Cercare niente, trovare tutto

di GeoFra
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una macchia a forma di Russia ***
Capitolo 2: *** Una festa in riva al mare ***
Capitolo 3: *** Ho bisogno di una birra. ***
Capitolo 4: *** Risvegli ***
Capitolo 5: *** Questione di libri ***
Capitolo 6: *** La prima amichevole da nemici ***
Capitolo 7: *** Indigestione di sguardi ***
Capitolo 8: *** Bugie in fumo ***
Capitolo 9: *** Mettersi alla prova ***
Capitolo 10: *** Ah… Allora le cose stavano così… ***
Capitolo 11: *** Un regalo inaspettato ***
Capitolo 12: *** Oops ***



Capitolo 1
*** Una macchia a forma di Russia ***


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CERCARE NIENTE, TROVARE TUTTO...

*Trovate questa storia anche su wattpad*

1.

“Una macchia a forma di Russia”

 


 

 












“A tutti manca qualcosa,

persino all’infinito manca la fine”

 

«CHARLIE! » la voce squillante della mia compagna di stanza si intrufolò nel mio sogno come un eco lontanissimo, proprio mentre Leonardo Di Caprio si inginocchiava sulla sabbia bianca delle Bahamas e mi chiedeva di sposarlo.

Bofonchiai qualcosa di rimando, risvegliando le labbra intorpidite e coprendomi la testa con la coperta.

 

«SIAMO TARDISSIMO! NON HO SENTITO LA SVEGLIA, MUOVITI! » gridò la voce, non più lontana, ma nitida e presente.

Spalancai gli occhi di colpo, mentre Leonardo Di Caprio si volatilizzava inghiottito dalle onde del mare, i miei pensieri mandarono dei flash intermittenti.

 

UCLA.

Primo giorno.

Ritardo.

Ritardo?!

 

Mi sollevai di colpo, scalciando via la coperta e guardandomi intorno.

La voce che soavemente mi aveva svegliato apparteneva alla mia migliore amica Kim, la stessa che in quel preciso istante stava rivoltando la piccola stanza del dormitorio alla spasmodica ricerca di chissà cosa.

«Che ore sono? » mi informai alzandomi e cercando di attivarmi anche io.

«Le 8.30 » disse frettolosa lei, mentre rovistava in un cassetto.

«Cosa? Ma come abbiamo fatto a non sentire la sveglia? » esclamai, fiondandomi verso il bagno per prepararmi.

«Ho lasciato la sveglia in vibrazione e non l’ho sentita… » si scusò Kim, dall’altra stanza.

 

Le lezioni iniziavano alle 9.00 e dovevamo ancora fare colazione, pensai inorridita mentre mi spazzolavo i capelli. Per fortuna la sera prima l’avevamo passata a preparare le borse e gli outfit per il primo giorno altrimenti non avremmo trovato mezza maglia in mezzo al casino nel quale versava la nostra stanza: c’erano valigie aperte e scatoloni ovunque, le briciole dei pop corn, che avevamo divorato la sera prima guardando Titanic, erano sparse sul tappeto nero ai piedi del letto e il laptop sul quale avevamo visto il film giaceva storto su una sedia.

 

L’unico angolo pulito e ordinato apparteneva alla nostra bizzarra coinquilina, Natasha, con la quale avevamo scambiato sì e no 4 parole, non si era rivelata molto loquace. Sul suo letto perfettamente sistemato sembrava non ci avesse dormito nessuno e i pochi libri che aveva erano impilati sulla scrivania sgombra, in base alla dimensione.

 

«Certo che Natasha avrebbe potuto svegliarci eh! » commentò Kim, quando ritornai in camera dopo essermi lavata i denti.

«Chissà a che ora si è svegliata, quella mi sembra tutta matta» commentai mentre mi infilavo i jeans che avevo scelto la sera prima dopo un’accurata selezione.

«Uffa… Ma dove si è cacciato?!» sbuffò lamentosa Kim, scarmigliando le dita in un portagioie.

«Che stai cercando? Muoviti che sei ancora in mutande!» la ripresi, mentre mi abbottonavo la camicetta.

«Il mio braccialetto, quello con gli amuleti portafortuna » si lagnò Kim, lanciando via il portagioie.

«Mi sembra di averlo visto in bagno… » borbottai, infilandomi un maglioncino caramello e sistemandomi i capelli guardando il mio riflesso sull’anta dell’armadio.

«TROVATO! Grazie… » Kim riemerse con il braccialetto in mano, e solo allora riprese a vestirsi.

 

Sbuffai roteando gli occhi, Kim viveva con la testa immersa in un mondo tutto suo,

fatto di oroscopi, tarocchi, cristalli e amuleti magici. Non c’era verso di farla ragionare

razionalmente, lei partiva snocciolando frasi sul destino, il fato e fili invisibili che legavano gli innamorati.

Quando entrambe fummo pronte uscimmo, chiudendoci la porta alle spalle.

 

A quanto pare non eravamo le uniche ad essersi svegliate tardi: il lungo corridoio che univa tutte le stanze era pieno di persone che correvano affaccendate, teste assonnate sbucavano dalle camere maledicendo il chiasso che si andava creando e

nonostante fosse contro il regolamento la presenza dei maschi nel dormitorio femminile assistemmo ad un agguato, organizzato da quelli che sembravano studenti dell’ultimo anno che assalirono una povera disgraziata, ancora in pigiama e con il segno del cuscino sulla faccia, riempiendola di panna montata con delle bombolette spray.

 

Io e Kim ci dirigemmo verso uno dei bar del campus dell’UCLA, ovviamente ghermito di persone a quell’ora. Controllai l’orologio, avevamo un quarto d’ora.

«Ci conviene prenderlo e portarlo via, così lo beviamo in classe… » suggerii, torcendo nervosamente la bretella della borsa.

«Io mi sa che prendo solo la briosche, il caffè non mi serve… Sono troppo eccitata!» squittì Kim, prendendomi la mano e stringendomela forte.

 

La guardai sorridendo, ero ancora incredula di essere lì con lei, nella nostra università preferita a frequentare i corsi dei nostri sogni.

Io mi ero iscritta a Scienze Letterarie, Dipartimento di Italiano, avevo sempre amato l’Italia, sin da piccola quando i miei genitori mi portavano a trascorrere l’estate lì, dalle rive del Gargano alla Costiera Amalfitana, mentre Kim inseguiva il sogno di lavorare in TV e perciò si era iscritta alla School of Theater, Film and Television, aveva già prenotato delle audizioni per il progetto teatro della scuola e intendeva cimentarsi nella creazione di un cortometraggio sugli astri e sui segni zodiacali.

 

Ordinai il caffè che mi fu subito servito all’interno di un grande bicchiere di plastica con il coperchio, lo sorseggiai piano mentre Kim accanto a me addentava la briosche; entrambe guardavamo la splendida facciata color mattone dell’Università, illuminata dagli ultimi raggi estivi aveva un’aspetto accogliente, quasi caldo.

Controllai l’ora, mancavano cinque minuti.

 

«Dovrei arrivare giusta giusta in classe! » dissi, bevendo un lungo sorso di caffè e salutando Kim che doveva andare in tutt’altra direzione.

«Ci vediamo a pranzo! » rispose lei agitando una mano.

 

Percorsi il lungo porticato, decorato di portentose arcate arancioni e salii la lunga scalinata, con passo veloce, saltando due gradini alla volta.

Fortunatamente avevo memorizzato il percorso per arrivare agli edifici e alle mie classi durante il weekend che io e Kim avevamo dedicato alla perlustrazione del campus universitario. Anche la posizione del dormitorio era strategica per raggiungere quel particolare dip…

 

Lo schianto fu talmente improvviso che mi strappò ai miei pensieri con una violenza tale che temetti di aver preso in pieno qualche statua di marmo, di quelle che l’UCLA sfoggiava vanitosa in ogni angolo degli edifici.

 

Invece mi atterrì scoprire che non era affatto una statua quella che avevo travolto, ma un ragazzo in carne e ossa, che a quanto pare stava scendendo a passi spediti la scalinata sopra di me, diretto nella mia stessa direzione.

 

A togliermi totalmente il fiato fu l’accartocciarsi del mio bicchiere di plastica, che sputò via il coperchio liberando tutto il caffè rimasto verso la camicia bianca e inamidata del ragazzo.

Io saltai all’indietro cercando di evitare gli schizzi di quello che sapevo essere ancora caffè bollente, ma lui non si salvò e una macchia grande come la Russia si riversò sul suo petto ampio.

 

«MA… Porca Puttana! » lo sentii gridare, mentre saltava all’indietro cercando di allontanare dalla pelle il tessuto bagnato e bollente.

«Oddio… » esalai prendendo fiato tutto d’un colpo « Scusa! Scusami! Non ti avevo visto… » farfugliai, arrossendo e appoggiando il bicchiere ormai vuoto e stroppicciato sul cornicione.

«Che razza di imbranata! Ma tu guarda che disastro… » ringhiò lui, lasciando cadere per terra la sua borsa a tracolla e slegandosi i primi bottoni della camicia.

«Mi dispiace tanto… » balbettai, mortificata, estraendo un pacchetto di fazzoletti dalla tasca della giacca.

«Impara a guardare dove vai… » borbottò il ragazzo, sbuffando, mentre io cercavo di tamponargli la camicia osservandolo sottecchi.

 

Aveva un viso limpido deformato solo da una smorfia di disappunto, folti capelli neri  in contrasto con la sua carnagione chiara, i lineamenti equilibrati rendevano il suo volto piacevole anche mentre la sua bocca sparava a raffica una marea di bestemmie a mezza voce.

 

Ma più di tutto a colpirmi fu il suo corpo ben definito sotto la camicia, aveva un torace scolpito e mentre premevo inutilmente fazzoletti su fazzoletti contro la macchia a forma di Russia (la quale stava inesorabilmente estendendo i confini a discapito dei miei sforzi) potei notare che anche a livello di pettorali non era messo per niente male.

 

Quando una sua mano mi scostò bruscamente e incontrai i suoi occhi accesi di rabbia e frustrazione, ritornai alla realtà: gli avevo appena rovesciato del caffè addosso e ora probabilmente lui avrebbe fatto tardi ovunque stesse andando.

Pessima figura, Charlie, complimenti! Mi rimproverai, mentre fissavo sconsolata il caffè imprimersi sul suo torace rendendo inutile qualsiasi tentativo di assorbimento e smacchiatura.

 

«Mi dispiace un sacco… Io non ti avevo visto… » mi giustificai per l’ennesima volta «Ti dò i soldi della lavanderia… Anzi se mi lasci un tuo contatto la porto io a lavare… Qualsiasi cosa... » mi offrii, escogitando soluzioni a raffica.

«Che ne dici di far tornare indietro il tempo e darti una svegliata… » ringhiò lui, sbuffando.

Lo guardai scioccata: quel tizio si ostinava a rispondermi male e se c’era una cosa che detestavo era la maleducazione!

 

Non l’avevo mica inseguito per rovesciarglielo addosso! Ci tenevo al mio caffè e averlo sprecato sulla sua camicia non mi rendeva affatto contenta!

 

« Guarda che magari il caffè ti serve proprio siccome qui quello che dorme sei tu! » gli risposi con rabbia, trucidandolo con lo sguardo.

 

Lui spalancò la bocca, guardandomi sorpreso per un brevissimo istante, poi assunse nuovamente un’aria ostile.

 

« Non ho altro tempo da perdere… » sibilò incendiandomi con lo sguardo e sorpassandomi con una spallata, mi voltai a guardarlo inviperita mentre lui accennava una corsa verso il dormitorio maschile.

 

Mi chinai per asciugare le ultime gocce di caffè da terra e poi mi fiondai verso la mia aula, maledicendo quell’inizio traumatico.

 

***

[Aaron]

 

Tu mi imbarazzi.

Mia madre aveva chiuso la discussione sferzando l’aria con quelle parole taglienti.

 

Quelle parole mi risuonavano nella mente mentre scendevo frettolosamente le scale, con la tracolla che rimbalzava sulle gambe ad ogni passo.

Incredibile, quella che doveva essere la mia sostenitrice numero uno si opponeva ancora con tutte le sue forze a quella decisione.

Non avrei mai seguito le sue orme e tanto meno quelle di mio padre, pensai fermamente.

 

Del resto cosa ne poteva sapere mia madre di sentimenti quando tutto ciò con cui aveva a che fare erano numeri e calc…

 

Qualcosa mi investì violentemente proprio mentre scendevo l’ultimo scalino, intravidi con la coda dell’occhio un profilo rossiccio prima che un’ondata di liquido bollente mi travolgesse inevitabilmente.

 

«MA... Porca Puttana! » le mie labbra si mossero praticamente da sole.

 

Ero andato a sbattere contro il distributore di caffè?

Fu quello il primo pensiero irrazionale che fece capolino nella mia testa quando avvertii l’aroma e il calore del liquido ormai versato sul mio petto.

 

Fu allora che il profilo rossiccio che avevo notato prima cominciò a balbettare scuse una dietro all’altra.

 

Allentai qualche bottone della camicia sperando di limitare i danni: «Che razza di imbranata! Ma tu guarda che disastro…» commentai, aspro.

 

Ma è possibile andare in giro senza guardare nemmeno dove si mettono i piedi?!

 

Lei si avvicinò cercando di tamponare la macchia con dei fazzoletti, permettendomi così di guardarla. Il rossiccio che avevo visto prima apparteneva ai suoi capelli che ora le scivolavano spettinati sul viso ricoperto di lentiggini, aveva una bocca carnosa di uno spiccato color ciliegia e occhi luminosi verdi giada.

 

Dai Aaron.. smettila di guardarla, è l’imbranata che ti ha rovesciato addosso il caffè, mi rimproverai mentalmente, ripensando a cosa avrebbe comportato quel incidente.

 

Ritardo. Litigio con il professor Nucci. Crediti saltati.

 

Le sue labbra si muovevano veloci, farfugliava suggerimenti su come rimediare al danno sulla mia camicia nuova di zecca.

 

«Che ne dici di far tornare indietro il tempo e darti una svegliata… » le risposi più aggressivo di quanto volessi.

 

La sua espressione mortificata si tramutò in un’occhiataccia fulminea che mi fece pentire di aver aperto bocca.

 

« Guarda che magari il caffè ti serve proprio siccome qui quello che dorme sei tu!» replicò seccamente.

 

Rimasi interdetto per un secondo, assimilando quelle parole taglienti.

 

Io non stavo mica dormendo in piedi!

 

« Non ho altro tempo da perdere… » sbuffai sorpassandola e dirigendomi verso i dormitori quasi correndo.

 

Sarei arrivato in ritardo proprio durante la prima lezione, nella quale avrei dovuto fare da assistente al professor Nucci.

Ormai la camicia era andata quindi optai per una semplice maglietta bianca prima di correre verso l’aula di Letteratura italiana dove una strigliata era praticamente garantita.

 

Feci un respiro profondo e aprii la porta che dava accesso all’aula, trovandomi davanti due occhi incazzati a fissarmi.

«Signor Lewis, faccia pure con comodo» esordì Nucci.

«Io.. Mi scusi.. Non si ripeterà»

Ma da quando avevo cominciato a balbettare? Soprattutto di fronte ad un innumerevole numero di studentesse nuove?!

«E pensare che lui è il mio assistente… Quello che dovrebbe darvi l’esempio...» commentò sarcastico Nucci, facendo ridere alcuni.

 

Cercai di ricompormi un attimo e neanche a farlo a posta percorrendo l’aula con uno sguardo incrociai gli occhi della rossa che aveva firmato la mia condanna a morte, lei assunse un’espressione sorpresa che subito sfociò in un ghigno compiaciuto.

 

Maledetta...

 

Sapevo bene che Nucci me l’avrebbe fatta pagare in qualche modo, non era tipo da risparmiare punizioni.

Se avesse deciso di non darmi più i crediti necessari a passare il suo corso avrei dato fuoco a tutto il Dipartimento di Italiano. Rossa compresa.

 

Lei non si sognava minimamente la fatica che avevo fatto a conquistare una seconda possibilità per guadagnarmi i crediti di Nucci senza dover ridare l’esame dopo l’estate.

 

A fine lezione, mentre raccoglievo le mie cose Nucci si avvicinò:

« La prossima volta che mi fai fare brutta figura con ritardi simili non azzardarti nemmeno a presentarti in classe » pronunciò burbero.

 

« Ma c’è stato un equivoco… Mi hanno rovesciato del caffè sulla camicia… » provai a spiegare, mentre gli studenti sfilavano via in silenzio.

« Non me ne potrebbe fregare  di meno della tua camicia! » ringhiò a voce alta Nucci, chiudendo con uno scatto secco il suo laptop.

 

Strinsi le labbra frustrato e in quel momento colsi di sfuggita una figura rossa sgattaiolare via dall’aula. Sulle sue labbra, le stesse su cui il mio sguardo non poteva fare a meno di scivolare, un sorriso soddisfatto.

 

Quella tipa aveva sentito tutto e non solo non aveva provato nemmeno a dire mezza parola per assumersi le colpe ma se la rideva pure! Pensai furioso.

 

« Ricordati che sei ancora bocciato nella mia materia e di nuovi assistenti ne trovo a palate!  » sibilò il professore, riportandomi alla realtà.

Sospirai nervoso mentre Nucci usciva dall’aula, lasciandomi solo.

____
Salve a tutti, qui a scrivere ci sono Georgeta e Francesca!
Speriamo che questa storia vi appassioni esattamente come ha appassionato noi durante le ore più noiose di IOT.
Un bacio, 
Geo. 

ps. Ricordatevi di aggiungerla alle preferite/seguite e di lascarci una recensione se vi fa piacere (rispondiamo volentieri a tutti, anche alle critiche!) 

 

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Capitolo 2
*** Una festa in riva al mare ***


“Una festa in riva al mare”

 

 

“Va tutto bene,

ma alza la musica.”


«Tu cosa? » Kim mi ascoltava tutta orecchi mentre con la forchetta infilzava la sua insalata.

«Sì, praticamente si è rovesciato tutto il caffè addosso alla sua camicia… Una macchia enorme » sbottai, masticando il mio panino con rabbia.

«Io gli ho chiesto scusa più volte, ma lui mi ha pure risposto male dicendomi di darmi una svegliata! Ma chi si crede di essere? Il caffè la prossima volta glielo tiro in faccia così magari si sveglia lui» mi sfogai, c’era una minuscola parte di me che si contorceva ancora per i sensi di colpa ma la parte predominante li soffocava con il ricordo della maleducazione che aveva dimostrato il tipo.

 

Kim inarcò un sopracciglio.

«Lascialo perdere, tanto il campus è grande non è detto che tu lo riveda ancora » mi tranquilizzò lei.

«Magari! Sai cosa ho scoperto dopo essere entrata in classe? Che lui è l’assistente del mio professore di Letteratura Italiana! » sbottai nervosa, torturandomi una ciocca di capelli.

«No vabbè, ma questa è sfiga!!! » commentò Kim incredula.

«Già »

«Questa mattina nella fretta ci siamo dimenticate di leggere l’oroscopo! Sicuramente il tuo segno è in conflitto con qualche pianeta… » Kim prese il suo cellulare, sapevo che aveva aperto la sua applicazione preferita: AstroPoets. «Vediamo un po’... Ecco! Leone: questo inizio settimana porterà qualche piccante novità e uno scontro inatteso, colpa della vicinanza fra Marte e Venere, non chiedete troppo al partner in questo periodo!»

 

« Ah è troppo chiedere un po’ di educazione?! Manco lo avessi tirato sotto sulle strisce pedonali… » brontolai, mentre lei mi rivolgeva un’occhiata eloquente.

«L’oroscopo non sbaglia mai… Ma so io come tirarti su il morale! » squillò lei entusiasta.

 

Le rivolsi un’occhiata interrogativa.

« Stasera siamo state invitate a una festa organizzata da quelli del secondo anno! » esclamò Kim, sorridendo elettrizzata.

« E chi ci avrebbe invitate? » domandai scettica.

« Ho incontrato questo tizio durante la pausa e gli ho chiesto dove fossero i bagni, lui mi ha risposto molto gentilmente… Così gli ho chiesto se fosse dei Gemelli e lui è scoppiato a ridere e mi ha detto che effettivamente era uno dei Gemelli e colpo di scena...  » Kim fece una pausa ad effetto e poi esclamò: « Sbuca davvero il suo gemello da un’ aula! »

 

« Scusami? » la guardai certa di non aver capito nulla.

« Sono gemelli di segno e di fatto! Alla festa te li presento, sono identici! »

Scoppiai a ridere, queste coincidenze potevano capitare solo a Kim.

« Comunque non credo che verrò alla festa, il professor Nucci ci ha già assegnato delle letture e domani mattina ho lezione » dissi, mordendo nuovamente il panino.

 

« Non osare abbandonarmi! Lo sai che non vado se non ci sei tu...» piagnucolò Kim, prendendomi il polso.

 

Sbuffai e mi ritrovai a dire: « Va bene… Ma non facciamo tardi! E io mi porto da leggere! »

Kim lanciò un gridolino di gioia.

 

***

 

Quando rientrai in camera nel tardo pomeriggio con le braccia cariche di libri trovai Kim sommersa da una montagna di vestiti.

 

Dopo il pranzo ci eravamo divise, lei aveva una lezione pomeridiana e io mi ero rifugiata in biblioteca a prendere i libri assegnati da Nucci, che avevo scoperto essere più voluminosi di quanto mi aspettassi. Erano delle particolari raccolte di saggi, redatte da Mr. Nucci in persona con commenti e annotazioni annessi, consigliati per i suoi futuri esami.

 

In bagno doveva esserci Natasha perchè sentivo l’acqua della doccia scrosciare.

 

«Tu stasera cosa ti metti? » mi domandò Kim, esaminando un top bianco.

«Ah non saprei, una maglietta e un paio di jeans? » azzardai, appoggiando i libri sulla scrivania.

«La festa è sulla spiaggia… Io pensavo di mettermi un vestito… »

 

«Ciao Natasha, vieni anche tu alla festa stasera? » domandai cortese, quando la vidi uscire dal bagno.

«Sì, hanno invitato tutta la squadra di ginnastica artistica » rispose lei fredda.

 

Io e Kim ci scambiammo un’occhiata eloquente.

 

Certo che la Regina dei Ghiacci avrebbe potuto farlo un sorriso.

 

Mi vestii in fretta, indossando una maglietta larga e un paio di pantaloncini, nella borsa che avrei portato con me infilai uno dei libri meno voluminosi che dovevo leggere e aspettai che Kim trovasse le sue infradito prima di uscire dalla stanza.

 

«Allora ci vediamo alla festa! » trillò Kim, salutandola con uno splendido sorriso a 32 denti e Natasha, che si stava infilando un vestito molto aderente, rispose con un cenno distratto.

 

***

 

La spiaggia non era molto distante dal campus, la festa doveva essere abbastanza popolare perchè il rumore delle onde era coperto da musica e schiamazzi.

«Oh guarda… Quelli li ho visti nel mio corso di Cinema stamattina! » esclamò Kim indicando un gruppetto di ragazzi «Chissà dove sono i gemelli... »

 

Era stato acceso un piccolo falò sulla spiaggia e intorno erano sparsi sdrai e panche, la musica proveniva da un piccolo bar coperto dove la gente si era messa in fila per prendere da bere. Intravidi Natasha in mezzo a un gruppo di ragazze e la indicai a Kim che spalancò la bocca sconvolta quando vide Natasha ridere di gusto mentre sorseggiava una birra.

 

«Oh eccoli! » Kim mi strattonò per mostrarmi due ragazzi vicino al bar.

Ci avvicinammo e io non potei fare a meno di sentirmi a disagio, per Kim era più facile stringere amicizia, io ero più diffidente e scostante.

 

«Ehilà… Kim giusto?» ci salutò uno dei due.

Feci fatica a non assumere un’espressione scioccata.

 

Ma sono identici, cazzo!

 

Avevano gli stessi capelli castani e lineamenti, il taglio d’occhi restituiva lo stesso sguardo verde, una leggera differenza la si trovava solo se si osservava bene il fisico: uno era leggermente più muscoloso e i capelli dell’altro erano più spettinati.

 

«Che memoria! » si complimentò sorridente Kim «James e Jacob giusto? »

 

Quello che ci aveva salutato per primo rise in modo gentile e la corresse: « In realtà io sono Jacob e lui è James ».

 

Kim scoppiò a ridere.

«Chiedo perdono! Lei è la mia migliore amica Charlie… » mi presentò e io strinsi la mano ad entrambi.

Mi sorrisero in modo gentile e quello che doveva essere James estrasse due birre da dietro il bancone.

 

«Impareremo anche noi a distinguervi! » risi, prendendo la mia birra ghiacciata.

«Dubito, certe volte riusciamo ad ingannare anche il nostro migliore amico, Aaron» disse Jacob, con un luccichio soddisfatto nello sguardo.

 

Fu in quel momento che udimmo una voce chiamare «Jaaacob!! Jaaames!!»

Ci voltammo tutti e quattro verso il falò, un ragazzo avanzava verso di noi a grandi passi, aggrappato al suo braccio c’era una ragazza.

 

Strabuzzai gli occhi quando realizzai chi fosse.

 

Oh no...

 

***

 

[Aaron]

 

Finalmente le lezioni erano finite così avevo la possibilità di raggiungere J&J per ultimare i preparativi della festa di stasera.

Grazie a Dio stasera si beve!

Era sempre così, quando la giornata iniziava con il piede sbagliato mi bastava una serata per cambiarne il corso.

 

Una volta raggiunti i ragazzi e sistemato le ultime casse di birra salii nella mia stanza dove trovai il mio compagno di stanza stravaccato sul suo letto.

«Ehi Kev, vieni anche tu stasera?» lo salutai.

Eravamo sempre stati nella stessa stanza, tutto sommato era anche comodo visto che ci allenavamo insieme tutti i giorni, ma non eravamo mai stati grandi amici. Era il classico bravo ragazzo, quello che ispira fiducia e ti porta via la ragazza.

 

«Puoi scommetterci!» esordì lui «Mi hanno detto che quest’anno le matricole sono interessanti» continuò lui, confermando nuovamente la mia idea su di lui.

«Bhè, meglio darsi una mossa allora. I ragazzi ci stanno già aspettando.» gli dissi prima di chiudermi in bagno lasciando che l’acqua mi scivolasse sulle spalle portandosi via parte della tensione accumulata.

Presi le prime cose che trovai e me le infilai, poi presi le chiavi della macchina e chiamai Kev per andare.

 

Parcheggiai all’ingresso della spiaggia e sentii subito il profumo di salsedine invadermi le narici, seguito subito dopo dall’odore di birra che mi assicurava di non essere troppo lontano dalla festa.

Raggiunsi i miei compagni di squadra, che erano raccolti attorno al fuoco, seguito da Kev che si diresse poi verso il bar.

 

«Ehi Aaron, finalmente sei arrivato!» sentii miagolare poco distante da me, vidi poi una chioma bionda avvicinarsi e la riconobbi subito: Alexa.

Oggi la sua presenza non mi infastidiva più di tanto, avevo proprio voglia di divertirmi per staccare un po’.

Chi meglio di lei poteva assecondarmi?!

Mi gettò le braccia al collo e io la lasciai fare, fece per avvicinarsi ulteriormente e la incoraggiai sostenedola per la vita e abbassandomi verso di lei.

Non stavamo insieme, non più almeno, ma non era affatto male per trascorrere una serata piacevole.

Ci baciammo.

Come al solito nessuna emozione.

Ma per stasera andava bene così.

Mi diressi verso il bar perché forse qualche birra mi avrebbe aiutato a superare la serata con Alexa accanto. Così cominciai a berne una, due, tre...

 

Dovevo trovare i miei amici, che fine avevano fatto quegli idioti?

Iniziai a guardarmi intorno, forse urlai anche i loro nomi perché dritto davanti a me vidi quattro volti girarsi nella mia direzione.

Alexa mi richiamava aggrappata al mio braccio, ma i miei occhi vedevano solo una nuvola rossa.

Non ci potevo credere.

«Ancora tu?!» esclamai.


________

Salve!!!
Qui a scrivere siamo due ragazze: Francesca e Georgeta, abbiamo iniziato questa storia durante le ore noiose di IOT e quindi  speriamo che la storia vi piaccia.
La trovate anche su wattpad, fateci sapere che ne pensate. Avete già individuato il vostro personaggio preferito? La storia si evolverà in maniera molto interessante, fateci sapere se avete consigli o critiche.

Baci e abbracci,
-Geo.  

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Capitolo 3
*** Ho bisogno di una birra. ***


Capitolo 3: “Ho bisogno di una birra”

 

 

“Tutto si risolverà,

in un modo

o nell’alcool”

 

«Mr. Camicia macchiata » dissi a denti stretti, mentre lui mi squadrava come se fossi sbucata dalla sabbia.

«La Bella Addormentata… Sei riuscita a bere il tuo caffè?» mi provocò lui freddo, i suoi occhi non mi mollarono un secondo.

 

Gli rivolsi un’occhiata truce mentre uno dei gemelli diceva:

«Ma vi conoscete?! »

«Già come fate a conoscervi? Voi non siete del primo anno?! » cinguettò odiosamente la ragazza che si era avviluppata al suo fianco.

Era molto bella e lei ne era ovviamente consapevole dal modo in cui si toccava i capelli biondi e sbatteva i suoi occhi blu.

 

Ovviamente quel pallone gonfiato sta con questa oca bionda…

 

La cosa non mi sorprese affatto.

Kim mi strinse il braccio guardandomi, aveva capito che era lui quello di cui parlavo a pranzo.

 

«La rossa qui ha deciso di battezzarmi stamattina… Con il caffè bollente» disse lui prima che potessi parlare.

«Il tuo ragazzo avrebbe bisogno di un paio di occhiali » replicai acida, rivolgendomi alla bionda.

 

James e Jacob scoppiarono a ridere.

« Già ci piaci, cara Charlie » dissero circondandomi entrambi con un braccio.

« Comunque io sono Kim e lei è Charlotte » la mia migliore amica ovviamente fece gli onori di casa, sfoggiando un sorriso amichevole.

 

Ma non ha capito che quel maleducato va solo preso a noci di cocco in testa?  

 

«Io sono Alexa e lui è il mio ragazzo, Aaron» la bionda allungò la mano su cui spiccavano lunghe unghie laccate di rosso.

 

«Noi non stiamo insieme » la corresse Aaron a denti stretti, scrollandosela di dosso.

 

Inarcai un sopracciglio mentre lo guardavo andarsene.

«Bene, ragazze, noi andiamo a cuocere un po’ di marshmallow, volete venire?» domandò James, estraendo un pacco e indicando il falò. Alexa se ne andò sbuffando, ma Kim annuì e mentre li aiutava a infilzare i marshmallow sugli spiedini io mi sedetti su una panca e cominciai a sfogliare il libro che mi ero portata appresso, illuminata dalla luce del fuoco.

 

***

 

[Aaron]

 

«Mr. Camicia macchiata » esordì lei scorbutica facendomi andare il sangue alla testa.

«La Bella Addormentata… Sei riuscita a bere il tuo caffè?» le risposi io non staccando gli occhi dai suoi. James intervenne indagando in merito a questa spiacevole conoscenza.

Ma cosa diavolo ci fanno i miei migliori amici con lei?

 

Alexa cominciò come al solito a fare la fidanzata gelosa, forse un tempo aveva anche il diritto di farlo ma ora...

«La rossa qui ha deciso di battezzarmi stamattina… Con il caffè bollente» cominciai a raccontare io, e lei ribattè acida: «Il tuo ragazzo avrebbe bisogno di un paio di occhiali».

 

No, io ho bisogno di un’altra birra.

 

Jacob e James la circondarono con un braccio, parlottando tra loro mentre mi guardavano. La moretta accanto a loro si intromise nella conversazione presentandosi e permettendo alla ragazza aggrappata al mio braccio di parlare, ancora «Io sono Alexa e lui è il mio ragazzo, Aaron ».

 

Ho assolutamente bisogno di un’altra birra.

 

«Noi non stiamo insieme » la corressi a denti stretti.

Me la scrollai di dosso guardando negli occhi la ragazza che avevo di fronte e mi diressi verso il bar. Saltai la fila, ma nessuno sembrò avere nulla da ridire.

 

In fondo essere Capitano della Squadra di Basket aveva i suoi privilegi.

 

Ordinai una birra e la scolai in un secondo ma quella sensazione di disagio non se ne andava ancora così ordinai qualcosa di più forte. Il sapore secco del gin mi riportò alla realtà.

 

Festa.

Ero ad una festa.

 

Mi avvicinai al falò in cerca del resto della squadra, che ovviamente non trovai così cominciai a guardarmi intorno. Alexa era in un angolo circondata dalle sue amiche probabilmente intenta a lamentarsi come al suo solito per qualche sciocchezza, scorsi i gemelli poco lontani da me e decisi di raggiungerli. Ma quando mi incamminati in quella direzione il mio sguardo si fermò su una figura davanti al fuoco.

 

Charlotte… Charlie…

 

Era seduta lì a qualche metro di distanza da loro e teneva un libro tra le mani, sembrava così assorta che non mi resi conto di quanto tempo passai a guardarla. Anche ora i capelli le ricadevano sul viso ma la sua espressione questa volta era rilassata, la luce emanata dal fuoco le donava un’aria quasi magica…

 

Aaron svegliati! Lei è la causa di tutti i problemi che avrai con Nucci!

 

E poi chi diavolo si metteva a leggere ad una festa?

 

Mi avvicinai e mi sedetti accanto a lei che sembrò non rendersene nemmeno conto, mi schiarii la voce, ma ancora niente.

 

Ma che cazzo? Ora mi ignorava pure?

 

«Ma che razza di sfigata si mette a leggere ad una festa? » non mi trattenni dal provocarla e diedi una spinta al libro, cercando di farglielo chiudere.

 

Lei si voltò lanciandomi un’occhiataccia e perse la presa sul libro, che cadde direttamente dentro le fiamme di fronte a noi.

 

Ops…

 

***

 

[Charlotte]

 

«Ma sei coglione allora! » gridai, cercando di afferrare la copertina del libro ormai in fiamme.

Osservai scioccata le pagine accartocciarsi nel fuoco e mi montò una rabbia irrefrenabile dentro.

 

«Era della biblioteca deficiente! Perchè non ti metti le mani nel culo la prossima volta?»

 

Lui mi guardò con aria colpevole e poi scoppiò a ridere.

 

Ma io ti ammazzo...

 

«Non l’ho fatto mica di proposito… Ma la tua faccia è impagabile» lui continuò a ridere, mettendo in mostra i denti bianchi e perfetti.

 

«No, questo è impagabile...» ringhiai, afferrando la mia birra mezza vuota e svuotandogliela sulla testa.

 

«Tu sei pazza» ringhiò Aaron, scrollandosi i capelli.

«Ma almeno questa volta la tua camicia è salva» replicai soddisfatta, lanciando un'occhiata al suo torace.

 

Lui scattò in piedi, afferrandomi il polso della mano che teneva la birra. Lo strinse forte e feci una smorfia mentre lui sussurrava: «Ti conviene stare molto attenta a chi provochi, Charlotte».

Scandí il mio nome con rabbia, il suo viso era ad un soffio dal mio, il suo profumo inebriante era coperto dal forte odore di birra.

 

Ma stai attento tu che la prossima volta ti cospargo di vodka e ti lancio un fiammifero addosso…

 

«Non ti azzardare a toccarmi » svincolai dalla sua presa.

«Spiegaglielo tu domani a Nucci che uno dei suoi personalissimi libri ha preso fuoco perché hai la delicatezza di una foca ubriaca.. Anzi se vuoi glielo spiego io! » incrociai le braccia soddisfatta.

 

Avevo intuito che il suo punto debole era proprio il professor Nucci.

 

Gli occhi di Aaron lampeggiarono pericolosamente.

«Non oseresti, e poi chi diavolo si porta i libri di Nucci ad una festa? » sibilò, facendosi nuovamente vicino come per intimidirmi.

«Le persone che sanno leggere per esempio! Dovresti imparare, è divertente…» lo scimmiotai, avvicinandomi a mia volta.

 

«Parli tu di divertimento… Se volevi leggere te ne restavi in camera tua, non venivi ad una festa in spiaggia! »

Ormai eravamo così vicini che la sua fronte quasi toccava la mia, i suoi occhi saettavano minacciosi mentre il suo respiro, quasi ansimante, mi arrivava sul viso.

 

Non è nemmeno finita la giornata che ho già trovato chi mi sta sul cazzo in questo posto…

Voglio un premio perché credo di aver battuto tutti i record.

 

«Va tutto bene qui? » ad intromettersi fra di noi fu un ragazzo che ci allontanò piano.

«Sì Kevin, la rossa qui deve solo imparare due o tre cosette, come il rispetto… » Aaron si ritrasse al suo tocco senza togliermi gli occhi di dosso, il suo sguardo poco sobrio continuava a vagare sul mio viso, indugiando di tanto in tanto sulle mie labbra.

 

«E tu impara a tenerti le mani in tasca o la prossima volta te le taglio...» ribattei incrociando le braccia sulla difensiva.

 

Il ragazzo si rivolse a me, sfiorandomi il braccio.

«Ha allungato le mani? » domandò preoccupato e solo in quel momento spostai lo sguardo su di lui.

 

Aveva i capelli biondi spettinati, la mascella contratta e i suoi occhi chiari mi scrutavano con attenzione. E ovviamente era alto quasi il doppio di me, fra quei due io mi sentivo decisamente una nana.

 

Possibile fossi finita in Gnoccolandia? Non avevo ancora incontrato uno che fosse brutto in quel posto.

 

Professor Nucci a parte, ovvio.

 

Arrossii prima di farfugliare: «No...» feci per aggiungere qualcos'altro quando Aaron mi ricordò della sua fastidiosa esistenza dicendo: «Per chi mi hai preso? Figurati se allungo le mani ad una come lei… Non mi piacciono neanche le rosse… ».

 

Inarcai le sopracciglia, la sua ultima frase era uscita in modo poco convincente, ma sorvolai.

 

Quel tipo mi aveva già rotto le palle, oltre a essere maleducato e maldestro era pure un cafone!

 

«Strano perché non ti ho mica invitato io a sederti vicino a me prima… Non vedo davvero perché dovrei degnarti di un'altra parola» detto questo mi voltai di scatto, sferzandogli il viso con i capelli che lo schifavano tanto e me ne andai a grandi passi, alla ricerca di Kim che era sparita con i gemelli per prendere la cioccolata da abbinare con i marshmallows.

 

«Ehi rossa!» identificai la voce alle mie spalle come quella del tipo nuovo che si era intromesso poco fa.

 

Mi girai sulla difensiva.

«Che c’è? Anche a te non piacciono le rosse? » sbottai più aggressiva di quanto non volessi essere.

Lui si fermò lanciandomi un'occhiata sorpresa.

«No, in realtà a me piacciono… Parecchio».

 

Arrossii e distolsi lo sguardo imbarazzata, quel tipo aveva un modo sfrontato di osservarmi e la cosa non mi dispiaceva affatto.

«Volevo solo dirti di lasciare perdere Aaron, perde il controllo quando beve e diventa più… molesto» lo giustificò il ragazzo.

 

«Più stronzo vorrai dire» lo corressi rapida, strappandogli un sorriso mozzafiato.

 

«Comunque io sono Kevin, piacere » mi tese la mano e io gliela strinsi titubante.

Era enorme e calda, mi piacque subito perché trasmetteva calore e sicurezza.

 

«Io sono Charlotte, per gli amici Charlie» mi presentai sorridendogli «E di solito non così scontrosa, ma il tuo amico è da stamattina che mette alla prova i miei nervi» spiegai.

 

Kevin rise.

«Lui è il mio compagno di stanza ed è anche il capitano della mia squadra di basket, non siamo proprio amici, ma ci guardiamo le spalle».

 

« Basket eh?! Non l'avrei mai detto» commentai indicando la sua statura.

 

Kevin rise di nuovo, aveva una bella risata: una di quelle che avrei potuto ascoltare tutto il giorno. Mi rilassai un poco, la tensione accumulata per colpa di Aaron scivolò via sotto lo sguardo rassicurante di Kevin.

 

«Mi dispiace ancora per come ti ha trattata, permettimi di rimediare alla sua maleducazione» Kevin si portò una mano sul petto sorridendomi gentile «Domani mattina hai lezione?» mi chiese scrutandomi attento.

 

Io avvampai.

 

Ero diventata del colore dei miei capelli, ne ero certa.

 

«Sì ho linguistica» risposi, riportando alla memoria l'orario.

«Perfetto allora possiamo fare colazione insieme nel bar vicino all'aula. Ti aspetto lì alle 8» Kevin mi rivolse un ultimo sorriso mozzafiato prima di voltarsi e andarsene.

 

Rimasi lì impalata come una pallina di gelato sciolta al sole, incredula per quella tutta sfilza di avvenimenti che avevano riempito la mia giornata.

 

Forse il mio oroscopo aveva ragione…

Questo inizio settimana aveva portato più di qualche piccante novità e avevo avuto ben due scontri inattesi… Sempre con la stessa persona.

 

Quasi richiamata dai miei pensieri sull’astrologia sbucò Kim con un piattino di marshmallows coperti di cioccolato.

 

«Ma che fine avevi fatto, io e i gemelli ti abbiamo cercato vicino al falò » disse lei allungandomi il piattino.

 

Pescai un marshmallow e dissi: «Domani mattina la sveglia dobbiamo assolutamente sentirla».

______
Rieccoci, 
io e Fra questa settimana aggiorneremo tutti i giorni, e dalla prossima in poi solo lunedì e giovedì.
Fateci sapere se la storia vi piace e se la coppia vi intriga!
Attendiamo qualche vostro commento, 
baci
Geo. 

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Capitolo 4
*** Risvegli ***


 

Capitolo 4 - “Risvegli”

 

 

“Cominciamo con il sorriso

un’altra bella giornata di merda”


[Aaron]

 

Mi svegliai senza ricordarmi come fossi arrivato al mio letto, la testa mi stava scoppiando e un saporaccio invadeva la mia bocca. Puzzavo di birra da far schifo così mi buttai sotto il getto caldo della doccia, una volta vestito afferrai il cellulare che segnava le 08:00.

Perfetto! Ho giusto il tempo per fare una corsetta e poi fare colazione.

Mi misi le cuffiette ed uscii dalla stanza, mi era sempre piaciuto andare a correre e oggi che ricominciavano gli allenamenti ne avevo proprio bisogno.

 

Mi concentrai sulla musica e continuai a correre senza badare ai ricordi che facevano capolino nella mia testa sempre più insistenti.

Perchè avevo bevuto così tanto?

E poi che fine aveva fatto Kevin stamattina, andavamo sempre a correre insieme prima degli allenamenti…

Possibile si fosse fermato da qualcuna ieri sera dopo la festa… Era sempre il solito.

 

Svoltai l’angolo che conduceva ad uno dei caffè del campus con l’intenzione di riempirmi lo stomaco ma la scena che mi si presentò davanti mi lasciò di stucco.

Seduti ad un tavolino c’erano Kevin e Charlotte, impegnati a ridere di chissà cosa: lei teneva fra le mani un bicchiere di spremuta e lui gesticolava con entusiasmo.

 

Ma che adorabili piccioncini…

 

Non era da me agire in modo così impulsivo, ma quando mi ritrovavo quella rossa intorno il mio autocontrollo andava a farsi fottere.

E i ricordi della serata non erano più accantonabili, mi danzavano davanti agli occhi prepotenti e vividi.

 

Charlotte. Libro. Birra. Kevin.

 

Mi armai del mio migliore sorriso arrogante e mi avvicinai al tavolino.

«Buongiorno Kevin, grazie di avermi svegliato stamattina» esclamai sarcastico, facendogli morire il sorriso sulle labbra.

 

«Dormivi come un angioletto» borbottò lui in risposta.

Mi voltai verso Charlotte la quale mi stava già squadrando con astio.

«Buongiorno anche a te, niente caffè oggi?» allungai la mano prendendo il suo bicchiere di spremuta e finendolo con un sorso.

 

Lei inarcò un sopracciglio, ma non rispose, osserva le sue labbra fremere di rabbia.

Si alzò prendendo la borsa e raccogliendo le sue cose.

Mi ignorava di nuovo?

 

«Grazie per la colazione Kev» la sentii dire, mentre sulle sue labbra si dipingeva un sorriso genuino rivolto esclusivamente a lui.

 

A me non avrebbe mai sorriso in quel modo.

Mi riscossi dai miei pensieri, dandomi del coglione mentre la guardavo allontanarsi a grandi falcate.

 

«Allora Kev, nuova conquista?» lo punzecchiai mentre vedevo il suo sguardo indurirsi dopo averla vista andare via.

«Se tu non ti fossi intromesso probabilmente a quest’ora avrei anche un secondo appuntamento»

«Ma che peccato...» commentai con un ghigno.

Poi me ne andai soddisfatto, dirigendomi verso il dormitorio e lasciandolo lì impalato come un idiota.





 

***

 

[Charlotte]

 

Mentre raggiungevo l’aula di Linguistica cercai di controllare il tremore delle mie mani.

 

Oltre ad essere sbucato dal nulla rovinando la nostra colazione, Aaron Lewis aveva poggiato le labbra esattamente dove le avevo messe io, finendomi la spremuta!

Ma dove era cresciuto? Nella giungla?

 

Feci per entrare in classe quando in fondo al corridoio intravidi la figura claudicante di Nucci.

Dovevo per forza dirgli del libro.

 

Via il dente, via il dolore.

 

«Professor Nucci!» lo chiamai, obbligandolo a fermarsi.

Stava fumando una sigaretta, osservando il cortile pieno di studenti affacendati.

«Io devo dirle una cosa» mi avvicinai con il cuore in gola.

«Mi dica, signorina… » rispose lui, con voce distratta.

«Evergreen, Charlotte Evergreen… Frequento il suo corso di Letteratura Italiana» mi presentai, lui annuì pensieroso.

«Io beh… Ho preso in prestito uno dei suoi libri dalla biblioteca… Ed ecco ha preso fuoco...» la mia voce si affievolì e lo guardai imbarazzata.

 

Lui si voltò a guardarmi interdetto, poi scoppiò a ridere.

 

Stavo assistendo a un evento più unico che raro.

 

«Avrei voluto farlo anche io tante volte… Com’è successo?» domandò, aggrottando le sopracciglia. Il suo volto era una maschera di rughe.

«Beh… è stato un incidente» nonostante tutto non me la sentii di nominare Aaron, ero una persona onesta io «Ho fatto l’errore di portarlo con me».

«Come diceva Henry Ford “Un errore ci dona semplicemente l’opportunità di iniziare a diventare più intelligenti” » citò lui a voce alta.

Lo guardai in silenzio, confusa.

«Riceverai presto comunicazione su come rimediare al suo errore… Signorina Evergreen» si congedò Nucci, mentre un sorriso malevolo si allargava sul suo volto rugoso.

 

E io che pensavo di cavarmela!

 

[Aaron]

 

Ah, ci mancava solo questa...

 

Alexa era di fronte al dormitorio maschile con il suo iphone in mano e con l’aria di aspettare qualcuno.

 

Fa che non aspetti me, fa che non aspetti me…

 

Alexa si voltò sentendomi arrivare e si illuminò, era indubbiamente bella, si era raccolta i capelli biondi in una coda alta e aveva indossato una maglietta con un pallone da basket disegnato sopra.

 

« Oh, Aaron… Aspettavo giusto te! Ho visto passare J&J e mi hanno detto che eri uscito» disse lei sorridendomi.

Alzai gli occhi al cielo ma lei sembrò non accorgersene.

«Sì, beh sono andato a correre» borbottai, scrutandola.

«Ti sei ripreso? Ieri sera eri ridotto piuttosto male» lei si avvicinò giocherellando con i suoi capelli.

Era incredibile come una volta quel gesto mi facesse impazzire e in quel momento non provassi più nulla sotto il suo sguardo attento.

 

«Ti ho accompagnato io al dormitorio dopo la festa, mi hai quasi slogato una spalla» lei ridacchiò, ma intravidi un luccichio speranzoso nei suoi occhi.

 

Questa mi è nuova…

 

«Beh ti ringrazio, considerando che quando stavamo insieme non te ne fregava nulla delle mie condizioni questo è un bel miglioramento» dissi, alludendo al nostro passato insieme.

Lei abbassò lo sguardo.

«Volevo parlarti appunto di questo… Io vorrei una seconda possibilità con te».

 

La guardai allibito, mentre cercavo di scegliere con cura le parole per mandarla a cagare senza urtare i suoi sentimenti.

«Ascolta…» lei mi impedì di aprire bocca, avvicinandosi e sfiorandomi il petto «Lo so di non essere perfetta, di non averti trattato come meritavi, ma mi sono resa conto troppo tardi di quello che davvero provo per te».

 

Mi afferrò il volto fra le mani e mi guardò intensamente negli occhi.

«Voglio un'altra possibilità e l'avrò » sussurrò prima di poggiare le sue labbra carnose sulle mie.

La lasciai fare, impassibile.

 

Quando si staccò da me io mi sfilai dalla sua presa, con delicatezza.

«Non credo sia una buona idea» scandii guardandola negli occhi.

Lei schiuse le labbra e aggrottando le sopracciglia domandò: «C'è un'altra? ».

 

Per un brevissimo istante il volto candido della rossa mi danzò davanti agli occhi, ma lo rimossi subito, dandomi nuovamente del coglione.

Che diavolo mi prendeva in quel periodo?

«No».

 

«Bene, perché io non intendo rinunciare» Alexa mi sorpassò scostandomi e io mi voltai ad osservarle i fianchi sinuosi muoversi sotto la gonna a vita alta.

__________

Salve ragazzuoli, abbiamo aggiornato la storia. Sul nostro profilo efp trovate l'intestazione con il volto dei personaggi. 
Fateci sapere se li immaginavate così! 
Vi ricordiamo di aggiungere la storia fra le seguite e preferite e di lasciarci qualche commento se vi fa piacere! 
Un bacio, 
Geo&Fra.  

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Capitolo 5
*** Questione di libri ***


Capitolo 5: “ Questione di libri”

 

 

“Libro

dal latino “liber”,

“essere liberi”.”


[Aaron]

 

Mi svegliai dolorante a seguito dell’allenamento di ieri, era sempre traumatico ricominciare. Oggi non avevo lezioni così decisi di accendere il pc cercando un film da guardare, ma una mail lampeggiando sul desktop attirò la mia attenzione:

 

“Buongiorno Sig. Lewis,

mi auguro che Lei legga questa comunicazione in tempo utile.

Al fine di ottenere i crediti e in seguito al suo ritardo alla scorsa lezione, le comunico che ho deciso di affidarle il compito di rilegare e sistemare le nuove edizioni del mio libro di testo. Appena legge questa mail mi risponda così ci accordiamo per luogo e orario.

 

Buon proseguimento,

Professor Nucci“

 

Non ci posso credere! Altro che assistente, quello se ne stava approfittando!

Ed ecco che la mia giornata invece che essere completamente libera aveva un impegno, un noiosissimo impegno.

Cercai di non pensarci, sfogliai l’elenco dei film alla ricerca di qualcosa che mi potesse distrarre... dopo qualche minuto: Never Back Down. Eccolo!

Infilai le cuffiette e mi lasciai coinvolgere.

 

***

 

Era una bella giornata così decisi di sedermi in uno dei tavolini esterni del bar di fronte alla biblioteca per consumare il tramezzino che avevo appena acquistato.

Sicuramente oggi non sarei arrivato in ritardo.

Guardai il cellulare che segnava le 13:50, così entrai nell’edificio seguendo le indicazioni che mi aveva fornito Nucci una volta che avevo risposto alla sua mail.

 

La biblioteca a quest’ora era quasi vuota, mi piaceva la tranquillità che regnava in quelle stanze ma ancora di più amavo l’odore delle pagine dei libri.

Mi fermai un attimo a godermi quell’insieme di sensazioni ed emozioni prima di dirigermi verso la sezione nella quale erano contenute le opere sulle quali avrei dovuto spendere il mio pomeriggio.

 

Una volta giunto di fronte allo scaffale da cui sarei dovuto partire vidi una figura.

«Charlie!» esclamai, facendole fare un balzo per lo spavento.

«Charlotte...Charlie è solo per gli amici» ribattè lei scontrosa, era parecchio buffa quando faceva così.

«Che ci fai tu qui? » domandai, e lei dopo avermi rifilato un’occhiataccia decise di degnarmi di una risposta «Qualcuno ha bruciato il libro che mi serviva per gli esami di italiano...» alluse lei sarcastica.

 

Non feci nemmeno in tempo ad aprire bocca che lei continuò «… quindi Nucci mi ha costretta a lavorare sui suoi nuovi testi qui in biblioteca, come se io avessi tempo da perdere».

Ah, la situazione si era appena fatta molto interessante.

 

«In pratica mi stai dando la colpa per la tua sbadataggine?» scherzai io non ottenendo altro che uno sguardo interrogativo. «Bhè se non altro avrai l'onore di passare del tempo con me » continuai io, sfidandola con un sorriso arrogante.

«Uh, potrei svenire dall’emozione» replicò lei senza abbandonare il suo sarcasmo.

 

Fra noi calò il silenzio e io abbandonai ogni approccio dedicandomi a riordinare i fogli da rilegare mentre lei mi ignorava bellamente.

Alla quinta volta che controllavo l’ordine delle pagine prima di pinzarle sbuffai annoiato, quel silenzio mi stava uccidendo.

«Come mai hai scelto Lettere? » tentai di rompere il ghiaccio.

 

***

 

[Charlotte]

 

«Come mai hai scelto Lettere? » esordì lui distraendomi dal volume che tenevo tra le mani.

«Perché ti interessa?» chiesi sulla difensiva, pentendomi quando notai della sincera curiosità nel suo sguardo.

 

«Non so nulla di te, a parte che sei particolarmente maldestra» lui schioccò le labbra e mi rivolse uno sguardo divertito.

«Nemmeno io so nulla di te, a parte che sei parecchio maleducato» ribattei, facendogli alzare gli occhi al cielo.

 

«Tu perché hai scelto Lettere? Oltretutto non sapevo che i giocatori di basket sapessero leggere » gli ritorsi la domanda, ironica.

«Vivi di pregiudizi, credevo che fossi più sveglia» lui lasciò perdere i fogli che aveva in mano e si avvicinò a me.

 

Incatenai il mio sguardo al suo e lo imitai quando lui con un balzo si sedette sul tavolo di fronte a me.

«Avevo sei anni quando a scuola ci insegnarono a leggere, tornavo a casa e ogni giorno scoprivo un titolo diverso nella nostra libreria… Erano tutti manuali di matematica, ingegneria, numeri primi… Titoli poco invitanti che mi fecero pensare che leggere servisse solo a decodificare i dorsi dei libri, quando qualche anno dopo mi avventurai nella casa di mio nonno capitai casualmente nella sua grande biblioteca e lì avvenne la magia… Divorai tutte le saghe fantasy che aveva, poi passai alla fantascienza, poi ai libretti horror… Come si chiamavano…? Ah Piccoli Brividi… Da quel momento la lettura mi ha sempre fatto da compagna, come il basket del resto» raccontò lui.

 

Rimasi incantata a guardarlo, non sembrava nemmeno la stessa persona che mi punzecchiava cinque minuti fa. Sorrideva gentile, quasi in modo dolce, trasportato dalla magia dei ricordi. I suoi occhi castani luccicavano di un calore spontaneo.

 

«Immagino che i tuoi siano molto fieri di te» commentai, addolcendo il tono.

Fu la cosa sbagliata da dire perché il suo viso si indurì tanto da tentare di cambiare in fretta argomento dicendomi: «Tu quindi perché hai scelto Lettere? »

 

«Mia madre mi ha trasmesso la passione della lettura e durante le mie estati in Italia mi sono innamorata della lingua e della poesia italiana… Non c’è nulla che mi scaldi di più il cuore» confessai.

Un guizzo curioso balenò nei suoi occhi, lui scese dal tavolo e si avvicinò.

 

«Taci… » sussurrò lui, io lo fissai confusa; feci per dire qualcosa, ma lui continuò:

«...Su le soglie

del bosco non odo

parole che dici

umane; ma odo

parole più nuove

che parlano gocciole e foglie

lontane...» recitò lui mentre lo fissavo a bocca aperta.

 

«D’Annunzio!» esclamai, talmente sorpresa che lui conoscesse l’incipit di una delle mie poesie preferite che scesi anche io con un balzo dal tavolo.

In quel momento eravamo entrambi in piedi, a poca distanza l’uno dall’altro.

«Una delle mie preferite...» disse lui, sorridendomi.

Mi avvicinai guardandolo rapita, la sua espressione mutò forse rendendosi conto che il mio sguardo si era addolcito e ogni traccia di sarcasmo era sparita.

 

«Ritiro tutti i miei pregiudizi» sussurrai, eravamo ad un passo di distanza.

Lui mi osservò con una strana espressione e fece per avvicinarsi di più quando una voce ci interruppe:

 

« Allora? Come procede il lavoro?» il professor Nucci si materializzò alle nostre spalle come per magia, sfregandosi le mani.

Mai una gioia proprio…

 

Aaron si voltò con un’aria involontariamente colpevole e si affrettò a dire:

«Abbiamo rilegato circa una decina di volumi… ne mancano ancora una cinquantina, questi vanno timbrati e firmati» prese un paio di fogli mostrandoglieli.

 

Nucci annuì e prima di uscire con i fogli in mano disse: «Ora potete andare, vi farò sapere io la data della prossima volta».

Mi voltai a sbirciare Aaron, stava già mettendo via le sue cose.

Lo imitai, controllando di avere tutto nella borsa.

 

«Sai pensavo… »

Alzai lo sguardo, incrociando i suoi occhi animati da un lucicchio divertito.

«Che in fondo le rosse non sono poi così male» disse, prima di sparire dietro allo scaffale.

 

Non riuscii a trattenere un sorriso e nemmeno una volta uscita dalla biblioteca le mie labbra collaborarono per levarmi quel sorriso idiota dalla faccia.

Neanche Aaron era poi così male… Forse avevamo semplicemente iniziato col piede sbagliato…

Magari se fossi stata io a tendergli la mano invece di dargli sempre contro avrei scoperto nuove sue sfumature, meno spiacevoli…

 

***

 

«Lo so che è stato uno stronzo ma nemmeno io gli ho reso la vita facile» ammisi a Kim, mentre le raccontavo della ripercussione che aveva avuto quel piccolo incidente sulla spiaggia.

«Ti porterà solo guai, lo sai anche tu...» tentò di dissuadermi lei.

«Forse hai ragione...» ammisi io accoccolandomi ancora di più al suo fianco e prendendo qualche pop corn da sgranocchiare.

«E poi ho indagato sul suo segno zodiacale, i gemelli mi hanno detto che è Capricorno… Fuggi che è meglio! » esclamò divertita.

 

Feci roteare gli occhi e mi ostinai a cacciare fuori dalla mia testa la conversazione con Aaron, che sembrava non voler andare via affatto, e mi concentrai sul film che aveva scelto la mia amica.

 

Finito il film (Natasha ci aveva interrotto più volte accendendo phone e aspirapolvere proprio in mezzo alle scene cruciali) Kim si sedette sul letto e disse:

«Ora che vedo i gemelli praticamente tutti i giorni riesco quasi a distinguerli, sono più diversi di quanto sembra!»

Mentre parlava piegai i vestiti nel modo più ordinato possibile, l’ordine impeccabile di Natasha si stava facendo strada dentro di noi.

«Il teatro è proprio vicino all’edificio di economia quindi li vedo praticamente tutti i giorni!»

«Fanno economia?»

 

«Già, non mi sembravano tipi… Ma vogliono mettere su un business insieme...» Kim continuò a parlare entusiasta dei gemelli, ma a un certo punto smisi di ascoltarla.

 

Mi era di nuovo tornato in mente Aaron.

______
Rieccoci con l'aggiornamento settimanale, dalla prossima settimana non vi vizieremo così tanto. 
Tra Aaron e Charlotte sembra esserci una tregua, ma ne vedremo delle belle tranquilli... 
Ci farebbe enormemente piacere sapere cosa ne pensate voi della storia! 

un bacio, GeoFra. 

ps. Ricordatevi di aggiungere  la storia fra le seguite/preferite. 
 

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Capitolo 6
*** La prima amichevole da nemici ***


Capitolo 6 - “La prima amichevole da nemici”

 

 

“Se vuoi avere tutto dallo sport

devi prima dargli tutto.”

 

 

[Aaron]

 

La lezione di quella mattina era volata, quindi mi diressi verso la biblioteca pronto ad affrontare nuovi scontri con la mia inattesa compagna di sventure, con uno strano sorriso stampato in faccia.

Quando spalancai la porta dell’aula che Nucci ci aveva riservato e non la trovai lì mi sentii spaesato per qualche istante.

Mi aveva dato buca?

 

Non ebbi nemmeno il tempo di girarmi che sentii la sua voce rilassata salutarmi, immaginai che mi stesse rivolgendo quel sorriso sincero che le avevo visto in spiaggia.

Il profumo del caffè mi fece voltare.

 

Mi aveva portato un caffè? Dopo quello che le avevo combinato?

 

Le andai incontro ringraziandola e completamente confuso da queste attenzioni cordiali.

«Oggi per te sarebbe un problema andare via prima?» le chiesi. Lei mi guardò perplessa «Hai dato appuntamento alla biondina e mi vuoi lasciare qui a finire da sola?» domandò, sottolineando un certo fastidio.

«Stasera ci sarà la prima amichevole della stagione e devo essere in palestra alle 17» le risposi io e senza lasciarle il tempo di ribattere aggiunsi «Ti ho già detto che Alexa non è la mia ragazza quindi no.. non le dò appuntamento da nessuna parte».

 

Charlotte mi guardò un attimo come se cercasse di soppesare le parole ma sussurrò solamente un flebile «Ok..».

Approfittai della situazione mi avviciniai di più a lei afferrando il caffè che mi aveva portato e bevendone un sorso.

«Molto più buono così che versato sulla camicia» le dissi sorridendo e strappandole una risata.

Era davvero bella quando rideva.

«Hai da fare stasera?» indagai io facendola arrossire. «N-no..» rispose lei in imbarazzo.

«Allora ti aspetto alla partita..» affermai io, poi riflettei «..anzi andiamoci insieme, così potrai sederti nei posti migliori, ovviamente se ti va...».

 

***

 

[Charlotte]

 

Tendere una mano verso Aaron aveva portato i risultati sperati, il caffè che inizialmente ci aveva messi l’uno contro l’altro ora ci aveva in qualche modo avvicinati.

 

Quando lo avevo sentito invitarmi alla partita ero certa di essere diventata del colore dei miei capelli.

« Certo che mi va… Ehm potrebbe venire anche Kim? La mia migliore amica… » chiesi.

Lui scrollò le spalle.

«Per me non ci sono problemi, ci saranno anche i gemelli… Ho notato che vanno molto d'accordo»

«L’ho notato anche io! Kim non fa altro che parlare di loro… » dissi tornando a dedicarmi al lavoro.

Presi il cellulare per comunicare a Kim i nuovi piani per la serata:

 

“ Alle 17 in palestra, ho una sorpresa per te.

- C. ”

 

Continuammo a parlottare tranquillamente mentre cercavamo di finire il lavoro (da un lato speravo non finisse mai), e quando si avvicinarono le 17 mettemmo via le cose preparandoci ad uscire.


***

 

[Aaron]

 

Non era da me essere nervoso prima di una partita, ma questa volta era diverso…

Nessuno estraneo al mio gruppo di amici era mai venuto ad una mia partita per vedermi giocare, pensai, nemmeno i miei genitori.

Ci dirigemmo lentamente verso la palestra continuando a chiacchierare del più e del meno, avvertivo il suo imbarazzo, ma cercai di distrarla facendo un paio di battute.

In fondo era una semplice partita, no?...

 

«Ti conviene vincere, non sono venuta qui per assistere alla tua sconfitta… O forse sì...» mi punzecchiò lei e io risi rispondendole: «Farò del mio meglio, tu mi raccomando fai il tifo».

 

«Sono pronta a sgolarmi» disse lei sedendosi sugli spalti e sistemando la borsa.

 

***

 

Dopo il riscaldamento alzai lo sguardo verso gli spalti e trovai Charlotte seduta tra i miei migliori amici e Kimberly, chiacchieravano come se si conoscessero da sempre. Lei rideva, ed era bella.

J&J si alzarono in piedi, cogliendo il mio sguardo, e cominciarono a fare dei gesti d'incoraggiamento plateali.

Sbuffai divertito e tornai con gli occhi sul pallone per cercare di concentrarmi, ma la mia attenzione venne attirata dal mio compagno di stanza, Kevin, che mi affiancò dandomi una pacca.

 

«L’hai portata tu la rossa?» mi chiese guardando il punto che poco prima avevo guardato io. Annuii.

«Grazie amico, mi hai fatto un favore» mi disse lui guadagnandosi uno sguardo interrogativo.

«Un favore?» domandai.

«Si bhè, sarà molto più facile entrare nel suo letto dopo che mi avrà visto giocare» ghignò lui.

 

Aaron calmo, non puoi spaccargli il naso.

Per qualche strano motivo, l’idea che lui potesse riuscire nel suo intento mi faceva ribollire il sangue nelle vene.

 

Lei non era come le altre cazzo, non poteva esserlo...

«Vedremo Dottoruccio, vedremo» risposi io facendo l’occhiolino a Charlie che arrossì di colpo.

 

Il fischio dell’arbitro mi riportò alla realtà e la partita ebbe inizio.

Il primo quarto passò e nemmeno me ne accorsi, eravamo avanti ma non di molto quindi sarebbe stata una partita lunga e combattuta.

A volte potevo percepire lo sguardo della rossa su di me e in quei brevi istanti cercavo di dare il mio meglio.




 

***

 

Giunti all’ultimo quarto il punteggio era sempre poco distante dai nostri avversari, avremmo dovuto fare di più per portare a casa la partita.

Nel momento esatto in cui lo pensai subii un fallo guadagnandomi tre tiri liberi, sentii le voci dei miei amici gridare il mio nome, fra le loro spiccava entusiasta quella di Charlie… Non sbagliai.

Purtroppo non bastò.

69 - 69

Rimbalzo.

Il cronometro segnava ancora 10 secondi di possesso palla.

Kevin da tre.

72 - 69

Un tonfo.

 

L’arbitro fischiò la fine ma l’attenzione di tutti era rivolta a Kevin che si contorceva a terra. Mi voltai a guardarlo e notai che il suo sguardo era diretto verso un punto fisso, mi ritrovai a seguirlo… Era puntato verso Charlie.

Lei ricambiò il suo sguardo e sul suo viso si dipinse un’espressione preoccupata.

Continuai a guardare la scenetta schifato.

 

Non aveva accettato di venire alla partita per me.

E Kevin stava facendo di tutto per mettersi in luce con lei…

 

«Dai tirati su… » ringhiai, porgendogli la mano e tirandolo su con forza.

Non mi sembrava affatto che si fosse tutto quel gran male.

«Credo di essermi storto la caviglia» ansimò lui tenendosi la caviglia destra.

«Sì certo… » borbottai sorreggendolo «In spogliatoio c’è il ghiaccio.»

 

Nel frattempo Kim, J&J e Charlie si erano avvicinati alla ringhiera per vedere meglio cosa fosse successo.

Prima di entrare nello spogliatoio Kevin mi trattenne e si voltò verso Charlotte, con la chiara intenzione di parlarle.

Per un momento pensai seriamente di lasciarlo cadere di nuovo per terra e di marciargli sopra con la macchina lavasciuga pavimenti di Berta, la signora che puliva la palestra; ma richiamai il mio autocontrollo e lo sorressi mentre lui si sporgeva per dirle qualcosa...

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Capitolo 7
*** Indigestione di sguardi ***


Capitolo 7 - Indigestione di sguardi

 

 

“ Io quando inizio una cosa la finisco

e questo la vaschetta del gelato lo sa benissimo. ”

 

[Charlotte]

 

«Rossa… L’ultimo canestro era per te» mi disse Kevin sostenuto da Aaron, non potei fare a meno di osservare il volto di quest’ultimo: aveva la faccia di uno che avrebbe preferito mangiare yogurt scaduto piuttosto che trovarsi lì ad ascoltare.

Arrossii chiedendomi come fosse possibile che Kevin continuasse a privilegiare me tra tante e gli sorrisi imbarazzata.

«Spero tu non ti sia fatto troppo male...» dissi, osservandogli la caviglia arrossata.

 

«Starà benissimo» disse Aaron, a denti stretti.

Aveva una strana smorfia infastidita sul volto.

Non sembrava nemmeno contento di aver vinto...

«Se ti va aspettami, fatta la doccia possiamo andare a mangiare qualcosa, per te posso zoppicare...» continuò lui, accarezzandomi il volto con uno sguardo gentile.

«Beh allora zoppica anche allo spogliatoio...» borbottò Aaron, mollandolo di colpo e andando nella direzione opposta.

«Certo, per me va bene...» accettai, sentendo una strana morsa allo stomaco mentre guardavo Aaron allontanarsi.

 

Mentre i gemelli al mio fianco scendevano in campo per parlare con qualche compagno di squadra io mi voltai verso Kim presentandola velocemente a Kevin.

 

Quando lui se ne andò osservai l’espressione poco convinta dipinta sul volto di Kim.

«Che c’è?» domandai curiosa.

«Non ti offendere ma… Kevin non mi convince molto» sussurrò lei, storcendo il naso.

«Il mio terzo occhio ha visto qualcosa...» poi si interruppe intercettando il mio sguardo perplesso «Ma ovviamente sono le mie solite sciocchezze… Però stasera tu indaga sul suo segno zodiacale… Così per curiosità » disse con nonchalance, scrollando le spalle.

 

Scossi la testa, ridendo incredula.

Una cosa era certa, Kim non sarebbe mai cambiata…

«Mi dispiace lasciarti sola stasera...»

«Tranquilla io e Natasha ci divertiremo come matte senza di te!» disse Kim sarcastica, ripensando alla nostra socievolissima compagna di stanza.

 

***

 

[Aaron]

 

Dio quanto mi irritava Kevin. Era sempre stato così, in passato lo avevo anche sorpreso a provarci con Alexa i primi mesi che uscivo con lei.

E ora che aveva adocchiato Charlotte l'avrei volentieri polverizzato…

 

«Aaron!» una voce familiare mi chiamò, interrompendo il mio flusso di pensieri omicida.

Mi voltai e Alexa mi raggiunse, sorridendomi raggiante.

«Complimenti, è stata una bella partita… Ma i Sant Francis non avevano speranze» disse entusiasta.

Le feci un sorriso mite.

Aveva raccolto i capelli in una treccia e indossava i colori della mia squadra, e quando notò che la osservavo si torse le dita agitata.

«Va tutto bene? Non sei contento di aver vinto? Hai giocato benissimo!» si affrettò a dire lei e per un istante le sorrisi davvero, ripensando ai vecchi tempi quando dopo le partite lei si lanciava fra le mie braccia strappandomi mille baci.

 

«Certo che sono contento di aver vinto » le dissi.

Mentre lei mi affiancava nella strada verso lo spogliatoio i miei compagni di squadra mi fecero i complimenti e mi diedero il cinque.

Dalla ringhiera vidi anche i gemelli intonare un coro: «Evviva il nostro Capitano!».

Scossi la testa ridendo e feci loro un gestaccio.

 

«Comunque si vede che Kevin è proprio un coglione, ci credo poco che si è storto la caviglia» commentò aspra Alexa.

Mi voltai a guardarla, sorpreso.

«Non potrei essere più d’accordo» annuii pensieroso e prima che lei potesse salutarmi la fermai.

«Senti Alexa… Hai da fare ora?»

Lei si illuminò di gioia.

«No, sono piuttosto libera...»

«Bene, andiamo a mangiarci un po’ di tacos… Come ai vecchi tempi ».

Lei fece molta fatica a trattenere un gridolino entusiasta e con un sorrisone sul viso accettò stampandomi un bacio sulla guancia.

 

***

 

[Charlotte]

 

«In questo posto fanno i tacos migliori del campus» Kevin aprì la porta facendomi passare, traballava su un piede tenendosi in equilibrio.

«Non serve che ti ostini a fare un gentiluomo...» lo punzecchiai, ridendo e offrendogli una spalla su cui appoggiarsi per zoppicare dentro il locale.

«Gentiluomo è colui che tiene aperta la porta mentre sua moglie porta fuori l’immondizia» disse lui ironico facendomi ridere.

 

Il cameriere ci sistemò in un tavolo non lontano dall’ingresso, il locale era affollatissimo, del resto era venerdì sera. Kevin mi sventolò il menù davanti.

«Ti piace il piccante? Devi assolutamente assaggiare il Taco di Carne con la salsa che fanno qui» disse entusiasta.

Risi e lessi per bene il menù.

 

Non mi sembrava nemmeno vero di essere lì con lui.

 

Quando arrivò la cameriera Kevin si assunse il compito di dettare le ordinazioni indicando il menù.

«… Per me una birra, tu Charlie? Ti va una birra?»

Ma non lo sentii, avevo gli occhi puntati sulla porta di ingresso dove qualcuno aveva appena fatto entrare Alexa, con un gesto platealmente elegante che la fece ridere.

Quel qualcuno era ovviamente… Aaron.

 

«Cosa?» ritornai alla realtà, cercando di sfuggire allo sguardo di Aaron che perlustrava la sala alla ricerca di un posto libero.

«Vuoi una birra anche tu?» domandò paziente Kevin.

«Oh sì, grazie» bofonchiai, mentre con la coda dell’occhio seguivo il profilo di Aaron per vedere dove si sarebbe seduto.

 

Perchè diavolo era con Alexa? Non stavano mica insieme… O sì?

 

Mi rimproverai mentalmente, cercando di tornare con i piedi per terra, in fondo non me ne fregava proprio niente di quello che faceva con la sua vita privata.

Eppure quando Alexa e Aaron cominciarono a venire verso il nostro tavolo non potei fare a meno di afferrare il menù e tuffarmici di nuovo dentro, facendo finta di essere immersa nella lettura degli ingredienti del Maxi Taco Bell.

 

Per qualche strano motivo mi sentivo profondamente inadeguata, seduta lì al tavolo con Kevin… Dopo la partita non l’avevo né salutato e nemmeno mi ero complimentata con lui… Ma del resto lui era in buona compagnia.

 

«Charl… Vuoi ancora qualcosa? Ho ordinato anche i nachos mentre aspettiamo» domandò Kevin cercando il mio sguardo.

«No… Stavo solo leggendo...» dissi arrossendo e mettendo via il menù.

E in quel momento mi pentii di aver alzato lo sguardo, perchè incrociai gli occhi di Aaron che si era fermato a qualche passo da noi.

 

La cameriera li aveva sistemati proprio nel tavolino da due dietro la sedia di Kevin, Alexa non si era accorta di noi perchè si era già seduta e frugava nella borsa, ma Aaron non staccò gli occhi da me nemmeno per un secondo mentre si sedeva.

Se mi sporgevo con il gomito al di fuori del tavolino riuscivo a vedere il suo volto per intero, aveva la mascella contratta e le labbra serrate.

 

Perchè diavolo sembrava incazzato nero?

Aveva vinto la partita ed era fuori a cena con quell’oca bionda… Perchè avrebbe dovuto tenere il muso?

 

«Charlie!» Kevin avvolse il mio viso con le sue mani, riportandomi sulla terra.

Continuavo ad estraniarmi.

«Torna sulla terra, ti prego!» scherzò lui.

Mi sforzai di sorridere e mi ritrassi alla sua presa.

«Di che segno zodiacale sei?» domandai improvvisamente, ricordandomi di Kim.

 

Era sempre stata lei ad avere la testa fra le nuvole… E invece ora ero io a svolazzare con la fantasia.

 

Kevin scoppiò a ridere.

«Toro! Perchè? Devi calcolare la nostra affinità astrologica?» domandò tirando fuori il cellulare.

Scossi la testa unendomi alla sua risata.

«No, è Kim che crede a queste cose...»

«Ma ora sono curioso di sapere cosa direbbero gli astri su di noi… Tu che segno sei?» Kevin digitò qualcosa mentre il suo viso veniva riflesso da una luce bianca.

«Leone» risposi meccanicamente, mentre lui era impegnato non resistetti e spostai lo sguardo, cercando quello di Aaron.

 

Lo trovai subito, mi fissava con un’intensità che mi fece torcere lo stomaco.

Sembrava volesse dirmi qualcosa.

Poi si distrasse e rispose ad Alexa, sfoggiando un sorriso malizioso.

Vidi la mano di Alexa allungarsi sul tavolo a sfiorargli prima il gomito e poi la mascella.

Distolsi rapidamente lo sguardo, cercando di darmi un contegno.

Quella situazione mi stava sfuggendo di mano, dovevo assolutamente ripigliarmi.

 

Mi appuntai mentalmente di chiedere a Kim di prendermi a sberle una volta tornata in camera.

Arrivarono le ordinazioni proprio mentre Kevin cominciava a leggere:

«Il legame amoroso tra il Toro e il Leone è molto stimolante per entrambi i partner, poiché ognuno di loro sa riconoscere e valorizzare le qualità dell’altro. Tutti e due adorano essere ricoperti di attenzioni, vogliono sentirsi protetti, amati e ammirati. La lealtà e la sincerità sono ideali in cui credono fermamente, ma spesso la gelosia li conduce verso comportamenti estremamente possessivi...».

 

Cominciai a mangiare ascoltandolo attenta.

«C’è qualcuno di cui devo essere geloso?» domandò ironico Kevin, mettendo giù il telefono e afferrando un paio di nachos.

Per poco non mi strozzai con la birra, il mio sguardo finì automaticamente oltre le spalle di Kevin.

Aaron fissava il menù, aveva le spalle rigide ed era proteso in avanti.

 

Aveva l’aria di uno voleva origliare senza dare nell’occhio… Non stava mica origliando, vero??!

 

«In realtà c’è qualcuno...» pronunciai con indifferenza.

Kevin drizzò subito la testa osservandomi e Aaron abbassò il menù cercando i miei occhi.

«Il professor Nucci...» scherzai «Fa di tutto per farmi restare in biblioteca da sola con lui… Chissà!».

Kevin rise di gusto e colsi il suo evidente sollievo.

«Non sapevo ti piacessero quelli più grandi...» disse bevendo un sorso di birra.

«Mi piacciono quelli maturi...» sottolineai facendolo ridere di nuovo.

 

Per il resto della serata quasi mi dimenticai di Aaron, Kevin aveva cominciato a parlare con enfasi della sua passione per Medicina e mi trasportò nel suo mondo facendomi esempi e raccontandomi aneddoti sulla sua infanzia.

Mi domandò delle mie origini e io parlai dell’Irlanda e dell’Italia, dei poeti che mi appassionavano e dei libri che amavo leggere.

Mi ricordava una conversazione che avevo già avuto, ma mi sforzai di spingere il pensiero di Aaron in profondità, ripromettendomi di pensarci una volta in dormitorio.

 

Quando io e Kevin ci alzammo, notare la presenza di Aaron e Alexa fu inevitabile.

«Ah Lewis… Non ti avevo visto!» disse Kevin, piazzandosi davanti al loro tavolo.

«Come va la caviglia, Dottoruccio?» ghignò lui, facendo ridacchiare Alexa.

«Molto meglio, ho la mia infermiera personale» Kevin mi passò un braccio intorno alle spalle e io lo sostenni sbirciando timorosa la reazione di Aaron.

Gli si era congelato il sorriso sulle labbra.

 

Alla cassa Kevin insistè per pagare e nonostante ogni mio sforzo per dissuaderlo lui l’ebbe vinta.

Una volta usciti all’aria aperta, Kevin mi lanciò un’occhiata preoccupata.

«Fa parecchio fresco… Hai freddo?»

Io mi strinsi nelle spalle, indossavo una semplice maglietta con lo stemma dell’UCLA e un paio di jeans strappati.

«Tranquillo» borbottai, imbarazzata.

Le sue attenzioni mi facevano attorcigliare lo stomaco, non mi sembrava vero che lui potesse veramente interessarsi a me.

 

Kevin frugò nel suo borsone da basket ed estrasse una felpa ben piegata.

«Dovrebbe essere pulita» me la avvolse intorno alle spalle, in modo un po’ impacciato.

Il cuore mi era salito in gola, la felpa profumava di lui.

Kevin giocherellò con le punte dei miei capelli rossi annullando con un passo la distanza fra di noi.

 

«Sono molto contento che tu sia venuta alla partita» sussurrò.

«Anche io, è stata una bella partita, mi dispiace tu ti sia fatto male» bofonchiai mentre il mio stomaco cercava di contenere mandrie di gazzelle impazzite.

«Pensa che vicino a te mi sono quasi scordato della caviglia… » il suo viso si avvicinò sempre di più.

 

Oh mio Dio, stavo per baciarmi?

 

Serrai gli occhi e attesi di sentire le sue labbra sulle mie.

 

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Capitolo 8
*** Bugie in fumo ***


Capitolo 8 - “Bugie in fumo”

 

 

“La gelosia non nasce da ciò che vediamo,

ma da ciò che immaginiamo”

 

[Aaron] 

 

Alexa stava parlando convinta che io la stessi a sentire ma la mia attenzione era attratta da ben altro.

Stavo osservando Kevin e Charlotte oltre la vetrata davanti alla quale si erano fermati.

Lui le si era avvicinato lentamente, sapevo cosa stava per fare e una rabbia profonda mi montava addosso sempre più prepotente ogni millimetro che lui percorreva verso il suo viso.

Ti prego Charlie schiaffeggialo!

Le distanze erano sempre più ridotte, ma lei non faceva cenno di spostarsi né tanto meno di volerlo schiaffeggiare. Non ebbi nemmeno il tempo di chiudere gli occhi per non assistere a quella scena pietosa che le labbra di Kevin si posarono sulle sue…

Lei non lo allontanò, anzi la vidi alzarsi in punta di piedi per ricambiare il bacio con più trasporto.

Stavo per vomitare tutti i tacos che avevo mangiato.

 

«Certo che Kevin ci sa proprio fare eh!» commentò Alexa seguendo il mio sguardo.

A quella frase mi alzai di scatto facendo quasi cadere la sedia, lasciai un paio di banconote sul tavolo e trascinai Alexa fuori dal locale.

 

Avevo bisogno di fumarmi un intero pacchetto di sigarette.

 

Kevin e Charlotte erano ancora lì a pomiciare e non diedero segno di averci sentiti arrivare.

Le mani mi tremavano mentre facevo scattare la fiamma dell’accendino, rivolsi un'altra occhiata torva ai due piccioncini, Kevin le aveva addirittura avvolto la felpa della squadra intorno alle spalle.

Lo stomaco mi si rivoltò all'incontrario.

 

E in quel momento odiai Charlotte per essere piombata nella mia vita e odiai me stesso per l’irrazionale perdita di controllo che la sua presenza sembrava infliggermi.

Ma cosa diavolo aveva lei di così speciale da farmi torcere le budella ogni volta che ci avevo qualcosa a che fare?!?


Alexa mi guardava in silenzio forse aspettando una spiegazione a quel evidente malumore così cominciai a sputare frasi rabbiose cercando un parziale sfogo alla tempesta di emozioni che mi agitava dentro.

«Sai qual è una cosa che mi dà parecchio fastidio? L'incoerenza delle persone… Cercano di costruirsi una facciata che però si distrugge alla prima occasione che hanno di fregarti...»

Alexa mi guardò spaesata, cercando di capire a cosa mi riferissi.

Onestamente non lo sapevo nemmeno io cosa andavo blaterando, però il cercare di dare voce ai miei pensieri incazzati mi stava aiutando a riprendere il controllo del mio respiro.

 

«Come per esempio le persone che cominciano a volere una cosa solo perché la voglio io, ma non capiscono che quella cosa non sarà mai loro nel modo in cui é mia… » dissi, accendendomi un’altra sigaretta.

«Forse ho capito di cosa parli…Riguarda la mia frase di prima su Kevin… » sussurrò Alexa, sfiorandomi la spalla.

«Aaron te lo giuro quando in passato lui ci ha provato con me io l’ho sempre rifiutato… ».

Aggrottai le sopracciglia, confuso dalla piega che aveva assunto quel discorso.

 

«Io sono sempre stata solo tua » sussurrò Alexa, prendendomi il volto fra le mani e baciandomi con passione.

 

Ecco, ovviamente non aveva capito un cazzo.

 

***

 

[Charlotte]

 

Ero al settimo cielo per quel bacio, non mi pareva nemmeno vero che stesse capitando a me.

Quando ci staccammo Kevin ansimò: «Ti accompagno al dormitorio prima che mandi all'aria ogni bel proposito che mi sono messo in testa».

 

Annuii imbarazzata e intrecciai le mie dita alle sue.

«Ah… Felici di avervi dato l'esempio! » esclamò improvvisamente Kevin voltandosi.

Fu in quel momento che vidi Alexa e Aaron vicino all'ingresso baciarsi con passione, nonostante lui non la stesse sfiorando con un dito (aveva una sigaretta nella mano che mi lasciò parecchio stupita perché non sapevo fumasse) le braccia di lei avvolgevano il suo collo e lo imprigionavano in un bacio che non aveva nulla di casto o amichevole.

 

Ma che razza di bugiardo!

Prima della partita mi aveva assicurato che non stavano insieme e che non sarebbe affatto uscito con lei, pensai mentre ricordavo il modo in cui lui aveva affermato quasi infastidito di non essere impegnato con lei.


I due sentendo le parole di Kevin si staccarono rivolgendoci un'occhiata, fortunatamente Kevin mi avvolse un braccio intorno alle spalle e io approfittai di quel gesto per puntare il mio sguardo su di lui. Se avessi incontrato gli occhi di Aaron non sarei stata in grado di nascondere un'espressione risentita, ne ero certa.

 

***

 

[Aaron]

 

Per quanto si sforzasse Alexa ormai non mi provocava più nessuna emozione, quando sentimmo le parole di Kevin la allontanai e guardai appena oltre lei scorgendo la figura esile di Charlotte sovrastata da quella del mio coinquilino.

Aveva un braccio attorno alle sue spalle e zoppicava non appoggiando il piede sinistro a terra, ma non sembrò che lei fosse infastidita dal suo peso.

Un momento, perchè non appoggiava il piede sinistro se in palestra si teneva la caviglia destra?

 

«Ehilà Kev, credo tu abbia confuso le caviglia… Mi pare di averti visto stringere quella destra mentre ti rotolavi sul parquet della palestra» lo provocai facendo un tiro dalla sigaretta e squadrandolo divertito.

 

L’avevo messo nel sacco.

 

Kevin zoppicò più vicino, trascinandosi dietro Charlotte.

«Credo di non aver capito Lewis… Mi stai dando del bugiardo? » domandò lui con una nota di fastidio nella voce.

 

Feci spallucce, ma a parlare subito dopo fu Charlotte.

«Lascia stare, Kev… I bugiardi qui sono altri» mi scoccò un'occhiataccia e si voltò allontanandosi con lui verso il parcheggio.

Rimasi senza parole, gettai il mozzicone a terra e sbuffai passandomi una mano fra i capelli.

 

Alexa si voltò verso di me.

«Ma si può sapere che ti prende? Ti ricordo che lui è il tuo compagno di stanza… »

«Ancora per poco a quanto pare» sussurrai, mentre cercavo di mantenere la calma.

Girai i tacchi e me ne andai, diretto verso la mia stanza e lasciando Alexa lì impalata.

 

***

 

Arrivai in camera e non accesi nemmeno la luce, il mio petto si alzava e si abbassava impetuoso. Non mi ero nemmeno reso conto di aver fatto le scale praticamente correndo.

Durante il tragitto frammenti di quella settimana mi sfilarono davanti agli occhi: il litigio con mia madre, i tormenti di Nucci, la presenza asfissiante di Alexa, Kevin che si infiltrava nel mio spazio vitale e poi Charlie…

Charlie che si divertiva a provocarmi, Charlie che mi rendeva impossibile la vista del mio coinquilino... Charlie che mi dava del bugiardo per difendere quel bastardo che voleva solo usarla!

Mi guardai le mani che tremavano incontrollate, le vene sul braccio erano gonfie e pulsarono quando strinsi spasmodicamente i pugni.

 

Prima di accorgermene avevo già scaraventato per terra tutti i libri sopra lo scaffale che avevo in comune con Kevin, quello sfogo di rabbia mi fece sentire meglio come se avessi scaricato una frazione di rabbia. Mi piazzai davanti all’armadio e scagliai un pugno sopra il mio volto riflesso, scheggiandolo irremediabilmente.

Trattenni un gremito e mi osservai le nocche scheggiate.

 

Dovevo darmi una calmata.

Cercai di respirare profondamente appoggiandomi al muro.

Kevin scelse proprio quel istante per rientrare.

 

Tempismo perfetto.

 

«Ma che diavolo è successo qui? » si guardò intorno, osservando il mucchio disordinato di libri che giaceva per terra.

Non risposi, fissai intensamente lo specchio che avevo scheggiato.

«Lewis ma che ti prende?».

 

[Charlotte]

 

Quando entrai nel dormitorio avevo ancora impresso sulla guancia il bacio che mi aveva lasciato Kevin per salutarmi, aprii la porta della mia stanza e trovai una scena che mi lasciò a bocca aperta: Kim e Natasha erano sedute sul tappeto e si dipingevano le unghie chiacchierando tranquillamente.

 

Al mio ingresso alzarono contemporaneamente la testa.

«Com’è andata con Kevin?» domandò subito Kim.

«Bene… Ehm… Ci siamo baciati» confessai, arrossendo sotto lo sguardo attento di Natasha.

 

«Beh… Bene! Perchè non hai un’aria contenta? Non bacia bene?» Kim mise via lo smalto e si alzò sventolando le mani.

«Non è quello… è che ho incontrato Aaron al locale e gli ho dato del bugiardo...»

Kim strabuzzò gli occhi.

«Perchè mai avresti dovuto?!»

«Lui ha insinuato che Kevin si fosse fatto male per finta… e io sono intervenuta difendendolo… Del resto Aaron era fuori a cena con la sua presunta fidanzata che lui nega di avere!» sbottai, lasciandomi cadere sul letto.

Kim mi rivolse una strana occhiata, e con voce tranquilla obiettò: «Magari sono rimasti semplicemente in buoni rapporti...»

«Si sono baciati davanti a noi… è dall’inizio dell’anno che Aaron trova modi per darmi sui nervi! E’ un bugiardo, menefreghista e maleducato!» borbottai spalmandomi un cuscino sulla faccia.

 

«Magari ti piace!» esclamò Natasha, facendo ridere Kim.

Riemersi da sotto il cuscino.

«Natasha ti preferisco quando non parli se poi intervieni solo per dire cavolate!» ringhiai a denti stretti, fulminandola con lo sguardo.

Le alzò le mani e disse semplicemente: «Se lo dici tu...»


Ma non ne ero sicura… Il fatto che pensassi più al mio litigio con Aaron che al bacio con Kevin mi preoccupava.

Dovevo assolumentamente togliermelo dalla testa e rimuoverlo dalla faccia del pianeta.

A ricordarmi che ciò non era possibile fu un email di Nucci che comparve sul mio laptop acceso:

 

“Mr. Lewis, Mrs Evergreen,

la biblioteca vi attende venerdì per ultimare (si spera) il lavoro.

Ad maiora, Nucci.”

__________________________
Salve ragazzuoli! 
Vi piace come si sta evolvendo la storia? Io e Fra aspettiamo un vostro parere, non importa quanto piccolo o quanto puntiglioso... Vogliamo sapere se la storia vi intriga e se i personaggi fin ora descritti vi garbano.
Baci e abbracci,
-Geo&Fra. 

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Capitolo 9
*** Mettersi alla prova ***


Capitolo 9 - “Mettersi alla prova”

 

 

“Una scelta è come un salto:

se ti spaventi lo rimandi

ma se ti butti è libertà”


[Aaron]

 

Stavamo rilegando questi maledetti libri da ore ormai, sempre in silenzio.

Non la vedevo da quella sera ma non avevo la minima intenzione di parlarle, dopotutto mi aveva dato del bugiardo e per cosa poi…?

Lo avevamo visto tutti che quell’ infortunio era stato tutto una messa in scena.

 

Cacciai via dalla mente quei pensieri riportando la mia attenzione ai volumi che avevo tra le mani, ma questo durò per qualche secondo.

La mia attenzione venne catturata dal suono provocato da una sedia trascinata sul pavimento. Alzai lo sguardo.

 

Charlotte aveva appena spostato una sedia vicino alla libreria di fronte a noi e ci si stava arrampicando sopra con poca grazia, sarebbe stata una scena davvero buffa se non fosse per il fatto che tutto ciò stava avvenendo perchè il suo orgoglio le impediva di chiedermi una mano.

Ci sarei arrivato semplicemente allungando il braccio.

Riportai lo sguardo sui libri, cercando di ignorare il mio buonsenso che mi spingeva ad aiutarla.

Un rumore.


[Charlotte]

 

Chiusi gli occhi aspettando di incontrare il suolo, avevo evitato di aggrapparmi alla libreria per il timore di roversciarmela addosso e ora attendevo che il mio scarso equlibrio mi desse il colpo di grazia, ma due mani mi afferrarono per i fianchi mentre sentivo il vuoto sotto ai piedi.

Ma cosa..?!

Aspettai ancora qualche secondo prima di aprire gli occhi, prima di trovarne due a fissarmi ad una distanza fin troppo ravvicinata.

Aaron era di fronte a me, teneva ancora le mani sui miei fianchi mentre io mi perdevo nei suoi occhi.

La distanza tra noi diminuiva sempre di più, tanto che sentivo il suo respiro caldo accarezzarmi il viso.

Spostai la mia attenzione dagli occhi alla sua bocca...

Dio se ho voglia di baciarti, pensai e a un certo punto temetti di aver dato voce ai miei pensieri, ma fortunatamente in quel momento non sarei riuscita a spiccicare parola nemmeno volendo.

Scesi lentamente dalla sedia, il mio corpo scivolò contro il suo perchè le sue mani non diedero segno di volersi staccare dai miei fianchi.

 

«Per quanto mi piacerebbe vederti spiaccicata per terra poi dovrei dare delle spiegazioni a Nucci» soffiò lui sul mio viso, usando una strana voce suadente.

«Come mai tutto questo astio nei miei confronti? Pensavo avessimo raggiunto una tregua» riuscii a dire, senza osare allontanarmi dal suo corpo.

 

«Questo prima che ti mettessi con il mio compagno di stanza e mi dessi del bugiardo» sbottò lui, mentre nel suo sguardo si accendeva una scintilla che non riuscii a decifrare.

«Io e Kevin non stiamo insieme, almeno non come tu stai insieme ad Alexa!» precisai, animandomi.

«Ah non state insieme?» Aaron inarcò un sopracciglio, ignorando l’ultima parte della mia frase e stringendomi i fianchi con più forza.

 

Madre de Dios...

Cercai qualcosa di sarcastico da dire, ma la sua vicinanza mi stava confondendo. Il suo viso si faceva sempre più vicino, ormai riuscivo a distinguere le pagliuzze dorate dentro le sue iridi nocciola.

Cosa diavolo stava succedendo?

 

Le sue labbra erano a qualche centimetro dalle mie. La sua presa era ferrea, io avevo smesso di respirare.

Sentii le mie dita farsi più leggere.

SBAM!

Trasalii di colpo, tornando alla realtà.

 

Avevo lasciato cadere il libro che ero salita a prendermi.

Senza nemmeno pensarci due volte, mi ritrassi alla sua presa e mi chinai a raccogliere il libro, lasciando che i capelli scendessero a coprirmi il volto.

Ero sicura di essere diventata rossa come i miei capelli, quando mi rialzai evitai accuratamente di guardarlo, afferrai la borsa e mi fiondai fuori dall’aula.

 

Ancora sconvolta uscii dalla biblioteca e mi diressi verso il dormitorio sperando di trovare Kim una volta rientrata in stanza.

Attraversai la strada frugando nella borsa alla ricerca delle chiavi e quando le trovai ero già di fronte alla mia amica che aveva un sorriso enorme stampato sul viso.

 

Le gettai le braccia al collo, ero quasi sul punto di scoppiare in lacrime e le raccontai tutto quello che era appena accaduto, le riversai addosso tutti i miei dubbi e le mie incertezze.

Io e Aaron eravamo ad un passo dal baciarci…

E se non fosse caduto il libro? Sarebbe successo davvero?

Possibile fosse scattata questa attrazione fra di noi?

 

«Forse aveva ragione Natasha» mi disse Kim.

«Cosa?» domandai, forse non avevo sentito bene…

«Sai benissimo cosa ho detto e sai pure che ho ragione» cominciò lei «ma ora non abbiamo tempo di analizzare ogni secondo che avete trascorso insieme o di vedere il tuo broncio toccare il pavimento...» affermò lei severa.

La guardai ad occhi sgranati, che le prendeva?

«Ci hanno invitate ad una festa!» mi urlò nelle orecchie cambiando completamente tono.

«Com’è che ci invitano a tutte queste feste adesso?» indagai io.

«Sai... Jacob ha insistito… così ho accettato...» farfugliò lei rossa in viso.

Lasciai cadere il discorso anche se l’interesse della mia amica verso un particolare gemello non mi era affatto passato inosservato.

 

«Ma poi che razza di festa è?» domandai, mentre ci dirigevamo verso un bar.

«Mmh… Dovrebbe essere il compleanno di Alexa, domenica fa 20 anni! Vive nella super mega villa vicino al campus che abbiamo visto il primo giorno venendo qui...» esclamò Kim, parlando a ruota libera.

Ma io la interruppi lanciandole un'occhiata torva.

«Non esiste, io non vengo alla festa di Alexa» dissi con decisione.

«Cosa? Ma… » Kim mi fermò piazzandosi le mani sui fianchi, cercando di assumere una posizione minacciosa.

 

«Non se ne parla minimamente, preferirei andare a cena con Nucci piuttosto che venire! E poi ho un sacco di cose fare… Devo finire una ricerca per linguistica, leggere e schematizzare filosofia e scrivere un saggio su Aracne nell'età contemporanea!» elencai sorpassandola.

«Ma perché dai? È solo una serata!» Kim mi seguì cercando di giocarsi la carta della voce lamentosa e gli occhi a cucciolo.

 

«Non ci penso proprio, sicuramente ci sarà Aaron e non ho proprio voglia di vederlo limonare con quella sciaquetta… Soprattutto dopo quello che è quasi successo in biblioteca» sibilai, ferma nella mia decisione.

«Ma allora lo vedi che ti piace!» rise Kim.

Avvampai di colpo e scandii furiosa: «Ma non è vero! Sta facendo di tutto per farmi uscire dai gangheri!».

 

***

 

Non avevo nessuna voglia di andare a quella festa, ma l'allegria di Kim era talmente contagiosa che una volta uscita dalla doccia cominciai a truccarmi.

Sì proprio io, mi stavo truccando.

Mi dedicai all'eyeliner per qualche minuto e passando poi al mascara, completai con un rossetto tenue.

«Mi devo preoccupare? 30 secondi fa non volevi neanche mettere il naso fuori… Cos’è sta storia?» domandò la mia amica squadrandomi.

«Eddai per una volta! Se proprio devo venire tanto vale farlo in grande stile...» brontolai io, cercando di non darle troppa soddisfazione.

«Beh ora non possiamo sprecare questo capolavoro mettendo solo un paio di jeans» disse lei facendomi l'occhiolino, «Lo scelgo io il tuo vestito!» quasi saltò dall'entusiasmo.

 

Protestai un po’ facendola scendere a compromessi: sì al vestito, ma niente tacchi.

Kim optò perciò per un vestitino nero attillato che con le mie mie vecchie converse faceva un po’ a pugni ma tutto sommato era meglio così piuttosto che rovinare al suolo dopo tre passi.

 

Finì di prepararsi anche Kim che era splendida come al solito, i capelli castani le ricadevano morbidi sulle spalle incorniciandole il viso mentre la tutina rossa che aveva scelto non la faceva passare affatto inosservata.

«Mi farai sfigurare» risi dandole un pizzicotto affettuoso.

«Ma non sono mica io ad avere due pretendenti ai miei piedi » disse lei alludendo ad Aaron e a Kevin.

Sbuffai e scossi la testa ancora incredula da quell’intreccio amoroso che stava diventando la mia vita.

«Ma scusa un attimo come arriviamo alla festa?» chiesi ad un tratto.

 

***

 

[Aaron]

 

Come diavolo avevo fatto a dimenticarmi del compleanno di Alexa?

 

Jacob e James squadrarono la mia espressione scioccata con un lieve sorriso stampato sui loro volti identici.

Li avevo incontrati fuori dalla biblioteca: entrambi erano venuti a cercarmi per chiedermi se fossi pronto per la festa e soprattutto se li avessi scarozzati io alla villa di Alexa.

«Te ne sei dimenticato vero?» rise Jacob, dandomi una pacca.

James mi lanciò un’occhiata di traverso.

«Ma non eravate tornati insieme?» domandò curioso, scrutandomi con particolare attenzione.

Sapevo che lui e Alexa per qualche assurda ragione erano rimasti molto amici anche dopo la nostra rottura e perciò ponderai con cura la mia risposta.

«In realtà no, dopo la scorsa partita siamo usciti a mangiare insieme ma nulla di più...»

 

«Quindi ha mentito sul fatto che vi siete baciati...» disse James, incrociando le braccia.

«Ehm.. No in realtà ci siamo baciati… Ma...» balbettai, cercando di evadere da quella conversazione spinosa.

«Ma? Amico, mettiti una camicia e fai il bravo fidanzato! » borbottò James, con una lieve sfumatura minacciosa pericolosa nella voce.

«Ma noi non siamo fidanzati!» esclamai esasperato.

«Allora fai finta, almeno per la sera del suo compleanno… Lei ne è convinta al 100% che ci sia stato il ritorno di fiamma fra voi...» disse James.

 

Mi passai una mano fra i capelli esasperato, cercando di pensare al modo più rapido per tirarmi fuori da quella situazione.

Avevo zero voglia di andare a quella festa e non le avevo nemmeno preso un regalo.

«Non le ho fatto nemmeno un regalo… » bofonchiai riflettendo su tutte le cose che avrei dovuto fare.

«Perfetto, allora guidi tu così prima di andare alla festa, passiamo nella gioielleria in centro e le prendiamo quel bracciale che mi ha detto che le piace tanto… » disse James, con l'aria contenta di chi sembra avermi risolto tutti i problemi.

«Sì tanto io i soldi li cago interi» borbottai, improvvisamente di malumore.

«Quanto la fai lunga, io e Jamie contribuiamo!» intervenne Jacob, dandomi una pacca di conforto.

 

Sbuffai di nuovo.

Sapevo quanto Alexa ci tenesse al suo compleanno perciò mi ripromisi di fare il bravo finto fidanzato, almeno per quella sera.

 

Poi l'avrei rimossa definitivamente.

 

***

 

«Dobbiamo dare un passaggio a chi??!?!! » gridai e per poco non presi sotto la vecchia segretaria Norris e il suo stupido chihuahua.

 

Non era stato abbastanza infilarmi una camicia stretta e soffocante, prelevare un numero spropositato di soldi per il regalo e fare da autista a quelle zecche dei miei migliori amici, ora venivo pure a scoprire che avrei dovuto dare un passaggio anche a Charlotte e alla sua migliore amica, Kim, che da un paio di settimane era diventata la terza ombra dei gemelli…

 

Qualcuno lassù ce l'aveva con me!

 

«Qual è il problema? Abbiamo due posti in più e poi Kim è una figa stratosferica, stasera mi ha promesso di leggermi la mano… » esclamò Jacob entusiasta.

«Sì, da come ti guarda quella vuole leggerti altro… » commentò James malizioso, girandosi verso il sedile dietro.

Jacob si allungò verso il sedile anteriore dove era seduto James e gli mollò una sberla sul collo.

 

«Ahia… Eccole! Fermati qui!» disse James e io inchiodai di colpo, mentre Jacob faceva un lungo fischio.

«Ma che gambe ha Kim?» commentò prima di uscire e aprire la portiera.

Ma io lo sentii appena perchè tutta la mia attenzione era calamitata verso Charlotte.







 

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Capitolo 10
*** Ah… Allora le cose stavano così… ***


Capitolo 10 - “Ah… Allora le cose stavano così…”

 

 

“E’ che sto morendo

dalla voglia di guardarti

di nuovo negli occhi”

 

[Charlotte]

 

Quando la macchina inchiodò davanti a noi smisi subito di litigare con Kim.

 

Me la sarei volentieri fatta a piedi piuttosto che salire in macchina con Aaron.

 

Kim mi aveva assicurato che si era messa d'accordo con i gemelli e non ci avrebbero dato problemi, ma non capiva che la situazione era più grave di quello che sembrava.

 

Come diavolo avrei fatto a guardare in faccia Aaron dopo essere scappata come una vigliacca quella mattina?

 

Jacob uscì e aprí la portiera facendoci segno di salire, Kim lo assecondò ma io incrociai le braccia e scandii con freddezza:

«Io me la faccio a piedi, grazie» e accennai con una punta di soddisfazione alle mie scarpe comode.

«Ma sei matta? Ti rovini i capelli!» scherzò Jacob, afferrandomi per un braccio e trascinandomi nella macchina.

Sbuffai e mi sedetti cercando di evitare gli occhi di Aaron, ma percepivo il suo sguardo addosso.

 

Jacob fece il giro dell'auto e prese posto dietro il sedile di Aaron, Kim venne schiacciata in mezzo e io mi sistemai dietro il sedile di James.

Aaron partì sgommando e più di una volta mi ritrovai a osservare il suo profilo assorto nella guida.

Indossava una camicia azzurrina leggermente sbottonata nella quale il vento, proveniente dal finestrino aperto, si infilava agitandogli le maniche.

Aveva la mascella contratta anche mentre tamburellava le dite sul volante a ritmo di musica; mentre Jacob e James parlavano con Kim di cristalli fumogeni, io e lui sembravamo essere su un altro pianeta.

 

A un certo punto sterzò verso il centro e James ci informò del perché di quella deviazione:

«Siccome qui qualcuno si è dimenticato di fare il regalo ad Alexa, stiamo rimediando ora… Come al solito all’ultimo momento… ».

«Mi pare che neanche voi zoticoni abbiate preparato qualcosa, quindi la colpa non è solo mia» borbottò Aaron a denti stretti.

 

Ah…

 

Io e Kim ci scambiammo un'occhiata, ma lei mi fece cenno verso la sua borsa.

«Le ho impacchettato un paio di orecchini che mi ha regalato nonna Vilma a Natale e che non ho mai messo, ho scritto un biglietto di auguri da parte di entrambe» mi rassicurò Kim, sussurrandomi con fare cospiratorio nell'orecchio.

 

Roteai gli occhi.

Non me ne fregava proprio nulla del regalo di Alexa, sicuramente non se ne sarebbe nemmeno accorta che noi due non le avevamo fatto un regalo e di sicuro non se lo sarebbe nemmeno aspettato.

Io avevo cercato lo sguardo di Kim per comunicarle altro: Aaron era talmente un bravo fidanzato da dimenticarsi di fare il regalo alla sua ragazza… Complimentoni!

 

Mi promisi di farglielo notare una volta fuori dalla macchina.

Quando Aaron parcheggiò con un abile manovra proprio di fronte a una grande gioielleria, io e Kim ci allungammo verso il finestrino per scrutare la vetrina.

 

Ammazza quella era roba costosa, altro ché gli orecchini di nonna Vilma…

 

Aaron e James scesero dall'auto ed entrarono nell'elegante negozio.

Jacob rimase in macchina con noi e Kim si voltò per chiedergli: «Ma sanno cosa prenderle?»

«Sì assolutamente, sembrerà strano ma mio fratello è il più caro amico di Alexa, sa persino di che colore si farà le unghie la prossima settimana, non so come faccia a sopportarla… » rise lui.

 

«Quindi cosa avete deciso di regalarle?» chiesi a mia volta, curiosa.

«Un bracciale con una ‘A’ incisa sopra, James dice che Alexa non desidera altro e spera che le porti fortuna per la storia con Aaron… Ma onestamente a me sembra un po’ una cagata, le cose fra loro sono finite da un bel pezzo, ma Alexa non si arrende e tormenta Aaron» raccontò divertito Jacob.

 

Ah… Allora le cose stavano così…

Qualcosa si agitò nel mio stomaco e Kim sembrò leggermi il pensiero perché mi pizzicò la coscia di nascosto. Ci scambiammo un'occhiata di intesa e le feci un piccolo sorriso.

 

Ma perché Aaron non si decideva a mettere in chiaro le cose una volta per tutte?

 

«Ma sbaglio o tu e James vi siete messi la stessa camicia?! » domandò Kim osservando Jacob, lui scoppiò a ridere.

«Ci vestiamo sempre uguali alle feste… Confonde la gente» spiegò il gemello.

«Ah allora dovrò stare attenta con chi parlo» sussurrò Kim, flirtando con Jacob.

Roteai gli occhi e trattenni una risata.

 

Quando James e Aaron uscirono dal negozio quest'ultimo teneva in mano un pacchetto argentato con un grazioso fiocco dorato.

Mi si strinse lo stomaco e mi imposi di guardare fuori dal mio finestrino, ma quando Aaron si sedette al volante mi voltai e lo beccai a osservarmi dallo specchietto retrovisore.

 

Ci guardammo per istanti che sembrarono infiniti mentre lui metteva in moto, poi io distolsi lo sguardo e mi concentrai sul centro di Los Angeles, che cominciava ad accendersi di luci notturne.

 

«Facciamo un applauso ad Aaron che si è dissanguato anche questa volta per la gioia della mia stronzetta preferita» esclamò con voce affettuosa James riferendosi ad Alexa e sventolandoci il pacchettino luccicoso davanti al naso.

Jacob inarcò un sopracciglio.

«Alexa non vale tutti sti soldi» commentò, scrollando le spalle.

«Sono d’accordo» intervenne Aaron, con voce atona.

 

Io mi voltai a guardarlo nello specchietto e i nostri occhi si incrociarono di nuovo.

«Che citrulli! Aaron ricordati di fare il bravo fidanzato stasera… » lo ammonì James.

«Puoi contarci» sibilò Aaron, a denti stretti e percepii i suoi occhi su di me più incandescenti che mai.

 

Quando raggiungemmo la villa Kim si sporse verso il mio finestrino per vederla meglio: era enorme, di un bianco perla, con enormi torrette elicoidali su cui spiccavano imposte di un blu marino.

Sembrava un’enorme conchiglia uscita dal mare.

 

«Alexa ha detto che noi possiamo parcheggiare dentro» borbottò James digitando qualcosa sullo schermo.

In effetti stavamo superando l'enorme vialetto dove molti invitati della festa avevano lasciato le proprie auto, c’era anche un viavai di taxi gialli che lasciava gruppetti di ragazzi ben vestiti e ragazze traballanti su altissimi tacchi.

Aaron sbuffò vistosamente prima di fermarsi davanti a un enorme cancello in ferro battuto con meravigliose decorazioni floreali che incorniciavano una targa dorata con sopra scritto: “Famiglia Pearson”.

 

«Ma non saranno gli stessi Pearson che hanno regalato il teatro e la sala cinematografica alla UCLA?! » domandò stupita Kim.

«Proprio loro… La famiglia di Alexa possiede anche un enorme archivio in Biblioteca pieno di manoscritti antichi… Aaron se lo ricorda bene quel archivio vero? » James gli diede una gomitata e Aaron abbozzò una risata maliziosa.

«E chi se lo scorda?»

 

Strinsi le labbra e mi torsi le dita in modo agitato, mentre una fitta di gelosia si impossessava di me.

A quanto pare Aaron aveva fatto parecchie conquiste in biblioteca! Pensava di fare lo stesso con me?

Ma chi si credeva di essere…

 

Un uomo con uno smoking si avvicinò al finestrino di Aaron e lui lo abbassò subito.

«Ciao Sebastian! Quanto tempo! » lo salutò allegramente Aaron.

«Troppo, signor Lewis, davvero troppo! La faccio subito entrare… » l'uomo digitò qualcosa su un palmare e il cancello si aprí cigolando.

«Non ci hai più messo l'olio di oliva su queste giunture» scherzò Aaron e Sebastian si avvicinò a lui ridendo e dandogli un buffetto affettuoso sulla guancia.

Dovevano essere molto in confidenza, evidentemente Aaron era stato parecchie volte lí, pensai con una punta di fastidio.

«Faccia il bravo, signor Lewis… Io lo so bene che lei è una canaglia di prim'ordine! » ridacchiò l'uomo riprendendo il suo posto vicino al cancello.

«Mi conosci troppo bene, Seba… » rise Aaron, improvvisamente di buon umore.

 

Oltrepassammo il cancello e Aaron si mosse con destrezza nell'ampio cortile pieno di alberi, statue e fontanelle. Parcheggiò davanti a una statua che raffigurava la trasformazione di Dafne in pianta.

Scesi dalla macchina e mi avvicinai osservando la statua di marmo coperta di edera, era meravigliosa.

 

«La mia preferita fra tutte» disse Aaron alle mie spalle, speravo se ne fosse andato ma era rimasto lì mentre Kim e i gemelli partivano alla volta della villa.

Mi girai lentamente e lo osservai in silenzio, il mio sguardo cadde sul pacchetto regalo che teneva in mano e una fitta mi attraversò il petto.

 

***

 

[Aaron]

 

Come diavolo faceva ad essere così bella?

 

Charlotte indossava un vestitino nero che le fasciava il corpo facendo risaltare la sua pelle chiara.

L’avevo fissata senza ritegno tutto il tempo in macchina, si era truccata in modo da far risaltare i suoi occhi verdi sgargianti e ogni volta che li avevo incrociati nello specchietto retrovisore mi si era attorcigliato lo stomaco.

La stavo fissando anche in quel momento, il vestito le lasciava scoperta la schiena e con una mano giocherellava con i suoi capelli rossi mentre osservava la statua davanti a noi.

 

«La mia preferita fra tutte» spezzai il silenzio, facendola voltare.

Lei mi osservò, silenziosa, aveva un'espressione indecifrabile.

Il mio sguardo scivolò sulle sue labbra ciliegia e mi tornò in mente come solamente poche ore prima fossi ad un soffio dal baciarla.

 

«Stammi alla larga, okay?» sussurrò lei e lessi una muta supplica nei suoi occhi verdi.

Quelle parole furono come una coltellata, ma compresi da come guardava il regalo che avevo fra le mani che non voleva minimamente essere lì a guardarmi mentre facevo il bravo fidanzato con Alexa.

Non riuscii a dire nulla mentre lei mi sorpassava diretta verso la villa; la musica che fino a quel momento era stata un lontano sottofondo era stata alzata al massimo, probabilmente dai gemelli che avevano cominciato ad animare la festa.

 

Mentre mi dirigevo verso la villa, seguendo la figura sinuosa di Charlotte, pregai semplicemente ci fosse una spropositata quantità di alcol a disposizione per far tacere almeno la metà dei pensieri che mi affollavano la testa.

_____
Siamo tornate con un nuovo aggiornamento! 
Vi ricordiamo che la storia la potete trovare anche su wattpad :D
Mi raccomando siate puntuali giovedì perchè il prossimo sarà un gran bel capitolo... 
Per adesso che ne pensate? Vi sta piacendo la storia? 
Ringraziamo di cuore mate_firework per la sua recensione :* 

-FG. 

 

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Capitolo 11
*** Un regalo inaspettato ***


Capitolo 11 - Un regalo inaspettato

 

 

“Ben venga il caos,

perché l’ordine non ha funzionato.”

 

[Charlotte]

 

La villa di Alexa sembrava uscita da uno di quei telefilm sulle case dei ricconi: aveva allestito la festa nel suo immenso giardino, con un’enorme piscina piena di gonfiabili colorati.

C’erano tavoli carichi di alcolici sparsi ovunque, dove baristi roteavano in aria le bottiglie prima di comporre i drink. Individuai Kim nei pressi di un tavolino con una ciotola di olive in mano, la raggiunsi e mi feci preparare un cocktail.

 

«Va tutto bene? » mi chiese lei mentre mi osservava tracannare a lunghi sorsi il drink.

«Ho bisogno di staccare un po’» dissi indicandomi la testa.

Lei capì, svuotò il suo bicchiere come avevo fatto io e mi trascinò verso la pista da ballo allestita nei pressi della piscina.

 

Io e Kim ballammo per ore accompagnate da cocktail colorati che rendevano la serata più sopportabile, quasi carina.

Intorno a noi avevo intravisto volti familiari, Alexa aveva invitato mezza università, ma fortunatamente non avevo incrociato né lei né Aaron.

Chiusi gli occhi  lasciandomi trasportare dalla musica e quando li riaprii mi ritrovai da sola.

 

Che fine aveva fatto Kim?

 

Dopo un attimo di panico mi diressi verso uno dei tavoli dove fortunatamente la trovai accanto ad uno dei gemelli assorta in una discussione così decisi di andarmene e lasciarli da soli.

Decisi di dirigermi alla ricerca di un bagno, in mezzo a quel fiume di persone ubriache con le mie capacità offuscate dall’alcol l'impresa non si rivelò affatto facile.

Mi aggirai spaesata in quel labirinto di camere lussuose, aprendo porte a caso.

 

Feci per abbassare una maniglia quando udii una voce chiamare il mio nome.

«CHARLOTTE! » mi voltai e vidi Kevin sbracciarsi in fondo al corridoio.

«Kev…? » bofonchiai, avvicinandomi a lui.

«Cavolo! Non sapevo fossi stata invitata anche tu… Ti avrei dato volentieri un passaggio! » esclamò.

Lo guardai profondamente dispiaciuta, non mi era nemmeno passato per la testa, anche perché non avevo più avuto occasione di rivederlo tra le lezioni impegnative e le vicende con Aaron…

Al suo pensiero mi ritrovai a fare una smorfia colpevole, non avevo pensato più di tanto a Kevin e a quello che era successo fra di noi…

 

«Va tutto bene? Ti sei persa? » domandò lui preoccupato, accarezzandomi il volto.

Mi confortai un po’ con quella carezza e dissi:

«Nemmeno io sapevo che ci saresti stato anche tu… Stavo cercando il bagno ».

«Non è in questo corridoio, vieni ti accompagno» mi passò una mano intorno alle spalle e io abbandonai la testa verso il suo collo circondandogli il fianco con un braccio.

 

«Ecco qua, ti aspetto fuori» disse Kevin, indicando una porta.

Annuii ed entrai cercando di fare il più in fretta possibile, per non farlo aspettare troppo.

Quando aprii la porta lui era ancora lì, appoggiato al muro con le braccia incrociate.

Indossava una camicia di seta blu che gli fasciava le braccia, mettendo in evidenza i muscoli tesi.

«Tutto bene?» chiese lui, aggrottando le sopracciglia.

«Sì, credo mi sia finita una ciglia nell’occhio» borbottai, avevo cercato di dare una sistemata al trucco e ora sbattendo le ciglia l’occhio mi dava un enorme fastidio.

«Aspetta fammi vedere» Kevin venne verso di me e con sicurezza accese la luce davanti allo specchio del bagno chiudendosi la porta alle spalle.

 

«La conosci bene questa casa» notai e lui sorrise.

«Alexa fa le feste migliori, vedrai quella prima delle vacanze di Natale, l'anno scorso è venuta una figata pazzesca» disse Kevin, prendendomi il viso fra le mani.

«Questa è la prima volta che ti vedo truccata, su chi devi fare colpo?» domandò divertito, mentre gli indicavo l’occhio che mi dava fastidio.

Risi nervosamente e risposi: «La colpa è di Kim, mi ha convinta lei».

 

«Allora vado a ringraziarla, sei una favola stasera» commentò lui mentre si avvicinava e osservava l’occhio.

Scoppiai a ridere, senza riuscire a trattenermi.

«Che ti ridi?» chiese, imitandomi.

«Visto così da vicino sei molto buffo» dissi senza pensare.

 

Ma che miseriaccia andavo blaterando?

 

Kevin rise più forte, mentre mi sfregava l’occhio cercando di togliermi la ciglia.

In quel momento la porta si spalancò di getto e Aaron si fermò scioccato sulla soglia.

Il suo sguardo saettò fra noi due e la sua mascella si contrasse impercettibilmente.

Lo fissai interdetta, Kevin aveva ancora il mio volto fra le mani, ma io non osai muovermi.

 

***

 

[Aaron]

 

Ma vaffanculo.

 

Mi voltai e senza guardarmi indietro sbattei la porta.

Continuai a camminare ripetendomi che stasera sarei dovuto essere il fidanzato perfetto e un fidanzato perfetto non prenderebbe a pugni il compagno di stanza perchè ci prova con una ragazza che non è nemmeno la sua.

 

Ho bisogno di una sigaretta.

 

Mi diressi verso l’uscita ma la voce squillante di Alexa mi richiamò dal palco quindi mi voltai. Era arrivato il momento di cominciare lo show.

Mi incamminai verso il palco pronto a posare per le foto di rito accanto alla mia ex, mi stampai il mio sorriso migliore sulle labbra e la raggiunsi.

Le allungai il regalo sperando che posasse quel maledettissimo microfono ma purtroppo non lo fece…

«Oh mio dio Aaron, come facevi a sapere che lo volevo?!» esclamò lei buttandomi le braccia al collo.

 

Oh no…

 

Feci appena in tempo a scansarmi quando notai che Charlotte ci aveva appena raggiunti con al seguito il dottoruccio.

 

***

 

[Charlotte]

 

«Ragazzi, venite tutti qui per la torta! Muovetevi… Aaaron, dove sei??! Mi serve AAaaaron!» la voce squillante di Alexa ci fece sussultare, stava parlando al microfono.

«Dai, andiamo… Ti farà bene mangiare un po’ di torta, ti vedo un po’ pallida...» esclamò Kevin, intrecciando le sue dita alle mie e trascinandomi dietro di lui, ignorando le mie flebili proteste.

Raggiungemmo la folla che si accalcava intorno al palco dove sopra un tavolo era sbucata un’enorme torta alla crema, già tagliata a quadretti.

 

Kevin si fece strada, in modo da portarmi davanti al palco dove Alexa si era avviluppata intorno ad Aaron in modo possessivo: indossava un un cortissimo vestito rosa confetto che le fasciava il seno, facendole risaltare la scollatura; ai piedi portava dei tacchi decorati con luccicanti pietre preziose rosa, nulla a che vedere con le mie converse.

Aaron la stringeva in modo rigido, quando incrociai il suo sguardo non riuscii a rimanere lì a guardarlo sorridere con lei, gli voltai le spalle svincolandomi dalla presa di Kevin e mi feci largo fra la folla cercando di andarmene il più lontano possibile.

Sentii Kevin chiamare ripetutamente il mio nome, ma lo ignorai.

 

Non ne potevo più.

 

***

 

[Aaron]

 

Una volta terminata la messa in scena quasi corsi via, mi sentivo soffocare vicino ad Alexa avevo bisogno di respirare attraverso una sigaretta.

Avevo incrociato lo sguardo di Charlotte e mi ero sentito morire, mi aveva rivolto un’occhiata carica di odio che non ero riuscito a sostenere.

Cercai rifugio dai miei pensieri nel gazebo abbandonato in fondo al giardino, quello che Alexa non sopportava perchè “puzza di muschio” ed era sempre al buio, mi sedetti buttando fuori un po’ di fumo e chiusi gli occhi. Il profumo emanato dal legno mi pervase le narici e mi trasportò per un attimo lontano dalla festa, lontano dal groviglio intricato dei miei pensieri.

Non riuscivo più a capire cosa fosse giusto fare, ultimamente ero solamente riuscito a deludermi.

 

Uno scricchiolio mi riportò alla realtà, aprii gli occhi e mi voltai alla ricerca della causa del rumore. L’ombra di una figura esile si materializzò ai piedi della struttura incurante del fatto che ormai l’aria era satura dei miei pensieri e basta.

Mi mossi appena, in modo da vedere chi fosse senza spaventarla ma lei si voltò...

 

***

 

[Charlotte] 

 

«Scusa... non ti avevo visto...» balbettai imbarazzata alzandomi, «...ora me ne vado».  

«No tranquilla, non serve. Me ne stavo andando io» rispose la figura alle mie spalle.

 

Questa voce la conosco, pensai all’istante.

 

«Chi sei?» domandai spinta da un moto improvviso di coraggio, o di alcool forse. «Non mi riconosci?» mi sfottè la voce.

 

Non avevo più dubbi.

 

«Aaron» esclamai, mentre sentivo la rabbia montarmi dentro.

«Scusa ma sei l’ultima persona che voglio vedere in questo momento!» dichiarai sprezzante quando lui sbucò da dietro la colonna del gazebo.

«Ah ho notato che genere di compagnia preferisci… » replicò lui sarcastico, riferendosi evidentemente a Kevin.

 

Feci per andarmene, ma lui fu più rapido e mi afferrò il polso tirandomi contro il suo petto.

Cercai di divincolarmi, ma la sua presa era ferrea.

«Mi devi lasciare stare ti ho detto! Che c’è devo farti chiamare da Alexa per mandarti via? » la mia voce suonò più stridula di quanto volessi, i miei pensieri sfilavano confusi e ingarbugliati per via dell'alcol.

Lui non mollò la presa, anzi si avvicinò ancora di più, torreggiando su di me.

 

***

 

[Aaron]

 

«Tu mi rendi le cose difficili» ringhiai, lasciandole di colpo il polso come se scottasse.

Mi aspettai che lei corresse via, come aveva fatto in biblioteca, ma rimase ferma davanti a me massaggiandosi il polso.

«Sei tu ad essere diventato quasi una persecuzione! Quando sono con Kevin tu riesci a sbucare come un dannato fungo per rovinare le cose! » gridò lei puntandomi un dito contro.

 

«Parliamo di rovinare cose? Tu ti sei piazzata davanti a me durante il momento più delicato della serata, come diavolo facevo a stringere quell'altra con i tuoi cazzo di occhi puntati addosso? » replicai furioso, gesticolando.

«A me non sembravi tanto sofferente mentre lei ti si avvinghiava addosso come una piattola» i suoi occhi verdi fiammeggiavano e le sue labbra rosse fremevano di rabbia.

 

«Vedi che non capisci un cazzo!» alzai la voce anche io, sentivo il respiro farsi accelerato.

«Ti avevo esplicitamente detto di starmi alla larga.. » sottolineò lei, incrociando le braccia.

«Se permetti neanche tu sembri molto in grado di starmi alla larga» sibilai rivolgendole un’occhiata truce.

«Oh guarda bene come ti starò alla larga da ora in poi!» si voltò e cominciò a camminare a lunghe falcate verso la festa.

 

«Brava! Complimenti! Scappa come hai fatto in biblioteca, sei una vigliacca.. » la accusai, gridandole dietro.

Lei si fermò.

 

***

 

[Charlotte]

 

«Non ti permettere!» mi girai, incendiandolo con lo sguardo.

«Non sono io a non avere il coraggio di chiudere una buona volta con l’ex, il vigliacco sarai tu!» gli puntai il dito contro, accusandolo furiosa.

«Con Alexa è già finita da un pezzo, sto facendo un favore ad un amico… Stasera non mi sono neanche permesso di baciarla, ma TU…! » Aaron mi puntò il dito addosso a sua volta.

«Tu non hai perso tempo con Kevin! Sbaglio o vi ho beccato a pomiciare in bagno?! » mi accusò, mentre la sua voce assumeva una sfumatura ferita.

 

«Tu sei matto! Io e Kevin non ci siamo neanche sfiorati stasera » mi difesi.

«Ah no? Allora vi tenete la mano per hobby!? » insinuò sarcastico lui.

«Che te ne frega a te se lui mi tiene la mano?! » gridai esasperata.

«NON LO SOPPORTO OKAY? » gridò lui a sua volta.

Fra noi calò il silenzio, mentre contemplavo sconvolta quelle parole.

Lui si morse il labbro inferiore, come per trattenersi, il suo sguardo scese sulle mie labbra.

 

***

 

[Aaron]

 

Sono fottuto.

Ma come mi era venuto in mente di dire una cosa del genere?

 

Charlotte era davanti a me intenta a fissarmi con gli occhi sgranati, sentivo il mio cuore accelerare quando mi trovai riflesso nei suoi occhi.

Feci un passo avanti per avvicinarmi a lei mentre il suo sguardo diventava interrogativo.

 

Ora o mai più.

 

Mi avvicinai a lei guardandola negli occhi, le presi il viso tra le mani e annullai la distanza che c’era tra di noi poggiando le mie labbra sulle sue.

 

***

 

[Charlotte]

 

«Io... » balbettò Aaron allontanandosi, interrompendo quel bacio.

 

Probabilmente in viso ero rossa tanto quanto i miei capelli, ma mi spinsi verso di lui e questa volta fui io a colmare la distanza tra noi, abbandonandomi questa volta al caos delle mie emozioni.

Lui rispose al bacio con più passione, infilandomi una mano fra i capelli.

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GRAZIE MILLE a tutti coloro che sono arrivati a leggere fino a qui! 
Ricordatevi di aggiungere la storia fra le seguite/preferite! 
Vi sta piacendo la storia? Riguardo al continuo cambio di prospettiva dei personaggi, vi piace? vi convince? Preferireste avere un punto di vista unico? 

Fateci sapere cosa ne pensate, siamo qui per voi. :* 
GeoFra. 

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Capitolo 12
*** Oops ***


Capitolo 12 - Oops

 

 

“A una goccia

ho parlato di te.

Lei non ha mantenuto il segreto.

 

Ora tutta la pioggia

ripete il tuo nome.”


[Charlotte]

 

Una volta rientrata alla festa andai alla ricerca di Kim, dovevo assolutamente raccontarle cosa era appena accaduto.

Guardai verso il centro della sala dove tutti stavano ballando ma non la trovai, mi girai verso il bar sicura di averla vista in giardino, ma non la vidi nemmeno lì.

Mi diressi verso quello che mi sembrava fosse il corridoio per il bagno quando vidi uno dei gemelli, decisi di andargli incontro alla ricerca di informazioni.

«Ehi, hai visto Kim? La sto cercando da mezz’ora..» esordii io.

 

«La sto cercando anche io, è sparita!» rispose lui.

«Cerchiamola insieme allora, non può essere lontana» bofonchiai e mi incamminai spedita verso una sala piena di gente, impigliando il vestito in un vassoio sporgente facendo cadere una ciotola di patatine.

 

Merda, sono ancora sbronza!

 

Lui rise e mi affiancò, reggendomi per le spalle: «Occhio a non cadere! Ti sei presa una bella sbronza! »

«Sì, beh ne avevo bisogno… » borbottai.

Lui inarcò un sopracciglio.

«Perché? Kim parla molto di te, sembri una ragazza coscienziosa, non una che gira sbronza a una festa rovesciando ciotole di patatine e ho notato che Kim le capisce bene le persone» disse, con una voce che mi parve carica di ammirazione nei confronti della mia migliore amica.

Sbuffai e incrociai le braccia, mentre cercavo un briciolo di lucidità per riordinare i pensieri.

 

«Tu a Kim piaci molto lo sai vero?» dissi di getto, guardandolo.

Avevo avuto l'impressione che anche a lui ricambiasse quel sentimento.

Lui mi guardò stranito per un secondo, ma io continuai senza farlo parlare.

«Come hai detto tu lei non sbaglia mai con le persone, ha questo infallibile sesto senso, quindi se lei si fida di te posso farlo anche io… E poi tu sei anche il migliore amico di Aaron, vero Jacob? » domandai, cominciando a parlare a ruota libera.

 

Lui annuì lentamente, mentre mi squadrava con crescente curiosità.

«Ho bisogno di un consiglio, perché è appena successa una cosa e io non so cosa fare.. » esalai, torcendomi le mani.

Ci eravamo fermati davanti alla scalinata del salone principale, ma nessuno sembrava fare caso a noi nel caos della festa.

 

«Che consiglio? È successo qualcosa con Aaron? » domandò subito lui.

Feci un respiro profondo e dissi: «Ci siamo baciati qualche minuto fa.. È stato assurdo, non avrei.. »

«Cosa? Davanti a tutti? » lui interruppe il mio flusso confuso di parole.

«No, eravamo al gazebo e mi ha baciata lui, ma io ho ricambiato, ora non so cosa fare perché in mezzo c’è anche Alexa.. »

Lui fece una smorfia e si guardò intorno.

 

«Aspetta, devi promettermi di non dire nulla… Jacob, devi giurarlo su Kim! » esclamai aggrappandomi al suo braccio.

Lui mi guardò per un istante e poi con molta lentezza disse: «Se conosco bene Aaron al momento sarà parecchio confuso, insomma siamo sempre al compleanno della sua ex, vado ad assicurarmi che stia bene e non faccia sciocchezze, tu cerca Kim!» mi congedò con una breve stretta al braccio e sparí nella folla.

 

Rimasi immobile contemplando le sue parole.

La testa mi girava in una maniera preoccupante e mi ripromisi che non avrei più toccato una goccia di alcol.

In quel momento sentii due voci ridere forte in cima alle scale, alzai lo sguardo e vidi con profonda gratitudine scendere Kim con l’altro gemello.

 

«Grazie al cielo, io e Jacob ti abbiamo cercata ovunque» dissi, abbracciandola.

Lei si staccò guardandomi confusa.

«Volevi dire James, Jacob è sempre stato qui con me» indicò il gemello dai capelli arruffati accanto a lei.

«Cosa… No » la contraddissi, ma poi mi mancò la terra sotto i piedi.

 

Il vero Jacob si sporse verso di me, osservandomi con la stessa espressione che mi aveva rivolto il fratello neanche due minuti prima.

«James mi stava cercando?»

Mi aggrappai alla ringhiera, mentre uno svarione mi faceva girare la testa.

«Devo andare in bagno, mi accompagni?»trillò Kim, aggiungendo poi a denti stretti: «Devo raccontarti una cosa.. ».

 

«Aspetta un momento» sussurrai con voce flebile, sentivo la temperatura corporea salire.

«Tutto bene Charl? Vuoi che andiamo a prendere un po’ di acqua? Sei diventata un po’ pallida» domandò Kim, improvvisamente preoccupata.

«Io vi ho confusi!» esclamai impettita, puntando un dito contro al vero Jacob.

 

Lui rise piano e disse con dolcezza:

«Non sei la prima, cinque minuti fa una tipa del mio anno si è dichiarata ubriachissima convinta che fossi James… Succede spesso alle feste, non la prendere male!» mi spiegò sorridendo divertito.

Gli diedi una lieve spinta, mentre il panico si impossessava di me.

«Io ho raccontato una cosa personalissima a tuo fratello, convinta che fossi tu! Spero abbia almeno la decenza di tenersela per sé »

Lui strabuzzò gli occhi confuso.

«Cosa gli hai raccontato? » intervenne Kim curiosa.

 

«Non ho più voglia di parlarne ora, non mi fiderò mai più di voi due» sbottai imbronciata, incrociando le braccia.

Jacob rise piano.

«Perdonaci, Charlie… Vado a cercare James e gli faccio tenere la bocca chiusa, tranquilla» mi rassicurò, salutò Kim con un bacio sulla guancia e sparí nella folla.

 

«Sì può sapere che è successo? A me puoi dirlo» Kim mi abbracciò.

«Andiamo in bagno.. » bofonchiai contro la sua spalla.

 

***

 

Chiusa a chiave la porta del bagno cominciai a raccontarle tutto, dall’incontro di Kevin al confronto con il Jacob sbagliato.

 

«Dopo il bacio ci siamo staccati e io me ne sono andata per venire a cercarti, non so se ho fatto la cosa giusta! Ho incrociato James, ma da come parlava di te… Non saprei mi ha dato l'impressione di essere Jacob, credo di essere ancora ubriaca e non mi sono nemmeno fermata a chiedergli conferma, anche se più di una volta l’ho chiamato Jacob lui è stato al gioco… Bastardo! » mi sfogai come un fiume in piena mentre Kim mi ascoltava attenta.

 

«E ora paura che James possa dirlo ad Alexa siccome sono così tanto amici, diamine ho combinato un casino!» esclamai, infilandomi le mani fra i capelli.

Kim mi prese le mani e disse con sicurezza :

«Tranquilla, Jacob sistemerà tutto e James non si permetterebbe mai di rovinare la festa ad Alexa dicendole del bacio con Aaron, quindi abbiamo un po’ di tempo, ma tu devi assolutamente capire cosa vuoi. Mentre sei sparita Kevin è venuto a parlarmi ed era sinceramente preoccupato per te, devi schiarirti le idee prima che qualcuno rimanga ferito da tutto questo intreccio»

 

***

 

Lunedì mattina mi svegliai con un mal di testa allucinante così decisi di scendere a prendermi un caffè.

 

Magari mi riprendo, pensai.

Avevo passato ieri pomeriggio a dormire e a studiare chiusa in stanza con Kim, non avevamo avuto la forza di mettere il naso fuori anche perchè eravamo indietro con appunti e saggi da scrivere.

 

Mi feci una doccia e poi mi vestii con calma, mi diressi poi verso la porta cercando di non svegliare la mia compagna di stanza.

 

Presi le chiavi e feci per uscire quando inciampai su qualcosa.

Guardai verso i miei piedi e trovai una canotta da basket con sopra un bigliettino:

“Ti aspetto alla partita venerdì sera alle 20.

Mi farebbe piacere vederti con il mio numero.

- Aaron

 

Ps. Dopo la partita se ti va possiamo andare insieme da qualche parte.”

 

Raccolsi la divisa e la infilai nello zaino, poi strinsi il biglietto, lo lessi ancora una volta per poi riporlo nella tasca dei jeans.

 

Stava succedendo davvero?

 

Un sorriso si fece largo sulle mie labbra e mi rimase impresso lungo tutto il tragitto verso l’aula di Filosofia.

Feci per varcare la soglia quando vidi una figura raggiungermi correndo.

 

Kevin si fermò davanti a me con il fiatone e poggiò il palmo della mano sul muro impedendomi di entrare.

 

«Speravo di incontrarti fuori dal dormitorio, non ti ho più incontrata dopo la festa...»

«Io e Kim abbiamo chiamato un taxi perchè eravamo stufe» spiegai, evitando il suo sguardo.

Non l’avevo più visto dopo il bacio con Aaron e dopo lo scambio dei gemelli avevo convinto Kim a levare le tende, perchè non sopportavo più la vista di nessuno.

 

«Capito! Beh, non ti sei persa nulla… Alexa e Aaron hanno concluso la gran serata addormentandosi insieme sul divano all’ingresso e abbiamo colto l’attimo per disegnare loro sconcerie sulla faccia» Kevin rise ed estrasse il telefonino mostrandomi una foto sul display.

 

Mi precipitò lo stomaco sotto le scarpe: la foto ritraeva Alexa con il trucco sbavato e i capelli scompigliati stretta al fianco di Aaron, il quale aveva un braccio intorno alle sue spalle e teneva gli occhi chiusi come addormentato.

Alexa aveva un enorme pene sulla guancia, disegnato con il pennarello nero e Aaron aveva dei testicoli abbozzati sulla fronte.

Mi pizzicarono gli occhi e distolsi velocemente lo sguardo.

 

Era tornato da lei dopo il nostro bacio?

 

Kevin mise via il cellulare, squadrandomi attento.

«In realtà sono venuto a cercarti per un altro motivo» cominciò Kevin, aprendo la borsa a tracolla.

Lo fissai priva di entusiasmo.

 

Vedere quella foto mi aveva totalmente svuotata.

Aaron non aveva minimamente dato peso al nostro bacio se appena ero sparita aveva colto l’occasione per avvinghiarsi nuovamente ad Alexa.

Tutto ciò che mi aveva detto erano cazzate: stava cercando di approfittarsi di me e di manipolarmi.

Rimasi talmente ferita da quel pensiero che non sentii nemmeno cosa stava dicendo Kevin.

 

«Cosa scusa?» lo interruppi tornando alla realtà quando lo vidi fissarmi interrogativo, porgendomi la maglia della sua divisa da basket.

«Verresti alla partita di venerdì a vedermi giocare? è molto importante per me, ci sono un paio di allenatori famosi che vengono a guardarci giocare!» ripetè lui paziente.

 

«Non lo so, forse ho un impegno» mentii con voce atona.

 

Non avevo più voglia di andare a nessuna partita.

 

Lui aggrottò la fronte e spinse la maglia contro le mie mani.

«Ti prego vieni, fallo per me… Sei il mio portafortuna» mi supplicò Kevin.

La sincerità e l’affetto che lessi nel suo sguardo mi ferirono profondamente e non lo riuscii a sostenere a lungo.

 

«Mi dispiace Kev, sono un disastro in queste cose, sicuramente una come me è meglio perderla che trovarla» bofonchiai a disagio.

«Cazzate, io venerdì ti aspetto… Charlotte io non ho intenzione di perderti» disse lui afferrandomi il mento e alzandolo per guardarmi dritto negli occhi.

 

Se possibile mi sentii ancora peggio.

 

«Ti faccio sapere» lo salutai, passandogli sotto il braccio ed entrando in aula.

 
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Salve ragaaaa! Grazie a tutti quelli che hanno aggiunto la storia alle seguite/preferite. Vi è piaciuto l'inganno dei gemelli? Fateci sapere cosa vi passa per la testa :D -GF.

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