Come si amano certe cose oscure

di darkrin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Regret is deeper than the sea / But love is longer than the way ***
Capitolo 2: *** Foglie d'autunno ***
Capitolo 3: *** Foglie d'autunno: dietro le quinte (Eracle/Piper/Jason) ***
Capitolo 4: *** Per una constatazione amichevole del nostro niente ***
Capitolo 5: *** Foglie d'autunno: una fine (Eracle/Piper - Jason/Piper) ***



Capitolo 1
*** Regret is deeper than the sea / But love is longer than the way ***


Note: - il titolo è composto da due versi di: "Riddles Wisely Expounded (Child Ballad #1)", che io ho ascoltato cantata da Anaïs Mitchell & Jefferson Hamer; 
- ho iniziato questa storia subito dopo aver letto dell'incontro con Eracle nel Marchio di Atena, perché mi piaceva l'idea di scrivere qualcosa su Eracle e Piper, ma non riuscivo ad immaginarli insieme in un mondo in cui Jason fosse ancora vivo, quindi, ecco. Era un bel po' che non scrivevo angst e spero di essere riuscita e spero di esserci riuscita. /o/
- al solito i tempi sono un po' intrecciati, se avete problemi a seguire o bisogno di chiarimenti, sono qui. :3
- la traduzione della frase che le rivolge Eracle è probabilmente non quella della traduzione italiana perché ho letti i libri in inglese e tradotto da lì. /o/




Regret is deeper than the sea / But love is longer than the way
 
 
 
Quando l’Olimpo cade e gli dei si spengono come stelle e il mondo finisce, Jason muore – o forse l’Olimpo cade, il mondo finisce, gli dei si spengono come stelle perché Jason muore. Jason muore come un pretore romano: si sacrifica e cade per proteggere una coorte di semidei di Nuova Roma, che non hanno mai smesso di essere i suoi uomini, e Piper grida e vorrebbe morire, vorrebbe gettarsi sul suo corpo e sul sangue che zampilla dalle ferite aperte, e impedire ai mostri usciti dal Tartaro di toccarlo ancora, ma Gea ha altri piani per lei. Ha altre punizioni in serbo per la figlia di Afrodite che ha osato sfidarla, che ha osato fingersi una dei sette, nonostante non sapesse combattere come Percy o non fosse intelligente come Annabeth o capace come Leo o Frank.
Piper è solo una frode e, come una frode – come qualcosa troppo debole per essere fonte di timore -, Gea la lascia sopravvivere in quel mondo privo di dei che crea dalle ceneri di quello che i suoi figli distruggono.
 
 
 
 
 
 
- Stai pensando di nuovo a lui. –
 
 
 
Non è l’unica a sopravvivere.
Un giorno Eracle si presenta alla sua porta e Piper non sa come l’abbia trovata né le interessa; non si ferma a pensare a cosa voglia dire, a quale altro piano abbia in mente Gea, si limita a sbattergli la porta sul naso e sperare di fargli male – come le sue parole, scagliatele addosso come profezie, l’hanno ferita, quando gliele ha rivolte alle porte del Mare Nostrum, come Jason, come il mondo, bruciando, l’ha ferita
Gli sbatte la porta sul naso e spera che sia finita, ma non lo è. Ogni mattina, quando apre gli occhi su quel mondo vuoto e desertico che si staglia oltre il suo uscio, Eracle è lì, saldo come un’ultima statua di un qualche eroe dimenticato.
Non ne sono rimaste altre, di statue, ad Atene o nel mondo. Le effigi degli dei e degli eroi sono state le prime cose ad ardere dopo la caduta dell’Olimpo. Piper ,dalla gabbia in cui Gea l’aveva rinchiusa, ha visto creature mostruose dilaniare con denti, aculei ed artigli quegli ultimi resti bianchi dell’antica civiltà greca, li ha visti smembrarle e sfigurarle fino a non lasciarne neanche le ossa.
Eracle rimane lì, sulla soglia. A volte le parla, più spesso rimane in silenzio a farle ricordare le parole che le aveva scagliato secoli prima – Fai, attenzione, tesoro. Un figlio di Zeus può essere… -; a volte la guarda con una tale fame che Piper sente dei brividi scorrerle lungo la schiena mentre gli occhi del dio percorrono ogni centimetro della sua carne e sembrano in grado di scivolare oltre la cute, fin dentro quell’anima carica di risentimento che le riempie le ossa; più spesso rimangono a fissarsi negli occhi, a scrutarsi come cani rabbiosi, separati solo dal fragile vetro della finestra.
Gea le ha dato una casa, le ha dato un pezzo di terra, in cui vivere; l’ha privata della necessità di mangiare o bere e la ha donato un limbo in cui ricordare come Leo sia morto divorato dal fuoco, come Percy sia annegato, come nelle immagini che aveva visto nella lama di Katoptris – ed era stato inutile vedere, inutile sapere, inutile come lei -; come Annabeth sia caduta preda delle infinite zampe del suo peggiore incubo e come Hazel sia stata uccisa dalle armi del suo stesso padre, come Frank ne sia impazzito e sia volato tra le picche dei loro nemici. Le dona un limbo protetto in cui ricordare come lei non abbia potuto fare niente per salvarli o per fermarla.
Quando Eracle giunge alla sua soglia, Piper pensa che sia parte dell’ennesimo piano di Gea per punirla e distruggerla perché nessuno può raggiungere quel luogo senza il permesso dell’antica dea. Ma la presenza dell’uomo la fa arrabbiare tanto da farle dimenticare il sangue di Jason, di come ogni mattina si lavi le mani fino a quando la cute non diventa rossa e dolente per cercare di cancellare tutto quel sangue che zampillava, tutto quel sangue che le imbrattava le dita e le urla e il clangore della battaglia e le statue arse insieme agli stendardi di Roma, e Piper è quasi certa che questo non fosse nei piani della donna. È quasi certa che sia una benedizione.
 
 
 
Piper scuote piano il capo e mugola qualcosa, quando le dita dell’uomo scivolano a premerle delicatamente un punto tra gli occhi. A volte, quando si toccano, Piper sente la cute bruciare come se vi avessero versato sopra del veleno, ma quella mattina le mani dell’uomo non risvegliano alcun dolore mentre le scivolano addosso.
- Ti viene sempre una ruga qui, quando pensi a lui – mormora Eracle, contro la pelle della sua spalle, prima di depositarvi un bacio, e Piper vorrebbe rispondere che è alle sue spalle e non può vederla e come fa a sapere che le è venuta una ruga?, ma Eracle continua ad depositare morsi leggeri lungo la sua schiena e Piper non vuole pensare, non vuole iniziare l’ennesima discussione che finirà con metà della sua casa distrutta e quello stesso dio che si spinge tra le sue cosce, ringhiando rabbiosi insulti alla memoria di Jason.
Si gira verso Eracle, lasciando che il sottile lenzuolo scivoli, scoprendole il seno candido e lasciandolo preda dello sguardo e delle labbra dell’uomo.
Quando Eracle affonda dentro di lei, Piper gli tira i capelli e per un attimo immagina di fargli lo scalpo, come in quel film che, secoli prima, aveva visto con suo padre (una Piper bambina aveva nascosto il volto tra le mani ed esalato un gemito solo alla vista del dolore di quegli uomini e Tristan aveva riso piano e l’aveva stretta a sé. – Va tutto bene, Pipes. È solo un film – aveva mormorato contro la corona dei suoi capelli); immagina di avere un coltello per tagliarli la gola. Da come, il dio, pianta i denti nella sua gola, soffocando un grugnito gutturale, immagina che per lui sia lo stesso.
Quando affonda dentro di lei, Piper dimentica.
 
 
 
Forse, spera aprendo la porta e allungando un piede oltre la soglia, forse se tutto quello che tocco muore, se tutto quello che ama muore, forse troveremo la pace.
- Perché non entri? – gli chiede una mattina, con le mani ancora rosse e doloranti per tutta l’acqua che non è riuscita a lavarne via il sangue. – Ti sarai stancato di stare sempre qui fuori. -

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Capitolo 2
*** Foglie d'autunno ***


Note: - Se cercate una trama avete sbagliato posto. /o\ In compenso vi fornisco un'AU, in cui il cognome di Jasone di tutti gli altri è Grace perché sì perché mi suonava male altrimenti.
- Storia partecipante alla VII settimana o Free Week della #PjShipWeekItalia indetta da campmezzosangue.  Andate e partecipate numerosi. E andate anche perché vi troverete un commentone con il perché Eracle e Piper sono tanto belli secondo me.
- Sempre NO BETA quindi segnalatemi qualsiasi svista, errore, strafalcione.


Foglie d’autunno
 
 

 
Da quando ha lasciato la casa paterna, con un gran frastuono di porte sbattute e d'imprecazioni, il fratello di Jason – quarterback e idolo della scuola, Jason Grace, "ho i voti perfetti in quasi tutte le materie", Jason Grace - vive in uno scantinato in una qualche stradina della periferia industriale della città. Le minuscole finestrelle di vetro smerigliato permettono di vedere solo le caviglie dei passanti che si muovono spedite e le foglie che, d'autunno, intasano i tombini in un molliccio ammasso rosso e arancione. Il luogo da cui arrivino tutte quelle foglie è, per gli abitanti della strada, fonte di grande mistero perché non vi è alcuna traccia di alberi nel quartiere e la cosa che più vi somiglia sono i rovinati pali della luce dalle lampadine fulminate.
Il sobborgo è un ammasso grigio e fatiscente, in cui rovinate scale antincendio si intrecciano l'una all'altra in un intricato ammasso di ferraglia e quando soffia il vento sembra di sentire il rumore di lamiere che stridono l’una contro l’altra.
Il fratello di Jason è, in realtà, solo il suo fratellastro e per quanto Piper abbia sempre fatto una gran fatica a cercare di star dietro a tutti i legami familiari dei Grace (Jason e Talia sono figli di Zeus e un'amante incontrata in uno dei suoi frequenti viaggi aerei, ma vivono con Zeus e sua moglie, insieme ad Eracle che è figlio di Zeus e qualcun altro, ma che Hera amava come un figlio almeno fino a qualche tempo fa e uuugh, che confusione!), ma di una cosa è sempre stata certa: non sopporta Eracle.
Non tollera le sue mani immense e la sua totale mancanza di rispetto per chiunque; non sopporta il modo in cui si fa trovare fuori dalla loro scuola, mollemente appoggiato ad una macchina dalla carrozzeria sfasciata e il modo in cui, certe volte, le si avvicinava per sussurrarle all'orecchio: Non dovresti fidarti di un figlio di Zeus con quel tono che è metà derisione e metà tentazione. Odia il modo in cui il suo sguardo sembra indugiare sulle sue labbra e la curva del suo seno, scivolare lungo la sua vita e scendere ancora e ancora e come i suoi occhi sembrino scurirsi e le sue labbra si pieghino in un ghigno per nulla pentito, quando torna a guardarla in volto. E a lei piace Jason, le è sempre piaciuto Jason.
Piper è contenta e tira un sospiro di sollievo, quando Eracle se ne va, sbattendo la porta e imprecando e insultando suo padre e tutti i figli di troia che ha sparso per il mondo. Pensa che ora non dovrà più vederlo ogni volta che va a trovare Jason o che invade la casa dei Grace con Leo, che ora sarà tutto diverso, che non ci sarà più nessuno a fermarla per le scale e a farla indietreggiare fino a sbattere contro il muro e a chinarsi verso di lei e... Nessuno a metterla a disagio di fronte a Jason – e a lei piace Jason -, nessuno a guardarla come se fosse priva di vestiti, come se fosse solo un corpo nudo con cui giocare a nascondino.
 
 
 
D'autunno, Piper distesa su un letto sfatto osserva le foglie ammassate nei tombini, studia quella massa molliccia e impregnata d'acqua che possiede tutte le sfumature del fuoco, e si chiede da dove vengano tutte quelle foglie. Si chiede dove siano tutti quegli alberi.

 

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Capitolo 3
*** Foglie d'autunno: dietro le quinte (Eracle/Piper/Jason) ***


Note: - Scritta per la Week VIII FREE THREESOME WEEK/OT3 WEEK della #PjSHipWeekItalia indetta dalla community campmezzosangue su Fb.
- I BLAME kuma_cla che mi istiga a fare cose.
- Il verso che cita Piper è sempre un verso di Neruda (che dà anche il titolo alla raccolta). La poesia intera potete trovarla qui.
- WARNING: il linguaggio è adattato al punto di vista dei vari personaggi. Ergo in alcuni punti è particolarmente crudo/volgare e ci sono riferimenti ad atti sessuali non descritti. Siete avvisati. modern!AU seguito del capitolo precedente di questa raccolta. Per contestualizzarla meglio consiglio di leggere la prima parte. 
- NO BETA quindi segnalatemi qualsiasi svista/errore/blabla.
- Spero di non essere andata OOC. ;__; 


Foglie d’autunno: dietro le quinte
 
 
 
Eracle l’aveva avvicinata perché era bellissima e perché Jason – Jason, il ragazzo perfetto, il figlio ideale; Jason che era disposto a fare qualsiasi cosa per Hera - era pazzo di lei e assolutamente incapace di dimostrarlo e questo la rendeva ancor più attraente, ai suoi occhi.
Non sarebbe stato divertentissimo? Guardarli mentre si giravano intorno come sciocchi animali in amore e sapere che era sul suo uccello che Piper veniva ogni volta; era il suo nome che gemeva tra le mura di una casa che somigliava più ad uno scantinato. Non era divertentissimo sapere che Jason immaginava di regalarle fiori e invitarla a innumerevoli appuntamenti e darle tutto quello che una ragazza come lei meriterebbe –immagina la faccia e il tono di Jason e la ruga che gli si forma tra gli occhi, quando diventa serio – e che a lui non è servito nulla di tutto ciò? Che Piper, che Jason immagina come chissà quale principessa, non ha richiesto nulla di tutto ciò?
Non sarebbe divertentissimo vedere la faccia che farebbe Jason, se lo sapesse?
 
 
 
Nei libri o nei film, c’è un momento d’illuminazione, un momento in cui il mondo si ferma e il protagonista si rende conto di essersi innamorato della sua migliore amica quella volta in cui l’ha vista, con i capelli legati in due treccine e il grembiule rosa inzaccherato di fango ,o quella volta in cui lei se n’è andata, sbattendogli la porta in faccia, con il volto rigato di lacrime e privo di trucco e lui l’ha trovata comunque bellissima.
Jason può assicurare chiunque glielo chieda, che, nella sua vita, non c’è mai stato nessun momento del genere. Non ha idea di quando si sia innamorato di Piper – e forse è più una questione di quando l’ha realizzato.
(Se glielo chiedessero, direbbe anche che è piuttosto superficiale realizzare di amare qualcuno solo perché è bellissima e sì, Piper è sempre splendida, anche quando piange o fa le smorfie perché ha mangiato troppo piccante e le sta andando a fuoco la lingua, ma cosa c’entra?)
Piper, con i suoi sorrisi e i suoi capelli spettinati, ha sempre fatto parte della sua vita e Jason non vorrebbe altro che trovare il coraggio di chiederle di esserci ancora e di più e… Ma se Piper non volesse lo stesso? Se per Piper quei sorrisi avessero lo stesso valore di quelli che rivolge a Leo o ad Annabeth? O, peggio se valessero ancora meno? E Piper non avrebbe dovuto farglielo capire in qualche modo, mandargli qualche segnale femminile, se fosse stata interessata a lui?
 
 
 
- Perché non mandi Jason a dirmi la stessa cosa? È sempre disposto a portare avanti le tue missioni, no? – ringhia, sbattendo giù la cornetta del telefono.
Piper sobbalza e si chiede se Eracle abbia comprato un modello così antiquato solo per poter rendere tutti partecipi dei suoi scoppi d’ira. Per ricordare a tutti l’esistenza di tutta quella rabbia che sembra possederlo e non abbandonarlo mai e da cui, a volte, teme di finire ingoiata, teme di esserlo già stata.
- Perdonami, tesoro. Lo sai come sa essere mia madre…  –
Quando l’uomo si volta a guardarla, ha di nuovo le labbra piegate in quel ghigno oscuro che le rivolge ogni volta che la vede.
(C’era una volta una poesia che una Piper bambina aveva imparato a memoria perché era la preferita di suo padre. Quando gliel’aveva recitata, con le manine strette davanti al petto, la testa alta e la schiena dritta, suo padre era scoppiato a piangere e l’aveva abbracciata e Piper si era ingiunta di dimenticarla.
Nella memoria le era rimasto solo il frammento di un verso: come si amano certe cose oscure.
Certe cose oscure. Come si amano. Ora che Eracle la guarda e la stringe e le bacia la pelle nuda della pancia, se lo rigira nella mente, fino a quando non ne resta solo una collana di parole prive di senso. Come si amano. Oscure. Certe cose.)
- Jason non verrà davvero, vero? – gli domanda, con un sospiro spezzato, quando le dita dell’uomo corrono a slacciarle i pantaloni.
L’uomo esala una risata.
- Certo che no. -
 
 
 
Quando il campanello suona, Piper gli si stacca di dosso con uno squittio terrorizzato e tenta di ricomporsi, di rinfilarsi la canottiera e sistemarsi i capelli e i pantaloni, dove sono finiti i suoi pantaloni? Eracle si limita a risistemarsi nei boxer – e, maledizione, era così vicino, non poteva tardare altri dieci minuti? – e aprire la porta con uno strattone.
Sulla soglia, Jason ha ancora la mano alzata per suonare il campanello e un’espressione scocciata sul volto. E, oh, è così divertente, vedere il volto del suo fratellastro piegarsi in una smorfia di sorpresa e poi di orrore nel vedere Piper, in piedi alle sue spalle, con indosso solo una maglietta stropicciata e un paio di slip.
Eracle la sente esalare un singhiozzo e immagina che sia arrossita fino alle radici dei capelli scuri – come la prima volta che l’ha costretta a sedersi sulla sua faccia e non sa dire quale esperienza sia stata più piacevole. Immagina che Piper vorrà sparire e morire e gli viene ancor più da ridere.
- Era… - inizia Jason, con un ringhio, ma il fratello lo interrompe.
- Jason – quasi tuba. – Perché non ti unisci a noi? -

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Capitolo 4
*** Per una constatazione amichevole del nostro niente ***


Note: - è nato tutto da un pensiero: quando iniziamo una nuova relazione con una persona, ripetiamo, con essa, gli stessi gesti che abbiamo ripetuto centinaia di volte con altri. Cambia il ricevente, non il gesto. E se a qualcuno questo non andasse bene? Se qualcuno non riuscisse a non vedere i fantasmi di chi è già stato soggetto d quegli stessi gesti? Quello stesso amore? E poi Eracle ha alzato la testa ed è tutto degenerato da lì. 
- modern!au, badwrong, non fidanzatevi con persone come Eracle, pliiis. 
- il titolo è un verso di: "Fuochi artificiali" di Le luci della Centrale Elettrica.
 



- Ogni tanto vorrei cavarti gli occhi e indossarli come una collana. –
Lo afferma, con lo stesso tono con cui qualcun altro avrebbe detto: penso che oggi pioverà o: prenderò questo panino stasera.
Piper si ferma sulla soglia dell’appartamento che hanno appena varcato, mentre la porta si richiude lenta dietro di lei. Eracle si volta a guardarla da oltre la spalla. Nella penombra invernale del corridoio il suo volto sembra essere fatto di spigoli bianchi e ombre nere che si mischiano con quelle del giubbotto di pelle che indossa.
-Non mi dire che ora hai paura – la tenta, con un sorriso che sembra il foro di una pistola.
Piper scuote il capo. I capelli umidi di pioggia lanciano minuscole goccioline che si infrangono contro le pareti e contro l’elegante abito da cerimonia che indossa.
- Come la tua collana di perle – aggiunge l’uomo, con un gesto leggero della mano.
C’era una festa a casa dei Grace – champagne nei calici tintinnanti di politici ed imprenditori, risate soffuse sulle gote di donne d’affari ed attrici, roteanti vassoi d’argento tra le mani di camerieri e sommelier – che nessuno doveva sapere avessero lasciato insieme per tornare in quella casa che Piper non vorrebbe conoscere così bene.
- Non è divertente – sibila.
Il foro sulle labbra di Eracle sembra allargarsi e diventare un buco nero, una voragine, un vuoto pronto a divorarla.
- Non volevo esserlo – risponde.
 
***
 
Eracle le accarezza le guance, gli zigomi, le labbra dischiuse sulle sillabe del suo nome, le ciglia scure come le piume che Piper ha nascosto tra i capelli e ripensa agli occhi della donna rivolti verso Jason. Alla piega che le si formava agli angoli delle orbite e che sembrava ammorbidirle tutto il volto, quando lo guardava.
Mentre affonda dentro di lei, Eracle conta le parole, i gesti – la smorfia che le storce le labbra al mattino, i messaggi che gli scrive, la foto che gli ha scattato un pomeriggio d’inverno - che Piper gli rivolge e che un tempo erano pieni solo di Jason, che ora forse le ricordano Jason. Stringe i denti, mentre immagina di poter raschiare via il ricordo di suo fratello da ogni sorriso, da ogni mormorio, da ogni azione, da ogni osso della donna che geme e s’inarca sotto di lui.
Eracle viene con il nome di Piper tra i denti e l’immagine dei suoi occhi puliti, liberi, nuovi intorno al suo collo, contro il suo petto.
 

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Capitolo 5
*** Foglie d'autunno: una fine (Eracle/Piper - Jason/Piper) ***


Note: 
- Scritta per il prompt tensione del COWT9 di Lande di Fandom.
- Terza parte delle prime due parti di Foglie d'Autunno e come ogni volta che compare Eracle, il linguaggio diventa inutilmente scurrile. 
- Grazie a Kuruccha per avermi fatto da beta. 


- Jason – quasi tuba Eracle, accogliendolo sulla soglia. – Perché non ti unisci a noi? -
Il figlio di Zeus non risponde subito perché non può, perché dietro suo fratello c’è Piper con indosso solo un paio di slip e una maglietta stropicciata, la Piper con cui è cresciuto e che ama da sempre, da prima di averne memoria, la Piper che… e quello è suo fratello che ghigna e…
Jason non risponde perché Piper squittisce e cerca di nascondersi e ha le guance rosse e gli occhi lucidi e improvvisamente lui non riesce a vedere altro oltre al ghigno sul volto di Eracle e le lacrime negli occhi di Piper.
- Che cazzo hai fatto? – ringhia il ragazzo.
Eracle inarca un sopracciglio e volta leggermente il capo a guardarla. Piper tenta, vanamente, di tirare la maglietta verso il basso per coprirsi e Eracle schiocca la lingua, indispettito, perché con delle cosce del genere è davvero un sacrilegio tenerle nascoste. È quasi tentato di andarle vicino e strapparle l’orlo della maglietta dalle mani e poi strappare quell’offensivo pezzo di stoffa dal corpo e lasciarla nuda davanti a sé e spingerla sul letto e fotterla davanti a Jason. A Piper non dispiacerebbe così tanto come vuole far credere e l’uomo si lecca le labbra solo al pensiero.
La ragazza rabbrividisce e singhiozza, sotto al suo sguardo ed Eracle è quasi certo che non sia solo vergogna quella che le arrossa le guance. È quasi certo che sia ancora bagnata.
- Secondo te? – domanda, scrutando il fratellastro con un sopracciglio inarcato. – Che cosa stavamo facendo secondo te, Jason? – chiede con quella voce insinuante che somiglia a quella di un serpente, di un mostro ricoperto di scaglie nascosto nel suo antro di roccia.
Jason digrigna i denti.
- L’hai fatto di proposito – lo accusa.
Eracle quasi ride di come suo fratello non riesca neanche a considerare, neanche a pensare a Piper nel suo letto, al suo cazzo tra le sue cosce.
- Certo che era di proposito. Hai mai scopato una persona senza che fosse di proposito? – chiede, con un ghigno.
Il gemito che lascia le labbra di Piper viene coperto dal rumore del pugno di Jason che si schianta contro la guancia di Eracle, con un basso scricchiolio. Jason sente un dolore sordo e pulsante invadergli la mano ed esala un ringhio, che si trasforma ben presto in un grido di rabbia mentre si scaglia ancora contro suo fratello.
Vuole strappargli quell’espressione soddisfatta dalle labbra e cancellare la smorfia di vergogna e dolore sul volto di Piper; vuole estirpare qualsiasi ricordo del calore, del profumo di Piper e dei suoi sospiri dal corpo di Eracle.
 
*
 
Jason la guarda come se non riuscisse a credere ai suoi occhi, come se non riuscisse a riconoscerla e Piper vorrebbe morire e seppellirsi e tornare a settimane prima, quando ancora non aveva ceduto alle lusinghe e agli sguardi di Eracle, quando ancora Jason non la guardava come se fosse un’estranea.
Si sente improvvisamente sporca e un’ondata di nausea le invade lo stomaco. In una qualche parte della sua mente pulsa il pensiero che Eracle abbia architettato ogni cosa e che avrebbe dovuto saperlo che non avrebbe dovuto credergli, che avrebbe dovuto capire, quando l’aveva sentito parlare con Era, che era così semplice, così prevedibile, ma si era fidata. Si era fidata di Eracle. E si sente un’idiota, oltre che sporca.
Vorrebbe scappare e nascondersi, ma è in mutande e Jason è davanti alla porta e…
- Certo che era di proposito. Hai mai scopato una persona senza che fosse di proposito? – afferma Eracle e Piper non riesce a trattenere il gemito disperato che le lascia le labbra perché è Jason, è Jason, è Jason e non è giusto, non è giusto, non è giusto.
Piper esala un grido quando Jason si scaglia contro suo fratello, quando il pugno del ragazzo che ama si schianta contro lo zigomo del suo fratellastro – con cui lei stava per andare a letto, con cui lei è andata a letto e le viene da vomitare di nuovo.
 
- Jason – grida.
- Jason – lo chiama di nuovo, ma la voce di Piper viene coperta dal sangue che gli pulsa nelle orecchie, dal rumore del suo pugno che continua a colpire e colpire e dalla risata di Eracle, sotto di lui. Eracle ha la bocca piena di sangue e continua a ridere tra il liquido rosso che gli cola tra le labbra e i denti bianchi e Jason lo odia sempre di più.
- Jason, basta. –
A fermarlo sono le dita, lunghe, sottili – Pipes - che gli si stringono intorno al braccio. Quando alza gli occhi su di lei, Jason ha i capelli spettinati e un’espressione irriconoscibile sul volto. Piper singhiozza, ma non lascia andare il braccio del ragazzo, gli si avvolge ancora di più intorno e spera che non sia nauseato da quel contatto. O da lei.
Jason le strappa il braccio dalle mani – il sangue che gli ricopre le nocche lascia scie rossastre sulla pelle e la maglietta di Piper - e indietreggia di qualche passo. Eracle è ancora steso a terra e Piper è in piedi accanto a lui e lo guarda e sembra spaventata, sembra voler proteggere Eracle da lui e…
Jason si passa le mani tra i capelli ed esala un verso disperato.
- Pipes… - mormora.
Piper sembra ripiegarsi su sé stessa.
- Mi dispiace, mi dispiace, mi… -
E Jason ha l’orrendo sospetto di non aver capito nulla: Piper è sempre stata la più buona di tutti loro, la più colma d’amore e Eracle è un figlio di puttana, ma…
- Mi dispiace – mormora lei e si porta le mani sporche al volto.
… ma se ci fosse stato qualcuno in grado di amarlo era Piper.
È la risata di Eracle, con le sue note aspre e derisorie che sembrano rimbombare nella bianca immobilità della stanza, tra i capelli scompigliati di Piper, il suo capo chino e sulle braccia tese di Jason, a spezzare di nuovo il silenzio.
- Dio – annaspa l’uomo, con la bocca piena di sangue e saliva. – Siete così patetici che mi fate passare la voglia – si lamenta, con un eloquente occhiata al cavallo dei suoi boxer.
Jason sussulta e digrigna i denti ed è così divertente, così facile tormentare suo fratello – il ragazzo perfetto, il figlio ideale, l’unico di cui Zeus fosse fiero, l’unico di cui Zeus avesse bisogno.
Eracle si scosta una ciocca di capelli dal volto, si lecca le labbra, pensa alla soddisfazione, all’idea di che espressione si dipingerà sul volto di Jason quando gli dirà: Piper è venuta a letto con me solo perché tu non ti sei mai fatto avanti. Pensa a che piega si dipingerebbe sulle labbra di Jason se gli dicesse: è innamorata di te, sai?, invece si volta vera Piper, che è in piedi accanto a dove lui è seduto sul freddo pavimento.
- Perché non vai da lui? – domanda, inarcando un sopracciglio. – Muori dalla voglia di farlo. –
- Lasciala in pace – ringhia, roco, affranto, distrutto, Jason.
Piper indugia solo un istante – un istante in cui lo guarda, con gli occhi pieni di diffidenza e disgusto – prima di fare un passo verso Jason. Eracle non resiste dal darle una pacca sul sedere, quando gli passa accanto. Lo fa guardando Jason con un sogghigno che si allarga all’espressione che, come una nube temporalesca, cala sul volto di suo fratello a quel gesto e al pigolio che sfugge dalle labbra di Piper.
Se fosse uno di quei film per cui Drew va pazza e che Silena guarda con un sorriso di delicata accondiscendenza sulle labbra, Piper gli si sarebbe gettata tra le braccia, Jason l’avrebbe abbracciata e ogni cosa si sarebbe tornata al suo posto, ma quella è la sua vita e Piper non sa come rimetterne in piedi i pezzi. Non sa neanche più se può toccarlo. Indugia, davanti a Jason, con una mano sollevata come per sfiorarlo, per ripulire le scie di sangue che le dita nervose gli hanno lasciato sulle guance. Sente lo sguardo di Eracle come se fossero mani sulle sue gambe, sul suo sedere, sui suoi capelli spettinati.
È Jason a spezzare il silenzio, chinando il capo e Piper vorrebbe supplicarlo di non nascondersi, di non smettere di guardarla, ma non riesce a trovare la voce da nessuna parte, non nella sua gola, non nei polmoni.
- Mi dispiace – mormora il ragazzo. – Non avrei dovuto. Se sei felice… - solleva un braccio in un vago gesto di resa. –- È solo che… -
Scuote la testa e i capelli biondi. Solo che è Eracle ed è mio fratello e lo odio, non aggiunge, ma Piper li conosce da così tanto tempo e lo sa, lo sa, l’ha sempre saputo e come ha potuto? Come ha fatto a rovinare tutto fino a questo punto?
- Oh per favore – esala Eracle dal pavimento su cui è ancora seduto.
È più forte di lei, Piper gli sfiora la mano con le dita e, questa volta, Jason non si ritrae e non si era accorta di quanto le avesse spezzato il cuore, prima, fino ad ora. Ora che non sembra disgustato al punto da non poter neanche sopportare di essere avvicinato da lei.
- Non è come pensi – mormora.
- Era solo sesso – esclama, Eracle.
Piper deve trattenersi per non voltarsi ed essere lei a prenderlo a pugni o a soffocarlo con un cuscino, quando sente i muscoli di Jason contrarsi di nuovo sotto alle sue dita.
La ragazza esala un sospiro tremulo.
- Forse dovremmo andare da un’altra parte a parlare – mormora.
- Perché? A me non dispiace guardare. –
Piper si volta di scatto, verso Eracle.
- E non dirmi che a te dispiace essere guardata perché sappiamo entrambi che non è così – continua l’uomo, con un sogghigno fatto di sangue e denti bianchi a piegargli le labbra.
Una sera, ad una elegante cena a casa dei Grace, Piper ha sentito Megara raccontare come non potesse continuare, di come Eracle le stesse avvelenando la vita, di come ogni parola, ogni suo respiro fosse cianuro nelle sue vene. Ora che lo guarda, seduto per terra con indosso solo un paio di boxer che non fanno nulla per nascondere la sua eccitazione e l’espressione di un ragazzino che trova divertentissimo bruciare formiche, Piper non può fare a meno di ripensare a Megara, alla sua voce piena di morte.
Le dita di Jason si stringono intorno al suo polso e Piper non si era neanche accorta di aver sollevato un braccio, di aver stretto una mano a pugno.
- Pipes, non ne vale la pena. –
Ha una voce così stanca che le spezza il cuore, che vorrebbe fermarlo e abbracciarlo, mentre le passa accanto e, senza mai distogliere del tutto gli occhi da Eracle, le raccoglie i jeans, i calzini spaiati che indossava, le scarpe, la vecchia giacca di Tristan McLean, ma non è certa di poterlo fare e si limita a stringersi un braccio intorno al petto.
- Andiamo – mormora Jason, mentre le passa le sue cose, con un sospiro.
Si frappone tra lei e Eracle, mentre Piper si riveste ed è una così dolce e così inutile e lo sanno entrambi. Eracle, per una volta, rimane in silenzio e Piper non è certa che sia rassicurante.
- Non mi avete fatto finire – li richiama con tono petulante l’uomo, quando Jason si volta verso la porta.
Le nocche del ragazzo diventano bianche, intorno al pomello.
– Stavo dicendo che è sempre stato solo una scopata perché è te che voleva, ma si è dovuta accontentare del fratello che gliel’avrebbe dato. E dovresti ringraziarmi. Te l’ho preparata per bene – conclude.
Lo uccido. Il pensiero le attraversa la mente rapido come uno sparo e la lascia senza fiato. La mano di Jason, che si stringe intorno alla sua, sembra l’unica cosa in grado di ancorarla al terreno.
- Andiamo – ripete, con un leggero strattone. – Non ne vale la pena. –
È sempre stato bravo, Jason, a scegliere le battaglie da cui tirarsi indietro, gli scontri da evitare perché chiederebbero troppi sacrifici e Piper lo ha sempre ammirato, ma non è mai stata in grado di fare altrettanto, non senza lui a guidarla almeno.
- Nostra madre ci ha fatte con troppo cuore – le ha detto una volta Silena. – Anche se guardando Drew non sempre si direbbe. –
 
L’aria fredda di una sera novembrina le frusta il volto, quando escono, e Piper non si era accorta di quanto stesse soffocando, in quella casa. Chissà quanti mesi erano che soffocava.
Jason le lascia la mano, non appena la porta si chiude alle loro spalle. Cammina a qualche passo di distanza da lei, con il capo incassato tra le spalle e le mani nelle tasche del pesante giaccone che indossa. Non si volta neanche per un istante a guardarla, ad assicurarsi che lo stia seguendo e perché dovrebbe? Non è neanche detto che debbano andare via insieme.
- Jason… - inizia, quando il silenzio diventa pesante come l’aria umida di certe giornate estive, di certe giornate che hanno passato insieme in spiaggia e che sembrano lontane anni luce da loro.
- È vero? – la interrompe l’uomo contro il bavero della sua giacca.
- Cosa? –
- Che era… ah, me che volevi. –
La penombra serale non basta a nascondere come le punte delle orecchie di Jason diventino rosse mentre parla. Piper si passa una mano sul volto. È improvvisamente stanchissima, circondata dai pezzi della sua vita esplosi solo perché Eracle voleva divertirsi.
Scuote le spalle. Potrebbe mentire, potrebbe scappare, cercare di recuperare almeno il suo migliore amico o potrebbe dire la verità ed è così stanca di fingere, di nascondere quel troppo cuore di cui Drew si vergogna.
- No. È di te che sono innamorata. –
Lo afferma, fermandosi, come se questo potesse dar ancora più valore alle sue parole, come se potesse gridare: guardami, sono un punto fermo.
E Jason, Jason finalmente si volta a guardarla.
- Ah. –
È tutto un casino gigantesco – Jason ha tracce di sangue tra i capelli e le sue mutande sono ancora umide per Eracle - e Piper non sa se potranno uscirne, se potranno salvare qualcosa da quel maremoto, se riusciranno mai a superare gli sguardi di Eracle e le sue parole, le sue mani sulla sua pelle, i suoi denti contro il pugno di Jason, ma c’è qualcosa nel mormorio di Jason, nel modo in cui la guarda che le fa pensare che forse non tutto è distrutto.
 


 

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