Heart’s Storm

di Mihawk_Akai
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


HEART’S STORM

Capitolo 1

 

Era una giornata cupa e pioveva a dirotto. C’era una ragazza, però, che si divertiva a saltare tra le pozzanghere e a ballare sotto la pioggia, fregandosene altamente che quel temporale facesse concorrenza al diluvio universale. 

Jolie era veramente di ottimo umore. Stava tornando a casa dopo essere andata a comprare il giornale e, in prima pagina, aveva letto l’ennesima impresa grandiosa di Roger:- Lo sapevo che avrebbero parlato tanto di te, fratellone. Un pochino mi manchi beh, in realtà, un po’ più di un pochino ma il sapere che sei là fuori a inseguire i tuoi sogni mi basta per essere felice.- Disse rivolta al cielo. 

Affrettò il passo e si diresse verso casa sua. 

Una volta arrivata spalancò la porta con forza come solo lei sapeva fare:- Mamma! Papà! Sono tornata! Indovinate un po’, c’è Roger sul giornale!- Da una stanza uscì una donna dal viso gentile ma lievemente preoccupato:- Era ora! Non tornavi più!- 

Jolie alzò le spalle:- Sono rimasta un po’ sotto la pioggia, sai che mi piace.- La donna annuì:- Si, lo so, amore. Comunque... hai detto che c’è Roger sul giornale?- Lei annuì tutta contenta, con un sorriso a 32 denti stampato sul volto:- Sì! E pure in prima pagina!- 

Le passò il giornale tutta entusiasta.

Dopo aver letto attentamente l’articolo la donna sollevò gli occhi al cielo:- Oh, Signore! Tesoro! Vieni qui! Guarda un po’ cosa ha fatto tuo figlio!- Da dietro di loro comparve un uomo:- Sentiamo: che ha combinato questa volta?- 

La moglie gli passò il giornale e, dopo averlo letto, l’uomo scoppiò a ridere:- Ahahahah! Ma guarda un po’ te! È proprio mio figlio! Ahahah!- La figlia lo guardò divertita, mentre la moglie sospirò e borbottò qualcosa di vagamente simile a “non era questa la reazione che avresti dovuto avere”, venendo completamente ignorata. 

L’uomo riprese a respirare normalmente solo diversi minuti dopo e, quando lo fece, si rivolse alle due donne:- Ah! Prima che mi dimentichi... Ho una sorpresa!- Decretò tutto fiero. 

Sorrise divertito nel vedere gli occhi della figlia diventare stelle e lei cominciare a brillare di luce propria:- Davvero? Cos’è! Cos’è Cos’è!- L’uomo incrociò le braccia al petto, tutto felice:- Non siete stanche di restare un questo posto sperduto? Facciamo un viaggio! Visitiamo un po’ di isole: visitiamo il mondo! Faremo un viaggio di 2 mesi: visiteremo 4 isole, resteremo 1 settimana su ogni isola, il resto del tempo è il viaggio in nave. Finiremo il nostro giro nel regno di Goa, sull’isola di Dawn. Ho un amico che abita lì: ci ho già parlato e mi ha detto che ci ospiterebbe con molto piacere. Quindi... vi va?- 

Non riuscì a finire la frase che si ritrovò per terra, la figlia gli si era buttata addosso:- Sì, sì, sì, sìììì!!! Evviva! Andiamo via da qui!!!- 

La donna, però, non sembrava molto d’accordo:- Tesoro, non è un po’ pericoloso per Jolie viaggiare per mare? Ti ricordo che dopo quell’incidente lei non...- Jolie alzò gli occhi al cielo, sbuffando:- Mamma! Basta stare un filino attenta e andrà tutto bene!- 

L’uomo le diede man forte:- Ha ragione, staremo attenti. E, lo sai, no? C’è tanta di quella gente che va per mare e che è nelle stesse condizioni di Jolie. Non c’è nessun problema!- La donna guardò la figlia, notando gli occhioni da cucciolo. Si arrese:- E va bene! D’accordo, d’accordo. Quando partiamo?- Cercò di ignorare la figlia che saltellava a destra e a manca, ma proprio non ce a fece. 

Suo marito le sorrise:- Partiamo tra una settimana.-

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

 

Konnichiwa minna-san! Questo è il mio debutto su EFP e mi scuso già per la lunghezza del capitolo, ma penso che saranno tutti così perchè, scrivendo quando ho tempo, appena ha un senso lo metto. Spero vivamente che non sia venuta uno schifezza colossale... in realtà spero di non trovarvi sotto casa con una katana ma vabbè, questi sono dettagli. 

No, a parte gli scherzi, spero che vi piaccia... se avete qualche minuto da perdere, potete lasciare un commentino (anche solo di una riga), sono accettate anche critiche. 

Voglio ringraziare ancora pinklemon91 per avermi prestato Jolie per la mia storia e vi consiglio di andare a dare un’occhiata alla sua intitolata “Come sole e tempesta”.

Dovrei aver detto tutto... ve lo prometto i prossimi Angoli dell’Autrice non saranno così lunghi.

Spero a presto

Mihawk_Akai

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


HEART’S STORM

Capitolo 2

 

Jolie si trovava nella sua stanza: finalmente il giorno successivo avrebbe lasciato quel buco (altrimenti chiamato Logue Town) e avrebbe visitato il mondo! Era talmente emozionata che si era persino dimenticata di finire quello che stava facendo.

Si appoggiò al davanzale della finestra e si mise a guardare le nuvole, cercando di darsi un contegno. Osservandole scorrere tranquille sopra di lei le tornò in mente quando, da bambina, si divertiva a indovinare le loro forma insieme a suo fratello. 

Pensandoci, le si dipinse sul viso un sorriso malinconico:- Chissà se ti incontrerò di nuovo, durante questo viaggio. Lo so che i mari sono immensi ma... la mia speranza sarà sempre più grande di tutti loro messi assieme, fratellone.- 

La voce della madre la riscosse dai suoi pensieri:- Jolie, amore! Hai finito di preparare le valigie?- Per poco non le venne un colpo:- Cavoli! Le valigie! È vero! Ecco cosa stavo facendo! Sono un’idiota!- Si voltò in fretta e tornò ai vestiti che, ora che lo notava, erano ovunque tranne che nell’armadio.

Sua madre sospirò, dal fondo delle scale:- Ah... Mai una volta che finisci il tuo dovere, prima di perderti nel mondo della fantasia. Sei senza speranza!- 

Un “Ti ho sentito!” urlato dalla figlia, la fece sorridere.

Neanche 10 minuti dopo, Jolie si trovava in salotto con una valigia e uno zaino:- Ecco fatto! Dove li metto?- Il padre spuntò dal corridoio:- All’ingresso, figliola. Vicino a tutte le altre.-

Tornò tutta esagitata:- Allora, quando partiamo?- 

Il padre si colpì la fronte con la mano:- Jolie, tesoro... Per la ventimillesima volta... DOMANI MATTINA ALLE 7.00!- 

Jolie saltò indietro di una decina di metri:- Ah, t-te l’avevo già chiesto? Eh, eh, eh...! Scusami... È che non vedo l’ora...- 

Suo padre sospirò:- Lo so, ho capito, però... dacci tregua! Abbi un po’ di pazienza.- 

Sua madre provò a calmare le acque:- Jolie, perché non torni in camera tua e guardi le isole che sono nel tragitto e poi ci dici quelle che ti piacerebbe di più vedere?-

Jolie non rispose neanche: semplicemente si fiondò in camera sua con le stelle negli occhi.

Prese la cartina, la aprì sul pavimento e si sdraiò a sua volta su di essa. - Allora, allora, allora... Cosa mi piacerebbe vedere? Ah! È inutile! Non riesco a decidere! Le vorrei vedere tutte!-

E fu così che passò la serata: chiusa in camera a guardare la cartina e a immaginarsi come sarebbe potuto essere il mondo al di fuori della sua città.

Si dimenticò perfino di mangiare (e per una come lei, voleva dire proprio tutto) e si addormentò stesa sulla carta, con ancora in mano il pennarello con cui stava scrivendo. 

La mattina seguente la madre bussò alla porta della ragazza.

Niente.

Bussò di nuovo.

Ancora niente.

A quel punto decise che era più facile urlare: - Jolie! Sveglia tesoro! Si parte!- 

Silenzio tombale.

- Vabbè, vorrà dire che partiremo senza di te...-

Quella singola frase ebbe il potere di penetrare nel sogno di Jolie, che si svegliò di colpo e, prima ancora che la madre scendesse completamente le scale, era già pronta, vestita e profumata davanti alla porta. 

Il padre, trovandosela davanti, prese un mezzo infarto:- Jolie! Figliola! Non sono scherzi da farsi questi!- 

La figlia ridacchiò imbarazzata:- Eh, eh, eh! Ops! Scusa ma... non sto più nella pelle! Allora! Allora! Allora! Partiamo! Partiamo! Partiamo!- - Ok, ok! Ma calmati però, eh! Tutta questa energia alle 6.30 del mattino non fa bene a nessuno...-

E così, dopo mezz’ora, erano tutti e tre sulla nave mentre guardavano la costa allontanarsi sempre di più e sparire all’orizzonte.

Jolie guardava nella direzione della sua terra, anche se ormai non si vedeva neanche più, ammaliata dalla bellezza del mare che ora la separava da casa:- Wow! Avevi proprio ragione fratellone! Il mare è stupendo! E lo sarà anche questo viaggio, ne sono certa. Io lo so, me lo sento che questo viaggio cambierà molte cose ma, sai una cosa? Non ho paura. In fondo, tutto quello di cui ho bisogno è poter vedere il mondo in un’ottica differente.-

E, dopo anni passati ad ammirare il fratello e le sue imprese senza, però, avere il coraggio di intraprendere la sua stessa strada, capì. Capì che quello era ciò che voleva fare nella vita: sarebbe diventata una piratessa. E avrebbe fatto in modo che i giornali parlassero anche di lei e non perché era la sorella di una grande pirata ma perché era lei stessa una piratessa degna di nota.

E con questi pensieri nella testa si avviò verso le cucine decisa a rubare qualcosa da mangiare. Visto che sarebbe diventata una piratessa, era meglio cominciare a fare un po’ di pratica nei furti, e poi in suo stomaco reclamava cibo a gran voce.

Il tragitto in nave fu abbastanza tranquillo, certo, ogni tanto si sentivano i cuochi urlare perché “qualcuno” aveva rubato il cibo ma per il resto era tutto tranquillo. Jolie, che era sempre stata una ragazza iperattiva, si perdeva a guardare il mare seduta sul palo di legno che reggeva le vele, finendo spesso e volentieri per addormentarvicisi sopra. Fino a quando...

- Terra! Terra in vista!-

Jolie si svegliò subito e salto giù dalla vela, fiondandosi a prua della nave. Era proprio vero! La prima isola si vedeva perfettamente all’orizzonte. 

Appena attraccarono Jolie, senza nemmeno aspettare i genitori, saltò giù dalla nave e si mise a correre. Sentì sua madre chiamarla ma le rispose con un frettoloso “torno sta sera andate pure vi trovo io” urlato a squarciagola, anche se non era molto sicura del fatto che l’avesse sentita.

E corse, corse ovunque senza una meta precisa. Voleva solo sentire il vento nei capelli e la libertà e l’adrenalina che un’isola sconosciuta le facevano provare.

Quando si fermò e si guardò attorno, si rese conto di essere nel bel mezzo di una foresta. Così, visto che comunque si stava facendo buio, decise di tornare indietro. Per fortuna aveva un ottimo orientamento e una buona memoria, se no dai suoi genitori ci sarebbe tornata l’anno dopo! 

Mentre faceva la strada a ritroso, sempre di corsa, si scontrò con qualcosa. - Strano. Non mi sembrava che ci fosse un sasso o un tronco d’albero qui...- - Forse perché io NON SONO un cacchio di albero!- 

La voce seccata e vagamente infantile che proveniva dal basso, le fece chinare il capo: a terra si trovava un bambino vestito con dei vecchi vestiti logori che non dimostrava più di 10 anni.

Lo osservò e, con somma sorpresa, realizzò che, legato alla cintura, aveva una spada kodachi e, al collo, una croce dorata.

- Oh, scusami! Non ti avevo visto! Mi dispiace!- 

- Tzè! Farò finta di niente.- Poi, vedendo che lei non smetteva di fissarlo, chiese irritato: - Che c’è?-

Lei scosse la testa:- No, niente è solo che mi sembri un po’ troppo piccolo per andare in giro da solo. Tutto qui. Dove sono i tuoi genitori?- chiese con fare apprensivo. Le erano sempre piaciuti i bambini.

- Morti. Uccisi.- Fu la fredda risposta che ricevette dal bambino.

Jolie ci rimase di sasso:- Oh. Mi dispiace, non lo sapevo. Comunque io mi chiamo Gol D. Jolie e tu?-

Il bambino esitò prima di rispondere:- Drakul, mi chiamo Drakul Mihawk.-

 

 

Angolo dell’Autrice:

 

Konnichiwa, minna-san! Finally I’m back! (mamma mia che mix di lingue, manca solo lo spagnolo e siamo a posto)

Mi scuso per il ritardo ma è stato un periodaccio a scuola, tra varie verifiche di routine e lavori lunghi e complicati assegnati da prof di italiano bastarde, non ho avuto il tempo di scrivere e aggiornare. 

Metto subito le mani avanti e spiego perché cavolo ho messo Mihawk nella mia storia, prima che qualcuno me lo chieda. Beh, se non si fosse capito dal mio nickname Mihawk è uno dei miei personaggi preferiti di One Piece e quindi perché non dovrei mettercelo dentro? Tanto l’autrice sono io e faccio quello che voglio. No, vabbè, a parte gli scherzi: c’è una cosa che non ho mai capito riguardo a Mihawk e colgo l’occasione datami da questa storia per spiegarla a modo mio. Si vedrà molto più avanti, però.

Direi di aver detto tutto... se avete un minuto da buttare via recensite questa storia (sono accettate critiche) e... niente.

A presto (spero, incrociamo le dita)

Mihawk_Akai

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


HEART’S STORM

Capitolo 3

 

Aprì la porta di quella che doveva essere la sua camera d’albergo e fu subito sommersa dall’abbraccio di sua madre. 

- Jolie, tesoro di mamma! Si può sapere dove diamine sei stata tutta la notte? Avevi detto che saresti tornata subito, che davi solo un’occhiata in giro... -

- Se avevi intenzione di non rientrare bastava dirlo che ti avremmo fermato subito! Non hai idea di quanto ci hai fatti preoccupare! Mancava poco che tua madre andasse alla base della Marina per farti mandare a cercare! -

Jolie provò a liberarsi da quella morsa letale che sua madre chiamava abbraccio ma non ci riuscì, così si limitò a provare a convincerla a parole: - Mamma! Mi puoi lasciare andare, per favore? Mi stai soffocando, ma solo un pochino, eh! -

La donna la liberò: - Scusami. È solo che mi sono spaventata: devi fare più attenzione, non sai cosa c’è la fuori. È pieno di pericoli! -

Jolie non riuscì a fare a meno di ridere: - Certo mamma, come no! -

Suo padre le lanciò uno sguardo severo, zittendola:- Comunque, si può sapere dove sei stata? -

Jolie sorrise:- Beh, vedi...

 

Inizio Flashback

 

- Drakul Mihawk, eh? Che nome strano... -

- Parla quella che si chiama Gold Jolie... - la interruppe sarcastico il bambino.

A quel punto, Jolie s’arrabbiò parecchio: le aveva sempre dato fastidio quando storpiavano il suo nome!

- Non mi chiamo Gold! Mi chiamo GOL D. Jolie! C’è una bella differenza! Impara ad ascoltare quando la gente ti parla, invece di avere sempre quell’atteggiamento superiore e superficial... -

Si ritrovò la spada del bambino alla gola ancora prima di poter finire la frase.

- Odio quando la gente usa quel tono con me. Non. Osare. Mai. Più. Capito? Altrimenti la prossima volta la gola te la taglio per davvero. -

Jolie ammutolì all’istante: il lampo di ferocia negli occhi dorati di Drakul l’aveva lasciata spiazzata. Come può un bambino provare tale rabbia? Come può conoscere tali emozioni, quando spesso sono estranee anche agli adulti? Che cosa gli era capitato? Cosa l’aveva portato a chiudersi così e a farsi scudo con quella rabbia e quella freddezza? 

Jolie proprio non capiva ma, infondo, lei non sapeva quasi nulla del mondo al di fuori di Logue Town. Era certa che ci fosse un motivo più che valido solo che proprio non lo vedeva. Decise che avrebbe provato a chiedergli qualcosa, ma doveva andarci con calma. O sapeva che sarebbe morta davvero.

- Senti... scusa per prima, non volevo alzare la voce. Sono una ragazza molto permalosa, e soprattutto sul mio cognome tendo a prenderla un po’ troppo sul serio. Scusami tanto. - 

Si grattò la testa imbarazzata, cercando di buttarla sul ridere per alleggerire la tensione che si era creata.

- Non importa. Ho esagerato anche io. - sussurrò a sua volta il bambino, senza però guardarla in faccia.

Jolie gli fece un ampio sorriso che sembrò imbarazzare ancora di più Drakul.

- Basta, smettila! Non serve essere così stomachevolmente dolci. È odioso. Smettila. -

- Perdonami ma io sono fatta così. Però non capisco perché ti dia così fastidio che qualcuno sia gentile con te. -

- Perché sono stato solo così tanto tempo che oramai qualsiasi contatto umano quasi mi disgusta. Ecco tutto. -

- Così tanto? Perché, i tuoi genitori sono morti così tanto tempo fa?-

- Avevo tre anni quando sono morti e ora ne ho dieci. Fai tu due conti. Non me li ricordo nemmeno più quindi è come se fossi solo da sempre... -

Jolie ebbe un sussulto al cuore: cosa poteva mai essere capitato a quel bambino? 

Agì d’istinto, senza pensare neanche un istante: si sporse verso Drakul e lo strinse in un abbraccio. Un abbraccio dolce e delicato, non come quelli spezza-ossa che le dava sua madre. 

Drakul si pietrificò: nemmeno i suoi genitori, a quanto ricordava, lo avevano mai abbracciato e ora questa tizia conosciuta da poco più di mezz’ora osava così tanto? Provò ad allontanarsi, piuttosto bruscamente anche, ma lei lo strinse ancora di più. 

- Lasciami andare, SUBITO! - ordinò il bambino - Se non mi lasci subito, giuro che... -

Si fermò, non perché non avesse più parole, ma perché aveva sentito la ragazza sobbalzare leggermente come se...

- Ma tu stai... piangendo? -

Ed era così. Jolie stava piangendo. Si era immaginata tutti gli scenari, possibili e non, per le sfortune del piccolo Drakul e anche la migliore era comunque terribile.

- Scusami. È solo che fino a qualche minuto fa non immaginavo nemmeno che ci fossero bambini come te. Così soli... Ho sempre vissuto felice, senza mai ascoltare mio fratello che mi raccontava cose del genere. Non gli ho mai creduto e ora... -

Lo lasciò andare e si asciugò le lacrime. 

Quando rialzò lo sguardo vide qualcosa di diverso negli occhi del bambino: una luce che prima non c’era. Sembrava quasi che brillassero...

- Che cosa c’è? -

- Hai detto che hai un fratello? -

- S-si, Roger... -

A quella conferma i suoi occhi brillarono per davvero: - Tuo fratello è il famoso pirata Gold Roger? -

Jolie annuì:- Si, perché? Lo conosci? -

- Se lo conosco? Certo che lo conosco! È famosissimo anche in un posto sperduto come questo, sai? Voglio diventare un pirata anche io, forte come lui. -

- Davvero? Anche io voglio diventare una piratessa! Diventerò più forte di qualunque piratessa che è vissuta prima di me! -

Il bambino accennò un piccolissimo sorriso.

- E dimmi. Tu vieni da fuori, vero? -

Jolie annuì mentre cercava di capire per quale motivo sarebbe potuto interessare al bambino.

- E... Com’è la fuori? -

- Non hai mai lasciato quest’isola, vero? -

Drakul scosse con forza la testa, in segno di diniego: - Allora? Com’è? -

Jolie gli sorrise intenerita: - Mi dispiace tanto ma anche per me è la prima volta fuori dalla mia isola. Il massimo che posso fare è raccontarti com’è la mia città... -

Le stelle negli occhi di Drakul bastarono come risposta.

Si sedette per terra, imitata subito dopo dal bambino, e cominciò a raccontare. Parlò a lungo e l’unica volta che lui si mosse fu quando si alzò per accendere un fuoco, visto che si era fatto buio.

Continuò a parlare ancora per ore, mentre il bambino la interrompeva ogni due frasi per chiedere più dettagli. Quando terminò, si accorse che oramai era notte fonda.

Drakul decise così di portarla a casa sua: una piccola capanna nel mezzo della foresta. Da fuori sembrava disabitata ma vista da dentro era abbastanza confortevole.

Drakul le indicò la propria stanza: - Puoi dormire lì. -

- Nella tua camera? E tu? Dove dormirai? -

- Mi metterò sul tappeto con una coperta e via. -

- Ma... -

Drakul la fulminò con lo sguardo: - Non ammetto repliche. -

Jolie rise, lo salutò e si mise a letto, addormentandosi con lo stomaco brontolante e una fame da lupi.

 

Fine Flashback

 

- Poi stamattina mi sono alzata presto e sono tornata qui. Certo, prima ho promesso a Drakul che sarei tornata di nuovo. -

Suo padre scosse forte la testa: - No, signorina! Tu non vai più da nessuna parte. Non senza di noi almeno. -

- Papà! Non se ne parla nemmeno! Io da Drakul ci torno, che voi lo vogliate o no. -

Sua madre provò a mediare: - Jolie, tesoro, tuo padre non sta dicendo questo. Non ti stiamo vietando di tornare dal quel bambino, ti stiamo solo dicendo che non ti lasceremo andare da sola ma che verremo con te. Tutto qui. -

- E io vi sto dicendo che non se ne parla! Non è neanche lontanamente fattibile! Drakul non si fida delle persone: ancora fa fatica fidarsi di me, figuriamoci di due adulti! Non corro rischi, mamma. Quindi, per favore! Lasciatemi tornare la da sola. E comunque non dimenticarti che so difendermi benissimo da sola! -

Terminò la frase con tono offeso, cercando di fare sentire almeno un po’ in colpa i suoi genitori. Al tutto aggiunse un adorabile broncio e degli occhioni da cucciolo bastonato.

La combo finale.

Infatti i suoi genitori cedettero quasi subito.

- D’accordo. Ma solo se ci prometti che torni prima del tramonto.-

Jolie li abbracciò: - Sììììì! Grazie, grazie, grazie! -

Li liberò: - Perfetto! Ora però sto morendo di fame, ieri sera non ho cenato. -

Detto questo scomparve come un fulmine con l’intenzione di divorare qualsiasi cosa commestibile che ci fosse in giro.

 

Angolo dell’Autrice:

 

Konnichiwa minna-san! Finally I’m back!

Non ho scusanti per il mio IMMENSO ritardo però mi concedete almeno delle attenuanti? 

Periodo verifiche di fine trimestre, verifiche di recupero e inizio pentamestre... per non parlare dell’incidente che mi ha tenuta occupata fino ad adesso. Scrivo ogni qualvolta ho un attimo libero ma ultimamente questo è venuto un po’ a mancare...

Ma coomunque... come sempre se avete un attimo da spendere potete recensire questa storia, accetto tranquillamente anche critiche.

A presto (giuro, sarò più veloce questa volta)

Mihawk_Akai

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


HEART’S STORM

Capitolo 4

 

Dopo aver finito di mangiare, Jolie si cambiò e uscì, insieme ai suoi genitori questa volta. Partirono a visitare la città, un piccolo borgo antico con tutti gli edifici riccamente decorati, e nel mentre, s’imbatterono in una processione che il re di quel regno faceva una volta al mese per visitare i cittadini. 

A Jolie sembrò veramente un buon re.

Poi stavano per visitare il parco naturale con zoo ma la ragazza, accortasi di essere vicino alla casa di Drakul, fece aspettare i suoi genitori e corse dal bambino.

Sperò veramente che fosse in casa altrimenti non sarebbe stata in grado di trovarlo. Meno male che era una ragazza fortunata: Drakul era in salotto, seduto sul tappeto, che affilava la sua amata katana. 

- Ciao. - salutò freddo e lapidario il bambino.

Jolie sospirò, davvero era stata così sciocca da sperare di coglierlo di sorpresa? - Ehi! - rispose invece lei, con la sua solita allegria.

Lui si girò a guardarla, cercando di mantenere ancora un minimo di distacco e freddezza ma era chiaro come la luce del sole che adorasse Jolie. Lei allargò il proprio sorriso: - Senti un po’, da quanto tempo non lasci la foresta? -

Drakul la guardò confuso, non capendo cosa potesse centrare: - Ehm, da quando sono morti i miei? - rispose, indeciso.

Jolie battè le mani: - Perfetto, cambiati e vieni con me, andiamo a fare un giro in città! -

Drakul fermò subito il suo entusiasmo: - In città mi odiano... Ogni tanto ho rubato qualcosa ai mercanti he passano nella foresta, si è sparsa la voce e quindi capisci anche tu che non sono ben accetto lì... -

Jolie non rispose, ma si limitò a continuare a guardarlo con la medesima espressione di prima. Drakul non riuscì a dirle di no.

- D’accordo! Mi cambio e arrivo. -

Lasciò il salotto e si diresse verso la sua camera, uscendo poco dopo con una camicia di qualche taglia più grande e dei pantaloni troppo lunghi per il suo corpo minuto. Lei lo fissò alzando un sopracciglio. Drakul alzò le spalle. - Questi ho. -

Jolie non commentò oltre.

Drakul fece per prendere la kodachi ma Jolie fu più veloce e la mise su un ripiano troppo in alto per il bimbo. Si guadagnò un’occhiataccia per aver preso in mano il tesoro del piccolo ma Drakul non replicò più di troppo. 

- Beh, - pensò Jolie - stiamo facendo passi avanti. -

Quando raggiunsero i genitori della ragazza, Drakul si fermò e la fulminò per l’ennesima volta in quella mattinata.

- Jolie... -

Lei unì le mani in una muta richiesta di perdono. Il bambino sospirò: avrebbe dovuto ricorrere ad ogni oncia della sua già scarsa pazienza se voleva tornare a casa quella sera senza lasciarsi cadaveri alle spalle.

Rimasero un po’ in disparte per tutta la durata della visita al parco, nonostante fossero tenuti strettamente d’occhio dai due adulti. 

- Lasciali perdere. - aveva detto Jolie a un certo punto - Sono iperprotettivi. - 

Poi erano andati a pranzare, prima di vedere lo zoo. E lì Drakul non aveva più potuto restare in disparte.

Si era seduto riluttante di fianco ad una Jolie super allegra ma, fortunatamente, aveva scoperto che quei due adulti non erano terribili come i suoi, anzi!, erano perfino simpatici!

Durante la visita allo zoo rimasero tutti più vicini chiacchierando anche, ogni tanto.

Quando entrarono nella stanza dove volavano dei falchi addestrati, molti di questi planarono verso il bambino che, senza esitazione, tese le braccia, permettendo loro di appoggiarcisi.

Jolie vide un piccolo sorriso spuntare sul volto perennemente serio del piccolo.

Un altro episodio simile si verificò con le tigri: Drakul si appoggiò alle sbarre di ferro, nonostante fosse chiaramente vietato, e esse, ovviamente, lo attaccarono. Ma a quel punto successe qualcosa che lasciò stupefatti tutti quanti, Jolie compresa: Drakul, con la sola forza della braccia, fece un buco tra le sbarre della gabbia e si infilò all’interno. Raggiunse le tigri, che nel frattempo si erano allontanate per farlo passare e salì sul dorso di una di esse. Loro, in cambio, lo portarono alla loro tana e Drakul passò un paio d’ore sdraiato, addormentato di fianco ad esse.

Jolie e i suoi genitori finirono di fare il giro dello zoo e poi tornarono a prendere il bambino. Dopo essere uscito, Drakul riportò le sbarre della gabbia al loro stato originale. 

Quel bambino era proprio un portento. Destinato a fare grandi cose, di questo Jolie poteva esserne certa.

Purtroppo il tempo di Jolie su quell’isola era limitato e si sa che quando ti diverti esso vola: Jolie stava per partire, era una questione di minuti. 

Si trovava al porto, con Drakul qualche passo dietro di lei. 

Jolie era lì perché voleva chiedere una cosa al bambino ma non era sicura di quale sarebbe potuta essere la sua reazione. Alla fine prese un bel respiro profondo e, guardando il mare, diede voce al proprio pensiero.

- Mi hai detto che vuoi diventare un pirata, come mio fratello. - il bambino annuì, anche se non ce ne era bisogno.

- Neh, Drakul. Che ne dici se diventiamo pirati insieme? -

Drakul la guardò senza capire: - Eh? -

- Io voglio diventare una piratessa ma per farlo ho bisogno di un’ottima ciurma. -

Si girò verso di lui, seria come il bambino non l’aveva mai vista: - Perciò ti chiedo: Drakul Mihawk, diventeresti il mio braccio destro? -

A quel punto gli fu tutto chiaro. 

Sorrise. Il primo sorriso vero della sua vita. 

Afferrò la kodachi e la tese verso Jolie, mettendola orizzontale al terreno: - La mia spada è ai tuoi comandi, mio capitano. -

Jolie sentì il cuore schizzarle nel petto. Si gettò verso il bambino e lo strinse in un abbraccio molto simile a quello di sua madre: soffocante e spacca-ossa.

Drakul rise solamente. 

- Ora vai, capitano. Io ti aspetterò qui. Quando vorrai partire, sai dove trovarmi. -

Jolie sorrise e, dopo avergli stampato un bacio sulla fronte, corse via, verso la nave che aspettava solo lei per partire.

Rimase ferma a poppa fino a quando l’isola non sparì dalla sua vista. 

Poi si diresse verso le cucine: lo stomaco reclamava attenzione.

Era proprio incorreggibile.

Il viaggio, questa volta, lo utilizzò per farsi insegnare molte tecniche della navigazione, in modo da non perdersi subito una volta partita.

Come al solito il tempo passò talmente velocemente che lei nemmeno se ne accorse. 

Questa volta, però, i suoi genitori le impedirono di andarsene per i fatti suoi. 

Quindi diede una mano con i bagagli e si buttò sul letto. Era troppo iperattiva per stare troppo ferma senza far nulla infatti, tempo 5 minuti, era già scappata dalla finestra. 

Corse, questa volta vero la città, finendo davanti ad uno strano edificio. Alzò lo sguardo e lesse l’insegna: Human Shop. Aveva sentito parlare di una cosa del genere (se non ricordava male si trovava sull’arcipelago di Shaboady, alla fine della Rotta Maggiore) ma non aveva ben capito di cosa si trattasse. Cioè, lo poteva dedurre dal nome ma sperava con tutto il cuore di aver sbagliato a capire.

Entrò, appiattendosi contro il muro per non farsi notare da tutti gli altri, ma non rimase molto: il tempo di vedere la prima persona in catene che veniva portata su quel palco e venduta ed era già scappata via in preda a conati di vomito.

Quando tornò dai suoi genitori, non vide nemmeno il volto preoccupato di sua madre e quello arrabbiato di suo padre, semplicemente si chiuse nella sua camera e si buttò sul letto a piangere, disperata. 

A quel punto si che entrambi i genitori erano seriamente preoccupati: - Jolie, tesoro! Stai bene? Che cosa è successo, amore di mamma? - 

I singhiozzi disperati della ragazza furono l’unica risposta che ottenne. 

Non rispose a quella domanda per tutta la durata dei tre giorni seguenti, che passò rigorosamente chiusa in quella camera. 

Nessuno dei genitori fece più accenno alla cosa. 

Girarono poco quell’isola, stando estremamente attenti a tenersi alla larga da quel “negozio”.

Solo dopo che ebbero lasciato l’isola, Jolie riuscì a rilassarsi e a tornare quella di prima. Anche se di tanto in tanto si poteva vedere un velo di oscurità nei suoi occhi. Ma erano momenti molto rari.

Passò questo terzo viaggio in mare a fare pesi e a rafforzare la sua muscolatura. 

Quando sbarcarono, Jolie aveva già deciso di non commettere lo stesso errore delle altre volte: rimase lì con i suoi genitori, li aiutò a sistemare ciò che c’era da sistemare e lasciò l’albero solo ed esclusivamente con loro. 

Fortunatamente non sembrava ci fossero grandi problemi, infatti quella fu l’isola migliore che visitò. Anzi no, la migliore no. Ma comunque una delle più belle. 

In pace.

Non successe nulla di importante, lì. Quella settimana servì a Jolie per staccare un attimo: troppe emozioni negative tutte insieme avevano quasi completamente distrutto l’essenza dolce e positiva della ragazza. Per fortuna Jolie aveva dei tempi di ripresa molto rapidi. 

L’ultimo (beh, il penultimo, se si conta anche quello per tornare a Logue Town) viaggio in nave lei lo passò completamente senza fare nulla: che fosse sdraiata per terra, nella dispensa e nella posizione di vedetta, lei aveva intenzione di godersi il vento e il cielo azzurro. 

Solo questo.

Quando attraccarono, Jolie era di ottimo umore e fece come suo solito: se ne andò per i fatti suoi. 

A prima vista sembrava un’isola tranquillissima, le persone erano tranquille, accoglienti, gentili. 

Ma dopo essersi inoltrata nella foresta dovette ricredersi. 

Da lì si poteva vedere un’enorme discarica. E fin qui nulla di male ma Jolie avrebbe potuto giurare di aver visto delle persone.

Decise di controllare. 

Scese ma si pentì subito di averlo fatto: bambini malnutriti, anziani malati, uomini mutilati e cadaveri. 

Cadaveri ovunque.

Uomini, donne, anziani, bambini. Nessuno era stato risparmiato. 

Nessuno. 

Jolie rimase in piedi, ferma davanti al cadavere di una bambina (che, al massimo, avrebbe potuto avere 5 anni) che stringeva a se un’orsacchiotto di peluche tutto rovinato, rotto, sventrato.

Le cose terribili che aveva visto in quelle 7 settimane, riaffiorarono. 

Tutte insieme.

Drakul e le sue sfortune, gli schiavi, quelle persone...

Fu troppo.

Si voltò e corse. 

Scappò. Dove di preciso non lo sapeva.

Sapeva solo che voleva scappare da lì.

La testa bassa, gli occhi oscurati dalle lacrime e la corsa disperata le impedivano di vedere bene dove andava. Infatti un paio di volte inciampò in qualcosa ma non si fermò. Per nessun motivo.

Tranne quando voltò l’angolo, girando al di là di una catasta di rifiuti. 

Andò a sbattere contro qualcosa, o meglio, qualcuno.

Nonostante la furia della corsa quella che cadde per terra fu lei, mentre la persona contro cui aveva sbattuto non si era mossa di un millimetro. 

- Tutta intera? -

 

Angolo dell’Autrice:

 

Konnichiwa minna-san! Finally I’m back!

Sono in ritardo. Come sempre del resto.

Ma adesso con l’estate sono più motivata e ho più tempo libero. Quindi dovrei andare avanti con entrambe le mie storie. 

Incrociamo le dita! 

Come sempre se volete potete lasciare un commento, accetto anche le critiche! 

A presto.

Mihawk_Akai

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


HEART’S STORM

Capitolo 5

 

Jolie alzò lo sguardo, incrociando quello leggermente preoccupato del ragazzo in piedi di fianco a lei.

- Tutto bene? - chiese nuovamente lui.

Le tese la mano per aiutarla ad alzarsi ma lei la spinse via, alzandosi da sola e riprendendo la sua corsa alla cieca.

- Hey! Aspetta! Non da quella parte! - 

Ignorò l’avviso e proseguì, troppo scossa per ragionare.

Ad un certo punto le sembrò che gli alberi si diradassero ma non fece in tempo a pensare che sentì mancare il terreno da sotto i piedi. 

Capì di star cadendo. Si preparò all’impatto, aspettandosi la solida terra o, se era sfortunata, le gelide acque marine. 

- Presa! - Sentì un braccio cingerle la vita e frenare bruscamente la sua caduta. 

Alzò gli occhi per riconoscere il ragazzo contro cui aveva sbattuto prima che si teneva alla roccia con... un artiglio?!? 

Che diavolo sta succedendo?

Per la sorpresa (e lo spavento) si doveva essere agitata perché il giovane la rimproverò: - Se continui a muoverti così finiamo di sotto tutti e due, perciò smettila. -

Annuì, terrorizzata da quella prospettiva. 

Lentamente, restando ben saldi alla roccia, scesero fino al mare per poi saltare dentro una rientranza dello strapiombo.

Caddero sul terreno ma Jolie non avvertì la botta perché il ragazzo aveva usato il proprio corpo per attutirla.

La lasciò andare e si allontanò un po’, sedendosi su un tronco caduto. Jolie di sedette sull’erba e finalmente si guardò intorno: era una radura magnifica! Erba fresca per terra, alberi ai margini e rampicanti sulle pareti della grotta, con le stalattiti che pendevano dal soffitto. Il tutto si chiudeva con una piccola spiaggia, degli scogli poco al largo e una bellissima visione del mare all’orizzonte.

- Wow... - si lasciò sfuggire, provocando uno sbuffo di risata che fece tornare l’attenzione di Jolie sul ragazzo che l’aveva salvata.

Aveva i capelli neri spettinati e indossava dei vestiti abbastanza eleganti che le fecero capire all’istante che non era uno degli abitanti di quella discarica ma i vari strappi e toppe sulla camicia e la giacca le suggerirono che era un gran spericolato (lo dimostrava anche come l’aveva salvata). Ma quello che attirò di più la sua attenzione furono i suoi occhi: piccoli, squadrati e magnetici, che ti scrutavano dentro l’anima, con uno sguardo capace di far fare dietro-front anche al più impavido degli uomini.

Carino, pensò.

Capì di essersi imbambolata solo quando lui sbuffò nuovamente.

- Che cosa aveva la tua mano? Come hai fatto a reggerti alla roccia così saldamente? Era davvero un artiglio quel coso? -

Lui alzò gli occhi al cielo: - Prego, non c’è di che. - disse ironico e leggermente irritato.

Jolie si rese conto di essere stata scortese: - Scusa. Ricomincio. Grazie per avermi salvata. - disse con uno dei suoi sorrisi a 32 denti.

- Di niente. - rispose lui - Non vedo perché non avrei dovuto farlo, visto che potevo. - 

- Oh, non dire come se aiutare un estraneo fosse cosa da tutti. Non molti lo farebbero, ormai l’ho capito. - affermò, rabbuiandosi.

Il ragazzo ghignò in risposta: - No, certamente no. Ma a me viene naturale quindi non capisco perché dovrei parlare come se non lo fosse. - 

Lei rise dolcemente prima di realizzare che non sapeva il nome del ragazzo: - Scusami ancora: non mi hai detto come ti chiami. -

- No, non l’ho fatto. - 

La analizzò da capo a piedi, valutando se dirglielo o meno.

Quante storie, pensò Jolie, è solo un nome che male può fare?

- Dragon. - disse infine.

- Ed è questo che sei? Un drago? - chiese, ripensando all’artiglio.

- Questo non ti riguarda. Comunque, ti ho detto il mio nome e sarebbe giusto che anche io conosca il tuo. -

- Mi chiamo Gol D. Jolie. - rispose raggiante, accorgendosi solo dopo dell’effetto che questo aveva avuto sul ragazzo.

- Tu sei una D.? - chiese, con lo sguardo serio.

- Sì, perché? C’è qualcosa che non va con questo? -

- No, per me no. Ma, fossi in te, sarei più cauta la prossima volta. -

- In che senso? -

- Nel senso che non andrei in giro a sbandierarlo ai 6 mari! - concluse Dragon, scocciato.

- E perché mai non dovrei, scusa? È solo un nome! -

- I nomi possono essere molto potenti. -

- Ahahahahah! E questo chi lo dice? -

Dragon storse il naso: - Mio padre. E per quanto detesto ammetterlo, su questo ha ragione. -

- E perché mai tuo padre avrebbe dovuto parlarti della D.? Cosa gli importa a lui? -

Dragon alzò le mani: - Calma, calma! Urlare non è un buon modo per avere una conversazione civile con qualcuno. -

- Non mi hai risposto. - insistette, ma riportò la voce ad un tono normale.

Lui sbuffò ma le rispose: - Perché anche io lo sono. -

Jolie sbatté le palpebre un paio di volte prima di realizzare il significato della frase: - Anche tu sei una D.? - Dragon annuì.

- Uffa! Bisogna sempre tirarti fuori le risposte con il rampino! Qual è il tuo nome completo? -

Le lanciò un’occhiataccia: - Monkey D. Dragon. -

- Monkey D.? Come Monkey D. Garp, l’eroe della Marina? -

Annuì: - È mio padre. -

Tutto l’entusiasmo che la ragazza aveva per aver conosciuto un bravo ragazzo, svanì quando capì che era il figlio dell’uomo che dava la caccia a suo fratello.

- Oh. -

- E adesso che hai? - chiese Dragon, infastidito dall’ennesimo cambio d’umore di Jolie.

- Tuo padre vuole imprigionare mio fratello Roger, lo sai? -

- Che Gol D. Roger fosse tuo fratello lo avevo intuito, ma non capisco che cosa c’entra il fatto che mio padre gli da la caccia con quel tuo guardarmi male. Non sono mica mio padre! -

Lei lo fissò, un po’ stupita, prima di sorridergli di nuovo: - Vero. Hai ragione. Scusa. Shishishi! -

Senza che se ne accorgesse rimasero ore a parlare, di qualsiasi cosa anche se più di una volta si ritrovarono a parlare del Grey Terminal. È così che Jolie scoprì che Dragon si recava lì tutti i giorni, distribuiva viveri e medicine a più persone possibili e aiutava in centinaia di altri modi tutti quelli che poteva. Scoprì anche che il ragazzo passava molte ore ad allenarsi nella foresta (cacciando le belve feroci, la cui carne distribuiva poi alle persone) o con suo padre (quelle poche volte che tornava a casa).

Jolie, a sua volta, gli parlò un po’ della propria famiglia e gli raccontò del suo viaggio e di quello che aveva scoperto, cosa che non aveva fatto nemmeno con i suoi genitori.

La ragazza sentiva di potersi fidare di Dragon, anche se aveva capito che lui non si fidava completamente di lei: infatti, era sempre all’erta e non si era mai sbilanciato troppo. Per esempio, non aveva accennato (nemmeno per sbaglio) a sua madre. 

Si accorse che era tardi solo quando il sole fu calato completamente.

Saltò in piedi di scatto quando si ricordò di dover rincasare. 

- Cavolo! È tardissimo! Devo tornare dai miei genitori! Saranno preoccupatissimi! -

Lui annuì, alzandosi a sua volta e facendole segno di seguirlo.

Attraversarono gli alberi raggiungendo un corridoio nella roccia: l’uscita. Ma quello che attirò la sua attenzione fu un piccolo buco che conduceva ad un’altra mini-radura: fece solo qualche passo in quella direzione prima di essere fermata da Dragon.

- Non di là. - affermò, gelido.

Jolie annuì e lo seguì fuori. Lo salutò e andò per la sua strada, continuando a chiedersi cosa ci fosse laggiù. Era ovvio perfino a lei che Dragon non aveva voluto che lei andasse lì, anche se non riusciva ad intuirne il motivo. 

Quando raggiunse la città cominciò a guardarsi intorno: non sapeva dove alloggiavano ma era certa di trovare sua madre fuori che la aspettava preoccupata.

Quando la vide le corse incontro: - Ciao mamma! -

- Jolie! Cara! Finalmente! Eravamo così preoccupati! -

Entrò in casa e suo padre le diede uno scappellotto sulla nuca: 

- Come diavolo hai conciato i vestiti?!? Hai fatto a botte con un orso, per caso? -

- Ma che vai a pensare? No, niente del genere: sono inciampata e sono rotolata giù per la collina. Niente di che. -

Suo padre alzò un sopracciglio, per nulla convinto, ma decise di sorvolare sulla questione: - Comunque, ti abbiamo lasciato la cena sul tavolo. Noi andiamo a dormire perché siamo stanchi. Dopo aver mangiato fa altrettanto. -

- Sì papà. -

Si sedette e afferrò le posate con la bava alla bocca, prima di ricordare la conversazione con Dragon.

Mise tutta la frutta che riuscì a raccattare in un sacco, decisa a portarla l’indomani a quelle persone.

Si risedette a tavola: - Beh, la carne la porta Dragon quindi direi che questa posso mangiarla io! - disse addentando un cosciotto di maiale.

Una volta finito, mise in ordine e raggiunse la propria camera. Nascose il sacco sotto il proprio letto e poi si addormentò, aspettando di ritrovarsi nel solito mondo di carne.

Non si sarebbe mai immaginata di sognare, invece, un certo ragazzo moro e i suoi occhi magnetici...

Quando si svegliò erano già le 9 di mattina perciò scacciò il ricordo del sogno che, per quanto non l’avrebbe mai ammesso, l’aveva turbata e resa felice allo stesso tempo e si alzò.

Si vestì in tutta fretta con le prime cose che le capitarono in mano, prese il sacchetto da sotto il letto e uscì. 

Non si accorse, però, che i suoi genitori l’avevano vista e che, stufi che sparisse senza mai dire dove andasse, avevano deciso di seguirla.

Attraversò la foresta, dirigendosi verso il Grey Terminal, cercando di prepararsi mentalmente a quello che avrebbe visto. 

Cielo, sperava veramente di incrociare Dragon! Sarebbe stata molto più tranquilla.

Come se l’avesse sentita, lo vide comparire in lontananza.

Bingo!, pensò.

Corse silenziosamente tra gli alberi fino a raggiungerlo: si portò alle sue spalle, decisa a spaventarlo per gioco, ma...

- Se speravi di prendermi di sorpresa non ci sei riuscita. -

S’immobilizzò all’istante: - Come diamine hai fatto? Nessuno è mai riuscito ad accorgersi che arrivavo se io non volevo farmi notare! -

- C’è una prima volta per tutto. - disse, fermandosi.

Si girò verso di lei prima di proseguire: - Che ci fai qui? -

Lei accennò con la testa al sacchetto che aveva buttato oltre la spalla, sicura che lui avrebbe capito. Infatti annuì e proseguì, questa volta però più lentamente, permettendole di raggiungerlo.

Appena entrarono nel Grey Terminal, un gruppetto di bambini corse verso di loro: - Onii-chan! Onii-chan! - urlarono, andandosi ad agganciare alle gambe del ragazzo che, con un sorriso, s’inginocchiò per salutarli.

Jolie non poté fare a meno di realizzare che quello era il primo sorriso sincero (escludendo i ghigni) che gli vedeva sul volto e capì anche che quel sorriso l’avrebbe tormentata per molto, molto tempo. Più dei suoi occhi.

Sì, decisamente, pensò, quel sorriso è molto più bello dei suoi occhi. Che già erano splendidi di lor... Aspetta! Aspetta, aspetta, aspetta! Non stavo veramente pensandolo, vero? Oh, cavolo! Smettila, smettila, smettila!

Fu la voce di Dragon a risvegliarla dai suoi pensieri: - Tutto a posto? -

- Sì, certo. Perché, non dovrebbe? -

Lui scosse la testa: - Beh, allora smettila di prenderti a pugni da sola. Non è molto sana come cosa. -

Jolie arrossì ma non fece in tempo a replicare che uno dei bambini li interruppe: 

- Dragon no onii-chan! Chi è lei? -

 

Angolo dell’Autrice:

 

Konnichiwa minna-san! Finally I’m back!

Dai, sono stata abbastanza veloce. Per “Our Family” ci vorrà ancora un po’ ma abbiate pazienza.

Un’altra cosa: onii-chan è il modo in cui ci si rivolge ad un fratello maggiore (in giapponese) quindi “Dragon no onii-chan” sarebbe un po’ come dire “Fratellone Dragon”. Questo non vuol dire che qui bambini siano parenti di Dragon: quel nome di può fare anche a qualcuno che si considera tale.

Per finire, come sempre, se avete tempo e voglia, potete lasciare un commentino, si accentano anche critiche.

Detto questo, mi dileguo.

A presto.

Mihawk_Akai.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


HEART’S STORM

Capitolo 6

 

I bambini li fissavano con i loro occhioni dolci e curiosi, in attesa di una risposta. O meglio, fissavano lei. La domanda l’avevano posta a Dragon, vero, ma lui li aveva liquidati con un cenno della mano e un’occhiataccia e così i piccoli speravano che potesse rispondere lei.

- Beh... - cominciò Jolie, ignorando l’occhiata penetrante che gli aveva lanciato il ragazzo - sono un’ami... - s’interruppe quando venne fulminata - Sono una di passaggio che voleva dare una mano.- si girò verso Dragon - Va bene così? -

Altra occhiataccia. Santo cielo.

Sentirono una voce che chiamava i bambini e si distrassero: senza neanche accorgersene erano rimassi a fissarsi negli occhi per forse un po’ troppo tempo.

- Dobbiamo andare, onii-chan! Vieni sta sera come al solito, vero? -

- Ovviamente! Ora andate e non fate preoccupare i vostri genitori. -

- Ciao, onii-chan! Ciao, ciao onee-chan! -

Quando i bambini si furono allontanati, Jolie si rivolse a Dragon:

- Bene, quindi adesso che si fa? -

- Innanzi tutto ti calmi un attimo. Poi mi segui e fai quello che dico quando lo dico. -

- Non prendo ordini da te! -

- Certo, prego! Cadi pure da una scogliera perché non hai ascoltato il mio avvertimento! -

Jolie gonfiò le guance offesa, ma non replicò. Non poteva: in fondo aveva ragione.

- Ok. Ma mantengo un minimo di margine di decisione! Chiaro? -

Lui alzò gli occhi al cielo ma non replicò, andando avanti. Jolie corse per stargli dietro: - Aspettami! -

Quando entrarono tra i rifiuti Jolie dovette trattenere dei conati di vomito: era quasi impossibile respirare lì.

Notò che quasi tutti quegli sfortunati conoscevano Dragon, così come lui conosceva tutti loro per nome.

Alla fine non era servito che Dragon le dicesse nulla perché la ragazza era rimasta appiccicata a lui come una calamita, ancora spaventata da tutto quello che avevano intorno.

- Ma perché devi fare tutte queste storie! Immagino che non sia come le confortevoli case a cui sei abituata ma devi imparare ad adattarti, ragazzina! -

- Ehi! Ragazzina a chi? Non sono mica così piccola, io! -

- Ma davvero? - disse lui, l’ironia intrisa in ogni sillaba.

- Sì! Io ho 15 anni! Sono grande! -

Dragon alzò gli occhi al cielo, seccato da quella conversazione così infantile.

- E tu, che fai tanto il gradasso, quanti anni hai? -

- 17. - 

Jolie sembrò zittirsi per un attimo e Dragon sperò che fosse finita ma...

- Pensavo di più, sai? -

- Mnh? -

- Pensavo fossi più grande. Cioè, l’aspetto da 17enne ce l’hai ma... ti comporti come un adulto quindi pensavo fossi più grande. Tutto qui. -

Dragon alzò le spalle e proseguì, decidendo che il modo migliore per farla smettere di parlare era ignorarla. 

- Uffa! Chiacchierare un po’ non ti farebbe male, sai? - ma oltre a questo commento Jolie non disse nulla.

Alla fine, tra un commento e uno sbuffo, avevano attraversato tutto il Grey Terminal e, quando Jolie se ne accorse, rimase stupita: - Ma... perché stiamo andando via? -

Dragon la guardò con un ghigno sinistro sul volto: - Andiamo a cacciare. E faresti meglio a non essere d’intralcio. -

Jolie seguì il ragazzo nel cuore della foresta, riconoscendo ad un certo punto l’uscita della radura del giorno prima, fino a quando...

- Ferma. - Jolie s’immobilizzò di colpo.

Guardò dove la mano di Dragon le indicava e vide un orso enorme che beveva al ruscello.

- Non vorrai mica cacciare quel coso, spero? -

Dragon ghignò: - I grandi animali della foresta sono tutti carnivori e gli erbivori sono troppo piccoli per sfamare quelle persone. - disse accennando con la testa in direzione del Grey Terminal - Già ci vorranno almeno due orsi così perché bastino per tutti per un po’. -

Jolie annuì: - Capisco ma... è proprio necessario prendere un orso? Sembra piuttosto feroce... non ci sono altri animali simili? -

- Ci sarebbero le tigri. Ma io non le caccio: le combatto per allenamento, quello sì, ma non le uccido. Non se ho un’alternativa. 

- Perché? - chiese Jolie, sorridendo al ricordo dell’episodio allo zoo con Drakul.

Le rivolse un’occhiataccia ma le rispose: - Diciamo che una volta ero amico di una di loro. - vago, ma le rispose. Un passo avanti, pensò Jolie, ridacchiando.

- Resta qui. -

- E tu dove vai? -

Lui la guardò come se fosse stupida: - L’orso non si catturerà mica da solo. -

E detto questo si avvicinò a passo furtivo verso di lui. 

- Non sarò un’esperta della caccia ma non credo sia una buona strategia avvicinarsi da davanti... - sussurrò a se stessa quando lo vide mettersi di fronte all’orso. 

Dragon si abbassò a quattro zampe, fissando l’orso che, a sua volta, non sembrava intenzionato a distogliere l’attenzione da quella che avrebbe potuto essere una preda facile. 

Jolie lo vide sussurrare qualcosa all’orso che, se all’inizio sembrava stare ad ascoltarlo, alla fine si fiondò contro il ragazzo.

Dragon non si mosse, attese che l’orso saltasse per schiacciarlo e deviò le zampe con un braccio, mentre finiva con la schiena a terra a causa del peso dell’animale.

Jolie si spaventò tantissimo quando vide il suo amico (perché lei lo considerava un amico) scomparire sotto la figura impotente dell’orso. Temette davvero che potesse ucciderlo così si allontanò dagli alberi per andare ad aiutarlo ma, appena si avvicinò anche solo di un passo, vide un artiglio comparire dalla schiena dell’orso. 

Le bastò un secondo per capire che Dragon aveva trafitto il cuore dell’animale con la mano.

Sempre se si potesse chiamare mano quella cosa.

Dopo poco vide Dragon comparire, privo di qualsivoglia ferita, da sotto l’orso. Lo vide chinarsi verso l’animale e... scusarsi!?

- Ti stai... scusando con l’orso? -

- Non mi piace uccidere. Lo faccio se serve, non ho problemi. Ma non chiedermi di farmi piacere il privare una creatura della sua vita. Umano o animale, non fa differenza. -

Si voltò verso di lei e sbuffò: - Che c’è? - chiese quando la vide sorridere come un’idiota.

Jolie scosse la testa: - Niente. Solo... non mi ero sbagliata a giudicarti. Sei un bravo ragazzo, Dragon. -

Il ragazzo preferì ignorare il commento e Jolie non disse nulla quando le sembrò di vedere una parvenza d’imbarazzo sul suo volto impassibile. Quindi si limitò a ordinarle di afferrare l’orso e di fare meno rumore possibile.

Quando trovarono il secondo orso Dragon fece come per il primo, solo che Jolie colpì per sbaglio un ramo (troppo distratta dalla preda che trasportava) e l’orso le si avventò contro.

Dragon si frappose tra i due in un baleno, fermando con una spalla la zampata dell’animale verso la ragazza e uccidendolo con la mano libera. 

- Ti avevo detto di non muoverti. -

Jolie si portò le mani alla bocca, inorridita, quando vide la spalla sanguinante del ragazzo: - Oh mio Dio! Stai bene? Fammi vedere la spalla. -

Lui alzò le spalle e si chinò sull’orso: - Non è nulla. Ho subito ferite peggiori di questo graffietto. - 

Poi poco dopo estrasse un coltello dalla giacca e Jolie temette che volesse fargliela pagare. Ma un istante dopo averlo pensato realizzò che fosse un pensiero stupido e si diede dell’idiota da sola.

Che stupida che sono. Non mi farebbe mai del male.

- Che c’è? Non hai mai visto spellare un animale? -

Jolie si rese conto di aver fatto una faccia inorridita quando lui aveva iniziato a scuoiare l’orso anche se ne comprese ben presto il motivo: se dovevano dividere la carne con quelle persone non avrebbero mai potuto dargli l’animale intero, non avrebbero saputo cosa farci!

Perciò, mentre Jolie tratteneva i conati di vomito, Dragon spellava e divideva la carne in porzioni più piccole.

Ormai era calata la sera e, quando tornarono al Grey Terminal con il bottino, le persone erano gioiose come se quello fosse il giorno più importante dell’anno. Jolie sorrise mentre vide i bambini di quella mattina che timidamente si facevano strada tra le persone più grandi ricevendo anche loro la propria parte di quegli orsi. Jolie, inoltre, condivise con tutti loro i frutti e le verdure che aveva portato e sembrava quasi che non avessero mai visto una carota in vita loro per quanto erano felici ed eccitati! 

Provarono a convincerli a restare con loro a cenare ma Dragon rifiutò cordialmente mentre trascinava via la ragazza, prima che potesse cedere alla tentazione di accettare.

La riportò dove si erano incontrati quella mattina e se ne andò senza nemmeno salutare, così la ragazza decise di tornarsene a casa, ignorando il desiderio di seguire il ragazzo che tanto la tormentava.

Si pentì di non aver seguito Dragon nell’esatto istante in cui entrò in casa e trovò i suoi genitori ad attenderla, seri come non li aveva mai visti.

- Ti abbiamo vista uscire sta mattina. - esordì suo padre.

- Oh... ecco io, sono andata a... a vedere il mercato e... -

- Tesoro... - la richiamò sua madre - Sappiamo dove sei andata. Ti abbiamo seguita. -

E io stupida non mi sono accorta di nulla, pensò Jolie parecchio irritata.

Fece un bel respiro calmante prima di continuare a parlare: - Ok. E quindi? Avete visto che sono andata ad aiutare dei poveri sfortunati. E allora? È un problema, per caso? -

- Sai che non diciamo quello, tesoro, è solo che... -

- Solo che cosa? -

- È pericoloso. E abbiamo deciso di comune accordo che non ci tornerai di nuovo. -

- Non è pericoloso! -

- Quell’orso avrebbe potuto ucciderti! - sbottò sua madre, all’improvviso. Era sempre stata una persona fin troppo paziente ma ora aveva perso la sua espressione perennemente dolce e tranquilla a favore di una preoccupata a morte e anche un po’ arrabbiata.

- Ma sto bene! C’era Dragon con me! -

- Non mi piace quel ragazzo. È troppo sinistro. E non dovresti andare in giro con chi è più grande di te. - affermò suo padre. Anche lui era sempre stato un pezzo di pane ma ora era serio come la figlia non lo aveva mai visto.

- È solo 2 anni più grande, papà. Non è mica un 50enne! - disse scocciata, prima di rabbuiarsi - E poi, tu e mamma avete 9 anni di differenza. - 

Non seppe nemmeno lei da dove le fosse uscita quella frase, seppe solo che le era venuta naturale. Dal cuore. 

Perché aveva paragonato se stessa e Dragon ai suoi genitori? 

- Cosa vuol dire? È uno sconosciuto appena incontrato! -

- Anche voi siete stati sconosciuti. - continuò imperterrita per quella strada, benché la spaventasse cosa potesse esserci alla fine.

- Jolie... - chiamò sua madre - È diverso... -

- Ah, sì? E in cosa? Volete sapere la verità? Mi piace Dragon. Mi ha salvato la vita mettendo a rischio la sua. È un bravo ragazzo. - ignorò gli occhi al cielo di suo padre e proseguì - E mi piacciono quelle persone. So che posso fare qualcosa per aiutarle, anche se in piccolo. E non mi fermerò di certo perché voi due siete troppo egoisti da lasciarmi andare. -

- Qui non si tratta di egoismo Jolie! - esclamò suo padre, alzandosi in piedi irato - Si tratta della tua sicurezza! Noi siamo i tuoi genitori ed è nostro dovere proteggerti! -

- IO NON HO BISOGNO DI ESSERE PROTETTA! - urlò, alzando per la prima volta in vita sua la voce con i suoi genitori. 

Le finestre si spalancarono: a causa della sua rabbia aveva perso il controllo.

Vide la paura sul volto dei genitori: Jolie non avrebbe mai fatto loro del male ma la consapevolezza che temessero che potesse fu come una pugnalata al cuore.

Lasciò la casa ancora prima che loro potessero riprendersi dallo spavento, impedendo loro di notare le lacrime che lentamente aveva preso a scenderle sul viso.

Per un attimo pensò di darsi alla corsa ceca ma aveva già imparato che poteva essere pericoloso... però da qualche parte doveva andare. E di certo non a casa sua. 

 

Angolo dell’Autrice:

 

Konnichiwa minna-san! Finally I’m back! 

Sto veramente cercando di sfruttare al massimo questi ultimi giorni di vacanza, infatti ho già cominciato a scrivere il prossimo capitolo.

Che altro dire? Non riuscivo veramente a trovare una fine per questo capitolo, tanto da scriverlo e riscriverlo più e più volte!

Tutt’ora non mi convince appieno. Ma meglio di così temo di non poter fare.

Come sempre, se volete potete lasciare un commento. Accetto anche critiche.

A presto.

Mihawk_Akai

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


HEART’S STORM

Capitolo 7

 

Per la prima volta in vita sua non si curava del fatto che i suoi potessero spaventarsi per la sua prolungata assenza. 

Che si preoccupino, pensò, e si pentano di quello che hanno detto e pensato.

Vagò per un po’, fino a quando non sentì il rumore delle onde in lontananza.

Senza nemmeno accorgersene, girò i tacchi e lasciò che le sue gambe la conducessero verso quella radura sicura che non aveva dimenticato.

Cielo, come sperava di trovarlo lì! 

E mentre correva un solo pensiero rimaneva fisso nella sua mente.

Dragon.

Corse a perdifiato fino all’ingresso della radura, per poi entrare piano.

Voleva raggiungere la spiaggia ma, quando passò di fianco al secondo ingresso, la curiosità la pervase e le fu impossibile dirigere i piedi da qualche altra parte.

Percorse lo stretto corridoio di soppiatto, quasi temesse di fosse una qualche sorta di mostro.

Rimase nascosta all’uscita e analizzò lo spazio: era molto più piccola dell’altra grotta e non aveva sbocchi sul mare. Era solo un piccolo prato fiorito circolare.

Quello che vide al centro di essa rischiò di farla scappare: una figura umanoide stava di spalle con due enormi ali squamose che spuntavano dalla schiena e con una lunga coda appuntita.

Le ali avvolgevano l’intera figura impedendole di vederne il volto, ma non solo: sembrava quasi che proteggesse qualcosa...

All’inizio la figura le aveva fatto paura ma, più la guardava, più le sembrava magnifica: fece un passo avanti per guardarla meglio e...

Stumfh! 

Presa com’era a fissare quelle ali non si era accorta di un grosso ramo per terra ed era inciampata, finendo per rotolare a terra.

La figura si girò di scatto, accorgendosi della sua presenza e...

- Jolie?! -

Jolie guardò esterrefatta il ragazzo di fronte a lei: tutto si aspettava ma non vedere il suo amico con ali e corna! 

- Dragon! Che cavolo...? -

Dragon rimase distante, sospeso in aria a pochi centimetri dal suolo, aspettandosi che Jolie scappasse spaventata da un momento all’altro.

E invece la ragazza sorrise: - Sapevo che eri un drago! -

Ora si che Dragon era sorpreso: aveva pensato che lei fosse come tutti gli altri, troppo spaventati dal suo potere per rivolgergli la parola una volta scoperto. Non sapeva perché ma era felice di essersi sbagliato.

Atterrò di fianco a lei, tendendole una mano per aiutarla ad alzarsi. Il tutto accompagnato dal primo sorriso sincero rivolto a lei da quando si erano conosciuti.

Jolie non poté fare a meno di arrossire: era bellissimo quando sorrideva...

- Cosa era? - chiese Jolie, alludendo a come lo aveva visto prima. 

- Quella? Era la mia forma ibrida. -

- Forma ibrida? -

- Metà drago e metà umano. -

Gli sfuggì una risatina quando vide che la ragazza con le stelle negli occhi.

- Come presumo tu abbia intuito, ho mangiato un Frutto del Diavolo. - si fermò aspettandosi che lei gli chiedesse cosa fossero ma lei non lo fece, così proseguì - Lo Zoan mitologico Ryū Ryū no Mi, modello drago delle tempeste. -

- Controlli le tempeste? -

Dragon annuì.

- Che bella coincidenza! -

Il ragazzo la guardò senza capire. Jolie ridacchiò prima di allontanarsi di qualche passo da lui.

Disegnò con il piede un cerchio per terra, tutto attorno a lei. Poi allargò le braccia e le alzò verso il soffitto della grotta.

Attorno a Jolie, all’interno del cerchio cominciò a cadere la pioggia. Ma proprio solo la pioggia, niente nuvole o altro, solo l’acqua che compariva dal nulla e cadeva all’interno del cerchio.

Dragon ghignò: - Interessante... Il Frutto del Diavolo della pioggia, presumo. -

Jolie annuì, disattivando il suo potere: - Ame Ame no Mi, un Paramisha che genera la pioggia. -

- E come ha fatto una ragazzina di 15 anni, che non ha mai lasciato la sua isola prima d’ora a ottenere un Frutto del Diavolo? - 

- Potrei chiederti la stessa cosa! -

- Ho viaggiato più di quanto credi. - ribatté Dragon. 

Jolie fece un’espressione sorpresa: - Ehh? E l’hai trovato per caso in uno dei viaggi? -

- Non proprio. Cercavo un Frutto per conto di un amico di mio padre (che ne aveva bisogno per non so che cosa) ma lui ha deciso di lasciarmelo quando ha capito che Frutto fosse. Pare lo trovasse molto appropriato. - 

Jolie rise: - Beh, ci aveva visto giusto! -

- Comunque non mi hai risposto. - fece notare Dragon.

- Me l’ha portato mio fratello, per il mio 12 compleanno: l’aveva trovato per caso e aveva pensato che potesse piacermi. Adoro il potere ma aveva un saporaccio! Shishi!- rispose Jolie, portando le braccia dietro la nuca, ridacchiando.

Dragon ridacchiò a sua volta: l’allegria di Jolie era contagiosa.

- Neh, neh, Dragon... - chiamò poi, dopo un po’.

- Mnh? -

- Posso toccarle? - chiese, riferendosi alle ali che il ragazzo ancora non aveva fatto sparire.

- Se proprio ci tieni... -

Jolie si avvicinò e allungò le mani: - Le scaglie sono affilate. Attenta a non perdere le dita. - la avvertì ironicamente. 

Jolie gli fece la linguaccia prima di appoggiare le mani sopra le ali.

- Wow... - mormorò estasiata, prima di venire distratta da qualcosa dietro al ragazzo.

Lo superò e si diresse verso il centro della radura, capendo cosa Dragon stesse coprendo con le ali, prima.

Una lapide. Una semplice roccia con inciso un nome ma era palese che si trattasse di quello.

- White D. Lia... - lesse in un sussurro - Tua madre, presumo... -

Dragon si limitò ad annuire serio, facendo capire a Jolie quanto poco apprezzasse la piega presa dalla conversazione. Decise perciò di cambiare argomento.

- Neh, neh! Com’è volare? -

Dragon si lasciò scappare un ghigno: era un pessimo modo per sviare la conversazione. Comunque...

- Bello. Ti senti... libero. -

- Posso provare? - chiese speranzosa.

- Non ti posso mica prestare le ali! - ridacchiò il ragazzo - E no. Non ti porto sulla schiena. Non sono una bestia da soma. -

- Uffa!!! - 

Dragon rise di fronte all’infantilità della ragazza, prima di avviarsi verso l’uscita della radura.

- Comunque cosa ci fai qui? Pensavo fossi tornata a casa... -

Jolie si rabbuiò: - Vero, ma ho litigato con i miei genitori e sono scappata. Pensavo di passare la notte nella grotta... -

- Al freddo e senza precauzioni contro gli animali feroci? Eheheh, non saresti durata un’ora. -

Jolie mise il broncio, incrociando le braccia al petto.

- E allora che faccio? Di certo non torno là! -

- Ti ospito, cretina. - rispose Dragon, sbuffando: quella ragazza aveva la rara abilità di irritarlo come solo l’idiozia di suo padre prima di allora.

- Eh? -

- Che c’è? Non avrai mica pensato che vivessi tra i boschi, spero! -

Jolie si grattò la testa imbarazzata.

Attraversarono il bosco e, quando raggiunsero una casa su una collina, era ormai buio pesto.

Una volta entrati, le indicò una camera: - Puoi dormire qui. - 

Jolie intuì che quella dovesse essere la camera di suo padre ma era evidente che non veniva utilizzata da anni.

Il ragazzo entrò nella stanzae aprì l’armadio, estraendo uno yukata femminile verde verde. - Puoi usare questo per dormire. Ti starà un po’ grande ma almeno non dovrai dormire con i jeans. -

- Grazie. - rispose secca.

Dragon captò il cambiamento d’umore ma si astenne dal farglielo notare.

- Vado a mettere la carne sul fuoco. Ti chiamo quando è pronta. -

- Mnhmn... - acconsentì distrattamente.

Il ragazzo uscì e chiuse la porta dietro di se, lasciando Jolie a fissare lo yukata.

Era chiaramente uno yukata femminile ma era troppo piccolo perché potesse essere della madre di Dragon (anche perché, dallo stato della lapide, doveva essere morta da molto tempo).

Questo significava che era di una ragazza, di poco più grande di lei probabilmente. Solo che Dragon non aveva sorelle, ne era sicura (era una delle poche cose personali che le aveva detto al loro primo incontro).

Quindi... di chi era? 

Incredibilmente si trovò a odiare l’idea che potesse appartenere alla sua fidanzata. 

- Io questo non lo metto. - affermò convinta, salvo poi considerare scortese la cosa e ripensarci.

Cominciò a sfilarsi la camicia proprio nel momento in cui Dragon bussò alla porta.

- Jolie? - sentì chiamare.

- FERMÒ LÌ! NON TI AZZARDARE AD ENTRARE! - urlò la ragazza, imbarazzata dall’idea che potesse aprire la porta e trovarla così.

- Calma. Non ne avevo intenzione. - rispose lui, indifferente come suo solito - Volevo solo avvisati che è pronto. -

- Eh? Di già? -

- Sono oltre 20 minuti che stai chiusa lì dentro, sai? Quanto ci metti a cambiarti? -

Jolie abbassò lo sguardo alternandolo tra la maglia che ancora stava togliendo e lo yukata, realizzando di non aver la benché minima idea di come si metta.

- Ehmm... ho... ho un po’ di problemi a capire come si mette... eheh... -

Sentì Dragon sospirare sconsolato e poté benissimo immaginarlo spalmarsi una mano sulla faccia. 

- Beh, arrangiati. -

- E sbrigati. - aggiunse, poco dopo.

Jolie sbuffò, togliendo completamente maglia e jeans e infilando (?) lo yukata. Rinunciò ad allacciarlo come si deve e si limitò ad un brutale nodo. Uscì e cercò la cucina.

- Ecco...ti... - fece il ragazzo girandosi verso di lei.

- Che c’è? - chiese Jolie.

Vide Dragon cercare di trattenere una risata prima di girare oltre il tavolo e mettersi dietro di lei.

- Ehi! Che stai... - s’interruppe e arrossì di botto quando lui le slacciò il nodo. 

- ASPETTA! CHE FAI?! - urlò Jolie, chiudendo lo yukata con le mani, non sapendo dove volesse andare a parare il ragazzo.

Si zittì, diventando bordeaux per l’imbarazzo, e lo sentì ridacchiare.

Poco dopo si allontanò. - Fatto. -

Jolie sbatté le palpebre, realizzando che Dragon le aveva solo allacciato lo yukata nel modo corretto. Ancora paonazza si voltò verso il ragazzo che le rispose con uno strano sguardo: - Che c’è? -

- No beh, io... - provò ad articolare Jolie, venendo però subito interrotta.

Dragon rise, mandando in corto-circuito il cervello alla ragazza: non poteva fare così, maledizione! Si riscosse solo quando lui smise, rivolgendole un ghigno divertito. A quel punto Jolie capì che il ragazzo era perfettamente conscio dell’equivoco, anzi!, l’aveva fatto apposta per irritarla. 

Maledetto...

Archiviarono la questione a favore della cena ma, nonostante tutto, Jolie ancora si tormentava: di chi diavolo era quello yukata?

- Che hai? -

- Mnh? - 

- È da prima che sei così pensierosa. Che hai? -

- No niente, è solo che... uffa! È da prima che mi chiedevo di chi potesse essere questo yukata! Ecco. -

Un lampo di malinconia balenò negli occhi di Dragon, scomparendo subito dopo: - Di una vecchia amica. -

Ma a Jolie non bastò questa risposta: - Un’amica? Amica amica o amica fidanzata? -

Dragon incatenò il proprio sguardo gelido in quello irato della ragazza: - La cosa ti riguarda per caso? -

Jolie incrociò le braccia, palesando tutto il suo disappunto. 

Dragon sospirò, irritato: - Amica fidanzata, per usare le tue parole. -

Jolie non capì cosa era quella stratta al petto - Ma ci siamo lasciati da tempo. -

La ragazza non riuscì a reprimere un sospiro di sollievo, nonostante non capisse nemmeno lei perché. Dragon lo notò e ghignò: - Che c’è? Non dirmi che sei gelosa... -

- N-non dire cavolate! Perché mai dovrei! - rispose lei con fin troppa veemenza per essere credibile.

Dragon ridacchiò, decidendo di lasciar cadere l’argomento e di dedicarsi alla propria cena.

Mentre addentava un pezzo di carne guardò di sottecchi la ragazza di fronte a lui, notando che il rossore dell’imbarazzo non era ancora scomparso dal suo volto.

Sorrise. 

Interessante...

 

Angolo dell’Autrice:

 

Konnichiwa minna-san! Finally I’m back! 

Finalmente ho ritrovato l’ispirazione! Yuppieee!

Colgo l’occasione per informarvi che “Our Family” sarà in pausa fino almeno alle vacanze di Natale. Abbiate pazienza ma devo rileggermi per bene tutto il manga di One Piece.

Non ho nient’altro da dire perciò mi dileguo.

Come sempre se volete potete lasciare un commento, accetto tranquillamente anche critiche.

A presto (spero). 

Mihawk_Akai

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


HEART’S STORM

Capitolo 8

 

Dopo la cena Jolie si fece per recarsi nella camera che Dragon le aveva “prestato”, ma si fermò. Infatti, vide il ragazzo andare verso la porta d’ingresso e non verso la sua camera.

- Non vai a riposare anche tu? - chiese, pentendosene subito dopo: non erano affari suoi, infondo.

Lui le lanciò un’occhiataccia, a conferma dei pensieri di lei, e uscì lo stesso. 

Jolie decise di non farci troppo caso e si ritirò finalmente nella sua stanza. Era buio, poiché ormai era calata la sera, e questo le impedì di vedere che l’anta dell’armadio era stata lasciata aperta, andandoci a sbattere contro con forza.

- Ahia! Ma che cazz... - Jolie imprecò ad alta voce prima di sentire un tonfo, come qualcosa di pesante che cade dall’alto, e zittirsi nuovamente. 

Cercò a tentoni la lampada ad olio, rischiando quasi di far cadere a terra pure quella, e la accese. Vide subito cosa aveva fatto cadere: un grosso librone rilegato in pelle, infatti, giaceva a terra davanti all’armadio, a pochi centimetri da dove prima stava in piedi lei.

Posò la lampada sul letto, in modo che illuminasse tutta la stanza, e si chinò a raccogliere il libro: - Cavolo! Se mi fosse caduto in testa avrei avuto come minimo una bella commozione cerebrale... -

Si sedette sul letto, appoggiando il libro davanti a lei e facendosi maggiormente luce con la lampada. Lesse finalmente quell’unica parola, scritta con una grafia elaborata e ordinata, posta in alto sulla copertina, a fare da titolo: Monkey. 

Un lampo di realizzazione la colse e, presa dalla sempre più crescente curiosità, aprì quel libro, anzi meglio, album. Appena lo fece, infatti, trovò pagine su pagine piene di fotografie con, di lato, una didascalia indicante nome, cognome ed età delle persone raffigurate e una piccola frase di commento. Tutto con la stessa grafia elegante del titolo. Capì quasi subito di avere tra le mani l’album di famiglia di Dragon e questo la portò a chiuderlo all’istante, non volendo intromettersi così tanto nella sua vita privata. Non erano mica così intimi! Anzi!, a malapena potevano definirsi amici... Così ripose l’album nell’armadio e si sdraiò tra le coperte, intenzionata a farsi una sana dormita. 

Ma il suo cervello sembrava essere di tutt’altra opinione.

Le impedì di dormire, costringendola a girarsi e rigirarsi nel letto, mentre le ricordava costantemente che in quell’album avrebbe potuto esserci qualcosa di interessante (come, per esempio, delle foto di Dragon da piccolo). Perché la sua mente considerasse questa cosa così importante da privarla del suo amato sonno per ricordargliela, ancora non lo sapeva. O meglio, sapeva che un motivo c’era sicuramente ma non riusciva a capire. Ma infondo non c’era motivo di stupirsi: lei stessa non si sarebbe descritta una persona molto sveglia.

A salvarla dai suoi stessi pensieri fu il suddetto ragazzo, che venne a bussare alla sua porta. 

- Jolie? -

Ma la ragazza proprio non aveva voglia in quel momento di parlare con lui, perciò finse di non averlo sentito poiché addormentata.

- Jolie, so che sei sveglia. Apri che è importante. -

La ragazza non rispose ma poi si sentì in colpa e si alzò, facendo come richiesto.

- Che c’è? - chiese, bruscamente. Non voleva essere scortese, solo non era riuscita a dormire e il motivo la tormentava. Lui non ci fece caso o forse, semplicemente, decise di ignorare, con molto tatto, la cosa.

- I tuoi genitori sono venuti a cercarti: stanno bussando a tutte le case e ci vorrà poco prima che vengano anche qui. -

Jolie s’irrigidì: immaginava che avrebbero provato a cercarla ma sperava che non si sarebbero avvicinati così tanto. Infondo, voleva dire che avrebbero dovuto inoltrarsi in una foresta sconosciuta piena di animali feroci nel cuore della notte! E sua madre odiava le foreste. 

Un po’ le fece piacere che fosse più importante di quell’odio ma davvero non aveva voglia di vederli ora. L’avrebbero costretta ad andare via e lei si trovava così bene lì, con Dragon. 

- Non voglio vederli. - affermò sicura. 

Dragon fece un mezzo sorriso: - Immaginavo. - le tese una mano  che la ragazza afferrò senza esitazione, nonostante non sapesse nulla di ciò che aveva in mente il ragazzo - Vieni. Andiamo. -

- Dove? - chiese, mentre lo osservava spegnere tutte le lampade che illuminavano la casa, sempre tenendole la mano.

- Fuori. - ghignò quando si girò a guardarla - Giochiamo a nascondino. -

La dolce risata di Jolie accompagnò la loro fuga dalla finestra nell’esatto momento in cui i suoi genitori vennero a bussare alla porta.

Furono visti, naturalmente, ma forse un po’ era quella l’intenzione: farli penare ancora di più.

Quando sentì i suoi genitori chiamarla, Jolie rise ancora più forte, lasciandosi trascinare, senza timore alcuno, da Dragon nell’oscura foresta che si parava davanti a loro. 

Videro e sentirono i genitori della ragazza rincorrerli ma non si fermarono: continuarono a correre nonostante fosse buio e non vedessero dove mettevano i piedi. Corsero per parecchio, fino a quando Jolie non ebbe bisogno di fermarsi: - Dragon, aspetta. Fermiamoci un secondo. - 

Lui non le rispose, limitandosi a lasciarle la mano e a fare come gli aveva chiesto. Jolie si appoggiò ad un tronco, ansimando per la fatica. Riposarono giusto qualche secondo prima che Dragon le ordinasse di riprendere a correre. - Perché? - chiese lei: ormai li avevano seminati... 

La luce delle lampade li raggiunse all’improvviso. - JOLIE! VIENI QUI. ORA! - la chiamò suo padre, la rabbia a mascherare la sua preoccupazione.

Un attimo di panico la raggiunse, ma fortunatamente Dragon la riscosse: - Corri, Jolie, CORRI! - Si alzò in fretta e lo seguì dove gli alberi erano più fitti.

- Dragon più piano! Non riesco a starti al passo! -

Accelerò per provare a raggiungerlo, non notando che lui aveva subito fatto come chiesto, peccato che non andò tanto lontano. 

Non avendo più lui ad aprirle la strada, infatti, urtò violentemente una radice d’albero, finendo a rotolare per terra.

- Ahia! Che male! Ahh! - gemette Jolie, stringendosi la caviglia che nella caduta di era storta e che ora pulsava dolorosamente.

Dragon la raggiunse pochi istanti dopo: - Stai bene? - chiese.

La ragazza annuì, anche se per nulla convinta: - Sì, sì, sto bene. Ho solo preso una botta alla caviglia... Non importa. Andiamo, prima che ci raggiungano! -

Fece per alzarsi ma si accasciò a terra di nuovo, appena provò a mettere anche solo pochissimo peso sulla caviglia. - Merda! Dobbiamo andare o ci raggiungeranno e avrò il doppio della strigliata, se mi vedono conciata così! - piagnucolò Jolie, più a se stessa che al ragazzo di fianco.

Dragon sbuffò, leggermente irritato da quella situazione. - Prima cadi dal burrone e ora inciampi su una radice. Ma guardare dove metti i piedi ti sembra un’idea così pessima? -

La ragazza brontolò qualcosa su fatto che non era colpa sua se era una persona distratta ma lui la ignorò completamente. Sbuffò ancora quando intravide nuovamente le luci delle lampade in avvicinamento. - Ma tu guarda un po’ cosa mi tocca fare... - borbottò. - Eh? - 

Prima che Jolie potesse ribattere, spalancò le sue ali e la prese in braccio, per poi spiccare il volo. La ragazza lanciò un urlo.

- Che stai facendo? Mettimi giù! Subito! - fece, mentre mentalmente respingeva il terrore per l’altezza e ringraziava la notte per nascondere le sue guance rosse d’imbarazzo.

Dragon ghignò. Era così divertente...

Jolie lanciò un’altro urlò quando il ragazzo si fermò improvvisamente a mezz’aria, come unico movimento il leggero oscillare dovuto allo sbattere d’ali. Chiuse gli occhi, allacciando le braccia al collo di Dragon e stringendolo con forza.

- Ehi! Non ti allargare! Cos’è tutta questa confidenza? - fece lui, irritato (?), cercando di allontanarla senza, però, farla cadere. Si bloccò quando la sentì tremare: - Jolie... che ti prende? -

- Non voglio guardare giù... - si lasciò sfuggire una risata leggermente isterica - Buffo, vero? Questo pomeriggio ti avevo chiesto se potevi portarmi in volo e ora che lo stai facendo ho paura. - 

Dragon rimase a guardarla e Jolie, nonostante non lo vedesse, percepì il suo sguardo e si spiegò meglio: - Se guardo in basso ho la sensazione di cadere... e lo detesto. -

Lui ridacchiò e la ragazza si offese: - Che c’è tanto da ridere? Sono certa che anche e tu hai avuto paura le prime volte! - 

Dragon ridacchiò ancora e Jolie stava per replicare di nuovo quando...

- Fidati. -

Jolie smise di tremare. Allentò la presa delle braccia, allontanando la testa dall’incavo del collo di Dragon, dove l’aveva nascosta in precedenza, per guardarlo in faccia. Incatenò il suo sguardo sorpreso con quello serio di Dragon, per poi annuire piano. 

Lui, allora, la esortò con lo sguardo ad abbassare gli occhi.

La ragazza esitò ancora. Cercò l’ennesimo supporto dall’amico, trovando sul suo volto un leggerissimo sorriso. 

Fidati, ripetevano i suoi occhi, non ti lascio cadere.

A quel punto sorrise anche lei e abbassò lo sguardo.

Le vertigini la colsero appena inquadrò, nel buio, la foresta sottostante. Istintivamente si ritrasse, stringendosi a Dragon. Ma ormai aveva guardato e, ragionando ora a mente fredda, non aveva sentito solo le vertigini. Il vento, le chiome degli alberi...

Guardò di nuovo, questa volta intenzionata a osservare accuratamente.

Mano a mano che analizzava i vari dettagli, le vertigini diminuivano, fino a scomparire del tutto.

- Wow... - sussurrò Jolie, per poi sentire il suo amico parlare: - E in movimento è ancora meglio. -

Ora che la paura e le vertigini erano scomparse, non c’era più nulla a fermarla: - Vediamo, vediamo! - 

Dragon mise più forza nelle ali, salendo sempre di più verso il cielo. Jolie osservò sbalordita il terreno rimpicciolirsi sotto i suoi piedi, per poi guardare in alto: sembrava che ad ogni colpo d’ali fossero sempre più vicini a quel cielo notturno ma, allo stesso tempo, pareva che questo si allontanasse. Non aveva parole. E, per lei che parlava anche mentre dormiva, era una cosa incredibile. 

Per un attimo ebbe un pessimo presentimento. Fece per commentare quella sensazione quando si sentì precipitare. 

Urlò a squarciagola, stringendosi a Dragon e sentendolo ridere come mai prima. Il ragazzo eseguì un po’ di acrobazie e scatti in aria, per poi atterrare su un ramo di un albero. 

- CRETINO! - urlò Jolie, tirando con forza un pugno contro la sua spalla. Le sue orecchie si riempirono della risata di Dragon, profonda e rassicurante.

Jolie mise il broncio, fece per scendere e mettersi in piedi di fianco a lui sul ramo ma venne trattenuta con fermezza. Lanciò uno sguardo perplesso al ragazzo che, in risposta, alzò gli occhi al cielo: - Certo che certe volte proprio non ci arrivi, eh? Bene, allora mettiamola così: come pensi che succederebbe se, con la caviglia conciata in quel modo, ti appoggiassi su una superficie instabile come un ramo d’albero? Sospeso a 7 metri dal suolo, oserei aggiungere. -

A quello la ragazza tremò un attimo e tornò ad aggrapparsi all’amico, che ridacchiò nuovamente. 

- Ti detesto. - borbottò Jolie a denti stretti, stufa che Dragon ridesse di lei. 

Jolie sbuffò: - E adesso? Non possiamo tornare a casa tua, sarà il primo posto in cui torneranno a controllare... -

- C’è un’altra casa nella foresta, oltre alla mia. L’idea era di andare lì. Sarà un po’ impolverata, dal momento che è disabitata da un paio di mesi, ma ce la possiamo cavare. -

- E se trovassero anche quella? - chiese Jolie, leggermente allarmata.

Dragon le sorrise, perfettamente tranquillo: - Impossibile. - la ragazza aprì la bocca per parlare ma lui la bloccò subito - Capirai per strada. - Detto questo, spalancò le ali e spiccò nuovamente il volo. 

Volarono per qualche minuto, prima che il ragazzo si abbassasse di  quota, atterrano sull’erba, davanti all’albero più grande della foresta.

A quel punto Dragon appoggiò Jolie, su una delle radici sporgenti dell’albero prima di spostarsi di fianco al tronco e afferrare delle corde, per poi tirarle e togliere la copertura (che in tutto e per tutto assomigliava al terreno) da una specie di botola.

Prese nuovamente la ragazza in braccio, per poi saltare all’interno di quello che, ora che Jolie poteva guardarlo meglio, era una galleria scavata nel terreno. La fece quindi sedere su una roccia sporgente, che sembrava modellata apposta per fare da sedia, e chiuse la botola dall’interno e tornò da lei.

- Ora capisci perché non ci troveranno mai? -

Jolie sorrise, annuendo. Dragon la fece salire sulla propria schiena e proseguì lungo quello stretto tunnel. Finalmente, dopo quasi un quarto d’ora di camminata nel tunnel, arrivarono a quella casetta ed entrarono. 

- Com’è impolverata! - esclamò Jolie, tossendo. -

- Non ci vive più nessuno da 4 mesi abbondanti, è normale. - rispose Dragon, tirando un calcio ad una sedia che si trovava in mezzo al corridoio - E il proprietario non era un amante dell’ordine. - completò il ragazzo con toni schifato, facendo ridacchiare Jolie che ben ricordava con che ordine maniacale l’amico tenesse le proprie cose. 

Dragon andò a passo sicuro verso l’ultima stanza in fondo a destra, aprendo la porta con un piede. Jolie trattenne il fiato: la camera era ordinatissima ma, soprattutto, era sui toni del verde, con un ovvio tocco femminile. La ragazza provò l’impellente bisogno di uscire da quella che aveva intuito fosse la camera della proprietaria dello yukata che indossava. Cercò di reprimerlo ma un’espressione schifata le scappò. Fortunatamente, Dragon ebbe il tatto di non farglielo notare. 

Si limitò a prendere delle bende e fasciarle la caviglia storta. 

- Riposa. - le disse, quando ebbe finito - Ne hai bisogno. -

E lasciò la stanza, prima che la ragazza potesse replicare.

Jolie guardò il letto, su cui al momento era seduta: - Io non dormo. -

Ma Dragon aveva ragione, era troppo stanca per questa opzione. Così si limitò a sdraiarsi per terra, su uno dei due tappeti, e a coprirsi con l’altro. 

“È poco igienico!” 

La voce di sua madre le passò per la mente ma la scacciò velocemente: sempre meglio che dormire su quel letto. 

Quando, un paio d’ore dopo, Dragon venne a controllare se era tutto a posto, si lasciò sfuggire un ghigno.

- E poi non era gelosa... -

 

Angolo dell’Autrice:

 

Konnichiwa minna-san! Finally I’m back! 

Non ho idea di quanto tempo sia passato dall’ultimo aggiornamento ma teme proprio parecchio tempo ma, eh!, ho un’attenuante! Questo capitolo è stato un parto: per quanto lo cambiassi aveva sempre qualcosa che non mi convinceva! Così dovrebbe andare ma non si sa mai! 

Fatemi sapere cosa ne pensate (bastano anche solo 2 righe di commento, come sempre accetto anche critiche).

Detto questo mi eclisso.

A presto (spero).

Mihawk_Akai

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


HEART’S STORM

Capitolo 9

 

Jolie si svegliò la mattina seguente.

Si alzò zoppicando, lasciando poi la stanza e andando a cercare Dragon. Non lo trovò. Decise quindi di aspettarlo fuori.

Il ragazzo la raggiunse pochi minuti dopo, planando giù dal cielo. 

- Dormigliona. - la prese in giro Dragon, appena posò i piedi a terra.

Jolie gli rispose con una linguaccia, ottenendo un ghigno dall’amico.

Dragon si sedette per terra, appoggiando la schiena al muro di mattoni della casa e invitando, con lo sguardo, la ragazza a fare altrettanto. 

- Quindi? Cosa vuoi fare? -

Non c’era bisogno di specificare a cosa si riferisse.

- Non lo so. Trattare, penso. -

- Oh? Non ti facevo un tipo diplomatico... -

Jolie accennò un sorriso: - Non lo sono. Ma voglio trattare per ridurre la mia punizione. Potrei scappare di nuovo. -

Dragon la guardò alzando un sopracciglio: - E lo faresti? -

- No. Ma questo loro non possono saperlo. -

Il ragazzo annuì, sorridendole leggermente: - Bene. Allora ti interesserà sapere che si sono accampati fuori da casa mia. -

Jolie rise, sospirando di sollievo interiormente: non ci sarebbe stato l’imbarazzo del chiedergli se venisse con lei. 

- Vuoi andare adesso o preferisci cambiarti, prima? -

- Non importa. Andiamo. Poi rimetto i miei vestiti. -

E detto questo Jolie si piazzò in piedi di fronte a Dragon, che ancora non si era alzato da terra. 

- Cosa. -

- La caviglia mi fa ancora molto male... - fece, lamentosa. 

Dragon sospirò esasperato, alzandosi, per poi farle segno di avvicinarsi. Jolie mise un sorriso da un orecchio all’altro, avvicinandosi zoppicando e mettendogli le braccia al collo per tenersi. Nascose la testa nell’incavo del suo collo per l’imbarazzo quando lui le mise un braccio attorno alla vita e la strinse. Era già successo parecchie volte nelle ultime ore ma continuava a imbarazzarsi come fosse la prima.

Imbarazzo che però sparì appena si sollevarono da terra, raggiungendo il cielo. 

Sembrava quasi che il cielo fosse il loro piccolo mondo privato... 

Si diede dell’idiota da sola per quel pensiero, arrossendo, ma l’adrenalina che la percorreva tutte le volte che prendeva il volo le impedì di preoccuparsene. 

Dragon preferì non farsi vedere volare, atterrando a pochi passi dal limitare del bosco, fuori dalla vista dei genitori della ragazza.

Genitori che notarono immediatamente i due ragazzi, appena questi si avvicinarono, lasciando il riparo della foresta. 

- JOLIE! - la voce preoccupata di suo padre tradiva l’espressione arrabbiata sul suo volto. 

Sua madre, invece, si diresse subito ad abbracciarla, ma la ragazza fece rapida un passo indietro, cercando di trattenere il dolore che era partito dalla sua caviglia.

- Dobbiamo parlare. - disse Jolie, con una freddezza che non le apparteneva. Anche lei voleva solo riabbracciarli ma così tutto quello che aveva fatto non avrebbe avuto più alcun senso: doveva mettere in chiaro come voleva che le cose cambiassero. 

Suo padre la fulminò con lo sguardo: - Assolutamente, signorina. Ma non qui. A casa. -

- No. Qui. E adesso. - 

- Tesoro... - sua madre cercò di calmare il marito e la figlia ma con scarsi risultati visto che ottenne un’occhiataccia da entrambi. 

- D’accordo. - acconsentì alla fine il padre - Ma parleremo da soli. Tu. - si rivolse a Dragon - Vattene. Non sono affari tuoi. - 

Il ragazzo alzò le spalle, acconsentendo, lanciando però un’ultimo sguardo verso l’amica. Si fermò quando incrociò la supplica silenziosa negli occhi di lei. 

Ritornò al suo posto, dietro la ragazza. Il padre della giovane lo guardò malissimo: se gli sguardi avessero potuto uccidere, Dragon sarebbe diventato senza dubbio un cadavere.

- Dragon resta. - fece ancora Jolie, ostentando una sicurezza che non aveva. Avrebbe dovuto scusarsi con lui per quell’uscita, appena avesse potuto. 

- Come, scusa? - le rispose suo padre, fingendo di non aver capito. 

Piccolo respiro: - Se non mi piacerà la piega che prenderà la discussione, me ne andrò di nuovo. -

Vide sua madre sgranare gli occhi per la sorpresa: la paura di perderla per sempre la pietrificò sul posto. 

- Non ti azzardare, signorina! - minacciò suo padre - Non puoi più scappare, a questa distanza ti prendiamo. Soprattutto perché non puoi correre con la caviglia conciata così. -

Jolie perse un battito: se ne erano accorti. Non poteva più giocare a quel gioco. 

Fortunatamente il ragazzo dietro di lei le venne in aiuto: Dragon si avvicinò a lei, posandole una mano sulla spalla e puntando gli occhi in quelli di suo padre. 

- Correre non è l’unico modo... -

Suo padre si zittì: internamente intimorito dallo sguardo del ragazzo. Anche perché, notò Jolie in quel momento, Dragon surclassava di molto suo padre in altezza. Non era la prima volta che incontrava qualcuno di così alto: suo fratello Roger e alcuni suoi compagni ne erano un esempio. Ma ciò che la colpiva tutte le volte che parlava con il ragazzo era il rapporto età-altezza.

Ma stava divagando. 

Tornò a porre la sua attenzione sui genitori.

Suo padre parlò di nuovo, cercando di ignorare il ragazzo di fianco alla figlia: - Bene. Parliamo. Prima di tutto, tu, nel bosco circondata da quelle bestie feroci non ci torni. -

Jolie alzò gli occhi al cielo: - È commuovente vedere quanto poco vi fidiate della mia forza. Sapete che non sono debole, ma anzi!, sono perfettamente in grado di cavarmela. -

Fu sua madre a interromperla, irritata: - Oh, certo! Possiamo parlare un attimo dell’orso che ti ha quasi uccisa ieri? -

- Appunto. Quasi. Questo dovrebbe dimostrarvi che sono capace di tirarmi fuori dai guai. E comunque non sono da sola: ho Dragon a guardarmi le spalle. -

- Se ci stai chiedendo di lasciare la vita di nostra figlia nelle mani di uno sconosciuto, allora puoi considerare questa discussione finita. Non intendiamo transigere su questo. -

- Sarà uno sconosciuto per voi... - ribattè Jolie, infantilmente - È un mio amico. E mi posso fidare ciecamente di lui. -

A quell’uscita, Dragon, non visto dai suoi genitori, lanciò un’occhiata in tralice alla sua “amica”.

Sua madre non riuscì a trattenere l’irritazione: d’accordo tutto ma dire certe cose di una persona incontrata due giorni prima non è di certo la più intelligente delle mosse.

- Ah sì? Come puoi essere certa di conoscerlo davvero? Come fai ad assicurarci che, colui che ci stai presentando come un ragazzo fantastico, non sia soltanto un bastardo con doppi fini? - 

Jolie fece per ribattere, infuriata per gli insulti gratuiti, ma venne interrotta dal ragazzo che, sentendosi chiamare in causa, ruppe la sua regola personale di neutralità: - E se invece non lo fossi? - 

I due genitori ammutolirono: una domanda pura e semplice, posta con innocenza e senza sensi nascosti...eppure quella fu, nel cuore della donna più anziana, la prima asse del ponte verso la figlia.

 Jolie sfrutto questi secondi di palese esitazione per continuare e rincarare la dose: - Appunto. Dite che non lo conosco, ma voi lo conoscete ancora meno di me e già state giudicando. Non è ipocrita come cosa? -

- Attenta, signorina! - la rimproverò suo padre - Non osare parlare in questo modo ai tuoi genitori. -

- Ma è quello che state facendo! - urlò la ragazza. 

Sospirò, rendendosi conto di aver alzato la voce. 

- Ascoltate: è tutta la vita che mi caccio nei guai. Ed è altrettanto tempo che ne esco incolume. Lasciate solo che vi faccia vedere perché questo è un guaio da cui non posso permettervi di tirarmi fuori... -

La donna non poté che rimanere impietrita davanti alla volontà così evidente della figlia: quella sicurezza, quella testardaggine... per un istante le sembrò di avere davanti Roger.

Un’altra asse.

Posò la mano sulla spalla di suo marito, attirandolo più vicino a sé e sussurrandogli all’orecchio: - Permettiamole di mostrarci, si merita almeno un’opportunità. - s’interruppe, lanciando poi un’occhiata di sbieco all’altro ragazzo - Se la meritano entrambi. -

Jolie accennò un sorrisetto a sua madre: era sicura che sarebbe stata la prima a capitolare ma sentirla parlare in quel modo le aveva fatto più piacere di quanto avesse previsto.

Sorrisetto che, però, fece sparire subito, in attesa della risposta di suo padre. 

Fu solo quando lui acconsentì alla proposta della moglie, non senza nascondere il suo disappunto, che la ragazza permise alle sue labbra di allargarsi nel suo solito sorriso a 32 denti.

Ora che il problema era parzialmente risolto, Jolie si permise di fare qualche passo in avanti, per abbracciare i suoi genitori.

La sua caviglia, però, dissentì e si ritrovò a cadere in avanti ancora prima di accorgersene. 

Suo padre si sporse per prenderla ma le braccia possenti che l’avvolsero e la salvarono dalla caduta non furono le sue.

Jolie alzò gli occhi e incrociò quelli grigi di Dragon.

- Grazie. - gli disse, lo sguardo pieno di ringraziamento. Appena notò quello di lui, però, rimase perplessa. Non capiva cosa trasmettesse.

- Attenta a quello che fai. - fece invece lui, ignorando la sua perplessità.

Jolie inclinò leggermente la testa di lato: - Tutto bene? -

Il ragazzo sollevò un sopracciglio: - Non sono io quello che non riesce nemmeno a stare in piedi. -

- Sono seria. Hai uno sguardo strano. - rispose la giovane.

Dragon, non visto, lanciò una rapida occhiata ai due adulti con loro e ghignò: - Tu hai le traveggole. -

- Stronzo. - affermò la ragazza, lasciando però cadere la conversazione, intuendo che l’amico non volesse parlarne davanti a quelli che per lui erano completi estranei.

Jolie raggiunse i suoi genitori e li abbracciò con forza. Chi voleva prendere in giro? Voleva loro troppo bene.

Dopodiché si diresse verso la casa, fermandosi alla porta. Guardò indietro, notando che l’amico non sembrava intenzionato ad aprire e a farli entrare. Realizzò un attimo più tardi che erano i suoi genitori il problema. 

Cercò di buttarla sul ridere: - Tranquillo, prendo solo i miei vestiti e poi esco. Giuro che non mi fermo per colazione. -

Dragon cercò di non sorridere a quella ragazza che, nonostante lo conoscesse da un paio di giorni, sembrava riuscire a leggerlo meglio di suo padre. Non ci riuscì, perciò nascose il sorriso con uno sbuffo.

Mentre si avvicinava alla porta e tirava fuori le chiavi per aprirla, non poté fare a meno di lanciarle un’occhiata: doveva ancora decidere se Jolie fosse una cosa positiva, che quindi poteva “ignorare”, o se fosse negativa e quindi andasse allontanata al più presto, prima che entrasse irrimediabilmente nella sua routine. 

Mentre invitava la famiglia ad entrare (cercando di sopprimere i suoi istinti animaleschi e di non ringhiare ai due adulti sconosciuti che ora stavano osservando il suo salotto), si chiese se ormai non fosse troppo tardi.

Guardando poi la ragazza muoversi con sicurezza tra le varie stanze capì: era decisamente troppo tardi. Aveva perso ancora una volta contro la sua tendenza ad affezionarsi troppo in fretta: l’aveva lasciata entrare nel suo mondo e ora se ne stava andando, come era ovvio che sarebbe successo. E lui avrebbe perso l’unica amica che aveva avuto in tanto tempo.

L’uomo più anziano lo distolse dai suoi pericolosi pensieri con un tentativo di conversazione abbastanza patetico. Sicuramente forzato dalla moglie, pensò.

- Come hai detto che ti chiami? -

Assottigliò lo sguardo, valutando se rispondergli come era solito fare in caso di conversazione con gente che non gradiva. Ma poi pensò a Jolie e si impose di rimanere almeno cortese: - Dragon. -

L’uomo annuì ma non fece cenno di voler continuare a parlare e Dragon fu ben lieto di lasciar morire la conversazione.

Poco dopo la ragazza tornò: ora che si era rimessa i suoi vestiti era più riconoscibile, si adattavano meglio alla sua personalità.

Quando incrociò il suo sguardo gli sorrise a tuttidenti e il ragazzo si sentì sprofondare. La seguì con lo sguardo, mentre andava verso i suoi genitori, e non poté frenare i propri pensieri.

Cazzo...

 

 

Angolo dell’Autrice:

 

Konnichiwa minna-san! Finally I’m back! 

E si. Sono in ritardo assurdo. Di nuovo. Ormai non mi giustifico più.

Solo 2 cose e poi vi lascio...

1) voglio scusarmi tantissimo con i lettori abituali (che dubito saranno ancora tali dopo questo) per il ritardo ma davvero, mai prima d’ora avevo sperimentato un blocco dello scrittore così: grazie quindi alla mia bi effe effe per l’aiuto che mi ha dato per uscirne.

2) voglio anche rassicurarvi: non importa quanto tempo passerà tra un aggiornamento e l’altro, vi giuro che non abbandonerò mai nessuna delle mie storie.

Con questo chiudo, come sempre se volete lasciare una piccola recensione sono accettate anche critiche.

A prest... facciamo che non lo metto più vah

Mihawk_Akai

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