehyung mi ha detto che stai ancora aspettando il bacio di una donna che non esiste più,» sussurrò sulle mie labbra. Mi bloccai di colpo e tornai a guardarla negli occhi. «Yoongi, mi stai davvero confondendo con mia sorella?»
 
“Ti ricordi la prima volta che abbiamo fatto l’amore? In quel momento, mi sono reso conto che il bruciore all’altezza dello stomaco non era semplice eccitazione, ma le ali svolazzanti di centinaia di farfalle che mi stavano portando dritto in paradiso.” –Min Yoongi.
🔼🔼🔼

ᗩngolo.ᗩutore
Lo so, sono in ritardissimo ma spero comunque che questo capitolo vi sia piaciuto ❤ Ho inserito anche un po' di quel disagio che non fa mai male (Ormai me la sono presa con il povero Jimin. E' diventato la mia vittima preferita 😂)

Riassumendo, Yorin ha rifiutato Jungkook e si è fatta un mezzo tour delle stanze, finendo per dormire con Taehyung sulla terrazza ahaha Ma cosa si saranno detti veramente quei due? E perché Tae continuava a fare quel sorrisetto a Yoongi? 👀

Se il capitolo vi è piaciuto, non dimenticate di farmi sapere cosa ne pensate ^^ Ovviamente accetto anche le critiche!

Instagram: btsuga_d   

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Capitolo 24
*** Fake Love ***


Hook-Up
❖ Fake Love



🔽🔽🔽  


«Scommettiamo?» disse Taehyung mentre continuavo a ridere per quello che mi aveva appena detto. «Posso assicurarti che lo farà al cento per cento.»
 
«E sentiamo, perché dovrebbe farlo?» lo incalzai. «Ora che l’hai lasciato da solo, sicuramente sarà andato a cercarsi qualche ragazza che possa scaldargli il letto. Magari una delle stylist.»
 
Tae sbuffò e incollò gli occhi al cielo. «Vuoi scherzare? A parte che non sono per niente il suo tipo, ma poi si attaccano peggio delle gomme da masticare. Non credo proprio che rischierà di accollarsi una seccatura. Non è da Suga.»
 
Fissai il suo profilo illuminato dalla luna e poi mi unii a lui nell’osservare il cielo. C’erano tante piccole stelle che brillavano contro la volta celeste, minuscoli puntini scintillanti la cui luce veniva oscurata da quella imponente e abbagliante della metropoli di Las Vegas. Ora che era calata la notte, mi ero finalmente resa conto di non essere più in Corea. Ero finita in una città fin troppo grande per me, in un ammasso di luci, colori e grattacieli che non si adattavano per niente al mio stile di vita buio e solitario. Volevo solo tornarmene a casa e infilarmi nel mio adorato letto.
 
«Pensi davvero che domani Yoongi andrà in panico perché non riuscirà a trovarmi da nessuna parte?» gli domandai sistemandomi meglio sotto la coperta. Sì, avevamo deciso di dormire lì.
 
Tae si voltò verso di me e mi fissò sollevando entrambe le sopracciglia scure, come se volesse farmi capire che avevo chiesto una cosa ovvia. «Te l’ho già detto. Sono pronto a scommettere tutto quello che vuoi che domani mattina lo troverò in giro per il corridoio a cercarti come un disperato.» Mi tese la mano aperta affinché potessi stringergliela. «Andata?»
 
«Andata.» Gliel’afferrai senza un briciolo d’esitazione. «Ma cosa vuoi scommettere?»
 
«Uhmm…» Ci pensò su sollevando gli occhi al cielo, poi il suo sorriso quadrato si mostrò e rispose, «Domani sera, all’After Party per i Billboard, bevi con me, Jimin e Jungkook.»
 
Arricciai il naso. «Non credo sia una buona idea…»
 
Bere con Jungkook quando il nostro rapporto si era appena tramutato in un vero e proprio disastro? Avevo paura di pensare a come sarebbe andata a finire se si fosse messo di mezzo anche l’alcol. Avrei fatto prima a scappare in Messico e non farmi più vedere. Solo dopo qualche secondo, realizzai che non era per niente una buona idea visto che non era poi così lontano da dove mi trovavo. Accidenti.
 
«Ehi, è pur sempre una scommessa,» cercò di convincermi Tae quando si accorse della mia espressione poco convinta. «Hai detto che Yoongi neanche si accorgerà che non sei più in stanza con Jungkook. Quindi cos’hai da perdere?»
 
Aveva ragione. Cos’avevo da perdere? Tanto avrei vinto io.
 
«Va bene, va bene. Ci sto,» confermai stringendogli ancora di più la mano per ribadirgli che avevo accettato la sua sfida. «Però se vinco io… sceglierò i tuoi vestiti per l’esibizione di domani.» Tae sembrò piuttosto sorpreso. «Affare fatto?»
 
«Non mi dire… Vuoi vendicarti delle stylist?»
 
«Forse. Chi lo sa,» restai sul vago mentre gli lasciavo andare la mano. «Comunque… è vero quello che mi hai detto prima?»
 
Il ragazzo allungò le braccia verso l’alto e si stiracchiò. Eravamo entrambi distesi su quella specie di letto improvvisato, ma stavamo l’uno di fronte all’altra, quindi i suoi piedi mi arrivavano quasi in faccia mentre i miei gli toccavano a malapena il petto. Cosa diavolo gli davano da mangiare? Io non ero cresciuta nemmeno rimpinzandomi di omogeneizzati. Comunque ora capivo perché Rose aveva deciso di lasciare a mollo Jack piuttosto che farlo salire con lei sulla tavola di legno. Stare appiccicati in uno spazio ristretto era di una scomodità unica.
 
«Non mi ricordo. Cosa ti ho detto prima?» domandò buttando la testa all’indietro per guardare il cielo a testa in giù. Dalla mia prospettiva sembrava che gli avessero mozzato la testa. Era una visione raccapricciante.
 
«Che Yoongi non bacia nessuno perché sta ancora aspettando il bacio di una donna che non esiste più,» gli ricordai. «Ti riferivi a mia sorella, vero?»
 
Tae non alzò la testa, ma continuò a parlarmi stando in quella posizione. Diamine, come faceva a non andargli il sangue al cervello?
 
«Sì, ma non dirgli che te l’ho detto io.» Sollevò un braccio e s’indicò la parte del corpo che non riuscivo a vedere. «Potrebbe tagliarmi la testa.»
 
Avrei dovuto ridere?
 
Beh, lo feci. E anche di gusto.
 
▫◦▫◦▫
 
«Yoongi, mi stai confondendo con mia sorella?»
 
Quella domanda mi era sorta spontanea non appena avevo visto le sue labbra avvicinarsi alle mie. Mi erano subito tornate in mente le parole di Taehyung, e anche se mi aveva detto di non dirglielo, non ero proprio riuscita a trattenere la lingua. Dovevo sapere perché mi stava guardando con quegli occhi. Dovevo sapere perché stava cercando di baciarmi nonostante le sue tenaci convinzioni.
 
Continuò a fissarmi senza però rispondermi. A quanto pare lo avevo preso alla sprovvista, ma interpretai quel suo silenzio come una conferma alla mia domanda, e non so perché, sentii montarmi dentro una rabbia che mi fece raddrizzare la schiena e mettere seduta.
 
Era strano, ma il fatto che potesse confondermi con Yoona mi dava fastidio. Anzi, tremendamente fastidio. Io non ero mia sorella. Non avevo mai avuto la presunzione di compararmi a lei, figuriamoci adesso che non c’era più. E la trovavo anche una profonda mancanza di rispetto da parte di Yoongi nei miei confronti. Mi salì il sangue al cervello quando realizzai che ogni sua parola poteva essere rivolta a lei e non a me. Per chi diavolo mi aveva preso?
 
Mi alzai dalla panchina e lo scavalcai senza troppi problemi. Volevo solo fare colazione e prepararmi per chissà quale sfiancante lavoro, ma mi sentii afferrare per il braccio e non feci in tempo a voltarmi che me lo ritrovai davanti al viso.
 
«Tu sei completamente diversa da lei, Yorin. Te lo posso assicurare.»
 
«In cosa sono diversa?» gli domandai rimanendo comunque sulla difensiva. «E a proposito, ti ricordo che devi ancora rispondere a un sacco di mie domande. Che ne dici di cominciare adesso?»
 
«Si può sapere perché dobbiamo sempre finire a parlare di lei?» controbatté mostrando quanto fosse infastidito dalla piega che stava prendendo la conversazione. «Capisco che vuoi scoprire cosa le è successo. Lo desidero anch’io, credimi, ma non otterrai nulla continuando a ficcanasare nella nostra relazione. Perciò ti prego di darci un taglio!»
 
«Non si tratta soltanto di questo!» urlai liberandomi dalla sua stretta. Indietreggiai per poterlo guardare meglio in faccia. «Io voglio capire se ti stai prendendo gioco di me, Yoongi. Voglio sapere se per te sono solo un fottutissimo rimpiazzo!»
 
«E a te cosa importa?» sibilò acido. «Tanto continui a respingermi, perciò il problema non si pone. Sei davvero innamorata di Jongin oppure fai la finta innocentina per tenermi attaccato all’amo? Io sarò stronzo quanto vuoi, ma perlomeno sono sincero. Se voglio portarti a letto, te lo dico in faccia senza troppi problemi. Se ho voglia di te, cerco di fartelo capire in tutti i modi possibili.» Mi afferrò per i fianchi e si avvicinò nuovamente al mio viso, tuttavia non mi lasciai intimorire dai suoi occhi pieni di desiderio che si abbassarono sulle mie labbra. «Perciò credimi se ti dico che in questo momento ho una voglia matta di baciarti.»
 
Deglutii, ma il mio sguardo rimase fisso sulle sue pupille scure che si alzarono per ritrovare le mie. Era tutto così confuso. Il cuore mi batteva all’impazzata nonostante continuassi a ripetermi che le mani sul mio viso erano quelle di Min Yoongi, non di Kim Jongin, così come la fronte che si era poggiata delicatamente sulla mia e il respiro che mi solleticava il labbro superiore. Era soltanto Min Yoongi, non Kim Jongin.
 
Allora perché sentivo i brividi all’altezza dello stomaco?
 
«Fammi un favore,» sussurrò socchiudendo gli occhi. La sua bocca dischiusa si mosse verso l’alto e mi sfiorò la punta del naso. «Dopo tutte le menzogne che hai raccontato, almeno per questa volta sii sincera con te stessa e dimmi quello che vuoi davvero. Di falsità nella mia vita ne ho ricevuta abbastanza. Ora mi piacerebbe avere una risposta concreta e soprattutto vera.»
 
Gli afferrai entrambi i polsi e lo obbligai a togliermi le mani dalla faccia mentre cercava di cogliere ogni mio più piccolo cambio d’espressione. Mi sentivo sotto interrogatorio e la cosa non mi piaceva per niente. Avrei voluto scappare solo per eludere il suo sguardo con cui stava cercando di farmi venire i sensi di colpa.
 
È vero. Avevo mentito a lui, agli altri ragazzi e soprattutto a Jungkook. Non ero stata sincera fin dall’inizio, ma io sapevo bene cosa c’era nel mio cuore. I miei sentimenti appartenevano solo a me, perciò com’era possibile che stessi mentendo a me stessa? Stavamo pur sempre parlando di Min Yoongi. Lo stesso Min Yoongi che mi aveva proposto un patto basato su una squallida notte di sesso. Lo stesso puttaniere che non si faceva scrupoli a saltarmi addosso per ricevere un po’ di piacere in cambio.
 
«Voglio che mi lasci stare,» gli ordinai facendogli capire che doveva allontanare le mani. Distolsi lo sguardo, incapace di continuare a guardarlo negli occhi dopo aver intravisto i suoi pieni di delusione. «Solo perché una ragazza mi ha soffiato da sotto il naso il ragazzo che amo, non vuol dire che sono disposta a buttarmi fra le braccia del primo che capita. Mi sembra di averti già detto che non sono la tua puttana, Min Yoongi. Non sono un rimpiazzo e non ho intenzione di farmi sedurre da te per poi venire abbandonata come tutte le altre ragazzine che mi hanno preceduta,» affermai con convinzione mentre stringevo i pugni. «E lascia che ti dia un consiglio: è inutile che continui a fartele tutte. In nessuna di loro troverai Yoona.» Sollevai lo sguardo e osservai il mio riflesso nelle sue iridi fredde come il ghiaccio. Si era congelato sul posto. «E di sicuro non la troverai in me.»
 
Gli voltai le spalle e corsi verso l’ascensore, precipitandomi al suo interno. Quando le porte si chiusero, feci un profondo respiro per liberarmi di tutta l’ansia che avevo accumulato da quando mi ero svegliata. Ero stata cattiva? Sì. Stronza? Ovviamente. Ma nonostante mi avesse detto che ero diversa da Yoona, niente avrebbe potuto farmi cambiare idea. Ero ancora convinta che avesse provato ad instaurare un rapporto più intimo con me a causa di mia sorella.
 
Quando si era dimostrato geloso, o quando mi aveva consolato sull’aereo… in realtà lo aveva fatto perché mi vedeva come una specie di reincarnazione di Yoona? Avrei potuto accettare di tutto, ma non questo. Non dall’ex di mia sorella.
 
Tornai in camera di Namjoon e per fortuna la trovai vuota. Quindi era vero che quel tipo non chiudeva mai a chiave la porta? Okay che il piano era sorvegliato da una decina di bodyguard, ma dal più intelligente fra loro mi sarei aspettata qualcosina in più.
 
È proprio vero che i geni sono sempre quelli più strani.
 
Andai in bagno, aprii la mia valigia e indossai una canottiera nera con la scritta STAFF abbinata a un paio di pinocchietti di jeans. Afferrai il mio badge rigorosamente falso e me lo sistemai intorno al collo, poi lasciai la stanza per unirmi ai Manager e al resto dello Staff che aveva già preparato il SUV per portare i BTS e tutta la loro attrezzatura nel luogo dove si sarebbero svolti i Billboard. Non feci nemmeno colazione. Mi si era chiuso lo stomaco.
 
Ignorai senza alcuna fatica gli sguardi pieni d’odio di Bo Young e Lee Ran (le due stylist), e appena scesi dalla macchina mi ritirai in un angolo per poter parlare al telefono senza essere disturbata. Composi il numero di Jongin e aspettai che rispondesse. Il cuore mi batteva a mille.
 
«Yorinie!» mi rispose con la voce impastata dal sonno. «Dove diavolo eri finita? E perché mi stai chiamando a quest’ora?»
 
Cavolo, mi ero dimenticata del fuso orario. «Oddio scusa… Non volevo svegliarti. Ma sono in America e-»
 
«In America?» m’interruppe con uno strano tono di voce. «L’avevo immaginato… Li hai accompagnati ai Billboard, vero? Al telegiornale non fanno che parlare della loro partenza e dell’esibizione che dovrebbe cominciare tra poche ore.»
 
Sospirai e mi appoggiai contro il muro alle mie spalle. «È successo all’improvviso. Non ho neanche avuto il tempo di avvisarti perché Yoongi è venuto a prendermi davanti casa senza nessun preavviso.»
 
«Yorinie… mi spieghi che diamine succede?» domandò preoccupato. «Non ti sento da giorni, e l’ultimo con cui ho parlato è stato Suga. Non starai davvero con quel deficiente?»
 
Era infastidito. Era infastidito da morire e la cosa non mi dispiaceva affatto. Poi mi tornarono in mente le parole di Yoongi. ‘Non lo sai che per attirare l’attenzione di un uomo bisogna farlo ingelosire?’
 
«Io…» Tentennai. «Non è male come pensavo.»
 
Quel breve attimo di silenzio mi portò a torturarmi il labbro inferiore con i denti.
 
«Ti ha baciato?» domandò con voce seria. Beh, qualcuno mi aveva baciato, ma di certo non potevo dirgli che era stato il maknae dei BTS. «Ci sei andata a letto?»
 
Il modo in cui stava cercando di mascherare il suo fastidio mi fece sorridere. Allora funzionava davvero così? «Jongin, sei il mio migliore amico ma ci sono argomenti di cui non possiamo parlare. Sono pur sempre una ragazza. Comunque sta’ tranquillo, Yoongi non mi ha fatto mancare nulla. Ha anche risolto il problema della prenotazione e mi ha fatto dormire nella sua stanza.»
 
«Nella sua stanza…?» Ridacchiai sotto i baffi. Forse avevo esagerato? Ma quella situazione mi stava divertendo troppo. «Dio, io lo ammazzo. Giuro che lo ammazzo. Aspettami, prendo il primo aereo e ti porto subito a cas-»
 
«Scusa Jongin,» lo interruppi di proposito. «Il lavoro mi chiama e Suga mi sta aspettando per sistemargli il trucco. Ci sentiamo quando torno, okay? Salutami Jennie.»
 
Riagganciai con un sorriso a trentadue denti. Jongin non era mai stato geloso di me. Non avevo mai avuto il privilegio di essere la donna dei suoi pensieri, ma ora mi ero finalmente presa una piccola rivincita. Yoona, la mia povera sorella, aveva giocato con il suo cuore innamorato e lo aveva riempito di gelosia. Ricordo ancora quando Jongin si confidava con me al nostro ritrovo in riva al fiume, dicendomi che Yoona aveva di nuovo ferito i suoi sentimenti.
 
Era da quel momento che avevo cominciato a perdere fiducia in mia sorella. Prima del debutto non si sarebbe mai approfittata di un suo amico per diventare famosa, specialmente quando sapeva che quest’ultimo aveva sempre avuto una cotta per lei. Yoona era sempre stata una ragazza furba. Solo dopo un po’ di tempo, capii che andava insieme a tutti quei ragazzi famosi per ottenere aiuti e favori. Di sicuro nella lista era capitato anche Min Yoongi.
 
Sospirai e guardai il telefono che tenevo tra le mani. Jongin mi stava chiamando di nuovo, eppure decisi di rifiutare la chiamata per tenerlo ancora un po’ sulle spine. Odiavo ammetterlo, ma Yoongi ci sapeva fare con queste cose. Forse perché era un uomo e di conseguenza conosceva bene la mente maschile.
 
Ma nonostante avessi ottenuto una piccola vittoria, non riuscivo ad essere del tutto soddisfatta. Avevo mentito. Di nuovo. Stavolta avevo mentito a Jongin. La prossima volta a chi sarebbe toccato? A Ji Woo? Ero stufa di vivere nella menzogna, perciò non mi sentivo per niente orgogliosa di quello che avevo fatto. Per ottenere ciò che volevo, ero diventata meschina e calcolatrice come Yoongi. L’euforia per aver ottenuto le attenzioni dal ragazzo che mi piaceva svanì in un batter d’occhio e decisi di rendermi utile incamminandomi verso il palco dove i ragazzi stavano facendo le prove.
 
Dovevano ancora truccarsi e vestirsi, perciò indossavano degli abiti comodi, adatti per ballare ed esercitarsi senza problemi. Provarono finché non riuscirono ad entrare in sintonia col palco e fin quando non furono soddisfatti della loro performance. Lo stage era piuttosto piccolo perciò c’impiegarono più del previsto. Li seguii verso i camerini e Bo Young mi buttò fra le braccia una tonnellata di vestiti che quasi faticai a sorreggere da sola.
 
«Visto che stai lì impalata a fare niente, sistema i loro vestiti sulle grucce e portali di là in camerino. Guai a te se ne sgualcisci uno. Ti toccherà stirarlo da capo,» disse con un’aria da oca giuliva mentre si ricongiungeva con l’altra gallina della sua amica. In quel caso si trattava di lavoro perciò non potevo imprecare o rifiutarmi, anche se tecnicamente avrei dovuto assistere solo Yoongi. Tuttavia, in quel momento era davvero l’ultima cosa che volevo.
 
Infatti, il rapper non mi degnò di uno sguardo. Gli passai accanto mentre portavo i vestiti nella sala trucco e per un attimo pensai di essere diventata invisibile. Gli unici che mi salutarono furono Hoseok e Jimin. Questi mi domandarono persino dove avessi dormito, ma decisi di rimanere sul vago per evitare la sfilza di domande. Jungkook non mi si avvicinò neanche per scherzo, così come Namjoon. Jin era troppo impegnato a bacchettare il parrucchiere per come gli stava sistemando i capelli. Diceva che con il ciuffo all’insù sarebbe stato ancora più sexy. Beh, e chi poteva dargli torto?
 
Poi, all’improvviso, qualcuno mi picchiettò la spalla.
 
«Allora? Hai preparato i miei vestiti?» domandò Taehyung sollevando una mano per salutarmi. Il suo sorriso quadrato riuscì a farmi rilassare. «Da te mi aspetto un bell’abbinamento. Ho notato che hai buon gusto.»
 
«Aspetta… Quindi ho vinto la scommessa?» domandai incredula. «Eppure stamattina mi sono svegliata con Yoongi a un centimetro dalla faccia.»
 
Taehyung scoppiò a ridere. «Proprio come avevo predetto, era in giro per il corridoio a cercarti come un disperato. Non ho mai sghignazzato così tanto in vita mia. L’ho osservato mentre si faceva il giro di tutte le stanze. È stato divertente!»
 
Okay, c’era qualcosa che non tornava. «Allora perché devo scegliere cosa indosserai? Ho perso la scommessa.»
 
«In teoria sì,» disse scrollando le spalle. Si avvicinò ai vestiti che avevo portato e diede un’occhiata alle varie giacche appese. «Ma non mi dispiace per niente farmi vestire da te. E poi volevi farlo, quindi sbizzarrisciti pure. Non mi offendo mica!»
 
Stava dicendo sul serio? Annuii e mi avvicinai ai vestiti di riserva che si portavano sempre dietro in caso quelli per le esibizioni avessero qualche problema. Cominciai a farli scorrere uno per uno, controllando i vari capi di diverse forme, colori e dimensioni. Mi bloccai solo per squadrare da capo a piedi Taehyung, che se ne stava in mezzo alla stanza con le mani poggiate sui fianchi come se fosse una specie di manichino. Mi venne da ridere per la sua faccia impaziente. Sembrava un bambino il giorno della Vigilia di Natale.
 
Era piuttosto alto, e con la faccia che si ritrovava sarebbe stato bene con tutto. Diedi un’ultima occhiata ai vestiti degli altri membri per trovare qualcosa che potesse abbinarsi, e alla fine, dopo svariate riflessioni, optai per un look total black. Scelsi dei pantaloni larghi, una maglietta nera con lo scollo circolare e una giacca stretta e lucida.
 
Consegnai tutto a Tae, che una volta presi i vestiti in mano li guardò con curiosità prima di fiondarsi dentro il camerino. Quando tornò, mi bastò una sola occhiata per essere orgogliosa del mio operato. Sapevo che quello stile avrebbe fatto al caso suo.
 
«I pantaloni ti stanno da Dio e la maglietta è stretta al punto giusto,» gli feci notare mentre gli sistemavo la giacca. «Però qui ci va una bella cintura.»
 
Ne presi una nera e la infilai nei passanti dei pantaloni, poi tirai fuori da una scatola un enorme girocollo argentato che gli fasciò perfettamente la gola. Per finire, optai per un orecchino lungo con un’enorme perla bianca alla base.
 
Guardai la mia opera conclusa e gli spettinai i capelli scuri con una mano.

 
«Wow, Taehyung. Sei un figo della madonna,» lo elogiai facendolo scoppiare a ridere. «Se non sto attenta potrei prendermi una cotta per te,» aggiunsi unendomi alla sua risata.
 
«Ho vinto la scommessa e ho anche rimediato uno dei migliori outfit che abbia mai indossato,» confessò mentre continuava a guardarsi allo specchio. «Mi sento troppo avvantaggiato. Dovrei addolcirti la penitenza?»
 
«Non pensarci neanche,» lo ammonii. «Una scommessa è una scommessa. Stasera berrò con voi e non si discute. Non sono tanto vigliacca.»
 
«Grande. Batti il cinque!» Mi tornò subito in mente la prima volta che l’avevo incontrato. Anche al fan-sign aveva voluto che gli dessi il cinque, ma diversamente da quella volta, stavolta lo feci più che volentieri. «Oh, Yoongi-hyung! Che ne pensi dei vestiti che Yorin ha scelto per me?»
 
Mi voltai con il cuore in gola e vidi il ragazzo appena nominato che stava in piedi di fronte allo specchio mentre si sistemava i capelli ricci appena fatti dal parrucchiere. Ci stava osservando attraverso il riflesso.
 
«Hai chiesto il permesso alle stylist? Lo sai che non puoi fare di testa tua,» affermò con severità riuscendo a far scomparire il sorriso dalla faccia di Taehyung. Il suo tono era gelido, così come i suoi occhi che ritornarono sui suoi capelli mossi e con un leggero frisé sul lato destro.
 
«Non pensavo fosse un problema… Dici che faranno storie?» domandò Tae con uno sguardo triste e amareggiato. Si guardò ancora una volta allo specchio per contemplarsi in quei vestiti con cui sembrava trovarsi perfettamente a suo agio. «Mi dispiacerebbe un sacco non poterli indossare…»
 
«Allora avresti dovuto pensarci prima. Yorin non è una stylist specializzata. È una novellina e non può scegliere i nostri vestiti come se nulla fosse.»
 
«Sta’ tranquillo, Tae. Ci penserò io a convincere le stylist,» cercai di consolarlo posandogli una mano sulla spalla. «Sono piuttosto brava a persuadere la gente. Ho dovuto imparare quando facevo la bodyguard.»
 
M’infastidiva che Yoongi avesse demoralizzato in quel modo Taehyung. Gli aveva detto la verità senza preoccuparsi di ferire i suoi sentimenti. Mi stavo rendendo conto che Yoongi aveva ragione quando diceva di non saper mentire. Dopotutto, mi aveva quasi obbligato a raccontare tutto a Jungkook, e anche il piano che aveva escogitato con il numero di telefono si basava sullo smantellare tutte le bugie per far venire a galla la verità. Inoltre, nei testi delle sue canzoni, era quello più diretto con le parole. Ti diceva le cose in faccia, anche se queste avrebbero potuto farti soffrire. Io invece facevo esattamente il contrario.
 
Guardai di nuovo Yoongi e vidi che stava cercando di sistemarsi il foulard leopardato che gli avevano legato intorno al collo. Mi avvicinai visto che sembrava piuttosto in difficoltà, ma quando allungai le mani verso di lui, si allontanò di qualche centimetro per impedirmi di fare ciò che dovevo. Le luci della sala trucco lo facevano sembrare ancora più bianco del solito.
 
«Non mi toccare,» disse con gli occhi ridotti a due fessure. «Faccio da solo.»
 
Non vi mentirò. Quelle parole mi fecero davvero male. Allontanai le mani e continuai a guardarlo mentre tornava ad occuparsi di quel problema per conto suo. A quanto pare se l’era presa per quello che gli avevo detto prima, ma stavolta dovevo ammettere di aver esagerato. Non ero riuscita a contenermi e me n’ero pentita subito.
 
«Lo sai che sono qui per aiutarti, vero?» gli domandai cercando di nascondergli quanto ci fossi rimasta male.
 
«No, sei qui per rompermi le palle. Mansione che ti riesce davvero bene,» disse senza degnarmi di uno sguardo. «Comunque, quando avrò bisogno del tuo aiuto te lo chiederò. Torna pure ad occuparti di Taehyung.»
 
Finì di sistemarsi il foulard e si allontanò per prendere la canotta nera che le stylist avevano scelto per lui. Sotto indossava già i pantaloni dorati, perciò si tolse la maglietta bianca a maniche corte e la lanciò su uno dei divanetti rimanendo a petto nudo. Cercai in tutti i modi di distogliere lo sguardo mentre s’infilava la canotta che gli lasciava scoperte le spalle e le braccia, ma i miei occhi non ne volevano proprio sapere di guardare altrove. Afferrò con un dito la giacca color bronzo e se la gettò su una spalla per portarla con sé nell’altra stanza. Mi passò davanti e ci scambiammo un veloce sguardo che neanch’io compresi fino in fondo, poi mi abbandonò lì come se niente fosse.
 
«Avete litigato?» Mi voltai e vidi Taehyung seduto sul divanetto con un’espressione preoccupata. «Come mai si comporta così? Di solito non ti toglie gli occhi di dosso.»
 
Sospirai e mi sedetti accanto a lui mentre Jimin, Jin e Hoseok si accomodavano alle loro postazioni per rifarsi il trucco. Jimin mi salutò attraverso lo specchio e io ricambiai stirando leggermente le labbra. «Tae, credo di aver combinato un guaio,» dissi cominciando a torturarmi le unghie. «Ho detto a Yoongi quello che mi hai confidato… e poi gli ho rinfacciato di confondermi con Yoona.» Tae si nascose il volto tra le mani. «Ho fatto una cazzata, vero?»
 
«No, è che…» Si bloccò e poi tornò a guardarmi. Non sembrava arrabbiato. «Yorin, hai mai ascoltato la canzone con cui ci esibiremo tra poco?»
 
Come mai quel cambio di argomento? «No, non ho ancora trovato il tempo. Perché?»
 
«L’ha scritta Yoongi-hyung,» confessò con un sorriso amaro. «Ha scritto il testo dalla prima all’ultima parola. È un suo sfogo personale su una vicenda che l’ha cambiato profondamente, per questo abbiamo deciso di dargli il nostro pieno supporto.» Inclinò leggermente la testa. «Indovina a chi è rivolta?»
 
«Yoona?» tentai. Tae annuì piano. «Come si chiama la canzone?»
 
Lo guardai con il fiato bloccato in gola. «Fake Love.»
 
▫◦▫◦▫
 
Ce l’avevo fatta. Non so come, ma avevo convinto quelle due arpie a far indossare a Taehyung i vestiti che avevo scelto. Cosa mi avevano chiesto in cambio? Che per tutta la settimana avrei dovuto stirare i vestiti dei ragazzi. Cioè, stavamo parlando di sette persone che si cambiavano d’abito almeno tre volte al giorno. Volevo morire, ma per V ne valeva la pena. Mi aveva sempre aiutata e stavolta mi sarebbe piaciuto ricambiare la sua gentilezza. Se avevo un pregio, era quello di non essere una persona ingrata.
 
La cerimonia era già cominciata da un pezzo e a momenti sarebbe stato il turno dei ragazzi. Da quello che mi avevano detto, era la loro prima performance live di Fake Love, perciò potevo capire quanto fossero ansiosi ed eccitati. Inoltre, da quelle poche chiacchiere che ero riuscita a scambiare con Jimin e Hoseok, avevo avuto l’impressione che fossero davvero emozionati di potersi esibire ad uno show tanto importante.
 
Finalmente arrivò il loro turno. Dato che ero dietro le quinte, riuscii ad augurargli buona fortuna prima che salissero sul palco. Jungkook mi riservò un sorriso forzato, mentre Yoongi si limitò a guardarmi senza dirmi niente. Tae mi diede nuovamente il cinque e Jin mi mandò una raffica di baci volanti che cercai di schivare in tutti i modi possibili. Li osservai mentre si posizionavano uno dietro l’altro, con Taehyung come apri-fila. Quei vestiti gli stavano da Dio.
 
La musica partì non appena si accesero le luci e a quel punto le urla riempirono l’intera platea. Doveva essere l’esibizione più attesa di quell’evento. La coreografia cominciò con una sequenza tipo domino, che partì con Yoongi e terminò con Namjoon. Mi concentrai principalmente sulle parole della canzone, e anche se stavano cantando tutti e sette, nella mia testa ogni strofa aveva la voce di Min Yoongi.
 
Se fosse stato per te, avrei potuto fingere
di essere felice anche quando ero triste
Se fosse stato per te, avrei potuto fingere
di essere forte anche quando stavo soffrendo
 
Taehyung cantò quelle parole con una voce bassa e profonda mentre muoveva le braccia con degli scatti incredibili. Poi arrivò Jungkook, che cadde in ginocchio e riuscì a risollevarsi poggiandosi sulla schiena di V. Non avevo mai visto una coreografia tanto impegnata ed elaborata come quella.
 
Vorrei che l’amore fosse perfetto
semplicemente perché è amore
Vorrei che tutte le mie debolezze fossero nascoste
In questo sogno che non si avvererà,
ho coltivato un fiore che non potrà mai sbocciare
 
Rimasi di sasso. Era stato davvero Yoongi a scrivere quelle parole? Desiderava sul serio che l’amore fosse perfetto in ogni sua sfaccettatura? Quel ragazzo così sicuro di sé nascondeva davvero delle debolezze? E poi ecco arrivare il ritornello, con un’esplosione di rabbia e parole represse che associai istintivamente alla voce infuriata di Yoongi.
 
Sono così stanco di questo falso amore,
falso amore, falso amore
Mi dispiace tanto ma è un falso amore,
falso amore, falso amore
 
Quante volte lo aveva ripetuto a se stesso? Quante volte lo aveva gridato al mondo senza che nessuno si fermasse ad ascoltare?
 
Voglio essere un uomo buono solo per te
Ho dato via il mondo solo per te
Ho cambiato tutto solo per te
Ora non so chi sono, tu chi sei?
 
Sentii le lacrime pizzicarmi gli occhi. Ero sempre stata curiosa del suo rapporto con Yoona, ma Yoongi si era dimostrato sfuggente ogni qualvolta avevo tirato fuori l’argomento, proprio come quella mattina. Ora, grazie a quelle parole miste a musica, potevo entrare direttamente nel suo cuore e conoscere la verità. Yoongi mi stava offrendo lo strumento con cui avrei potuto dare una risposta a tutte le mie domande irrisolte, quelle a cui aveva sempre risposto con un’alzata di spalle.
 
Nel bosco solo nostro tu non c’eri
Ho dimenticato il tragitto dal quale sono venuto
Sono arrivato addirittura a non sapere chi io sia
Allo specchio chiedo: “Tu chi diavolo sei?”
 
Yoongi per Yoona aveva fatto di tutto. Era arrivato persino a cambiare se stesso, così tanto da smarrire la strada, cercando una risposta anche nella sua immagine riflessa nello specchio. Un’immagine in cui ormai non si riconosceva più.
 
Ti amo così tanto, ti amo così tanto
Ho creato una bella bugia per te
Ti amo da impazzire, ti amo da impazzire
Cancellami, fammi essere il tuo burattino
 
Per farsi amare da lei, era stato persino disposto a farsi usare da lei. Fin dove si era spinto affinché lei potesse amarlo allo stesso modo?
 
Perché sei triste? Non lo so, io non lo so
Prova a sorridere, prova a dire “ti amo”
Guardami, ho rinunciato a me stesso
Al me che non sa nemmeno capirti
 
Le lacrime cominciarono a bagnarmi le guance. Ogni volta che avevo chiesto a Yoona perché fosse triste, lei mi aveva sempre risposto “Non lo so”. Ora riuscivo ad immaginare Yoongi nella mia stessa situazione, mentre cercava di farla sorridere. Nonostante il vuoto che Yoona aveva nell’animo, Yoongi voleva farle scoprire l’amore. Quante volte le aveva chiesto il permesso di entrarle nel cuore per riuscire a guarirla dal suo malessere? Probabilmente così tante che aveva persino buttato via se stesso, e alla fine non era nemmeno riuscito a comprenderla. Aveva fallito.
 
Poi, finalmente, arrivò la parte di Yoongi.
 
Dici che io sia poco familiare
Io che sono cambiato nella
versione di me che piaceva a te
Dici che non sono più quello che conoscevi bene
Cosa intendi esattamente? Sono stato cieco
Amore? Ma quale amore! È tutto un falso amore
 
Come immaginavo, la sua parte fu quella più intensa e ricca di risentimento. Yoongi mi aveva sempre detto di non credere più nell’amore, e ora mi stava finalmente spiegando il perché. Mi sembrava di averlo già detto, ma Yoongi assomigliava davvero tanto a mia sorella. Aveva deciso di diventare come lei per riuscire a piacerle? Forse quella decisione era stata la sua ultima spiaggia, l’ultimo tentativo prima di cadere in un baratro dal quale non sarebbe più uscito. Eppure, arrivati ad un certo punto, era cambiato talmente tanto che nemmeno Yoona era stata più in grado di riconoscerlo.
 
E ora pensava sul serio di aver sbagliato tutto. Diceva di essere stato cieco perché si era convinto che l’amore vero non esisteva. Per lui era tutta una menzogna. Una maledetta bugia.
 
La musica rallentò, e le voci di Jin e Jimin apparvero dolcemente, rendendo la parte di Yoongi ancora più significativa.
 
Non so, non so, non so perché
Nemmeno io, nemmeno io, nemmeno io so chi sono
 
So solo, so solo, so solo perché
Perché è tutto un falso amore,
falso amore, falso amore
 
Yoongi non sapeva più niente. Ormai non si faceva più domande, ma l’unica cosa di cui era sicuro è che non ci sarebbe ricascato mai più. I ragazzi formarono un cerchio e Jungkook e Jin cantarono le ultime parole della canzone, ricordando che quell’amore che Yoongi aveva cercato di coltivare, alla fine non era sbocciato, proprio come il fiore che aveva perso il suo ultimo petalo, rappresentato da Jungkook che lasciava andare la mano di Seokjin.
 
In questo sogno che non si avvererà,
ho coltivato un fiore che non potrà mai sbocciare
 
Le urla e gli applausi della platea mi riportarono alla realtà. Avevo il viso completamente zuppo di lacrime mentre mi tappavo la bocca per non far sentire il rumore dei miei singhiozzi. Le luci si spensero e sul palco calò il buio, proprio mentre i sette ragazzi si affrettavano a ritornare dietro le quinte.
 
Non volevo farmi vedere da loro in quello stato, ma poi le luci si riaccesero e la prima cosa che vidi fu il volto di Taehyung. Il moro mi prese per mano e mi trascinò via con lui, lontano dagli altri membri dei BTS che si stavano togliendo i microfoni. Tae si sbarazzò velocemente del suo e mi portò in un angolino appartato, assicurandosi che nessuno ci avesse visti. Poi, si voltò e mi avvolse nell’abbraccio più caloroso che avessi mai ricevuto.
 
«Sapevo avresti reagito così,» sussurrò mentre cercavo con tutte le mie forze di smettere di piangere. «Non è facile comprendere il cuore di Yoongi, ma una volta fatto sta’ sicura che non lo fraintenderai più.»
 
«Era come me,» singhiozzai contro il suo petto. «Voleva aiutare Yoona. Le è stato accanto perché voleva insegnarle ad amare, ma alla fine si è arreso e ha perso di vista il suo vero obiettivo.» Sollevai lo sguardo e mi asciugai velocemente gli occhi. «Non è sempre stato così. È cambiato per colpa di mia sorella.»
 
«Yoongi era il ragazzo più dolce del mondo, Yorin. Lo so che è difficile da credere, ma fidati quando ti dico che è diventato così perché è stato tradito innumerevoli volte dalla persona che amava.»
 
Mi allontanai dal suo petto e cercai di darmi un contegno. Di solito non mostravo le mie lacrime a nessuno, ma quando si trattava di mia sorella non riuscivo proprio a farne a meno. Era più forte di me. Ringraziai Taehyung per avermi evitato l’ennesima figura di merda e raggiungemmo gli altri quando i miei occhi gonfi decisero di tornare alla normalità.
 
«Eccovi qui,» disse Namjoon con una nota di sollievo nella voce. «Si può sapere dove eravate finiti? Ci stanno aspettando per ritornare in platea.»
 
«Scusa, scusa. Colpa mia,» dissi sollevando la mano. «Gli stavo sistemando il vestito.»
 
«Yorin.» Il mio cuore perse un battito quando udii la voce di Yoongi. Mi stava guardando dritto negli occhi e mi fece segno di avvicinarmi a lui. Lo feci, ma c’era qualcosa di diverso dalle altre volte. Ora che ero riuscita a comprenderlo fino in fondo, sentivo uno strano calore a stargli vicino. Un attaccamento che quasi mi spaventava. «Ho bisogno del tuo aiuto.»
 
Mi rilassai. Non sembrava più tanto arrabbiato con me, anche se la sua faccia seria era davvero inquietante. Non aveva sorriso neanche una volta. Forse quella canzone gli aveva rovinato l’umore a causa dei brutti ricordi?
 
«Cosa ti serve? Devo rifarti il trucco?» Sollevai lo sguardo. «I capelli?»
 
Mi afferrò per le spalle, e le sue mani a contatto con la mia pelle mi fecero venire i brividi lungo la schiena. Merda, perché ultimamente facevo sempre così quando mi toccava? Ripensai ai gemiti della scorsa notte e diventai rossa come un peperone. Riuscivo ancora a sentire la sua lingua contro il mio collo e la sua mano stringersi intorno al mio sen-
 
No, Yorin. Non fare la stupida. A che diavolo stai pensando? Cazzo, ritorna in te!
 
Mi ritrovai con il viso rivolto verso la platea e Yoongi alle mie spalle. Allungò un braccio verso il parterre e indicò una ragazza formosa e dai lunghi capelli rossi che stava sventolando l’Army Bomb come se non ci fosse un domani. Era molto carina.
 
«La vedi quella?» mi sussurrò all’orecchio con voce gutturale. «Portala da me quando finirà lo show. Cerca di non farti vedere da nessuno.»
 
Ora capivo come doveva essersi sentito Jongin quando gli avevo detto di aver dormito nella stessa camera di Suga. A quanto pare quel trucchetto non funzionava solo con gli uomini, ma era efficace anche sulle donne. Forse di più.
 
Quel puttaniere voleva che fossi sincera con me stessa? Bene, allora lo sarei stata. Volevo ubriacarmi con Taehyung, Jimin e Jungkook per liberarmi di tutte quelle emozioni che facevo fatica ad accettare. E poi, volevo urlare. Volevo urlare e dire a quel gran bastardo di Min Yoongi che Kang Yorin era completamente uscita di senno, perché si era appena resa conto di essere fottutamente gelosa. Gelosa di lui e di qualunque altra donna che avesse anche solo osato mettergli un dito addosso.
 
Sì, ero veramente nella merda.
🔼🔼🔼

ᗩngolo.ᗩutore
Ciao a tutti! Finalmente riesco a postare il nuovo capitolo ❤ Grazie alla canzone Fake Love, Yorin è riuscita a comprendere il cuore di Suga e sembra che stia finalmente cominciando ad essere onesta con ciò che prova, proprio come voleva Yoongi. E' gelosa di lui e finalmente lo ha ammesso! *stappa lo champagne* Ovviamente so che è stato RM a scrivere Fake Love, ma il testo mi sembrava perfetto per la "storia d'amore" tra Yoongi e Yoona. Sembrava quasi una lettera scritta dal suo punto di vista.

Yorin e Tae si avvicinano sempre di più e ammetto di star cominciando ad adorare questa amicizia che all'inizio non era nei miei piani. Voi che ne dite?

Un bacione e alla prossima 😘

Instagram: btsuga_d

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Capitolo 25
*** Explosion ***


Hook-Up
❖ Explosion
WARNING: SMUT, DISAGIO



🔽🔽🔽  


Ero sdraiato su quel letto matrimoniale con le braccia spalancate e il respiro affannato. Guardavo il soffitto mentre la ragazza dai capelli rossi si dava da fare per compiacermi, inginocchiata tra le mie gambe. I suoni osceni che uscivano dalla sua bocca a contatto con il mio membro eretto mi riempivano le orecchie e mi soddisfacevano quasi quanto il piacere che mi stava donando.
 
Quando mi resi conto di essere quasi al limite, raddrizzai la schiena e mi ritrovai seduto sul bordo del letto. Osservai la sua testa rossa che andava su e giù, a ritmo con la sua mano che scivolava lungo la mia intimità. Tenevo le labbra socchiuse per far uscire i leggeri ansimi che mi risalivano la gola mentre la osservavo dall’alto in basso. Non appena i nostri occhi s’incontrarono, strinsi alcune delle sue ciocche cremisi tra le dita, adattando il movimento della sua bocca a quello del mio bacino che si spingeva contro di lei.
 
Buttai la testa all’indietro e chiusi gli occhi mentre continuavo a dondolarmi in avanti, spingendo sempre più in profondità. Sentivo le gocce di sudore scivolarmi lungo il collo e finirmi sul petto nudo, bagnando la catenina d’argento che mi ricadeva sui pettorali. La obbligai ad aumentare il ritmo finché i miei sospiri non si fusero con i suoi gemiti. Poi la costrinsi ad alzarsi in piedi.
 
Non le diedi neanche il tempo di riprendersi. L’afferrai per i fianchi e la buttai sul materasso, nello stesso punto in cui ero seduto prima. La feci voltare, così da avere il suo sedere contro la mia erezione, ed entrai in lei senza troppi complimenti. Iniziai con un ritmo veloce già dalla prima spinta e i suoi gemiti mi riempirono nuovamente le orecchie.
 
Volevo solo perdermi nel piacere. Nient’altro. Avevo bisogno di staccare la spina oppure sarei impazzito. Yorin mi aveva fatto incazzare con i suoi discorsi del cazzo e non avevo potuto fare a meno di vendicarmi. Perciò quella ragazza sotto di me era lì solo per fare un dispetto a Yorin. Quanto ero caduto in basso? Prima almeno facevo sesso per me stesso, ora scopavo solo per farla ingelosire. Ma ingelosire di cosa, poi? Quella fottuta ragazzina non sarebbe mai venuta a letto con me, neanche se fossi stato l’ultimo uomo sulla faccia della terra.
 
Per colpa sua, l’umanità si sarebbe estinta.
 
I gemiti della rossa si facevano sempre più disperati man mano che aumentavo il ritmo delle spinte. Appoggiai una mano sul retro del suo collo e cominciai a diventare più irruento, ma la mia mente se ne andò altrove, come sempre nell’ultimo periodo.
 
Lo sguardo di Yorin era impresso nei miei pensieri. Aveva fatto come le avevo detto, portandomi la rossa che ora mi stavo sbattendo senza pietà, ma i suoi occhi delusi prima di andarsene mi avevano fatto male al cuore. Non avrei mai voluto deluderla, ma il mio orgoglio era più forte di qualsiasi altra cosa. Esattamente come il suo.
 
Già, era questa la verità. Eravamo due orgogliosi del cazzo e avremmo continuato a stuzzicarci finché uno dei due non sarebbe esploso. E io ero quasi arrivato al limite.
 
Mollai la presa sulla rossa e mi lasciai cadere sul letto, interrompendo quell’amplesso che non avevo più voglia di portare a termine. Che cazzo mi stava succedendo?
 
«Oppa?» mi chiamò la tipa mentre mi massaggiavo la faccia con entrambe le mani. «Che succede? Ho… Ho sbagliato qualcosa?»
 
Ridacchiai. «No,» la tranquillizzai, decidendomi a voltare la testa per guardarla. «No, sono io che sto sbagliando tutto.» Le osservai il volto. Era davvero carina. «Tu sei bellissima, dico sul serio. Il problema sono io.»
 
«È per quella ragazza di prima?»
 
Ok, ora sì che ero sorpreso. «Chi?»
 
«Ma sì, quella che mi ha portato qui. La tua assistente.» Si mordicchiò il labbro inferiore e fece ciondolare i piedi dietro di sé visto che era sdraiata a pancia in giù. Distolsi lo sguardo e lei ridacchiò. «Dai, Oppa. Si vede lontano un miglio che le muori dietro. Stavi facendo di tutto per farla ingelosire, e credo che tu ci sia riuscito alla grande. Non hai visto che faccia ha fatto quando mi hai trascinato nella tua stanza e le hai chiuso la porta in faccia?» Inclinò la testa e poggiò il mento contro la sua mano mentre continuava a guardarmi. «Cavolo, che invidia. Vorrei tanto essere lei.»
 
Mio Dio. Ma era davvero così evidente che volessi portarmela a letto?
 
«Si nota così tanto?» domandai, incapace di guardarla negli occhi. Quella ragazzina stava riuscendo a mettermi in soggezione. Non era mai successo.
 
«Che entrambi volete saltarvi addosso? Cavolo, sì! La vostra attrazione sessuale si sente da chilometri. Ero davvero a disagio quando continuavate a lanciarvi quegli sguardi.»
 
«Quali sguardi?»
 
Ridacchiò ancora. «Di due che si vogliono strappare i vestiti di dosso.»
 
Stavolta scoppiai a ridere. Non ce la facevo più. «Yorin che vuole strapparmi i vestiti di dosso?» ripetei incredulo. «Semmai vuole strapparmi gli occhi dalle orbite dato che pensa che io la stia usando per poter riavere sua sorella.» Strinsi forte i pugni e mi sedetti sul bordo del letto con la testa china. «Fottuta ragazzina. Come può anche solo pensare una cosa del genere? Tra lei e sua sorella c’è un abisso. Sono una l’opposto dell’altra.»
 
«Fossi in te glielo direi.»
 
Sollevai la testa. «Cosa?»
 
«Che sei innamorato di lei.»
 
Non scoppiai a ridere solo perché ero rimasto troppo scioccato. La guardai negli occhi finché non capii che stava dicendo sul serio. «Io? Innamorato di Yorin?» La rossa annuì come se fosse una cosa ovvia. «È solo attrazione fisica... Niente di più.»
 
«Sì, certo. Continua a ripetertelo finché non ne sarai convinto.»
 
Sollevai un sopracciglio. Mi stava forse prendendo per il culo? La rossa si alzò e recuperò i suoi vestiti sparsi per la stanza. Si rivestì sotto il mio sguardo confuso e si avviò verso la porta.
 
«Dove vai?» le domandai alzandomi a mia volta. Afferrai il jeans appallottolato ai miei piedi e lo indossai prima che potesse aprire la porta. Si voltò a guardarmi mentre recuperava la sua borsa.
 
«Me ne torno a casa. Contro questa Yorin ho già perso in partenza. E poi il tuo telefono continua a vibrare. Ti saranno arrivati come minimo dieci messaggi.» Guardai il mio cellulare abbandonato sul comodino, e in effetti aveva ragione. Lo schermo si era appena illuminato. «Stammi bene, Min Yoongi. Spero che tu riesca a fare chiarezza nel tuo cuore.» Afferrò l’Army Bomb e me la sventolò davanti al naso come se volesse incoraggiarmi. «Fighting!»
 
«Non… Non te la sei presa perché non abbiamo finito?» le domandai indicando il letto sfatto alle nostre spalle. «Non mi piace lasciare insoddisfatta una ragazza. Se vuoi posso farti venir-»
 
«No no no!» mi bloccò subito. «Il sesso lo accetto, ma la carità no. Piuttosto, va’ a compiacere la tua bella. Sono sicura che in quel caso sarà divertente per entrambe le parti.»
 
Sbuffai. «È troppo orgogliosa per farsi toccare da me. E io sono troppo orgoglioso per provarci di nuovo con lei. Siamo a un punto morto.»
 
«L’orgoglio scoppia quando c’è di mezzo la passione.»
 
La seguii in corridoio e mi appoggiai contro lo stipite della porta mentre la guardavo andar via. «Non hai bisogno di un passaggio? Il mio bodyguard potrebbe-»
 
«No no! Casa mia non è molto distante,» mi bloccò ancora una volta. «Ah, e per la cronaca, sono una laureanda in psicologia.» Mi fece l’occhiolino mentre io sgranavo gli occhi per la sorpresa. «E indovina un po’? Sono la migliore del mio corso.»
 
Se ne andò così, lasciandomi con mille dubbi e diecimila domande. Io… innamorato di Yorin? Ammetto che con lei mi comportavo in modo davvero strano. Ero geloso dei miei compagni, correvo alla velocità della luce quando aveva bisogno di me e sentivo il costante bisogno di consolarla quando era triste. Avrei sempre voluto vederla sorridere…
 
Cazzo. Ma tra tutte le ragazze che c’erano, dovevo proprio andare a scegliere una fottuta strizzacervelli? Non ne fai mai una giusta, Min Yoongi. Mai.
 
Sospirai e decisi di lasciar perdere per salvaguardare l’ultimo neurone che mi era rimasto. Tornai nella mia stanza e afferrai il cellulare dal comodino, scorrendo tra i vari messaggi che erano arrivati nella nostra chat di gruppo.
 
[Come fanno le mietitrebbie?]
 
«Il Leader Dei Porno
Qualcuno mi spiega perché Jungkook
sta ballando su quel fottuto tavolo?
 
«Sole scassa-minchia
Jungkook? Chi è Jungkook?
Io non conosco nessun Jungkook
 
«WorldWide_RompiCazzo
Io l’ho sempre detto che abbiamo sbagliato ad educarlo
È tutta colpa dell’influenza negativa di Jimin!
 
«Sole scassa-minchia
A proposito di Jimin,
qualcuno di voi l’ha visto?
 
«Il Leader Dei Porno
Anche Suga non si è ancora fatto vedere
Gli avevo detto di presentarsi alle nove in punto
Stiamo facendo una figuraccia con gli altri invitati
 
«WorldWide_RompiCazzo
Starà ancora procreando
con la donna di fuoco
 
«Sole scassa-minchia
Oppure si è addormentato
 
«quellochesacontarefinoaTre
Eeeeeehyyyy rrrrrrrrrragazziiiii
Come bUtta?
 
«Il Leader Dei Porno
Jimin!
E tu da dove diavolo stai scrivendo?
 
«quellochesacontarefinoaTre
Da sssotto i l tavOl o
 
«WorldWide_RompiCazzo
Codice Rosso
Ritirata
Ripeto, ritirata
 
«Il Leader Dei Porno
Non possiamo andarcene
nel bel mezzo del party!
 
«Sole scassa-minchia
Volevo solo avvisarvi che
Jungkook è caduto dal tavolo
Casomai non ve ne foste accorti
 
«WorldWide_RompiCazzo
Sì, ma ora dov’è finito?
Non lo vedo più
 
«Maknae che tanto Maknae non è
Che botta
 
«quellochesacontarefinoaTre
Portatemi quel fottuto Min Yoongi!
 
«Taesoro D’Oriente
Avete visto com’è
bello il lampadario?
 
«Sole scassa-minchia
Non so se essere più scioccato per quello che ha scritto Jimin
o per Jungkook e Taehyung che se ne escono così dal nulla
 
«Taesoro D’oriente
Perché? Cos’avete contro
questo bellissimo lampadario?
 
«WorldWide_RompiCazzo
Assolutamente niente
Fa risaltare il colore perlato
della mia carnagione
 
«quellochesacontarefinoaTre
Dove diavolo è Min Yoongi???
 
«Il Leader Dei Porno
Vorremmo saperlo tutti quanti
Ed esci da sotto quel fottuto tavolo!
 
«WorldWide_RompiCazzo
Esatto! Altrimenti vengo
a prenderti per le orecchie!
 
«Maknae che tanto Maknae non è
Nooo le orecchie no
 
«WorldWide_RompiCazzo
Non stavo parlando con te!
 
«Sole scassa-minchia
Ma dov’è Yorin?
 
«quellochesacontarefinoaTre
DOV’È QUEL PUTTANIERE DEL CAZZO
 
«WorldWide_RompiCazzo
Eccola
 
«Il Leader Dei Porno
Mi state dicendo che Yorin è sotto
a quel maledetto tavolo con Jimin?
 
«Taesoro D’Oriente
Waaa, è così buio qua sotto!
 
«Sole scassa-minchia
Non solo con Jimin
 
«Maknae che tanto Maknae non è
Ho una botta enorme sul culo
 
«quellochesacontarefinoaTre
DOV’È MIN YOONGIIIII
 
«Maknae che tanto Maknae non è
YoRi n la smeti di freg armi il cell ul ar?
 
«Taesoro D’Oriente
Kookieee, anche tu conosci il
linguaggio degli alieni?????
 
«Maknae che tanto Maknae non è
Kook ie sarà Tua so rel la
 
«Taesoro D’Oriente
Ma Kookie non è mia sorella
 
«Maknae che tanto Maknae non è
Nean ke la M ia
 
«Taesoro D’Oriente
Jimin-ssi
Ridammi subito il cellulare
Conto fino a tre
 
«Maknae che tanto Maknae non è
Aspe m sto confond end o
Tu chi se i?
E io chi son o?
 
«quellochesacontarefinoaTre
MIN YOONGI TI DISTRUGGO
 
«Sole scassa-minchia
Quindi mi state dicendo che sono
tutti e quattro sotto a quel tavolo?
 
«WorldWide_RompiCazzo
Però sembra che si stiano divertendo
Che carini, i miei bambini!
 
«Il Leader Dei Porno
Carini e bambini un corno!
Ok, al mio tre corriamo più veloce della luce e li acciuffiamo
E poi via di corsa in macchina! Se qualcuno ci fa
qualche domanda lasciate parlare me
Voi limitatevi ad annuire come fate durante
le interviste quando non capite un cazzo
 
«Sole scassa-minchia
Quindi ce ne andiamo?
 
«WorldWide_RompiCazzo
Io l’avevo detto che dovevamo
battere in ritirata!
Perché nessuno ascolta mai
i saggi consigli dello Hyung?!
 
«Sole scassa-minchia
L’ultima volta che ho seguito un tuo consiglio
ho avuto mal di stomaco per tre giorni
 
«quellochesacontarefinoaTre
Ma quin di io chi son o?
 
Tu»
Ma con che cazzo di
gente ho a che fare?
 
Sul serio, ero allibito. La maknae line era di nuovo riuscita a dare spettacolo, ma non avrei mai immaginato che Yorin potesse unirsi a quel trio di pazzoidi. M’infilai una camicia a caso visto che la festa a quanto pare era saltata, e uscii dalla mia camera per dirigermi verso quella di Namjoon.
 
I messaggi erano stati inviati parecchi minuti prima, perciò dovevano essere già tornati in Hotel. Incrociai un membro dello Staff e mi avvisò che erano tutti nella Suite, da poco tornata disponibile. Bene, almeno Yorin avrebbe avuto un posto in cui dormire piuttosto che accontentarsi della terrazza. Lo ringraziai e mi diressi a passo spedito verso la mia meta. Quando fui davanti alla porta, tentennai non appena udii un chiasso infernale provenire dall’interno. Entrai e per poco non mi saltarono via i timpani.
 
«TI HO DETTO CHE NON È GIUSTO!» urlò Jimin in faccia a Jungkook. «Perché devo essere sempre io il più basso?! La prossima volta lo fai tu!»
 
«Va bene,» lo assecondò il maknae. «Allora la prossima volta mi taglio le gambe. Okay?»
 
«Finalmente ti sei degnato di farti vedere!» si alzò in piedi Namjoon riferendosi al sottoscritto. «Ti rendi conto che hai lasciato me, Hoseok e Jin-hyung ad occuparci di queste piccole pesti?»
 
«Almeno non ho fatto una figura di merda,» risposi osservando i volti strafatti dei tre maknae. «Perché cazzo li avete fatti bere? Lo sapete che si riducono in questo stato appena mandano giù una goccia d’alcol.»
 
«Non li abbiamo nemmeno visti,» intervenne J-Hope. «Riescono sempre a farcela sotto il naso.»
 
«O sotto il tavolo!» disse Seokjin scoppiando a ridere. Nessuno di noi si unì al suo divertimento. «Mio Dio, che persone tristi… Ridete! La vita è bella come Kim Seokjin!»
 
Sollevai gli occhi al cielo e mi guardai intorno, ma non riuscii a trovare la persona che m’interessava. «Dov’è Yorin?» domandai preoccupato. Dai messaggi inviati sulla chat di gruppo, avevo dedotto che fosse ubriaca quanto la maknae line. Cosa diavolo le era passato per la testa?
 
Proprio in quel momento, la mora spalancò di botto la porta del bagno. Strabuzzai gli occhi quando mi accorsi della minigonna che stava indossando. E quelle calze a rete da dove saltavano fuori? Non ricordavo di avergliele comperate.
 
«Eccoti qua,» mi disse incenerendomi con lo sguardo. Stava barcollando a destra e a sinistra. «Lo sai cosa cazzo sto passando per colpa tua?!»
 
Si lanciò contro di me, ma Taehyung l’afferrò al volo prima che potesse mettermi un dito addosso. La osservai allibito. «Wooo, calma leonessa!» le disse mentre Yorin cercava di liberarsi dalla sua presa. Per fortuna, quando era ubriaca non riusciva a controllare i suoi movimenti, altrimenti Tae sarebbe già finito sul pavimento. «Non puoi picchiare il nostro rapper. Soprattutto quello cazzuto! Che figura gli faresti fare?»
 
«Ma cazzuto un paio di palle!» urlò Yorin tirando calci nella mia direzione. «È solo uno stronzo bastardo. Ecco cos’è!! Vieni qui, ti faccio vedere come ti distruggo!!»
 
«Ehi, bimba,» la bloccai, leggermente alterato. «Vedi di darci un taglio. È da prima che continui a insultarmi.»
 
«Ah sì? Beh, ti conviene farci l’abitudine. Ho appena cominciato,» mi sfidò continuando a dimenarsi fra le braccia di Tae. «E bimba ci chiami qualcun altro, cocco! Vieni qui e risolviamo i nostri problemi una volta per tutte! Vediamo se hai le palle di avvicinarti!»
 
«Ma perché bisogna sempre risolvere tutto con la violenza?» domandò improvvisamente Seokjin. «Non sapete cosa vuol dire discutere civilmente?»
 
«Guarda che io non ho fatto niente,» mi difesi. «È lei che vuole ammazzarmi, non so per quale fottutissimo motivo!»
 
Namjoon incrociò le braccia al petto. «Beh, in realtà di motivi ce ne sarebbero tanti. E poi è ubriaca fradicia. Anch’io ti metterei le mani addosso se avessi in corpo più alcol che sangue.»
 
Lo guardai incredulo. «Ma oggi avete tutti deciso di bullizzarmi?»
 
«Tranquillo, Yoongi-hyung!» urlò all’improvviso Jimin piegando il braccio per mettere in mostra il suo bicipite. «Ti proteggerò io da Yorin! Tu resta dietro di me e vedrai che non ti succederà niente! Guarda che muscoli!»
 
«Ora sì che posso stare tranquillo.»
 
Hoseok si alzò in piedi e sbatté le mani per attirare la nostra attenzione. Persino Yorin smise di dimenarsi. «Okay, okay! Dato che dobbiamo aspettare che a quei quattro passi la sbornia, che ne dite d’ingannare il tempo giocando a qualcosa?»
 
«Io non ho la sbornia,» si lamentò Jungkook lasciandosi cadere di schiena sul pavimento. «Mai avuta!»
 
«Ehm, sì…» lo ignorò J-Hope. «Che ne dite del gioco della verità?»
 
«Intendi “obbligo o verità”?» domandò Seokjin con sguardo confuso.
 
«No, no. Solo verità. Con tutti questi pazzi in circolazione finirebbe per scapparci seriamente il morto.»
 
«Ok, ma la penitenza?» domandò Namjoon. «Se non rispondiamo, deve esserci una penitenza, giusto? E non credo che bere sia la soluzione migliore.»
 
«Invece della penitenza, che ne dite di una ricompensa?» urlò all’improvviso Tae. Anche lui si lasciò cadere a terra e trascinò con sé Yorin, che gli finì letteralmente addosso. Entrambi scoppiarono a ridere mentre lei cercava di alzarsi poggiando le mani sul suo petto. Distolsi lo sguardo e mi diressi verso il frigo-bar di quella maledetta Suite per cercare una bottiglia d’alcol. Avevo bisogno di bere.
 
«Ricompensa?» domandò J-Hope. «Che tipo di ricompensa?»
 
«Beh,» cominciò Tae portandosi un dito sulle labbra. «Chi è che vuole spogliarsi perché sente troppo caldo?» Lui, Yorin, Jimin e Jungkook alzarono subito la mano. «Okay. Allora, se noi quattro decidiamo di rispondere alla domanda, possiamo toglierci un indumento. Se non rispondiamo, ci teniamo i vestiti addosso.»
 
Mi andò quasi di traverso il sorso di vodka.
 
«Seee, tutti nudiiii!» urlò Jimin togliendosi la maglietta per lanciarla in faccia a Jungkook. Quest’ultimo tossì quando il vocalist, non contento, si buttò di peso sul suo stomaco.
 
«Tu non ti spogli,» ordinai alla ragazza appiccicata a Taehyung. La guardai storto. «È fuori discussione.»
 
Yorin mi restituì lo stesso sguardo incazzato. «Io faccio quello che mi pare, Min Yoongi. Non sei di certo mio padre!»
 
«No, ma sono il tuo Capo. Perciò non ti spogli.»
 
Quella stronza sogghignò. «Ma tu guarda… Se dici così mi viene ancora più voglia di farlo,» cinguettò strofinando la faccia contro la spalla di Tae. «Dovrei iniziare dalle scarpe?» Si aiutò con la punta del piede e se ne sfilò una, lanciandola nella mia direzione con un meraviglioso stacco di gamba. Poi fece la stessa cosa con l’altra.
 
Ma cosa avevo fatto di male per meritarmi una cosa del genere?
 
«E noi che invece non vogliamo spogliarci?» domandò Seokjin con una punta di scetticismo nella voce. «Le mie spalle sono patrimonio dell’umanità. Non vi aspetterete che le mostri ai quattro venti?»
 
«Vale esattamente il contrario,» rispose Tae cominciando a muovere le braccia avanti e indietro come se fosse in mezzo alla neve. «Per voi la ricompensa sarà tenervi i vestiti addosso. Ci state?»
 
Yorin era in bilico sul petto del più piccolo, e il bruciore che sentii allo stomaco di certo non fu causato dal sesto sorso di vodka che mandai giù come se fosse acqua. Osservai con enorme fastidio le sue gambe imprigionate nelle calze a rete che sfregavano contro quelle di Taehyung, fasciate invece dai jeans. Mi andò il sangue al cervello e sospirai cercando di nascondere la mia frustrazione. Chissà chi diavolo le aveva dato quei vestiti. Non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso.
 
«Ok. Quindi chi comincia?» chiese Namjoon mentre ci sedevamo tutti in cerchio. «Qualcuno di voi ha una bottiglia?»
 
Mi scolai l’ultimo sorso di vodka e feci una smorfia a causa dell’alcol che mi stava bruciando la gola. «Tieni,» dissi lanciandola nella sua direzione. Nam l’afferrò al volo.
 
Il primo a doversi subire quella tortura fu Seokjin. La domanda venne posta ovviamente da Namjoon, che ci pensò un po’ su prima di aprire bocca. «Che cosa hai detto a Jungkook quando ieri notte gli hai fatto la ramanzina?»
 
Seokjin ridacchiò e incrociò le mani dietro la testa. Il maknae si accigliò all’istante.
 
«Che con le donne deve comportarsi da gentiluomo. Non può andarsene in giro mezzo nudo e pretendere che Yorin faccia finta di non vederlo. Magari è anche colpa nostra che l’abbiamo educato male, ma sappiamo bene che Jungkook ha sempre avuto paura di rapportarsi con il genere femminile. Magari ha reagito così perché-»
 
«Ma l’hai finita di sparare stronzate?» lo interruppe Jungkook con un occhio mezzo aperto e l’altro chiuso. Stava dondolando sul posto. «Non ti sopporto quando fai il sapientino. Sei noioso.»
 
Calò un silenzio improvviso, ma poi l’urlo sconvolto di Seokjin ci fece saltare tutti sul posto. «NOIOSO?! CON CHI CREDI DI PARLARE, MAKNAE INGRATO! IO SONO IL RE DELLE FREDDURE! Prova a ripeterlo se hai il coraggio!»
 
«Sei sapientino e noioso,» ribadì il più piccolo senza un briciolo di paura. «Sei diventato sordo per caso? Non è che stai invecchiando per davvero, Seokjin-hyung?»
 
Seokjin afferrò una delle scarpe abbandonate da Yorin e la lanciò dritta contro la faccia del maknae, che riuscì a schivarla nonostante fosse ubriaco. Il più piccolo scoppiò a ridere e il viso del maggiore si colorò di rosso per la rabbia.
 
«La prossima volta userò il mattarello!» sbraitò il più grande. «E con la tua faccia ci farò una pizza gigante!»
 
Per fortuna, Hoseok decise di mettersi in mezzo per calmare le acque. «Oook! Che ne dite di andare avanti? Giro io la bottiglia visto che Seokjin-hyung non sembra in grado di continuare.»
 
Mentre il più grande si lamentava ancora una volta dei giovani senza rispetto, il collo della bottiglia si fermò esattamente su di me. Cazzo. Guardai J-Hope che stava al mio fianco e lo fissai con la faccia di uno che stava per essere condannato a morte. Odiavo questo fottuto gioco.
 
«Perché hai fatto tardi al party?»
 
«Perché stavo scopando.»
 
I miei occhi guizzarono verso Yorin. Incontrai le sue pupille nere e minacciose che continuarono a fissarmi con sfida anche quando si attaccò al braccio di Taehyung. Deglutii e cercai di contenere il fastidio che mi stava risalendo il petto. Non ce la facevo più a vedere quei due appiccicati. Da quand’è che erano diventati così intimi? Mi era forse sfuggito qualcosa?
 
«E com’è stata questa scopata?» mi domandò Yorin continuando a fissarmi. Nei suoi occhi riuscivo ad intravedere un leggero velo di ebbrezza. «La rossa ti ha soddisfatto?»
 
«Oh sì,» controbattei senza neanche darle il tempo di finire la domanda. Poggiai il mento contro la mano e sogghignai. «Aveva una bocca fantastica.»
 
Il sorrisetto della ragazza svanì. Girai la bottiglia e stavolta finì per indicare il maknae.
 
«Jungkook?» lo chiamai dato che sembrava perso nel suo mondo. Quando fui sicuro che mi stesse ascoltando, gli feci la fatidica domanda. «Ti piace Yorin?»
 
Si voltarono tutti a guardarmi, compresa la diretta interessata che mi fulminò letteralmente con lo sguardo. Mi divertivo troppo a stuzzicarla.
 
Il maknae ridacchiò e le sue spalle rimbalzarono contro la maglietta larga che stava indossando. «Sì, ma lei ha detto che è un amore platonico.» Stavolta scoppiò a ridere. «Non è divertente? Un amore platonico!»
 
Quando guardai Yorin, stavolta non la beccai a fissarmi. Aveva distolto lo sguardo e si stava nascondendo contro il petto di Taehyung. Che diavolo era questa storia? Amore platonico? Jungkook si alzò in piedi e si sfilò la maglietta, lanciandola in un angolo della stanza. Rimase a petto nudo, con i pantaloni della tuta che lasciavano intravedere l’orlo delle sue mutande firmate. Barcollò leggermente e poi si rimise seduto, facendo girare malamente la bottiglia. Stavolta puntò Taehyung.
 
«La cosa più strana che tu abbia mai fatto.»
 
«Dormire sotto le stelle insieme a Yorin, su una scomodissima panchina.» Mi andò la saliva di traverso e dovetti tossire per riprendere a respirare. «Però è stato divertente, vero?» domandò scompigliando i capelli della ragazza, che annuì convinta. Poi si staccò leggermente da lei per potersi sfilare la maglietta. Rimase con una canottiera nera che gli lasciava scoperte le braccia e le spalle.
 
Avevo voglia di alzarmi e mandare tutto a fanculo. Come se non bastasse, la vodka stava cominciando a fare effetto. Mi girava la testa e non riuscivo a concentrarmi su ciò che avevo davanti. Meglio, perché altrimenti avrei strozzato prima Taehyung e poi quella fottuta ragazzina. Mi ero preoccupato tutta la notte di Jungkook, ma alla fine avrei dovuto fare attenzione al mio compagno di stanza.
 
Ora capivo perché quei due erano diventati inseparabili.
 
La bottiglia si fermò su Yorin e si guardarono entrambi negli occhi, più brilli che mai. Taehyung sorrise e Yorin lo seguì a ruota, facendomi contorcere lo stomaco per il fastidio. Non riuscivo a guardarli.
 
«Hmm, vediamo,» disse Taehyung ispezionando la faccia di Yorin come se avesse potuto leggervi la domanda. «Ci sono! Il tuo primo bacio?»
 
Spostai lo sguardo su Yorin, notevolmente interessato. Lei cominciò a ridacchiare talmente forte che si ritrovò a rotolare sul pavimento. Era di fronte a me, perciò riuscivo a vederle le gambe sinuose e perfette. Cazzo, quanto avrei voluto passarci le mani e sentire ogni centimetro della sua pelle. Quelle calze avrei potuto sfilargliele a morsi.
 
«Ieri sera, con Jeon Jungkook.»
 
Mi paralizzai sul posto. Avevo persino smesso di respirare mentre la mascella di Seokjin stava quasi per schiantarsi sul pavimento.
 
«Era il tuo primo bacio?!» domandò sconvolto Jungkook, appena ripresosi da uno dei suoi momenti di estraniamento dalla realtà. «Diamine, ecco perché eri tanto scioccata. Ho fatto una fatica enorme a ficcarti la lingua in bocca!»
 
Prima che potessi rendermene conto, ero già balzato in piedi e mi stavo dirigendo a passo spedito verso il maknae. Qualcuno mi afferrò per le spalle, impedendomi di fare chissà che cosa visto che non lo sapevo nemmeno io.
 
«Calma, calma,» disse Namjoon tirandomi per la camicia, cercando di farmi indietreggiare. «Sei ubriaco, Hyung. Non fare cose di cui potresti pentirti.»
 
«Ti stacco la testa, Jeon Jungkook,» sibilai minaccioso, mantenendo il tono della voce a un livello veramente basso. Lo stavo guardando come se avessi voluto mangiarmelo per colazione. «Mettile un altro dito addosso e te la vedrai con me. Sono stato chiaro?!»
 
«Scusa, Hyung, ma perché ti scaldi tanto?» chiese il maknae indurendo lo sguardo. Non mi aveva mai guardato così. «Non me la sono mica portata a letto. A te interessa soltanto questo, no?»
 
Smisi di dimenarmi per la sensazione di vuoto che sentii riecheggiarmi nel petto. Io… davvero volevo solo portarmela a letto? Poi, dopo un attimo di smarrimento, presi a dibattermi più forte di prima. Cosa diavolo voleva saperne lui? Non era nemmeno interessato alla vera Yorin! Lo avrei ridotto in poltiglia. Lo avrei stritolato finché di lui non sarebbe rimasta neanche la polvere. J-Hope accorse in aiuto di Namjoon, e non so come riuscirono a farmi rimettere di nuovo seduto. La testa mi girava da morire, ma quando sollevai gli occhi, non potei fare a meno di rimanere senza fiato.
 
Yorin si stava sbottonando la camicetta e ormai aveva tutto il reggiseno in bella vista. Un reggiseno di pizzo nero.
 
«E tu che cazzo stai facendo?!» urlai, e lei si fermò. «Sei completamente impazzita?!»
 
«Ho risposto alla domanda. Mi tolgo un indumento come hanno fatto tutti gli altri,» rispose acida. «O forse preferisci che mi tolga questa?»
 
Spostò le mani e si abbassò leggermente l’orlo della minigonna, facendo intravedere le mutandine nere. «No. No no, ferma!» urlai facendole segno di smettere immediatamente ciò che stava facendo. Deglutii. «Non ti azzardare.»
 
«Okay. Ultimo giro e poi a nanna! A quanto pare abbiamo tutti bisogno di farci una bella dormita,» disse J-Hope in modo frustrato facendo segno a Yorin di girare la bottiglia. Io e la mora continuammo a guardarci in cagnesco mentre la bottiglia di vetro ruotava su se stessa, fermandosi ovviamente sul sottoscritto.
 
Yorin incrociò le braccia al petto e inclinò leggermente la testa. L’occhio mi cadde più volte sul suo seno fasciato perfettamente dal pizzo nero, ma non perché avessi chissà quali pensieri lussuriosi. In quel momento, volevo solo che si coprisse. Non sopportavo che gli altri potessero vedere una parte tanto intima del suo corpo. Mi dava fastidio.
 
«Non ho niente da chiederti,» disse Yorin. «Fammela tu la domanda.»
 
La guardai sorpreso. Io? Una domanda a lei?
 
«Dimmi la verità. Ti ecciti quando ti tocco?»
 
Non stavo ragionando. Per niente. Eppure mi ero approfittato di quell’occasione per farmi dire la verità, incurante che avessimo un pubblico ad ascoltarci. Volevo una risposta sincera, e volevo che uscisse dalle labbra di Yorin. Volevo sapere se quell’attrazione tra noi esisteva davvero (come aveva detto la rossa) o me l’ero semplicemente immaginata. Niente più bugie. Niente più menzogne.
 
«Cazzo, sì,» rispose Yorin, e potei giurare di aver perso definitivamente il fiato. «Mi eccito eccome.»
 
Chiusi gli occhi e poi li riaprii, sbattendo più volte le palpebre. Che cosa aveva detto? «Scusa, puoi… Puoi ripetere?» le domandai incredulo. Di sicuro avevo sentito male, oppure era la vodka di prima che mi stava annebbiando il cervello. Dovevo proprio smetterla di bere.
 
Lo sguardo di Yorin s’intensificò, e quando si alzò in piedi per venirmi incontro, mi alzai anch’io, leggermente barcollante. Non me l’aspettai, ma quando fu a un passo da me, mi spintonò il petto e fui costretto ad indietreggiare per non perdere l’equilibrio. La guardai spaesato. Che diavolo stava facendo?
 
«Volevi che fossi sincera? Bene, allora sturati le orecchie, perché non ho intenzione di trattenermi!» mi urlò a un centimetro dalla faccia. Il cuore mi stava battendo all’impazzata, e nonostante volessi fare qualcosa, qualsiasi cosa, non riuscivo a muovermi. Ero paralizzato dai suoi occhi di ghiaccio.
 
«Bene ragazzi, è arrivato il momento di sloggiare,» disse Namjoon caricandosi in spalla Jimin, che si era addormentato come un sasso sul pavimento. «Datevi una mossa. Qui dentro si respira un’aria pesante.»
 
Si alzarono tutti in silenzio, ma io non riuscivo a distogliere lo sguardo dagli occhi fieri di Yorin. Erano così limpidi e puri che avrei potuto sguazzarci dentro. La porta si chiuse con un leggero tonfo, lo stesso che fece il mio cuore quando la mora dischiuse le labbra e riprese a parlare.
 
«Vuoi che sia sincera?» ripeté senza aspettare la mia risposta. «Bene, allora lo sarò. Niente più segreti. Niente più menzogne. Giusto?» Aveva gli occhi appannati dall’alcol, ma proprio per questo sapevo che mi avrebbe detto la verità. «Sono gelosa. Sono gelosa marcia di quella stupida ragazzina che ti sei portato a letto. Mi viene il nervoso solo a pensare alle tue mani che toccano un’altra donna, che la accarezzano… E lo sai qual è la cosa divertente?» Sorrise amaramente. «Che io dovrei essere innamorata di Jongin. Eppure non faccio altro che pensare a te, un maledetto bastardo puttaniere che vuole solo scoparmi!»
 
«Yorin…» cercai di toccarla, ma lei indietreggiò, neanche le avessi marchiato a fuoco la pelle.
 
«Congratulazioni, Min Yoongi. Hai ottenuto quello che volevi,» disse mentre i suoi occhi si riempivano di risentimento. «Immagino che adesso ti sentirai soddisfatto. La ragazza che desideri portarti a letto, quella inarrivabile e cinica, muore dalla voglia di sentirsi tua. Dire che mi sento patetica è poco, eppure non posso farci niente, perché ogni volta che ti ho vicino, ho come l’impressione che il cuore possa schizzarmi fuori dal petto! Non so che trucchetto hai usato, ma complimenti, ha funzionato alla grande!» Ero perso. Ero completamente perso nei suoi occhi e nelle sue parole. Non riuscivo neanche ad aprire bocca per darle una risposta soddisfacente. «Ho appena ammesso a me stessa che mi piaci, e ciò significa che ho perso contro il mio fottutissimo orgoglio. Spero che tu te ne renda conto!»
 
Mi lasciò lì, nella camera matrimoniale di quella Suite mentre apriva la porta del bagno e se la richiudeva alle spalle. Dentro di me c’erano così tante emozioni contrastanti che sarei potuto esplodere. Mi veniva da piangere. Mi sentivo euforico, eccitato, confuso. Incredulo. Non mi era mai successo di stare così per una donna.
 
Volevo scappare via, ma volevo anche sfondare la porta di quel maledetto cesso e ritrovare i suoi occhi imbarazzati e allo stesso tempo sinceri. E infatti è quello che feci.
 
Irruppi nel bagno e guardai Yorin attraverso il riflesso nello specchio. Stava cercando di calmarsi, inutilmente. Non avevo mai provato una sensazione simile prima d’ora, nemmeno con Yoona. Sentivo un bisogno disperato di starle vicino. Volevo stringerla tra le mie braccia e sussurrarle quelle parole di cui mi sarei sicuramente pentito una volta tornato sobrio. Peccato che in quel momento non poteva fregarmene di meno.
 
E allora capii. Capii che la rossa ci aveva preso alla grande.
 
Cercai di camminare dritto e mi accostai alla sua piccola figura, che pur di non guardarmi in faccia continuava a fissare il suo riflesso. «Guardami,» le ordinai con voce profonda, trapassandola quasi con lo sguardo. «Ti ho detto guardami.»
 
«Non voglio farlo,» mi rispose assottigliando gli occhi per la rabbia. «Non lo farò,» aggiunse con più decisione.
 
Poggiai entrambe le mani sul marmo del lavandino e inclinai la testa per convincerla a guardarmi in faccia. «Perché no?»
 
«Perché so come andrà a finire!» urlò stringendo sia gli occhi che i pugni, come se avesse voluto ignorare il fatto che fossi lì vicino a lei. «E non posso permetterlo.»
 
«Stai di nuovo mentendo a te stessa, Yorin. Non farlo.»
 
«E tu stai solo cercando di ottenere quello che vuoi!» urlò voltandosi finalmente a guardarmi. Aveva gli occhi pieni di lacrime. «Pensi che sia stupida? Ora che hai intravisto uno spiraglio, farai di tutto per sbattermi su quel letto. Mi sento già abbastanza patetica così, Min Yoongi, perciò perché cazzo non mi lasci in pace?!»
 
«Perché io TI AMO, fottuta ragazzina!!» esplosi, avvicinandomi per urlarglielo dritto in faccia. Mi sentii il cuore libero come non mai. «Sono pazzo di te, chiaro?! E non me ne frega un cazzo se pensi che te lo stia dicendo solo per scoparti! Non me ne frega un cazzo se mi odierai ancora più di prima! Detestami quanto vuoi, ma io almeno sarò a posto con la coscienz-»
 
Mi beccai lo schiaffo più doloroso della mia vita, precisamente sulla guancia sinistra. Rimasi con la testa girata, gli occhi sgranati e le labbra dischiuse per l’incredulità. Il cuore mi faceva male tanto batteva veloce. Strinsi forte gli occhi e buttai fuori l’aria per darmi una calmata. Ero incazzato peggio di una bestia.
 
«Yorin…» cominciai voltando lentamente il viso verso di lei, gli occhi ancora serrati per contenere la mia collera. Mi stavano tremando le mani dal nervoso. «Vedi di darci un taglio… Mi stai davvero rompendo il cazzo con questi schiaffi di merd-»
 
Venni zittito dalle sue labbra, che si schiantarono contro le mie con una foga che mi fece quasi cadere all’indietro. Mi aggrappai ai suoi fianchi e non feci passare neanche mezzo secondo prima di ricambiare il suo bacio. Cominciai a divorarla nello stesso modo in cui lei stava divorando me. Pezzo dopo pezzo, bacio dopo bacio. Come se lei fosse la mia fonte d’ossigeno.
 
Mi spinse brutalmente all’indietro e la mia schiena cozzò contro la porta alle mie spalle. Non m’importò del dolore, poiché mi stavo beando della sua lingua che stava dichiarando guerra alla mia. Cercavamo di prevalere l’uno sull’altra mentre le nostre mani vagavano sui nostri corpi caldi ed eccitati. Quando le sue dita trovarono la mia camicia, capii che non ero l’unico ad essere impaziente. Tirò talmente forte da far saltare via almeno tre bottoni, scoprendomi la maggior parte del petto. Giurai di aver sentito recidersi anche la stoffa della camicia.
 
La mia eccitazione arrivò alle stelle quando mi graffiò vogliosamente i pettorali, sfiorando con le dita il profilo dei miei capezzoli. Intensificai il bacio e stavolta toccò a me spingerla contro il muro e intrappolarla tra le mie braccia. Quando le sue spalle urtarono violentemente la parete, udii il suo ansimo nella mia bocca, ma anche un tremendo frastuono, forse dovuto a tutti i prodotti per il bagno che avevamo fatto cadere giù dal mobiletto. Ridacchiammo entrambi mentre continuavamo a far intrecciare le nostre lingue, seguendo il dolce ritmo della nostra passione.
 
Abbandonai le sue labbra e mi avventai sul suo collo per lasciarle tanti piccoli morsi sulla pelle. Continuai a scendere e arrivai al suo reggiseno, strappandole di dosso la camicetta mezza aperta che stava ancora indossando. Lo feci con talmente tanta irruenza che la sentii sobbalzare contro il mio petto, poi le accarezzai i fianchi ormai nudi e mi riappropriai delle sue labbra mentre lei non smetteva neanche per un secondo di farmi capire quanto le piacessero le mie attenzioni.
 
I suoi gemiti erano musica per le mie orecchie.
 
Con una manata, mi sbarazzai di quel poco che era rimasto sul marmo del lavandino. Le bottigliette di profumo finirono in frantumi sul pavimento, così come il portasapone di ceramica e il portafiori di cristallo. Afferrai Yorin per le cosce e la sollevai, sbattendola brutalmente sul marmo freddo del lavandino. Ci salii anch’io, sovrastandola con il mio corpo rovente a causa dell’eccitazione. Mi sistemai fra le sue gambe mentre la guardavo negli occhi, e in essi intravidi la mia stessa passione, la stessa che mi stava incendiando il cuore.
 
La volevo. La volevo come non avevo mai voluto nessun’altra.
 
Yorin mi passò una mano tra i capelli neri e strinse talmente forte da farmi male, ma dalla mia bocca uscì solo un gemito roco ed eccitato. Accarezzai il suo corpo in modo lascivo finché non arrivai a palparle un seno. Lo stritolai nella mia mano mentre passavo la lingua nell’incavo del suo petto, facendole inarcare la schiena per il piacere. Yorin dischiuse le labbra, e allora ne approfittai per infilarle nuovamente la lingua in bocca, gesto che sembrò apprezzare visto che mugolò soddisfatta.
 
«Fermami ora perché dopo sarà troppo tardi,» le sussurrai sulle labbra gonfie a causa dei miei baci e morsi. «Se vuoi che mi fermi, dimmelo adesso.»
 
Mi passò le mani sulle spalle e mi aiutò a togliermi la camicia che avevo ancora addosso. L’indumento mi scivolò lungo le braccia e Yorin mi artigliò la pelle della schiena con le unghie. Quel leggero bruciore mi fece gemere sulle sue labbra.
 
«Non fermarti.»
 
E in quel momento, mi resi conto che il bruciore all’altezza dello stomaco non era semplice eccitazione, ma le ali svolazzanti di centinaia di farfalle che mi stavano portando dritto in paradiso.
🔼🔼🔼

ᗩngolo.ᗩutore
Aspettavo da tempo di scrivere questo capitolo e finalmente ce l'ho fatta ❤ La maknae line ubriaca ha avuto finalmente il suo comeback 😂 E grazie a qualche bicchiere di troppo, alla fine Yoongi è esploso, così come Yorin.

Non so voi, ma io adoro questo loro punzecchiarsi ❤ Si stanno facendo travolgere dalla passione e spero davvero che non distruggano l'intera stanza come stanno già facendo. Prevedo un conto molto salato da parte dell'hotel, ma tanto i BTS sono ricchi sfondati 😂😂

Fatemi sapere se questo capitolo vi è piaciuto e se vi va lasciatemi anche una stellina ⭐Non vi farò aspettare troppo per il prossimo capitolo 😏 Un bacione e alla prossima 😘

Instagram: btsuga_d

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Capitolo 26
*** Kindness ***


Hook-Up
❖ Kindness



WARNING: SMUT

🔻🔻🔻 
 


Non mi dava neanche il tempo di respirare. Appena riuscivo a liberarmi dalla morsa opprimente delle sue labbra, ecco che ritornava all’attacco, più famelico di prima. E io non potevo fare altro che ridacchiare e abbandonarmi al tocco lascivo delle sue carezze. Sentivo il marmo freddo a contatto con la mia schiena nuda, in contrasto con la pelle calda del suo corpo che sfregava contro la mia. Mi girava la testa, eppure quell’intorpidimento non aveva messo a tacere la mia eccitazione. La mia voglia di lui.
 
Era così bello lasciarsi andare. Perché diavolo non ci avevo pensato prima? Niente preoccupazioni. Niente pensieri. Solo io, lui e la nostra passione. Scoppiai nuovamente a ridere quando i suoi denti mi fecero il solletico contro la pelle delicata del mio collo. Gli avvolsi le braccia intorno alle spalle e lo spinsi nuovamente sulle mie labbra. Lo schianto ci lasciò senza fiato, ma stavolta non m’importò della mancanza di ossigeno. Per nulla al mondo avrei separato la mia bocca dalla sua.
 
Lo sentii gemere nel bacio mentre le sue dita si chiudevano intorno all’orlo della mia minigonna. Pensavo che me l’avrebbe strappata via, ma poi mi sentii sollevare. Mi aggrappai con forza alle sue spalle quando mi ritrovai tra le sue braccia, le gambe avvolte intorno alla sua vita mentre raddrizzava la schiena per alzarsi in piedi. Quella sensazione di vuoto mi spaventò un po’, tanto che cercai di nascondere il volto nell’incavo del suo collo. La mia fobia era ritornata.
 
«Ehi, guarda me,» mi sussurrò all’orecchio con voce roca mentre intensificava la presa sotto i miei glutei. «Guarda soltanto me. Giuro che non ti faccio cadere.» Sollevai il viso e gli fissai le iridi castane, ricolme di voglia, lussuria, ma anche tanta premura. Si avvicinò al mio viso e le punte dei nostri nasi si sfiorarono, così come le nostre labbra. «Concentrati solo su di me, okay?» ripeté con un soffio che mi fece venire i brividi lungo la schiena.
 
Annuii e legai i miei occhi ai suoi, aggrappandomi meglio al suo collo nudo. Mi resi conto che aveva cominciato a camminare quando mi sentii dondolare a destra e a sinistra. Barcollava, ma non così tanto da farci finire sul pavimento. Lo guardai per tutto il tragitto finché non sentii la schiena schiantarsi contro qualcosa di soffice, per poi sprofondarci dentro quando il peso di Yoongi si unì al mio, sovrastandomi.
 
Non mi diede il tempo di dire niente. Mi baciò di nuovo, stavolta con maggior trasporto. Mentre cercavo di assecondarlo nonostante il giramento di testa, mi accorsi che una delle sue mani aveva già raggiunto la mia coscia sinistra. Infilò le dita tra i rombi delle mie calze e le strattonò con un colpo secco del polso, recidendole fino al ginocchio. Il rumore del tessuto strappato mi arrivò alle orecchie mentre sentivo le gambe sempre più scoperte, alla completa mercé delle sue mani e dei suoi denti.
 
Sì, i denti. Mi stava letteralmente strappando le calze con i denti.
 
Tornò a baciarmi e gemetti contro la sua bocca quando usò i polpastrelli per farsi strada sotto la mia gonna, accarezzando delicatamente la pelle interna della mia coscia. Quando finalmente sfregò il dito contro il mio punto più sensibile, gli conficcai le unghie nella schiena, costringendolo ad interrompere il bacio così che potessi gettare la testa all’indietro e dischiudere le labbra.
 
Diamine, era così bello.
 
«Yoongi…» lo chiamai mentre iniziava a massaggiarmi il clitoride da sopra la stoffa delle mutandine. «Yoongi, cazzo!» imprecai conficcandogli le unghie nella carne del bicipite. Aprii gli occhi solo per vederlo sogghignare di fronte al mio viso. Avvicinò le labbra al mio orecchio.
 
«Dimmi che cosa vuoi, Yorin,» sussurrò con voce maliziosa. Il suo dito cominciò a disegnare dei cerchi concentrici su quel punto particolare. Mi aggrappai alle sue spalle e strinsi forte gli occhi, quasi come se volessi salvarmi dall’annegare in quel mare di piacere. «Dimmi cosa vuoi che faccia.»
 
Cazzo, dovevo anche dirglielo? Non lo capiva da solo? Maledetto bastardo.
 
Scossi la testa quando il suo dito perse velocità e al suo posto cominciò a lasciarmi dei baci umidi sulla clavicola, scendendo sempre di più con la bocca. «Dai, Yoongi…» lo rimproverai seccata, muovendo il bacino verso la sua mano immobile. «Non fare lo stronzo.»
 
«Io sono stronzo,» ribatté mentre mi accarezzava il ventre con la lingua. Sollevai ancora di più il bacino in direzione della sua faccia. «E lo sarò fin quando non mi dirai che cosa vuoi.»
 
«Voglio che ricominci a muovere quella fottuta mano!» urlai al limite dell’esasperazione. «Ti muovi oppure devo pensarci da sola? Guarda che non ci metto niente a-»
 
Mi afferrò di scatto il polso quando cercai di raggiungere la mia intimità. Mi bloccò la mano sopra la testa e mi fulminò con lo sguardo. «Dio, quanto puoi essere testarda?»
 
«E tu quanto puoi essere logorroico? Non pensavo avessi la lingua tanto lunga.»
 
«Non è soltanto lunga,» mi punzecchiò, sempre con quel ghigno stampato in faccia. «È anche veloce. Vuoi una dimostrazione pratica?»
 
Non mi diede il tempo di aprire bocca. Sogghignò e poi abbassò il viso, scomparendo in mezzo alle mie gambe dopo essersi liberato velocemente della mia gonna e delle mie mutandine. Inarcai di scatto la schiena quando sentii quella sensazione umida sul mio clitoride. Mi si bloccò il fiato in gola.
 
«Yoongi, porca puttan- Aaah!» gemetti, tappandomi subito la bocca. Afferrai il lenzuolo con le dita dell’altra mano e cercai di ritrarmi istintivamente quando la sua lingua aumentò il ritmo con cui stava tormentando e stuzzicando il mio punto più sensibile. Tuttavia, non riuscii ad allontanarmi perché mi bloccò entrambe le cosce sul materasso, obbligandomi a subire le sue dolci torture.
 
Non riuscii più a stare zitta. Nonostante la mano mi coprisse ancora la bocca, i miei lamenti di piacere lasciavano comunque le mie labbra, divenendo sempre più bisognosi e insistenti. Sentivo ogni centimetro della sua lingua, ogni suo respiro roco che s’infrangeva contro la mia intimità. Stavo per arrivare al limite.
 
E poi si fermò, lasciandomi ancora una volta senza fiato. Si avvicinò nuovamente al mio viso e si leccò le labbra mentre lo guardavo con una faccia indecifrabile… e soprattutto incazzata.
 
Perché cazzo si era fermato?!
 
«Ce l’hai scritto in faccia, Yorin,» mi punzecchiò ancora, ma stavolta il suo sguardo era nero per l’eccitazione, e in più stava ansimando a causa della mancanza di fiato. «Dimmi che cosa vuoi.»
 
Sollevai gli occhi al cielo, pronta ad una crisi di nervi. Mi veniva da piangere a causa delle mie emozioni ingarbugliate e confuse. In più stava per venirmi la nausea.
 
«Ti prego…»
 
Tornai a guardarlo e osservai la sua espressione adorante. Era completamente perso a guardarmi. Si leccò ancora una volta le labbra.
 
«Ti prego… cosa?»
 
Sbuffai. «Ti prego, Yoongi. Torna giù e fammi venir-»
 
Mi bloccai quando la sua bocca trovò nuovamente la mia. Mi sciolsi nel bacio e chiusi gli occhi mentre dischiudevo le labbra per accogliere la sua lingua che sapeva ancora di me. Quel sapore si mischiò al suo, che riempiva ancora la mia bocca a causa di tutti i suoi baci.
 
«Dio, mi fai impazzire quando mi supplichi in questo modo,» sussurrò dopo essersi staccato con un sonoro schiocco. «Se potessi, ti avrei già fatta mia.»
 
Lo guardai confusa e sbattei più volte le palpebre mentre gli spingevo il petto per poterlo guardare meglio in viso. «Perché non puoi?» gli domandai con una voce da cui si percepiva fin troppo chiaramente la mia delusione. Mi stavano davvero venendo le lacrime agli occhi? «Tu… non mi vuoi?»
 
Yoongi si allarmò in meno di mezzo secondo. I suoi occhi si riempirono di preoccupazione e mi posò le dita sulla guancia per accarezzarmela. «Certo che ti voglio,» non perse tempo a puntualizzare mentre si chinava su di me per lasciarmi un altro bacio. Uno rassicurante. «Ma non così.»
 
«Così come?» sussurrai sulle sue labbra. Sentivo gli occhi pizzicare.
 
«Siamo ubriachi, Yorin. Non voglio sprecare così la mia prima volta con te.»
 
Non riuscivo a capire se fossi delusa o meno. Mi veniva da piangere, ma allo stesso tempo sentivo uno strano calore nel petto, all’altezza del cuore. Lo stesso che avevo sentito quando aveva detto di amarmi.
 
Oddio… Min Yoongi… aveva detto di amarmi? Me lo aveva letteralmente gridato in faccia? E io gli avevo tirato uno schiaffo? Mi portai una mano sulla fronte e strinsi gli occhi per riordinare le idee. Percepivo la realtà in maniera confusa e distorta, quasi come se stessi sognando ad occhi aperti. Sicuro che non fosse davvero un sogno? Uno erotico?
 
Capii che era tutto vero quando posò le dita sul punto abbandonato dalle sue labbra. Mi sfuggì l’ennesimo ansimo, che finì dritto nella sua bocca quando si chinò nuovamente sul mio viso. Stavolta i suoi baci furono più dolci. Premurosi. Mi sciolsi completamente nel suo abbraccio e desiderai che si spingesse oltre il suo limite. Desiderai che mi facesse sua.
 
«Hai detto che non ti saresti fermato,» gli sussurrai nell’orecchio quando le nostre labbra si divisero. «Ti ho anche dato il permesso.»
 
«E chi l’ha detto che mi sono fermato?» Mi afferrò per le cosce e mi strattonò verso il basso, facendomi ritrovare con le gambe ciondoloni dal bordo del letto mentre lui s’inginocchiava sul pavimento. Sollevai la testa dal materasso per guardarlo negli occhi neri e seducenti. «Non sono il tipo che lascia le cose a metà.»
 
Stavolta non ci andò per niente leggero. Non che prima lo fosse stato. Mi lasciai cadere all’indietro e sbattei la testa contro il materasso, desiderando di seppellirci anche la faccia quando urlai un po’ più del dovuto. Nonostante la sbornia, ero consapevole di aver perso totalmente il mio autocontrollo. Forse era a causa dell’alcol, ma sentivo ogni emozione triplicata. Ogni sua carezza, ogni sua dolce invasione… mi uccideva nel modo più voluttuoso possibile.
 
Cominciai a muovere il bacino seguendo i movimenti della sua lingua mentre stritolavo il lenzuolo fra le dita sudate della mia mano, che dopo qualche momento si ritrovarono a stringere le ciocche corvine dei suoi capelli. Il suo gemito roco contro la mia pelle mi fece capire che stava altamente apprezzando il modo in cui lo forzavo a continuare ciò che stava facendo. Il calore nel mio punto sensibile aumentò, così come il fuoco che mi stava divorando la pelle solcata da infinite gocce di sudore.
 
Mi sentivo sempre più vicina a scoppiare, ma poi Yoongi si allontanò nuovamente dalla mia intimità per sovrastarmi con il suo corpo. L’avrei maledetto di nuovo se non si fosse infilato due dita in bocca per farle scivolare delicatamente nella mia apertura mentre continuava a torturare il mio clitoride con il pollice. Mi aggrappai ai suoi bicipiti con tutta la forza rimastami e non potei fare a meno di contrarre il viso quando sentii un leggero bruciore. Faceva male.
 
«Tranquilla,» mi ordinò dolcemente dopo avermi stampato un bacio sulle labbra. «Non entro più di così.»
 
Lo guardai negli occhi. Aveva capito che fossi vergine? Beh, ovvio… Dopotutto sapeva che avevo dato il mio primo bacio a malapena ieri… a Jeon Jungkook. Mi maledii e schiantai le labbra sulle sue per togliermi quell’immagine inquietante dalla testa. Baciare Yoongi era molto più piacevole e soddisfacente. Stranamente, non mi faceva schifo come invece era successo con il Maknae.
 
Dischiusi le labbra quando il bruciore si trasformò in qualcos’altro. Qualcos’altro di molto, molto piacevole. Nonostante continuasse a tenere le dita praticamente all’entrata, riuscì comunque a farmi perdere la testa. Mi afferrò una gamba e me la sistemò sopra una delle sue spalle per avere un maggiore appoggio, poi iniziò a dondolarsi lentamente verso di me, sincronizzando il movimento del suo corpo a quello delle sue dita che entravano e uscivano delicatamente dalla mia apertura.
 
Fu totalmente istintivo. Intrecciai i nostri sguardi e iniziai a muovermi seguendo il dolce ritmo delle sue “spinte”. Gli allacciai le braccia intorno al collo e mi avvicinai fino a quando i nostri nasi non si sfiorarono. I suoi occhi completamente adoranti mi fecero sciogliere. Mi stava guardando come se fossi la cosa più bella e preziosa del mondo… e in quel momento mi sentii amata. Amata per davvero.
 
Il dondolio non cessava. Il suo viso si allontanava e poi si avvicinava nuovamente al mio, e ogni volta le punte dei nostri nasi si toccavano per poi separarsi di nuovo. E via così, sempre daccapo, con i nostri respiri affaticati che ogni tanto si fondevano in qualche bacio dato di sfuggita.
 
Che cosa stavamo facendo di preciso? Non conoscevo la risposta, ma era talmente bello e appagante che avrei voluto non smettesse mai. Avrei voluto tenerlo per sempre accanto a me, incollato al mio corpo e al mio sguardo. Yoongi aumentò pian piano il ritmo finché non mi ritrovai a sfregare ripetutamente la schiena contro il lenzuolo per stargli dietro. Potevo sentire le sue dita che ormai entravano e uscivano dalla mia apertura bagnata con una facilità impressionante.
 
«Yoongi…» lo chiamai tra gli ansimi rafforzando la presa sui muscoli del suo braccio, ora contratti a causa dello sforzo per tenersi sollevato e non schiacciarmi mentre si dondolava avanti e indietro. «Ti prego…»
 
Si chinò sul mio volto e mi baciò la mandibola, poi scese lungo il collo. Era sudato fradicio. «Dimmi cosa vuoi, tesoro,» ansimò contro la pelle ardente del mio petto. «Cosa vuoi che faccia?»
 
«Vai-» Ripresi fiato tra un ansimo e l’altro. «Vai più veloce, ti prego.»
 
Fece come gli avevo chiesto. Buttai la testa all’indietro quando sfilò via le dita e si concentrò solo sul mio clitoride. Il ritmo incalzante con cui continuava a stimolarmelo mi fece definitivamente perdere la testa, soprattutto quando sentii il rumore del suo braccialetto che sbatteva frenetico seguendo il movimento del suo polso. La pressione nel mio basso ventre scoppiò tutta in una volta e gli artigliai la schiena per aggrapparmi a qualcosa mentre lui irrigidiva i muscoli e ansimava insieme a me, nascondendo il volto sudato nell’incavo del mio collo.
 
Si abbandonò sul mio corpo senza però schiacciarmi del tutto. Sentivo il suo petto che si alzava e si abbassava alla velocità della luce, premendo sul mio ancora coperto dal reggiseno. Ero talmente persa nel mio mondo di piacere che solo dopo qualche momento mi resi conto che era venuto nei pantaloni. Come diavolo aveva fatto? Non mi sembrava di averlo toccato. O sì?
 
«Cazzo, Yorin,» imprecò con le labbra premute contro il mio collo. «Solo tu puoi farmi arrivare all’orgasmo senza neanche sfiorarmi.»
 
Che…? Era… Era serio? Era possibile una cosa del genere? Strabuzzai gli occhi e cercai di tirarmi su, ma il suo peso non me ne dava la possibilità. Rinunciai e sprofondai nuovamente nel materasso. Dio, che mal di testa. E che nausea.
 
«Yoongi…» mi lamentai facendo dondolare la testa con gli occhi mezzi chiusi. «Mi viene da vomitare.»
 
«Ho fatto davvero così schifo?»
 
Scoppiai a ridere come una cretina e lui mi seguì a ruota. Le sue spalle sobbalzarono e sollevò la testa per guardarmi in faccia, mostrandomi il suo sorriso gengivale. Il cuore mi balzò quasi fuori dal petto. Era davvero così carino quando sorrideva?
 
«Vorrei dirti qualcosa per farti incazzare, ma in questo momento potrei rivelarti ogni mio più piccolo segreto e non me ne fregherebbe niente,» continuai tra le risate. «Sono la bocca della verità.»
 
Si lasciò cadere al mio fianco e chiuse gli occhi spalancando le braccia. «Mi hai già detto tutto quanto, non ti ricordi?» sussurrò con un sospiro. «Sei gelosa marcia di me.»
 
Lo spinsi, facendolo ridere. «Ah sì? Allora vado a chiamare Jongin,» lo provocai, mettendomi a sedere per poter scendere dal letto. «Dove avrò lasciato il mio telefono?» domandai ingenuamente, ma non feci in tempo a poggiare un piede sulla moquette che mi sentii afferrare per un polso. Mi ritrovai di nuovo con la schiena premuta contro il materasso, Yoongi sopra di me che mi guardava in cagnesco.
 
«Non osare allontanarti da me,» mi soffiò a un centimetro dal viso. «Che non ti passi neanche per la testa.»
 
Aprii la bocca per dire qualcosa, ma le sue labbra si legarono ancora una volta alle mie. Con il passare del tempo, quel piccolo bacio si trasformò in qualcosa di più irruento. Possibile che non ne avessimo ancora abbastanza? Avevamo appena finito e già ci stavamo saltando di nuovo addosso. Mi aggrappai al suo collo, ma solo per aiutarmi a raddrizzare la schiena e cadergli di peso sul petto, ribaltando le posizioni. A quattro zampe, mi sistemai fra le sue cosce ancora fasciate dai jeans, incurante che indossassi solo un reggiseno nero.
 
Lo attaccai peggio di una tigre famelica. Gli passai una mano tra i capelli e lo attirai a me, succhiandogli il labbro inferiore con i denti. Ovviamente non si lasciò cogliere impreparato. Mi artigliò i fianchi e gli finii letteralmente addosso, sedendomi sulle sue gambe incrociate, con la schiena appiccicata al suo petto ancora sudato. Mi avvolse un braccio intorno alla vita per tenermi in posizione e si concentrò sul lobo del mio orecchio mentre la sua mano libera mi risaliva i fianchi. Quando lo sentii armeggiare con il ferretto del mio reggiseno, lo bloccai.
 
«Yoongi…» lo chiamai senza voltare il viso. Tuttavia, lui si sporse per potermi guardare negli occhi. Incontrai il suo sguardo incuriosito e preoccupato, forse per il timore di avermi offeso in qualche modo. «Non pensi che dovrei restituirti il favore?»
 
La sua espressione cambiò non appena udì la mia domanda. Forse non aveva capito? Continuai a guardarlo negli occhi mentre facevo scivolare la mano sui suoi pantaloni, accarezzando la cintura di cuoio che gli stringeva i jeans. Mi afferrò gentilmente il polso, facendomi voltare completamente verso di lui.
 
«Non è stato un favore,» sussurrò posando la fronte contro la mia. «L’ho fatto perché era quello che volevo.» Sospirò e chiuse gli occhi. «Volevo dedicare questa notte soltanto a te. Volevo… farti stare bene.»
 
Il mio cuore mancò un battito. Non so che mi prese, ma sentii l’irrefrenabile impulso di abbracciarlo. Semplicemente abbracciarlo. Mi avvicinai lentamente al suo petto e gli avvolsi le braccia intorno alla vita, posando il mento su una delle sue spalle nude e piene di graffi. Capii che era rimasto sorpreso dal fatto che non fece niente. Assolutamente niente.
 
«Yorin…» mi chiamò quando nascosi il volto contro la sua clavicola. Le sue dita s’infilarono tra i miei capelli e mi accarezzarono la cute. «Perché piangi? Ho… Ho detto qualcosa di sbagliato?»
 
Scossi la testa. «Non sto piangendo,» mentii con voce rotta. Mi morsi il labbro e intensificai la presa sulla sua schiena nuda. «Non sto piangendo… razza di cretino.»
 
Lo sentii ridacchiare mentre ricambiava l’abbraccio. «D’accordo. Non stai piangendo,» mi assecondò stringendomi talmente forte da farmi rannicchiare contro il suo petto. «Fingerò che quelle sulla mia spalla siano solo gocce di sudore.»
 
Gli assestai un pugno sul petto che lo fece ridere ancora di più. Mi trascinò con lui sul materasso e ci ritrovammo distesi uno di fianco all’altro. Non so per quanto tempo rimanemmo in quella posizione, ma nessuno dei due osò distogliere lo sguardo dall’altro. Yoongi rotolò sul fianco per avvicinarsi ancora di più al mio viso e sistemarmi i capelli che mi si erano appiccicati alla fronte.
 
«Vuoi che me ne vada?» sussurrai facendogli bloccare la mano. Distolse l’attenzione dai miei capelli e mi guardò con serietà. «Vuoi che lasci la stanza prima di domani mattina?»
 
Il suo sguardo profondo mi trapassò il cuore. Scivolò verso di me e mi ritrovai nuovamente tra le sue braccia. Sentivo il suo respiro infrangersi contro la pelle calda del mio viso mentre ne studiava ogni più piccolo dettaglio, come se avesse voluto imprimerselo nella testa.
 
«Mi sembra di avertelo già detto,» mi rimproverò posando gli occhi sulla mia bocca dischiusa. Ormai pendevo dalle sue labbra. «Non osare allontanarti da me, Kang Yorin. Non farlo per nessuna ragione al mondo.»
 
▫◦▫◦▫
 
Sobbalzai quando qualcuno bussò prepotentemente alla porta. Sollevai la testa dal cuscino, ma fui costretta a tapparmi la bocca con la mano per evitare di vomitare proprio lì, sul lenzuolo sfatto. Cazzo, mi sentivo uno schifo. Avevo lo stomaco in subbuglio e la luce del sole che filtrava dalle tapparelle non mi aiutava a fare chiarezza nella mia testa. Bussarono nuovamente alla porta, ma stavolta la voce di Seokjin riuscì ad oltrepassare il doppio strato di legno.
 
«Bella addormentataaa!» urlò continuando a battere il pugno come se stesse appendendo un fottutissimo quadro. «Sveglia, sveglia! Il sole è alto nel cielo e gli uccellini cantano!» Meglio ammazzarlo subito o dopo? «Ah, e c’è stato un cambio di programma! Torniamo a casa due giorni prima. Abbiamo l’aereo tra meno di un’ora! Non sei contenta?!»
 
«Ma dirmi prima le cose fondamentali no, vero?!» urlai tenendomi la testa dolorante. «Ho capito… Mi vesto e arrivo!»
 
«Forza, forza! Il mattino ha Seokjin in bocca!»
 
Sospirai e mi buttai nuovamente sul materasso. Che diavolo avevo fatto la scorsa notte? Perché mi sentivo male in quel modo? Mi guardai intorno e cercai di fare mente locale, ma in un primo momento non riconobbi la stanza. Eravamo andati a quella stupida festa e poi…
 
Spalancai gli occhi quando vari flashback si susseguirono uno dietro l’altro nel mio cervello. Tenevo lo sguardo fisso sulle mie mani intanto che i ricordi si legavano fra loro, proprio come tanti pezzi di un puzzle che mi stavano aiutando a ricostruire il quadro completo. Ogni pezzo, era un frammento di cuore che si sgretolava.
 
«Sono gelosa.»
 
«Dovrei essere innamorata di Jongin, eppure non faccio altro che pensare a te,
un maledetto bastardo puttaniere che vuole solo scoparmi!»
 
«Perché io TI AMO,
fottuta ragazzina!!»
 
«Non fermarti.»
 
«Siamo ubriachi, Yorin. Non voglio sprecare
così la mia prima volta con te.»
 
«Vai più veloce.»
 
«Non osare allontanarti da me, Kang Yorin.
Non farlo per nessuna ragione al mondo.»
 
Mi artigliai i capelli con le dita. Feci scattare la testa verso destra, e il mio cuore si sgretolò completamente quando vidi il posto vuoto al mio fianco. Lo osservai con un’espressione sconvolta e delusa allo stesso tempo, incapace di comprendere a pieno ciò che sentivo nel cuore. Ero un misto tra rabbia e incredulità, sollievo e rammarico. Imbarazzo e sconforto.
 
Doveva essere stato un sogno. Giusto…? Se lo fosse stato, allora sarebbe normale non trovarlo nel mio letto. Sarebbe tutto normale… Allora perché avevo sperato con tutte le mie forze di vederlo al mio fianco? Perché il cuore mi faceva male quando pensavo che poteva essere scappato dopo tutto quello che mi aveva detto?
 
Sollevai la testa e guardai la porta del bagno. E se…
 
Mi tolsi il lenzuolo di dosso, ma mi bloccai quando vidi che lì sotto ero completamente nuda. Sospirai con le lacrime agli occhi. No, non era stato un sogno… Afferrai le mutandine che erano finite per terra e le infilai mentre correvo verso il bagno. Spalancai la porta, solo per farmi ancora più male. Non era neanche lì dentro. Abbassai lo sguardo e vidi i cocci di cristallo sul pavimento, ammucchiati in un angolo insieme ai prodotti per il bagno che erano caduti dalla mensola. Per quanto riguarda la camicia che gli avevo tolto, non ce n’era traccia. C’era solo la mia, abbandonata nello stesso punto in cui me l’aveva strappata di dosso.
 
Mi lasciai cadere contro la porta, proprio come la mano che prima stringeva il pomello. Cosa diavolo mi aspettavo? Era ovvio che se ne fosse andato. Presi coraggio e mi avviai verso lo specchio, ma quando vidi tutti quei segni violacei sul mio corpo, non potei fare a meno di distogliere lo sguardo. Avevo la sensazione che il cuore mi stesse andando a fuoco per il dolore. Faceva così male che credetti sarei impazzita.
 
Diamine, Kang Yorin. Lo avevi già fatto, allora perché era così difficile ammettere a te stessa che ti eri perdutamente innamorata di quel puttaniere? Perché non riuscivi ad accettare che la scorsa notte era stata la più bella della tua vita nonostante ora desiderassi strozzarti con le tue stesse mani per averlo permesso?
 
Forse perché sapevi che non te ne saresti pentita, anche se avresti dovuto farlo.
 
Mi sciacquai il viso per liberarmi dalle lacrime e mi diedi una lavata veloce. Infilai in valigia la camicia della scorsa notte e anche la gonna, gettando nel cestino le calze strappate che avevo rinvenuto in camera da letto. Mi vestii con un paio di jeans e una maglietta celeste a maniche corte per coprire la maggior parte dei segni, anche se quelli sul collo restavano comunque ben visibili.  
 
Al diavolo. Non avrei usato neanche il trucco per coprirli. Che li vedessero tutti. Soprattutto lui.
 
Mi spazzolai velocemente i capelli e mi trascinai fuori dalla stanza insieme alla valigia. Prima di chiudere la porta, diedi un’ultima occhiata al letto sfatto alle mie spalle. I ricordi di quella nottata mi colpirono come un fulmine a ciel sereno, soprattutto quando mi sbattei la porta alle spalle e arrivai nella Hall dell’albergo, accorgendomi subito della sua presenza. Stava parlando con la receptionist al bancone mentre gli altri parlottavano fra loro, pronti a lasciare l’Hotel.
 
«Yorin!» mi chiamò Taehyung correndo verso di me. «Wow, si torna a casa! Chi l’avrebbe mai detto, eh? Siamo stati invitati ad uno show in Corea, perciò abbiamo anticipato il viaggio di ritorno.»
 
Gli sorrisi e feci spallucce. Non riuscivo neanche a parlare. I miei occhi erano puntati su Yoongi, che stava tirando fuori il portafoglio dalla tasca dei pantaloni. Taehyung seguì il mio sguardo e ridacchiò, proprio quando Jimin si precipitò verso di noi.
 
«Ma si può sapere che diavolo avete combinato voi due?» mi domandò il più grande con i suoi soliti occhioni sorridenti. Stava parlando con me?
 
«Eh?»
 
«Ma sì, tu e Yoongi-hyung!» mi spiegò. Si avvicinò al mio orecchio per sussurrarmi, «Si dice che abbiate distrutto la stanza VIP. Secondo Suga-hyung, tra porcellane, cristalleria e prodotti vari, dovrebbero esserci come minimo quattordicimila dollari di danni!»
 
Mi strozzai con la mia stessa saliva. «Q-Quattordicimila?»
 
«Tranquilla,» s’intromise J-Hope. «Hyung sta compilando un assegno per saldare il debito. Roba da poco.» Controllò l’orologio e sorrise come al suo solito. «Preparatevi! Tra poco si parte!»
 
Roba da poco? Ma stava dicendo sul serio? Beh, in fondo erano miliardari. Cos’erano per loro quattordicimila dollari?
 
«Ma che avete fatto, la guerra?» domandò Jimin puntando gli occhi sul mio collo. Me lo coprii velocemente con la mano, visibilmente in imbarazzo.
 
Taehyung ridacchiò come al suo solito. «Stamattina Yoongi-hyung si è cambiato nella nostra stanza e per poco non mi veniva un colpo. Pensavo lo avessero aggredito,» disse cercando di contenere le risate mentre mi guardava negli occhi. Poi si girò verso Jimin e Hoseok. «Avreste dovuto vedergli la schiena e le braccia! Era pieno di graff-!»
 
«Come va la sbornia?» domandai cercando di cambiare argomento. In un altro momento mi sarei sentita in imbarazzo, ma ora mi veniva solo da piangere per tutti i ricordi che mi stavano tornando in mente. Sempre più nitidi. Sempre più belli e dolorosi.
 
«Oh, bene. Ormai ci siamo abituati,» rispose Taehyung. «Forse Jungkook è quello che l’ha presa peggio. È già andato sul SUV.»
 
Hoseok annuì. «Secondo me si sta nascondendo da Seokjin-hyung. Vi siete accorti che stamattina era più solare del solito? Secondo me sta solo facendo finta di essere allegro per non prendere a sberle Jungkook!» Tutti e tre scoppiarono a ridere nello stesso momento. «Avete visto la sua faccia quando il piccoletto gli si è rivoltato contro? Per non parlare di quando Yorin ha detto che l’ha baciat-»
 
«Volete darvi una mossa invece di stare qui a sparare stronzate?»
 
Sobbalzammo tutti e quattro quando la voce profonda di Yoongi si manifestò praticamente dal nulla. Mi voltai di scatto e mi allontanai istintivamente da lui, mettendo un bel po’ di distanza tra di noi. Lo sguardo mi cadde subito sulle sue braccia, coperte da una camicia a quadri a maniche lunghe nonostante il caldo. Si decise a guardarmi solo quando gli altri si congedarono per avviarsi verso l’uscita.
 
«Hai fatto colazione?» mi domandò con un tono che mostrava il suo spiccato disinteresse. Una pugnalata al cuore, insomma.
 
«No, mi si è chiuso lo stomaco,» risposi freddamente mentre distoglievo lo sguardo dal suo. Afferrai la mia valigia e mi diressi verso il SUV per lo Staff, cercando di non prestare attenzione a tutti quegli sguardi maliziosi che mi stavano facendo aumentare il senso di nausea.
 
«Ti sei divertita stanotte?» domandò Bo Young con uno sguardo che non aveva niente di malizioso. Ecco, ci mancava solo lei. «Ho saputo che ti piace il sesso selvaggio. Ora capisco perché ti sei impuntata su Suga,» disse picchiettandosi sulla coscia le unghie laccate di rosso. «Dopotutto è lui quello Savage del gruppo.»
 
«Vuoi vedere quanto lo sono io?» le domandai con la mascella contratta e gli occhi ridotti a due fessure. «Gira al largo, Bo Young. Non è giornata.»
 
Ridacchiò, poggiando il mento sul palmo della mano mentre inclinava la testa e accavallava le gambe. «Oh, non dirmelo. Si è già stancato di te?» Il suo sorriso si allargò, come per prendermi in giro. «Ti ha già buttata via come ha fatto con tutte le altre? Alla fine non eri poi così speciale. Pensavo saresti durata di più. Dopotutto, nessuno può battere Soo Jin.»
 
Mi voltai e mi sporsi verso di lei. Il Manager che stava in mezzo cercò di bloccarmi, ma riuscii facilmente ad aggirarlo per afferrare la maglietta firmata di quella sciacquetta senza cervello. Mi guardò con gli occhi che le uscivano fuori dalle orbite.
 
«Che diavolo fai, brutta stronza!» mi urlò dritto in faccia mentre cercava di scollarsi le mie mani di dosso. «Lasciami o giuro che ti farò passare un sacco di guai… Lasciami! Posso denunciarti per aggressione, non lo sai?! Ci sono un sacco di testimoni!»
 
Mi venne da ridere. «Accomodati, non saresti neanche la prima che mi denuncia per una cosa del genere. Sono sopravvissuta a molto peggio.» Tornai seria e stritolai la sua maglietta gialla tra le mani, riuscendo finalmente ad intimorirla. «Prova a sputare qualche altra sentenza sulla mia vita privata e sarà la volta buona che ti tapperò quella schifosa bocca rifatta,» sibilai con odio. «Il prossimo intervento che ti consiglio è al cervello. Magari riescono a risistemartelo!»
 
«Ok, ora smettetela! Tutte e due!» s’intromise Seijin, il manager che stava in mezzo. «Bo Young, vedi di darci un taglio! Lo sappiamo tutti che sei invidiosa, ma cerca di renderlo meno evidente.» La ragazza spalancò la bocca, indignata. «E tu…» Si voltò verso di me, obbligandomi a rimettermi seduta. «Yoongi ha detto di farti salire di nuovo sul loro jet privato… e ora capisco il perché. Forse ha capito che fra voi ragazze non scorre buon sangue!»
 
Sbuffai, incrociando le braccia al petto. Se quell’ochetta senza cervello non si fosse data una calmata, il sangue l’avrebbe visto quando le avrei tirato un bel pugno sui denti. Una volta arrivati in aeroporto, lasciai a loro la mia valigia e mi diressi verso il jet privato, sedendomi di fianco a Namjoon. O almeno è quello che avevo intenzione di fare prima che Yoongi mi afferrasse per il polso e mi trascinasse verso i due posti vuoti in fondo. Prese posto vicino al finestrino e mi costrinse a sedermi al suo fianco.
 
Mi lasciò andare non appena posai il sedere sul cuscinetto, ma lo fece così lentamente che risultò essere quasi una carezza. Mi vennero i brividi quando una serie di immagini mi apparvero davanti agli occhi. Lui che mi accarezzava la pelle. Lui che mi baciava le labbra. Lui che divorava ogni centimetro del mio corpo. Guardai il profilo del suo viso che era intento ad osservare il paesaggio dietro l’oblò, e che non fece altro per quasi tutto il resto del viaggio.
 
Non mi guardò neanche per sbaglio, neanche quando l’aereo si sollevò in aria e strinsi i pugni per tenere a bada la mia paura. Anzi, stiracchiò le gambe e chiuse gli occhi, ignorandomi completamente. Volevo che mi parlasse. Volevo che mi dicesse qualcosa, anche la più stupida. A quel punto, mi andava bene anche uno dei suoi soliti insulti, tipo stronza o che so io. Avevo un disperato bisogno di conoscere i suoi pensieri. Di entrare nella sua testa.
 
Peccato che fossi troppo codarda. Avevo paura di fargli quella domanda, ma soprattutto di sentire la sua risposta. Stava ancora dormendo, così mi slacciai la cintura e mi diressi verso la porta della minuscola toilette. Mi chiusi la porta alle spalle e guardai il mio riflesso nello specchio. Ero un concentrato di paura e frustrazione. Come avevo potuto ridurmi così per un maledetto ragazzo? Soprattutto per un ragazzo che non era Jongin.
 
Guardai in alto per impedire di far scendere le lacrime che mi stavano già appannando gli occhi, ma fu difficile trattenere il singhiozzo che mi era quasi arrivato in gola. Quanto ero stata stupida. Come diavolo avevo fatto a fidarmi di lui? E il bello è che lo sapevo. Sapevo che sarebbe andata a finire così.
 
Sobbalzai quando la porta alle mie spalle si aprì di scatto, rivelando nientemeno che la figura di Yoongi. Restammo immobili, a fissarci l’un l’altra con uno sguardo che, forse, nessuno dei due era in grado di interpretare. Mantenendo sempre la stessa espressione, Yoongi fece un passo avanti e si richiuse la porta alle spalle, abbassando leggermente il viso per guardarmi meglio negli occhi. I suoi erano un concentrato di profondità e compostezza.
 
«Che vuoi?» dissi senza provare a trattenere il mio disagio. «Avresti anche potuto bussare.»
 
I suoi occhi si fecero più seri. Avanzò verso di me, e io indietreggiai finché non sbattei la schiena contro il bordo del lavandino. Proprio come l’ultima volta, poggiò le mani sul marmo alle mie spalle, intrappolandomi tra il lavandino e il suo corpo. Sentivo il suo respiro pesante sul volto. Lo guardai finché non mi balenò un pensiero per la testa, una riflessione che mi provocò un dolore fortissimo nel petto.
 
Era lì solo per una sveltina? Si aspettava che lo compiacessi nel bagno di un lurido aereo per ringraziarlo di ciò che mi aveva fatto ieri? Oppure… voleva semplicemente scoparmi, questa volta come si deve? In fondo non eravamo più ubriachi. Di certo non aveva perso tempo.
 
M’irrigidii quando avvolse le mani intorno alla mia vita e avvicinò il viso all’incavo del mio collo. Portai le mani in avanti e cercai di spingerlo via per obbligarlo a staccarsi, ma lui si abbandonò completamente su di me. Mi abbracciò e posò la fronte contro la mia spalla, proprio come avevo fatto ieri con lui. Rimasi spiazzata e smisi di spingergli il petto.
 
«Dimmelo, Yorin.»
 
La sua voce tormentata mi sorprese. «Dirti che cosa?» domandai con il cuore in gola.
 
«Che siamo ancora le stesse persone di ieri,» mi supplicò aggrappandosi con le unghie alla stoffa della mia maglietta. «Ho bisogno di sentirtelo dire.»
 
La rigidità del mio corpo scomparve così com’era apparsa. Mi sciolsi nel suo abbraccio e lasciai che mi stringesse come nessuno aveva mai fatto. «Perché sei scappato?» gli domandai con le lacrime agli occhi. «Avevi detto-»
 
«Lo so,» mi bloccò, ancor prima che potessi capire il senso della mia stessa domanda. «Lo so, ma… stamattina, quando mi sono svegliato e ti ho trovata al mio fianco, io… ho avuto paura.» Strabuzzai gli occhi. Lui? Paura? «Paura che mi avresti respinto. Che non mi avresti accettato.» Sollevò la testa e mi guardò negli occhi. Fissai le sue iridi scure, che mi stavano mostrando quello stesso timore di cui stava parlando. Deglutii per liberarmi del magone che mi aveva occluso la gola. «Io… ho pensato che lasciarti un po’ di spazio ti avrebbe aiutato a chiarirti le idee. Cosa avrei fatto se ti fossi pentita di tutto? Cosa avrei fatto se… non ti fossi ricordata di noi
 
Mi aggrappai timorosamente alla sua camicia, e Yoongi abbassò lo sguardo per osservare quel piccolo gesto a malapena percepibile. Lo risollevò subito dopo, guardandomi in modo speranzoso e anche un po’ incredulo.
 
«Anch’io ho avuto paura,» ammisi intensificando la stretta sulla sua camicia. Tenevo gli occhi puntati sul suo petto perché non avevo il coraggio di guardarlo e scoprire come sarebbe cambiato il suo sguardo. «Paura che fosse stato tutto un sogno…» Presi fiato per riempirmi i polmoni e trovare il coraggio di continuare. «Ma sai cosa? Ho paura anche di qualcos’altro… Di non potermi fidare completamente di te.»
 
Un tocco gentile sulla mia guancia mi obbligò a risollevare il viso, e solo quando incontrai i suoi occhi tristi, capii che era stato proprio lui a farlo. «Anch’io ho paura,» ammise facendomi spalancare gli occhi. Sospirò e poggiò la fronte contro la mia mentre teneva ancora la mano contro la mia guancia. «Ho una paura folle di soffrire di nuovo. Ho paura di quello che sento e di quello che provo, ma nonostante tutto… non ho intenzione di rimangiarmi quello che ti ho detto ieri.» Si allontanò per potermi guardare negli occhi. «Io ti amo, Yorin,» disse a fior di labbra. Il mio cuore si strinse in una morsa dolorosa. «E non ho più intenzione di negarlo a me stesso.»
 
Lo fissai, completamente rapita. Aveva uno sguardo talmente innamorato che non potei fare a meno di sciogliermi tra le sue braccia. Forse anche lui lo notò, perché si chinò verso di me, verso le mie labbra, con una lentezza quasi straziante. «Dimmi che lo vuoi anche tu.» Lo guardai confusa intanto che si avvicinava sempre di più. «Dimmi che nonostante le nostre paure, ci concederemo entrambi una possibilità.»
 
Lui, che aveva paura di soffrire e aprire nuovamente il suo cuore ad una donna. Io, che avevo il terrore che potesse stancarsi di me, gettarmi via e abbandonarmi quando avrebbe ottenuto quello che desiderava. Valeva davvero la pena provarci?
 
Era quasi sulle mie labbra, ma si bloccò quando si rese conto che io ero ancora immobile al mio posto. Quel bacio, dato in modo perfettamente lucido, avrebbe sugellato il nostro patto. Ma questa volta non si sarebbe trattato di un patto basato su del semplice sesso. Stavolta, in ballo c’era molto di più.
 
Lui era ancora in attesa. Non muoveva un muscolo, aspettando che fossi io a compiere l’ultimo passo per firmare il nostro contratto immaginario. Sollevai le mani e gli afferrai il colletto della camicia per fargli chinare ancora di più il collo mentre mi alzavo sulle punte. Nonostante tutti i baci che c’eravamo dati, avevo la sensazione che quella fosse la nostra prima volta.
 
Socchiusi gli occhi, e così anche lui, ma proprio quando mancava meno di un millimetro per unire le mie labbra alle sue, la porta si spalancò di colpo, dando il benvenuto a uno Jimin piuttosto assonnato, che si riprese non appena ci vide in quella posizione compromettente.
 
«O-Oddio… Sc-Scusate! Giuro che non lo faccio apposta!» disse mortificato, rimanendo comunque al suo posto. «D-Da quanto siete qui dentro? Stavo dormendo e non mi sono accorto che eravate andati in bagno… Perché gli altri non mi hanno avvisat-» Poi si bloccò, grattandosi la testa. «Ah, giusto… Stanno dormendo anche loro…»
 
Guardai Yoongi con la coda dell’occhio. Aveva ancora le palpebre abbassate, ma dal tremolio del suo sopracciglio capii che doveva essere piuttosto irritato. Non si era nemmeno voltato a guardare Jimin.
 
«Ma… Yoongi-hyung…» lo chiamò quest’ultimo dopo aver assottigliato gli occhi per guardarci meglio. «La stai baciando?!» Il tremolio sul sopracciglio di Yoongi aumentò paurosamente. Jimin prese a ridacchiare mentre ci indicava. «Oddio… Oddio! La stai baciando sul serio?! Voglio dire… in bocc-»
 
Mi liberai dalla presa di Yoongi e camminai a passo di marcia verso Jimin. Lo afferrai per un braccio e lo costrinsi ad indietreggiare, gettandolo fuori dal bagno senza preoccuparmi di usare le buone maniere.
 
«Aaah, d’accordo! D’accordo! Me ne vad-»
 
Non riuscii a sentire le sue ultime parole perché gli sbattei la porta in faccia, girando la manopola della sicura per accertarmi che nessun altro potesse entrare, poi mi voltai nuovamente verso Yoongi, che mi stava guardando con un’espressione incredula e divertita allo stesso tempo.
 
Sì, ne avevo avuto abbastanza dei rompiscatole. Niente e nessuno avrebbe potuto rovinarmi quel momento. Tornai dal mio uomo e gli allacciai le braccia al collo mentre lui rimetteva le mani sui miei fianchi.
 
«Sai, ho appena scoperto che abbiamo qualcosa in comune,» affermai mentre mi rialzavo sulle punte. Yoongi mi guardò, concentrandosi sulle mie labbra dischiuse che si avvicinavano sempre di più alle sue.
 
«Ah sì? Ovvero?»
 
Mi aggrappai al colletto della sua camicia e lo guidai verso di me. «A nessuno dei due piace lasciare le cose a metà.»
 
Finalmente, le nostre labbra s’incontrarono. Fu diverso. Quel bacio fu diverso da tutti quelli che c’eravamo già dati. Lo capii io e lo capì anche lui. Non c’era lussuria, ma solo un disperato e condiscendente bisogno di sentire l’affetto dell’altro. Un affetto che ci colse entrambi impreparati. Sentivo il suo cuore battere in modo frenetico sotto le dita della mia mano, che era scivolata di proposito verso il suo petto.
 
Le mani di Yoongi mi strinsero più forte contro di lui mentre mi accarezzava le labbra con le proprie. Sì, era una vera e propria carezza, una coccola gentile che divenne ancora più dolce quando aggiunse la lingua per intrecciarla alla mia. Mi sciolsi in ogni modo possibile e immaginabile.
 
Non avrei mai immaginato che Yoongi potesse essere così dolce. Mi aveva sempre dato l’impressione di essere un tipo freddo, uno di quelli che si preoccupano solo del proprio godimento. Ma ieri mi aveva dimostrato di essere esattamente l’opposto. Si era dedicato soltanto a me, mettendo da parte il suo divertimento per farmi stare bene.
 
Era questo lo Yoongi a cui mia sorella aveva rinunciato? Quello che aveva costretto a cambiare?
 
Il cuore mi batteva all’impazzata mentre il tocco premuroso delle sue labbra continuava a massaggiare le mie. E poi si staccò, sempre con la stessa gentilezza che ormai aveva contraddistinto quel bacio. Aprimmo gli occhi nello stesso istante, e ci sorridemmo nello stesso istante. Chiusi gli occhi quando il moro avvicinò nuovamente le labbra per sfregarle contro il profilo del mio naso.
 
«Nel caso non te ne fossi accorta…» sussurrò mentre la sua bocca risaliva verso l’alto, «…stamattina, mentre dormivi, ti ho dato il buongiorno così.» Mi stampò un dolce bacio sulla fronte, e poi un altro. E un altro ancora. «Inoltre, ho tolto i cocci dal pavimento per evitare che ti facessi male. Non hai nemmeno notato il mio impegno, razza d’ingrata.»
 
Sorrisi, talmente intenerita da nascondere il volto contro il suo petto. Lui mi abbracciò ancora più forte e posò il mento sui miei capelli, cullandomi come una bambina. Purtroppo, quel momento speciale venne interrotto dal trillo del mio telefono. Cavolo, avevo dimenticato di mettere la modalità aereo.
 
Mi staccai dal petto di Yoongi, ma intrecciai le dita con le sue perché non sopportavo l’idea di separarmi da lui. Il moro si appoggiò al marmo del lavandino per lasciarmi il mio spazio. Lo sentii sospirare, contento e rilassato.
 
Quando controllai il messaggio, fui io a non esserlo più.
 
Da Jongin:
Ho saputo che stai ritornando in Corea. Dobbiamo parlare.

🔺🔺🔺

ᗩngolo.ᗩutore
Per chi mi segue su instagram, ho dato ascolto al sondaggio e non ho diviso il capitolo in due, anche se ero molto tentata vista la lunghezza 😂

I nostri protagonisti finalmente fanno dei bei passi avanti, anche se quello decisivo deve ancora arrivare 😏 Anche da sobri, confermano ciò che si sono detti da ubriachi, e Yoongi trova il coraggio di ripetere a Yorin che la ama, facendole capire che non erano solo parole dette al vento. Di sicuro non sarà una relazione facile. Entrambi hanno le loro paure e i loro timori, ma hanno comunque deciso di provarci. Come finirà visto che i problemi sembrano già dietro l'angolo? *coff* Jongin *coff*

Spero che il capitolo vi sia piaciuto! In tal caso lasciatemi pure un commento, sono curiosa dei vostri pareri ❤ Un bacione e alla prossima 😘

Instagram: btsuga_d

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Capitolo 27
*** Courtship ***


Hook-Up
❖ Courtship




«Prova a ripeterlo se hai il coraggio,» ringhiai con le dita conficcate nei palmi delle mani e gli occhi ridotti a due fessure di puro odio. Mi morsi il labbro inferiore per evitare di maledirlo proprio lì, su quel palco ancora vuoto che per il momento accoglieva soltanto alcuni membri dello staff che correvano a destra e a sinistra.
 
«Mi hai sentito benissimo, Yorin. Ciò che succede sul palco non è affar tuo. Quante volte ancora dovrò ripetertelo prima che ti entri in quella zucca vuota?»
 
Guardai Yoongi con disprezzo e buttai l'aria fuori dal naso per evitare di saltargli al collo e strangolarlo. «Zucca vuota?»
 
«Sì, zucca vuota. O preferisci testa di cazzo?» domandò sprezzante avvicinandosi di un passo. Io feci altrettanto.
 
«Non confonderla con la tua, bastardo puttaniere.»
 
«Se non sbaglio non ti è dispiaciuto stare con questo bastardo puttaniere.»
 
Qualcuno si frappose fra noi prima che potessi cancellargli quel sorrisetto malizioso e soddisfatto dalla faccia. «Ancora?» domandò Namjoon con l'espressione accigliata di uno che sta per essere mandato al patibolo. «Andiamo, ragazzi. Non vi siete ancora stufati di litigare? Questa settimana è già la terza volta.»
 
«Io non c'entro niente. È lei che continua a istigarmi!» esplose Yoongi puntandomi il dito contro. Gli scoppiai a ridere in faccia.
 
«Come al solito scarichi la colpa sugli altri. Sei stato tu a cominciare!»
 
La risatina di Seokjin ci fece voltare tutti nella sua direzione. Il ragazzo dai capelli corvini si avvicinò a noi e si passò una mano tra quelle ciocche scure, guardandoci come se la sola vista del nostro litigio gli avesse rallegrato la giornata.
 
«L'altro ieri stavate litigando perché entrambi volevate offrire il pranzo all'altro. Ieri per Jongin che sembra sia diventato lo stalker di Yorin. Oggi invece che succede?»
 
Puntai il dito contro la faccia del mio sfidante. «Succede che questo tipo non vuole farmi partecipare alle audizioni per i nuovi back-up dancer dei Bangtan,» sibilai tra i denti con una rabbia che riuscì a spaventare persino la sottoscritta. «Perché diavolo non dovrei farlo? Ho imparato prima a ballare che a camminare! E sicuramente ballo meglio di te, Min Yoongi! Che c'è, hai paura che possa rubarti la scena?!»
 
«Lo vedi che non mi ascolti?!» esplose lui facendomi fare un passo indietro. La sua voce profonda rimbombò per tutta la platea. «Non ti voglio sul palco, chiaro?! Non ti voglio sotto i riflettori e soprattutto non ti voglio vicina ai Bangtan. Non in pubblico!»
 
«Ma sotto le coperte invece mi vuoi, non è vero?!» lo spinsi poggiandogli le mani sul petto. Yoongi indietreggiò scioccato. «Per quello non ci sono problemi!»
 
Gli diedi le spalle e scappai via come una furia. Chi diavolo si credeva di essere?
 
Ji Woo non poteva fare l’audizione per diventare la loro coreografa perché non c’erano più posti disponibili, per questo le avevo proposto di fare quella per i back-up dancer. In questo modo avrebbe incontrato comunque Jungkook. Tuttavia mi aveva chiesto un favore: di fare le audizioni con lei. Era troppo nervosa e avere me al suo fianco, almeno da quello che mi aveva detto, l’avrebbe tranquillizzata.
 
Sì, odiavo ancora stare sotto i riflettori, ma mi sentivo troppo in colpa per il pasticcio che avevo combinato. Diciamo che quello sarebbe stato il mio modo per chiederle scusa. Ma ovviamente Mr. Arroganza aveva dovuto mettersi in mezzo.
 
E quando mai non lo faceva?
 
Il signorino si era forse dimenticato che avevo perso il lavoro per colpa sua? Ora ero costretta a piegare o stirare vestiti tutto il giorno per quella promessa che avevo fatto a Bo Young e Lee Ran a causa dell’outfit di V. Cosa c’era di così tanto strano nel voler fare un lavoro che mi piaceva? Sarei sempre rimasta al suo fianco.
 
Afferrai il ferro da stiro e iniziai a stirare la prima camicia che mi capitò sotto mano. Magari avrei potuto fare un buco a quella di Yoongi. Maledetto puttaniere. Un bel buco gigante proprio in mezzo alla schiena. Rimasi lì per un’ora intera finché non udii le urla in platea e decisi di fare una pausa per non perdermi la loro esibizione.
 
Cercavo di essere sempre presente perché mi piaceva vedere i loro sforzi ripagati. Tutte quelle ore passate nella sala prove… Tutte quelle lacrime che si mischiavano al sudore delle loro fronti… Tutto veniva ripagato quando salivano sul palco. Ed era così bello vederli pieni di energia, concentrati solamente sul loro sogno che era finalmente diventato realtà.
 
Li conoscevo da un po’ di tempo e ormai mi ero resa conto di essermi avvicinata a loro più di quanto volessi. Ecco perché ora riuscivo anche a comprenderli.
 
Il telefono vibrò nella mia tasca proprio mentre l’esibizione era al suo culmine nella parte di Mic Drop. Lo tirai fuori dalla tasca e lessi sullo schermo il nome di Jongin. Visualizzai i tre messaggi con il cuore in gola.
 
«Jongin
Non ignorarmi, Yorinie
Ho bisogno di parlarti faccia a faccia
Devo dirti alcune cose
 
Evitavo le sue chiamate da quando eravamo tornati in Corea. Non so perché, ma avevo la brutta sensazione che volesse parlarmi male di Yoongi… o convincermi a lasciarlo perdere. Non l’aveva presa tanto bene quando gli avevo detto di aver dormito nella sua stessa stanza. Come avrebbe reagito se gli avessi rivelato che stavamo insieme?
 
Già, io e Min Yoongi stavamo veramente insieme, anche se la maggior parte del tempo la passavamo a litigare o a urlarci contro. Lui faceva imbestialire me e io facevo imbestialire lui. Come facevamo a fare pace? Beh…
 
Qualcuno mi afferrò per il polso e mi prese completamente alla sprovvista visto che ero sovrappensiero. Non feci in tempo a sollevare lo sguardo che mi ritrovai dietro la tenda nera del dietro le quinte, con la schiena premuta contro il muro e le labbra di Yoongi attaccate in modo famelico alle mie. Cercai di ribellarmi, ma l’attimo dopo ero lì che lo spingevo sempre più contro di me, contro le mie labbra.
 
Le sue mani scivolarono lungo il mio corpo, accarezzando ogni centimetro della mia pelle coperta dai vestiti, come se volesse sbarazzarsi di ogni singolo indumento che avevo addosso. I nostri respiri, ovattati a causa delle nostre labbra premute le une contro le altre, riuscirono ad eccitarmi più del dovuto.
 
Non mi ero accorta che i ragazzi avessero terminato l’esibizione e fossero tornati dietro le quinte per togliersi i microfoni. Sentivo la gente parlare dietro la tenda, proprio ad un passo da noi, che tra poco ci strappavamo i vestiti di dosso. Ma avevo appena scoperto che Kang Yorin aveva un’insana passione per il proibito.
 
Agguantai con una mano il retro del collo di Yoongi, sfiorando con le dita il nodo della bandana nera che teneva sollevato il ciuffo dei suoi capelli da poco ossigenati. Lo spinsi contro di me e il biondo dovette appoggiarsi con entrambe le mani al muro, finendo per intrappolarmi con il suo corpo.
 
Ci stavamo baciando come se fosse l’ultima volta. Ci stavamo baciando in un modo tanto disperato e bisognoso che mi domandai come potesse esistere un’attrazione talmente forte tra due persone. La sua lingua s’intrecciò alla mia, obbligandola ad unirsi a quella danza in cui era stata completamente risucchiata. Mi mancava il respiro.
 
Si staccò dalla mia bocca per concentrarsi sulla pelle morbida del mio collo mentre io mi aggrappavo con le mani ai suoi bicipiti in tensione. Quei leggeri morsi mi fecero dischiudere la bocca e buttare la testa all’indietro con gli occhi socchiusi. Trattenni il fiato per bloccare un ansimo e Yoongi avvolse la mia vita con un braccio, schiacciandomi contro il suo petto. Gli tolsi il giubbotto rosso e questo scivolò a terra con un tonfo sordo, lasciandolo in canottiera.
 
«Ti voglio sotto le coperte…» mi sussurrò all’orecchio facendomi venire i brividi, «…e anche fuori.»
 
Riaprii gli occhi e la sua bocca incontrò di nuovo la mia. Lo assecondai, infilandogli una mano tra i capelli fasciati dalla bandana. I nostri respiri pesanti andavano di pari passo con le nostre mani che cercavano in ogni modo possibile un contatto con l’altro. Passai le dita sopra la stoffa della sua canottiera bianca e poi mi spostai sulle sue braccia nude, scendendo fino al polso pieno di braccialetti. Gli venne la pelle d’oca.
 
«BTS! Ci spostiamo verso la location per il servizio fotografico! Preparatevi!» urlò qualcuno dello Staff dall’altra parte della tenda. I baci di Yoongi si fecero meno irruenti finché non si staccò con un movimento tenero delle labbra. Riaprimmo gli occhi nello stesso momento e ci osservammo nel buio.
 
«Non rinuncerai a quel provino solo perché te lo dico io, vero?» mi domandò cominciando a sfregare il naso contro il mio. Non sembrava più arrabbiato, ma rassegnato.
 
Annuii. «Già. Lo farò comunque.»
 
«Dio se sei testarda,» sussurrò mentre scuoteva la testa. Posò la fronte contro la mia e chiuse gli occhi. «Ma ti amo anche per questo.»
 
Il mio cuore perse un battito. Mi sporsi in avanti per ritrovare le sue labbra e lui mi accolse più che volentieri, sollevando una mano per accarezzarmi gentilmente la guancia. Avrei voluto rimanere dietro quella tenda per sempre. Solo io e lui. Nessun altro.
 
«Esco prima io. Aspetta qualche minuto e poi raggiungici,» mi ordinò raccogliendo il giubbotto rosso dal pavimento. Lo indossò con un movimento fluido e preciso che gli fece contrarre i muscoli delle spalle. Annuii quando si voltò nuovamente verso di me. «E cerca di non litigare più con le stylist.»
 
M’imbronciai. «Sono loro che mi trattano peggio di Cenerentola. E il principe non fa nulla per tirarmi fuori dai guai.» Sollevai un sopracciglio facendogli capire che mi stavo riferendo proprio a lui. Yoongi trattenne una risata.
 
«Non mi sembra che tu sia una damigella in pericolo. Devo davvero intervenire?»
 
«Bene. Allora non lamentarti se la prossima notizia di cronaca nera sarà l’omicidio di due stylist dei BTS,» lo provocai incrociando le braccia al petto. «Dopo potrai venire a trovarmi in galera.»
 
«Verrei a trovarti anche all’inferno.»
 
Lo disse in un modo talmente serio da farmi venire i brividi lungo la schiena. Mi diede le spalle e controllò che non ci fosse nessuno prima di uscire e riunirsi al resto del suo gruppo. Rimasi nel buio, persa nei pensieri mentre dall’altra parte della tenda un centinaio di voci si confondevano tra loro.
 
Era davvero questo ciò che volevo? Una relazione segreta in cui non potevo mostrare pubblicamente l’affetto per il mio ragazzo? Un rapporto in cui dovevo far finta di non conoscerlo quando un minuto prima c’eravamo quasi strappati i vestiti di dosso, nascosti nell’oscurità?
 
In più avevo sempre il brutto presentimento che potesse cambiare da un momento all’altro e ritornare il puttaniere di sempre. Ad ogni concerto, avevo il terrore che potesse notare qualche ragazza che gli interessava, e per questo mi ritrovavo ad osservare la folla quasi con il terrore negli occhi.
 
Perché? Perché avevo troppa paura di perderlo.
 
 
«Okay. Mano sul volto. Testa leggermente inclinata. Sguardo nell’obiettivo.»
 
Seguii minuziosamente tutte le dritte che mi stava dando il fotografo e piegai leggermente la testa per mostrare una porzione del mio occhio attraverso le dita spalancate. Ero seduto in mezzo ad un prato verde e ad un certo punto dovetti persino sdraiarmi e piegare la gamba destra mentre mi sfioravo il labbro inferiore con il pollice.
 
«Facevi paura, Yoongi-hyung,» mi disse Hoseok una volta finito il mio photoshoot. «Avevi uno sguardo talmente intimidatorio che avresti potuto far saltare in aria la fotocamera.»
 
«Dovresti litigare più spesso con Yorin,» s’intromise Jimin arrivando alle nostre spalle. Il suo sorriso era più luminoso del tramonto. «Almeno ci guadagneresti con i photoshoot.»
 
Trattenni uno sbuffo. «Non sono arrabbiato con Yorin. Abbiamo già fatto pace,» li avvertii sistemandomi meglio la bandana. «A proposito… Dov’è?»
 
Jimin m’indicò un albero in lontananza. «Si è addormentata lì sotto. Beata lei. Vorrei farlo anch’io,» ammise mettendo il broncio. «Doveva essere davvero stanca. Bo Young non le dà tregua.»
 
«Non dovresti fare qualcosa?» domandò Hoseok riferendosi al sottoscritto. Aveva una faccia dispiaciuta. «Non so… Magari dirle di lasciarla in pace.»
 
«Ha fatto una promessa. Non posso fare niente per aiutarla,» risposi socchiudendo gli occhi a causa di una leggera brezza. «E poi sa cavarsela benissimo da sola. Non è una di quelle ragazzette indifese che ha bisogno della protezione del suo ragazzo.»
 
«Wow, è così strano sentirtelo dire,» disse Jimin in modo divertito. «Ancora non riesco a crederci che state insieme. Hai persino smesso di portare tutte quelle ragazze nella tua camera da letto. E quello che mi sorprende di più è che non ci hai portato nemmeno Yorin.»
 
«Park Jimin. Che cazzo fai, mi spii?»
 
Hoseok scoppiò a ridere. «Se vuoi sapere qualcosa, chiedi a lui e ti dirà per filo e per segno quello che succede fuori e dentro casa nostra. È peggio di una pettegola.»
 
«Alla fine però venite sempre a cercare questa pettegola per sapere le ultime notizie, quindi non mi sembra che vi dia così tanto fastidio,» rispose Jimin, piuttosto sicuro di sé.
 
«Bene, pettegola. Allora dimmi come sta Jungkook,» gli domandai osservando il ragazzino che stava posando per il fotografo. «È ancora arrabbiato con me?»
 
L’atmosfera si raggelò all’istante. «Beh… Ecco…» farfugliò Jimin grattandosi il retro della testa. «È ancora di cattivo umore, e non penso gli passerà tanto presto. Dopotutto Yorin ha preferito te a lui.»
 
«Già, sai com’è fatto il nostro piccolo maknae,» intervenne Hoseok. «Dagli un altro po’ di tempo. Vedrai che tornerà quello di prima.»
 
Speravo davvero che fargli incontrare Ji Woo sarebbe servito a qualcosa. Non sopportavo più di vederlo sempre così imbronciato. Ero il primo a dire che Yorin aveva fatto una cazzata, ma non riuscivo proprio a rimanere arrabbiato con lei anche se si trattava di Jungkook. Ogni volta che la guardavo negli occhi mi veniva solo una gran voglia di baciarla.
 
«Vado da Yorin,» dissi guardandomi intorno con circospezione. Il photoshoot era terminato ed era rimasto solo qualcuno appartenente al nostro staff. Hoseok mi posò una mano sulla spalla.
 
«Tranquillo. Ti avvertiamo noi se arriva qualcuno.»
 
Odiavo il fatto di non poterle stare accanto in pubblico, e mi ero reso conto che non doveva essere facile neanche per lei. A volte la sorprendevo a fissare il vuoto con uno sguardo pensieroso e non potevo fare altro che domandarmi se fossi io la causa di quella tristezza che le leggevo negli occhi. Forse non si fidava ancora di me?
 
Sapevamo entrambi che questa relazione non sarebbe stata facile. Lei non si fidava di me mentre io avevo paura di soffrire di nuovo. Cercavo di tirarmi indietro ogni qualvolta mi accorgevo che mi stavo attaccando troppo a Yorin, ma alla fine finivo sempre per dirle che l’amavo, ogni giorno sempre di più. Mi stavo forse infilando in un vicolo cieco?
 
Mi avvicinai a lei e osservai il suo volto addormentato sotto la tenue ombra dell’albero. Non c’impiegai molto a sedermi al suo fianco, poggiando la schiena contro il tronco dell’albero e la sua testa contro la mia spalla. Le osservai le lunghe ciglia nere e il petto che andava su e giù a causa del suo respiro rilassato. Nel sonno, si lasciò cadere verso il basso e l’accolsi tra le mie braccia quando scivolò con il capo sul mio grembo. Le spostai i capelli da davanti al viso mentre chiudeva le mani a pugno intorno alla stoffa della mia canottiera. Sorrisi intenerito mentre una leggera brezza ci scompigliava i capelli.
 
Il mio cuore stava fluttuando.
 
«Sei così bella che mi viene quasi voglia di corteggiarti,» le sussurrai prima di rendermi conto di ciò che avevo detto.
 
Nella mia vita avevo corteggiato solo una ragazza: Yoona. Ci avevo provato disperatamente ma i miei sforzi non erano bastati a farla mia. Adesso sentivo il bisogno di provarci con Yorin. Volevo farlo anche se era già mia. Volevo corteggiarla per farle capire che la desideravo non solo in quel senso. Ma in tutti i sensi.
 
La mora si mosse nel mio abbraccio e i nostri occhi s’incontrarono quando sollevò lentamente le palpebre. «Buongiorno bell’addormentata,» le dissi inclinando la testa contro il tronco dell’albero per osservarla meglio. «Dormito bene?»
 
Yorin sollevò la schiena e si guardò intorno preoccupata mentre si strofinava gli occhi con il pugno. «Sei matto? Qualcuno potrebbe scattarci una foto come l’ultima volta.»
 
«Vieni a cena con me.»
 
La mora si voltò di scatto e mi guardò confusa. «Cosa…?»
 
«Stasera. Vieni a cena con me.»
 
«Io e te…?» sussurrò incredula. «Da soli? Senza gli altri?»
 
Annuii. «Soltanto io e te. Passo a prenderti alle 8.»
 
«Min Yoongi mi stai-» Si bloccò. «Mi stai chiedendo di uscire?»
 
Distesi la gamba che tenevo piegata contro il mio stomaco. Il drappo della bandana mi solleticò il collo mentre incatenavo i miei occhi ai suoi. «Perché? Non posso?»
 
«No, non è questo…» sussurrò incerta. «È che non è da te. Pensavo avessi detto che gli appuntamenti sono inutili.»
 
«Niente è inutile quando si tratta di te.»
 
Capii dal suo sguardo che era rimasta sorpresa da ciò che le avevo appena detto. Tesi verso di lei la mano piena di anelli e la mora l’afferrò senza esitazione. Intrecciai le dita con le sue.
 
«Alle otto, hai detto?» mi domandò con un leggero rossore sulle guance e lo sguardo basso. Sorrisi per il suo imbarazzo mentre le massaggiavo il dorso con il pollice.
 
«Sì. Alle otto.»
 
 
«Mi stai seriamente abbandonando la sera prima del provino?!» mi urlò dietro Ji Woo mentre ero letteralmente sepolta nell’armadio per cercare un vestito decente. «E io adesso con chi sclero?»
 
Sbuffai per contenere una risata. «Perché dovresti sclerare?»
 
«E me lo chiedi?!»
 
Riemersi dall’armadio e la guardai rassegnata. «Ji Woo… Ti ho detto che domani mi esibirò insieme a te. Non ti basta?»
 
«Sì ma sono troppo nervosa.» Cominciò a mangiucchiarsi le unghie. «Che faccio se inciampo e cado per terra? Secondo te se ne accorgono?»
 
Sollevai gli occhi al cielo. Che idiozie stava dicendo? «No se lo fai sembrare parte della coreografia. E poi perché diavolo dovresti inciampare? Al massimo ti prendo al volo e facciamo un bel casquè. Vedrai quanti applausi.»
 
Finalmente riuscii a farla ridere. Mi alzai in piedi e mi diressi verso il bagno. Forse con il trucco sarebbe andata meglio.
 
«Ti serve aiuto?» mi domandò Ji Woo seguendomi in bagno. Si appoggiò allo stipite della porta e mi osservò mentre recuperavo la trousse dei trucchi. «Sai che sono una vera esperta in fatto di appuntamenti anche se non ne ho mai avuto uno. Vado a cercare qualcosa di bello da farti mettere.»
 
«Non esagerare con le scollature,» le dissi mentre mi passavo un po’ di fard sulle guance. «Min Yoongi non ha certo bisogno delle lusinghe per saltarmi addosso.»
 
Ji Woo fece nuovamente capolino dalla porta. «Beh, mi sembra ovvio che stasera abbia tutta l’intenzione di farlo. Con o senza scollatura.»
 
Il fard mi cadde dalle mani con un tonfo. La guardai preoccupata. «Lo… Lo credi sul serio?»
 
«Dio, Yorin. Sei proprio negata per queste cose,» mi ammonì sollevando gli occhi al cielo. «Mi hai detto che non siete ancora arrivati al sodo, giusto?» Annuii. «E lui se ne esce così dal nulla con un appuntamento. Giusto?» Annuii ancora. «Vuole portarti a letto, scema. Mi sembra palese.»
 
Sbiancai. In realtà ci avevo pensato anch’io, ma sentirmelo dire da Ji Woo era stata una sorta di conferma ai dubbi che mi stavano attanagliando il cervello. L’ansia mi riempì il petto e poggiai entrambe le mani sul marmo del lavandino, guardandomi allo specchio.
 
Non avevamo più fatto niente da quella notte in cui eravamo finiti ubriachi nel letto dell’hotel, avvinghiati l’uno all’altra come due sanguisughe. C’erano stati tanti baci, molte palpatine, ma niente che fosse andato oltre quel limite. In fondo era passata a malapena una settimana.
 
«E quindi cosa devo fare…?» domandai confusa. «Che faccio se ci prova in quel senso?»
 
Ji Woo storse le labbra. «E lo chiedi a me, scusa? Sei pronta oppure no?»
 
«Non lo so.»
 
Silenzio.
 
«Beh, tu sì che hai le idee chiare, amica mia,» disse ironicamente. «Vado di là a sceglierti qualche vestito carino. Datti una mossa. È già tardi.»
 
Quando tornai in camera, vidi distese sul letto le gonne più disparate, top striminziti, vestitini soffocanti e tacchi vertiginosi che sicuramente dovevano essere di Ji Woo perché io non ricordavo di possedere simili strumenti di tortura.
 
«Devo davvero mettermi questa roba?» dissi guardando i vestiti disposti in fila come se fossero animali scuoiati. Mi ritornò in mente l’appuntamento con Jongin e il mal di piedi che mi era rimasto per due giorni. «Mi sa che stavolta passo.»
 
Ji Woo mi guardò scioccata. «Ma Yorin… Stiamo parlando di Yoongi,» mi ricordò. «Ti sei fatta bella per Jongin e per lui niente?»
 
Afferrai un paio di jeans neri aderenti, una maglietta bianca con un leggero scollo a V e le mie adorate converse. Indossai tutto e poi andai a prendere il mio giacchetto di jeans.
 
«Yoongi mi apprezza per quello che sono. Con lui non devo far finta di essere qualcun altro.»
 
La lasciai senza parole. Qualcuno suonò il campanello e il mio cuore prese a battere all’impazzata mentre afferravo la borsetta e mi precipitavo verso la porta. «Non aspettarmi alzata!» urlai a Ji Woo. «Riposati per bene. Domani è un giorno importante.»
 
«Sì! Basta che al ritorno non mi svegliate con i vostri gemiti!»
 
Le intimai di fare silenzio, rossa come un peperone. Spalancai la porta e mi ritrovai davanti il volto coperto di Yoongi. Indossava una felpa nera con cappuccio sopra una maglietta bianca e dei semplici pantaloni di jeans. Sorrisi quando mi resi conto che entrambi avevamo optato per un look casual senza troppi fronzoli.
 
«Meno male,» disse con la voce ovattata a causa della mascherina. Indossava anche gli occhiali da sole nonostante fosse sera. «Credevo di dover stare qui fuori ad aspettarti visto quanto sei ritardataria.»
 
Lo colpii dritto sul petto con un pugno. «Sono stata velocissima. Più puntuale di un orologio svizzero.» Gli mostrai l’orario sul mio polso. «Vedi? Le otto in punto.»
 
Yoongi sorrise dolcemente sotto la mascherina. Lo capii dalla luce che gli illuminò gli occhi quando si sporse verso di me per intrecciare le dita con le mie. Sollevò lo sguardo e lo posò su Ji Woo che si trovava alle nostre spalle. «Buona fortuna per domani,» le disse sollevando il pollice della mano libera. «Jungkook, Jimin e Hoseok assisteranno alle audizioni. Fatti valere.»
 
Cazzo.
 
Chiuse la porta e mi trascinò giù dal pianerottolo. Si fermò di fronte alla portiera della sua Aston Martin e l’aprì per farmi entrare, guidandomi gentilmente verso il mio posto e sistemandomi persino la cintura di sicurezza. Richiuse la portiera e fece il giro per sedersi al posto del guidatore. Sistemò anche la sua cintura e partì.
 
«Non avresti dovuto dirglielo,» cominciai posando la borsetta sul cruscotto. «Adesso andrà in paranoia.»
 
«L’ho fatto per spronarla. Vedrai che le tornerà utile.»
 
«Speriamo,» sospirai passandomi una mano tra i capelli. Yoongi si tolse la mascherina e mi afferrò nuovamente la mano dopo aver cambiato marcia. Era incredibile come riuscisse a farmi battere il cuore con gesti tanto semplici. E pensare che avevamo fatto molto di peggio.
 
Ma non ero abituata a vedere Yoongi comportarsi in modo così dolce.
 
«I pantaloni ti stanno davvero bene,» si complimentò continuando a guardare la strada. «Ma a te sta bene tutto. Non dovrei neanche sorprendermi.»
 
Arrossii. «Anche tu stai bene...» dissi in un sussurro facendolo nuovamente sorridere. «Dove stiamo andando di bello?» domandai per togliermi da quella situazione imbarazzante. Non so come, mi erano venute in mente le sue parole di quella volta.
 
«Ho appena comprato questa macchina e devo ancora inaugurarla, e ammetto che non mi dispiacerebbe farlo proprio con te. Non so se mi spiego.»
 
Arrossii fino alla punta delle orecchie. Quando ci decidevamo a scendere da quella maledetta macchina? Ah, però eravamo appena partiti… Ma non poteva fare nulla se stava guidando. Giusto…? Giusto.
 
«Aspetta e vedrai.»
 
Ok, ora sì che ero preoccupata. Per tutta la durata del viaggio continuai a bacchettarlo sul suo modo di guidare mentre lui mi faceva la ramanzina per i piedi sul cruscotto. In tutto questo, non ci lasciammo la mano neanche una volta, ad eccezione di quando doveva cambiare marcia. L’attimo dopo era tutto come prima.
 
Mi prese un colpo quando mi resi conto che ci stavamo allontanando sempre più dal centro di Seoul. Guardai fuori dal finestrino e le luci dell’enorme palazzo di Gyeongbokgung, costruito durante la Dinastia Joseon, quasi mi accecarono per quanto risplendevano nella notte. Fissai Yoongi incredula mentre imboccava la strada che ci avrebbe portato proprio in quel maestoso palazzo, stranamente deserto.

Si fermò nel parcheggio e mi lasciò la mano prima di slacciarsi la cintura, aprire la portiera e scendere dall’auto. Io non mossi un muscolo, troppo impegnata a non farmi cadere la mascella a terra.
 
«Chiudi la bocca. Ci entrano le mosche,» mi prese in giro Yoongi quando aprì la mia portiera per farmi scendere dalla macchina. Posai un piede a terra e mi alzai in piedi.
 
«Perché siamo venuti qui?» gli domandai cominciando a girare su me stessa per guardarmi intorno. Yoongi mi afferrò nuovamente la mano e solo allora mi accorsi che non indossava né la mascherina né gli occhiali da sole.
 
«Perché qui è soltanto nostro.»
 
Strabuzzai gli occhi. «Hai…» Mi mancò il fiato in gola. «Hai affittato l’intero Palazzo?»
 
«Anche i giardini.»
 
Non feci in tempo a svenire che mi trascinò con lui verso il bellissimo ponte di legno con le balaustre rosse e verdi, illuminato da alcune luci che fuoriuscivano dal laghetto sotto di noi, talmente limpido che il riflesso delle stelle creava un bellissimo gioco di luce sulla superficie dell’acqua, accarezzata da una moltitudine di lucciole che illuminavano i luoghi ancora in penombra.
 
Mi guardai intorno come una bambina a causa di quell’atmosfera magica, resa tale dai fiori di ciliegio che costeggiavano la via in direzione del palazzo illuminato. Era tutto così bello che mi venne quasi da piangere.
 
«Ti piace?» mi domandò Yoongi osservandomi con un sorriso sul volto. Annuii con gli occhi ancora lucidi.
 
«È bellissimo.»
 
Si avvicinò e mi avvolse un braccio intorno alle spalle per farmi avvicinare a lui, poi riprese a camminare lungo la strada alberata finché non arrivammo al palazzo che si stagliava su un bellissimo lago. Salimmo i gradini di pietra e per un attimo mi sembrò di essere finita in qualche drama storico alla Moon Lovers. Aveva davvero affittato quel posto solo per noi due? Chissà quanti soldi aveva speso…
 
Una volta arrivati in cima, Yoongi mi lasciò andare la mano e mi fece strada verso il piccolo pontile che si affacciava sul lago. Proprio lì, vicino alla balaustra bianca che impediva alle persone di cadere nell’acqua, c’era un futon gigantesco sui toni dell’arancione e un tavolino basso nel mezzo, pieno di roba da mangiare e con delle candele accese. Mi bloccai nel bel mezzo della strada quando vidi tre camerieri darci il benvenuto.
 
«Chiamateci per qualsiasi bisogno,» disse uno di loro rivolgendosi a me e Yoongi. Quest’ultimo gli sorrise, poggiandogli una mano sulla spalla per ringraziarlo. Poi si voltò nuovamente verso di me, facendo un cenno con la testa verso la piccola tavola imbandita per farmi capire di seguirlo. Mi aiutò ad accomodarmi sul futon e quasi ci sprofondai dentro a causa della sua morbidezza.
 
Sollevai gli occhi al cielo e la mia bocca si spalancò di nuovo di fronte a quel bellissimo cielo stellato. Mi sembrava di essere in un sogno.
 
«Yoongi, io…» Lo guardai negli occhi visto che si era seduto di fianco a me. «Io non merito tutto questo. Dico sul serio…» Mi passò una mano sul viso e con il pollice mi asciugò una lacrima che mi era sfuggita dall’angolo esterno dell’occhio. «È troppo.»
 
«Già, è troppo poco,» sussurrò avvicinandosi alle mie labbra. «Tutto questo non dimostra neanche la metà di quanto ti amo.»
 
Il cuore mi fece male da morire e le nostre labbra si unirono in un bacio dolce come lo zucchero. Sorrisi quando mi resi conto che non avevano per niente sbagliato a chiamarlo Suga. In realtà, quel nome rappresentava chi era davvero. Gli passai le braccia intorno al collo mentre il bacio si faceva sempre più irruento e bisognoso, ma Yoongi si fermò quando si rese conto che la cosa stava andando un po’ troppo oltre.
 
«Mangiamo?» domandò, schiarendosi la voce che era diventata fin troppo roca. Mi sistemò una fetta di salmone nel piatto. «Ho ordinato il buffet migliore dei dintorni.»
 
Afferrai le bacchette. «Yoongi, sul serio… Avresti potuto portarmi in un ristorante qualsiasi. Mi sarebbe bastato.»
 
«A me no. Mangia.»
 
Sbuffai. Avrei voluto tirargli le bacchette in testa ma non lo feci perché gli ero fin troppo grata. «Sei sempre il solito testardo.»
 
«Mai quanto te, tesoro.»
 
Gli diedi un leggero spintone con la spalla e ridacchiammo entrambi quando mi restituì il colpo, facendomi finire quasi fuori dal futon. «Non dichiararmi guerra, Min Yoongi. Non ti conviene.»
 
«Zitta e mangia,» mi ordinò imboccandomi un secondo pezzo di salmone. Lo masticai con rabbia e mi andò di traverso quando aggiunse, «Altrimenti ti ritroverai con un altro tipo di pesce in bocca.»
 
«YAH! MIN YOONGI!»
 
Lanciai le bacchette sul tavolo e lo spinsi a terra con tutta la mia forza. Le sue risate mi riempirono le orecchie mentre mi sistemavo sopra di lui e gli bloccavo istintivamente i polsi sopra la testa. Solo dopo qualche secondo, mi resi conto che forse era una posizione fin troppo compromettente. La sua occhiata maliziosa me ne diede la conferma.
 
«Andiamo, Yorin. Non puoi farmi eccitare anche mentre sto mangiando.»
 
Arrossii. «È colpa tua che non tieni a freno la lingua.»
 
«Lei non si ferma mai.»
 
Si sporse verso di me e riuscì a catturarmi le labbra nonostante i polsi bloccati. Mi colse alla sprovvista e ribaltò le posizioni senza far fare lo stesso al tavolo di fianco a noi. Mi stavo rendendo conto che quando si trattava della nostra passione, diventavamo dei veri e propri distruttori. Ma l’ultima cosa che volevo era fargli sborsare altri soldi per i danni che sicuramente avremmo combinato se non ci fossimo dati una calmata. Cercai di spingerlo via e lui si staccò quasi subito.
 
«Niente più assegni come quella volta in albergo. Mangiamo,» gli ordinai togliendomelo di dosso. Yoongi sorrise sotto i baffi mentre si rimetteva seduto e mi sistemava i capelli in disordine. Il suo tocco mi provocò dei brividi lungo la schiena.
 
La serata passò nel migliore dei modi. Mangiammo quasi tutto e la maggior parte delle volte fu Yoongi ad imboccarmi le cose. Continuammo a baciarci e a stuzzicarci sotto la luce della luna finché non si alzò all’improvviso, dirigendosi verso uno dei ciliegi in fiore sulla riva del lago. Lo seguii con lo sguardo finché non ritornò e si sedette nuovamente di fianco a me. Avvicinò la mano al mio orecchio e l’allontanò subito dopo. Un profumo dolce e delicato mi pizzicò le narici e toccai con le dita ciò che Yoongi mi aveva appena infilato tra i capelli. Un fiore di ciliegio.
 
Arrossii e dovetti distogliere lo sguardo perché mi sentivo troppo in imbarazzo. Quello era davvero un lato di Yoongi che non avevo mai visto. Come poteva una persona cambiare così tanto e aprire nuovamente il suo cuore ferito a qualcuno? Stava cercando in tutti i modi di farmi capire che di lui potevo fidarmi. Che non sarebbe più stato il puttaniere di prima. E io vacillavo ad ogni suo gesto galante, sguardo innamorato o carezza delicata.
 
Ero senza speranza.
 
«Yorin?» La voce di Yoongi mi riportò alla realtà. «Tutto bene?»
 
Annuii. «Stavo solo pensando all’audizione di domani,» mentii. «Perché stamattina hai detto di non volermi sotto i riflettori?» La sua espressione si fece nuovamente seria. «È per mia sorella?»
 
«Perché chiedi se già lo sai?»
 
«Io non sono come lei, Yoongi,» affermai con convinzione. «Mi sembra di avertelo già dimostrato.»
 
Il ragazzo dai capelli biondi si sporse verso di me e mi agguantò dolcemente il viso. «Tu devi capire una cosa, Yorin. Il mondo dello spettacolo è subdolo. Ha un sacco di vantaggi, ma altrettanti e forse più svantaggi. Non puoi uscire di casa liberamente. Non puoi fare un giro in centro senza essere assalito da una folla di persone impazzite. La tua vita privata diventa di dominio pubblico… e tu non puoi farci niente. Assolutamente niente. Un singolo pettegolezzo può rovinarti la vita e farti passare per la peggiore persona di questo mondo. Ecco perché devi stare attenta ad ogni tua minima azione, parola o pensiero. Ecco perché alcune persone cadono in un abisso dal quale non riescono più ad uscire… proprio come tua sorella.»
 
Una lacrima mi scivolò lungo la guancia. «Lo so…»
 
«Io non voglio perderti, Yorin,» sussurrò poggiando la fronte contro la mia. Chiusi gli occhi quando il suo naso sfiorò il profilo del mio zigomo. «Non voglio perdere anche te. Non posso.»
 
 
L’accompagnai sui gradini di casa sua e aspettai che aprisse la porta di casa con il mazzo di chiavi che aveva tirato fuori dalla borsa. Durante il viaggio di ritorno non avevamo detto una parola, troppo impegnati con i nostri pensieri, ma ora che era arrivato il momento di salutarci, uno di noi due avrebbe dovuto per forza interrompere quel gioco del silenzio.
 
Fu Yorin a farlo.
 
«Grazie per la serata,» disse voltandosi verso di me. I suoi occhi scuri incontrarono i miei. «Sono stata bene.»
 
«Quindi domani parteciperai al provino?» le domandai ignorando completamente il suo commento. La mascherina che portavo sul volto rendeva ovattate le mie parole. Yorin annuì.
 
«Devo solo ballare con Ji Woo. Non diventerò mica un Idol,» ridacchiò poggiandosi contro lo stipite della porta. «E poi non è detto che mi prenderann-»
 
«Ti prenderanno,» la bloccai prima che potesse finire. «So che lo faranno. Hoseok e Jimin erano già interessati a te. Forse Jungkook sarà l’unico che si opporrà, per ovvi motivi.»
 
Il suo sorriso scomparve. «E se mi prendono cosa facciamo con il nostro contratto?»  domandò. «Sarà ancora valido?»
 
Feci un passo in avanti e mi avvicinai a lei. Posai la mano sullo stipite dove teneva appoggiate le spalle e mi chinai sul suo viso. «Il contratto tra me e te sarà sempre valido,» le sussurrai. «Ti sei forse dimenticata che non puoi allontanarti da me per nessuna ragione al mondo, Kang Yorin?»
 
«Ti amo anch’io.»
 
Fu totalmente inaspettato. Così tanto che mi si bloccò il respiro in gola. Continuai a muovere lo sguardo sul suo viso, passando da una pupilla all’altra per leggervi quelle parole appena pronunciate dalla sua bocca. Quelle parole che mi riempirono il cuore di un amore incontrollato. Mi gettai un’occhiata alle spalle prima di afferrarla per entrambe le braccia e spingerla dentro casa. Chiusi la porta e mi abbassai la mascherina sul mento per lanciarmi contro le sue labbra con un bisogno che non riuscii più a trattenere.
 
Mancò ad entrambi il respiro. La baciai come se non avessi più potuto farlo. La baciai nel buio e nel silenzio di quella casa in cui si udivano solo i nostri sospiri scomposti e gemiti trattenuti. La strinsi contro il mio corpo come se non avessi più voluto separarmene, desideroso di unirmi a lei e diventare finalmente una cosa sola.
 
La sollevai tra le mie braccia e le avvolsi le gambe intorno alla mia vita, e fu in quel momento che Yorin mi sussurrò all’orecchio, «Resta.» Mi bloccai sul posto con il respiro affannato per i troppi baci. Le sue labbra mi solleticarono il lobo. «Stanotte resta con me.»
 
Chiusi gli occhi e ridisegnai il profilo del suo naso con il mio. Scesi fino alla sua bocca e le succhiai teneramente il labbro inferiore per poi accarezzarlo con la lingua. La posai nuovamente a terra e nella penombra di quel salotto riuscii a intravedere lo sguardo confuso di Yorin. «Meglio di no. Devi essere stanca.»
 
Sgranò gli occhi.
 
«Min Yoongi,» mi chiamò con un sopracciglio sollevato dopo avermi studiato il volto. «Stai per caso cercando di fare il gentiluomo?»
 
Trattenni una risata. «Io sono sempre un gentiluomo.»
 
«E da quando?»
 
«Da quando preferisco corteggiare una donna piuttosto che portarmela a letto al primo appuntamento.»
 
Il suo sguardo stupito non mi sorprese. «Devo forse andare a ripescare il messaggio in cui mi scrivi: “Questo Jongin deve essere proprio uno sfigato. Non sa che al primo appuntamento si scopa e basta?”»
 
Storsi il naso al nome di quel bastardo. «A causa tua sto cominciando a mettere in dubbio tutto ciò in cui credo.» Rimase in silenzio e mi avvicinai per lasciarle un ultimo bacio sulla fronte prima di rimettermi la mascherina e sgusciare come un ladro fuori da casa sua. «Buonanotte, tesoro.»
 
Quando ritornai in macchina, il mio telefono squillò prima che potessi chiudere la portiera. Guardai il nome impresso sullo schermo e risposi parecchio infastidito.
 
«Soo Jin. Ti ho già detto che devi lasciarmi in pace.»
 
“Yorin? Ti ricordi quando ti ho lasciata da sola nel bel mezzo della notte, dopo averti detto che non ti saresti mai dovuta allontanare da me? In quel momento avevo così tanta paura. Paura di me stesso e di quello che avrei provato una volta soddisfatta la mia voglia. Dopo… ti avrei desiderata ancora?” –Min Yoongi

ᗩngolo.ᗩutore

Bene, ci ho messo una vita ad aggiornare e mi scuso davvero 😩 Per chi non lo sapesse, ero troppo impegnata con CYSM, l'altra mia storia che finalmente ho portato ad una "conclusione".

Yoongi e Yorin stanno finalmente insieme ma il loro non si può definire un rapporto normale. Litigano dalla mattina alla sera eppure non mancano i momenti infuocati e passionali. Ma cosa ci potevamo aspettare da loro due? 😂 In questo capitolo Yoongi cerca di dimostrare a Yorin che non è più quello di prima. Anzi, sembra proprio che stia ritornando ad essere se stesso, quel dolce ragazzo che Yoona aveva fatto sparire nel nulla ma che non ha perso nè la sua vena ironica nè il vizio delle battutine a sfondo sessuale (e meno male aggiungerei 😂)

Ha persino affittato un intero palazzo per il suo appuntamento. Yoongi fa le cose in grande, altro che Jongin 😂😂

Ma i problemi sono ancora dietro l'angolo. Jongin continua a scrivere a Yorin e Soo Jin tempesta di chiamate Yoongi. Sì, avete letto bene. Tempesta. Perché quello non è stato un caso isolato, ma ne parlerò meglio nei prossimi capitoli.

Spero che questo vi sia piaciuto e non dimenticatevi di farmelo sapere con commento! Un bacione e alla prossima 😘

P.S: Ricaricherò tutte le targhette e le immagini con i messaggi visto che tinypic mi ha abbandonato 😩

Instagram: btsuga_d

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Capitolo 28
*** Betrayal ***


Hook-Up
❖ Betrayal
WARNING: SMUT



Third Person’s POV
 
\Start Flashback/
 
La ragazza dai corti capelli scuri, bellissima e con un viso praticamente perfetto, si sedette accanto alla sua migliore amica, rannicchiata nel buio di quella sala prove che veniva illuminata solo da qualche lampo. Fuori stava piovendo.
 
«Ehi, pasticcino…» la chiamò accarezzandole dolcemente i capelli lunghi. Le sue parole erano miele nella sua bocca. «Cosa ci fai ancora qui? È tardi. Dovresti tornare al dormitorio.»
 
«Lasciami in pace, Soo Jin-unnie,» rispose la ragazza più piccola affondando la faccia tra le ginocchia. I boccoli della sua capigliatura le sfiorarono la pelle del braccio. «Voglio rimanere da sola.»
 
«Yoona… Non fai altro che rimanere da sola,» le fece notare la maggiore, spostando la mano quando si rese conto che il suo tocco non le era gradito. «Perché non torni a casa dalla tua famiglia? Sono sicura che ti farà bene.»
 
«Mi stai dicendo di rinunciare?» Yoona sollevò gli occhi umidi e sgranati. «Ho fatto così tanto per arrivare dove sono! Non posso arrendermi proprio adesso!» disse con il volto rosso per la rabbia.
 
«Quante richieste di lavoro ti sono arrivate questa settimana?» le domandò. La più piccola non rispose. «Dimmelo, Yoona. Quante te ne sono arrivate?»
 
«Nessuna…» rispose a fior di labbra abbassando lo sguardo sul pavimento. Una lacrima le rigò il volto. «Neanche una…»
 
Soo Jin sospirò. «Ascolta, pasticcino. Lo sai che dico sempre tutto quello che penso, e non mi tratterrò nemmeno questa volta. Lo faccio per il tuo bene.» Soo Jin sollevò la testa per guardare davanti a sé, verso la finestra che offriva loro una bellissima visuale della città. «Hai perso la tua popolarità. Nessuno è più interessato a te perché l’attenzione della gente è rivolta altrove. Quest’anno hanno debuttato un sacco di gruppi, soprattutto femminili. Per non parlare del successo che stanno ottenendo i BTS.» Yoona strinse forte gli occhi. «La gente vuole soltanto loro. Oggi hanno anche ottenuto la loro prima vittoria ad un music show. Hai saputo? Hanno sbaragliato la concorrenza con I Need You
 
«Ho saputo…» rispose Yoona con voce spenta. «Yoongi non mi ha nemmeno contattata… È da un sacco di tempo che non lo sento…»
 
«Dici sul serio?» domandò Soo Jin con tono sorpreso. «Stiamo parlando dello stesso Min Yoongi che non ti toglieva gli occhi di dosso?»
 
«Non credo sia esattamente lo stesso. Lui… è cambiato.» Si asciugò una lacrima con il dorso della mano. «È cambiato per colpa mia… Io… l’ho rovinato…»
 
«Tesoro… Perché dici così?» La voce di Soo Jin era carica di compassione. «Tu hai solo fatto ciò che ti diceva il cuore. Non hai mai amato Yoongi, così come non hai mai amato Jongin.»
 
«Beh, alla fine mi hanno abbandonata entrambi,» ridacchiò amaramente la riccia. Il suo viso era solcato da un’espressione esausta. Le sue occhiaie nere erano piuttosto evidenti contro la sua pelle pallida. «Ho allontanato tutti quelli che mi amavano. Non sento mia sorella da mesi. Jongin non mi contatta da quella volta che ho rifiutato di andare a letto con lui mentre Yoongi…» Si bloccò per prendere un profondo respiro. «Yoongi è fin troppo impegnato a cercarsi un passatempo migliore di me.»
 
«Un passatempo?» domandò Soo Jin inarcando le sopracciglia scure, che scomparvero repentinamente sotto la sua frangetta.
 
«Hai detto che ho semplicemente seguito il mio cuore… ma io non ho un cuore, Unnie.» Si voltò verso lo specchio alle sue spalle e osservò il suo stesso riflesso. Lo sfiorò con la punta delle dita. «Non l’ho mai avuto, e ora Yoongi è diventato uguale a me. Ma io… Io non volevo questo…» Iniziò a piangere, premendo la fronte contro la superficie riflettente. «Non volevo che diventasse come me,» si disperò tra i singhiozzi. «Io voglio solo riaverlo al mio fianco… Voglio riaverlo accanto a me…»
 
Il silenzio riempì la stanza e un tuono squarciò il cielo.
 
«Tu… lo ami?» le domandò Soo Jin senza guardarla in faccia. Il buio non permetteva a nessuna delle due di vedere l’espressione dell’altra. «Min Yoongi, lo ami?»
 
«Sì.» Un altro tuono illuminò la stanza. «Se pensare a lui e sentire un dolore fortissimo nel petto significa amarlo… allora sì. Lo amo.»
 
«E hai intenzione di dirglielo?»
 
Yoona si rannicchiò ancora una volta contro lo specchio, stringendosi le gambe con entrambe le braccia. «Sì, se me ne darà l’occasione.»
 
Il cellulare vibrò tre volte nella tasca di Soo Jin e la ragazza lo tirò fuori dalla sua gonna aderente. Diede una veloce occhiata allo schermo e un piccolo sorriso le stirò verso l’alto un angolo delle labbra. Il suo cuore tremò a causa dell’euforia che sentì farsi strada nel suo petto.
 
«Devo andare, pasticcino,» l’avvisò accarezzandole un’altra volta i capelli. Il suo tocco era più delicato che mai contro la sua chioma sfatta. «Mi prometti che torni subito al dormitorio? Si sta facendo tardi e non va bene che una ragazza se ne vada in giro da sola. Potresti incontrare qualcuno di spiacevole.» Yoona si limitò ad annuire con il volto ancora sotterrato tra le ginocchia. «Ti scrivo domani. Non stressarti troppo pensando a Yoongi, va bene?»
 
Stavolta non le rispose. Soo Jin si alzò in piedi, avvolta dal buio che riempiva la sala prove, e si avviò verso la porta, attraversando il corridoio che la portò fuori da quell’edificio. Salì in macchina e comunicò al suo autista l’indirizzo che le era arrivato tramite messaggio. Rilesse anche quelli precedenti per crogiolarsi in quella sensazione di assoluta delizia che le stava riempendo il corpo.
 
«Yoongi
Vieni qui.
Ho bisogno di una distrazione.
 
▫◦▫◦▫
 
Il locale era stracolmo di gente. Soo Jin riuscì a malapena a intravedere il privé che si trovava al secondo piano a causa della moltitudine di persone che ballavano appiccicate le une alle altre. La musica altissima le rimbombava nelle orecchie e i bassi le facevano tremare il petto insieme al pavimento sotto i piedi. Avanzò tra la folla finché non riuscì a superare il bancone dei drink per avvicinarsi alle scale, ma un bodyguard le bloccò il passo sollevandole la mano di fronte al viso.
 
«Accesso vietato,» le disse l’uomo con gli occhiali da sole. La sua espressione non ammetteva repliche. «Questa è la zona riservata ai VIP.»
 
«Lasciala passare,» disse qualcuno alle sue spalle. Soo Jin sollevò lo sguardo e riconobbe l’inconfondibile profilo di Namjoon. Il ragazzo la squadrò da capo a piedi mentre sorseggiava tranquillamente il suo cocktail. «Yoongi-hyung la sta aspettando di sopra.»
 
Il bodyguard si fece da parte e la ragazza corse su per le scale, ma Namjoon l’afferrò per un braccio prima che potesse raggiungere il pianerottolo. Il ghiaccio nel suo bicchiere tintinnò con un suono melodioso.
 
«Che c’è?» domandò Soo Jin sollevando la testa per guardarlo negli occhi. Il Leader la stava fulminando con lo sguardo. «Non ho tempo da perdere.»
 
«Qualunque cosa tu stia facendo, ti conviene smetterla, Soo Jin,» la minacciò a denti stretti. La mora aggrottò le sopracciglia per la sua improvvisa indisponenza. «Yoongi-hyung si comporta in modo strano da quando ti ha conosciuta, e questa cosa non mi va proprio giù.» Rafforzò la presa intorno al suo braccio. «Quindi vedi di girargli al largo, sono stato chiaro?»
 
Soo Jin si liberò malamente dalla sua presa, facendogli sbattere la schiena contro la ringhiera alle sue spalle. «È lui che ha chiesto di me,» sibilò a un centimetro dal suo viso. «E tu non puoi farci niente, mio caro Leader. Magari puoi dirgli cosa fare sul palco, ma nella sua vita privata comanda lui.» Ridacchiò divertita. «E lui vuole me, Namjoonie. Quindi mettiti l’anima in pace.»
 
Lo abbandonò lì sulle scale e salì un’altra rampa prima di arrivare al privé che era nascosto agli occhi più indiscreti. C’era una lunga fila di divanetti, semi-illuminati dalle luci viola e blu che si muovevano da una parte all’altra del locale a ritmo di musica. Sul tavolino nel mezzo vi era poggiato qualche bicchiere vuoto o ancora mezzo pieno, segno che qualcuno ci stava andando più leggero di altri. Oppure era già al secondo giro?
 
Soo Jin sollevò lo sguardo e vide i sei membri dei BTS seduti in cerchio sui divanetti. Uno di loro teneva i piedi incrociati sul tavolino, le braccia spalancate contro lo schienale e la camicia sbottonata sul petto. I pantaloni aderenti gli fasciavano perfettamente le gambe snelle, e i suoi capelli color rosa scuro, umidi a causa del sudore che gli imperlava la fronte, risaltavano sotto le luci violacee del locale.
 
«Guarda, Yoongi-hyung,» lo chiamò Jungkook che era seduto al suo fianco con un bicchiere in mano. Il rosa spalancò un occhio. «È arrivata quella che non sopporto.»
 
«Jungkook, non essere scortese,» lo ammonì Seokjin, voltandosi poi verso la ragazza incriminata. «Stiamo festeggiando la nostra prima vittoria, Soo Jin. Vuoi unirti a noi?» le domandò gentilmente. «Siediti. Non stare lì impalata.»
 
«Già, siediti,» disse Yoongi sollevando anche l’altra palpebra per guardarla negli occhi. Inclinò la testa e si colpì le cosce con i palmi delle mani mentre un sorriso sghembo gli stirava le labbra. «Non fare complimenti.»
 
Soo Jin non se lo fece ripetere due volte. Saltellò verso il ragazzo di fronte a lei, ma prima che potesse sedersi di sua spontanea volontà, Yoongi l’afferrò per un braccio e la strattonò giù, facendola finire con il sedere sul suo grembo. Si fiondò letteralmente su di lei, appiccicandole le labbra al collo mentre tastava ogni centimetro del suo corpo, in un modo che riuscì a sollevare un certo imbarazzo tra i presenti.
 
«Eeew,» si schifò Jimin mentre mandava giù l’ultimo sorso nel suo bicchiere. «Sto per rimettere la cena. Me lo sento.»
 
«Yoongi, per l’amor del cielo!» urlò Seokjin alzandosi in piedi. «Prendetevi una stanza se proprio non riuscite a farne a meno! Così mi traumatizzi i maknae!»
 
«Ma io voglio guardare,» dichiarò Jungkook mentre scansionava con particolare minuzia il movimento delle mani di Yoongi sul seno di Soo Jin.
 
«Ma che diamine gli avete messo in quel bicchiere?» domandò Hoseok indicando ciò che il maknae teneva in mano. «Sicuri che sia analcolico?»
 
«Ah, tranquilli,» si unì Taehyung accarezzando la testa del più piccolo. «Lui ha semplicemente l’alcol nel cervello. Vero Kookie?»
 
«Io?! Ma se prima dicevi che le luci della discoteca ti ricordavano l’atterraggio di una navicella aliena,» si lamentò Jungkook. «E sarei io quello ubriaco!»
 
«Nessuno di voi è ubriaco perché siete minorenni!» urlò Seokjin indicando i tre maknae seduti intorno al tavolo. «Vi avverto. Se scopro che avete preso qualcosa di alcolico, vi rimando al dormitorio seduta stante. Ci siamo intesi, piccole pesti?»
 
«Sì, Seokjin-hyung,» risposero in coro e con un leggero cipiglio.
 
Soo Jin si lasciò sfuggire un gemito quando Yoongi le infilò la mano sotto la gonna. Si morse quasi le labbra a sangue quando sentì le dita del ragazzo infilarsi nella sua intimità già bagnata, gesto che le fece buttare la testa all’indietro mentre il rosa non sembrava avere alcuna intenzione di staccare le labbra dalla pelle del suo collo. Erano già comparsi i primi segni dei suoi morsi.
 
«Ma deve proprio divorarla davanti a noi?» si lamentò Jimin abbandonando sul tavolino il bicchiere ormai vuoto. Si passò una mano tra i capelli neri. «Diamine, vorrei essere ubriaco per non ricordarmi niente domani mattina. Stanotte avrò gli incubi.»
 
«Hyung, vai in quel fottuto bagno prima che ti ci spedisca a calci in culo,» intervenne Namjoon attirando finalmente l’attenzione di Yoongi, che staccò la bocca dal collo di Soo Jin per guardare il suo dongsaeng. «E ovviamente portati la signorina. Fai quello che vuoi ma assicurati di non farmela più vedere. La sua vista mi irrita.»
 
«A me irriti tu,» rispose Soo Jin con il suo stesso tono infastidito. Si aggrappò al collo di Yoongi con entrambe le braccia e sbatté le lunghe ciglia nere quando quest’ultimo abbassò il viso per guardarla negli occhi.  «Yoongi-a, qui c’è troppo rumore,» si lamentò facendo dondolare le gambe per sfregare le cosce contro l’intimità già dura del ragazzo. «Non riesco a concentrarmi.»
 
Detto fatto. Yoongi se la caricò in spalla come se fosse un sacco di patate e barcollò fino alla porta del bagno. La spalancò con un calcio e mise giù Soo Jin senza un briciolo di gentilezza. La mora si ritrovò con la faccia rivolta allo specchio e il sedere in corrispondenza del membro di Yoongi, coperto ancora dai jeans. Poi udì il rumore della cintura che veniva slacciata e osservò il volto del rosa riflesso nello specchio. Teneva le labbra dischiuse e gli occhi concentrati su ciò che stava facendo lì sotto. Le sollevò la gonna e l’aria fredda colpì la pelle dei suoi glutei, causandole dei brividi di piacere.
 
Soo Jin si aggrappò al marmo del lavandino quando Yoongi entrò in lei con una potente spinta. Il suo urlo rimbombò nel bagno, seguito da altri che non riuscì a trattenere a causa dell’irruenza con cui il rosa stava permeando le sue spinte. La tenne ferma per la vita e la mora si sentì completamente dominata, colma fino all’orlo. Talmente piena da scoppiare.
 
Scivolò in avanti a causa delle spinte continue e ripetute e non poté fare altro che poggiare il busto sul lavandino. Le sue orecchie erano sature dei suoi stessi gemiti, di quelli rochi di Yoongi e del suo sesso che entrava e usciva da lei. Il ragazzo fece scivolare una mano sotto il suo top con i lustrini, infilandosi prepotentemente nel suo reggiseno per stringerle un seno tra le dita, con cui le torturò un capezzolo intanto che continuava a spingersi in lei.
 
Soo Jin non sarebbe riuscita a trattenersi un minuto di più. Chiuse gli occhi e abbassò la testa per poggiare la fronte contro il marmo sotto di lei, ma le dita di Yoongi s’infilarono tra i suoi capelli per tirarle su la testa e farle rivolgere gli occhi allo specchio.
 
«Guardati,» le ordinò con voce roca. «Voglio che ti guardi mentre ti fotto.»
 
E così fece. Ma la vista del suo volto contratto dal piacere, di quello di Yoongi che fissava lei e del corpo del rosa che si schiantava contro il suo, la fece venire all’istante. Si liberò con un ultimo, potente gemito e Yoongi la seguì subito dopo, accasciandosi sulla sua schiena coperta ancora dal top con i lustrini.
 
La mora sentiva il respiro affannato del ragazzo nelle orecchie e il suo fiato caldo sul collo mentre cercava di riprendere aria. Poi più nulla. Yoongi si era alzato e si era rimesso a posto i pantaloni, tirando su la zip dopo essersi sistemato i capelli davanti allo specchio mentre Soo Jin crollava sul pavimento a causa delle gambe tremanti dovute alla scossa di piacere.
 
«Grazie per la distrazione,» disse Yoongi senza nemmeno guardarla in faccia. Le diede le spalle e inserì il codice nel suo telefono per controllare i messaggi in arrivo. «Ti chiamo quando mi verrà di nuovo voglia.»
 
E Soo Jin sorrise. Sorrise perché non vedeva l’ora.
 
\End Flashback/
 
Yorin’s POV
 
«Come facciamo ad essere in ritardo se ci siamo svegliate alle cinque di mattina?!» sbraitò Ji Woo correndo come una matta per i corridoi della Big Hit. Cercai di stare al suo passo ma la mia migliore amica era peggio di una biscia. S’infilava ovunque.
 
«Uhm… fammi pensare,» finsi di rifletterci seriamente mentre evitavo una delle tante persone sul mio cammino. «Magari perché ti sei provata diciassette outfit diversi e poi hai scelto il primo!»
 
Ji Woo svoltò l’angolo che portava verso la sala udizioni. «Non è colpa mia se non mi stava bene nient-»
 
E poi udii un botto. Mi fermai di colpo quando vidi la mia amica a terra, stretta tra le braccia di…. Jungkook…?
 
«Oddio, perdonami… Non ti ho proprio vista! Ti sei fatta male?» le domandò aiutandola a rialzarsi in piedi. Ji Woo era un misto tra un cadavere e una statua di sale. Lo fissava come se avesse visto un fantasma. «Per caso… ci siamo già visti da qualche parte?» domandò ancora Jungkook, aggrottando la fronte mentre le squadrava minuziosamente il viso. «Hai un’aria familiare. Forse a qualche fan-sign?»
 
«I-Io… Io sono… Tu… Io…»
 
Mi sbattei una mano sulla faccia per la frustrazione. E lei era quella esperta in fatto di appuntamenti? Ma a chi diavolo avevo deciso di affidarmi?
 
«Ji Woo, dobbiamo darci una mossa. Siamo in ritardo,» l’aiutai, suggerendole il suo nome che sembrava aver momentaneamente dimenticato. Jungkook sollevò lo sguardo per controllare chi avesse parlato, e i suoi occhi si spalancarono per la sorpresa quando vide che ero proprio io. Riabbassò gli occhi sulla mia amica.
 
«Oddio, è vero… Sei… Sei Ji Woo!» disse con fin troppo entusiasmo. Mi sembrava di essere ritornata dietro la tenda del party in albergo. «Voglio dire… La vera Ji Woo… Ci siamo anche fatti una foto insieme!»
 
La mia migliore amica sembrò finalmente riprendersi. «S-Sì! Sono io!» disse con la stessa euforia di Jungkook, contenta che il ragazzo si fosse ricordato di lei. «Mi dispiace non averti detto il mio vero nome… io-»
 
Jungkook la bloccò, sventolandole una mano davanti alla faccia. «No, no. Non devi dispiacerti di nulla.» Mi guardò dritto negli occhi. «Sono altre le persone che dovrebbero dispiacersi.»
 
Deglutii. Jungkook tornò a guardare Ji Woo con un enorme sorriso sul volto. «Oh, stai andando all’audizione? Vieni, ti accompagno alla sala del provino. Ci sono già parecchie persone ma sono sicuro che sarai bravissima. Ti ho già vista ballare e sei una bomba!»
 
Cominciai a preoccuparmi per l’incolumità di Ji Woo. Il suo viso era completamente rosso e per un momento ebbi paura che non riuscisse più a respirare. Jungkook la guidò gentilmente verso la fine del corridoio e io rimasi lì come un pesce lesso. Si stava comportando come se non esistessi mentre Ji Woo, troppo presa dalle attenzioni del suo Idol, si era persino dimenticata che dovessi andare con lei. Sollevai gli occhi al cielo e mi sistemai la borsa sulla spalla prima di decidermi a raggiungerli.
 
Ma qualcuno mi bloccò il passo.
 
Io e la ragazza in piedi di fronte a me ci guardammo negli occhi come due gatte inferocite che stavano per azzuffarsi in mezzo al corridoio. Riuscivo a sentire l’odio che scoppiettava nell’aria alla pari dei popcorn. Che diavolo ci faceva lì?
 
«Levati di mezzo, Soo Jin,» le intimai con voce severa senza distogliere lo sguardo dal suo. «E distendi la faccia, o ti si scioglierà la maschera di silicone.»
 
Mi colse alla sprovvista. Mi afferrò per un braccio e mi trascinò in un luogo appartato, lasciandomi andare come se fosse altamente schifata dal nostro contatto. Si voltò per guardarmi in faccia e riuscì nuovamente a cogliermi di sorpresa.
 
Il rumore dello schiaffo che mi spalmò sulla guancia destra rimbombò sulla parete alle nostre spalle. Avrei potuto intercettarlo, ma ero rimasta troppo scioccata dal fatto che lo stesse facendo sul serio. Risollevai il viso dolorante e incrociai i miei occhi furiosi con quelli di lei. Digrignai i denti.
 
«Che cazzo fai?» sibilai stringendo forte i pugni. Ero incredula. «Sei diventata matta?!»
 
«Fa male, non è vero?» mi rinfacciò con un sorrisetto di scherno. «Immagina quanto deve aver fatto male a Yoongi! Dopo tutti gli schiaffi che gli hai tirato, come osi anche solo pensare di poter stare con lui.» Sgranai gli occhi mentre lei avanzava verso di me. Cosa…? «Tu non te lo meriti neanche un po’, Kang Yorin. Ero sempre io a consolarlo! Ero sempre io a risollevargli il morale quando stava soffrendo come un cane! Grazie a me ha dimenticato Yoona, e non permetterò che la sua gemella eterozigote lo faccia soffrire di nuovo!»
 
Mi bloccai sul posto. «Come fai a sapere che io e Yoona eravamo gemelle eterozigote?» le domandai incredula.
 
«Conoscevo Yoona più di quanto la conoscessi tu, Kang Yorin,» esplose con acidità. «Ero la sua migliore amica, e sono stata l’unica a rimanerle accanto quando tutti le avete voltato le spalle. Quindi vedi di mostrarmi un minimo di rispetto visto che probabilmente è grazie ai miei incoraggiamenti se è riuscita a sopravvivere qualche giorno in più.»
 
Sentii un dolore nel petto che si originò dal profondo del mio cuore. Quello era il mio punto debole. Era il mio punto debole e Soo Jin lo sapeva. Sentii gli occhi pizzicarmi e voltai il viso per non darle la soddisfazione di vedere le mie lacrime. Non avrei pianto di fronte alla mia nemica. Non mi sarei mostrata debole di fronte a lei.
 
«E la sai un’altra cosa?» continuò, colpendomi sempre più nel profondo con un coltello affilato. «Forse pensi di essere speciale, ma fidati quando ti dico che non potrai mai eguagliare il rapporto che ho con Yoongi. Io e lui non ci facciamo domande. Non ci rimuginiamo sopra. Se vogliamo andare a letto insieme, lo facciamo. Se abbiamo voglia, ci strappiamo i vestiti di dosso e ci diamo sollievo a vicenda senza aspettare un secondo di più. Tra di noi non esistono ripensamenti. Io voglio lui e lui vuole me. Lui mi fa sua e io lo faccio mio. È questo il tipo di rapporto che vuole Yoongi.»
 
La gelosia mi stava mangiando viva mentre pensavo alle mani di quella stronza che toccavano il mio Yoongi. Voltai il viso e la guardai negli occhi. Avrei tanto voluto dirle qualcosa per mettere a tacere quella sua lingua tagliente… ma per la prima volta nella sua vita, Kang Yorin non sapeva cosa rispondere. Perché Soo Jin aveva ragione. Io e Yoongi non avevamo ancora fatto nulla. Stavamo tergiversando.
 
«E tu invece che cosa fai?» Si avvicinò al mio viso e ridacchiò. «Non sei ancora stata capace di soddisfarlo. Vi fate così tanti problemi che non riuscite neanche a scopare come si deve. Presto Yoongi si stuferà di te. Sempre se non l’ha già fatto.»
 
Ripensai alla notte precedente. Yoongi se n’era andato dopo che gli avevo espressamente detto di voler passare la notte con lui. Perché? Davvero l’aveva fatto per dimostrarmi il suo rispetto oppure aveva perso la voglia dopo aver avuto un piccolo assaggio di ciò che potevo dargli? Quella notte, in albergo… forse si era reso conto che non ero all’altezza delle sue aspettative? Era rimasto deluso? In fondo ero ancora una verginella.
 
«Di me invece non si stancherà mai. E lo sai perché?» continuò Soo Jin inclinando il volto per osservare meglio la mia espressione confusa. «Perché io so esattamente ciò che vuole. So cosa gli piace perché è ciò che piace anche a me. Io e lui siamo uguali.»
 
Se ne andò dopo avermi intimato di stare alla larga dal suo Yoongi. Rimasi ferma contro il muro, forse per tre o quattro minuti, incapace di fare un passo o formulare un pensiero decente. Avevo così tante domande che non sapevo da quale partire per ottenere una risposta. Perché Soo Jin si trovava lì? Era andata da Yoongi? Come faceva a sapere che non avevamo ancora fatto niente? Yoongi si confidava con lei?
 
Il mio telefono vibrò nella borsa e spezzò il filo dei miei pensieri. Lo afferrai con mani tremanti e lessi il nome sullo schermo con le labbra dischiuse. Dopo qualche tentennamento, premetti il tasto verde per accettare la telefonata.
 
«Pronto? Jongin?»
 
Yoongi’s POV
 
«Hyung?»
 
La voce di Namjoon mi riportò alla realtà, facendomi ricordare dove mi trovassi: nella sala prove insieme a lui, Jin e Taehyung.
 
«Eh? Cosa?» domandai, ancora con la testa tra le nuvole.
 
«Stai bene? Ultimamente ti vedo pensieroso.» Il Leader mi studiò il viso per individuare ogni minimo dettaglio che potesse fargli capire che ci aveva preso. «Problemi con Yorin?»
 
Namjoon aveva seppellito l’ascia di guerra. Era ancora restìo ad accettare la relazione tra me e Yorin, ma evitava di mettersi in mezzo per creare più casini di quanti già ce ne fossero. Forse aveva capito che con me non l’avrebbe mai spuntata?
 
«Credo di essere io il problema,» confessai cominciando a torturarmi la pelle del pollice con la punta delle unghie. «Hai mai avuto paura delle tue emozioni?»
 
Namjoon mi guardò confuso. «In che senso? Spiegati meglio.»
 
«Beh,» sospirai continuando a torturarmi il pollice. M’inumidii le labbra con la punta della lingua. «È difficile da spiegare. A volte ripenso al passato e mi rendo conto di essere stato una specie di tossico.» Il Leader mi guardò ancora più confuso. «Io ero dipendente dal sesso, Namjoon. E forse lo sono ancora adesso.»
 
La sua espressione si rilassò. «Sì, me lo ricordo piuttosto bene,» disse infastidito. «Non starò qui ad elencarti tutte le volte che mi sono svegliato nel cuore della notte per dirti di finirla con tutto quel casino.»
 
Ridacchiai. «Ma non mi sono mai spiegato una cosa. Perché mi sono sempre stufato dopo aver ottenuto ciò che volevo? Insomma… Tutte le ragazze con cui sono stato, non mi hanno più attratto dopo esserci andato a letto. Non sentivo più niente per loro.»
 
«Con Soo Jin non è successo,» mi fece notare Namjoon.
 
«No, con lei no,» confermai storcendo involontariamente il naso. «Lei non mi ha mai stufato.»
 
«Hyung… hai paura che potresti stufarti di Yorin?»
 
Colpito e affondato. Strinsi il pugno e presi un profondo respiro, sollevando il collo per guardare il soffitto della sala prove. «Se dovesse succedere, mi darei da solo del bastardo. Forse quella notte in albergo mi sono fermato anche per questo. Ho paura che una volta ottenuto ciò che voglio, la lascerò perdere. Che faccio se succede davvero?» Poggiai i gomiti sulle ginocchia e mi massaggiai la faccia con entrambe le mani. «Con me non ha nessuna sicurezza. Io sono il primo a non avere fiducia in me stesso, quindi come potrebbe farlo lei?»
 
«Ehi. Guardami,» mi ordinò posandomi una mano sul braccio. Feci come mi aveva chiesto. «Sai che non sono mai stato d’accordo con le tue relazioni, ma osservandoti ho capito che con Soo Jin e Yorin hai due tipi di rapporti diversi. Vuoi che ti dica cosa ne penso?» Annuii e Namjoon si schiarì la gola. «È piuttosto semplice, in realtà. Con Soo Jin sai per certo che non soffrirai, qualunque cosa tu faccia. Perché? Perché sei consapevole al cento per cento che non ti innamorerai mai di lei.»
 
«E con Yorin?»
 
Si tirò indietro e posò la schiena contro la spalliera della sedia, sorridendomi. «Con Yorin è tutta un’altra cosa, amico mio. Con Soo Jin è solo sesso. Con Yorin è amore. E l’amore è cento volte più complicato di una misera scopata.» Annuii, ritrovandomi perfettamente nelle sue parole. «Quindi non avere paura. Buttati. Sono sicuro che dopo non potrai più fare a meno di lei. La vorrai ancora più di prima.»
 
«E a te sta bene?» domandai sollevando un sopracciglio.
 
«La vita è la tua, fai quello che vuoi. Basta che non ti sposi con Soo Jin,» disse schifato. «In quel caso ti avverto che non parteciperò al matrimonio. Anzi, farò irruzione in chiesa non appena il prete pronuncerà la fatidica frase: “Se qualcuno è contrario, parli ora o taccia per sempre.” Mi preparerò un discorso degno del prossimo presidente coreano e poi farò partire Mic Drop.»
 
Scoppiai a ridere. «Grazie, Nam. Mi hai alleggerito un po’ il cuore.»
 
«Yoongi-hyung!» mi chiamò Taehyung indicandomi l’orologio appeso alla parete. «Le audizioni stanno per iniziare. Non vai a vedere Yorin?»
 
Mi alzai dalla sedia alla velocità della luce con Namjoon che ridacchiava in sottofondo prendendomi in giro. Lo mandai gentilmente a cagare e uscii correndo dalla sala prove, dirigendomi verso quella per le audizioni. Hoseok, Jimin e Jungkook dovevano già essere lì.
 
Svoltai l’angolo e una figura piccola e minuta si scontrò contro il mio petto. Fui costretto ad afferrarla per le braccia e stringerla contro di me per evitare che finisse a terra con le gambe all’aria. Nonostante il suo cappello con la visiera che le nascondeva il volto, capii che si trattava della mia ragazza grazie al badge che aveva intorno al collo. Inclinai la testa per guardarla negli occhi e la mora voltò il viso dall’altra parte per evitare il mio sguardo. Aggrottai la fronte.
 
«Yorin?» la chiamai senza capire cosa stesse facendo. «Tutto bene? Non vai a fare l’audizione?»
 
«No… Io… devo incontrare qualcuno.»
 
Cercò di liberarsi dalla mia stretta, ma quando voltò il viso per andarsene, intravidi il rossore sulla sua guancia destra. Sgranai gli occhi con la speranza di aver visto male e la riafferrai per le braccia, obbligandola a ritornare di fronte a me. Senza darle il tempo di reagire, afferrai la visiera del suo cappello e glielo sfilai, lasciandola senza alcuna protezione. Incontrai i suoi occhi sorpresi e poi mi concentrai sulla forma delle cinque dita spalmate sulla sua faccia. Qualcosa cominciò a ribollirmi dentro.
 
Le afferrai il mento e la costrinsi a voltare il viso verso sinistra.
 
«Dimmi chi è stato,» le ordinai mentre le scansionavo la pelle arrossata con gli occhi ridotti a due fessure.
 
«Nessuno.»
 
«Yorin, dimmi chi cazzo è stato!» sbraitai facendo voltare alcune persone verso di noi. Le lasciai andare il mento e tirai fuori dalla tasca il mio cellulare. «Giuro, è la volta buona che le licenzio,» affermai cominciando a cercare il numero di Seijin. Gli avrei detto di far sparire dalla mia vista quelle due stylist del cazzo. Avevo sopportato fin troppo.
 
«No!» intervenne Yorin posando una mano sul mio cellulare per farmelo abbassare. La guardai negli occhi. «Non sono state loro. Non fraintendere.»
 
«Allora chi!» le domandai furibondo. «Yorin dimmelo oppure oggi farò venire giù il cielo! Te lo posso assicurare!»
 
Mi abbracciò. Si strinse contro di me e sentii un calore all’altezza del cuore, seguito da un brivido lungo il collo quando il suo naso si fermò contro il mio orecchio. «Oggi hai incontrato qualcuno?» sussurrò piano con una voce più bassa del normale. Non capii.
 
«Le solite persone…» risposi piuttosto confuso. «Perché?»
 
Sciolse l’abbraccio e lasciò scivolare la mano contro il mio petto. Lo fece talmente piano da farmi venire i brividi. «Non sei stato con un’altra donna, vero?» Sgranai gli occhi. Strinse la mano intorno alla stoffa della mia camicia. «Non ti sei fatto toccare da nessun’altra donna, vero?»
 
Sentii un magone in gola. Mi avvicinai e la strinsi nuovamente contro di me, fregandomene delle persone che avrebbero potuto riconoscermi. «Non sono stato con un’altra donna,» la confortai cullandola fra le mie braccia. «Non mi sono fatto toccare da nessun’altra.»
 
Yorin annuì contro il mio petto. «Mi ami davvero?»
 
Ad ogni sua domanda, il cuore mi faceva male da morire. Quanto avrei voluto dirle che tutto ciò che mi stava chiedendo era assolutamente legittimo. Io stesso non mi fidavo del mio corpo e delle mie emozioni, come avrebbe potuto farlo lei? Ma in quel momento mi venne da risponderle soltanto una cosa. E allora decisi di seguire ciò che mi diceva il cuore.
 
«Ti amo come non ho mai amato nessun’altra.» La sentii muoversi nel mio abbraccio. Sapeva che mi stavo riferendo a sua sorella. «Adesso sei più tranquilla?»
 
La lasciai andare e lei annuì ancora una volta. Avrei tanto voluto baciarla ma c’erano fin troppe persone che non conoscevo. Non avrei rischiato di finire sulla prima pagina dei giornali di gossip, soprattutto se avrebbe significato farci finire anche Yorin. Piuttosto sarei morto.
 
La guardai negli occhi e la prima cosa che pensai fu che la nostra relazione era instabile. Era pericolante come un castello di carte fatto male che sarebbe potuto crollare da un momento all’altro. Continuava ad oscillare a destra e a sinistra, ma per qualche sconosciuta ragione era ancora in piedi.
 
«Ti dispiace andare a controllare l’audizione di Ji Woo? Io… devo parlare con una persona.»
 
La guardai stranito. «Chi?»
 
«Vado e torno. Non ci metto molto.»
 
Se ne andò prima che potessi veramente rendermene conto. Ed ecco che cominciarono a riaffiorare i dubbi e le domande, insieme alla paura di soffrire di nuovo. Yorin era così sicura di voler fare quel provino. Allora perché ci aveva rinunciato così facilmente? Per chi? Il timore di essere nuovamente tradito dalla persona che amavo si fece spazio nel mio cuore.
 
Quando arrivai nella sala delle audizioni, Ji Woo era più nervosa che mai per la mancanza di Yorin. Decisi di non avvicinarmi per non metterle più ansia del dovuto, soprattutto quando vidi Jungkook andarle vicino e sussurrarle qualcosa all’orecchio per rincuorarla. La ragazza tornò a sorridere ed entrambi si scambiarono dei “Fighting!” silenziosi che fecero ridere ancora di più Ji Woo. Li guardai con un accenno di sorriso sul volto.
 
Quando la migliore amica della mia ragazza finì la sua esibizione, per poco non mi misi ad applaudire lì davanti a tutti. Come diavolo faceva a ballare in quel modo? Era quasi migliore di Kookie. Anzi, senza il quasi. Jungkook non le aveva ancora staccato gli occhi di dosso mentre Jimin e Hoseok parlottavano tra loro scambiandosi qualche parere. A giudicare dalle loro espressioni, erano di sicuro positive.
 
Ji Woo alzò lo sguardo sulla platea e mi vide mentre stavo appoggiato con la schiena alla porta d’ingresso. Sollevai entrambi i pollici per dirle che era andata alla grande e lei fece un leggero inchino per ringraziarmi, poi si guardò intorno, chiedendomi silenziosamente dove fosse Yorin. Feci spallucce e scossi la testa per farle capire che non lo sapevo nemmeno io. La vidi prendere il cellulare, probabilmente per chiamarla, ma Jungkook la raggiunse prima che riuscisse a portarselo all’orecchio.
 
Cominciarono a parlare come due vecchi amici. Che il mio piano stesse funzionando davvero?
 
Una volta nello spogliatoio, cominciai a sbottonarmi la camicia tenendo gli occhi incollati al soffitto. Dov’era Yorin? E soprattutto con chi? L’ansia mi stava divorando il cervello e non potei fare a meno d’immaginarmi i peggio scenari.
 
Non mi stava tradendo… vero?
 
Scossi la testa per tornare lucido. Cazzo, dovevo smetterla di paragonarla a Yoona. Certo, con lei avevo avuto delle brutte esperienze, vivendo costantemente nella paura che potesse tradirmi, ma Yorin non era così. Non lo sarebbe mai stata.
 
La porta si spalancò alle mie spalle e mi voltai per vedere chi fosse entrato. Sicuramente uno dei ragazzi. Ma gli occhi mi uscirono quasi fuori dalle orbite quando vidi la figura slanciata di Soo Jin. Indietreggiai di un passo verso la parete alle mie spalle.
 
«Che cazzo ci fai qui?» le domandai sconvolto mentre si richiudeva la porta alle spalle. «Mi sembra di averti già detto che devi lasciarmi in pace.»
 
«Sono solo venuta a fare una visita a Kang Yorin e ho pensato di passare a salutare anche te.»
 
Mi lanciai in avanti con uno slancio che sorprese persino me. Afferrai Soo Jin per il collo e la sbattei violentemente contro il muro, talmente forte che ansimò a causa della botta che le fece mancare il respiro nei polmoni. Mi guardò scioccata.
 
«Mettile di nuovo le mani addosso e non ci penserò due volte prima di mandarti all’altro mondo per farti rincontrare la tua migliore amica,» le sibilai minaccioso a un centimetro dalle labbra. «Stalle alla larga, Soo Jin. Ci siamo capiti?»
 
La lasciai andare con uno strattone e lei cominciò a tossire tra le risate. Cosa cazzo aveva da ridere? Ero fottutamente serio.
 
«Ti sei davvero ridotto così per una donna?» Rise di nuovo. Aveva le lacrime agli occhi. «Mio Dio, Yoongi. Sei seriamente caduto due volte nella stessa trappola? Ti credevo più intelligente.»
 
«Sta’ zitta,» sibilai con voce roca. «Sta’ zitta, Soo Jin. Sta’ zitta e sparisci dalla mia vista e soprattutto dalla mia vita. Non ho più bisogno di te!»
 
Il mio urlo mi riecheggiò nelle orecchie, tuttavia la mora si avvicinò come se non le avessi mai detto nulla. Mi diede uno spintone e andai a finire contro il tavolo che si trovava nel bel mezzo della stanza. La guardai scioccato.
 
«Sei un deficiente, Min Yoongi! Tu non avresti più bisogno di me?!» mi urlò di rimando. «Credi che non me ne sia accorta? Quella ragazzina non sa neanche come far godere il suo fottuto uomo! Mi basta guardarti per capire che sei quasi al limite. Da quanto tempo non fai sesso con qualcuno?»
 
Deglutii. «Non sono affari che ti riguardano.»
 
«Oh, io invece credo proprio che lo siano. Al contrario di quella stronzetta, io so che cosa ti piace.» S’infilò senza preavviso tra le mie gambe, afferrandomi le mani per farmi accarezzare la forma dei suoi glutei. «Lo so che ti piace toccarmi,» mi sussurrò all’orecchio con voce suadente mentre guidava le mie mani sul suo corpo. Mi fece palpare entrambi i suoi seni mentre continuava a gemermi nell’orecchio. Iniziai a sudare freddo. «Lo so che vorresti sbattermi su questo maledetto tavolo.»
 
«Soo Jin, vedi di finirla…» le dissi cercando di scostarmi e allontanare le mani dal suo corpo, ma non potei fare a meno di chiudere gli occhi e buttare la testa all’indietro quando strusciò la sua intimità contro la mia. «Soo Jin…» cercai nuovamente di fermarla, ma il suo nome fuoriuscì dalle mie labbra come un gemito disperato. Si arrampicò su di me e mi ritrovai schiacciato contro il tavolo, lei seduta sul mio petto mentre lasciava una scia di baci sul mio collo. Baci umidi che risalirono fino alla mia mascella.
 
«Che aspetti, Yoongi?» mi domandò raddrizzando la schiena. Si sfilò la maglietta e la lanciò da qualche parte nella stanza, rimanendo in reggiseno di fronte ai miei occhi. «Niente preoccupazioni, niente pensieri. Soltanto tu, io e il nostro piacere. Non è sempre stato così?»
 
Già, niente di niente. Solo piacere e basta. Sollevai istintivamente le braccia e l’afferrai per i glutei, spingendola contro la mia eccitazione dura come il marmo per continuare a sentire ciò che mi era mancato così tanto. Le causai un gemito che mi fece quasi avere uno spasmo per il piacere che mi provocò a sua volta. Posò le mani sul mio petto e iniziò a strusciare la sua intimità contro la mia con un movimento meraviglioso del bacino.
 
Ero assuefatto da quella droga chiamata sesso. Mi sentivo talmente bene che sarei potuto morire in quell’esatto istante e non me ne sarebbe fregato un cazzo. La mia dipendenza stava tornando e io non potevo farci niente. Solo soccomberle.
 
Sollevai la schiena e palpai ogni centimetro del corpo di Soo Jin per ottenere sempre più soddisfazione. «Vai giù,» le ordinai, e Soo Jin non se lo fece ripetere due volte. Scivolò giù dal mio petto e toccò il pavimento con i piedi nudi, portò le mani vicino alla cerniera del mio jeans e abbassò la zip con una lentezza agonizzante. La guardai negli occhi e mi leccai le labbra dischiuse mentre lei infilava la mano nei miei boxer e avvolgeva le dita intorno al mio membro. Chiusi gli occhi e feci ricadere la testa all’indietro, pronto ad accogliere il piacere che mi avrebbe dato con la sua bocca.
 
Ma poi la porta si spalancò, e quel mondo fatto di lussuria, volgarità e falsi desideri, si sgretolò di fronte ai miei occhi facendomi sbattere la testa contro la dura realtà. Il mio cuore precipitò in un abisso quando il mio sguardo, ancora velato dalla lussuria, incontrò quello incredulo, ferito e disgustato di Yorin.
 
Guardai Soo Jin e poi la sua mano infilata nei miei pantaloni, e provai ribrezzo per me stesso. Che cazzo stavo facendo? Le diedi uno spintone per allontanarla da me e mi alzai velocemente dal tavolo, sistemandomi la zip dei pantaloni come a voler cancellare ciò che avevo appena fatto.
 
Idiota. Sei un fottuto idiota, Min Yoongi. Uno stramaledettissimo idiota.
 
«Yorin…» la chiamai mentre lei indietreggiava di un passo. La paura e l’angoscia s’impossessarono del mio cuore e la mia voce tremò. «Y-Yorin… Tesoro, ti prego…»
 
Fu tutto quello che riuscii a dire dopo essermi messo le mani tra i capelli. Ma non c’erano parole per spiegare quello che lei era stata costretta a vedere. E non esistevano parole che avrebbero potuto dare un senso a ciò che io avevo appena fatto.
 
O forse c’erano, ed erano proprio quelle due parole che Yorin mi rivolse prima di voltarmi le spalle e scappare via.
 
«Bastardo puttaniere.»
 
 
‘Quanto fummo stupidi, Yorin? La mattina dopo uscirono quelle foto sul giornale, e da quel momento tutto cominciò ad andare a rotoli. Tra litigi, gelosie e incomprensioni, non fummo più quelli di prima. Il castello di carte ci era crollato addosso, sotterrandoci vivi.’ –Min Yoongi
 

ᗩngolo.ᗩutore

Ciao a tutti! Stavolta Soo Jin è stata la vera protagonista del capitolo. Abbiamo visto uno stralcio della sua amicizia con Yoona (che alla fine tanto amicizia non era visto che se la faceva con il suo ex ragazzo, no? 🤔) e abbiamo capito che la relazione tra Yoongi e Yorin è parecchio instabile nonostante entrambi si amino dal profondo del cuore. Cos'è che manca? Lo scopriremo nel prossimo capitolo, letteralmente 😂

Yorin ha beccato Yoongi con le mani nel sacco (anzi, più che altro ha beccato Soo Jin con le mani da un'altra parte 😂) e questo ha dato un altro colpo alla loro relazione già fragile. Ma non è finita qui perché nel prossimo capitolo ne vedremo delle belle. Non dimentichiamoci che Yorin è andata da qualche parte, e Yoongi nell'ultima parte ricorda delle misteriose "foto sul giornale."

Vi ho messo un po' di curiosità? 😂

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! In tal caso fatemelo sapere con un commentino 😘 Grazie ancora per tutto il supporto che mi dimostrate sempre. Un bacione e alla prossima 🥰

Instagram: btsuga_d

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Capitolo 29
*** Mistrust ***


Hook-Up
❖ Mistrust



🔽🔽🔽  

YORIN'S POV
 
«Pronto? Jongin?»
 
«Wow, non ci credo,» sbuffò il ragazzo dall'altra parte della cornetta. «Mi hai seriamente risposto? A cosa devo questo onore?»
 
Avrei sollevato gli occhi al cielo se non fossi stata quasi sull'orlo delle lacrime. Soo Jin era riuscita a destabilizzarmi completamente e non ci avevo pensato due volte a rispondere alla chiamata di Jongin. Forse avevo solo bisogno di parlare con qualcuno e distrarmi dall'argomento "Yoongi".
 
«Da quando sai essere così sarcastico?» domandai cercando di nascondergli la mia tristezza. Ero proprio a pezzi.
 
«Da quando tu hai deciso di evitarmi, cara amica mia. Per caso te l'ha detto Yoongi?»
 
Cambiai subito discorso. «Di che cosa volevi parlarmi, Jongin? Ti ascolto.»
 
«Eh no, non credere che te lo dirò per telefono. Dove sei? Alla Big Hit? Se vuoi possiamo incontrarci nella piscina dell'edificio. Ho un amico che mi fa sempre fare qualche tuffo. È il posto perfetto per parlare.»
 
Annuii. «Come vuoi tu. Ti va bene fra un'oretta?»
 
«No, Yorinie. La mia pausa dura solo mezz'ora. Incontriamoci adesso.»
 
Cavolo. Mi staccai dal muro e svoltai l'angolo dietro cui mi aveva trascinata Soo Jin. Nel corridoio c'erano così tante persone che mi s'incrociarono gli occhi. Dovetti sbattere le palpebre per far tornare la vista normale. A quanto pare tutti volevano fare quell'audizione.
 
«Adesso non posso. Ho un impegno,» risposi senza crederci veramente. Non ero dell'umore adatto per sostenere un provino.
 
«Disdici, Yorin. Questa faccenda riguarda Suga e non posso più rimandare. Chi mi assicura che dopo sarai di nuovo raggiungibile? Potresti sparire come hai fatto fino ad ora... e io devo assolutamente parlare con te, Yorinie. È ora che tu sappia la verità.»
 
Mi si bloccò il respiro in gola. «La verità su cosa...?»
 
«Incontrami e lo scoprirai.»
 
Riattaccò senza darmi il tempo di replicare. Allontanai il telefono dall'orecchio e fissai lo schermo incredula. Ero più confusa di prima. Che intendeva dire con: "Questa faccenda riguarda Suga e non posso più rimandare." A quale verità si riferiva?
 
Lo sapevo che avrebbe voluto parlarmi di Yoongi. Comprendevo l'astio nei suoi confronti, ma non avrei mai pensato che potesse esserci qualcos'altro oltre al fatto che avevano combattuto entrambi per la stessa donna. Yoongi mi stava nascondendo qualcosa...?
 
I dubbi non facevano che infittirsi e la mia curiosità ebbe la meglio sul mio senso del dovere. Tirai fuori dalla mia borsa il cappellino con la visiera e lo indossai velocemente per non far vedere il segno delle cinque dita sulla mia guancia destra. Fottuta Lee Soo Jin. Gliel'avrei fatta pagare.
 
Abbandonai il mio nascondiglio e mi diressi verso le scale. Sapevo di star facendo un torto a Ji Woo, ma ero fermamente convinta che avrebbe potuto capirmi. La mia amica non aveva bisogno di me. Era bravissima e se la sarebbe cavata benissimo da sola. E poi c'era Jungkook a supportarla.
 
Il filo dei miei pensieri andò a farsi benedire quando sbattei contro qualcosa, o per meglio dire qualcuno. Lo riconobbi dalla camicia che stava indossando e allora cercai di sgusciare via senza guardarlo negli occhi, ma purtroppo il badge intorno al mio collo mi tradì senza lasciarmi alcuna via di scampo.
 
Yoongi era furibondo. Non volevo tirare fuori il nome di Soo Jin perché avrebbe significato darle maggiore attenzione. Al contrario, decisi di dare voce ai dubbi che quella stronza mi aveva inculcato nel cervello. Gli domandai se avesse incontrato qualcuno, sperando di non sentire il nome di Soo Jin. I miei pensieri mi tradirono quando gli chiesi se fosse stato con un'altra donna, o se si fosse fatto toccare da qualcuno che non ero io.
 
Feci scivolare la mano sul suo petto e non potei fare a meno di immaginare le mani di Soo Jin che lo accarezzavano proprio dove lo stavo accarezzando io. Ero ricolma di gelosia. Sapevo che erano stati a letto insieme molte volte e che Yoongi non si era di certo fatto pregare per infilarsi tra le sue gambe. Il solo pensiero che potesse aver fatto una cosa tanto intima con il mio uomo... che lo avesse abbracciato, baciato e accarezzato come avevo fatto io... mi mandava in bestia. Ma allo stesso tempo mi rendeva triste.
 
«Mi ami davvero?» gli domandai per ricevere un po' di conforto.
 
Sì. Avevo paura di ciò che mi avrebbe detto Jongin. Ero terrorizzata che potesse far crollare tutte le mie certezze e insinuare il dubbio nel mio cuore già fragile. Ma io volevo sapere questa dannata verità. Se Yoongi mi stava nascondendo qualcosa, avevo tutto il diritto di saperlo.
 
«Ti amo come non ho mai amato nessun'altra,» mi rispose con il cuore in mano, e il peso sul mio petto si alleggerì fino a trasformarsi in un fastidio quasi inesistente. Mi mossi nel suo abbraccio e mi allontanai dal suo petto per guardarlo negli occhi. Era fottutamente sincero.
 
Non volevo mentirgli. Gli dissi che dovevo incontrare qualcuno, ma non specificai chi. Quello era il momento meno adatto per le sue scenate di gelosia. Corsi verso le scale e quasi mi gettai dalla rampa per arrivare al piano in cui si trovava la zona relax. Sì, alla Big Hit avevano anche una fottutissima zona relax, con vasche idromassaggio e una sauna perfettamente funzionante. Di certo non perdevano l'occasione per ricordare a noi comuni mortali quanto fossimo relativamente poveri in confronto a loro. Grazie Big Hit.
 
Una volta arrivata a destinazione, notai che il sistema idromassaggio era stato attivato in una delle tante vasche che occupavano la sala. Le bolle d'acqua si muovevano frenetiche sulla superficie, contaminando l'acqua cristallina con una leggera schiuma che non permetteva di vedere il fondo. Mi guardai intorno e mi accorsi che non c'era nessuno, così decisi di approfittarne per sedermi sul bordo della vasca e immergere i piedi nell'acqua calda dopo aver tolto le scarpe. Tirai un sospiro di sollievo.
 
Cavolo, avevo proprio bisogno di rilassarmi un po'. Per colpa di quella stronza, dovevo avere tutti i nervi del collo tesi. Mi massaggiai la guancia ancora dolorante e borbottai qualcosa tra me e me, promettendo a me stessa di fargliela pagare.
 
Kang Yorin non lasciava mai le cose in sospeso, soprattutto quando si trattava di regolare i conti.
 
Ero completamente concentrata sui miei propositi di vendetta, per questo mi venne quasi un infarto quando dall'acqua emerse la figura alta e statuaria di un uomo. C'era mancato poco che mi mettessi ad urlare come una donnetta.
 
«JONGIN, MA CHE CAVOLO!» sbraitai con una mano premuta sul cuore. Mi lasciai cadere all'indietro e spiaccicai la schiena contro il pavimento mentre le risate di Jongin mi riempivano le orecchie.
 
«Avresti dovuto vedere la tua faccia!» mi prese in giro mentre continuava a ridersela alla grande. Che gran figlio di... No. No, Yorin. Trattieniti. È pur sempre il tuo migliore amico.
 
«Che pezzo di merda.»
 
Meglio. No…?
 
«Scusa, scusa. Ti ho vista seduta lì e non ho potuto resistere.»
 
Il mio cuore perse un battito quando si tirò indietro i capelli bagnati, scoprendo il suo viso a dir poco mozzafiato. Indossava una muta subacquea che gli rimaneva attaccata addosso come una seconda pelle. I suoi muscoli tonici risaltavano attraverso il tessuto aderente e dovetti ripetermi più volte di distogliere lo sguardo per non fargli capire che mi ero accorta di quel piccolo particolare. Jongin si sedette vicino a me, proprio sul bordo bagnato della vasca idromassaggio, e si arruffò i capelli per far cadere l'acqua in eccesso. Il suo viso era fresco e pulito, privo d'imperfezioni.
 
«Oh, andiamo! Era solo uno scherzetto innocente,» affermò ridacchiando. Si dondolò verso di me e mi colpì con la spalla. «Mi hai evitato per una settimana intera. Te lo sei meritato.»
 
La mia fronte si aggrottò, mostrandogli il mio disappunto. «Sai già perché l'ho fatto.»
 
«Perché avevi paura che potessi dire qualcosa di male sul tuo Yoongi?» mi domandò con un tono che mi fece capire quanto fosse arrabbiato. «In questo modo mi hai confermato che state insieme.»
 
In un primo momento non dissi nulla, poi trovai finalmente il coraggio di guardarlo negli occhi per rispondergli come si deve.
 
«Stiamo insieme.»
 
Il sospiro frustrato che gli uscì dalle labbra non riuscì ad impietosirmi. Dirlo era stato strano anche per me, e rivelarlo a Jongin, il mio migliore amico per cui avevo sempre avuto una cotta, fu più strano di quanto avessi immaginato. Pensavo che glielo avrei confessato con un po' d'imbarazzo, ma dopo averglielo detto mi accorsi che l'avevo fatto con un pizzico d'orgoglio.
 
Cosa diavolo mi stava facendo quel dannato Min Yoongi?
 
«Dimmi che non stai dicendo sul serio,» rispose passandosi una mano sulla faccia. «Quindi ci sei seriamente andata a letto?»
 
La mia faccia diventò più rossa di un pomodoro. Quella volta gli avevo detto una bugia, ma ora quella menzogna si era trasformata in una mezza verità. Ecco perché non mi sentivo più tanto in colpa.
 
«Si può sapere perché ce l'hai così tanto con lui? È ancora per colpa di Yoona?»
 
Il suo sguardo s'indurì. I suoi occhi diventarono freddi come il ghiaccio e voltò la testa per guardare verso l'altro lato della sala. Le sue pupille scure fissavano il nulla.
 
«Sì, ma non per il motivo che credi tu.»
 
Ebbi un brivido quando il suono cupo della sua voce mi accarezzò le orecchie. Non avevo mai visto Jongin così serio riguardo a qualcosa, forse solo quando avevamo parlato per la prima volta della morte di Yoona, in riva al fiume Han.
 
«Jongin, ascolta. So che tu e Yoongi non vi sopportate a causa di Yoona. Capisco il tuo risentimento nei suoi confronti, ma non puoi continuare a vivere nel passato.» Abbassai lo sguardo sulle mie mani. «Devi cercare di andare avanti, come ho fatto io. Ora hai Jennie e devi pensare soltanto a lei. Non al ragazzo con cui hai litigato cinque anni fa.»
 
Quello che fece subito dopo mi sconvolse talmente tanto che non riuscii più a capire il flusso dei miei stessi pensieri. Le labbra di Jongin erano premute contro le mie, morbide come me l'ero sempre immaginate. Sbattei gli occhi incredula e il moro mi afferrò gentilmente una guancia per intensificare il bacio. Ero senza fiato mentre osservavo le sue palpebre abbassate e le piccole gocce d'acqua che si staccavano dai suoi capelli umidi, gli scivolavano lungo il viso e si staccavano dalla sua mascella.
 
Dopo un attimo di smarrimento, tornai finalmente alla realtà. Poggiai entrambe le mani sul suo petto e lo spinsi via per obbligarlo a staccare le sue labbra dalle mie, poi gli tirai uno schiaffo che gli fece ricadere la testa verso destra.
 
Jongin non fece una piega. A quanto pare se lo aspettava.
 
«Che diamine fai...» sussurrai incredula mentre risollevava il viso verso di me. Mi toccai il punto incriminato con la punta delle dita. «Tu sei fidanzato...»
 
«No, non lo sono,» affermò guardandomi dritto negli occhi. «Ho lasciato Jennie.»
 
Strabuzzai ancora di più gli occhi. Le mie labbra contaminate si dischiusero per la sorpresa. «Perché?»
 
«Perché mi sono reso conto che non è lei quella che voglio.» I suoi occhi mi scavarono dentro. «Sei tu.»
 
Quante volte? Quante volte avevo desiderato sentirgli dire quelle parole? E ora avrei tanto voluto che se le rimangiasse. Non appena le sue labbra si erano posate sulle mie, il mio pensiero era andato immediatamente a Yoongi. Avevo immaginato il suo volto sorridente, i suoi occhi sottili e la sua mano che mi accarezzava la guancia al posto di quella di Jongin.
 
Quando quest'ultimo mi aveva baciata, non avevo avuto nessun batticuore come avevo sempre fantasticato. Solo una gran voglia di allontanarlo da me e da quelle labbra che, da un po' di tempo a questa parte, appartenevano esclusivamente ad una persona.
 
«Cosa…?» domandai incredula dopo avergli studiato il volto. Era dannatamente serio, e io incredibilmente scioccata.
 
«Saperti insieme a lui mi ha fatto capire che non ti considero soltanto un'amica, Yorinie. E non pensare che te lo stia dicendo per fargli un dispetto. Sto solo cercando di proteggerti, e spero di non essere arrivato troppo tardi.»
 
«Proteggermi da cosa?» chiesi aggrottando le sopracciglia. Di che diavolo stava parlando? Ero sempre più confusa ad ogni parola che pronunciava.
 
«Da Min Yoongi.»
 
Sbuffai per evitare di mostrargli i miei occhi che si sollevavano verso il cielo. «Jongin, non credi che sia fin troppo cresciuta per farmi fare la morale da te? Lo so con chi ho a che fare. Lo so che Yoongi ha una brutta reputazione e che tu lo detesti perché pensi che sia un maledetto puttaniere, ma ti posso assicurare che con me è sincero.» Mi vennero le lacrime agli occhi quando ripensai all'appuntamento della scorsa notte e a tutte le parole dolci che mi aveva detto. «E lo so che sembro una maledetta ragazzina che ha perso la testa per l'idol di turno. Ne sono consapevole. Eppure fidati quando ti dico che Min Yoongi mi ama veramente.»
 
Stavolta fu il suo turno di sbuffare. «Quante cazzate ti ha raccontato per farti diventare così?» Il suo sguardo deluso e amareggiato mi fece male al cuore. «Che fine ha fatto la mia Yorin fiera e combattiva?»
 
Accennai un sorriso mentre muovevo dolcemente i piedi nell'acqua. «Si è innamorata.»
 
Jongin scosse la testa. Si alzò in piedi e mi voltò le spalle per dirigersi fuori dalla sala. Pensai che mi avesse lasciato lì, troppo incazzato per continuare la conversazione, ma poi riapparve con in mano il suo cellulare. Lo osservai mentre si riaccomodava al mio fianco.
 
«Non vorrei farlo, Yorinie... ma purtroppo mi vedo costretto.»
 
Il suo dito compì dei movimenti sullo schermo mentre lo guardavo senza capire. Il cuore prese a battermi velocemente nel petto e la mia coscienza mi urlò di alzarmi e scappare via. Mi supplicò di tapparmi le orecchie e ignorare ogni maldicenza che avrebbe potuto riferirmi su Yoongi. Perché non erano vere. Non potevano esserlo.
 
«Quel tipo è pericoloso, Yorinie. Prima, quando ti ho detto che ti avrei protetta, non mi stavo riferendo al fatto che fosse un puttaniere. Vorrei tanto che fosse soltanto per questo.»
 
Voltò lo schermo del cellulare verso il mio viso prima che potessi alzarmi e fuggire via, e a quel punto la mia curiosità prese il sopravvento. Sgranai gli occhi quando lessi il nome delle due persone presenti nella conversazione.
 
«Yoongi
Avevi detto di volermi parlare. Incontriamoci al nostro solito posto vicino al fiume Han. Intorno alle 22.
 
Yoona»
Ci sarai?
 
«Yoongi
Sì, se ci sarai anche tu.
 
La data di quello scambio di messaggi? 22 dicembre 2015. Il giorno della morte di Yoona.
 
Sentii tutta l'aria che veniva risucchiata via dai miei polmoni. Continuai a guardare lo schermo come se fossi in trans, rileggendo all'infinito quelle poche frasi che erano state in grado di uccidermi dentro. Non riuscivo più a sentire il cuore che mi batteva nel petto.
 
Scossi la testa con le labbra che mi tremavano in modo convulso. «N-No…» sussurrai tornando a guardare Jongin. Mi stava fissando con una pietà che mi fece imbestialire. «No! È una bugia! Yoongi mi ha detto che quella sera stava registrando una trasmissione in diretta tv!»
 
«E allora questo come me lo spieghi?!» urlò Jongin facendomi sobbalzare sul posto. Era la prima volta che alzava la voce con me.
 
Continuai a scuotere la testa e mi alzai in piedi. «Cosa diavolo stai cercando di dirmi?» Mi venne quasi da ridere quando pensai alla prossima domanda da fargli. «Che quella notte Yoongi ha incontrato mia sorella e l'ha uccisa?»
 
Ebbi un brivido lungo la schiena.
 
«Io non sto insinuando niente... Ma questo messaggio che vedi qui è stato cancellato subito dopo la morte di Yoona. Sono stato io a ritrovare il suo corpo e sono riuscito a fare lo screen alla conversazione prima che il suo messaggio sparisse nel nulla.» Indietreggiai di un passo. «E sai chi è stato a cancellarlo?»
 
Mi coprii le orecchie con le mani. «No. No, non dirmelo! Non voglio sentire!» urlai a pieni polmoni mentre stringevo forte gli occhi. «Sta' zitto, Jongin!»
 
«È stato proprio il tuo adorato Yoongi, Yorinie! Quel fottuto pezzo di merda è un bugiardo assassino! E sai perché non l'ho ancora denunciato? Per il semplice fatto che metterebbe nei guai anche Jimin!»
 
Riaprii gli occhi. «Jimin?»
 
«Jimin è un mio caro amico,» affermò riabbassando il telefono. Il suo volto si era addolcito. «Se denunciassi Suga, manderei a puttane anche la sua carriera.»
 
Era tutto privo di senso. Niente di ciò che stavo udendo aveva senso. Indietreggiai ancora e mi girò la testa per l'incredulità. Mi portai una mano sulla fronte e cercai di fare dei respiri profondi con la bocca per evitare di svenire e ritrovarmi distesa sul pavimento.
 
«Non ti credo...» dissi in un attimo di lucidità. Jongin mi guardò come se gli avessi appena sputato in faccia. «Io mi fido di Yoongi. Non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere. Non alla donna che amava!»
 
«Bene,» rispose alzandosi in piedi. Si avvicinò e mi afferrò il polso per sistemarmi il telefono tra le dita della mano destra. Mi guardò dritto negli occhi mentre mi sussurrava a un centimetro dalla faccia, «Allora perché non vai a chiederglielo tu stessa?»
 
▫️▪️▫️▪️
 
Il mondo mi era appena crollato addosso. Le mie dita non smettevano di stritolare il pomello mentre guardavo il mio presunto ragazzo con la mano di un'altra donna infilata nelle mutande. Ma ciò che mi fece più male fu il suo sguardo, chiaramente voglioso per quella sgualdrina.
 
Stava per venirmi da vomitare.
 
«Bastardo puttaniere,» riuscii a dirgli prima di voltargli le spalle e dirigermi verso una direzione ignota.
 
Non avevo idea di dove stessi andando. Non sapevo come fare a calmarmi per evitare di tornare indietro e spaccargli la faccia. Peccato che non ce ne fu bisogno perché mi sentii strattonare indietro con una forza che mi fece quasi perdere l'equilibrio.
 
Mi ritrovai Yoongi a un palmo dal naso.
 
«Yorin... Yorin, ti prego...»
 
Stava per mettersi a piangere dalla disperazione. Aveva la camicia sbottonata, i capelli sfatti e l'espressione distrutta di un condannato a morte. Si avvicinò e mi posò le mani sulle braccia.
 
«Sono un idiota...» sussurrò contro la pelle della mia fronte, sfregandovi poi la punta del naso. Strinse forte gli occhi e digrignò i denti come se volesse trattenersi dallo scoppiare in lacrime. «Sono un fottuto idiota, Yorin... Sono un deficiente...»
 
Mi liberai subito dalla sua stretta. Lo spinsi via nel peggior modo possibile e Yoongi si ritrovò a fare due passi indietro. Mi allontanai ancora di più e lo guardai con rabbia, stringendomi le mani intorno al corpo, proprio lì dove aveva appoggiato le dita.
 
«Non mi toccare,» sibilai con una rabbia che non gli avevo mai mostrato. «Non mi toccare con quelle mani schifose, lurido bastardo! Mi fai schifo, hai capito?! MI FAI SCHIFO!»
 
Ero furiosa. Provavo talmente tanto disgusto che mi veniva la pelle d'oca al solo pensiero delle sue mani che mi toccavano. E i brividi non erano di certo per il piacere. Indietreggiai ancora e gli occhi di Yoongi si riempirono di lacrime, ma nessuna di queste gli rigò il viso. Si morse il labbro inferiore e si passò le mani tra i capelli, stringendo con forza le ciocche bionde mentre sollevava lo sguardo per trattenersi dallo scoppiare in lacrime.
 
Stava sicuramente inveendo contro sé stesso.
 
«E ora che ci sei, spiegami anche questa!» Gli lanciai addosso il cellulare che tenevo in mano e lo presi in pieno petto. Yoongi riuscì ad afferrarlo all'ultimo secondo, prima che scivolasse a terra e si schiantasse sul pavimento. Era completamente spaesato mentre abbassava lo sguardo sullo schermo ancora acceso. «Come diavolo ho fatto a fidarmi di te... Che stupida...»
 
Gli occhi del biondo si sgranarono all'inverosimile quando lesse i messaggi catturati dallo screen di Jongin. Sollevò lo sguardo su di me e poi lo riabbassò sullo schermo, poi lo puntò nuovamente nel mio. Dischiuse le labbra.
 
«Come fai a-» Si bloccò quando le parole gli morirono in gola. Era più pallido del solito. «Chi te lo ha inviato...?»
 
Caddi ancora di più nell'abisso che mi si era aperto sotto i piedi. Non lo stava negando. Non stava negando che fosse stato lui ad inviare quel messaggio. Anzi, mi aveva appena domandato come avessi fatto ad entrarne in possesso, confermando ogni mio più piccolo sospetto. Quella notte aveva chiesto a Yoona d'incontrarlo al fiume Han. La stessa notte in cui lei era stata uccisa.
 
Se fino ad un momento fa avevo un minimo barlume di speranza, Yoongi lo aveva appena stroncato senza pietà.
 
«Mi avevi detto di avere un alibi,» sussurrai con rabbia mentre stringevo forte i pugni. «Mi avevi detto che non potevi essere stato tu perché a quell'ora stavi partecipando ad una diretta tv. Allora perché diavolo le hai chiesto d'incontrarti? PERCHÉ?!» urlai istericamente attirando l'attenzione dei presenti. Si voltarono tutti a guardarci. «E io mi sono anche fidata, Yoongi. Mi sono fidata di te... Dio mio, non posso credere che tu-»
 
Cercai di trattenere il magone che mi stava stringendo la gola. Gli occhi mi pizzicavano da morire ma non volevo piangere di fronte a lui. Volevo solo che mi desse una spiegazione che potesse liberarmi da quel pensiero orribile che si era impossessato della mia testa. Ero talmente terrorizzata che iniziai a tremare.
 
«Yorin, ti posso spiegare,» sussurrò con la voce che gli tremava. Aprì la bocca per parlare ma la richiuse subito dopo. Mi venne voglia di urlare.
 
«E allora parla, maledizione! PARLA!» urlai a squarciagola mentre vedevo arrivare Namjoon insieme a tutti gli altri. Rimasero a distanza di sicurezza quando capirono che eravamo noi a fare tutto quel casino. I loro sguardi si spostarono da me a Yoongi. «Spiegami perché mi stavi tradendo con quella lurida puttana! Spiegami perché hai chiesto a Yoona d'incontrarti proprio la notte in cui è morta! SPIEGAMI PERCHÉ CAZZO DOVREI CREDERTI!»
 
Yoongi lasciò cadere il telefono a terra e si avvicinò a me agguantandomi il viso con entrambe le mani. Era un concentrato di tristezza e disperazione mentre mi fissava dritto negli occhi.
 
«Yorin... Yorin, tesoro... Devi calmarti, okay?» Poggiò la fronte contro la mia e mi accarezzò amorevolmente le guance. «Ti spiegherò tutto, te lo prometto. Ma prima devi cercare di calmarti. Fallo per me, ti prego.»
 
Solo in quel momento, mi resi conto che stavo respirando come se mi mancasse l'aria. Come se avessi un attacco d'asma. Mi portai una mano sul cuore impazzito e sospirai incredula quando un singhiozzo di dolore mi sfuggì dalle labbra. Yoongi cominciò a massaggiarmi la schiena con dei movimenti premurosi e circolari, schiacciandomi contro il suo petto con la speranza di tranquillizzarmi. Sentivo il suo profumo nelle narici.
 
«Scoprirò la verità,» gli sussurrai nell'orecchio visto che ce l'avevo all'altezza delle labbra. Il suo corpo s'irrigidì quando gli posai le mani sulle spalle per avvicinarmi ancora di più al suo viso. Ci stavamo abbracciando, ma le mie dita stritolavano la stoffa della sua camicia come se avessero voluto farla a pezzi. Con le labbra sfiorai uno degli orecchini argentati che gli pendevano dal lobo. «Scaverò a fondo in questa faccenda, a costo di farti finire in galera, Min Yoongi,» gli sussurrai minacciosamente mentre gli stringevo le spalle con mani tremanti. «È una promessa.»
 
Il mio amore si era trasformato in odio. Ogni fibra del mio essere era disgustata dal tocco di quel ragazzo che fino a qualche minuto prima adoravo con tutta me stessa. E i miei pensieri non facevano altro che mostrarmi immagini terribili, fantasie che mi avrebbero portato all'esaurimento se solo si fossero rivelate esatte.
 
Le mani di Yoongi, quelle stesse mani che mi avevano toccato e accarezzato con una dolcezza inimmaginabile, forse avevano spinto mia sorella giù dal ponte del fiume Han. Quegli occhi sottili eppure così espressivi, che la maggior parte delle volte dicevano tutto e niente, probabilmente avevano visto morire Yoona. La mia Yoona.
 
Mi tornarono in mente tutte le volte che Yoongi aveva evitato il discorso, arrabbiandosi al semplice accenno di mia sorella. E come mai si era interessato proprio a me? Non era strano che tra tutte le persone avesse messo gli occhi proprio sulla sorella della sua ex?
 
Mi sentivo sempre più stupida e disgustata. Disgustata che gli avessi permesso di toccarmi in un modo tanto intimo e profondo. Disgustata che gli avessi dato la mia fiducia per poi sorprenderlo tra le gambe di Soo Jin, come se io non contassi niente per lui. Come se fossi soltanto un passatempo.
 
Ero terrorizzata all'idea che potessi aver donato il mio cuore all'omicida di mia sorella. Che lui mi avesse solo presa in giro per un suo malsano desiderio di far fuori anche me.
 
«Yorin, lo so che può sembrare assurdo... Ma devi ascoltarmi, ti scongiuro... Devi fidarti di me...»
 
Lo spinsi ancora una volta per allontanarmi dalle sue mani schifose. «Fidarmi di te...?» domandai incredula. «Come pensi che possa fidarmi di te dopo quello che ho visto?! Mi avevi giurato di amarmi, Min Yoongi!» urlai a pieni polmoni e con le lacrime agli occhi. «Mi avevi detto che non ti saresti mai fatto toccare da un'altra donna, ma solo ora capisco che erano tutte stronzate! Tutto ciò che mi hai raccontato erano solo un mucchio di stronzate!»
 
«No! No, Yorin... Non è vero! Io-»
 
Venne bloccato da Namjoon, che gli impedì di fare un ulteriore passo verso di me. «Non qui. È meglio discuterne in privato,» affermò il Leader trattenendo Yoongi per le spalle. Si guardò intorno e io seguii il suo sguardo.
 
Eravamo accerchiati da una folla di curiosi. Quando mi voltai indietro, notai che Taehyung stava camminando verso di me.
 
«Yorin, andiamo a parlarne da un'altra parte,» mi sussurrò all'orecchio con una dolcezza che mi fece accapponare la pelle. «Sei fuori di te e stai facendo insinuazioni assurde. Chiaritevi quando vi sarete dati una calmata.»
 
Mi allontanai anche da lui. «Insinuazioni assurde?» sibilai tra i denti guardandolo in cagnesco. «Siete voi quelli assurdi! Non so se state cercando di coprirlo come avrete già fatto in passato, ma giuro che ve la farò pagare,» gli promisi stringendo forte i pugni. «Vi farò pentire di avermi incontrato, Bangtan Sonyeondan. Lo giuro sulla mia defunta sorella. Se dovessi affondare, vi trascinerò giù insieme a me. Parola di Kang Yorin.»
 
YOONGI'S POV
 
La vidi superare la folla e sparire di fronte ai miei occhi. E proprio in quel momento, la mia disperazione raggiunse un livello talmente profondo da farmi crollare in ginocchio sul pavimento. Namjoon cercò di tirarmi su, ma a nulla valsero i suoi sforzi.
 
«Hyung,» mi sussurrò all'orecchio con tono autoritario mentre s'inginocchiava al mio fianco. «Alzati. Devi alzarti. Non puoi farti vedere così.»
 
Non lo sentii nemmeno. La mia testa fluttuava in un limbo di pensieri che mi stavano trascinando sempre più giù. Non riuscivo più a tornare a galla.
 
Seokjin ci raggiunse e aiutò Namjoon a rimettermi in piedi, trascinandomi nuovamente nello spogliatoio da cui ero uscito. Soo Jin era ancora là dentro, ma io non la degnai di uno sguardo mentre mi lasciavo cadere su una sedia a caso. Chinai il capo e mi artigliai i capelli con le dita. Stavo per impazzire.
 
«Fuori di qui,» disse la voce severa di Namjoon. Sollevai debolmente la testa e vidi il Leader che recuperava la maglietta di Soo Jin dal pavimento per lanciargliela dritta in faccia. «Non ti voglio più vedere, maledetta vipera. Fuori oppure chiamo la sicurezza. FUORI!» urlò come un ossesso afferrandola per un braccio. La trascinò verso l'uscita sul retro, spalancò la porta e la gettò fuori come se fosse un sacco della spazzatura. Richiuse la porta con un tonfo.
 
«Hyung,» mi chiamò Hoseok. Voltai il viso distrutto verso di lui e incontrai i suoi occhi increduli. «Che cosa hai fatto…?»
 
Riabbassai le palpebre e sussurrai, «Ho mandato tutto a puttane.»
 
▪️▫️▪️▫️
 
«Che facciamo se lo vede?» domandò Jimin cercando di mantenere un tono di voce basso. «Io penso che la prenderebbe malissimo.»
 
Hoseok sollevò gli occhi al cielo. «Ma davvero, Jiminie? E io che pensavo avrebbe fatto una festa.»
 
«Ma chi è il deficiente che ha comprato un giornale di gossip?!» si lamentò Seokjin passando in rassegna i volti degli altri membri che erano seduti intorno al tavolo della cucina.
 
«Io no,» rispose Jungkook tirandosene fuori.
 
«Io no,» ripeté Taehyung seguendo l'esempio del Maknae.
 
Tutti gli sguardi puntarono verso Jimin.
 
«Io... forse?»
 
Un coro d'imprecazioni si sollevò dal nulla e Namjoon ringhiò per la frustrazione, passandosi una mano tra i capelli ancora umidi per via della doccia. «Fatelo sparire. Yoongi-hyung non deve vederlo.»
 
«Cosa non devo vedere?»
 
Le mie parole li paralizzarono sul posto. Tutti tranne Jimin, che si lanciò sul tavolo non appena udì il suono della mia voce. Afferrò il giornale alla velocità della luce e spalancò lo sportello del forno, gettandovelo dentro. Tornò a guardarmi come se non avesse appena fatto qualcosa di completamente inspiegabile. Lo fissai scioccato.
 
«H-Hyung,» balbettò Hoseok. «C-Come mai così mattiniero? Di solito dormi fino alle due del pomeriggio. Ti sei scordato che oggi è il nostro giorno libero?»
 
«Non ho dormito un cazzo,» sussurrai con voce roca e spossata. Mi sentivo uno schifo mentre abbandonavo la testa contro la parete al mio fianco. Dovevo avere un aspetto tremendo. «Comunque, cosa mi state nascondendo? Credete che sia davvero così deficiente da non essermene accorto?»
 
Taehyung singhiozzò improvvisamente e si coprì la bocca con la mano, guardandomi come se avesse appena rivelato un segreto impronunciabile. Sollevai un sopracciglio.
 
«Ma chi? Noi?» domandò Jimin mentre si posizionava con nonchalance davanti al forno. «Sei diventato paranoico, Hyung?»
 
Jungkook sniffò l'aria. «Cos'è questa puzza di bruciato?»
 
«LA MIA TORTA!» urlò Seokjin alzandosi di scatto dalla sedia per spostare Jimin. «Il tuo stupido giornale sta intossicando la mia torta!»
 
«Meno male che non l'hai messo nel forno a microonde,» disse Jungkook rivolgendosi a Jimin. Sembrava piuttosto sollevato. «Sarebbe potuto esplodere.»
 
Hoseok roteò gli occhi al cielo. «Jungkook, per la centesima volta: i microonde non esplodono.»
 
«Sì invece! Sono spaventosi!»
 
Seokjin afferrò una presina e aprì di nuovo lo sportello del forno, lanciando via la rivista mezza bruciacchiata che atterrò dritta sul tavolo. Guardai il giornale e poi guardai loro. Loro guardarono me e poi Seokjin, che stava chiedendo alla torta se fosse tutto a posto. Strinsi forte i pugni.
 
M'incamminai verso il tavolo ma Taehyung afferrò la rivista prima che potessi dargli un'occhiata. «Lascia stare, Hyung! Lo ha comprato Jimin. Sai che gli piace tenersi sempre aggiornato. Non per niente lo chiamiamo pettegola!»
 
«Dammi quel coso, Taehyung,» gli ordinai con voce minacciosa, indicandogli di metterlo giù. «Conto fino a tre. Uno, due-»
 
«Va bene, ne ho abbastanza! Fateglielo vedere,» s'intromise Namjoon strappando la rivista di mano a Taehyung. «Tanto verrà a saperlo comunque. È inutile mandare avanti questa sceneggiata. Togliamoci subito il pensiero.»
 
Lanciò la rivista nella mia direzione e abbassai la testa per leggere il trafiletto in prima pagina. A causa delle bruciature, non riuscii a capire subito cosa ci fosse scritto. Ruotai il giornale verso di me e assottigliai gli occhi mentre davo un'occhiata alle foto incenerite dell'articolo. Non si capiva chi fossero le due persone paparazzate.
 
"Kai degli EXO con una nuova fiamma? Il giovane ballerino, rapper e sub-vocalist della nota boy band, è stato sorpreso durante un inaspettato momento d'intimità con una ragazza dai lunghi capelli scuri. Ciò che sorprende di più è che sia avvenuto in un luogo che non ha niente a che fare con l'idol della SM Entertainment. La Big Hit non ha ancora rilasciato una dichiarazione ufficiale che possa spiegare la sua presenza nella loro vasca idromassaggio. Da questi pochi scatti rubati, sembra che Kai abbia pienamente apprezzato il suo soggiorno nell'agenzia rivale. Che la ragazza misteriosa sia una nuova promessa della Big Hit? Già si specula sui futuri Giulietta e Romeo dell'industria k-pop."
 
Continuai a fissare quelle poche righe con il fiato bloccato nei polmoni. Intorno a me c'era un silenzio di tomba, che divenne ancora più marcato quando sollevai lo sguardo per incontrare i loro occhi pieni di pietà e dispiacere. Portai la mano nella tasca posteriore dei miei pantaloni e tirai fuori il cellulare per fare una veloce ricerca su internet e dare un'occhiata alle foto bruciacchiate del giornale.
 
Sul mio volto non apparve nessuna espressione quando vidi le labbra di Kai premute contro quelle di Yorin. Sapevo che era lei, avrei potuto riconoscerla ad occhi chiusi.
 
«Quando?» domandai semplicemente. «Prima o dopo?»
 
Fu Namjoon a rispondere, diretto come il suo solito. «Prima.»
 
Con uno scatto d'ira, scaraventai il cellulare contro il tavolo, riducendolo in mille pezzettini. Vidi Hoseok e Taehyung indietreggiare mentre cercavo di contenere la rabbia che mi stava infuocando i polmoni. Digrignai i denti e strinsi forte i pugni, conficcandomi le unghie nei palmi delle mani.
 
Stavano tutti in silenzio. Nessuno di loro aveva il coraggio di dire una parola mentre mi mordevo il labbro inferiore a sangue, immobile al mio posto, con la testa per aria e il cuore in frantumi.
 
«Ti faccio una camomilla?»
 
Puntai gli occhi in quelli di Seokjin. Teneva in mano la sua maledetta torta e mi fissava con quello sguardo premuroso che mi fece stare ancora peggio. Mi venne quasi da ridere.
 
Sogghignai e girai i tacchi prima che potessi scoppiare definitivamente in lacrime. Salii le scale e mi rifugiai nell'oscurità della mia stanza, sbattendomi la porta alle spalle prima di scaraventare tutto all'aria con la speranza di far scemare la mia ira. Mi sbarazzai di tutto ciò che tenevo sulla scrivania e poi infierii contro il muro alla mia destra. Lo presi a calci, a pugni e a spallate, come se potessi far cessare il dolore che sentivo nel petto, o estinguere quella vocina che continuava a risuonarmi nella testa.
 
Lo sapevi che sarebbe successo.
Che avresti sofferto di nuovo.
 
«Hyung!» mi bloccò Namjoon afferrandomi per le spalle, impedendomi di dare un altro pugno al muro. Non mi ero neanche reso conto che fosse entrato nella mia stanza. Decisi di abbandonarmi contro di lui, inspirando più aria possibile per darmi una calmata.
 
Farmi del male non sarebbe servito a niente. Non avrebbe mandato via quella sensazione fastidiosa all'altezza dello stomaco. Non avrebbe cancellato il ricordo delle labbra di Jongin su quelle di Yorin, o della sua mano poggiata dolcemente sulla sua guancia. Farmi del male non avrebbe rimosso quelle immagini dalla mia testa.
 
«Ecco cosa succede quando cerchi di mandare avanti una relazione in cui non c'è fiducia reciproca,» sussurrai mentre scivolavo sul pavimento. Quel dolore familiare era tornato, proprio lì, all'altezza del cuore, insieme a quella tremenda gelosia che mi stava mangiando vivo. «È tutto come allora, Namjoon. Sta succedendo di nuovo. Lei mi ha tradito. Io l'ho tradita,» sogghignai con le lacrime agli occhi. «È proprio per questo che l'amore fa schifo. È sempre la stessa storia.»
 
Nam si avvicinò al mio orecchio. «Allora questa volta cerchiamo di farla finire diversamente.»
🔼🔼🔼

ᗩngolo.ᗩutore

Ciao a tutti! Finalmente riesco ad aggiornare con un capitolo piuttosto movimentato. Se la scorsa volta era toccato a Soo Jin, stavolta è Jongin a mettere i bastoni tra le ruote a Yoongi e Yorin. Ma al contrario della vipera (come Namjoon ha saggiamente deciso di soprannominare Soo Jin), Kai sembra avere delle ottime motivazioni per allontanare la sua amica (non più tanto amica) da Yoongi.

Quel messaggio è di sicuro sospetto, e Yorin ha perso completamente la fiducia che riponeva  in Yoongi, soprattutto dopo averlo beccato in quella situazione. Come possiamo darle torto? 🤔

Ho cercato di alleggerire un po' l'atmosfera inserendo delle scenette comiche con i Bangtan. Ormai si è capito che li uso principalmente per farvi ridere 😂

Ah, ho anche deciso di cambiare l'anno della morte di Yoona perché mi sono resa conto che alcune cose non combaciavano. Quindi non sono passati cinque anni dalla morte di Yoona, ma soltanto tre 👍🏻

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che aspettiate con ansia il prossimo ❤️ Fatemi sapere cosa ne pensate! Un bacione e al prossimo capitolo 😘

Instagram: btsuga_d


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Capitolo 30
*** Shame ***


Hook-Up
❖ Shame



⚜⚜⚜

YORIN’S POV
 
\Start Flashback/
 
Il sole primaverile era caldo sulla mia pelle bianca. All’ombra di un albero, con il viso rivolto verso il cielo, osservavo le poche nuvole modellate dal vento e dalla mia fantasia. Mi divertiva farlo, forse per sfuggire alla realtà di tutti i giorni e rifugiarmi nella mia immaginazione.
 
«Che cosa vedi?»
 
La voce di Yoona non mi sorprese più di tanto. Si sedette accanto a me mentre io tenevo le ginocchia premute contro il petto, gli occhi fissi sulle nuvole.
 
«Qualcosa che non riesco a distinguere,» risposi con voce piatta e lontana. «Forse il mio futuro.»
 
«Yorin… Non è la fine del mondo. Okay, hai perso il lavoro. Ma ne troverai subito un altro, tranquilla.»
 
«È già la terza volta, Yoona!» scoppiai, voltandomi finalmente a guardarla. I suoi occhi castani erano identici ai miei. L’unica differenza era la scintilla di frustrazione nelle mie pupille, in contrasto con quelli fermi e decisi della mia gemella. «E non era neanche un lavoro come si deve. Lavoravo part-time alla caffetteria dietro l’angolo. Avremo di nuovo problemi di soldi.»
 
Mia sorella si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Oggi era più bella del solito, il suo viso scintillava. «No, non li avremo. Mi hanno preso come trainee alla SM Entertainment. Io e Jongin ci trasferiamo domani nel dormitorio.»
 
La guardai scioccata. «Tu e Jongin?»
 
«Già. Dopo tutti i nostri sforzi, finalmente ce l’abbiamo fatta. Ci hanno notato. Jongin farà parte di un gruppo mentre io debutterò come solista.» Un piccolo sorriso le stirò le labbra mentre appoggiava il mento contro il suo ginocchio. Il suo sguardo si perse all’orizzonte. «Mi mancherai tanto.»
 
Senza che potessi impedirlo, delle piccole lacrime mi appannarono gli occhi. La figura sfocata di mia sorella si mosse verso di me, inglobandomi nel suo abbraccio. Le sue dita si chiusero intorno alle mie spalle.
 
«E me lo dici così?» l’accusai. Tuttavia, mi schiacciai ancora di più contro di lei, seppellendo la faccia nell’incavo del suo collo. «Lascerai me e la mamma da sole? Sai che abbiamo bisogno di te.»
 
«Me ne vado per aiutarvi. Siamo pieni di debiti da quando papà è morto, e tu non hai fatto altro che lavorare per estinguerli mentre io trascorrevo le giornate in sala prove. Ora è arrivato il momento di ripagarti.» Si allontanò, agguantandomi il viso per guardarmi in faccia. I nostri occhi s’incontrarono. «Vi farò vivere nel lusso, a te e alla mamma. Non dovremo più vivere di stenti. Io… posso fare qualcosa per rendere migliore la nostra vita.»
 
«Ne hai già parlato con la mamma?» domandai tirando su col naso. Yoona mi sorrise.
 
«È stata lei a dirmi che eri qui. Voleva che ti consolassi.»
 
La mamma sapeva quanto fossimo legate io e Yoona. Non averla accanto avrebbe aperto una spaccatura nel mio cuore, uno squarcio che si sarebbe ingrandito per colpa del mio migliore amico. Mi stavano lasciando, tutti e due. Mia sorella e il ragazzo per cui avevo una cotta stavano per oltrepassare quel limite invalicabile. La porta che li avrebbe condotti verso la celebrità. Un impedimento per noi comuni esseri umani.
 
«Diventerai inavvicinabile,» mormorai tra me e me. «Ti allontanerai. Non verrai più a trovare me e la mamma. Riusciremo a vederti soltanto in tv.»
 
Mia sorella scoppiò a ridere, una risata di scherno che portava dentro di sé una tenerezza mal celata. «La celebrità non è poi così male, Yorinie. E lo sai perché?» Scossi la testa. «Perché la gente ti ascolta. Ti dà retta. Ogni cosa che esce dalla tua bocca fa notizia. Non verrai più messa da parte.» Il suo sguardo si perse in lontananza. «Non verrai più ignorata.»
 
«Perché?» le domandai nonostante conoscessi già la risposta. «Perché hai bisogno di farti notare?»
 
«Per sentirmi viva.»
 
\End Flashback/
 
▫◦▫◦▫
 
Mi risvegliai di soprassalto, in quella stanza buia e rivoltata come un calzino. Puntai lo sguardo sui muri bianchi, ora in penombra, e poi ridiscesi con gli occhi in corrispondenza delle mattonelle color avorio. Sul pavimento c’era di tutto. Cartacce, bottiglie di plastica e lattine di birra mezze vuote, mozziconi di sigaretta e cuscini del divano che erano finiti chissà come sul tappeto rosso che delimitava il tavolo di legno in prossimità della finestra. Un odore acre mi pizzicò le narici.
 
«Sei sveglia?»
 
La voce di Jongin mi ridestò completamente. Sollevai il capo dal divano e lo voltai verso il ragazzo seduto al tavolo. Teneva una gamba incrociata sull’altra e una sigaretta tra le mani. I suoi occhi mi scrutavano con un bagliore angosciato e premuroso.
 
«Che ore sono?» domandai massaggiandomi la tempia. Avevo un mal di testa tremendo, forse a causa di tutte le lacrime che avevo versato la notte scorsa. O della birra che mi aveva annebbiato il cervello. «E da quand’è che fumi?»
 
Jongin si portò il mozzicone di sigaretta alla bocca per fare un tiro. «Le nove del mattino. E fumo da circa due anni. Posso farlo solo in casa mia visto che al dormitorio mi spellerebbero vivo. Per fortuna nessuno se n’è ancora accorto.» Fece una pausa e cambiò l’incrocio delle gambe. «Non dovresti andare a lavoro?»
 
Sentii la rabbia crescermi dentro. «Lavoro? Quale lavoro?» Strinsi forte i pugni mentre i miei occhi si concentravano sulla pelle del divano sotto le mie dita. «Io non ho più un lavoro.»
 
«Quindi il tuo contratto con Suga non è più valido?»
 
Inspirai furente quando udii quel nome scivolare via dalle labbra di Jongin. Mi afferrai la testa con entrambe le mani, stringendo le palpebre fino a farmi male. Sussultai non appena percepii una stretta rassicurante che aderì perfettamente alla mia schiena. Il respiro di Jongin mi solleticò l’orecchio.
 
«Mi fa male vederti così,» sussurrò sfiorandomi il lobo con la punta del naso. Rabbrividii. «Cosa posso fare per aiutarti, Yorinie?»
 
«Mi sento come se il mondo intero mi avesse tradita,» affermai con voce velenosa. La rabbia trattenuta nel mio cuore si espanse al resto del corpo. Ero un fuoco di rabbia e risentimento. «Yoongi mi ha tradito. Tu mi hai tradito.» Mi voltai verso di lui, incontrando il suo sguardo pietoso nei miei confronti. Mi venne il voltastomaco. «Tu lo sapevi. Avevi una prova e non hai detto niente alla polizia.» Tremavo di rabbia e la mia voce esplose. «Non hai detto niente a me
 
«Ho sbagliato,» affermò serio. Il suo sussurro era miele contro il mio orecchio. «Ho sbagliato a non dirtelo. Hai ragione. Avevi tutto il diritto di saperlo.»
 
«E quando te ne sei reso conto, esattamente?!» sbraitai allontanandomi brutalmente dal suo tocco. «Quando l’assassino di mia sorella aveva tutta l’intenzione di scoparmi? E magari uccidermi per completare l’opera?!»
 
«Ti ho tenuta d’occhio, Yorinie. Ero preoccupato per te e ho continuato a chiamarti perché mi ero reso conto che vi stavate avvicinando troppo!» urlò a sua volta. «Ero terrorizzato. Terrorizzato che avrebbe potuto farti del male. E allora ho capito che volevo proteggerti. Volevo disperatamente proteggerti, Yorinie. Non facevo altro che pensare a te, e Jennie se n’è accorta.» Si avvicinò nuovamente, gattonando come un felino verso la mia direzione. Il suo corpo era sopra il mio e la sua ombra mi sovrastava. «E anch’io mi sono accorto che la nostra non è mai stata una semplice amicizia.  Almeno non da parte tua.»
 
Lo fissai negli occhi. I miei erano spalancati, forse per dare un fottutissimo senso alle sue parole. «Che stai dicendo?»
 
«Sto dicendo che tu hai sempre provato qualcosa per me.» Il suo naso sfiorò il mio quando si abbassò verso il mio viso. «O mi sbaglio?»
 
Gli posai una mano sul petto per impedirgli di diminuire la distanza fra noi. La sua camicia sbottonata era morbida sotto il tocco delle mie dita. «Forse una volta,» sussurrai decisa. I miei occhi non abbandonarono mai i suoi. «Adesso non lo so più. Voi uomini mi fate schifo.»
 
Non si rabbuiò alla mia affermazione, non sembrava neanche essersi offeso. Al contrario, piegò un angolo delle labbra per mostrarmi un sorrisetto di assoluta comprensione. «Non tutti gli uomini sono dei figli di puttana.»
 
«Quelli che ho conosciuto io sì.»
 
Ridacchiò ancora. «Mi stai dando del figlio di puttana?»
 
Non risposi. Il respiro nel mio petto diventava sempre più corto ad ogni pensiero che mi balenava in testa, ad ogni ricordo che cercavo disperatamente di scacciare. Nonostante cercassi di mostrarmi forte, stavo soffrendo peggio di un cane. Il cuore mi faceva male da morire ogni volta che pensavo a Yoongi. A quello che aveva fatto ieri. A quello che forse aveva fatto a mia sorella. Ma come potevo esserne sicura? Le suppliche che mi aveva rivolto per farsi perdonare continuavano a vorticarmi in testa e chiusi di nuovo gli occhi per cercare di zittirle.
 
«Voglio sapere cos’è successo quella notte,» sussurrai con una mano premuta sopra la tempia. Sentivo ancora il peso di Jongin che mi sovrastava. «Ma non mi fido più di Yoongi. Anche se dovessi andare a parlare con lui, so che non gli crederei. Non dopo quello che ho visto.»
 
«Allora cos’hai intenzione di fare?» mi domandò il ragazzo accarezzandomi il collo con il suo fiato. Mi spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Andrai alla polizia?»
 
Riuscii a malapena a trattenere uno sbuffo. «E cosa pensi che farà la polizia? Ci ho pensato, e sai che ti dico? I BTS sono troppo potenti. Hanno la capacità di mettere a tacere chiunque, altrimenti come avrebbero fatto a scamparla fino ad adesso?» Il mio sguardo si perse in un punto fisso dietro le spalle di Jongin. «Sono stata un’idiota. Ho avuto compassione per loro e non mi sono resa conto che non ne avevano alcun bisogno. Potrebbero tapparmi la bocca in qualunque momento. E sono sicura che hanno già contattato qualche loro amico della polizia per metterlo in guardia.»
 
«Metterlo in guardia da cosa?»
 
Sospirai. «Da me.»
 
«Ricordati che io ho una prova,» mi rammentò lasciandosi cadere al mio fianco. Il divano di pelle si appiattì sotto il peso di entrambi. «Posso aiutarti. Basta chiedere.»
 
Socchiusi le palpebre per poi riaprirle subito dopo. «Vuoi davvero aiutarmi?» Jongin annuì lentamente, gli occhi fissi nei miei. «Allora fammi debuttare.»
 
Pensai di essermi immaginata il suo sussulto. Aveva smesso di respirare. Mi voltai su un fianco, piegai il gomito e mi sostenni la tempia con una mano mentre lo fissavo senza alcuna espressione, aspettando che il suo cervello elaborasse la mia richiesta.
 
«Cosa…?»
 
«Fammi debuttare,» gli ripetei senza esitazione. Aprì la bocca per parlare, ma io non glielo permisi. Gli posai l’indice sulle labbra mentre mi guardava interdetto, la fronte corrugata per lo sforzo di comprendermi. «So cosa stai per dirmi. Che devo essere impazzita. Ma pensaci, Jongin. In questo momento c’è troppo squilibrio tra me e i BTS. Ho bisogno di pormi sul loro stesso livello se voglio uno scontro alla pari.»
 
Il moro sbatté le palpebre. «Vuoi batterti con loro?»
 
«Voglio dichiarargli guerra.»
 
Non m’importava se in quegli ultimi mesi ero persino arrivata a considerarli delle persone importanti. Non mi importava delle confessioni d’amore di Yoongi, delle chiacchierate confidenziali avute con Taehyung o della tenera gelosia di Jungkook. Non m’importava delle grasse risate fatte con Jin, Hoseok e Jimin, o di quell’apprensione che il loro Leader, Kim Namjoon, voleva far passare per autorità.
 
La fiducia che nutrivo nei loro confronti si era dissolta non appena avevo posato gli occhi sul loro tradimento. E non mi riferivo soltanto a quello carnale di Yoongi, ma soprattutto a quello commesso nei confronti di mia sorella. Se i BTS c’entravano davvero qualcosa, gliel’avrei fatta pagare cara. A costo di affondare io stessa.
 
Ma per entrare in possesso della verità non bastava una misera denuncia alla polizia. Lo sapevo bene. Le mie armi non erano all’altezza delle loro. In tutti i sensi. In fondo avevano un maledetto esercito di fans che li difendeva da ogni calunnia. Io cos’avevo? Nulla. Era solo la mia parola contro la loro. Avrei potuto mandare avanti Jongin al posto mio, ma non ero il tipo di donna che lasciava combattere un uomo al posto suo. Volevo sporcarmi le mani. Volevo piazzarmi in prima linea e attaccare con le unghie e con i denti.
 
Alcune volte la fama poteva distruggerti, piegarti in due, ma altre volte aveva il potere di proteggerti come un’armatura. Grazie a lei diventavi intoccabile. E io ero sicura che i BTS fossero diventati antiproiettile a causa di tutti i colpi che si erano presi in passato. Dovevo solo trovare il modo di annientare quella corazza che si portavano dietro. Ma come?
 
Creando il mio esercito personale.
 
«Ti va di diventare il generale che condurrà la mia armata alla vittoria?» domandai a uno Jongin ancora stralunato. «Allora aiutami a debuttare. Solo così riuscirò a scoprire la verità.»
 
«Sei davvero disposta a farlo? A lanciarti sotto i riflettori per indagare su un caso che è stato archiviato tre anni fa?»
 
Le mie iridi color cioccolato bruciarono di rabbia. «Mi butterei nel fuoco per dare a mia sorella la giustizia che merita! Ho cercato in tutti i modi di riaprire quel dannato caso e sono stata ignorata fino allo sfinimento! Sai cosa vuol dire? Che dietro a tutto questo c’è qualcuno di potente. Qualcuno che sta cercando d’insabbiare la verità!» urlai in preda alla rabbia. «Ora l’ho capito, e ho finalmente trovato il modo di ottenere tutte le risposte che voglio. Mia sorella aveva ragione. Diventerò qualcuno così non verrò più ignorata.» Mi sollevai sulle ginocchia e puntai l’indice contro il volto di Jongin. «Quindi dimmi da che parte stai, Jongin! Sei con me o contro di me? E in caso tu abbia davvero intenzione di aiutarmi, in che modo saresti disposto a farlo?»
 
Non avrei mai potuto prevedere ciò che accadde dopo. Le labbra di Jongin si schiantarono contro le mie con una foga che mi fece andare a sbattere contro la spalliera del divano. L’odore del fumo proveniente dalla sua bocca mi invase le narici, le sue mani mi afferrarono il volto per spingermi contro di lui. Ero talmente scioccata che non chiusi nemmeno gli occhi quando cercò d’intensificare il bacio e di far passare la lingua tra il piccolo spazio tra le mie labbra, formatosi più per la sorpresa che per l’eccitazione.
 
Lo feci istintivamente. Cercai di scansarmi spostando la testa di lato, impedendogli di continuare a torturarmi le labbra con le proprie. Tuttavia, il mio volto rimase comunque incastrato fra le sue mani. Non aveva intenzione di lasciarmi andare così gli posai le mani sul petto per allontanarlo.
 
«Ti sto mostrando come ho intenzione di aiutarti,» mi sussurrò a un palmo dal naso. Un brivido mi scivolò lungo la schiena quando risollevai lo sguardo per incontrare il suo. «Stamattina i paparazzi hanno pubblicato delle foto… di noi due.» Spalancai gli occhi, in preda alla confusione e a un brutto presentimento. «È stato ieri. In piscina. Mentre ci baciavamo.»
 
«Mentre TU mi baciavi,» sottolineai con astio puntandogli il dito contro il petto muscoloso. «E io ti ho tirato uno schiaffo.»
 
«Quello non è stato mostrato.»
 
Feci un sorriso amaro. Talmente amaro che riuscii quasi a sentirne il sapore in bocca. «Ovviamente. Mostrano solo quello che fa comodo a loro.» Mi premetti entrambe le mani contro la faccia per affondarcela dentro. «Cazzo…»
 
Le mie dita non rimasero sulla mia pelle un secondo di più. Il tocco di Jongin mi riscaldò le mani e incontrai nuovamente il suo sguardo, questa volta severo. «Hai paura che lui possa averle viste?» Mi si mozzò il fiato in gola e persi un po’ della mia caparbietà. «Lo ha fatto, Yorinie. Siamo su tutti i notiziari e le riviste di gossip. In televisione c’è soltanto la nostra faccia. Ma è un bene, perché in questo modo posso aiutarti ad ottenere quello che vuoi.»
 
Aggrottai la fronte. «Spiegati meglio.»
 
«Organizzerò una conferenza stampa… e annuncerò pubblicamente il nostro fidanzamento.» Mi si gelò il sangue nelle vene. «Dirò che sei una trainee che tra non molto debutterà nella mia stessa agenzia. I miei capi non avranno nulla da ridire, ne sono sicuro. Con te hanno tutto da guadagnarci.»
 
Era pazzo. Completamente folle. Tirai indietro la mano e lo guardai come se gli fosse appena spuntata un’altra testa. «E alla tua immagine non ci pensi? Cosa diranno le tue fans?»
 
Jongin fece spallucce. Era completamente rilassato. «Le foto del nostro bacio sono ovunque. Cos’ho da perdere? Sto semplicemente rivelando al mondo qualcosa che ha già visto.»
 
Non avrei dovuto sentirmi così, eppure la fitta che mi stritolò il cuore era reale e tangibile. No. Non dovevo sentirmi in colpa. Non per lui. Non gli dovevo niente dopo quello che mi aveva fatto.
 
«Togliti quel puttaniere dalla testa, Yorinie.» La sua voce a malapena sussurrata mi sfiorò di nuovo l’orecchio, entrandomi di prepotenza nel cervello. Sentii le sue mani circondarmi la vita per spingermi contro di lui. «Solo io posso darti quello che vuoi.»
 
«E che cosa voglio?» domandai con tono piatto e spento. Sembrava che la mia anima avesse appena abbandonato il corpo.
 
«Amore,» alitò spostandosi verso le mie labbra. Le baciò piano prima di tirarsi indietro e guardarmi negli occhi. Lo guardai anch’io. «Vendetta.»

YOONGI’S POV
 
Amore. Vendetta. Erano questi due sentimenti contrastanti che mi stavano logorando l’anima mentre fissavo la tv con gli occhi ridotti a due fessure. Amore per la ragazza che non vedevo da quasi una settimana. Vendetta per quello che stava facendo di fronte al mio cuore ridotto in mille pezzi.
 
Era seduta di fianco a quel bastardo, che le stringeva la mano come se fosse di sua proprietà. Un ringhio gutturale sfuggì al mio controllo e attirò l’attenzione degli altri che erano seduti di fianco a me sul divano a quattro posti. Jungkook, Jimin e Hoseok erano in piedi dietro di noi. Osservavano lo schermo senza dire una parola.
 
«Dove vi siete conosciuti?» domandò la giornalista. La sua voce era leggermente coperta dai suoni dei flash delle macchine fotografiche.
 
Kai si voltò verso Yorin, scoccandole un sorrisetto divertito. Mi venne la nausea.
 
«Siamo amici d’infanzia,» rispose stringendole la mano nella propria. Yorin non batté ciglio. Non aveva ancora aperto bocca. «Ci conosciamo fin da bambini. Ero molto amico di sua sorella.»
 
Un altro giornalista prese la parola. «Come mai avete deciso di uscire allo scoperto? A causa delle foto? E perché vi trovavate alla Big Hit?»
 
«Una domanda alla volta, per favore!» intervenne l’MC di quella ridicola conferenza stampa. Era tutta una farsa, ne ero sicuro. Lo stava facendo per ferirmi? Per farmela pagare? Beh, ci stava riuscendo alla grande. Yorin non sbagliava mai un colpo quando si trattava di regolare i conti.
 
«Le foto sono state uno dei motivi,» rispose Jongin portandosi la mano di Yorin vicino alle labbra. Lei seguì con gli occhi il suo movimento, e anch’io. «Non c’era ragione di continuare a mentire. Ci siamo resi conto di provare qualcosa l’uno per l’altra ed è successo tutto con naturalezza. Il bacio è stato una conseguenza dei nostri sentimenti a lungo repressi.» Mi stritolai il tessuto dei jeans con le unghie. «Ci trovavamo alla Big Hit perché una sua amica stava facendo un provino lì. Eravamo andati a darle supporto.»
 
«I membri degli EXO cosa ne pensano?» domandò un altro giornalista. «Sono favorevoli alla vostra relazione? E come pensi che reagiranno i fans?»
 
Ancora una volta, Jongin prese in mano la situazione. Yorin si limitava a stare seduta su quella cazzo di sedia come se non esistesse. Perché non parlava? Perché non diceva qualcosa? Volevo sentirlo direttamente da lei, che stavano insieme. Non ci avrei creduto fin quando non avrebbe usato quella sua maledetta lingua affilata per straziarmi nuovamente il cuore. Ero pronto a soccombere.
 
«Spero che i miei fan comprendano la situazione e mi diano il loro pieno supporto. Ho trovato una persona che mi fa stare bene e mi piacerebbe poter condividere questa felicità con chi mi ha sempre amato e apprezzato. I miei membri sono entusiasti, ovviamente,» sorrise mentre si voltava verso Yorin. «La adorano.»
 
«Anche noi la adoravamo.»
 
Mi voltai verso Jimin, che stava guardando la tv con un broncio simile a quello di un bambino. Con le braccia incrociate al petto, si mordicchiava lentamente il labbro inferiore, le sopracciglia aggrottate verso il centro della fronte. Gli altri non erano da meno. Jin continuava a scuotere la testa come un padre in collera con la figlia per l’ennesima marachella, mentre Taehyung guardava la tv con un’espressione addolorata. Triste. Mi passai una mano sulla faccia.
 
«Lei cos’ha da dire, signorina?» Sollevai la testa di scatto quando la giornalista si rivolse direttamente a Yorin. La telecamera fece zoom sul suo volto e il mio cuore perse un battito. Ero talmente concentrato che non mi ero reso conto di essermi spostato con il peso in avanti. «Possiamo conoscere il suo nome?»
 
Yorin voltò il viso verso Kai, e quest’ultimo le sorrise per rassicurarla. Avrebbe risposto nuovamente lui. «Non ancora,» disse con un sorrisetto che mi fece venire voglia di spaccargli tutti i denti. «Non può parlare fino al giorno del suo debutto.»
 
La sala stampa impazzì, così come il mio cuore. Lo sentii ruzzolare giù per lo stomaco e mi venne voglia di vomitarlo. Dietro di me, qualcuno lasciò cadere qualcosa sulla moquette. Di sicuro era stata la ciotola delle patatine che avevo visto in mano ad Hoseok. Mi sollevai di scatto dal divano, ma non feci altro. Rimasi davanti alla televisione con i pugni serrati e il petto che si gonfiava e sgonfiava alla velocità della luce. Non mi sentivo più il sangue scorrere nelle vene.
 
«Debutterà sotto la SM Entertainment?»
 
«Userà un nome d’arte oppure manterrà il suo?»
 
«Farà parte di un gruppo o debutterà da sola?»
 
Le domande a raffica dei giornalisti stavano per farmi esplodere il cervello, per non parlare di tutti quei flash che inondavano il viso inespressivo di Yorin. Cominciai a scuotere la testa. No cazzo. No. Non poteva farlo. Non doveva farlo. Gliel’avrei impedito a tutti i costi. Con ogni mezzo a disposizione.
 
«È matta?» domandò Jungkook dopo essere rimasto in silenzio. «Lei non voleva avere niente a che fare con il nostro mondo. Diceva di odiarlo.»
 
«Chi disprezza compra,» intervenne Jin mettendosi una patatina in bocca. La sgranocchiò con gusto. «La maggior parte delle mie conoscenze è composta da gente ipocrita. Il mondo ne è pieno.»
 
Taehyung si alzò di scatto, fronteggiando il più grande tra noi. «Yorin non è una persona ipocrita!» la difese a spada tratta. Non mi voltai a guardare il suo teatrino, ma ero convinto che i suoi occhi sprizzassero lampi in direzione del suo hyung. «Ci sarà sicuramente una spiegazione. Deve esserci!»
 
«Sì che c’è,» intervenni senza voltarmi. La mia voce era un abisso profondo in cui io stesso avrei potuto annegare. «È semplicemente una fottuta stronza. Alla fine non è poi tanto diversa da me.»
 
Jimin aggirò il divano per comparire di fronte alla mia faccia. «Non siete stronzi. Siete semplicemente dei cretini e degli incoscienti! Tutti e due!» mi urlò dritto in faccia. Lo guardai con un sopracciglio sollevato. Non avevo mai visto Jimin tanto furioso. «Non siete stati in grado di fidarvi l’uno dell’altra, per questo siamo arrivati a questo punto!»
 
I miei occhi si spostarono nuovamente sulla televisione. Il volto serio di Yorin era ancora illuminato dai flash. La abbagliavano, ma lei riusciva a tenere gli occhi aperti nonostante il fastidio. Io invece non riuscii a farlo. Strinsi forte gli occhi e digrignai i denti mentre voltavo le spalle alla tv.
 
Ero sempre rimasto fermo sulla mia decisione. Non volevo che Yorin entrasse a far parte del mio mondo, per questo avevo vietato a qualunque essere vivente con in mano una macchina fotografica di avvicinarsi a lei. Mi rifiutavo d’immaginarla al centro delle scene, in balia di qualcosa che non avrebbe saputo gestire. Non dopo ciò che era successo alla sorella. La mia opinione non sarebbe mai cambiata.
 
«Ci dica qualcosa, per favore!»
 
«Siete sordi per caso? Jongin vi ha detto che non posso parlare.»
 
La voce severa di Yorin mi arrivò alle orecchie. Mi voltai nuovamente verso l’enorme schermo attaccato alla parete e per poco non mi cadde la mascella a terra. Non poteva rivolgersi in quel modo ai giornalisti. L’avrebbero massacrata. Cosa diavolo credeva di fare?
 
Kai represse una risatina. «Perdonatela. La mia ragazza ha un bel caratterino.»
 
E contro ogni mia più recondita aspettativa, i giornalisti ne sembrarono entusiasti. I flash aumentarono e le domande triplicarono di numero. Il manager di Kai fu costretto a farli alzare dai loro posti e un bodyguard li scortò fuori dalla sala stampa. Qualcuno spense di colpo la televisione e ci voltammo tutti verso l’artefice di quel gesto: Namjoon.
 
«Hyung,» disse in un fiato. Sapevo che stava parlando con me anche se non mi stava guardando. «Hai contattato Dong Wook? Il tuo amico Ufficiale che lavora nella polizia?»
 
Mi si ghiacciò il sangue nelle vene. Così come a tutti gli altri. Un gelo improvviso calò nella stanza e ci trasformammo in sette statue di ghiaccio. Sapevo che quel momento sarebbe arrivato.
 
«Sì,» confermai lasciandomi cadere stancamente sul divano dietro di me. Mi passai una mano tra i capelli ossigenati. «Ha detto di non preoccuparmi. Se ne sta occupando lui e lo sta facendo nel modo più riservato possibile.»
 
«È passato un sacco di tempo,» dichiarò Jungkook. Il tono della sua voce era basso, come se si stesse sforzando di far uscire le parole. «Credete che potrebbe darci ancora problemi?»
 
Jimin sospirò. «Sono passati tre anni, e provo ancora le stesse sensazioni di allora.»
 
«Abbiamo dovuto farlo,» intervenne Namjoon. «Non potevamo rischiare. La nostra carriera era praticamente agli inizi. Ritrovarsi immischiati in una cosa del genere ci avrebbe annientati. Distrutti.»
 
Strinsi forte i pugni mentre Taehyung si era irrigidito al mio fianco. Cominciarono a tremarmi le mani.
 
«Credete che andrà dalla polizia?» domandò Jungkook riferendosi a Yorin. Non riusciva ancora a parlare ad alta voce, segno che quell’argomento lo spaventava a morte. Spaventava tutti noi a morte. «Le sue minacce sembravano reali.»
 
Tae si mosse al mio fianco. La sua voce era più profonda del solito. «Dobbiamo parlare con lei,» ci supplicò. «Dobbiamo spiegarle che cosa è successo quella notte. Sono certo che capirà.»
 
«Non capirà,» s’intromise Namjoon. Il suo profilo era rigido come quello di una roccia. «Era pur sempre sua sorella. Non capirà.»
 
«E poi non risponde alle nostre telefonate,» fece notare Hoseok. La sua allegria si era dissolta. «Come pensi che abbia voglia d’incontrarci di persona? E Kai non risponde alle telefonate di Jimin.»
 
«E Yorin non risponde a quelle di Ji Woo,» s’intromise il Maknae. «È da una settimana che non torna a casa sua.»
 
Mi coprii di nuovo la faccia con le mani. Viveva insieme a lui? Insieme a quel bastardo? Le mani mi prudevano da morire e desiderai avere la testa di quello stronzo tra le mie dita per aprirgliela come una noce di cocco. Ero preda delle mie emozioni più oscure e profonde.
 
«Perché non provi a chiamarla tu, Yoongi?» mi domandò Jin all’improvviso. S’infilò l’ennesima patatina in bocca. Quello scricchiolio mi fece saltare i nervi già tesi. «Magari la sua voglia d’insultarti la convincerà ad accettare la chiamata.»
 
«Non m’importa se è una delle loro backup dancer! Le ho detto che non può entrare nella loro residenza privata!»
 
Il grido della guardia di fronte a casa nostra ci fece sussultare. Alcuni pugni si schiantarono contro il portone d’ingresso e subito dopo il campanello risuonò a mo’ di segnale d’allarme. Il segnale che la nostra quiete apparente stava per essere spezzata.
 
«Devo parlargli! Devo parlargli di persona, solo per un attimo!»
 
Ci bloccammo quando riconoscemmo quella voce. Jungkook scattò verso il portone e lo spalancò, trovandosi davanti una Ji Woo piuttosto esasperata. Si rilassò quando incontrò gli occhi del maknae.
 
«Lasciala stare,» ordinò il più piccolo alla guardia fuori dalla porta. «Lei può entrare. È autorizzata a farlo.»
 
Ji Woo scansò Jungkook e marciò lungo il salotto finché non si trovò proprio di fronte allo schienale del divano su cui eravamo seduti io, Taehyung, Seokjin e Namjoon. Hoseok e Jimin si spostarono di lato per farla passare. Gli occhi rancorosi della ragazza guizzarono subito nei miei. Voltai il busto per guardarla.
 
«Ji Woo,» la chiamò Jungkook arrivandole alle spalle. «Che succede? Perché sei venuta qu-»
 
«Non ti ha tradito.» La mora lo interruppe bruscamente per rivolgersi al sottoscritto. Le vene bluastre sotto la pelle bianca delle mie braccia guizzarono a causa della mia rigidità improvvisa. Indurii la mascella. «Yorin non ti ha tradito con Jongin. Ti è sempre stata fedele.»
 
Il sopracciglio cominciò a tremarmi convulsamente. Stritolai la pelle dello schienale del divano tra le mie dita. «Non sono stupido, ragazzina. Gli occhi ce li ho ancora e so quello che ho visto. Lo ha visto tutta la Corea.»
 
«Era pazza di te, Suga!» urlò inviperita. Seokjin fece un balzo di due metri per lo spavento, portandosi una mano sul cuore. «E posso assicurarti che non ti stava tradendo con Jongin. Non ha mai risposto alle sue telefonate e se n’è sempre tenuta alla larga. Lei aveva occhi solo per te. Sei tu che l’hai tradita come lo sporco bastardo che sei!»
 
Mi alzai di scatto e stavolta fu Hoseok a trasalire per lo spavento. Aggirai il divano e mi ritrovai ad un palmo dal naso della ragazzina, furente come una belva sul punto di esplodere. Sentivo i capillari pulsare dolorosamente nella mia tempia. Vedevo rosso.
 
«Non osare venire in casa mia a farmi la morale. Non dopo tutte le cazzate che hai raccontato,» le alitai ad un soffio dalla faccia. Il suo viso divenne di marmo quando capì che mi stavo riferendo alla sua farsa nei confronti di Jungkook. Farsa che io avevo scrupolosamente coperto. «Yorin è pur sempre la sorella di Yoona. Avrei dovuto immaginarlo che era fatta della sua stessa pasta!»
 
Il rimbombo dello schiaffo che mi spalmò sulla guancia sinistra rimbalzò contro le pareti. Nessuno aprì bocca. Si sentiva solo il respiro pesante di Ji Woo che stava cercando di trattenere la rabbia. Voltai nuovamente il viso verso di lei. Scioccato. Furente. Aveva fatto male, ma non quanto gli schiaffi di Yorin.
 
«Non lo accetto,» sibilò velenosa, come un serpente a sonagli in procinto di azzannarmi alla gola. «Non accetto un commento simile da un tipo che non sa nemmeno tenersi il cazzo nei pantaloni!» urlò a squarciagola. La sua voce s’incrinò a causa dell’isteria.
 
«Lei è stata la prima a tradirmi!» gridai a mia volta. Il salotto era saturo delle nostre urla, tuttavia nessuno osò intromettersi. Saremmo stati capaci di sbranare chiunque ci avesse provato. «Non le devo niente. Neanche le mie suppliche per ottenere il suo perdono!»
 
Ji Woo scoppiò a ridere. Mi rise dritto in faccia, e anche di gusto. «Sai qual è la verità, Min Suga? Tu vuoi credere che sia stata lei a tradirti per prima così non dovrai sentirti in colpa per quello che le hai fatto.» La guardai scioccato mentre la mia gola s’inaridiva. «Ma l’unico che l’ha tradita sei tu. Quindi smettila di nasconderti dietro alle tue ridicole bugie per poterti mettere l’anima in pace. Sei patetico.»
 
Quelle parole furono più dolorose di una pugnalata nello stomaco. Più infauste di un veleno mortale. I miei addominali si contrassero istintivamente a causa della fitta che avvertii all’altezza dello stomaco e feci istintivamente un passo indietro. Mi sentivo gli sguardi degli altri membri addosso ed ebbi il prorompente bisogno di scappare via. Nascondermi da tutti e isolarmi con la mia vergogna, quella che finalmente avevo ritrovato e accettato.
 
«È colpa tua se Yorin è diventata irriconoscibile.» I miei occhi vuoti si sollevarono nuovamente sulla ragazzina di fronte a me. Mi si bloccò il respiro nel petto quando vidi una lacrima solcarle la guancia. «È colpa tua se è diventata un’altra persona.»
 
Scivolai in ginocchio sotto gli sguardi attoniti dei miei compagni. Era diventata come me. Le avevo fatto ciò che Yoona aveva fatto a me. L’avevo tradita, e lei era diventata l’opposto di quello che era per sfuggire al dolore nel suo cuore. Per farmela pagare.
 
Mi facevo schifo. Non c’erano parole per spiegare quanta voglia avessi di mettermi le mani addosso e strapparmi via la carne dalle ossa. Quanto anelassi una doccia per lavare via il sudiciume che sentivo scivolarmi sulla pelle. Era nero come il catrame. Rosso come il peccato. Corrosivo come la mia vergogna. E mi avrebbe logorato, poco a poco, fin dentro alle viscere. Non c’era modo di sfuggire al mio destino.
 
ᗩngolo.ᗩutore

Non riesco a credere di essere riuscita ad aggiornare questa storia. Mi dispiace avervi fatto aspettare così a lungo ma non volevo scrivere senza un'idea chiara in testa e ultimamente l'ispirazione per questa storia era andata a farsi benedire. Ma ora sono tornata all'attacco 😂

Come avrete potuto notare, in questo capitolo ho evitato di aggiungere il disagio dei nostri cari BTS perché la situazione non lo richiedeva. Siamo passati a dei toni più oscuri a causa del tradimento di Yoongi e di tutta questa faccenda della morte di Yoona, ancora avvolta nel mistero.

Secondo voi cosa è successo quella fatidica notte? Cosa stanno cercando di nascondere i BTS? E vi aspettavate che Yorin prendesse una simile decisione? Lei che si era sempre tenuta alla larga da quel mondo fatto di luci e popolarità. Ma ora sembra che quello sia l'unico mezzo che ha per far venire a galla la verità, così come diceva anche sua sorella nel flashback.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Cercherò di non farvi aspettare tanto per il prossimo 😭 Non dimenticate di commentare e farmi sapere cosa ne pensate! Alla prossima 😘

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Capitolo 31
*** Bulletproof ***


bemyknightnvu


❖ Bulletproof





YORIN’S POV
 
Le luci dei riflettori mi abbagliavano al punto di esserne soggiogata. Era così strano essere al centro dell’attenzione, io che avevo sempre cercato di mantenere un profilo basso.
 
E ora eccomi qui, sdraiata su un fottuto divano e stesa fra le braccia di Jongin con indosso un maglioncino bianco e una gonnellina firmata che costa più della mia vita. Tutti gli occhi erano puntati su di noi, i fenomeni da baraccone al centro della scena. Il pettegolezzo del giorno e anche quello del mese.
 
Eravamo diventati la coppia per eccellenza, la più famosa della Corea del Sud. I nostri nomi erano costantemente sui giornali di gossip e non c’era giorno in cui non uscisse uno dei nostri tanto acclamati servizi fotografici. La gente si metteva in lista d’attesa per poterci scattare delle foto.
 
Avevamo feeling, dicevano. Fra me e Jongin a quanto pare c’era questa chimica pazzesca che bucava l’obiettivo della fotocamera e faceva impazzire i critici d’arte. Molti ci odiavano, ma altrettanti ci acclamavano e veneravano.
 
Grazie a Jongin, era stato così semplice raggiungere la popolarità. Mi bastava apparire al suo fianco per scatenare il putiferio, ma ciò non aveva fermato i paparazzi dal darmi un soprannome che stranamente avevo apprezzato. La regina dei ghiacci. Il cristallo splendente. Da qui il mio nome d’arte, Kristal.
 
Un cristallo. Una pietra perfetta e levigata secondo il gusto della gente. Una Yorin nuova, bellissima all’esterno ma marcia all’interno. Ecco cos’ero diventata per ottenere ciò che mi spettava di diritto. La mia vendetta.
 
Ma ogni volta che dovevo far finta di guardare Jongin con occhi innamorati per soddisfare le persone dietro la telecamera, pensavo a lui. Al mio tormento. A ciò che avevo amato e perso, desiderato, respinto e infine annientato.
 
Sì, avevo annientato Min Yoongi. E la colpa era mia. Solo e soltanto mia.
 

YOONGI’S POV
 
Non sapevo più che aspetto avesse la luce del sole. Erano mesi che non mettevo piede fuori dal mio studio nonostante i continui solleciti dei membri del mio gruppo. Jungkook era diventato sempre più insistente, al contrario di altri che si erano intelligentemente arresi per permettermi di affogare i miei dispiaceri nell’alcool.
 
E ogni fitta al cuore si trasformava in una melodia che poi rinasceva canzone. Ogni briciola di disgusto per me stesso era una nota amara che si univa ad un’altra per creare la melodia perfetta che avrebbe accompagnato i miei pensieri a dir poco osceni. Sì, ero osceno da far schifo perché pensavo di meritare il suo perdono e la sua fiducia.
 
Dovevo sfogarmi o sarei impazzito.
 
Afferrai le chiavi della mia macchina e mi diressi verso la porta. Non avevo ancora toccato il bicchiere che mi ero versato circa mezz’ora prima, perciò non avrei avuto problemi a guidare per le strade di Seoul. Era da una vita che non lo facevo.
 
Mancava poco al comeback e la nostra vita si era ridotta alla sala prove e agli studi di registrazione. Ironicamente, io ero quello che lavorava di più. Rimanevo giornate intere chiuso nel mio studio a strapparmi il cuore dal petto per infilarlo nella mia musica. Non ero mai stato tanto ispirato, e mi faceva ridere il fatto che fosse stata Yorin a permettermi di raggiungere un simile livello artistico e spirituale.
 
O avrei dovuto chiamarla Kristal?
 
Un cristallo. Splendente, freddo e bellissimo. Era proprio la sua descrizione. In Corea del Sud era ormai diventata una specie di fata nazionale. Tutti la conoscevano, tutti la adoravano, e le sue canzoni erano state persino in grado di eguagliare le nostre. Anzi, addirittura superarle. Ecco perché quella sera avremmo partecipato entrambi a una delle premiazioni più importanti di fine anno. I MAMA in Giappone.
 
Un finale di merda per un anno ancora più di merda.
 
Mi serviva una distrazione per prepararmi al lungo viaggio che mi avrebbe catapultato in uno dei miei peggiori incubi. Quello in cui Yorin e Jongin si sorridevano dolcemente, e io, inerme, rimanevo lì a guardarli. Era il mio castigo e la mia punizione per essere stato uno stronzo.
 
«Versami qualcosa di forte,» ordinai al barista dietro al bancone del locale di cui ormai ero diventato cliente abituale. «E stavolta niente di annacquato. Me ne accorgo se lo fai.»
 
«Come vuoi tu. Ma stavolta non chiamo nessuno per farti venire a prendere. L’altra sera hai quasi scatenato una rissa.»
 
Afferrai il drink che mi aveva appena versato e mi abbassai la mascherina nera per portarmelo alle labbra. Ne presi un piccolo sorso, gustando il sapore forte sulla punta della lingua. Arricciai il naso. «Mi aveva fatto incazzare.»
 
«Aveva solo insultato l’ennesima idol venduta, spuntata fuori da chissà dove solo per essersi scopata il tizio famoso di turno.»
 
Sbattei il bicchiere sul bancone e quest’ultimo vibrò come se fosse stato colpito da una scossa di terremoto. Il tizio mi guardò con sospetto mentre continuava a ripulire minuziosamente il bordo di un calice di cristallo.
 
«Che cazzo hai detto?» ringhiai guardandolo negli occhi, il pugno stretto intorno al bicchiere.
 
Il barista ebbe le palle di sogghignarmi in faccia. «Accidenti, amico. Ma quanti anni hai? Alla tua età te la prendi ancora con quelli che insultano la tua idol preferita? Sei una specie di fanboy di quella rossa o cosa? Devo ammettere che è uno schianto. Molte volte uso le sue foto per masturbarmi ma-»
 
Forse furono le mani di Dio a fermarmi. Mani grandi, forti e prive di delicatezza. Mani che con un singolo movimento m’impedirono di compiere un omicidio, lì, in mezzo a quel locale merdoso piena di gente ancora più merdosa. Che cazzo ci facevo lì?
 
«Che succede qui?» domandò una voce autoritaria e familiare. Fin troppo familiare. «Qualche problema?»
 
«Questo ragazzino è ubriaco ancor prima di cominciare a bere,» spiegò il barista guardandomi in cagnesco. Gli restituii lo sguardo da sotto gli occhiali da sole che mi coprivano gli occhi. «Sei qui per lavorare? Allora portalo via. Non voglio gente fuori di testa nel mio locale.»
 
Stronzo, figlio di puttana. Se gli avessi rivelato la mia vera identità, si sarebbe prostrato ai miei piedi per supplicarmi di rimanere in quel suo locale del cazzo. Gli avrei fatto una pubblicità tale da potersi permettere di non lavorare per il resto della sua vita. Peccato fossi troppo umile per compiere una bastardata del genere.
 
«Andiamo, piantagrane,» mi sussurrò l’uomo dietro di me. La sua stretta sulle mie spalle non accennava a diminuire. «Seguimi prima di metterti davvero nei casini.»
 
Mi trascinò in un luogo appartato tagliando fra la calca di gente che si stava scaldando sulla pista da ballo. Repressi il fastidio che provai nell’avere tutte quelle persone incollate addosso e mi feci guidare come un maledetto burattino, liberandomi dalla sua presa solo quando fui sicuro di essere lontano da sguardi indiscreti. Lo squadrai dalla testa ai piedi.
 
«Che ci fai qui?» domandai a In Guk, il bodyguard che mi stava fissando da dietro le lenti nere dei suoi occhiali. L’ex capo di Yorin, un tempo aveva avuto le palle di minacciarmi nel mio stesso studio, di fronte a tutti i miei membri. Me lo ricordavo ancora. «Stai mantenendo la tua promessa di tenermi d’occhio?»
 
«Cosa fai qui da solo?» Incrociò le braccia al petto e i suoi tricipiti per poco non esplosero. Dovetti sollevare il mento per guardarlo in faccia. «Dove sono gli altri del tuo gruppo? E il tuo bodyguard?»
 
Strinsi di riflesso il pugno e puntai lo sguardo da un’altra parte. «Si è licenziata un po’ di tempo fa.»
 
Il silenzio che seguì mi fece capire che aveva inteso a chi mi stessi riferendo. «Dovrei spaccarti la faccia in questo preciso istante,» sussurrò avvicinandosi di un passo. La sua stazza mi fece sentire davvero insignificante. «Ti avevo detto che se le avessi messo le mani addosso te l’avrei fatta pagare cara… ma tu non ti sei limitato a toccarla. Ti sei insinuato nel suo cuore come la più viscida delle serpi… e l’hai distrutta.» Il mio respiro accelerò. «Non puoi minimamente immaginare quanta voglia ho di staccarti la testa.»
 
Sogghignai nel modo più amaro possibile. «Allora fallo,» lo incitai senza un briciolo di timore. «Sarà comunque meno doloroso di quello che sto provando adesso.»
 
In Guk si tolse gli occhiali e si avvicinò al mio orecchio per sovrastare il rumore della musica. «Vorrei tanto farlo, ma purtroppo sono qui per lavorare. Ho un messaggio per te.» Mi feci più attento. «La mia cliente ti sta aspettando.»
 
 
Salii i gradini che mi portarono alla zona VIP e fui accolto da una serie di divanetti che erano stati tutti prenotati da una sola persona. Mi fermai prima di poterla raggiungere e In Guk mi passò di fianco dopo avermi fulminato con un’occhiataccia. Se ne andò, lasciandoci la privacy che meritavamo.
 
Dato che non c’era nessuno, mi abbassai la mascherina e mi tolsi gli occhiali da sole insieme al cappuccio della felpa. I miei capelli mogano fecero la loro comparsa da sotto l’indumento, rivelando ciò che non mi era ancora permesso far vedere ai fan. Squadrai la ragazza seduta sul divanetto mentre mi sistemavo i capelli rossi con una mano.
 
«Non abbiamo mai avuto la possibilità di presentarci, dico bene?» mi domandò accavallando le gambe. Aveva due cosce stratosferiche seppure non fosse ben carrozzata sul davanti. Era piccola e minuta ma aveva un corpicino da urlo.
 
«No, me ne sarei ricordato,» risposi tirando giù la zip della felpa. Faceva caldo lì dentro. «Tendo a non dimenticare quando mi presentano una bella ragazza.»
 
Lei sorrise. Un sorriso che le illuminò il volto truccato. «In Guk mi aveva detto che eri un playboy,» ridacchiò alzandosi in piedi. I miei occhi caddero immediatamente sulle sue curve. Si avvicinò e mi tese la mano. «Sono Jennie Kim.»
 
Le sfiorai le dita con le mie e mi portai la sua mano contro le labbra per lasciarle un casto bacio sul dorso. «Min Yoongi,» sussurrai contro la sua pelle profumata mentre la guardavo negli occhi. «Incantato.»
 
Jennie strinse la presa e mi trascinò verso il divanetto con lei. «Mi fai compagnia?» mi chiese senza aspettare una mia risposta. Mi fece sedere al suo fianco, ad un centimetro di distanza dalla sua coscia fasciata dall’abitino striminzito che stava indossando. Non opposi resistenza.
 
«Perché hai detto al tuo bodyguard di portarmi da te?» le domandai senza cercare di liberare la mia mano dalla sua. Lei sembrava così a suo agio mentre me la stringeva con delicatezza.
 
Fece spallucce mentre dirigeva lo sguardo verso le luci del locale. «Perché ti ho riconosciuto. Eri lì, da solo, e ho pensato che fossi nella mia stessa situazione.» Inclinai la testa per guardarla meglio. I suoi occhi brillavano a causa di alcune lacrime rimaste intrappolate. Aveva pianto? «Anch’io ho il cuore spezzato, proprio come te.»
 
Mi colse alla sprovvista, ma impiegai meno di un secondo a capire il significato delle sue parole. «È stato Jongin a lasciarti?» le domandai con un po’ di riluttanza, in fondo c’eravamo appena presentati.
 
«Sì, quando si è reso conto di amare la sua migliore amica.» Districai le dita dalle sue e mi chinai in avanti per posare i gomiti sulle ginocchia spalancate. Il mio sguardo era perso nel vuoto e sentivo il cuore battere freneticamente, preda di un sentimento che conoscevo fin troppo bene. «Tu invece?»
 
Sospirai con un mezzo sorriso di scherno. «Idem. È stata lei a lasciarmi.»
 
«Per Jongin?»
 
«No, perché sono uno stronzo figlio di puttana.»
 
Il silenzio sarebbe stata l’unica cosa che avrei sentito se non ci fosse stata quella musica spacca timpani. «L’hai tradita?»
 
Il cuore mi fece male come ogni singola volta, ma sentire quella parola uscire dalle labbra di una sconosciuta lo fece sembrare ancora più reale. Ancora più disgustoso di quanto già non fosse.
 
«Che cosa vuoi?» tagliai corto poggiando la schiena contro il divanetto di pelle. Incrociai le braccia al petto e diressi lo sguardo verso le luci che danzavano sul soffitto. «Vuoi fare una collaborazione con me? Perché se è così te lo sconsiglio. Le nostre agenzie si sono messe d’accordo per evitare qualunque tipo di contatto tra i nostri gruppi visto che la gente ha cominciato a spettegolare su delle possibili coppie.» Mi voltai a guardarla negli occhi scuri. «Sai che ti shippano un sacco con la mia maknae line?»
 
Le sue labbra premettero sulle mie prima che potessi realizzarlo o finire il discorso. Non riuscii a fare altro che fissarla mentre chiudeva gli occhi e appiccicava le mani al mio petto per spingermi ancora di più verso lo schienale del divano. Il suo corpo s’incollò al mio e potei sentire la morbidezza dei suoi seni che premevano contro la stoffa della mia felpa aperta. Continuai a tenere gli occhi aperti mentre muoveva le labbra contro le mie, alla disperata ricerca della mia lingua.
 
Era piccolina ma non per questo inesperta. Ci sapeva fare. Le diedi l’accesso alla mia bocca solo per controllare fin dove si sarebbe spinta, e fui piuttosto sorpreso di sentirla gemere in risposta. Mi accarezzò la lingua con la sua e iniziò una danza a cui non potei sottrarmi. Le afferrai la guancia con una mano e la tenni in posizione mentre le divoravo la bocca per assaggiare il tormento con cui mi stava facendo suo.
 
«Piano, dolcezza,» l’avvertii quando si allontanò per riprendere fiato. I suoi occhi da cerbiatta mi guardarono in modo lascivo. «Non sai in che guaio ti stai cacciando.»
 
«Lo so fin troppo bene,» mi rispose poggiandomi la mano sul cavallo dei pantaloni. «Lo sto facendo proprio perché ne sono consapevole.»
 
Mi stava incuriosendo. Quella ragazzina mi stava fottutamente incuriosendo, per questo non opposi resistenza quando cercò di sfilarmi la felpa e poi la maglietta bianca a maniche corte. Non le permisi di togliermi quest’ultima perché la spinsi contro il divano per farla distendere sotto di me, i miei occhi nei suoi mentre le afferravo un lembo del top per strapparglielo via senza pietà. I suoi seni coperti dal reggiseno si rivelarono ai miei occhi incuriositi.
 
«Che cosa vuoi da me?» le domandai ancora mentre esploravo con le dita la carne morbida delle sue rotondità. Le passai il medio e l’indice tra il solco in mezzo ai seni fino ad arrivare al gancetto in fondo. Adoravo i reggiseni con l’apertura sul davanti. Erano più semplici da togliere. «Tutte le donne vogliono sempre qualcosa da me. Tu non fai eccezione.»
 
«Aiutami a farmi sentire meglio,» mi rispose mentre le accarezzavo la pelle del collo con le labbra. Sollevai la testa per ritrovare i suoi occhi colmi di desiderio. «Anche tu ti senti uno schifo come me, vero? Tu aiuta me e io aiuterò te. Possiamo darci sollievo a vicenda.»
 
Storsi le labbra in un ghigno che feci morire contro una delle sue clavicole. Darci sollievo a vicenda? L’unica cosa che avrebbe potuto darmi sollievo era il fatto che l’ex donna di Jongin moriva dalla voglia di farsi scopare dal sottoscritto. Quanto piacere avrei provato nel vederla contorcersi sotto di me sapendo che tutto ciò era appartenuto a Jongin? Avevo la possibilità di saggiare con mano ciò che era stato suo, e farlo mio.
 
Lui mi aveva portato via una delle cose più importanti che avevo. Ora io avrei rubato una cosa a lui così saremmo stati pari. E non avrei perso l’occasione di rinfacciarglielo fino alla fine dei miei giorni.
 
Mi avventai sulle labbra di Jennie, che rispose a quel bacio con la mia stessa foga. Assaporai ogni centimetro del suo corpo per assicurarmi di eliminare ogni traccia di quel bastardo e imprimerle il mio odore sulla pelle. Volevo che lui si accorgesse di ciò che le avevo fatto semplicemente guardandola. Avevo bisogno di sentire la sua rabbia, il suo tormento dopo aver saputo che ero riuscito a mettere le mani su quello che un tempo era stato suo.
 
Lui aveva fatto lo stesso con me, e io gli avrei restituito quel dolore moltiplicato per mille. Non gli avrei perdonato tutte le notti insonni in cui le immagini di lui e Yorin, abbracciati e febbricitanti d’amore, mi avevano riempito la testa fino a farmi impazzire.
 
Mi staccai dalle labbra di Jennie con un odio che spaventò persino il sottoscritto. Le afferrai l’orlo del vestito e glielo tirai su fino alla vita per insinuare le dita sotto le sue mutandine. Un moto d’orgoglio mi gonfiò il petto quando la trovai completamente fradicia.
 
«Sei già bagnata per me, dolcezza?» le sussurrai contro le labbra dischiuse. Il mio ghigno non aveva alcuna intenzione di lasciare le mie labbra mentre la guardavo socchiudere gli occhi a causa di un’ondata di piacere che le provocai stimolandole il clitoride. «Ci hai messo poco a dimenticare il tuo ex fidanzato.»
 
La penetrai subito con due dita senza darle il tempo di prepararsi. Il suo gemito di piacere venne soffocato dalla musica del locale e dalle mie labbra che non le lasciarono via di scampo.
 
Iniziai a pompare senza pietà, fottendole quella stretta fessura che nascondeva in mezzo alle gambe. Ogni suo ansimo contro la mia lingua era un piccolo assaggio della mia vendetta verso Jongin. Ogni fremito del suo corpo faceva tremare il mio di desiderio, un desiderio che rispecchiava alla perfezione la mia voglia di sottomettere quella donna. Tutto per fare del male al pezzo di merda che si era impossessato della mia.
 
Le mie dita erano ricoperte dai suoi umori e ciò rese molto più semplice la mia intrusione. Gliele feci scivolare avanti e indietro, sopra e sotto fino a impossessarmi del punto che la fece impazzire. Urlò il mio nome. Mi fermai e le avvolsi l’altra mano intorno al collo per schiacciarla contro i cuscini del divano, poi sfilai il cellulare dalla tasca posteriore dei miei jeans e cercai il numero che m’interessava.
 
Poggiai il telefono di fianco al volto di Jennie e mi abbassai per sussurrarle all’orecchio, «Pronta a ricevere la tua vendetta?» Jennie mi guardò con due occhi pieni di aspettativa e curiosità. «Fai sentire al tuo Jongin quanto ti piace farti scopare da Min Yoongi.»
 
Premetti il tasto della registrazione e ricominciai da dove avevo interrotto. Le infilai le dita ancora più in profondità e la ragazza sotto di me inarcò la schiena nel modo più sensuale possibile, sfregando i capezzoli sulla stoffa pregiata della mia maglietta bianca. Ne presi uno in bocca e cominciai a giocherellarci con la lingua, facendola impazzire.
 
Invocò il mio nome come una suora in chiesa invoca il nome di Dio. Mi schiacciai contro di lei quando m’infilò le mani nei capelli per tenermi attaccata al suo petto, impaurita che potessi allontanarmi e negarle ciò che si stava godendo con tutta sé stessa.
 
Mi liberai dalla sua presa e scivolai con le ginocchia al suolo mentre le stringevo forte i glutei. La trascinai verso il bordo del divanetto, in corrispondenza della mia bocca che si chiuse proprio intorno al suo sesso fradicio e gonfio. Ne leccai ogni singola goccia e la penetrai con le dita e con la lingua, causandole un violento spasmo che si concluse con un gridolino soffocato.
 
«Yoongi,» mi pregò con voce rotta. Sì, dolcezza. Proprio così. Chiama il mio nome. Fai sentire a quel bastardo quanto ti faccio godere. «Yoongi, sto per…»
 
«Dillo ancora,» le ordinai staccando le labbra dalla sua intimità. Il suo sapore mi riempiva la bocca. «Urlalo. Quel nome voglio sentirtelo urlare.»
 
E lei lo fece. Lo urlò quando mi avventai sul fascio di nervi più in alto, in corrispondenza del clitoride. Lo mordicchiai, lo succhiai e lo leccai fin quando non le rimase più fiato neanche per contorcersi. Il mio dito venne avviluppato dalle pareti della sua intimità e subito dopo un urlo liberatorio mi avvisò che era finalmente venuta.
 
Feci scivolare la bocca più in basso e sfilai il dito per raccogliere con la lingua ogni goccia di ciò che mi ero faticosamente guadagnato. La pulii da cima a fondo senza lasciare alcuna traccia di ciò che io chiamavo vendetta. Non sesso.
 
Sollevai il capo e osservai Jennie in preda agli ultimi spasmi di piacere. La fissai mentre mi ripulivo le dita contro la stoffa ruvida dei miei jeans. Inclinai la testa quando lei sollevò le palpebre pesanti come due macigni.
 
«Che mi dici, dolcezza?» la spronai guardandola negli occhi. «Chi ti ha dato il miglior orgasmo della tua vita? Io o il tuo ex fidanzato?»
 
«Tu,» dichiarò con il fiato corto e un sorrisetto a trentadue denti. «Decisamente tu. Senza ombra di dubbio.»
 
Stoppai la registrazione e inviai tutto al diretto interessato. Mi ripresi il cellulare e cercai di sistemarmi i vestiti e i capelli scompigliati mentre mi rialzavo in piedi. Jennie mi afferrò per un lembo della felpa nera, costringendomi ad abbassare gli occhi per guardarla in faccia. La sua espressione dubbiosa non fu una sorpresa per me.
 
«Dove vai?»
 
«Ho un aereo da prendere. E anche tu, se non sbaglio.»
 
La mora cercò di coprirsi il seno, colta da un improvviso imbarazzo, forse a causa della mia freddezza inaspettata. «Abbiamo ancora un po’ di tempo.»
 
«No, ho già avuto quello che volevo.»
 
Gli occhi di Jennie si assottigliarono. «Il tuo piacere? Non mi sembra.»
 
«La mia vendetta,» la corressi a denti stretti. «O almeno una piccola parte. E comunque, lascia che ti dia un consiglio spassionato. Non cercare piacere in qualcosa che non potrà mai soddisfarti veramente. Io ti ho accontentato, ma tu non sarai mai in grado di accontentare me.»
 
«Perché io non sono lei?» domandò con un sorriso amaro. Odiai quello sguardo di pietà che intravidi nelle sue iridi scure.
 
Presi un profondo respiro. «Per me, nessuno potrà mai essere lei.»
 

YORIN’S POV
 
«Sei bellissima,» mi sussurrò Jongin all’orecchio per poi far scorrere la punta del naso contro il profilo del mio collo.
 
L’ennesimo complimento che per me non aveva alcun valore. Un tempo sarei andata in escandescenze nel sentire certe parole uscire dalla bocca del mio migliore amico. Ma ora le cose erano cambiate. Nulla era più lo stesso, a cominciare dal mondo luccicante che mi circondava.
 
Le mani di Jongin si strinsero intorno alla mia vita mentre le sue labbra mi lasciavano una scia di caldi baci lungo il collo. Mi spostò di lato i lunghi capelli rosso fuoco per avere accesso al profilo della mia mascella e risalire fino alle labbra, che mordicchiò possessivamente nonostante la presenza dello staff.
 
Era questo il bello di essere una coppia famosa, idolatrata dal pubblico e presa di mira dagli haters. C’era chi ci amava e chi ci odiava. Nel mondo dello spettacolo era così. Ma almeno potevamo fare tutto alla luce del sole senza preoccuparci di essere giudicati. Anzi, ogni nostro bacio era un nuovo scatto che avrebbe fatto scalpore il giorno dopo, sovraccaricando l’aura dorata che già ci avvolgeva.
 
E io non desideravo altro. Più quell’aura abbagliante aumentava, più mi avvicinavo al mezzo per ottenere la mia vendetta. E quel giorno era finalmente arrivato.
 
«Krystal, Kai. Siamo in onda,» ci avvertì un membro dello staff mentre altri due ci passavano i nostri rispettivi microfoni.
 
Due truccatrici mi ritoccarono al volo il rossetto e una terza diede una veloce sistemata ai capelli di Jongin. Fui la prima a mettere piede sul palco, acclamata dalle urla dei fan a cui risposi con una scrollata di mani. Jongin era proprio dietro di me.
 
«Toglimi una curiosità, Kai,» dissi al microfono mentre mi voltavo verso il vasto pubblico. In quanto presentatori della serata, il palco era interamente nostro. «Questo è il palco dei MAMA. Qual è l’esibizione che attendi con più ansia?»
 
Il moro si avvicinò di un passo e mi sfiorò la spalla con la propria. Il pubblico andò in visibilio quando mi guardò dritto negli occhi. «Non c’è neanche bisogno di chiederlo, amore mio. Ovviamente quella dei Bangtan Sonyeondan.»
 
Le urla si centuplicarono e Jongin ridacchiò divertito. Era davvero un bravo attore. Abbassai lo sguardo per dare un’occhiata al programma che tenevo fra le mani e accennai anch’io un sorrisetto.
 
«Beh, non dovrai attendere a lungo,» lo confortai. «Ma per il momento accontentati di vederli solo parlare. I vincitori della categoria “best male group” sono proprio i Bangtan Sonyeondan.» Jongin mostrò il foglio con il loro nome scritto sopra. «Congratulazioni, BTS.»
 
Il mio cuore stava battendo all’impazzata nonostante continuassi a ripetermi di mantenere un atteggiamento distaccato. L’ultima volta che li avevo visti gli avevo giurato che li avrei trascinati sul fondo insieme a me. E ora stavo per consegnargli un premio, solo per vederli inabissarsi subito dopo.
 
Quanto era ironica la vita.
 
I Bangtan si alzarono dai loro posti a sedere e camminarono lungo la passerella, acclamati e idolatrati dai loro fan. Dal loro scudo impenetrabile. Ma per quanto ancora avrebbe retto? Ora la mia spada era ben affilata.
 
Il primo a raggiungerci fu RM. Mi avvicinai per consegnargli il premio, ma all’ultimo momento lui, Jimin e Taehyung si fecero da parte per far spazio all’ultima persona con cui avrei voluto instaurare un contatto. Min Yoongi.
 
Mi odiai, ma non potei fare a meno di squadrarlo dalla testa ai piedi. Indossava una giacca nera e dei pantaloni dello stesso colore che gli calzavano a pennello. E aveva i capelli rossi. Proprio come i miei, ma di un colore molto più scuro. Mogano. Il suo viso era bello come me lo ricordavo, e i suoi occhi… I suoi occhi erano due falci scure e affilate, marcati dal trucco nero intorno alle palpebre.
 
Era bello. Era sempre stato bello, e questo era un dato di fatto. La gomitata di Jongin mi riportò alla realtà e mi resi conto che Yoongi non mi stava più guardando, ma lanciava occhiate di fuoco al ragazzo di fianco a me, che contraccambiava con lo stesso fervore. Ancora un altro po’ e si sarebbero inceneriti a vicenda.
 
«Carino l’audio che mi hai inviato,» mormorò Jongin allontanando il microfono per non farsi sentire dal pubblico. «Ti sei divertito con la puttana?»
 
Trasalii. Di cosa diavolo stavano parlando?
 
«Era la tua puttana,» rispose Yoongi senza quasi muovere le labbra. «Io ne ho semplicemente approfittato.»
 
Vidi Jongin tremare sul posto. Era livido di rabbia. «Fottuto bastardo.»
 
«Potrei dire lo stesso.»
 
«Suga!» Namjoon affiancò il suo Hyung nel modo più naturale possibile. «Non è il momento. Yorin, ti dispiace?»
 
Abbassai lo sguardo, rendendomi conto che si stava riferendo al premio che stringevo fra le mani. Incrociai lo sguardo con quello di Yoongi e potei giurare di aver sentito una maledetta scossa attraversarmi la spina dorsale. Un brivido che cercai di rimandare subito indietro.
 
Mi facevo ribrezzo. Mesi e mesi passati a diventare quella che ero, e un suo semplice sguardo mi aveva riportato alla mente il momento in cui c’eravamo persi l’uno nell’altra, ubriachi d’amore fra le coperte.
 
La rabbia s’impossessò del mio cuore e approfittai dell’inchino per nascondergli i miei veri sentimenti. Lui contraccambiò, così come il resto dei membri alle sue spalle. Un piccolo gesto cortese che nascondeva una tempesta pronta ad abbattersi sulle nostre teste.
 
Porsi il premio a Suga e lui nel prenderlo sfregò volontariamente le dita contro le mie. Fu un attimo. Un attimo che durò un’eternità.
 
Distolsi lo sguardo dal suo per incontrare quello triste di Jimin e Taehyung. Jin era impassibile, mentre Hoseok e Jungkook sembravano aver perso il sorriso nonostante avessero vinto un premio. Namjoon picchettò la spalla di Yoongi quando quest’ultimo sembrò non avere la minima intenzione di staccare gli occhi dal mio viso.
 
Il Leader gli indicò il microfono al centro del palco nello stesso momento in cui Jongin mi afferrò il polso per farmi fare un passo indietro e allontanarmi da coloro a cui ero stata tanto affezionata.
 
«Niente ripensamenti,» mi sussurrò all’orecchio. «Ricordati per chi lo stai facendo.» Per Yoona. «Questa sera avrai finalmente la tua vendetta.»
 
Yoongi avvicinò le labbra al microfono ad asta, circondato dagli altri sei membri che aspettavano di sentire il suo discorso che avrebbe incluso anche i loro pensieri. Nelle mani stringeva il trofeo placcato d’oro, di solito centro della sua attenzione, ora trasformatosi nel semplice oggetto che era.
 
«Forse non ve l’ho mai detto,» iniziò senza preavviso. Si rivolse all’auditorium, ma i suoi occhi erano fissi nel vuoto, come se stesse parlando con sé stesso. «Ma tanto tempo fa, subito dopo il debutto, ho perso una delle persone più importanti della mia vita.» Mi vennero i brividi lungo la schiena. «Ed è stata tutta colpa mia.»
 
Strinsi il cartoncino del programma e per poco non lo ridussi a brandelli. Che cosa diavolo stava facendo? Sentii le lacrime pizzicarmi gli occhi ma dovetti fingere di stare bene per non esplodere su quel palco di merda. Che cazzo stava facendo? Che stronzate stava dicendo?
 
Yoongi si schiarì la gola e Jungkook gli posò una mano sulla spalla. Ma non per fermarlo. Per incoraggiarlo. «Non sto cercando di impietosirvi dicendovi che non ho potuto fare niente per evitarlo. Non ho scuse. Questa persona aveva bisogno di me e io le ho voltato le spalle facendola precipitare nel vuoto.» La rabbia che stavo cercando di trattenere cominciò a farmi tremare il petto e i pugni. I miei occhi erano più affilati di due coltelli. «Ecco perché non ripeterò più lo stesso errore. I Bangtan, le persone che ho a cuore…» voltò la testa per guardarmi, «Chiunque esse siano, non le lascerò più indietro. Sarò sincero con loro e con voi, così come lo sono sempre stato per la maggior parte della mia carriera. Grazie a tutti.»
 
Le urla della folla mi fecero tornare alla realtà mentre le luci sul palco si abbassavano per lasciarci nel buio. Jongin mi afferrò per un polso, scortandomi dietro le quinte insieme al gruppo che aveva appena tenuto quel discorso. Cercai di liberarmi dalla sua presa per sorpassarlo, ma Jongin mi spinse nuovamente contro di lui. Gli occhi nei miei.
 
«É una trappola,» sospirò contro le mie labbra. «É una maledetta trappola, Yorinie. Lasciali perdere. Fa quello che ti sei prefissata di fare e va’ avanti per la tua strada. Non distrarti.»
 
«Stava parlando di mia sorella,» ringhiai contro il suo viso. «Ha osato parlare di Yoona davanti ai miei occhi. Ha detto che è stato lui a farla cadere nel vuoto. Lo ha ammesso. E adesso tu mi dici di lasciar perdere?!» urlai liberandomi dalla sua presa. Jongin mi guardò seriamente ma non mi toccò.
 
«Sì. Adesso hai la certezza che è stato lui. Cos’altro ti serve per annientarlo?! Fallo e basta. Vai su quel fottuto palco, accendi il microfono e di’ davanti a tutta quella gente che Min Yoongi è il fottuto assassino di tua sorella! Distruggilo con le tue stesse mani!»
 
«Voglio che me lo dica in faccia,» affermai senza alcuna esitazione. Non ero mai stata tanto sicura di me stessa. «Voglio che quel bastardo sia sincero con me visto che lo ha appena promesso davanti a una folla di trentamila persone. Dopo sarò più che felice di darlo in pasto ai suoi fan e al mondo intero.»
 
Lo sorpassai, ma Jongin mi trattenne un’altra volta. Gli lanciai un’occhiataccia. «Non farlo, Yorinie. Quel figlio di puttana mi ha inviato gli audio della sua scopata con Jennie. Come puoi pretendere di fidarti di lui?»
 
Udii l’ennesimo colpo di fucile che mi trapassò il cuore. La mia forza venne meno ma riuscii a liberarmi dalla sua presa. «Non voglio fidarmi di lui. Voglio mandarlo al diavolo una volta per tutte.»


YOONGI’S POV

Ovviamente non riuscii a coglierla di sorpresa. Si accorse della mia presenza non appena mi avvicinai a lei. Mi afferrò per un braccio e mi trascinò nel suo camerino stracolmo di trucchi, vestiti per le esibizioni e accessori per capelli. Si chiuse la porta alle spalle dopo aver udito qualcuno dello staff urlare: “In onda fra quindici minuti!”
 
I nostri occhi s’incontrarono per la terza volta quella sera. La squadrai da capo a piedi, così come avevo fatto da quando mi ero seduto al mio posto fino a quando non mi ero alzato per ritirare il premio insieme a tutti gli altri.
 
Era da togliere il fiato.
 
I suoi lunghi capelli rosso acceso le incorniciavano il viso pallido, reso ancora più bianco a causa del contrasto con le sue lenti a contatto rosse. Notai che stava indossando un abbigliamento piuttosto casual per una serata di gala. Era poco comune vedere la presentatrice di un evento tanto importante indossare una semplice canottierina nera che lasciava scoperta la pancia e dei pantaloni rossi super attillati, infilati in un paio di stivaletti neri. Dopotutto, Yorin rimaneva sempre Yorin. Nessuno avrebbe mai potuto costringerla a indossare un vestito elegante pieno di pailettes.
 
Quando tornai a guardarle gli occhi, li trovai freddi come il ghiaccio nonostante fossero del colore del fuoco. «Mi stavi aspettando,» dedussi infilando le mani nelle tasche dei pantaloni neri eleganti. Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che c’eravamo visti. Forse sei mesi? E in sei mesi quella ragazzina aveva raggiunto la stessa popolarità che noi avevamo ottenuto in cinque anni di sacrifici. Sbalorditivo.
 
«E ti ho aspettato fin troppo. Parla e vedi di dire le cose come stanno perché questa sarà l'ultima volta che ti ascolterò.» Le sue parole erano come frecce appuntite che si conficcavano una dopo l'altra nel mio cuore pieno di cicatrici. «Te lo chiederò senza troppi giri di parole. Hai ucciso tu mia sorella?»
 
Pendeva dalle mie labbra. La guardai negli occhi prima di dischiuderle e dire, «L'ho spinta io a farlo. È stata colpa mia.»
 
La maschera d’indifferenza che portava sul viso si disintegrò a poco a poco, rivelando un'espressione afflitta che mi avrebbe perseguitato per sempre. Il mio cuore stava soffrendo con lei. Il suo dolore era il mio.
 
«L'hai spinta a farlo... o l'hai spinta giù da quel cazzo di ponte?» Il suo dolore svanì e venne rimpiazzato da un'ondata di rabbia e odio che m’investì in piena regola. Ne fui sopraffatto. «Parla, maledetto bastardo! C'entrano qualcosa anche i tuoi amichetti o hai fatto tutto da solo?! Ti giuro che stasera ti distruggo, fosse l'ultima cosa che faccio nella mia cazzo di vita!! Rimpiangerai di avermi incontrata, Min Yoongi! Rimpiangerai quel maledetto giorno in cui hai pensato di portarmi nel tuo fottuto hotel e scoparmi!»
 
Il mio cuore si stava spezzando in due. Non potevo più vederla in quello stato. Mi mossi verso di lei e Yorin si mise subito sulla difensiva, pronta a respingermi per vietarmi in tutti i modi di toccarla. Le facevo ribrezzo.
 
«Era una fredda sera di Dicembre,» iniziai cogliendola di sorpresa. Il mio sguardo era nel suo, il mio cuore nelle sue mani. «Era quasi Natale. Ricordo ancora i brividi di freddo prima dell’esibizione. Quell’esibizione che non avrebbe mai dovuto esserci.» Le sue sopracciglia tinte di rosso s’incresparono. «Quella mattina, avevo mandato un messaggio a Yoona per dirle d’incontrarci al nostro solito posto visto che aveva detto di volermi parlare. L’appuntamento era fissato per le 22.»
 
«L’orario della sua morte,» m’interruppe con uno sguardo carico di disprezzo. Era livida di risentimento. Annuii.
 
«Sì.» Non lo negai. Le mie forze diminuivano man mano che andavo avanti con il racconto. Ricordare quel giorno mi stava prosciugando di tutte le energie. «Ma quella sera non potei essere puntuale perché la nostra esibizione del pomeriggio venne spostata proprio alle 22. A causa dei vari impegni, non riuscii neanche ad avvertirla che avrei fatto tardi.» Mi passai una mano tra i capelli, gli occhi che fissavano il vuoto, perso nei ricordi. «Rimase ad aspettarmi al freddo, e io arrivai sul ponte solo un’ora dopo. Mi accompagnarono gli altri con il nostro SUV privato.»
 
«E?» m’incalzò.
 
Puntai i miei occhi nei suoi. Erano gonfi di lacrime che si rifiutava di lasciar andare. «E lei non c’era,» rivelai con un filo di voce. La sua espressione sorpresa rimpiazzò quella addolorata.
 
«Cosa…?»
 
«Non c’era… perché il suo corpo stava già galleggiando nel fiume Han.»
 
Fece un passo indietro e per poco non perse l’equilibrio a causa dello shock. La raggiunsi, offrendole il mio braccio per sostenersi. Lo scostò via da sé. «Non raccontarmi stronzate.»
 
«Non lo sto facendo,» affermai senza smettere di guardarla negli occhi. Abbassai il capo per ritrovarmi allo stesso livello delle sue iridi rosse. «Era già morta quando sono arrivato. La strada era deserta e nessuno la vide buttarsi di sotto. Sono quasi impazzito, Yorin. Ho provato a lanciarmi nel fiume per salvarla, ma gli altri mi hanno fermato prima che potessi fare una stronzata. Sarei morto congelato prima di riuscire a trascinarla fino alla riva.»
 
«E allora che cosa hai fatto?» domandò quasi senza fiato. Mi guardava come se volesse cavarmi le parole di bocca. «L’hai lasciata lì?» aggiunse con un moto di disprezzo.
 
«Certo che no. Namjoon-»
 
La porta si spalancò proprio in quel momento. Ci voltammo entrambi verso il Leader che era appena entrato, seguito dagli altri cinque membri del mio gruppo. Rimasero dietro le sue spalle mentre Namjoon prendeva la parola.
 
«Feci una telefonata anonima al 119,» terminò la mia frase precedente. «Sono stato io a portare via Yoongi. Li ho portati via tutti perché sapevo che saremmo stati nei guai se ci avessero trovati lì, sulla scena del crimine. Ho impedito a Yoongi di buttarsi nel fiume perché era palesemente troppo tardi… e perché non potevo permettere che le sue impronte rimanessero sul corpo di Yoona. Sarebbe stato il primo sospettato.»
 
«I soccorsi sono arrivati quasi subito,» s’intromise Taehyung. I suoi occhi non erano mai stati tanto profondi ed espressivi. Ci potevi sguazzare dentro. «L’hanno tirata fuori mentre noi guardavamo la scena dai vetri oscurati del nostro SUV. Sì, eravamo lontani, ma non ce ne siamo mai andati. Siamo rimasti con lei.»
 
Mi si spezzò il cuore quando udii il singhiozzo di Yorin. Si tappò la bocca per nasconderci il suo dolore, il suo tormento… ma poteva fare ben poco. Morivo dalla voglia di avvicinarmi e stringerla forte fra le mie braccia. Non lo feci. Sapevo bene che mi avrebbe respinto.
 
«Yoongi-hyung era distrutto,» disse tristemente Hoseok. «Pensavo sarebbe morto lì con lei. Dico sul serio. Nel SUV si sentivano soltanto i suoi singhiozzi disperati. Fu uno strazio.»
 
«E poi arrivò Jongin,» disse Jimin incrociando le braccia al petto. «Lo chiamarono quando ritrovarono il cellulare di Yoona. Probabilmente il suo numero era in cima alla lista delle chiamate.»
 
Jungkook si grattò il retro della testa. «Ecco perché cancellammo il messaggio di Yoongi-hyung. Era la cosa migliore da fare per evitare che qualcuno potesse metterlo in mezzo a quella storia. É da secoli che i paparazzi cercano di coinvolgerci in uno scandalo. Questa sarebbe stata l’opportunità perfetta.»
 
«Le persone famose non possono soffrire come le persone normali,» mormorò Jin dall’angolo. «Dobbiamo farlo in silenzio, al buio… dietro il vetro oscurato di un SUV così nessuno potrà usare quel dolore contro di noi.»
 
«Perciò non è stata colpa di Yoongi-hyung,» chiarì subito Namjoon. «É stato solo un incidente. Nessuno di noi poteva evitarlo.»
 
«Ti sbagli,» affermai con i pugni stretti e gli occhi ridotti a due fessure. Yorin si voltò a guardarmi con gli occhi ancora lucidi e increduli. «Io potevo evitarlo, ma sono stato così stupido da non capirlo.» Jungkook tentò di negare le mie parole. Battaglia persa in partenza. «Sono andato a letto con la sua migliore amica e l’ho lasciata da sola in mezzo a quel mare di squali. E immagina quanto deve essersi sentita sola su quel ponte, in mezzo al freddo e alla neve mentre io ballavo e cantavo su un fottuto palco di merda.» Presi un profondo respiro rabbioso. Mi bruciavano gli occhi. «Avrei dovuto mandarle un messaggio… Anzi, sarei dovuto correre da lei e mandare tutto e tutti al diavolo. Se l’avessi fatto, Yoona sarebbe ancora viva.» Mi asciugai gli occhi nonostante non ci fosse nemmeno una lacrima da nascondere. «É morta per colpa mia. L’ho uccisa io.»
 
«No,» affermò Jin a denti stretti. «Yoona soffriva di depressione. Non potevi saperlo. Non è colpa tua.»
 
«Non le sono stato vicino quando ne aveva bisogno!» ringhiai, gli occhi rossi a causa del pizzicore delle lacrime. «É questa la mia colpa!»
 
«Allora siamo colpevoli in due.» Abbassai lo sguardo su Yorin. Lei mi stava guardando con una strana luce negli occhi. «Anch’io l’ho abbandonata quando aveva più bisogno di me. É morta anche per colpa mia.»
 
Il silenzio ci avvolse come una coperta fatta di spine. Nessuno sapeva cosa dire. Cosa fare. C’erano solo tante parole non dette che pregavano di poter uscire fuori. Cercavano di manifestarsi per rimettere tutto a posto e sistemare le incomprensioni rimaste. La prima a iniziare fu proprio Yorin.
 
«Jongin mi ha detto che sei andato a letto con Jennie.»
 
Ovvio. Sapevo che quel bastardo l’avrebbe fatto. Mi ero preparato psicologicamente a quel colpo basso, ma non fui abbastanza coraggioso da sostenere gli sguardi inorriditi dei miei amici. Guardai altrove.
 
«Non l’ho scopata. Non ci ho nemmeno fatto sesso. Era solo vendetta.»
 
«Vendetta?» domandò lei inarcando un sopracciglio. «Anche la tua quasi scopata con Soo Jin era una vendetta?»
 
Ok, questa aveva fatto malissimo. Mi passai una mano sulla faccia e mi appoggiai al tavolino pieno di trucchi. Se non avessi saputo che sarebbe stato inutile, mi sarei buttato ai suoi piedi implorando il suo perdono.
 
«Yorin… sai bene che ero dipendente dal sesso.»
 
«Eri?»
 
«É da sei mesi che non tocco una donna, okay?» la implorai con gli occhi. «Quello che stava per farmi Soo Jin non è paragonabile a un secondo di quello che tu hai fatto a me. E quello che ho fatto a Jennie… non può essere paragonato a quello che muoio dalla voglia di fare a te.» Lo sguardo disgustato di Taehyung mi fece quasi sorridere. «Non ti sto chiedendo di perdonarmi. Ti sto chiedendo di credermi.»
 
«Credere a cosa?»
 
«A ciò che ti ho detto su Yoona. A quanto ti amo,» le dissi col cuore in mano. Yorin tremò impercettibilmente sul posto. «Una volta mi hai detto che sono bravo a fare sesso, ma che sicuramente sono pessimo a fare l’amore.» Mi persi nei suoi occhi di fuoco, così come lei si perse nelle mie parole piene di sincerità. «Insegnami tu come si fa a fare l’amore. Oppure distruggimi come avevi in mente di fare. Stavolta sei tu ad avere il microfono dalla parte del manico. La decisione spetta a te.»
 
Abbassò lo sguardo sul microfono rosso che stringeva fra le mani. Il mezzo per distruggere me e i Bangtan Sonyeondan. Non doveva fare altro che avvicinarvi quelle bellissime labbra pitturate di rosso e pronunciare poche, semplici parole. “Min Yoongi ha ucciso mia sorella, e il resto dei Bangtan Sonyeondan lo ha aiutato a insabbiare tutto.”
 
Distrutti in un sol colpo. Chi avrebbe mai pensato che la regina di ghiaccio potesse mentire? Lei che non aveva peli sulla lingua.
 
«Fai ciò che ritieni giusto,» dichiarò Namjoon con una calma inaspettata. «In questi mesi ho capito che non serve a niente nascondere la verità. Ci faremo solo più male. Perciò sfoga la tua rabbia. Vendicati per il tradimento di Yoongi.  Noi saremo in prima fila ad attendere il tuo verdetto. Ma ricorda,» aggiunse puntandole il dito contro. «Non ci affonderai così facilmente. Siamo pur sempre a prova di proiettile.
 

YORIN'S POV
 
L'esibizione dei Bangtan Sonyeondan era appena terminata e l'auditorium era quasi crollato su sé stesso a causa delle urla. I sette ragazzi si tolsero i microfoni e scesero dal palco per tornare ai loro posti nella zona VIP, madidi di sudore e con i vestiti appiccicati alla pelle. A momenti riuscivo a sentire i loro respiri affannati.
 
Jongin era al mio fianco mentre aspettavamo di tornare sul palco per annunciare la prossima esibizione. Per un divertente scherzo del destino, toccava proprio alle BLACKPINK.
 
Le quattro ragazze erano dietro di noi, ma Jennie mi raggiunse per sistemarsi di fianco a me. Jongin non la guardò neanche di striscio. Lei invece fissava me. Riuscivo a percepirlo con la coda dell'occhio. La guardai a mia volta e scoprii che mi stava fissando con un sorrisetto che non seppi decifrare.
 
«Che hai da ridermi in faccia?» le domandai gelida. Più gelida di quanto avrei voluto. Non per niente mi chiamavo la regina di ghiaccio.
 
«Sei molto bella questa sera,» mi disse gettando un'occhiata all'abitino con lo strascico nero che mi avevano costretto a indossare. I tacchi alti mi stavano uccidendo i piedi. «Lui ha occhi solo per te.»
 
Non feci in tempo a chiederle di chi stesse parlando perché ci comunicarono che dovevamo salire sul palco. Jongin mi passò il microfono come se mi stesse consegnando un'arma. Mi guardò negli occhi facendomi capire che era arrivato il momento di fare ciò che andava fatto. Niente ripensamenti.
 
Mi seguì fino al centro del palco, aiutandomi a salire i gradini come avrebbe fatto ogni vero gentiluomo. Accettai il suo aiuto solo per non fargli fare una figura di merda davanti a tutte quelle persone. Sapevo camminare da sola. Con chi diavolo credeva di avere a che fare?
 
«Amore,» disse rivolgendosi a me. Mi passò un braccio intorno alle spalle. Il pubblico urlò fino a spaccarmi i timpani. «Che ne pensi dell'esibizione dei Bangtan Sonyeondan? Si meritano proprio il titolo di star internazionali, non trovi?»
 
Stava facendo esattamente ciò che pensavo avrebbe fatto. Stava pilotando il discorso verso i BTS per lasciarmi campo libero. Avvicinai le labbra al microfono.
 
«Non sono mai stata una loro fan,» dichiarai senza scompormi di un millimetro. Alcune persone urlarono il loro dissenso. Sicuramente gli ARMY. «E uno di loro mi è sempre stato sul cazz-»
 
Jongin mi coprì la bocca prima che potessi inveire in diretta nazionale. Qual era il problema? Stavo solo dicendo la verità.
 
Esatto, la verità. Avrei detto tutta la verità.
 
«Amore mio,» disse Jongin divertito e un po' a disagio. Lo guardai male. «Sai che ti amo perché dici sempre tutto quello che pensi. Ma non mi sembra il momento di essere così diretta.»
 
La folla scoppiò a ridere, e poi urlò all'improvviso quando inquadrarono i BTS. Li guardai attraverso lo schermo gigante e l'occhio mi cadde su Yoongi, seduto in prima fila con tre suoi compagni a destra e tre a sinistra. Aveva ancora il fiatone, e i capelli umidi di sudore gli si erano appiccicati alla fronte.
 
Era chino in avanti, i gomiti poggiati sulle ginocchia e lo sguardo tagliente fisso su di me. Mi stava scrutando mentre si passava la lingua sulle labbra per inumidirle. Potevo percepire il suo odio per Jongin, la sua preoccupazione per quello che avrei detto e il suo desiderio di essere perdonato. Mi portai di nuovo il microfono alle labbra.
 
«Io non ti amo.» L'auditorium si congelò. Mi voltai a guardare Jongin che sembrava non aver inteso il senso delle mie parole. La verità. Avrei detto solo la verità. «Amo il membro dei Bangtan Sonyeondan che mi è sempre stato sul cazzo.»
 
Non so cosa successe dopo quel momento. So solo che non capii più nulla. Lasciai cadere il microfono a terra, proprio come avevo visto fare a Yoongi in Mic Drop, mi tolsi i tacchi e li abbandonai lì sul palco, poi mi sollevai lo strascico del vestito e cominciai a correre a piedi nudi giù per i gradini. La telecamera mi venne dietro mentre la folla urlava e bisbigliava.
 
Intorno a me c'era il caos.
 
Corsi verso la zona VIP senza sapere esattamente cosa fare. O forse lo sapevo fin troppo bene. Mi fermai di fronte ai Bangtan Sonyeondan, di fronte a Yoongi che aveva raddrizzato la schiena e mi scrutava con uno sguardo indecifrabile, così come il resto dei BTS. Gli altri gruppi dietro di loro stavano sicuramente pensando che fossi uscita di senno. EXO, WANNA ONE, SEVENTEEN, GOT7, MAMAMOO, TWICE.
 
Presi un profondo respiro, ancora stanca a causa della corsa, e mi chinai su Yoongi. Gli agguantai il viso con entrambe le mani e schiantai le mie labbra contro le sue, come se lui fosse la mia riserva d'ossigeno. Chiusi gli occhi e continuai a baciarlo nonostante fosse diventato rigido come un pezzo di legno. Allontanai dalla mia testa tutte le urla, tutte le telecamere e gli sguardi increduli e sorpresi delle trentamila persone che avevamo intorno.
 
La verità? Stavo urlando al mondo intero che Min Yoongi era soltanto mio. Mio e di nessun altro. Stavo dicendo a Jennie di stargli alla larga. Stavo minacciando Soo Jin di tenere quelle sue fottute mani lontane dal mio uomo. Stavo confessando a Jongin che non avrei mai potuto amarlo perché il mio cuore, nonostante tutto, apparteneva ancora a quel bastardo.
 
Stavo dicendo tutte quelle cose senza aprire bocca, muovendo quest’ultima su quella di Yoongi per ottenere una risposta che arrivò senza preavviso, bloccandomi il fiato.
 
Il rosso avvolse le mani intorno alla mia vita e mi attirò sulle sue ginocchia. Mi ritrovai seduta sul suo grembo, con le mani intorno al suo collo e le sue labbra che divoravano le mie con una passione che mi fece quasi girare la testa. Il suo sapore m’invase la bocca e il suo respiro divenne un’eco che mi solleticò piacevolmente le orecchie.
 
Non m’importò delle telecamere che ci stavano filmando. Non m’importò dello sguardo frustrato e imbarazzato di Namjoon, ma tuttavia sorridente, così come quello degli altri cinque ragazzi al nostro fianco. Erano tutti lì per combattere quella battaglia che io avevo deciso di iniziare. Ma non contro di loro. Per loro. Per me stessa e per Yoongi. Una battaglia in cui stavo urlando a gran voce la nostra libertà.
 
Mi staccai dalle labbra di Yoongi, che mi rincorse per evitare di perdere quel bellissimo collegamento fra di noi. Mi posò le mani sulle guance e mi riportò sulla sua bocca, assaporandomi come se fossimo stati soltanto noi due.
 
«Non ti lascerò mai più andare,» sussurrò sulle mie labbra gonfie. Il mio cuore batteva in sincrono con il suo. «Mai più.»
 
Posai la fronte sulla sua. «Portami via di qui,» lo supplicai. «Voglio stare da sola con te.»
 
“Avevo deciso di credergli. Avevo deciso di dare a entrambi una seconda possibilità. E stavolta gli avrei insegnato ad amare. Gli avrei insegnato a fare l’amore. Stavolta per davvero.” -Yorin



Angolo.Autore

E' passata una vita dall'ultimo aggiornamento. Scusate se vi ho fatto aspettare così tanto ma ero troppo presa dall'altra mia storia, Be My Knight 🙏

Ho deciso di fare una piccola pausa e riprendere questa, anche perché vi avviso che stiamo per avvicinarci al finale di Hook-Up (mi mancherà davvero un sacco questa storia 😭)

Parlando del capitolo, Yoongi si è approfittato di Jennie per vendicarsi di Jongin. Ancora una volta ha usato il sesso per sfogare le sue frustrazioni, ma speriamo che ora Yorin sia in grado di guarirlo definitivamente. Voi che dite? Lui sa di amarla ma non riesce a dimostrarglielo come si deve. A quanto pare manca ancora qualcosina che potrebbe farlo capitolare una volta per tutte 👀

E finalmente abbiamo scoperto che cosa è successo il giorno della morte di Yoona. Pensavate che fosse andata in modo diverso? Scrivetemelo pure, sono curiosa ❤

Personalmente ho amato scrivere la scena finale. Ditemi voi 😂 E se il capitolo vi è piaciuto lasciatemi pure un commentino. Sapete che lo apprezzo tantissimo ❤ Un bacione e alla prossima!

P.s: Ne approfitto per avvisarvi che ho continuato a tradurre Per Amarti e Onorarti, il sequel di Nel Bene e Nel Male che trovate sempre nel mio profilo.

Instagram: btsuga_d

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Capitolo 32
*** What do you thing? ***


bemyknightnvu


❖ What Do You Thing?



⚜⚜⚜

YORIN’S POV

Il buio del corridoio ci avvolgeva come due ladri in fuga nella notte. C’era un silenzio tombale, eppure riuscivo ancora a sentire le urla isteriche di quando io e Yoongi c’eravamo alzati, mano nella mano, lasciando quell’auditorium inondato di luce per rifugiarci nell’oscurità del suo hotel.
 
I richiami disperati dei suoi manager non ci avevano fermato. Nemmeno le occhiatacce delle sue stylist o le mille chiamate che Yoongi stava ricevendo da parte di Bang PD. Le rifiutava tutte, una per una, mentre con l’altra mano teneva stretta la mia per trascinarmi lungo il corridoio buio. Lo schermo del suo cellulare s’illuminò a causa dell’ennesima chiamata del suo Presidente, e per l’ennesima volta Yoongi rifiutò di parlare con l’uomo a cui doveva la sua intera fortuna.
 
Lo stava mettendo da parte… per me. Io che ero nulla in confronto all’uomo che gli aveva donato tutto ciò che poteva desiderare. E lui ci stava rinunciando… per me.
 
Mi sentii il cuore ricolmo di una strana emozione quando mi resi conto che nessuno dei BTS lo stava sommergendo di chiamate. Erano rimasti lì, in quell’auditorium, a sostenere con orgoglio le occhiate maliziose della gente. Non avevano provato a fermare Yoongi. Non si erano alzati per corrergli dietro, urlando il suo nome nel tentativo di farlo desistere. Erano rimasti seduti come se fosse la cosa più naturale del mondo. Pronti a ricevere qualsiasi proiettile gli fosse stato lanciato addosso.
 
Tornai alla realtà quando Yoongi si fermò di fronte alla porta della sua camera d’albergo. I nostri occhi s’incontrarono.
 
«A che pensi?» sussurrai muovendo impercettibilmente la mano nella sua stretta. La tensione fra noi era palpabile. I nostri cuori erano ancora scossi da quello che era successo.
 
«Al nostro primo incontro,» rispose con un sussurro più roco del mio. I suoi occhi mi scavarono dentro. «Al momento in cui ti ho proposto di venire in albergo con me.» Mi fissò ancora più intensamente. «E di passare la notte con me.»
 
«Hai paura che possa tirarti un altro schiaffo?»
 
La sua gola emise una specie di borbottio divertito. «Lo faresti?»
 
«No.» Il suo sguardo si ammorbidì mentre si spostava di lato per tenermi la porta aperta. Lo fissai confusa quando mi lasciò andare la mano. «Che stai facendo?»
 
«Voglio che ci entri con le tue gambe,» dichiarò nel buio. «Non sarò io a trascinarti su quel letto.»
 
Mi prese alla sprovvista. Rimasi ancora più confusa quando entrai nella stanza a piedi nudi e lui non si sbatté immediatamente la porta alle spalle per impossessarsi delle mie labbra, prendermi in braccio e gettarmi sul suo letto senza lasciarmi via di scampo. Non fece niente di tutto questo. Rimase semplicemente immobile, a fissarmi con la schiena poggiata contro la porta di quella camera buia.
 
«Yoongi, che stai facendo?» domandai con un po’ di timore. Si stava forse pentendo della sua scelta? «Ti comporti in modo strano.»
 
«Non so cosa fare,» ammise lasciandomi senza parole. La sua faccia seminascosta dalla penombra mostrò un lieve accenno d’imbarazzo quando si schiacciò ancora di più contro la porta.
 
Min Yoongi? Imbarazzato? Dovevo avere le traveggole.
 
«Non ti seguo.»
 
«Non so come comportarmi,» confessò al limite della frustrazione. Si passò una mano tra i capelli mogano. «Non voglio darti un’idea sbagliata… Non voglio…» si bloccò per pensare alle parole giuste da dire. «Non voglio scoparti e basta, okay?»
 
La mia mente si svuotò. Mi ritrovai a mormorare un «Okay» che avrebbe potuto benissimo pensare di esserselo immaginato. Non mi era rimasto più fiato nemmeno per parlare.
 
«Non so cosa fare per farti capire che faccio sul serio.»
 
Aveva paura che potessi fraintenderlo. Sembrava un bambino spaventato dal mondo con cui aveva sempre avuto familiarità. Sentii il cuore vibrare sotto il vestito nero che stavo indossando.
 
«Tu cosa vorresti fare?» gli domandai. Yoongi sollevò il mento per guardarmi dritto negli occhi. «Cosa vorresti farmi in questo momento?»
 
Il suo ringhio gutturale mi provocò dei brividi in mezzo alle gambe, soprattutto quando lasciò ricadere la testa contro la porta e il suo pomo d’Adamo si mosse su e giù per far passare la saliva che aveva appena deglutito. Chiuse gli occhi.
 
«Cristo, Yorin. Vorrei strapparti quel maledetto vestito di dosso perché per i miei gusti nasconde fin troppo. Ho voglia di mangiarti dalla testa ai piedi e farmi inebriare dal tuo sapore come un cazzo di drogato.»
 
Si bloccò quando notò l’espressione sul mio viso. Una pagina bianca. Illeggibile.
 
«Lo sto facendo di nuovo, vero?» mormorò mortificato. «Ti sto dando di nuovo l’idea di volerti scopare e basta.» Scossi la testa, ma lui poggiò nuovamente la sua contro la porta, esausto e frustrato. «Non sono bravo in queste cose. Ho bisogno del tuo aiuto. Spiegami cosa devo fare per non sembrarti un maledetto puttaniere.»
 
Una vergine che doveva spiegare a un sesso-dipendente come fare l’amore? Beh, ora sì che mi veniva da ridere. Distolsi lo sguardo per scaricare un po’ di tensione e poi posai entrambe le mani sui fianchi mentre mi dirigevo verso di lui. Lo strascico nero accarezzò il pavimento dietro i miei passi.
 
Mi fermai di fronte a Yoongi e lui rimase immobile a scrutarmi. A momenti nemmeno respirava. Seguì il movimento delle mie braccia quando le sollevai per intrecciare le mie dita alle sue. Si lasciò guidare come il più fragile dei bambini, timoroso persino dello scricchiolio dei nostri passi sul pavimento.
 
Camminai all’indietro e lo trascinai con me finché non raggiunsi la sponda del letto matrimoniale. Invece di sedermi sul materasso, feci sedere lui e m’inginocchiai fra le sue gambe poggiando i gomiti sulle sue cosce fasciate dai pantaloni scuri. Incominciai a slacciare le cinture di cuoio che gli stringevano il torace, una per una, con l’intenzione di liberare la camicia di seta bianca che era intrappolata al di sotto.
 
Yoongi rimase a guardarmi mentre faticavo con una delle cinture. Non mi aiutò. Appoggiò la fronte contro una delle mie tempie e chiuse gli occhi, solleticandomi la guancia con il suo respiro. Lo liberai dall’ultima cintura che gli stringeva il torace, e quelle che gli facevano da bretelle gli scivolarono lungo le braccia per raccogliersi nel suo grembo. Le rimossi del tutto e le feci cadere sul pavimento.
 
Sollevai la testa e il suo naso strusciò contro il mio. Appena i nostri occhi s’incontrarono, puntellai i palmi sulle sue cosce e premetti le labbra contro le sue. Lentamente, lui sollevò una mano e mi sfiorò la guancia con la punta delle dita mentre schiudeva la bocca e serrava gli occhi.
 
Non mi toccò da nessun’altra parte, e la delicatezza di quel gesto mi lasciò senza fiato. Mi accarezzò i capelli all'indietro e attese che fossi io a guidare il gioco. Lui si limitava a seguirmi senza tuttavia incoraggiarmi. Assecondava i miei baci ma non aveva alcuna intenzione di prendere il controllo.
 
«Toccami,» gli sussurrai nell'orecchio anelando le sue mani su di me. «So che vuoi farlo.»
 
«Non so come toccarti,» rispose continuando ad accarezzarmi la guancia. Non osava allontanarsi da quel punto. «Non so nemmeno come guardarti.»
 
Non avevo mai visto Min Yoongi in quelle condizioni. A quest’ora mi sarebbe già saltato addosso, invece rimaneva lì, ad attendere che io gli insegnassi qualcosa che avevo visto solo nei film romantici. La mia conoscenza si fermava alla teoria. Come avrei potuto spiegargli ciò che neanche io riuscivo a comprendere? Le mie erano solo supposizioni. Non avevo mai fatto nulla per metterle in pratica.
 
Fino a quel momento.
 
Mi sporsi nuovamente verso le sue labbra e stavolta osai di più. Gli posai le mani sul petto e lui poggiò la schiena contro il materasso, allargando le gambe per permettermi di sistemarmi sopra di lui. Rimasi incollata alla sua bocca mentre cercavo di fare l’unica cosa che mi venne in mente. Togliermi i vestiti.
 
Ma non volevo farlo da sola, per questo gli afferrai una mano e gliela posizionai sopra uno dei miei seni che cercava di fuoriuscire da quel vestito striminzito. Yoongi si staccò dalle mie labbra rilasciando un profondo sospiro che aveva più l’aria di essere un lamento sofferente. Abbassò piano le palpebre mentre accarezzava la linea piena di ciò che nascondevo sotto il corpetto.
 
«Così mi uccidi, Yorin,» sussurrò con voce roca. Sollevò istintivamente il bacino per sfregarlo contro il mio. Quella frizione ci fece gemere entrambi. «Dimmi cosa devo fare prima che perda il controllo.»
 
«Mostrami quanto mi ami,» gli dissi senza riflettere. Mi sorpresi delle mie stesse parole e guardai Yoongi con la stessa espressione scioccata con cui mi stava guardando lui. Deglutii prima di continuare con voce incerta. «Non è importante l’atto in sé, ma ciò a cui pensi mentre lo fai. Mostrami cos’hai nel cuore, e io ti mostrerò cosa c’è nel mio.»
 
Si raddrizzò di scatto e mi regalò uno dei baci più profondi e passionali che mi avesse mai dato. Il suo desiderio mi travolse e mi aggrappai alle sue spalle per non cadere all’indietro. Mossa inutile visto che ci aveva già pensato lui a sostenermi. Mi schiacciò contro il suo petto intanto che mi divorava le labbra, il viso, le guance.
 
Reclinai la testa all’indietro quando mi leccò il collo, permettendogli di sollazzarsi con la mia parte più vulnerabile. Con la lingua tracciò una scia infuocata lungo le mie clavicole e ridiscese verso il basso. Non incontrò alcuno ostacolo visto che si liberò della stoffa del mio vestito man mano che tracciava scie umide lungo la mia carne bollente.
 
Mi ritrovai il corpetto arrotolato intorno alla vita, il reggiseno di pizzo nero in bella vista. Mordicchiò la carne piena del mio seno destro e conficcò le unghie nel mio fianco coperto dalla stoffa che penzolava lungo il bordo del letto sotto forma di strascico. Mi lasciai sfuggire il secondo gemito di quella nottata e gli avvolsi le braccia intorno al collo per sentirlo più vicino. Yoongi sollevò la testa e il suo fiato caldo nell’orecchio mi fece tremare a causa dei brividi di piacere.
 
«Va bene così?» mi domandò con una voce profonda quanto una caverna. «Dimmelo se faccio qualcosa che ti dà fastidio,» aggiunse con una dolcezza che mi causò un formicolio acuto nel petto. «Non voglio più mancarti di rispetto, o mentirti. Non voglio più deluderti.»
 
«Mai più?» gli domandai per esserne sicura. Mi aggrappai ancora di più alle sue spalle e lui mi strinse a sua volta. Le sue labbra sfiorarono le mie mentre mi guardava negli occhi. Vi lessi una sincerità che mi fece tremare per la seconda volta fra le sue braccia.
 
«Mai più.»
 
Lo baciai. Lo baciai ancora e mi smarrii nelle dolci carezze delle sue mani sulle mie guance. Lo spinsi nuovamente all’indietro per fargli poggiare la schiena contro il materasso matrimoniale e mi chinai su di lui, le dita intorno ai bottoni bianchi della sua camicia. Li sbottonai uno per uno, lentamente. Lui rimase a fissarmi con uno sguardo che non gli avevo mai visto.
 
Una volta aperto l’ultimo bottone, lasciai che la camicia gli rimanesse spalancata sul petto e sul ventre piatto. I pantaloni neri, stretti e a vita bassa, intensificavano l’evidente rigonfiamento più in basso intrappolato nei boxer firmati. Gli presi un capezzolo fra le labbra e ottenni un sospiro tremulo che mi spronò a continuare.
 
«Cazzo,» imprecò a denti stretti sollevando ancora una volta i fianchi contro i miei.

warning:smut 

La sua erezione sbatté contro il mio sesso ormai in fiamme ed entrambi non riuscimmo a trattenere un ansimo che io zittii contro il minuscolo bocciolo rosa nella mia bocca. Lo accarezzai con la lingua e con i denti, succhiando finché i gemiti sommessi del rosso sotto di me non mi fecero venire un’insana voglia di centuplicarli.
 
Mi staccai da quel piccolo e soffice pezzo di carne e scivolai verso il basso, armeggiando con la cintura dei suoi pantaloni per allentare la stretta che aveva sui suoi fianchi. Mi inginocchiai fra le sue gambe, ma non feci in tempo ad abbassargli la zip che mi ritrovai il polso stretto nella sua presa. I nostri sguardi s'incontrarono.
 
«Non sei obbligata a farlo,» disse con una serietà che mi sconvolse. «Posso aspettare.»
 
«Ma io voglio farlo,» affermai senza staccargli gli occhi di dosso. «Non sono il tipo di donna che fa qualcosa sotto costrizione. Dovresti averlo capito.»
 
La sua presa intorno al mio polso si allentò e notai i suoi occhi addolcirsi e rabbuiarsi l'attimo dopo.
 
«È la prima volta che lo fai?» mi domandò cercando di mantenere un tono distaccato. Lo tradì la scintilla della gelosia che gli brillava negli occhi. «O l'hai già fatto a qualcuno?»
 
Cercai di trattenere un sorrisetto soddisfatto. «No, tu sei il primo.»
 
Yoongi annuì mentre rifletteva. «Sai come fare? Vuoi che ti aiuti?»
 
Inclinai la testa e infilai la mano nei suoi boxer. Il rapper dischiuse le labbra e serrò gli occhi nel momento in cui avvolsi le dita intorno al suo membro eretto. Era in estasi mentre facevo scivolare la mano su e giù.
 
«Min Yoongi, mi stai sottovalutando?»
 
Scosse la testa mentre si faceva scappare un ghigno. «No, Kang Yorin. Ho imparato a non dubitare mai delle tue capacità. Sono sicuro che mi porterai in paradiso,» sussurrò tornando a guardarmi negli occhi. Si chinò finché non mi sfiorò il naso con il proprio. «Perché sarai tu a farlo.»
 
Avvampai fino alla punta dei miei capelli già rossi come il fuoco. Non sapevo come reagire di fronte alle sue parole. Avrei dovuto fidarmi? Volevo farlo. Volevo lasciarmi andare completamente. Eppure c'era qualcosa che mi bloccava: la paura che potesse ferirmi. Il timore che potesse tradirmi. Di nuovo.
 
Ma era davvero questo ciò che mi interessava in quel momento? No. Mi ritrovai a desiderare cose che mi fecero arrossire ancora di più. I miei pensieri presero il volo, e mentre lo guardavo negli occhi sentii l’irrefrenabile impulso di soddisfarlo in ogni modo possibile e immaginabile. Gli avrei dimostrato che nessun’altra donna avrebbe potuto prendere il mio posto. Poteva portarsi a letto tutte quelle che voleva. Dopo questa notte, gli avrei lasciato una cicatrice indelebile sul cuore, con il mio nome inciso sopra.
 
Mi passai la lingua sulle labbra per inumidirle. Un sapore nuovo, ma pur sempre appartenente a Yoongi, mi inondò la bocca quando avvolsi le labbra intorno al suo sesso. Il sibilo di piacere che ottenni in risposta mi fece quasi scoppiare a ridere.
 
Sollevai gli occhi e vidi che aveva reclinato la testa all'indietro, il peso del suo corpo era sostenuto dai gomiti puntellati sul materasso mentre teneva le labbra dischiuse in un ansito silenzioso, come se fosse stato appena accoltellato.
 
Quella vista mi causò più di un fremito in mezzo alle gambe. Come avevo potuto ridurmi in quel modo per un uomo? Lo stesso uomo che mi era sempre stato sul cazzo. Volevo prendermi a sberle.
 
Senza preavviso, Yoongi sollevò di colpo il bacino dal materasso e quasi soffocai per l'intrusione del suo membro nella mia gola. Sentii le sue dita afferrarmi delicatamente i capelli mentre il suo corpo si bloccava.
 
«Scusa, tesoro,» disse con un leggero affanno dovuto all'eccitazione. Il suo mezzo sorriso mi stregò. «É un’impresa stare fermo con te… così. Cerco di non muovermi.»
 
«No,» risposi una volta liberata la bocca. «Fai quello che vuoi. Non trattenerti.»
 
«Yorin-»
 
«Dico sul serio,» lo bloccai con voce ferma mentre lo costringevo a guardarmi negli occhi. «Fallo come più ti piace. Non trattenerti per colpa mia.»
 
Dopo un attimo d'esitazione, Yoongi mi fece staccare le dita dalla sua erezione e se le infilò in bocca, una per una. Lo osservai rapita mentre faceva passare la lingua intorno a ogni falange, unghia e polpastrello, assaporandone ogni centimetro mentre mi guardava dritto negli occhi.
 
La mia voglia di lui crebbe a dismisura quando mi resi conto che avevo la mano intrisa della sua saliva. Me la fece poggiare nuovamente sul suo sesso eretto.
 
«Passala dove non arrivi con la bocca,» mi ordinò con voce roca ed eccitata. «La saliva serve a lubrificare. Ti semplificherà le cose.»
 
Sentirlo parlare in quel modo creò una frattura nei miei pensieri. Da una parte lo trovai fottutamente erotico, dall’altra terribilmente insoddisfacente. Era ferrato sull’argomento solo a causa della sua indiscussa esperienza. Io invece non sapevo nemmeno da dove cominciare. Nonostante le mie parole spavalde di prima, era ovvio chi fosse il più esperto fra i due.
 
Avevo paura che quel divario avrebbe potuto… annoiarlo.
 
Gelosia e desiderio si mescolarono insieme e lo presi in bocca senza pensarci. Yoongi artigliò il lenzuolo e gettò nuovamente la testa all’indietro, lasciando scoperto il pomo d’Adamo e il petto nudo che si sollevava seguendo il ritmo frenetico del suo respiro. Sollevò leggermente i fianchi per adattarsi al movimento della mia bocca e tornò a guardarmi negli occhi. Quando gli stimolai la punta con la lingua e la base con il pugno chiuso, il suo braccio si sollevò di scatto e intrecciò le lunghe dita fra una ciocca dei miei capelli rossi. Mi strattonò appena.
 
«Cristo,» imprecò deglutendo la saliva che aveva in bocca. «L’ho capito dalla prima volta che ti ho vista-» Un affondo della mia gola. Un suo gemito. «…che tu saresti stata-» Un altro gemito che spezzò la frase in due. Riprese fiato mentre sollevava sempre di più i fianchi per adattarsi al movimento della mia bocca. «…la mia fottuta rovina.»
 
Passai la mano sui suoi testicoli e cercai di rilassare la gola per prenderlo più in profondità. Era l’istinto a guidarmi, ma doveva essergli piaciuto parecchio a giudicare dal ringhio animalesco che gli fuoriuscì dalla gola. Ero piena di lui e tuttavia non mi bastava. Volevo che mi supplicasse. Volevo portarlo al limite così che potessi rendermi conto del bisogno disperato che aveva di me.
 
Perché lui aveva bisogno di me, vero?
 
«Tesoro, rallenta,» sussurrò staccandomi gentilmente dal suo sesso. Aveva tutto il petto sudato. «Cazzo, rallenta o ti vengo in bocca.»
 
«E che aspetti a farlo?»
 
La sua risata scioccata fu musica per le mie orecchie. Chinai il capo e tornai a leccare, succhiare e torturare la punta gonfia del suo membro. Mi sfuggì un gemito quando un colpo del suo bacino quasi mi soffocò. Il suono che uscì dalla mia gola lo fece eccitare ancora di più. Lo capii dal modo in cui il suo membro s’indurì nella mia bocca e dalle parole oscene che pronunciò per incoraggiarmi a continuare.
 
«Ti piace, non è vero?» mi domandò tornando a stringermi i capelli. Il suo ansimo lussurioso era quasi un sussurro. «Ti piace sentire il mio sapore sulla tua lingua. Ammettilo.»
 
Avrei voluto rispondergli di sì ma ovviamente non potevo. Avevo la bocca impegnata. Mi piaceva pensare di poter essere l’unica ad avere una presa salda sulle sue emozioni e sul suo autocontrollo. Forse immaginavo troppo?
 
Le mie labbra scivolarono su e giù e mi posizionai meglio sulle ginocchia per assecondare il movimento bramoso dei suoi fianchi.
 
«Dio, Yorin.» Il mio nome sulla sua lingua aveva la stessa consistenza del miele. «Continua, piccola. Non ti fermare,» mi supplicò tra un miscuglio di gemiti e affanni. E il mio cuore bruciò di un desiderio mai assaporato prima: quello di soddisfarlo a qualunque costo.
 
Mi sostenni alla sua coscia ancora fasciata dal pantalone e con l’altra mano continuai a pompare insieme alla bocca finché non sentii il corpo di Yoongi flettersi verso l’alto. Al suo ringhio roco seguì uno spasmo del suo membro che rilasciò il suo seme dritto nella mia bocca.
 
Il suo sapore m’inondò la gola. Era… dolce.
 
Riuscii a ingoiarne buona parte, ma quando arrivai al limite cominciai a tossire come una fottuta principiante. Desiderai solo sotterrarmi e mettere a tacere le mie debolezze così che lui non potesse fare il paragone con le ragazze più esperte che gli avevano già fatto un lavoretto del genere. Mi ripulii velocemente la bocca con il dorso della mano e decisi di rimanere seduta sul pavimento finché non mi fosse passato il fastidio alla gola. O almeno era quella la mia intenzione prima che due braccia forti mi trascinassero sul letto. Finii dritta nel suo abbraccio.
 
«Tu sei la mia rovina, Yorin,» mi sussurrò fra i capelli mentre mi stringeva contro il suo petto sudato. Aveva ancora il fiatone. «Ma non sono mai stato così felice di fronte alla prospettiva di essere distrutto.»
 
Mi baciò. Mi tolse letteralmente il fiato. Insinuò la lingua nella mia bocca e accarezzò la mia con una dolcezza che mi fece sciogliere le gambe e il cuore. Mi staccai da lui solo per schiarirmi la gola. Mi dava ancora fastidio.
 
«Te l’avevo detto,» mi rimproverò con lo sguardo, ma non con la voce. «Non eri tenuta a farlo. Potevo aspettare.»
 
«Ma io volevo farlo.» Gli passai le braccia intorno al collo e gli accarezzai gentilmente i capelli. «Non ti è piaciuto?»
 
Si avvicinò e mi lasciò un dolce bacio sulla fronte mentre mi teneva ferma la testa. «Non ci sono parole per spiegarti quello che ho provato,» sussurrò contro la mia pelle sudata. «Solo… Grazie di aver portato in paradiso un peccatore come me.»
 
Un’altra stretta al cuore. Anch’io ero una peccatrice, proprio come lui. E anch’io volevo andare in paradiso. Ripensai al momento in cui era stato sotto il mio completo controllo e mi vennero i brividi lungo la schiena. Non avrei mai potuto dimenticare la sua espressione beata mentre gli donavo tutto il piacere che la mia bocca era in grado di dargli.
 
Vederlo soddisfatto rendeva soddisfatta anche me. Era questo l’amore?
 
«A che pensi?» domandò accarezzandomi il labbro inferiore con il pollice.
 
«A quanto mi piace vederti sotto il mio controllo.»
 
«Vuoi sapere a cosa sto pensando io?» Annuii. Pessima scelta. «Che adesso è arrivato il mio turno.»
 
YOONGI’S POV
 
Afferrai le cinture di cuoio abbandonate sul pavimento e trascinai Yorin fino alla testiera del letto. La colsi di sorpresa quando le afferrai i polsi e glieli bloccai sopra la testa legandola al letto. Mi guardò incredula e diede uno strattone alle cinture per liberarsi, invano.
 
«Che cazzo stai facendo?» La sua espressione furibonda mi fece ridacchiare. Diede un altro strattone alle cinture e il letto tremò sotto di noi. «Min Yoongi. Ti do cinque secondi contati per liberarmi, altrimenti-»
 
Strisciai sopra di lei come un serpente che si prepara a stritolare la sua preda. Mi avvicinai al suo orecchio. «Altrimenti?» le sussurrai facendole sentire il mio fiato caldo sul lobo. La sentii tremare mentre cominciavo a strusciarmi contro di lei. «Avanti, tesoro. Dimmi che cosa mi farai se non ti libero.»
 
«A-Altrimenti…» balbettò, più insicura di un omicida nella sala degli interrogatori. Le era venuta la pelle d’oca. «Ti arriva un calcio dritto nei coglioni.»
 
Soffocai la mia risata contro il suo collo. «Tu sì che sai essere romantica. E sentiamo. Poi come faccio a farti godere?»
 
«P-Puoi farlo benissimo anche senza legarmi a un cazzo di letto.» Strattonò ancora una volta le cinture di cuoio. «Ti ricordo che sono il tipo di donna a cui piace avere la situazione in mano.»
 
«O in bocca.»
 
Cercò di tirarmi un calcio proprio nel punto in cui aveva minacciato di farlo. Le afferrai al volo la gamba e me l’avvolsi intorno alla vita prima che potesse rendere realtà i suoi tremendi propositi. Orgogliosa di una donna. Aprì la bocca per protestare ma io la zittii con un bacio che non aveva proprio nulla di casto. Le feci scivolare il palmo sulla gamba liscia e morbida fino ad arrivare alla coscia. E poi su, sempre più su fino a insinuare le dita sotto il vestito con lo strascico.
 
Giusto, aveva ancora quel maledetto coso ingombrante in mezzo alle gambe. E no, non stavo parlando del cazzo. Mi staccai dalle sue labbra e la feci rotolare su un fianco. A causa delle cinture che le stringevano i polsi, le braccia le rimasero sospese sopra la testa e il corpo le si inarcò in un modo che me lo fece ritornare duro. Maledetta donna.
 
Afferrai la coda dello strascico e gliela strappai via con un colpo secco del braccio. Yorin sussultò. «Ma sei idiota?! Hai idea di quanto costi questo vestito?!»
 
«Te lo ricompro.»
 
Sì, sempre se mi fossero rimasti i soldi per farlo. Era stata lei a rovinarmi la vita, e io ero più che felice di toccare il fondo insieme a lei. Ormai c’ero dentro fino al collo.
 
Le passai la lingua sulla schiena nuda e incontrai il gancetto del reggiseno. Mentre cercavo di aprirglielo con i denti, le palpai un seno e lo strinsi nella mia mano finché non ottenni uno dei suoi dolci gemiti. Cristo, vivevo solo per sentire quel suono meraviglioso uscirle di bocca. Per me aveva lo stesso valore dell’acqua per gli assetati nel deserto.
 
Riuscii a sganciarle il reggiseno e finalmente potei toccare la pienezza delle sue forme senza che ci fosse il pizzo a impedirmelo. Mi venne l’insana voglia di prenderle un capezzolo in bocca, così la rigirai sulla schiena e mi lanciai come un affamato su uno di quei piccoli boccioli che erano già diventati turgidi a causa delle mie attenzioni.
 
Amavo l’effetto che avevo su di lei, di qualunque parte si trattasse.
 
Yorin s’inarcò meravigliosamente sotto il mio corpo già teso per l’eccitazione. Sentivo le sue gambe sfregare contro i miei fianchi, le sue mani anelare invano i miei capelli mentre le succhiavo quel minuscolo punto sensibile. Ci passai sopra la lingua, le lasciai dei piccoli baci sulla pelle poco più esterna e poi tornai a mordicchiarle il capezzolo. Un altro gemito le sfuggì di bocca e risalii verso il suo collo per intensificare quel suono che non mi sarei mai stufato di sentire.
 
«Dove vuoi che ti baci?» le domandai sfregando il naso contro la linea delicata della sua mascella. Vi posai sopra le labbra. «Qui?» Mi spostai sulla sua bocca lasciandole un piccolo bacio a stampo. «O qui?» Allungai la mano verso il basso e premetti l’indice contro il suo clitoride coperto dal pizzo. Yorin affondò la testa nel cuscino e la sua gola rilasciò l’ennesimo gemito. «Oppure qui?»
 
La rossa strattonò con forza le cinture che la tenevano bloccata al letto. «Liberami,» mi ordinò ignorando la mia domanda. «Voglio toccarti.»
 
Sentii un ringhio eccitato risalirmi la gola. Ragazzina scaltra. Stava cercando di tentarmi per farsi liberare. «Dopo. È ancora il mio turno.»
 
Le lasciai una lunga serie di baci che terminarono contro il bordo delle sue mutandine. Sollevò i fianchi e il fatto che avesse le braccia legate sopra la testa le fece inarcare la schiena. Mi ritrovai spalmato in faccia ciò che bramavo e ne respirai il profumo come un drogato.
 
Amavo il suo odore. Amavo tutto di lei. Non ne avrei mai avuto abbastanza, o almeno era quello che speravo. Il mio corpo non poteva tradirmi, vero? Dopo aver avuto tutto di lei… l’avrei desiderata ancora. Giusto?
 
Terrorizzato dal mio stesso corpo e dai miei stessi pensieri, le sfilai le mutandine e gliele feci scivolare lungo le gambe per appropriarmi di ciò che l’avrebbe fatta impazzire. Non appena posai la lingua sul centro della sua femminilità, Yorin inarcò ancora di più la schiena, semplificando la mia intrusione.
 
Mi stava praticamente servendo se stessa su un piatto d’argento, e io non persi tempo a cibarmene come un affamato. Le divorai il clitoride mentre la tenevo ferma per le gambe. Stava cercando di sfuggirmi, per non so quale assurdo motivo.
 
«Sta’ ferma,» le ordinai schiacciandole le cosce contro il materasso. Suonai più severo di quanto volessi. In realtà ero semplicemente eccitato. «Non costringermi a legarti anche le gambe e i piedi.»
 
«Yoongi, f-fermati…» balbettò fra i fremiti di piacere. Affondai la lingua nella fessura più in basso e leccai tutti gli umori che le stavano colando lungo l’interno della coscia. «Dico sul serio. È t-troppo…»
 
Un’ondata di tenerezza mi travolse. Anche Kang Yorin aveva paura del suo stesso corpo. Delle sue stesse emozioni. Staccai la bocca dalla sua intimità e risalii fino a guardarla in faccia.
 
«Qual è il problema?» le sussurrai passandole il pollice sulla guancia. Lei rimase in silenzio con espressione sofferente. «Tesoro mio, non posso aiutarti se non me lo dici. Cosa c’è che non va?»
 
 
«Sento che sto per esplodere,» affermò sfregando le cosce sulla stoffa dei miei pantaloni, forse per darsi sollievo. «È tutto troppo… intenso. È diverso dall’ultima volta.»
 
Mi si stava sciogliendo il cuore. Non l’avevo mai vista tanto vulnerabile. Tanto fragile. Non sapeva come godere a pieno del suo piacere, troppo spaventata dal modo in cui il suo corpo stava reagendo al mio. Per lei era una sensazione nuova, fuori dal suo controllo.
 
«Lasciati andare,» le sussurrai sulle labbra. «Non trattenerti, Yorin. Voglio che ti godi questa esperienza al cento per cento, ma non puoi farlo se hai paura di quello che potresti provare. Io posso aiutarti.»
 
«Come?»
 
Le assaporai le labbra con la lingua. «Coinvolgendoti finché non sarai costretta ad accettare tutto quello che ti darò.»
 
Sfilai la cintura dai passanti dei pantaloni e lanciai quest’ultimi sul pavimento dopo essermi tolto gli scarponcini. Feci fare la stessa fine ai boxer. Yorin mi guardò con occhi consapevoli, cosciente di ciò che avevo intenzione di farle. Si mosse sotto di me mentre io mi posizionavo fra le sue gambe e incastravo i nostri fianchi come il gioco del Tetris.
 
M’infilai due dita in bocca e poi gliele introdussi nel sesso ancora umido, stimolandola finché non la sentii completamente bagnata. Con il pollice le torturai il clitoride e mi fermai quando i suoi gemiti furono troppi persino per le mie orecchie.
 
«Farà un po’ male,» le dissi incrociando il suo sguardo velato dal piacere. «Prendi la pillola o devo mettere il preservativo?»
 
Scosse la testa e deglutì nello stesso momento. «Prendo la pillola. La uso per regolare il ciclo.»
 
Annuii. Il mio cuore stava battendo come un forsennato, talmente veloce che cominciai a pensare che lei potesse sentirlo. Stavo per ottenere quello che avevo desiderato da quando le avevo messo gli occhi addosso. Lei. Tutto di lei.
 
E poi? Mi sarebbe bastato? O ne avrei voluto ancora? C’era solo un modo per scoprirlo.
 
Le afferrai la parte posteriore delle cosce e l’attirai a me, il suo inguine in corrispondenza del mio membro. Quando i nostri sessi entrarono in contatto, avvertii una scossa lungo la spina dorsale. Mi vennero i brividi.
 
Guidai la punta della mia erezione dentro di lei e ogni muscolo del mio corpo si contrasse non appena incontrai la dolce resistenza delle sue pareti. Ringhiai come una maledetta tigre in calore.
 
«Cazzo, Yoongi,» imprecò la donna sotto di me. «Fa male!»
 
Non riuscii a trattenere una risata di fronte alla sua espressione incazzata. «Lo so. Deve fare male.»
 
«Fanculo! Vorrei vedere te al posto mio!»
 
Non c’era niente da fare. Riuscivamo a bisticciare anche in situazioni come queste. Ero sicuro che avremmo litigato persino sull’altare mentre Jimin faceva confusione con gli anelli e Taehyung rompeva il cazzo al prete per farsi dire se Dio era un alieno.
 
Aspetta… Altare?
 
Io, Min Yoongi, avevo appena pensato di sposare qualcuno? Con i Bangtan a farci da testimoni?
 
Robe da matti. Questa donna mi aveva proprio fottuto il cervello.
 
La sentii rilassarsi quando le provocai dei brividi a causa della frizione della mia lingua contro la sua pelle. Presi a mordicchiarle la carne morbida tra la clavicola e il collo, succhiando finché la sua bocca non mi regalò un sussurro di dolore e piacere mescolati insieme. Quando dischiuse le labbra, ne approfittai per coinvolgerla in un bacio appassionato che riuscì a distrarla dalla mia prepotente invasione.
 
Non mi ero neanche accorto di esserle già tutto dentro. Il suo urletto di dolore mi portò alla realtà e le vidi affondare la testa nel cuscino mentre serrava forte gli occhi. Mi chinai a baciarle la punta del naso quando mi accorsi della piccola lacrima che stava per scenderle da un lato dell’occhio. La raccolsi con la punta della lingua.
 
«Fa tanto male?»
 
«Min Yoongi, fai proprio delle domande del cazzo.»
 
Beh, non aveva tutti i torti. Le baciai di nuovo il collo e con una mano le catturai i polsi legati dalle cinture per prepararmi a spingere i fianchi in avanti. Il sospiro tremolante che mi uscì di bocca le diede un’idea di quanto fossi eccitato. Non riuscivo a muovermi perché avevo paura di farle male, ma soprattutto perché sapevo che dopo non sarei più stato in grado di fermarmi.
 
«Non c’è bisogno che ti preoccupi per me,» disse guardandomi negli occhi. Le sue lacrime erano scomparse. «Non sono una fighetta. Sopporto bene il dolore.»
 
«Ma davvero? A me non sembra visto tutto il casino che hai fatto fino ad or-»
 
Mi arrivò un calcio dritto nello stinco. Peccato che servì solo a spingermi dentro di lei, con una meravigliosa frizione che mi fece gemere contro il suo seno.
 
Porca puttana.
 
Mi aggrappai meglio ai suoi polsi e con l’altra mano le strinsi possessivamente un gluteo. Ok, non potevo più trattenermi. Era nuda sotto di me, legata al mio letto mentre io ero… dentro di lei.
 
Avevo raggiunto il limite di dolcezza consentito dal mio cervello. Prima mi davo una mossa, prima sarebbe diventato piacevole per entrambi.
 
Mi dondolai in avanti e mi venne la pelle d’oca sulla schiena quando mi accorsi di quanto fosse stretta. Mi spremeva come una sanguisuga, pronta a prosciugarmi di tutto ciò che avevo. Il mio corpo, la mia anima. Il mio cuore. Si sarebbe presa tutto di me, ogni cosa. E io sarei stato più che felice di dargliela.
 
Iniziai a muovermi più velocemente. Ad ogni mio affondo, l’espressione di Yorin si distendeva e abbandonava quel cipiglio doloroso che stavo cercando in tutti i modi di cancellarle dalla faccia. Conficcai le unghie nella carne del suo gluteo e le strinsi i polsi mentre il mio ritmo diventava sempre più incalzante.
 
I suoi seni iniziarono ad andare su e giù seguendo il ritmo animalesco delle mie spinte. La testiera del letto prese a sbattere contro il muro e coprì a malapena le urla di Yorin.
 
Ero in un limbo d’adorazione per la ragazza che mi stava facendo toccare il cielo con un dito. Vedere la sua espressione soddisfatta era sufficiente a soddisfare me. Cos’avrei potuto desiderare se non essere l’unico e il solo in grado di causarle un piacere del genere?
 
«Ti piace così?» le ringhiai nell’orecchio. Affondai più in profondità e mi rispose con un gemito d’apprezzamento. «Vuoi che vada più veloce?» Rallentai il ritmo e le leccai il lobo. «O se preferisci posso renderlo molto, molto dolce.» S’inarcò contro il mio petto e ne approfittai per avvolgerle un braccio dietro la schiena. Mi dondolai teneramente dentro di lei. «Farò tutto ciò che vuoi. Basta che me lo dici.»
 
«Liberami,» mi sussurrò con la voce più sexy che avessi mai sentito. «Voglio cavalcarti.»
 
Il cuore mi ruzzolò giù per lo stomaco. Rimasi a fissarla per un tempo indefinito, immobile mentre cercava di liberarsi dalla stretta che le intrappolava i polsi. Preda di una scarica d’adrenalina, l’aiutai a sciogliere il nodo che la teneva legata al letto. Mi fu addosso non appena si liberò.
 
Si vedeva lontano un miglio che era una bodyguard. Ribaltò facilmente le nostre posizioni e si sistemò a cavalcioni su di me. Mi sfilò la camicia bianca prima che potessi poggiare la schiena contro il materasso, lasciandomi nudo di fronte ai suoi occhi pieni di bramosia.
 
Mi posò le mani sulle spalle per tenersi in equilibrio e sollevò appena i fianchi per farmi tornare dentro di lei. Soffiammo come due gatti, con l’unica differenza che io gettai la testa all’indietro e l’afferrai saldamente per i glutei. Accompagnai il movimento del suo bacino quando cominciò a saltellare sul posto, inesperta ma terribilmente capace.
 
Quando diavolo aveva imparato a farlo?
 
Volevo socchiudere le palpebre per perdermi nel mio piacere, ma non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso. Era bella da togliere il fiato. Riuscivo a concentrarmi solo sui suoi occhi rossi, sulla sua bocca dischiusa a causa dei gemiti e della fatica, e sul suo corpo che si univa al mio in un modo etereo e perfetto.
 
Era tutto così perfetto. Noi eravamo perfetti. La perfezione sotto forma di due corpi che si univano, si allontanavano e poi si ritrovavano. Due menti distanti eppure così vicine, che avevano cercato altrove la felicità quando ce l’avevano proprio davanti agli occhi. Questi eravamo noi. Noi, tanto perfetti nella nostra imperfezione.
 
Raddrizzai la schiena e l’accolsi fra le mie braccia mentre lei rimaneva con le mani attaccate alle mie spalle per darsi la spinta necessaria a dondolarsi. Inspirai il profumo del suo collo e le infilai le dita nei capelli per attirarla a me intanto che assecondavo le spinte del suo bacino. Ringhiai in preda all’eccitazione e premetti la bocca contro il suo orecchio.
 
«Ti amo,» le dissi con una sincerità che avevo ostentato solo poche volte. «Amo solo te. Unicamente te. Per sempre.»
 
Le parole mi uscivano di bocca come un fiume in piena. Non riuscivo a fermarle. Avevo bisogno di dirgliele o sarei impazzito.
 
«E tu quanto mi ami?» le domandai con il fiatone, spingendomi verso l’alto per penetrarla più in profondità. La testa di Yorin ricadde sulla mia spalla e una cascata di capelli rosso fuoco mi accarezzò la scapola e il petto. Mi artigliò la schiena nuda con le unghie.
 
«Io ti detesto,» disse con la voce rotta dall’estasi. Nel mio cuore si aprì una crepa. «Ma ti amo molto di più di quanto potrò mai odiarti.»
 
E poi il mio cuore si ricompose sotto il tocco delle sue dita. Ero perso, pazzo di questa donna che mi aveva stravolto la vita da cima a fondo, come un uragano.
 
La costrinsi a sollevare il viso e la baciai come se fosse il nostro ultimo giorno insieme su questa terra. M’impossessai del suo corpo e della sua mente, m’insinuai nel suo cuore come lei aveva fatto con me, senza darmi alcuna via di scampo.
 
Quel mix di emozioni mi portò al limite e infilai una mano fra le sue cosce per stimolarle il clitoride. Stavolta si arrese senza combattere e accettò tutto quello che le stavo offrendo senza un briciolo di paura. La sentii tremare fra le mie braccia. Tremava come una maledetta foglia e la strinsi più forte mentre venivo dentro di lei.
 
Un calore si sprigionò dal mio cuore, e mai come in quel momento desiderai la sua vicinanza. Per impedirle di allontanarsi da me, l’abbracciai fin quasi a soffocarla. E mi ritrovai a versare lacrime sulla sua spalla come un cazzo di idiota. Continuavano a scendere facendosi beffe della mia volontà, ridicolizzandomi mentre lei mi accarezzava piano i capelli.
 
«Ho fatto davvero così schifo?» ripropose la mia domanda dell’ultima volta, quando era stata lei a mostrarmi le sue lacrime. Rimasi in silenzio. «A che pensi?»
 
«Penso che sei la cosa più bella che mi sia mai capitata,» dissi stringendola più forte, il suo viso in corrispondenza del mio cuore. «Grazie per avermi ricordato cosa significa amare.»
 
 
E tu a che pensi? Qualsiasi cosa tu stia pensando, mi dispiace ma non me ne frega un cazzo.
 
‘Non m’importava di quello che avrebbe detto la gente. Di cosa avremmo trovato una volta usciti da quella camera d’albergo. Ricordo solo i Bangtan, seduti al tavolo della colazione con un cappuccino in mano e un sorriso malizioso sul volto. Ricordo soltanto che in quel momento conobbi il vero sapore della libertà e la meravigliosa sensazione di tornare in camera con Yorin per farla di nuovo mia. Questa volta per sempre.’ -Min Yoongi


Angolo.Autore


Ciao a tutti! Ci ho messo una vita a scrivere questo capitolo. Più di due settimane 😱 Non volevo renderlo banale, anche se non sono ancora sicura se mi piaccia o meno. Lascerò decidere a voi, quindi fatemi sapere cosa ne pensate con un commentino (what do you thing?)

Ci avviciniamo al finale e spero che abbiate passato dei momenti piacevoli in compagnia di questa storia ❤ Al prossimo aggiornamento!

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Capitolo 33
*** Desire ***


bemyknightnvu


❖ Desire



⚜⚜⚜


Yorin’s Pov

 

Non riuscivo a credere ai miei occhi. Continuavo a fissare come una deficiente il volto del ragazzo che stava tranquillamente dormendo al mio fianco. Mi venne persino l’impulso di sfiorarlo per accertarmi che fosse tutto reale, ma finii soltanto per risvegliarlo dal suo sonno. Sospirò e si mosse leggermente, il suo braccio avvinghiato alle mie spalle nude per assicurarsi di non lasciarmi andare nemmeno mentre dormiva.
 
«Che hai da guardarmi in quel modo?» domandò facendomi sussultare. Non mi aspettavo un tono così fresco e riposato da uno che si era appena svegliato.
 
«Non ti stavo guardando,» mentii come la peggiore delle bugiarde.
 
Yoongi sogghignò, gli occhi ancora chiusi. «E io non mi sono svegliato con la stessa donna della notte scorsa nel letto.» Sollevò le palpebre e i nostri occhi s’incontrarono. «La mia donna.»
 
Arrossii. Era questo che mi aveva lasciata senza parole. Il fatto che fosse ancora con me nonostante l’ultima volta fosse scappato con la coda tra le gambe.
 
«La tua donna questa volta merita di trovarti al suo fianco dopo aver condiviso il letto con te?»
 
Non volevo essere cattiva, ma una ragazza già ferita in passato tirava fuori le unghie per evitare di ricaderci una seconda volta. Era istintivo.
 
«Non solo questa volta. Tutte le volte che succederà meriterai di trovarmi al tuo fianco. Non scapperò più.» Mi fissò ancora, poi dischiuse le labbra mentre mi accarezzava una guancia. «Sei andata a letto con Jongin?»
 
La domanda non mi sorprese più di tanto. Sapevo che prima o poi me l’avrebbe chiesto. Era solo questione di tempo. «No. Non sono andata a letto con Jongin.»
 
Yoongi annuì piano, per poi dire, «Sei bellissima.»
 
Lo guardai sconvolta. «Min Yoongi, sei diventato pazzo?»
 
«No, sono ritornato me stesso,» affermò lasciandomi senza parole. «Però adesso muovi il culo. Questa giornata è cominciata benissimo ma finirà sicuramente di merda. Dobbiamo fare i conti con quello che abbiamo scatenato.»
 
Strinsi forte gli occhi dopo essere ritornata alla realtà. Aveva ragione. Non potevamo rifugiarci per sempre in quella camera d’albergo. Sarebbe stato bello chiudere fuori il resto del mondo e concentrarci soltanto su noi due, ma la nostra popolarità ce lo avrebbe impedito a qualunque costo.
 
Spostai lo sguardo sulla televisione spenta mentre Yoongi si alzava dal letto per mettersi qualcosa addosso. Quella semplice scatola quadrata ebbe il potere di farmi attorcigliare le viscere.
 
«Hai paura?» gli domandai con un nodo in gola.
 
Yoongi si voltò verso di me, e forse vide la preoccupazione impressa sul mio viso. Abbandonò la t-shirt bianca che stava indossando e si arrampicò sul letto per venirmi vicino. Il suo bacio infuocato mi prese alla sprovvista e affondai nel materasso dopo essere stata sottomessa dal peso del suo corpo.
 
Ricambiai non appena sentii le sue labbra sulle mie. Le nostre lingue non ebbero pietà l’una dell’altra e ci ritrovammo a lottare come due animali selvaggi in mezzo a un groviglio di lenzuola bianche. Io gli graffiavo la schiena mentre lui mi marchiava il collo con la bocca. Quel dolore si mischiò ad un piacere intenso quando mi accarezzò la curva del seno e spinse il bacino contro il mio.
 
«Con te al mio fianco, di cosa dovrei avere paura?» mi sussurrò con voce roca mentre mi prendeva il viso per riportare la mia bocca sulla sua.
 
Le nostre lingue s’incontrarono nuovamente, sprigionando un calore che mi fece girare la testa. Mi sporsi in avanti e rotolai su di lui ribaltando le nostre posizioni. La stoffa del suo jeans sfregò contro le mie gambe nude, desiderose del suo tocco e delle sue attenzioni. Ogni parte di me bramava ogni parte di lui, e mi sorpresi del fatto che non ne avrei mai avuto abbastanza.
 
Mi sistemai a cavalcioni sui suoi fianchi e lui accolse di buon grado quel mio gesto sfacciato. Anzi, mi assecondò piantandomi una mano sul sedere per schiacciarmi contro la sua eccitazione coperta dai pantaloni. Staccò le labbra dalle mie per farle scivolare sul mio collo, sulla clavicola e infine su un seno, per poi impossessarsi del capezzolo, che succhiò con la lingua e con i denti mentre mi schiacciava a sé per ottenere e darmi sempre di più.
 
Non capivo più nulla. Volevo lui. Soltanto lui. Lasciai ricadere la testa all’indietro e affondai le mani tra i suoi capelli mogano. Lo sentii armeggiare con la zip dei pantaloni e l’attimo dopo dovetti ricacciare indietro un gemito di dolore. Era entrato in me con un’unica spinta e mi appoggiai alle sue spalle per evitare di perdere l’equilibrio, oltre alla razionalità.
 
Ero ancora dolorante a causa della notte scorsa, ma strinsi i denti cercando di adattarmi ai suoi movimenti. Per nulla al mondo l’avrei fermato. Sentirlo dentro di me era tutto ciò che volevo, e non sarebbe bastato un po’ di dolore ad impedirmi di provare tutte le bellissime emozioni della notte precedente. Volevo rivivere tutto daccapo, all’infinito.
 
«Ti faccio male?» mi domandò dopo aver rallentato il ritmo. Cercò subito i miei occhi e mi prese il volto con una mano per obbligarmi a guardarlo. «Yorin, dimmelo se ti sto facendo male.»
 
Scossi la testa. «No. No, ti prego. Continua,» lo supplicai con il fiatone, muovendomi su di lui per incoraggiarlo. «Continua. Non fermarti.»
 
Non avrebbe mai potuto negarmi una richiesta del genere. Mi ribaltò con la ferocia di un leone e mi ritrovai intrappolata sotto il suo corpo. Le sue spinte possenti mi causarono dei brividi incontrollati, sensazioni che non avrei provato con nessun altro, perché lui era l’unico in grado di portarmi in paradiso.
 
La stanza si riempì dei nostri gemiti, di ogni piccolo affanno che dettava le regole confusionarie del nostro amore. Eravamo sudati, stremati, ma persi nella nostra passione. Una passione che ci portò a raggiungere l’orgasmo nello stesso momento, a tremare di piacere all’unisono.
 
«Pronta a tornare alla realtà?» sussurrò Yoongi stampandomi un piccolo bacio sulle labbra. Aveva il fiatone.
 
«Prima facciamo colazione,» risposi sfinita. «Per affrontare una giornata del genere ho bisogno di recuperare le energie.»
 
«Non potrei essere più d’accordo.»
 

Yoongi’s Pov

Ci sedemmo al tavolo della colazione senza guardare in faccia nessuno. Solo dopo aver sopportato interminabili minuti di silenzio, mi decisi a sollevare lo sguardo, accorgendomi che Yorin li stava già fronteggiando a testa alta. Quanto amavo la sua strafottenza. No, anzi. Amavo tutto di lei.
 
«Se dovete dirci qualcosa, fatelo prima che inizi a mangiare,» gli disse Yorin afferrando un tozzo di pane. «Non vorrei che mi si chiudesse lo stomaco. Ho bisogno di mettere qualcosa sotto i denti.»
 
«Vi siete divertiti stanott- AHI!» si lamentò Jimin dopo la gomitata di Taehyung per farlo tacere. Il più grande si massaggiò la parte indolenzita. «Stavo solo cercando di smorzare la tensione! Accidenti!»
 
«Ci siamo divertiti anche questa mattina,» li informai cominciando a spalmare della marmellata d’arancia su un toast preso a caso. Appena finito, lo passai a Yorin e mi leccai le dita per ripulirle. «Prossima domanda.»
 
«Avete già visto le notizie?»
 
Sollevai lo sguardo su Jin. Io e il maggiore ci fissammo negli occhi finché non decisi di lasciarmi ricadere contro la sedia e poggiare un braccio sullo schienale di Yorin. «No, ma direi che è ora di fare i conti con la realtà. Cosa abbiamo scatenato?»
 
«Un putiferio,» rispose Jungkook. Il maknae se ne stava immobile sulla sedia con le braccia incrociate sul tavolo. «Bang PD sta cercando di salvare il salvabile. Siamo primi nelle ricerche su internet e #YOGA è primo in tendenza su Twitter.»
 
«YOGA?» ripeté Yorin mandando giù un pezzo del toast che le avevo offerto.
 
Hoseok ridacchiò. «Yorin e Suga.»
 
La rossa quasi soffocò con il boccone che stava mandando giù mentre io mi bloccai dal riempire una tazzina di caffè. Scossi la testa. «Che fantasia.»
 
«Di certo non supera quella di Yorin,» s’intromise Namjoon chinando la schiena in avanti. I suoi occhi erano due coltelli affilati, e li stava rivolgendo proprio contro la mia ragazza. «Lo ammetto. Non mi sarei mai aspettato una mossa del genere da parte tua. Mi hai colto… di sorpresa. Così come hai colto di sorpresa mezza popolazione mondiale.»
 
«E Jackson Wang,» scoppiò a ridere Jimin. «Avreste dovuto vedere la sua faccia! È diventato un meme!» Prese il suo cellulare e lo rivolse verso di noi, mostrandoci il volto incriminato. Yorin ridacchiò.
 
 
Seokjin annuì. «È la prima cosa che ho visto stamattina quando ho acceso il telefono. Hanno ripreso la sua reazione mentre voi eravate incollati come due sanguisughe. A proposito, le riprese del bacio sono venute davvero bene. Dovreste riguardarle.»
 
«Ok, ma queste sono le buone notizie,» intervenne Taehyung. «Adesso che ne dite di dirgli quelle cattive?»
 
Yorin mandò giù un altro boccone di toast. «Avrei preferito cominciare con quelle.»
 
«Ah, non guardate me!» esclamò Hoseok alzando le mani al cielo. «Non sono bravo a dare cattive notizie. Per quello esiste Namjoon.»
 
Il Leader sospirò e picchiettò le dita contro il tavolo di marmo. Riempii la tazzina di caffè e la passai a Yorin, che mi ringraziò a bassa voce dopo avermi dato una veloce occhiata. La sua attenzione tornò subito su Namjoon.
 
«Beh, da dove potrei cominciare?» si domandò il ragazzo seduto di fronte a me. Aprì gli occhi dopo essersi massaggiato le tempie. «Forse dal fatto che Yorin è stata additata come puttana e traditrice. Kai questa mattina ha rilasciato un’intervista e di certo non si è risparmiato. Ha detto che sei stata davvero brava a recitare la parte della fidanzatina perfetta. Scoprire che lo tradivi lo ha distrutto.»
 
Il tavolo sobbalzò quando vi schiantai sopra la caraffa piena di caffè. «Figlio di puttana,» sibilai tra i denti rischiando di spaccare in due il pregiato contenitore di porcellana. «Ovviamente ha pensato solo a coprirsi le spalle.»
 
«Prevedibile,» rispose Yorin mandando giù un sorso di caffè. «La reputazione di un idol viene prima di qualsiasi altra cosa.»
 
«E la tua è stata macchiata, Yorin,» disse Taehyung sporgendosi verso di lei. Il suo volto tradiva tutta la sua preoccupazione. «Dobbiamo ripulirla, così come dobbiamo ripulire quella di Yoongi-hyung. Alcune persone non hanno preso bene il bacio che vi siete scambiati. Dato che Hyung ha ricambiato, la gente pensa che abbia mancato di rispetto a Jongin. L’unico modo per risolvere questa situazione è parlarne con lui e cercare di arrivare ad un accord-»
 
«Non credo proprio,» lo interruppe Yorin schiantando la tazza di caffè sul tavolo. Gli altri sei rimasero basiti. «Non me ne frega un cazzo della mia reputazione. La mia carriera da idol è finita nel momento stesso in cui ho scoperto la verità su mia sorella.» Si voltò verso di me e il suo volto di marmo si addolcì un po’. «E per quanto riguarda la reputazione di Yoongi… rilascerò un’intervista in cui mi addosserò tutta la colpa. Lui ne uscirà pulito, e così anche i BTS.»
 
«Assolutamente no,» replicai severo. La rabbia cominciò a consumarmi il cervello. «Tu non farai proprio un cazzo di niente.»
 
«Lo farò eccome, invece,» ribatté con la mia stessa determinazione. I suoi occhi mandavano scintille. «Non provare a fermarmi, Min Yoongi. Non ti conviene. Sai bene che è solo tempo sprecato.»
 
Balzai in piedi e lei mi seguì a ruota. Ci trovammo l’uno di fronte all’altra, a guardarci in cagnesco come se dovessimo saltarci addosso da un momento all’altro. Ma stavolta non per la passione che ci ardeva nel cuore.
 
«E a te non conviene sfidarmi, tesoro,» l’apostrofai. «Non ti permetterò di rovinarti la vita per una cazzata del genere. Hai idea delle ripercussioni che potrebbe avere su di te e sulla tua famiglia?!»
 
«Quale famiglia!» mi gridò dritto in faccia. «Sei tu la mia famiglia, brutto stronzo senza cervello! Mio padre è morto. Mia sorella è morta. Mia madre mi odia perché non riesce a perdonare il fatto che non sia stata vicina a Yoona quando aveva più bisogno di me. Ho perso anche il mio migliore amico e la fiducia della mia migliore amica, quindi…» Si bloccò con le lacrime agli occhi. «Mi resti soltanto tu.»
 
Tutta la mia determinazione andò a farsi fottere. Un moto di dolcezza sostituì la mia rabbia e fu solo il mio maledettissimo orgoglio a impedirmi di prenderla tra le braccia e baciarla lì, davanti a tutti. Nessuna donna mi aveva mai detto una cosa del genere, a parte mia madre. Era una sensazione strana. Mi sentivo grato, incredulo e amato allo stesso tempo. Il mio cuore traboccava di emozioni che non ero più abituato a tenere sotto controllo.
 
«Non hai perso la fiducia della tua migliore amica,» le dissi dopo essermi calmato. «Quella ragazzina mi ha fatto il culo a strisce per difenderti. Mi ha messo praticamente in ginocchio.»
 
«É stata sempre dalla tua parte,» s’intromise Jungkook con una nota d’orgoglio nella voce. «Non ha mai smesso di fare il tifo per te. Avresti dovuto vederla quando ti esibivi nei programmi musicali. Ad ogni tua vittoria, impazziva di gioia.»
 
«E imprecava contro Jongin,» aggiunse Hoseok ridendo.
 
L’espressione di Yorin tradì la sua sorpresa e la sua commozione. «Ji Woo… è rimasta sempre con voi?» domandò incredula. «Pensavo fosse tornata nella sua crew visto che non l’ho più vista farvi da back-up dancer.»
 
«Diciamo che qualcosa l’ha trattenuta,» ridacchiò Taehyung lasciando sottinteso un pensiero che io conoscevo fin troppo bene. «O meglio, qualcuno
 
Cazzo. Dopo tutto quello che era successo, non avevo avuto modo di aggiornare Yorin sulla situazione che riguardava Ji Woo. Cominciavo già a sentire le imprecazioni rivolte contro il sottoscritto, in ordine alfabetico.
 
«Da non credere,» si lamentò improvvisamente Jin. Scosse la testa e incrociò le braccia al petto, frustrato. «Da non credere,» ripeté con lo stesso tono stizzito.
 
Mi veniva da ridere. Non solo per la faccia indignata di Jin, ma soprattutto per l’espressione persa di Yorin. Non riusciva a capire cosa stesse succedendo e continuava a voltarsi verso di me per chiedermi silenziosamente spiegazioni. Era così carina che non potei fare a meno di ridacchiarle in faccia. Quando l’avrebbe saputo, sarebbe rimasta davvero senza parole.
 
«Yorin!»
 
Ci voltammo tutti verso le scale. La ragazza di cui stavamo parlando si precipitò giù dai gradini e dovetti spostarmi per evitare di farmi colpire in pieno da una spallata. Ji Woo non mi aveva ancora perdonato per quello che avevo fatto alla sua migliore amica. Si lanciò sulla rossa e l’abbracciò come se non la vedesse da dieci anni nonostante fossero passati soltanto sei mesi.
 
«Mi sei mancata da morire,» affermò la più piccola con le lacrime agli occhi.
 
Yorin ricambiò l’abbraccio e mi sedetti al tavolo della colazione quando vidi una lacrima rigarle il viso. Ancora una volta, dovetti fare appello a tutto il mio autocontrollo per non andare da lei e stringerla fra le braccia. Il mio istinto di protezione non era mai stato così fuori controllo. Mi ficcai una fetta biscottata in bocca e mi versai anche del caffè per tenermi impegnato e non pensare al fatto che avevo una voglia matta di caricarmela in spalla e tornare in camera da letto per farle tornare il sorriso.
 
«Mi dispiace tanto, Ji Woo,» disse Yorin con voce tremante. Staccai con rabbia un altro pezzo di fetta biscottata per riempirmi la bocca e non imprecare. Odiavo vederla stare male. «In questi mesi mi sono concentrata solo sulla mia vendetta e non ho pensato a te. Ti ho allontanata e non avrei dovuto farlo…»
 
«No, no,» negò la mora di fronte a lei. «Capisco perché lo hai fatto. Un tradimento può essere peggio di una pugnalata.» Ji Woo mi scoccò un’occhiata inceneritrice e mi sentii sprofondare sottoterra. Il pezzo di fetta biscottata che avevo in bocca mi sembrò improvvisamente amaro. «Ma mentire e tradire non sono due concetti poi così diversi, no? Quindi, come io sono stata perdonata, anche tu dovresti dare una seconda possibilità a chi ti ha fatto soffrire.»
 
Tornai a guardare le due ragazze e vidi la sorpresa negli occhi di Yorin.
 
«Perdonata?» domandò la rossa. La mora annuì felice.
 
Lasciò andare la sua amica e si diresse dall’altra parte del tavolo, accomodandosi di fianco a Jungkook. La mascella di Yorin toccò terra quando quest’ultimo si chinò sulla mora per rubarle un bacio che la fece ridacchiare.
 
«Dormito bene?» le domandò il maknae con gli occhi che gli brillavano.
 
Ji Woo annuì e si mordicchiò il labbro inferiore. «Perché non mi hai svegliata? Sai che morivo dalla voglia di salutare Yorin visto che ieri sera non ho potuto farlo.»
 
«Pensavo fossi stanca,» rispose il maknae facendole l’occhiolino.
 
«Da non credere,» sibilò Jin continuando a borbottare come una ciminiera. «Robe da matti. Nello stesso letto…»
 
«Jin-hyung, smettila di fare il puritano!» saltò su Jimin. «Il primo a perdere la verginità nei Bangtan sei stato tu! Con una truccatrice!»
 
«E tu sei stato il primo ad andare a spifferarlo ai quattro venti! C’era bisogno di scriverlo nella chat di gruppo e cambiare il nome in “Jin-hyung è il nostro eroe”?!» sbraitò Seokjin.
 
Jimin balzò in piedi con gli occhi fuori dalle orbite. «Adesso ho capito!» urlò indicando il maggiore. «Sei tu che continui a cambiare il nome del gruppo facendomi passare per un idiota! Ti stai vendicando!»
 
«Sei tu che ti rendi idiota da solo! Chi è che non sa cosa viene dopo il tre?!»
 
«Ero ubriaco!!!»
 
Hoseok s’intromise, «Non mi pare fossi ubriaco quando hai chiesto come facessero le mietitrebbie.»
 
«Stavo dormendo!!!»
 
«Ma esiste un momento in cui sei normale?» domandò Taehyung. «Sicuro che non sei un alieno? Si spiegherebbe perché siamo migliori amici.»
 
«Sono Park Jimin!!!»
 
Diedi un altro morso alla mia fetta biscottata. «No, davvero? Pensavo fossi Jeon Jungkook.»
 
Jimin prese la palla al balzo. «Esatto. Parliamo di Jeon Jungkook.»
 
«Già, parliamo di Jeon Jungkook,» lo appoggiò Yorin.
 
Il maknae fece una smorfia. «Stanno cominciando a fischiarmi le orecchie.»
 
«Mi spiegate che succede? Non ci sto capendo più un cazzo,» disse Yorin voltandosi ancora una volta verso di me. Feci spallucce e mandai giù un sorso di caffè. Non sarei stato di certo io a spiegarglielo. Era tutto troppo incasinato.
 
«Succede che dopo essermi liberato di un problema, ecco che ne spunta fuori un altro,» spiegò Namjoon con rabbia. «Ero a malapena riuscito a liberarmi di te ed ecco che la tua migliore amica fa breccia nel cuore del nostro maknae. Ma cosa devo fare per avere un po’ di pace, si può sapere? Non bastava Yoongi, ora devo andare a bussare anche alla porta di Jungkook per dirgli di fare silenzio!»
 
Bevvi un altro sorso di caffé. «Il piccoletto impara in fretta.»
 
«Maledette donne!» si lamentò Jin lasciando ricadere la testa all’indietro.
 
«La tua amica è davvero una pessima bugiarda,» disse Jungkook a Yorin. Si voltò verso la ragazza al suo fianco e le sorrise con dolcezza. «Ji Woo, vuoi raccontarle tu come sono andate le cose?»
 
La ragazzina puntò lo sguardo sul pavimento, incapace di guardare la sua amica negli occhi mentre le spiegava la situazione. Io decisi di godermi semplicemente la scena e accavallai le gambe per mettermi più comodo. Sarebbe stato divertente.
 
«Beh, ecco…» cominciò Ji Woo, rossa come un pomodoro. «Io e Jungkook eravamo in sala prove. Sai che quando sono troppo agitata comincio a parlare a raffica e non faccio caso a quello che dico. Beh, è capitato che durante la coreografia ci siamo ritrovati in una posizione un po’… beh…»
 
«Compromettente,» venne in suo aiuto Jungkook.
 
Ji Woo annuì. «Sì, compromettente. E io… beh… Ecco, io… Io ho detto: ‘Oh Santo Namjoon’.»
 
Hoseok storse le labbra. «Da quando Namjoon è un santo?»
 
«Da quando devo sopportarvi,» rispose prontamente il Leader.
 
Yorin si spalmò una mano sulla faccia e io non potei fare a meno di ridacchiare. «Dimmi che non l’hai fatto davvero,» la pregò la rossa.
 
Ji Woo si morse un labbro. «L’ho fatto… Ma non è questa la parte più sconvolgente. Vuoi sapere cosa mi ha detto dopo Jungkook? Se n’è uscito con un: “Cavolo, ce ne hai messo di tempo.”»
 
Yorin guardò Jungkook come se avesse appena visto un fantasma. «Lo sapevi?»
 
Il più piccolo sbuffò e mise un braccio intorno alle spalle della sua ragazza. «Certo che lo sapevo. L’ho capito quando ho incontrato Ji Woo per la seconda volta. Era ovvio che fosse lei la ragazza con cui mi scambiavo i messaggi. Senza offesa, Yorin, ma i tuoi modi di fare non possono essere paragonati ai suoi. Tu sei acida e scorbutica, lei è dolce come lo zucchero. Stavo solo aspettando una conferma che alla fine è arrivata.»
 
«Frena la lingua, maknae,» lo minacciai. «Rispetta chi è più grande di te.»
 
«Hyung, non puoi mettere a confronto la mia ragazza con la tua. E ti ho già detto che Yorin te la cedo volentieri. Non c’è bisogno che continui a fare il gelosone.»
 
«Non mi devi cedere niente. Lei è già mia.»
 
«Quindi… nessun rancore?» gli domandò Yorin. «Non sei arrabbiato perché ti abbiamo mentito?»
 
Jungkook fece spallucce. «Come ho già detto a Ji Woo, sono più arrabbiato per il fatto che c’abbia messo così tanto a dirmelo. E poi… lei almeno posso sollevarla quando mi pare.»
 
Yorin inarcò un sopracciglio. «Cosa?»
 
Il moro si alzò in piedi e si caricò in spalla Ji Woo come se pesasse a malapena un chilo. La ragazza dai lunghi capelli neri scoppiò a ridere e si aggrappò alle spalle possenti di Kookie mentre lui ruotava lentamente su se stesso.
 
«Visto?» domandò il ragazzo come se nulla fosse. «Lei non soffre di vertigini. Posso prenderla in braccio senza rischiare che mi vomiti addosso.»
 
Lo fulminai. «Jeon Jungkook, un’altra parola offensiva nei confronti della mia ragazza e giuro che ti appendo al lampadario a testa in giù.»
 
Il maknae sbuffò e rimise gentilmente a terra Ji Woo. Molto gentilmente. «Quanto sei noioso, Hyung.»
 
«Bene, direi che è arrivato il momento di parlare di cose serie,» disse Namjoon alzandosi in piedi. Posai la tazzina vuota sul tavolo e Yorin prese nuovamente posto accanto a me. Pendevamo tutti dalle sue labbra. «Yorin, ciò che hai fatto ieri sta già avendo delle ripercussioni sul nostro gruppo e sul nostro lavoro. La SM Entertainment ha rilasciato un comunicato in cui specifica che non intende prendersi la responsabilità delle tue azioni. Sei da sola. Jongin e la tua agenzia ti hanno abbandonata e lì fuori troverai un mare di squali pronti a divorarti alla prima occasione.»
 
«Non ho paura degli squali,» rispose Yorin con la solita fermezza che la contraddistingueva. «Non ho paura di rimanere da sola.»
 
«Non lo sei,» la incoraggiò Taehyung. «Puoi contare su di noi.»
 
Namjoon annuì e continuò, «Bang PD si sta già occupando dei giornalisti che continuano a chiedere notizie e aggiornamenti sulla situazione. Vogliono la risposta della Big Hit alla SM Entertainment che la accusa di aver introdotto una loro artista nella loro agenzia per creare uno scandalo e favorire la Big Hit. Se la questione non verrà chiarita al più presto, la Big Hit potrebbe perdere credibilità, e con lei tutti i suoi artisti. Capisci cosa sto cercando di dirti, Yorin? Io e i Bangtan siamo disposti a supportare te e Yoongi, ma non sarà facile convincere le persone che il vostro è stato un gesto dettato dall’amore e non dalla smania di successo.»
 
«L’importante è che se ne parli, non importa se bene o male,» rifletté Seokjin.
 
Namjoon annuì. «Esatto. Tutti pensano che la Big Hit lo abbia fatto per far parlare di sé. É pur sempre pubblicità.»
 
«Io non voglio che il vostro lavoro vada sprecato,» affermò Yorin. «Ieri ho baciato Yoongi perché volevo essere libera di amarlo alla luce del sole. Ognuno dovrebbe essere libero di fare ciò che vuole senza sentirsi obbligato a indossare una maschera. Mia sorella è morta per questo. L’ha indossata troppo a lungo e ha finito per identificarcisi. E guardate com’è andata a finire. Sono sicura che anche Jungkook e Ji Woo vogliono amarsi liberamente.»
 
Jungkook prese la mano della sua ragazza e se la portò alle labbra mentre rifletteva. «A dire il vero… io preferisco non far sapere niente di Ji Woo. Questo non vuol dire che non m’importi di lei. Anzi, lo faccio proprio per proteggerla.»
 
«Cosa vuoi dire?» gli domandò Yorin. Jungkook sospirò e stampò un tenero bacio sul palmo di Ji Woo.
 
«Tu sei forte, Yorin. Tu puoi difenderti se le persone proveranno a farti del male a causa dell’invidia o chissà che altro. Ji Woo è indifesa. Non riuscirei a vivere tranquillo sapendo che potrebbe essere in pericolo per colpa mia. Preferisco essere un codardo ma continuare a proteggere le persone che amo. Mi dispiace, ma questo è ciò che penso.»
 
Le parole di Jungkook mi fecero riflettere. Nel momento in cui avevo ricambiato il bacio di Yorin in diretta tv, avevo accettato di lottare insieme a lei a discapito delle critiche che ci avrebbero rivolto. Ma non avevo messo in conto che avrebbero potuto farle del male fisicamente. In fondo non era la prima volta che i fan si comportavano in maniera isterica e possessiva nei confronti di un idol. In giro c’era gente poco raccomandabile, pericolosa anche per una ragazza forte e abile come Yorin.
 
Al pensiero di cosa avrebbero potuto farle, mi si rivoltò lo stomaco e la fetta biscottata che avevo appena mandato giù sembrò fare dietrofront.
 
«Chiamo In Guk,» dissi tirando fuori il cellulare. «Voglio che ti stia sempre intorno, Yorin. Da questo momento in poi non metterai un piede fuori di casa a meno che non ci sia lui con te. Chiaro?»
 
«Wow, wow. Frena,» mi bloccò la rossa mettendomi una mano davanti al viso. «Stai davvero chiamando un bodyguard per proteggere un altro bodyguard? Non ho bisogno della balia, Yoongi. Mi so difendere benissimo da sola. Mi sembra di avertene già dato prova.»
 
«Non me ne frega un cazzo se sei in grado o meno. Lui è un uomo e la sua stazza è dieci volte la tua!»
 
«La stazza non c’entra nulla! Tutti gli uomini finiscono al tappeto con un calcio nei coglioni. Anche In Guk.»
 
Roteai gli occhi al cielo. La ignorai e iniziai a digitare il numero del suo ex-capo, ma Yorin riuscì a rubarmi il cellulare con un movimento svelto della mano. Si alzò in piedi e io la imitai, sovrastandola di parecchi centimetri.
 
«Ti ricordo che In Guk è riuscito a slogarti un polso, quindi ridammelo,» ringhiai a denti stretti riferendomi al cellulare. Feci un passo e mi ritrovai a sfiorarle il naso con il mio quando rimase immobile per contrastarmi a testa alta. «Non sto scherzando, Yorin. Ridammi quel fottuto cellulare.»
 
«Altrimenti?»
 
«Fidati, non ti conviene saperlo.»
 
Era incredibile il grado di tensione sessuale che si respirava tra noi quando eravamo incazzati fino al midollo. Era una cosa istintiva. Più Yorin mi faceva girare le palle, più provavo un insano desiderio di possederla per diventare un’unica cosa con lei. Forse in questo modo sarebbe riuscita a comprendermi. Non la stavo trattando come una bambina. Ero semplicemente preoccupato.
 
«Non lo farà mai,» mi avvisò Ji Woo poggiandosi alla spalla di Jungkook. «Fidati, la conosco. Yorin non se ne andrà mai a spasso con un bodyguard. È fin troppo orgogliosa.»
 
«L’orgoglio non c’entra niente,» s’impuntò la rossa. «Non ne ho bisogno e basta.»
 
Namjoon intervenne per calmare gli animi. «Ascoltate, rimandiamo la questione a quando saremo tornati in Corea. Il nostro volo parte tra due ore e siamo riusciti a prenotare un posto anche per Yorin.» Si voltò a guardarla e sospirò come se volesse evitare la domanda che le fece subito dopo. «Tuttavia, ho bisogno di sapere che intenzioni hai. Che cosa farai una volta lì?»
 
«Io non mi pento di nulla,» rispose senza un briciolo di esitazione. «Combatterò per la mia libertà e per quella di Yoongi, se è quello che vuole anche lui.»
 
«Certo che lo voglio,» le risposi senza lasciarle il tempo di concludere la frase. «Ma voglio anche tenere i Bangtan fuori da questa storia. Loro non devono pagare per le nostre scelte. Lo so che ci supportano e ci sostengono, ma io non voglio che si sacrifichino per noi. Non dopo tutta la fatica che hanno fatto per arrivare fino a qui.»
 
Jimin sembrò piuttosto alterato. «Hyung, smettila di parlare come se tu non ne facessi parte. I Bangtan Sonyeondan sono sette, te lo sei forse scordato? Ognuno di noi ha dato qualcosa al gruppo e siamo arrivati a questo punto proprio perché abbiamo unito le forze e ci siamo sostenuti a vicenda. Siamo tutti sulla stessa barca. Se uno di noi salta, saltiamo tutti. I BTS non esistono senza Yoongi. Non esistono senza Namjoon, Seokjin, Jimin, Jungkook, Hoseok e Taehyung. Perciò, se tu sei fuori, lo sono anch’io.»
 
«E anch’io,» si unì Namjoon sollevando il braccio al cielo.
 
«Anch’io,» ripeté Taehyung.
 
Uno ad uno, alzarono tutti la mano ribadendo quella piccola affermazione che mi fece sciogliere il cuore. Ero grato di aver trovato delle persone come loro, dei fratelli che non si preoccupavano della fama e del successo, ma solo di ciò che avevamo costruito insieme: una famiglia.
 
Yorin si voltò verso di me. «Vedi? È per questo che devo farlo. Lascia che le persone sfoghino le loro frustrazioni su di me. In fondo sono stata io a dare inizio a tutto questo. È giusto che sia io a pagarne le conseguenze. Non voi.»
 
Mi avvicinai a lei e le agguantai il viso con entrambe le mani. «Yorin… Io-»
 
«Domani parlerò in conferenza stampa,» affermò lacerandomi ancora di più il cuore. Non volevo che fosse l’unica a sacrificarsi per il nostro amore. Non era giusto. Anche io dovevo fare la mia parte. «Non mentirò. Dirò semplicemente la verità. Rivelerò che ho usato Jongin per raggiungere il successo ma che alla fine mi sono resa conto di non poter più ignorare il mio cuore. Di non poter più ignorare te.»
 
Taehyung si mosse sul posto. «Così però passerai per un’arrampicatrice sociale.»
 
«Ma voi sarete al sicuro,» disse la mia ragazza guardandomi negli occhi. «È questo quello che conta.»
 
***
 
Mi sentivo inquieto. Quella sera il tempo era più freddo del solito e rispecchiava alla perfezione il gelo che sentivo nel cuore. Eravamo tornati in Corea con un po’ di difficoltà a causa dello scandalo che avevamo scatenato in Giappone, ma non pensavo che le cose avrebbero preso una piega differente da quella prevista.
 
I programmi musicali facevano a gara per invitarci. A quanto pare i pettegolezzi alzavano l’audience a livelli inimmaginabili e tutti volevano accaparrarsi la loro fetta di gloria ricoperta d’oro. E noi, in quanto artisti di un’agenzia, dovevamo sottostare alle regole dello spettacolo per mantenere alta la nostra popolarità. Aveva ragione Yorin. Eravamo ricchi e famosi, ma ci mancava qualcosa di fondamentale. La libertà.
 
Mi venne un groppo in gola quando pensai al suo nome. Tra poco ci sarebbe stata la conferenza stampa e io, invece di essere al suo fianco, mi stavo preparando a fare ciò che il pubblico si aspettava da me. Che sia chiaro, adoravo fare musica con i Bangtan e avrei voluto continuare a farlo per il resto dei miei giorni, ma in quel momento desideravo solo mollare tutto e raggiungere l’unico luogo in cui il mio cuore avrebbe voluto essere. Accanto a Yorin.
 
«Quanto manca?» mi domandò Taehyung mentre si sistemava il microfono.
 
«Fra meno di un’ora è il nostro turno.»
 
«No, no. Intendo quanto manca alla conferenza stampa.»
 
Nessuno di noi voleva davvero essere lì. Avevamo accettato solo per calmare i pettegolezzi e per una questione di correttezza nei confronti dei fan che continuavano a supportarci nonostante tutto. Non avremmo mai potuto ringraziarli abbastanza.
 
«Tra un’ora,» risposi controllando l’orologio per la centesima volta. Avevo i nervi a fior di pelle.
 
Jimin ci raggiunse proprio in quel momento e mi allarmai non appena vidi il suo sguardo accigliato. Mi alzai dal mio posto e mi avvicinai a lui.
 
«Che c’è?» gli domandai con un brutto presentimento.
 
«É per te,» disse porgendomi il suo cellulare. Pensavo si trattasse di una chiamata, ma mi ritrovai a guardare lo schermo del telefono e a stringere convulsamente il pugno.
 
 
Stava facendo sul serio? Feci per riconsegnare il telefono a Jimin ma quest’ultimo scosse la testa facendomi cenno di tenerlo.
 
«Magari è davvero importante.»
 
Sollevai gli occhi al cielo.
 
 
 
  
Iniziai seriamente a sudare freddo. Cosa stava cercando di dirmi quel maledetto bastardo? Perché non dovevo lasciare Yorin da sola? Ma ora lei era in quel fottuto palazzo per parlare in quella fottuta conferenza stampa. E io non ero con lei. Perché Jongin mi stava dicendo che era in pericolo? Mi stava prendendo per il culo o stava semplicemente cercando di spaventarmi?
 
Sobbalzai quando il mio cellulare vibrò per avvisarmi che mi era appena arrivato un messaggio. Avevo i nervi a fior di pelle. Restituii il cellulare a Jimin, e mentre lui leggeva i messaggi tra me e Jongin, io controllavo quello che era appena arrivato sul mio cellulare. Spalancai gli occhi quando lessi il nome sul display.
 
 
 
Stavolta mi vennero i brividi a causa della paura e del senso di disagio che provai nel leggere l’ultimo messaggio di Jennie. Lasciai cadere a peso morto il braccio che sorreggeva il telefono e tutto intorno a me iniziò a farsi ovattato e confuso. Stavo impazzendo. Mi portai le mani in testa e tornai in me solo quando qualcuno cercò di scuotermi gentilmente dal mio torpore.
 
«Hyung,» mi chiamò Namjoon guardandomi con apprensione. Il mondo si fece nuovamente rumoroso. «Che succede?»
 
«Succede che sto per impazzire,» ringhiai voltandomi verso lo staff che stava preparando tutto il necessario per la nostra esibizione imminente. Mancavano quindici minuti. «Seijin!» urlai richiamando l’attenzione del nostro Manager.
 
L’uomo alto e dall’aspetto amichevole finì di parlare con altri due membri dello staff e poi mi venne vicino. Abbassò gli occhi per riuscire a guardarmi in faccia.
 
«Yoongi-a? Qual è il problema? Se è a causa delle stylist, le ho già licenziate la settimana scorsa come mi avevi detto di far-»
 
«No, no. Le stylist non c’entrano nulla, anche se hai fatto bene. Ascolta. Per caso ricordi il nome di qualche ragazza con cui… mi sono tenuto impegnato in albergo?»
 
Di fronte a quella domanda singolare, il volto di Seijin si accigliò. «Non hai mai voluto sapere il nome delle ragazze che ti portavi a letto.»
 
«Ma tu sì perché mi ricordo che ti piaceva chiacchierare con loro mentre le riaccompagnavi a casa. Allora?»
 
«Vuoi sapere il nome di qualcuna in particolare?»
 
L’unica che mi venne in mente fu la rossa che stava studiando per diventare psicologa. Fra tutte, lei si era dimostrata la più umana. Mi aveva trattato come un essere umano, un ragazzo innamorato che doveva ancora relazionarsi con i suoi sentimenti. Era stato grazie a lei se avevo capito di amare Yorin. Sperai con tutto il cuore che stesse bene.
 
«La rossa. Ti ricordi della ragazza rossa ai Billboard Music Awards? Dimmi che sai il suo nome.»
 
«Il suo nome no, ma ho il suo numero di cellulare.»
 
Lo guardai scioccato. «Perché?»
 
«Perché mi aveva detto di scriverle quando tu e Yorin vi foste messi insieme. Era curiosa di come sarebbe andata a finire tra voi due, ma immagino che non ce ne sia più bisogno visto che siete la coppia più chiacchierata del momento.»
 
Salvai il suo numero sul mio cellulare e la trovai subito su WhatsApp. Aveva una mia immagine come foto profilo. Un senso di sollievo mi pervase quando la vidi online.
 
 
Per poco non lasciai cadere il telefono a terra. Tutte le mie paure si erano concretizzate in quell’unica verità che avevo cercato di negare fino alla fine. Era troppo, veramente troppo da sopportare. Mi sentivo tradito, disgustato e fortemente vulnerabile.
 
Prima di fare qualsiasi altra cosa, scrissi altri due messaggi alla rossa. Era il minimo che potessi fare.
 
 
E il mio sogno qual era? In quel momento non ne avevo idea perché avevo un solo ed unico desiderio. Raggiungere Yorin.
 
«Yoongi-a!» mi chiamò Seijin quando vide che mi ero sbarazzato del microfono e dell’auricolare e li avevo lanciati a terra. «Che fai? Dovete esibirvi tra meno di cinque minuti!»
 
Scossi la testa. «Non posso.»
 
Anche quella volta avrei dovuto dire così. Avrei dovuto mandare tutto al diavolo e correre dalla persona che mi stava aspettando. Forse, se avessi detto quelle parole, Yoona sarebbe ancora viva.
 
Ma ora non dovevo pensare a ciò che era stato. Dovevo pensare a Yorin, che non era di certo il mio passato. Era il mio presente e il mio futuro, qualunque esso fosse stato.
 
 
‘Lo ricordo come se fosse accaduto ieri. A volte, quando ci ripenso, mi risale il cuore in gola e tremo come un bambino. Quello fu uno dei giorni peggiori di tutta la mia vita, perché qualunque cosa facessi, non riuscivo a fermare le tue lacrime.’ -Min Yoongi


Angolo.Autore


Ben ritrovati! Come sempre mi scuso per l'enorme ritardo, ma finalmente sono riuscita a postare il nuovo capitolo di questa storia. Vi comunico che d'ora in avanti mi dedicherò a Hook Up fino a quando non sarà conclusa, perciò, per chi segue l'altra mia storia (Be My Knight) vi avviso che per l'aggiornamento potrebbe volerci un po' più del previsto. 

In questo capitolo sono tornati finalmente i messaggi in chat, cosa che mi era mancata da morire! Mi diverte davvero troppo scriverli 😂 E per quanto riguarda il meme di Jackson, devo ringraziare alcune di voi che mi hanno dato l'idea nei commenti o in chat. Ci stava troppo 🤣

Sono ritornati anche i siparietti comici di Jimin e compagnia bella, ma l'angst è sempre in agguato (altrimenti non sarei io). Nell'ultima parte ho fatto riferimenti a varie cose senza tuttavia fare nomi. Avete capito di chi stiamo parlando? E Jongin che cosa starà nascondendo?

Ma passiamo alla coppia che finalmente è scoppiata: Ji Woo e Jungkook. So che alcuni di voi avrebbero preferito leggere direttamente il momento in cui tutto è finalmente venuto a galla, ma non preoccupatevi. Quando Hook-Up sarà finito ho intenzione di scrivere un capitolo extra su ciò che Jungkook e Ji Woo ci hanno semplicemente raccontato. Spero che l'idea vi piaccia 😘

E spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo, e che Hook Up continuerà a intrattenervi fino alla fine. Non dimenticatevi di lasciarmi un commentino, sapete che lo apprezzo tantissimo. Un bacio e alla prossima! 🥰

Instagram: btsuga_d

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Capitolo 34
*** Don't Leave Me ***


bemyknightnvu


❖ Don't Leave Me



⚜⚜⚜


Pov Zero

 

\Start Flashback/
 
«Yoona, dove sei?»
 
La voce tremolante del ragazzo non era la solita che lei aveva imparato a riconoscere. Lo aveva sentito arrabbiato, seccato o sull’orlo di una crisi di nervi per quello che lei gli aveva fatto passare, ma mai spaventato. La sua voce non era mai stata tanto atterrita.
 
«Perché lo vuoi sapere, Jongin?» rispose lei osservando il paesaggio freddo di fronte ai suoi occhi. Le mani erano congelate per colpa della temperatura troppo rigida. «Pensavo non t’importasse più nulla di me. Ormai non è rimasto più nessuno a cui importi di me.»
 
«Torna al dormitorio, Yoona,» la interruppe lui senza dare peso alle sue parole. Già, si era dimenticata che ciò che diceva non interessava a nessuno. «Mi hai sentito? Devi tornare subito al dormitorio. Non puoi rimanere da sola!»
 
Le labbra di Yoona si stirarono in un sorrisetto amaro. «Non sarò da sola. Lui sta arrivando.»
 
«Lui chi?»
 
«Yoongi,» sussurrò lei con le labbra fredde. «Vuole incontrarmi. Finalmente vuole parlare con me. È l’unica possibilità che ho per dirgli quello che sento davvero.»
 
Il ragazzo dall’altra parte del telefono tirò il fiato. «No. No, Yoona. Cazzo, ascoltami… Torna al dormitorio. Non… Non dirgli nulla. Non puoi dirgli nulla, mi hai sentito?!»
 
Le urla di Jongin non ebbero alcun effetto su di lei. Non le interessava la sua gelosia, così come non le interessava la rabbia che covava nei suoi confronti per averlo usato e poi abbandonato. Ma lei era fatta così, no? Usava le persone e poi le gettava via senza problemi. Lei non aveva sentimenti. Lei era la regina di ghiaccio. Questo era quello che pensavano tutti.
 
E anche lei lo aveva pensato, fin quando la solitudine non aveva aperto una breccia nel suo cuore.
 
«Ti rendi conto di amare una persona solo quando la perdi,» sussurrò la ragazza con gli occhi fissi nel vuoto e il telefono stretto tra le dita. «Perché sono così stupida, Jongin?»
 
«Yoona… Yoona, ti prego. Dimmi dove sei. Devi dirmelo. C’è qualcun altro lì con te?»
 
«Sì, i miei pensieri,» rispose la mora. «Perciò lasciami da sola con loro, Jongin.»
 
Staccò il telefono dall’orecchio e tenne premuto il tasto di spegnimento. Se lo rimise in tasca e riprese a contemplare ciò che aveva davanti agli occhi. Era tardi e in giro non c’era anima viva a causa del freddo che ti pungeva la pelle. Un tempo perfetto per crogiolarsi nelle proprie frustrazioni. Per pensare a ciò che ne aveva fatto della sua vita.
 
Già, cosa ne aveva fatto della sua vita? Se avesse potuto tornare indietro, sarebbe rimasta a casa sua, con sua madre e sua sorella, a bisticciare per chi avesse dovuto mangiare l’ultima fetta di torta. I battibecchi con Yorin sembravano un lontano ricordo ora che tutti i problemi della vita le si erano riversati addosso. Problemi veri, che avevano un proprio peso e che per questo riuscivano a schiacciarla fino al fondo del baratro.
 
La solitudine fa paura, soprattutto quando non ci sei abituato.
 
E il senso di vuoto cresceva ad ogni rintocco delle lancette del suo orologio. I minuti scorrevano senza sosta mentre il freddo aumentava con l’intensificarsi della notte. La solitudine non si diradava, anzi, diventava sempre più opprimente. Guardò ancora una volta l’orologio al suo polso che segnava le 22 in punto.
 
«Ci sarai?»
«Sì, se ci sarai anche tu.»
 
Era questo che lui le aveva detto. Sollevò lo sguardo e osservò il ponte in bilico sopra la sua testa. Lì, tra la nebbia, intravide una sagoma che la stava scrutando dall’alto. Quest’ultima sollevò una mano e la agitò nella sua direzione. Il cuore di Yoona perse un battito quando iniziò a muoversi verso la stradina che l’avrebbe condotta proprio su quel ponte, lì dove pensava avrebbe trovato lui ad attenderla.
 
«Unnie,» disse incredula non appena si ritrovò davanti la sua migliore amica. «Che ci fai qui? Come… Come facevi a sapere che ero qui?» Il sorriso di Soo Jin le chiarì subito le idee. «Te l’ha detto Jongin?»
 
«Forse,» rimase sul vago l’altra avvicinandosi alla ragazza mora. Dopo averla squadrata da capo a piedi, Soo Jin le lanciò un’occhiata severa. «Insomma, pasticcino. Stai tremando da capo a piedi. Avresti anche potuto metterti qualcosa di più pesante. Questa sera si gela.»
 
«Non avevo tempo di pensare a cosa mettermi,» rispose Yoona stringendosi nel suo cappotto, bianco come la neve che stava cominciando a cadere dal cielo. I fiocchi si sciolsero a contatto con le sue guance arrossate. «Ho solo bisogno di parlare con Yoongi.»
 
«Yoongi?» domandò Soo Jin guardandosi intorno. Il suo caschetto di capelli neri le sfiorò dolcemente il collo coperto dalla sciarpa. «E dov’è? Non lo vedo.»
 
«Arriverà. Lui… arriverà sicuramente. Me lo ha promesso.»
 
Soo Jin si strinse nel suo cappotto rosso e fece qualche passo verso la sua amica. Poi si appoggiò alla balaustra del ponte per guardare di sotto. La nebbia non era più fitta come prima e ora si riusciva a intravedere il fiume che seguiva la direzione della corrente. L’acqua doveva essere ghiacciata.
 
«Min Yoongi ormai non mantiene più le sue promesse,» disse la ragazza dai corti capelli corvini mentre sbatteva le lunghe ciglia nere. «Sei stata tu a cambiarlo, pasticcino. Quel ragazzo non sa più cosa significhi amare.»
 
Gli occhi di Yoona si riempirono di lacrime. Voltò il viso verso la strada deserta e prese un profondo respiro insabbiando le mani nelle tasche del suo cappotto. «Ecco perché voglio ricordarglielo prima che sia troppo tardi.»
 
Soo Jin voltò repentinamente il viso verso di lei, gli occhi scuri fissi in quelli della sua amica. «Quindi glielo dirai?» sussurò a fior di labbra. «Gli dirai che lo ami?» Yoona annuì. «E dopo? Cosa credi che succederà?»
 
«Voglio solo essere sincera con lui. Non lo sono stata per tutto il tempo in cui siamo stati insieme. Ma stavolta voglio davvero rivelargli quello che sento nel cuore. Sono sicura che capirà… Io… ho bisogno che lui capisca. Per il suo bene. E per il mio.»
 
Soo Jin la fissò. Si avvicinò ancora di più a lei fin quando non si trovò a un palmo dal volto della ragazza. Il suo respiro era caldo contro il naso freddo di Yoona.
 
«Sai, pasticcino,» le disse sfiorandole i lunghi capelli mori. La sua mano affusolata era coperta da uno spesso guanto di pelle nera. «Anch’io voglio essere sincera con te. Per il mio bene.»
 
Yoona la guardò interdetta. «Cosa?»
 
«Yoongi non sarà mai felice con te,» le sussurrò all’orecchio in un modo che le fece venire i brividi. Per qualche misteriosa ragione, si scansò. «Non quando mi scopa un giorno sì e l’altro pure.»
 
Il freddo che circondava Yoona le finì dritto nel cuore. Fu come se una profonda voragine le si fosse aperta sotto i piedi e lei ci fosse sprofondata dentro. Arretrò di un passo, cercando di aggrapparsi a qualcosa quando perse l’equilibrio a causa dell’asfalto ghiacciato. O forse per l’incredulità che le stava facendo tremare le gambe.
 
«Unnie…»
 
«Che c’è? Ti ho sconvolta?» le domandò Soo Jin in modo innocente inziando a camminare verso di lei. Yoona arretrava ad ogni suo passo, lo shock dipinto nelle sue pupille sgranate. «Pensavi che la tua cara e dolce Soo Jin non fosse in grado di sedurre un uomo come Min Yoongi?» Le diede uno spintone che la fece quasi cadere a terra. «Pensavi che lui fosse soltanto tuo? Pensavi di avere l’esclusiva su di lui?» La spintonò ancora e Yoona si ritrovò con la schiena schiacciata contro il parapetto del ponte. «Yoongi non è il tuo cagnolino. Puoi dirgli tutte le parole d’amore che vuoi, ma lui ormai è legato a me.» S’indicò con il volto trasfigurato dalla rabbia. «A me!»
 
«Come hai potuto?» riuscì a chiedere Yoona, ormai sull’orlo delle lacrime. Il cuore le doleva terribilmente. «Come hai potuto farmi una cosa del genere?! Io mi sono fidata di te, Soo Jin. Eri la mia migliore amica! Ti ho confidato delle cose che non ho mai neanche raccontato a mia sorella. Ti ho parlato di Yoongi, di quanto sia diventato importante per me. Di quanto lo amo!»
 
Lo schiaffo che la colpì dritta in faccia le spezzò il respiro nonostante fosse stato attutito dal guanto indossato da Soo Jin. Yoona risollevò il viso, esterrefatta.
 
«Lui è mio,» sibilò la ragazza di fronte a lei con il volto trasfigurato dall’odio. Stentava a riconoscerla. «E tu non me lo porterai via, lurida puttana.»
 
E poi accadde. Soo Jin la spintonò con tutta la sua forza e Yoona si sentì scivolare all’indietro. I suoi occhi sgranati catturarono l’espressione trionfante della ragazza dai capelli corti prima che il suo volto scomparisse oltre la balaustra del ponte. Con un ultimo gesto disperato, Yoona si aggrappò alla sporgenza di cemento sulla quale erano impresse le scritte che davano conforto a chi voleva porre fine alla propria vita gettandosi nelle acque torbide del fiume Han.
 
Che amara fatalità. Lei non voleva morire. Voleva vivere una vita piena d’amore, quella che si era negata per troppo tempo. E ora che aveva trovato il coraggio di essere se stessa, di urlare al mondo ciò che aveva nel cuore, ecco che l’opportunità le sfuggiva di mano in modo eccessivamente crudele.
 
Nonostante si stesse imponendo di non farlo, Yoona guardò il vuoto sotto i suoi piedi. La paura le attanagliò le viscere e il suo cuore già fin troppo provato si strinse in una morsa ferrea che le mozzò di netto il respiro. Ogni muscolo del suo corpo s’irrigidì all’inverosimile, persino le dita delle sue mani, che pian piano persero la presa su quell’unico appiglio che la stava tenendo attaccata alla vita. Al suo amore.
 
«S-Soo Jin!» la chiamò disperata, il fiato corto che le impediva di respirare. La paura del vuoto le aveva immobilizzato ogni parte del corpo. Le lacrime sgorgarono dai suoi occhi senza che lei potesse fare niente per fermarle. «Non voglio morire,» singhiozzò cercando di tirarsi su, invano. «S-Soo Jin… N-Non voglio m-morire… Ti prego, n-non farmi morire. Soo Jin!!!»
 
Il volto di quella che una volta pensava fosse la sua migliore amica, si mostrò in tutta la sua ferocia. Soo Jin la osservò dall’alto della sua arroganza, apatica come se stesse osservando un insetto disgustoso. Incrociò le braccia al petto e inclinò leggermente la testa.
 
«Non gli dirò che lo ami,» sibilò velenosa. «Non gli dirò che l’hai amato fino ai tuoi ultimi istanti. Non ti darò mai questa soddisfazione. Neanche da morta.»
 
Yoona sentì un dolore fortissimo nel petto che le risucchiò le ultime energie rimaste. Nemmeno l’autopsia riuscì a definire con certezza le cause del suo decesso. A causa della sua fobia dell’altezza, alcuni ipotizzarono che avesse avuto un infarto prima della sua malaugurata caduta in acqua, altri che fosse morta di paura mentre annegava nel fiume Han.
 
Tuttavia, la verità era una sola. Kang Yoona non era morta a causa della sua fobia, e nemmeno dell’acqua che le aveva riempito i polmoni. Kang Yoona era morta perché il suo cuore non aveva retto il dolore della perdita e del tradimento. Kang Yoona non aveva sopportato l’idea di perdere la sua vita e il suo amore.
 
Questa fu la ragione per cui il suo cuore si fermò ancor prima che le acque del fiume Han potessero reclamare il suo corpo già privo di vita. Perché Kang Yoona voleva vivere, ma Lee Soo Jin le aveva strappato brutalmente quel diritto.
 
\End Flashback/
 

Yorin’s Pov
 
«Che vuol dire che è stata rimandata?» domandai ai membri dello staff che sembravano più confusi di me. «La conferenza stampa avrebbe dovuto cominciare adesso.»
 
«Lo so, Kristal. Purtroppo ci hanno comunicato che verrà rimandata di qualche ora a causa di un contrattempo. Forse un guasto sulla rete.»
 
Ero incredula. Com’era possibile che un attimo prima andasse tutto bene e l’attimo dopo eravamo messi talmente male da non poter sostenere la conferenza stampa? Meno male che avevo deciso d’indossare un abbigliamento comodo per dare meno nell’occhio. I tacchi mi avrebbero ucciso seduta stante.
 
Il membro dello staff catturò nuovamente la mia attenzione. «Ah, poco fa ho ricevuto una chiamata dal manager dei BTS. Dice che Min Yoongi è corso qui perché ha urgente bisogno di parlarti. A quest’ora dovrebbe essere già arrivato.»
 
Mi si strinse il cuore nel petto. «Yoongi?» domandai incredula controllando l’orologio. «A quest’ora dovrebbe essere sul palco a esibirsi con gli altri. Cosa diavolo crede di fare?» dichiarai furibonda.
 
Gli avevo detto chiaramente di non immischiarsi perché non volevo trascinarlo ulteriormente in quella situazione. Che cazzo stava combinando? E poi… parlarmi? Parlarmi di cosa?
 
«Ha detto di raggiungerlo al termine della conferenza stampa. Ma visto il nostro contrattempo, direi che puoi andare subito da lui. Prendi l’ascensore, ti sta aspettando al settimo piano.»
 
Fantastico. Non si scomodava neanche a venirmi incontro. Dovevo andare io da lui. Il solito Min Yoongi rompipalle. Con chi diavolo credeva di avere a che fare?
 
Eppure lo amavo lo stesso.
 
Mi fiondai nell’ascensore e premetti il tasto numero sette. Non appena cominciai a salire, il mio cuore fece una capriola. Non ci avevo mai fatto caso, ma la sensazione di vuoto era simile a quella che provavo quando mi sentivo mancare la terra sotto i piedi. Come quando la mia paura dell’altezza tornava ad assillarmi in un modo che detestavo.
 
Le porte dell’ascensore si spalancarono e uscii subito da quel luogo stretto e pieno di brutti ricordi che avrei preferito dimenticare. Con mio grande stupore, mi ritrovai di fronte alla terrazza in cima al palazzo della stazione televisiva. Era uno spazioso quadrato di mattonelle color terracotta, recintato da un semplice parapetto di cemento che arrivava più o meno all’altezza del busto di una persona.
 
Mi guardai intorno e mi accorsi che non c’era nessuno. Dov’era Yoongi? Forse ero troppo in anticipo? E poi dava a me della ritardataria, accidenti! Non vedevo l’ora che arrivasse per dirgliene quattro. Non lo avrei mai ammesso, ma i nostri bisticci erano una delle tante cose che amavo del nostro rapporto. Perché sapevamo entrambi come sarebbe andata a finire. Ci saremmo ritrovati a fare pace. In un letto.
 
Mi avvicinai con cautela al bordo della terrazza ma non ebbi il coraggio di guardare per controllare quanto fosse in alto. Maledizione, odiavo questa parte di me. Odiavo avere una debolezza che non potevo nascondere in alcun modo.
 
«Kang Yorin,» disse una voce a me fin troppo familiare. M’immobilizzai sul posto. «Tu e tua sorella non finirete mai di crearmi problemi, questo è sicuro.»
 
Mi voltai verso quella voce stridula alle mie spalle. La vista di quella stronza rifatta dalla testa ai piedi mi causò un notevole afflusso di sangue al cervello. Non mi ero dimenticata della sua mano nei pantaloni di Yoongi, o dello schiaffo che mi aveva rifilato per intimarmi di stare lontana da lui. Mi prudevano le mani.
 
«Soo Jin,» la chiamai con un tono velenoso. «E tu che diavolo ci fai qui?»
 
«Perché? Ti sembra strano che la figlia del proprietario di questo posto sia passata a dare un’occhiata?»
 
L’incredulità incrinò la mia maschera di freddezza. «Questa stazione televisiva appartiene a tuo padre?»
 
Wow, ora capisco perché era così viziata. Era ricca da far schifo. Suo padre possedeva quell’emittente televisiva e lei era un’attrice di successo, probabilmente grazie all’influenza di suo padre nel mondo della televisione. Scommetto che mandava in onda tutti i drama della figlia, in prima serata.
 
Poi, un dubbio s’insinuò nel mio cervello. «Sei stata tu a far rimandare la mia conferenza stampa?»
 
«Accidenti, pasticcino. Non ti facevo così sveglia.»
 
Mi vennero i brividi a causa del disgusto. Pasticcino?
 
«Chiamami di nuovo in quel modo e ti strapperò la lingua prima di fartela ingoiare per intero.»
 
Soo Jin scoppiò a ridere di fronte ai miei occhi. Una risata di gusto che mi portò a stringere convulsamente i pugni.
 
«Sei così diversa da lei,» disse dopo aver placato le risate. «A Yoona mancava la tua strafottenza. È stata la sua ingenuità ad ucciderla.»
 
Fu come se qualcuno mi avesse dato una scossa elettrica dritta nel petto. Digrignai i denti e scattai in avanti prima di impormi di bloccarmi a metà strada. No, non potevo metterle le mani addosso. Non potevo abbassarmi a tanto. Dovevo rimanere dov’ero.
 
«Togliti il nome di mia sorella dalla bocca. E soprattutto non parlare della sua morte. Tu non sai niente di lei!»
 
«Io ero la persona che la capiva di più al mondo. Dov’eri quando la tua povera sorella era divorata dalla depressione? Dov’eri quando non faceva che ripetermi quanto amasse Yoongi? A te ha mai parlato di lui? Ti ha mai confidato cosa avesse nel cuore? No. Sono stata io a starle vicino quando tutti voi l’avete abbandonata come un vestito vecchio.»
 
Un velo di rabbia mi cadde dritto sugli occhi. «Sì, certo. Conosco bene il tuo modo di stare vicino alle persone. Fin troppo vicino, oserei dire,» le dissi lanciandole una frecciatina non tanto velata. «Pensi che non l’abbia capito? Tu, Soo Jin, sei invidiosa di quello che hanno le altre persone. Ti ricopri di fama e ricchezza per nascondere quello che non hai.»
 
L’avevo colta alla sprovvista, era evidente. Assottigliò gli occhi e le sue labbra s’incresparono in una linea sottile che le occultò il velo di rossetto rosso. «E sentiamo, Yorin. Cos’è che non ho?»
 
Sogghignai. «Il cuore di Min Yoongi.» La sua faccia si rabbuiò nel giro di pochi istanti. «Potrai anche aver avuto il suo corpo, ma il suo cuore non ti appartiene. Non potrai mai averlo perché lui lo ha dato a me.»
 
Soo Jin scattò in avanti come una belva feroce. Cercò di mettermi le mani addosso ma le arpionai i polsi prima che potesse sfregiarmi la faccia con quelle sue maledette unghie del cazzo. Feci un po’ di pressione e me la rigirai fra le braccia finché la sua schiena non premette contro il mio petto. Le accostai le labbra all’orecchio mentre la tenevo ferma per i capelli.
 
«Fai di nuovo la puttana con il mio uomo e giuro che ti vergognerai a mostrarti nuda di fronte a chiunque altro.»
 
La lasciai andare con uno strattone e Soo Jin finì a terra con un gridolino sorpreso. Sollevò piano la testa, incenerendomi con due occhi neri come la pece che sembravano volermi sciogliere sul posto e farmi diventare parte del pavimento. Il suo volto era trasfigurato dalla rabbia, il respiro irregolare come non l’avevo mai visto.
 
Decisi di lasciarmela alle spalle come tutto il resto. Non me ne sarebbe più importato niente di Lee Soo Jin. Era ora di guardare al futuro.
 
«Non credo proprio, puttana,» sibilò la ragazza dietro di me. La sentii rovistare nella sua borsetta, e quando mi voltai la vidi tenersi il cellulare contro l’orecchio. «Adesso.»
 
I miei sensi si acuirono per catturare il rumore alle mie spalle. Mi girai di scatto verso l’uomo enorme che stava bloccando l’uscita per impedirmi di andarmene tranquillamente. Lo squadrai dalla testa ai piedi per studiarlo in ogni minimo dettaglio. Corpo robusto, braccia muscolose e uno sguardo affilato nascosto dietro un minuscolo paio di occhiali da sole. Era il doppio di me, sia in altezza che in larghezza. Se solo avesse voluto, avrebbe potuto sollevarmi con una mano sola.
 
Indietreggiai quando avanzò minacciosamente verso di me, il suo corpo che sembrava calamitato dal mio. Digrignai i denti e mi mossi ancora più velocemente quando me lo vidi piombare addosso. Il suo pugno s’infranse contro il palmo che avevo sollevato di scatto per proteggermi il viso. Mi vibrarono le ossa a causa del tremendo impatto.
 
Parai il secondo pugno con l’altra mano e risucchiai tra i denti un’imprecazione. Con la gamba parai un calcio diretto contro il mio stinco, scivolando via dalla sua presa quando cercò di afferrarmi per i capelli. Gli mollai un pugno in pieno stomaco ma gli feci a malapena il solletico. Gliene tirai un altro sulla tempia per stordirlo e girai su me stessa assestandogli un calcio rotante sulla mascella. L’uomo s’inarcò all’indietro e ne approfittai per finirlo con un montante che per poco non gli fracassò il mento.
 
Ero sfinita. Incespicai nei miei stessi piedi e poggiai le mani sulle ginocchia per sostenere il mio peso. I miei occhi guizzarono in quelli della ragazza che era ancora seduta a terra, le sue iridi nere erano ricolme di odio e altri sentimenti oscuri a cui non ero in grado di dare un nome.
 
Aveva davvero ordinato al suo bodyguard di aggredirmi?
 
«Tu sei pazza,» sibilai incredula mentre cercavo di riprendere fiato. «Si può sapere che cazzo ti passa per la testa?»
 
Soo Jin non mi rispose perché il suo gorilla si rialzò dopo aver sputato un fiotto di sangue cremisi. Riuscii a schivare la sua mano solo grazie ai miei riflessi pronti. Purtroppo, si aggrappò alla prima cosa che gli capitò tra le mani. I miei capelli. Li tirò con talmente tanta violenza da strapparmi un urlo pieno di dolore. Stava quasi per staccarmeli dal cuoio capelluto. Gli artigliai i polsi per obbligarlo a mollare la presa, ma le sue dita sembravano un branco di sanguisughe pronte a prosciugarmi da capo a piedi.
 
Lo graffiai come una gatta impazzita che lottava per la sua sopravvivenza. Gli tirai un calcio in mezzo alle gambe che purtroppo riuscì a parare con la coscia marmorea, e in cambio ottenni un manrovescio che mi stordì peggio di una martellata. Piombai a terra con la vista sfocata e la faccia che ancora tremava a causa della botta. Mi sentii afferrare per il retro dei capelli e issare come una bambola di pezza… per poi essere sbattuta violentemente contro il parapetto di cemento.
 
Un dolore sordo si propagò all’interno del mio cervello e per un attimo non capii più nulla. Né dove mi trovavo, né perché fossi lì. Mi spensi, semplicemente, per poi tornare improvvisamente vigile quando un dolore ancora più acuto mi perforò le costole.
 
Quel figlio di puttana mi stava prendendo a calci.
 
Mi aggrappai alla sua gamba con tutte le forze che mi erano rimaste, cercando di contrastarlo nonostante il profondo mal di testa che mi stava perforando il cranio. Un rivolo caldo mi accarezzò la tempia e poi il profilo della mandibola. Con la coda dell’occhio, notai che era rosso vermiglio.
 
Sangue. Il mio sangue. Lo stesso sangue che mi uscì dalla bocca quando quel maledetto bastardo infranse il calcio contro il mio stomaco. Vidi nero. E poi bianco, e poi di nuovo nero. Udii la voce di Yoongi che mi metteva in guardia e mi proibiva di andarmene in giro da sola. Ricordai il suo volto incazzato mentre gli impedivo di telefonare a In Guk per tenermi d’occhio. Per proteggermi.
 
Un sorrisetto mi distorse le labbra sanguinanti. Maledetto puttaniere. Odiavo quando aveva ragione. E odiavo ancora di più quando capivo di essere nel torto. Ero stata arrogante. Non mi ero fidata di lui e adesso ne stavo pagando le conseguenze. Avevo creduto di riuscire a cavarmela da sola, come avevo sempre fatto, ma solo adesso capivo di non essere invicibile. Non potevo prevalere su tutto e tutti. Non da sola.
 
Il terrazzo intorno a me continuava a vorticare mentre mi tenevo aggrappata alla gamba di quell’energumeno. Cercai di rotolare su un fianco ma capii di aver fatto un’enorme cazzata quando mi mancò l’aria nei polmoni a causa della fitta di dolore. Dovevo avere una costola rotta. Inspirai più aria che potei e mi trascinai sul pavimento sporco finché non mi sentii afferrare nuovamente per i capelli.
 
Ancora frastornata, mi ritrovai con metà corpo in bilico sulla balaustra che si affacciava sul vuoto. Il mio cuore smise di battere, letteralmente. M’irrigidii all’istante e tirai l’aria come se mi avessero appena accoltellato all’addome. Non riuscivo a staccare gli occhi dalle macchine in movimento sotto di me, minuscole come i giocattoli di un bambino. Letali come coltelli affilati. Ero paralizzata dalla paura.
 
La mano che mi teneva stretta mi lasciò andare e mi aggrappai istintivamente al blocco di cemento con braccia e mani tremanti. Non riuscivo a respirare.
 
«Sai, forse non sei poi così diversa da tua sorella,» sibilò Soo Jin al mio orecchio, velenosa come una serpe. «Entrambe avete paura della stessa cosa. Entrambe avete sempre avuto il vizio d’intralciarmi.» Chiuse le dita intorno alla mia maglietta, all’altezza del fianco. «Ed entrambe perirete per mano mia.»
 
Sgranai gli occhi nello stesso momento in cui il mio corpo venne sbalzato in avanti a causa dello spintone che mi diede Soo Jin. Persi l’equilibrio mentre nella mia testa avanzava l’ombra di un pensiero terribilmente proibito, spaventoso al punto da farmi venire la pelle d’oca. La mia testa era scissa in molteplici parti. Non riuscivo a dare la precedenza a nessuno dei pensieri che mi affollavano il cervello.
 
Stavo cadendo. Sotto di me c’era il vuoto. Mia sorella. Il Luna Park. Le sue grida disperate mentre mi implorava di non lasciarla andare. Di non farla cadere. Il dolore. La paura. Le membra congelate. Soo Jin che mi spingeva. Soo Jin che voleva ammazzarmi. Soo Jin che aveva ucciso mia sorella.
 
Soo Jin che me l’aveva portata via.
 
Mi venne voglia di urlare a squarciagola per l’odio e la rabbia che m’inondarono il cuore, invece mi ritrovai a gridare per la terribile sensazione di non avere più la terra sotto i piedi. Il respiro mi si bloccò in gola. Il cuore sembrò accartocciarsi su se stesso, il tempo fermarsi.
 
Allungai il braccio in cerca di un appiglio mentre osservavo la vita passarmi davanti agli occhi. Un istante che sembrò durare un’eternità. Un’eternità che si tramutò in un istante quando mi sentii afferrare saldamente per il polso. Sollevai la testa di scatto con le gambe ciondoloni nel vuoto. Gli occhi sgranati per la paura, lo stupore e la rabbia.
 
Mi persi in quelli magnetici e risoluti di Yoongi.
 
La sua stretta sul mio polso rassomigliava a quella di un serpente a sonagli attorcigliato mortalmente alla sua preda. Sarebbe morto piuttosto che lasciarmi andare.
 
Tornai a respirare di nuovo, allontanando la paura che aveva imprigionato il mio cuore in una gabbia di spine. Abbassai d’istinto la testa per guardare in basso.
 
«No!» mi fermò l’urlo di Yoongi. «Non guardare in basso, Yorin. Guarda me.» Lo guardai. «Guarda soltanto me, d’accordo?» Annuii. «Concentrati solo su di me.»
 
Si sporse con l’intenzione di aiutarsi anche con l’altra mano, ma appena la staccò dal ripiano di cemento scivolammo entrambi qualche centimetro più in basso. Urlai terrorizzata mentre Yoongi rimetteva istantaneamente la mano dov’era prima.
 
«Non lasciarmi,» lo implorai. Non riconobbi la mia stessa voce; impaurita, distorta e tremante. «Non lasciarmi andare.»
 
«Mai,» dichiarò lui stringendomi il polso fino a bloccarmi la circolazione. I suoi occhi divennero oro colato mentre digrignava i denti per lo sforzo con cui stava trattenendo il peso del mio corpo. «Non ti lascerò mai andare.»
 
E poi mi sentii tirare su da una forza che non avrebbe mai potuto appartenere ad una persona sola. Vidi Namjoon issarmi per il braccio, Jungkook che mi teneva le mani intorno alla vita per aiutarmi a scavalcare la balaustra e Taehyung che si assicurava che Yoongi non perdesse la presa su di me.
 
Crollai addosso a Yoongi ed entrambi finimmo sul pavimento in maniera sgraziata. Il mio corpo tremante era premuto contro il suo dalle sue braccia ancora in tensione per lo sforzo. Eravamo rigidi come due pezzi di legno, ansanti come quando finivamo di fare l’amore, stavolta non per il piacere ma per il terrore che ci aveva quasi separato per sempre.
 
Non mi ero nemmeno resa conto di essermi avvinghiata al suo giubbotto. Ero ancora troppo frastornata per rendermi conto di ciò che facevo, o di quello che mi circondava. Pian piano mi accorsi della carezza che mi stava massaggiando amorevolmente i capelli, delle parole appena sussurrate nell’orecchio.
 
«Riprendi fiato,» continuava a ripetermi. «È finita. Adesso va tutto bene.»
 
Quelle parole mi fecero ridestare.
 
No, non andava tutto bene.
 

Yoongi’s Pov
 
Tremava tra le mie braccia come una cazzo di foglia. Dato che i nostri corpi erano avvinghiati gli uni agli altri, riuscivo a sentire il suo cuore che pompava alla velocità della luce. Troppo veloce. Non era la prima volta che succedeva, come se Kang Yorin avesse un cuore debole, proprio come sua sorella.
 
Quel pensiero m’irrigidì dalla testa ai piedi. Già, sua sorella. Sollevai la testa e incontrai gli occhi del diavolo in persona. Con la coda dell’occhio vidi che tutti i miei membri erano in piedi intorno a noi, come a volerci fare da scudo. Come a volerci proteggere da quell’essere. La sua guardia del corpo era stata messa fuori combattimento da In Guk. Per fortuna a Namjoon era venuta la brillante idea di portarcelo dietro.
 
«Soo Jin…» mi sforzai di chiamarla con il suo nome di battesimo piuttosto che con un termine decisamente più volgare. I polmoni stavano per andarmi a fuoco. «Cosa cazzo hai fatto?»
 
Se ne stava lì, in piedi, a fissarmi con disgusto mentre stringevo Yorin tra le mie braccia. Quest’ultima si era irrigidita di colpo nell’udire quel nome.
 
«Una volta mi hai detto che ero la prima della lista, ma non l’unica,» sibilò sprezzante guardandomi negli occhi. «Perciò le ho eliminate tutte.»
 
Mi si congelò il sangue nelle vene. Tutt’intorno si levò un’atmosfera lugubre che fece ammutolire i presenti. La guardai come se fosse stato un tremendo fantasma.
 
«Tu sei pazza.»
 
«Io ti amo!» urlò a squarciagola portandosi una mano sul petto, forse per placare il batticuore. «Io ti ho sempre amato, Yoongi!»
 
Non ci vidi più. Mi staccai da Yorin e mi alzai di colpo, la vena sulla fronte che pulsava impazzita. «TU NON MI AMI!» ringhiai, dando sfogo a tutto il dolore che mi portavo dentro. «Tu sei ossessionata da me. È diverso.» Il suo sguardo ferito non m’impietosì nemmeno per il cazzo. «Dimmi una cosa, fottutissima stronza. Da quand’è che mi stai dietro, eh?» le domandai con voce traboccante d’ira. Lei sembrò sorpresa dalle mie parole. «Credi che sia un idiota? Pensi che non l’abbia capito?»
 
«Hyung,» s’intromise Jimin, titubante. «A che cosa ti riferisci?»
 
«Al fatto che questa puttana è una cazzo di saesang.» Sentii Jin e Hoseok sussultare alle mie spalle. La guardai con i denti che quasi battevano gli uni contro gli altri a causa della rabbia. «Da quando, Soo Jin? Da quando hai deciso che ero tuo e di nessun’altra?»
 
«Da prima del tuo debutto.»
 
La fissai sconvolto. «Cosa?»
 
«Ecco perché nessuno dovrebbe immischiarsi!» urlò scaraventando a terra la sua borsetta firmata. «Non ne hanno il diritto! Io ti conosco più di chiunque altro, Yoongi. Ti ho osservato mentre scalavi le vette del successo e arrivavi in cima. Ti ho appoggiato nell’ombra e ho sempre gioito per ogni tua vittoria. Ho pianto per ogni tua sconfitta… ma poi tu…» m’indicò con una rabbia cieca, il dito tremante. «Tu che non avevi mai mostrato interesse per una donna, ti sei avvicinato a Kang Yoona.»
 
Mi vennero i brividi lungo la schiena e indietreggiai di un passo. «Sta’ zitta,» la minacciai distogliendo lo sguardo. Non volevo sapere. Non volevo sentire. «Sta’ zitta, Soo Jin.»
 
«Secondo te perché sono diventata sua amica? Perché mi piaceva? Perché avevo voglia di giocare alle amichette del cuore? Figuriamoci. Avvicinandomi a Yoona, avrei potuto finalmente avvicinarmi a te.»
 
Ora era tutto chiaro. Soo Jin si era approfittata della sua amicizia con Yoona per tendermi una trappola. In questo modo, quando mi avrebbe rivolto la parola per la prima volta, non sarebbe stata una sconosciuta, ma la migliore amica della donna che amavo. In questo modo mi sarei fidato di lei, proprio nel momento in cui mi sarebbe servito un appoggio. Si era insinuata nelle mie ferite, manovrandomi per avvicinarmisi il più possibile e infettarmi con il suo veleno. Per entrarmi nel cuore e reclamarmi come una sua proprietà.
 
«Sei stata tu,» sussurrai con il fiato corto, le mani che tremavano. «Yoona non si è suicidata… L’hai uccisa tu.»
 
Un tremendo senso di nausea mi fece contrarre lo stomaco. Ero andato a letto con l’assassina della donna che amavo. L’avevo fatta godere. Le avevo permesso di farmi tutto ciò che voleva. Mi ero lasciato toccare da quelle mani che avevano ammazzato la mia donna, da quella bocca che le aveva detto chissà quali cattiverie prima di… Prima di…
 
«Riportala qui…»
 
Mi voltai di scatto quando udii quel sussurro appena accennato. Alle mie spalle, Yorin si era alzata in piedi, una mano stretta all’altezza delle costole. Il suo viso incrostato di sangue era coperto dal velo di capelli rossi che le era ricaduto davanti agli occhi.
 
«Riportala qui… Riporta qui mia sorella…» biascicò, per poi sollevare la testa di scatto. Intravidi finalmente i suoi occhi. Due pietre d’ambra iniettate di sangue. «RIPORTA QUI LA MIA SORELLINA, MALEDETTA BASTARDA!»
 
Si lanciò in avanti come una furia. Riuscii a malapena a intercettarla, a costringerla nella morsa delle mie braccia. Yorin continuò a dimenarsi mentre io cercavo di tenerla ancorata al mio petto per impedirle di sporcarsi le mani di sangue. La sentivo. Percepivo distintamente la sete di vendetta che le scorreva nelle vene, che la bruciava dall’interno senza lasciarle via di scampo.
 
Yorin continuò a dimenarsi nella mia stretta, a scagliare calci per aria con l’intenzione di liberarsi. Urlava. Gridava in maniera isterica, quasi come se fosse posseduta dal demonio. Le dita ricurve puntate verso Soo Jin, pronta a staccarle la pelle dalle ossa.
 
«Shhh,» le sussurrai schiacciandola sempre di più contro il mio corpo. Cercai di sovrastare le sue urla parlandole direttamente nell’orecchio. «Non ne vale la pena, tesoro mio. Non ne vale la pena.»
 
E a quel punto qualcosa si spezzò nel cuore di Yorin. O forse nella sua anima. Scivolò a terra e iniziò a piangere dolorosamente. Era un pianto disperato, intimo. Personale. Si portò le mani al volto per nascondere le lacrime che cadevano copiose dai suoi occhi. Lacrime che davano l’impressione di bruciarle la pelle.
 
Il mio cuore soffriva con lei. M’inginocchiai al suo fianco e l’attirai a me, affondandole le dita tra i capelli. La strinsi come non avevo mai fatto. La consolai con parole che nemmeno ricordo. Tuttavia continuavo a sentirmi inutile, perché qualunque cosa facessi, non riuscivo a fermare le sue lacrime. Non potevo. Nessuno avrebbe mai potuto confortare un cuore lacerato in due. Nemmeno io.
 
«Sai qual è la parte più buffa?» domandò Soo Jin rivolgendosi al sottoscritto. Si era seduta a terra, la lunga gonna bianca aperta intorno a lei come la corolla di un fiore. «Che tutti hanno pensato che si fosse suicidata.»
 
Digrignai i denti cercando di trattenermi dall’alzarmi e andare a finirla con le mie stesse mani. «E cosa ci trovi di buffo in questo?»
 
Soo Jin ridacchiò, lo sguardo perso nel vuoto.
 
«Che le sue ultime parole siano state: ‘Non voglio morire.’» M’impietrii. «‘Soo Jin, non farmi morire.’»
 
Inspirai a pieni polmoni mentre Yorin si premeva la mano sul cuore e singhiozzava disperata. Mi strinse più forte e io la rinchiusi tra le mie braccia, proteggendola da quel dolore che ci stava annientando entrambi. Da quell’oscurità che minacciava di farci sporcare le mani di sangue.
 
Dio, quanto avrei voluto alzarmi e farle provare il dolore che lei aveva fatto provare a Yoona. Anzi, glielo avrei restituito dieci volte tanto, con gli interessi.
 
«Chiamo la polizia,» ci avvertì In Guk ripescando il cellulare dalla tasca del suo completo elegante. «Ha confessato il suo crimine di fronte a molteplici testimoni. La sbatteranno in galera con l’accusa di omicidio.»
 
Quel pensiero riuscì ad alleggerirmi il cuore. Namjoon si avvicinò e mi posò una mano sulla spalla. «È finita,» disse cercando di consolarmi, poi si rivolse a Yorin. «Tua sorella avrà la giustizia che merita.»
 
L’afferrai per le braccia e la rimisi lentamente in piedi. Quando mi resi conto che le sue gambe non l’avrebbero sorretta, le passai un braccio intorno alla vita e la sostenni con il mio corpo. La guardai negli occhi rossi come il fuoco. Come i suoi capelli.
 
«Non è colpa tua,» le sussurrai cercando il suo sguardo. «Lo so che lo pensi, ma non è mai stata colpa tua.»
 
«Non avrei dovuto abbandonarla,» rispose con voce rauca. Doveva avere la gola irritata per il pianto e le urla. «Se fossi rimasta al suo fianco, Soo Jin non avrebbe mai potuto farle del male.» Sospirò, poi mi chiese, «Ti ho mai detto perché ho scelto di fare la bodyguard?»
 
Scossi la testa e le accarezzai il livido che le solcava lo zigomo. «No. Perché?»
 
Si portò la mia mano alle labbra. Vi depositò un piccolo bacio. «Per imparare a proteggere le persone che amo.»
 
«Tipo me?» le domandai cercando di abbozzare un sorriso. Lei ricambiò, e solo questo bastò a risollevarmi l’umore. Vederla felice rendeva felice anche me.
 
«Tipo te.»
 
Poi, all’improvviso, udii urlare il mio nome. Jimin, Hoseok, Taehyung, Jungkook, Namjoon, Seokjin. Mi chiamarono tutti a gran voce. Feci a malapena in tempo ad accorgermene, ma vidi Soo Jin in ginocchio, gli occhi iniettati di sangue e le braccia tese in avanti. Tra le mani stringeva una piccola pistola che aveva ripescato dalla borsetta al suo fianco.
 
Il mio cuore si strinse in una morsa. Il mio primo pensiero fu quello di pararmi davanti a Yorin. Ma Soo Jin non stava puntando la pistola contro la mia ragazza. La stava puntando contro di me. Ero io il suo bersaglio.
 
«Nessun altro,» sibilò tra i denti con un risentimento che le distorse la voce. «Se non sarai mio, non sarai di nessun altro!!!»
 
L’adrenalina mi permise di catturare ogni singolo avvenimento che accadde intorno a me. Vidi In Guk accorgersi troppo tardi del pericolo a causa della telefonata che stava facendo alla polizia. Udii i miei membri correre nella mia direzione mentre il dito di Soo Jin premeva il grilletto senza un briciolo d’esitazione. E poi vidi lei, la mia donna, il mio amore, che con un movimento fluido e preciso si trasformava nel mio scudo di titanio.
 
Lo scoppio del proiettile mi ferì le orecchie e rimbombò insieme al mio cuore. Poi tutto divenne silenzioso. Mi persi negli occhi della mia Yorin. Della mia bellissima e coraggiosa Yorin. Vi lessi dolore, ma anche sollievo. Paura, ma anche conforto.
 
L’ho fatto perché ti amo.
 
Era questo che mi stavano dicendo i suoi occhi. I suoi bellissimi e meravigliosi occhi. Ma dopo aver continuato ad osservarli, mi resi conto che mi stavano dicendo anche qualcos’altro.
 
Dopo essere stata la tua truccatrice, la tua stylist e infine la tua donna, finalmente ho avuto l’opportunità di essere ciò che sono veramente. La tua bodyguard.
 
Mi scivolò tra le braccia come un drappo di seta liscia. Le mie mani erano umide, macchiate del sangue che le imbrattava la schiena.
 
«No… No, no, no,» cantilenai mentre l’accompagnavo delicatamente a terra. Tremavo, e intanto intorno a noi si scatenava il caos.
 
Forse ero impazzito, ma mi parve di sentire il rumore dei flash delle fotocamere. Ce n’erano tante. Troppe. Accarezzai la guancia pallida della mia Yorin e senza volerlo la macchiai del suo stesso sangue. Credevo di star vivendo un’esperienza extracorporea perché all’improvviso non mi sentii più le mani, le braccia, le gambe. Non sentivo più nulla. Non riconobbi neanche la mia voce, che con un tono disperato e miserabile continuava a ripetere all’infinito quella singola, semplice frase.
 
«Non lasciarmi.»

Angolo.Autore


Lo so, è passato un sacco di tempo dall'ultimo aggiornamento ma finalmente sono tornata. Se mi seguite su instagram avrete già letto il mio annuncio nelle storie, ma per chi non l'ha fatto vi annuncio che durante questi mesi di assenza ho completato Hook-Up, quindi dimenticatevi le attese interminabili. Il prossimo capitolo arriverà presto, prima di quanto crediate 👍 E subito dopo ci sarà l'epilogo! Volevo farvi un piccolo regalino di natale 🎅

Passando al capitolo, spero di non avervi scioccato troppo. Conoscendomi, secondo voi come andrà a finire questa storia? Bene? Male? Sapete che ho un debole per le storie angst 👀

Comunque finalmente si scopre la verità sulla morte di Yoona. Vi aspettavate che fosse stata Soo Jin? Beh, devo dire che era parecchio prevedibile ahahah

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che aspettiate il prossimo con impazienza. Come vi ho già detto, arriverà prestissimo 💜 Fatemi sapere cosa ne pensate! Un bacione e alla prossima 😘

Instagram: btsuga_d

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Capitolo 35
*** Your Name ***


bemyknightnvu


❖ Your Name



⚜⚜⚜


Yoongi’s Pov

Il bip che riecheggiava in quella stanza era più rumoroso di qualsiasi altro suono avessi mai udito nella mia vita. Come avrei dovuto sentirmi? Cosa avrei dovuto provare? Da quando Yorin era distesa in quel letto, intubata e incosciente, la mia vita sembrava essersi arrestata. In pratica vivevo dentro la stanza di quell’ospedale.
 
«Come sta?» Non sollevai nemmeno la testa che stavo tenendo ciondoloni tra le gambe leggermente divaricate. Non avevo la forza di fare niente. A momenti nemmeno di parlare. «Qualche miglioramento?» ci riprovò il ragazzo alle mie spalle.
 
«Di certo non migliorerà con te che continui a venire ogni giorno, Jongin.» Repressi una smorfia infastidita. «Non so neanche perché ti permetto di mettere piede in questa stanza. Dovrei prenderti a calci nel culo e minacciarti di non farti più vedere.»
 
«Sai bene perché non lo hai ancora fatto,» mi rispose lui accomodandosi sulla sedia al mio fianco. «Se non fosse stato per il mio avvertimento, sarebbe potuta finire peggio.»
 
«Perché?» Sollevai lentamente lo sguardo per incontrare i suoi occhi pieni di domande. «Perché hai cercato di scaricare la colpa su di me invece di accusare la vera responsabile dell’omicidio di Yoona? Tu lo sapevi,» lo accusai digrignando i denti. «Eppure hai cercato di mettere Yorin contro di me. Le hai raccontato una marea di cazzate per spingerla a credere che fossi stato io a uccidere sua sorella!» ringhiai cercando di trattenermi per il bene della ragazza distesa nel letto. «Davvero lo hai fatto perché ti stavo sul cazzo?»
 
«L’ho fatto perché ero terrorizzato,» rivelò distogliendo lo sguardo. «Tu non ne hai idea, Yoongi. Non hai idea di quanto fosse pericolosa quella donna. Hai visto anche tu di cos’era capace. Se avessi provato a intralciarla, sarei morto.»
 
«Come l’hai conosciuta?»
 
Sospirò pesantemente mentre accarezzava Yorin con lo sguardo. «Ci sono andato a letto.» Ovvio, non poteva essere altrimenti. «È per questo che mi sono allontanato da Yoona. A quanto pare Soo Jin ha cercato di portarle via tutte le persone di cui si fidava. Compreso me. Voleva che rimanesse sola e depressa, ma quando Yoona le disse di volerti incontrare per confessarti i suoi sentimenti… non ci vide più.»
 
Il mio cuore fremette a causa del dolore. La testa mi ricadde in avanti e dovetti stringere i denti per non scoppiare a piangere di fronte a lui. «Era questo che voleva dirmi quella sera…?» gli domandai in un sussurro. «Yoona voleva dirmi che mi amava?»
 
«Sì.»
 
Inspirai tutto il dolore che stava minacciando di sopraffarmi. Mi coprii il volto con le mani e rimasi in quella posizione per alcuni secondi. Forse minuti. Provavo talmente tanto disgusto per me stesso da non riuscire a guardarmi nemmeno allo specchio. Ogni volta che ripensavo alla sensazione di essere dentro Soo Jin, mi venivano i conati di vomito per il disgusto. Mi odiavo in un modo che non avrei mai potuto spiegare a parole. E ora che conoscevo i veri sentimenti di Yoona, mi detestavo ancora di più.
 
«Soo Jin aveva un piano,» continuò Jongin. «Voleva che t’incolpassi per la morte di Yoona.»
 
Scossi la testa, gli occhi chiusi. «Questo non ha alcun senso.»
 
«Per lei lo aveva eccome. Voleva renderti una persona normale perché la fama e il successo non le permettevano di possederti come voleva. Una volta in galera, tu avresti perso tutto, Yoongi. La tua popolarità, il tuo gruppo. Quindi, cosa ti sarebbe rimasto?»
 
Riempii i polmoni d’aria. «Lei.»
 
«Già. Soo Jin aveva intenzione di farti uscire di galera servendosi dei suoi soldi e delle conoscenze del padre. Poteva farlo. Dopotutto fu lei a posticipare la tua esibizione per non farti andare da Yoona. Ed è stata sempre lei ad annullare la conferenza stampa di Yorin. Poteva fare qualsiasi cosa volesse. E una volta libero, tu le saresti stato grato a vita. L’avresti… amata.»
 
Continuai a scuotere la testa mentre tenevo gli occhi puntati sul pavimento. Come avevo fatto a non capire che quella di Soo Jin era pura e semplice ossessione? Un’ossessione che aveva avuto inizio da quando mi aveva messo gli occhi addosso per la prima volta.
 
«Lei si confidava con me,» continuò Jongin. «Per questo conoscevo il suo piano nei minimi dettagli. Ma quando tu e Yorin avete cominciato ad avvicinarvi… mi sono preoccupato.»
 
Annuii. «Hai cercato di allontanarci perché avevi paura che Soo Jin avrebbe potuto farle del male.»
 
«Sapevo che le avrebbe fatto del male. Ho cercato di attenermi al piano di Soo Jin, ma quando credevo di essere riuscito a convincere Yorin a denunciarti, ecco che lei dichiara il suo amore per te in diretta tv. Per questo ti ho detto di non lasciarla da sola.»
 
Yorin. La mia bellissima, unica e preziosa Yorin. L’uragano che mi aveva sconvolto la vita. Sollevai la testa e i miei occhi si persero a rimirare i lineamenti del suo volto. Dopo quattro mesi e mezzo, i lividi si erano del tutto rimarginati e la costola fratturata era tornata come nuova.
 
Ma lei non aveva ancora aperto gli occhi.
 
La mia vita si era fermata nell’esatto momento in cui le mie mani si erano sporcate del suo sangue. Il tempo si era congelato e non ero più stato in grado di andare avanti, non importa quanto cercassero di tirarmi su di morale i miei membri. Il vuoto mi stava inghiottendo, così come aveva inghiottito Yorin. Pensavo di averla salvata da quella caduta, ma le tenebre erano comunque riuscite a portarmela via.
 
«Tutto ciò che ti ho appena detto, lo ripeterò oggi in Tribunale,» mi avvisò Jongin alzandosi dalla sedia. «Volevo solo fartelo sapere.»
 
«Grazie,» sussurrai senza guardarlo, gli occhi fissi su Yorin. «Significa molto per me.»
 
Se ne andò lasciandomi da solo con i miei pensieri. Soo Jin ovviamente si era rivolta ai migliori avvocati del paese, scelti appositamente dal padre, e il processo per la sua condanna era andato avanti per quattro mesi buoni. Ma ora che Jimin aveva convinto Jongin a testimoniare, per Soo Jin sarebbe stata davvero la fine.
 
Mi alzai in piedi e mi avvicinai alla donna che riposava tranquillamente nel letto. Le accarezzai i capelli stampandole un lieve bacio sulla fronte, staccandomi lentamente dalla sua pelle come se non volessi lasciarla andare. Lei invece lo aveva fatto. Mi aveva lasciato anche se io l’avevo pregata di non farlo, lì, di fronte a quelle telecamere che ci erano piombate addosso come gli avvoltoi sulla carcassa.
 
Le immagini del sangue di Yorin sulle mie mani avevano fatto il giro del mondo, così come le mie suppliche mentre la pregavo di restare con me. Di non lasciarmi. E mai avrei pensato di ricevere messaggi solidali dalla maggior parte delle persone, che dopo aver visto le mie lacrime e la mia disperazione non aspettavano altro che un nostro felice ricongiungimento. Un lieto fine.
 
Ma questa storia avrebbe mai potuto avere un lieto fine?
 
«Oppa,» mi chiamò Ji Woo comparendomi alle spalle. Mi voltai e ricambiai a malapena il suo sorriso. Dietro di lei c’era Jungkook, che era ormai diventato la sua ombra. «Dovresti andare a riposare. Qui ci penso io.»
 
Scossi la testa. «Non posso lasciarla da sola.»
 
«Hyung,» mi chiamò il maknae. «Dovresti davvero prenderti una pausa. Non fai altro che rimanere in questa stanza. Siamo tutti preoccupati per te.»
 
Tornai a sedermi al mio posto, sulla sedia accanto al letto di Yorin. Jungkook aveva ragione. Vivevo in quella stanza e scrivevo in quella stanza. Annotavo i miei pensieri su un piccolo blocchetto di carta, ripercorrendo il passato come se stessi parlando davvero con Yorin. Le rammentavo la nostra storia, passo dopo passo. I miei sentimenti erano messi a nudo per la prima volta.
 
Diedi le spalle a Ji Woo e Jungkook, afferrai il blocchetto e iniziai a scribacchiare.
 

‘Siamo arrivati al capolinea ma io non ho nessuna intenzione di scendere. Non senza di te.’ –Min Yoongi


Yorin’s Pov
 
‘La nostra relazione è iniziata con una bugia. Non sapevi nemmeno il mio nome. Non sapevi niente di me, mentre io pensavo di sapere tutto di te. Ma ora non voglio più mentirti. Voglio solo vivere libera, e ricominciare daccapo.’ –Kang Yorin
 

Yoongi’s Pov
 
Fissavo il mio riflesso nello specchio attaccato alla parete. Le luci bianche mi appensantivano gli occhi, facendomi venire voglia di andare a rifugiarmi di nuovo nell’oscurità. Erano passati due mesi da quando Jongin aveva deciso di testimoniare in mio favore al processo di Soo Jin. La donna che era riuscita a manipolarmi, a farmi diventare un’altra persona, finalmente aveva avuto ciò che si meritava. L’ergastolo.
 
Nell’aula del Tribunale, i nostri occhi si erano incrociati per la frazione di un secondo mentre il mio avvocato forniva le prove della sua colpevolezza. Perché quella stronza aveva avuto il coraggio di puntarmi il dito addosso, accusandomi di aver cercato di uccidere tutte le ragazze con cui avevo avuto un rapporto, compresa Yorin. I suoi avvocati avevano persino tirato in ballo delle prove contraffatte. Ma io avevo dalla mia parte le registrazioni delle telecamere, i Bangtan e In Guk, che avevano assistito con i loro occhi all’accaduto.
 
La testimonianza di Jongin era stata decisiva, e a quel punto Soo Jin si era ritrovata con le spalle al muro. Le nostre strade avevano preso una direzione diversa nel momento in cui il giudice aveva proclamato la sentenza, perché quel giorno giurai a me stesso che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrei visto Lee Soo Jin.
 
E ora ero qui, di fronte a uno specchio che metteva in risalto ogni mia più piccola imperfezione. I capelli di colore azzurro acceso mi ricadevano sugli occhi e mi accarezzavano il volto pallido come quello di un fantasma. Forse era anche colpa della camicetta bianca con il collo alla coreana.
 
La porta si spalancò e i miei chiassosi membri s’impadronirono della Sala Trucco.
 
«Allora, Suga-hyung,» mi chiamò Hoseok passandomi un braccio intorno alle spalle. «Pronto a tornare in pista?»
 
«Non stressarlo,» s’intromise Namjoon prima di rivolgersi a me, «Gli Army capiranno se sarai un po’ sottotono. Dopotutto ti inviano centinaia di lettere d’incoraggiamento al giorno. Fai solo ciò che ti senti di fare.»
 
Taehyung mi si avvicinò. «Già, Suga-hyung. Andrà tutto per il meglio,» mi consolò con una pacca sulla spalla. «Posso sentirlo.»
 
«Puoi sentirlo o te l’ha detto qualche tuo amico alieno?» domandò Seokjin mentre si sistemava il ciuffo allo specchio. «Stanotte borbottavi nel sonno. Potrei giurare di averti sentito parlare una lingua straniera.»
 
«Quello era Jimin-hyung,» lo informò Jungkook. «E non stava parlando una lingua straniera. Era semplicemente la sua vera lingua che si attorcigliava su se stessa. Quando parla nel sonno distorce le parole.»
 
Il diretto interessato mise il broncio. «Come se fossi l’unico a farlo. Seokjin-hyung mentre dorme continua a ripetere di essere il Worldwide Handsome.»
 
«Almeno io dico la verità.»
 
«Perché? Io no?»
 
Seokjin fece spallucce. «Hai detto di essere alto come Yoongi. Fai un po’ te.» Il più grande riuscì a schivare uno dei tanti asciugamani che minacciarono di prenderlo in faccia. Ovviamente era stato Jimin a lanciarglielo. «Ma come ti permetti?!» s’indignò Seokjin.
 
«È la verità! Stavolta ho le prove!»
 
Repressi uno sbuffo. «Levati le suole rialzate e poi ne riparliamo.»
 
«Non sono basso! Sono adorabile!»
 
«E io non sono bello. Sono bellissimo.»
 
Guardammo tutti Seokjin, che stava aspettando o le nostre risate o la nostra approvazione. Non ottenne niente di tutto ciò. Mi alzai dalla sedia come se non avesse aperto bocca e uscii dalla stanza dirigendomi verso la nostra destinazione. Non l’avrei mai ammesso, ma le battute di Seokjin, insieme a quel disagio che ci aveva sempre contraddisinto, erano riusciti ad allegerire il peso che avevo nel petto.
 
Per un breve attimo, mi sembrò di essere tornato ai bei vecchi tempi.
 
 
Ero lì, ma non ero veramente lì. Il fan meeting era cominciato da un pezzo ma la mia testa era altrove. Guardavo gli innumerevoli volti che si susseguivano senza sosta davanti ai miei occhi, rivolgendogli un sorriso che non era mai propriamente sincero. Mi stavo sforzando di parlare con i miei fan, di accettare le loro parole di conforto e di ringraziarli per il loro sostegno in quel periodo tanto difficile della mia vita.
 
La maggior parte di loro mi chiedeva delle condizioni di Yorin. Non avevo mai il tempo di rispondergli perché i membri dello staff redarguivano il fan di turno dicendogli che quel tipo di domande non erano permesse. Ma che cosa si aspettava la Big Hit, esattamente? Ero lì di fronte a loro. Era ovvio che ne avrebbero approfittato.
 
«Fighting, Suga-ssi,» mi confortò l’ennesima fan sollevando i pugni. La imitai per rispondere al suo gesto d’incoraggiamento, ma il mio sorriso svanì non appena si alzò, per ricomparire di fronte alla ragazza successiva.
 
Ero intrappolato in quel loop da circa un’ora, eppure non avevo alcuna intenzione di alzarmi e lasciare i ragazzi senza un componente. I Bangtan Sonyeondan erano sette e sarebbero rimasti sette fino alla fine.
 
Seokjin afferrò il microfono e si schiarì la voce prima di avvicinarvi le labbra piene.
 
«Questo indovinello è per Jimin, il genio della matematica.» Vidi Hoseok sopprimere un sorrisetto mentre autografava l’album di una fan. «Perché quando il cielo si rannuvola non si può contare oltre il numero sette?»
 
Jimin lo guardò storto, avendo colto in pieno la citazione alla sua presa per il culo. Afferrò anche lui un microfono e lo guardò con il sorrisetto più falso che gli avessi mai visto. «Non lo so, Seokjin-hyung.» Digrignò i denti quando pronunciò il suo nome. «Illuminami.»
 
«Perché altrimenti pioverebbe a dir-otto. Ahahahahhahaah!»
 
La sala scoppiò in una risata fragorosa. Vidi Namjoon sbattere la testa contro il bancone per la disperazione mentre Jimin cercava di allargare le labbra per simulare una risata che gli uscì falsa come il colore azzurro dei miei capelli. Ma chi voleva prendere per il culo? Si vedeva lontano un miglio che lo voleva sgozzare. 
 
«Davvero state ridendo?» domandò Taehyung agli Army che avevano quasi le lacrime agli occhi. Era incredulo. «Non dovete ridere solo perché è Kim Seokjin! Suvvia, un po’ di dignità! Giusto, Suga-hyung?» Annuii. Poi, senza farsi vedere, Tae si sporse verso di me e mi sussurrò, «Se vuoi possiamo fare una pausa. Basta solo che ce lo dici.»
 
Allora capii che stavano facendo quei siparietti comici per cercare di risollevarmi il morale. Gliene fui grato.
 
«Ce la faccio.»
 
In realtà avevo una voglia matta di alzarmi e andare in ospedale per rinchiudermi nella stanza di Yorin. Da un po’ di tempo a questa parte, tutto ciò che facevo nel mondo esterno sembrava non avere senso. La mia vita acquistava significato solo quando ero con lei. Non importa che fosse incosciente.
 
Mi mancava il tocco delle sue mani, la dolcezza e l’irruenza dei suoi baci. Mi mancava la sua voce che mi chiamava con quel tono incazzato o sensuale che mi faceva uscire di testa. Bramavo il contatto con il suo corpo. Anelavo la sua anima in un modo che non avrei saputo spiegare a parole. Volevo litigare con lei, mandarla al diavolo e baciarla subito dopo per fare pace.
 
Rivolevo lei. Semplicemente lei. E la rivolevo accanto a me.
 
Mi ridestai dai miei pensieri quando sentii la fan fissarmi. Mi ricomposi e le chiesi il nome, scribacchiando il mio pensiero per lei su una pagina dell’album che mi aveva portato. Come da copione, anche lei mi domandò se stavo bene.
 
«Starò bene,» le risposi guardandola negli occhi. Avevano tutte lo stesso sguardo. Provavano pietà per me. «Il tempo guarirà ogni ferita.»
 
Mentre attendevo di parlare con la prossima persona, decisi di concentrarmi sulle conversazioni degli altri membri per impedirmi di pensare a Yorin. Qualcuno aveva chiesto a Jungkook chi fosse il suo artista preferito e lui aveva risposto con orgoglio, «IU. Sono il suo fan numero uno!»
 
Un piccolo sorrisetto mi storse le labbra e riuscì a cancellare quell’espressione seria dalla mia faccia. Ero felice per Jungkook. Lui almeno si stava godendo il suo amore, all’ombra di tutto e tutti, proprio come aveva detto che avrebbe fatto.
 
Il tempo passò lento e inesorabile. Cominciai a pensare alla reazione di Yorin nell’udire la battuta di Seokjin e non potei fare a meno di pensare che sarebbe stata identica alla mia. Perché lei era come me. Eravamo due fuochi pronti a esplodere alla minima cazzata.
 
Cristo, la sua assenza stava diventando giorno dopo giorno sempre più insopportabile.
 
Ero talmente perso nei miei pensieri che non mi resi conto che eravamo quasi arrivati alla fine di quella tortura. Non riuscivo più a sostenere quegli sguardi carichi di pietà, o le domande sul mio stato di salute o su quello di Yorin. Volevo andare in ospedale. Volevo andare da lei. Quella era l’unica cosa che m’importava.
 
Preparai il mio finto sorriso e sollevai lo sguardo per fronteggiare l’ultima fatica di quella giornata. Peccato che il sangue mi si ghiacciò nelle vene non appena incontrai quegli occhi che avevano continuato a tormentare i miei sogni. O forse i miei incubi. Quegli occhi che non si erano più riaperti da quando lei aveva perso conoscenza tra le mie braccia.
 
Non riuscivo a muovermi, al contrario delle mie pupille che le percorrevano il viso per catturarne la familiarità dei lineamenti, gli stessi che avevo accarezzato e vissuto fino allo sfinimento. Che avevo amato come ogni altra parte di lei. Lei che era lì, in ginocchio di fronte a me, e che mi guardava con quegli occhi pieni di sentimenti repressi.
 
Sbattei le palpebre un paio di volte per assicurarmi che non fossi uscito di senno. Perché in quel momento lo pensavo davvero. Credevo di aver perso una volta per tutte il lume della ragione. Sentii gli occhi inumidirsi a causa delle lacrime che stavo cercando in tutti i modi di trattenere e rilasciai un lungo sospiro.
 
Yorin allungò le braccia sul tavolo che ci separava e vi posò il nostro ultimo album. Indossava una felpa nera con il cappuccio calato sulla fronte. Solo io potevo vederle il viso. Solo io potevo rimirare i suoi profondi occhi nocciola.
 
Afferrai l’album senza staccarle gli occhi di dosso, cercando di trattenere l’impulso di scavalcare il tavolo e stringerla tra le mie braccia. Questo momento doveva essere soltanto nostro. Non sarebbe diventato l’ennesimo pettegolezzo da prima pagina. Ecco perché feci finta di niente.
 
«Il tuo nome?» le chiesi con voce rotta. Quella non riuscivo proprio a controllarla.
 
Lei mi sorrise, e il mio cuore si sciolse. «Kang Yorin.»
 
Tutte le menzogne che ci eravamo detti in passato scomparvero come neve al sole. Ora eravamo in grado di dirci tutta la verità. Lei non era più Ji Woo, la migliore amica di una nostra fan, venuta al fan meeting per ottenere il nostro autografo. Era Kang Yorin, la donna che mi aveva fatto ridere, incazzare e versare lacrime. Era la donna che avevo desiderato, perso e infine ritrovato. Colei a cui avevo consegnato il mio cuore.
 
Distolsi lo sguardo da lei per gettare una veloce occhiata ai miei membri. Avevano tutti il sorriso stampato sulle labbra. Tranne Jimin, che stava cercando in tutti i modi di non scoppiare a piangere. Aveva gli occhi rossi. Poi mi concentrai su Taehyung che era seduto al mio fianco. Le sue iridi castane brillavano di felicità e di consapevolezza. E allora capii. Taehyung era l’unico a sapere che Yorin si fosse svegliata. Le sue parole di prima me ne diedero la conferma.
 
Andrà tutto per il meglio. Posso sentirlo.
 
Una lacrima traditrice mi rotolò lungo la guancia, ma la scacciai prima che qualcuno potesse accorgersene. Afferrai la penna e aprii una pagina a caso dell’album, poggiai la punta su uno spazio vuoto e all’improvviso mi bloccai.
 
Dovevo fare una dedica a Kang Yorin. Alla mia Yorin che era appena ritornata dal mondo dei morti. Cosa avrei dovuto scriverle? Già lo sapevo, perché mi ero ripromesso di dirglielo non appena avesse aperto gli occhi. Lo avevo giurato a me stesso.
 
Cominciai a muovere la penna sul foglio e scribacchiai quella piccola, semplice frase. Poi vi appuntai la mia firma sotto, come a sugellare ciò che avevo appena scritto. Feci scivolare l’album verso di lei.
 
La studiai con attenzione, alla ricerca di ogni suo più piccolo cambio d’espressione. I suoi occhi accarezzarono quelle lettere d’inchiostro nero, più e più volte, finché le lacrime non le offuscarono la vista, impedendole di continuare a leggere.
 
Mi si bloccò il fiato nei polmoni quando mi guardò finalmente negli occhi. Nelle sue iridi c’erano il ciocciolato e l’oro fusi insieme. Mi sorrise, e credetti di spiccare il volo quando la vidi fare un cenno d’assenso. Ricambiai il sorriso e gli occhi mi pizzicarono ancora di più. Lo sguardo che le riservai era carico di tutto il mio amore per lei.
 
Sulla pagina dell’album c’era scritto: “Kang Yorin, vuoi sposarmi?”
 
E lei aveva risposto di sì.

Angolo.Autore


So cosa state pensando. Il capitolo è già finito? In realtà avrebbe dovuto essere più lungo, ma vi è mai capitato di scrivere e pensare: "No, devo terminarlo qui." Volevo tenermi il meglio per l'epilogo, e lì infatti troverete quasi 5000 parole ad aspettarvi. Spero che lo aspetterete con impazienza perché io mi sono divertita tantissimo a scriverlo, e spero che leggendolo proverete lo stesso anche a voi.

Passando al capitolo, non sono stata poi così cattiva, visto? 👀 Non potevo far morire Yorin. Yoongi sarebbe uscito dalla fan fiction per strangolarmi 😂 L'unico che sapeva del risveglio di Yorin era Taehyung, e il nostro idol-attore è riuscito a non farsi sfuggire più parole del dovuto. Se fosse stato Namjoon sarebbe corso a dirlo ai quattro venti, dopotutto sappiamo quanto gli piaccia fare spoiler ahahah

Alla fine ognuno ha trovato il suo giusto posto. Lee Soo Jin è in galera e ci marcirà a vita (ho esultato anch'io!), Jongin ha testimoniato alleggerendosi un po' la coscienza, Ji Woo ha debuttato come solista col nome di IU (👀) e sta insieme a Jungkook, e Yorin e Yoongi si sposeranno. Contenti? 😂

Ci risentiamo la prossima settimana con l'epilogo di questa storia (dirlo fa stranissimo 😭) Vi avviso che sarà un epilogo all'insegna del disagio. Dopotutto ho scritto questa storia per farvi ridere, quindi spero di chiuderla in bellezza!

Un bacione, e se il capitolo vi è piaciuto non dimenticatevi di lasciarmi un commentino. Sono curiosissima di sapere le vostre opinioni. Un bacio 😘

Instagram: btsuga_d



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Capitolo 36
*** Epilogo ***


bemyknightnvu


❖ Epilogo



⚜⚜⚜


Yorin’s Pov

«Ma sei fuori?! I capelli vanno assolutamente acconciati,» sbottò Ji Woo per l’ennesima volta. «Dove si è mai vista una sposa senza acconciatura?»
 
«Yorin non ha bisogno dell’acconciatura. È bella con i capelli al naturale,» rispose Seokjin con un tono che non ammetteva repliche. «E poi i capelli lunghi la ringiovaniscono.»
 
Seduta tra Ji Woo e Seokjin, con addosso il lungo abito da sposa, mi voltai per fulminare il ragazzo alla mia destra. «Ha parlato il ragazzino di ‘sto cazzo.»
 
«Yorin!» mi riprese la mia migliore amica. Io mi limitai a incrociare le braccia con uno sbuffo. «Cosa mi hai promesso ieri sera? Niente parolacce il giorno del tuo matrimonio.»
 
«Eh no, bella mia. Non cambiare le carte in tavola. Ti ho promesso niente parolacce in chiesa. E casa nostra non è una chiesa, a meno che tu non abbia scambiato Seokjin per un maledettissimo prete,» mi lamentai. «Non ti bastava Santo Namjoon? Ora c’è pure Padre Seokjin.»
 
Quest’ultimo sporse il labbro inferiore mentre sfogliava una rivista di acconciature da sposa. «Non suona per niente male.»
 
«Allora fai finta che sia un allenamento,» rispose Ji Woo strappando la rivista di mano a Seokjin. «Credi che non lo sappia? Ti conosco come le mie tasche, Yorin. Ne spari una al secondo. Niente parolacce in chiesa e al ricevimento, sono stata chiara?»
 
Sbuffai infastidita. «Cristallina.»
 
«Allora qualcuno dovrebbe dirlo anche a Yoongi-hyung,» s’intromise Taehyung scattandomi l’ennesima foto della mattinata. Giuro, stavo per fargli ingoiare quella fottuta macchina fotografica per avere una foto delle sue interiora. «Questa mattina non riusciva a trovare la sua cravatta. Ovviamente era colpa di Jimin. Hyung lo ha minacciato, dicendogli che una volta trovata l’avrebbe usata per appenderlo al lampadario.»
 
Ji Woo si sbatté una mano sulla faccia. «Non ho mai visto una coppia di sposi tanto problematica. Di solito la sposa è ansiosa da fare schifo e lo sposo rimane sotto shock per tutta la giornata. Tu, Yorin, non mi sembri per niente preoccupata. Hai capito che oggi ti sposi, vero?»
 
«Ho capito che questi tacchi mi uccideranno. Non posso indossare le converse?»
 
Ji Woo sollevò gli occhi al cielo. «Jungkook! Vieni a salvarmi, ti prego!»
 
Il maknae entrò nella stanza con una bottiglia di liquore in mano. «Ehi, ragazzi! Ho trovato questa nella credenza. Che ne dite di un bicchierino prima della cerimonia? Mi hanno detto che aiuta a distendere i nervi.»
 
Seokjin sembrò sospettoso. «Chi è che te l’ha detto?»
 
«Suga-hyung.»
 
Scoppiai a ridere mentre Seokjin si metteva le mani nei capelli. «Chiama subito Namjoon!» ordinò a Taehyung che aveva appena finito di scattarmi l’ennesimo primo piano. «Digli di non far bere Yoongi! Ci manca solo che lo sposo arrivi ubriaco al suo matrimonio!»
 
A quanto pare, i Bangtan Sonyendan si erano divisi i compiti. Seokjin, Jungkook e Taehyung erano venuti a casa mia e di Ji Woo per aiutarci con i preparativi, mentre Hoseok, Jimin e Namjoon erano rimasti con Yoongi. Lo sposo ovviamente avrebbe dovuto precedere la sposa in chiesa, ma vista la situazione avevo paura che non si sarebbe trattato di un matrimonio tanto convenzionale.
 
Dopotutto stavamo pur sempre parlando di me e Yoongi. E dei Bangtan Sonyeondan.
 
Strappai la bottiglia di liquore dalle mani di Jungkook e me ne scolai una buona parte prima che Seokjin riuscisse a staccarmela dalla bocca.
 
«Ma dico, sei impazzita?!» mi urlò contro come un cane rabbioso. «Ma che diavolo ti dice il cervello??»
 
Mi asciugai le labbra con la mano non ancora fasciata dal guanto di seta bianco. «Mi dice che se lo sposo arriva ubriaco al matrimonio allora deve farlo anche la sposa. Perché il mio futuro marito può e io no?»
 
«Il tuo futuro marito è un deficiente. Sei assolutamente sicura di volerlo sposare? Sei ancora in tempo per scappare, Yorin. Io ti sto avvisando.»
 
Inarcai un sopracciglio. «Cazzo, ma stai scherzando? Dove diavolo lo trovo un marito che si ubriaca il giorno del nostro matrimonio? È pura fantascienza.»
 
«Fantascienza?» Gli occhi di Taehyung si illuminarono.
 
«Yorin, cosa ti ho detto a proposito delle parolacce?» mi riprese Ji Woo.
 
Diamine, in quella stanza non ce n’era uno normale. Tra Kim Seokjin che cercava di recitare il ruolo del padre della sposa, Kim Taehyung che continuava a scattarmi foto peggio dei paparazzi e Jung Jungkook che mi svuotava la credenza in cerca di altro liquore, non sapevo più dove sbattere la testa. Ok che doveva essere un giorno indimenticabile, ma i Bangtan Sonyeondan lo stavano rendendo a dir poco memorabile.
 
Lo squillo di un telefono risuonò nella stanza e Seokjin rispose alla chiamata mentre Ji Woo mi ritoccava il trucco.
 
«Ti prego, dimmi che è ancora sobrio,» disse a chiunque avesse chiamato. A giudicare dalla parlantina, doveva essere Namjoon. «E tu glielo hai lasciato fare?! Senti, lasciamo perdere… State uscendo di casa? Sì, anche noi. Taehyung! Basta con il servizio fotografico. Le foto di lei sul cesso non le vogliamo. E tu, Jungkook, molla quella bottiglia! Ji Woo, fa’ qualcosa per favore!»
 
Mi alzai dalla sedia e l’enorme gonna di tulle bianca si spalancò intorno alla mia vita. Riuscivo a malapena a muovermi. Se fosse stato per me, avrei indossato la tuta e un paio di scarpe da ginnastica, ma Seokjin e Ji Woo avevano insistito talmente tanto che alla fine avevo dovuto arrendermi di fronte alla loro tenacia. Maledetti avvoltoi.
 
Mi guardai allo specchio. Il corpetto di pizzo bianco mi faceva quasi da seconda pelle, fasciandomi il seno e lasciandomi le braccia scoperte. Il collo nudo era ornato da una collana di perle con un ciondolo a forma di fiocchetto. I capelli lunghi e mori mi ricadevano lisci sulle spalle e mi solleticavano i fianchi. Proprio come aveva suggerito Ji Woo, non avevano nessuna acconciatura particolare.
 
Poi mi studiai il volto. Il trucco era piuttosto semplice, con una riga di eyeliner che donava profondità al mio sguardo. Le guance erano rosate e le labbra al naturale. Squadrai soddisfatta il mio riflesso. Ero contenta che Ji Woo non avesse esagerato. Si vedeva lontano un miglio che conosceva i miei gusti. Non per niente era la mia migliore amica.
 
Cercai di fare un passo e improvvisamente mi ricordai di quelle trappole mortali che avevo ai piedi. Maledizione. Non ebbi il tempo di togliermele e scaraventarle via che Taehyung mi aveva già preso per mano. Mi condusse verso la porta mentre Ji Woo mi sistemava in testa la coroncina a cui era fissato il lunghissimo velo bianco. Mi aiutò anche con lo strascico del vestito, e improvvisamente capii cosa dovevano aver provato i poveri schiavi egiziani a trascinarsi dietro i massi per costruire le piramidi.
 
Prima di uscire, passammo di fianco a Jungkook e ne approfittai per sfilargli di mano il bicchiere pieno di liquore. Me lo scolai tutto d’un fiato prima che Seokjin potesse fermarmi.
 
Dovevo ammetterlo. Stava cominciando a venirmi l’ansia. Non pensavo di poter essere il tipo di donna che si emoziona per il proprio matrimonio, ma con Yoongi era sempre una sorpresa. Con lui avevo riscoperto dei lati di me che credevo di non avere. Compreso quello romantico.
 
«Nervosa?» mi domandò Taehyung dopo avermi aiutato a salire nella limousine nera parcheggiata di fronte casa. Quando si accomodò di fianco a me, il mio sguardo nervoso gli diede subito la risposta che voleva. Ridacchiò. «Tranquilla. Sono sicuro che Suga-hyung è più nervoso di te. Altrimenti non avrebbe bevuto. Di solito lo fa prima di andare a letto per distendere i nervi.»
 
«Sai cos’altro fa quando beve?» mi domandò Jungkook avvolgendo un braccio intorno alla vita di Ji Woo. «S’incazza, e dice tutto quello che gli passa per la testa.»
 
Seokjin sbuffò. «Praticamente identico a quando è sobrio.»
 
«Sì, ma decisamente più spaccacoglioni.»
 
Il cuore minacciò di schizzarmi fuori dal petto quando l’autista mise in moto. Fantastico. Stavo per andare all’altare con uno Yoongi che mi avrebbe sicuramente detto di volermi scopare lì davanti a tutti. E io, brilla com’ero, gli avrei risposto anche di sì.
 
Yorin, per l’amor del cielo! Che cazzo stai dicendo?! Ti stai per sposare. S-p-o-s-a-r-e! Abbandona i pensieri lussuriosi e concentrati solo sul sacro vincolo del matrimonio. Solo su quello. Non importa quanta voglia tu abbia di saltargli addosso. Dovrai aspettare. Dopotutto siete andati a letto solamente ieri, mandando al diavolo la regola impostavi da Seokjin: “Lo sposo non può vedere la sposa prima del matrimonio.”
 
Col cazzo. Yoongi mi aveva vista eccome. E non solo in faccia.
 
Mi sbattei una mano sulla fronte per liberarmi da quei pensieri impuri. Sul serio, non avrei mai immaginato che la mia vita potesse prendere una piega simile. Dopo essermi risvegliata dal coma, avevo dovuto fare i conti con il fatto che quella schifosa puttana di Lee Soo Jin aveva ucciso mia sorella. C’erano voluti dieci discorsi profondi e strappalacrime di Namjoon per farmi desistere dall’andare a tirarle il collo come una fottuta gallina.
 
Ma il Leader dei BTS aveva ragione. Che cosa c’avrei guadagnato? Soo Jin era in prigione e ci sarebbe rimasta a vita, mentre io avevo l’opportunità di sposare e vivere felicemente con Yoongi. Soo Jin si sarebbe mangiata le mani, sarebbe impazzita completamente e l’avrebbe pagata per tutto il male che ci aveva fatto. Namjoon mi aveva detto così. E quando Kim Namjoon parlava, tu non potevi fare altro che rimanere in silenzio e annuire.
 

Yoongi’s Pov

«Hyung, siediti,» mi ordinò Namjoon. «Siediti o ti costringerò a farlo. Mi stai facendo venire il mal di testa.»
 
Ero iperattivo da fare schifo. Continuavo ad andare avanti e indietro per la navata, le mani intrecciate dietro la schiena e lo sguardo fisso sul portone della chiesa.
 
«Ma in questa chiesa non mettono nemmeno un po’ di musica?» si lamentò Hoseok sistemandosi il papillon. «Che noia! Ho voglia di sgranchirmi le gambeee!»
 
«Non mi dire, adesso sai ballare anche l’Ave Maria?» ironizzò Namjoon.
 
«Certo. Vuoi vedere?»
 
Hoseok fece per alzarsi ma venne prontamente fermato da Namjoon. «No! Rimani fermo dove sei. Fermo, ho detto!» lo minacciò quando il suo coetaneo cominciò a muovere la gamba a ritmo di una musica inesistente. «Non abbiamo bisogno di dare spettacolo anche qui. Devo forse ricordarti che non siamo gli unici invitati?»
 
Mi fermai a pochi passi da loro e osservai il resto delle persone che riempivano la chiesa. C’erano tutti i membri del nostro staff: manager, stylist, truccatori, produttori. Le nostre guardie del corpo si stavano occupando della nostra sicurezza, ma teoricamente erano invitati anche loro. C’era anche In Guk, divenuto ufficialmente la mia guardia del corpo.
 
In prima fila, sedeva la madre di Yorin, una signora per bene che avevo avuto modo di conoscere durante le settimane precedenti. La mia ragazza si era finalmente riappacificata con lei dopo che la verità su Yoona era uscita allo scoperto. Io e la signora avevamo avuto modo di parlare e ora il nostro rapporto era proprio quello di un genero con sua suocera. Al suo fianco, sedeva il nostro Presidente Bang PD con un sorriso a trentadue denti.
 
Niente telecamere, paparazzi o fan. Era una cerimonia intima, ma tutto il mondo sapeva che io e Yorin ci saremmo sposati quel giorno. Non sapevano semplicemente dove, perché l’ubicazione della chiesa non era stata resa nota ai giornalisti. Più che altro per proteggere la privacy di IU, la nostra Ji Woo, che non avrebbe dovuto farsi vedere insieme a Jungkook. Loro continuavano ad essere molto riservati sul loro rapporto.
 
«Ehi, ragazzi!» urlò Jimin attraversando la navata. Era vestito di tutto punto. Namjoon gli intimò di fare silenzio perché ci trovavamo in un luogo sacro. Il sacerdote in cima all’altare doveva pensarla allo stesso modo visto il modo in cui fulminò Jimin. Quest’ultimo fece un inchino in direzione dell’uomo per scusarsi, poi ci parlò abbassando il tono della voce.
 
«Ma voi lo sapevate che ci sono le cassettine per le offerte? Ci ho appena versato dentro tutte le monetine che avevo in tasca!»
 
Jimin non era cristiano perciò stava gironzolando per la chiesa come se si trovasse in un parco giochi. Hoseok lo trovava adorabile, io invece volevo solo che si scegliesse un posto e ci rimanesse. Più tempo passava, più la mia impazienza cresceva. Non riuscivo a starmene fermo. E l’alcol stava facendo il suo sporco effetto. Non ero sobrio, ma neanche lontanamente ubriaco. Ero brillo.
 
«Che ore sono?» domandai per la quarta volta nel giro di cinque minuti.
 
«La stessa di poco fa, solo con dieci secondi di differenza,» rispose annoiato Namjoon. «Rilassati, Hyung. Avranno trovato traffico.»
 
«Mi prendi per il culo?»
 
«Suga-hyung!» mi ammonì subito Hoseok. «Niente parolacce, ricordi? Siamo in chiesa.»
 
Come se avessi potuto dimenticarmelo. Mi allentai il nodo della cravatta e ripresi a camminare. Mi sentivo esposto senza il ciuffo azzurro che mi ricadeva sugli occhi, ma Namjoon aveva insisto affinché mi tirassi i capelli all’indietro con il gel. Il mondo era diventato improvvisamente più luminoso.
 
Mi fermai di colpo quando un pensiero random mi annebbiò il cervello.
 
«E se ha cambiato idea?» domandai, lo sguardo perso nel vuoto. «Che faccio se ha cambiato idea? Dovrei chiamarla? Sì, adesso la chiamo.»
 
Namjoon si passò una mano tra i capelli per la disperazione mentre Hoseok e Jimin trattenevano le risate. «Senti, capisco che l’alcol ti fa dire tutto quello che ti passa per la testa, ma abbi almeno la decenza di tacere. Non ce la vedo Yorin che abbandona il suo uomo sull’altare. Sarebbe un gesto da codardi. E lei non è una codarda.»
 
«Giusto!» approvò Hoseok. «Quindi metti via quel telefono, altrimenti l’unica cosa che otterrai da lei sarà un’imprecazione colorita.»
 
«Wow, vederti in queste condizioni è uno spettacolo,» ridacchiò Jimin riferendosi al sottoscritto. «Sposati più spesso, Hyung.»
 
«E tu tieni la bocca chiusa più spesso.»
 
«Che cattiveria.»
 
Il portone della chiesa si spalancò di botto e il mio cuore perse un battito quando vidi Jungkook attraversare di corsa la navata. Aveva il fiatone, barcollava e gli brillavano gli occhi.
 
«Ehi bella gente! Pronti per lo spettacolo? Fatevi sentire!»
 
Namjoon lo osservò circospetto prima di avvicinarsi per annusarlo. «Che cos’è questa puzza?» domandò. «Jungkook, hai bevuto?»
 
«Certo. Sono il suo testimone. Se lo sposo beve, il testimone beve. Si chiama solidarietà fraterna.»
 
«Si chiama deficienza cronica,» affermò Seokjin, che ci aveva appena raggiunto insieme a Taehyung. «Anche io gli faccio da testimone, ma non mi sembra di essermi ubriacato.»
 
«Non sono ubriaco,» s’intestardì Jungkook. «Sono felice.»
 
«Mi spiegate che diavolo è successo? Perché ci avete messo così tanto? E dov’è Yorin?» esplosi inondandoli di domande.
 
Taehyung mi passò accanto per sistemarsi nel posto riservato a uno dei due testimoni della sposa. «Abbiamo avuto un piccolo contrattempo. Qualcuno si era dimenticato di comprare il bouquet e abbiamo dovuto fare una piccola sosta dal fioraio.» Guardò male Jimin, che si sbatté una mano sulla fronte mentre Hoseok gli dava una leggera spallata. «E la tua futura moglie sta per arrivare. Forza, Hyung. Pancia in dentro e petto in fuori!»
 
Sobbalzai sul posto quando il suono dell’organo mi riempì le orecchie. Yorin comparve sulla soglia e Namjoon approfittò dello stupore generale per sgattaiolarle vicino. Le offrì il braccio e io indietreggiai di un passo per ritrovarmi in cima alla scalinata, con Jungkook e Seokjin in piedi alla mia sinistra.
 
Il cuore mi batteva fortissimo. Se non fosse stato per l’alcol che avevo in circolo, sicuramente sarei svenuto sul pavimento. Mai avrei pensato di ritrovarmi in una situazione del genere. Ma Kang Yorin mi aveva cambiato la vita. Me l’aveva stravolta. In meglio.
 
 
Yorin’s Pov
 
Cazzo. Ero… impietrita. Le mie gambe si erano rifiutate di muoversi non appena avevo intravisto tutti quegli occhi che mi fissavano. Diventare famosa aveva peggiorato il mio odio nei confronti delle attenzioni non richieste. Da sotto il velo bianco, li squadravo a uno a uno pregandoli mentalmente di guardare altrove. Di non fissarmi in quel fottuto modo.
 
Coraggio, Yorin. Devi solo mettere un piede di fronte all’altro e arrivare sana e salva all’altare. Puoi farcela. Non è difficile. Cerca di non fare una delle tue solite figure di merda… Cazzo, forse non avrei dovuto bere. Mi gira la testa.
 
Ji Woo era dietro di me, intenta a sistemarmi il lunghissimo velo del vestito, ma se avesse potuto leggermi i pensieri mi avrebbe sicuramente urlato di non imprecare perché eravamo in chiesa.
 
Strinsi tra le mani il bouquet comprato all’ultimo minuto. Feci un passo in avanti e per poco la mia caviglia non andò a farsi benedire. Ma ecco che vidi una figura affiancarmi. Nonostante i tacchi, dovetti sollevare la testa per guardarlo in faccia. Osservai Namjoon che mi stava porgendo il braccio con un sorrisetto divertito sul volto. Inarcai un sopracciglio.
 
«Aggrappati, tesoro. Il papà dei Bangtan Sonyeondan è qui per accompagnarti all'altare.»
 
Beh, questa sì che era una bella sorpresa. Agganciai la mano al suo bicipite e mi sentii subito più stabile. Mi lasciai guidare e mi concentrai solo sui miei passi a contatto con il pavimento. Non barcollavo più.
 
«E pensare che ero convinta che ti saresti alzato quando il prete avrebbe pronunciato la fatidica frase: ‘Se qualcuno è contrario, parli ora o taccia per sempre.’»
 
«Mi alzerei solo per far tacere chi oserebbe opporsi a questo matrimonio. Non sei mica Lee Soo Jin. Il discorso degno del presidente della Corea lo terrò in serbo per un’altra volta.»
 
Ok, ora sì che mi si stavano sciogliendo le gambe. «Grazie, Namjoon.»
 
«Non ringraziarmi. Piuttosto, concentrati sullo sposo là in fondo. Ho come la sensazione che potrebbe svenire da un momento all’altro.»
 
Il velo davanti al viso non mi permetteva di scorgere distintamente i volti delle persone, ma non appena intercettai la figura che se ne stava in piedi davanti all’altare, mi bloccai nel bel mezzo della navata. Vidi Yoongi con le mani dietro la schiena. Continuava a spostare il peso da una gamba all’altra, e a torturarsi il labbro inferiore con i denti.
 
Indossava un completo nero classico che gli calzava a pennello. La camicia bianca s’intravedeva da sotto il panciotto che gli fasciava il petto e che nascondeva la parte inferiore della cravatta leggermente allentata. I capelli azzurro-menta erano pettinati all’indietro, mettendo in risalto la sua carnagione bianca come la neve. Sembrava nervoso.
 
Mi morsi il labbro, imitandolo. Namjoon mi diede un piccolo strattone per convincermi a proseguire, ma io davo l’impressione di non volermi muovere da quella maledetta piastrella. La marcia nuziale mi rimbombava nelle orecchie e il cuore mi batteva forte nel petto. Non so se era dovuto all’alcol che avevo in circolo, ma cominciavo a sentirmi davvero su di giri. L’adrenalina mi scorreva nelle vene al posto del sangue.
 
Non avevo più alcun freno, ecco perché feci la prima cosa che mi passò per la testa. Mi sfilai una scarpa con la punta del piede e poi mi liberai anche dell’altra, rimanendo a piedi nudi sul lungo tappeto rosso. Ora Namjoon era molto più alto di me, e mi stava guardando con un’espressione indecifrabile.
 
«Yorin!» urlò Ji Woo alle mie spalle. Anche senza voltarmi, sapevo che doveva avere un’espressione simile a quella di Namjoon. Esterrefatta.
 
«Mi fanno male i piedi,» protestai.
 
Abbandonai i tacchi in mezzo alla navata e udii la risata squillante di Jimin. Ricominciai a camminare, ma stavolta non era Namjoon che accompagnava me. Sembrava quasi che fossi io ad accompagnare Namjoon all’altare. Me lo trascinavo dietro peggio di una bambola di pezza.
 
E finalmente arrivai da lui. Salii gli ultimi gradini di marmo freddo che mi congelarono le piante dei piedi. Yoongi si voltò verso di me, prendendo la mia mano che Namjoon gli stava offrendo.
 
«Riprenditi il tuo uragano,» scherzò il Leader con un sorrisetto rassegnato. Poi tornò al suo posto mentre Jungkook, alle spalle di Yoongi, non sapeva più cosa inventarsi per dissimulare le risate. Cercò di mascherarle con un colpo di tosse mentre Seokjin, al suo fianco, sollevava gli occhi al cielo scuotendo la testa.
 
«Incredibile. Sei riuscita ad arrivare in ritardo persino al nostro matrimonio.»
 
Guardai Yoongi dritto negli occhi, e il fatto che non riuscissi a vederlo distintamente a causa del velo mi diede tremendamente fastidio. «Toglimi questa cosa dalla faccia, vuoi? Almeno posso insultarti mentre ti guardo negli occhi.»
 
Mi stringeva le dita in un modo che avrei potuto definire… possessivo. Il solo pensiero che di lì a poco una di esse avrebbe accolto la sua fede nuziale, doveva mandarlo su di giri. Lo capii dal modo in cui continuava a fissarmi le mani. Le sue raggiunsero il velo bianco che mi copriva il viso e lo sollevarono lentamente, finché i nostri occhi non entrarono finalmente in contatto.
 
Quella scarica elettrica la percepimmo soltanto noi. Yoongi tornò a stringermi le mani tra le sue, gli occhi fissi nei miei nonostante fosse costretto a tenere lo sguardo basso. A piedi nudi, si notava davvero tanto la nostra differenza d’altezza.
 
Ovviamente Yoongi non mi disse nessuna frase fatta o sdolcinata tipo: ‘Sei bellissima’, ‘Aspetto questo momento da tutta la vita’, ‘Ti amo’. Niente di niente. C’era solo un silenzio carico di parole non dette che m’impediva di distogliere lo sguardo dal suo.
 
Il Sacerdote fece alzare tutti in piedi mentre io e Yoongi, occhi negli occhi, continuavamo a tenerci le mani senza la minima intenzione di allontanarci l’uno dall’altra. Con la coda dell’occhio vidi Hoseok prendere posto di fianco a Taehyung come mio secondo testimone.
 
«Sul serio ti sei ubriacato?» sussurrai al mio futuro marito mentre il Sacerdote iniziava a celebrare il matrimonio. «Non avresti dovuto farlo. Tanto non si nota la differenza.»
 
«Parla quella che non riesce nemmeno a stare in piedi.»
 
Lo guardai storto. «Namjoon mi ha detto che a momenti svenivi sul pavimento per colpa dell’emozione. Da quando sei così suscettibile, Min Yoongi?»
 
«Namjoon deve imparare a tenere la bocca chiusa,» rispose mentre gli si arrossavano le orecchie per la vergogna. «E forse dovresti farlo anche tu. Hai l’alito che puzza di liquore. Riesco a sentire il tanfo fino a qui.»
 
Gli assestai un pugno sul petto che ebbe come unico risultato quello di far incazzare il prete. L’uomo si schiarì la gola per riportarci all’ordine. Mi morsi il labbro nel tentativo di soffocare le risate mentre Yoongi lo fulminava con uno sguardo brillo.
 
«Che diavolo vuole questo vecchio?»
 
Stavolta gli tirai uno schiaffo sul braccio. «Vuole unirci in matrimonio, deficiente.»
 
«Beh, può farlo senza dover per forza rompere il cazz- le scatole,» si corresse velocemente. «Se ho voglia di parlare con mia moglie durante il mio matrimonio, lo faccio e basta.»
 
Il mio cuore ebbe un fremito di fronte alla sua scelta di parole. Mia moglie.
 
«Beh, tecnicamente non sono ancora tua moglie.»
 
«Dettagli.»
 
«…vi chiedo pertanto di esprimere davanti alla Chiesa le vostre intenzioni.» Quando colsi le sue ultime parole, capii che il Sacerdote si stava rivolgendo a noi. «Yorin e Yoongi, siete venuti a celebrare il Matrimonio senza alcuna costrizione, in piena libertà e consapevoli del significato della vostra decisione?»
 
«No guarda, l’ho costretta a sposarmi con la forza.»
 
Seokjin tirò un calcio al polpaccio del suo dongsaeng, che per poco non rovinò malamente a terra. Reprimendo un’imprecazione, Yoongi si massaggiò la parte lesa e si voltò a guardare il suo Hyung con il fuoco negli occhi.
 
«Che diavolo fai?!»
 
«Di’ di sì!» bisbigliò Seokjin lanciando lampi nella sua direzione. «Devi solo dire di sì, non è così difficile!»
 
«Sì,» rispose Yoongi roteando gli occhi al cielo. «Non mi ha costretto nessuno, okay? Ma sappi che sarei disposto a farmi fustigare da lei se solo me lo chiedesse. Soprattutto quando siamo a lett- AHI!» Un altro calcio di Seokjin. Un’altra imprecazione di Yoongi. «Che diavolo vuoi ancora?!»
 
«Questi dettagli non interessano a nessuno! Taci!»
 
Jungkook esultò. «Suga-hyung, adesso capisci cosa si prova ad essere sempre interrotti da Kim Seokjin? È frustrante, non è ver-»
 
«Taci, maknae!» lo riprese Seokjin.
 
«Ma non ho detto nulla di mal-»
 
«Zitto!»
 
Il Sacerdote si schiarì la voce per la seconda volta e mi guardò per conoscere anche la mia risposta. «Sì, non sono stata costretta a fare nulla. Anche se una volta mi ha legata al letto con la sua cintur-»
 
«Aaaaah, basta! Ci rinuncio!» esplose Seokjin coprendosi il volto con le mani. «Portatemi via di qui!»
 
Il Sacerdote si fece il segno della croce e continuò come se nulla fosse successo. «Siete disposti, seguendo la via del Matrimonio, ad amarvi e a onorarvi l’un l'altra per tutta la vita?»
 
Stavolta la nostra piccola affermazione fu decisamente più sentita della precedente. Giurai di aver percepito la stretta di Yoongi rafforzarsi, e un calore sprigionarsi da essa.
 
«Siete disposti ad accogliere con amore i figli che Dio vorrà donarvi?»
 
«Assolutamente sì,» rispose Yoongi con fin troppa enfasi. «Mi meraviglio come non siano già arrivati.»
 
«Prendo la pillola, idiota.»
 
La sala scoppiò in una fragorosa risata. Lo fulminai con lo sguardo e lui ricambiò con un sorrisetto sghembo, che nonostante tutto fu in grado di farmi palpitare il cuore.
 
«Yoongi, vuoi accogliere Yorin come tua sposa, promettendo di esserle fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarla e onorarla tutti i giorni della tua vita?»
 
Piombò un silenzio surreale. Guardai Yoongi, che sembrava perso nei suoi pensieri. Sapevo benissimo cosa gli stava passando per la testa. La fedeltà non era mai stata una carta vincente nel nostro rapporto. Ma ora, lì, davanti a tutti quei testimoni, avrebbe giurato di essermi fedele una volta per tutte?
 
Invece di rivolgersi al Sacerdote, Yoongi si voltò a guardarmi. Era così serio che per un attimo ebbi paura di ciò che avrebbe potuto dire. Si portò la mia mano alle labbra, e con quest’ultime sfiorò la seta che la rivestiva.
 
«Lo prometto,» rispose guardandomi negli occhi. «Le sarò fedele per tutta la vita. Finché morte non ci separi.»
 
Incredibile ma vero, una lacrima riuscì a liberarsi e a solcarmi lo zigomo. Il mio sposo non mi diede neanche il tempo di occuparmene. Ci pensò lui stesso a scacciarla via con la punta del pollice. Dopo che anch’io ebbi risposto affermativamente alla domanda del Sacerdote, fu la volta degli anelli.
 
Peccato che questi anelli sembravano non arrivare mai. Io e Yoongi ci voltammo verso la prima fila, dove trovammo uno Jimin che si stava tastando dappertutto. Aveva la faccia di chi aveva appena fatto una grossa cazzata.
 
«Jimin…» sibilò Seokjin digrignando i denti. «Jimin, ti prego. Dimmi che non è come penso.»
 
«No, un momento!» cercò di prendere tempo il biondo mentre rivoltava il suo completo da cima a fondo. «Giuro che prima di entrare in chiesa li avevo. Me lo ricordo! Devono per forza essere qui da qualche parte.»
 
«Ma chi ha avuto la brillante idea di affidare gli anelli a Jimin?» domandò Hoseok sconcertato. «Namjoon?»
 
«Ah, non guardare me. Io mi sono solo offerto volontario per accompagnare la sposa all’altare.»
 
Yoongi tirò un profondo sospiro frustrato. «Jimin, conterò fino a tre per ovvi motivi. Fai comparire quegli anelli o renderò realtà la minaccia che ti ho fatto stamattina.»
 
Jimin si voltò verso Namjoon, deglutendo sonoramente. «Ecco perché ti avevo detto di fargli indossare il papillon!»
 
Poi sembrò che gli si fosse appena accesa una lampadina in testa. Si tastò ancora una volta le tasche e marciò verso una direzione ignota. Attraversò la navata con tutti gli occhi puntati addosso. Jimin raggiunse la cassettina delle offerte e s’inginocchiò per dare un’occhiata al contenitore trasparente.
 
«Li ho trovati!» urlò con un sorriso a trentadue denti. «Li avevo buttati qua dentro scambiandoli per delle monetine!»
 
Scoppiai a ridere come una deficiente e Taehyung m’imitò subito dopo. Persino il Sacerdote non poté fare a meno di ridacchiare di fronte alla tenerezza e alla sbadataggine di Jimin. Una volta recuperate le nostre fedi nuziali, il biondino corse verso di noi e salì i primi gradini per consegnarceli.
 
«Allora…» cominciò osservando attentamente gli anelli che teneva sul palmo. «Questo è di Yoongi-hyung… No, aspetta. È troppo piccolo. Forse è di Yorin-noona… Noona, ora provo a infilartelo così vediam-»
 
Yoongi lo fermò prima che potesse farlo davvero. «Jimin, secondo te un uomo permetterebbe a un altro uomo d’infilare la fede nuziale al dito della sua futura moglie?»
 
«Ma Hyung, che domande fai? Certo che no.»
 
«Ecco. Allora fai il bravo e sparisci.»
 
Il ragazzo sembrò capire l’antifona. «Oh cavolo. Hai perfettamente ragione.»
 
Dopo che il Sacerdote li ebbe benedetti, finalmente arrivò il momento di scambiarci gli anelli. Fui la prima a farlo, ma ero talmente agitata che le mani non smettevano di tremarmi. Yoongi se ne accorse e intrecciò le dita dell’altra mano alle mie, e allora riacquistai un po’ della mia sicurezza.
 
«Yoongi, ricevi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà,» recitai senza trovare il coraggio di guardarlo negli occhi. Tutto ciò che vedevo erano le sue mani. Eleganti. Grandi. Affusolate. Mie. E con quell’anello, il desiderio di renderlo completamente mio si era finalmente realizzato.
 
«Yorin, ricevi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà
 
Recitò ogni parola con devozione, guardandomi dritto negli occhi. Prima d’infilarmi l’anello al dito, lo baciò per sugellare il suo giuramento. Il piccolo cerchietto d’oro bianco scivolò subito al suo posto e il mio cuore si riempì di una sensazione nuova. Ovvero quella di appartenere davvero alla persona che amavo.
 
Il Sacerdote sollevò le braccia e proferì, «Vi dichiaro marito e moglie. Che l’uomo non osi separare ciò che Dio ha unito. Se qualcuno è contrario, parli ora o taccia per sempre.»
 
Vidi Namjoon squadrare le persone presenti con un’occhiata infuocata e assassina. Quando nessuno aprì bocca, sorrise soddisfatto. E poi scoppiò un fragoroso applauso.
 
Voltai il viso e vidi mia madre, in prima fila, con le lacrime agli occhi mentre batteva fragorosamente le mani. Le sorrisi. Persino le guardie del corpo stavano applaudendo. In Guk scuoteva la testa e mi fissava come per dire, ‘Tu guarda fino a che punto ti sei spinta, teppistella. Hai sposato l’uomo che una volta minacciavi di denunciare. Che io ho minacciato di sbattere in galera se solo avesse osato metterti un altro dito addosso.
 
Beh, la vita era proprio imprevedibile. Mai avrei pensato che quel ragazzo dai capelli azzurri che avevo visto dietro la vetrata del Department Store Plaza di Daegu sarebbe diventato mio marito.
 
«Dimmi la verità,» dissi ritornando a guardare Yoongi. «Per un momento hai pensato che ti avessi abbandonato sull’altare?»
 
La sua faccia indignata mi fece scoppiare a ridere. «Senti un po’, Signora Min.» Il cuore mi ruzzolò giù nello stomaco. «Fino a prova contraria, sono io che scappo dalle donne. Non il contrario.»
 
Il mio sopracciglio iniziò a tremare pericolosamente. Che cosa mi aveva detto?
 
«Min Yoongi, non sei cambiato di una virgola. Sei sempre il solito puttaniere
 
Ji Woo e Seokjin sussultarono all’unisono mentre il Sacerdote per poco non si strozzava con la sua stessa saliva. Hoseok, Jimin e Jungkook caddero quasi a terra per le risate mentre Namjoon cercava un posto in cui nascondersi per evitarsi quella colossale figura di merda.
 
«E tu sei sempre la solita stronza! É proprio vero che il lupo perde il pelo ma non il vizio!»
 
«L’unico lupo che vedo sei tu. Sei un allupato, Min Yoongi! Pensi solamente a quello!»
 
«Ha parlato quella che non perde mai l’occasione di saltarmi addosso. D’ora in avanti dovrò stare sempre all’erta, non si sa mai che cerchi di farmi un’imboscata persino mentre sono al cesso.»
 
«Io?! E chi è che mi spia quando faccio la doccia?! Ogni scusa è buona per vedermi nuda! Pervertito!»
 
Seokjin scosse la testa, rassegnato. «Sapete che vi dico? Una coppia sposata è ben assortita quando entrambi i coniugi sentono il bisogno di litigare nello stesso momento. Quindi litigate quanto vi pare! Come ho detto prima, ci rinuncio!»
 
Il Sacerdote allungò le mani in avanti, il volto scioccato. «Figlioli… Siamo nella casa del Signore. Un po’ di contegno, vi prego.»
 
«Padre,» attirò la sua attenzione Taehyung. «Ma secondo lei… Dio è un alieno?»
 
«Come dici, figliolo?»
 
«Insomma… Me lo sono sempre chiesto. E se Dio provenisse da un altro pianeta? Ci ha mai pensato? Magari ci ha creato insieme a quelli della sua specie, e ora ci osservano dal cielo per vegliare su di noi come se fossimo tutti figli loro. Pensiamo di essere diversi, ma in realtà siamo tutti uguali. Lei cosa ne pensa?»
 
L’uomo si guardò intorno spaesato. Il nostro disagio era troppo anche per un uomo di Chiesa come lui. «Sì… beh… Lo sposo può baciare la sposa. Andate in pace,» si congedò con un gesto frettoloso della mano.
 
Vidi Yoongi puntare le mie labbra peggio di una faina. Indietreggiai. Eh no! Ero ancora incazzata con lui.
 
«Non ci provare,» ringhiai.
 
«Sta’ zitta e baciami.»
 
Mi afferrò per le guance e schiantò le labbra contro le mie con un’irruenza tale da farmi indietreggiare. Mi riportò da lui passandomi una mano intorno alla vita, premendomi contro il suo petto mentre si appropriava della mia bocca. Il suo sapore m’invase, così come il suo profumo che mi mandò letteralmente fuori di testa. Odorava di arancia, legno e vaniglia. La sua bocca sapeva di menta e liquore.
 
L’incazzatura se ne andò così com’era arrivata. Mi attaccai a lui come una piovra, e a quel punto non riuscii più a lasciarlo andare. Le sue labbra accarezzavano le mie. Le divoravano, poi le accarezzavano di nuovo e le divoravano ancora una volta. Ci rinchiudemmo nella nostra bolla, in cui esistevamo noi e soltanto noi.
 
«Ti amo,» mi sussurrò all’orecchio facendomi venire i brividi. Mi scostai per guardarlo negli occhi.
 
«Ti amo anch’io.»
 
Mi sorrise come non aveva mai fatto. Poi mi sorprese, come sempre del resto. Mi passò una mano sotto le ginocchia e un’altra dietro la schiena, sollevandomi tra le sue braccia. Il lungo strascico del mio vestito gli coprì interamente le gambe mentre mi aggrappavo saldamente al suo collo.
 
«Lo sai che ti dico, Min Yorin?» mi sussurrò con dolcezza. «Saltiamo il buffet e passiamo direttamente alla consumazione del matrimonio.»
 
Ridacchiai e lanciai via il bouquet, che finì dritto dritto in faccia a Jungkook. «Non potrei essere più d’accordo.»
 
▪️▫️▪️

 

The End~


Angolo.Autore


Ho pubblicato Hook-Up più di due anni fa e finalmente posso dire che è ufficialmente conclusa. Sono triste ma anche felice di essere arrivata alla fine di questo viaggio insieme a tutti voi. Hook-Up è la prima storia che completo (senza contare can you see me perché ha un sequel). I personaggi sono cresciuti nel corso della storia e hanno avuto il loro lieto fine com'è giusto che sia. Spero che Yoongi, Yorin e tutti gli altri personaggi vi siano rimasti nel cuore. Ho riso un sacco scrivendo questa storia e spero davvero che sia riuscita a strappare un sorriso anche a voi e a migliorarvi le giornate.

Yoongi si è ricordato cosa significa amare e Yorin invece ha imparato a farlo. Hanno concluso il loro percorso e hanno coronato il loro sogno d'amore con un enorme disagio a fargli da contorno 😂 Non dimenticherò mai lo Jimin di questa storia. Credo che sia il mio personaggio preferito, così come Jin che mi ha fatto morire dal ridere.

Ora che la storia è conclusa, mi piacerebbe davvero conoscere il vostro parere. C'è qualcosa che non vi è piaciuto o un passaggio della storia che volevate approfondire? E cosa avete amato di più? Vi ricordo che pubblicherò anche il capitolo extra su Jungkook e Ji Woo, quindi rimanete connessi 😘

Vi ringrazio di nuovo per aver letto la storia fino a qui e ne approfitto per augurarvi ancora una volta Buon Natale! Alla prossima storia ❤

Btsuga_D



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