Black Contract

di Playful_Dog_of_the_Night
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La ragazza dagli Occhi Contrastanti ***
Capitolo 2: *** La sfida di Kanze ***



Capitolo 1
*** La ragazza dagli Occhi Contrastanti ***


La notte giunse, come ogni giorno a Tetsukeika. Sarebbe stata come ogni altra notte in quella città ma purtroppo non fu così. La luna risplendeva sui tetti degli edifici, sui vestiti dimenticati ad asciugare, sui balconi delle case, qualche “uomo di famiglia” approfittava della piccola brezza notturna, in quella primavera più calda del solito, per rinfrescarsi e riposarsi dai raggi del sole che li colpivano durante il giorno, i gatti giocavano tra le cime della città miagolando ogni qualvolta si prendessero; una notte perfetta almeno guardandola nel suo insieme, ma quella sera non soffermandosi sul quadro formato dalla città, uscendo verso la periferia si poteva scorgere qualcosa che rompeva quella apparente “perfezione”. Le strade di ciottoli erano comuni a Tetsukeika e molto strette, inoltre la città era molto intricata ed era facile perdervisi se non si conosceva la zona o semplicemente se non si stava troppo attenti. Lungo quelle strade correvano due ragazzi sui vent’anni, correvano come se qualcosa li inseguisse, le loro facce erano bianche, viso completamente deformato dalla paura, ansimando per la fatica che stavano facendo. Cercando di seminare ciò da cui scappavano, e di cui sentivano ogni singolo rumore, dal più piccolo ciottolo che si spostava, ai suoni sinistri di come quando una lama stride contro il ferro; finirono in un vicolo cieco... Tetsukeika punisce sempre chi non fa attenzione a dove va. Si trovarono in trappola contro un muro, si girarono verso la direzione da cui provenivano mentre il loro subconscio ancora li faceva cercare di indietreggiare quasi si volessero autoconvincere che il muro non esistesse. Passò qualche secondo quando il loro inseguitore si palesò, era alto, altissimo, forse tre metri, camminava a quattro zampe, ogni artiglio lungo quasi quindici centimetri, il pelo nero come il carbone, la bocca era furiosa, così tanto che la bava colava dagli enormi canini, gli occhi assetati di sangue completamente rossi, non vi era né iride né pupilla, solo sclera. Uno dei due ragazzi dalla paura cadde per terra e iniziò a piangere, l’altro era completamente paralizzato per imitare l’amico, ma lo avrebbe fatto di sicuro. La bestia si avvicinò, alzò l’enorme zampa e due voci echeggiarono per tutta la zona. 

Come la notte trascorse arrivò la mattina, la mattina era un dolore quasi per tutti... con essa finiva il riposo, ma per alcuni era un sollievo come per Shoyu che si svegliò nella sua umile casa di soprassalto per aver appena avuto un incubo. Grondava di sudore, si guardò intorno e vide uno spiraglio di luce entrare dalla finestra, fece un sospiro di sollievo pensando che finalmente fosse tutto finito ed andò ad aprire la finestra; dopo che la luce del Sole smise di abbagliarlo si mise a fissare il mondo al di fuori di essa. Era come al solito il suo piccolo paesino di pochi abitanti ma abbastanza vivo, le persone giravano per il paese già alle prime luci ed erano per lo più brave persone. Si girò a guardare l’orologio e gli si gelò il sangue, erano le 7.30 di mattina, non era mai stato così in ritardo per la scuola come quel giorno! Prese di scatto i primi vestiti che gli capitarono a tiro e uscì dalla stanza vestendosi. Nel tentativo di saltellare giù dalle scale mentre si metteva i pantaloni ruzzolò giù finendo gambe all’aria e svegliando sua madre che era assopita sul divano della stanza vicina, visibile dalla posizione in cui era atterrato Shoyu. Senza muovere un muscolo se non la testa sua madre lo guardò mettendosi a testa in giù e con una voce più addormentata che mai gli chiese: - Come mai così di fretta? - e sbadigliò - Come mai?! Ma quando avevi intenzione di svegliarmi?! - - Perché che ore sono? - intanto si girò verso l’orologio e vide l’ora, urlò - Cavolo mi sono addormentata scusa!!!! Allora per riuscire ad arrivare in tempo a scuola tu dovrai... - Shoyu smise di ascoltarla, prese le chiavi di casa e uscì senza dare la minima importanza a sua madre, che nemmeno si accorse che il figlio era già andato e continuò a blaterare cose con un significato capibile solo da lei. Attraversò l’intero cortile che, tutto sommato, faceva risaltare molto quella piccola casa e arrivò fino al vecchio cancelletto di casa sua, si guardò un attimo intorno e ripensando al fatto che era in ritardo fece un sospiro e si incamminò verso la piazza del paese. Quel giorno per affrettare il passo prese una scorciatoia che passava per una via perpendicolare alla piazza e alla via in cui lui abitava, non era sicuro del fatto che fosse una scorciatoia ma la sua mente in quel momento pensava solo all’arrivare in tempo alla fermata del bus e quindi i dubbi sparirono “ritardo per ritardo...” pensò. Si incamminò nella via sconosciuta e la percorse guardandosi molto attorno incuriosito, come faceva ogni volta che arrivava in posti nuovi, per ricordarne i dettagli e le cose di spicco; la via era veramente molto stretta, una macchina molto probabilmente avrebbe fatto fatica a passarvici, a destra e a sinistra piccoli alberi di ulivo e querce ancora non secolari sbucavano con i loro rami verso la strada creando un mondo completamente diverso e distaccato da quello del paese, apparentemente. Camminando e osservando scrupolosamente, cercando di non dare troppo nell’occhio per eventuali inquilini delle case che tanto voleva “studiare”, finì per scorgere la sua prima “forma di vita” da quando aveva intrapreso la strada, era una ragazza con i capelli scuri e gli occhi violetto chiaro che facevano molto contrasto ma non guastavano di certo il viso delicato, era seduta su una piccola rampa di scale che conduceva alla porta di casa sua ma ad occhio e croce Shoyu si accorse che era veramente molto alta per essere una ragazza, la osservò meglio, senza farsi vedere e continuando a camminare dritto e finalmente lo notò... era una sua compagna di classe; aveva faticato a riconoscerla perché era una ragazza molto chiusa in sé stessa e quindi abbastanza invisibile e trasparente, cercò di ricordarsi il nome ma gli venne in mente solo il cognome: Toku. Non riusciva a ricordare altro, lei comunque non sembrava averlo notato e quindi la guardò finché non scomparve alla sua vista dietro alla siepe della casa di fianco. Arrivò alla fine della via e finalmente vide la fermata del bus proprio davanti a lui, prese lo smartphone fuori dalla tasca per guardare l’ora e notò che per fortuna era in orario, erano le 7.42 e mancavano ancora tre minuti. Si mise ad aspettare e come al solito il bus arrivò in spaccato orario, si fermò davanti a lui con la porta posteriore quindi salì; durante la salita si voltò un attimo verso la porta anteriore e vide la ragazza di prima salire, pensò che fosse strano perché non la aveva vista arrivare ma poi finì per pensare che fosse solo lui ad essere un po’ distratto e non ci fece troppo caso. Finì di salire e come sua abitudine si sedette nel posto esattamente dietro alla porta. 

 Per tutto il viaggio si assopì mentre ascoltava la musica e quindi per lui, dei venti minuti che di solito trascorrevano ne percepì al massimo cinque, arrivando davanti a scuola e svegliandosi per la frenata del bus. Scendendo da esso si ritrovò davanti ai cancelli della sua scuola superiore, entrò dal cancello principale e, costeggiando l’intero edificio si ritrovò nel giardino interno della scuola che univa la struttura principale a quella con i laboratori e le palestre. Si fermò di fianco ad un pilastro che teneva in piedi un piccolo porticato da cui si poteva entrare nell’edificio principale, lì aspettò per qualche minuto i suoi amici, che stavano tardando, quando qualcosa distolse la sua attenzione, era di nuovo quella ragazza, Toku, di cui finalmente, dopo tre anni di convivenza nella stessa classe, aveva scoperto qualcosa: la sua abitazione; che nonostante non fosse una cosa di cui andare vantandosi per i quattro venti data l’ambiguità dell’informazione, era comunque già qualcosa. Non sapeva perché ma dopo averla vista lì, su quella rampa di scale, quella mattina stessa, era come se fosse attirato da lei, per la prima volta voleva sapere altro su di lei, forse era solo la pietà dell’aver per la prima volta pensato alla situazione di solitudine in cui restava o forse, e più probabilmente, era pura e genuina curiosità umana, tutto quel mistero che rappresentava quella ragazza così timida e solitaria, quella personalità completamente da scoprire e che nessuno avrebbe mai potuto raccontargli prima di averla conosciuta, diciamo la verità... avrebbe allettato chiunque dotato di un minimo di curiosità. Appena la vide girare l’angolo e sparire tra le colonne del porticato dell’altro edificio la curiosità prese il sopravvento e cercò di seguirla per instaurare una conversazione, ma appena arrivò dall’altra parte del giardino la perse di vista; fu in quel momento che Shoyu sentì una voce provenire da dietro di lui e si girò di scatto, era Kanze Chotsukuro la sua migliore amica, in effetti l’unica; era un pelo più bassa di Shoyu, circa 1,65 con i capelli castani corti e scompigliati che riflettevano la sua anima libera e cercatrice di guai, portava gli occhiali da vista che mettevano in risalto quegli occhi verdi e lucenti come lo smeraldo, sempre vestita da maschiaccio con gilet creati in casa strappando le maniche alle felpe e pantaloni tagliati nel medesimo modo, guanti in pelle senza le dita e la ciliegina sulla torta: una spilletta per capelli a forma di teschio che pendeva dai capelli; stranamente l’abbigliamento non minava assolutamente alla sua bellezza anche se lo faceva con la sua femminilità, per Shoyu e amici era bella perché “era ciò che piaceva a lei”. - Tsu-caro ma oggi non eravamo in “principale”? - chiese in modo solare la ragazza – Kanze, ma sei scema? Mi hai fatto venire un colpo e poi quante volte ti ho detto di non chiamarmi “Tsu-caro”? -, - Ohhh scusami tanto Tsu-caro non volevo assolutamente “farti venire un colpo” ... fighetta - - Scusami?! - accorgendosi in ritardo della battuta, di tutta risposta lei si mise a ridere a crepapelle finché Shoyu non la interruppe – Quindi dove sono gli altri? - - Beh Akugai mi ha mandato un SMS stamattina dicendomi che era ammalato mentre Kibami è in giro con la sua fidanzata... hai presente no, che lui diventa irraggiungibile quando trova qualcosa su cui mettere le mani, esattamente come fa con i videogames... - - Non cambierà mai... - rispose Shoyu e continuò - Forse è meglio se entriamo penso di aver sentito la campana suonare - - Sì, meglio entrare – e con quest’ultima affermazione i due si diressero verso la porta di ingresso della scuola. Shoyu provò a girarsi un’ultima volta preso dall’istinto di curiosità che era tornato in lui ma non vedendo nessuno smise per un po’ di preoccuparsene. 

Mentre si muovevano verso la classe Kanze, come al solito, iniziò a raccontare al povero ragazzo ogni singola cosa che gli poteva venire in mente, anche sconnessa da quella precedente; di solito Shoyu rimaneva ad ascoltarla impassibile e memorizzava ogni singola parola cercando, poi, di trovarvi un nesso logico. Rimaneva ad ascoltarla per ore sia dal vivo che per messaggio, perché trovava intrigante che una persona avesse sempre qualcosa da dire e che non si preoccupasse del se avesse senso con la cosa detta in precedenza oppure no, doveva dirlo. Un tempo pensava che fosse solo stupidità, ma si accorse che tutta la montagna di parole e frasi sconnesse dette da quella ragazza, non si contraddicevano mai e se lo facevano, lei sembrava come esserne cosciente e spiegava come era giunta a sfatare le sue teorie precedenti. Forse la ascoltava con così tanto interessamento anche per altro, ma questo era il motivo che gli saltava in mente più spesso. Shoyu però durante quel piccolo tempo trascorso con la sua amica nel passare l'atrio, il salire le scale e cercare la classe non ascoltò nemmeno una parola, o almeno si limitò a sentire senza ascoltare dando qualche segno di vita annuendo ogni tanto; la sua mente era troppo rivolta verso Toku, al suo alone di mistero che celava quel viso liscio e bello come il volto di un marmo, non sapeva neanche lui perché continuasse ad interessarsene, dopotutto aveva solo scoperto dove abitasse quella ragazza, ma continuava a sentire una leggera scintilla nella sua testa, un pensiero che continuava a dirgli che c’era qualcosa in quella ragazza. Dopo qualche svolta e qualche rampa di scale i due riuscirono ad arrivare alla classe, l'aula ventitré, quella classe aveva un valore diverso per Shoyu e i suoi amici, perché gli anni precedenti cambiavano aula molto spesso e così diventò strana quella posizione statica. Shoyu entrò per primo mentre altri suoi compagni di classe già erano arrivati ed erano raggruppati intorno a vari banchi a parlare; Shoyu cercò di mettere lo zaino sul penultimo banco vicino alla finestra ma Kanze lo fermò spingendolo con il suo – Ehi, ma che diav… - esclamò Shoyu che finì addosso al banco di fianco a lui, nel dire ciò si girò e vide Toku, questa volta non le diede corda e si sedette di fianco a Kanze che lo guardò con un sorriso a trentadue denti e dondolando la testa – Che c’è Shoyu? Qualcosa non va? - - No tranquilla – si fermò un attimo ed infine continuò - Un posto vale l’altro - quasi delusa dalla reazione il sorriso scomparse dalla faccia dell’esuberante ragazza e mise il broncio girandosi dalla parte opposta. Shoyu prese dalla sua tasca destra il cellulare per controllare se fossero arrivati messaggi ma prima di riuscire a controllarlo entrò la professoressa e tutti si alzarono per salutarla, compreso lui che rimise via il telefono prima di controllarlo. La professoressa entrò con un fare diverso dal solito: era seria, non che non lo fosse anche gli altri giorni ma questa volta aveva qualcosa di strano, sembrava che la sua serietà non fosse dovuta solo a un mero motivo di professionalità ma sembrava essere dovuta anche a qualcosa che la turbasse; Shoyu se ne accorse subito e cercò di scrutarle il viso per cercare un qualsiasi movimento involontario che confermasse la sua teoria, ma non ce ne fu bisogno perché fu lei stessa a chiarire cosa la turbava. Si sedette alla cattedra e intimò il resto della classe di sedersi a loro volta, mise la sua borsa ai piedi della cattedra e iniziò a parlare – Buongiorno anche a voi ragazzi – si fermò per qualche istante, guardò tutti gli studenti da sinistra verso destra e ripartì - Oggi purtroppo non porto buone notizie... ieri proprio in questa zona, purtroppo, due ragazzi sono stati aggrediti da un Senkuma  e sono stati trovati in condizioni pietose... - su questa frase si bloccò, ma al suo fermarsi iniziò un brusìo generale, c’era chi, giustamente spaventato, faceva discorsi quasi del tutto deliranti dicendo che non sarebbe più venuto a scuola per un bel periodo, altri che cercando di nascondere la propria paura si facevano grandi e grossi dicendo che poteva benissimo essere anche un Senkuma territoriale ma loro lo avrebbero affrontato di testa e poi c’era Shoyu – Un Senkuma?! Un figlio dei demoni... non si sentivano di aggressioni così esplicite di uno di loro da molto tempo, se è stato veramente il “Padrone di Caccia” non è una cosa da prendere sotto gamba, devo saperne di più - da un lato era spaventato come tutti gli altri ma sotto un altro aspetto era intrigato, non aveva mai visto un “figlio di demone”, un “demone evoluto” come si soleva anche chiamarli e il fatto che una creatura così potente potesse essere in attività in quel momento e che lui potesse incontrarla da vicino vinceva anche la sua paura di rimanere ucciso. Si girò verso Kanze che fece lo stesso e lo interruppe prima ancora che lui potesse proferire parola – Lo sapevo che ti saresti girato verso di me - - Ehi, aspetta cosa? - rispose Shoyu un attimo confuso – Era ovvio che avresti pensato a quello a cui stai pensando adesso – prese un respiro e continuò - Ci sto - a questo punto Shoyu era più confuso che mai e replicò - In che senso “ci sto”? - - Non vuoi andare a vedere il Senkuma che sta creando scompiglio in periferia? - lo disse con un’aria più che soddisfatta come se avesse già sentito la risposta che si aspettava, Shoyu cercò invano di dare una risposta ma Kanze lo anticipò e bloccò ogni suo tentativo di comunicare i suoi pensieri – Dai, non sono stupida, ti conosco troppo bene e non c’è bisogno che tu mi risponda, so già la risposta – dato l’eccesso di eccitazione dovuto al fatto che, secondo lei, aveva azzeccato ogni pensiero dell’amico gli comparve sul volto di nuovo quel sorriso smagliante e ricominciò a dondolare la testa, Shoyu a questo punto riuscì a replicare – Ma è comunque un’idea stupida, semmai dovessimo trovarlo e lui ci vedesse sarebbe finita per noi, non ci hai pensato? - quasi come si aspettasse anche questo tipo di risposta riuscì a replicare con ancora più determinazione e velocità di Shoyu – E allora perché dalla tua intonazione non traspare il voler veramente convincermi di questo? Sembra quasi che tu mi stia cercando di attirare ad accettare di venire con te in questa “missione”, ma non serve... ti ho già dato una risposta affermativa – Shoyu si sentì all’angolo e in realtà accadeva non con poca frequenza quando discuteva con Kanze, perché veniva sempre sorpreso da come quella ragazza, dall’aria così gioviale e stupida, potesse replicare in un modo quasi scientifico, utilizzando anche nozioni che lo stesso Shoyu gli aveva dato; dopo l’ultima affermazione Shoyu, che era stato completamente smascherato, non seppe cosa dire se non – Non hai paura? - - Certo che ce l’ho, ma saremo in due e sarà comunque interessante e poi non è detto che lo troveremo, no? - - Hai ragione – fu l’unica cosa che riuscì a dire infine Shoyu. 

I due trascorsero l’intera giornata ad ascoltare le lezioni e a discutere su quale sarebbe stato il “piano” per la sera; così, le cinque ore di scuola passarono velocemente ai loro occhi; Shoyu tornò a casa normalmente e aspettò la sera. Dopo cena si coricò sul suo letto e aspettò il messaggio dell’amica, per fortuna non era una persona ritardataria e non aspettò molto. Arrivatogli il “via libera” chiuse la sua stanza a chiave e aprì la finestra, era una classica serata primaverile, con una delicata brezza che racchiudeva un dolce fresco che rilassava l’intero corpo. Si guardò in torno per assicurarsi che nessuno lo vedesse e si mise a scendere utilizzando la grondaia lì vicino, oramai era talmente abituato a fare questo tipo di cose che riuscì addirittura a richiudere la finestra in modo che il freddo non entrasse. Una volta nel giardino posteriore lo percorse fino ad un capanno e prese la sua bicicletta, uscì dal cancello posteriore stando attento a non fare il minimo rumore, salì sul mezzo e iniziò a pedalare verso Tetsukeika. Pedalò per circa mezz’ora e si ritrovò davanti alle mura antiche della città, cercò di affrettare il passo e in circa un’altra decina di minuti riuscì ad arrivare nel punto di incontro. Ovviamente era in centro, che oltre ad essere il punto più sicuro della città era anche la zona in cui abitava la famiglia Chotsukuro. Si fermò e scese dalla bici per cercare Kanze e dopo essersi ripreso dalla lunga pedalata la trovò, era con la schiena contro ad un grosso palo della luce, una gamba era piegata e si appoggiava allo stesso palo, la testa e lo sguardo erano persi nel cielo, ascoltava la musica dondolandosi a ritmo di essa e “ovviamente” masticava una gomma e ogni tanto ne faceva bolle. Shoyu arrivò da lei destreggiandosi un po’ tra l’agglomerato di gente che passava da una parte e dall’altra e riuscì a raggiungerla, con poco stupore più si avvicinava più riusciva a sentire chiaramente la musica che stava ascoltando, si riuscivano a distinguere chiaramente la chitarra elettrica e il cantante, anche se non si sentivano le parole. Quando la raggiunse lei se ne accorse, si girò verso di lui e appena si tolse le cuffiette sembrò quasi ritornare nel mondo reale, come se quella musica per lei fosse un portale per un’altra dimensione che le permetteva di mettersi in contatto con tutta sé stessa, Shoyu ci faceva sempre caso e ogni volta ne rimaneva stupito e pensava a quanto una cosa semplice come la musica potesse far viaggiare l’uomo; i suoi vaneggiamenti furono interrotti dalla allegrissima e penetrante voce di Kanze che lo salutò, lui rispose al saluto scrollandosi la testa, come se anche lui prima fosse in un'altra dimensione, e invitò la ragazza a salire sulla bici. Dopo che lei fu salita Shoyu iniziò a pedalare verso la periferia, che era il luogo da cui avrebbero potuto avere più piste da cui incominciare la ricerca del loro obiettivo.  

Più si allontanavano dal centro più si poteva chiaramente notare come la sua atmosfera allegra e viva si affievoliva gradualmente, tanto quanto le persone che giravano per le strade. Mentre Shoyu pedalava Kanze rimase stranamente in silenzio per più di metà del viaggio, poi decise di rompere il silenzio con una domanda – Quindi... qual è il piano di battaglia? - - È lo stesso che abbiamo deciso a scuola stamattina ricordi? Quando saremo sul punto dell’aggressione della scorsa notte cercheremo qualche indizio che possa portarci da lui, i Senkuma non attaccano mai due notti di fila quindi non abbiamo nulla da temere, non verremo attaccati fino a che non lo troveremo e lui non ci vedrà - stettero in silenzio ancora per qualche minuto e ancora Kanze ruppe quello stato – Cavolo, la tensione inizia ad essere tagliabile, eh? - - Ehi, Kanze qualche problema? Sei strana rispetto al solito - Shoyu smise di pedalare e si fermò - Beh è naturale avere un po’ di paura in queste situazioni, no Shoyu? - rispose Kanze – Se vuoi ti riporto a casa - - Ma sei completamente fuori?! Secondo te riuscirei a dormire sonni tranquilli sapendo che tu, da solo, continui a cercare uno degli esseri più pericolosi del mondo? - Shoyu replicò - E se ti promettessi di tornare immediatamente a casa dopo averti riaccompagnato? - - Non lo faresti mai, pensi che io non ti conosca? - - Ehi, sei la mia migliore amica non ti mentirei mai e poi a chi fregherebbe di una stupida e pericolosa curiosità rispetto al sapere che un proprio amico non si sta preoccupando, inoltre più resto fuori più c’è il rischio che i miei mi scoprano, quindi sta a te la scelta – Kanze restò zitta per qualche secondo pensando ai pro e ai contro, pensando a se credere a Shoyu o no e alla fine rispose – Non prendermi come una codarda ti prego... - - Chi lo farebbe mai? Io di sicuro no... dopotutto è una reazione normale, anch’io sto scoppiando dalla tensione – detto ciò prima ancora che Kanze potesse dire qualcosa come un “grazie” o uno “scusa” Shoyu si girò e ripartì alla volta del centro. 

Durante il tragitto inverso Kanze sembrava essersi ritrasformata nella solita Kanze di tutti i giorni e ripartirono i suoi discorsoni “senza senso”, a Shoyu intrigò moltissimo questa cosa e rimase affascinato di come la tensione e la paura potessero rendere una persona come Kanze, il suo opposto. Come al solito rimase ad ascoltare ogni singola parola e a memorizzarla. La tensione era scomparsa anche dal suo corpo e il viaggio di ritorno gli sembrò estremamente più veloce di quello di andata, nonostante fosse lo stesso. Finalmente, per Kanze, i due arrivarono davanti a casa sua, lei scese dalla bici e si sgranchì la schiena e le braccia con rumori di ossa, che tornano alle loro posizioni originali, che neanche una persona ferma immobile da anni avrebbe fatto. Sputò la gomma che aveva in bocca, si girò verso Shoyu e gli fece un cenno con la mano che contava come saluto, gli sorrise e mettendo le mani in tasca da una tirò fuori un’altra gomma, mentre dall’altra le cuffiette. Dopo che fu entrata in casa Shoyu tirò un sospiro di sollievo che non sapeva neanche lui a cosa era dovuto e ricominciò il suo viaggio verso il suo paesino. Trascorsero circa venti minuti da quando era partito e contava il suo ritorno in circa un’altra mezz’ora, dato che al contrario dell’andata questa volta non stava pedalando a tutta gamba, quando sentì un rumore spiacevole al suo udito: uno stridio, ma continuò a pedalare senza dargli troppo peso; poi iniziò a sentire un rumore diverso, era simile al ferro che fa attrito contro l’asfalto; all’inizio lo sentì molto lieve, ma ogni secondo che passava lo sentiva sempre più vicino, dopo qualche secondo iniziò a sentirlo come se ce lo avesse nell’orecchio, iniziò ad avere terrore di cosa potesse causare questo rumore e quando divenne più forte che mai, quasi come se provenisse da sé stesso, si voltò, ma non vide nulla, il rumore era cessato ma la sensazione non era svanita, anzi era aumentata esponenzialmente, non pensò che fosse tutto finito ma che fosse solo una calma prima della vera tempesta. Si voltò nuovamente più velocemente possibile per poter correre fino a casa con tutta la forza che aveva in corpo, ma fu proprio quando si girò che lo vide: occhi completamente rossi senza iride e senza pupilla, solo sclera, era enorme con il pelo nero come il carbone, artigli lunghi quindici centimetri ciascuno, sembrava che la fame fosse la sua unica ragione di vita e dopo questa considerazione Shoyu capì che lui stesso sarebbe stato la sua cena se non avesse fatto qualcosa. Per la prima volta il suo cervello non riusciva a trovare una soluzione, non riusciva ad elaborare i dati che gli venivano offerti dai suoi cinque sensi e andò nel panico, per la prima volta nella sua vita provò una tale sensazione di terrore che neanche lui si aspettava di poterla provare, l’unica cosa che riuscì a dire fu – Quello è un Senkuma – e lo disse balbettando. A questo punto la bestia iniziò ad avvicinarsi a lui lentamente, quando fu abbastanza vicina Shoyu agì d’istinto e gli lanciò la bici, mossa completamente inutile dato che una sua artigliata disintegrò completamente quel fragile oggetto. A questo punto si potè realmente avvertire che la bestia si era arrabbiata sopra l’immaginabile e caricò Shoyu, che riuscì a schivare per il rotto della cuffia facendo finire l’artigliata della bestia contro il terreno. A lui non restava altra possibilità che scappare e quindi scappò nella prima direzione che gli sembrò diametralmente opposta al suo cacciatore. Corse come non aveva mai fatto ma la bestia lo superò in fretta e lo colpì con gli artigli rispedendolo dove era partito. Shoyu rimase stordito da questo brutto colpo ma non sentiva nulla, alzò la testa per vedere se aveva danni gravi e gli si gelò il sangue: aveva un gigantesco squarcio nel petto all’altezza del cuore da cui usciva sangue copiosamente. Nonostante la sua mente continuava a dirgli che era finita il suo corpo agiva in modo contrario continuando ad attaccarsi con le unghie e con i denti alla sua vita, non voleva cedere. Di scatto si girò a guardare se c’era qualche oggetto nel luogo in cui era caduto e vide ciò che gli sembrò la sua ancora di salvezza: un artiglio spezzato appartenente alla bestia, pensò che fosse la sua unica possibilità quindi arrancò fino ad esso. Quando la bestia se ne accorse iniziò nuovamente una carica per finirlo definitivamente ma Shoyu raggiunse l’artiglio prima che la bestia raggiungesse lui; con le ultime forze prese l’unghia aguzza staccata dalla bestia, si mise a pancia in su, sospirò per la fatica ed infine... svenne. 

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Capitolo 2
*** La sfida di Kanze ***


 La sfida di Kanze 

 

Suonò la sveglia, la luce non entrava in quella camera nemmeno dal più piccolo degli spiragli tra le tende, suonò per circa cinque minuti prima che un braccio sbucasse da un ammasso di coperte, che sembrava più una montagna in miniatura che un letto, per metterla a tacere –Zitta...- risuonò una voce a dir poco stanca, e che non si era svegliata nel migliore dei modi, da sotto l’ammasso. Dopo un po’ di tentativi muovendo la mano in qua e in là per cercarla, riuscì a trovarla e a spegnerla una volta per tutte. Passarono un altro paio di minuti prima che l’essere intrappolato sotto la montagna riuscì ad emergere in superficie, così Kanze si svegliò “del tutto”. Lei era solita svegliarsi in quel modo da oramai molto tempo, circa da quando sua zia, dati i suoi 17 anni quasi 18, iniziò a darle un po’ più di responsabilità, agli inizi nemmeno si svegliava e arrivava sempre tardi a scuola, poi per sua fortuna iniziò a prendere il ritmo. Dai suoi occhi appena riemersi si scorgeva una stanchezza immensa, quasi come se non avesse chiuso occhio, che era strano per una ragazza come Kanze che, sì, andava a letto tardi, ma quando appoggiava la testa al cuscino nulla e nessuno sarebbero mai più riusciti a svegliarla. Si sedette su un lato del letto con le gambe dondolanti e la testa china, dato il grande sforzo che stava facendo tenendola sollevata, e tirò uno sbuffo –Dannato Shoyu, “tranquilla tornerò a casa subito”, sì, però intanto non ho chiuso occhio lo stesso- smise di parlare tra sé e sé per qualche secondo poi continuò -Però non è del tutto colpa sua, cosa avrebbe dovuto fare... meglio andarsi a preparare- prima di alzarsi diede un’occhiata all’orologio della sveglia: erano le 6 e un quarto e le sarebbe spuntato un sorriso stampato in faccia, uno dei suoi soliti, se non fosse stata troppo stanca per farlo, così le venne solo un buffissimo mezzo sorriso che sembrava più una smorfia, ma in quel momento era veramente felice, perché era riuscita a battere il suo record nell’alzarsi dopo il suono della sveglia. 

Finalmente si alzò, si grattò la pancia, che era rimasta scoperta tutta la notte per colpa dei giri e rigiri che aveva fatto la notte precedente non riuscendo a dormire, sbadigliò rumorosamente ed infine fu pronta per andare in bagno. Entrò nel suo piccolo bagno privato, la cui porta era sulla stessa parete rispetto a quella per uscire dalla camera, cercò la luce, la accese e appena mosse un passo all’interno di quell’antro appena illuminato scivolò su un asciugamano lasciato per terra rischiando di baciare il lavandino con la fronte se non avesse avuto degli ottimi riflessi, incondizionati, per appoggiarvici la mano. Dopo qualche secondo ferma per realizzare il tutto tolse la mano dal lavandino e si mosse per trovare il necessario per lavarsi: l’asciugamano era già stato trovato, mancavano solo i prodotti per pulirsi e la spazzola per la schiena. Durante la ricerca del tutto, cercò anche di guadagnare tempo iniziando a svestirsi, lasciando la maglietta, con l’icona di un teschio borchiato in pieno petto, sul lavandino, il reggipetto a fascia per terra, vicino al mobiletto delle creme, ed il resto in posti impensabili. Durante questa disseminazione casuale di vestiti riuscì a trovare ciò di cui aveva bisogno e così, accesa l’acqua della doccia, iniziò a lavarsi. Mentre si lavava, Kanze, quasi non riuscì a tenere gli occhi aperti dalla stanchezza e la luce del bagno non aiutava. Si lavò “il più in fretta possibile” e quando uscì dalla doccia vide sul suo cellulare, che aveva dimenticato la sera prima sullo specchio del bagno, arrivarle un messaggio. Non diede importanza a ciò e si limitò a raccoglierlo, dopo essersi “pettinata” i capelli, e a portarselo in camera sua. Giunta nella sua stanza ricercò dei vestiti nell’armadio: quel giorno si sentiva di vestirti in modo “diverso”, ma pur sempre nel suo stile da maschiaccio, prese una maglietta a maniche corte nera e una felpa sul color mattone, stranamente con le maniche, dotata di cappuccio largo e con le stringhe di esso eccessivamente lunghe rispetto a quanto veramente sarebbero servite. Dato il caldo riscontrato in quella primavera si mise dei pantaloncini corti di jeans, con la parte sotto abbastanza sgualcita e i loro “classici” buchi sulle ginocchia. Finì di scegliere anche tutto il resto quindi si avvicinò alla cartella e la raccolse, si girò a guardare l’ora ed erano le 6.45, l’orario perfetto per fare colazione; si affrettò a scendere per una lunga rampa di scale e quando ne arrivò alla fine si trovò in una grande sala d’ingresso, normalmente arredata, ma pur sempre più grande rispetto al normale. Proseguì prendendo la porta alla sua destra, lanciando la cartella vicino alla porta d’ingresso, e proseguì per il corridoio che si trovò davanti. Nonostante non fosse né troppo lungo e neanche troppo largo, il suo arredamento dava chiaramente l’idea che Kanze non vivesse nella classica e modesta famiglia che di solito si incontra. Finalmente alla sua destra incontrò un’altra porta e vi entrò, dopo aver tirato un sospiro. Dall'altra parte della porta una donna sulla quarantina, con i capelli corti e perfettamente pettinati, vestita, quasi, eccessivamente bene per fare semplicemente colazione, era seduta ad un tavolo e aspettava leggendo il giornale, Kanze fece qualche passo all’interno della stanza ed infine ruppe il silenzio -’Giorno zia-, la donna posò il giornale, si girò verso Kanze e la sua faccia, che fino a qualche secondo prima era rimasta abbastanza seria, si trasformò facendo trasparire un sorriso molto allegro, che ricordava alla lontana i classici sorrisi della stessa ragazzina ribelle. La donna rispose al saluto della nipote con la stessa allegria che aveva appena fatto trasparire e continuò a parlarle -Dormito bene?-, Kanze rimase a pensare per qualche secondo –C-Certo zia, ho dormito abbastanza bene-, -Dalla faccia non si direbbe...-, Kanze non rispose e quindi sua zia, dopo qualche minuto di silenzio, parlò nuovamente –Vedo che anche oggi non hai messo i vestiti che ti avevo fatto preparare in camera tua...-, Kanze rimase zitta per qualche secondo, sorseggiando il caffè, che si trovava già sul tavolo ad aspettarla, ed infine rispose –Lo sai come la penso su quel tipo di abbigliamento, zia- fece qualche altro secondo di pausa e continuò -E poi non li avevo neanche visti-, -Capisco...- rispose con un sospiro sua zia, dopodiché si sprofondò nuovamente in un silenzio profondo che cercò di spezzare nuovamente la donna, ma Kanze, che aveva appena finito di gustarsi il caffè, si alzò di scatto e uscì dalla stanza salutando svogliata. 

La ragazza uscì dalla sua abitazione e rimase per un’ora a zonzo per Tetsukeika, in luoghi che nessuno potrebbe mai pensare. Mentre girava per la città si mise a pensare a ciò che era successo prima a colazione: nemmeno lei sapeva perché avesse avuto quella reazione con sua zia, o forse lo sapeva ma non riusciva a comprendere a pieno le sue azioni, come se fosse quasi l’istinto a guidarla in quei casi, come se ci fosse qualcosa, un pensiero nella sua mente che le sfuggiva e che lei stessa non riusciva a ricordare con chiarezza. Sbucò alle 8 in punto dal sentiero che portava nella parte posteriore dell’edificio secondario, della sua scuola, e lo percorse al contrario fino a quello principale per poi fermarsi nel solito punto: quello del giorno prima. Non si stupì di non trovare i suoi amici, dopotutto l’unico che poteva esserci era Akugai, ma era ammalato, Shoyu arrivava con il bus alle 8.05 e Kibami chissà che tipo di scusa si era inventato per saltare nuovamente la scuola. Si appoggiò alla colonna del porticato che aveva di fianco e, dopo essersi messa le cuffiette e dopo essersi accesa la musica, utilizzando i tasti delle cuffie, chiuse gli occhi nel tentativo di riposarsi. Questa speranza morì ben presto perché dopo solo qualche minuto si sentì toccare la spalla, da quello che lei pensò fosse un dito. Aprì lentamente l’occhio sinistro per vedere chi fosse: era un ragazzo abbastanza alto, sul metro e 80, capelli non troppo corti, ma neanche lunghi, scompigliati, vestito di tutto punto, in modo da non essere elegantissimo, ma almeno presentabile, occhiali da sole e sorriso stampato in bocca. Kanze lo salutò -Akarui Kibami, ne è passato di tempo- lo disse restando più seria possibile. Restarono immobili, in silenzio per qualche secondo. In quel tempo sembrò quasi che attorno a loro il tempo si fosse fermato, quasi non si riuscivano ad udire i suoni a standogli vicino, i petali, caduti dagli alberi nel giardino scolastico, sembravano quasi evitare quella zona come se ci fosse una barriera che rendeva intoccabili e immutabili nel tempo e nello spazio gli oggetti al suo interno. Questa atmosfera quasi sovrannaturale si interruppe dopo qualche secondo quando sia Kanze che Akarui si misero a ridere e quest’ultimo iniziò a parlare –Per un attimo Kanze, mi sei sembrata seria e mi hai abbastanza confuso-, -Ehi, lo sai che mi piace scherzare e poi è veramente tanto che non ci vediamo-, -Ma non sono neanche due giorni-, -Non è comunque una giustificazione, scemo-, Akarui si grattò la nuca e continuò -Kanze, ma tu sai dov’è Shoyu?-, -No, comunque è strano che non sia ancora arrivato, oramai che ore saranno?-, Kanze prese fuori il telefono dalla tasca dei pantaloni e lo guardò per la prima volta durante la giornata. 

Appena ebbe premuto il tasto di sblocco del telefono rabbrividì alla vista di ciò che gli si presentò davanti agli occhi: il messaggio che le era arrivato la mattina dopo la doccia. Era un messaggio di Akugai che nonostante fosse malato si era svegliato alla buon’ora. Ciò che spaventò Kanze però fu il contenuto del messaggio, Akugai parlava di un probabile scontro la sera prima tra due Senkuma, probabilmente territoriali. Ciò che turbò di più Kanze era il luogo dell’avvenimento: ovvero la strada principale, nonché quasi unica, per andare da Tetsukeika a Kinkogai, il paese di Shoyu! La faccia di Kanze da allegra che era, si trasformò e divenne preoccupata, pallida e terrorizzata. Akarui si accorse di questo cambio drastico di espressione e preoccupato per l’amica le chiese se andasse tutto bene ma Kanze oramai non ascoltava più ciò che vi era attorno a lei, la notizia che le era arrivata la rinchiuse in una bolla di vetro, si trovava in stato di shock e agì senza ragionare. Lasciandosi andare completamente al suo istinto iniziò a correre, Akarui cercò di fermarla per chiedere spiegazioni ma non ci fu nulla da fare. Lei non sapeva come ma doveva riuscire ad arrivare a casa di Shoyu, doveva sapere che stava bene e che non era stato coinvolto nella battaglia della notte precedente, che fosse stata veramente una battaglia tra due Senkuma e non un’aggressione ai danni del suo caro amico. Corse, corse, corse con tutto il fiato e l’energia che aveva in corpo, sarebbe riuscita a raggiungere la fermata dell’autobus che portava a Kinkogai. Non era sicura che ce l’avrebbe fatta ma era una necessità riuscirci. Se non ce l’avrebbe fatta avrebbe fallito nella cosa più importante che le attanagliava la mente in quel momento, non poteva permettersi errori. Passò per l’interno della scuola, aprendo la porta d’ingresso con una velocità e una violenza fuori dal comune, senza fermarsi. Proseguì per l’atrio, ma fu in quel momento che riscontrò il suo primo problema: essendo che mancavano pochi minuti al suono della campanella, l’atrio era completamente zeppo di studenti. Kanze non si fermò, non poteva fermarsi, quindi in quei pochi secondi che passarono nel suo tragitto dalla porta all’ingorgo pensò a qualcosa. Trovò la soluzione in meno di un attimo e iniziò a prendere velocità verso un povero gruppo di ragazzi, prese di mira il ragazzo più esterno rispetto ad una colonna al centro dell’atrio e quando gli fu a due passi: lo prese con una mano per la nuca lo abbassò e lo saltò come fosse una staccionata. Nel fare ciò il ragazzo si rovesciò il caffè bollente addosso, Kanze, però, fu troppo distratta anche solo per pensare di chiedere scusa e continuò dritto. Per sua fortuna aveva superato il grosso dell’ingorgo e dopo un semplice zig zag tra le persone restanti riuscì a raggiungere la porta d’ingresso anteriore e ad uscirne. Ancora piena di energia che nemmeno lei sapeva da dove erano saltate fuori si diresse verso il cancello che era appena stato chiuso, un ostacolo da nulla per una persona come Kanze che in questo momento era addirittura spinta da una forza sovrannaturale. Appena si avvicinò abbastanza utilizzò il muro di fianco al cancello come appoggio per saltare e riuscire ad aggrapparsi alla sommità del suo ostacolo, dopodiché lo scavalcò atterrando in piedi, e ricominciò la sua folle corsa. Vedeva l’autobus fermo che faceva salire alcune persone, rimaneva solo un ostacolo: la strada. Questo era un problema ben diverso, era “la vera sfida” prima del suo obiettivo. Kanze non ne fu particolarmente spaventata e si gettò in mezzo al traffico composto da genitori che avevano appena scaricato i figli e semplici persone che si dirigevano a lavoro. Un’auto inchiodò e rischiò quasi di prendere sotto la spericolata ragazzina, un’altra invece non riuscì a frenare in tempo. Kanze, però, aveva dei buoni riflessi e compiendo un’azione che si sarebbe potuta vedere solo nei film polizieschi, saltò e scivolò sul cofano della macchina per poi continuare come se non fosse successo nulla. Riuscì ad arrivare al suo obiettivo, ed appena prima che l’autista chiudesse le porte. Entrò nel mezzo, cercò un posto a sedersi, lo trovò ed infine aspettò fino a destinazione raggiunta: Kinkogai 

Tutto ciò che Kanze doveva fare era aspettare fino all’unica fermata di quel paesino e scendere verso la casa di Shoyu. Mentre era in autobus percepì una strana sensazione e questa saliva sempre di più man mano che si avvicinava verso la meta. Sapeva benissimo ciò che le stava succedendo: Shoyu non era arrivato a scuola con il solito mezzo, anzi, non era addirittura arrivato a scuola, la notte precedente sulla strada del ritorno dell’amico vi era stata una presunta battaglia tra Senkuma. Aveva semplicemente collegato i pezzi utilizzando le informazioni di cui solo lei era a conoscenza e la sua deduzione finale giustificava più di ogni altra cosa la sua sensazione in quel momento: non vi era stato uno scontro tra Senkuma ma bensì Shoyu era stato aggredito da un Senkuma, o addirittura da più Senkuma che dopo averlo ucciso si erano combattuti le sue carni. Tutti questi pensieri non facevano che peggiorare i suoi sentimenti già abbastanza deliranti. Dopo una ventina di minuti, che sembrarono alla preoccupata Kanze un’eternità, arrivò finalmente alla fermata di Kinkogai, situata esattamente al centro del paese, vicino alla rotonda della piazza. La ragazza scese dal mezzo e come se l’autobus fosse stato il suo momento di riposo, riprese a correre con la stessa energia che aveva fatto trasparire prima del viaggio. In meno di cinque minuti, e senza prendere scorciatoie, Kanze riuscì ad arrivare di fronte a casa Tsushin, casa di Shoyu. 

L’auto dei genitori non c’era e la casa sembrava deserta, ma Kanze non fece caso a tutto ciò e scavalcato il vecchio cancelletto del giardino e arrivata davanti alla porta di ingresso, iniziò a bussare con tutta la forza che aveva. Uno, due, tre... dieci, venti colpi tirò alla porta d’ingresso, ma nulla... sembrava che la casa fosse deserta. Continuò imperterrita a bussare alla porta, utilizzando ad ogni colpo sempre più energia, ma nessuno continuava a rispondere. Con le nocche e la parte esterna della mano completamente rosse, data la foga utilizzata nel suo atto, si arrese; ma non del tutto, perché prima si soffermò per qualche secondo contro la porta, poi si diresse verso le scale davanti alla porta e si sedette lì, con il corpo chiuso in sé stesso, senza che nessuno potesse vedere cosa stava succedendo all’interno. Passò qualche minuto e le orecchie di Kanze udirono un suono secco, provenire da dietro di lei, pensò qualche secondo e poi realizzò che era il suono di una serratura che si apriva, si girò e si alzò contemporaneamente, rimanendo in attesa di ciò che si nascondeva in quella casa e che stava per uscire e palesarsi. Finalmente la porta si aprì e Kanze potè vedere finalmente chi vi stava dietro: Shoyu Tsushin. La ragazza non riusciva a proferire parola, era basita, con ancora gli occhi lucidi da prima e ogni singolo angolo della faccia che non riusciva a nascondere quel misto di stupore, felicità e rabbia, -Kanze?- parlò Shoyu, -Tu... sei... qui...- furono le uniche parole che in quel momento Kanze riuscì a formulare, -Beh, dopotutto ci vivo-, -Sei un’idiota dannazione! Potevi mandarmi almeno un messaggio per farmi sapere che stavi bene, no?-, rispose abbastanza violentemente Kanze –Beh, scusa per cosa?-, -C’è stata un’aggressione stanotte lungo la strada da cui sei tornato, ma dove vivi?!- replicò Kanze –Un'aggressione? Wow, davvero? Meno male che a me non è successo nulla...-, rispose seriamente Shoyu -Ma quindi tu davvero non ne sapevi nulla?-Shoyu rispose affermativamente e ringraziò Kanze per essersi preoccupato per lei. In quel momento nella mente di Shoyu volavano molti pensieri, ma la felicità si era appena aggiunta a questi, felicità dovuta all’aver riconfermato per l’ennesima volta che Kanze era veramente una buona amica ma doveva liberarsi di lei il più in fretta possibile. Fu in quel momento che Kanze si accorse di una cosa strana nel volto di Shoyu: portava uno strano e raffazzonato bendaggio all’occhio destro e ciò non fece altro che rovinare i piani del giovane ragazzo. Mentre Shoyu pensava ad un modo per mandarla via, infatti, Kanze attaccò con le sue dirette parole –Shoyu, cos’hai fatto all’occhio destro?-Shoyu rabbrividì, non si aspettava per nulla quell’interessamento, anche perché lui stesso, per un attimo, aveva dimenticato di avere una benda sull’occhio. La situazione si faceva mille volte più complicata, perché conoscendo Kanze sapeva che dopo quella frase non avrebbe smesso di curiosare fino alla risoluzione del “caso”. Shoyu si sentì i tempi ancora più stretti, ma gli venne in mente quasi subito un’idea altrettanto semplice quanto efficace; così iniziò a parlare –Tranquilla Kanze, non è nulla, veramente-, si fermò un attimo -È solo che ieri sera mentre tornavo a casa sono caduto e mi sono ferito all’occhio. Non è nulla di ché comunque, quindi non ti preoccupare- fece un’altra pausa –Infatti oggi sono rimasto a casa perché volevo farmi vedere da un dottore, per essere sicuro non fosse nulla di grave-. Kanze si zittì e fissò Shoyu per qualche secondo, aveva una faccia che faceva trasparire tutt’altro rispetto a un “ti credo”. Rimasero in stallo per pochi altri secondi e Kanze pronunciò le uniche parole che Shoyu non si aspettava minimamente –Fantastico-, sorridendo come suo solito –Hai avuto veramente fortuna allora, perché dato che oramai ho perso scuola sono disponibile ad accompagnarti fino al dottore e a rimanere con te fino a dopo la visita. Magari potremmo andare a pranzo insieme dopo la visita- si fermò qualche secondo a pensare –Ci sono dei posti carini in cui mangiare qua a Kinkogai? Ah, ma che importa, qualsiasi cosa andrà bene-. Shoyu rimase completamente pietrificato e stordito dalle parole di Kanze, si aspettava di tutto ma sicuramente non questo. Gli ci volle un po’ a riprendersi ma dopo averlo fatto cercò di far demordere l’amica -Ma no, non serve veramente. E poi non c’è mai nessuno dal nostro medico, quindi farò molto in fretta. Su dai torna a Tetsukeika, magari riesci ad arrivare per la seconda ora-, Shoyu si accorse che i suoi discorsi erano troppo sospetti e poco credibili per essere pensati dal vero Shoyu “che non ha nulla”, però decise di aspettare la sua risposta prima di lanciare il suo asso nella manica. La risposta non aspettò a tardare, ma come prevedeva la situazione non giovava a suo favore. Kanze, infatti, cercò in tutti i modi di convincere Shoyu ad accompagnarlo. I discorsi della ragazza erano formulati con il tono di una persona che era seriamente preoccupata e, nonostante Shoyu, stesse mentendo sembrava che Kanze avesse creduto alla storia della caduta. Ma il ragazzo, furbo com’era, sapeva benissimo che non poteva abbassare la guardia, anche se quello poteva essere semplicemente un discorso sincero e per nulla investigativo, poteva anche essere un discorso costruito “ad hoc” per sembrare innocente. Shoyu sapeva solo che doveva agire come se quella fosse stata una battaglia psicologica fino alla resa di uno dei due e lui non doveva essere il perdente. Mentre il ragazzo pensò a questo però, venne assalito dall’attacco improvviso della ragazza, che non aveva tardato a sfoderare l’intero arsenale per batterlo. Cominciò con queste parole –Dai Shoyu, dato che abbiamo ancora molto tempo e ti ho detto che ti accompagnerò. Fammi almeno entrare in casa no? Una ragazza non va fatta restare sull’uscio... su-, detto così Kanze iniziò ad avanzare cercando di spostare Shoyu e ad entrare nella casa. Shoyu non poteva permetterlo e con un braccio parò via Kanze e cominciò a parlare –Ma su dai, ti ho già detto mille volte che non c’è nessun problema- Kanze continuò ad avanzare –Ma mi ascolti? E poi chi ti ha dato il permesso di entrare?-, finite di proferire queste parole Shoyu si accorse del suo immenso errore: aveva fatto trasparire tutta la sua tensione cambiando completamente il tono calmo, che aveva avuto fino a quel momento, con uno molto più aggressivo. Kanze non aspettava altro –Ma come? Adesso non fai più entrare neanche la tua migliore amica in casa? C'è qualcosa di strano in te oggi... e scoprirò cos’è. Ora, lasciami entrare-. Shoyu era stato nuovamente fregato da quella ragazza apparentemente molto ingenua, questa rivelazione inaspettata di tutte le carte di Kanze, mandarono nel panico Shoyu. Iniziò a pensare “mi ha fregato”, “aveva questo piano fin dall’inizio”, “dannazione, sono costretto ad utilizzare l’asso che ho nella manica”, e così fece... sfoderò la sua ultima possibilità. Salutò in fretta e furia Kanze chiedendole scusa e con un movimento tanto rapido quanto violento, chiuse di scatto la porta di casa sua e la serrò a chiave. 

Kanze non capiva perché Shoyu si comportasse in quella maniera ma doveva assolutamente scoprirlo: lui la aveva sfidata, anche se indirettamente, e lei aveva accettato la suddetta sfida. Iniziò a bussare più forte di prima alla porta, gridando per farsi sentire da Shoyu, che sentiva, ma non aveva intenzione di rispondere. In quel momento pensava solo a come fuggire. Nonostante fosse rinchiuso dentro casa sua non si sentiva al sicuro, come se Kanze potesse sfondare una porta, una finestra, un muro ed entrare da un momento all’altro. Capiva perfettamente la preoccupazione e la leggera rabbia che provava per il suo mentirle, ma non poteva esporsi più di quanto si era già esposto. In casa non era al sicuro, doveva uscirne e seminarla in qualche modo. Così decise il suo piano di fuga: entrò in camera sua, dopo aver salito le scale e aprì la finestra. Scese nuovamente al piano inferiore e, entrato in salotto, accese la televisione ad alto volume, in modo da farsi sentire da Kanze. Il suo piano era quello di uscire dalla finestra mentre Kanze, sentito il rumore della TV, sarebbe andata alla finestra della sala a controllare cosa succedesse. Il piano era perfetto, forse non studiato nei minimi dettagli dato il poco tempo pensò Shoyu, ma poteva funzionare. Accesa la TV aveva veramente pochi secondi, al massimo un minuto prima che Kanze arrivasse a controllare la situazione. E quindi, appena la accese, si mise a correre verso le scale lasciando cadere il telecomando, non avendo tempo di posarlo. Appena arrivato al primo piano controllò cosa stava facendo la ragazza che, come da piano, si stava muovendo verso la finestra della sala. Shoyu si sentì come sollevato da un peso immenso vedendo il piano, pensato così su due piedi, funzionare alla perfezione. Mancava solo un passaggio, così si mise a correre verso camera sua per scendere dalla grondaia, come faceva quando sgattaiolava di notte per incontrare gli amici a Tetsukeika, ma quella volta gli andò male. Appena sporse il viso oltre la finestra per vedere se il campo era libero, vide Kanze sotto la finestra di camera sua ad aspettarlo. “dannazione” pensò Shoyu a cui era appena ritornato lo stretto alla gola per il piano fallito. Kanze era riuscita non solo a capire le sue intenzioni, ma addirittura lo aveva anticipato su tutto, precludendogli la via di fuga. Shoyu ricrollò nel panico e agì senza pensare: in un atto disperato, di ultima chance, scese nuovamente a piano terra e aprendo la finestra della cucina, situata sul lato opposto del giardino in cui si trovava Kanze, uscì e corse cercando di uscire dalla sua “proprietà” il prima possibile. Come un lampo Shoyu riuscì ad uscire dal giardino scavalcando la ringhiera che delimitava la sua casa. Si trovava sulla strada ma non riuscì a riposarsi neanche un secondo. Infatti appena toccò il suolo del marciapiede sentì Kanze urlargli dietro iraconda di fermarsi. Shoyu non poteva fermarsi e continuò imperterrito la sua corsa. Quando gli sembrò quasi impossibile seminare Kanze, si vide davanti l’inizio della scorciatoia che aveva preso la mattina precedente per andare a scuola. Pensò di imbucarla pensando che quella via avrebbe potuto salvarlo come lo aveva salvato la mattina precedente dal perdere la corriera. “Braccato per braccato...” pensò tra sé e sé prima di imboccarla. Corse per qualche minuto e si fermò a metà della suddetta viottola, infine si girò per vedere se era ancora inseguito. La tensione crebbe in Shoyu per ogni istante che passò girandosi, non era assolutamente certo, anzi era completamente diffidente sulla riuscita del suo nuovo “piano”. Ma appena si girò non vide nessuno ed il suo cuore divenne nuovamente leggero. Non quanto prima perché sapeva che Kanze gliel’avrebbe fatta pagare, ma sicuramente era estremamente più tranquillo. Il povero ragazzo si sedette per terra, stremato dalla corsa. Dopo aver ripreso un po’ di fiato sentì da dietro di lui una voce familiare dirgli “Finalmente ti ho ritrovato, bastardo...”. 

 

Nota di fine capitolo 

Volevo scusarmi per l’immenso lasso di tempo tra un capitolo e l’altro di B.C. purtroppo in questi, quasi, tre mesi sono stato abbastanza occupato e ho fatto molta fatica a finire questo capitolo. Spero nei prossimi di poter mantenere una cadenza, più o meno, mensile e spero che la storia stia piacendo nonostante fino a questo punto sia stato tutto un prologo molto lungo. Per chiunque continuerà a leggere la mia storia, spero che continuerà a piacervi (e chissà, a piacervi sempre più) e vi ricordo di commentare per farmi sapere cosa vi è piaciuto o anche cosa non vi è piaciuto o cosa secondo voi dovrei migliorare (sempre costruttivamente e nel rispetto degli altri). Grazie infinite e al prossimo capitolo 

-Playful_Dog_of_the_Night 

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