Unmei no akai ito

di Choi Yume
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** cap.1 ***
Capitolo 2: *** cap. 2 pt.1 ***
Capitolo 3: *** cap.2 pt.2 ***



Capitolo 1
*** cap.1 ***





La prima volta che le loro strade s’incrociarono lei aveva quindici anni e lui venti. Il nome della ragazza era Lee Haneul ai tempi era una ragazzina che però era sempre stata più matura delle ragazze della sua età; aveva dovuto crescere in fretta, sua madre era morta poco dopo la nascita del suo fratellino e lei era rimasta l’unica donna di casa, si occupava di suo padre e suo fratello quasi fosse una moglie o una madre e spesso le sembrava che l’adolescenza le fosse stata strappata via di forza. Lui invece era Oh Heejun e non era mai stato uno studente modello, aveva perso un anno ed era il figlio più piccolo di una famiglia piuttosto agiata a cui lui però non sentiva di appartenere e che anzi lo opprimeva.
Si incontrarono per la prima volta nell’aula delle punizioni, Haneul era arrivata in ritardo per l’inizio delle lezioni, quella era forse la prima volta in vita sua che entrava in quell’aula, c’erano molte persone che dormivano o che fissavano il vuoto con aria persa che lei sembrava quasi minacciosa, si sedette accanto al muro in attesa che il professore li dividesse per fare le pulizie, si appoggiò al muro con le mani infilate nelle tasche della sua felpa troppo grande che non faceva altro che attribuirle un aria ancora più minuta di quanto non fosse in realtà.
Un uomo grassoccio sulla sessantina entrò in aula solo venti minuti dopo battendo con una bacchetta di legno sulla cattedra per attirare l’attenzione, e magari svegliare chi faceva tranquillamente un pisolino sul banco, cosa che però non funzionò per tutti così l’uomo fu costretto a farsi largo tra i banchi colpendo il malcapitato con la suddetta bacchetta  «Oh Heejun ci onora anche oggi della sua presenza?» chiese retorico e con aria piuttosto seccata il professore.
«Mio malgrado» biascicò il ragazzo con il tono tipico di chi si è appena svegliato mentre passava una mano sulla testa dolorante nel maldestro tentativo di lenire il dolore.
Haneul restò a guardarlo, sembrava davvero stanco, non annoiato come molte persone dentro quell’aula semplicemente stanco, gli occhi rossi e gonfi. L’andatura lenta e trascinata che aveva mentre si muoveva per i corridoi, non sapeva neanche lei per quale motivo però sentiva una certa affinità con quel ragazzo.
«Piccola lo so che sono bello ma l’autografo non te lo faccio» disse a un certo punto il ragazzo con il mento e le mani appoggiati alla sua scopa lanciandole un’occhiata di sbieco con fare annoiato, aveva il labbra protruse in avanti e nonostante il piercing nero che le contornavano in un lato lei lo trovò buffo.
«Peccato, avevo già pronta la carta» rispose lei facendo riferimento ai rotoli di carta igienica alla sua destra.
Per tutta risposta lui corrugò le sopracciglia drizzando la schiena, lei lo aveva colpito dritto nell’orgoglio. «Torna a casa ragazzina avvolgiti nella carta» sbuffò scocciato allontanandosi da lei mentre quelli che avrebbero dovuto essere suoi amici ridevano alle sue spalle.
Lei si sentì quasi in colpa vedendolo così, aveva reagito d’istinto e forse il fatto di essere cresciuta in mezzo agli uomini non le era stato molto d’aiuto nel risultare piccola, carina e femminile; però non andò mai a scusarsi con lui né tantomeno cercò poi di informarsi sulla sua identità dopo quel giorno. Eppure la figura di quel ragazzo non voleva saperne di uscire dalla sua testa, qualcosa le diceva che erano molto più simili di quanto non potesse sembrare come se ci fosse qualcosa di profondo che li legava.
 
Nulla accadde per molto tempo, circa due mesi forse poi accadde ecco che accadde, quell’istante che cambia le cose per sempre e ci rende persone diverse. Lei era uscita con alcune sue amiche, in realtà conosceva a stento molte delle ragazze che la circondavano, ma delle volte aveva semplicemente bisogno di uscire di casa ed essere una ragazza normale. Erano in fila in attesa di entrare in uno di quei pub che negli ultimi tempi era sulla bocca di tutti, le ragazze chiacchieravano tra di loro mentre lei si guardava annoiata intorno, personalmente lei aveva solo fame le sarebbe andato bene anche il mc a dirla tutta.
Proprio mentre era intenta ad ascoltare i brontolii del suo stomaco vide poco più lontano un ragazzo con un giubbotto di pelle che sembrava discutere animatamente con qualcuno che però lei non riusciva a vedere. Quasi guidata da una forza esterna al suo corpo si avvicinò al ragazzo restando però il più nascosta possibile, non le sembrava il caso di intervenire in un litigio.
«Heejun non voglio saperne più nulla, quest’anno ti diplomerai hai già perso un anno e lo SKY di certo non aspetta te signorino» disse con tono severo ma pacato una donna sulla quarantina.
«Capirai quanto me ne frega dello SKY io voglio fare il musicista mamma, basta sono una persona non il tuo stracazzo di burattino capito? Non ne posso più» urlò lui arrabbiato in risposta, sembrava quasi disperato.
«Io ti ho messo al mondo ed io decido tu chi sarai nella vita sono stata chiara?». La donna si guardò attorno con aria sdegnata «Domani parlerò con il preside e lo convincerò a promuoverti che tu lo voglia o no». La donna salì in macchina e lui strinse forte i pugni urlando a pieni polmoni sfogando in qual modo tutta la rabbia, la frustrazione e la tristezza che si portava dentro. Cadde sulle ginocchia, sua madre voleva controllare ogni aspetto della sua vita sin da quando era bambino e poco importavano i suoi desideri o le sue inclinazioni lui era semplicemente un giocattolo nelle mani di una bambina viziata troppo cresciuta.
Lei si avvicinò in silenzio e lo abbracciò; lui spalancò gli occhi pieni di lacrime, ma non si ritrasse a quel tocco che gli sembrava stranamente familiare «Sfogati… tenersi tutto dentro non fa bene» disse lei con tono pacato. Lui la strinse tra le braccia lasciandosi andare in un pianto disperato. Passarono la serata insieme a parlare della loro vita di come avrebbero voluto che fosse, lui che voleva eliminare sua madre, lei che rivoleva la sua.
Tutti i pezzi del cuore di entrambi sembrarono tornare al loro posto, soprattutto per il ragazzo che appoggiato sulla sua spalla era tornato a sorridere «Però dai… una madre come la tua alla fine potrebbe farti comodo, se fai ciò che vuole potresti lentamente raggiungere i tuoi obiettivi con tutte le porte che lei con i soldi apre».
«Tu dici?» chiese lui cercando di figurarsi quest’alternativa nella testa.
«Certo e poi beh lo sai chi non risica non rosica» disse lei facendo spallucce.
Le lancette dell’orologio parvero fermarsi, eccolo l’istante magico, tutto nella vita di Oh Heejun stava cambiando. La strada dell’accettare passivamente sua madre si stava aprendo e il passato da ribelle stava diventando un ricordo.
Heejun provò a cercare di nuovo quella ragazza in giro per la scuola o per la città dopo quella sera, ma sembrava un fantasma, nessuno sapeva dove si trovasse, chi fosse o da dove venisse, l’unica che gli era stata accanto quando il suo mondo stava andando in pezzi si era dissolta nella nebbia che si dirada all’alba.

 [note]:
niente... tutto nato da un sogno come sempre spero davvero possa piacere questa prima parte

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Capitolo 2
*** cap. 2 pt.1 ***



 Gli anni passano per tutti anche per quei due che si erano incontrati da ragazzi e persi in una notte. Haneul era stata costretta a trasferirsi qualche giorno dopo quella notte con Heejun a causa del lavoro di suo padre, lei non si era mai opposta non aveva nulla che realmente la legasse a quella città così scelse di seguire la sua famiglia. Certo sentiva che c’era un legame che la univa con quel ragazzo dall’espressione tanto stanca, ma cosa poteva realmente fare lei a soli quindici anni?
Da quel giorno erano passati sette lunghi anni e i ricordi di quella notte si erano sbiaditi nella mente della ragazza che aveva da poco compiuto ventitré anni, aveva studiato in un’ottima università e aveva da poco trovato un lavoro in un’azienda nella sua vecchia città.
Tutto le appariva nuovo una volta tornata, tante cose erano cambiate e tante la sua memoria aveva cancellato.
Anche il suo corpo con l’età era cambiato.Non era più una ragazzina acerba che tendeva a comportarsi come un maschio. I capelli erano sempre lisci e neri ma tagliati poco sopra le spalle, la goffaggine era quasi del tutto sparita così come i modi da maschio, aveva imparato a truccarsi e a essere femminile, tutto per avere un’immagine adeguata al suo lavoro.
Lui, invece, avrebbe compiuto ventisette anni a maggio di quell’anno e nella sua memoria era rimasto tutto intatto, anche se la vita andava avanti c’erano cose che lui proprio non poteva dimenticare.
 Alla fine aveva accettato di dar corda a sua madre, almeno fino alla sua laurea da quel punto in poi lui camminò da solo sulle sue gambe restando in contatto solo con sua sorella maggiore. Dopo essersi laureato in una delle università dello SKY e aver lavorato per qualche tempo a Seoul aveva deciso di tornare a casa iniziando a lavorare in un’azienda che in quel momento lo vedeva come capo di alcuni team di lavoro, gli avevano anche proposto di diventare amministratore, ma non gli era mia piaciuto alienarsi dal mondo reale e comunicare solo con il linguaggio dei soldi, guadagnava quanto gli bastava per fare una bella vita e non aveva bisogno di nulla più. Il suo aspetto non era cambiato molto nel corso degli anni, forse non appariva più tanto ribelle in giacca e cravatta ma il suo animo non era mai realmente cambiato.
 
Haneul entrò in ufficio guardandosi spaesata attorno, quella città era piccola eppure quell’edificio le appariva immenso. La accolse una ragazza che doveva avere all’incirca la sua età, aveva i capelli scuri raccolti in uno chignon e la pelle chiarissima. «Tu devi essere Lee Haneul, benvenuta. Il mio nome è Im Somin e lavoro qui come segretaria» disse gentile la ragazza accogliendola con un sorriso perfetto stampato sulle labbra.
Haneul s’inchinò in segno di ringraziamento e si lasciò guidare nell’ufficio. «Questa è la tua scrivania» sorrise ancora Somin.
«È arrivata quella nuova Sominnie?» chiese una voce maschile proveniente dalle spalle della ragazza, quella voce non sapeva perché ma aveva qualcosa di familiare, era dolce eppure aveva un certo velo di sarcasmo.
«Sì oppa lei è Haneul-sshi» la ragazza guardò l’uomo di fronte a lei, era alto e aveva le spalle larghe, la fissava con quegli occhi scuri quasi avesse visto un fantasma. «lui è Oh Heejun è quello che potremmo definire caporeparto, in questa sede si prende un po’ cura di tutti» ridacchiò la segretaria.
«Piacere di conoscerla signor Oh sarà un piacere lavorare con lei» disse inchinandosi profondamente in avanti.
Heejun per tutta risposta inarcò un sopracciglio, evidentemente lei si era dimenticata di averlo conosciuto anni prima; infilò la lingua davanti ai denti inferiori in un gesto quasi seccato «Ma s’inchina così perché le hai detto che i pompini sono ben accetti dal capo Sominnie?» chiese lui con un forte sarcasmo. Haneul drizzò la schiena arrossendo e guardandolo quasi indignata, mentre la giovane segretaria dal canto suo rideva con leggerezza.
«No oppa nessuno le aveva ancora detto che sei un pervertito» la segretaria continuava a ridacchiare scuotendo appena l testa.
«Ah Sominnie, sono anche troppo professionale e fedele per fare cose del genere o sai che tu saresti stata la prima a passare da casa mia» . il tono del suo capo era tornato a essere un leggero tono di scherzo, sembrava quasi che quel tono tagliente lo avesse usato di proposito per riferirsi a lei. «Lo so, lo so per nulla al mondo tradiresti tua moglie con una delle tue dipendenti» sospirò lei con finta delusione.
«L’azienda non è mica mia Sominnie, ma lo sai meglio di me meglio non mischiare lavoro e carriera».
«Conosco la tua politica» precisò la donna sorridendo.
«Che è anche quella del team… e ora va, ci penso io a spiegarle i suoi compiti» sorrise lui dolcemente. La ragazza fece quello che le era stato detto.
Haneul non poteva dire che a lei fosse stata riservata la stessa dolcezza, anzi lui era stato frettoloso e a tratti anche acido, ma non si aspettava di essere trattata meglio, era nuova, giovane e inesperta sul pratico, ma era lì per apprendere e sapeva farlo velocemente.
La mattinata trascorse tra un inciampo e l’altro, però, poteva dire di aver capito cosa doveva fare e che ora non le restava altro da fare che imparare a farlo velocemente.
All’ora di pranzo si ritrovò, nemmeno lei sapeva come, a un tavolo in mensa con Somin che aveva uno sguardo furbo negli occhi, quella ragazza era sveglia e simpatica aveva deciso di addestrarla sui vari colleghi categorizzandoli in: stronzi e troie, pettegoli e pettegole e persone dolci (categoria dove ovviamente lei rientrava). Era divertente sentirla parlare di tutti, si era particolarmente concentrata su un certo Dongwon che era arrivato qualche mese prima di lei e che sembrava davvero un ragazzo dolce, bello e intelligente.
«Somin-sshi posso chiederti invece… il nostro capo che tipo è?» chiese timida guardandola di sfuggita.
La ragazza con la pelle diafana la guardò con un sorrisetto stampato sul viso «Ha colpito anche te vero?».
«Cosa?» chiese lei stralunata.
«Heejun… lui ha questo fascino maledetto, non lo so è sexy tutte le donne di quest’ufficio vorrebbero farselo, ma lui non si porta a letto le sue college» spiegò come se nulla fosse, anzi quasi come se questa sua politica lavorativa la deludesse un po’.
« Ma non era sposato?» chiese la più giovane inarcando un sopracciglio.
«Sì ma… da fonti esterne la moglie ha taaaaaaaante corna, fuori di qui sembra che scopi parecchio e anche bene a quanto dicono».
Haneul quasi si strozzò con l’acqua «Sinceramente non sono interessata e non voglio sapere altri dettagli» rise.
«Saresti la prima» commentò l’altra.
«Ora voglio pensare alla mia carriera, molto probabilmente finirò come una zitella triste e sola e me ne pentirò ma ora non voglio relazioni» disse risoluta.
«Wow» disse l’altra bevendo dell’acqua «Hai fegato, mi piaci» sorrise poi dolcemente e Haneul ricambiò il suo sorriso, quella poteva essere l’inizio di una bella amicizia.

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Capitolo 3
*** cap.2 pt.2 ***



Per qualche tempo le cose sembrarono scorrere abbastanza monotone nella vita di Haneul, fatta eccezione per la sua amicizia con Somin; quella donna la sorprendeva sempre era un pozzo di vita e doveva ringraziarla, senza lei la sua vita sarebbe stata un mortorio; almeno fino a quel giorno.
Erano vicini alla chiusura di un progetto solo che era sorto un problema, un piccolo difetto di programmazione che sembrava una cosa da nulla, ma quando andarono a cercare di risolverlo si rivelò un nemico più arduo di quanto avessero preventivato. Era tardi e tutti i dipendenti stavano tornando a casa, Haneul non poteva biasimarli a casa avevano delle famiglie che li aspettavano per cenare, magari avevano anche dei figli con cui giocare. Solo Heejun era rimasto in ufficio con lei blaterando sul fatto che lui fosse il responsabile del progetto e doveva essere presente in tutte le fasi della progettazione. Il rapporto tra loro non era particolarmente cambiato dal suo primo giorno di lavoro, lui continuava a trattarla freddamente, quasi come se la sua presenza non fosse gradita, ma restando allo stesso tempo sempre professionale nei suoi confronti.
La ragazza si strofinò gli occhi ormai erano già le nove di sera e il suo capo si era allontanato da qualche minuto a causa di una telefonata, si sentiva stanca, ma sapeva che ci erano quasi riusciti, dovevano resistere.
«Haneul-ah torna a casa, porto il programma a casa e me ne occupo io» disse Heejun rientrando dalla terrazza, non la stava realmente guardando in faccia, piuttosto guardava un punto indefinito alle sue spalle, come se stesse pensando a qualcos’altro; aveva le mani infilate nelle tasche del cappotto e le spalle strette forse a causa del freddo.
«Mi dispiace, ma sono costretta a rifiutare, mi sono presa questo incarico e non posso lasciarlo a lei» disse convinta.
«Haneul sono io il responsabile, va a casa» insistette.
«No» ripetette accigliandosi.
Il suo capo sbuffò guardando l’orologio muovendo i piedi con fare nervoso «Haneul…».
«Se deve andare a casa non si preoccupi resto io, sua moglie la starà aspettando».
L’uomo si passò una mano tra i capelli in un gesto nervoso «Non posso lasciartelo fare da sola, c’è il mio nome su quella progettazione devo essere al corrente di tutto, i capi è a me che chiedono spiegazioni». Gettò un'altra occhiata all’orologio «Senti se proprio non vuoi rinunciare puoi venire a casa mia, lavoreremo da lì, giuro non ti stupro» il suo tono doveva essere scherzoso, ma risultava solo impaziente e quasi supplicante.
La ragazza lo fissò con gli occhi spalancati «C-come?».
«Oh ti prego le conosco le voci che girano su di me, ma se ci tieni a saperlo nessuna donna con cui vado a letto è mai venuta a casa mia quindi puoi stare tranquilla» la sua espressione era un misto tra il beffardo e lo scocciato. A quel punto a lei non restò altro che accettare.
Heejun aveva una bella macchina doveva ammetterlo, non che ci capisse poi tanto di auto, ma quella sembrava davvero un auto costosa. Si strinse in un lato del sedile con la testa poggiata al finestrino, si sentiva estremamente a disagio ad andare a casa sua, ma il suo senso del dovere e la sua ambizione avevano avuto la meglio sull’imbarazzo.
«Haneul-ah posso chiederti un favore?» chiese lui stringendo le mani al volante, il suo tono era diverso da quello che usava di solito, quasi fosse timoroso.
«Mi dica» rispose lei sorpresa.
«Quando arriveremo… potresti vedere una cosa che non ti aspetti da uno come me, non dirlo a nessuno dei nostri colleghi ok?» disse entrando nel garage di un condominio.
«Ha per caso teste umane appese ai muri?». La sua lingua aveva agito prima che la mente le mettesse un freno, stava per scusarsi quando lui ridacchiò «Non sei cambiata per nulla» sussurrò.
«Come prego?» chiese lei confusa.
«Niente; scendi siamo arrivati».
In tutto il percorso dal garage all’appartamento lei non poté far altro che chiedersi quale segreto celasse il suo affascinante e tenebroso capo, le sembrava quasi di essere finita in una sottospecie di comico “50 sfumature” o magari nel remake di “Saw”. Però quando la porta dell’appartamento si aprì si ritrovò davanti una scena che non si sarebbe mai aspettata di vedere.
Ad aprire fu una ragazza di circa diciassette anni che s’inchinò profondamente «Mi scusi per averle messo fretta signore però vede devo tornare a casa».
«Tranquilla Dahyun vai anzi scusami, domani avrai un extra sulla paga per le ore in più che hai fatto oggi» disse stanco; la ragazza s’inchinò di nuovo e uscì dalla porta senza nemmeno guardarla in faccia, era confusa, chi era quella ragazza e sua moglie? Non ebbe il tempo di cercare nella sua testa una risposta logica che sentì una vocina acuta strillare «APPA». A quel punto se la mandibola non fosse stata attaccata alla faccia sarebbe caduta la suolo, quella saetta con due codini neri era schizzata tra le braccia del suo capo l’aveva chiamata appa, quella era... Era sua figlia.
L’uomo la prese in braccio sorridendo felice «E tu che ci fai ancora sveglia monella?» sorrise tenendola stretta. Non riusciva a crederci, quella era sua figlia e lui era persino un padre amorevole.
«Appettavo appa pe la ninna» sorrise la bimba innocente, il padre ricambiò il suo sorriso e poi guardò timido Haneul «Io… devo metterla a letto tu se vuoi puoi iniziare a lavorare arrivo subito». La ragazza annuì ancora sotto shock.
«Appa lei chi è?» chiese la bambina gonfiando le guance «Una collega di papà, stanotte devo lavorare fino a tardi e lei mi aiuta» disse avviandosi verso la camera della bambina, Haneul finse di sistemare le cose mentre in realtà era impegnata ad ascoltare padre e figlia parlare «Siculo?» chiese la bambina e la ragazza sentì Heejun ridere «Mai stato più sicuro».
Non sapeva perché, ma quella risata l’aveva offesa, anche lei infondo trovava assurdo immaginarsi assieme al suo capo, ma era così tanto comica per lui l’idea? Scosse la testa accendendo il pc mettendosi a lavoro.
Heejun tornò dopo circa dieci minuti sedendosi a testa bassa senza dire una parola.
Si creò un silenzio imbarazzante riempito solo dal rumore dei tasti dei loro portatili, Haneul si sentiva scoppiare, doveva chiedergli tutto quello che le passava per la testa o sarebbe impazzita se avesse continuato a cercare una spiegazione da sola, ma allo stesso tempo non poteva uscirsene urlando “MI VUOI SPIEGARE CHE CAZZO SUCCEDE?”, infondo non erano affari suoi, non era la sua vita, lui non era un suo amico, ma solo il suo capo quindi cosa accidenti le importava del fatto che lui avesse una figlia? Si strofinò l’occhio con il palmo della mano, doveva smettere di pensarci e basta.
«Ti avevo detto di andare a casa…sei stanca» disse lui timidamente.
«Tu lo hai detto per non farmi vedere che hai una figlia non perché t’interessi realmente qualcosa di me» sospirò lei usando un tono di voce stranamente freddo, quasi ferito e soprattutto informale.
«Non voglio che si sappia in ufficio perché minerebbe la mia reputazione tutto qui» rispose lui stringendosi nelle spalle.
Haneul strinse i pugni estremamente infastidita da quella risposta «Quale reputazione? Quella dello stronzo che al di fuori dell’ufficio si scopa anche i sassi mettendo le corna a sua moglie?».
«Non puoi capire» sbuffò lui «Questa reputazione mi fa comodo, affascina le donne e non so perché ma suscita rispetto negli uomini, il padre single non fa alcun effetto sulle persone se non quello di fare pena che non mi serve e non mi è mai servita».
Quella frase la colpì dritta al petto dentro c’erano tutti i suoi sentimenti e lei li aveva assorbiti tutti, non poteva certo dire di approvare, ma era come se capisse quello che lui sentiva, come se l’avesse fatto suo in qualche parte del cuore. «Invece sinceramente io ti rispetto di più ora che so che sei un padre single che lavora fino a tardi anche per sua figlia» disse rivolgendogli un sorriso timido.
«Mirai…si chiama Mirai» disse lui sorridendo senza guardarla. «È un bel nome sembra quasi futuro*» osservò lei. «Infatti in giapponese significa futuro, l’ho scelto a posta». Non la guardava mai in viso se non di sfuggita, come un ragazzino intimidito da una bella ragazza più grande di lui. «Scusa la domanda ma…sua madre?».
Heejun sospirò smettendo di scrivere al computer «Diciamo che Mirai non è stata prettamente voluta. Io e sua madre stavamo insieme ai tempi dell’università e lei l’ultimo anno ha scoperto di essere incinta, io ero felice, non so nemmeno io perché ma l’idea di diventare padre mi rendeva felice, era finalmente qualcosa di realmente mio presumo; fatto sta che lei spinta dal mio entusiasmo decise di portare avanti la gravidanza, ma quando Mirai è nata non ha nemmeno voluto tenerla in braccio o vedere com’era fatta mi disse una cosa tipo tienila tu tra una settimana ho gli esami finali, quasi le facesse ribrezzo» ingoiò a fatica il groppo che gli si era formato in gola «Così l’ho tenuta io, a lei ho detto che la sua mamma era diventata un angelo, non che non era solo una stronza egoista. Sai… non mi sembrava il caso».
Haneul agì d’istinto e gli strinse la mano «Immagino la delusione, cioè dovevi amarla proprio tanto per decidere di avere una figlia con lei». Heejun si voltò nella direzione opposta per non dar troppo a vedere l’imbarazzo che provava in quel momento, come la prima volta confidarsi con lei era facile, come se a lei non servissero troppe spiegazioni per capire come se un po’ quei sentimenti appartenessero un po’ anche a lei come i suoi appartenessero un po’ anche a lui «In realtà no… ho conosciuto l’amore solo quando è nata Mirai, lei è il mio futuro e tutto ciò che conta per me, non credo di aver mai amato un'altra donna in vita mia». Haneul sorrise dolcemente «Almeno sai cos’è l’amore io non credo di essermi mai innamorata in ventitré anni della mia vita, i ragazzi che ho avuto erano più che altro frutto del voler essere come le altre ragazze della mia età». Lui le accarezzò piano in dorso della mano con il pollice un gesto così piccolo che però sembrò quasi farle fermare il cuore. «Si vede che non hai ancora conosciuto quello giusto, quando lo farai capirai, non c’è un età prefissata per capire cos’è l’amore, qualcuno non lo capisce mai».
Lei scosse la testa con fare rassegnato «Per ora voglio concentrarmi solo sul mio lavoro» sospirò ritraendo piano la mano tornando a lavorare imitata da lui.
Finirono di mettere a punto il programma quasi alle due di notte, erano entrambi sfiniti e quasi invidiavano Mirai che stava dormendo beata dalle nove di sera. Haneul mise a posto il suo computer nell’apposita borsa e si inchinò per ringraziarlo dell’ospitalità, ma le sue parole furono bloccate da quelle del suo capo «Dove credi di andare a quest’ora?» la rimproverò proprio come un padre in piena regola «A casa?» disse lei inarcando un sopracciglio mettendosi di nuovo dritta. «Non esiste è tardi resta a dormire qui ti cedo la mia camera». Lei si sentì avvampare e lo fissò paralizzata. Lui sorrise furbo alla sua reazione e si avvicinò al suo orecchio con fare beffardo «Stai calma Neul non voglio fare nulla con te farò l’amore nel mio letto solo con la persona che un giorno Mirai chiamerà mamma, il sesso occasionale lo faccio a casa della donna quindi se vuoi un giorno di questi invitami da te».
Lei spalancò la bocca quasi indignata e lo spinse lontano da lei mentre lui si lasciava andare ad una risata infantile. «Sei terribilmente innocente Haneul-ah, mi diverti troppo».
«Tu invece sei proprio un gran bastardo Oh Heejun». Lei non se ne era nemmeno resa conto ma stava ridendo con lui.
«Dai vieni di la ti presto qualcosa da mettere per dormire» disse continuando a ridacchiare mentre si avviava lungo il corridoio. A quel punto non le era rimasta altra alternativa se non quella di arrendersi al volere del suo capo (aveva anche pensato alla fuga, ma sarebbe stato inutile lo avrebbe rivisto il giorno dopo a lavoro), infondo cosa c’era di male se dormivano in stanze separate? «Heejun tu dove dormirai?» chiede timida mentre lui si era chinato sulle ginocchia per cercare qualcosa da darle. «Sul divano» rispose lui pensieroso guardando tra le maglie cercando qualcosa che le stesse decentemente «Cosa? Ma è casa tua dormo io sul divano» quasi strillò lei. «Mia figlia dorme non svegliarla per cortesia» disse di nuovo stavolta con un tono di voce quasi retorico tirando fuori una vecchia maglia arancione piuttosto grande da un cassetto «Questa credo dovrebbe andarti abbastanza lunga è si quando facevo palestra». Lei la prese timidamente «Grazie…» .
«Aspetta un secondo» si alzò prendendo un paio di boxer dal cassetto «Questi dovrebbero andarti come dei pantaloncini, alla fine sei minuta e per dormire dovrebbero andare bene, il bagno è qui accanto e…» prese degli asciugamani dall’armadio «Buon bagno» disse mettendole tutto in braccio e praticamente spingendola nel bagno.
Sospirò infilandosi una mano nei capelli, ma cosa gli aveva detto il cervello, farla restare a dormire da lui? Quella donna era così testarda, precisina, pudica, sarcastica, pungente e soprattutto rompicoglioni, ma anche estremamente sensibile e sembrava capirlo anche se lui sembrava essere così dannatamente solo, anche se lui si sentiva così dannatamente solo.
Era tornata un giorno dal nulla e non ricordava assolutamente nulla di lui e di quelle poche volte che avevano parlato, per lei non avevano significato nulla e non poteva biasimarla erano passati sette anni eppure certe volte avrebbe voluto dirglielo che lei, che era stata proprio lei a cambiargli la vita e a far crollare allo stesso tempo la sua fiducia nel genere umano, la odiava eppure… eppure era come se una parte di lui la cercasse e lo spingesse ad essere legato a lei. Si strofinò gli occhi con le mani e iniziò a infilarsi il pigiama, a quel punto lui avrebbe fatto la doccia domani mattina.
Haneul però uscì dal bagno proprio mentre lui si stava cambiando la maglia «Porcaputtana» esclamò richiudendosi immediatamente in bagno appoggiandosi alla porta, e menomale che non faceva più palestra, aveva un fisico perfetto, non troppo muscoloso né troppo flaccido o all’opposto ossuto. «Potevi dirmi che ti stavi cambiando» esclamò lei rossa in viso. «Non pensavo che ci mettessi così poco» ribatté lui. «comunque puoi uscire ho messo la maglia». La ragazza si affacciò appena per constatare se dicesse la verità e quando constatò che effettivamente portava il pigiama uscì con questa maglia che le copriva a stento il culo, anche se fortunatamente i boxer la aiutavano a non restare completamente nuda.
Lui la guardò per qualche istante per poi voltarsi «Beh notte» disse per poi uscire dalla stanza con le guance stranamente tinte di rosso, lo seccava ammetterlo a se stesso, ma quella donna era bella quanto irritante.
«Notte» sussurrò lei mettendosi a letto, quella era stata la giornata più lunga della sua vita, fece un grosso respiro e la cosa peggiore era che tutto profumava così tanto di lui…
 
La mattina dopo Haneul si alzò presto, non era casa sua e ogni minimo rumore la svegliava, ma non poteva lamentarsi era tutto nella sua testa in fin dei conti. Si alzò guardando nell’oscurità i mobili di quella stanza che sembravano grosse ombre pronte a divorarla. Uscì camminando silenziosamente per casa cercando la cucina, diede anche una sbirciata in soggiorno e sorrise involontariamente alla visione del suo capo addormentato abbracciato ad un cuscino, raggomitolato sul divano come un gatto, era davvero adorabile.
Quando finalmente riuscì a trovare la cucina decise che per sdebitarsi avrebbe preparato la colazione. Fece un bel respiro e aprì il frigo appuntandosi mentalmente che avere tutta quell’ansia per essere a casa di un estraneo non era normale.
«A te piace il mio papà?». Sobbalzò come se fosse stata beccata sulla scena di un omicidio. «C-Come?» chiese chiudendo le ante del frigo.
La bambina era lì che la fissava fissando un peluche a forma di coniglio tra le braccia incrociate «Ti ho chiesto se ti piace il mio papà» la bambina era accigliata, Haneul pensò che quella doveva essere la sua faccia minacciosa «No piccola tranquilla io e appa lavoriamo solo insieme, non ho intenzione di portartelo via». La bimba strinse il coniglietto più forte contro il petto «Meglio».
«Mh… ti piacciono i pancake piccola?» chiese abbassandosi alla sua altezza.
«Mi chiamo Mirai» rimarcò arricciando le labbra come infastidita. «Oh già giusto, io sono Haneul» sorrise dolcemente. Ma la bambina per tutta risposta le voltò le spalle.
Fantastico, ci mancava solo la bambina che mi odia pensò alzando gl’occhi al cielo.
«Hey principessa buongiorno dove scappi?» sbadigliò il padre che stava cercando di entrare in cucina.
«A svegliare appa» sorrise a trentadue denti o quelli che poteva avere una bambina di quattro anni.
«Che dici se torniamo a letto? Appa ha davvero sonno» rise prendendola in braccio.
Haneul decise di non intervenire e di mettersi a cercare gli ingredienti per i pancake nei mobili.
«Però bel culo» commentò una voce alle sue spalle che la fece immediatamente mettere dritta «Ma che cavolo nemmeno davanti a tua…» si bloccò vedendo che la bambina era sparita. «Di solito gioca mentre le preparo la colazione» disse lui appoggiato al muro guardandola con aria di sfida e lei si ritrovò ad ammetterlo, lo avrebbe volentieri preso a schiaffi. «Beh questo non ti autorizza a fare commenti sul mio culo» rimbeccò lei mettendosi le mani sui fianchi. «Sono pur sempre un uomo che non fa sesso da ben tre settimane e tu ti sei messa in posizione di apprezzamento cosa pretendi».
«Io non faccio sesso da più di un anno, quindi continui a non essere autorizzato a fare commenti sul mio corpo» disse rossa di rabbia e lui rise soddisfatto, esattamente il risultato che voleva ottenere «Farti arrabbiare potrebbe essere diventato il mio nuovo passatempo preferito, giusto perché tu lo sappia» disse prendendo gli ingredienti per i pancake dai mobili «Ti aiuto a preparare la colazione» disse poi tranquillo, mentre lei iniziava seriamente a pensare che il gene della pazzia si trasmettesse da padre in figlio all’interno di quella famiglia.
Portare a termine la missione pancake si stava rivelando più difficile del previsto, l’impasto era schizzato un po’ ovunque pasticciando i loro pigiami e i loro visi e anche la cioccolata che doveva farcire quei dolci li stava mettendo a dura prova. «Haneul sei un impiastro hai la cioccolata sul naso» rise Heejun tenendosi lo stomaco. Lei per tutta risposta arricciò il naso spalmandogli la cioccolata su una guancia. «Così impari». L’uomo la guardò shockato smettendo subito ridere «Ma sei stronza» disse schizzandole la cioccolata sulla fronte «Mai quanto te» rispose all’attacco ridendo, non si erano nemmeno acconti che Mirai era entrata in cucina e li fissava non poco infastidita. «APPA IO HO FAME» strillò la bambina facendolo tornare subito serio. «Si amore siediti qua che ora mangiamo» disse pulendosi il viso, anche Haneul si sedette composta di riflesso pulendosi il viso, diventava un’altra persona quando c’era la sua bambina, un vero uomo adulto e lei non poteva che guardarlo quasi ammirata.
*milae in coreano significa futuro e ha una pronuncia simile a mirai proprio perchè deriva dal giapponese

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