Storia di un uomo e di una bambina

di CortexiphanAddicted
(/viewuser.php?uid=1089833)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ANTEFATTO ***
Capitolo 2: *** INCONTRO ***
Capitolo 3: *** DISTRAZIONE ***
Capitolo 4: *** SCELTA ***
Capitolo 5: *** DICHIARAZIONE ***
Capitolo 6: *** MOSTRO ***
Capitolo 7: *** PERICOLO ***
Capitolo 8: *** SPERANZA ***
Capitolo 9: *** AGITAZIONE ***
Capitolo 10: *** L’ULTIMO GIORNO SULLA TERRA ***
Capitolo 11: *** PRIGIONIERO ***
Capitolo 12: *** AL TUO SERVIZIO ***
Capitolo 13: *** TIRANNO ***
Capitolo 14: *** AMORE ***
Capitolo 15: *** SCERIFFO ***
Capitolo 16: *** REGOLE ***
Capitolo 17: *** NON ANDARE ***
Capitolo 18: *** DOLORE ***
Capitolo 19: *** NOI ***



Capitolo 1
*** ANTEFATTO ***


Quando l’apocalisse zombie è cominciata la mia vita non aveva senso, né una direzione, né uno scopo.
Ero a scuola a seguire una lezione di scienze, ansiosa per un’imminente interrogazione quando un ragazzo fu morso nei bagni.
Il terrore si diffuse rapidamente.
Guidai i miei amici fuori da quel mattatoio giusto in tempo, prima che la polizia iniziasse a sparare su diversi ragazzini indifesi.
Non sono riuscita a salvare tutti e … questa è solo colpa mia.
Non avrei dovuto lasciare da sole delle persone, non avrei dovuto affidare il comando a chi non sapeva gestirlo.
Per salvare più gente possibile ho perso chi era più importante.
Ora ho capito di non essere una brava persona, non sono un’eroina.
Vorrei solo aver detto addio a Claire, la mia migliore amica.
Non so che fine abbia fatto, e non posso sperare che sia viva, la speranza mi ha solo deluso da quando tutto è cominciato.


Dopo quel primo episodio io e la mia famiglia ci barricammo in casa, in città ci furono sempre più zombie, sempre meno aiuto dal governo e anche se i miei genitori cercavano di nascondermelo sapevo che le cose andavano male.
La nostra casa era una fortezza, i miei erano abbastanza ricchi da potersela permettere, avevamo fatto venire tutta la famiglia, raccolto tutte le armi possibili, prelevato medicinali prima di chiunque altro e fatto provviste di cibo per mesi, forse anche per un anno, se stavamo attenti. Ma non è bastato.
All’inizio eravamo in 15: io, mia sorella Andrea, mia madre Jane e mio padre Patrick, i miei tre fratelli Ross, Peter e Mark, le mie nonne Bethany e  Cordelia, mia cugina Rachel, suo fratello Rick, sua sorella Ginny e i loro genitori Isabella e John, chiudeva il gruppo il nostro vicino di casa Francis, un ex poliziotto in pensione.
È andato tutto bene per circa tre anni, riuscivamo a proteggerci dagli zombie, le scorte bastavano, avevamo diversi giochi da tavolo e nessuno stava male, riuscivamo a ingannare il tempo, lessi persino dei libri in quel periodo, compii 17 anni ma lo ricordo a stento.
La situazione ha cominciato a peggiorare quando durante un turno di guardia mio zio John è scivolato dal terrazzo e ha battuto la testa, non ci fu niente da fare.
Da lì sembrava avessimo il mondo contro.
Una sera Francis si ubriacò e cominciò a sparare dal tetto, attirando l’attenzione di zombie e umani. Era arrabbiato col mondo e voleva farlo sapere, aveva detto.
Il cibo non bastava per tutti e noi giovani ci astenevamo dal mangiare per aiutare gli adulti e le nonne, andare a fare scorte in città era rischioso e non lo facevamo sempre, puntavamo di più sulle case dei vicini abbandonate e per un po’ ci andò bene.
Mia nonna Cordelia morì in pace, fui io a non farla trasformare e questa è una delle cose migliori che abbia fatto da quando tutto è cominciato. Lei credeva in me e io non la dimenticherò mai.  
Non passò molto, però, che la minaccia imminente non fossero più gli zombie ma gli altri sopravvissuti.
Riuscimmo a respingere qualche gruppo nascondendoci o spaventandoli, dando del cibo o pregandoli di andare via.
Era l’inverno di un altro anno quando un gruppo troppo sveglio da essere ingannato, troppo forte da essere spaventato, troppo affamato da accontentarsi e troppo cattivo da risparmiarci bussò alle nostre porte.
Mio padre provò a parlare con loro e riuscì a stento a tornare in casa, gli avevano rotto il naso e intimato di andarcene, e lui fece la cosa giusta facendoci fare i bagagli.
Avevamo due auto appena partiti, nessun piano, nessun posto dove andare.
Ma mio padre sapeva cosa fare, sa sempre cosa fare per tenerci al sicuro.
Il primo gruppo che abbiamo incontrato aveva un accampamento in un centro commerciale. Avevano ripulito molti piani e recintato il perimetro. Sembrava sicuro, lo sembrava davvero. Ci stavamo abituando a una nuova normalità, ma una mandria di zombie non la pensava così. Siamo dovuti fuggire prima che il soffitto ci crollasse in testa. C’erano brave persone in quel posto, che ora non ci sono più. Abbiamo perso anche Francis lì, rimasto a sparare a raffica nella hall, voleva affondare con la nave evidentemente.
Abbiamo raggiunto un secondo accampamento, a piedi stavolta, agli inizi dell’estate. Questo sembrava ancora più sicuro, era un aeroporto abbandonato, con un gruppo ancora più numeroso, di circa 70 persone. Lì mia sorella incontrò Alex, un ragazzo della sua età, solo, senza una famiglia e abituato alle cose brutte, e i due si innamorarono. Quando c’erano troppe bocche da sfamare e si verificavano episodi di violenza quasi ogni giorno a causa di questo, fu lui a proporci di fuggire. Mio padre non era d’accordo, lui voleva migliorare quel posto, farlo funzionare, ma si rese presto conto che non era possibile. Ce ne andammo prima che lo vietassero, anche lì c’erano brave persone, ma meno del primo gruppo, la fame rende crudeli.
Era passato un altro anno e facendo il conto da quel primo giorno, agli inizi di settembre, durante l’ora di scienze quando quel ragazzo fu morso ad oggi, sono passati cinque lunghi stressanti, folli, sanguinosi anni.
Quanti zombie ho ucciso? Non ho tenuto il conto.
Quante persone ho ucciso? Solo una, mia nonna.
Perché? Perché lei non voleva trasformarsi, non voleva diventare un mostro e non lo è diventata.
Quante persone avrei voluto uccidere? Troppe, ricordo i loro volti e li maledico.
Maledico quegli stronzi che ci hanno allontanato dalla nostra casa, maledico quegli idioti che sono morti trasformandosi in zombie e hanno distrutto il centro commerciale, maledico i sopravvissuti che non reggono la fame e che vogliono lo stesso comandare, maledico me stessa per non essere stata capace di dare un contributo effettivo alla mia famiglia.
Ma se c’è una cosa che sono in grado di fare è essere forte, e lo sarò, a costo di dimenticare chi ero, tutto pur di proteggere chi amo.
Penso a questo mentre la fame corrode le pareti del mio stomaco, mentre camminiamo in cerca di un rifugio.
Aiuto mia nonna Bethany a camminare, è da tanto che lo facciamo anzi mi sembra che non facciamo altro.
Siamo stanchi, siamo affamati, siamo arrabbiati, siamo indeboliti.
Ed è nel momento esatto in cui ho dubitato di farcela che abbiamo trovato il Santuario e i Salvatori.
Questo è il mio presente, questo è il mondo in cui vivo.
Questo nuovo accampamento è grande, protetto, organizzato. Ma gli altri abitanti ci dicono che a capo c’è un violento tiranno psicopatico che mio padre (dopo solo un giorno dall’arrivo) pretende di incontrare. Il motivo? Chiedere di andare via.
Sente strane voci su questo posto e anche io non mi fido di nessuno. Abbiamo lasciato che ci aiutassero solo perché non potevamo ribellarci, e perché mia nonna aveva bisogno di riposare, ma ora basta.
Ci sono troppe voci su questo Negan, questo dittatore pazzo poligamo, che se ne va in giro con una mazza da baseball chiodata e avvolta dal filo spinato.
Mio padre torna dopo qualche ora, piegato in due dal dolore, con la faccia piena di lividi e il labbro spaccato. Siamo bloccati qui e ci dicono di trovare un’occupazione.
Mia nonna e mia madre vengono portate nelle cucine, mia zia nella zona smistamento dei beni, mia sorella e i miei cugini a coltivare, mio padre e i miei fratelli a fare la guardia al perimetro, Alex a fortificare il recinto … e io?
Cosa dovrei fare in un posto dove non mi trovo a mio agio?
Mi sembra che anche respirare sia sbagliato e ho paura di fare una fine peggiore di mio padre, ho paura, davvero tanta, troppa.
In giro si dice che quel Negan abbia persino bruciato delle persone vive e mi sembra che anche stare nell’appartamento che condivido con mia sorella a riflettere sulla mia prossima mossa possa compromettermi.
Decido perciò di chiedere consiglio a mia nonna e vado nelle cucine, la incontro per caso nel corridoio e lei mi dice di aspettarla in una stanza lì vicino.
E io da brava bambina vado, perché è così che si comportano le brave bambine, fanno quello che le persone più mature dicono loro di fare.
E io voglio proprio essere brava in questo momento, mi sento persa e ho bisogno di un consiglio.
Chi si immaginava, invece, che avrei trovato ben altro.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** INCONTRO ***


Ero seduta a quel tavolo ad aspettare mia nonna chissà da quanto.
Avevo persino finito i passatempi, girarmi i pollici, riflettere sul senso dell’esistenza umana, farmi le treccine ai capelli.
Era passata più di mezz’ora, ma ero rimasta sempre seduta su quella sedia, di fronte al tavolo della cucina dell’accampamento.
Perché non riuscivo ad essere utile alla comunità? Possibile che non ci fosse nulla che potessi fare?
Cominciai a tamburellare il tavolo con la punta delle dita della mano destra, appoggiandomi con il gomito del braccio sinistro, reggendomi quella maledetta pesante testa.
–Qualcuno batte la fiacca qui?- mi girai di scatto.
Era un uomo sulla cinquantina, capelli neri e folta barba. Indossava una maglia bianca a maniche corte e degli stivali neri. Sul suo polso sinistro c’era una fasciatura, chissà come si era fatto male. E nella mano destra stringeva una mazza da baseball, la punta circondata da filo spinato.
Oh mio Dio, doveva essere lui, il capo di questo posto.
Avevo di fronte a me il dittatore, quello che aveva massacrato non so quante persone per prendere il potere.
–Io veramente ero qui solo di passaggio, ero venuta a trovare mia nonna, mi scusi, ora vado-
-Ma come sei deperita- mi bloccai -… come?-
-Ma sì, tu hai bisogno di mangiare, devi essere nuova, si vede dal modo in cui respiri, sembra che non ti sia mai rilassata da quando è cominciato tutto. Adesso ti preparo qualcosa, che ne dici, eh?- posò delicatamente la mazza da baseball vicino al tavolo e indossò un grembiule bianco trovato lì vicino.
Poi mi si avvicinò e mi prese la mano, avvicinando le sue labbra alle mie nocche rovinate.
–Io sono Negan- io deglutisco, cercando di non distogliere lo sguardo –e tu?- mi libero delicatamente dalla sua presa. –Aria-
-E’ un bellissimo nome-
-… grazie-non sapevo cosa volesse da me, perché era così gentile, e così bello e attraente. Cioè, ecco, io ero confusa, dovevo liberarmene all’istante.
–Senta, Negan, lei è davvero molto gentile ma io sto bene, non ho bisogno che mi prepari niente, davvero, non voglio recarle alcun disturbo- -Dammi del tu- qualsiasi cosa dicesse mi colpiva come uno schiaffo.
–D’accordo Negan, ma io …- -Che ne dici di un po’ di carne eh? Una bella bistecca è quello che ti ci vuole.- ha già messo sul fuoco la padella.
-Dimmi, come sei arrivata qui?- mi chiede mentre la carne frigge.
Voleva davvero parlare con me? Mi sembrava da maleducati non rispondere.
–Io e la mia famiglia abbiamo trovato questo posto per caso e appena arrivati ci hanno detto di contribuire oppure ce ne saremmo dovuti andare via-
-Che scortesi- -Hanno anche picchiato mio padre- perché glielo stavo dicendo? –Davvero?- disse Negan porgendomi il piatto con quella carne così invitante.
–Mangiala su, che sennò si raffredda. Sembra che tu non tocchi cibo da settimane- ed era vero, era da tanto che non mangiavo qualcosa del genere.
–Sai, mi sembra di averti già conosciuto- disse, sedendosi su uno sgabello e avvicinandosi sempre più a me
–La tua faccia cazzuta mi ricorda un tipo di rabbia che ho già visto in altri. Sembra che ti abbiano strappato le budella e rimesse assieme, eppure questo non ti ha per niente rovinato. Sei proprio un casino, cosa diavolo hai fatto per arrivare qui?- non avevo ancora toccato cibo
-Solo quello che ritenevo giusto- mi sorride, ha un sorriso meraviglioso, fa sembrare interessante qualsiasi cosa io dica.
Mi sembra stupido emozionarmi per qualcosa del genere, dopo tutto quello che abbiamo passato.
Comincio a tagliare la carne, e a mangiarla di gusto, è deliziosa.
–E dimmi, Aria, qual è il tuo ruolo in questo cazzo di posto?- oddio lo sapevo, adesso mi ucciderà
–non … io non …- era come se non avessi studiato per un’interrogazione –Non ho un ruolo al momento, siamo qui da qualche giorno e non ho fatto niente di utile per nessuno. Probabilmente finito di mangiare mi offrirò come coltivatrice così da stare assieme a mia sorella-
-Ma queste mani- me le prese –non sono adatte a lavorare la terra- la sua stretta era forte e delicata al tempo stesso, le sue dita erano morbide e perfette rispetto alle mie.
–No, non credo che tu debba fare questo- mi lascia andare, gli vorrei chiedere di toccarmi ancora.
–Allora forse potrei fare i turni di guardia come cecchino- -Saresti sprecata a stare ore e ore in una torretta a non fare assolutamente un cazzo-
-E allora cosa potrei fare?- mi si avvicina sorridendo e mi sussurra all’orecchio –Perché non vieni con me?-
-…Come?- mi guarda e stavolta non sorride è serissimo, sembra che stia per parlare di tutt’altro, come se si fosse pentito di quello che ha detto.
–Penso che tu sia troppo bella per fare qualsiasi cosa, anzi penso che tu sia troppo speciale per fare qualcosa che non sia stare con me. Quindi che ne dici? Ti va di diventare una delle mie mogli?-
Una parte di me avrebbe voluto dirgli di sì all’istante. Un’altra pensava a mio padre, steso sul pavimento con la faccia sporca di sangue. Era stato Negan a dare quell’ordine? Se sì, cosa avrei dovuto fare.
Sapevo, anche se ero lì da poco, che Negan era cattivo con le sue mogli. Dicevano le costringesse a fare cose orribili, cose per cui poi dopo non avresti più voluto guardarti allo specchio. Ma io già non lo facevo più.
–E’ un’offerta interessante- dico, appoggiandomi sullo schienale della sedia –ma perché?- mi guarda come se avessi fatto una domanda scontata
–Beh, non c’è un motivo preciso se una persona in particolare ti solletica le palle, lo senti e basta. E tu, Aria, me lo fai sentire. Non è un contratto prematrimoniale che ti sto offrendo, ma la possibilità di avere tutto quello che vuoi, l’unico prezzo è fottere con me quando mi va-
A chi potrebbe interessare una proposta simile? Si trattava davvero solo di sesso, una cosa che prima non avevo mai fatto, sesso con qualcuno che conoscevo da circa 4 minuti. La forma di sentimento più banale e sbagliata, l’atto sessuale privo di amore. Ma lui me la fa sembrare la cosa più naturale del mondo.
–Non mi dispiace l’idea- lo stuzzico. E’ così stupido, sono solo una bambina, faccio proprio schifo a flirtare con uno che potrebbe essere mio padre.
Com’è brutto dover essere per forza persone morali. Riacquisto la mia dignità.
–Negan, ti ringrazio, ma non credo di essere alla tua altezza; c’è una differenza di età davvero troppo grande- dico, sorridendo.
Mi alzo e apro la porta della cucina, mi sto per avviare nel corridoio, pronta a dimenticare questa storia come solo un’altra delle mie figure di merda.
–Sei una donna, lo sai vero?- mi dice, seduto ancora sullo sgabello.
Mi fermo all’istante e mi volto, guardandolo lì mentre mi offre qualcosa che so nessun altro potrà mai darmi.
Aveva usato le parole più incisive che sapeva avrebbero avuto effetto su di me.
Esco dalla stanza e chiudo la porta. Camminando a passo svelto per il corridoio, cerco di liberarmi della sua immagine, quell’immagine perfetta che so non andrà via dalla mia mente.

Come ci si può innamorare di un’anima così crudele in così poco tempo.
Sono davvero una stupida bambina pervertita … oppure no?

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** DISTRAZIONE ***


Sono passati tre giorni dal mio incontro con Negan, e ricordo ancora perfettamente tutto quello che ci siamo detti.
Immagino come sarebbe stare con lui, non dover fare un cazzo se non poterlo ammirare e avere accesso all’armadietto degli alcolici.
Non mi sono mai ubriacata ma penso sia stupendo perdere i sensi e dimenticare per un attimo tutta la merda in cui mi trovo.

Non mi hanno accettato come coltivatrice, sono stata smistata nel settore trasporti: sposto casse di cibo e medicine da una parte all’altra.
E’ una rottura di palle, ed è anche faticosa, cazzo se lo è.
E’ snervante fare sempre gli stessi movimenti e non arrivare mai a una fine.
Vedo poco la mia famiglia, è come se facessero apposta a non farci incontrare. I miei turni finiscono sempre più in ritardo degli altri, e parlare con i miei parenti è diventato difficile quanto leccarsi il gomito.
Una sera, una notte, sono andati di nuovo tutti a letto. Quei coglioni di tirapiedi di Negan mi hanno fatto fare un doppio turno.
Sono le due di notte, e io sono nel corridoio centrale, nella via degli appartamenti, con il mio letto a 50 metri di distanza, e anziché dormire trasporto casse.
Si sente solo il rumore del vento, e i respiri di quelli che già dormono. Sospiro pesantemente, mi fanno male le mani.
Sento dei passi, ma mi giro solo dopo che una mano si posa sulla mia spalla, provocandomi un tipo di conforto, di calore, che sembrava come di qualcuno che conoscessi da sempre, invece era lui.
–Negan- dico.
–Che ci fai ancora qui Aria, è un po’ tardi- dice sorridendo.
-Dillo ai tuoi collaboratori- -Collaboratori?- -Sai quei coglioni che ti corrono dietro come puttane pronte a soddisfare ogni tuo desiderio- -Ah loro dici?- avevo pensato a voce alta.
Mi blocco e mi giro velocemente –Sai che c’è, non importa se non ho finito, meglio andare, mi alzerò prima domani mattina e finirò quello che dovevo fare. Buonanotte- faccio per andarmene, ma lui mi trattiene per un polso.
Mi attira a se senza trovare opposizione, mentre con una mano mi stringe ancora il polso con l’altra mi cinge la vita.
Strano che non abbia portato la mazza con se, Lucille.
Avvicina il suo volto al mio, abbassandosi decisamente alla mia statura.
Vorrei che mi baciasse perché non potrei mai prendere l’iniziativa con lui.
Invece resta fermo e chiude gli occhi, sento il suo respiro sulle mie labbra e mi sembra di capire tutto.
Se per lui potrà sembrare banale come situazione, io sto provando qualcosa di profondo e inaspettato che mai mi sarei aspettata di ricevere, di questi tempi.
Sento per la prima volta una persona, e anche se non conosco niente di lui, mi sento a casa. Che esagerazione eh? Dovrei smettere di pensare e godermi il momento, non trovate? Non sono mai stata in grado di capire cosa fare e quando.
Stiamo in questa posizione da più di dieci secondi, quando finalmente avvicina le mie labbra alle sue, ma vuole che sia io a cominciare.
Una volta un coglione aveva detto che sapevo baciare bene, in questo momento voglio esserne capace.
Le sue labbra non sono calde, fredde o tiepide, sono solo labbra, labbra perfette, dalla perfetta temperatura e consistenza. Hanno il suo sapore, quello di sensualità misto a carisma. Tutto di lui è carismatico.
Dopo aver capito che ho dato il mio consenso, prende lui l’iniziativa.
Come potrei anche solo descrivere la sua bravura nel baciare qualcuno. Lo so, è solo un bacio, un lungo, sentito bacio. Ma per me è molto di più, è come se i miei sentimenti si stessero amplificando. Non sono in grado di stare al passo con lui, ma ci provo.
Sento come se stesse dando vita a qualcosa dentro di me e penso anche di non meritarlo. Mi sembra per un attimo di essere diventata importante, qualcuno si sta accorgendo di me, non sono invisibile, sono viva, forse valgo qualcosa per qualcuno, finalmente.
Ma poi mi rendo conto che in realtà lui mi ha scelta solo per essere una delle sue mogli, una tra le tante, sta facendo tutto questo solo per avere un’altra puttana da scoparsi.
Mentre mi bacia però io mi sento speciale, e allora desidero non staccarmi più da lui, di vivere per sempre al suo fianco, anche ai suoi piedi, mi basterebbe guardarlo.

Che cattiva ragazza, come hai fatto a diventare così?

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** SCELTA ***


Il tempo del nostro bacio mi è sembrato infinito, ma è stato tutto perfetto.
Ora capisco cosa intendono le persone quando dicono che il primo bacio è importante, io lo diedi a un coglione totale, incapace di farmi sentire anche solo un fremito. Fu disgustoso e ridicolo, ero una bambina che si atteggiava a adulta, a esperta conoscitrice delle arti femminili.
Ho sprecato l’occasione che avevo di provare, senza mai essere stata neppure sfiorata, completamente pura, quel paradiso inevitabilmente infernale che era lui, Negan, il mio Negan. L’uomo a cui stavo lentamente cedendo, l’uomo a cui sentivo di appartenere.
Mi sembrava come se prima di lui non ci fosse stato nulla, e dopo di lui non ci sarebbe stato altro.
Negan era insieme ordine e caos, crudeltà e dolcezza, una dolcezza spietata e mascherata, di quelle che ti insegnano qualcosa facendoti prima perdere tutto ciò che hai di più caro. Ed era vero.
Era ed è tutto reale.
Mentre mi bacia io penso a tutto questo, mi sono completamente astratta dalla realtà, perdendomi nella sua stretta, dimenticando persino dell’esistenza degli zombie, dell’apocalisse, di tutto.
A lui probabilmente sarà solo venuto duro, ma mi piace pensare che abbia provato almeno un sedicesimo di quello che sto provando io.
Stacca delicatamente le sue labbra dalle mie, e io vorrei mettermi a piangere come a una bambina cui hanno tolto il suo orsacchiotto preferito.
–No, ti prego- dico, mentre cerco di attirarlo senza aprire gli occhi.
Ma lui non ritorna da me, spinge delicatamente indietro le mie mani che cercavano di riportarlo, e io cado rumorosamente a terra, come se si fosse preso tutta la mia energia vitale. Ha capito che mi ha completamente in pugno.
–Allora? Vuoi sposarmi?- mi chiede, quando sono io inginocchiata dinanzi a lui.
–Sì- dico con convinzione, senza neanche aver bisogno di pensarci.
Immagino che stia sorridendo, e infatti apro gli occhi e ritrovo il suo volto accanto al mio, così vicino e così suo.
Vorrei avvinghiarmi al suo collo e farmi portare ovunque lui voglia. Mi porge una mano –Andiamo- dice.
Ha ottenuto quello che voleva, la sua puttana della serata, non posso che farmi un applauso.
Ma niente di questa situazione mi sembra sbagliato, niente mi dà l’impressione che questa mia scelta (se si può definirla tale) non possa portarmi a quello stato di felicità che cercavo anche prima che ci fossero gli zombie.
Chissà cos’era lui prima, se ha perso qualcuno, se è mai stato innamorato davvero come lo sono io ora di lui.
Solo un’infatuazione dite? No, è molto di più, troppo di più.
È un sentimento così puro e malsano al tempo stesso, in una situazione normale lo avrei distrutto sul nascere, ma qui ora e per sempre, sarà eterno e mi legherò a Negan in un modo o nell’altro.
Devono essere le sue prede preferite, le ragazzine indifese.
–Perché non dici nulla?- mi chiede, fermando il mio cammino.
Non voglio sembrare indecisa davanti a lui, ma per non inscenare pateticamente i miei sentimenti in un crogiolo lacrimoso e insignificante ai suoi occhi, decido di mentire.
–Sono solo … un po’ nervosa, tutto qua-.
Lui mi guarda e sorridendo mi chiede perché gli mento così spudoratamente.
–Se c’è un cosa che ho capito di te- continua – è che sei completamente impacciata con le relazioni sociali e non sai affatto mentire. Quindi mi vuoi dire a cosa stai pensando o preferisci stare in silenzio per il resto del tragitto?-
Domanda difficile, non sono pronta a parlare di qualcosa che neanche io riesco ad accettare.
–Magari dopo- dico – Perché invece non parliamo della cerimonia?- fingo di interessarmi al passaggio banale che avrebbe reso noto a tutti la mia appartenenza al capo dell’accampamento.
–Beh, tu indosserai un bel vestito bianco, tuo padre se vorrà ti porterà fino all’altare. Faremo le nostre promesse e io ti sussurrerò che sei bellissima mentre il prete sproloquia. Ci prenderemo l’impegno di comportarci bene l’uno con l’altro e di non fare troppe cazzate-
Scoppio a ridere, immaginando la comica scena nella quale mi sarei sposata, col mio vestito bianco e lo strascico, i fiori e gli zombie alle finestre.
Ma all’improvviso mi rendo conto di cosa sto parlando e con chi.
Cosa avrebbero detto gli altri di me? Mia madre, mia sorella, mio padre … era meglio vivere rinchiusa fino alla fine dei miei giorni nell’appartamento di Negan, se stavo per fare quello che avevo già intenzione di fare.
Sono una bambina, sono una stupida bambina innamorata che si è lasciata convincere a fare qualcosa di sbagliato, come fumare erba o saltare la scuola, ma qui è molto peggio.
Sto tradendo la mia famiglia, e allora perché non mi fermo.
–Eccoci arrivati- urla all’improvviso.
Il suo appartamento non è molto diverso dagli altri.
Mi si avvicina di scatto stavolta, cominciando a baciarmi il collo e respirando l’odore della mia pelle.
Questo gesto inaspettato e tagliente, scioglie qualsiasi mio dubbio. Lui mi attira come un serpente nella sua fossa, aprendo la porta e trasportandomi nella sua stanza.
Quello che è successo dopo l’ho dimenticato, e se pensate che sia assurdo, nessuno ne è più certo di me.
Era come se fossi in trance, ricordo solo che volevo chiedergli ancora una cosa, ma lui non mi dava ascolto, ricordo di essermi concessa a lui, ma poi devo essere stata talmente presa da dimenticare tutto il resto.

Mi sveglio, nuda, nel suo letto.
È mattino inoltrato, e raggi di sole accecano i miei occhi, vorrei che fosse accanto a me, ma non c’è.
Mi alzo infilandomi la prima cosa che trovo, una sua maglia, credo, trovata sullo schienale della sedia, e inspiro il suo odore.
Poi vedo un biglietto sulla scrivania e un vestito alquanto piccolo e corto per me di fianco.
–D’ora in poi indossa quello che ti chiedo- c’è scritto.
E io non posso fare a meno di sentirmi una puttana.

Pensi di aver imparato la lezione, adesso? Preparati, il peggio deve ancora arrivare.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** DICHIARAZIONE ***


Negan viene sempre da me, ma non solo per fottere.
Talvolta parliamo anche, finge di essere interessato al mio passato e io lo trovo meraviglioso.
Gli racconto di quando andavo a scuola, dei miei professori, dei miei amici, delle mie cotte, della mia famiglia.
Gli parlo di qualsiasi cosa mi riaffiori alla mente.
Gli parlo di quando immaginavo il mio matrimonio, l’amore della mia vita, e lui pretende che dica il suo nome.
Lo sa che pendo già dalle sue labbra, ma vuole comunque continue conferme.
Sento dalle altre mogli, quando vado a parlare con loro, che essendo il tempo di Negan limitato e potendo stare solo per poco con ognuna, lui stia trascurando diverse ragazze per passare più tempo con me.
Io non potrei esserne più felice, trattengo sorrisi spontanei quando me ne parlano. Per loro è un bene, non dover stare a sorbirselo.
Io ne sono diventata dipendente.
La scorsa notte non ho dormito, poiché anziché andarsene come fa sempre, è rimasto nel letto affianco a me. Si è addormentato tra le mie braccia, gli ho cantato qualcosa mentre gli accarezzavo quei morbidissimi capelli neri.
Sono rimasta sveglia a osservarlo e la mattina l’ho sentito baciarmi la fronte. Solo io conosco questo suo lato?

Vedo sempre meno la mia famiglia, dopo la storia del matrimonio, mio padre non mi parla più, mia madre mi ignora e mia sorella cerca di dimostrarmi quanto quello che io sto facendo sia sbagliato.
Ho perso tutti coloro a cui tenevo per legarmi a un’unica anima dannata.
Passo le giornate nell’appartamento che Negan mi ha dato, “così che possa avere i miei spazi”.
Io non li voglio, voglio solo lui.
Vivo in funzione di lui ormai, se ci sono giorni in cui non viene a trovarmi non mangio e non faccio nulla.
Nell’ultimo periodo però è venuto tutte le notti, mi dice parole volgarmente dolci e si addormenta con me.
Sono felice, per la prima volta nella mia vita posso dire di esserlo davvero.
L’unica cosa che mi infastidisce è sapere di non essere la sola per lui. Che ci saranno sempre altre puttane tra di noi. Ovviamente non gliene parlo di mia spontanea volontà, non ho voglia di rovinare con le mie mani i nostri momenti.

Un pomeriggio, mi viene a trovare. Siamo sul letto, lui appoggiato sui cuscini e io sulla sua schiena, tra le sue gambe.
Mi ha chiesto cosa ne penso di un libro sull’amore che mi aveva regalato qualche giorno prima. Era molto breve, una raccolta di passi e poesie di circa 50 pagine, avevo avuto la possibilità di rileggerlo più di una volta, persino il tempo di sottolineare le parti più interessanti.
È per questo che gliene leggo una:

“George non sapeva se fosse stato solo un incubo ma conosceva la sensazione che stava provando: un misto tra piacere e dolore, un intenso insieme di paure e istinti nascosti, una sconfinata emozione che non riusciva a distinguere il bene dal male. Era quella disperata voglia di sottostare ma anche di reagire. Un pensiero che tormentava le sue giornate e la sua vita. In fondo sapeva che quel giorno sarebbe arrivato. Inspirò. L’aria gli sembrava pesante e difficile da respirare, ma anche incredibilmente inebriante. Ora sapeva di non essere solo, perché poteva sentirlo sulla sua pelle. Scoprì di avere torto, ma anche ragione. Rivalutò le sue convinzioni. Riscrisse i suoi principi. Ora che si trova in questa situazione può finalmente dire che sì, aveva paura, ma aveva anche voglia di sapere com’è fare qualcosa di scorretto. Sentire l’adrenalina scorrere nel sangue e sentirsi irrimediabilmente liberi. Insieme. Potevano andare ovunque volessero. Potevano infrangere qualsiasi regola. Ma in quel momento, in quell’unico breve istante, sentiva di potersi fidare e di fare ciò che ritenesse più giusto. Non avrebbe mai pensato che sarebbe successo così, la riteneva una costrizione o una sottomissione. Invece ha scoperto un nuovo universo, fatto di onestà e amore. Un mondo dove non importa chi tu sia e chi tu voglia essere, ma conta solo chi tu creda di essere. E George è innamorato.”

Mi fermo, Negan mi bacia una guancia e mi chiede di interpretare quello che ho detto.
Io mi giro, lo sguardo rivolto al suo.
–Penso che sia uno scritto su un tipo di amore, un amore vero, sentito, importante, eterno. Un amore che è vita, morte e rinascita. Un sentimento coinvolgente e dissacrante, che fa perdere la ragione- lui sorride. –E’ lo stesso che provi per me?- mi chiede.
Cosa vuole che gli dica?
Che non potrei vivere senza di lui? Già lo sa.
Che lo amo più di qualsiasi altra cosa? Ne è consapevole.
Cosa vuole che gli dimostri ancora?
Cosa vuole che faccia per poter essere solo sua?
In risposta recito una poesia che mi era piaciuta e mi sembrava adatta:

“Verrà la morte e avrà i miei occhi ma dentro ci troverà i tuoi”

dico a voce alta.
Mi guarda divertito e io, seria – Ti amo- gli dico, e non penso di averlo mai fatto prima in modo così esplicito.
Ma non gli basta, non gli basta mai niente.
Mi sfiora dolcemente il mento sollevandomi la testa. –Guardami, coraggio, guardami- e io lo faccio, –cosa vedi?- mi chiede.
Potrei rispondere a questa domanda in una marea di modi.
Io vedo l’amore della mia vita, l’unica persona che mi abbia mai veramente capito, l’unica che mi abbia fatto sentire viva e libera, nonostante sia consapevole di essere in trappola. Potrei dirgli che quel sorriso e quegli occhi così espressivi mi abbiano convinto che io abbia di fronte la persona più sfrontata, volgare e sexy dell’intero universo, ma mentirei.
Io vedo tutto quello che ho sempre desiderato, qualcuno che non esisterà mai più e che non è esistito in passato.
Qualcuno di così perfetto e di così complicato, qualcuno di veramente speciale.
Ed essere speciali è raro e meraviglioso di questi tempi.
-Vedo solo te, Negan- dico con convinzione.
E quei suoi occhi così espressivi si stringono per la contentezza.

Era diventato il mio tutto,
il mio insieme,
il mio mondo.
Mio sole,
ossigeno,
vita.
Ero sua,
sua moglie,
sua schiava.
Ma questa era solo una facciata.
Lo sapevo che dentro di lui c’era il bene, anche se solo una piccola parte.
Non poteva essere completamente corrotto, altrimenti non sarebbe stato così bello.
Mi aggrappavo a quella speranza, vivevo dei rimasugli di quella illusione.
Anima macchiata,
perversa,
orrida,
ma anche diversa,
importante,
perfetta.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** MOSTRO ***


Nella stanza in cui le mogli di Negan si riuniscono si sentono spesso commenti del tipo
– Lo odio-
-Guarda che cosa mi ha fatto-
-Mi ha umiliata- e stronzate simili.
Tutte le donne, una ventina in totale, si sentono forzate, intrappolate, ridicolizzate e terrorizzate da lui.
Io sono l’unica ad amarlo, a desiderare la sua presenza, a non cospirare contro di lui.
Perché c’è chi lo fa e se fossero un reale pericolo lo andrei anche a dire a chi di dovere: sono solo donne arrabbiate senza potere che si lamentano quando potrebbero essere morte da mesi ormai.
Mancano proprio di questo : riconoscenza.
Non le capisco, non capisco da dove venga la loro rabbia, forse semplicemente hanno voglia di aprire bocca.
Mi rendo conto però che è difficile stare con qualcuno se non lo ami, non riesci ad essere te stessa al cento per cento.
Io per fortuna lo sono, ormai vivo di lui, ma non sopporto quando qualche puttanella alza di troppo la voce e incomincia a insultarlo, a insultare l’uomo della mia vita, il mio Negan.

–Lui … è un mostro- sono queste parole che smuovono qualcosa in me.
–Lui- tutte mi guardano, devo avere urlato –è un salvatore, Alicia, se non fosse per quell’uomo tu staresti ancora in mezzo alla strada, morta di fame e di freddo, tuo fratello non sarebbe vivo-
-Neanche lui è più come prima, sta incominciando a pensare e ad agire come lui-
-Ma non sei neanche un minimo riconoscente per quello che ha fatto per te?- mi guardo intorno –Nessuna di voi lo è?-
Mi circondano volti atterriti, sguardi incerti e rabbiosi, di donne più mature, forse più morte dentro degli zombie che stanno in strada.
–Melanie- dico –lui ha accolto te e tua madre, salvandovi da morte certa- lei guarda in basso.
–Mallory- la indico –non eri stanca di essere vessata da tutti i lavoratori? Adesso non lo dovrai fare mai più- lei sbotta all’improvviso –Ma è ancora così, non capisci o non vuoi capire? Noi siamo una sua proprietà e lui può fare di noi quello che vuole, anche …- si zittisce, soffocando un singhiozzo.
–Anche cosa?- dico, consumata dal sentire tutto questo odio per lui.
–Anche prometterci in premio ad altri, o ucciderci se non lo accontentiamo- dice Cherry, una delle preferite di Negan, la odio sotto questo punto di vista.
–Tu sei arrivata da poco e non lo sai, quindi sta zitta e rispetta il dolore degli altri, ti prego. Qualunque cosa ti abbia detto LUI non è un uomo buono-
Le lacrime scorrono spontaneamente sulle mie guance.
–Voi … mentite- dico –non state parlando di lui, è diverso, non lo conoscete come lo conosco io-
-Quanto sei stupida- dice Alicia –Sei qui da così tanto e ancora non hai voglia di fuggire, non hai capito un cazzo- -Ma fuggire da cosa?- Lei guarda dietro di me, poi i miei occhi. –Dall’essere che brami di avere nel letto- afferma, prima di inginocchiarsi.
Tutte lo fanno, mi giro e c’è lui, Negan. Mi inginocchio prontamente, lo guardo come guardavo mio padre quando mi veniva a prendere prima da scuola, le lacrime agli occhi, perché qualcuno era stato cattivo con me.
–Cherry, che cazzo avete fatto? Perché la mia piccola Aria piange?-
Cherry rimane interdetta, si alza, si scusa. –Noi non le abbiamo fatto niente- dice, dopo un secondo Negan la spinge indietro con violenza, la fa quasi cadere a terra.
–Signore, vi prego, detesto picchiare le donne, non si fa. Ma non dovete trattare male i nuovi arrivati-
-Non mi hanno detto nulla, non hanno fatto nulla- mi alzo di fretta, quasi inciampo sui miei tacchi
-Zitta Aria, c’è una lezione da capire qui- lo guardo, rapita dal primo sguardo che ha rivolto esclusivamente a me da quando è entrato.
–Noi- comincia – siamo una comunità, e i suoi membri devono sostenersi e lavorare in un reciproco scambio, è così che funziona una società civile, ognuno ha il suo ruolo. Non voglio più sentire di liti fra di voi, o sarò costretto a fare qualcosa che piace molto meno a me che a voi, ve lo assicuro-
Mallory stringe il pugno, la vedo con la coda dell’occhio.
–E adesso, se volete scusarmi, ho bisogno di stare un po’ da solo con una di voi- mi si avvicina, sfiora con la sua mano guantata il mio mento
–Come sei bella, anche quando piangi- mi solleva di peso, è molto forte.
E per quanto a chiunque possa sembrare paradossale, il peso che avevo nel cuore si dissolve e tutto quello che desidero è sentire ancora quella sicurezza, quel calore, che solo un uomo spietato e perverso come lui può darmi.
–Sono felice che tu abbia scelto me- gli dico, sorridendo.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** PERICOLO ***


Io ormai non esco quasi più dal mio appartamento, e se lo faccio sono solo tre le motivazioni:
1. Ho voglia di parlare con mia sorella (anche se nell’ultimo periodo è raro);
2. Ho fame di qualcosa che non mi hanno portato;
3. Negan mi chiede di seguirlo da qualche parte; e la numero 3 è di certo quella che preferisco.
Adoro quando mi chiede di accompagnarlo nelle sue ricerche, ronde, passeggiate.
Adoro quando fa qualcosa di speciale con me, qualcosa che alle altre mogli non è permesso.
Sono diventata importante per lui, e questo non vuol dire che io gli stia a cuore, ma solo che mi ritenga abbastanza all’altezza da potergli stare accanto.
Come mi sento completa quando sto con lui, quando mi tocca, mi stringe la mano e mi osserva.
Mi è venuto a svegliare bussando rumorosamente alla porta. –Forza principessina è ora di andare-.
Non ho indossato uno dei vestiti che gli piacciono ma qualcosa della me di un tempo: stivali neri, pantaloni attillati, t-shirt a maniche corte e una giacca di pelle. In effetti detta così sembro la versione femminile di Negan, ma vestivo in questo modo anche prima di incontrarlo. Forse era destino che ci incontrassimo, forse ha sempre fatto parte di me, anche se non ne ero consapevole.
Vado nel cortile di raccolta prima degli altri, mi appoggio a un muro, lontano da tutti, ma pronta a saltare sul furgone, e a fare tutto quello che il mio “tutto” mi chieda.
Sono la stessa di sempre, scontrosa, distaccata, asociale, solo che ora c’è una grossa differenza, ora dentro di me sono felice.
Prendo una spighetta di grano e comincio a masticarne la punta, come fanno i contadini dei film, ma smetto dopo poco perché è abbastanza disgustoso. Sto per buttare la pianta a terra quando sento una voce che mi sembra così diversa e inusuale.
–Ciao- mi dice Andrea, mia sorella.
–Ciao- le rispondo, coprendomi il volto con la mano per un improvviso raggio di sole.
Sembra piuttosto stanca, anche abbronzata. Sta trasportando tre casse di ortaggi, carote credo, e mi squadra dalla testa ai piedi. –Sei tornata in te?- mi chiede. – Che cosa intendi?- -Sembri essere rinsavita, se è così vorrei parlarti- il suo tono non è molto amichevole, anzi non lo è per niente. Sta sottolineando con la forza delle sue parole quanto le facciano ribrezzo il mio modo di pensare e le mie scelte.
–Adesso non ho tempo- le dico, rivolgendo lo sguardo altrove –Negan mi ha chiesto di accompagnarlo- mi fulmina con lo sguardo –Stai ancora con lui?- -Sì, perché? La cosa ti crea problemi?- mi si avvicina pericolosamente alla faccia e mi sussurra –Smettila di giocare, finirai solo per fare del male a te stessa e a coloro che ti amano davvero- io la spingo indietro –So cavarmela da sola- dico.
Andrea mi guarda con riprovazione e dolore –Cos’altro deve accadere per farti capire che stai sbagliando?- dice perplessa, prima di girare i tacchi e andare per la sua strada, lasciandomi con un senso di amarezza e incompletezza, sensazioni che provavo un tempo e che sto cercando di non vivere più.
–Scacciale, scacciale!- penso. Per fortuna arriva in mio soccorso la vista dell’amore della mia vita. È su una specie di balconcino che si affaccia sul cortile, si è riunita parecchia gente. Ma dove diavolo stiamo andando? Ci sono davvero troppe persone.
–Gente- urla –non mi siete necessari tutti oggi, quindi mi faccia il piacere di restare solo chi, a mio parere, abbia davvero le palle- mi guarda e mi fa l’occhiolino.
Io sorrido scostandomi un ricciolo dal volto. Come mi sento bene quando mi considera, al di fuori del suo ruolo.
Molte persone tornano nella mensa, magari pensavano fosse un annuncio da non perdere e non una spedizione.
Restano una quindicina di uomini, quegli stessi che mi costringevano ai doppi turni.
Loro non sono come Negan, loro sono solo dei volgari bifolchi, non hanno di certo la sua bellezza e il suo carisma.
L’unico che mi va a genio è Dwight, un tizio arrivato relativamente da poco, ma che ha già dimostrato di meritare la fiducia di Negan con una macabra prova di fuoco.
Ecco, questo è l’unico lato che davvero non accetto di lui: non il fatto che sia un dittatore, che uccida impunemente, che abbia assoggettato tutti con la paura, che tratti le donne al pari di giocattoli sessuali, che faccia del male a mio padre, ma che bruci la faccia dei suoi tirapiedi se si comportano particolarmente male.
Lo trovo eccessivamente disgustoso e decisamente non nel suo stile. Cosa darei per fargli capire che è profondamente sbagliato … oppure fa parte del suo modo di fare?
Le parole di mia sorella hanno attecchito, comincio a dimenticare i pomeriggi passati a leggere libri di poesie e a vedere solo il lato negativo di quel bellissimo, carismatico, uomo. –No- sussurro a me stessa, non devo fare questi pensieri.
Ci riuniamo al centro del cortile, quando mi rendo conto di essere l’unica donna della spedizione. –Quello che dobbiamo fare oggi è molto semplice- dice Negan, tutti lo ascoltano come fosse un messia. –A circa tre km da qui, c’è un accampamento da poco abbandonato. I coglioni non hanno fatto bene i turni di guardia e i vaganti se li sono mangiati. Di conseguenza il patto che avevamo con loro non è stato rispettato e il cibo che ci spettava non è mai arrivato. Adesso andremo lì, ci prendiamo tutto quello che troviamo, e se c’è qualche coglione sopravvissuto lo ammazziamo. Capito?- Un sì collettivo si disperde nell’aria, sono l’unica a non averlo detto.
Nel furgone non mi siedo vicino a lui, non scherzo con nessuno, non parlo, guardo solo le ruote, l’asfalto della strada, gli alberi. Ascolto tutti i rumori, ma non riesco a concentrarmi. Perché non penso più come prima, distratta dalla bellezza di quell’uomo che aveva visto qualcosa in me?
Scendiamo, dopo mezz’ora di viaggio. Prendo un fucile e una pistola dalla cassa di armi sul retro, e tocco il coltello nella fondina della gamba per essere sicura che ci sia.
–Cosa c’è bellezza?- si avvicina Negan, deve aver notato che sono distratta e pensierosa. Non voglio guardarlo o capirà che mento. –Era da tanto che non uscivo, mi ero dimenticata come fosse- -Bentornata allora- dice sorridendo –Eppure ho come l’impressione che tu mi stia ment-
-Gaaaaaaaeeeeeerrrh- lo interrompe uno zombie, completamente marcio, che quasi non si regge in piedi.
È uscito dal cazzo di nulla della foresta e si avventa su di me. –No!- urla Negan, e non capisco se sia spaventato, divertito o eccitato. Cerca di togliermelo di dosso, ma ne arriva un altro che si aggrappa alla sua schiena; stavolta sono io ad urlare.
Mi sembra come se non abbia la forza di fare più niente, vorrei gettarmi su di lui e farmi mangiare viva al suo posto. –No, no, NO!- urlo. Mi scrollo quell’immonda creatura di dosso e le pianto il mio coltello nel cranio putrefatto. Poi do un calcio al mostro che stava per mordere Negan, e mi metto a cavalcioni su di lui, piantandogli più volte il coltello nella testa.
Mi alzo e aiuto Negan ad alzarsi, corro al retro del camion. Prendo Lucille e gliela lancio, ce ne sono altri, molti altri zombie, ci hanno circondato e chissà perché non mi sembra un caso. Mentre squarto le loro teste e sparo colpi a raffica, così come stanno facendo tutti gli altri, non posso non pensare che diversi coglioni dell’accampamento siano vivi, e ci abbiano teso in qualche modo una trappola.
Mentre combatto controllo più volte che lui stia bene, mi giro e rigiro, stando attenta a non farmi colpire.
Lui combatte, combatte e diventa il mio eroe.
Gli altri non hanno la sua destrezza, non sono poeticamente bravi come lui ad ammazzare mostri putrefatti.
Finalmente è finita, saranno stati una ventina ma insieme siamo riusciti a eliminarli, e senza neanche una perdita.
Mi avvicino a Negan –Quegli stronzi non hanno capito con chi hanno a che fare- e gli sorrido, lo fa anche lui, prima di urlare di nuovo.
Cado tra le sue braccia senza neanche accorgermene.
Sono stata sparata? Dove? Non saprei dirlo.
Perché non ho fatto più attenzione.
Mi solleva, e con l’altra mano ordina la ritirata. Sento tanti, troppi spari. È una marcia quella che sento, è un esercito.
Negan sta nel retro del furgone con me, stavolta, fa pressione sul mio fianco con la sua sciarpa, io lo sento, lo so di stare perdendo troppo sangue.
Siamo lontani dagli spari ora, stiamo tornando a casa. –No, Aria, resisti- mi dice.
Io lo guardo, e se questo è l’inferno che mi aspetta voglio morire ora, tra le sue braccia, mentre scruto la sua anima attraverso quei bellissimi occhi.
Mi stringe a se come una bambola di pezza, non sento più le braccia. Sto morendo?
Mi avvicino alla sua bocca e piangendo gli parlo. –Mi … dispiace- tossisco –ti amo- sospiro –grazie- e poi chiudo solo gli occhi.
L’ultima cosa che ricordo di aver visto è il suo volto, contratto dal dolore, e non saprei dire chi stava più soffrendo tra me e lui.

È
tremendo
e
mi
sta
uccidendo.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** SPERANZA ***


-Noi siamo quelli che sopravvivono-
Mio padre me lo disse una volta e, come sempre, aveva ragione.
Dopo essere stata in una specie di coma per circa tre giorni mi sono ripresa dalla ferita inferta dai nostri nemici.
Chi fosse stato a tentare di uccidermi non lo saprò mai, probabilmente qualcuno che provava così tanto odio da non farsi problemi a uccidere una ragazzina, disarmata e di spalle.

Il dottore del campo mi racconta che cosa “mi sono persa”: -Quando sei arrivata eri in condizioni critiche, priva di sensi, con un proiettile conficcato nel fianco. Avevi perso troppo sangue e non c’era modo di aiutarti se non con una trasfusione. Abbiamo chiamato i tuoi parenti per venire a conoscenza del tuo gruppo sanguigno, A positivo, ma nessuno dei presenti era in grado di aiutarti, né tua madre, né i tuoi fratelli, né tua nonna o chi altro. Tua sorella e tuo padre, gli unici A positivo, erano in missione per non so cosa, non sono informato sugli spostamenti dei membri della comunità e a te serviva quel sangue all’istante, o saresti morta. Lo eri quasi completamente ormai-
Il dottore si ferma, come a voler farmi comprendere a pieno il significato delle sue parole.
–E allora? Cos’è successo? Mio padre e mia sorella sono tornati e mi hanno aiutato?-
-Ti ha salvata, Aria. Non si era mai esposto così tanto per nessuno prima d’ora-
-Ma chi?-
-Negan- resto sconvolta, lui ha davvero fatto questo per me?
–Ti serviva molto sangue, e lui essendo uno 0 negativo ti ha donato tutto quello di cui necessitavi. Ti ha completamente ridato la vita-
E' come se lo sentissi dentro di me, adesso. Sapevo che persino nel suo midollo osseo, fino all’ultimo filamento di DNA Negan fosse un salvatore, il Santuario non solo mi ha permesso di sopravvivere, ma mi ha fatto anche rinascere.
Mi tocco il fianco operato, sorrido, prima di cominciare ad avere paura di nuovo.
–Lui come sta?- il dottore mi guarda, meravigliato, preoccupato e al tempo stesso ostile. –Subito dopo averti donato il sangue è stato male, ma poi si è ripreso. Nessuno sa nulla di questo, per cui non andare a dirlo in giro, oppure…-
-Dimmi- -Oppure ha detto che me ne pentirò, che ce ne pentiremo-
Tipico di lui, fare qualcosa di così generoso e umano per poi rimangiarselo, minacciando chiunque, timoroso di modificare l’immagine che la sua gente ha di lui.
–E’ venuto a trovarmi, dopo l’intervento?- il dottore sembra essersi stancato delle mie domande, ma continua comunque a rispondere con gentilezza –E’ venuto il giorno dopo e quello dopo ancora, non oggi. Gli avevo detto che non sapevo quando ti saresti svegliata, non mi aspettavo che succedesse così presto, sei molto forte nonostante la debole costituzione- -Devo andare da lui!- quasi urlo alzandomi dal lettino e correndo verso la porta.
Quando la apro vado a sbattere contro qualcuno e cado a terra. Alzando lo sguardo vorrei che fosse lo stesso uomo a cui devo la mia vita, la mia felicità e il mio cuore.
Invece non è lui, non sono io che decido quando poterlo vedere, è solo lui che mi dice cosa fare e quando.
E forse mi sta bene così.
Dwight mi porge la mano: -Ti sei fatta male?- mi chiede. La afferro, sentendo all’improvviso un dolore al fianco. –Sono riuscito a estrarre il proiettile, ma devi riposare o la ferita non si rimarginerà. Cerca di non muoverti o fare sforzi e vedrai che tra una settimana sarai come nuova-
-Questa- dico sforzandomi –è una bellissima notizia dottore- non mi reggo in piedi e cado tra le braccia di Dwight –Cazzo- dico –sono patetica-
Dwight mi guarda con fare apprensivo –Ehi doc, ma non avete una sedia a rotelle o una stampella?- si fa dare l’unica stampella dell’intero campo e si propone di accompagnarmi al mio appartamento. Mi faccio dare i vestiti e gli dico di poter riuscire da sola.
Lui mi guarda: -E’ stato Negan a chiedermi di aiutarti, quando ti fossi svegliata- prende con delicatezza il mio braccio e lo appoggia sulle sue spalle –Coraggio piccola- mi dice.
Deve sentirsi come un fratello maggiore, nei miei riguardi, e mi sento protetta in un modo che non avevo mai provato con i miei veri fratelli.
Per il resto del tragitto non parliamo, mi dice solo di stare attenta in certi punti e ogni tanto mi chiede se mi voglio fermare, sempre con quella delicatezza e gentilezza che leggo nei suoi occhi e, dunque, nel suo animo.
Arriviamo davanti al mio appartamento, lui mi aiuta a sedermi sul letto e prende una coperta che poi mi mette sulle spalle. Dwight mi dice di riguardarmi, che avvertirà mia sorella che sto bene e sta per chiudere la porta quando mi alzo di scatto, gli prendo un polso e gli dico
–Cherry non ti ha dimenticato, se è questo che vuoi sapere-
Lui sorride –Grazie, ma non ti ho aiutato per questo- resto sorpresa. Pensavo gli interessasse sapere come sta sua moglie, invece sembra distaccato, quasi divertito.
Chiude la porta e resto per qualche secondo ferma, poi la apro –Dwight! Aspetta- lui si gira, e si avvicina mentre gli vado incontro –Cosa c’è?- lo guardo, come se stessi parlando a una parte di me stessa. –Perché ti sei preso cura di me?- -Te l’ho detto, me lo ha chiesto lui-
Non riesco a capire, sembra voglia dirmi qualcosa, ma è come se si sentisse controllato e non libero di dire e fare quello che vuole. Eppure lui è un “pezzo grosso”, come quell’idiota baffuto di Simon o Arat.
Gli stringo la mano –Grazie, so che non eri tenuto a tutte quelle premure- lui abbassa lo sguardo, sembra imbarazzato ma è come se desiderasse ancora sentirsi apprezzato o amato. –Resisti, Cherry ti ama e lo farà per sempre-
Lui come se si ricordasse all’improvviso di un impegno, strattona seccamente la mano. –Stammi bene Aria- lo guardo allontanarsi e mi rattrista vedere il male che Negan fa agli altri. Io sono contenta della vita che ho qui, ma molti non lo sono e soffrono.
Magari un giorno gli parlerò, per fargli capire che non è necessario che lui faccia quello di cui tutti sanno sia capace.
E’ un progetto ambizioso, lo so, probabilmente non mi darà mai ascolto. Ma per la prima volta dopo tanto tempo, sento finalmente qualcosa, un sentimento che avevo dimenticato e che ormai ritengo necessario per il funzionamento e la rinascita di qualsiasi tipo di aggregazione umana: la speranza.
Avvenga quello che deve avvenire, adesso so che nell’uomo che amo c’è il bene e che è stato in grado di fare qualcosa che non fosse immediatamente proficuo solo a se stesso.

Siamo come lo Yin e lo Yang: io buona, ma macchiata dalle mie insicurezze, tormenti e desideri repressi e lui apparentemente marcio, ma con un piccolo faro di luce che illumina il suo cuore e fa intravedere che dietro la maschera che si è abilmente costruito c’è un essere buono e disposto al sacrificio estremo.
Un uomo che posso orgogliosamente sapere di amare.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** AGITAZIONE ***


-Quindi è stato lui ad aiutarti?-
Cherry mi guarda, è triste, fuma, trattiene le lacrime ancora prima che possano formarsi, credo lo abbia imparato per non dover piangere mai.
Io non ho mai soffocato le mie emozioni, non fa bene, vorrei dirglielo, ma lei sembra solo impegnata a fumare e a ignorare quello che una volta era suo marito.
–Sì, Dwight è un bravo ragazzo, mi ha aiutato anche se non era necessario, è stato come …-
-Un fidanzato?- -Un fratello-
Cherry schiaccia la cicca con il tacco, e subito prende un’altra sigaretta.
–Non dovresti… fumare- Lei mi guarda spazientita. –Ci hai mai provato? Sai perché lo faccio?- la risposta a entrambe è sì, ma la indispettirei quindi fingo di essere davvero quello che lei vuole che io sia: una bambinetta ingenua. –Immagino di no- dico sottovoce.
Cherry accende la sua sigaretta, tira come se volesse prendere una boccata d’aria, mi guarda. –Gli sei mancata, sai? Me lo ha detto- io guardo in basso, accennando un sorriso.
–E’ stato difficile per lui vederti in quello stato. Si è fatto in quattro per aiutarti, davvero lo hai impressionato così tanto?-
Non so perché io stia qui, a parlare con questa ragazza che sembra conoscere il mondo meglio di me, a assorbire il suo fumo passivo e a farmi fare domande a cui non voglio rispondere.
–Anche io non capisco cosa ci abbia visto in me, immagino di essergli piaciuta e basta, come una qualsiasi moglie- so che c’è anche dell’altro, ma lo tengo per me, ho sempre tenuto le cose belle per me, segreti come tesori da ricordare e rivivere nella mia testa.
–Tu l’hai stregato, meglio per noi, le ragazze sono contente quando vengono lasciate in pace- Meglio per me, ho smesso di andare a sentire le loro chiacchiere su Negan, mi fanno sentire male con tutto l’odio che sputano dalle loro gole.
–Com’è stato rincontrarsi?- Cherry sembra sempre disinteressata, distaccata, ma i suoi occhi luccicano per un attimo quando mi fa questa domanda come se volesse, privata del suo vero amore, ascoltarne una storia.
-Dopo che Dwight mi ha accompagnato ho riposato nel mio appartamento. Quando mi sono svegliata, due ore dopo, mia sorella, mia madre e mio padre sono venuti a vedere come stavo. Dopo un momento generale di felicità e commozione, hanno cominciato di nuovo a giudicarmi, a cercare di “svegliarmi” a loro parere. Io ho detto loro che anche se volessi ormai sono vincolata al loro odiato tiranno-
Cherry ridacchia. –Le ragazze ci azzeccano su di te- -Che cosa dicono?- non mi importa davvero, ma sono curiosa, ho sempre avuto questa ossessione inconscia di voler piacere per forza a tutti e mi rattristo quando ciò non avviene.
–Che sei una bambina innamorata, tutto qua- resto in silenzio –E tu, invece, cosa ne pensi?- Cherry mi guarda come se non si sarebbe mai aspettata da me una domanda simile. –Finisci prima di raccontarmi la tua storia e te lo dirò- -D’accordo- non so perché ma Cherry mi ispira se non fiducia quantomeno un’affettuosa simpatia.
–Se ne sono andati, in preda al disgusto nei miei confronti, volevano parlarmi di qualcosa ma dicono che ormai non mi riconoscono più, come se fossi diventata più stupida da quando sono qui e non potessi partecipare e comprendere i loro discorsi. Mi lasciano sola e io mi riaddormento, dopo aver … pianto-
Cherry mi guarda, la sigaretta fumante, accenna un “mi dispiace”. –Non è sbagliato lasciarsi andare, ogni tanto- dico.
Cherry si scosta una ciocca dal viso e smette di fissarmi. Per evitare altro imbarazzo continuo il racconto.
–Ho fatto un sogno, un lungo sogno, che non ricordo e mi sono svegliata di soprassalto perché qualcuno ha aperto la porta, era lui. Subito mi sono alzata sul letto e lui è venuto verso di me, ci siamo abbracciati, stretti, avvolti, io piangevo di gioia, lui a tratti rideva. Sciolti dall’abbraccio ci siamo seduti sul letto e l’ho baciato –Grazie per avermi salvata- gli ho detto-
-Perché cosa ha fatto?- mi ero dimenticata di non dover raccontare in giro il suo immenso sacrificio.
–Beh, lui mi ha soccorso subito, dopo che mi avevano sparato- Cherry non sembra soddisfatta, fingo di non essermene accorta.
–Sta di fatto che lui mi accarezza il viso e mi bacia a sua volta, facendomi stendere sul letto. Continuiamo a baciarci mentre lui mette una mano dietro la mia schiena –Ahia cazzo il fianco, il fianco- -Scusa- e subito si distacca delicatamente, riportandomi su. Ora stiamo l’uno di fronte all’altra, stringo le sue mani.
–E’ stato tremendo- mi dice –Vederti soffrire e non poter fare nulla, sono morto di paura cazzo. Mi hai fatto prendere un bello spavento- -Mi dispiace, sarei dovuta essere più attenta, non sarei dovuta venire- -Ehi Aria guardami: tu non devi lasciare che la paura ti impedisca di vivere davvero. Sei come me, tu sei nata per stare lì fuori, insomma te la cavi alla grande con gli zombie e tutto il resto. Sei una sopravvissuta a tutti gli effetti, ma adesso devi riposare e smetterla di correre rischi. Devi farlo… per me-
Una lacrima scorre sul viso di Cherry –Ma cosa cazzo ha quell’uomo che non va- corre via per le scale, con una mano sulla bocca mentre con l’altra si regge sul corrimano.
Non avrei mai voluto farle del male ma è andata così.
Mi dispiace che al mondo sia andata una merda negli ultimi tempi, ma io nonostante tutto sono per la prima volta felice e non posso mentire rinnegando quello che provo.
Penso questo mentre vado verso il mio appartamento, quando vengo attirata da un gruppo degli uomini di Negan che si sta raccogliendo nel cortile.
Sono in molti, armati, i camion pronti a partire, le pistole cariche, gli sguardi che trasmettono un’eccitazione generale.
Cercando di non farmi troppo notare mi avvicino a dove si trova Simon.
–Allora: siamo pronti a far vedere a quei coglioni chi cazzo comanda in questo posto del cazzo?-
-Sì!-
-Basta con le stronzate! Basta con gli ultimatum! Questo gruppo ci sta con il fiato sul collo da settimane ormai ed è il momento di fargli capire chi comanda, è il momento di fargli conoscere il loro nuovo padrone. Chi siete voi?-
-NEGAN-
-Per chi lavorate?-
-NEGAN-
-Così vi voglio, CARICHI, perché questi stronzi sono agguerriti e non si arrenderanno facilmente e stanotte-
-Stanotte- interviene Negan, spuntato dal nulla –impareranno una lezione che non dimenticheranno facilmente-
Negan sorride, ma c’è qualcosa nel suo sorriso che mi disturba, come se stesse per fare qualcosa di profondamente sbagliato.
Se ci stiamo solo difendendo che bisogno c’era di questo discorso? Non conosco le altre comunità di questa zona, non so chi sia il vero nemico.
Sono gli stessi tizi che mi hanno sparato? Sembra diverso, come se nemmeno Simon e Negan sappiano contro chi stanno andando a combattere.
E’ mattina presto, le auto e i furgoni cominciano a partire, quasi tutti i guerrieri del Santuario stanno seguendo il loro capo in questa spedizione.
Vedo Negan salire su un furgone, Joey il grasso che gli porge Lucille e lui che l’accetta sorridendo.
Ho uno strano presentimento e gli vorrei chiedere di non andare, di non rischiare, di restare qui con me.
Comincio ad avviarmi, ma lui chiude lo sportello e mi fermo.
Deve avermi visto dallo specchietto retrovisore perché si gira verso di me ma non mi sorride o saluta, semplicemente mi guarda e nei suoi occhi leggo il bisogno di un perdono per un crimine che ancora non ha commesso.
Lo guardo allontanarsi e immergersi nella nebbia mattutina, i camion che lo seguono e poi scompaiono all’orizzonte.
Quanto sono rimasta a fissarlo non saprei dire, stavo solo cercando di dirgli senza parole quanto non volevo giocasse a fare il maniaco narcisista omicida.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** L’ULTIMO GIORNO SULLA TERRA ***


Entra nel mio appartamento che ormai è l’alba, posa Lucille affianco al letto, si toglie la giacca di pelle e gli stivali, sono sporchi di sangue, e lui sembra così arrabbiato.
–Cos’è successo?-
Gli chiedo sbadigliando, ho dormito nonostante fossi in ansia per lui, ero sfinita dalla mia stessa apprensione.
Lui mi si avvicina, la fronte corrugata, la bocca aperta, come se stesse esitando a dirmi qualcosa, poi all’improvviso mi stringe tra le sue braccia.
E’ strano, non mi aveva mai abbracciato in questo modo, come se fossi l’unica cosa che conta.
Lo sento respirare profondamente, mentre mi stringe ancora di più a sé, e a quel punto anche io lo abbraccio, cingendogli il collo con le mie braccia mentre gli accarezzo la testa. Siamo così vicini e stretti che sembra mi stia per soffocare.
Una volta avevo letto che quando due persone si abbracciano per più di 30 secondi, allora si sente davvero il cuore, il sangue e l’anima di una persona.
In questo momento condividiamo tutto, i nostri cuori sono un tutt’uno, le nostre vene condividono lo stesso sangue e per quanto riguarda l’animo… diciamo che sono in pena con lui. Vorrei che si sfogasse, che piangesse se ne sentisse il bisogno.
Vedo in uno specchio poggiato a terra, contro l’armadio, che la sua faccia è contratta, le sopracciglia strette, gli occhi chiusi, le sue braccia che mi stringono come fossi la più preziosa delle sue bambole.
Non dice nulla perché probabilmente non riesce, deve aver fatto qualcosa di cui si è pentito e teme di allontanare il mio affetto, le mie braccia, l’unica cosa di cui necessita per questo.
Si è nascosto alle mie spalle perché non vuole che lo veda così, probabilmente, pensa che io sia un’altra di quelle persone che lo giudicano o lo temono.
Ma io non appartengo a nessuno di questi gruppi: io sono per lui un rifugio sicuro, un cantuccio d’ombra romita, l’unico luogo in cui non verrà mai giudicato, ma solo compreso e ascoltato, perché io lo amo.
–Tu sei forte- gli dico –Qualsiasi cosa sia successa la supererai, perché sei la persona più in gamba che io conosca e sopravvivrai fino alla fine, lo hai detto tu stesso, noi siamo nati per questo mondo- al sentire queste parole, qualcosa in lui si smuove, si scioglie dall’abbraccio e appoggia la testa sul mio grembo, in posizione supina, io lo avvolgo e accarezzo come fosse un cane abbandonato.
–Non farti dire dagli altri che non va bene quello che fai, tu segui la tua morale, fai il possibile per mantenere in ordine questo posto, lo penso davvero- come sono saggia, di prima mattina.
–Se non comprendono il tuo modo di fare, peggio per loro. Io ci sarò sempre per te- sussurro –Qualunque cosa tu farai, anche se ci dovessimo separare, resteresti nella mia mente e nel cuore per sempre, è questo che rappresenta il matrimonio. Io ti amo davvero e potrai sempre venire da me, se ne avrai il bisogno-
-Stenditi affianco a me- mi dice con voce roca, quasi tra le mie gambe.
Alzo le coperte e mi appoggio con la schiena al suo petto.
Mi accarezza la fronte: -Mi ricordi tanto lei, mia moglie, le somigli così tanto. Quando ti ho vista per la prima volta, in quella cucina, pensavo fossi un fantasma. Come se mi fosse stata data la possibilità di poterla rivedere, ancora una volta…-
Ecco allora il suo attaccamento a me da cosa scaturisce, somiglio a sua moglie morta, bella soddisfazione.
Ma se per avere la possibilità di amarlo devo vivere nell’ombra di qualcun altro, mi sta bene. Tutto pur di stare al suo fianco.
–Tu però avevi qualcosa di diverso, l’ho capito subito, sei in un certo senso… migliore di lei e più simile a me. Lei non era fatta per questo mondo, è morta prima di tutto questo e se non fosse successo avrebbe sofferto mille volte di più- si ferma, mi bacia la fronte, resta in silenzio.
Io mi stringo ancora di più a lui. –Come si chiamava?- credo già di conoscere la risposta. –Lucille, lei era… un angelo- qualcosa che io non sarò mai.
–Mi dispiace per te, deve essere stata dura- sento delle lacrime scendere sul suo viso e silenziosamente bagnare la mia maglia.
–Ti dispiace dici… merito la tua compassione?-
Io lo bacio, forse perché egoisticamente ne ho bisogno più io che lui.
–Io sono onorata di poter assomigliare anche solo lontanamente all’unica donna che tu abbia mai veramente amato- lui resta sorpreso, smette di piangere, fissiamo l’uno gli occhi dell’altro, per un tempo infinito, che va al di là di qualsiasi logica e materialità.
–Ho ucciso due uomini stanotte e ho quasi obbligato un padre a mutilare suo figlio, io… forse… me ne sono pentito, ma era necessario, questo lo so-
Io lo stringo a me, come farebbe una madre con un figlio.
–Non fa niente-
Lui è come se si placasse, come se in quell’istante fossi davvero la reincarnazione di Lucille che gli dava la grazia per i suoi peccati commessi.
Si addormenta all’improvviso, nella mia stretta, come un bambino e non l’ho mai visto così vulnerabile.
Mi addormento, cullata dalla sua bellezza, e nello stato di dormiveglia in cui ero succede qualcosa.
Non so se me lo sono immaginata oppure no, ma ho sentito un bacio sulla guancia, una carezza sulla fronte e … due parole: -Ti amo- poi una porta che si chiudeva.
Avrebbe senso ringraziare in tal modo il perdono di quella che lui crede sia sua moglie, ma quel bacio, quel suo modo di fare, non come se volesse proteggermi ma come se fossi sua pari, mi hanno dato la sensazione che il bersaglio delle sue parole non fosse Lucille, ma Aria, io.
Me lo sarò immaginato? Chi lo sa.
So solo che adesso sento di poter fare qualsiasi cosa, forte dell’appoggio dell’uomo che amo e che ho sposato e che, forse, ricambia a sua volta il mio sentimento.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** PRIGIONIERO ***


 
"We're on easy street
And it feels so sweet
'Cause the world is 'bout a treat
When you're on easy street"

E’ cambiato, da quella mattina, da quell’alba.
Dopo quel momento di totale vulnerabilità ha eretto un muro spessissimo tra me e lui, quasi non mi conoscesse, quasi non fossi sua.
Quando l’ho incontrato nell’area comune, dopo essermi inginocchiata, ha ignorato il mio sguardo, era sfuggente, sembrava gli riuscisse facilmente, mi ha fatto stare male.
Come puoi passare da un estremo all’altro?
Dal rischiare la tua vita per me a questo? Non è bastato molto che scoprissi che cosa aveva fatto.
-Quindi c’è un uomo nelle celle, uno dei nostri nemici?- -Sì- mi dice Cherry.
–Si chiama Daryl, è come se fosse il nostro Simon per il leader dell’altro gruppo, il suo braccio destro, se lo sono portato dopo che li hanno rimessi in riga: piaceva a Negan-
Ma che cosa diavolo ha in mente? Di questo non mi aveva parlato.
–Non sapevo avesse fatto prigionieri-
-Lui si prende quello che vuole, ancora non lo hai capito?- Questa storia non mi convince.
Solo la notte dopo fa sì che io possa tornare a vedere la faccia di mio marito.
Mi bacia, mi fa sua, ma mi impedisce di parlare o fiatare, non incrocia il mio sguardo e se ne va subito dopo.
Io non ho potuto opporre resistenza o dire qualcosa, non è stato violento, ma solo scostante. Vorrei cercare di aiutarlo, ma deve essere stato troppo per lui, quindi aspetto i suoi tempi.
Come dev’essere dura, portare dentro al cuore il peso di dover recitare la parte del cattivo.

"And we're breaking out the good champagne
We're sitting pretty on the gravy train
And when we sing every sweet refrain repeats
Right here on easy street"

Perché quel ragazzo è qui? Me lo chiedo più volte andando in giro per l’accampamento, ma non capisco dove l’abbiano nascosto.
Forse Negan vuole farne un simbolo o che so io, forse davvero lo ha adottato come un cane randagio, così da poterne disporre a suo piacimento.
Cerco un senso, un motivo a tutto questo nella mia testa ma non lo trovo.
Semplicemente la confessione di quell’uomo abbandonato tra le mie braccia, di quel bambino addormentato e indifeso, non corrisponde più a quella del tiranno spietato e crudele le cui storie riecheggiano tra le mura del Santuario.
Se sta aspettando che mi arrenda non succederà, rispetterò i suoi tempi e se deve capire da solo che ha sbagliato così sarà, se non vuole il mio aiuto non lo otterrà.
–Persa nei pensieri? Io ho così tanto da fare che non so neanche più cosa siano-
Alzo lo sguardo, davvero mi ero astratta talmente tanto da non sapere più nemmeno dove fossi.
Adesso sono in me, nel cortile centrale e di fronte Alex, il ragazzo di mia sorella Andrea. E’ sempre stato gentile nei miei confronti, anche se non era necessario, anche se non ne sentiva il bisogno, lui è così per natura, qualcosa che Negan non sarà mai…
-Ciao- dico, un po’ avvilita.
–Ti vedo stanca e mi dispiace per te. Lui… è stato cattivo con te?- sbatto più volte le palpebre prima di guardare in basso –No, lui è … il migliore-
Alex mi guarda, preoccupato –Sto bene- dico quasi ridendo, ma non c’è nulla di cui scherzare.
–Sono preoccupata per lui- -Cavolo allora tua sorella ha ragione quando dice che ne sei innamorata, che hai perso la testa insomma-
Bella considerazione che hai di me, sorellina.
–Ma io non posso darti torto, è successo anche a me con Andrea. Lei dà significato a tutto e se per te Negan è questo allora forse non è così male-
So che sta cercando di essere carino con me, forse ciò che pensa davvero è che lui odia quell’uomo, lo ripugna, gli fa ribrezzo, ma non lo fa trasparire, come sempre. Dietro la sua barba ordinatamente incolta c’è un eterno buon sorriso, l’ho visto scomparire solo in poche occasioni, come quando scappammo dall’accampamento dell’aeroporto.
Le sue indubbie capacità organizzative e di sopravvivenza lo hanno sempre salvato e ne hanno fatto un eroe agli occhi degli altri, o quantomeno una persona utile a un possibile gruppo.
In effetti lui… adesso che ci penso… è vicino agli uomini di Negan e ai loro spostamenti, fortifica il recinto, conosce gli ordini, talvolta è stato utile in qualche missione avevo sentito in giro.
E dunque lui … -Sai dove si trova il prigioniero?- Il suo sorriso non scompare, ma si affievolisce. –E tu come sai questa cosa?-
-Portami da lui, ti prego, ne va del bene del Santuario-
-Aria, te lo dico con sincerità, stanne fuori, lascia stare il Santuario e pensa a sopravvivere, come sempre, come ho fatto io-
-Non voglio prendere alcuna iniziativa, ho solo bisogno di capire-
Alex comincia ad allontanarsi da me, ed è allora che gli stringo la mano.
Ho sempre pensato che come senso il tatto fosse il più adatto a trasmettere emozioni, più di uno sguardo che può essere frainteso o di una voce che può essere mal riportata.
–Ti prego, Alex, ne ho bisogno, non è per il Santuario è per me, ascolta: se Andrea stesse male e stesse commettendo qualcosa di sbagliato e l’unico modo per farglielo capire fosse andare contro il suo stesso volere ma solo per il suo bene non lo faresti?-
Alex mi guarda perplesso, gli ho fatto scomparire il sorriso.
–Aiutami… in nome delle persone che amiamo-
Tutta la situazione per un momento si blocca, è consapevole che senza di lui non potrò mai andare oltre la porta del mio appartamento per ottenere qualche informazione.
Non sento più i suoni, il vento, il tempo, fisso solo i suoi occhi, e per un secondo dipendo completamente da lui e da quello che deciderà fare in seguito.
Quel momento svanisce e tutto ricomincia a muoversi, al battito del mio cuore si sostituisce il chiacchiericcio dei lavoratori.
–D’accordo, ti aiuto, ma Aria… non chiedermi mai più una cosa simile, va contro il mio stesso istinto di sopravvivenza- e dalla mancanza assoluta di espressività nei suoi occhi, mi rendo conto di aver toccato il suo limite.
–Manchi loro, sai, a tutta la tua famiglia-
Ne sono consapevole, ma ci siamo voltati le spalle a vicenda. –Anche loro mi mancano- dico, con voce strozzata.

"It's our moment in the sun
And it's only just begun
It's time to have a little fun
We're inviting you to come and see why you should be"

Alex mi ha accompagnato fino al corridoio, sono sgattaiolata mentre lui parlava con Tommy, un altro ragazzo della sua età posto di guardia in quella zona.
–Hai cinque minuti- mi dice Alex, prima di intrattenere una conversazione qualunque con il compagno al fine di distrarlo.
Percorro un paio di freddi corridoi male illuminati dopo aver lasciato i tacchi vicino alla porta per evitare di fare rumore.
Mi nascondo al sentire una delle guardie, faccio silenzio al momento giusto, ma non è difficile trovare la porta oltre la quale c’è il detenuto.
Mi avvicino lentamente, non ho ancora pensato a un approccio. Sono venuta come una disperata a bussare alla porta di un condannato.
Picchio tre volte: -Ehi- nessuna risposta.
–Senti, mi dispiace per quello che è successo, io … sono una ragazza di qui- meglio non dirgli troppo della mia situazione.
–Volevo solo … chiederti una cosa, se per te va bene- Ancora nessun suono.
–Ti prego, se non stai dormendo o se sei disposto ad aiutarmi, puoi picchiare sulla porta? Io purtroppo non posso darti nulla in cambio, non posso farti uscire, sono inutile ora come ora, ma ti prego, puoi aiutare tu me?- è stato il discorso più penoso della storia dei discorsi penosi, ma a quanto pare sono ipercritica perché dopo un paio di secondi sento un flebile, piccolo ma strascicato pugno sulla porta.
Deve essere debole, chissà se gli danno da mangiare.
–Ti ringrazio, Daryl. L’unica mia domanda è perché sei qui- silenzio, il mio cuore già sa che non sopporterà la risposta.
–Credo che il vostro capo, quello stronzo ipocrita sadico di Negan, voglia tenermi con sé così da poter togliere qualcosa al mio gruppo, perché sa quanto valgo in un mondo come questo e vorrebbe trasformarmi in uno di quei coglioni che eseguono i suoi ordini senza pensare. Ti basta come risposta, ragazzina?-
Deglutisco, non mi aspettavo potesse inquadrarmi anche da dietro a una porta.
–Mi dispiace averti disturbato, Daryl- non so più a chi credere, a un uomo che non ha più nulla da perdere o a quello che mi viene dipinto come un tiranno inequivocabilmente spietato.
I cinque minuti saranno passati, sento delle voci, e se fosse proprio Negan?
Non posso rischiare di farmi trovare qui altrimenti… altrimenti cosa? Adesso ho paura di chi credo di amare?
–Mi dispiace, Daryl- dico frenetica –Cercherò di aiutarti se posso. So quanto lui possa essere spietato ma tu non devi cedere, fallo se credi in qualcosa o se ami qualcuno, non lasciare che lui vinca- Ma perché sto incoraggiando in maniera così accorata un uomo che neanche conosco?
Forse ho sentito attraverso il suo tono spezzato la voce di un’anima incrinata e sul punto di lasciarsi andare.
–Resisti, Daryl... sopravvivrai sicuramente. Devo andare-
-Aspetta- sbraita all’improvviso –Non c’è più tempo- -Dimmi solo il tuo nome- avrei avuto ancora qualche secondo per parlare, ma non posso espormi così tanto e se… mi tradisse?
Io non sono dalla sua parte, io sono con Negan, lo sarò sempre, anche se ora viviamo un brutto momento, anche se mi sembra che senza di lui e alle sue spalle il mondo stia cadendo in pezzi.
–Scusami, ma non posso, capiscimi- Non sento più nulla, persino un carcerato che non ha nulla da fare è stato capace di ignorarmi, sembra una consuetudine di questi tempi.
Uscita da quell’edificio, Alex si assicura da lontano che io stia bene, rientro non proprio con nonchalance sul percorso sicuro e arrivo fino al mio appartamento.
Al suo interno mi sento un pezzo di merda per essere andata da quello che credo sia il nostro nemico quasi a parlar male di Negan.
Perché diavolo non mi ha detto che aveva fatto un prigioniero? Perché deve essere tutto così complicato?
Non ho ottenuto risposte, ma solo più interrogativi e un gran mal di testa.
Se la notte porta consiglio io spero invece che mi porti l’uomo che amo almeno con una risposta alla domanda: che senso ha tutto questo?
Perché continui a lottare?
Vorrei stringerlo a me come quella notte, ma mi sembra assurdo desiderare che compia un’altra strage solo per far sì che possa aprirsi di nuovo, che possa confidarsi e sfogarsi, consapevole che non potrei mai giudicarlo, ma solo comprenderlo.
Cos’altro devo fare per fargli capire che sono con lui?
Forse è più prigioniero Negan dell’immagine che ha creato di se stesso che non Daryl in quella piccola cella.

"On easy street
Yeah, we got a front row seat
Oh, to a life that can't be beat
Right here on easy street"

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** AL TUO SERVIZIO ***


Lo aspetto, cercando di restare sveglia per quasi tutta la notte.
A ogni suono mi alzo dal letto, vado verso la porta, cammino per la stanza.
Mi dispero, comincio a piangere, vorrei mi parlasse, vorrei tornasse a sfogarsi con me.
Piango per un’infinità di tempo, cercando di farlo silenziosamente, quando vorrei solo urlare. Non posso rischiare però che qualcuno mi senta o penserebbero che sono impazzita.
Uno dei miei classici attacchi di pianto, non ne facevo uno da quando avevamo dovuto abbandonare casa nostra.
Fumo anche qualche sigaretta nel tentativo di calmarmi, ma nulla.
Alla fine mi stendo sul letto e penso a come sarebbe la mia vita se Negan non dovesse più farne parte, se potessi solo vederlo da lontano, ascoltare i suoi discorsi, ma senza potergli parlare o poterlo toccare.
Sarebbe il mio inferno.
Mi addormento e sogno di essere assalita dai vaganti, non mi era mai successo: tutto l’orrore che vedevo nella vita reale riusciva ad essere compensato attraverso sogni quasi tranquilli; a quanto pare ora non è più possibile.
Vedo mio padre, mia madre, mia sorella, i miei fratelli, Alex, tutti si allontanano da me, nonostante io invochi il loro aiuto.
I vaganti cominciano a strapparmi parti del corpo, è tutto così reale, li sento ruggire, trangugiare le mie carni, provo un profondo dolore, come se il mondo fosse davvero riuscito a sopraffarmi, e tutto quello che riesco a fare è urlare il suo nome, ossessivamente, come se potesse davvero fare qualcosa in una situazione simile.
–Negan! Negan!-
-Ehi Aria calmati, calmati!- mi sveglio e Negan è di fronte a me.
Comincio a piangere prima di gettarmi tra le sue braccia, lui mi avvolge, mi bacia la fronte e stringe le mie mani.
–Sono gelide- -Pensavo ti fossi dimenticato di me- dico, soffocando un singhiozzo. Piango davvero come una bambina.
–Ehi, ehi, ehi, non potrei mai fare una cosa simile, non lo dire neanche- di nuovo mi abbraccia, chiude gli occhi, sento il suo cuore che batte.
–Stai tranquilla, Aria, sono qui- al sentire queste parole e il battito del suo cuore, così tranquillo e stabile, riesco anche io a ritrovare un po’ di pace.
–Mi dispiace non essere potuto venire prima da te, ma qui al Santuario ci sono state parecchie questioni urgenti da risolvere-
E allora, come se nulla fosse successo, come se non mi avesse ignorato per due giorni, mi racconta di Daryl, di come abbia tentato di fuggire, del gruppo di questo “Rick” e di quello che è diventato per lui. –Funziona sempre così, ne uccidi uno e si mettono in riga. Beh, in questo caso è stato necessario più di un martire- ne parla come se fossero cani randagi.
Mi dispiace per loro, ma la mia parte razionale è stata sostituita da quella in crisi di astinenza da Negan.
–Credi sia la cosa giusta?- gli chiedo solo.
Lui guarda in basso –Purtroppo solo così può funzionare, se vogliamo salvaguardare il Santuario e i suoi abitanti, abbiamo bisogno di sempre più persone che lavorino per noi. Ricordati Aria: le persone sono risorse- Me ne sta parlando come fossimo insegnante e alunna.
–Tu in passato… cos’eri? Che lavoro facevi?- gli chiedo all’improvviso.
–Mi hai beccato- fa lui –Aiutavo ragazzini problematici- -Ah, tipo consulente?- -Esatto, e adesso aiuto le persone, di qualunque età, sesso, razza e chi più ne ha più ne metta, cazzo- -Pensavo che non ce l’avrei mai fatta, senza di te-guardo in basso, le lacrime agli occhi, ma Negan mi alza la testa sollevandomi per il mento e guardandomi dritto negli occhi
-Aria: tu sei forte, molto più forte di tanti coglioni che vivono qui e anche fuori. Eri forte quando non esisteva ancora il concetto di fortezza. Tu sei … diversa Aria, come me. La gente se ne accorge e si spaventa. Sei qualcosa che le loro menti infinitesimali non accettano e rischi di farli impazzire. Ma io ho capito cosa sei invece, l’ho notato e non ho potuto fare a meno di volerti con me. Sei una delle persone migliori qui in mezzo, non perché tu sia buona, quello non lo è nessuno, ma perché hai imparato meglio di chiunque altro a sopravvivere, e continuerai a farlo. Lo si capisce da quel tuo sguardo incazzato e spaventato al tempo stesso e io ti trovo… fantastica-
Le pensa davvero queste cose?
So solo che dopo quel sogno tremendo, all’alba, in un mondo in cui non esistono più schemi e in cui le persone si amano e si odiano senza farsi troppi problemi, Negan ha deciso di legarsi a me, di tirarmi su il morale, di starmi accanto anche quando i suoi impegni dovrebbero impedirglielo, di consolarmi come feci io con lui quella mattina.
Lo bacio e lui mi bacia a sua volta, ho brividi per tutto il corpo, il mio cuore batte all’impazzata, il mio stomaco o qualunque cosa sia si sta ritorcendo su sé stesso.
Non riesco a respirare, avrei bisogno di tossire o prendere aria, ma non voglio.
Non apro gli occhi, ma è come se vedessi a 360 gradi attorno a me: sento le sue mani sui mie fianchi, intorno al mio collo.
È lui che decide quando fermarsi, non io, e tra una cosa e l’altra mi dice qualcosa di volgare, o di dolce.
Sento il suo respiro, il suo cuore che batte.
Riusciamo entrambi per un attimo a spegnere il cervello, dimenticandoci del mondo in cui viviamo, ci siamo solo noi, e se questo non è amore, allora davvero non so cosa lo sia.

Dopo circa un’ora, Negan si alza dal letto. –Devi andare da Rick, giusto?- -Sì-
-Non esagerare- -Aria te l’ho detto, faccio quello che devo- detesta che io non stia completamente dalla sua parte, ma una parte di me, purtroppo, è ancora morale.
–Lo so, ma ho paura che possano farti qualcosa, non abbassare mai la guardia-
-Stai tranquilla, non lo farò, e tornerò prima di quanto immagini. Riposati e fatti un giro, fallo per me-
Strano come le richieste dell’uno e dell’altro siano su piani completamente opposti.
–Quando potrò uscire di nuovo con te?- Negan si blocca –Dopo quello che è successo? Dopo quello che ti hanno fatto?-
-Sto molto più male qui dentro non sapendo cosa fai piuttosto che lì fuori, al tuo fianco, dove posso essere davvero me stessa, e fare una delle poche cose che so fare-
-A parte essere incredibilmente attraente?- -Non cambiare discorso, la prossima volta io voglio esserci-
Negan mi guarda con aria indispettita ma allo stesso tempo divertita, infatti scoppia a ridere. –Se proprio non puoi farne a meno- mi stampo nella memoria la sua promessa.
–A presto Aria- dice e poi mi bacia la mano. –Un gentiluomo fino all’ultimo- -Mi conosci- dice e chiude la porta dietro di sé.
All’improvviso tutto sembra più spento, senza senso, ostile.
Mi stendo nel letto, ripenso a quello che mi ha detto, e prego con tutto il mio cuore che, almeno per oggi, non uccida più nessuno.

Me lo immagino mentre terrorizza il mondo con il suo sarcasmo, le sue uscite geniali, le sue battute e i suoi cambi d’umore.
È sempre tutto calcolato nella sua testa…
è sempre tutto così magistralmente orchestrato se c’è lui a dirigere i giochi, con quel suo sorriso irresistibile stampato in faccia.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** TIRANNO ***


Sono nel mio appartamento, sul nostro letto e rifletto.
Ripenso a tutto quello che è successo finora, a tutto quello che ho perso e a cui ho dovuto rinunciare.
Poi guardo all’altro lato della medaglia, alle poche cose che ho ottenuto e che sono riuscita a conservare.
E poi c’è lui, Negan, che non rientra in nessuna categoria.
Lui è tutto e niente, così straordinario che talvolta non riesco a capire se sia reale oppure no, se tutto questo sia solo un mio sogno e lui soltanto una bellissima proiezione del mio inconscio.
Poi lo vedo nel cortile, camminare, organizzarsi con i ragazzi, fare i suoi discorsi, sorridere.
Quando capisco che è reale, comincio a chiedermi per cosa l’abbia mai potuto meritare.
Certo, centra il fatto che io sia come Lucille, ma lui stesso mi ha fatto capire che c’è dell’altro, forse per il modo in cui lo ascolto e mi schiero dalla sua parte.
Non credo sia mai stato amato nel modo in cui lo sto facendo io, nemmeno da Lucille. “Un angelo” l’ha chiamata, la detesto.
Si può provare odio per qualcuno che non c’è più? Se si parla di lui la risposta è sì.
Tutti nasciamo perfetti, ma nessuno è più tale da subito dopo.
Forse Lucille non era perfetta, ma ai suoi occhi, nella visione soggettiva di Negan, lei era davvero… così.
Io non lo sono e lui lo sa.
Non sono innocente, non sono una principessa da salvare, sono una sopravvissuta, tutti lo siamo, altrimenti non saremmo qui.
Chi lo ha fatto da solo, chi perché si è trovato un buon gruppo, chi perché ha avuto l’intelligenza o l’astuzia di accodarsi a qualcuno che di sicuro ce l’avrebbe fatta: tutti meritiamo di stare qui, di vivere, amare, continuare a lottare.
Da quanto ho capito Lucille non ne era in grado, era… debole.
Se io lo fossi stata, sarei morta e nemmeno lui avrebbe potuto fare nulla per salvarmi.
La morte cammina con noi, è dentro di noi.
Perché quando moriamo anche in maniera naturale ci trasformiamo lo stesso? Siamo marci dentro, siamo noi i morti che camminano.
Ma ormai il pericolo (per fortuna o è il contrario) non sono più i vaganti, sono le persone.
Quelli che mi hanno sparato, quelli che Negan ha dovuto punire, quelli che teniamo prigionieri, ma anche tutto quello che non siamo noi.
Chissà se Negan si fida di me, se ha capito che io non potrei mai fargli del male, neanche se tentasse di uccidermi.
Chissà se lo ha capito che sono legata a lui come lui lo era alla sua Lucille.
Deve mancargli molto, io non riuscirei a fare più nulla senza l’amore della mia vita.
Eppure quando ne parla, mi sembra lo faccia sempre con amarezza, come se lei non fosse mai stata in grado di apprezzarlo e sostenerlo.
Me lo sono chiesta più volte: perché nessuno lo capisce?
Perché nessuno riesce a vedere oltre la maschera di tiranno che si è creato?
Lui fa così in nome di qualcosa di più giusto della moralità e dei sentimenti umani. Si comporta in tal modo per sì placare la sua sete di sangue, ma non solo…
Non lo sto giustificando, ma penso che bisogni apprezzarlo.
Le menti malate raramente hanno un chiaro modello di comportamento in testa, sono volubili, impulsive, distratte, stupide.
Lui non è niente di tutto questo, ha una scala di valori, conosce i suoi limiti, agisce in nome di qualcosa che sa essere più grande di lui.
Sa di essere importante per il ruolo che si è creato con le sue mani. È un uomo intelligente e ambizioso, capace di fare qualcosa di bello e migliore.
Come puoi non apprezzare tutto questo? Questo suo ordine nella follia… è meraviglioso.
Un miracolo quanto la neve d’estate e la vittoria della vita sulla morte.
È una figura poetica e ispiratrice, per quanto sia paradossale dirlo.
Apprezzo tutto questo di lui e non miro a cercare l’uomo dietro la maschera, certo anche quello, ma soprattutto a ritrovare quell’ordine e quella sicurezza superficiali per ottenerle anche io e finalmente trovare la pace.
Voglio raccogliere i suoi incubi e fortificarmi al suono delle grida delle sue vittime.
Voglio poter bere dalla fonte della sua bellezza interiore e addormentarmi nel suo subconscio, così da vedere davvero il mondo per la prima volta e poi risvegliarmi, e disdegnare tanto orrore rispetto alla perfezione che avevo trovato e godere nel lamentarmi del mondo circostante, avendo come unica ragione di vita lui, la persona da cui voglio dipendere e senza la quale non sono nulla e non ho motivo di esistere, a parte i sensi di colpa.
Amore mio, sei così speciale, insegnami ad esserlo, ti prego.
Voglio che mi lasci vedere, voglio che ti abbandoni su di me così che io possa liberare la mia mente da tutto ciò che non sia tu.
Voglio vedere solo te d’ora in poi, fa in modo che sia così, per me, per la mia pelle.
Così che io smetta di sentire il bisogno di urlare, ogni volta che mi viene da piangere.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** AMORE ***


Non mi è mai piaciuto fumare, sigarette, fumo, erba, quello che fosse.
I ragazzini, specialmente al liceo, sono stupidi, si fanno trasportare dal procedere degli eventi, sono impulsivi, ricercano l’approvazione altrui.
Io ero un insieme di tutto questo, ero così mediocre.
Per sentirmi in qualche modo anche io superiore e “figa” almeno in quel modo, fumavo con la mia migliore amica Claire e il suo ex fidanzato Luke la mattina, fuori scuola, prima di entrare a seguire le lezioni.
Non ho mai capito il motivo per cui lo stessi facendo, forse per condividere con lei qualsiasi esperienza, ma conoscevo la loro motivazione: ne erano assuefatti, non potevano farne a meno. Si erano così tanto immedesimati nel ruolo di poveri medio borghesi la cui vita è andata a puttane che non sapevano più nemmeno loro se fosse davvero così.
In passato bastava poco per dire che la vita andava una merda, magari il ragazzo che ti piaceva non ti scriveva o prendevi un brutto voto a scuola.
In confronto ad ora sono stronzate, ma un tempo io le ricercavo, non mi sentivo amata e volevo avere anche io un bambolotto, una guardia del corpo che stesse al mio fianco, qualcuno che potessi dire di riuscire a far arrapare, mantenendo comunque la relazione a una statica pudica rinuncia.
Io non sono mai stata così per davvero, ho sempre sentito dentro di me un fremito perverso, una voglia inespressa e malata che cercavo di reprimere, assieme ai miei pensieri più distruttivi nei confronti di chi mi circondava, quelle persone che fingevo di amare.
Ora mi rendo conto di non aver mai saputo cosa fosse l’amore.
L’amore è dipendenza, peggio di qualsiasi sigaretta, di qualunque droga, perché non puoi andare in overdose se è il mix perfetto di sentimenti, sesso e paura.
Paura di morire, di dover rinunciare a tutto, di dover rinunciare a lui.

Penso a questo, un’alba, affacciata alla porta del mio appartamento, l’accampamento semi-deserto, Negan che dorme ancora nel mio letto.
Non era mai capitato, che restasse a dormire e fossi io la prima ad alzarsi.
Nella mia mano ho un pacchetto di sigarette datomi da Cherry per "reggere lo stress".
Le prendo e le spezzo una ad una, prima di gettarle nel cestino della mia stanza, non ne ho bisogno.
Chiudo la porta silenziosamente per evitare che si svegli, il sole stava cominciando a sorgere e lo avrebbe abbagliato.
Non trovando nessuno nel letto al suo fianco, la sua figura inconsciamente, a pancia sotto, si è stesa diagonalmente per tutto il letto.
È nudo, le lenzuola lo avvolgono lasciando scoperte solo schiena e gambe.
Sembra un dio greco, Amore, e io la sua Psiche.
L’unica differenza è che io posso e anzi devo conoscere il volto del mio amante notturno, e posso ammirarne tutta la bellezza senza temere di perderlo.
Mi siedo lentamente, e comincio ad accarezzargli la fronte e i capelli.
Lui è completamente indifeso, assorto, la bocca semiaperta, il suo volto rilassato, pacifico.
Non vi è sarcasmo in questa espressione, non vi è cattiveria, non vi è crudeltà.
Per me è questo il suo vero volto, ma se non indossasse la sua maschera nel mondo reale, lì dove gli zombie possono masticartela la faccia, e gli uomini vogliono solo spaccarla a suon di pugni, lui è riuscito a ritagliarsi una variante originale in cui non deve essere aggressivo o rude, ma può essere, al di là di tutto, meraviglioso e interessante.
–Negan- sussurro, e gli bacio una guancia.
Lui fa un suono indefinito, ma silenzioso. –Mi avevi chiesto di svegliarti se avessi dormito troppo, è l’alba, i ragazzi ti aspettano per lo scarico merci-
-Come sei meticolosa- bofonchia lui. –Una mogliettina proprio obbediente, cazzo- dice, ma non con risentimento, la sua è una costatazione e non un’accusa, lo capisco.
E infatti subito dopo apre gli occhi e sorride, un sorriso dolce e sereno, una visione che mi scalda il cuore.
Si gira e, semi-steso, mi accarezza la guancia, la parte dell’attaccatura tra il mio lobo sinistro e lo zigomo, lo fa più volte e io stento riesco a trattenere un gemito, chiudo gli occhi. Quando li riapro lui è ancora lì, divertito dalla mia reazione.
–Che vuoi?- gli dico, un po’ risentita. –Sei adorabile- fa lui.
Mi piace il modo in cui per lui io possa essere innocente, goffa, qualcosa di piccolo e prezioso da proteggere.
E amo il modo in cui rende speciale qualsiasi suo movimento, caricandolo della propria ingegnosità e del proprio carisma, rendendo sensazionale persino una carezza, o una parola. –Tu invece sei incredibile- gli dico.
Lui si avvicina a me e, sempre accarezzandomi quella parte della guancia, mi bacia.
Sento davvero le farfalle nello stomaco, diverse fitte, potenti, che non riescono a farmi stare ferma, o smettere di pensare a lui.
Lo desidero, così tanto che quasi mi dimentico del motivo per cui l’ho svegliato, ma non fa niente, perché a quanto pare anche lui se n’è scordato…

Dopo aver passato un’ora assieme, un leader in ritardo è osservato dolcemente da una ragazzina soddisfatta.
-Non vedo l’ora che sia di nuovo notte- dico a Negan, che sta indossando la giacca di pelle e mi dà le spalle.
–Non dirlo a me, la giornata di oggi è piena di rotture di coglioni- Io mi alzo sul letto, lo avvolgo con le mie braccia, posando il mento sulla sua spalla.
–Ah solo per questo vuoi che finisca la giornata?- gli chiedo, sorridendo.
Lui si gira, i nostri corpi si avvicinano, le mie mani assecondano il cambiamento andandogli a cingere il collo.
Per una volta le nostre stature sono alla pari, se rimango in piedi sul letto e lui non ha ancora indossato le scarpe.
–Sei bellissima- mi dice e stavolta mi bacia, delicatamente, ma a lungo. Il mio cuore è colmo delle sue attenzioni, ma ne desidera ancora.
Io ne desidero ancora.
Dopo esserci sciolti dal bacio, Negan si siede sul letto dopo che gli ho fatto posto, indossa gli stivali, prende Lucille e si avvicina alla porta.
–Oggi starò in giro per il campo più del solito, e chissà magari potrei mandarti qualche occhiata indiscreta se stai in giro-
-Sarò pronta a osservare attentamente, allora- affermo, prima di ridacchiare. Negan mi sorride e rassegnato “va a lavoro”.
Così erano le coppie sposate prima? Penso proprio di no.
Non credo che qualcuno in passato si sia mai amato come noi, qui, ora.
È un’espressione iperbolica? Sicuramente.
E allora beccatevene un’altra: quasi ringrazio che sia avvenuto il disastro mondiale che ha sconvolto le vite di tutti e fatto rialzare i morti.
Perché se non fosse stato per quella catastrofe, non avrei mai conosciuto l’amore, ma solo una sua pallida copia, uno squallido matrimonio così da poter dire di avercela fatta nella vita, di essere bella, di essere interessata a qualcuno per davvero.
Ora quel mio desiderio banale e distorto può andare nel cesso della mia memoria.
Ho trovato quello che cercavo nonostante tutto e tutti. Ho trovato il mio Negan, il mio Salvatore, la mia metà.
Mai prima di adesso mi sono sentita così completa, ora ho solo paura di quello che succederà dopo, di che cosa dovrò avere paura un domani.
In quanti cercheranno di portarlo via da me? Quando potrò dire di essere serena come lo è stato lui, questa mattina, mentre dormiva?

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** SCERIFFO ***


Dopo che Negan è andato via, speranzosa di poterlo vedere in giro, indosso il primo vestito che lui mi chiese di mettere, in quella che sembra un’eternità fa.
È nero, classico, un tempo mi sembrava corto, ormai mi ci sono abituata.
Lo indosso nella speranza che lui, vedendomi, possa capire che sono sua e che qualsiasi suo desiderio, anche insulso o banale, per me è un ordine che svolgo con piacere.
Esco, è mattina presto ma i lavoratori sono già in giro, chi sposta materiali, chi si reca all’esterno, chi in mensa.
Cammino lentamente verso il centro del cortile, se mi sono abituata al vestito una cosa che invece non sopporterò mai sono i tacchi, ma nella mia smania di fingere che tutto mi piaccia, fingo di saperci camminare, devo essere uno spettacolo spassoso.
Certe cose o sono nel tuo DNA oppure no: camminare sui tacchi, diventare una puttana, tradire la tua famiglia.
Ci sono cascata di nuovo, mi sto colpevolizzando ancora una volta, incapace di superare i miei drammi interiori se non con un uomo al mio fianco.
La sicurezza che mi trasmette mi dà l’impressione di avere per davvero il terreno sotto i piedi, facendomi credere che il tempo non stia scivolando tra le mie dita mentre io resto immobile. Sto crescendo anche io?
Sto invecchiando realmente per la prima volta?
Sono viva? Con Negan sì, una cosa che invece con i miei familiari, prodighi di un amore fasullo e forse mai sentito realmente, non avevo mai provato.
Parli del diavolo, vedo mio padre, con un gruppo di uomini, un walkie talkie in mano e una pistola nell’altra.
Eccolo lì, a svolgere un ruolo che non sente proprio, fare la guardia dei cancelli, e tutto perché abbiamo preso la strada sbagliata, siamo rimasti, e sua figlia si è ficcata fino al collo in una situazione che dall’esterno potrebbe sembrare “pericolosa”.
Mio padre si accorge di me, accenna un saluto, sorride, mi dà l’impressione che una riconciliazione sia possibile.
Abbasso lo sguardo, forse sono io che non la voglio.
Sento di nuovo una sensazione di vergogna e di smarrimento, per i miei genitori non sono mai stata niente di più che una bambina, incapace di ragionare da adulta, di sentire, di provare qualcosa, di innamorarsi, di avere dei bisogni.
Credo sia tipico di chi si crede superiore a qualcun altro, che sia per età o per esperienza, considerare ciò che non sei tu come inferiore, non completamente sviluppato, infantile.
Se mai dovessi avere un figlio, spero di non essere così, spero di capirlo sempre, al di là di tutto.
Strano come l’idea della maternità non mi sembri così sbagliata, ora, prima ne ero terrorizzata.
Con lui tutto sembra giusto, persino l’idea di soffrire, di tentare di far nascere una nuova vita, qui, in questo schifo.
Come lo renderei felice, se gli dessi un figlio, in una maniera di cui Lucille non è stata mai capace. Se Negan mi sentisse parlare così di lei mi ucciderebbe.
Il mio Negan… che mi uccide… quale immagine orrida e sublime al tempo stesso.
Come se avesse letto nella mia mente, mio padre si allontana rammaricato, esce dai cancelli, prego che non si faccia male, e che non sia obbligato a farne a qualcuno.
Lui è un uomo buono, il migliore che possa esistere nel migliore dei mondi possibili. Idealista, per questo si scontra con la realtà attuale dei fatti.
Chissà cosa pensa di me, della sua bambina, se prova disprezzo, risentimento, rabbia, delusione. Immagino sia questa l’impressione che sto dando.
Settimane che non vedo mia nonna, dovrei andarla a trovare.
Ma le buone intenzioni finiscono nel dimenticatoio se c’è di mezzo la pigrizia, o l’amore.
Come attirata da un magnete invisibile, mi dirigo verso la zona scarico merci, osservo i vaganti attaccati al recinto, la loro putrefazione mi spaventa e mi attrae al tempo stesso.
Mi è permesso fare questi pensieri proprio in virtù del fatto che non ho un cazzo da fare.
In passato facevo poca filosofia, le emozioni erano basilari, paura e sollievo, l’obiettivo unico e diretto: sopravvivere.
Ora invece ho persino la possibilità di annoiarmi, di riflettere, di amare.
Arriva un furgone e io, distanziatami da uno dei vaganti del recinto privo delle gambe, l’intestino ancora gocciolante e molle, deve essere nuovo, vedo Negan.
Dà ordini, dice ai ragazzi di scaricare, dà loro pacche sulle spalle, si guarda intorno.
Sei reale, amore mio? Sei così perfetto.
Dopo essersi guardato in giro, nota la mia presenza e mi sorride.
Lui non è come mio padre, non ha bisogno di compiere gesti, o esternare i suoi sentimenti per farmi capire cosa prova, è bastato un sorriso, dietro il quale ci sono mille parole. Sorrido a mia volta, portandomi un ricciolo dietro l’orecchio, quasi inciampando di nuovo sui miei tacchi.
Immagino sia divertito dalla mia incapacità alla vita, ma quando alzo lo sguardo sento degli spari provenire dal furgone, troppo lontano perché io possa fare qualcosa.
D’improvviso noto la quantità di vaganti che separa me e Negan, come la loro presenza, assieme a quella di ostacoli vari e grate, mi impedisca di capire cosa stia succedendo.
Poi lo vedo, è un ragazzino, avrà la mia stessa età, un cappello da sceriffo in testa e una benda sull’occhio, ha un fucile tra le mani e lo sta puntando su Negan.
Mi sento mancare l’aria, come si permette uno stupido ragazzino del cazzo di minacciarlo, da dove è spuntato?
Negan come al solito riesce a gestire le minacce insignificanti, e infatti eccolo lì, si fa scudo con la fedeltà dei suoi uomini, distrae il ragazzino, sicuramente gli farà credere di avere la situazione in mano.
Gli uomini di Negan si muovono di scatto, il ragazzo spara di nuovo, ma viene subito fermato da Dwight, come al solito uno dei pochi capaci di intervenire con prontezza, non mi ero accorta nemmeno della sua presenza.
Negan, prodigo della sua magnanimità, offre poco dopo la mano al piccolo serial killer.
Improvvisamente mi viene in mente il ricordo della notte di fragilità di Negan: che fosse il figlio di quel padre che Negan voleva mettere alla prova come fosse Dio e loro Abramo e Isacco?
La situazione ora è sotto controllo, Negan si divertirà un mondo.
Persino da lontano però mi rendo conto come nel suo atteggiamento, sotto la facciata di cinico calcolatore e di sadico manipolatore, ci sia in realtà un uomo fragile che forse nella vita non voleva altro che un figlio da crescere e accudire, come faceva in passato con i figli degli altri, macchiati e disturbati da esempi erronei di genitorialità.
Entrano nel Santuario quasi a braccetto e Negan, nel suo ruolo di tiranno spietato che non prova sentimenti, si dimentica di me, non so se per davvero o se stia facendo finta.
Decido di tornare nel mio appartamento, con l’intenzione però di uscire nuovamente e scoprire che fine farà il mio coetaneo.
In un ultimo sguardo alla recinzione, vedo il povero prigioniero, Daryl, lottare con i vaganti nel tentativo di appuntarli alla stessa, in quello che sembra essere un gioco perverso simile alla lotta tra gladiatori o dei cristiani contro i leoni.
Mi chiedo se stia facendo la cosa migliore, da che parte sto?
Sono nel giusto?
Forse in questo mondo spietato e crudele, non dovrei analizzare le cose secondo il principio di giusto e sbagliato, ma secondo l’utile e il dannoso.
Negan, da bravo tiranno centauro, metà uomo, metà bestia, riesce a inserirsi nel tessuto sociale, in mezzo alla malvagità umana e a uscirne vincitore.
Non posso che ammirare il suo operato allora, il modo in cui riesca ad essere se necessario furbo come una volpe o feroce come un leone.
Di qualsiasi scontro è il vincitore, spero solo che il ragazzo bendato giochi meno a fare il Davide e lasci stare il mio Golia, che però non è un gigante bestiale e orrido, stupido e impulsivo. È un geniale uomo politico che non si farà infinocchiare da un coglione qualsiasi che chiede vendetta.
Spero che il ragazzino, di questo, sia consapevole.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** REGOLE ***


Negan lo ha sempre voluto un figlio. Cazzo se lo ha voluto.
Qualcuno a cui insegnare tutto quello che sapeva, qualcuno da far e con cui crescere.
Avrà avuto un padre di merda, come molti, uno di quelli che ti fa desiderare più di ogni cosa di fare di meglio, di essere all’altezza quando verrà il momento.
È tragico che per lui non sia mai venuto, Lucille è riuscita a dargli solo dolore e rimpianti, non una gioia, non un ricordo sereno, non una creatura da accudire.
Se mai sarò madre, non so che atteggiamento avrò: amerò di più ciò che è nato da me, o chi mi ha ridato la vita, accendendo la fiamma del desiderio e delle motivazioni inconsce, dandomi un vero motivo per combattere?
Ora come ora, la risposta è in quella giacca di pelle, in quegli stivali, in quella barba incolta, in quel sorriso diabolico e perfetto.
Nonostante faccia qualcosa che per il mondo è sbagliato, c’è sempre una parte di me che guarda solo quegli occhi, quei fottuti meravigliosi occhi che mi fanno vivere in un sogno, mi fanno estraniare. Quasi dimentico il motivo per cui io lo stia seguendo così tanto, in questo giorno.
Poi mi ricordo del ragazzino e del fatto che stia facendo un giretto turistico per il nostro accampamento.
Ecco da cos’era nata la mia riflessione, dal ragazzo. Dal figlio mancato, sembra una brava persona, non sapevo ce ne fossero ancora.
Negan gli fa vedere tutto, i recinti, la mensa, la serra, gli appartamenti, la stanza delle riunioni. Lo porta persino nella nostra sala, quella in cui noi mogli possiamo passare il tempo, ma arrivata alla porta, non appena sento la sua voce, mi blocco, come congelata.
Non voglio che mi usi come prova, o modello o semplicemente come simbolo del suo potere con quel ragazzo.
So quanto possa esagerare, quanto possa essere stronzo, non vorrei mi mettesse alla prova, quando sa che lo amo più di chiunque in questo mondo.
In realtà di lui mi fido, perché dovrebbe farlo? Non mi metterebbe mai in ridicolo, in imbarazzo o in pericolo.
Ma le persone quando sono assuefatte dalla loro onnipotenza, tendono a cambiare molto in fretta e in maniera radicale.
È per questo che quando lo sento parlare di Dwight e Cherry e di quanto entrambi gli siano fedeli, abbandono i miei propositi e cambio direzione, camminando lentamente verso la mensa.
Perché la nostra vita non può essere solo quello? Amore, sesso, chiacchierate notturne, sguardi.
Perché deve esserci un mondo, all’esterno? Persone che io devo evitare e lui deve sottomettere?
Comincio a piangere, silenziosamente, sono una stupida.
Una vita così non è mai esistita, neanche prima, e illudersi porta solo a soffrire ancora di più.
Devo accettarlo per quello che è, per il ruolo che ha e gioire quando mi si presenta l’occasione di poterlo amare, toccare e capire in quei suoi momenti di vulnerabilità, in cui non approfitto di lui, ma al contrario tendo ad alleggerire il peso del suo cuore, facendogli capire quanto lui possa fare qualsiasi cosa, stuprarmi, ridicolizzarmi, uccidere i miei cari, me stessa, distruggere i miei sogni, usarmi come esca per i vaganti, abbandonarmi in strada, non importa: io lo amerò sempre.
È così difficile capire quanto lui sia importante per me?
Senza neanche accorgermene sono arrivata alle cucine e, in preda a una smania di eccitazione e divertimento, vado a quella stanza, a quel tavolo, mi siedo a quella sedia, il luogo in cui lui si presentò a me in tutta la sua bellezza.
In questa atmosfera quasi surreale, con i rumori di voci e clangori di pentole, chiudo gli occhi e rivivo quel momento più volte, mordendomi il labbro, sorridendo, provando quella sensazione di riempimento e scombussolamento, ripensando al tempo che fu, quando, forse, le cose non erano così complicate, e avrei potuto dirgli di sì e diventare sua anche su questo stesso tavolo. –Aria?-
Apro gli occhi di scatto, imbarazzata, come se qualcuno potesse vedere le mie fantasie. Mia nonna mi guarda con la bocca aperta, una padella in mano, una fascia eccessivamente colorata nei capelli e il grembiule arroncigliato sulle gambe.
Mi viene incontro e mi abbraccia, sorridendo. –Ciao nonna- dico, dandole una fredda pacca sulla spalla. Non avevo voglia di incontrarla, non volevo succedesse ora. Lei mi guarda, con quei suoi occhi pieni di bontà, dalla testa ai piedi. Mi aspetto che dica qualcosa del mio vestito, o del fatto che non mi faccia viva da settimane.
–Sei bella proprio come tua madre, non ti ho mai visto così felice- Mi lascia stupita, il muro di freddezza si scioglie con la stessa facilità con cui l’avevo eretto tra me e lei in un così breve lasso di tempo.
–Sei cresciuta tantissimo e non solo esteriormente, nonna lo capisce- non so che cosa dire, lei davvero mi fa sentire migliore, diversa, più donna.
–Grazie- dico, e quasi scoppio in lacrime.
Come ho potuto dimenticare la mia famiglia e tutto quello che abbiamo vissuto? Forse una conciliazione è possibile, forse posso essere sia una delle mogli di Negan che un membro della mia famiglia. Sembra proprio una bella utopia.
–Aria, ci manchi- dice lei, mutando improvvisamente espressione –tu prima ci aiutavi sempre, perché non può essere come era un tempo?-
La mia utopia vacillante crolla, e di nuovo sento rabbia, freddezza, quasi odio.
Nella marea di componenti della mia famiglia, io sono solo un tassello per riempire un vuoto, uno strumento da utilizzare.
Sono stanca della loro ipocrisia, di come fingano che ciò che ci lega sia affetto e non mero interesse.
Negan dall’inizio ha messo in chiaro che sarei stato il suo giocattolo sessuale, lui era ed è onesto, una cosa che mia nonna, mia sorella, mio padre, per quanto fingano intensamente di esserlo, non saranno mai.
–Io non devo aiutare proprio nessuno, nonna, e non lo farò. Mi trovo bene con Negan, lui non mi chiede mai nulla, mi lascia fare quello che voglio e mai mi ha dato l’impressione di essere scontento di me. Ora vado, si è fatto tardi, lui mi starà aspettando- non è vero, è ancora presto, ma il modo migliore per smettere di dire cose spiacevoli o di fare errori è fuggire.
Apro la porta, abbandono all’interno di quella cucina il mio piacevole ricordo e mia nonna.
–Noi ci saremo sempre per te, e anche tu ci vuoi bene, Aria, noi lo sappiamo- Chiudo violentemente la porta, comincio a camminare, a passo svelto, quasi corro.
“Noi”, la famiglia lo usa sempre per far venire i sensi di colpa.
Un “noi” mai esistito, un legame di sangue sporco, marcio, irreale, un insieme di persone unito non da affetto o interessi comuni, ma dall’inutilità del proseguimento della stirpe, come se appena nata non fossi una persona, ma la quinta figlia di mio padre e basta.
L’eterna piccola di casa, quella che capisce sempre qual è il suo posto e non fa mai nulla di sua iniziativa, sta zitta e la prende perennemente in culo.
Ora è finito quel tempo, ora io finalmente conto.
Mi sto esaltando? Probabile, ma ho bisogno di vederlo, ho bisogno di farmi dire che io sono la sua donna, un suo possesso, perché lui ha voluto che lo fossi, dall’inizio, da quando mi vide quella prima volta, anche se solo perché somigliavo al suo primo, grande amore.
Vado nella sala comune e ritrovo una marea di persone, tutte riunite lì. In prima fila Cherry e una ragazza bionda, di cui non ricordo il nome, si stringono terrorizzate. Uno degli uomini di Negan, un ragazzo, è legato su una sedia al centro della stanza.
Cherry ha ragione, io non so mai un cazzo. Di cosa si tratterà? Di una dimostrazione pubblica? Uno spettacolo per il nostro onorevole ospite?
Sento la voce di Negan, e mi viene naturale inchinarmi, come fanno tutti.
Cerco di avvicinarmi il più possibile per vedere meglio, ma mi risulta difficile. Negan fa un discorso sulle regole di questo posto, sul fatto che vadano rispettate e che chiunque le violi conosca le conseguenze.
Poi fa qualcosa che io non voglio che faccia, qualcosa che ha segnato per sempre molti sottoposti, Dwight in primis, che porge il ferro al suo capo: brucia la faccia del ragazzo oggetto dello spettacolo.
La situazione mi sembra irreale, io che sono distaccata dal mondo, in quella stanza, ho dimenticato cosa fosse il dolore, e ho dimenticato come per Negan non conti solo io.
Lo sapevo già, ma ora mi è di certo più chiaro.
Il ragazzino (ora senza benda né cappello, che guarda inorridito la scena) e io condividiamo una giornata di esperienze: entrambi abbiamo capito ancora meglio qual è il nostro posto, e non lo dimenticheremo presto.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** NON ANDARE ***


Negan sta per partire, con il ragazzino e alcuni dei suoi, diretto probabilmente ad Alexandria, se è questo il nome del posto da dove vengono lui e Daryl.
Corro al suo appartamento, giusto in tempo, mi chiudo la porta alle spalle.
Restiamo in silenzio, lui con la giacca di pelle su una spalla e io, i capelli in disordine, lo sguardo spaventato, sono sul punto di crollare.
–Non andare- dico, stringendo le sopracciglia.
–Aria- -Non andare, fallo per me, ti prego- -Aria, lo sai, io non sono solo tuo marito, sono il capo di questo posto e alcune cose vanno fatte in un certo modo-
Comincio a piangere –Tu lo sai come sono fatta, lo sai che non sopporto l’idea di averti lontano, appena ho saputo che te ne stavi andando… Negan… ti prego. Io senza di te non sono niente-
Mi accascio a terra e piango, le mani al viso, quasi urlo –Ho paura, ho paura che possano farti del male, sento qualcosa di strano in me, non sono tranquilla, ti prego, non andare oppure lasciami venire- Lui si avvicina, mi guarda dall’alto, un po’ divertito, un po’ in pena per me.
Starà pensando “davvero mi è così obbediente?”
–Farò qualsiasi cosa per convincerti a restare, lo so che per te non sono nulla, ma ci sarà qualcosa che posso darti in cambio della tua salvezza. Bruciami la faccia se serve, dammi in pasto agli zombie, ma ti prego non allontanarti da me- lui si inginocchia al mio livello e mi abbraccia, mi stringe nel modo giusto per farmi calmare, mi culla come fossi per lui una figlia.
–Resisti, ancora un po’, andrà tutto bene- mi stringe ancor di più, io piango sulla sua maglia, la giacca di pelle è ai nostri piedi, la stringo con forza.
–Pagherei qualunque prezzo purché fossimo liberi, amore mio- dico, a denti stretti.
Lui mi avvolge delicatamente il viso con le mani, asciugandomi le lacrime, sorridendo in modo dolce, ha capito che sono realmente preoccupata, che la mia apprensione non è finta, come molte cose di questo mondo.
In passato non ho mai provato emozioni così vere, reale preoccupazione, reale affetto, reale sentimento d’amore.
–Io sono forte Aria, andrà tutto bene. Tu sei come me, ce la puoi fare qui, tornerò presto, il tempo di mettere in ordine un paio di cose e poi torneremo a divertirci assieme. Che dici, ti va bene?- poggio la mia fronte sulla sua spalla. –Sì-
Lui mi accarezza la testa, i miei capelli, mi stringe, avvolgendomi, facendomi sentire ancora più piccola, ancora più fragile.
–Coraggio- dice –è ora, devo andare-
Si avvia verso la porta, ma io gli prendo la mano, stringendo con tutta la forza che ho.
–Come fai- dico –a non avere paura?- lui si ferma, poi si gira, stringe la mia mano, la porta alla bocca e la bacia, poi mi avvicina a sé dalla vita, e mi bacia in un modo che mi fa tremare le ginocchia.
–La paura fotte le persone, Aria. Sta tutto nello stato mentale che decidi di avere, basta essere certi di non provare alcun sentimento, di non essere come gli altri, di vedere sempre una via d’uscita- -Allora tu… non mi ami?- questa domanda pensavo lo mettesse in crisi, invece ha sempre la risposta per tutto.
–Tu sei una piacevole eccezione che conferma la regola-
Credo sia il modo più semplice che ha per dire che ricambia il mio sentimento.

Lo vedo allontanarsi, in quel furgone, con il ragazzo, diretti in un luogo per me infinitamente lontano.
Osservo la scena dalle grate della recinzione, e a ogni secondo sento che è sbagliato, che lui non dovrebbe andare, che la via d’uscita non si trova così facilmente e che le persone, quando sono arrabbiate, possono fare di tutto.
Sta andando nell’occhio del ciclone, spero sia vero che è il luogo più sicuro.
Sono andati da più di un quarto d’ora, ma io non mi sono mossa, sento che se ora dovessi farlo, crollerei sul terreno, incapace di camminare o respirare.
Ma prima o poi dovrò ricominciare tutto: stare in apprensione, aspettare, così, per sempre.
È la mia condanna, per aver desiderato di essere felice, doveva esserci qualcosa di incompleto.
Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, il mio Negan… così lontano da me, non posso proteggerlo, non è in mio potere.
Per aver scelto di amarlo, non posso seguirlo nelle sue missioni così rischiose.
Se fossi stata uno di quei maschiacci che prende le decisioni con lui, gli sarei stata più utile.
Ma non posso fare a meno di essere così debole, e di emozionarmi, soffrire e gioire anche solo per uno schiocco delle sue dita, per un suo bacio, una sua parola.
Basta, ora mi muovo, è deciso, lo faccio, per te, amore mio, voglio essere forte perché tu me lo hai chiesto.
Dopo il primo passo anche il vento mi fa capire che posso farcela, che può essere alleggerito il mio peso, che posso resistere se mi impegno.
Non uscirò, passerò il mio tempo a pensare a lui, a pregare (se ha ancora qualche valore) che lui torni da me sano e salvo, che nessuno possa fargli del male, mai.
Improvvisamente, dalle grate vedo pericolosamente avvicinarsi Daryl, anche prima lo avevo visto, ma mai così da vicino.
Il detenuto più cocciuto e ribelle della storia, piace a Negan e piace anche a me, perché si capisce che ha sofferto e che, per quanto incasinato, tenti ugualmente di aiutare il prossimo. È per questo che ora è qui, in questo recinto, a lottare più del solito per vedere nuovamente la luce del giorno.
–Ehi ragazzina-
Non è possibile... che mi abbia riconosciuto?
Perché mi rivolge la parola? Come fa a sapere chi sono?
No, forse è solo un suo intercalare, forse vorrà dirmi qualcosa di insulso, mi sto preoccupando per niente, sarà una sciocchezza. E se non fosse così?
E se qualcuno ci vedesse parlare?
Rischierei di perdere tutto, anche la fiducia di Negan per un mio momento di debolezza.
Come tante volte ho fatto nella mia vita, fingo di non aver sentito e a passo svelto vado verso l’interno del Santuario, verso la mia piccola oasi, mi stendo tra quelle lenzuola che hanno ancora il suo odore, del mio Amore addormentato.
Probabilmente morirò prima di sapere che cosa mai il prigioniero scorbutico e problematico volesse dirmi in quel pomeriggio da me così intensamente vissuto.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** DOLORE ***


Io… vorrei essere una brava persona.
Davvero, non è una stronzata.
Ma i concetti abituali di buona e cattiva morale sono applicabili in un mondo come questo? Non credo proprio.
Vorrei che Negan fosse qui, a dirmi che tutto quello che faccio va bene, la stessa frase che io direi a lui.
Ma il mio letto è freddo e tra la mie braccia non posso stringerlo.
È andato ad Alexandria e io non ci ho potuto fare nulla, ho paura… andare in uno dei posti in cui è più odiato, so che nella sua mente è tutto calcolato, ma non vuol dire che non sia rischioso. E poi Daryl che cosa voleva da me?
Me lo sarò immaginato, il fatto che mi abbia parlato?
La sua esistenza, ora come ora, è piena di sofferenze, è ingiusta. Perché Negan gli fa questo?
Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te.
Che cosa farebbe Negan se fosse costretto in una cella, da solo, a morire di fame o che so io…
No… devo fare qualcosa… quell’uomo ha bisogno di aiuto.
Mi alzo dal letto, nell’ambiente semiscuro del mio appartamento, dopo tanto, per la prima volta, ho voglia di fare qualcosa di buono per qualcuno che non sia Negan.
Indosso degli abiti normali, un jeans e una felpa. Metto un berretto e esco, la luce del sole quasi mi acceca, da quanto non uscivo da lì?
Mi dirigo verso le celle a passo svelto, non mi importa se qualcuno mi dovesse vedere, io devo sapere se quell’uomo sta bene, e aiutarlo in qualche modo, gli porterò quello che vuole e se qualcuno mi trovasse e mi chiedesse che cosa stessi facendo, gli direi che me lo ha chiesto Negan, di illuderlo facendogli credere ci sia una via d’uscita.
Perché non ci ho pensato prima? Con un po’ di ingegno divento intoccabile e posso fare quello che voglio, forse persino porre rimedio agli errori di mio marito, senza che possa sembrargli un tradimento.
Mi nascondo non appena vedo delle guardie, poi comincio a camminare con passo felpato per i corridoi, quasi mi perdo in quel labirinto chiuso e buio.
Arrivo finalmente alla cella di Daryl, mi avvicino, ma quando mi appoggio con l’orecchio per sentire e parlargli, la porta si apre lenta ma inesorabile, e al suo interno non c’è niente. Cosa?
Daryl è fuggito? Come? Quando? Vado nel panico, cosa devo fare? Riportarlo indietro?
Potrebbe anche farmi del male e l’unica cosa che avevo promesso a Negan era che non avrei fatto stronzate, che sarei sopravvissuta come al solito.
Sento delle voci, forti, maschili, volgari. Se qualcuno mi trovasse qui, penserebbe che sono stata io a farlo uscire e mi ucciderebbe senza pensarci, se non peggio.
Cosa potrei contro un paio di uomini armati e nerboruti? Mi spezzerebbero come un bastoncino…
 
Scappo non troppo silenziosamente, corro, fino a quando non arrivo quasi al confine del campo, nella zona dove si trovano i mezzi per spostarsi, vicino ai camion e alle moto.
Era come se fino a quel momento non avessi respirato, perché quasi piango, cosa ho fatto? Non l’ho capito neanche io.
Quando sento un rumore di una porta che si apre, istintivamente mi nascondo, sono piccola, non mi è difficile rintanarmi in qualche angolo.
È Daryl, è arrivato fin qui, la porta da cui lo vedo arrivare era stata in qualche modo lasciata aperta.
Allora qualcuno sapeva che Negan sarebbe andato via ed ha architettato tutto, ma perché far fuggire Daryl?
Forse non sono l’unica ad essermi avvicinata a lui.
Quasi vorrei uscire allo scoperto, ma cosa mi farebbe? Ha con se un tubo, non capisco, ma qualcosa che di certo può usare come un’arma.
Sento altri passi e lo vedo, Joey il grasso, che mangia un panino, si accorge dell’evaso e comincia a pregare, a supplicarlo di non ucciderlo, che farà finta di non aver visto nulla.
Joey è patetico…
Se Daryl mi avesse trovata sarei fuggita o avrei combattuto, ma così… probabilmente in preda al panico avrei pianto, ma Daryl, lui è una brava persona, lui non…
farebbe…
questo…
o cazzo…
Daryl usa la sua arma per spappolare il cranio di Joey, mai come ora sono stata così vicina alla morte, se fossi stata io, Daryl avrebbe avuto pietà di me?
Arriva un altro uomo, con un cappello, la barba curata, i capelli lunghi e lisci, proprio un bel tipo, sembrano l’uno l’opposto dell’altro: Daryl sporco, straziato, in preda a una follia omicida, lui invece pulito, pacifico, stupito dalla reazione del suo amico.
Già, loro sembrano amici, l’altro conosce il suo nome… e se fosse stato questo infiltrato ad aiutarlo?
Se il ragazzino di oggi fosse stato un diversivo, mentre era quest’uomo magari proprio il sicario mandato a uccidere il mio Negan e a liberare Daryl?
Troppe coincidenze, troppi piani articolati… e io che volevo solo aiutare un prigioniero che ritenevo innocente, che ritenevo buono…
Questa è la prova che nessuno può esserlo, di certo non al 100%.
I due vanno via, e io non faccio nulla, cosa potrei mai.
Sconvolta, quasi striscio fino al mio appartamento.
“Vedi cosa succede a fidarsi degli altri o ad aiutarli senza proteggersi”, sento queste parole come se Negan avesse vissuto questo momento con me e volesse darmi una delle sue solite morali.
Potevo essere io, quel corpo tra quelle moto, adesso.
Di me non sarebbe rimasto nulla, qualcuno avrebbe pianto la mia morte?
La mia famiglia avrebbe raccolto il mio cadavere? Ma soprattutto Negan avrebbe sofferto?
Non vorrei mai che lui soffrisse per colpa mia, gli ricordo sua moglie, lo ha detto, sarebbe come perderla un’altra volta… farò finta che non sia mai successo, io non ho visto niente, non so niente, non l’ho mai saputo.
Indosso uno dei miei vestiti scollati e neri, un paio di tacchi e mi precipito nella sala di noi mogli.
Vado verso le bottiglie di alcolici, mi verso un bicchiere di whiskey e butto giù senza pensarci, brucia, quasi vomito, ma respirando dal naso per un paio di secondi riesco a trattenermi. Ripeto la procedura fino a quando non mi sembra che il mondo abbia più senso, che le cose ritornino com’erano prima.
Mi prometto che mai sarò di nuovo così stupida, che mai aiuterò quello che a quanto pare è il nostro impietoso nemico.
Prendo la bottiglia e mi stendo sul divano, di lungo.
Le ragazze sono tutte raccolte quasi in un angolo, e nel tentativo di sembrare normale, di crearmi un alibi, la moglie ubriaca che ha passato il pomeriggio in quella stanza, mi avvicino per fare un po’ di conversazione. Appena arrivo io, però, tutte si zittiscono.
–E’ successo qualcosa?- chiedo, cercando di essere il più seria possibile.
Nessuna mi guarda, nessuna ha il coraggio. Con quale criterio Negan sceglie le sue mogli? Presenza abbondante di tette e bei faccini e zero carattere?
–Allora?- Alicia mi guarda, e fredda come lo è di solito conclude in tre secondi la parabola del ragionamento dei miei ultimi giorni, il motivo per cui Daryl è fuggito.
–Cherry è scappata-
Cherry… è stata lei.
Scoppio a ridere, una risata prima silenziosa, che mi parte dallo stomaco, quasi volesse uscire sotto forma di vomito, poi violenta, gutturale, roca, graffiata.
Tutte mi guardano come fossi un mostro.
–Ora tutto ha più senso- dico, dopo aver smesso di ridere. –Io non so nulla- aggiungo, e torno a stendermi sul divano.
Ho dato per oggi, voglio solo perdere conoscenza ora, voglio che il mio Negan torni da me, vorrei dirgli cosa ho provato ma non posso, allora vorrei solo stringerlo a me, per farmi capire che va tutto bene, che questa storia è finita, e che d’ora in poi ci sarà una sola parte con la quale schierarsi. Sarà vero?
All’improvviso sento un fischio tremendo, assordante, sarà colpa dell’alcool? No, è qualcosa di peggio, non mi reggo, cado sulle mie ginocchia a terra, prendendomi la testa tra le mani, cominciando a stringere, quasi le faccio toccare il pavimento.
È un dolore così forte che può dipendere solo da un motivo: hanno fatto qualcosa a Negan.
Nessuna delle ragazze mi aiuta, non sono mai stata simpatica a nessuno, perché dovrebbero.
Comincio a piangere, perché sto soffrendo moltissimo e non c’è nessuno ad aiutarmi.
Come se mi portassi dietro un enorme peso, comincio a camminare.
Mi sento una vagante, frastornata, sola, in procinto di spezzarsi, tutto intorno a me comincia a girare e a confondersi, quasi stessi ballando, ma non mi sto divertendo.
I colori si mescolano, le persone perdono consistenza.
Cammino rasentando il muro, freddo, ruvido, ma è l’unico modo che ho per sopravvivere.
Ogni tanto perdo l’equilibrio e cado, sempre indebolita da quel fischio assordante, quasi mi avessero sparato vicino alle orecchie, sono sorda ma sento tutto, sempre più forte, sempre più vicino, quasi mi sembra di essere circondata dai morti, di stare per cedere.

Tutto finisce quando arrivo alla porta del mio appartamento.
Le persone con problemi mentali come me non dovrebbero bere, mi dico.
Adesso dormirò fino a quando non sarà tutto finito, fino a quando i mostri della mia coscienza non mi avranno abbandonato.
Ma tra le mura del mio letto quasi riprendo a respirare, come fossi stata in apnea fino a quel momento.
–Negan- dico –cosa ti hanno fatto?-
Se fosse morto, o ferito, avrei sentito molto di peggio, mi sarebbe scoppiata la testa, forse qualcuno ha solo tentato di fargli del male.
Se è così che bruciasse all’Inferno, ma le mie preghiere sono già esaudite: per quella persona, come molte altre, vedere i morti rialzarsi è stata una punizione sufficiente.
Mi addormento, non so come, predisposta a preparami al casino del risveglio.
Unico sollievo è che nella vita reale che sto vivendo ad aspettarmi ci sarà sempre lui, un sopravvissuto, un immortale, perché non importa se il mondo cade a pezzi tra il marciume dei cadaveri, lui sarà sempre lì, sulla cima di quell’accozzaglia di braccia e gambe, vive e morte.
Spero solo di tenere il passo, perché vederlo splendere, per me, è come rinascere a nuova vita, e spero che un giorno anche per lui io possa essere una rosa che si erge da una pila di merda, sarebbe…
bellissimo.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** NOI ***


Sono nel bel mezzo di una fiera-concerto, indosso un vestito di paillettes corto e dorato con una felpa blu da sopra, è estate ma di sera fa freddo.
Indosso dei tacchi, il mio tormento, e cerco Negan.
So che si trova in giro, da qualche parte. Ci sono milioni di persone, fuochi d’artificio, bancarelle con ogni sorta di cibo, giochi e pupazzi, proprio come prima, non c’è ombra di zombie, non c’è morte, non c’è dolore.
E io cerco Negan.
Corro tra questa massa di persone. Vedo i miei genitori che si divertono assieme ai miei zii, anche zio John, credevo fosse morto… le mie nonne, come sono belle, sedute a un tavolino a bere limonata… mia sorella Andrea che scherza con mia cugina Rachel e Alex, sembrano così felici.
Vado ancora avanti e mi avvicino al palco, dei ragazzi stanno suonando… musica, qualcosa che avevo dimenticato. Canto con loro parole di una canzone che non conosco, ma di cui ho imparato ogni suono a quanto pare.
Vedo Claire, Luke, i miei amici e compagni del liceo, corro da loro, quasi piango, io che non li avevo mai sopportati. Abbraccio Claire, le chiedo scusa per averla abbandonata, le chiedo che cosa abbia fatto, che posto è questo, ma non sento la sua risposta, perché vedo Negan, in lontananza, indossa un completo nero elegante con una cravatta rossa, beve un drink e mi guarda.
D’improvviso la musica scompare, tutto si fa più lento, tranne io e lui.
Non parla ma sento chiaramente le sue parole: -Vieni da me-.
I volti degli altri cominciano a divenire sfocati, il cielo stellato a scolorire, i confini di questo mondo fasullo a sgretolarsi, il pavimento a crollare.
Corro da lui perché è l’unico che potrebbe mai salvarmi, quasi mi tuffo tra le sue braccia, lo abbraccio. -Stai tremando- mi dice. Io gli prendo il viso tra le mani, comincio ad accarezzargli la barba, lui chiude gli occhi.
Il mondo riprende a produrre suoni, i volti degli altri riprendono forma, tutti sorridono e scherzano, Claire mi fa segno di raggiungerla, ma io non voglio. –Non mi lasciare mai più- dico, soffocando le mie lacrime sul suo petto, mi sporgo per baciarlo, come avessi fretta. Ma mi sveglio.
Sono nel mio letto dell’accampamento, ovviamente era un sogno e ovviamente sono sola, ancora avvolta nel suo abbraccio, nella sensazione che lui mi stia vicino. Mi muovo perché so che prima o poi avrei dovuto farlo e quella sensazione scompare, lasciando spazio nel mio cuore al desiderio e alla speranza che lui possa tornare.
Quanto tempo è passato da quando Negan è andato ad Alexandria?
Quella sensazione tremenda che ho sentito, la provo ancora, meno forte, ma mi sento male. Perché non torna da me? Che cosa farò senza di lui? A discapito dei suoi discorsi motivazionali, senza lui non sono niente, lo so, la prova di ciò è come mi sento ora. Mi siedo, avvolgendo il mio corpo nelle lenzuola, comincio a pensare cosa succederà se il mio unico modo per vederlo d’ora in poi saranno i sogni e piango, silenziosamente, quasi non volessi farmi sentire, da chi… non lo so.
È pieno giorno ormai, spinta da non so quale desiderio di sapere se Negan è vivo o se anche io dovrò seguirlo ovunque sia, indosso un vestito, niente tacchi ma scarpe comode, prendo una felpa, indosso un berretto e esco. La luce del sole mi acceca come dei fari di un auto farebbero a un cerbiatto in piena notte, mi sento debilitata, poi ricordo di non aver mangiato molto. Il Santuario è nel pieno delle sue mansioni quotidiane, tutti sono attivi, si sente vitalità, qualcosa che mi disgusta al momento, talmente tanto che mi viene la nausea e non riesco a trattenermi, vomito in un angolo, sperando che nessuno mi veda. A quanto pare la mia sbornia da mogliettina ubriaca non è ancora passata. Cercando di riacquistare un po’ di dignità, mi metto a camminare per il campo, in mensa mi faccio dare un po’ d’acqua e uno snack, mi siedo a un tavolo e mi godo un attimo di tranquillità.
Mi sento uno schifo, mi farei dare un’aspirina ma non saprei a chi chiedere. Prima qualsiasi mio desiderio era Negan a soddisfarlo, mi bastava sussurrargli qualcosa all’orecchio e subito mi avrebbe dato ciò che chiedevo, cibo, sigarette, libri. Mi metto le mani tra i capelli, il mio mal di testa non passerà mai, sono seduta a un tavolo della mensa a non fare nulla mentre tutti gli altri lavorano. Sono stupida, incapace… sono sola, come non lo sono mai stata. –Cazzo- mi dico, come sono patetica.
–Ehi non hai proprio una bella cera-
Giro lentamente la testa, mia cugina Rachel mi sorride, ma sembra al tempo stesso preoccupata.
–E’ un modo carino per dire che ho un aspetto di merda?- -Direi di sì, cuginetta- si siede accanto a me, senza che io le dia il permesso, ma sono troppo stanca per lottare contro la mia famiglia al momento. È così, ogni entità del mio ramo familiare che viene da me è perché vuole qualcosa, perché non accetta la mia scelta di vita. Cedere a una conversazione è come dare spago a questi pensieri. Ma non posso prendermela con la mia coetanea Rachel, lei e mia sorella sono le mie migliori amiche, almeno lo erano. Da bambine io e Rachel giocavamo assieme di continuo, ma soprattutto combattevamo per le attenzioni di mia sorella. La maggior parte delle volte si coalizzavano contro di me e, conoscendo i miei punti deboli, mi ferivano con ogni mezzo, se avevo fatto loro un torto, ma anche senza motivo. Ho sempre pensato di essere io il problema perché avevo pensieri cattivi su di loro, quando mi trattavano male. Mi sa che eravamo tutte e tre dei piccoli mostri, in qualche modo.
–Come te la passi?- mi chiede Rachel, spostandosi una ciocca castana dietro l’orecchio. Quel suo sorriso così amichevole, quell’aspetto così genuino e femminile, i suoi modi di fare, mi hanno sempre intimorito. È sempre stata più donna di me in tutto, se qualcuno in passato avesse dovuto scommettere quale delle due avrebbe accalappiato prima qualcuno, mi avrebbe battuto alla grande nei sondaggi. Nessuno puntava sulla piccola, povera Aria. Una soddisfazione personale sapere che a Negan sia potuta interessare io e non lei. Ma se mio marito dovesse notare le sue tette probabilmente la farebbe entrare nel suo Harem. Ecco, sono una pervertita, oppure avevo solo voglia di fare un pensiero su Negan che mi facesse provare qualcosa di diverso dalla tristezza.
–Sto…-
bene, benissimo, non potrei stare meglio. L’unico uomo che mi abbia mai amata forse è morto, ferito, solo, in fin di vita o che so io. Forse sta soffrendo come un cane mentre io sto a parlare qui, al sicuro tra queste mura mentre lui è nell’occhio del ciclone assieme a Rick Grimes e la sua gente, le persone che vogliono più fargli del male al momento
-…male, Rachel- ci scambiamo uno sguardo spaventato prima che io scoppi a piangere, tra le braccia che ho incrociato sul tavolo. Come al solito lo faccio in silenzio, per evitare di attirare l’attenzione altrui. Rachel mi accarezza una spalla, gentilmente –Aria, lui tornerà, lo fa sempre- mi parla come se sapesse che cosa sto passando –E’ forte, più di tanti altri coglioni, è senza scrupoli ed è un assassino, non ha problemi a farsi strada in questo mondo- il suo tono passa da dolce a incazzato nell’arco di tre secondi –quindi vedi di smetterla di frignare come una bambina del cazzo e renditi conto del mondo che ti circonda. Lo sai quanti casini stanno succedendo? No ovviamente, perché tu pensi solo al tuo Negan. Appena lui si volta qui è un casino, e l’unico modo per ottenere le cose è con la forza. Lo sapevi che Alex è stato picchiato? No naturalmente, una rissa in mensa e tu lo sapresti se parlassi con la tua famiglia ogni tanto-
Oh cazzo, e se fosse per quando mi ha aiutato, o perché Daryl è scappato? Sarei dovuta andare da Alex, avvertirlo, lui che fa così spesso i turni di guardia, e invece l’ho incasinato. –Sta…- -Bene, sì, gli hanno dato una lezione ma senza esagerare, questi coglioni credono di dover divulgare il verbo di Negan anche in sua assenza- guardo mia cugina e la vedo in una maniera in cui non l’avevo mai vista, lei, che in quell’inverno passato in strada non faceva che piangere, la vedo spietata. I ruoli si sono capovolti, mi sono rammollita, mentre pensavo di stare migliorando. Aprire il mio cuore a un assassino l’ha appesantito di scrupoli e pensieri che in questo mondo molti considererebbero non necessari se non deleteri. –Mi dispiace- abbozzo silenziosamente –Fammi il piacere, quando sarai di nuovo un lupo e non una piccola pecorella spaventata, torna dalla tua famiglia, dalle uniche persone di cui ti puoi davvero fidare. Non ti dirò che ci manchi come ha fatto nonna, ti dico di svegliarti, Aria, per il tuo bene in primis. La tua vita non è una storia d’amore con un uomo più grande, è sangue, budella, morte, sopravvivenza. Cerca di capire da che parte vuoi stare prima di ritrovarti a camminare coi morti anche tu- Rachel se ne va, strano come questo discorso così stronzo e rude mi abbia riportato così in fretta alla realtà.
In altre parole mia cugina è il più rapido passa-sbronze della storia, ma imputerei la cosa più all’adrenalina. Non mi sarei mai aspettata che potesse parlarmi in questo modo, se ci fosse stata questa sincerità in passato, mi sarebbe piaciuta sicuramente di più. Ciò non toglie che mi abbia messo in testa una pulce fastidiosa, la stessa che la mia famiglia sta cercando di infilarmi con forza nella gola: che Negan non è il futuro.
Ma io so che non è così, loro non hanno visto quello che io vedo di continuo in lui, loro non lo conoscono, Negan è una cosa mia, come io sono sua. Riguarda me e lui e sono io autrice delle mie decisioni, so io cosa è meglio per me. Troppe volte ho anteposto la felicità di quelli che credevo di amare alla mia, ora solo di un individuo mi importa, ora solo a Negan io do retta. Mi alzo di fretta come se dovessi prendere il treno, diretto a “aiutatemi mio marito è scomparso Town”. Non ho davvero nessuno con cui sfogarmi, poiché non mi è rimasto nessun amico.
Vorrei che fossi qui amore mio, ma dove cazzo sei… che cosa ti hanno fatto, perché non posso stringerti a me?
Appena esco dalla mensa vedo che sono tutti in agitazione, diversi camion rientrati, gli uomini di Negan che scaricano merci, un gran chiasso, un chiasso di rientro, un chiasso di ritorno.
–Che se ne farà Negan di quell’idiota? A che ci serve un ciccione con quei capelli del cazzo- sento da un uomo che sta entrando proprio nella mensa.
Corro, come non ho mai corso, fino al mio appartamento. Sento crescere dentro di me il desiderio di vedere con i miei occhi che è vivo, che sta bene, che mi ama. Voglio fissarlo, baciarlo, sentirlo dentro di me. Voglio unirmi a lui e non lasciarlo mai più, almeno fino a quando sarò ancora in grado di respirare.
Arrivo alla porta e la apro senza esitazione, il mio paradiso ideale è che dietro di essa ci sia lui ad aspettarmi.
È di spalle, sta tenendo tra le mani le lenzuola, ha posato Lucille ai piedi del letto.
–Mogliettina credevo di trovarti al tuo solito posto, volevo farti una sorpresa, ma sembra l’abbia fatta tu a me-
Scoppio in lacrime e gli corro incontro, lo abbraccio come se fosse morto e ritornato dall’oltretomba, come fossimo Orfeo ed Euridice, solo che la nostra è una storia a lieto fine.
Lo bacio, mettendomi sulle punte per raggiungere le sue labbra. Lui mi solleva per aiutarmi, poi mi sorride.
–Ehi mettimi giù- dico, divertita. –Avevo dimenticato fossi così piccola- -Sembra sia passata una vita da quando te ne sei andato, e ti sei fatto la barba- -Che ne dici?- -Mmm, non stai affatto male, anche se sai quanto mi piaccia la tua barba- avvicino il suo mento al mio volto con un dito, ci baciamo se possibile in maniera ancora più profonda di prima. Mi accorgo che, appena arrivato, è subito venuto da me, fanculo le priorità direi.
Che stia diventando… io una sua priorità?
Mi adagia sul letto, si siede accanto a me, mi stringe una mano poi l’avvicina e le dà un bacio. -Non hai idea di quanto tu mi sia mancato, ti hanno fatto qualcosa? Ti hanno aggredito?- -Beh, diciamo che ci hanno provato- lo sapevo.
Mi mostra Lucille, mi racconta che cosa ha fatto, com’è Alexandria, la famiglia di Carl, di cosa abbia di speciale quel posto.
Mi spiega di come abbia ucciso Spencer, un idiota che voleva prendere il posto di Rick.
–Allora gli ho detto che a mio parere non aveva fegato e poi l’ho sbudellato, a riprova del fatto che in realtà lo aveva, mi ha fatto fare una brutta figura davanti a tutti-
-Hai fatto lo stronzo insomma, almeno se lo meritava- -E qui viene il bello- mi dice di come una ragazza abbia tentato di ucciderlo poco dopo sparandogli e di come Lucille lo abbia miracolosamente protetto, parando il proiettile che ora è conficcato nella mazza da baseball.
–Che puttana- dico –che puttana bastarda, dimmi che l’hai uccisa- -Ho detto a Arat di uccidere d’esempio chiunque altro ma non lei, giusto per farle venire un po’ di sensi di colpa- -Mi stai dicendo che è ancora viva?- -Ti sto dicendo che è inoffensiva, in questo momento è tutto tranne che una minaccia- -Come si chiama?- chiedo impaziente –Che vuoi fare? Andare a sculacciarla da parte mia?- distolgo lo sguardo, sbuffando. –Rosita, o qualcosa di simile. Dai adesso fammelo un bel sorriso, ho esaudito il tuo desiderio- io abbasso lo sguardo, per poi stringere forte la mano di Negan.
–L’ho sentito, quando ti hanno sparato- Negan mi guarda, divertito e incredulo. –Non so come e non so perché, ma sono stata male, mi sono sentita esplodere la testa, avevo anche bevuto, ma era un dolore che non avevo mai provato, spigoloso e tagliente come un ago nel cervello-
-Dunque ti dai all’alcol quando io non ci sono?- chiede. Io comincio a piangere. –Pensavo ti avessero fatto del male, ferito, o che fossi in difficoltà. Ho avuto paura… che non tornassi più da me- Negan cerca il mio sguardo e quando lo trova prende il mio viso tra le mani, asciuga le lacrime e mi bacia, avvicinando il mio corpo al suo, facendomi spazio nel suo cuore.
–Io non ti lascerò mai- sorride, stringo le sue mani attorno al mio volto –Specialmente ora che so che hai i superpoteri- dire stronzate equivale a un “ti amo anche io”.
Conclusa questa parentesi romantica, ma quando mai si chiude quando ci siamo di mezzo noi, mi parla di Eugene, questa specie di scienziato capace di creare proiettili da materiali di scarto. –Sarà un ottima risorsa per il Santuario, per questo me lo sono preso-
Mi parla di Carl, di quanto sia un ragazzo speciale, di come si sia divertito a terrorizzarlo.
–Anche io devo dirti una cosa- dico. Gli parlo di Daryl, di come fossi andata a parlargli molto tempo prima perché non sapevo cosa stesse succedendo, di come volessi alleviare il suo dolore, della sua fuga, di Fat Joey, di tutto.
Aspetto che arrivi una punizione anche per me, una volta finito. –Brucerai anche il mio di volto?- gli chiedo, chiudendo gli occhi.
Lui mi accarezza il viso –Tu sei… così pura e innocente rispetto a questo mondo, non potrei farti del male nemmeno volendo-
-Mi dispiace di non averti parlato prima di Daryl, sono stata una stupida, non farò mai più nulla che possa andare anche lontanamente contro di te-
Negan sorride –Questo, mogliettina cara, era proprio quello che volevo sentire-
Mi bacia… come fossi l’unica cosa che conta, ha sempre avuto questo potere, di farmi sentire speciale senza che io debba fare nulla.
Come se il semplice fatto che io sia nata sia stata una vittoria.
Mi fa credere in me stessa, mi fa venir voglia di vivere.
Mi fa sperare che un giorno le cose possano andare come vogliamo noi.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3806697