Paper Walls

di SilverKiria
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***





PROLOGO


Harry James Potter entrò al San Mungo, la mente affollata di pensieri e cose da fare, e la voce della moglie che gli ricordava di fare presto.
Immaginò la povera Ginny Weasley in Potter a casa, nel vano tentativo di preparare il pranzo e fare in modo che i due figli maschi, James Sirius e Albus Severus, non si uccidessero.
Era una domenica di settembre, tuttavia Harry non fu troppo sorpreso quando un gufo dalle penne grigio fumo, evidentemente proprietà del Ministero della Magia, era planato dolcemente sopra il castello di carte magiche esplosive che stava divertendo James.
Ovviamente, distruggendolo, e altrettanto ovviamente lasciando un alquanto infastidito James Sirius Potter, le sopracciglia completamente bruciate (e subito fatte ricrescere con un secco movimento della bacchetta del padre), ad urlare, in preda ad un attacco isterico.
Harry aveva sbuffato, pregando il figlio di otto anni di calmarsi e con un solo movimento della stecca magica aveva provveduto a rimettere esattamente come prima il gioco del bambino, impedendogli di esplodere a causa di una combustione spontanea, visto il colorito rossastro raggiunto dalle sue guance.
Nonostante tutto però, il Bambino che era Sopravvissuto non aveva potuto fare a meno di sorridere, nel vedere la felicità tornare sul viso del suo primogenito, mentre apriva la missiva dell’Ufficio Auror.
E quindi eccolo lì, diretto a passo veloce verso lo studio del Primago dell’Ospedale inglese magico.
Primago, nonché suo ex nemico giurato.
Non si curò degli sguardi stupiti ed emozionati che lo seguivano ovunque, ormai vi si era abituato molto tempo fa.
L’unica cosa che continuò a controllare fu la stretta della piccola mano che si nascondeva nella sua.
Raggiunse lo studio più grande dell’intero ospedale, all’ultimo piano, e aprì la porta non appena ebbe bussato, senza aspettare risposta.
I vantaggi di essere il Capo dell’Ufficio Auror, dopotutto.
«Potter, quale piacevole sorpresa.»
La voce dell’uomo biondo seduto alla scrivania lasciava trapelare una leggera nota di disappunto, per l’irruzione improvvisata nel suo ufficio, ma non aveva più quella sfumatura di supremazia e arroganza che l’aveva caratterizzata da giovane.
Draco Malfoy sistemò le carte che stava controllando in quel momento e fece segno all’altro di sedersi in una delle comode poltrone poste di fronte alla sua postazione, lanciando uno sguardo curioso verso la piccola testa rossa che appariva appena, oltre il contorno della scrivania.
«Malfoy. Scusa il disturbo, ma la lettera è arrivata poco fa e Ginny non riusciva a tenere da sola tutte e tre le pesti» spiegò Harry Potter, allungando all’altro la pergamena ricevuta la mattina e accarezzando la testa della bambina che ora gli stava accanto, i vispi occhi nocciola impegnati ad osservare avidamente tutto ciò che la circondava.
«Accidenti, quanti feriti?» domandò Draco, leggendo il rapporto su una zuffa da ubriachi tra Maghi del Galles e un gruppo di Babbani, che però erano stati opportunamente obliviati.
Harry fece una smorfia, prendendo la mano della figlia per impedirle di scappare via, come ultimamente faceva spesso (e quell’ultimamente durava dal momento in cui era nata, d’altra parte), mentre si sistemava gli occhiali sul naso.
«Cinque. Per quanto mi riguarda li avrei lasciati a curarsi da soli, ma sai, uno è un lontano parente di Kingsley e quindi ritengono che una tua visita sia d’obbligo, al fine di sistemare definitivamente la faccenda.»
Draco Malfoy annuì, comprendendo come in fin dei conti la parentela con il Ministro della Magia rendesse ogni cosa più complicata.
«E quando credi dovrei andare?» cominciò a chiedere, firmando le carte portate dal Grifondoro, e iniziando a discutere con lui i dettagli della missione.
Attraendo così tanto l’attenzione di Harry Potter, da permettere alla piccola Lily Luna Potter di uscire indisturbata dallo studio, aprendo la porta di vetro appena socchiusa di fronte allo studio di Draco Malfoy, e venendo condotta attraverso un breve corridoio ad un’altra stanza.
Lily vi entrò piano, osservando rapita le foto alle pareti di quello che sembrava una specie di spogliatoio, a giudicare dai vestiti da Mago di Draco Malfoy appesi alla parete, un ricambio di lussuosi camici da lavoro e perfino qualche capo di abbigliamento babbano, in caso il lavoro prevedesse il contatto con persone senza poteri.
La piccola Potter riuscì a tirare giù dalla sedia dove era appoggiato uno dei camici da medimago e lo indossò fiera, con tanto di stetoscopio e guanti di protezione, opportunamente trovati nelle tasche della divisa.
Si vestì di fretta, ridendo di come quei capi fossero enormi per il suo piccolo corpo, e si rimirò allo specchio appeso alla parete, iniziando a ridere.
Immaginò di fare quello strano lavoro che aveva visto solo nei suoi libri colorati ed era proprio nel mezzo di una finta operazione, quando una voce confusa la interruppe.
«Cosa stai facendo con i vestiti di mio padre?»
Lily si girò, d’un tratto impaurita nell’essere stata colta sul fatto, cosa che ad onor del vero, i geni di Fred e George Weasley, uniti a quelli di James Potter, avevano reso incredibilmente difficile.
Un bambino poco più alto di lei, i capelli biondi spettinati e gli occhi grigio scuro puntati su di lei, la stava fissando, piegando le labbra in una smorfia a metà tra il sorriso e il fastidio.
Lily prese un profondo respiro, come quando si preparava ad affrontare James, ed esclamò sicura: «Assolutamente niente.»
L’altro annuì, un sorriso di scherno che ora incorniciava la sua espressione determinata.
«Ah. Quindi mi sono sbagliato, tu ti vesti normalmente così?» domandò, divertito.
Lily aprì la bocca per ribattere, ma il coraggio le venne meno quando capì che la tecnica del “negare tutto sempre e comunque” non avrebbe funzionato quella volta.
E in un secondo si rese conto di una cosa che, prima, le era parsa meno grave: suo padre non era lì.
Al contrario, con lei c’era quello strano bambino che, mentre la vedeva guardarsi attorno terrorizzata, cominciava a perdere il sorriso e iniziava ad agitarsi.
Il culmine venne raggiunto quando due grandi, gigantesche lacrime uscirono prepotentemente dagli occhi di Lily, e Scorpius capì di essere nei guai.
Certo, riflettendoci su non ci sarebbe stato nulla di male in quella situazione, se non fosse che lui, Scorpius Hyperion Malfoy, in quella stanza non ci sarebbe proprio dovuto entrare.
Si ricordava ancora vividamente il volto livido del padre, quando lo aveva scoperto mentre buttava via galeoni e galeoni di pozioni rimpolpasangue, armamentario da medimago e libri di medicina magica di altissimo livello, nel vano tentativo di assomigliargli.
Draco Malfoy era cambiato dopo la Guerra, e di certo non avrebbe mai raggiunto i livelli di severità estrema toccati dall’educazione di Lucius Malfoy; tuttavia non aveva esitato al raccomandare al figlio di stare ad almeno dieci metri da quella stanza, d’ora in avanti.
A meno che non avesse voluto aiutare il loro elfo domestico, Elias, nelle pulizie di Malfoy Manor fino alla maggiore età, ovviamente.
«Shh! Shh! Fai piano, calmati dai.» implorò alla bambina, che stava cominciando ad agitarsi mentre le lacrime sgorgavano lunghe le sue guance piene di efelidi.
«Dai, non piangere. Come ti chiami? Dove sono i tuoi genitori?» domandò allora Scorpius, avvicinandosi a Lily, sperando di riuscire a rintracciarli ed uscire di lì prima che suo padre lo scoprisse.
La piccola Potter però, vinta dalla paura, non riusciva ad emettere che suoni senza senso, troppo impegnata a tenere a bada il groppo che le stava avvinghiando la gola.
«Lil…mio pa…e io…» continuava a sussurrare, tra un singhiozzo e l’altro.
Scorpius imprecò a bassa voce, pregando che suo padre non avesse sentito nemmeno quello, e decise che doveva calmarla, a qualunque costo.
Le prese le mani nelle sue e cercò di sorridere in modo rincuorante, mentre le asciugava le lacrime dal viso.
«Hey dai, calmati. Ci sono io, non sei sola. Allora, riesci a dirmi quanti anni hai?» le chiese, annuendo felice quando lei, un po’ tranquillizzata – o almeno con il colorito del viso più vicino al rosa che al viola, come prima -, gli mostrò tutte e cinque le dita della mano destra.
«Cinque! Wow, allora sei una donna ormai!» esclamò Scorpius, mostrando già quelle doti da affabulatore che avrebbe saputo coltivare con maestria, una volta cresciuto.
Lily arrossì per il complimento, e accennò un timido sorriso, sebbene l’ansia le impedisse ancora di parlare.
«Io ho sette anni. Hey, che ne dici se usciamo di qui insieme e andiamo a cercare i tuoi genitori?» le domandò, prendendole la mano di poco più piccola della sua e sistemando in fretta le cose che la bambina aveva toccato.
Lily annuì e Scorpius sorrise suo malgrado, sentendo la stretta forte e sicura di lei.
Uscirono dalla porta e ripercorsero il corridoio, fino all’ufficio del padre di lui, però orrendamente vuoto.
Scorpius soppesò l’idea di far chiamare Draco, ma non avrebbe saputo come spiegargli perché lui fosse di nuovo entrato nel suo studio privato, e allora decise di uscire nei corridoi dell’Ospedale, pregando che qualcuno la riconoscesse.
E così iniziarono a vagare per i piani del San Mungo, mano nella mano.
Scorpius conosceva ormai ogni mattone dell’enorme edificio, e si sorprese a trovare un modo per distrarre la piccola ogni qualvolta lei desse cenno di cedere alle lacrime.
«Guarda! A quel tipo è cresciuto un tentacolo al posto del naso, chissà che male!»
«Sai, in questa stanza una volta ho incontrato una donna che voleva cantare come un canarino, e alla fine si era trasformata i capelli in piume gialle. Faceva morire dal ridere!»
«Mio papà è il dottore più bravo di tutti qui. L’ho visto curare perfino un bambino a cui erano cadute le orecchie, mentre giocava con la bacchetta del padre. La cosa più difficile in realtà è stata fargli dire il suo nome: poverino, non sentiva assolutamente nulla!»
Scorpius continuò a farla ridere, scoprendo che la sua risata riusciva a scaldargli il petto come il fuoco del camino di Malfoy Manor, durante una notte d’inverno.
E Lily non si accorse del tempo che passava, mentre gli occhi gonfi per le lacrime di poco prima si aprivano stupiti, ad ogni nuova storia del bambino che le stringeva la mano.
«E qui ieri c’era un tipo con un ombrello infilato nel…»
«LILY!»
Scorpius si interruppe all’improvviso, quando sentì l’urlo disperato che proveniva dalle loro spalle.
Si voltò e nel momento stesso in cui la bambina, Lily, incrociò lo sguardo del signore con i capelli mori tutti spettinati, gli lasciò andare la mano e gli corse tra le braccia.
Il piccolo Malfoy stava per andarsene, quando vide il padre raggiungere i due che ora si stavano abbracciando.
«SCORP! Vieni qui!» gli urlò Draco, guardandolo confuso.
Scorpius respirò a pieni polmoni, e iniziò a tremare quando comprese chi effettivamente aveva davanti: bastò uno sguardo più da vicino per localizzare la cicatrice a forma di saetta sulla fronte dell’uomo.
Harry Potter.
Scorpius aveva sentito tante storie su di lui, ma aveva anche captato una paura antica negli occhi del padre, mentre gliele raccontava sdraiati sul suo letto.
E l’aveva visto nascondere il segno nero che spiccava maligno sulla pelle pallida dell’ avambraccio sinistro.
Aveva sempre immaginato Harry Potter come un uomo cattivo, insomma, doveva essere cattivo, se faceva sentire male il suo papà, no?
Eppure, guardandolo di sfuggita a pochi passi di distanza, vide solo un padre felice di aver ritrovato la figlia tanto amata.
«Scorp, che è successo? Perché Lily era con te?» gli domandò il padre, verso il quale si era ora concentrata completamente la sua attenzione.
«Io… io l’ho trovata che…» iniziò a spiegare, incespicando nel discorso mentre cercava di non tradirsi di fronte a Draco e nascondere la sua malefatta.
«Lui mi ha aiutato.»
Tutti e tre i maschi si voltarono verso la vocina femminile che proveniva dalle braccia di Harry Potter, dove era tenuta stretta e al sicuro.
«Mi ero persa perché ero andata in giro, e lui mi ha aiutato. Mi ha fatto ridere, è divertente! Scusa se sono uscita senza di te, papà.» finì Lily, ingigantendo con la dolcezza gli occhi nocciola nel tentativo di mitigare la rabbia di Harry Potter.
Quest’ultimo la guardò serio, prima di alzare le spalle, vinto ancora una volta dall’amore per la sua piccolina, e aprendosi in un sorriso.
Baciò Lily sulla fronte e allungò la mano verso Scorpius, che la strinse inebetito solo dopo aver controllato cosa stesse facendo il padre: sorrideva anche lui.
«Bravo Scorp, sono fiero di te.» lo elogiò Draco subito dopo, arruffandogli i capelli con affetto.
«Credo sia ora che andiate, Potter. Immagino che la Weasley vorrà la tua testa, per questo ritardo.» disse Draco, sorridendo divertito mentre Harry sbiancava, una volta vista l’ora sull’orologio legato al polso.
«Per Godric, Lily, questa volta credo ti ritroverai senza padre. O senza madre, dipende da cosa hanno combinato i tuoi fratelli nella nostra assenza.» mormorò Harry Potter, sistemando frettolosamente le carte che aveva appoggiato al bancone mentre teneva ancora in braccio la figlia, determinato a non perderla d’occhio.
«Grazie Scorpius, grazie davvero.» aggiunse una volta pronto a recarsi all’uscita, sorridendo all’indirizzo del bambino che gli sorrise di rimando.
Harry Potter si diresse a passo veloce verso il punto più vicino per smaterializzarsi, mentre Draco Malfoy prestò attenzione alle richieste di un’infermiera, riguardo al trattamento di un paziente.
Nessuno dei due notò Lily che, sopra la spalla del padre, scoccò un bacio nella direzione di Scorpius.
O Scorpius che, stupito, arrossì violentemente, accentuando il suo imbarazzo una volta sentita la risata della bambina, poco prima che sparisse nei corridoi del San Mungo.
 
«Lily.» sussurrò appena il bambino, prima di voltarsi verso il padre che lo stava chiamando, e continuando a pensare ad una sola cosa per tutto il resto della giornata.
 
“Certo che ha proprio una bella risata, quello scricciolo rosso”.
 
 
***

 
L’Espresso per Hogwarts si stagliava fiero, il rosso lucente che spiccava in mezzo alla leggera nebbia di quel 1 Settembre 2023.
Scorpius Malfoy annuì distrattamente mentre la madre, Astoria Greengrass, gli raccomandava per la millesima volta di non cacciarsi nei guai, a meno che non avesse voluto trovarsi a pulire le cucine di Hogwarts giorno e notte. Con la lingua.
«Sono stata abbastanza chiara? Se ricevo anche solo una lettera dalla Preside, giuro su Salazar che…»
«Dai mamma, ho capito. L’avevo capito la centoduesima volta che l’avevi detto.» la interruppe bruscamente Scorpius, salvo poi abbassare lo sguardo una volta visto quello tagliente del padre, alla sua destra.
«Non essere arrogante con tua madre, Scorpius.» sibilò Draco Malfoy, prima di stringere la spalla del figlio in quel muto gesto d’affetto che gli riservava, di tanto in tanto.
Dopotutto, Scorpius stava ormai per iniziare il suo settimo ed ultimo anno alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, e se Draco l’aveva abbracciato solo quando erano in famiglia, durante la sua infanzia, Scorpius non si aspettava certo che l’uomo eccedesse nelle effusioni ora che aveva diciassette anni.
Non aveva però mai dubitato dell’affetto che i genitori nutrivano per lui, e sapeva che quella certezza era stata un dono che suo padre invece non aveva ricevuto.
O almeno, non allo stesso modo.
«Selene ed Ethan sono già arrivati?» domandò Draco, guardandosi attorno.
Scorpius fece lo stesso, tentando di trovare con lo sguardo i suoi due migliori amici.
Ethan Flint,  figlio di Marcus Flint, e Selene Travers, lontana parente del famoso Mangiamorte, erano i suoi due migliori amici.
Il piccolo Malfoy si concesse di dare un’altra occhiata al binario, prima di concludere che forse erano già saliti a bordo.
Stava giusto salutando la madre con un rapido abbraccio, quando la sentì.
Represse a stento il luccichio degli occhi, mentre il suono della risata che l’aveva segnato nel profondo si disperdeva all’interno della stazione.
«Sono arrivati i Potter e i Weasley. Per Morgana, sono così tanti che a volte li confondi per un circo ambulante, come se non bastasse il chias-» iniziò ghignando Draco Malfoy, prima di venire ammutolito da uno sguardo severo della moglie.
«Scorpius, il figlio maggiore non c’è, vero?» domandò Astoria, osservando incuriosita le persone dai capelli o rossi o scuri accalcati di fianco a quello che riconobbe come Harry Potter.
Scorpius negò, allacciando meglio il suo baule.
«Ha finito l’anno scorso, mamma. E’ Albus quello che ha la mia stessa età.» aggiunse poi, prendendo la gabbia del suo gufo nero come la notte, da lui chiamato Antares come una stella della costellazione dello Scorpione – “buon sangue non mente!” Aveva commentato all’epoca Draco Malfoy -.
«Ah. E la piccola Potter? Dovrebbe avere ormai…oh eccola lì!» esclamò Astoria, osservando con sguardo attento e, come tutte le madri, estremamente interessato, come il figlio si fosse girato velocemente, troppo velocemente, una volta sentite le parole della madre.
Scorpius la guardò ridere di nuovo, mulinando i lunghi capelli rossi, e la vide scoccare un bacio al padre, prima di spintonare il fratello Albus, facendo a gara a chi saliva per primo sul treno con Hugo Weasley, suo coetaneo e migliore amico.
Era cresciuta, durante l’estate. Il viso sempre più da donna, gli occhi ornati da ciglia lunghe e le labbra screpolate che Scorpius conosceva a memoria, erano state truccate leggermente. Ma il sorriso contagioso, e le efelidi che lei tanto odiava, quelli non era riuscita a nasconderli.
E mentre il suo cuore mancava un battito, Scorpius sussurrò piano, quasi non volesse che qualcuno lo sentisse davvero.
 
 «Quindici anni, mamma. Lily ha quindici anni ormai.»






ANGOLO AUTRICE:


Saalve a tutti popolo di EFP!
Ben ritrovati nel mio account, per chi già mi avesse conosciuta, e benvenuti a chi invece leggesse qualcosa di mio per la prima volta! Sono ultra di corsa, quindi voglio precisare solo poche cose: questo prologo è solo un piccolo assaggio della nuova long - appena finita una, mi ricaccio subito nei guai! - che ho in serbo per voi. Amo Lily e Scorpius insieme, e ho in mente un evento molto magico e incredibilmente pericoloso per questo ultimo anno di scuola di Scorpius.
Sarà questo pericolo a farlo avvicinare finalmente alla piccola Potter?
Oppure li farà irrimediabilmente allontanare?
Volete un piccolo indizio?
Si parlerà anche francese in questa storia...
Bene, vi ho incuriositi? E allora non aspettate un secondo e ditemi cosa ne pensate dell'inizio di questa mia storia, a cui ovviamente aggiungerò personaggi nuovi (Selene ed Ethan non vedono l'ora di conoscervi) e accoglierò a braccia aperte personaggi vecchi (Harry in primis, con Ginny, Ron ed Hermione ovviamente; per non parlare dei fratelli di Lils e tutti i suoi cugini!).
Fatemi sapere cosa ne pensate, e spero sarete abbastanza curiosi da leggere anche il prossimo, primo vero capitolo di Paper Walls, ovviamente nome tratto dalla meravigliosa canzone degli Yellowcard, a cui vi rimando con un CLICK.
Alla prossima!

SilverKiria

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***





CAPITOLO 1


 

Lily Luna Potter correva a perdifiato lungo gli stretti passaggi dell’Espresso per Hogwarts, riuscendo ad evitare con un po’ di talento – e altrettanta fortuna – di capitolare contro qualche malaugurato che aveva erroneamente pensato di potersi accomodare con tranquillità all’interno del treno.
Nonostante ciò, riuscì a conquistarsi qualche occhiataccia e giusto un paio di minacce di morte, sussurrate però sottovoce a causa della paura che un’eventuale scontro con la piccola Potter potesse causare.
Perché ovviamente ogni duello dove uno dei due contendenti si chiamava Potter, non poteva che sottintendere una fine disastrosa, con punti tolti ad entrambe le Case – anche prima di iniziare l’anno, James Sirius Potter ne aveva avuto la conferma – e qualche parte del corpo le cui sembianze erano state modificate.
“Zabini, te l’avevo detto di chiudere quel becco da gallina che ti ritrovi, non mi hai dato retta e allora…” aveva detto vincitrice Lily, solo l’anno prima, guardando la scandalizzata Alexia Zabini starnazzare in giro per l’Espresso.
 «Lily! Per le sottane di Morgana fermati subito!» le urlò da qualche metro dietro di lei suo cugino e migliore amico, Hugo Weasley.
La ragazza per tutta risposta proruppe in una risata sguaiata, evitando di inciampare solo per un soffio nell’ennesimo baule lasciato imprudentemente lungo il corridoio.
«Se sei lento non è colpa mia Weasley! Avresti dovuto mangiare meno a colazione, non riesci nemmeno a vedere la punta dei miei capelli!» rispose Lily, aprendo la porta che la conduceva al vagone successivo e facendo sbraitare almeno altri tre Corvonero, cinque Grifondoro e addirittura un paio di Tassorosso.
«Merlino, Lils! Riusciresti a non distruggere il treno prima di arrivare, per cortesia?» le domandò schiettamente sua cugina Rose, appena sbucata fuori da uno scompartimento nel momento stesso in cui Lily e il suo fratello Hugo erano passati di corsa.
Suo fratello Hugo?
Rose acquisì di colpo un’area funerea, e chiamò con voce tetra lo sfortunato ragazzo.
«HUGO WEASLEY! Se non smetti immediatamente di correre, dovrò sottrarre almeno venti punti a Grifondoro, cosa che francamente eviterei dato che è anche la mia Casa, e ovviamente provvederò ad informare papà non appena saremo arrivati…» Rose si interruppe un secondo, sogghignando, mentre il fratello minore si fermava per guardarla e distrattamente notava come Lily si fosse allontanata sempre di più, continuando a ridere della sua vittoria schiacciante ormai vicina.
«Rosie…tu non… non puoi…» la supplicò Hugo, cercando di riprendere fiato.
Hugo era un ragazzo di quindici anni, come Lily, e aveva ereditato gli occhi azzurri del padre e i capelli rossi stampo Weasley, che condivideva con la sorella maggiore – e un’altra quindicina di persone nella sua famiglia, a dir la verità.
Sebbene Hugo fosse leggermente più basso della media, tanto che raggiungeva di un soffio l’altezza invece superiore alle altre ragazze del quinto anno della cugina preferita, e avesse il viso completamente spruzzato di efelidi, egli riscuoteva un discreto successo tra il gentil sesso del suo anno, e di quelli più piccoli, sosteneva Albus.
Hugo era simpatico, divertente e spigliato, anche se un po’ imbranato, come il padre, ma aveva acquisito quella sensibilità fuori dal comune e la generosità innata della madre.
Certo, come non mancava mai di ricordare Rose, egli possedeva anche la pazienza di un Ungaro Spinato, come aveva detto una volta Harry Potter – e di certo non parlava per sentito dire -, e la testardaggine di un Ippogrifo, come lo rimbeccava sempre Hermione Granger.
«Lentiggine, lo posso fare come e quando voglio, sono Caposcuola, se te lo fossi dimenticato…» gli sorrise sorniona Rose, usando il nomignolo che lui odiava, per poi aggiungere «…ma hai ragione. Perché scrivere a papà? Potrei scrivere alla mamma invece…»
Il solo pensiero di ricevere una lettera minatoria da parte della madre fece completamente sbiancare il povero Hugo Weasley. Se Rose avesse aggiunto un’altra minaccia, probabilmente i capelli rossi del fratello minore si sarebbero talmente schiariti per lo shock dal permettergli di confondersi tra i Malfoy.
Il ragazzo mise su un’espressione che faceva trapelare tutto il suo risentimento nei confronti della sorella, le sorrise fintamente e si voltò senza dire una parola, camminando talmente lentamente che probabilmente perfino una lumaca si sarebbe lamentata.
Rose allargò il sorriso vittorioso e gli urlò dietro «Lo faccio solo per il tuo bene Hugo! Quest’anno hai anche i G.U.F.O., lo sai!» e per tutta risposta ricevette un dito medio, ma decise di non commentare, richiudendo le porte del suo scompartimento e tornando a chiacchierare con le sue compagne di Casa.
Fratelli. Bisogna sempre starci dietro, dovrei ricevere una paga mensile, altroché!
 
 
Lily nel frattempo aveva raggiunto la sua meta: il suo scompartimento privato.
In realtà, l’unica cosa che lo rendeva effettivamente riservato era il ricordo delle baruffe sorte ogni qual volta qualcuno glielo avesse rubato.
Si sedette, sfinita dalla corsa, e raccolse i capelli in una coda alta, sbuffando di impazienza: i capelli rosso rubino le erano cresciuti durante l’estate, ma erano rimasti indomabili e arruffati, a prescindere da quanti colpi di spazzola, maledizioni senza perdono o a quanti tentativi disperati di Ginny Weasley fossero stati sottoposti.
Solo nel farsi la coda, Lily era certa di aver sentito chiaramente almeno dieci nodi nuovi da quando si era svegliata, quel mattino.
Si voltò a guardare la porta dello scompartimento, e sbuffò ancora maledicendo Rose Weasley: doveva aver di nuovo minacciato Hugo, rovinando la loro gara annuale per il raggiungimento dello scompartimento.
Non fraintendete, Lily amava Rose come amava tutti i suoi strambi cugini, ma a volte malediceva la sua somiglianza quasi inquietante alla zia Hermione, che la induceva a mettere la stessa quantità di passione nell’applicare le regole di quella che metteva suo fratello James nel rimirarsi allo specchio.
Ed era tutto dire.
Hugo e Lily erano inseparabili sin da quando la ragazza riusciva a ricordare: il cugino assomigliava molto più ad un terzo fratello per lei, per quanto effettivamente le bastassero quei due idioti megalomani che già aveva come fratelli.
Albus Severus Potter era uno dei migliori Cercatori di Grifondoro, da quando Harry Potter aveva finito Hogwarts, e da quell’anno sarebbe stato anche Capitano, succedendo al fratello maggiore.
James Sirius Potter invece era uno dei migliori combina-guai di Grifondoro, da quando Harry Potter aveva finito Hogwarts, eguagliando la fama dei due malandrini di cui portava il nome
Suo padre spesso e volentieri aveva commentato come perfino James Potter e Sirius Black si sarebbero spaventati, di fronte all’innaturale, o meglio al fin troppo naturale, talento di James Sirius nell’escogitare rocamboleschi piani per distruggere Hogwarts.
O la Tana, o casa sua.
O perfino la culla, aveva aggiunto Ginny, ripensando a quando l’aveva trovata completamente bruciata dalla magia accidentale del piccolo James.
Quando aveva due anni.
Ma James si era rivelato anche uno studente discretamente bravo, tanto dall’essere ammesso al corso per diventare Auror, e un Cacciatore spietato sul campo da Quidditch.
E Lily, vi chiederete voi?
Beh, Lily se la cava a scuola, non aveva questo enorme cerchio di amicizie, tanto che passava la maggior parte del suo tempo con Hugo o Sophie, la sua migliore amica Corvonero, e sapeva destreggiarsi sul Campo da Quidditch, anche se non aveva mai avuto intenzione di fare il provino per entrare nella squadra.
In effetti, Lily Potter era una ragazza abbastanza comune.
L’unico, piccolo spazio dentro se stessa dove poteva distinguersi dalla caotica banda che era la sua famiglia era la scrittura.
Lily amava scrivere, scrivere di qualunque cosa.
Passava dal narrare storie fantastiche mai accadute, incentrati su eroi di altri tempi o di futuri lontani, all’appassionarsi alle vicende raccontatele dal padre sulla sua vita; fino ad annotare gli eventi, straordinari e non, che capitavano nella sua vita.
E tutte queste cose risiedevano nel piccolo block-notes rosso scuro che Lily aveva appena estratto dalla cartella, insieme ad una penna BIC blu.
Viziata infatti dalla vicinanza con la zia Hermione e nonno Arthur, Lily era sempre stata incuriosita dagli strani oggetti babbani e in particolare le penne l’avevano sempre attratta.
«Zia, scrivono senza inchiostro! Allora sono magiche anche loro!» aveva squittito meravigliata a sei anni, mentre la zia si era messa a ridere insieme ad Harry, Ginny, Ron e Arthur.
Da quel momento la Grifondoro aveva preso l’abitudine di portarsene sempre qualcuna dietro, e anche se non poteva usarle per scrivere i lunghissimi temi di Erbologia – maledetto professor Paciock, era perfino così maledettamente tenero dall’impedirle di odiarlo davvero -, Lily ne riservava l’uso per annotare le sue riflessioni e le notizie sul suo piccolo block-notes.
Era giusto arrivata a descrivere la partenza di quel giorno, il solito bisticcio con Albus che a volte sapeva essere più geloso di Harry e James messi assieme – “Sono sicuro che Jordan Northon ti vada dietro. Tu stagli lontano, sono stato chiaro?” – e il piccolo scontro tra Rose e Hugo, quando quest’ultimo aprì la porta dello scompartimento, il viso che esprimeva la stessa gioia di qualcuno che ha appena visto Voldemort in persona.
Per tutta risposta, la Potter gli sorrise sorniona ed esclamò: «Ho vinto io lumaca! Mi devi quindici galeoni, o un pacchetto di Api Frizzole, scegli tu.»
Hugo si lasciò cadere melodrammatico sul sedile di fronte a Lily, sospirando maligno «Saprei io dove ficcare le Api Frizzole a Rose, porco Salazar.»
Lily era abituata al turpiloquio del cugino, tratto chiaramente ereditato dalla vena più ribelle di Ron Weasley, e continuò a sorridergli, lanciandogli addosso il cuscino con lo stemma dei Grifondoro che si era portata da casa per il viaggio.
«Dai, non te la prendere. Pensa che io ne ho due così a casa. Due, Hugo.»
L’altro ci pensò su e sembrò convincersi dell’effettiva sfortuna di Lily, perdendo il muso lungo e rilassando l’espressione del volto.
«Allora, che stai scrivendo? Qualche nuova idea per la Gazz-» iniziò Weasley, venendo però bruscamente interrotto da Lily, che gli tappò fisicamente la bocca con le mani.
«Shh! Sei impazzito? Ti ho detto che è un segreto! S-e-g-r-e-t-o Hugo. Non so se lo farò davvero, e comunque non voglio che la gente inizi a farsi strane idee.» sussurrò Lily, guardandosi attorno con aria guardinga.
Una volta che la cugina gli ebbe liberato la bocca, il Grifondoro alzò le spalle e sospirò: «Merlino, voi donne vi fate troppe paranoie. Te l’ho detto, secondo me è un’idea geniale. Perché non dovresti realizzarla scusa? Io non so scrivere bene quanto te, ma credo che sicuramente Lucy e Sophie ti darebbero una mano. E altra gente non vedrebbe l’ora di prenderne parte, ci scommetto.»
Lily accennò un sorriso poco convinto, riprendendo in mano il block-notes e mordicchiando la penna.
«Non lo so, Hugo. Anche fosse, ad Hogwarts non succede mai niente di-» ma la Grifondoro sobbalzò senza finire la frase, ascoltando insieme ad un altrettanto confuso Hugo la confusione che proveniva dal corridoio.
Qualcuno stava urlando epiteti poco carini, e lo stomaco di Lily fece un salto quando riconobbe la voce di suo fratello Albus.
Quando però, pochi secondi dopo, uscì dallo scompartimento dopo aver riconosciuto anche la seconda voce, il suo stomaco si esibì in un salto carpiato all’indietro.
Maledizione, non di nuovo.” pensò tra sé e sé, abbandonando però ogni più recondita speranza nel momento stesso in cui lo vide.
Dopotutto, quei capelli biondi potevano appartenere solo a lui.
 
«Beh Lils, volevi una notizia? Eccola qua, scoop sensazionale. Duplice omicidio sull’Hogwarts Express, le vittime sono Albus Severus Potter e…»
«…Scorpius Malfoy.» completò Lily, sollevando gli occhi al cielo.
 
 
***
 
 
Ethan Flint sorrise malizioso all’indirizzo di una Corvonero lì accanto, soffermando lo sguardo lascivo sulle lunghe gambe che sbucavano dalla gonna, stranamente corta al confronto.
La ragazza proruppe in risolini con la compagna di Casa con cui stava parlando, mentre qualcosa ruggì nel petto di Ethan.
Lui avrebbe detto l’autostima, Scorpius invece gli avrebbe suggerito la poca dignità che ancora gli era rimasta.
«Ethan, per favore. Avrà appena quattordici anni.» sibilò distrattamente Selene al suo fianco, continuando a sfogliare una rivista, come a precisare che qualsiasi cosa avvenisse ad Ethan non fosse abbastanza importante dal distogliere la sua attenzione da, beh, qualsiasi cosa.
Ethan ghignò in risposta, esclamando: «Sele, se sono nato con il pesante fardello di essere irresistibile, non è colpa mia. Ognuno ha i suoi problemi, immagino. Beh, dico immagino perché a parte un carattere meraviglioso, un corpo da adone greco, e un fascino irresistibile, non riconosco di avere altri difetti.» sospirò teatralmente alla fine, guadagnandosi uno sguardo truce da parte di Selene.
«Aggiunti un ridotto senso della realtà alla tua lista, Ethan.» sospirò la Serpeverde, ignorando volutamente la risata divertita del migliore amico.
«A proposito di ridotto, dove sarà il piccolo Malfoy secondo te?» continuò Ethan, alludendo al fatto che Scorpius fosse più piccolo di età di entrambi.
Che lo fosse di appena due mesi, questo per Ethan non aveva assolutamente importanza.
Selene alzò le spalle, girando la testa per osservare se l’ultimo componente del trio si fosse nascosto da qualche parte lì vicino.
Notò soltanto gli sguardi interessati che seguivano i passi di lei ed Ethan, ma ormai ci era abituata: lei con i suoi capelli scuri come l’ebano e gli occhi ancora più profondi della notte e il fisico ben proporzionato; Ethan con i capelli castani sempre in disordine, tanto da suggerire un’impossibile lontana parentela coi Potter, e gli occhi azzurro cielo. Il sorriso sempre divertito, il corpo asciutto che lasciava intravedere le sue forme invidiabili anche sotto la camicia bianca.
Erano sempre stati considerati i due più bei ragazzi di Hogwarts, e spesso e volentieri erano trapelate delle dicerie su una loro possibile relazione, ogni volta smentite dalle ultime conquiste amorose di Ethan.
Che quelle dicerie facessero soffrire in un modo sconosciuto al resto del mondo Selene, quello non la gente non lo sapeva.
O meglio, la gente eccezion fatta per Scorpius.
Selene si voltò guardando confusa Ethan, cercando di mantenere il suo cuore a bada.
“Smettila idiota, è solo un amico” si ripeté mentalmente, cercando di crederci davvero.
 «L’avevi visto al binario?» gli chiese, suggerendo che forse era già in uno scompartimento dopo la negazione di Ethan.
«Sarà meglio per lui che abbia comprato del cibo, sto morendo di fame. E non posso permettermi di morire, lascerei troppi cuori infranti dietro di me, con la mia prematura dipartita.» annunciò tristemente Ethan, reprimendo il sorriso che lo sbuffo infastidito di Selene gli causò.
«Hey, a proposito di prematura dipartita, guarda un po’ chi c’è.» aggiunse poco dopo, facendo sollevare lo sguardo a Selene, che lo puntò verso un ragazzo poco più avanti di loro.
Albus Severus Potter era cresciuto di statura durante le vacanze, e anche l’accenno impertinente di barbetta scura sul suo mento suggeriva l’avvicinarsi all’età adulta vera e propria.
I capelli scuri perennemente in disordine che facevano impazzire più di una ragazza della scuola, gli occhi verdi ereditati dal padre ora fissati in quelli del suo migliore amico, Erik Lee, altro Grifondoro figlio di quella generazione che si era battuta contro Voldemort.
«Ethan, andiamocene in silenzio. Non fare cazzate.» lo ammonì severamente Selene, invano.
I vispi occhi azzurri del migliore amico si erano già ingranditi, così come il suo ghigno divertito, al pensiero della zuffa a cui avrebbe dato inizio di lì a poco.
Per puro divertimento, come al solito.
Il carattere così provocatorio di Ethan in effetti aveva trovato la sua nemesi perfetta in quello suscettibile dei due fratelli Potter, e ora che James aveva finito la Scuola, gli sforzi e le attenzioni del Serpeverde si sarebbero potute concentrare solo su Albus Potter.
“Salazar, facci arrivare vivi almeno fino ad Hogwarts, ti prego” supplicò mentalmente Selene, guardando il suo migliore amico avvicinarsi pericolosamente al Grifondoro.
«Hey! Potter!» lo chiamò infatti Ethan, godendosi immensamente la smorfia infastidita dell’altro.
Albus e Erik fecero per andarsene, ma le parole arroganti di Ethan li fecero voltare di scatto.
«Dai Potteruccio! Scappi da me? Guarda che così mi offendo, sono sensibile! E io che pensavo che avresti aspettato di essere sul campo da Quidditch per scappare, come fai ogni volta.»
“Maledetti Grifondoro, è così dannatamente facile farli incavolare” pensò Selene, cercando ora con più attenzione Scorpius.
Non si sarebbe di nuovo lanciata in mezzo ad una zuffa per impedire a quei due stupidi di farsi rifare i connotati, no di certo.
«Io? Scappare? Ah! Mi sa che ti sei confuso con le ragazze che porti nel Dormitorio, dopo aver visto il desolante panorama che puoi offrire loro.» rispose schietto Albus.
Ouch, colpo basso” pensò Selene, prendendo di forza un terrorizzato primino di Serpeverde che passava di lì, minacciandolo di evirazione se non avesse trovato e portato da lei Scorpius Malfoy entro dieci minuti.
Cinque, si corresse, vedendo come si era allargato il ghigno divertito di Ethan.
«Senti senti! E da quando sei così interessato al mio panorama, Potter? Vuoi fare un giro anche tu eh? Non ti biasimo, immaginavo che prima o poi ti saresti accorto della mia innata superiorità. E come dicono i tuoi amati babbani? Se non puoi batterli, unisciti a loro!» lo sbeffeggiò Ethan, godendo immensamente mentre le orecchie di Albus Potter diventavano rosse come i capelli della sorella minore.
Selene toccò la bacchetta in un gesto inconscio, meditando però se valesse la pena di silenziare Ethan, ma concludendo che non sarebbe stato molto produttivo: Ethan Flint era l’unico essere umano sulla terra a saper dare fastidio anche solo esistendo, con quel suo sorriso sornione che ora gli incorniciava il viso.
Alcuni alunni erano usciti dai propri scompartimenti, attirati dalle esclamazioni dei due ragazzi, e si stavano accalcando ammutoliti ad osservare la scena.
“Maledetti avvoltoi, dove diavolo è finito Scorpius?” pensò irritata Selene, notando con preoccupazione crescente che il Grifondoro stava avvicinando pericolosamente la mano alla bacchetta nella sua tasca.
«Figurati! Piuttosto di avvicinarmi anche solo di un passo da te, preferirei buttarmi dentro il Lago Nero e chiedere alla Piovra Gigante un valzer, Flint!» sussurrò minaccioso Albus Potter, digrignando i denti mentre il ghigno del Serpeverde si allargava prepotentemente.
«Visto? Allora hai davvero paura di me, Potter. In effetti, l’unica che avrebbe il coraggio di toccarti, sarebbe la Piovra. Sempre che perfino lei non si faccia ingannare dal tuo cognome, e capisca quanto profondamente codardo tu sia in realtà, proprio come il amato frat- » ma Ethan non riuscì a continuare, perché dovette spostarsi onde evitare la fattura che Albus gli aveva scagliato contro.
Ethan rise, afferrando la sua bacchetta e guardandolo vittorioso: aveva ottenuto esattamente quello che voleva, come sempre, del resto.
«Ora sì che tiri fuori le pluffe Potter! Dai, farmi divertire!» lo provocò Flint, muovendosi veloce lungo il corridoio per eludere gli attacchi di Albus, e al contempo lanciare qualche fattura a sua volta.
Una di queste colpì in pieno viso un ragazzino del terzo anno di Grifondoro, che si era sfortunatamente affacciato dal suo scompartimento proprio in quel momento.
Selene osservò allibita una proboscide viola a pois verde acido crescergli al posto del naso, mentre cercava di spostarsi in un luogo più sicuro.
Albus ed Ethan erano avversari alla pari, e questo lo sapevano entrambi, ma ciò non diminuiva minimamente l’energia con cui cercavano di sbaragliare l’altro, tra incantesimi a sorpresa e acrobazie degne di un circense.
«Ora sei tu quello che scappa, eh Flint?» gli urlò sagacemente Albus, mentre lo seguiva lungo il corridoio, fino ad arrivare al vagone successivo.
Nessuno dei due si preoccupò dei poveri sciagurati che chiacchieravano tranquillamente, e qualcuno ruzzolò dentro scompartimenti non suoi pur di evitare l’uragano Flint-Potter.
Ethan rise di gusto, saltando in corsa un paio di bauli e rischiando di rovesciare la gabbia di un gufo alquanto irritato da tutto quel chiasso.
«Io direi più che altro che sei tu quello che mi insegue, ma non ti preoccupare, a differenza tua sono abituato agli ammiratori insistenti!» rispose sagacemente il Serpeverde, aprendo un’altra porta e scontrandosi contro un ragazzo della sua stessa altezza, con la divisa uguale alla sua ma con un’espressione tutt’altro che divertita in volto.
Scorpius Malfoy fece scorrere lo sguardo da Ethan ad Albus, e di nuovo da Albus ad Ethan, prima di sbuffare inviperito e rubare la bacchetta alle mani dal suo alquanto oltreggiato migliore amico.
«Cosa diavolo stai facendo? Stavo vincendo, Scorp!» si lamentò Ethan, passandosi le mani nei capelli arruffati – e scatenando l’esplosione di almeno una decina di giovani ovaie nel corridoio a quel gesto, sentendo i sospiri estatici – e guardando il Grifondoro, ora a qualche metro da lui, come ad intimarlo di non muovere un muscolo.
Purtroppo però, ad Albus Potter non sembrava vero di avere sottomano un indifeso Flint, e quindi alzò minacciosamente la bacchetta, pronto a trasfigurargli quella testa vuota in una teiera.
Almeno avrebbe un’utilità” pensò tra sé e sé.
Scorpius alzò un sopracciglio, visibilmente infastidito dal trambusto che Ethan era riuscito a creare dopo solo mezz’ora dalla partenza.
Scoccò uno sguardo rassicurante a Selene, che era appena apparsa all’entrata del vagone, alle spalle di Albus, e questa lo fissò di rimando, come a pregarlo di far finire quella scenata.
Bastò un’occhiata gelida a tutti i ragazzini che si erano affacciati dagli scompartimenti da parte di Malfoy, affinché questi tornassero dentro senza fare il minimo rumore.
Poi, cercando dentro di sé una pazienza che di solito gli era sconosciuta, rivolse l’attenzione ad Albus.
«Ascolta, so che probabilmente avrai tutte le ragioni del mondo magico, babbano e di altri cento mondi per voler frantumare i boccini a questo stupido…»
«Hey!» protestò Ethan.
«…idiota, megalomane, malato,…»
«Guarda che l’unica malattia di cui soffro è la perfezione
«…egocentrico, pallone gonfiato che ho accanto a me. Ti prego però di perdonarlo, dev’essere caduto da piccolo da qualche torre, non è colpa sua se ha il cervello della grandezza di un chicco d’uva.» concluse Scorpius, lanciando uno sguardo di ammonimento al migliore amico, che aveva appena iniziato a dire qualcosa come “Credimi, ogni parte di me è ben più grande di un chicco d’uva, anzi, alcune parti sono fin troppo gros- ”.
Albus osservò divertito i due Serpeverde battibeccare tra di loro, e abbassò la bacchetta.
«Per questa volta, credo di poter soprassedere. Che fortuna eh Flint? Salvato dalla mammina. Una mammina piuttosto brutta, devo ammetterlo, ma d’altra parte, la mela non cade lontano dall’albero, no?» lo schernì il Grifondoro, causando alcune risate trattenute a stento all’interno degli scompartimenti.
Ethan stava giusto per ribattere, ma Scorpius fu più veloce.
«Dalla mammina? Per favore, mi sembra di ricordare che sia stato tu quello tenuto in infermeria per una settimana, l’anno scorso, dopo una accidentale caduta dall’Ippogrifo. Certo, fortuna che la tua mammina ti è rimasta accanto per tutto il giorno, tutti i giorni. Ti ha dovuto cambiare anche il pannolino, Potter?» ghignò Scorpius, ignorando Selene che si stava battendo la fronte con la mano, chiedendosi cosa avesse fatto di male per meritare due migliori amici così idioti, e aggiungendosi alla risata sguaiata di Ethan, accanto a lui.
Albus era completamente sbiancato, e dopo pochi secondi rialzò la bacchetta, lo sguardo di fuoco.
«Maledetta serpe platinata, giuro che ora…» cominciò Albus, prima di essere di nuovo interrotto da Malfoy.
«Ora cosa, Potter? Mi lanci addosso il bavaglino? Sto tremando di paura.» ghignò Scorpius, ridando la bacchetta ad Ethan e sfoderando la sua.
Entrambi i ragazzi stavano giusto per ricominciare il duello, quando vennero interrotti da una voce che dire infuriata sarebbe dire poco.
«ALBUS SEVERUS POTTER!»
Albus si voltò di scatto, quasi convinto di trovarsi dietro o la madre o, prospettiva ancora peggiore, nonna Molly; trovandosi invece a fronteggiare due enormi occhi nocciola pieni di rabbia.
«Lily! Porco Salazar, che diavolo stai…» iniziò Albus, guardando infastidito Ethan che era scoppiato a ridere e non notando come invece Scorpius era rimasto muto, a fissare inerme la sorellina.
«Non provare a torcere un capello a nessuno, sono stata chiara? Non intendo dover rispondere ancora alle domande insistenti della mamma nella prossima lettera sul perché io non ti abbia impedito di rovinarti l’anno dei M.A.G.O. dal primo giorno; né tantomeno affrontare il malumore di papà quando verrà a trovarci, o sorbirmi gli sguardi adirati della McGranitt non appena arriveremo.» lo redarguì la piccola Potter, sovrastando con la sua carica i dieci centimetri di altezza che la separavano dal fratello maggiore.
Albus raggiunse un colorito verdognolo quando capì che tutto il vagone stava ridendo di lui, e provò a protestare, ma Ethan si mise in mezzo urlandogli: «Se fossi in te, farei come dice la tua di mammina, Potter.»
“Certo però, non si può dire che sia una mammina brutta” sussurrò Scorpius, troppo concentrato a vedere come Lily arricciava il naso per la rabbia, o come le lentiggini sulle guance tremolavano appena, mentre la ragazza fissava il fratello maggiore.
Lily si umettò le labbra, con l’intenzione di parlare ancora, e Scorpius stava per voltarsi e andare via, via da lei che era troppo per lui.
Lei che era fuoco vivo, e lui che aveva paura di bruciarsi.
Quando però la ragazza fece scorrere lo sguardo verso di lui, concatenando i suoi occhi nocciola a quelli grigi dell’altro, e iniziò a parlare con lui, Scorpius si sentì ancorato a terra.
«Certo, dovevo immaginare con che razza di gente tu stessi battibeccando. Voialtri Serpeverde non siete sempre algidi e altezzosi? E allora perché, perché Morgana, non fate altro che abbassarvi al livello infantile di mio fratello? Anzi, dei miei fratelli, dovrei dire.»
Ethan stava per risponderle qualcosa, ma Scorpius si frappose tra i due, sentendosi attratto come da una calamita da quello sguardo saccente di fronte a lui, così stonato sul volto pallido a forma di cuore.
«La domanda giusta sarebbe come mai ti sta così tanto a cuore dove ci abbassiamo noi Serpi, Potter. Non sapevo fossi interessata.» rispose Malfoy, sorridendo sornione.
Lily aprì la bocca in una ‘O’ perfetta, le guance d’un tratto rosse come fragole mature.
«Io…io non mi interesso affatto a voi, Malfoy. L’unica cosa che voglio è mantenere il quieto vivere, e risparmiare ai miei genitori un’altra missiva da Hogwarts, oltre che lo stress di dover scrivere una Strillettera il secondo giorno di scuola.» sputò lei di rimando, avvicinandosi di un passo al biondo.
«Peccato, sarebbe stato interessante sentire un Potter urlare, qualche volta. Con l’atteggiamento che hai, dubito che sia un’esperienza che potremo aspettarci da te, o dal cocco di mamma qui presente.» ghignò Ethan, facendo tremare di rabbia sia Lily che Albus, e non accorgendosi del sorriso malizioso apparso sul viso del biondo Serpeverde.
Sentirla urlare sarebbe stato un affascinante passatempo.
«Voi due…voi due razza di abietti, maleducati, rozzi, schifosi…» cominciò ad additarli Lily, facendoli indietreggiare più che se avessero visto Voldemort in persona.
Selene considerò per un secondo di intervenire, ma decise di gustarsi lo spettacolo in silenzio, le labbra piegate in un sorriso sornione, così come quelle di Albus.
Il Grifondoro aveva dimenticato in fretta l’orgoglio ferito, ed era concentrato ad assaporare la rabbia di Lily che ora si stava per riversare sui suoi due nemici.
«…meravigliosi, carismatici, irriverentemente belli, lo so come continua la lista, rossa. Non serve che continui.» esclamò Ethan, ormai insieme a Scorpius con le spalle appoggiate alla porta del vagone precedente.
«Oh, credimi Flint, quando inizio non finisco almeno fino a che…» lo minacciò Lily, prima di sentirsi tirare indietro da una mano appoggiata sulla sua spalla.
«Fino a che non arrivo io.» concluse Rose Weasley, scoccando uno sguardo serio alla cugina, o meglio ai cugini, e ai due Serpeverde.
Ethan sorrise malizioso, mentre Scorpius meditò di ucciderlo se avesse continuato a fare l’idiota anche con la Caposcuola.
«Rosie, mio dolce fiore purpureo. E’ sempre un piacere vederti, anche se devo confessarmi deluso dal fatto che tu non mi abbia cercato, quest’estate. E io che credevo che il nostro amore fosse ormai pronto per sbocciare.»
Appunto.
Rose creò un nuovo record, facendo andare via tutti nei propri scompartimenti, in perfetto silenzio, in meno di cinque minuti.
Hermione sarebbe stata fiera della sua bambina, pensò Selene mentre aspettava i due idioti suoi compari per raggiungere finalmente il loro scompartimento.
Notò però che Scorpius camminava inebetito, non ascoltando i soliti discorsi teatrali sul sedicente cuore spezzato di Ethan, e cercando di guardare ovunque fuorché verso lo scompartimento alla sua destra.
Lo scompartimento dentro al quale era appena sparita una chioma rosso rubino.
Morgana, non poteva essere.
Selene lo studiò ancora qualche secondo, quando i suoi occhi saettarono per pochi istanti all’interno dello scompartimento di Lily Potter, per poi ritornare a puntarsi su di lei, mentre un sorriso malizioso piegava le labbra di Scorpius all’insù.
Oh sì. Poteva essere eccome.
Ed era con questi presupposti che sarebbe iniziato il loro ultimo anno ad Hogwarts.
 
 
***
 
 
Ron Weasley ripensò sognante alle ore appena trascorse, concordando con se stesso che sì, il primo settembre era da cinque anni a quella parte il suo giorno preferito.
Sentì le guance andare in fiamme, mentre un sorriso sornione gli incorniciava il viso paffuto, ripensando a come effettivamente il rosso donasse ad Hermione.
«Buongiorno Smith! McRebury, come va? Risolto quel piccolo problema di Troll? Hey Jenkins, dopo ci beviamo una Burrobirra insieme, non scappare!» iniziò ad urlare in giro, salutando animatamente i colleghi che trovava in giro, non appena sceso dall’ascensore.
Si diresse a passo veloce verso l’ufficio del Capo Auror, nonché suo cognato e migliore amico, cercando di non far vedere troppo quanto si sentisse pienamente soddisfatto.
Fallendo miseramente, peraltro.
Aveva in effetti scoperto, o almeno nella sua distorta visione post-inizio scuola, che quasi tutti i padri di alunni di Hogwarts sembravano su di giri, poche ore dopo aver accompagnato i figli all’Espresso del binario 9 e ¾.
Entrò nell’ufficio di Harry senza bussare, come del resto faceva da anni, e si lasciò cadere sulla poltrona di fronte a quella del migliore amico.
Harry gli sorrise di rimando, la stessa espressione trasognata che aveva Ron stampata sul viso.
«Allora, che colore quest’anno?» gli chiese divertito Potter.
Ron allargò il sorriso, pensando a quanto stupidi dovevano essere per continuare con quel giochetto dopo tutti quegli anni.
«Rosso. Tu?» domandò poi Weasley, avendo imparato ad ignorare la sensazione strana che gli dava parlare di Ginny come moglie di Harry, e non come la sua sorellina.
Harry annuì felice, rispondendo un esultante «Blu notte».
Dopo quella piccola parentesi che li aveva riportati ai tempi di Hogwarts, Ron ed Harry ripiombarono alla realtà quando qualcuno bussò alla porta.
Harry invitò la persona ad entrare, e firmò la carta che gli veniva porta a testimonianza di aver ricevuto la pergamena viola, ora tra le mani di Ron.
Una scritta rossa enorme recitava “TOP SECRET”, e Ron concluse di non riuscire ad aprirla: probabilmente era stata incantata affinché solo Harry la leggesse.
Ron però sentì tutto il calore che i suoi sogni ad occhi aperti aveva diffuso nel corpo sparire piano, mentre vedeva il migliore amico leggere concitato la missiva, e sbiancare ad ogni riga.
Quando finì, Harry Potter rimase senza parole, troppo impegnato a rivangare nella memoria.
D’un tratto si ritrovò al suo quarto anno, in preda ad emozioni contrastanti mentre la folla di Hogwarts lo guardava in cagnesco, dirigendosi verso un ammutolito Silente.
Le spille “Potter fai schifo” gli balzarono di nuovo in mente, così come gli insulti e la paura di non superare vivo le ardue prove verso le quali lo aveva spinto una persona sconosciuta.
Rispose alla muta domanda di chiarimento di Ron con la gola secca e un orribile presentimento.
 
«Credo che questo sarà un anno indimenticabile per i nostri figli, Ron. Anzi, considerate le mie esperienze, ne sono assolutamente sicuro

 

*


Angolo Autrice: 

Ed ecco il primo, vero capitolo di Paper Walls! In questo primo episodio ho voluto dare una panoramica generale ai protagonisti della storia, e suggerire ancora di più la novità che attenderà i ragazzi una volta arrivati ad Hogwarts. Amo scrivere di Harry e co. da adulti, dopotutto esistono ancora e quindi lascerò loro qualche spiraglio (breve, tranquilli) all'interno della storia. Penso che già dal prossimo capitolo apparirà James e forse o Dominique o Victoire, vedrò. Intanto, voglio ringraziare di cuore mikymusic per la recensione allo scorso capitolo, e un sentito grazie anche alle 12 persone che hanno voluto darmi fiducia, mettendo la fan fiction tra le seguite dopo solo il prologo! Spero di non avervi deluso, aspetto con ansia i vostri commenti - amate anche voi Ethan? Dai, è adorabile! - e vi rimando al prossimo capitolo, che mi obbligherò a scrivere mantenendo un ritmo di minimo un capitolo a settimana, minimo. 
Buona giornata a tutti!

SilverKiria


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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***





CAPITOLO 2

 


Ginny Weasley in Potter si era sempre considerata una persona estremamente perspicace, oltre che un’acuta osservatrice. Non sapeva se quelle caratteristiche dipendessero dagli anni vissuti accanto a degli innati, ed adorabili, bugiardi come lo erano stati i gemelli Weasley; ad una vita passata a cercare di mantenere anche solo un briciolo di relazioni private, crescendo insieme ad una caotica banda di sei maschi, o a delle doti semplicemente innate.
Fatto sta che spesso e volentieri le suddette capacità le avevano permesso di impedire ai due figli maschi di distruggere qualsiasi cosa avessero attorno, Hogwarts in primis, e le erano valse molte soddisfazioni nel comprendere gli atteggiamenti a volte schivi di Lily.
Eppure, Ginny non aveva mai sentito la necessità di sfruttare questo suo “sesto senso”, come l’aveva soprannominato Hermione, nei confronti di Harry: il marito le aveva sempre parlato chiaramente di tutto, anche fosse stata una missione segreta su cui lei non doveva fare domande. Si fidava di Harry, come credeva fosse normale quando si amava tanto una persona.
Ma il comportamento elusivo del marito delle ultime ore la lasciava perplessa e, doveva ammetterlo, anche un po’ preoccupata. Poco dopo essere andato a lavoro, e Ginny poteva assicurare fosse uscito molto, molto felice da casa; Harry era rientrato alla dimora Potter, cercando di nascondere la sua agitazione e il nervosismo e chiedendo se avesse sentito o avuto notizie dai ragazzi.
Ginny aveva negato, ricordandogli che probabilmente sarebbero arrivati ad Hogwarts solo all’ora di cena, ed Harry aveva imprecato sottovoce, rinchiudendosi nel suo studio.
E così era rimasto, senza voler rispondere a nessuna delle domande della moglie, fino a quando non era stato raggiunto da un altrettanto agitato Ron Weasley.
Ginny si sedette meditabonda sulla sedia della cucina, guardando negli occhi la migliore amica e cognata Hermione Granger, e sospirò piano.
«Ron ti ha detto qualcosa? Nemmeno un piccolo accenno? Di solito non riesce ad essere troppo criptico in queste cose…» domandò all’amica, ripresentando la stessa speranza che aveva già espresso un paio di volte in quella mezz’ora.
Hermione negò col capo, sorseggiando la tazza di the che aveva davanti da quando era arrivata.
«No, niente. E non è da lui, non riesce nemmeno a guardarmi negli occhi. Figurati, ovviamente sa che capirei tutto, lo conosco troppo bene.» sbuffò Hermione, lanciando uno sguardo al corridoio che dava sulla rampa di scale per il primo piano.
La villetta a Godric’s Hollow che Harry aveva acquistato subito dopo il matrimonio era una casa a due piani, con quattro camere da letto – James si era d’altra parte  sempre rifiutato cateogricamente di accettare un universo dove fosse costretto a condividere la camera con Albus – e due bagni. Un giardino abbastanza grande per dare cene in famiglia, e una terrazza che affacciava sulla strada tranquilla del loro isolato, il cui unico accesso era la camera di Ginny ed Harry. Un angolo privato di tranquillità, solo per loro due.
Harry al tempo aveva perfino pensato di ricostruire la casa dei genitori, ma la magia oscura che impregnava il posto era e sarebbe rimasta un ostacolo insormontabile per dare inizio ai lavori.
Ginny stava giusto per proporre ad Hermione di fare un altro tentativo, il nono probabilmente, nel far parlare Ron, quando entrambe sussultarono sentendo dei passi provenire dal corridoio.
Le due donne si alzarono di scatto, deluse però ben presto dall’entrata di James nella cucina.
Il maggiore dei figli Potter si era trasferito da meno di un mese in un appartamento a Londra, vicino all’Accademia Auror, dove conviveva con il suo migliore amico Jason Wright.
Hermione lo salutò mestamente, mentre Ginny non gli rivolse nemmeno la parola, troppo assorta nel cercare di individuare qualche rumore, qualsiasi rumore, proveniente dallo studio.
«Wow, accoglienza calorosa vedo. Non ti sforzare mamma, o sembrerebbe che tu mi voglia almeno un po’ di bene.» la provocò James, un sorriso malandrino praticamente identico a quello dei gemelli Weasley stampato sul volto.
Ginny pensò tra sé e sé che la genetica era una cosa davvero crudele, soprattutto con una famiglia disastrata come quella sua e di Harry.
James aveva ereditato tutto il talento per i guai di George e Fred, unito al carisma, il nome e, nemmeno farlo apposta, perfino l’aspetto affascinante, di James Potter Senior.
D’un tratto però pensò che forse il figlio potesse sapere qualcosa più di lei, connesso com’era ad ogni disastro che accadeva in Gran Bretagna – o almeno, a Ginny sembrava fosse così.
«Jamie, papà ti ha detto niente di strano oggi? Sai qualcosa a proposito di, non so, incidenti gravi, feriti, o problemi di ogni tipo? Magari si è mormorato qualcosa all’Accademia Auror? » domandò la donna, condividendo con Hermione lo sguardo speranzoso che ora attanagliava James come una morsa.
James era convinto ormai da diciotto lunghi anni che: a) le donne fossero strane e b) le donne della sua famiglia fossero ancora più strane delle altre.
In effetti, osservando confuso l’agitazione nei tratti della madre e della zia, pensò fosse una buona idea regalare ad ogni sua parente di sesso femminile un buono sconto dallo psicologo per Natale.
«No, mamma. Non sento papà da tre giorni. Perché? Mi sembrava di aver visto il suo mantello in entrata, non è in casa? E’ successo qualcosa?» le rispose James, addentando famelico un panino con salame, formaggio, e verdure sottaceto che si era appena fatto da solo, dopo dei movimenti sinuosi della sua bacchetta.
Ginny scosse la testa, delusa.
«No, Jamie. Non è successo assolutamente niente.»
James conosceva la strana inarcatura che la madre aveva dato a quel “niente”: l’aveva inventata lui, e corrispondeva più o meno a “è successo un casino, ma non voglio parlarne”.
Hermione alzò allora lo sguardo, il viso illuminato da un’idea.
James sorrise dolcemente, notando come la stessa, identica espressione si dipingeva anche sul volto della cugina Rose, quando aveva un’illuminazione a scuola.
«Ginny! Potrebbe andare James di sopra! Cioè voglio dire…» si corresse Hermione, sorridendo incoraggiante al nipote «…potresti andare a fare un salto di sopra? Sai no, salutare Harry, hai detto tu stesso che non lo vedi da tre giorni. E Ron era così curioso di sapere come ti stesse andando l’addestramento!» concluse esaltata, felice quasi quanto Ginny che guardava James quasi avesse visto scendere dal cielo Silente in persona.
«Credo di sì…ma perc-» iniziò James, prima di vedersi il panino strappato dalle mani e sentirsi spinto amorevolmente da sua madre verso la rampa di scale.
«Ah, noi non ti abbiamo detto niente. Cioè, non ti abbiamo sul serio detto niente, ma tu non…ok, vai e basta.» gli disse confusamente Ginny, poco prima che sparisse alla vista mentre James saliva le scale.
Forse un buono sconto dallo psicologo non sarebbe bastato.
James si avvicinò alla porta dello studio del padre, che si trovava in fondo al corridoio, e sentì le voci appena udibili di Harry Potter e dello zio zittirsi di colpo, una volta che ebbe bussato.
Non ricevendo risposta, aprì la porta.
Harry Potter era seduto dietro alla scrivania di vetro, sulla poltrona nera che James aveva sempre considerato la più comoda della casa.
Di fronte a lui, su un’altra poltrona rossa sedeva lo zio Ron, ed entrambi lo fissavano in un silenzio così tombale che James si guardò alle spalle, convinto di trovare Severus Piton ritornato dall’aldilà.
Una volta assicuratosi dell’assenza di un qualche fenomeno paranormale dietro di lui, James fece qualche passo verso i due uomini, sorridendo in maniera imbarazzata.
«Ehm…ciao. Passavo di qui, e mamma mi ha detto che eri a casa, così ho pensato di, non so, salutare. Poi volevo raccontare a zio Ron le avventure che vivo all’Accademia, avevi detto che volevi saperle e…»
Harry interruppe sconsolato il monologo del figlio, visibilmente in difficoltà, andando ad abbracciarlo e sorridendo appena.
«Sono felice di vedere che stai bene. Non combinare guai o, credimi, lo saprò.» lo redarguì dolcemente il padre, arruffandogli i già spettinati capelli mori.
James sorrise sornione, sussurrando un “Se sarò abbastanza bravo, non lo saprai mai”.
Ron disse al nipote che in quel momento erano molto occupati, ma che avrebbe senz’altro voluto sapere ogni dettaglio alla cena per il compleanno di Arthur Weasley, che si sarebbe tenuta la settimana dopo.
Dopo qualche domanda di rito (“tutto bene?”, “hai bisogno di soldi?” e “Soldi per mangiare, intendo”), il padre lo abbracciò ancora e lo congedò, invitandolo a scrivergli più spesso.
James Potter tornò giù, pronto a deludere i volti pieni di aspettative di madre e zia, gustandosi già il sapore di quel delizioso panino che giaceva abbandonato sul tavolo della cucina.
Come previsto, Ginny ed Hermione sospirarono di preoccupazione quando James confermò loro l’assoluta assenza di novità da parte di Harry e Ron.
James finì in pochi secondi il panino, eguagliando la fama di Ron Weasley, e si prese lo zaino che aveva lasciato in entrata, tornando in cucina per salutare le donne.
Dopo che entrambe lo ebbero abbracciato, Hermione sospirò che si sarebbe avviata verso casa anche lei, chiedendo a Ginny di riferirlo ad Harry e Ron, e aggiunse che si sarebbero viste al compleanno di nonno Weasley.
«Ovviamente sempre che ad Harry e Ron non venga un esaurimento nervoso improvviso. Dominique comunque non ci sarà, anche se è tornata da Parigi con Fleur ha detto che deve lavorare e passerà in mattinata alla Tana quel giorno, per fare gli auguri ad Arthur» aggiunse poi Hermione rivolta a Ginny, incamminandosi verso l’uscita.
Nessuna delle due notò come le pupille di James si ingrandirono dopo quell’affermazione, o come il tono di voce del ragazzo divenne d’un tratto serio.
«Dom…Dominique è tornata?» domandò dopo un secondo alla zia, raggiungendo le donne in giardino.
Hermione annuì e Ginny aprì la porta del cancello, per permettere ai due di uscire dalla proprietà e potersi smaterializzare tranquillamente.
James sentì la fastidiosa sensazione all’ombelico che accompagnava ogni smaterializzazione, ma seppe con certezza assoluta, che quella volta la colpa non fosse della magia.
 
 
***
 
 
Lily arricciò il naso infastidita, sospirando rumorosamente.
«Per l’ultima santissima volta Hugo, a me non piace Scorpius Malfoy!» esclamò nervosa, guardando il cugino scuotere la testa, al suo fianco.
«O tu piaci a lui, o lui piace a te. O comunque vi attraete…» continuò piccato, bloccando sul nascere l’ennessima protesta della rossa  «…io, io non so cosa abbiate voi due. Sta di fatto che, a discapito di quello che continui a sostenere, non vi siete affatto indifferenti.»
Lily si fermò, lasciando andare un urletto catartico del tutto ignorato dal cugino.
Stavano affrontando la salita verso Hogwarts, i vestiti umidi dopo il viaggio sulle barche, e qualsiasi persona, cosa, o creatura magica le sarebbe dovuta stare ad almeno cento metri, a meno che non avesse le sembianze di un bagno caldo, o una cena succulenta.
«Sophie, ti prego, dammi almeno un motivo per cui non dovrei consentire a Rose di rimanere figlia unica.» sibilò Lily, rivolgendosi alla migliore amica.
Sophie era una ragazza dai lunghi capelli castani che si dispiegavano in volute e ricci perfetti, ora trattenuti da un elastico blu scuro. Gli occhi verde scuro, le labbra senza trucco e lo sguardo tagliente le donavano un’aura di rispettabilità ed autorità ben superiore a quella comunemente posseduta da una ragazza del quinto anno.
La Corvonero guardò divertita l’amica, piegando le labbra in un sorriso appena accennato, e rispose: «Lils, mi dispiace, ma in un certo qual modo mi trovo d’accordo con Hugo.»
Per la seconda volta quel giorno, la bocca di Lily Luna Potter prese la forma di una piccola ‘O’, mentre cominciava a pensare di aver bevuto una strana pozione la sera prima a cena, magari l’ultimo scherzo di Albus,  e che tutto quello fosse solo un orribile, orribile incubo.
«Non ci posso credere. I miei due migliori amici che mi tradiscono così. Inaudito, semplicemente inaudito» scandì melodrammatica Lily, incamminandosi velocemente verso la salita e obbligando gli altri due ad inseguirla.
«Non ti stiamo tradendo» sbuffò Hugo, cercando di restare al passo con la cugina.
«Stiamo solo constatando la realtà.» Rincarò Sophie, per poi continuare saggiamente «Ascolta, non so se a te piaccia lui, tu piaccia a lui o cosa diavolo sia. So solo che, mentre dibattevate in treno, vi eravate talmente avvicinati che sospettavo l’avresti baciato, ad un certo punto.»
Lily si fermò, lo sguardo assassino puntato sulla Corvonero.
«Io baciare Malfoy?» sputò inviperita, quasi come se Sophie le avesse suggerito di invitare Lumacorno ad un appuntamento galante.
Sophie mantenne lo sguardo allibito di Lily, osteggiando quella pazienza che qualsiasi Grifondoro si sarebbe sognato.
«Sei nella fase di negazione ora, quindi non insisterò oltre. Sappi solo che quando ti sarai tolta gli Schiospodi Sparacoda dagli occhi vorrai parlare, io sarò qui.»
Detto ciò, Sophie si era voltata senza aggiungere altro, e aveva raggiunto un paio di compagne di Dormitorio poco più avanti.
Lily e Hugo continuarono a camminare in silenzio, rompendolo solo quando arrivarono in vista del portone di Hogwarts.
«Spero facciano l’arrosto con le patate al forno. E’ da stanotte che me lo sogno.» esclamò Hugo, strappando una risata divertita alla cugina.
«Io spero solo che il discorso della McGranitt sia corto. Sono esausta, e francamente l’unica cosa che agogno è il mio baldacchino sulla Torre di Grifondoro» rispose Lily, stiracchiandosi placidamente.
Poco più distante da lei vide però la figura del Serpeverde il cui nome aveva riempito i discorsi di Hugo e Sophie.
Lo osservò distrattamente, cercando di non farsi notare.
Il corpo muscoloso e pallido era nascosto dal mantello nero, umido come quello di Lily, e i capelli biondo chiaro ricadevano spettinati sul viso.
Alcuni sembravano addirittura bagnati, e Lily dedusse dallo sguardo omicida che stava rivolgendo ad Ethan, e dal sorriso sornione che questo ricambiava, che Flint lo avesse schizzato durante la traversata sul Lago.
Lily si trovò a sorridere di quella situazione, divertendosi anche nel constatare l’espressione sconvolta dall’infantilità dei due migliori amici che esibiva Selene Travers.
Lily soffermò lo sguardo sulle gambe perfette e lunghissime che scendevano sotto la gonna della Serpeverde, sul volto praticamente privo di imperfezioni e gli occhi scuri come tenebra, così come i capelli assolutamente senza difetti.
D’un tratto si trovò ad odiare con prepotenza i suoi indomabili capelli rossi, e le lentiggini che ricoprivano le sue guance come le margherite adornavano i campi della Tana.
Era proprio sul punto di sbuffare teatralmente, quando lui la guardò.
I loro occhi si catturarono a vicenda, incrociando il grigio col nocciola.
Lily tornò per un secondo ad avere cinque anni, mentre i medesimi occhi la scrutavano rincuoranti, cercando di consolare una bambina che aveva appena perso di vista il padre.
Sorrise d’istinto, senza falsità o arroganza, e si voltò solamente quando l’imbarazzo e la sorpresa sul volto di Scorpius le imporporano le guance a sua volta.
«Lils, che hai?» le domandò Hugo, mentre si avviavano verso la Sala Grande, seguendo la marea di gente.
«Niente, Hugo. D’improvviso ho voglia di pollo arrosto anche io, tutto qui.» gli rispose la Potter, cercando di vincere la tentazione di voltarsi a vedere se fosse davvero successo quello che era appena accaduto.
Se avesse davvero sorriso a Malfoy, e quest’ultimo avesse ricambiato, inebetito quanto lei.
 
 
***
 
 
«Bentornati alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts! E benvenuti agli studenti che per la prima volta si apprestano ad affrontare questa continua sfida che è l’apprendimento magico!»
Scorpius Malfoy lanciò un’occhiata divertita ai piccoli primini a cui si stava riferendo la McGranitt nel suo discorso di apertura.
Sembravano degli sparuti esseri mingherlini, e a stento si riusciva a capire che effettivamente avessero undici anni.
«Sbaglio o li fanno sempre più piccoli?» ghignò accanto a lui Ethan, seguendo lo sguardo di Malfoy sul gruppetto di nuovi Serpeverde all’estremità del lungo tavolo scuro.
Selene accennò un sorriso, provocando Ethan ricordandogli che fino a pochi anni fa anche lui non era preso tanto meglio.
Ethan la guardò scandalizzato, negando sia con la voce che con esplicativi dinieghi del capo.
«Calunnie e maldicenze! Io, Ethan Flint, non sono stato mai meno perfetto di quanto sia ora. Ti concedo di essere effettivamente migliore ogni giorno di più…» le sorrise malizioso il Serpeverde, aggiudicandosi un sorriso divertito di Malfoy e uno sguardo incredulo di Selene «…ma nei limiti delle possibilità date dalla mia età, sono sempre e comunque indiscutibilmente affascinante.»
Selene sbuffò sonoramente, prestando di nuovo attenzione al discorso della McGranitt.
Nel frattempo, Ethan si voltò verso Scorpius, seduto alla sua destra, e sussurrò lascivo «Anche se devo ammettere di non essere l’unico a migliorare col tempo.», alludendo con un rapido movimento del capo al tavolo dei Grifondoro.
In particolare, Scorpius sentì le budella torcersi dolorosamente quando notò l’espressione interessata sul volto del migliore amico, mentre fissava il clan Potter-Weasley.
O meglio, mentre fissava Lily.
«Ti riferisci a Rose Weasley?» domandò piano Scorpius, pregando con tutto se stesso che fosse così, ma vedendo infrangersi le sue speranze quando Ethan si voltò di nuovo verso di lui, scuotendo la testa.
«No no, anche se devo ammettere che ben presto quel fiore sboccerà in tutta la sua beltà. No, io mi riferisco alla piccola di casa Potter. Mentre ripiegavo verso il muro oggi, in treno, ho potuto constatare che l’estate ha addolcito di molto le sue forme, e aggiunto qualcosa lì dove prima c’era solo una landa desolata
Scorpius rimase senza parole, e non seppe se fosse perché il suo migliore amico avesse appena confessato di aver guardato ripetutamente il seno di Lily, o perché Ethan Flint l’aveva appena definita attraente.
Non riusciva a sentire o dire nulla, la bocca stretta per non far uscire il ringhio sordo che sentiva emergere dal petto, e a salvarlo, come troppo spesso accadeva tra di loro, fu Selene.
«Ethan, credo ci sia qualcuno per te.» lo informò schifata, indicando Lucilla Brown che, dal tavolo dei Grifondoro, lo stava squadrando in modo a dir poco lascivo.
Ethan le sorrise e le fece segno che si sarebbero visti dopo, indugiando un po’ troppo sulla scollatura provocante della camicetta della ragazza.
Scorpius guardò apprensivo Selene, e questa sembrò implorarlo di non dire nulla, algida come sempre.
O almeno, così voleva sembrare, pensò Scorpius, notando come stesse stringendo i pugni fino a far diventare rosse le nocche delle mani.
«Dovresti essere sincera con te stessa.» le sussurrò Malfoy, cercando di rincuorarla.
Aveva capito l’anno scorso quali fossero i veri sentimenti che Selene nutriva per Ethan, e aveva cercato di starle vicino, per quanto la ragazza gli permettesse.
Selene sfoderò un sorriso ironico, lanciando uno sguardo a Lily Potter, e gli rispose «E tu dovresti fare lo stesso.»
Nessuno dei due si accorse che Ethan aveva capito l’ultima frase di Selene, e che stava guardando di sfuggita la Potter con uno sguardo nuovo e un ghigno da Serpeverde, davvero poco confortante.
Scorpius stava giusto per ribattere quando un silenzio di tomba piombò sulla Sala Grande, mentre la McGranitt aveva ceduto il posto al Primo Ministro in persona, Kingsley Shacklebolt.
L’uomo indossava una lunga tunica blu notte, i cui ricami argentati spiccavano sulla pelle scura illuminata dalla candela posta sul leggio.
«Buonasera a tutti, maghi e streghe di domani. Per chi non mi conoscesse, io sono Kingsley Shacklebolt, Primo Ministro della Magia inglese. Tuttavia, vorrei che mi chiamaste semplicemente Kingsley, vi prego.» aggiunse con la voce potente e un sorriso gentile sul volto.
«Vi chiederete perché io oggi sia qui. Purtroppo, non posso dire di essere venuto per gustarmi con voi il delizioso banchetto che vi attende, dato che ripartirò subito dopo il mio annuncio. Ma credo che questo sarà un annuncio che delizierà non poco gli animi coraggiosi di alcuni di voi.»
La Sala iniziò a mormorare piano congetture sulle parole di Kingsley, ma bastò un severo sguardo ammonitore della McGranitt affinché il silenzio tornasse padrone della situazione.
«Vedete, sono passati tanti anni dalla sconfitta definitiva di Lord Voldemort. Eppure, i rapporti tra le comunità magiche di paesi differenti rimangono tuttora di fondamentale importanza, al fine di mantenere la pace per cui molti dei vostri genitori hanno a lungo combattuto.»
Scorpius guardò Lily e tutta la famiglia Weasley, così come fecero meccanicamente molti altri studenti.
«Quindi, dopo lunghe riflessioni e opportune modifiche, ho deciso insieme ad esponenti del Ministero per la Cooperazione Magica e la Preside di Hogwarts…» scandì, riservando un sorriso alla McGranitt «…di fornire a tutti voi la possibilità di conoscere nuove persone e nuove culture. Di instaurare rapporti di amicizia, di solidarietà, ma anche di mettere alla prova voi stessi, se ve la sentirete. Ed è con queste parole che do ufficialmente l’annuncio che Hogwarts ospiterà il famosissimo Torneo Tremaghi, quest’anno!»
Alle parole del Primo Ministro la folla di ragazzi proruppe in esclamazioni di ogni genere, molte delle quali fecero impallidire la McGranitt e una parte del corpo docenti, e urla di eccitazione e paura iniziarono a girare tra le tavole, così come i fantasmi del tutto emozionati.
«Come però ho precedentemente detto…» ricominciò Kingsley, incuriosendo tutti gli studenti al punto di ottenere un’attenzione che i docenti credevano fosse impossibile da raggiungere.
«…ci saranno alcune modifiche. Quest’anno è in effetti l’anniversario della fondazione di Hogwarts, motivo per cui saremo noi ad ospitare gli studenti di Beauxbatons e Durmstrang. A questo proposito, la felice ricorrenza ha dato adito anche a qualche altra idea, che vi verrà rivelata in seguito. Per ora vi basti sapere che sì, rimarrà una competizione difficile quanto stimolante, ma sicuramente il pericolo sarà tenuto sotto controllo con la massima attenzione. Dubitiamo possano riaccadere gli eventi del 1995, tuttavia la prudenza non è mai troppa.»
Lily ed Albus sentirono dei brividi scorrere lungo la spina dorsale, al ricordo dei racconti di Harry Potter sull’incontro ravvicinato alla fine del Torneo Tremaghi, che aveva visto il ritorno del Signore Oscuro in carne ed ossa.
«Come da regolamento, solo agli studenti del settimo anno sarà concesso proporsi per rappresentare la propria Scuola. Come, direte voi? Ovviamente con questo!» esclamò Kingsley, facendo apparire dal nulla un enorme calice d’argento, e sollevano esclamazioni di stupore dalle bocche di ogni persona nella Sala.
«Avrete tempo fino alla prossima settimana per scrivere il vostro nome su un foglietto di carta, e lasciarlo cadere tra le fiamme del Calice di Fuoco. Ovviamente, superando la linea dell’età, com’è giusto che sia.» sorrise divertito, vedendo già la delusione negli occhi di alcuni studenti del Sesto Anno.
Infatti, ad un movimento di bacchetta di Kingsley, il Calice iniziò ad ospitare uno scoppiettante fuoco azzurro e una linea sottile del medesimo colore si dipinse sul terreno, formando un cerchio perfetto attorno alla colonna che sosteneva il Calice stesso.
«Gli studenti di Beauxbatons e Durmstrang si uniranno a noi la sera di Halloween, quindi mi raccomando che siate più ospitali possibile. Ah, ultima informazione utile: il premio della Coppa Tremaghi, oltre che prestigio e fama, includerà anche la piccola somma di…mille galeoni.» esclamò infine, smaterializzandosi con effetto subito dopo aver annunciato l’esorbitante cifra che stava già facendo girare la testa a tutti gli studenti della Sala Grande.
La professoressa McGranitt riuscì a ristabilire una parvenza d’ordine, ma ormai i sussurri si dissipavano velocemente e quasi tutti stavano già iniziando a scommettere su chi sarebbe stato il Campione di Hogwarts.
Ovviamente, metà degli occhi della Sala erano puntati però su una sola, sfacciatamente sorridente persona.
Albus Severus Potter ghignava beffardo all’indirizzo del Calice di Fuoco, e non si accorse degli sguardi preoccupati che tutta la sua famiglia gli lanciò in tralice.
Lily Luna Potter sospirò, affranta.
Sarebbe senz’altro stata una lunga settimana.
Le novità però non sembravano finire lì quella sera, poiché la Preside della Scuola interruppe del tutto il chiacchiericcio diffuso, annunciando di avere un’altra sorpresa in serbo per loro.
«Al fine di ritrarre al meglio questo Torneo Tremaghi, sotto consiglio della nostra Caposcuola Rose Weasley…» e qui ogni paio d’occhi puntò lo sguardo sulla rossa seduta al tavolo dei Grifondoro, che di rimando aveva aperto la bocca in una ‘O’ perfetta, guardando la Preside.
«…io e il consiglio docenti di Hogwarts abbiamo accolto la sua idea, promuovendo e creando a tutti gli effetti la Gazzetta di Hogwarts: Felix Felicis! Il nome ovviamente augura al Campione, o alla Campionessa, di Hogwarts le migliori sorti per questo Torneo, e spera che il gruppo di giornalisti in erba che ne vorrà entrare a far parte, saprà cogliere al massimo ogni sfaccettatura dei ragazzi e delle ragazze che vivranno quest’incredibile esperienza! Tuttavia, il redattore della rivista è già stato scelto, dopotutto è proprio da lei che è partito tutto. Facciamo quindi un bell’applauso alla nuova redattrice della prima edizione di Felix Felicis: Lily Luna Potter!»
Gli sguardi cambiarono improvvisamente bersaglio, attorniando la povera Lily come un branco di famelici cani a tre teste.
Quest’ultima osservò sconcertata le persone che, sotto il suggerimento della Preside, iniziarono ad applaudirla lentamente.
Lily si voltò con un’espressione omicida verso la cugina, unica oltre a Hugo a sapere dell’idea che le bazzicava in mente da quell’estate, e l’altra sussurrò un timido “Non pensavo succedesse sul serio, l’avevo solo accennato alla McGranitt nella lettera per accettare il ruolo di CapoScuola”.
La Potter però le riservò una smorfia infuriata, prima di congelarla distogliendo lo sguardo da lei.
Nessuno notò come, dall’altro parte della Sala Grande, Ethan aveva iniziato a bisbigliare sottovoce con Selene.
«La Potter sarà la redattrice? Quindi dovrà stare a stretto contatto con il Campione di Hogwarts, vero?» sogghignò piano, mentre Selene solleva sospettosa un sopracciglio.
«Cos’hai in mente, Ethan? Vuoi iscriverti per poterci provare con la Potter?»
Ethan negò divertito, aggiungendo teatralmente: «Non potrei rischiare di rovinare il mio fisico scultoreo, o il mio volto perfetto. No grazie, niente Torneo Tremaghi per me. Stavo solo considerando come sarebbe interessante, essere costretto a parlare con Lily Luna Potter per, non so, tutto l’anno scolastico.»
Selene era ancora più confusa, ma Ethan aveva già distolto lo sguardo da lei, concentrandosi ancora sulle avances della Brown, a poca distanza.
“Qualsiasi cosa emozioni così tanto Ethan Flint, non sarà una buona cosa, proprio per niente” considerò la Serpeverde, prima di afferrare finalmente una fetta della torta salata che le era magicamente apparsa di fronte, una volta dato il via al banchetto.
 
 
***
 
 
La mattina successiva la notizia del ritorno del Torneo Tremaghi era apparsa a lettere cubitali sulla Gazzetta del Profeta, e per Ginny ed Hermione fu talmente chiaro il motivo del cattivo umore dei mariti, che anzi si aggiunsero anche loro all’atmosfera carica di tensione in casa Potter.
Harry aveva insistito per fare una visita ad Albus, ma Ginny gli aveva saggiamente ricordato come il figlio avesse la malsana tendenza, condivisa col fratello maggiore, di fare sempre e comunque esattamente ciò che gli veniva impedito di fare.
O almeno, di provarci con un’intensità ancora maggiore del solito.
Ginny aveva quindi proposto di scrivergli solo una, singola lettera.
Ma, come sempre accade alla loro famiglia, le cose non furono recepite esattamente come intendeva lei al principio.
 
 
***
 
 
Albus Severus Potter rise sotto i baffi, quella sera del due settembre 2023.
Era seduto alla scrivania accanto al suo letto a baldacchino, nel caldo dormitorio maschile del Settimo Anno della Torre di Grifondoro.
In realtà, di baffi ne aveva ben pochi, ma in compenso stringeva tra le mani almeno undici lettere diverse, spedite probabilmente quasi contemporaneamente da undici componenti della sua famiglia.
Dodici, se si contava che Roxanne e Fred avevano scritto la loro insieme (1).
Come se non bastassero i discorsi pseudo-intimidatori di Lily, ammonitori di Rose e semplicemente imbarazzanti di Hugo – il cugino aveva sempre avuto un complesso di inferiorità nei confronti di Albus e James, cosa che lo portava spesso a diventare timido quando parlava con loro -, Albus si era dovuto sorbire tutte le preghiere, le suppliche e le minacce che quelle lettere trasudavano da ogni frase.
Sfogliò le pergamene che riempivano la scrivania, rileggendo la missiva tranquilla e falsamente innocente di sua madre, che gli ricordava di impegnarsi nei M.A.G.O. e di stare lontano dai guai.
In effetti, l’ultima frase era stata talmente calcata a forza sul foglio, che Albus poteva avvertire tutta la preoccupazione – secondo lui comunque inutile – di Ginny Weasley.
Harry Potter invece si era limitato a ricordargli che portava il nome di due grandi maghi, e che avrebbe dovuto ispirarsi al loro esempio nello scegliere sempre la strada giusta.
Quella meno pericolosa.
Quella che non conduceva alla morte per carbonizzazione a fronte di un contatto ravvicinato con draghi, per fare un esempio.
Albus rilesse velocemente le lettere di nonna e nonno Weasley, di George Weasley, di Percy – Morgana, zio Percy non gli aveva più scritto da quando aveva incendiato per sbaglio il suo capanno degli attrezzi -, di Dominique, di Bill, di Victoire, di Teddy – ah, quanto gli mancava quello che considerava un altro fratello maggiore, anche se più serio di James – e Fred e Roxanne, Hermione, Ron e chi più ne ha più ne metta.
Quasi quasi si sarebbe aspettato perfino di vedere un gufo scheletrico portargli una lettera da Lily Evans e James Potter dall’aldilà.
«Allora, tutti contrari?» gli chiese divertito Erik, dal suo letto a baldacchino.
Albus negò col capo, ridendo appena «No. Fred credo sia stato costretto da Roxanne a dichiararsi fermamente contrario, mentre James mi ha detto che non mi parlerà più se non lo faccio, che è invidioso perché non l’hanno fatto l’anno scorso e che mi taglierà i – ugh, non voglio ripeterlo, va male solo il pensiero – se oserò far vedere la sua lettera a mamma o papà. Credono che mi abbia scritto per dissuadermi.» concluse Albus, ridendo insieme al migliore amico.
Amava la sua famiglia, ma pensava non potessero pretendere da lui di ignorare la più grande avventura che forse avrebbe mai vissuto nella sua vita.
Insomma, era o non era il figlio di Harry Potter? Chi meglio di lui avrebbe potuto rappresentare Hogwarts?
Se la sarebbe cavata, in qualche modo.
 
E quella sera, illuminate dalla candela, le lettere vergate con la sua sottile calligrafia brillarono più della luna che ora sovrastava il cielo notturno.
 
Albus Severus Potter.
 
 
***
 
 
Erano passate le undici di sera, e Selene Travers fissava il volto pallido di Ethan, stravaccato sul divano accanto alla sua poltrona, illuminato solamente dal debole fuoco che tentava inutilmente di scaldare gli antri gelidi della Sala Comune di Serpeverde.
La ragazza l’aveva tenuto d’occhio per tutta quella giornata, dal momento stesso in cui, la sera prima, aveva fatto quello strano commento sulla Potter.
Conosceva Ethan da sette, lunghi anni e sapeva quando il suo migliore amico stava architettando qualcosa.
Il fatto poi che non ne avesse parlato né con lei, né con Scorpius, non faceva che far salire il suo livello d’ansia.
«E secondo te, Sele?»
Selene si voltò verso Scorpius, seduto su una poltrona alla sua sinistra.
Lei ruotò gli occhi per la noia, ripetendo quello che aveva già detto mille volte sin da quando avevano iniziato di nuovo a tirare ad indovinare su chi sarebbe stato il probabile Campione di Hogwarts.
«Te l’ho già detto. E’ ovvio che sarà estratto Albus Potter, potrebbero evitare perfino di mettere il Calice, secondo me.» rispose annoiata, tornando a guardare ogni reazione di Ethan.
Quest’ultimo però stava sfogliando una rivista di Quidditch, ascoltando distrattamente la conversazione tra i due migliori amici.
«Secondo me potresti rimanere sorpresa.» sussurrò misterioso Ethan, guardandola giusto il tempo di vedere lo stupore dipingersi sul suo volto.
«A cosa ti riferisci Eth?» chiese Scorpius, inarcando un sopracciglio.
Conosceva i modi misteriosi dell’altro, e nonostante tutto era una delle cose che lo aveva convinto a diventare suo amico, sette anni prima.
Il Serpeverde moro però si alzò svogliatamente, scuotendo le spalle come a dire che non lo sapeva nemmeno lui.
«A niente in particolare, solo che mi piace credere che la vita ci riservi sempre qualche piacevole sorpresa.» disse asciutto, non facendo altro che aumentare i sospetti che nutriva Selene.
Ethan lanciò la rivista a Scorpius, suggerendogli di leggere un articolo interessante sui Cannoni di Chudley, e si diresse senza dire una parola verso l’uscita della Sala Comune.
«Dove diavolo stai andando a quest’ora?» gli urlò Scorpius, confuso.
Ethan si voltò, sorridendo maliziosamente.
«A scoprire quali piacevoli sorprese ha in serbo per me Lucilla Brown, amico mio.»
Uscì senza aggiungere altro, e Selene odiò profondamente lo sguardo preoccupato che Scorpius le scoccò una volta che il loro migliore amico fu sparito.
«Non dire una parola.» lo ammonì, alzandosi dalla poltrona e recuperando la borsa con i libri sui quali aveva studiato fino ad un’ora prima.
«Lo fai già benissimo tu per entrambi. Non parlare, intendo.» le rispose Scorpius, guadagnandosi uno sguardo tra il ferito e il colpito, prima che la Serpeverde si congedasse da lui, dirigendosi verso il Dormitorio Femminile.
 
 
***
 
 
Ethan Flint arricciò il viso in un ghigno da vero Serpeverde, toccando la piccola pergamena che aveva in tasca. Il castello vuoto poteva sembrare inquietante agli occhi della quasi totalità degli studenti, ma lui lo conosceva profondamente e ne era attratto.
Il silenzio, il buio che oscurava la vista a pochi metri di distanza dalle candele appese alle pareti, e la pace che proveniva da ogni antro del luogo, così celata durante il chiassoso corso della giornata.
Ethan imboccò le scale per salire al piano di sopra, e dopo pochi minuti aprì l’enorme portone della Sala Grande.
La stanza era illuminata dalle vive fiamme azzurre del Calice di Fuoco, ed Ethan vi si avvicinò senza paura, oltrepassando la linea dell’età e fermandosi solo una volta arrivato di fronte all’oggetto magico.
Aprì il piccolo foglietto e sorrise sornione, mentre lo gettava nel fuoco incantato.
 
«Beh, Scorp, ora sei ufficialmente in ballo. Buona fortuna, amico mio.» sussurrò piano, guardando il nome del migliore amico bruciare dentro il Calice; poco prima di lasciare la Sala Grande e dirigersi nel luogo stabilito dalla Brown per incontrarsi.




Note:

(1) Unica nota meno canon del resto - sono stata attenta in maniera incredibile nel calcolare l'età giusta di tutti i personaggi - sono Fred e Roxanne. Da ciò che dice la Rowling, Roxanne è più piccola di Fred, ma io sono sempre stata convinta della scelta fanon per cui loro due siano gemelli. Cioè dai, devono esserlo, no?  Spero perdonerete questa mia piccola licenza poetica ;)



Angolo Autrice:

Sorprendentemente più veloce del solito, eccovi il secondo capitolo di questa long! Volevo introdurre meglio i personaggi, e farvi capire più o meno la direzione in cui intendo far andare la storia. Spero davvero vorrete dirmi cosa ne pensate, cercherò di caricare il prossimo capitolo entro una settimana, ma in caso non ce la facessi, tra il lavoro e gli impegni personali, mi scuso anticipatamente! Ringrazio infinitamente mikymusic per aver recensito anche lo scorso capitolo, e ringrazio con tonnellate di zucchero filato le ben 22 persone che hanno messo tra le seguite questa storia, oltre che le 7 preferite e le 2 ricordate. Grazie, grazie di cuore! Fatevi sentire, giusto per sapere come sta andando questa storia e se vi sta piacendo! *occhioni dolci*
Nel frattempo, vi lascio i link ai prestavolto degli altri personaggi della storia, secondo il mio gusto personale, ovviamente!
Buona serata a tutti <3

SELENE (CLICK); ETHAN (CLICK); ALBUS (CLICK) e SOPHIE (CLICK)




 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***






CAPITOLO 3



 
«Lily, sei sicura di stare bene? Hai uno strano colorito verdognolo.»
Lily Luna Potter fulminò sui cugino Hugo con lo sguardo, privandolo del coraggio per fare altre osservazione sulla sua salute.
In effetti, non aveva dormito praticamente nulla dalla cena della settimana prima, tra le lezioni che si stavano rivelando molto complesse in vista dei G.U.F.O. di fine anno, il pensiero di organizzare quella maledetta Felix Felicis, la tensione tra lei e sua cugina Rose che andava aumentando ogni giorno di più, giacché Lily non le aveva ancora rivolto la parola, e soprattutto le continue incitazioni dei genitori a dissuadere Albus dal concorrere al Torneo.
Certo, come se loro avessero mai avuto successo nel dissuadere Albus Severus Potter dal fare qualcosa.
Il fratello maggiore non aveva risposto né affermativamente né negativamente a tutte le domande degli studenti, che gli chiedevano se si fosse iscritto.
Eppure, Lily conosceva troppo bene il sorriso beffardo e l’aria furba che lo accompagnavano in giro da una settimana a quella parte.
Molti assimilavano il comportamento combinaguai e sbruffone di Albus ad un tentativo di imitare il fratello maggiore, ma Lily sapeva quanto in realtà i due fossero estremamente diversi.
Sebbene entrambi avessero una malsana ossessione per tutto ciò che era proibito – Ginny giustificava un po’ la cosa dicendo che erano uguali al padre, dopotutto -, mentre James cercava effettivamente la gloria e l’onore nelle sue scorribande; Albus voleva eguagliare il nome che portava.
Era un ragazzo sensibile, sotto la corazza da duro, e aveva sempre il pensiero di essere considerato l’ombra di James, o ancora peggio il figlio indegno di Harry Potter.
Lily capiva quel senso di inferiorità e la marea di aspettative che doveva affrontare, erano le stesse che avevano creato problemi a lei una volta arrivata ad Hogwarts.
Ma se James aveva risolto il tutto essendo davvero ciò che le persone si aspettavano che fosse, Lily era riuscita a comprendere che il suo cognome fosse nulla più di quello: un cognome.
Era fiera di suo padre e di sua madre, del coraggio che la sua famiglia aveva dimostrato durante la guerra, ma sapeva anche che tutto ciò che si aspettavano da lei fosse di essere se stessa.
Ovviamente, tale saggezza era rimasta ancora immatura nei geni maschili Potter, e Lily era cosciente dei problemi di autostima nascosti di Albus.
In fondo, gli voleva bene anche per quello.
«La mia salute non è il motivo della nostra riunione qui, Hugo. Siamo qui per organizzare il primo numero di Felix Felicis, che uscirà domani a pranzo, dopo la rivelazione del Campione di Hogwarts che avverrà stasera.» annunciò la redattrice, sentendo lo stomaco brontolare per l’ansia.
«Cos’hai in mente Potter?» domandò Elias Torn, un Corvonero del settimo anno che si era unito al ristretto gruppo che avrebbe lavorato alla stesura di Felix Felicis.
Lily osservò gli studenti presenti a quella prima riunione: oltre a lei, Hugo (fotografo ufficiale da quel pomeriggio), Sophie ed Elias, si erano uniti a loro Isabella Lorcas, Tassorosso del Sesto Anno, Alex Ardyn, Grifondoro del Quinto Anno, Julie Stevens di Serpeverde, Sesto Anno, e Lydia Olives, altra Corvonero del Settimo Anno.
Lily ripensò all’espressione ferita di sua cugina Rose quando quella mattina non l’aveva salutata, ma accantonò presto il senso di colpa: Rosie aveva rivelato uno dei suoi segreti, scalfendo la fiducia incrollabili che la piccola Potter sentiva nei suoi confronti.
E’ una questione di principio” pensò Lily, mordicchiando la sua rovinata penna BIC e cercando di concentrarsi sulla riunione.
«Pensando alle parole con cui la McGranitt ha introdotto Felix Felicis, ho rifletutto che sarebbe davvero interessante se ad ogni Campione fosse assegnato un giornalista. Interviste, retroscena, qualche aneddoto sulla preparazione per il Torneo: tutto. Faremo in modo che anche il primino più silenzioso e timido sia a conoscenza degli eventi che intercorranno. Hugo curerà la fotografia, Sophie mi aiuterà con l’impaginazione mentre tu, Elias, e Lydia, essendo del settimo anno, potreste prendervi carico della stesura degli articoli e della correzione ortografica e di stile. Julie, Isabella e Alex saranno i nostri inviati, ovviamente decideremo in seguito chi verrà assegnato a quale campione…»
«Io mi propongo per Beauxbatons! Ho sentito che hanno sangue di Veela nelle vene, e che sono davvero uno schiant-» esclamò Alex Ardyn sogghignando, prima di interrompersi bruscamente alla vista dello sguardo omicida di Lily.
«…come stavo dicendo, sceglieremo solo dopo la rivelazione dei Campioni. Anche se ho qualche idea di assegnare Alex a Durmstrang.» sorrise Lily, godendosi lo sgomento dipinto sul volto del compagno di Casa e la risata degli altri studenti.
«Il primo numero di domani sarà solo introduttivo, dato il poco tempo a disposizione. Una rapdia panoramica dei Campioni, il resoconto di come si sia svolta la selezione e qualche commento, magari di alcuni professori se riuscissimo. Che ne dite? Avete qualche osservazione?» domandò infine Lily.
L’unica mano alzata fu quella di Alex, ma Lily glissò velocemente la sua domanda assicurandogli che sì, sicuramente avrebbe dovuto portare pazienza con quelli di Durmstrang, e che il coraggio dei Grifondoro sarebbe stata la sua arma.
E la ragazza rise di cuore, quando Alex sospirò un “avrei voluto testarlo con una bella biondina francese, il mio coraggio, non con un colosso di centocinquanta chili di muscoli”.
 
 
***
 
 
Selene osservò seccata il sorriso smagliante di Ethan, ingoiando la sua ciotola di cereali. Era pomeriggio inoltrato, e la Serpeverde si stava gustando la sua merenda preferita. O meglio, tentava di gustarsela, dato che il fastidio buon umore di Ethan continuava a irritarle il sistema nervoso da quella mattina.
«Sele, sei proprio un amore quando mangi i cereali, sembri quasi una bambina. Te l’avevo mai detto?» le sussurrò in modo dolce, e malgrado lo sguardo ferino che esibì, Selene sentì lo stomaco torcersi per il complimento.
«Lo so che hai fatto qualcosa Ethan. Lo so, e solo perché non sono a conoscenza di cosa sia, per ora, non vuol dire che la tua morte sarà meno dolorosa, quando lo scoprirò.» gli sussurrò malevola, evitando lo sguardo stanco di Scorpius.
Era dalla sera prima che Selene non riusciva a guardare Scorpius, e questi a guardare lei.
La Serpeverde sapeva che quel mutismo tra di loro era essenzialmente dovuto alla coscienza che l’uno era lo specchio dei sentimenti dell’altro. Sentimenti che non dovevano essere espressi, per il bene superiore, dove bene superiore significava l’integrità del cuore di Selene, e l’integrità dei gioielli di famiglia di Scorpius, se fossero stati a portata di mano di James o Harry Potter.
Con Albus forse avrebbe una possibilità, forse” aveva pensato ottimisticamente Selene.
Scorpius puntò gli occhi grigi in quelli di tenebra di lei, e Selene distolse lo sguardo, allontanandosi impercettibilmente da Ethan, sentendosi inconsciamente colta in fallo.
Scorpius distese il volto in un sorriso malandrino, e Selene lo fulminò con lo sguardo.
«Ah, Selene. Credo che il mio unico peccato sia volerti fare un complimento e venire sempre accusato di avere qualcosa in mente. Certo, in effetti in mente ho i dolci ricordi di ieri sera. Non avrei mai detto che la Brown sapesse chinarsi così tanto per…»
«ETHAN SE CONTINUI GIURO CHE TI FICCO LA BACCHETTA IN LIDI POCO PIACEVOLI.» lo minacciò Selene, scaturendo la curiosità della decina di persone che avevano deciso di passare il sabato pomeriggio in Sala Comune come loro.
Scorpius sbuffò, intimando a sua volta ad Ethan di evitare di scendere nei particolari, e quest’ultimo si alzò mimando un’espressione ferita e sconvolta dalle maniere dei due migliori amici.
«Incredibile, uno vuole condividere con le persone a lui più care la propria felicità e guarda cosa succede…» sospirò affranto, prendendo lo zaino e avviandosi verso l’uscita della Sala Comune.
«Vieni a farti un volo con me, fra mezz’ora?» gli domandò Scorpius, chiudendo il libro di Difesa contro le Arti Oscure e rimettendo in ordine i propri averi.
Ethan assentì, dandogli appuntamento direttamente al Campo di Quidditch.
«Non mi aspetti? Che cos’hai da fare?» chiese Malfoy, inarcando un sopracciglio.
Ethan sorrise maliziosamente, tirando fuori dalla borsa una cravatta chiaramente femminile e chiaramente di Corvonero.
«Devo restituire alla Gardens la cravatta. Non vorrei venisse punita da altri, oltre che da me.»
Selene pensò di aver raggiunto un nuovo record, mentre si avviava velocemente verso il Dormitorio Femminile.
E nemmeno la voce di Scorpius che la chiamava per parlare bastò a scacciare il senso di nausea e le lacrime pungenti che premevano per uscire.
 
 
***
 
 
James Sirius Potter uscì dall’ascensore di cristallo, osservando divertito il via vai di persone indaffarate che lo circondava. In particolare notò con piacere le gambe lunghe che parevano infinite, appartenenti a modelle dai volti come dee greche e lunghi capelli profumati. Erano vestite con abiti che urlavano costi spropositati e l’appartenenza ad un élite molto esclusiva.
Era orgoglioso però di riuscire a sembrare quanto mai a proprio agio in mezzo a quelle persone dall’aspetto a dir poco perfetto: indossava una semplice camicia bianca con sopra un cardigan nero pece, un paio di pantaloni attillati scuri e delle scarpe nere prese in prestito da suo padre. I capelli perennemente arruffati gli donavano un’aria beffarda, di chi si è appena alzato dal letto, e il sorriso malandrino che gli incorniciava il volto fece girare non poche teste super curate quando gli passò accanto.
«Oui monsieur? Possiamo fare qualcosa per lei?» gli domandò con forte accento francese la segretaria dai lunghi capelli mori legati in uno chignon stretto.
James sorrise dolcemente.
«Bonjour mademoiselle, sono James Sirius Potter, e sto cercando mia cugina, Dominique Weasley.»
La ragazza spalancò gli occhi in un moto di sorpresa al sentire pronunciare quel cognome che era diventato leggenda anche oltre la Manica.
Osservò l’agenda pochi secondi prima di informarlo che Dominique era uscita dall’ufficio, ma che sarebbe dovuta ritornare a momenti.
«Vuole attenderla nel suo studio monsieur?» domandò con voce frivola, sbattendo le lunghe ciglia più del necessario e curvando le labbra viola scuro in un sorriso.
Quando James annuì lei si alzò di scatto, rivelando un lungo vestito nero aderente che le metteva in risalto la figura slanciata e snella.
Iniziò a camminare sul pavimento di marmo, producendo un soave ticchettio ritmico con le scarpe nere come la notte dai lunghi tacchi.
James si divertì a riscontrare in lei la stessa tendenza delle donne francesi a camminare con eleganza e raffinatezza, che spesse volte aveva constatato prima in sua zia Fleur e poi anche in Victoire.
Dom però non è così, proprio per niente” pensò tra sé e sé, avvertendo uno strano formicolio di tensione scorrergli lungo le dita.
La ragazza lo condusse in un piccolo studio dalla porta trasparente, situato in un posto tranquillo nell’intricato labirinto di corridoi e porte a vetro.
Lo studio di moda dove Dominique aveva trovato lavoro subito dopo Hogwarts era di stampo francese, e aveva riconosciuto nella cugina la perfetta candidata per diventare una delle loro stiliste di punta.
Dominique Weasley aveva sempre avuto una passione sfrenata per il disegno, e curvarla verso l’ambito modaiolo il cui fascino le avevano trasmesso mamma e sorella maggiore sembrò un gioco da ragazzi.
Eppure, la figlia di mezzo di Bill e Fleur Weasley rimaneva per tutti un puzzle intricato e disconnesso.
Per tutti, tranne che per James.
Quando la segretaria fu uscita dallo studio, James iniziò a curiosare come suo solito.
Le pareti che davano sull’ingresso erano di vetro, ma delle sottili tende bianco avorio aspettavano a lato di essere scostate per creare maggiore intimità.
Su un angolo della stanza era sistemato un piccolo salottino informale, con due poltrone bianche e un divanetto dello stesso colore, attorno ad un tavolino di vetro sul quale troneggiava uno splendido vaso di margherite.
James sorrise dolcemente, riconoscendo i fiori provenienti dalla Tana e riflettendo su come una persona elegante come Dominique amasse alla follia le margherite, il fiore forse più semplice del creato.
Accanto al salottino improvvisato vi era una libreria di legno bianco su cui erano stipati molto disordinatamente cataloghi, riviste di moda e lettere di varie entità, uniformemente al disordine clinico che caratterizzava la cugina.
Stava giusto ridendo delle fotografie magiche di Dominique, Louis e Victoire da piccoli, della nonna Molly che teneva in braccio una Dominique appena nata o della bambina a cinque anni mentre abbracciava e baciava papà Bill e mamma Fleur; quando la voce stupita di Dominique lo raggiunse.
«Che diavolo ci fai qui, James?»
James non si voltò nemmeno, riponendo l’ultima fotografia – Dominique, Lily e Rose un’estate al mare – che stava guardando, ed esclamò sogghignando:
«Sai, mi sento quasi offeso: nessuna foto mia! Ovviamente, capisco che la mia avvenenza eclisserebbe tutte le altre foto, quindi ti perdono Dom-Dom.»
Dominique sbuffò vistosamente, sia per la strafottenza interiorizzata di James, sia per il soprannome che le aveva dato da piccoli e che solo lui continuava ad usare anche ora che erano adulti.
«L’enormità della tua modestia è leggenda, James. Credo superi perfino la fama delle imprese di zio Harry, zio Ron e zia Hermione.»
James le sorrise, osservandola con uno sguardo nuovo.
Dominique aveva lanciato la borsa sulla poltrona e si stava togliendo il giubotto di pelle, rivelando una tuta intera mimetica e dei sandali di legno dalle zeppe alte.
I lunghi capelli biondi erano legati in una coda alta e il viso era completamente struccato, rivelando l’unico marchio Weasley presente in lei: delle piccole efelidi chiare sulle guance.
Le stesse efelidi che avevano costellato i sogni proibiti di James per molti notti.
«Tranquilla, ho anche altre cose leggendarie la cui enormità sorprende le persone, Dom-Dom.» sorrise malizioso James, godendosi lo sguardo omicida di Dominique e il leggero rosa pastello che le imporporò le guance.
«Idiota. Sei sempre il solito idiota. Che cosa vuoi James? Sono molto impegnata, e tu dovresti essere alla festa di compleanno del nonno. Saranno già tutti lì.» disse stanca Dominique, facendo il giro della scrivania e afferrando un po’ dei fogli e bozzetti che erano lasciati alla rinfusa sopra il tavolo di vetro.
Facendo il giro più lungo, per evitare di avvicinarsi a lui.
James le prese una mano, ignorando a fatica il brivido che percorse entrambi, e obbligandola a guardarlo negli occhi.
«Torni dalla Francia e non mi saluti nemmeno? Non credi che dovremmo parlare Dominique? Io penso che…»
«No. E’ tutto passato, è stato solo un errore. Passa avanti James, io l’ho fatto.» sussurrò Dominique, liberandosi dalla stretta di James e distogliendo lo sguardo, come bruciata da quello indagatore di lui.
Da quegli occhi nocciola che tante volte l’avevano inchiodata al muro e le avevano tolto il respiro.
«Guardami negli occhi. Dimmi di andare avanti guardandomi negli occhi e lo farò.» disse serio James, il tono da adulto e la forza che non ci si sarebbe aspettati da un diciottenne.
Dominique sollevò lo sguardo, aprendo la bocca per parlare, ma rimase lì, incapace di pronunciare una sola parola.
James sorrise tristemente, afferrando la bacchetta che aveva appoggiato sulla scrivania e lasciandola lì, in silenzio.
Prima di sparire fuori dallo studio, le uniche parole che pronunciò furono appena sussurrate, ma la colpirono con maggiore potenza che se le avesse urlate.
«Dicono che io sappia mentire perfettamente, ma si sbagliano. Sei sempre stata tu la migliore bugiarda della nostra famiglia, Dom-Dom.»
 
 
***
 
 
Scorpius Malfoy maledisse tra sé e sé la scelta che aveva compiuto da undicenne, quando aveva deciso che sì, Ethan Flint sarebbe stato un ottimo migliore amico.
Il vento di settembre gli sferzava il viso, mentre guardava infastidito l’entrata del Campo da Quidditch, scopa in mano.
I dieci minuti di ritardo erano passati, così come i venti e i venticinque, e allo stesso modo era passata la pazienza di Scorpius e la sua soglia di sopportazione.
Sbuffò ancora, dirigendo lo sguardo verso l’ingresso, e alla fine bestemmiò il migliore amico mentre inforcava la sua scopa e si alzava in volo.
Si sentì subito meglio, mentre acquisiva sempre più velocità e avvertiva ogni muscolo contrarsi e distendersi ritmicamente seguendo sequenze che la sua memoria motoria aveva imparato a perfezione.
Era come un ballo col vento, dove ogni passo lo conduceva sempre più vicino al gran finale, tra ritornelli e volute eleganti, sinfonie e rotazioni in aria degne dei migliori giocatori.
Respirò a pieni polmoni, sentendoli bruciare per l’aria gelida, e rise mentre i capelli biondi frustavano il viso con forza, facendolo sentire vivo.
Non avrebbe saputo come sentirsi meglio, almeno fino a che il suo sguardo vigile, viziato da sette anni come Cercatore della squadra Serpeverde, non incrociò un dettaglio ai lati della sua capacità visiva.
Una chioma rosso rubino, che si dirigeva verso il Campo da Quidditch.
O meglio, verso di lui.
E mentre scendeva, il cuore che batteva all’impazzata riconosceva sempre più quei dettagli su cui i suoi occhi si erano posati da qualche tempo a quella parte, e che lo tormentavano continuamente.
Le gambe pallide, il viso pieno di lentiggini e gli occhi color del cioccolato.
Le labbra screpolate e lo sguardo tagliente, dannatamente intrigante, o almeno così lo percepiva Scorpius.
E all’improvviso il formicolio tornò, mentre sul viso gli si dipingeva un sorriso ben poco rincuorante.
 
 
***
 
 
«Lily Luna Potter! Quale enorme piacere trovarla qui, e che straordinaria casualità, non crede?»
Ethan sfoderò un sorriso smagliante, mentre sul viso della rossa brillava un’espressione confusa e le sopracciglia si inarcavano sdegnosamente.
«Piacere? Di che diavolo stai parlando Flint? Stavo solo andando a trovare Hagrid e poi, dopo lo scontro sul treno, credevo che…» iniziò Lily, interrotta subito da un gesto di Ethan che stava a significare quanto quella lite fosse già stata dimenticata.
«Quisquiglie, scaramucce e niente più. Sai Potter, devo anzi ringraziare la buona stella che ci ha fatto dialogare sul treno: mi ha permesso di ammirare meglio quanto madre natura sia stata generosa nel donarti un intelletto e, ovviamente, anche un corpo ben sopra la media.» continuò poi il Serpeverde, allargando il sorriso divertito.
Le guance della Grifondoro si imporporarono immediatamente, mentre gli occhi nocciola mandavano saette e la bocca si apriva senza parole, oltraggiata dai complimenti di Ethan.
«Senti un po’, non so quale polvere strana ti sia andata di traverso a Pozioni, ma lascia il mio intelletto e la mia bellezza fuori dal tuo radar visivo sciupafemmine, sessista e maledettamente misogeno, razza di-»
«Sessista? Misogeno? Così mi offendi!» esclamò contrariato Ethan, portandosi una mano al cuore in modo teatrale.
«Al contrario di ciò che tu hai affermato, io sono assolutamente il primo fan delle donne. Vi trovo affascinanti, creature eleganti e ricche di qualità che, ahimé, la maggior parte del genere a cui appartengo non possiederebbe nemmeno sotto i migliori auspici. Ovviamente, io non sono tra questi, ma la fortuna sorride agli audaci, e non tutti possono esserlo quanto lo sono io da, beh, sempre.» concluse Ethan, scompigliandosi in modo seducente i capelli.
Si stava divertendo un mondo, ed era avido di scoprire ogni più recondita sfaccettatura dell’anima rosso fuoco che aveva stregato il suo migliore amico.
Si potevano dire molte cose, ma che Ethan Flint fosse uno sciocco, assolutamente no. Egli incarnava l’intelligenza e la furbizia Serpeverde, unite ad altrettanto fascino e scaltrezza. Sapeva come ottenere qualcosa, e sapeva come farlo senza farsi scoprire.
Sorrise tra sé e sé, pensando che forse l’unica persona che lo conoscesse meglio di se stesso fosse Selene, e a come lei aveva captato fin da subito un’ombra scura sulle sue reali intenzioni.
«Tu, tu sei l’essere più egocentrico che Hogwarts abbia mai-» iniziò con fervore Lily, infastidita dall’aria superba e finta che emanava Ethan da ogni poro, ma ancora una volta il Serpeverde zittì le sue proteste.
«Mi spiace, mio piccolo giglio, ma ora non ho proprio il tempo di sentire le meravigliose e sentite adorazioni della mia persona. In effetti, sono tremendamente in ritardo per una certa cosa, e dovrei proprio dire a Scorpius che non riuscirò a raggiungerlo sul Campo da Quidditch. Come fare, come… ma certo! Tu potresti andare ad avvisarlo!» concluse esaltato Ethan, godendosi lo sguardo perso di Lily e le labbra che venivano morse per l’agitazione.
“Lupus in fabula.”
«Io? Cosa credi, anche io ho dei programmi, Flint!» esclamò Lily, cercando un po’ di quel coraggio che fino a poco prima l’aveva persuasa di potersi confrontare con chicchessia senza problemi.
Un po’ di quel coraggio che la persuadeva da tutta la vita, insomma.
«Lo so, l’hai detto prima: devi andare da Hagrid! Caso straordinario, giusto sulla via per raggiungere quella – ehm – abitazione…» pronunciò Ethan con ribrezzo, pensando a come e perché qualcuno volesse entrare o anche solo avvicinarcisi, vista la puzza nauseabonda «…si trova il Campo da Quidditch, dove proprio ora un povero e sconsolato Malfoy starà piangendo tutte le sue lacrime, attendendo con passione l’arrivo del fedele migliore amico. Non possiamo permetterlo, vero? Perfetto! Alea iacta est, Lily. Grazie mille per l’aiuto, ci vediamo presto!» concluse Ethan, abbandonando la ragazza e dirigendosi senza più voltarsi indietro verso i piani superiori, lasciando Lily sbigottita e incapace di comprendere che sì, era stata abilmente manipolata da Ethan Flint.
Dopo pochi secondi bestemmiò Salazar, Morgana e tutti i Santi Magici e sbuffando si diresse verso il Campo di Quidditch.
Si chiese perché non avesse reagito prontamente, invitando Flint a consolare da solo Scorpius Malfoy o al limite a non metterla in mezzo tra le loro vicende pseudo-amorose.
Stava giusto meditando di acchiappare uno dei primini che le passavano accanto, lungo il giardino di Hogwarts, e obbligarlo a recapitare il messaggio al suo posto, quando i pensieri si persero nel vuoto, mentre entrava nello Stadio e lo vedeva.
Scorpius volteggiava con destrezza e rapidità tra i cerchi da Quidditch, elegante e sinuoso. I capelli biondi che gli frustavano il viso, e quella felicità immensa che aveva visto tante volte sul viso di James o Albus, mentre giocavano.
Solo che sul suo, di viso, sembrava più vera, più magica.
Gli donava, in un modo che a cui Lily aveva più volte pensato ma che si era ripromessa di non provare mai più per Scorpius.
E quando lo vide scendere, probabilmente dopo averla notata mentre come un’idiota lo fissava, bocca aperta e occhi a cuoricino – Morgana, che sia maledetta una Potter in grado di nascondere le emozioni! -, Lily sentì il battito accelerare senza sosta, convinta ormai che l’avrebbero dovuta internare al San Mungo nel Reparto di Psichiatria.
Ovviamente notò la divisa di Volo dei Serpeverde, bagnata di sudore e aderente al corpo che metà Hogwarts agognava – club di cui non avrebbe mai voluto far parte, per inciso.
Quando le fu davanti, le sembrò di captare un’ombra di sorriso sul viso pallido e un guizzo strano negli occhi grigi, ma pensò di esserselo sognata.
«Non sapevo di avere il fan-club ad assistere. Mi sarei messo in posa, se avessi voluto fare una foto da appendere al tuo letto a baldacchino, Potter.» la provocò Scorpius, ghignando del suo sguardo furente e del rosso in zona orecchie così tipico dei geni Potter.
Lily decise di stare al gioco, e mise su un’aria falsamente innamorata e impacciata.
«Oh, Malfoy sa il mio nome. Lui sa il mio nome! Che meravigliosa giornata, ora posso posticipare ancora un po’ la mia volontà di porre fine all’insulsa monotonia che è la vita senza Scorpius Hyperion Sono Figo e Lo So Malfoy.» lo beffeggiò senza pietà, alzando gli occhi al cielo quando l’altro allargò il ghigno divertito.
«Wow Potter, sei addirittura più persa di Millicent Adalbeer. Poverina, ha minacciato di buttarsi dalla Torre di Astronomia stamani, quando le ho gentilmente detto che no, non sarei andato con lei ad Hogsmeade il prossimo weekend, né quello dopo o quello dopo ancora.»
Lily sbuffò, alzando le spalle.
«Non darti arie, la Adalbeer minaccia di buttarsi giù da qualsiasi cosa almeno venti volte al giorno. L’unica cosa che riesce a far cadere sono i boccini della gente purtroppo, magari un volo le chiarirebbe le idee su cosa voglia dire avere un briciolo di dignità.»
Lily si ritrovò a sorridere inconsciamente, sentendo la risata sincera di Scorpius.
«Quindi, se non sei qui per me, cosa che mi spezza il cuore tra l’altro, perché sei qui, Potter?» le domandò dopo, continuando a guardarla come se dovesse sparire da un momento all’altro.
Come se avesse il dono di far sparire tutto il resto.
Lily si sistemò un ciuffo ribelle dietro l’orecchio e distolse lo sguardo da Scorpius, osservando malinconica il Campo di Quidditch.
«Sono stata incastrata da quella viscida creatura che tu definisci migliore amico. Voleva farti sapere che non verrà qui e che il mondo crollerà per questo, implodendo in una nube del suo immenso ego e l’apocalisse ci annienterà tutti e bla bla bla.» esclamò Lily, un’espressione costernata sul volto mentre prendeva in giro le manie di grandezza del Serpeverde.
Scorpius sospirò teatralmente, in un modo che ricordò non poco Ethan, e aggiunse ferito:
«Povero me, dopo questa notizia credo dovrò andare a fare compagnia alla Adalbeer.»
Lily sorrise divertita guardandolo, prima di voltarsi verso chi la stava chiamando a gran voce.
Hugo e Sophie l’aspettavano all’inizio delle Tribune, uno visibilmente esterrefatto e l’altra altrettanto visibilmente gongolante.
E Lily odiava vedere Sophie gongolare di lei.
Salutò Scorpius con un vuoto “Beh, ci si vede” e si affrettò a raggiungere i due migliori amici.
 
Nessuno seppe quanta forza dovette usare su se stessa per non voltarsi indietro, e nessuno vide lo sguardo un po’ deluso con cui Scorpius si diresse verso Hogwarts, deciso a farsi una doccia prima di scendere per il grande banchetto della sera.
E poi, anche se l’avessero visto, chi avrebbe mai potuto capire il sorriso sognante che comunque gli animava il volto, una volta vestito e sceso in Sala Grande, due ore dopo?
 
«Scorp, che hai? Merlino, tra te e Ethan non fate una persona con uno spettro emozionale che non sfiori il patologico, viste le vostre continue oscillazioni d’umore.» sussurrò Selene, una volta che si furono accomodati al loro posto. In effetti Ethan, seduto come al solito accanto a Malfoy, sembrava fin troppo taciturno.
Scorpius alzò le spalle, muovendo distrattamente il viso e adocchiando per pochi decimi di secondo il volto lentigginoso che sorrideva ai parenti, al tavolo di Grifondoro.
Gli sembrò di rivivere sottopelle quei pochi minuti passati a scherzare con lei, con lei che era una Potter e lui che era un Malfoy, ma che in quel momento erano stati solo Lily e Scorpius e dio, dio quanto era stato inebriante!
Come attratta da una calamita, Lily si voltò verso di lui, ma Scorpius si girò in fretta, temendo che potesse comprendere fin troppo bene i pensieri che gli affollavano la mente.
 
«Buonasera studenti! E’ arrivato il giorno tanto atteso, so che siete in trepidante eccitazione quanto me per scoprire chi sarà il Campione di Hogwarts!»
Le parole della McGranitt vennero accolte con urla, ruggiti di approvazione ed applausi emozionati da tutta la Sala.
Dopo un cenno, gli studenti tacquero e fissarono ricchi di aspettative il Calice di Fuoco, accanto alla Preside.
«Non voglio indugiare oltre e sfruttare la vostra pazienza. Preciso solo che, come tutti sapete, in questo stesso momento nelle scuole di Beauxbatons e Durmstrang si sta procedendo con la rivelazione del Campione. Quando arriveranno il 31 Ottobre, dunque, i Campioni saranno già stati svelati e ciò a favore di una più completa conoscenza dei suddetti da parte di ogni studente, anche grazie alla prima edizione della Felix Felicis, che verrà distribuita dal gruppo di giornalisti di Hogwarts capitanato da Lily Potter, domani a pranzo.»
Qualche testa si voltò verso Lily, ma questa vi si era abituata e non ci prestò molta attenzione.
Scorpius notò che le sue mani tremavano e che la rossa continuava a lanciare sguardi preoccupati verso un gongolante Albus Potter.
Un po’ si sentì in colpa per tutte le volte che, in quei giorni, aveva sperato che un drago si sedesse sulla faccia di Albus Potter: chissà, magari gli sarebbe entrato un po’ di sale in zucca.
«E ora, non perdiamo tempo. Che il Calice riveli il Campione di Hogwarts per il Torneo Tremaghi di quest’anno!» esclamò a gran voce la McGranitt, mentre un silenzio di tomba accoglieva il foglietto bruciato uscito dalle fiamme azzurre.
L’anziana Preside lo aprì, e sorrise all’indirizzo della Sala Grande.
«Il Campione di Hogwarts è… ALBUS SEVERUS POTTER!»
Un boato di gioia e grida di esultanza eruppero dalla tavolata rosso-oro, mentre Albus Potter sorrideva felice come un elfo domestico pieno di vestiti da lavare.
Scorpius lanciò uno sguardo a Lily, che osservava la scena ammutolita e sembrava essere sbiancata.
Si girò verso Ethan e Selene.
Il primo sembrava incomprensibilmente infastidito, la seconda confusa quanti quanto lui dall’atteggiamento strano del Serpeverde moro.
Alla fine Selene sospirò, facendo segno a Scorpius di ignorare Ethan, e gli parlò.
«Visto? Te l’avevo detto, era oltremodo ovvio.»
Scorpius convenne con l’amica e iniziò a fantasticare insieme a lei sulle prove che avrebbe dovuto affrontare il Potter mediano.
La voce della McGranitt scivolava nelle orecchie di Scorpius come sottofondo, mentre parlava di cose noiose come i Fondatori, e una novità del Torneo.
All’ìmprovviso tacquero tutti, ma Scorpius non vi prestò molta attenzione, mentre la sua mente ripensava ai capelli rosso rubino di Lily.
“Chissà, quando suo fratello sarà sbranato da qualche creatura magica forse gli servirà una spalla su cui piangere”.
«Scorpius.»
La voce preoccupata di Selene lo richiamò alla realtà.
I suoi due migliori amici lo fissavano, lei vinta dal terrore, lui con un sorriso smagliante in volto e vispi occhi azzurri.
Ma non erano i soli a guardarlo, poté constatare.
In effetti, tutta la Sala Grande lo stava fissando, un silenzio carico di tensione.
Scorpius notò con orrore che perfino gli insegnanti e la Preside lo fissavano, un sorriso incoraggiante in volto.
«Scorpius. Hai…hai capito?» domandò Selene, la voce ridotta ad un sussurro.
Scorpius negò e Ethan iniziò a ridere, battendogli la mano sulla spalla.
«E’ il millenario della fondazione di Hogwarts Scorp, e quindi hanno deciso di sfruttare il Torneo per stringere nuovi rapporti di amicizia anche all’interno della Scuola. UN TORNEO A SQUADRE, SCORP! E indovina chi sarà il compagno di Potter?» esultò Ethan, quasi fosse stato merito suo.
 
Anzi, proprio come fosse stato merito suo.
Accadde tutto molto lentamente: Scorpius si alzò dal tavolo, centinaia di occhi che seguivano ogni suo movimento.
Guardò Albus Potter, il viso privo di qualsiasi colore, e poi Lily, che lo fissava con la bocca aperta in una “O” perfetta, e infine Ethan.
Ethan che continuava a sorridere, Ethan che sembrava un bambino a Natale.
 
Ethan che bestemmiò sonoramente, quando Scorpius gli si avventò contro, in un ottimo esempio di rissa babbana.







Angolo Autrice:


Scusate l'immenso ritardo! Ho avuto problemi personali davvero poco piacevoli, di cui non vi parlerò per ovvie ragioni, ma spero potrete perdonarmi grazie a questo, lunghissimo capitolo! Allora, che ne dite? Io amo la coppia James/Dominique quindi non potevo assolutamente evitare di inserirla. Come avevo già detto, questa sarà la storia di Lily e Scorpius, ma gli altri personaggi esistono e sono talmente meravigliosi che sarebbe un peccato non dar loro il giusto peso. L'idea di Scorpius e Albus in squadra insieme è esilarante, ne accadranno delle belle. Ovviamente, come preciserò nei capitoli successivi, anche Beauxbatons e Durmstrang saranno a coppie, altrimenti Hogwarts vincerebbe facimente, due contro uno, no? Non so che altro dire, se non ringraziare infinitamente le 27 persone che hanno inserito la storia nelle seguite e i tre angeli che hanno voluto dedicare qualche minuto del loro tempo a farmi sapere com'era il capitolo precedente: mikymusic, Taby Lily Potter e Maga_Merlina! Fatevi sentire numerosi anche oggi, ne sarei entusiasta! Vi rimando al prossimo capitolo, sperando di non dovervi far aspettare tanto a lungo.
Biscotti al cioccolato per tutti e buona giornata!

SilverKiria

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***






CAPITOLO 4



 
Roxanne Weasley si smaterializzò poco prima del cancello della Tana, controllando che il dolce che aveva fatto in casa non si fosse rovinato durante la smaterializzazione.
Roxanne amava cucinare tanto quanto suo fratello gemello Fred amava divorare le sue creazioni, il che li aveva sempre resi uno sketch comico della loro famiglia.
E proprio mentre stava ricordando con un po’ di nostalgia le liti interminabili con Fred per la distruzione accelerata dei suoi biscotti all’uvetta, quando aveva solo otto anni; il fratello le si smaterializzò accanto, facendola quasi cadere.
Roxanne si voltò verso di lui, rispondendo al suo ghigno divertito con uno sguardo omicida.
«Ci ho messo cinque ore per cucinare questo dolce, Fred. Giuro su Morgana che se osi anche solo sfiorarlo prima che il nonno lo abbia assaggiato, io ti-»
«Rilassati Roxy! Sei sempre così melodrammatica, dovresti prenderti una vacanza. Magari con il tuo caro David, che ne dici?» la provocò Fred, facendola boccheggiare e ridendo di gusto nel vederla in difficoltà.
«Tu…tu come…se dici una parola a papà, ti appendo per i boccini al mulino a vento, sono stata chiara?» sussurrò minacciosa, ma l’altro liquidò la faccenda facendo il segno di chiudersi la bocca con una cerniera.
«Ovviamente però, mi aspetto qualche ricompensa. Qualche dolce ricompensa, per questo servizio.» le bisbigliò all’orecchio, mentre si dirigevano verso la porta della strampalata casa Weasley.
Roxanne notò come stesse già adocchiando l’involucro che la ragazza portava tra le mani, e roteò gli occhi, riflettendo che suo fratello non sarebbe mai cambiato.
I due gemelli di casa Weasley condividevano la pelle color caramello nata dall’unione di quella dei genitori, brillanti occhi color pece e fluenti capelli scuri. Se quelli di Fred però erano disordinati e lisci, portati lunghi fino  alle spalle e stretti in un codino, quelli di Roxanne ricadevano in morbide volute sulle spalle.
Fred era alto come James, verso il metro e ottanta, mentre Roxanne si fermava al metro e settancinque.
Entrambi avevano ereditato la scaltrezza e l’intelletto furbo del padre, e Fred aveva collaborato con James e Albus durante gli anni ad Hogwarts per dare lustro al suo predecessore, inventando scherzi che perfino George Weasley aveva ammirato, anche se fingendo di ricoprire le vesti di genitore preoccupato dall’esuberanza del figlio.
Roxanne invece si era dedicata allo studio, ottenendo voti eccelsi quasi quanto quelli di Rose, e aggiudicandosi una borsa di studio per la scuola di Cucina Magica di Londra.
Fred bussò alla porta della Tana e dopo pochi secondi entrambi i ragazzi vennero stritolati da un paio di braccia calde e accoglienti.
Molly Weasley aveva ormai i capelli bianchi e rughe sul viso, ma rimaneva praticamente identica alla nonna amorevole e alla madre paziente che era stata da giovane.
«Oh, finalmente siete arrivati! Manca solo James, ha detto che doveva passare da qualche parte questo pomeriggio, e Dom non riuscirà a venire. Che dolce, ha portato il suo regalo stamattina alle otto in punto, non voleva assolutamente perdere l’occasione di salutare vostro nonno! Roxy! Hai fatto la torta? Diventi sempre più brava! Venite, venite, gli altri sono già tutti in giardino.» li accolse calorosamente nonna Molly, prendendo il pacchetto tra le mani di Roxanne e scomparendo in cucina.
I figli di George Weasley percorsero la strada che ormai conoscevano a memoria e sbucarono nel giardino della Tana.
Un lungo tavolo di legno ricco di festoni colorati, tovaglioli salterini e deliziose pietanze dall’aspetto oltremodo succulento li attendeva, insieme a regali di ogni forma e gran parte della loro famiglia, che ora era in piedi a gustarsi un bicchiere di Idromele.
Roxanne individuò George Weasley e gli corse subito tra le braccia: a causa dell’enorme quantità di tempo che dedicava allo studio, ormai non riusciva più a vederlo tanto quanto desiderava.
George sorrise dolcemente, accarezzandole i capelli, e con il lungo braccio riuscì a scompigliare affettuosamente anche la testa di Fred, che gli scoccò uno sguardo irritato da quelle attenzioni da bambino.
«Hey! Le mie piccole pesti, è tanto che non ci si vede!» esclamò gioioso, mentre Roxanne e Fred ricevevano l’abbraccio della madre e iniziavano a salutare anche tutti gli altri, ovviamente partendo dal festeggiato.
Arthur Weasley, radi capelli bianchi in testa e un sorriso enorme in volto, sedeva a capotavola, circondato dall’amore della famiglia che aveva faticosamente costruito e per cui aveva lottato tutta la vita.
Dopo Arthur fu il turno di salutare zio Bill, che si congratulò con Fred per il codino praticamente identico al suo, zia Fleur, zio Percy, zia Audrey, zia Hermione, zio Ron, Victoire, Teddy – ormai parte integrante della famiglia anche in quanto fidanzato di Victoire -, zia Ginny e infine zio Harry.
Roxanne abbracciò in modo particolare quest’ultimo, con cui aveva sempre avuto un rapporto molto stretto, grazie anche alle sue innate doti da cercatrice formidabile sul Campo da Quidditch.
La ragazza appurò però con dispiacere che i volti di Harry Potter e Ginny Weasley possedevano una sfumatura di preoccupazione e comprese immediatamente a cosa fosse dovuto.
«Qualche novità da Hogwarts? Dovrebbero rivelare i nomi a momenti immagino. Sia io che Fred abbiamo scritto ad Al, comunque.» disse Roxanne, sorridendo quando Harry le rivolse un sorriso stanco.
«Grazie Roxy. Credo gli abbiano scritto tutti, ma francamente dubito che sortirà qualche risultato: Al è troppo simile a me per ascoltare le persone.»
Roxanne si lasciò andare ad un sorriso dolce, e raggiunse l’ampio buffet disposto sul tavolo, gustandosi alcuni spuntini cucinati da nonna Molly.
«E quando si dovrebbero sapere i risultati?» domandò Fred, ignorando lo sguardo eloquente della madre che lo invitava a non parlare con la bocca evidentemente piena di sandwich al prosciutto e uova.
«Stasera. Penso che a minuti arriverà una comunicazione ad Harry.» sospirò Ginny, sedendosi sfinita su una delle sedie di plastica.
Harry la raggiunse e le si mise dietro, appoggiando con amore le sue mani sulle spalle della moglie e stringendola affettuosamente, cercando di trasmetterle un po’ del coraggio che gli era rimasto.
Fred dal canto suo stava giusto per cominciare a dire quanto secondo lui si stessero preoccupando eccessivamente, dopotutto nei Tornei Tremaghi erano morte ben poche persone.
Giusto qualcuna, qualche secolo fa.
Tuttavia George Weasley intuì le intenzioni del figlio e lo dissuase sottovoce a fare commenti di qualche tipo.
Fred sospirò e ricominciò a mangiare, odiando come sempre come suo padre, sua madre e la sua gemella sapessero praticamente leggergli la mente con uno solo sguardo.
«Vedrete che andrà tutto bene, insomma, anche se fosse…Al sa il fatto suo… e magari non succederà nulla! Non sappiamo cos’abbia deciso.» disse Ron, cercando di risollevare il morale a tutti, ottenendo solo un timido sorriso da Hermione come risposta.
«Grazie per il tentativo Ron, ma direi che tutti noi sappiamo com’è fatto Al.» esclamò Harry, pulendosi gli occhiali con la bacchetta.
«Beh, comunque sia penso sia inutile continuare a parlarne.» disse Fred, non badando agli sguardi omicidi di suo padre e sua madre, e fingendo di non sentire il calcio che Roxanne gli assestò sulla caviglia.
«Cosa vuoi dire Fred?» domandò Arthur pacatamente, riempiendo quella domanda di una muta supplica per farlo riflettere attentamente sulle parole che avrebbe detto.
«Che non ha senso continuare a discuterne: ecco lì il gufo che stavamo aspettando!» esclamò divertito dalla situazione, mentre tutti si voltarono verso il punto del cielo indicato da Fred.
In effetti, appena visibile alle luci delle lanterne appese sugli alberi del giardino della Tana, un gufo grigio fumo appartenente al Ministero stava planando verso di loro, con una pergamena dalle dimensioni ragguardevoli legata sulla zampa sinistra.
 
«E che Merlino ci assista.» sussurrò Harry, mentre slegava velocemente la missiva dal pennuto, pochi istanti dopo.
 
 
***
 
 
Scorpius Malfoy seguì silenziosamente la professoressa McGranitt lungo i bui corridoi di Hogwarts, evitando di incrociare lo sguardo furioso della figura al suo fianco.
Sentiva il labbro pulsare lì dove Ethan aveva sferrato il suo pugno destro e le nocche delle mani bruciare dolorosamente per la colluttazione.
Si sfiorò con un dito l’occhio sinistro, imprecando mentalmente quando una fitta di dolore gli attraversò la testa.
“Fantastico, avrò un elegante occhio nero domani. Fanculo.” pensò tra sé e sé.
Tuttavia lo rincuorò il pensiero che anche Ethan non avrebbe dormito bene quella notte: gli aveva lasciato un vistoso livido sulla guancia destra e qualche botta all’altezza del mento, che con sommo orrore e rumoroso lamento del proprietario, andava gonfiandosi sempre più.
Purtroppo però erano stati separati quasi subito, impedendo a Scorpius di vendicarsi dell’amico.
«Professoressa McGranitt, l’infermeria è dall’altra parte.» la informò cupo Ethan, accigliandosi quando la docente lo zittì con la sola forza di uno sguardo tagliente.
«Non stiamo andando in infermeria, signor Flint. Non penso che vi meritiate cure immediate, dopo lo scandaloso spettacolo che avete dato poco fa. In effetti, medito di lasciarvi così fino a Natale, se una volta arrivati nel mio ufficio non vi deciderete a darmi qualche valida spiegazione che eviti a Serpeverde di perdere altri cinquanta punti la seconda settimana di scuola.» sputò inviperita la donna, riuscendo a bloccare sul nascere perfino le reticenti esclamazioni afflitte di Ethan.
Scorpius non diede peso alla perdita dei punti, o alle minacce della Preside: per quanto fosse infuriato, e probabilmente sentiva di non essersi mai infuriato tanto con Ethan, non avrebbe mai tradito il migliore amico.
Sapeva che il Serpeverde moro, che ora gli camminava a fianco tastandosi sconsolato il mento, aveva stupidamente messo il suo nome dentro il Calice, e che per colpa sua ora si sarebbe dovuto sorbire un ultimo anno accanto a –ugh- Albus Potter.
Eppure era altrettanto conscio che quello che aveva fatto Ethan andava oltre le sue solite buffonate, e sarebbe finito sulla bocca di tutti, anche e soprattutto fuori da Hogwarts.
Si immaginava già i titoli della Gazzetta del Profeta che urlavano a squarciagola “SCORPIUS MALFOY INCASTRATO NEL TORNEO! ETHAN FLINT ESPULSO DA HOGWARTS E INVITATO A PRESENTARSI AL WIZENGAMOT!”.
Ok, probabilmente l’immaginazione stava correndo veloce, ma comunque restava il fatto che un processo quantomeno mediatico ci sarebbe stato eccome.
E fu così che, una volta seduti di fronte alla Preside e sottoposti a due lunghe ore di interrogatorio, con lo stomaco peraltro totalmente vuoto e clamorosamente impegnato a far sentire questa mancanza, Scorpius Malfoy si avvicinò quasi all’animo Grifondoro in quanto lealtà, mentre raccontava come Ethan gli avesse rubato la ragazza.
Ovviamente Ethan resse il gioco, e altrettanto ovviamente Minerva McGranitt decise sconfitta di lasciar perdere le menzogne dei due, quando vide l’orologio a pendolo segnare le undici passate.
Intimò loro di non azzardarsi a ripetere mai più una cosa simile, e nonostante le rimostranze di Ethan rimase fermamente convinta di non farli partecipare alle prime due uscite ad Hogsmeade, sapendo quanto i ragazzi del Settimo Anno ci tenessero a prendervi parte. E concluse togliendo altri venti punti a Serpeverde, giusto per far tacere Ethan una volta per tutte.
Scorpius ignorò anche il divieto delle uscite a Hogsmeade, considerando che l’unica persona con cui ci sarebbe davvero voluto andare gli era al momento alquanto inaccessibile purtroppo.
Rimase in silenzio, rimuginando sugli eventi e cercando di capire quale motivo avesse spinto Ethan ad incastrarlo in quel Torneo infernale.
Perché lui lo sapeva, Ethan Flint non faceva mai qualcosa per caso.
Sulla strada del ritorno Scorpius continuò il suo silenzio tombale, evitando perfino di guardare Ethan e dimostrandosi impassibile ai suoi continui lamenti su quanto gli facesse male il mento, su quanto Scorpius dovesse sfogare la sua aggressività in ben altri modi e perfino sui suggerimenti sul come integrare l’aggressività ad altre ben più soddisfacenti mansioni.
Furono subito assaliti da una marea di gente non appena entrati nella Sala Comune, ma Scorpius non badò a nessuno, facendo solo un rapido cenno a Selene che li guardava tra l’arrabbiato e il preoccupato. Bastò quel gesto affinché lei capisse di doverlo raggiungere in Sala Comune alle tre di notte, come da anni facevano in segreto quando avevano bisogno di sfogarsi senza spettatori attorno.
Lei accennò un sorriso, prima di tornare algida come sempre e dirigersi verso il Dormitorio Femminile.
Ethan rimase pochi minuti giù, inventando storie di tradimenti, lussuria e orgoglio maschile, che Scorpius non volle nemmeno sentire.
Si sdraiò vestito sul letto, sospirando e bestemmiando sottovoce, al pensiero di cosa avrebbe dovuto affrontare di lì a poco.
Per un secondo pensò al Ballo del Ceppo, facendo indugiare i suoi pensieri sull’immagine di Lily con un vestito elegante, stretta a lui a ritmo di musica.
Quando avvertì il tonfo del corpo di Ethan che si lasciava cadere sul letto accanto non si girò nemmeno, e attese le parole che sapeva sarebbero arrivate.
«Hai capito perché l’ho fatto?»
Scorpius negò.
«Me ne chiederai il motivo?»
Scorpius negò ancora.
«Sai che non te lo direi, vero?» sogghignò Ethan, mentre il biondo gli rispondeva tranquillo.
«Già. Sei fin troppo prevedibile.»
Ethan esclamò di sentirsi offeso, e lo accusò di non aver affatto sospettato di lui negli ultimi giorni.
«Selene l’ha fatto.» disse Scorpius, girandosi verso l’amico.
Il sorriso giocherellone di prima sembrò incresparsi, mentre gli occhi furbi d’un tratto diventavano seri e un po’ malinconici.
«Sì, infatti. Fa paura come mi conosca bene, sai?» sussurrò Ethan, giocherellando con il cuscino ed evitando accuratamente di guardare negli occhi il migliore amico.
Scorpius sapeva che qualcuno avrebbe potuto confondere quelle parole come confessioni di un amore nascosto, ma lui conosceva troppo bene Ethan per poterci cascare: Ethan non era mai banale, nemmeno nei sentimenti. Tendeva ad ostentare talmente tanto amore finto, da non saper più riconoscere quello vero, perfino con lui e Selene.
«Fa paura come tu sia perspicace solo nelle cose che non ti riguardano.» rispose Scorpius, lasciando Ethan da solo a pensare e andando in bagno a sciacquarsi il viso e le nocche doloranti.
E l’acqua celò al mondo il sussurrò solitario di Ethan, poco prima di coricarsi.
 
«Ti sbagli, perché anche io conosco altrettanto bene Selene. E questo fa davvero paura.»
 
 
***
 
 
Draco Malfoy attirò a sé Astoria con un gesto, impedendole di alzarsi dall’enorme letto a baldacchino.
La donna sorrise maliziosa, sussurrando con voce elegante che doveva recarsi al Ministero.
Nonostante l’impegno di gestire una proprietà come il Malfoy Manor, la vita pubblica che essere moglie del Primago del maggiore Ospedale Magico di Inghilterra comportava, tra feste, inaugurazioni ed eventi, e ovviamente l’essere madre; Astoria Greengrass in Malfoy non aveva rinunciato al suo prestigioso lavoro come Capo Dipartimento della sezione Controllo sull’Applicazione della Magia.
Astoria cercò di liberarsi dall’abbraccio del marito, che la stava di nuovo trascinando sotto le coperte e allo stesso tempo cercava di sfilarle la costosa lingerie francese.
«Draco dai, devo ancora iniziare a redigere il verbale della settimana scorsa.» rise la donna, mentre il marito le faceva il solletico baciandole il collo.
«Dai, questo verbale non lo redigevamo da un sacco di tempo.» disse Draco, scendendo lungo la schiena con la sua scia di baci.
Lei riuscì a togliersi con agilità dal marito, e iniziò a rivestirsi prima che lui potesse riacciuffarla.
«In realtà questo verbale l’abbiamo redatto già tre volte, oggi. E due ieri, e un’altra l’altro ieri.» scherzò Astoria, sorridendo all’indirizzo del finto broncio che aveva messo su il marito.
«Appunto. Ultimamente non lo stiamo facendo quasi mai.» sbuffò Draco, decidendo di alzarsi a sua volta, e infilandosi una camicia pulita e un paio di pantaloni scuri sopra i boxer neri.
«Tu hai aspettative irreali.» lo redarguì giocosamente Astoria, baciandolo in bocca e chiedendogli con lo sguardo di agganciarle la collana di diamanti che le aveva regalato per il loro ultimo anniversario.
«Guardati, sei bellissima. Sei tu che crei aspettative irreali.» rispose Draco, sorridendo dolcemente.
Osservò la moglie prepararsi e si sfiorò istintivamente l’avambraccio sinistro, piegando il sorriso in una smorfia.
Odiava con tutto se stesso quel marchio indelebile che lo incatenava con la memoria ad un passato lontano, a tutti gli errori commessi.
Poco dopo Astoria gli prese la mano sinistra, scostò la camicia bianca sotto lo sguardo attento del marito e si portò il Marchio Nero alle labbra, in un bacio dolce e casto.
«Non pensarci Draco, ora basta.» gli sussurrò all’orecchio, mentre a quelle parole il marito la stringeva a sé in un abbraccio senza bisogno di parole.
Draco Malfoy si sentiva completo, come non pensava ci si potesse sentire: aveva un lavoro che lo soddisfaceva, e segretamente gli permetteva, paziente dopo paziente, di redimersi dal passato; una moglie che amava e che lo amava a sua volta profondamente, e un figlio che semplicemente era tutto il suo mondo.
Un figlio meraviglioso, che incarnava tutte le speranze di Draco per il futuro e per il quale non poteva che dare il meglio di sé, giorno dopo giorno.
Stava giusto pensando questo, quando un gufo planò dolcemente sul letto attraverso il balcone aperto della camera da letto.
Draco afferrò sospirando la missiva del Ministero, pensando potesse essere una convocazione per un consulto, magari da parte di Potter in persona, ma scoprì di sbagliarsi.
Lesse la lettera una, due, cinque volte.
E ad ogni nuova lettura, diventò sempre più pallido.
«Astoria, amore…» chiamò Draco con un filo di voce, sentendo la moglie rispondergli dal bagno domandandogli di cosa avesse bisogno.
«Tu conosci qualcun altro che si chiami Scorpius Hyperion Malfoy?»
Astoria emerse dalla stanza attigua, guardando il marito come se dovesse sparire da un momento all’altro in una nuvola di fumo viola.
«Scusa?» chiese guardinga, notando solo in quel momento l’eccessivo pallore di Draco, e la lettera che teneva tra le mani, con una forza incredibile.
«C’è un altro Scorpius Hyperion Malfoy ad Hogwarts vero? Cioè, ad Hogwarts, al Settimo Anno, e a Serpeverde. Deve esserci, altrimenti, ti giuro, non rimarrà nemmeno quello che già abbiamo quando avrò finito con lui.» ringhiò Draco, stritolando il povero pezzo di pergamena fin quando la moglie non glielo sfilò dalle mani, iniziando a leggere a sua volta.
Inutile dire che Astoria Greengrass in Malfoy non andò al Ministero quella sera.
Anzi, non fece proprio niente, se non starsene seduta a guardare le foto di Scorpius, del suo piccolo Scorp, da piccolo, e domandarsi cos’avesse sbagliato nell’educarlo per renderlo succube di manie suicide, o comunque masochiste.
Draco fu più magnanimo: si limitò a scrivergli una piccola lettera. Di appena undici pagine.
 
 
***
 
 
Il giorno dopo Lily Luna Potter si guardò allo specchio e sentì di poter competere con la piovra del Lago, in quanto ad avvenenza.
Delle occhiaie scure contornavano gli occhi nocciola, gonfi per la carenza di sonno, e le orecchie le sembravano ancora tappate, forse stanche dopo tutto il trambusto della sera prima.
Inutile dire che una volta che la McGranitt aveva ristabilito l’ordine, la sera prima, la Sala Grande era scoppiata in una rivolta: i Serpeverde ritenevano inconcepibile che il loro beniamino platinato dovesse fare squadra con la mezza calzetta di Potter, mentre i Grifondoro denunciavano non regolare la sconfitta che sicuramente avrebbero subito, se Albus e Malfoy fossero stati costretti davvero a gareggiare insieme.
E ovviamente, quando un Corvonero aveva brillantemente suggerito che uno dei due doveva ritirarsi, Serpeverde e Grifondoro si erano scagliati gli uni contro gli altri, urlando il nome del vero campione di Hogwarts, a seconda di quale Casa si facesse parte.
Mentre i professori avevano provveduto a sedare la rivolta in atto, Lily si era ritrovata in una tempesta di domande, elogi e insulti o da parte dei Grifondoro o dai Serpeverde.
Albus aveva raggiunto un colorito verdognolo al momento dell’estrazione di Scorpius, ed era rimasto pressoché muto, fissando il piatto mezzo vuoto con un’espressione funebre.
Ovviamente i coniugi Potter, supportati da circa metà famiglia (Ginny aveva permesso di venire ad Hogwarts solo ad Hermione, Ron, George e Roxanne, che alla notizia si erano dimostrati i più calmi), si erano smaterializzati in pochi secondi, e circa mezz’ora dopo stavano parlando, o meglio urlando, contro il figlio nello studio di Neville Paciock, direttore della Casa Grifondoro.
Lily era stata chiamata come supporto morale, ma aveva pronunciato poco più di due sillabe, troppo impegnata a rivivere con la mente gli eccezionali eventi della serata.
D’improvviso gli era balzata sotto gli occhi l’immagine di Scorpius ferito dopo la collutazione, vivida nella memoria come se ce l’avesse di fronte, e aveva provato una spiacevole stretta al petto, che però imputò testardamente solo alla frenesia del momento.
Sentiva ancora chiaramente i rimproveri del padre nei confronti di Albus, e le grida irate della madre mentre gli ricordava quanto avesse bisogno di impegnarsi sullo studio, per poter accedere alla borsa di studio che agognava e andare a giocare a Quidditch ad alti livelli.
Albus si era rivelato freddo e distaccato, probabilmente ancora stordito dalla quantità di fatti accaduti in così poco tempo, e non aveva ancora detto nulla quando Neville aveva congedato Lily, poco prima delle undici.
Ed eccoli lì, i segni di una nottata passata a rigirarsi nel letto, con pensieri molesti che le frullavano per la testa.
Razionalmente sapeva che i maghi che avevano progettato il Torneo non avrebbero permesso accadesse nulla di male né ad Albus né, non osò ammettere ad alta voce che si stesse davvero preoccupando per lui, a Scorpius; ma i ricordi delle storie orribili che Harry Potter le aveva raccontato erano ancora troppo vividi.
Il cadavere di Cedric Diggory, il ritorno di Voldemort e il dolore che suo padre aveva provato quella notte, quando era perfino più giovane di lei.
Aveva pianto silenziosamente, con l’impellente impulso di correre tra le braccia di suo padre come quando era bambina, e aveva paura del buio.
Lì, nel buio, la notte appena trascorsa le aveva fatto vivere nella mente i peggiori incubi della sua vita: suo fratello ferito da un drago, o morto annegato nel Lago Nero. E Scorpius, Scorpius risucchiato da mille Inferi o perso tra gli intricati corridoi di un labirinto magico oscuro.
Alla luce del sole forse i suoi incubi si erano nascosti nelle occhiaie vistose, o negli occhi gonfi e nei lineamenti contratti, ma Lily poteva ancora sentirli sottopelle, mentre si dirigeva a passo stanco verso l’Aula che era stata adibita a ritrovo della redazione di “Felix Felicis”.
Una volta entrata vide l’orrore sul volto di tutti nel vedere il suo aspetto, aggiunto alla preoccupazione su quelli di Sophie e Hugo.
Lily non vi badò, e iniziò a parlare immediatamente degli affari pratici.
«Bene. Siete tutti qui, scusate il ritardo. E’ stata una serata emozionante ieri, ricca di sorprese. Direi di partire proprio dalla più grande come titolo iniziale: il Torneo si fa doppio.» annunciò stancamente, leggendo alcuni appunti che aveva avuto la forza di scribacchiare la notte precedente, in preda all’insonnia.
«La McGranitt ha detto che anche Beauxbatons e Durmstrang ovviamente avranno due concorrenti ciascuno in gara, quindi dobbiamo ridistribuire i ruoli. Penso sia eccessivo incaricare una persona di seguire entrambi i Campioni della Scuola assegnata. Come sapete tutti ho dovuto cacciare Alex e Julie, dato come si sono azzuffati ieri sera. Non voglio questi comportamenti qui dentro, sia chiaro. Siamo rimasti solo in sei per coprire sei Campioni, e perfino quel somaro di Anthony Goyle riuscirebbe a capire che dobbiamo dividerci. Ognuno avrà un Campione assegnato, la lista di quelli di Beauxbatons e Durmstrang è arrivata, ma i dettagli sono esigui e la McGranitt ha detto di concentrarci sullo spirito di Hogwarts, per ora.»
«Lily, mia zia è francese. So parlarlo fluentemente, quindi se vuoi potrei andare io a Beauxbatons.» disse Lydia, rispondendo con un sorriso all’espressione grata della piccola Potter.
«Fantastico Lydia, sei grande. Nonostante abbia metà famiglia francese, non so scrivere nemmeno baguette in modo corretto.» scherzò la Grifondoro, passando a Lydia i dettagli dei Campioni di Beauxbatons.
«Angelique cognome impronunciabile per me e Antoine (1) altro cognome impronunciabile. Qualcuno che voglia unirsi a Lydia per Beauxbatons?» domandò Lily.
Elias Torn si offrì, dicendo che lui e Lydia si conoscevano da sette anni e avrebbero collaborato senza problemi.
Lily annuì e segnò Elias come inviato per l’altro Campione di Beauxbatons.
Successivamente Lily presentò i due Campioni di Durmstrang: Emmett Krum, probabilmente lontano parente del famoso giocatore di Quidditch, e Stefan Aragos.
Sorprendendo tutti Isabella Lorcas di Tassorosso sollevò la reputazione della propria Casa, offrendosi volontaria per parlare con Durmstrang.
E con meno sorpresa, almeno per Lily, Hugo la seguì a ruota.
La rossa sospettava da tempo un’infatuazione del cugino per Isabella, ma tacque facendo finta di niente, passando i fascicoli ai due nuovi inviati.
«Bene, direi che è abbastanza chiaro chi rimane. Io mi occuperò di Albus e Sophie di Malfoy e così dovrem-» iniziò Lily, interrotta però dalla mano alzata di Sophie.
La Grifondoro diede la parola alla migliore amica, ma successivamente rimpianse amaramente quella scelta.
In fondo, lo sguardo furbo e il sorriso divertito di Sophie l’avrebbero dovuto mettere in guardia.
«Lils, credo non sia la migliore strategia. Insomma, tu sei la sorella di Albus, e non saresti oggettiva, per quanto tu possa negarlo. Invece, come hai fatto notare a me e Hugo per tutto il viaggio, con Scorpius non hai assolutamente nessun tipo di legame. Dunque, io mi occuperò di Albus, e tu della nostra Serpe platinata. Per amor di cronaca, ovvio.» concluse ghignado Sophie, mentre Lily boccheggiava in cerca di una scappatoia.
Ma come al solito la scaltra amica Corvonero non gliene aveva lasciata nessuna, soprattutto perché l’aveva incastrata con le sue stesse parole.
Lily le sorrise ironicamente, annuendo e segnandosi accanto al nome di Scorpius.
Oh, quella giornata andava di bene in meglio!
 
 
***
 
 
Scorpius Malfoy si svegliò di malumore, e con tale stato d’animo si diresse in Sala Grande, insieme ad Ethan.
Era sabato, quindi tutti gli studenti stavano dormendo o passando il tempo in Sala Comune, godendosi il giorno libero, e quando i due Serpeverde raggiunsero la Sala Grande trovarono ben pochi altri commensali.
Si sedettero al tavolo di Serpeverde, Scorpius ignorando completamente gli sguardi emozionati nel vederlo, ed Ethan sorridendo maliziosamente a chiunque lo fissasse.
Con disappunto di Scorpius, che invece aveva cercato di nascondere il più possibile le nocche rotte ed era riuscito soltanto a far sparire l’occhio nero, Ethan aveva deciso che i segni di quella collutazione lo rendessero ancora più macho.
Il mento del ragazzo aveva un’ematoma violaceo della grandezza di un’oliva e la guancia esibiva un taglio lungo cinque centimetri.
“Le ferite sul petto saranno visibili solo a poche persone, purtroppo per gli altri” gli aveva detto quella mattina, vestendosi.
«Selene?» domandò Scorpius, mangiando un po’ della frittata che aveva sul piatto.
La notte prima erano rimasti a parlare fino alle quattro e mezza, e delle occhiaie nascoste con un incantesimo di elusione premevano sotto gli occhi stanchi del biondo.
Avevano discusso del Torneo, del perché Ethan l’avesse potuto fare e di quali prove avrebbe dovuto affrontare.
Dopo mezz’ora si erano invece divertiti a leggere la lettera che Draco aveva fatto recapitare da uno stanco gufo all’una di notte, e Scorpius aveva immaginato l’espressione scioccata che doveva aver fatto il padre dopo la scoperta.
Selene sospettò che invece i coniugi Potter non si sarebbero limitati ad una lettera, mentre Scorpius pensò che probabilmente le urla di Ginevra Weasley in Potter si sarebbero sentite per tutto il castello, se fossero arrivati.
Scorpius si era sentito rinvigorito dalla chiacchierata con la migliore amica, e non aveva voluto insistere come suo solito nel spingerla a dichiararsi ad Ethan.
In fondo, capiva fin troppo bene i blocchi che aveva Selene verso la persona amata.
Ethan alzò il viso e dopo qualche secondo assottigliò gli occhi, sussurrando un “Eccola lì”.
Scorpius si voltò e vide Selene, bella e perfetta come sempre, chiacchierare con Max Porter, un Serpeverde del Settimo Anno come loro.
Dopo Ethan e Scorpius, Max era senza dubbio il ragazzo più ammirato e agognato dal pubblico femminile, con i capelli castani tendenti al riccio e un sorriso mellifluo che sapeva incantare chiunque.
Selene sorrideva, e Scorpius pensò che forse stesse provando ad andare avanti.
Notò però come il sorriso di Ethan invece si fece forzato, e il silenzio artificioso che si creò quando Selene arrivò da loro, sedendosi accanto a Scorpius.
«Cosa voleva Porter?» domandò Scorpius distrattamente, mentre l’amica si riempiva il piatto con un paio di pancakes grondanti sciroppo d’acero.
Lei alzò le spalle, come a dire che non fosse nulla.
«Chiedermi come stavo, come stai tu, cose del genere. Ah, invitarmi alla prima uscita ad Hogsmeade, il prossimo weekend.» aggiunse Selene senza guardarli, versandosi succo d’arancia nella coppa accanto al suo piatto.
Ethan alzò lo sguardo, con nonchalance.
«E hai accettato?»
Scorpius osservò Selene, che rimase in silenzio pochi istanti fissando Ethan, prima di annuire.
«Dopotutto, perché no? E’ un bel ragazzo, e credo di piacergli molto. E poi, voi due geni del crimine siete in punizione, no? Non voglio rinunciare alle ultime gite ad Hogsmeade, quindi Max capita proprio al momento giusto.»
Ethan allargò il sorriso in modo artificioso, e Scorpius si domandò se quello davvero potesse essere segno di gelosia.
«Hai ragione, se non fosse che sia io che Scorpius esistiamo, direi perfino che sia il più bel ragazzo di Hogwarts. E tu sei sicuramente la più bella, quindi non vedo perché non dovreste stare insieme. Ti auguro un futuro ricco di soddisfazioni, io le incontro ogni giorno quando mi guardo allo specchio, e so quanto rendano felici.» concluse Ethan, alzandosi per baciare sulla guancia Selene, tra lo stupore di entrambi i suoi due migliori amici.
Poi si avviò verso il tavolo dei Tassorosso, dirigendosi in particolare a baciare con passione Eloise Serton, del Settimo Anno.
Scorpius guardò Selene, e lei gli fece segno di lasciar perdere quegli schizzi improvvisi di Ethan.
Il biondo non riuscì però a impedirsi di ripensare al complimento che Ethan non le aveva mai rivolto fino ad allora, non così esplicitamente, e fu sicuro che anche Selene ci stesse pensando, mentre le guance le si coloravano di un rosa appena visibile.
“E tu sei sicuramente la più bella”.
I suoi pensieri furono tuttavia interrotti da un colpo di tosse dietro di lui.
Quando si voltò, non riuscì a credere ai propri occhi, e si domandò se Ethan non gli avesse causato un trauma cranico di cui non si era accorto la sera prima.
Lily Luna Potter lo guardava, uno sguardo tra il fiero e l’imbarazzato, continuando a mordersi le labbra già screpolate e stringendo tra le mani un block notes rosso e uno strano aggeggio babbano blu.
Scorpius notò con uno spasmo allo stomaco le lunghe occhiaie che le solcavano il viso, e il gonfiore degli occhi leggermente arrossati, probabilmente per le lacrime.
Si chiese se avesse pensato anche a lui, mentre si struggeva riflettendo sulle prove che avrebbe dovuto affrontare il fratello.
Non si accorse però di come Lily guardò preoccupata le sue nocche, o i segni appena percettibili sull’occhio colpito da Ethan che la magia non era riuscita a nascondere del tutto.
Selene si alzò, dicendo che avrebbe raggiunto la Sala Comune e iniziato a studiare Storia della Magia.
Scorpius annuì, assicurandole che sarebbe andato anche lui lì subito dopo, e la guardò allontanarsi con un’odiosa espressione gongolante in viso.
Ritornò con lo sguardo a Lily, e inarcò il sopracciglio con fare interrogativo.
«Due volte in meno di ventiquattro ore. Non avrai lo sconto allo store del mio fanclub, lo sai vero?» le domandò Scorpius, provocandola.
Lily mise su un’espressione addolorata per un secondo e sospirò.
«Immagino dovrò faremene una ragione. Comunque sia sono qui in veste di inviata, vedi non se sai della Felix Felicis, sì insomma la Gazzetta che… va beh, in sostanza devo intervistarti. Niente di personale, tranquillo, solo le solite domande di routine.»
Scorpius vaneggiò di essere molto occupato, ma alla fine fece segno a Lily di sedersi accanto a lui.
Lei sembrò tentennare, ma d’un tratto lo sguardo tornò quello orgoglioso di sempre e mentre sistemava il suo block notes sul tavolo, Scorpius non riuscì a fare a meno di pensare a quando profumassero i suoi capelli, e a come perfino con le occhiaie il suo viso fosse uno spettacolo, con le lentiggini chiare e quegli occhi nocciola.
«Bene. Ci siamo divisi per ogni Campione, e io sono stata assegnata a te, per puro caso, ci tengo a precisare. Comunque sia, volevo chiederti perché avessi deciso di proporti come Campione, e cosa ti aspetti dalle sfide che verranno.» iniziò Lily, prendendo appunti di ogni parola di Scorpius.
Il Serpeverde mentì dicendo di aver voluto rendere indimenticabile il suo ultimo anno, e di voler portare alla gloria la sua Casa.
Cercò di essere il più neutro possibile, quando lei gli domandò cosa provasse ad essere in squadra con Albus, ma Lily intuì tutto il suo disappunto.
Finse comunque di non notarlo, e Scorpius gliene fu immensamente grato.
Qualche minuto dopo Lily mordicchiava la penna, rileggendo le note prese e annuendo.
«Ottimo, credo sia sufficiente per il primo numero. Uscirà oggi a pranzo probabilmente. Hugo verrà a momenti per farti una foto, spero non ti dispiaccia.»
Scorpius rispose che sapeva che in realtà la foto se la sarebbe appesa lei sopra il letto a baldacchino e Lily gli colpì giocosamente il braccio, con sguardo omicida.
«Ah sì, a proposito di pugni…» riprese poco dopo, mentre Scorpius si lamentava per quella violenza subita «…perché tu e Ethan vi siete picchiati? Se non vuoi rispondere posso capirlo, solo che devi riconoscere che fa scalpore, soprattutto perché ora siete di nuovo amici come prima.»
Scorpius esitò, pensando alla bugia che aveva detto alla McGranitt e alle storie che aveva raccontato Ethan in Sala Comune. Tutta Hogwarts aveva bevuto la storia della tresca, e nonostante l’ultima cosa che volesse fosse dirla a Lily, si scoprì costretto a farlo dalle circostanze.
Cercò di rimanere tranquillo, come a far intendere che non fosse stato nulla di importante.
«Litigi per una ragazza, solite sciocchezze da maschi, sai com’è.»
Eppure, nonostante gli sforzi, vide il sorriso di Lily tremare e gli occhi farsi d’un tratto attenti.
«Scorpius Malfoy che ha problemi di cuore? Flint non si interessa a ragazze con meno di una terza abbondante di reggiseno, e una prima scarsa di cervello. Non…non sapevo che anche tu puntassi a quel genere, anche se il genere di Flint comprende in effetti qualunque cosa respiri.» lo provocò lei, cercando di nascondere l’imbarazzo e, se lo immaginò lui?, la delusione, con un’aria strafottente e saccente.
Scorpius alzò le spalle, cercando un modo di spiegarle che no, lui amava le ragazze dai capelli scompigliati e ribelli, lentiggini sul viso e labbra screpolate.
Però sapeva anche di non poter tradire Ethan, di non poter cambiare la versione dei fatti.
Quindi assunse un atteggiamento evasivo, e ritornò algido com’era con tutti.
Come non avrebbe mai voluto essere con lei.
«Capisco. Immagino che sia naturale, fanclub a parte, perché non dovresti farti ogni essere umano presente sul suolo terrestre, come il tuo caro amico Ethan.» sputò velenosa Lily, prima di alzarsi di scatto.
«Ah, Hugo, sei qui. Fai le foto a Malfoy da solo, raggiungo Sophie in redazione e inizio a scrivere l’articolo.» disse schiettamente Lily, prima di sparire in men che non si dica senza aver neppure salutato Scorpius, e lasciandolo solo col cugino, stupito quasi quanto lui.
 
Per Scorpius, sorridere in una foto non fu mai così difficile.





Note:

(1) Ricordo infatti a tutti che Beauxbatons ha sia studentesse che studenti, al contrario di quanto mostrato nel film! :D




Angolo Autrice:


Ed eccoci al nuovo capitolo! Sono molto fiera di questo capitolo, che secondo me mette forse meglio in luce i legami e i sentimenti tra i protagonisti. Che dire? Ringrazio caldamente le meravigliose Maga_Merlina e La_Fra, che hanno gentilmente ed entusiasticamente recensito lo scorso capitolo. Spero vogliate essere così dolci anche oggi ;D E invito ovviamente chiunque voglia a farsi sentire, ringraziando anche le 28 persone che hanno messo la storia tra le seguite!
Grazie infinite e alla prossima (probabilmente molto presto, ho già iniziato il nuovo capitolo!) <3

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***






CAPITOLO 5



 
Harry Potter si stropicciò stancamente gli occhi, cercando di nascondere ai colleghi quanto fosse immensamente esausto e, cosa che odiava, quando si sentisse poco lucido.
Erano passati tre giorni da quando aveva scoperto che Albus sarebbe stato uno dei due Campioni di Hogwarts, e sebbene lui stesse iniziando ad accettare l’idea, Ginny non condivideva la sua stessa rassegnazione.
La moglie aveva continuato a ripensare alle sfide pericolose che l’aveva visto affrontare quando era appena quattordicenne, e all’orrore e la paura che aveva provato da ragazza innamorata, nel vedere l’amato scontrarsi con un Ungaro Spinato o sparire nei meandri del Lago Nero.
Harry poteva immaginare come quella stessa ansia pesasse cento volte di più, ora che nell’Arena ci sarebbe stato suo figlio.
Tuttavia il Capo Auror aveva deciso di lasciare che le cose andassero come dovevano andare: sapeva che Albus aveva tutte le carte in regola per salvarsi la pelle e, chissà, magari addirittura vincere.
Immaginò come avrebbe speso un’eventuale vincita: da settimane agognava la nuova Nimbus 3000, appena uscita sul mercato, che Harry e Ginny gli avevano promesso in regalo se fosse uscito da Hogwarts con voti eccellenti.
In effetti, rifletté Harry dirigendosi verso il suo ufficio, non avrebbe avuto mille galeoni tutti per sé: se li sarebbe dovuti spartire con Scorpius Hyperion Malfoy.
Quando aveva letto ad alta voce quanto scritto nella missiva e scoperto che il Torneo si sarebbe tenuto a squadre, e che il fortunato compagno di Al sarebbe stato Scorpius, Fred si era quasi strozzato con la torta ridendo a crepapelle, mentre Ron aveva raggiunto un poco promettente color pomodoro.
Per quanto lo riguardava Harry non poteva considerare Draco un amico, ma dopo la Guerra avevano dovuto imparare a convivere senza scannarsi, soprattutto a causa delle continue interazioni che i rispettivi lavori prospettavano.
Draco era stato perdonato, almeno superficialmente, dalla comunità magica, anche se Harry, che in prima persona aveva testimoniato a favore dell’ex Serpeverde in occasione del processo post-Guerra ai Mangiamorte, sapeva che anche dopo tutti quegli anni c’erano ancora malelingue nei suoi confronti.
Harry sapeva quanto potesse pesare una cicatrice, e quella di Draco sull’avambraccio sinistro altro non era che quello: il ricordo indelebile dell’errore di un ragazzo.
Certo era che i due non fossero diventati amiconi: continuavano a punzecchiarsi saltuariamente, e avevano preservato quel sentimento di naturale rivalità che li aveva contraddistinti da giovani. Ma se allora tale ostilità li aveva spinti sull’orlo di azioni dannose, Harry aveva ancora ben chiare in mente le urla di Draco dopo il “Setcumpsempra” lanciato a sedici anni; questa volta la loro antica ostinazione si era tramutata in aspirazione a migliorare sempre di più.
Era diventata costruttiva, ed Harry aveva imparato a rispettarlo, riconoscendo come fosse migliorato molto.
Gli balzò in mente il ricordo di un piccolo Scorpius, mano nella mano con la sua dolce Lils, intento ad evitare ad una povera bambina il panico di aver perso il padre in un luogo sconosciuto.
Si chiese come fosse lo Scorpius diciassettenne: aveva saputo delle sue continue baruffe con Albus e James grazie ai mensili richiami spediti dalla McGranitt, ma non si sentiva in dovere di giudicarlo per quello, altrimenti Merlino solo sapeva cosa avrebbe dovuto pensare dei suoi figli.
E proprio mentre stava formulando quel pensiero apparve sulla soglia del suo ufficio James in persona.
Harry si alzò dalla sedia e lo andò ad abbracciare, scompigliandogli dolcemente i capelli.
«Ciao Jamie, ci sei mancato l’altra sera alla festa del nonno. Dov’eri? Tua madre era molto preoccupata.» lo redarguì Harry, offrendogli una tazza di caffè.
James alzò le spalle, ignorando il richiamo del padre.
«Mamma ama così tanto preoccuparsi che con quello che sta succedendo ad Al dovrebbe essere felicissima. Anche se papà, onestamente, non capisco tutta quest’ansia. Roxanne mi ha detto che anche Lils aveva una brutta cera. Morgana ragazzi, è solo un Torneo. Voglio dire, capisco quanto sia stato pericoloso ai tuoi tempi papà, ma non apparirà Voldemort dal Calice di Fuoco stavolta.»
Harry sospirò, ripensando per la millesima volta a come James fosse davvero la fotocopia di Sirius Black e James Potter.
Quelle che aveva proferito sembravano parole che sarebbero potute benissimo uscire dalla bocca del suo defunto padrino, e sorrise malinconicamente.
«Quando sarai papà capirai.» disse stancamente Harry, sorseggiando anche lui una tazza di caffè.
«Al se la caverà benissimo. Francamente, lo sto odiando un po’, avrei voluto poter partecipare io. Lì sì che sarebbero stati caz-» ma James non finì l’imprecazione, visto lo sguardo ammonitore del padre.
«Invece di parlare come uno scaricatore di porto, dimmi un po’ perché sei qui. Non hai lezione stamattina?» domandò Harry, guardando distrattamente la posta che era appoggiata sulla sua scrivania.
James si stravaccò sulla poltrona di fronte a quella del padre, osservando la foto magica di lui, Lily e Albus.
Il piccolo James aveva circa nove anni, e stava facendo la lotta con Al, ovviamente vincendo, mentre Lily rideva della scena seduta sul prato della Tana.
«Nooks è malato, ci hanno dato giornata libera. Ho pensato di fare un salto a salutarti, vedere come se la cavava il tuo cuore di anziano con tutta questa pressione.» lo prese in giro James, guadagnandosi uno scappellotto amichevole.
«Poi volevo fare un giro ad Hogwarts, secondo te mi fanno entrare? Voglio fare due chiacchiere con Al, e magari assicurarmi che nessun idiota ci abbia provato con Lils. Sta diventando troppo bella, dovete dirle di smetterla.» concluse infastidito James, facendo ridere Harry.
«Credo non potrai andare ad Hogwarts, la McGranitt si è raccomandata di non farle trovare parenti ogni due secondi. Ci ha fatto passare per cortesia, l’altra sera, ma non dovremmo abusare della sua pazienza. Oltretutto, tu ne hai abusato più di chiunque altro per sette lunghi anni.» rispose Harry, provocando l’apparizione di un sorriso malandrino sul volto di James.
Il ragazzo sospirò e fece per congedarsi, dicendo che sarebbe andato a salutare zio George ai Tiri Vispi Weasley e poi a fare un giro con Jacob, un suo amico, a Londra.
Harry lo fece fermare giusto quand’era sulla soglia, richiamando la sua attenzione.
«Vieni a cena da noi stasera. Zio Charlie è tornato dall’ultima spedizione in India, e Ginny ha invitato Ron, Hermione, Bill, Fleur, Victoire, Teddy e Dominique. Credo che Dom ci farà finalmente conoscere la sua ultima conquista francese.»
Harry notò come James perse il sorriso malandrino e divenne d’un tratto serio.
«Dom…Dom ha un fidanzato
Harry annuì, prendendo dalle mani della segretaria appena entrata delle voluminose cartelle di documenti e iniziando a sfogliarle.
«Sì. Credo si chiami Luke, o qualcosa del genere. Ginny dice che Fleur spera in un matrimonio. Merlino, si conoscono da appena sei mesi e vuole già l’altare, quando Teddy e Vic che stanno insieme da una vita non si sono nemmeno fidanzati ufficialmente. Non ti sembra assurdo?» domandò Harry.
James rivolgeva lo sguardo verso l’esterno, e l’uomo capì che il figlio aveva qualcosa in mente, ma non seppe comprenderne il malumore improvviso.
«Già, pazzesco. Quindi stavano insieme prima che partisse per la Francia? Ad aprile, per esempio, stavano insieme secondo te?» chiese James, la voce atona.
Harry alzò le spalle, in segno di dubbio.
«Immagino di sì, o quantomeno si frequentavano. Fleur ha detto a Ginny che si sono conosciuti a Parigi, quando sono andati a trovare i genitori di Fleur a Natale. James, tutto ok?» chiese Harry, avvicinandosi al figlio.
Quest’ultimo però riacquistò subito il suo buon umore, o almeno finse in modo convincente di averlo fatto.
«Ovvio papà, perché non dovrebbe essere tutto ok? Sono felicissimo per Dom, anzi non vedo l’ora di conoscere questo meraviglioso Luke. Bene, ci vediamo per cena allora.» lo salutò frettolosamente, uscendo dal suo ufficio.
Harry Potter scosse la testa, domandandosi quando avrebbero inventato un incantesimo per comprendere i figli o al limite una pozione, Morgana qualsiasi cosa! Sospirò, arrendendosi all’evidenza che, per quanto volesse e si sforzasse di proteggerli sempre e comunque, prima o poi qualcuno avrebbe spezzato il cuore dei suoi pargoli.
E sospettava che, almeno con Jamie, qualcuno si fosse già preso quella libertà.
 
 
***
 
 
Sophie sollevò un sopracciglio, trattenendo uno sbuffo, quando vide Lily versare gli occhi di rospo essiccati nel suo infuso e imprecare sottovoce quando invece di raggiungere un naturale color rosato come da istruzioni, divenne piuttosto giallo pus.
«Hai messo le scaglie di drago?» le domandò Sophie, seduta accanto a lei.
La rossa negò, e la Corvonero roteò gli occhi, aggiungendole al posto della migliore amica.
In un secondo la pozione ritornò perfettamente uguale al disegno raffigurato nel libro, e Lily ringraziò mestamente a mezza voce, senza aggiungere altro.
Hugo scoccò a Sophie un’occhiata preoccupata, dalla sua posizione all’altro lato di Lily, e la Corvonero si limitò ad alzare le spalle.
La piccola di casa Potter era intrattabile da due lunghi giorni, esattamente da quando aveva intervistato Scorpius.
Sophie sospettava, o meglio aveva la certezza, che le due cose fossero strettamente collegate, ma non si azzardò a proferire parola, visto l’aria funebre che Lily emanava.
Il primo numero di Felix Felicis aveva riscosso molto successo, e la redazione si era già messa in moto per ottenere informazioni dal Ministero sulle possibili prove, anche se spesso si rivelavano congetture e non fatti concreti.
Se però l’intervista tra Scorpius e Lily aveva causato il crollo della rossa, quella tra Sophie e Albus si era rivelata straordinariamente piacevole, pensò la Corvonero.
Aveva già parlato con il fratello maggiore di Lily in svariate occasioni, soprattutto quando durante le vacanze natalizie o estive aveva saltuariamente alloggiato a casa Potter.
Non sapeva cosa fosse stato, ed era troppo razionale per saltare alle conclusioni, quindi accantonò le sue sensazioni e ricominciò a tenere d’occhio l’amica.
Soprattutto perché, con orrore dell’intera classe Corvonero-Grifondoro, Lily Luna Potter si era appena distrattamente data fuoco al mantello.
E Sophie sbuffò ancora, mentre con un gesto della bacchetta fece evanescere le fiamme, e assistette impotente alla perdita di dieci punti di Grifondoro, quando la professoressa Solton pensò che il linguaggio adoperato da Lily in quell’occasione fosse del tutto inappropriato.
 
E per tutta risposta, Lily imprecò di nuovo.
 
 
***
 
 
«Al, ci sei? Credo tu ti stia mangiando una manica.»
Erik Lee osservò strabiliato il migliore amico come ridestarsi all’improvviso, e maledire Piton-e-i-suoi-capelli-unti perché si era macchiato la manica della divisa con la cioccolata spalmabile.
«Senza offesa amico, so che sei strano. Però ultimamente lo sei più del solito.» continuò Lee, sorseggiando il suo the caldo pomeridiano.
Era metà pomeriggio e i due si erano ritrovati in Sala Grande nell’ora buca per ripassare e fare una merenda veloce.
«Già, come se tu fossi una persona sana ed equilibrata.» lo sbeffeggiò Albus, ghignando.
«Di che diavolo stai parlando? Guarda che se sei ancora vivo, probabilmente è merito mio! Merlino solo sa se non ti saresti fatto esplodere il secondo anno, cercando di dare fuoco al dormitorio Serpeverde.» rise Lee, ricordando ad entrambi tempi passati e facendo ridere anche Albus.
«Ah, bei ricordi. In effetti James e Fred mi avrebbero ucciso se avessi mandato in aria i loro piani, sbagliando le dosi di mandragola nella loro pozione esplosiva.»
«Già, ti saresti trovato con più fumo nel cervello di quanto tu non ne abbia ora.» commentò Erik, provocando un sorriso sardonico sul volto di Albus.
«Andiamo Al, ti conosco da quando eravamo in culla fra poco. Chi è?» domandò interessato Lee, fissando intensamente Albus.
Quest’ultimo scosse la testa, continuando a riempire il suo toast di cioccolata.
«Non ci crederesti.» disse soltanto, in modo enigmatico.
Lee alzò un sopracciglio, scettico.
«Credevo nessuno avrebbe mai visto le mutande della McGranitt, ma un’interessante nottata con te, James e Fred al mio quinto anno me ne ha dato la disconferma. Forza, spara.»
Albus aprì la bocca per parlare, ma quando vide chi era appena entrato nella Sala Grande ammutolì di colpo.
Scorpius Malfoy, Selene Travers ed Ethan Flint si erano accomodati al solito posto.
Albus notò che l’umore tetro che aveva adombrato il viso del biondo Serpeverde negli ultimi giorni sembrava solo che peggiorato, mentre i lividi sul volto di entrambi i Serpeverde erano scomparsi, curati dalle abili mani dell’infermiera.
«Guarda un po’ chi c’è, il mio nuovo migliore amico.» disse Albus, indicando con un cenno della testa il gruppetto di persone.
Lee fece una smorfia, ma continuò ad osservare interessato.
«Certo che la Travers non scherza eh? Al, se riesci a fartela amica, presentami.» sogghignò infatti poco dopo Erik.
«Ovvio, ti inviterò anche al matrimonio tra me e Scorpius. No sai, dato che stai parlando di mondi irreali e fantastici dove le cose impossibili accadono e la McGranitt vive una doppia vita, di giorno Preside, di notte incallita giocatrice d’azzardo.»
Erik rise della battuta, e riprese a bere la sua bevanda calda.
«Oh, guarda. E’ arrivata anche Lils, Hugo e Sophie. Allora, mi stavi per dire chi è questa fortunata nuova spasimante, Al.» esclamò poco dopo Lee.
Albus seguì con attenzione l’entrata nella Sala Grande del gruppo della sorellina.
Notò che Lily impallidì visibilmente dopo aver guardato la Sala, e il suo umore precipitò ancora, mentre si sedette rumorosamente accanto a lui.
«Ciao Al. Erik.» li salutò seria, prima di aprire il libro di Rune Antiche e buttarsi a capofitto nella lettura.
Hugo raggiunse Rose, qualche metro più in là nel tavolo Grifondoro, e Sophie si accomodò al tavolo Corvonero.
Nessuno si accorse di come un paio di occhi verdi la seguirono costantemente, in modo malizioso.
«Al? Ci sei? Terra chiama Al!» proruppe Erik, attirando di nuovo l’attenzione su di sé.
«Cosa?» domandò distratto Albus, mangiandosi il suo toast in un sol boccone.
«Allora, chi è la nuova fiamma che ti sta scaldando il cuore?»
Albus alzò le spalle, divertito.
 
«Nessuno Erik, proprio nessuno.»
 
 
***
 

Selene Travers si era sempre considerata una persona paziente. Certo, la vita non le aveva dato molte altre scelte, con due personaggi come Ethan Flint e Scorpius Malfoy come migliori amici.
Eppure, quel martedì pomeriggio sentì di essere vicina ad un esaurimento nervoso.
Da una parte c’era Scorpius, l’umore più o meno felice come quello di Voldemort di fronte ad un’orda di babbani pronti ad abbracciarlo, e dall’altra c’era Ethan, talmente entusiasta da farle prendere in considerazione uno stato maniacale dovuto ad un disturbo bipolare.
Dopotutto, che qualcosa di patologico ci fosse in Ethan, lo sapeva da tempo.
Ma da quando aveva saputo di Max Porter e del suo invito, Ethan non la lasciava mai in pace: creava occasioni per farli stare insieme a lezione, sotterfugi affinché si trovassero casualmente allo stesso momento nel medesimo luogo, e continuava a suggerirle come vestirsi e truccarsi per far colpo.
“Il rosso ti dona molto, mettilo di più”, “Hai delle labbra da sogno, qualunque ragazzo vorrebbe baciarle. Aspetta, Lucilla aveva un rossetto che secondo me ti starebbe benissimo!” e cose simili.
Selene non riusciva a perdonargli di essere così felice, e non riusciva a perdonare nemmeno se stessa, per aver ingenuamente sperato inconsciamente che il suo avvicinarsi ad un altro avrebbe potuto smuovere qualcosa in Ethan.
La ragazza sospirò affranta, convinta che ormai il migliore amico gli stesse progettando perfino il matrimonio.
«Scorp, mangia. Non tocchi praticamente cibo da due giorni, devi mettere qualcosa sotto i denti.» disse con premura Selene, guardando il migliore amico con affetto.
«Sele, ti prego. Sembri mia madre, lasciami morire nella mia sofferenza.» rispose teatralmente Scorpius, riprendendo a studiare Incantesimi.
«Amico, mi si strugge l’animo a vederti così. Ti rimedio un appuntamento da favola, che ne pensi? Credo che Lucy Terras si sia mollata con Jeremy. Lo so cosa pensi, non ha un petto molto voluminoso, ma credimi se ti dico che il fondoschiena ricompensa ampliamente.» sorrise Ethan, guadagnandosi solo uno sguardo annoiato da Scorpius e uno disgustato da Selene.
«A volte sai essere davvero abietto, Ethan.» sputò Selene, l’espressione scioccata.
Ethan allargò il sorriso smagliante.
«Affatto, so essere realista. Se vuoi ti posso anche dire tutte le sue paure infantili e i sogni nascosti. Sapevi che sa suonare il violino? E’ una a cui piace parlare molto, dopo. Beh, anche durante, se si considerano le urla di piac-» iniziò Ethan, finendo però per ricevere uno schiaffo sulla testa da Selene.
«Sele, piano! Sono appena guarito dalle ferite infertomi dall’altro mio migliore amico!» esclamò giocosamente Ethan, allargando il ghigno quando Selene roteò gli occhi.
«E poi, non puoi rischiare di rovinarti le mani. Il tuo ragazzo ne soffrirebbe.» disse Ethan, bevendo un po’ del succo di zucca apparso magicamente di fronte a lui.
«Per l’ultima volta Ethan, io e Max non stiamo insieme. Morgana, non siamo nemmeno usciti insieme ancora! Metti via i confetti per il battesimo del nostro primogenito e piantala con questa storia, stai diventando davvero seccante.» esclamò Selene esasperata.
«Sono seccante quando parlo di me, sono seccante quando parlo di voi. Insomma, che vi aspettate che faccia?» si lagnò Ethan.
«Potresti provare a tacere, tanto per cambiare.» rispose Selene, sorridendogli in modo falso.
«Sei sempre così dolce Sele. Attenta a non sfoderare troppa di quella dolcezza, o Max penserà che sia San Valentino tutti i giorni.» rise Ethan, puntando poi lo sguardo oltre le spalle di Scorpius.
«Parlando di dolcezza, la piccola rossa di casa Potter è appena entrata in Sala Grande, e si è accomodata accanto al nostro amatissimo Campione di Hogwarts. Quasi quasi vado a porgere i miei ossequi, sapete.» esclamò Ethan, mentre uno sguardo preoccupato scorreva come elettricità tra Selene e Scorpius.
«Eth…magari non…» iniziò Selene, ma il moro era già partito verso il tavolo dei Grifondoro.
Dopo un rapido cenno, anche Selene e Scorpius lo seguirono, quest’ultimo con lo stomaco stretto in una morsa.
«Ma guarda chi abbiamo qui! La famiglia Potter riunita, anche se purtroppo quest’anno dovremo fare a meno del caro Jamie. Allora, che mi raccontate di bello?» salutò energicamente Ethan, sedendosi proprio di fronte a Lily.
Il Serpeverde allargò il ghigno ferino, quando notò gli sguardi imbarazzati tra Lily e Scorpius, ma cercò di non far capire a Selene quando fosse Lily, e non Albus, il suo vero obbiettivo.
Albus digrignò i denti, prima di imitare il Serpeverde e aprirsi in un sorriso fasullo.
«Ethan, carissimo. Mi stavo giusto domandando come mai oggi tu non avessi ancora iniziato a rompermi le pluffe, ma vedo che ero solo troppo precipitoso.»
Lily tornò a leggere, o meglio fingere di leggere, il suo libro; ma Ethan non gliel’avrebbe lasciata passare.
«Lily, non sei felice di avere niente-popò-di-meno che Albus, tuo amato fratello, e Scorpius, mio migliore amico, come Campioni? Io sono estasiato, oltremodo estasiato. Credo che Hogwarts potrebbe davvero vincere, sempre che Albus non decida di inciampare su una margherita, durante le prove, o balbettare nel dire incantesimi, come all’ultima lezione di Erbologia.»
Albus diventò rosso in zona orecchie, e lanciò al viso strafottente di Ethan uno sguardo omicida.
«E’ successo una sola volta, Flint. Cinque anni fa. Non sapevo che avessi la memoria così lunga, per quanto riguarda me. Forse è perch-» cominciò piccato Albus, prima di essere interrotto da Lily.
«In realtà Al, io non sapevo avesse alcun tipo di memoria. Dopotutto, i nomi delle ragazze con cui va a letto diventano fumo quando le coperte sono ancora calde, vero Ethan? D’altra parte, dev’essere un vizio condiviso col tuo caro migliore amico, visto che durante l’intervista non si ricordava nemmeno il nome di quella povera disgraziata.»
Albus, Ethan, Selene ed Erik osservarono gli sguardi carichi di emozioni contrastanti che animavano il viso di Lily e Scorpius.
Il biondo avrebbe davvero voluto risponderle e spiegarle tutto, ma non poteva.
Fu quindi Ethan, compresa immediatamente la situazione, a correre in suo aiuto.
Anche se, in effetti, di aiuto gliene fornì ben poco.
«Oh, guarda guarda. Sembri talmente interessata a questa ragazza misteriosa che ha stregato il cuore mio e di Scorp, che quasi mi viene il dubbio che tu non ne sia…gelosa?» la provocò Ethan, guadagnandosi immediatamente un’occhiata allibita e infuriata da Albus, una ammonitrice da Selene e una semplicemente scioccata da Scorpius.
E Lily, direte voi? Lei rimase semplicemente in silenzio, incapace di guardare Malfoy e puntando i vispi occhi nocciola, ora socchiusi per la rabbia, verso Ethan.
«Io? Io gelosa di te? Risorgerà Voldemort e darà un party insieme a mio padre prima che io possa provare qualsiasi cosa diversa dal disgusto più puro, nei tuoi confronti, Ethan Flint.» sputò acida la rossa, la sua ira acuita dal ghigno vittorioso stampato sul volto del moro Serpeverde.
«Se non sono io allora devi essere per forza gelosa di Scorpius, no? O anche per lui riservi soltanto lo stesso amore che hai per me?»
Lily aprì la bocca per parlare una, due, tre volte.
E ogni volta dopo averla richiusa senza dire niente, gli occhi sprizzavano ancora più frustrazione, le labbra si mordevano senza pietà e le guance si tingevano sempre di più.
Alla fine raccolse di fretta i suoi effetti personali, evitando con tutta se stessa di guardare anche solo per sbaglio Scorpius, e si avvicinò talmente tanto al viso di Ethan alzandosi che i presenti ebbero l’orribile sensazione che volesse baciarlo.
A quel punto fu davvero difficile dire chi tra Selene, Scorpius e Albus stesse odiando di più quella vicinanza tra i due.
Quando fu a pochi centimetri dal sorriso smagliante di Ethan, sussurrò minacciosa poche semplici parole.
«Va’ al diavolo Flint, e questo sì che te lo dico mettendoci il cuore.»
Mentre i passi veloci di Lily risuonavano nella Sala Grande, sul volto di Scorpius si aprì il primo accenno di sorriso da due giorni a quella parte, e quello di Ethan, di sorriso, si allargò ulteriormente.
«Lo prendo come un forse Lily, che ne dici?» le urlò dietro Ethan divertito, spostandosi giusto in tempo per evitare uno schiaffo da Albus.
Il gestaccio che Lily gli fece senza nemmeno voltarsi a guardarlo fece ridere Ethan, e perfino Selene si sciolse in un sorriso quando vide Scorpius ritornare al proprio tavolo e iniziare a mangiare con voracità le deliziose pietanze appena apparse in seguito ad un suo desiderio.
 
 
***

 
Quella sera quando Dominique varcò la porta di casa Potter, accanto ad uno statuario ragazzo dai lunghi capelli neri che le sorrideva felice, sentì lo stomaco brontolare.
Indossava uno dei suoi abiti preferiti: bianco con fantasia a fiori colorati e un sottile velo d’organza a ricoprirlo. Sentiva di dover essere carina: avrebbe presentato il suo fidanzato alla famiglia, che sapeva già l’avrebbe adorato così come lo adoravano i suoi genitori.
Tuttavia aveva un brutto presentimento e non ne comprese il motivo.
Almeno fino a quando, una volta salutato zio Harry e fatti accomodare, non si ritrovarono nel giardino della dimora, dove la stava già aspettando il resto della famiglia.
Non gli servì nemmeno cercarlo con lo sguardo, avvertì la sua presenza e dei brividi di freddo le percorsero la schiena.
Era straordinariamente bello dannazione, con il cardigan nero sopra la camicia bianca e i jeans attillati scuri come i suoi capelli, sempre in disordine. Era affascinante come sempre.
Come forse non era mai stato.
Si avvicinò a loro con quel sorriso mellifluo e incantatore che sfoderava con facilità, le baciò le guance ma lei poté sentire con prepotenza tutta la freddezza e la rabbia che stava riversando in quel gesto privo di affetto.
Si presentò a Luke, allungando la mano per stringerla all’altro.
Si presentò a Luke, con un sorriso meraviglioso e gli occhi freddi come il ghiaccio.
Si presentò a Luke, e sapeva che sarebbe bastato quello per farla cadere a pezzi: aveva sempre avuto il controllo su di lei con un solo, semplice gesto.
 
«Ciao, io sono James, il cugino di Dom-Dom.»
 
Tutti in sala risero quando James la chiamò con quel nomignolo infantile, Luke compreso.
Tutti in sala meno Dominique, che cercava di apparire tranquilla mentre le lacrime premevano per uscire: James l’aveva appena chiamata Dom-Dom con la più assoluta freddezza, e per lei quello fu più pesante di ogni insulto che potesse rivolgergli.
 
 
***
 
 
Il giorno successivo Lily Luna Potter camminava parlando tra sé e sé con un filo di voce, maledicendo tutti i suoi antenati da qui all’eternità per non averle donato la capacità di rispondere prontamente.
O meglio, per non averle consentito di usarla anche quando c’era di mezzo Scorpius Malfoy.
La scena vissuta il pomeriggio prima in Sala Grande continuava a ripetersi nella sua testa, e ogni volta che rivedeva il ghigno ferino di Ethan mentre non riusciva a negare che fosse gelosa di Scorpius, la rabbia saliva fino ad annebbiarle la mente.
Morgana, di sicuro ora si sarebbero fatti tutti idee strane!
Immaginò per un secondo la faccia di Albus, se e quando avesse pienamente realizzato cosa fosse accaduto, ma sorrise mestamente considerando che probabilmente non aveva recepito fino in fondo la gravità della cosa.
Albus era intelligente e sensibile, certo, ma come ripeteva spesso zia Hermione, a volte sapeva sfoderare quello spettro di emozioni tipico di un cucchiaino probabilmente ereditato via materna dai geni Weasley.
Sua madre!
Lily rabbrividì, pensando che se comunque Al avesse fatto anche sono un accenno all’episodio, Ginny Weasley avrebbe compreso molto più velocemente di Albus la portata del fatto.
Lily era gelosa marcia di Scorpius Malfoy, ecco la triste verità.
Nei due giorni appena passati aveva fantasticato con snervante assiduità sull’immagine di Scorpius avvinghiato ad una ragazza senza nome, ma con almeno cento caratteristiche perfette che Lily non avrebbe mai posseduto: occhi azzurro ghiaccio, lunghi capelli castani e un fisico da perdere il fiato.
In un certo senso assomigliava a Selene Travers, ma Lily sapeva che tra lei e Scorpius non c’era e non ci sarebbe mai stato niente di più che una sincera amicizia.
Ovviamente a volte si sentiva gelosa dei suoi capelli perfetti, del suo look perfetto, della sua vita maledettamente perfetta.
Selene non doveva aver problemi coi ragazzi, figuriamoci, ogni essere umano dotato di testosterone nel giro di cento chilometri avrebbe dato via un occhio pur di uscire con lei.
E Lily?
Lily si ritrovava per la prima volta a dover ammettere a se stessa che sì, per qualche fottutissimo incrocio astrale lei aveva una piccola, minuscola, insignificante cotta per Scorpius Hyperion Malfoy.
Beh, diciamo che era riuscita ad ammettere almeno il principio.
Stava giusto camminando con foga senza guardare dove stesse andando, quando si scontrò con qualcuno.
Complice il malumore e il dolore al naso, Lily non guardò nemmeno in faccia il malcapitato e iniziò subito a inveirgli contro.
«Porco Salazar, guarda dove cazzo vai, razza di idiot-»
Quando però alzò lo sguardo furente si sentì congelare il sangue nelle vene.
Aveva i capelli biondi più pettinati e il viso di certo meno giovane, ma gli occhi azzurri con la stessa profondità di quelli grigio fumo di lui e il medesimo sorriso appena accennato: non c’erano dubbi, quello di fronte a lui doveva essere Draco Malfoy.
Sentì il viso accaldarsi in due secondi e pregò di non sembrare un pomodoro maturo, mentre cercava di riavviare il cervello e trovare un modo carino per scusarsi del suo turpiloquio.
«Sign…signor Malfoy io…mi scusi, non pensavo…» cominciò a balbettare Lily, mentre gli occhi azzurri e intelligenti la studiavano come se fosse una qualche curiosa sostanza in una provetta.
«Non ti preoccupare, sono cose che capitano. In effetti, con i geni ricchi di sfortuna di tuo padre, è già tanto che tu non ti sia distrattamente imbattuta in una belva feroce.» la rincuorò Draco, strappandole un sorriso appena accennato.
«Immagino di sì, ma sono solo le dieci di mattina, c’è ancora tutto il giorno davanti.» scherzò Lily, sistemandosi la coda alta con cui quel giorno aveva raccolto i capelli.
«Deve vedere la professoressa McGranitt? Credo di averla vista in Sala Grande, oppure…» iniziò la rossa, interrotta però subito dall’uomo.
Draco Malfoy indossava semplici abiti da mago, anche se di ottima fattura come ovvio che fosse essendo un Malfoy, il che suggerì a Lily che non fosse in servizio al momento.
«No, non devo parlare con la McGranitt. In realtà credo che dopo le lettere che le ho inviato non vorrà più sentire il mio nome per almeno cinque anni.» disse Draco facendo una smorfia.
Lily parlò di getto e si stupì di quanto si sentisse a suo agio con il signor Malfoy.
«Anche lei è preoccupato per Scorpius? Mio padre, mia madre e metà della mia famiglia hanno fatto lo stesso con Albus.»
Draco la guardò seriamente.
«Ha sortito qualche effetto?»
Lily negò col capo, alzando le spalle e facendo un sorriso triste.
«Onestamente, quando Al si mette in testa una cosa credo sia impossibile dissuaderlo. E’ troppo simile a mio padre, e questo credo che basti a chiarire il concetto.»
Draco annuì sorridendo.
«Sì, abbastanza. Anche Scorpius ha ereditato questo tratto da me, ma ho deciso comunque di fare un tentativo. Sai dove si trovi ora, per caso?»
Lily gli disse di averlo visto – dove visto sottintendeva “evitato come fosse un Basilisco famelico” - in giardino, vicino ai cipressi ad ovest del parco.
Draco guardò l’orologio al polso e fece una smorfia di disappunto.
«Devo essere in Ospedale tra venti minuti, non farò mai in tempo se devo andare a cercarlo chissà dove nel Parco.»
Lily maledisse tra sé e sé la sua generosità, e parlò in modo ormai rassegnato.
«Se vuole l’accompagno, so dove si trova.»
Draco annuì felice e durante il tragitto riconsiderò la sua posizione nei confronti dei figli di Potter: una su tre era venuta bene.
«Noi…noi ci siamo già visti, lo sai vero?» disse Draco, appena varcata la soglia di Hogwarts e usciti in giardino.
Lily lo guardò confusa e Draco sorrise dolcemente, perso nei ricordi.
«Eri piccola, forse non ti ricordi. Avevi cinque anni e ti eri persa nell’Ospedale, una volta che eri venuta da me insieme a tuo padre per questioni di lavoro. Non so bene cosa sia successo ma…»
«Scorpius mi ha aiutato. Mi ha fatto ridere, e così non ho più pensato a quanto fossi spaventata, senza papà vicino. Sì, ho qualche…qualche vago ricordo.» lo interruppe Lily, sorridendo dolcemente al pensiero di quel passato dove lei e Scorpius erano solo due bambini.
A quel passato dove Scorpius le sorrideva raggiante, tenendole stretta la mano.
Draco annuì.
«Già. Non dirlo a Scorpius, ma credo tu fossi andata nel mio ufficio, dove a lui era inibito l’accesso. Per quanto perfino tuttora gli piaccia pensare di riuscire a mentirmi, io conosco mio figlio, e so quando non sta dicendo la verità. Ma che rimanga un segreto, Lily.»
Lily annuì ridendo, proprio mentre si avvicinavano al gruppo di Scorpius, Ethan e Selene, distesi sotto l’ombra dei cipressi.
Lily salutò con un sorriso Draco Malfoy e questo ricambiò, mentre gli altri tre osservavano la scena senza parole.
Quando la rossa fu fuori portata d’udito, Draco chiese a Scorpius di parlare da soli.
Il figlio suggerì al padre di rientrare, così si sarebbero potuti parlare al fresco delle mura del Castello, e mentre facevano la strada verso l’enorme portone, Draco sussurrò qualcosa che Scorpius non avrebbe mai immaginato di sentire, nemmeno nei suoi sogni più rosei e remoti.
«Certo che la piccola Potter è proprio una ragazza in gamba. Chi l’avrebbe mai detto!»
 
 
***
 
 
Scorpius Malfoy rientrò in Sala Comune mezz’ora dopo, sospirando.
Non aveva voglia di tornare dai due migliori amici, sentiva di dover stare da solo.
Suo padre gli aveva chiesto ripetutamente perché diavolo si fosse iscritto al Torneo, dato che non aveva risposto in modo eloquente nella lettera, e Scorpius sapeva che non si era bevuto nemmeno una delle cento bugie che gli aveva raccontato.
Non che il fatto che fosse un ragazzo orgoglioso e audace fosse una menzogna, ma Draco sapeva che questo non necessariamente dovesse convogliare nella partecipazione al Torneo Tremaghi.
Alla fine però Draco era dovuto tornare a lavoro, e Scorpius se l’era cavata con un abbraccio, il primo vero abbraccio da che aveva compiuto quattordici anni fuori da casa, e la raccomandazione di stare attento, oltre che all’invito di scrivere e rassicurare sua madre.
Scorpius si distese sul divano, ripensando al modo in cui Draco e Lily erano arrivati da lui poco prima: così tranquilli e spensierati.
Forse un’eventuale storia non sarebbe stata un problema, forse c’era una possibilità.
Poi una smorfia gli riempì crudelmente il viso, quando si ricordò che, gelosia o meno, Lily fosse convinta che lui fosse uno sciupafemmine incallito come Ethan.
Certo, le sue esperienze le aveva fatte, com’era naturale che fosse per un bel ragazzo di diciassette anni, e ormai la nave della verginità aveva lasciato il porto; ma Scorpius aveva sempre tenuto alle ragazze con cui era stato, in un modo o nell’altro.
Eppure, nessuna di loro lo aveva mai fatto sentire così vivo, come anche solo battibeccare con Lily lo faceva sentire.
Scorpius si alzò e andò a cambiarsi, mettendosi una t-shirt più informale al posto della camicia, e quando lo sguardo venne catturato dal comodino accanto al suo i pensieri si concentrano su Ethan.
Sopra il mobile era incorniciata una fotografia magica, dove un piccolo Ethan dal sorriso smagliante rideva in braccio ad una donna bellissima, dai capelli fluenti dello stesso colore di Ethan.
Scorpius riconobbe la madre del migliore amico nella fotografia, e sorrise in modo triste.
E’ vero, Ethan andava a letto con decine di ragazze senza poi curarsi troppo dei loro sentimenti, ma a dir la verità non si interessava nemmeno dei propri di sentimenti.
Da quando al loro secondo anno ad Hogwarts la madre di Ethan era morta per una malattia molto aggressiva, il ragazzo era cambiato di colpo: aveva iniziato ad essere più schivo, e a preferire molti sorrisi superficiali a pochi veri.
Era diventato più audace, esuberante ed estroverso, ma Scorpius e Selene l’avevano visto paradossalmente chiudersi sempre di più in se stesso, ricercando l’amore che aveva perso in ogni altra persona attorno, senza mai volerlo trovare davvero.
Scorpius stava giusto riflettendo sull’andare in Biblioteca a studiare un po’, quando un enorme gufo marrone scuro piombò sul suo letto, attraverso la finestra del Dormitorio.
Il ragazzo slegò il piccolo biglietto di pergamena e lesse incuriosito.
 
 
Vediamoci sulla Torre di Astronomia stanotte alle undici.
Vieni da solo.
 
 
Non c’era firma, e non riconosceva il gufo.
Eppure, Scorpius Malfoy sentì che si sarebbe rivelato un appuntamento alquanto interessante.
 
E, per caso o per destino, aveva pienamente ragione.







Angolo Autrice:

Ciao a tutti e bentornati alla mia fan fiction! Sono stata velocissima, sia perché avevo un sacco di tempo per scrivere, sia perché le idee continuavano a frullarmi in mente. So che aspettate con trepidazione l'arrivo di Halloween e quindi dei Campioni delle altre Scuole e non temete, il prossimo sarà l'ultimo capitolo "prima" dell'inizio vero e proprio del Torneo.
Comunque sia, voglio come al solito ringraziare di cuore Maga_Merlina e La_Fra per aver recensito anche lo scorso capitolo: spero di sentirvi anche oggi come al solito! Invito chiunque voglia farmi sapere la sua opinione a farsi avanti, e concludo ringraziando le 29 persone che hanno messo questo esperimento nelle seguite e vi rimando al prossimo capitolo, sempre qui e sempre, si spera, massimo entro una settimana.
Alla prossima!

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***






CAPITOLO 6


 
«Credi di andarci?»
Lily guardò Sophie, osservando le sopracciglia lievemente inarcata in un’espressione di scetticismo.
«Beh, che male può fare? Di sicuro non comparirà Voldemort a cavallo di un Ippogrifo.»
La Corvonero roteò gli occhi, sbuffando e sistemando le carte posizionate sul tavolo di fronte a lei.
Lily e Sophie erano le uniche all’interno della stanza che la McGranitt aveva adibito a redazione di “Felix Felicis”, e stavano commentando il piccolo foglietto di pergamena che Lily continuava a rigirarsi tra le mani da un quarto d’ora abbondante.
«Non scherzare su queste cose Lils, non penso sia saggio. Voldemort di sicuro no, ma che ne sai, magari c’è qualche pazzo psicopatico lì fuori, pronto a vendicarsi di tuo padre e…»
Lily interruppe l’amica, ridendo.
«Per Godric, Soph calmati. Andrò solo sulla Torre di Astronomia, mica da sola a Notturn Alley. Dubito che qualche spossato possa entrare ad Hogwarts, e altrettanto fortemente rifiuto l’idea che dovrebbero attaccarmi qui, nel posto forse più sicuro del mondo magico, quando avrebbero potuto farlo tranquillamente in ogni momento di quest’estate alla Tana. O a Londra, quando vagavo sola soletta, tanto per dire. Rilassati, Merlino sei più paranoica di Hugo a volte.»
Sophie sbuffò ancora, facendole la linguaccia.
Poi tornò seria, fissando i suoi occhi in quelli nocciola della migliore amica.
«Dico solo che mi sembra strano, tutto qui. “Vediamoci sulla Torre di Astronomia oggi alle undici, e avrai uno scoop da prima pagina per Felix Felicis. Vieni da sola.” Vuoi dirmi che una cosa simile non ti suona sospetta?»
Lily scrollò le spalle, ripiegando il foglietto che aveva trovato allegato ad un gufo appollaiato sul suo letto a baldacchino poco prima, una volta accompagnato Draco da Scorpius.
«Forse, ma magari è semplicemente una persona timida, o compromessa in qualche modo.»
«Cosa intendi per compromessa?» le domandò Sophie, guardandola interrogativamente e avviandosi con Lily verso la Sala Grande per la cena.
«Che potrebbe trovarsi in una situazione difficile, e forse vuole mantenere l’anonimato più assoluto riguardo a qualsiasi cosa debba dirmi. E io ovviamente lo manterrei, sono una giornalista inesperta ma pur sempre con dei principi morali e deontologici.» esclamò Lily, mentre Sophie si scioglieva in un sorriso.
«Deontologici? Tua zia Hermione sarebbe così fiera di te.» la prese in giro Sophie, ridendo con lei fino a quando non le chiamò una voce dietro di loro.
Le due si voltarono, per trovarsi di fronte ad Albus.
Indossava la divisa da Quidditch e Lily sospettò fosse andato a farsi un volo veloce prima di cena: ovviamente con l’evento del Torneo Tremaghi in programma, il Torneo di Quidditch di quell’anno era stato annullato, e gran parte degli studenti continuavano a lamentarsene, magari proponendo di fare entrambe le cose.
Albus, in effetti, era uno di quei studenti, sebbene fosse anche il Campione di Hogwarts.
O meglio, uno dei Campioni di Hogwarts.
«Signore, sono davvero lieto di avervi incrociate. Lils, mi tieni un posto a tavola? Mi faccio una doccia veloce e potrei fare tardi.»
Lily fece una smorfia, facendo intendere quanto il fratello necessitasse di farsi una doccia.
«Non so se una doccia basterà Al, ma ok. Erik non può farlo?»
«Erik è in punizione. Neville ha scoperto che è stato lui a spruzzare tanfo di Troll sull’attrezzatura di Volo di Serpeverde. Deve scrivere un tema di non so quante parole sulla responsabilità, e dubito che riuscirà a finirlo prima di metà cena. Ah, inoltre volevo accordarmi con te, Sophie, per la prossima intervista. Sai, sono un ragazzo impegnato, dovrei sapere in anticipo le cose.» concluse Albus, illuminando il viso con un sorriso smagliante.
Lily gli suggerì di inserire un corso di autostima tra i suoi impegni, mentre Sophie lo informò che probabilmente fino ad Halloween non avrebbe avuto bisogno di altre interviste.
Albus mise su un’espressione offesa e delusa, e le disse che avrebbe dovuto farsi perdonare con una Burrobirra ai Tre Manici di Scopa, alla prima uscita ad Hogsmeade.
Sophie accettò sotto lo sguardo stupefatto di Lily, e passò il resto del tragitto verso la Sala Grande a rincuorarla che sarebbe stata solo un’uscita tra amici.
«E poi scusa Lils, tu puoi uscire con sconosciuti misteriosi di notte, e io non posso bere una Burrobirra con Al, alla luce del sole?» sbottò Sophie alla fine.
«Francamente Soph, fossi in te mi spaventerebbe di più uscire con Al che con un possibile psicopatico. Almeno nel mio caso c’è la possibilità che l’uomo del mistero non sia psicopatico: con Al vai sul sicuro in quanto a turbe mentali.»
La risata di Sophie seguì Lily quando si furono divise, mentre si accomodava alla tavola dei Grifondoro, strappandole un sorriso.
 
 
***
 
 
James si svegliò di soprassalto, quando qualcosa di fastidiosamente duro lo colpì prepotentemente sulla testa.
«Jason ma che cazzo fai. Stavo dormendo.» imprecò James, lanciando la scarpa da ginnastica addosso al ragazzo che ora lo fissava, infuriato.
«Già, e io stavo andando in bagno, quando ho visto lo schifo che ci hai lasciato stanotte. Hai diciotto anni Merlino, non sai nemmeno vomitare nel water quando sei ubriaco?» rispose acidamente Jason Wright, suo migliore amico e coinquilino.
Jason era alto più o meno come James, ma aveva i capelli biondo scuro e brillanti occhi azzurri. Portava degli occhiali da vista che invece di renderlo meno attraente gli conferivano un fascino da intellettuale molto apprezzato tra il genere femminile.
Non guastava nemmeno la sua ampia cultura e l’umorismo sempre pronto allo scherzo, ma con una vena più sottile di quella di James.
Erano inseparabili fin dal primo anno ad Hogwarts, e anche Jason aveva ovviamente fatto parte di Grifondoro.
James lo guardò con fatica, cercando di metterlo a fuoco.
Sentiva la testa pulsare dolorosamente e ogni osso muoversi rigidamente, a causa della carenza di acqua in circolo.
Merlino, aveva bevuto come una spugna quella notte, e sentiva ancora il sapore disgustoso del Whisky Incendiario in bocca.
«James, Porco Salazar, non mi interessa perché tu ti sia ubriacato, so solo che fra mezz’ora inizia la lezione a cui anche tu dovresti partecipare, e il nostro bagno è inagibile. Muovi il culo e pulisci.» disse Jason, gli occhi azzurri colmi di rabbia.
James però si sistemò meglio sul letto, come ad intendere di non avere intenzione di alzarsi, e parlò sbadigliando.
«Non vengo a lezione, fai evanescere tutto quello schifo e piantala con le scenate, sei peggio di mia madre.»
Jason aprì la bocca per ribattere, quando notò un particolare che prima gli era sfuggito.
Il cuscino di James era umido e, a giudicare dalla forma, i segni dovevano essere frutto di lacrime.
Jason si avvicinò con cautela al migliore amico, con uno spirito nuovo.
«Cos’è successo ieri a casa tua, James? C’era…c’era lei
James ghignò malignamente, guardando negli occhi il ragazzo.
«Oh, lei c’era eccome, accompagnata dal suo fidanzato. Luke, si chiama così. Che cazzo di nome da francesino perfetto, con i capelli hippie lunghi, un accento esotico e quei cazzo di…di baci che lui le dava e…»
James iniziò a prendere a pugni il cuscino, mettendosi seduto, finché Jason non gli impedì di distruggerlo completamente.
«Da quanto stanno insieme?» domandò Jason.
James rise senza felicità, in un modo che fece accapponare la pelle all’altro, ma questo non lo diede a vedere.
«Da prima, Jason. Da prima di quella notte, porca Morgana. Da prima che ci baciassimo la prima volta, che la stringessi a me, che mi dicesse…che mi dicesse che noi…» ma James non riuscì a finire la frase: corse verso il lavello della cucina e diede di stomaco, rigettando insieme all’alcool e ai resti della cena anche tutta la sua rabbia.
Jason andò in bagno e lo pulì con un movimento della bacchetta, e una volta arrivato in cucina fece lo stesso.
Poi suggerì a James di venire a lezione, e non demorse fino a che l’altro non acconsentì, blandamente.
Jason gli strinse la spalla in un gesto d’affetto, e James sorrise.
«Non farti distruggere James, ce la puoi fare.» lo incoraggiò Jason, chiudendosi la porta alle spalle.
«Il problema è che l’ha già fatto.» rispose James, prima di smaterializzarsi verso l’Accademia Auror, seguito a ruota da Jason, che fissava con preoccupazione il punto da dove era appena svanito il maggiore dei Potter.
Non avrebbe lasciato cadere a pezzi il suo migliore amico, non l’avrebbe permesso.
Sarebbe andato da Dominique la sera stessa, e avrebbe chiarito al posto suo.
Sì, l’avrebbe fatto: per James, avrebbe fatto qualunque cosa.
 
 
***
 
 
Quella notte Scorpius Malfoy si appoggiò al parapetto della Torre di Astronomia fissando l’oscurità che si estendeva su Hogwarts, e respirò profondamente l’aria fredda che gli accarezzava il viso.
Era andato lì in anticipo, mancavano cinque minuti alle undici, e si sentiva fremere come un bambino la mattina di Natale che attendeva l’ora reputata meno soggetta ad omicidio per svegliare i genitori e aprire i regali.
Scorpius rimuginò ancora un po’ sopra su chi potesse essere il misterioso mittente della missiva che l’aveva portato lì, ma nemmeno nelle sue più rosee speranze poté anticipare quello che sentì pochi secondi dopo.
«Malfoy?»
Scorpius si voltò e si trovò catturato dallo sguardo confuso e vagamente irritato di Lily Luna Potter.
Indossava la gonna di Hogwarts, delle calze nere più pesanti di quelle dell’uniforme e un maglione enorme blu scuro, probabilmente appartenente a uno dei suoi due fratelli.
O a qualche ragazzo, magari” istillò in lui il dubbio una vocina nella sua testa, fastidiosamente simile a quella di Ethan.
Scorpius scacciò quei pensieri funesti dalla mente e accennò un sorriso sornione.
«Potter? Quindi sei tu la mia misteriosa ammiratrice? E io che pensavo di aver ormai fatto colpo senza bisogno di questi inutili sotterfugi.»
Le guance di lei si colorarono di un deciso rosso pomodoro, mentre lo sguardo divenne tagliente e le labbra strette in una smorfia ironica.
«Ti piacerebbe, non è vero?»
“Non sai quanto” rispose mentalmente Scorpius, cercando di prestare attenzione alle successive parole della Grifondoro.
«Senza offesa, ma ho ben altri modi di attirare un ragazzo, se solo lo volessi. E comunque anche io sono qui per mano di qualcuno di ignoto, come a quanto pare sei anche tu. Guarda.»
Lily si avvicinò a Scorpius quel tanto che bastava per passargli il piccolo pezzo di pergamena che recitava un invito quasi uguale a quello del biondo.
La rossa ripose il block notes rosso che aveva in mano e la penna BIC nella borsa a tracolla marrone che scendeva sul suo petto, segnando in modo dolce le forme appena accennate che Scorpius si impedì di guardare troppo a lungo.
“Merlino, sarebbe bella perfino con un sacco della spazzatura addosso” pensò il Serpeverde, rileggendo il biglietto di Lily e sentendo le viscere fremere quando intuì quanto l’altra gli si fosse avvicinata.
Lily si era infatti appoggiata al parapetto e osservava il panorama, la mano a pochi centimetri da quella del biondo.
«Quindi Potter, siamo stati entrambi imbrogliati eh?» disse Scorpius, porgendole il biglietto e mettendosi come lei a scrutare il buio sotto di loro.
Lily scrollò le spalle, inspirando a pieni polmoni l’aria sempre più fredda e sciolse la coda di cavallo, facendo in modo che i capelli le fornissero almeno un po’ del calore che la brezza serale minacciava di toglierle.
“Almeno non se n’è andata non appena compresa la situazione” rifletté Scorpius, sorridendo appena.
«Immagino che qualcuno si sia divertito a fare uno scherzo di cattivo gusto, sempre che tu non sia il mio scoop per Felix Felicis. Hai qualcos’altro da confessare, magari un menage à trois con qualche altra sciacquetta della scuola?»
Scorpius però rimase in silenzio, troppo impegnato a meditare sulle parole di Lily per accorgersi della gelosia che la rossa emanava da ogni poro.
Gelosia che, peraltro, lei si accorse di provare e pregò che lui non le rispondesse, poiché in fondo non voleva davvero più sapere nulla della sua vita sentimentale.
Della sua vita sentimentale senza di lei.
Malfoy invece si stava concentrando sulla prima parte del discorso, e d’un tratto gli fu tutto chiaro: il Torneo Tremaghi, le battute in Sala Grande e infine quel casuale incontro misterioso con Lily.
Dopotuttto, conosceva soltanto una persona in grado di fare, come aveva detto Lily, certi scherzi di cattivo gusto.
«Io lo uccido.» sussurrò Scorpius, e quando Lily gli chiese cos’avesse detto, il biondo si ricordò della sua presenza e finse di non aver appena avuto una rivelazione scioccante su uno dei suoi migliori amici.
«Niente, tranquilla. Stavi parlando di scoop…?» chiese Scorpius, invitandola a proseguire, ma Lily si morse le labbra e negò col capo, cercando con tutta se stessa di evitare quel tema.
Così, quando Scorpius iniziò a parlare, Lily sentì il cuore smettere di battere per un secondo, preda dell’ansia e della paura che lui volesse commentare quello che era successo in Sala Grande.
«A proposito di scoop, in effetti volevo solo…ecco…chiarire. Non…non è vero che io, sì insomma, mi faccio tutte quelle che respirano e…»
«…No guarda lascia stare, non serve che ti spieghi con me…» lo interruppe Lily, prima di essere fermata dalle parole del ragazzo.
Scorpius la fissò serio e Lily sentì di riacquistare calore fin troppo in fretta, sotto il suo sguardo.
«…no, serve. Io non voglio che tu pensi che io vada con chiunque. Ho avuto le mie esperienze, ovvio, ma non sono come Ethan, che comunque è molto più complicato di quello che sembra, per quanto tu possa dubitarne. Lui…lui ha sofferto molto, in passato. Non mi dilungherò, non sono affari miei né tuoi come gestisca la sua vita, ma quello che volevo fosse chiaro è che la storia della rissa era… era un evento unico, non si ripeterà. Oltretutto, non ce ne sarebbe modo, dato che ora non vedo nessuno.» concluse Scorpius sorridendo incoraggiante e Lily si sentì di rispondere al suo sorriso, sollevata che l’altro fosse davvero single.
«Dev’essere stata una ragazza incredibile, per aver causato una rissa tra te e Flint.» commentò la rossa, appoggiandosi con la schiena alla balaustra e giocando con i lunghi capelli rubino, ora mossi dal vento.
«Sì, diciamo di sì. Ma ora è passato, e non mi piace soffermarmi troppo sul passato, Potter.» le rispose Scorpius, prima di guardarla curioso.
«A proposito di passato, oggi hai accompagnato mio padre da me e stentavo a riconoscervi quando siete arrivati. Sai, sembravate amici di vecchia data.»
Lily rise della descrizione e poi lo guardò negli occhi, le lentiggini sulle guance illuminate dalla fioca luce che proveniva dall’interno della Torre.
Scorpius si ritrovò a pensare che avrebbe volentieri passato tutta la sera, tutte le sere, a guardare le sue lentiggini, quei piccoli punti che lei tanto odiava.
«In un certo senso lo siamo, non ti ricordi quella volta in ospedale?»
Scorpius ghignò divertito.
«Ah, intendi quando ti ho salvato la vita?»
Lily lo colpì giocosamente sulla spalla, facendogli la linguaccia.
«Semmai te l’ho salvata io la vita: non riuscivi ad inventarti una balla perché non dovevi essere in quello studio, e io sono dovuta venire in tuo soccorso sbattendo i miei grandi occhi nocciola.» lo prese in giro Lily, accentuando il movimento delle ciglia in modo buffo.
Scorpius rise e dopodiché accennò un broncio.
«Non darti tante arie, me la sarei cavata comunque e… aspetta, tu come fai a sapere che non dovevo andare nello studio?» la colse in fallo il biondo, ma Lily seppe rispondere prontamente, quella volta.
«Non ci vuole un genio per fare due più due, anche a distanza di anni sei così prevedibile. Comunque tuo padre mi ha sorpreso, è forte, è molto alla mano.» cambiò subito discorso Lily.
«Ha detto che sei una ragazza in gamba.» annuì Scorpius, ammirando il sorriso soddisfatto che piegò le labbra dell’altra segnate dai morsi.
«Ha buon gusto.» aggiunse Lily, guardando l’orologio da polso.
«Beh, Malfoy, per quanto tu possa essere interessante, domani ho un compito di Incantesimi alla prima ora e credo che il sonno potrebbe evitare almeno di prendere una T. Merlino, forse anche una D, ma non assicuro nulla, gli incantesimi restringenti sono abbastanza ostici.» disse Lily, avviandosi verso l’interno.
«Io presi una E senza fare nulla, ma sai, sono doti naturali.» la canzonò Scorpius, mentre Lily gli faceva una smorfia.
Se ne stava giusto per andare, quando Scorpius sentì la propria voce parlare prima di riuscire a pensare due volte su cosa stesse facendo.
«Se avessi bisogno di una mano in Incantesimi beh, sai dove trovarmi.»
Lily lo guardò dubbiosa, e in quei secondi di silenzio Scorpius si sentì morire dentro.
Poi però la Grifondoro annuì, accennando un sorriso, e accettando la sua proposta.
Quando rimase solo, Scorpius cercò di ritrovare il respiro e contemplò l’idea di non uccidere Ethan, alla fin fine.
Magari solo qualche livido.
 
 
***
 
 
«Ethan, guardami.»
Selene osservò il sorriso sornione dell’amico illuminato debolmente dalla luce delle candele della Sala Comune dei Serpeverde.
Il ragazzo fece quanto chiesto, e Selene arricciò le labbra in un cipiglio scettico.
«Cos’hai architettato, Eth?»
Ethan la guardò stupefatto, fingendosi teatralmente sorpreso dalla domanda.
«Io? Cosa ti fa pensare che io abbia architettato qualcosa?» le chiese, allibito.
Selene sbuffò e lo intimò di finirla con la farsa.
«Ti conosco troppo bene, e so che hai fatto qualcosa. Anzi, so che stai facendo qualcosa da quando è iniziato l’anno, quindi piantala con le menzogne e dimmi cos’hai in quella mente disturbata. Scorpius non c’è e sospetto che sia merito, o per meglio dire, colpa tua. Quindi, te lo chiederò solo un’altra volta con le maniere gentili, e poi passerò a quelle molto meno cordiali: cos’hai combinato razza di idiota col cervello di un cactus?» sussurrò minacciosa Selene, e per quanto Ethan desiderasse mantenere la sua facciata di puro egocentrismo, non poté fare a meno di indietreggiare di qualche centimetro verso lo schienale della poltrona.
Selene lo fissava seria seduta sul divano, ed Ethan si ritrovò a pensare che se fosse servito a farle fare quella smorfia così tenera, avrebbe dovuto mettere Scorpius in pericolo di vita molto più spesso.
«Sele, quello che faccio o non faccio è come l’opera di Dio: inconoscibile alle menti umane. Non capiresti, ma sappi che ogni mia azione punta solo al vostro bene.»
Selene inarcò il sopracciglio, mentre Ethan sfoggiava un ghigno compiaciuto.
«Ti stai sul serio paragonando a Dio, Ethan? Ad un qualsiasi tipo di divinità? Onestamente, credo tu sia vicino all’intellegibilità tanto quanto lo è la Brown alla scoperta per l’immortalità. Dimmi solo dov’è Scorp, perché so che lo sai.»
Ethan rimuginò qualche secondo, e alla fine si sciolse in un sorriso enigmatico.
«Diciamo solo che dovunque si trovi ora, è molto felice, questo te lo posso assicurare. Più o meno tanto quanto Max è felice stando con te.»
Selene aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse, senza parole.
Quando parlò lo fece a bassa voce, quasi fosse faticoso anche solo pensare ciò che stava dicendo.
«Tu…tu lo sai?»
Ethan le si sedette accanto, e le sussurrò all’orecchio con una voce melliflua che fece accapponare la pelle a Selene.
«Davvero credevate di riuscire a mantenere un segreto con me, Sele?»
Quando si discostò, Selene lo guardò e non seppe se si sentisse più in colpa o più arrabbiata, anche perché la sua mente brillante aveva già ricollegato tutti i pezzi del puzzle, arrivando alla conclusione che era stato lui a mettere il nome di Scorpius nel Calice.
Eppure Selene non riusciva ad odiarlo, ad urlargli contro, a fare qualsiasi cosa che non fosse osservare quanto le sue labbra fossero dannatamente vicine a quelle di Ethan.
E lui la stava fissando con una strana luce negli occhi, una luce che non capiva e la spaventava più di quanto potesse esprimere a parole.
«Questo profumo è…» cominciò Ethan, e Selene annuì sorridendo.
«Sì, quello che mi hai regalato l’anno scorso per Natale.»
Ethan sorrise soddisfatto, avvicinandosi fino ad annusarle di nuovo l’orecchio e sussurrandole dolcemente «Ho subito pensato a te, quando l’ho sentito. Avevo ragione.»
Selene non sapeva cosa stessero facendo, cosa stessero pensando i loro compagni di Casa mentre li guardavano ammutoliti, così vicini e circondati da una strana atmosfera.
E non seppe mai cosa sarebbe potuto succedere, perché un secondo dopo Ethan si allontanò da lei e Selene riuscì con dolore a vedere chiaramente i suoi occhi tornare scherzosi e distanti come al solito.
«Guarda chi c’è, il nostro biondo preferito!»
Selene non riuscì a fare nulla più che sorridere velocemente a Scorpius e alzarsi in fretta, dirigendosi verso il Dormitorio Femminile.
Era a metà della scala, quando le lacrime cominciarono a scendere prepotentemente, in un tumulto di emozioni.
Ethan non si degnò nemmeno di seguirla con lo sguardo, adocchiando maliziosamente invece Arysta Loos, Serpeverde del loro stesso anno.
Almeno fino a che Scorpius non lo prese per il colletto con tanta forza da fargli sentire le corde vocali strette in una morsa.
Quello che disse glielo sibilò all’orecchio, gli occhi grigi iniettati di una rabbia che, Ethan lo sapeva bene, non aveva niente a che fare né col Torneo né con Lily.
«Te lo chiederò solo una volta, non osare rispondere in modo vago o con una delle tue battute del cazzo, o giuro che ti rifaccio tutti i denti. Cos’hai fatto a Selene?»
Ethan si liberò dalla stretta e con un singolo, gelido sguardo, fece sparire le persone nella Sala Comune e parlò solamente quando furono rimasti loro due.
«Ho fatto quello che dovevo: le ho evitato di soffrire standomi troppo vicino.»
Scorpius lo squadrò dall’alto in basso e ringhiò poche parole, prima di raggiungere Selene nel Dormitorio Femminile.
«La prossima volta che le eviti una sofferenza, fallo a qualche metro in più di distanza.»
 
***
 
 
Ginny Weasley vide passare di fronte a sé i giorni di settembre e ottobre, e con essi constatò diversi e strani avvenimenti.
I suoi tre figli infatti cominciarono a dimostrare strani temperamenti e stati d’animo, ognuno per motivi diversi, sospettava la donna.
Lily, per esempio, trapelava felicità e depressione a tratti, ogni qual volta scriveva una lettera a casa, e nemmeno il suo sesto senso da mamma riusciva a ricollegare gli sbalzi d’umore frequenti della figlia, a qualcosa che fosse diverso da una cotta.
Ginny sospirò sorridendo sorniona, sorseggiando il suo the caldo pomeridiano, e crogiolandosi nell’immagine di Lily con un fidanzato.
Ovviamente che la sua intuizione fosse corretta o meno, cosa che non era stata ancora appurata da una missiva traboccante gelosia e senso di protezione da parte di Al, Ginny non si era sentita di condividere i suoi dubbi con nessuno fuorché Hermione.
La migliore amica le aveva assicurato di non sapere nulla a riguardo, e anzi aveva confessato il timore che Lily e Rose avessero litigato.
Ginny le aveva chiesto cosa glielo avesse fatto pensare, ed Hermione le aveva riferito come Rose nelle sue lettere nominasse saltuariamente ogni cugino, ma da che era iniziata la scuola avesse evitato completamente di parlare di Lily.
Ginny aveva immaginato che poteva essere dovuto ad una relazione da tener segreta tra Lily e qualcun altro, ma Hermione aveva scartato l’idea, dicendole che Rose avrebbe protetto meglio un segreto di Lily non focalizzando tanto la sua attenzione sull’assenza di notizie sulla piccola Potter.
A quel punto la madre degli uragani Potter si era concentrata sul secondogenito, notando come a mano a mano che Halloween si avvicinava, e con la festa anche l’arrivo dei Campioni di Durmstrang e Beauxbatons, diventava sempre più coinciso nelle lettere, ormai ristrette ad una alla settimana.
Ginny fremeva dalla voglia di andare a trovarlo, ma Harry si era detto contrario, suggerendole che la loro presenza non richiesta l’avrebbe irritato, come soleva farlo sempre nei periodi in cui Albus era più agitato: durante le selezioni di Quidditch, prima delle partite importanti o nel periodo antecedente i M.A.G.O. al suo Quinto Anno.
La donna si era dunque dovuta arrendere all’evidenza che ormai suo figlio avrebbe dovuto prendersi le proprie responsabilità e affrontare le sfide in cui sarebbe incorso, senza il loro aiuto.
E dulcis in fundo, pensò Ginny lavando la tazza da the nel lavabo della cucina, quello che più la preoccupava: James.
Il maggiore dei suoi figli era diventato cupo e irritabile, quasi perennemente di malumore e si rifiutava di informare lei o Harry del perché.
James si era a malapena presentato alle ultime cene di famiglia, e aveva limitato al minimo i contatti con lei o con Harry.
Ginny però sapeva che più che per ira nei loro confronti, questa lontananza fosse dovuta al fatto che lo conoscevano troppo bene, e a lungo andare sarebbero riusciti a fargli sputare il rospo su che cosa lo stesse tormentando così.
La rossa sospirò, pensando che i problemi adolescenziali fosse in voga nella loro famiglia quel mese: Bill le aveva detto che anche Dominique si comportava in modo strano, e George si era lamentato che secondo lui Roxanne stava tramando qualcosa.
Quando Harry rientrò la salutò dal corridoio dell’entrata, e una volta arrivato in cucina la baciò sulla bocca per poi chiederle come fosse andata la sua giornata.
Ginny gli raccontò di aver risposto all’ennesima lettera microscopica di Albus e di aver supplicato James di venire a cena con loro dai nonni Weasley quella sera, accettando l’ennesimo rifiuto.
Harry le sorrise dolcemente, servendosi di un bicchiere di succo di zucca.
«Tranquilla Ginny, vedrai che si risolverà tutto. Albus dovrebbe calmarsi, dopotutto domani arriveranno i Campioni ad Hogwarts.» la rassicurò Harry, ma ottenne il risultato contrario.
Ginny strabuzzò gli occhi e lanciò uno sguardo confuso al calendario.
«Harry, i Campioni arriveranno ad Halloween, giusto? E ad Halloween mancano ancora due settimane.»
Harry quasi si strozzò con un pezzo di ciambella preso dalla dispensa poco prima, e Ginny riuscì a vedere ogni rotella del suo cervello ingegnarsi per rifilarle una bugia convincente.
Ginny non si lasciò sfuggire l’attimo: inchiodò Harry contro il mobile e lo obbligò a guardarla negli occhi, sapendo che il marito non sapeva mentirle fissandola in viso.
«Harry? C’è qualcosa che dovrei sapere?» gli sussurrò dolcemente la rossa, mentre Harry sbuffava tra sé e sé per il passo falso da cretino.
«Ginny, non dovrebbe saperlo nessuno in realtà, a parte quell’idiota del Capo Auror e pochi altri Capo-Ufficio. E in nessun caso dovrà saperlo chiunque al di fuori di te, dato che ormai la frittata è fatta.»
Ginny promise sotto lo sguardo attento di Harry di mantenere il segreto, e l’uomo addentò un altro pezzo di ciambella, prima di parlare.
«La McGranitt ha voluto anticipare l’arrivo delle delegazioni di Durmstrang e Beauxbatons, per agevolare la convivenza con gli studenti di Hogwarts e dar loro la possibilità di conoscersi meglio, prima della prima prova.»
Ginny provò a chiedere al marito quando fosse in programma, ma Harry alzò le mani e negò col capo.
«Ti ho già detto anche troppo. Dovrebbe essere top secret, figurati, e invece sono riuscito a spiattellarlo ad una persona esterna.» esclamò Harry, mentre Ginny gli si avvicinava con uno sguardo ricco di compassione.
«Beh, non sono una persona esterna qualunque. Sono tua moglie, una delle eroine in prima linea della Seconda Guerra Magica e la madre di uno dei Campioni di Hogwarts.»
Harry rispose mestamente al sorriso della moglie, concludendo imbronciato che sarebbe tornato in Ufficio per sistemare un paio di cose.
Ginny sospirò divertita quando vide il disappunto così infantile sul volto di Harry, e si disse che probabilmente le crisi adolescenziali, a discapito del nome, non fossero solo tra adolescenti.
Si diresse verso il bagno agognando una doccia calda prima di raggiungere la Tana per aiutare sua madre, e lungo il tragitto fantasticò su come sarebbero apparsi gli studenti di Durmstrang e Beauxbatons agli occhi degli studenti di Hogwarts, e ovviamente agli occhi dei suoi figli.
 
«Domani per loro sarà sicuramente una giornata molto interessante.»





Angolo Autrice:

Ciao a tutti! Scusate per il colossale ritardo, ma ho avuto degli imprevisti a lavoro - luogo dove di solito scrivo, non fate domande, è una storia lunga - e quindi avevo smesso di scrivere, ma eccomi qui! Spero che questo capitolo vi piaccia, e sopratutto che vogliate farmi sapere la vostra opinione ;)
Ringrazio infinitamente le ben 35 *piango* persone che hanno messo la storia tra le seguite, e un bacio enorme va anche e sopratuttto alle dolcissime persone che hanno recensito lo scorso capitolo: La_Fra (visto che non ti ho delusa? ;) ), Maga_Merlina e le new entry del gruppo, Jade_Malfoy e OKUMA!
Spero vorrete farvi sentire anche oggi così numerose, nel frattempo vi abbraccio tutti e vi rimando al prossimo - possibilmente non così in ritardo - capitolo!

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***





CAPITOLO 7



 
“Smettila. Smettila immediatamente di sorridere come un’idiota.”
“Ma sono felice. O meglio, credo di esserlo.”
“Credi di esserlo? Non ne sei neppure sicura! Smettila di sorridere, anche se evidentemente sei un’idiota.”
“Mi ha guardato così a lungo, la scorsa volta. Cioè, eravamo ai due lati opposti del tavolo, e mi stava solo spiegando come fare un Incantesimo Confundus, ma mi ha guardata.”
“Probabilmente con la mira che hai, si stava chiedendo dove si trovasse. Oh beh, almeno avrebbe voluto dire essere riuscita ad azzeccare un maledetto incantesimo, ogni tanto.”
“Fottiti.”
 
Lily guardò il professor Vitious agitare la bacchetta concludendo la spiegazione di un incantesimo che lei, come al solito, non aveva capito.
Sbuffò tra sé e sé, mettendo a tacere sul nascere un altro battibecco interiore tra la se stessa incredibilmente pessimista – che le aveva permesso di arrivare integra e quasi del tutto prima di sofferenze ai quindici anni di età – e quella piena zeppa di ormoni in subbuglio, con su scritto “MALFOY” in lettere cubitali.
Da quella volta che si erano trovati sulla Torre di Astronomia, due settimane prima, Lily aveva chiesto tre volte a Scorpius di aiutarla in Incantesimi, scioccata dall’enorme “D” che troneggiava sul suo ultimo compito e che le era valsa una lettera molto delusa da Ginny.
Il fatto poi che quest’ultima le avesse suggerito di farsi dare una mano da Rose risultava essere la beffa oltre al danno.
Lily aveva evitato ogni contatto con la cugina dall’inizio di quell’anno, e nonostante i tentativi di quest’ultima di riappacificarsi, la Potter aveva dimostrato una testardaggine che avrebbe impressionato perfino Harry Potter in persona.
«Sei irragionevole, ti ha chiesto scusa milioni di volte e tu le manchi tanto quanto lei manca a te.» le aveva sussurrato costernata Sophie qualche giorno prima, mentre si stavano dirigendo verso la Biblioteca per studiare.
«E’ una questione di principio» aveva risposto risoluta Lily.
Sophie aveva fatto una smorfia poco convinta.
«No, Lils, questa è una questione di orgoglio. Il tuo, ovviamente.»
Lily scosse la testa, colta in fallo dalle parole dell’amica che sapeva essere vere.
«E anche se fosse? Mi ha tradito, ha tradito la mia fiducia rivelando un segreto. Potrò essere stata ferita nell’orgoglio?» rispose acidamente Lily.
Sophie sospirò: «Ricorda, Lils: con l’orgoglio si parte a cavallo, ma si ritorna sempre a piedi.»
E così Lily non aveva rivolto parola alla cugina, anche se effettivamente ciò le avrebbe risparmiato l’imbarazzo di aspettare seduta sulle tribune per ore che Scorpius finisse di volare insieme ad Ethan, un sabato pomeriggio, e rimanesse finalmente solo.
“Accetterò la tua proposta, Malfoy. Sai no, quella delle lezioni di Incantesimi. Cioè, se non hai cambiato idea, e se lo avessi fatto, scordati che te l’abbia chiesto. Ma se invece fossero ancora valide allora…beh hai capito” aveva esalato Lily alla velocità della luce, incapace di guardarlo negli occhi e osservando quindi con insistenza un punto tra il suo mento e il pomo d’Adamo. Solo quando Scorpius aveva accettato, dandole appuntamento in un’aula del terzo piano mezz’ora dopo, Lily si era decisa a guardarlo il tempo necessario per ringraziarlo e poi volatilizzarsi, troppo umiliata dal fatto di essergli sembrata sicuramente un’imbranata con la bacchetta.
“Perché in fondo vorresti usare con lui un altro tipo di bacchet-” le sussurrò nella mente una voce orribilmente simile a quella di Ethan Flint, e Lily divenne inspiegabilmente rossa come un pomodoro, di fronte agli sguardi incuriositi dei suoi compagni.
«Signorina Potter, c’è qualcosa che la imbarazza negli Incanti Elusivi?» le domandò con la sua solita voce acuta il piccolo professor Vitious, e Lily negò col capo, tuffandosi con la testa nel libro per la successiva ora.
«Lils, tutto ok?»
Hugo la guardava sospettoso, e Lily si limitò ad annuire con vigore.
Con eccessivo vigore, dato che finì per colpire il calamaio con la coda e imprecò sottovoce quando l’inchiostro iniziò a colare sopra il libro.
Hugo sospirò, risucchiando ogni traccia del liquido nero con la punta della sua bacchetta, e Lily lo ringraziò sottovoce.
«Merlino, tra te, Rosie, Dominique e Roxanne non so chi dia più da pensare ai nostri parenti.»
Lily lo guardò, ora interessata.
Immaginava facilmente che Roxanne si comportasse in modo strano, dovendo nascondere al mondo la sua relazione per potersi ritagliare uno spazio di privacy nella loro scombussolata famiglia.
Dopotutto, la rossa pensò che avere George Weasley come padre e Fred Jr. come fratello non dovesse essere migliore dell’avere James Sirius, Albus Severus ed Harry Potter nella propria cerchia familiare di base.
Il malumore di Rose aveva ragioni conosciute, ma Lily si domandò cosa fosse successo a Dominique, ed estese il dubbio a Hugo, poco dopo.
«Non lo so, ma mamma ha detto che zio Bill è preoccupato. Sembra voglia nasconderlo, ma Dom è diventata più triste e schiva, negli ultimi tempi.»
Lily si incupì, soffrendo dei problemi di una delle sue cugine preferite.
Lei, Roxanne, Rose e Dominique erano state un gruppo molto affiatato sin da piccole, anche e soprattutto per distanziarsi dai fratelli impiccioni.
«Lo chiederò a James nella prossima lettera, di sicuro lo saprà.»
Hugo annuì, sorridendo.
«Già. Di sicuro James sarà al corrente di cosa succede a Dominique: insomma, chi meglio di lui conosce Dom?»
 
 
***
 
 
Dominique Weasley si fermò su una panchina per prendere fiato. Amava la sensazione dell’aria fresca a contatto con la pelle, ora sudata dopo la corsa.
Correre l’aiutava a pensare, a rilassarsi, e soprattutto a staccare dalla routine stressante del lavoro che la costringeva spesso ad orari proibitivi ed estenuanti.
Certo, adorava il suo impiego, e sapeva di essere fortunata per aver trasformato una passione in un’occupazione redditizia e proficua anche dal punto di vista creativo.
Tuttavia a volte sentiva il bisogno di fare qualcosa che fosse completamente diverso, qualcosa che la stremasse dal punto fisico e non solo da quello mentale.
Era andata molte volte a correre con Louis e Victoire, quando la sorella riusciva a dedicarle qualche ora di tempo in quei weekend solo per loro, e spesso avevano provato ad includere anche Lily, durante l’estate, ma la cuginetta si era dimostrata restia all’esercizio fisico e a seguire il ritmo serrato delle due Weasley, acquisito con anni di duro allenamento.
“Dai Lils! Perfino James all’inizio ha fatto fatica ma alla fine si è abituato perfettamente al nostro andamento!” l’aveva spronata Vic quell’estate, e Dominique si sentì mozzare il fiato quando se lo ricordò.
James.
La ragazza si allacciò meglio una scarpa, cercando di placare il cuore impazzito che ora, lo sapeva, stava battendo per le emozioni a briglia sciolta, e non più per la corsa.
 
 
«Quindi sei tu Dominique.»
Lei aveva sollevato il sopracciglio, vagamente infastidita da quella visita inaspettata da parte di uno sconosciuto.
Si trovava nel suo ufficio, piena zeppa di cose da fare tanto per cambiare, e non aveva alcuna intenzione di perdere tempo con quel ragazzino.
Dominique lo guardò meglio, constatando che dovesse avere meno della sua età e immaginò fosse appena uscito da Hogwarts, probabilmente.
Gli aveva lanciato poco più che uno sguardo quando aveva esclamato acidamente:
«Senta, non so chi sia lei o cosa voglia da me, ma sono molto occupata adesso. Se vuole un appuntamento si rivolga alla segretaria alla reception, per cortesia.»
Quando però aveva percepito l’altro che si sedeva, incurante del suo ammonimento, aveva sollevato gli occhi vivaci dalle innumerevoli carte e cataloghi sparsi sulla scrivania.
«Per caso ha qualche problema d’udito?» gli aveva detto infastidita, ma l’altro si era limitato a sorriderle in modo molto finto.
«No, in effetti l’unico problema che ho è con le ragazze che usano il mio migliore amico e gli spezzano il cuore. Comunque mi presento, dato che tu non lo farai, suppongo. Jason Wright, migliore amico di James Sirius Potter. Devo ricordarti chi sia, o non l’hai ancora resettato del tutto?»
Dominique si era sentita morire dentro.
Aveva aperto la bocca un paio di volte, ma si era scoperta completamente incapace di dire qualsiasi cosa.
La situazione era già abbastanza disastrosa senza che dovesse parlarne con il migliore amico di James.
Alla fine gli parlò sussurrando, l’audacia e la strafottenza di prima solo un lontano ricordo.
«Lui ti…James ti ha chiesto di…?»
Jason negò col capo, studiando le foto sulla scrivania e comparando Dominique a quelle che aveva visto in camera di James.
Convenne nonostante la sua antipatia forzata dalla situazione che fosse una bella ragazza, elegante ma non troppo con i capelli raccolti in una treccia a spina di pesce (l’avere due sorelle maggiore gli aveva consentito di apprendere fin troppe cose di quel genere) e un vestito semplice turchese, coordinato con delle scarpe da ginnastica bianche.
«No, lui non sa nemmeno che io sia qui. Ma d’altronde, non sa nemmeno perché tu non sia con lui. L’unica cosa che è certa è che il mio migliore amico è in uno stato pietoso, ed è colpa tua. Mi ha raccontato tutta la faccenda, tranquilla manterrò il segreto…» aveva aggiunto Jason dopo lo sguardo allarmato di Dominique «…e anche del tuo nuovo fidanzato francese. Anche se, in effetti, dire nuovo suona un po’ falso, non trovi? Dopotutto, stavi già con lui quando…»
«Basta.»
Jason si fermò, notando solo in quel momento gli occhi lucidi di Dominique e il tremolio alle mani.
«Io so di…so quello che ho fatto. E mi dispiace, mi dispiace così tanto. Però è complicato, non…non possiamo solo…»
«Per quello che vedo, sei tu che lo rendi complicato: non pretendo che facciate coming out, se così si può dire, e non lo pretende nemmeno James. Lui vuole te. E tu vuoi lui. Quindi scusa tanto ma no, non è affatto complicato. Devo andare a lezione-» disse Jason alzandosi, mentre Dominique lo guardava inebetita.
«Se non vuoi stare con lui d’accordo, ma almeno parlagli chiaro e tondo. Non metterlo in stand-by perché Dominique…James ti aspetterebbe tutta la vita, se pensasse di poter nutrire anche un briciolo di speranza di riaverti.»
Dominique era riuscita a salutarlo dignitosamente, prima di scoppiare a piangere come non le capitava da tempo.
 
Si alzò dalla panchina e cominciò di nuovo a correre, anche più decisa di prima, se fosse possibile.
Dominique caricò ogni passo del rimorso e dei rimpianti che le pesavano sulle spalle, puntando dritta verso il suo obbiettivo: la casa di James, a tre chilometri di distanza.
 
 
***
 
 
 Per Hogwarts quella sera serpeggiava una strana atmosfera: era come se gli insegnanti fossero tesi ed emozionati allo stesso tempo, anche se negavano qualunque tipo di novità, e di conseguenza gli studenti fremevano di trepidazione, troppo curiosi e avidi di sorprese per lasciar perdere gli strani comportamenti dei docenti.
Molti in effetti attorniarono Lily e Sophie, quando fecero la loro entrata nella Sala Grande per la cena, chiedendo loro se sapessero qualche scoop, essendo le redattrici di Felix Felicis, ma le due si sorpresero tanto quanto gli altri di quei sussurri elettrizzati che correvano di bocca in bocca.
Alla quindicesima volta che Jackson O’Murray, sedutosi accanto a Lily con estremo disappunto della rossa, le chiese di rivelargli lo stato delle cose, la piccola Potter, ridusse gli occhi nocciola ad uno sguardo omicida che fece rabbrividire Albus e Hugo, poco distanti da lei.
«Lo stato delle cose è che mi stai facendo davvero innervosire O’Murray, e non te lo consiglio. In effetti uno scoop ce l’ho sai: la tua lingua ha avuto uno scontro frontale con quella di Linsdey Connor o sbaglio? Eppure non mi sembra sia la tua fidanzata, che al contrario si chiama El-»
Jackson O’Murray se ne andò talmente in fretta che alcuni Grifondoro lì vicino sospettarono un incendio.
«Sei tremenda.» commentò divertito Hugo, e Lily gli rispose con un sorriso smagliante.
«E’ un dono di natura.»
 
 
Dall’altra parte della Sala Grande un paio di occhi grigi osservarono tutta la scena, e quando Selene colpì il proprietario per attirare la sua attenzione, quest’ultimo si lamentò.
«A volte basta anche solo chiamarmi, sai Selene.»
La ragazza lo fulminò con lo sguardo, e Scorpius rabbrividì.
«Io ti ho chiamato, genio del male, ma eri troppo occupato a fare gli occhi dolci a Tu-Sai-Chi per ascoltarmi.»
Al che si aggiunse alla conversazione anche Ethan, divertito dai battibecchi degli amici, specie quando non lo coinvolgevano direttamente.
«Hey Scorp, non sapevo che te la facessi con Voldemort.»
Scorpius rise della battuta di Ethan e Selene roteò gli occhi.
Dopo il loro litigio Scorpius ed Ethan erano tornati pressoché quelli di prima, anche se Selene notava sempre come il biondo sorvegliasse le loro interazioni, quasi ad assicurarsi che Ethan non la ferisse di nuovo.
Il dolore che aveva provato quella sera era stato racchiuso in un angolo nascosto del proprio cuore dal suo bisogno di avere sempre il controllo su tutto, anche sui propri sentimenti per Ethan.
Specialmente sui propri sentimenti per Ethan.
«Dai Sele, ora ti ascolto. Cosa volevi?» le disse Scorpius, sorridendole.
Selene non perse il cipiglio infastidito, ma decise di non fare una tragedia: in fondo era felice che le cose con la Potter stessero progredendo, anche se Selene non sapeva quanto si potesse considerare progresso aver parlato un paio d’ore in totale di incantesimi.
«Volevo solo dirti che la McGranitt ti sta fissando da circa mezz’ora. Oh, adesso si sta proprio dirigendo verso di te, quindi ora è un problema tuo Scorp.»
Il biondo seguì lo sguardo di Selene e lo puntò verso la slanciata figura della Preside, che in effetti gli sorrise in maniera molto strana.
Cosa peggiore, notò subito dopo Scorpius, dietro di lei era visibile il profilo di Albus Potter; doveva averlo prelevato dal tavolo mentre stava parlando con Selene, dato che poco prima era seduto a qualche posto da Lily.
«Signorina Travers, signor Flint, signor Malfoy.» li salutò la donna, e Scorpius e Selene ebbero un sussulto di paura quando Ethan aprì la bocca per rispondere.
Da Ethan ci si poteva perfino aspettare che facesse avances all’anziana Preside, dopotutto.
«Il signor Flint è mio padre. Professoressa, ci conosciamo ormai da sette meravigliosi e lunghi anni: può chiamarmi Ethan.»
Scorpius non poté fare a meno di battersi la fronte con la mano, e sentì perfettamente le risate trattenute di Albus dietro la donna.
Probabilmente stava fissando la scena con gli occhi pieni di speranza che la Preside decidesse di punire il comportamento di Ethan togliendo almeno cinquanta punti a Serpeverde.
La McGranitt invece si limitò a sorridere ad Ethan, lo sguardo però serio e ammonitore.
«La ringrazio, signor Flint, ma credo che questo riferimento sia più che sufficiente. Signor Malfoy, vorrebbe seguirmi per cortesia? Ci sono un paio di cose di cui vorrei discutere con lei e il signor Potter, qui presente.»
Scorpius si limitò ad annuire, alzandosi dal proprio posto e seguendo in silenzio la Preside fuori dalla Sala Grande.
Ovviamente, la loro uscita non passò inosservata: circa un terzo degli studenti di Hogwarts seguì con gli occhi il loro passaggio, e Scorpius strinse le mani cercando di non voltarsi per vedere se tra quegli occhi ce ne fossero anche un paio di nocciola.
Percorsero le scale fino al secondo piano e poi la McGranitt li condusse in una stanza apparentemente vuota.
Quando però entrarono, Scorpius si corresse velocemente.
L’aula era tutto fuorché vuota.
Lui e Albus si guardarono all’unisono, leggendo nell’espressione dell’altro la stessa sorpresa che doveva essere dipinto sul proprio volto.
«Credi che siano loro?» domandò a mezza voce Albus, mentre la McGranitt li lasciava momentaneamente per dirigersi verso una donna gigantesca, nel vero senso della parola, e un uomo dal viso pieno di cicatrici e un’ispida barba bianca.
«Penso di sì. Non dovevano arrivare ad Halloween?» rispose Scorpius, e lo sguardo perso che Albus gli rivolse gli confermò che l’altro fosse confuso tanto quanto lui.
«Bene! Finalmente siamo tutti riuniti, anche se con un po’ di anticipo, in effetti.» esordì la McGranitt, sorridendo incoraggiante verso Scorpius e Albus, ora di nuovo al suo fianco.
«So che l’arrivo era previsto per Halloween, ma io, il Ministro della Magia e alcuni dirigenti della sezione Cooperazione Magica Internazionale abbiamo pensato di anticipare l’arrivo per permettere a tutti di conoscervi meglio. E quindi direi di iniziare subito! I Campioni di Hogwarts sono Scorpius Malfoy-» e Scorpius ad un cenno della Preside si fece avanti sorridendo appena all’indirizzo dei due Presidi stranieri «- e Albus Potter!» e anche Albus si posizionò accanto a Scorpius, muovendo pigramente la mano in quello che doveva essere un saluto.
A quel punto l’arcigno Preside di Durmstrang prese la parola, dopo aver stretto le mani ad Albus e Scorpius.
«E ora, Minerva, se permette vorrei presentare miei Campioni. Stefan Aragos ed Emmett Krum!» esclamò l’uomo, indicando due enormi ragazzi appena apparsi dietro di lui da una stanza attigua dove, evidentemente, erano stati fatti accomodare i Campioni stranieri.
Albus e Scorpius si guardarono esterrefatti: la stazza dei due ragazzi li aveva lasciati senza fiato, probabilmente se il Serpeverde e il Grifondoro si fossero messi l’uno accanto all’altro non avrebbero equiparato la possanza dei muscoli dei due.
E, cosa non scontata, entrambi superavano il metro e novanta.
Mentre però Stefan aveva un volto grottesco e francamente poco invitante per avviare una conversazione, Emmett Krum dietro quella scorza da duro nascondeva degli occhi furbi e intelligenti, e anche quando sorrise, sebbene sembrasse fuori posto nei lineamenti duri, sia Scorpius che Albus si sentirono sollevati.
Dopo che i quattro ragazzi si furono velocemente stretti la mano e presentati autonomamente, fu il turno di Madame Maxime di introdurre i suoi protetti.
Chiamò Antoine Poivert e dalla stessa stanza da cui erano usciti Emmett e Stefan fece il suo ingresso un ragazzo così bello da risultare immediatamente antipatico sia a Scorpius che ad Albus.
Antoine aveva capelli color dell’ebano lunghi fino alle spalle e vispi occhi verde scuro, un corpo snello e atletico e raggiungeva tranquillamente l’altezza dei due ragazzi inglesi.
Il francese li salutò solo con un sorriso accattivante, a cui né Scorpius né Albus risposero, e Madame Maxime convocò poi Angelique Rimbaud, che fece tutt’altro effetto ai due.
Angelique aveva lunghi capelli biondo scuro e occhi azzurri dal taglio particolare, oltre che un sorriso dolce che sapeva poter conquistare chiunque.
Dopo che si furono presentati e i Presidi ebbero iniziato a parlare tra di loro, Albus sussurrò a Scorpius qualche parola, anche se il biondo ebbe il dubbio che in realtà stesse solo parlando tra sé e sé.
«Angelique è una Veela, o comunque qualche suo parente lo è. Mia zia Fleur ha un po’ del sangue di Veela tra i suoi antenati, e sono così…ti fanno sentire impotente al loro fascino. E’ magia, tutto qui.»
Scorpius voleva ribattere che per lui i capelli biondi di Angelique erano di gran lunga inferiori a quelli rossi di Lily, ma immaginò che Albus l’avrebbe ucciso.
«Bene, ora che ci siamo presentati direi di non far attendere oltre gli studenti di Hogwarts e le delegazioni di Durmstrang e Beauxbatons. Prego, seguitemi pure!» annunciò orgogliosa la McGranitt, dirigendosi a passo deciso verso la Sala Grande.
Il gruppo la seguì, delegazioni comprese, e Scorpius si chiese come potessero passare inosservate circa quaranta persone dietro la McGranitt, ma la donna gli rispose senza bisogno di una reale domanda, quando appena fuori dalla Sala Grande fece tacere ogni persona che la seguiva e chiese solo a Scorpius ed Albus di seguirla.
Istruì poi il professor Paciock, comparso accanto a lei, di far entrare ogni delegazione quando fosse stato il momento.
E detto ciò, l’anziana Preside aprì le porte con un movimento della bacchetta e ogni paio d’occhi della Sala fu subito addosso ai tre.
Scorpius lanciò uno sguardo che credeva rassicurante a Selene ed Ethan, mentre Albus ne indirizzò uno emozionato ad Erik e l’allegra banda Weasley-Potter che lo stava fissando.
Una volta che la McGranitt arrivò alla pedana, fece segno ai due ragazzi di sistemarsi uno alla sua destra e uno alla sua sinistra, per poi ottenere un silenzio assoluto solamente con uno sguardo severo.
«Buonasera a tutti, miei amati studenti. Quest’anno si preannuncerà ricco di emozioni e scoperte per ognuno di voi, grazie alle infinite possibilità di arricchimento personale che il Torneo Tremaghi offrirà voi. I nostri baldi Campioni qui accanto a me sono stati scelti dal Calice affinché potessero collaborare e unire le loro forze per fronteggiare le sfide che verranno loro sottoposte. Ovviamente però, non saranno gli unici. So che la data prevista per l’arrivo delle delegazioni straniere era il 31 Ottobre, la notte di Halloween, ma la sorte è girata a vostro favore, concedendovi più tempo per conoscere i nostri ospiti prima della Prima Prova, la cui data sarà rivelata a breve. Quindi non perdiamo tempo, e diamo il benvenuto alla delegazione di Durmstrang!»
L’enorme portone si aprì, facendo entrare una quindicina di ragazzi con pellicce e capelli col pelo, dallo sguardo truce e burbero.
Alcune ragazze di Hogwarts tentarono un timido sorriso, altre indietreggiarono sul proprio posto, quasi con la paura che potessero decidere di sedersi accanto a loro.
Dopo un movimento della bacchetta della McGranitt i tavoli di Hogwarts vennero accostati ad altri due enormi tavoli, uno in mezzo a Grifondoro e Corvonero, l’altro tra Tassorosso e Serpeverde.
Probabilmente impietosito dal terrore evidente negli occhi dei Tassorosso, Neville Paciock fece accomodare i ragazzi di Durmstrang nel primo tavolo; mentre il Preside e i due Campioni raggiungevano la McGranitt.
«Il Preside di Durmstrang, Igor Karkaroff, e i due Campioni: Stefan Aragos ed Emmett Krum!» li presentò la Dirigente di Hogwarts, mentre un flebile applauso intimorito prendeva vita nella Sala.
I Campioni si disposero uno accanto a Scorpius, Emmett, e uno di fianco ad Albus, Stefan.
Tutti e quattro ascoltarono poi la McGranitt annunciare l’arrivo degli studenti di Beauxbatons, che vennero accolti con sguardi molto più interessati dei precedenti.
Antoine e Angelique erano i primi della fila, ai lati dell’enorme Madame Maxime, ma anche il resto di ragazzi e ragazze di Beauxbatons non era da meno: sette ragazzi e otto ragazze, tutti di una bellezza fuori dal comune e tutti estremamente consci di possedere tale virtù.
Quando si furono accomodati al proprio tavolo, molti Serpeverde iniziarono già ad attaccar bottone, mentre perfino qualche temerario Tassorosso offrì la mano ai nuovi arrivati nel tentativo di far conoscenza.
Angelique sorrise a Scorpius e andò a posizionarsi accanto ad Emmett, mentre Antoine sembrò andare al patibolo non appena si fu sistemato al fianco di Stefan.
Nessuno in effetti si accorse di come Lily fissasse trucemente Angelique, poiché tutti erano troppo impegnati ad ascoltare la presentazione degli altri due Campioni da parte della Preside di Hogwarts, e alcuni bisbigli seguirono i due nomi rivelati, tra gli sguardi sognanti di quasi ogni studente o studentessa di Hogwarts.
Alla fine del discorso in cui la McGranitt porgeva i suoi più sentiti auguri di buona permanenza e collaborazione alle due Scuole e prometteva ospitalità infinita da parte dei propri studenti; i Campioni furono congedati e poterono tornare ai propri posti.
Scorpius ignorò le domande immediate di Ethan su quanto avesse fatto colpo su quella Angelique, mentre rispose brevemente a Selene, tra un sorso di succo di zucca e l’altro, riferendole cosa fosse successo.
Al tavolo dei Grifondoro Albus fece lo stesso con chiunque fosse a portata d’orecchio, e smise solo quando si accorse che non stava mangiando niente, mentre lo stomaco iniziò a fare un rumore sinistro.
Alla fine della cena gli studenti furono invitati a rimanere mezz’ora dalla Preside, al fine di iniziare sin da subito la conoscenza, e poi sarebbero stati scortati dagli insegnati ai loro Dormitori creati appositamente all’interno del Castello (*).
 
Ora, successero due cose in quel breve lasso di tempo.
 
Numero uno: Emmett Krum si avvicinò a Lily Luna Potter, la chiamò “Luna” soltanto e, sotto gli sguardi stupefatti di decine di studenti, Albus compreso, l’abbracciò.
 
Numero due: Angelique andò al tavolo dei Serpeverde, baciò sulla guancia Scorpius e gli disse che le avrebbe fatto piacere se lui le avesse fatto da guida per il Castello, il giorno seguente.
 
Ma soprattutto, cosa più fondamentale di tutte, sia Lily che Scorpius notarono i rispettivi “nuovi amici” l’uno dell’altra.
Ed entrambi piombarono in uno stato molto simile al catatonico.
Almeno, fino a quando, come al solito, non si mise in mezzo Ethan Flint.



Angolo Autrice:

Scusate davvero il ritardo, perdonatemi se potete! So che questo capitolo, per quanto in realtà mi piaccia molto come stile, è leggermente più corto del solito, ma mi sembrava la fine più adatta e quindi ho voluto concluderlo qui.
Purtroppo credo che i tempi di aggiornamento, per essere giusta nei vostri confronti, saranno più o meno questi d'ora in poi, di una settimana-dieci giorni circa: solitamente scrivo quando sono a lavoro - non fate domande, tranquilli non sono una nullofacente ma è una storia lunga - e in questo periodo non ho mai il tempo di farlo. In più ho un sacco di cose per la testa, tra cui due differenti corsi di lingua che devo iniziare e quindi ovviamente il resto passerà un po' in secondo piano. Ma non intendo abbandonare la fan fiction, questo ve lo assicuro. Amo questa storia, ho ancora un sacco di idee su come farla procedere e sopratutto adoro voi 39 angeli che l'avete messa tra le seguite, oltre alle quattro dolcissime persone che hanno recensito lo scorso capitolo: La_Fra, Flaw29, Eralery e OKUMA. Grazie, grazie infinte, siete il maggiore stimolo per la mia povera mente di continuare a scrivere anche oltre la stanchezza.
Che dire, mi scuso davvero per questo capitolo leggermente più corto (una facciata di Word o forse meno in realtà, don't worry) e spero sarete comunque così gentili da dirmi cosa ne pensate e cosa vi aspettate da questi strani atteggiamenti dei Campioni avversari.
Ah, qualcuno potrebbe gentilmente rassicurarmi che non tutti odiano Ethan? Cioè io lo amo, lo trovo un combinaguai adorabile, quindi non vorrei che fosse passato per un rompiscatole (cosa che a volte è, non metto in dubbio) perché lui non è solo quello.
Chiudo qui e vi rimando al prossimo capitolo, prometto sicuramente più lungo e ricco di avvenimenti!
Un bacio enorme a tutti!

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***






CAPITOLO 8



 
«Bene bene bene, a quanto pare qui ci sono dei precedenti di cui non eravamo a conoscenza, eh?»
La velocità con cui Ethan arrivò al tavolo dei Grifondoro, poco dopo raggiunto da un imbarazzato e irritato Scorpius e un’allibita Selene, fu proporzionale alla rapidità con cui Albus Potter si pose in mezzo tra Lily, che in un silenzio attonito fissava Emmett, incapace di credere che l’avesse davvero abbracciata, e quest’ultimo, in piedi di fronte a lei che la guardava con un sorriso sulle labbra.
Un sorriso a cui Scorpius avrebbe voluto togliere tutti i denti, uno per uno.
«Luna! Ma come, tu non ti ricordi di me?» domandò Emmett, mentre Lily abbozzava un’espressione meno truce di quella che voleva avere in realtà al pensiero, ormai intermittente, di Angelique che baciava Scorpius sulla guancia.
«Ah, no. Mi…mi dispiace ma io non…» balbettò Lily, mentre Emmett mise su una smorfia di finta offesa.
«Ma come? Io ricorda te, otto anni fa. Eri piccola, certo, ma non dimenticherò mai quando un – come lo chiamate voi? – fulmine rosso mi piombò addosso alla partita di Quidditch Inghilterra-Bulgaria, vicino al bar. Tue patatine erano finite tutte sulla mia maglia, ricordi?»
Gli astanti osservarono l’espressione di Lily cambiare e, con sommo orrore di Scorpius, la ragazza si aprì in un sorriso e salutò con una stretta di mano Emmett.
«Morgana è vero! Sembra passato un secolo, come hai fatto a non dimenticarti?» domandò allora Mentre Albus cercava di pensare ad un momento in cui non avesse vegliato sulla sorellina minore affinché palestrati bambini di due anni più grandi – e sì, la sua visione distorta vedeva già all’epoca ogni bambino come minaccia – non potessero abbracciare Lily otto anni dopo, a diciassette anni, con fare accattivante e veri muscoli che fossero motivo di preoccupazione; all’improvviso recuperò un frammento della conversazione e chiese confuso:
«Luna? Lils perché ti chiama col tuo secondo nome?»
Ethan sussurrò malizioso «Forse perché il suo pensiero lo manda in orbita.» e Scorpius ringhiò che l’avrebbe volentieri mandato lui in orbita, se non avesse smesso all’istante di sorriderle.
«Era un trucco di papà: quando da piccola mi sarei dovuta presentare ad un estraneo senza che lui o la mamma fossero attorno, non avrei mai dovuto dire Lily Potter, sempre Luna.»
Hugo e Sophie, avvicinatisi per capire l’origine di quel trambusto, sorrisero riconoscendo la saggezza che Harry Potter aveva sempre posseduto quando si trattava di proteggere i propri figli.
«Quindi tuo vero nome è Lils?» chiese confuso Emmett, e Scorpius sbuffò dall’impazienza, catalogando Krum come un possibile migliore amico per Hagrid.
«No, mi chiamo Lily. Lils è un soprannome che usano i miei parenti: lui è mio fratello maggiore, Albus. E loro sono mio cugino Hugo, la mia migliore amica Sophie, Erik e-» presentò Lily, fino a quando voltandosi non incrociò lo sguardo di Scorpius, ammutolendo.
Sul viso ricco di lentiggini della rossa si dipinse un’espressione strana, ma poco dopo sfoderò un ghigno da vera Serpeverde, tanto che Selene pensò di complimentarsi, ed esclamò:
«E lui è Scorpius Malfoy, l’altro Campione. In effetti, tu l’hai già conosciuto, ma dovresti parlargli ora, non so se dopo dovrà approfondire la conoscenza con qualche francesina dal bel faccino.»
Scorpius si sentì colto in fallo e rispose come ogni Malfoy avrebbe fatto: con la stessa moneta di Lily.
«Per stasera no, ma se proprio ci tieni a sapere i miei impegni, domani farò fare un giro alle ragazze di Beauxbatons, dato che me l’hanno chiesto così gentilmente. Anche tu potresti fare da chaperon al caro Emmett, dato che siete amici di vecchia data.»
Lily non riuscì a rispondere nel modo piccato che preludeva il suo sguardo battagliero, perché la McGranitt congedò tutti gli studenti e gli occhi nocciola della rossa si riempirono solo di una malcelata sofferenza, mentre la sua mente fin troppo creativa le dipingeva Scorpius avvinghiato a quella Angelique.
D’altra parte, non si accorse nemmeno dello sguardo preoccupato che animava gli occhi grigi del biondo, mentre la osservava pensieroso da lontano.
Sentì che qualcosa si era rotto, che lo strano equilibrio eretto da quei pochi appuntamenti per le ripetizioni era stato spazzato via da una valanga di gelosia.
E per quanto fosse difficile da pensare, nell’incapacità di gestire tale sentimento Scorpius e Lily erano fin troppo simili.
 
 
***
 
 
«Che ci fai qui?»
James sputò ogni parola, imprimendola di quanto più disprezzo riuscisse, anche se bastò il suo sguardo vitreo a far tentennare l’espressione conciliatrice di Dominique.
«Speravo di poterti parlare…di poter chiarire…» iniziò la ragazza titubante, appoggiata allo stipite della porta dell’appartamento, il fiatone non più per la corsa.
«Chiarire?» domandò ironico James, con un ghigno che non lasciava presagire nulla di buono.
«Jamie…» bisbigliò lei, una muta richiesta d’aiuto in ogni lettera del suo nome che però venne spazzata via dallo scherno del ragazzo.
«Ah, ora sono Jamie? Vedi, per me è tutto molto chiaro, senza il tuo ausilio. Ammetto di essere stato un po’ confuso nell’apprendere dell’esistenza di un fidanzato, addirittura antecedente a quella sera. O quando non mi hai praticamente più rivolto la parola, nemmeno qualche tempo fa, nel tuo ufficio, ricordi? Ricordi come fui liquidato con freddezza? Mi dicesti di andare avanti, e lo sto facendo. Senza di te, come hai deciso per entrambi. E ora, se non ti dispiace, ti sarei molto grato se te ne andassi da casa mia Dominique Weasley.»
James fece per chiuderle la porta in faccia, ma Dominique mise il piede appena in tempo, e camuffò in modo goffo il lamento spontaneo che seguì il colpo ricevuto.
«James, ti prego. Sono stata una stronza, e hai tutto il diritto di odiarmi. Ma dammi solo la possibilità di spiegarti cosa…cos’ho provato, cos’ho pensato, quanto fossi terrorizzata e-»
«E io non avevo paura secondo te? Non ero spaventato da dei sentimenti che non dovevano esistere, non per te, e che invece esistono cazzo e fanno male, questo non ti è-»
«Esistono.» lo interruppe Dominique, lo sguardo perso e gli occhi lucidi.
«Cosa?» domandò irritato James, non comprendendo perché la cugina sorridesse in quel momento.
«Hai detto esistono. Non hai usato l’imperfetto, hai usato il presente, Jamie. Tu credi che…»
«Devo andare Dominique, non voglio più parlarne. E francamente non…non so se vorrò più parlare con te. Addio.»
James spostò la mano di Dominique dallo stipite, mentre lei lo guardava ferita e con le lacrime agli occhi.
Lo sguardo di lui invece rimase fissato sui suoi capelli, incapaci di sostenere un dolore che sapeva si stesse dipingendo anche sul proprio volto.
Chiuse la porta dolcemente, evitando di sbatterla con violenza.
Sapeva che la violenza c’era già stata, e li stava distruggendo senza bisogno di rumore.
 
 
***
 
 
Hermione Jean Granger cercò di non ridere e farsi andare il the di traverso, mentre guardava il marito sbarrare gli occhi fino a raggiungere un livello degno dei cartoni animati dei Looney Tunes che guardava da bambina.
«Miseraccia, mis-» Ron avvicinò di nuovo la Gazzetta del Profeta al viso, e quando la scostò le orecchie avevano raggiunto una nuova sfumatura di rosso.
«Miseraccia. Noi non eravamo così a diciassette anni, assolutamente. Almeno io non ero così, no?»
Hermione mise su un’espressione incoraggiante, e accarezzò la mano del marito.
«Oh andiamo Ron, sono solo dei normali ragazzi, come lo eravate tu e Harry.»
Ron negò col capo vigorosamente.
«No, assolutamente, lo escludo. Insomma guardali! Questo francese qui è come minimo ventenne, stanno barando. Io e Harry non eravamo così…curati, alla loro età. O alti. O muscolosi.»
Ad ogni aggiunta lo sguardo di Ron diventava sempre più preoccupato ed Hermione dovette fare forza su se stessa per non sbuffare in modo impaziente.
Guardò l’orologio che proprio in quel momento batté le otto meno un quarto, ed Hermione cercò di non far capire al marito quanto considerasse infantile la sua reazione.
Quando la mattina aveva visto in prima pagina della Gazzetta del Profeta la foto dei Campioni di Hogwarts insieme ai Campioni Tremaghi di Beauxbatons e Durmstrang, l’aveva mostrata curiosa ed emozionata a Ron, il quale invece da mezz’ora a quella parte non faceva altro che inveire sull’eccessiva bellezza del Campione francese, o sul corpo atletico degli altri due. Quando poi, leggendo i nomi dei ragazzi, aveva saputo che uno dei Campioni di Durmstrang fosse un lontano parente di Viktor Krum, il suo umore era crollato.
«Ron, saranno pure alti e muscolosi se proprio vuoi pensarla così, ma tu ed Harry alla loro età avete sconfitto Voldemort, tanto per dire. Cos’è che ti turba?» domandò semi-esasperata Hermione, cominciando a sistemare la tavola dove avevano fatto colazione.
«Rose.»
Hermione si bloccò di fronte al lavabo, un piatto sporco di marmellata in una mano e la bacchetta nell’altra.
Non sapeva se ridere o piangere, poiché la sua mente acuta già sapeva come sarebbe andata avanti la conversazione.
«Rose. Tu stai facendo questo... tu sei preoccupato per Rose.» asserì Hermione, osservandolo con uno sguardo serio.
L’uomo annuì, restituendo l’occhiata alla moglie, e iniziò a parlare.
«Voglio dire, guardali! Se sono così loro, figurati gli altri della loro Scuola. E se qualcuno di questi…di questi super dotati ultra forzuti ci provasse con la mia bambina
A quel punto lo sbuffo infastidito che stava trattenendo da quaranta minuti uscì, insieme ad un’espressione incredula.
«Non starai dicendo sul serio spero. Rose ha diciassette anni Ron, è intelligente, in gamba e sa badare a se stessa. Dubito che questo sia il suo tipo di ragazzo, e prima che tu me lo chieda-» lo ammonì immediatamente, vedendo formarsi nel viso del marito un altro commento «- no, non so se ha già avuto un fidanzato, né se gli piaccia qualcuno. Francamente, credo pensi che i ragazzi la distraggano dai M.A.G.O.»
Ron puntò gli occhi azzurri su Hermione, un mezzo sorriso in volto.
«Anche tu eri una ragazza intelligente, in gamba e con la testa sui libri, ciononostante il tuo cuore non riusciva a smettere di battere per me.»
Hermione aprì la bocca per ribattere, irritata, ma alla fine si limitò a osservarlo cruciata.
«Bada bene, Ronald Weasley, stai giocando col fuoco.» lo minacciò con un cucchiaio in mano, prima di posarlo nel lavello.
«Miseriaccia, ora che ci penso anche tu ti sei fatta incantare da Viktor Krum! E se il pronipote-»
«Ron, Viktor ha tre anni più di noi, mica cento.» lo corresse lei.
«Quello che è. Se questo Krum volesse finire l’opera iniziata dall’altro? Merlino, se volesse riconquistarti attraverso Rosie?!»
Hermione cercò di rimanere seria, ma il viso agitato di Ron la fece ridere e di fronte al suo sguardo preoccupato andò ad abbracciarlo.
«Nessuno mi riconquisterà. Dovrei essere io quella preoccupata dei due in questo senso, ti ricordo che Lavanda Brown ha divorziato dal marito e lavora al Ministero come te.»
Ron annuì, rassicurato dalle parole della moglie, e dopo che si furono baciati Hermione uscì dalla porta della cucina.
O meglio, stava per uscire, quando il rosso la chiamò ancora.
«Herm…tu credi davvero che Lavanda voglia riconquistarmi?»
Per il bene di entrambi, Hermione finse di non sentire e uscì di corsa per andare a lavoro.
 
 
***
 
 
Il giorno successivo in effetti Ron non fu l’unico a rimanere stupito dall’articolo della Gazzetta. Harry e Ginny commentarono quanto Albus avesse bisogno di tagliarsi i capelli, Draco e Astoria dovettero constatare che, sebbene non approvassero la scelta di Scorpius di iscriversi al Torneo Tremaghi, Scorpius apparisse decisamente attraente nella fotografia magica, in piedi accanto ad Albus e con il suo sorriso accattivante.
«Degno erede di un Malfoy.» commentò orgoglioso Draco, elogiando la sua postura perfetta e l’espressione determinata.
La realtà però fu che Scorpius quel giorno si svegliò ben poco determinato. O meglio, seriamente determinato a buttarsi dalla Torre di Astronomia.
Ethan gli aveva ricordato che avrebbe dovuto portare in giro le francesi, anche se per la verità incluse se stesso volgendo la frase al plurale.
«Puoi anche andarci da solo con le francesi, io mi sento uno straccio.» aveva risposto Scorpius, trascinandosi giù dal letto e iniziando a vestirsi.
«Solo perché le tue chance con la Potter sono crollate più velocemente della Hawkins durante l’ultima partita di Quidditch dell’anno scorso, non vuol dire che tu ti debba chiudere in clausura, anzi. Le mie fonti hanno confermato che la tua rossa non lo farà, infatti credo avesse appuntamento con faccia da orso – bello il soprannome, vero? – per mostrargli il Parco stamani.»
Scorpius aveva sentito lo stomaco stringersi dolorosamente a quell’informazione, e senza davvero averne voglia si era rassegnato a fare da chaperon al gruppo di Beauxbatons.
Quindi eccolo lì, con Ethan al suo fianco, diretto verso il tavolo della scuola francese che iniziò ad emettere risolini interessati al loro passaggio.
Si fermò accanto ad Angelique, e cercò di assumere un’espressione diversa da quella di un condannato a morte.
Notò che la divisa di Beauxbatons era leggermente più succinta di quella di Hogwarts, cosicché la gonna a scacchi blu e verdi facesse risaltare le lunghe gambe perfette mentre la camicia aderente azzurro cielo mettesse in evidenza il fisico perfetto di ogni studente o studentessa.
Scorpius si chiese se ammettessero a Beauxbatons solo persone geneticamente superiori alla media per bellezza, perché altrimenti avrebbe dovuto ricredersi sull’aspetto fisico della popolazione inglese.
«Ciao, se vuoi possiamo fare quel giro di cui – ehm – parlavi ieri. Oppure no, se hai cambiato id-»
Ma Scorpius fu interrotto dall’esclamazione entusiasta di Angelique, che si alzò immediatamente e baciò su entrambe le guance il biondo Serpeverde.
Scorpius avvertì indistintamente qualcosa cadere e rompersi alle sue spalle, ma era troppo concentrato a capire quello che la ragazza gli stava dicendo, per potersi accorgere del resto del mondo.
«Oui, adeso possiamo fare il tour, tres bien! Ah, ti dispiace se viene anche Eloise? Lei è la mia migliore amica.»
Una ragazza dai capelli più scuri di quelli di Angelique e vispi occhi nocciola si alzò dal tavolo, presentandosi con Ethan.
Scorpius poté distinguere un sorriso malizioso sul volto del migliore amico.
«Sì, credo…non c’è problema. Mmm…vogliamo iniziare dal Parco?»
 
 
***
 
 
Sophie si era sempre reputata una persona empatica, il che le aveva fornito aiuto nell’interpretare i comportamenti spesso schivi della migliore amica, ma quando la vide far cadere un bicchiere dopo aver visto Angelique baciare Scorpius, immaginò che perfino Hugo avesse compreso la situazione.
Cercò di non sorridere sorniona, mentre chiese a Lily se andasse tutto bene.
Lei rispose con eccessiva foga, annuendo in modo poco naturale.
«Sì, una meraviglia, perché non dovrebbe essere così? Emmett dovrebbe venirmi a prendere a breve, credo lo porterò al Parco. Insomma, è bello no? Il Parco, non Emmett, anche se sì, insomma-»
«Lils, respira.» le ricordò Hugo, mentre la rossa beveva un sorso di succo di zucca, e Sophie constatò come stesse facendo evidentemente forza su se stessa per guardare dovunque fuorché verso il tavolo dei Serpeverde.
«Io devo andare, credi di… è tutto ok?» domandò Sophie, alzandosi dal tavolo dei migliori amici e sorridendo incoraggiante quando Lily annuì.
«Sono sicura che Emmett ti farà divertire. Poi mi racconti tutto.»
«Dove vai?» chiese Lily, un po’ preoccupata di non averla attorno, immaginò Sophie.
La mora scosse la testa con indifferenza, caricandosi in spalla la borsa colma di libri.
«Devo finire un tema di Difesa contro le Arti Oscure, e avevo promesso ad una mia compagna che ci saremmo aiutate in Sala Comune. Ci vediamo a pranzo, va bene?»
Quando però uscì dalla Sala Grande qualche minuto dopo non si diresse affatto verso la Torre dei Corvonero, ma al contrario si diresse verso le Cucine.
Il solito senso di colpa le attanagliava le viscere, eppure non poté fare a meno di sorridere quando lo vide.
Era lì, appoggiato al quadro della frutta che fungeva da entrata alle Cucine, e non appena anche lui scorse lei, si aprì in un sorriso smagliante.
«Non credevo fossi serio quando hai scritto di vederci qui.» commentò Sophie, avvicinandosi.
Lui rise appena, dicendole che non c’era miglior modo per inaugurare il loro quarto appuntamento segreto.
«Anche se sei tu a volerli tenere segreti, in realtà.» precisò il ragazzo, accarezzandole l’angolo della bocca.
«Hai un po’ di panna, proprio qui. Aspetta, la tolgo io.»
Sophie non riuscì nemmeno a capire cosa stesse succedendo, quando le labbra di lui si posarono dolcemente sulle sue.
Non era la prima volta, il primo bacio era arrivato qualche giorno prima, ma il cuore della Corvonero perse comunque un battito.
Lo colpì giocosamente sulla spalla, e quello si finse ferito.
«Non puoi fare così…è sleale! E’ un attacco a sorpresa!» lo accusò la mora, mentre l’altro se la rideva sotto i baffi (che non aveva, in realtà).
«Mi dispiace, ma questo è il pacchetto pieno di sorprese che ti sei scelta. A proposito di sorprese, vogliamo entrare?» commentò lui, ridacchiando.
Sophie strinse la mano che gli veniva porta e sorrise anche lei, giurando a se stessa che l’avrebbe detto a Lily quel giorno stesso.
«Albus Potter, tu non finirai mai di stupirmi.»
 
 
***
 
 
Il Parco si estendeva sotto i suoi occhi, e Lily si beò del sole placido autunnale, mentre guardava il manto della Foresta Oscura cambiare sotto i suoi occhi, tingendosi sempre di più di rosso e marrone sanguineo, e in alcuni punti già scoprendo i rami contorti alla luce tenue.
«Qui è davvero bellissimo, Lily. Siete molto fortunati.»
La rossa si riscosse e guardò il suo interlocutore, a fianco a lei.
«Credo di sì. Com’è Durmstrang? Immagino sia molto diversa da Hogwarts.»
Emmett annuì grave, lasciandosi poi andare ad un sorriso, e Lily ricambiò meditando che anche se i tratti di lui fossero davvero diversi da quelli di Scorpius, c’era una dolcezza molto particolare in quegli occhi scuri nascosti da folte sopracciglia.
«Fredda. Davvero fredda. Alcuni di noi hanno avuto difficoltà a dormire, la temperatura nelle stanze che ci avete gentilmente lasciato è molto…calda. Scusa, non so molte parole di inglese.» aggiunse Emmett, ma Lily gli fece capire che non era importante.
«Io non so nulla di bulgaro, quindi non credo che tu debba scusarti di nulla. Sei molto bravo, sul serio. Ah, non te l’ho ancora chiesto: sei davvero imparentato con Viktor Krum?»
Emmett annuì di nuovo, anche se Lily percepì un lieve cambiamento di umore nella rigidità appena accennata che si era impressa sui tratti grezzi del suo viso.
«E’ mio zio, anche se tendo a non volerlo dire molto. Essere parenti di una persona famosa non è sempre facile.»
Lily lo guardò ritrovandosi ad annuire senza accorgersene.
«Non so se te l’hanno detto, ma mio padre è Harry Potter, il Bambino Sopravvissuto, mentre mio zio e mia zia sono Ron Weasley ed Hermione Granger, i migliori amici di Harry Potter, nonché insieme a lui i Salvatori del Mondo Magico. Quindi sì, credo di capirti.»
Emmett si unì alla risata che scaturì da Lily, e i due ripreso a conversare tranquillamente fino a che non arrivarono di fronte all’entrata del Campo da Quidditch.
A pochi metri da loro si trovava un gruppo di quattro persone, e quando Lily comprese chi fossero si ritrovò la gola asciutta e un nodo alla bocca dello stomaco.
«Quello è Malfoy, l’altro Campione, con Angelique. Non mi ricordo il suo nome…» commentò Emmett, e Lily sussurrò piano la risposta.
«Scorpius. Si…si chiama Scorpius.»
In quel momento Ethan doveva aver fatto una battuta, perché sia biondo Serpeverde sia entrambe le ragazze dalla bellezza quasi impossibile si misero a ridere.
Lily si accorse che Angelique non aveva occhi che per Scorpius, e quando la francese gli pizzicò giocosamente il braccio e lui le rivolse un sorriso, la Grifondoro sentì delle lacrime amare pungerle gli occhi e disse a mezza voce ad Emmett che doveva rientrare per studiare, ma purtroppo non fu abbastanza veloce: come attratto dalla sua voce Scorpius si voltò verso di loro.
Lily si girò, incapace di guardarlo, e senza aggiungere una parola si diresse a grandi passi verso il Castello.
Le lacrime cominciarono a sgorgare impetuose e si odiò prepotentemente, accelerando il passo quando avvertì qualcuno che la chiamava e immaginando fosse Emmett.
Arrivò di corsa alle scale ma non volendo essere vista piangere cambiò strada, e pensò di evitare la folla rifugiandosi nell’Aula adibita a redazione di Felix Felicis, poco più in là.
Aprì la porta e si sedette su un banco, cominciando a respirare profondamente per riacquistare la calma.
Quando qualcuno le alzò il mento pensò di non aver sentito la porta a causa dei propri singhiozzi.
E incrociando un paio di occhi grigi, avvertì di trattenere il fiato, la mente improvvisamente vuota.
 
«Potter, che diavolo combini?»
 
 
***
 
 
Scorpius stava odiando ogni minuto di quel tour. Continuava a pensare ad Emmett e Lily insieme, e da quando li aveva visti da lontano ridere e scherzare, all’incirca vicino alla Sala Grande un paio d’ore prima, un’immagine fissa di loro due che si baciavano con passione continuava a tartassargli il cervello, impedendogli di anche solo sembrare interessato al blaterare delle francesi.
Sebbene Angelique ed Eloise si fossero rivelate più intelligenti ed interessanti di quanto si aspettasse – ad esempio Angelique parlava fluentemente quattro lingue oltre il francese, mentre Eloise aveva studiato in America per due anni -, Scorpius non riusciva proprio a concentrarsi sulle loro parole.
In compenso Ethan come suo solito sapeva mantenere la conversazione attiva e vivace, e il piccolo Malfoy doveva solo fingere un sorriso mentre cercava di seguire i dialoghi degli altri.
Angelique aveva dimostrato abbastanza chiaramente il suo interesse per Scorpius, ma il ragazzo non riusciva a fare a meno di rivivere con la mente ogni istante delle sue lezioni di Incantesimi con Lily, e notare le differenze abissali tra le due.
 
«Non ti concentri abbastanza Potter. Merlino, devi solo riempire questo bicchiere d’acqua, non mi sembra difficile.»
Scorpius l’aveva guardata rabbuiarsi, irritata dai propri fallimenti, e infine sbuffare in modo teatrale che lei non sarebbe mai stata una Strega decente.
«Mi arrendo, getto la spugna.» aveva esclamato infine, lanciando uno sguardo di odio puro all’innocente calice vuoto di fronte a lei.
«No Potter. Col goblin che ti arrendi, non lo permetterò. Nessun mio allievo ha mai fallito.»
Lily aveva sollevato un sopracciglio, guardandolo divertita.
«Hai una lunga esperienza di insegnamento?»
Scorpius aveva sorriso mellifluamente, e aveva risposto:
«Finora sei l’unica allieva, il che già dovrebbe darti motivo di credere in te stessa. Io non assumo casi disperati, e non ti permetterò di rovinarmi la mia percentuale dello 0% di fallimenti.»
«Non puoi fare una percentuale se il tuo unico caso sono io!» aveva protestato ridendo Lily, ma Scorpius le aveva sorriso fieramente.
«Faccio quello che mi pare, Potter, perché comando io qui. E ora concentrati, immagina di essere in un deserto e di avere solo la bacchetta con te-»
«In un deserto con un calice?» ridacchiò Lily, ma Scorpius la zittì con uno sguardo severo.
«Concentrati. Aguamenti al mio tre. Uno…due…tre!»
«Aguamenti!»
Lily aveva chiuso gli occhi e aveva sussurrato piano, quasi non fosse sicura di volerlo dire.
Eppure Scorpius vide i suoi occhi nocciola aprirsi con gioia, quando un leggero getto d’acqua riempì il calice fino all’orlo.
«Ce l’ho fatta! Io…Noi ce l’abbiamo fatta!» aveva urlato Lily e Scorpius aveva sorriso, guardandola prendere il bicchiere in mano e bere un sorso d’acqua per accertarsi che fosse vero.
«Te l’avevo detto Potter, io non accetto mai casi disperati.»
 
Angelique sapeva fin troppo quanto fosse fuori dal comune, Lily invece non ne aveva la più pallida idea.
E Scorpius si trovò a pensare che il sorriso di chi è sorpreso dal proprio successo non avrebbe mai piegato le labbra perfette di Angelique.
E lui amava tanto quel sorriso sulle labbra screpolate di Lily.
Erano arrivati al Campo da Quidditch, ed Ethan doveva aver fatto riferimento a qualche caduta rovinosa di Scorpius in una delle partite, quando il biondo sentì chiaramente il suo nome.
Il suo nome detto da quella voce.
Si voltò e fece appena in tempo ad incrociare gli occhi nocciola di Lily, prima che questa si girasse e corresse via in fretta.
Non abbastanza velocemente perché Scorpius non la vedesse piangere.
Si ritrovò ad urlare internamente a quell’idiota di Krum di rincorrerla, di fare qualcosa maledizione!
Ma Emmett rimase lì, stupito, e Scorpius imprecò sottovoce prima di inseguirla.
 
«Potter, che diavolo combini?»
La sua voce era dolce, intenerita e preoccupata dagli occhi rossi e dai segni freschi che le lacrime avevano tracciato sulle guance coperte di efelidi.
Lily sembrava stravolta dal vederlo lì, e Scorpius fece apparire un pacchetto di fazzoletti sul bancone.
«T-ti reputi un vero insegnante, ma non mi hai mai fatto vedere questo trucco.» scherzò Lily, cercando di alleggerire l’atmosfera mentre si asciugava gli occhi.
«Ho fatto evanescere il pacchetto che tengo sul comodino, e l’ho fatto riapparire qui. E’ un livello esperto, non so se sei pronta. A parte gli scherzi…cos’è successo? Krum…Krum ha detto o fatto qualcosa che-» iniziò Scorpius, cercando di trattenere la rabbia che quelle parole gli istillavano.
Lily scosse la testa, negando che Emmett avesse fatto alcunché di sconveniente.
«E allora perché stai piangendo?»
Scorpius sospettò che stesse cambiando argomento, quando gli chiese invece perché lui l’avesse rincorsa.
«Non eri impegnato con Angelique?» domandò Lily, pronunciando il nome dell’altra quasi come se gli costasse molta fatica.
Scorpius sollevò le spalle, in un gesto indifferente.
«Più che altro stavo reggendo la candela, Ethan vuole farsi Eloise, la sua amica, ma io credo…non sono il mio tipo. Lei non è il mio tipo.»
Lily si alzò dal banco e lo guardò dritto negli occhi, avvicinandosi lentamente.
«E qual è…qual è il tuo tipo? Insomma lei dovrebbe essere il tipo di ogni ragazzo, suppongo.»
«Io non sono come gli altri ragazzi, Lily.»
Non seppe cosa gli avesse dato il coraggio necessario per chiamarla per nome, ma lei non protestò e anzi accennò un sorriso, avvicinandosi sempre di più.
Erano a pochi centimetri l’uno dal viso dell’altro, quando sentirono la porta aprirsi.
Lily si spostò quasi Scorpius stesse andando a fuoco – nel vano tentativo di non far vedere come stessero entrambi andando a fuoco.
La McGranitt guardò Lily, poi Scorpius, e di nuovo Lily.
Infine parlò velocemente, lanciando un’occhiata furtiva all’orologio.
«Signor Malfoy, l’ho cercata ovunque. Lei e il signor Potter siete pregati di venire nel mio ufficio e signorina Potter…»
La donna sembrò accorgersi che Lily avesse appena pianto, quindi accennò un sorriso e addolcì l’espressione in volto quando si rivolse a lei.
«Finito l’incontro con loro vorrei vedere anche lei. Si presenti fra un’ora, credo sarà sufficiente. Andiamo, signor Malfoy?»
Scorpius non riuscì a dire più che un “Ci vediamo” all’indirizzo della rossa, e mentre usciva dalla stanza, sospettò che anche lei come lui avesse l’impressione di aver appena perso qualcosa.
Di aver appena sprecato un momento per capirsi, finalmente.
 
 
***
 
 
Albus aveva l’orribile sensazione di essersi svegliato per scoprire che i M.A.G.O. fosse quel giorno, quando la professoressa McGranitt l’aveva convocato nel suo Ufficio.
Dopo essere andata a recuperare Scorpius, stranamente più taciturno del solito, la Preside aveva brevemente illustrato loro come si sarebbe strutturato il Torneo Tremaghi.
Come da tradizione si sarebbero svolte tre prove, a distanza di circa due mesi l’una dall’altra.
La Prima Prova avrebbe avuto luogo a novembre, a dicembre ci sarebbe stato il Ballo del Ceppo, giusto prima delle vacanze di Natale.
Quando disse quelle parole la McGranitt ignorava che nelle menti dei due giovani si stavano già dipingendo immagini idilliache: Scorpius sognava ad occhi aperti il vestito che Lily avrebbe indossato, come lo avrebbe guardato e quanto sarebbe stato meraviglioso ballare stretto a lei; mentre Albus immaginava Sophie in abito lungo, con quel sorriso che gli stava stregando il cuore.
L’anziana donna concluse dicendo che la Seconda Prova si sarebbe tenuta a gennaio, mentre l’ultima, che sarebbe stata la più impegnativa, sarebbe stata dopo le vacanze di Pasqua, di modo da finire il Torneo Tremaghi per metà aprile e potersi concentrare sugli esami.
«Ovviamente» ci tenne a precisare la Preside «l’intero corpo docenti osserverà attentamente le vostre prestazioni nel corso della gara, e valuterà come opportunamente essere si potranno considerare durante gli esami. Nel caso per esempio riusciate a maneggiare un incantesimo perfettamente in una Prova, ma ai M.A.G.O. per la tensione siate meno efficaci, in questo senso. Non azzardatevi a pensare a favoritismi, perché ad Hogwarts non esistono e mai esisteranno.» concluse severamente la McGranitt, come se uno dei due avesse silenziosamente avanzato qualche pretesa.
Dopodiché congedò entrambi.
Una volta usciti, Albus guardò Scorpius di sottecchi e notò quanto sembrasse distratto.
Si schiarì la voce per attirare la sua attenzione, e quando la ottenne iniziò a parlare.
«Sai, non credevo che sarebbe arrivato questo momento ma credo…credo dovremmo iniziare a vederci più spesso.»
Scorpius mise una mano sul cuore in modo teatrale e sfoggiò un vero ghigno da Serpeverde.
«Potter non credevo fossimo a questo punto del nostro rapporto. Onestamente, sono imbarazzato, io non pensavo di piacerti tanto e-»
«Oh piantala!» sbraitò Albus, diventando rosso in zona orecchie e odiando i geni Weasley per averlo fatto somigliare ad una teiera in ebollizione.
«Intendevo per provare incantesimi, ripassare pozioni e cose simili. Che ci piaccia o no siamo su questa barca insieme, e dobbiamo imparare a remare contemporaneamente, o non ci muoveremo di un millimetro. Ti va bene giovedì mattina? Anche voi Serpeverde del Settimo Anno dovreste avere ora studio, no?»
Scorpius confermò l’ipotesi del Grifondoro, e si misero d’accordo per trovarsi il giorno stabilito nell’Aula di Difesa contro le Arti Oscure, che la McGranitt aveva messo loro a disposizione quando ne avessero avuto bisogno.
«Dico a Lils di chiederlo alla McGranitt, mi ha detto che deve parlare anche con lei ora. Vado, ci vediamo giovedì Malfoy.»
Scorpius salutò Albus e per un secondo considerò l’idea di aspettare Lily lì di fronte allo studio della Preside, ma all’improvviso ebbe paura che il discorso di prima avesse causato troppo imbarazzo.
Alla fine sospirò e decise di avviarsi verso la Sala Comune Serpeverde, ignaro di quello che vi avrebbe trovato.
 
Col senno di poi, considerò che forse sarebbe stato meglio se avesse aspettato Lily.
Di sicuro, almeno, si sarebbe risparmiato un paio di lividi.




Angolo Autrice:


Dopo esattamente nove giorni dall'ultimo aggiornamento (e quindi entro il tempo massimo di 10), ecco a voi il nuovo capitolo! Sicuramente più corposo sia come lunghezza sia come avvenimenti. Spero vivamente vi piaccia tanto quanto piace a me, e spero vorrete condividere come al solito le vostre opinioni a riguardo lasciando una recensione ;) Ringrazio infinitamente le 42 persone che hanno inserito la storia nelle seguite e i miei tre fan ricorrenti che hanno voluto dire la loro anche sullo scorso capitolo, con mia grande felicità: La_Fra, Maga_Merlina e OKUMA! Spero di aver soddisfatto tutti o quasi, e non sapete quanto mi sia divertita nella scena tra Ron ed Hermione. Credo li userò più spesso :D
Spero di sentirvi presto, intanto vi auguro un buon weekend! <3

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***





CAPITOLO 9

 
«Dicono che le donne francesi posseggano una classe invidiata dal resto del mondo. Evidentemente non ti hanno mai conosciuta.»
Selene sbatté gli occhi stupita che una frase tanto scontata fosse davvero stata pronunciata al di fuori di qualche romanzetto rosa stantio.
Sfortunatamente il suo interlocutore lo interpretò come un incoraggiamento, e si avvicinò pericolosamente a lei, schiacciandola contro la parete adiacente all’entrata alla Sala Comune Serpeverde.
Antoine non l’aveva lasciata andare da che l’aveva incontrata a colazione, in Sala Grande, e se all’inizio Selene aveva finto di dargli un po’ di corda giusto per continuare a divertirsi, a pomeriggio inoltrato le sue avances avevano concluso il tempo delle risate e iniziavano a diventare ingombranti.
Era proprio sul punto di lasciarlo con una scusa fuori dalla Sala Comune, quando inavvertitamente quel gesto sembrava aver confermato le speranze di Antoine.
«Selene, sei davvero una bellissima ragazza. Affascinante, in modo quasi…come si dice in inglese? Disarmante. Qualunque uomo sarebbe fortunato ad averti con sé.» le sussurrò con un atteggiamento provocante che fece saltare lo stomaco di lei per il disgusto.
La Serpeverde accese lo sguardo fiero di un’aggressività esplicita e rispose piccata.
«Nessun uomo sarebbe fortunato ad avermi, perché non sono un oggetto che si può possedere, Antoine. Forse questa misoginia è attraente agli occhi delle francesi, ma io non sono così. E ora, se vuoi scusarmi…»
Selene fece per scansarlo, ma il ragazzo mantenne saldo il braccio con cui le impediva di andarsene e allargò il sorriso in un modo che le fece accapponare la pelle.
«Sarà, ma francesi o inglesi che siano, le donne non mi hanno mai rifiutato finora, Selene.»
La ragazza non seppe se fosse stato il modo strano con cui aveva pronunciato il suo nome, o l’agghiacciante luccichio nei suoi occhi, ma fece scivolare la mano fino alla tasca posteriore dove teneva la bacchetta, continuando a sorridere incerta.
Con un rapido movimento però Antoine le afferrò l’arto e lo inchiodò al muro, lasciandola senza fiato e col viso pieno di terrore.
Non sarebbe passato nessuno di lì, lo sapeva: i corridoi gelidi dei Sotterranei tenevano lontani quasi tutti, e in particolar modo di sabato pomeriggio, quando perfino i Serpeverde più temerari prediligevano il calduccio della Sala Grande per studiare o chiacchierare.
«Sai, la furbizia è una dote sprecata su una donna, soprattutto quando come te possiede fascino e un fisico invidiabile. Quindi finiscila coi giochetti, che ne dici?»
Selene stava per rispondere, quando vide Antoine scaraventato all’indietro e spinto con forza verso il muro del corridoio opposto.
Ethan ghignava ferocemente, un sorriso diabolico in volto che raggelò Selene ma che al contempo la rassicurò immensamente.
Il ragazzo la guardò appena, prima di posizionarsi istintivamente di fronte a lei per fronteggiare il francese che lo guardava allibito.
«Sai, damerino da strapazzo, non so come siate abituati in Francia ma qui le donne noi non le tocchiamo nemmeno con la punta di una piuma. E direi che puoi finirla con i giochetti anche tu, se non vuoi che ne iniziamo uno noi due, che ne dici?»
Istigato dall’aggressività di Ethan e troppo vanesio per lasciar correre, Antoine si scostò i lunghi capelli corvini dal viso, sorridendo malignamente e fece un passo avanti.
«Non ti hanno insegnato a farti gli affari tuoi, in questa Scuola decadente?» disse saccentemente, ed Ethan rise di gusto, accorciando le distanze tra di loro.
«No, ma mi hanno insegnato come dipingere di viola la faccia idiota dei cazzoni come te, vuoi vedere?»
Si scagliarono uno contro l’altro nello stesso momento in cui Selene urlò.
La Serpeverde si sentiva di ghiaccio e non sapeva come fare: sotto i suoi occhi Ethan stava accusando tanti colpi violenti quanti ne infliggeva, e prima che se ne potesse accorgere le lacrime cominciarono a rigarle le guance.
Cercò di richiamare la loro attenzione, provò perfino ad usare un incantesimo, ma era come se la voce fosse morta sotto i pugni di Antoine.
Ad ogni colpo inferto ad Ethan, Selene sentiva di star perdendo il controllo e si accasciava impotente contro la parete.
Era diverso dai combattimenti idioti che solitamente coinvolgevano Ethan: sapeva che lui la voleva difendere, e che se qualcuno non l’avesse fermato si sarebbe fatto male.
«SELENE!»
La voce che la chiamava arrivò come da mille chilometri di distanza, ma lei la riconobbe subito.
Bastò un solo sguardo affinché Scorpius intervenisse e separasse, non senza qualche colpo accidentale, i due.
Come rinvigorita dalla consapevolezza che ora la situazione sarebbe stata nelle mani di Scorpius, Selene afferrò la bacchetta e con un “Incarceramus” bloccò sul nascere lo spirito rivoltoso di Antoine.
Non lo degnò di uno sguardo mentre esclamava di liberarlo sedutastante, e corse da Ethan.
Aveva un occhio nero, le labbra spaccate e probabilmente anche un paio di denti. Del sangue rosso scuro colava dalla bocca e qualche rivolo riusciva a farsi strada anche tra i capelli neri, lì dove Antoine l’aveva colpito.
Teneva la mano sul fianco, probabilmente ora coperto di lividi, ma Selene non se ne curò e gli si fiondò tra le braccia, piangendo a dirotto.
Non sapeva se fossero lacrime di gioia, sensi di colpa o entrambi: sapeva solo di non aver mai amato Ethan così tanto.
E lui forse lo capì, perché a discapito del cuore che batteva a mille e dei pugni ancora serrati, Ethan iniziò a sciogliersi e le sussurrò delle parole solo per loro due, la voce incrinata dal dolore ma dolce come mai lo era stata per lei.
«Tranquilla, va tutto bene. Sto bene. Sono qui. Io sono qui
Selene non seppe quanto rimasero lì così, lui che le parlava piano mentre le accarezzava i capelli, rincuorandola, e lei incapace di smettere di piangere.
Quando si separarono Scorpius non c’era più e così Antoine: lei non avrebbe saputo dire dove fossero finiti.
In futuro in realtà non avrebbe saputo dire nemmeno dove avesse trovato il coraggio per sollevarsi in punta di piedi, avvicinare il viso a quello tumefatto di Ethan, e sotto il suo sguardo vigile unire le loro labbra.
Lo baciò delicatamente, con il sapore ferroso del sangue che lui aveva in bocca, e a volte con dei lamenti; ma Selene non si fermò.
Aveva appena iniziato ad amare Ethan.
Aveva appena iniziato ad amare Ethan, e arrivati a quel punto non avrebbe saputo come smettere.
 
 
***
 
 
«Si accomodi pure, signorina Potter.»
Lily obbedì e si sedette su una delle due poltrone di fronte all’enorme scrivania di quercia della Preside, mentre la donna faceva lo stesso al suo posto.
«Sarò oltremodo sintetica: ora che i Campioni sono arrivati e visto il successo del primo numero di Felix Felicis, ritengo sarebbe interessante per gli studenti di Hogwarts e stimolante per i nostri ospiti, poter leggere qualche intervista a tu per tu con i Campioni, ora che sono arrivati. Magari su cosa temono degli avversari, quali sono le loro paure e cosa sperano di ottenere da questo Torneo, cose così direi. Che ne pensa?»
Lily annuì meditabonda, assorta dal pensiero di doversi trovare di nuovo sola con Scorpius dopo quello che era successo pochi istanti prima. Sentiva ancora il cuore in gola e il peso di ciò che sarebbe potuto accadere schiacciava le sue piccole spalle.
«Sì, credo sia un’ottima idea, professoressa. Provvederò ad organizzare il tutto. Credo che potremmo uscire con la prossima edizione anche la prossima settimana, magari di sabato mattina, sarebbe d’accordo?»
La McGranitt sorrise entusiasta e annuì alla proposta di Lily, facendole ancora una volta i complimenti per la sua dedizione e il suo duro lavoro.
 
 
Più tardi, sedute al tavolo della redazione, Lily stava informando Sophie della richiesta della McGranitt e stavano già cominciando a scrivere una lista di possibili domande, quando la Corvonero intuì che qualcosa non andava.
«Lils, sputa il rospo. C’è qualcosa che non mi stai dicendo e sai che non ti lascerò in pace fino a che non ti deciderai a rivelarmelo. Cos’è successo?»
Mentre Lily respirava a fondo prima di iniziare a parlare, Sophie cercava di mantenere a bada i sensi di colpa che le stavano premendo sul petto: aveva appena messo ipocritamente all’angolo la sua migliore amica per confessarle un segreto, quando anche lei stava nascondendo qualcosa.
Lily iniziò a raccontare di Emmett e della fuga, di Malfoy e di quel momento sospeso che continuava a torturare la sua mente, ricco di quesiti deliziosi quanto terrificanti.
Si sarebbero davvero baciati? Lei avrebbe voluto baciarlo? E dopo? Cosa sarebbe successo?
L’idea di essere la fidanzata di Scorpius Malfoy sembrava una barzelletta, e Lily non riusciva a capire come si sentisse a riguardo. Una parte di sé, quella scettica fino al midollo, la convinceva che sarebbe stato un colossale fallimento, e un’altra parte di sé, la più difficile da accettare, continuava segretamente ad accarezzare l’immagine di loro due stretti l’uno all’altra al Ballo del Ceppo.
Il solo pensiero di Scorpius in smoking che le teneva la mano sorridendole le fece perdere un battito.
Durante tutto il discorso Sophie aveva continuato ad annuire seriamente, prendendo ogni informazione e dubbio di Lily e archiviandolo mentalmente.
Quando concluse, la Corvonero accennò un sorriso dolce e le prese la mano, stringendola a sé.
«Quindi avevo ragione eh? Lily Luna Potter ama Scorp-» ma Lily la zittì colpendola con un cuscino appoggiato alla sedia lì di fronte, ridendo e intimandola di abbassare la voce.
«Non dirlo mai più! Ci mancherebbe soltanto che tutta Hogwarts lo venisse a sapere, altro che scoop!» sospirò la rossa, sedendosi e prendendo in mano gli appunti del giornale su cui stavano lavorando.
«Forse è presto per dirlo, ma io onestamente credo che stareste bene insieme. E non guardarmi così-» la rimproverò Sophie, vedendo l’espressione scettica di Lily «-senti so che normalmente esce con tipe…»
«Bellissime? Superficiali? Stupide come un tubero?» suggerì sarcasticamente la Grifondoro, prima che Sophie continuasse.
«Stavo per dire diverse. Ma anche lui è diverso, quando è con te. Non so Lils, a me sembra che lui ti veda…ti veda davvero, ecco. E poi ti guarda costantemente, anche se tu non ci crederai mai. Voglio dire, perché avrebbe dovuto seguirti se non fosse stato preoccupato per te?»
Lily meditò sulle parole della migliore amica, ma lo schiacciante bisogno di sentirsi sempre protetta le impedì di prendere sul serio la possibilità che Scorpius potesse essere interessato a lei.
Alzò le spalle, piegando le labbra in una smorfia rassegnata.
«Forse gli facevo solo pena.»
Sophie sbuffò, inveendo contro la poca autostima di Lily, e questa la guardò divertita.
«E poi, Soph, l’idea di me e Scorpius insieme è quasi ridicola come… come l’idea di Ethan Flint e Rose, Hugo e Selene Travers o tu ed Albus. Andiamo, sono cose che non succederanno mai.»
Sophie aprì la bocca per ribattere, ma all’improvviso la sentì asciutta e si scoprì incapace di rispondere a Lily.
Il nodo che prima le chiudeva lo stomaco si spostò alla gola, e la Corvonero finì per commentare timidamente con un “Sì, infatti. Cose che non succederanno mai.”
 
 
***
 
 
«Ginny! Merlino, guarda cos’ho trovato in soffitta!»
Harry James Potter entrò in salotto, dove la moglie era sdraiata sul divano intenta a leggere la Gazzetta del Profeta, e con un sorriso a trentadue denti le lanciò quella che sembrava una maglietta.
Ginny la raccolse al volo, grazie ai riflessi da Cacciatrice professionista, e quando la vide nella sua interezza sorrise malinconica.
«Oh Harry, l’hai conservata tutti questi anni?»
Harry si era seduto accanto a lei e Ginny si appoggiò al marito, scoccandogli un bacio sulla guancia appena ruvida per l’accenno di barba che quella mattina non si era fatto.
La donna inspirò profondamente l’odore così familiare dell’uomo che amava, e gli passò quella che si era rivelata una divisa con lo stemma di Hogwarts e il nome “POTTER” scritto sulla schiena.
«Sì, anche se onestamente non mi ricordavo nemmeno di averla. Stavo cercando alcuni libri sugli Auror che credo potrebbero servire a Jamie, e l’ho trovata in uno scatolone. Non so nemmeno perché l’ho conservata, non è che sia stato un anno da ricordare.»
Ginny lo colpì affettuosamente sul braccio e lui si mise a ridere.
«Non da ricordare? Starai scherzando spero! Hai affrontato un drago, hai nuotato nel Lago Nero e sei sopravvissuto ad uno scontro con Voldemort, Harry.»
«E’ morto Cedric, ho rischiato di morire anche io in più di due occasioni e sono finito al Ballo con una persona che non volevo. Di certo non è stato uno dei miei anni migliori Ginny.»
«Ah, dimentichi una cosa: la questione del Ballo è stata colpa tua, potevi avere me e invece puntavi Cho!» esclamò fingendosi offesa Ginny, ma perse subito il broncio quando Harry la baciò con dolcezza.
«Non sono mai stato uno che afferra le cose subito, lo sai. E poi è stato meglio così: hai reso il mio sesto anno decisamente più interessante. Comunque stavo pensando di dare la divisa ad Al, che ne pensi? Potrebbe portargli fortuna.»
Ginny sorrise e annuì, supponendo però che Albus avrebbe probabilmente avuto una divisa uguale a quella di Scorpius.
«Però potrà sempre tenerla con sé, come portafortuna privato, no? Inviagliela con la posta di domani, sono sicura che gli piacerà. Scommetto che correrà a vantarsi che quella divisa è stata quasi bruciata da un Ungaro Spinato.»
Harry rise della supposizione azzeccata della moglie e fece per alzarsi, ma Ginny lo trattenne per il braccio.
«Dove credi di andare?» domandò in modo malizioso.
«Siamo a cena dai tuoi, ricordi? Devo sistemare alcune carte di lavoro e poi…»
«Mmm…io credo che dovresti semplicemente sistemarti qui con me, invece. Alla cena mancano due ore…abbiamo un sacco di tempo.» concluse Ginny, attirandolo a sé.
 
 
***
 
 
Ciao Jamie,
 
qui le cose vanno bene, sono felice dei risultati che hai perseguito nel primo turno di esami, continua così! Onestamente, pensavo che il tuo molliccio si sarebbe trasformato in Nonna Molly infuriata, magari perché le hai distrutto la cucina. Come è già successo, più di una volta in effetti.
Al sta iniziando a realizzare che si è davvero iscritto al Torneo Tremaghi, e non ad una competizione di uncinetto magico. Morale della favola: la maggior parte del tempo sobbalza impercettibilmente quando qualcuno gli chiede come sia messo come preparazione, e fa quella faccia strana che sappiamo – la faccia da “Merlino avrei dovuto pensarci prima”. La tua, forse.
No scherzo: tu non hai mai avuto ripensamenti – non sorridere, non è un complimento. Sono arrivati i Campioni delle altre Scuole: quella di Beauxbatons ha una puzza sotto il naso che nemmeno zia Fleur dai racconti adolescenziali di mamma, e io la odio già profondamente. Il Campione è uguale, forse persino con due ovaie più grandi di Angelique a giudicare da quanto vanesio sia. Papà mi ha scritto che a zio Ron è quasi venuto un colpo quando ha scoperto che Emmett – uno dei Campioni di Durmstrang – è il nipote di Viktor Krum, la prima fiamma di zia Hermione. In realtà è un tipo apposto, abbiamo fatto una camminata insieme e abbiamo riso abbastanza, l’avevo già conosciuto alla partita Inghilterra-Bulgaria a cui ci ha portati papà anni fa, ricordi? Ah, ti avviso, ogni domanda sul livello di coinvolgimento sentimentale tra me ed Emmett sarà ignorata senza ulteriori indugi. L’altro di Durmstrang è un tipo silenzioso, non ho molto da aggiungere a suo riguardo. Le lezioni sono sempre più difficili, Morgana sa se non avrò bisogno di un miracolo per ottenere dei G.U.F.O. decenti. Non ho altre novità da Hogwarts, quindi chiudo qui. Per caso sai perché Dominique è depressa? Hugo me l’ha riferito da zia Hermione, che l’ha sentito da zio Bill. Sono preoccupata, non la vedo da giugno, essendo stata in Francia, e alla mia lettera ha risposto in modo piuttosto evasivo. Sai niente che la riguardi? Voi due siete sempre stati migliori amici, un po’ come me e Hugo, quindi spero che saprai rincuorarmi.
Nel frattempo ti mando un abbraccio e uno scappellotto per congratularmi ancora dei sorprendenti – inserire occhiolino – voti.
 
Lily
 
 
«James, che hai?»
James nascose la lettera di Lily sotto il cuscino e accolse fingendo un sorriso la ragazza bionda tra le sue braccia.
Lei lo baciò in bocca e poi sfoderò un’espressione soddisfatta. Indossava la maglia da Quidditch del Grifondoro di James e sotto solamente le mutande.
«Niente piccola, tranquilla.» rispose James, infilandosi un paio di pantaloni sportivi sopra i boxer neri.
«Sicuro? Hai la faccia strana. Ormai conosco le tue facce, James Potter.»
“No, non le conosci affatto” pensò lui, quando invece quello che gli uscì dalle labbra fu un invito a preparare un the caldo per entrambi, lui si sarebbe fatto una doccia e poi avrebbero fatto colazione insieme.
Brittany si alzò dal letto annuendo e, dopo aver baciato James, sparì chiudendo la porta dietro di sé.
James si alzò malvolentieri, ancora a petto nudo, e dopo pochi minuti il getto dell’acqua calda scivolò sulla sua schiena.
Le parole di Lily, le domande su Dominique, gli affollavano la mente, impedendogli di pensare a qualsiasi altra cosa.
E all’improvviso l’idea di Dominique in lacrime, raggomitolata sul letto come quando era piccola, debole e vulnerabile sembrò affondarlo.
James scoppiò a piangere, ringraziando l’acqua di nascondere ogni frammento di amore che ancora rimaneva e continua anzi a rafforzarsi, nonostante i suoi tentativi di soffocarlo.
La voglia di abbracciarla, di asciugarle le lacrime come faceva sempre e di rincuorarla lo sopraffece e si odiò profondamente, perché lei delle sue lacrime non si era preoccupata, mentre baciava Luke quella sera, e le altre cento sere così.
Quando riemerse dalla doccia James si sentiva vinto, afflitto, e completamente svuotato.
Andò in cucina, fingendo un’allegria che sembrava impossibile, e sorrise amaramente quando Brittany credette alla sua gioia fasulla.
«Tutto bene J?» domandò lei, preparandogli una tazza di the.
«Certo. Ora che ho te, non ho più nulla.»
 
Lei lo prese come un complimento, e lui non la corresse.
Era tutto talmente sbagliato, che forse il sorriso ingenuo di lei sembrava l’unica cosa giusta.
 
 
***
 
 
«Sette.» esclamò Roxanne, infastidita.
«Sette?» domandò Dominique, confusa, prendendo un altro biscotto.
Roxanne era piombata in casa sua con due teglie piene di biscotti deliziosi, di vari tipi e farciture, con la scusa di aver bisogno di una cavia per la sua scuola di cucina.
“Ho un esame sulla preparazione dei dolci martedì e non sono ancora convinta della crema al caramello”
La bruna masticò un po’ di tortino alla vaniglia prima di continuare a parlare.
«Sette. Sono i secondi che hai a disposizione da ora per dirmi cosa ti turba. Non osare negarlo, Dom, ti conosco meglio delle mie tasche e non intendo demordere. Sei schiva e silenziosa ultimamente, hai gli occhi tristi e dei capelli che, scusa se te lo dico, fanno invidia a quella volta in cui James ti aveva spinto nel fango, a casa dei nonni.»
Dominique sorrise nostalgicamente al ricordo dell’avvenimento.
E il suo cuore fu vittima di una fitta dolorosa, al pensiero delle parole di James.
«Rox non è nulla, tranquilla. Un periodo no, tutti ce l’hanno, sai?»
“E francamente Dominique non…non so se vorrò più parlare con te”
«Sicura?»
Lo sguardo freddo di lui, così maledettamente in opposizione alla dolcezza con cui aveva chiuso la porta.
«Sì. Sicura.»
Con cui le aveva spezzato il cuore in mille pezzi.
«E tu? Qualche novità? Come va con David? Secondo me sarebbe ora che lo presentassi ai tuoi e ufficialmente anche a Fred.» la esortò Dominique, dandole una gomitata amichevole.
Roxanne roteò gli occhi all’indietro e sbuffò, rigirandosi pensosa un biscotto tra le mani.
«Non è il momento giusto Dom. So che non ti sarà familiare una situazione del genere: appena finito Hogwarts hai trovato il lavoro dei tuoi sogni, un appartamento fantastico e un ragazzo invidiabile. Il tempismo ce l’hai nel sangue.»
La bionda scosse la testa, cercando di non pensare alla realtà che stava bellamente ignorando: lei aveva ancora un fidanzato.
«Oh al diavolo il tempismo Rox! La vita è troppo breve per aspettare un momento giusto che forse non arriverà mai. O che probabilmente è…è già passato.»
Dominique era troppo assorta nei suoi rimpianti, nella volontà quasi masochista di tornare indietro nel tempo e dire a James quello che provava realmente quando era stato lui a chiederlo, per accorgersi dell’espressione di Roxanne.
Quando era stato lui a renderlo il momento perfetto, ecco la realtà.
«Veramente Dom, il tempismo è l’unica cosa che ti salva in certi casi…come quando…»
Dominique osservò confusa Roxanne, e questa sospirò profondamente prima di completare la frase.
 
«…come quando scopri di avere due settimane di ritardo.»
 
 
***
 
 
Hermione Granger camminava velocemente lungo il corridoio che collegava il suo ufficio a quello alla rampa di scale verso l’ufficio di Harry.
In quanto Capo Ufficio del Ministero del Controllo Creature Magiche era arrivata a lei la segnalazione di alcuni movimenti sospetti di masse di goblin, per cui aveva ritenuto necessario informare anche Harry.
Era giusto arrivata in ascensore e stava rivedendo le carte che aveva in mano, quando una voce profonda dietro di lei la chiamò.
«Hermione Granger, non posso crederci.»
Voltandosi Hermione si trovò di fronte un uomo alto, dai lineamenti duri e grezzi ma con un sorriso appena accennato sulle labbra sottili.
Non lo riconobbe all’istante, solo la pronuncia azzardata del suo nome la portò indietro nel tempo.
«Viktor?»
L’uomo annuì e lei suo malgrado si sciolse in un sorriso sorpreso: l’inglese di Viktor Krum era migliorato notevolmente da quando aveva diciassette anni, e ben presto si ritrovarono a commentare le loro vite anche fuori dall’ascensore.
Krum doveva in effetti vedere McKine, un Auror con cui aveva stretto amicizia in una trasferta, e quindi l’accompagnò fino all’ufficio di Harry.
Essendo assente, Hermione invitò Viktor a sedersi con lei nell’attesa.
«Quindi sei qui per vedere Emmett? Beh, immagino sia molto emozionante…voglio dire, ne sono certa: anche mio nipote è Campione Tremaghi! Albus Potter.»
Viktor annuì, per poi domandarle:
«Quindi sei sposata ora?»
Hermione confermò, sorridendo.
«Sì con Ron Weasley. Non so se te lo ricordi, era il migliore amico mio e di Harry.»
Viktor pensò qualche secondo, e alla fine il suo viso si illuminò.
«Ah lui! Capelli rossi, lentiggini…?»
«Sì, lui. Abbiamo due figli, Hugo ha quindici anni, Rose invece diciassette. E tu? Hai figli?»
L’uomo sorrise tristemente, parlando piano.
«Mi sono sposato, ma non ha funzionato. Non abbiamo avuto figli, e ora credo di essere troppo vecchio. Emmett è come un figlio però, per questo tengo a vederlo. Senza offesa, ma spero che vinca!»
Hermione rise, ammettendo di tifare per Hogwarts, e che quindi sarebbero stati rivali.
Quando Harry entrò nella stanza ci mise qualche secondo per riconoscere l’uomo con cui la migliore amica stava dialogando, ma alla fine comprese e gli porse la mano.
Dopo essersi salutati ed essersi fatti qualche domanda di rito, Viktor disse che doveva andare a cercare McKine.
Prima di uscire però volle stringere la mano ad Hermione, e disse felice:
«E’ stato davvero un piacere rivederti. Spero potremmo farlo ancora, magari un caffè? Sono a Londra fino alla prossima settimana, alloggio al Paiolo Magico. Scrivi quando vuoi, Hermione.»
Quando si fu congedato, Harry chiuse la porta ed Hermione lo rimproverò per il sorriso malandrino che sfoggiava in volto.
«Per la serie a volte ritornano, eh Herm? Credi che a Ron farà piacere?»
Hermione iniziò a raccontare al migliore amico la conversazione avuta quella mattina col marito ed Harry si mise a ridere.
«Non è divertente! Non osare dirgli una parola, Harry Potter, o finiremo abbrustoliti tutti e due. E poi cosa c’è di strano? Viktor è solo un vecchio amico, Ron non ha nulla di cui preoccuparsi.»
«Quindi se lui domani uscisse con Lavanda, tu saresti tranquilla?» la provocò Harry.
Il silenzio che seguì questa affermazione fu ricordato come il più lungo momento di silenzio di Hermione Granger.
Alla fine lei lo rimbrottò per essere così sibillino, e concluse che non l’aveva costretto a fare un salto durante il suo giorno di riposo per parlare di Lavanda.
Ed Harry le voleva troppo bene per proseguire il discorso.
 
 
***
 
 
«Sophie muoviti per Merlino, o la tua sorpresa si sciuperà!»
Albus strattonava la ragazza ridendo, invitandola a camminare più in fretta, e lei di rimando gli lanciava improperi che avrebbero fatto impallidire perfino il Barone Sanguinario.
«Al mi stai staccando un braccio, Morgana imbufalita!»
Albus rise dell’espressione colorita e anche Sophie finì per unirsi alla risata.
Quando arrivarono di fronte alla Guferia, Sophie guardò il ragazzo confusa e lui le fece un sorriso misterioso.
«Non indovinerai mai cosa c’è qui dentro.» esclamò il Grifondoro.
«Però non vedo l’ora di scoprirlo, anche se confesso di avere un po’ di paura. Da te potrei aspettarmi di tutto!»
Nell’istante stesso in cui Albus aprì la porta con il piede, mentre baciava Sophie sulle labbra, avvertì qualcosa che non andava.
Si girò lentamente, e quando incontrò un paio di occhi nocciola tremendamente familiari si sentì mozzare il fiato.
«Lils? Tu che…» cominciò piano, prima di rendersi conto della scena nella sua totalità.
Lily era lì, e li fissava come se avesse visto la morte in faccia.
Ma dietro di lei, con le braccia posate sulle sue spalle c’era Scorpius.
E lì, nell’angolo, col volto tumefatto per metà e un’espressione funebre c’era Antoine.
Nessuno osò dire niente, per interi minuti.
Fino a che Albus eruppe, sconvolto.
E il suo urlo sormontò la tensione nell’aria, eliminandola come un uragano.
 
«TOGLI SUBITO LE MANI DA MIA SORELLA!»





Angolo Autrice:

Welcome everyone! Dopo esattamente 9 giorni spaccati, ecco il nuovo capitolo! Bello intenso aggiungerei, ci sono parecchie cose interessanti - cioè Selene ed Ethan, e non dico altro - e credo ne abbiate da commentare, quindi aspetto con ansia le vostre recensioni come al solito! Ringrazio i miei fans fissi quali OKUMA, La_Fra e Jade_Malfoy e saluto la new entry lella minerva. Spero vi farete sentire anche oggi, soprattutto oggi! 
Intanto vi saluto e vi rimando al prossimo capitolo <3

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***






CAPITOLO 10



 
Le sue labbra erano state così morbide, così dolci. Un frutto proibito che sapeva inconsciamente di aver desiderato a lungo, ma che aveva a suo tempo definito proibito per una ragione precisa.
Si rigirò nel letto e bestemmiò sottovoce quando avverti una fitta dolorosa pulsare fino al cervello.
Selene gli aveva curato la maggior parte delle ferite, ma qualcuna di livello troppo avanzato per le sue capacità era rimasta, anche se notevolmente migliorata.
Il dente rotto era ora integro, ma leggermente anestetizzato perché la gengiva attorno si era gonfiata per l’urto.
I lividi sulle costole erano spariti, anche se facendo qualche movimento riuscivano comunque a produrre qualche gemito strozzato in lui; mentre la ferita alla testa ora era solo un quasi invisibile bernoccolo, che doleva solo se toccato.
In sostanza Ethan si era ripreso, ma sapeva che quello che era successo sarebbe stato molto più difficile da risolvere.
Amava Selene? Non lo sapeva, non riusciva a capirlo.
Da quando era morta sua madre aveva come vissuto in una bolla, che lo proteggeva da delusioni e dolori, e in cui solamente rare volte erano riusciti ad intrufolarsi i sue due migliori amici, ma sempre per un tempo limitato.
Avevano compreso le sue difficoltà, e anche senza dirlo lo avevano sorretto moralmente negli ultimi anni.
Ethan aveva rivelato un lato estroverso fino all’arroganza, e l’aveva furbescamente utilizzato come scudo per proteggere la parte più profonda e vulnerabile di sé.
E così nel corso del tempo molte donne erano riuscite a vederlo nudo, nessuna a denudare il suo cuore.
La bolla però ora era stava violentemente infranta da quel bacio così meraviglioso, così giusto in quel momento, e così dannatamente rassicurante, per quegli attimi infiniti.
Ethan aveva mandato via Selene, dicendole che doveva riposare, ed era stato attento ad essere il più sereno e tranquillo possibile fino a quando lei fosse stata nei paraggi.
Non sapeva nemmeno come fosse riuscito ad astenersi dall’urlare quando lei gli aveva sorriso dolcemente, congedandosi con un “Ci vediamo dopo Eth”.
Ripensò per un momento alle vicende appena trascorse, e la rabbia si impadronì di lui nell’immaginare cosa sarebbe potuto accadere se non fosse intervenuto.
E’ vero, voleva difendere Selene, ma cosa distingue l’istinto di protezione di un amico da quello di un innamorato?
Aveva provato qualcosa nel baciarla, sicuramente, eppure non riusciva ancora a distinguere cosa.
Si alzò bruscamente, sentendo le orecchie fischiare per lo sforzo, ed in un impeto di frustrazione cominciò a lanciare sui muri ogni cosa che gli capitava a tiro, violentemente.
Voleva distruggere, voleva essere cattivo…voleva provare qualcosa che avesse un nome.
Quando la rabbia lo abbandonò, si ritrovò solo, a terra, circondato da frammenti di quaderni, libri e oggetti vari.
E solo allora si lasciò andare completamente: le lacrime di irritazione sgorgarono in pochi secondi, ed Ethan riusciva a pensare solo ad una cosa.
 
Come possono le lacrime essere un segno d’amore?
 
 
***
 
 
Scorpius ripensò a come quella grottesca situazione si fosse creata, mentre fissava inorridito lo sguardo furente di Albus Potter e sentiva le spalle di Lily tremare, sotto le sue mani.
 
«Entra qui dentro e non fare rumore.»
Aveva spinto Antoine nella Guferia deserta, la bacchetta puntata contro il ragazzo che era ancora stretto nell’Incarceramus di Selene.
Nella mente di Scorpius la scena vissuta poco prima continuava a ripetersi con destabilizzante velocità, e la rabbia al pensiero di cos’avesse spinto Ethan ad aggredire Antoine gli aveva fatto battere il cuore all’impazzata.
«Liberami subito, altrimenti…» cominciò minacciosamente Antoine, prima che il biondo lo interrompesse con un ghigno feroce in volto.
«Altrimenti cosa? Userai la violenza su di me proprio come hai fatto sulla mia migliore amica? Fai pure, non vedo l’ora di assistere alla punizione che la tua Preside ti infliggerà, oltre all’umiliazione pubblica che ne seguirà. Se ti andasse bene, potresti addirittura venire eliminato dal Torneo!»
Antoine aveva aperto la bocca per ribattere, ma alla fine si era limitato solamente a ringhiare la sua frustrazione sottovoce.
«Finalmente hai capito. Io ti lascerò andare immediatamente, e ci dimenticheremo di ogni cosa. Certo, se ti avvicinerai di nuovo a noi, i pugni di Ethan saranno solo un dolce ricordo, idiota megalomane. Potrei essere tanto magnanimo da limitarmi a scrivere sulla tua fronte “SONO UN EMERITO PEZZO DI M”-»
«Scorpius? Antoine?»
La voce di Lily aveva fatto sobbalzare i due ragazzi, e il Serpeverde si era sbrigato ad annullare l’incantesimo che bloccava il francese, con un pigro gesto della bacchetta.
«Potter! Che…che sorpresa. Cosa ci fai qui?»
«Io volevo spedire una lettera a mio padre, ma il mio gufo è ancora da James e… Merlino! Cos’avete fatto al viso?!»
A Scorpius era bastata una veloce occhiata al volto tumefatto di Antoine e una fitta lancinante all’occhio per capire a che cosa si stesse riferendo.
«Vedi noi…non è nulla di grave, sul serio. Schermaglie da ragazzi, niente di cui dovresti preoccuparti.» si era difeso Scorpius, continuando ad arretrare ogni volta che Lily gli si era avvicinata, per vedere il suo occhio rosso sotto la luce.
«Schermaglie da ragazzi un corno! Voi vi siete azzuffati, guarda come sei preso! Morgana, quanto siete imbecilli. E quale ragione vi avrebbe spinto a picchiarvi così…Antoine è preso da schifo, perché non l’hai accompagnato in infermeria?» aveva domandato allibita Lily, dopo aver visto più da vicino le condizioni in cui versava il francese.
Prima ancora che Scorpius potesse risponderle, Antoine si era fatto avanti, un sorriso malizioso sul volto.
«Secondo te per quale motivo due Campioni Tremaghi dovrebbero accapigliarsi? Per una ragazza, ovvio. Ma tranquilla e grazie per l’interessamento, il mio viso tornerà bello come prima in men che non si dica, dolce…?» aveva concluso Antoine, avvicinandosi a Lily quel tanto che era bastato a farla indietreggiare offesa, e aver fatto chiudere la mano a pugno a Scorpius.
«Una ragazza eh? Non mi sorprende, anzi avrei dovuto prevederlo.»
Il modo in cui Lily aveva fulminato con lo sguardo Malfoy, o la luce triste negli occhi di lei, aveva spinto Scorpius a fermarla, appoggiandole le mani sulle spalle.
Ed era stato allora che la porta della Guferia si era aperta, rivelando Albus Potter intento a baciare appassionatamente Sophie.
E facendoli piombare nella confusione in cui si trovavano al momento.
 
 
«DIMMI SOLO UN MOTIVO PER CUI NON DOVREI CRUCIARTI ORA.» sibilò Albus al Serpeverde, alludendo al fatto che Scorpius teneva ancora saldamente per le spalle Lily.
Non perché se ne fosse dimenticato, ma perché sentiva che stava crollando pezzo dopo pezzo.
E Scorpius avrebbe voluto essere sempre lì per raccoglierla e rimetterla in sesto.
Ci fu un attimo di silenzio, prima che la risata di Lily invadesse lo spazio attorno a sé.
«Tu…tu stai sul serio minacciando Scorpius per…per questo? Allora devi davvero essere caduto da piccolo, magari svariate volte, o avere qualche neurone in meno come tutti sospettiamo da sempre-» cominciò ad esclamare la rossa, il viso dello stesso colore dei capelli e gli occhi lucidi.
«Lils, che diavolo stai dic-» cominciò offeso Albus, interrotto però dalla frase successiva della sorellina, ormai infuriata.
«TU STAVI BACIANDO LA MIA MIGLIORE AMICA! Anche se mi avessi trovata in biancheria intima intenta a fare uno spogliarello per Scorpius Malfoy o…o Antoine o chiunque altro, non avresti nulla da protestare. Voi mi avete mentito, credevo di potermi fidare di te Al, anche perché consideravo naturale che le tue odiose manie di gelosia implicassero fiducia nell’altro…interesse per la felicità dell’altro. E invece hai nascosto tutto a me. Evidentemente non sei il fratello che credevo e tu…» continuò Lily, guardando Sophie dritta negli occhi e fronteggiando il suo sguardo affranto e colmo di lacrime.
«Tu di certo non sei la migliore amica che voglio o che vorrò mai al mio fianco.»
Sophie sospirò prima di scoppiare a piangere, correndo via dall’espressione delusa di Lily.
Albus si mosse per inseguire la sua fidanzata, ma prima si voltò e scoccò uno sguardo duro come la pietra alla sorellina.
«Quando scendi dal piedistallo che ti sei costruita potresti perfino provare a perdonarci, o almeno a comprenderci. Forse se non te l’abbiamo mai detto è perché sapevamo che avresti reagito così: come la bambina viziata che sei.»
Dopo che Albus l’ebbe fulminata con lo sguardo un’ultima volta, il ragazzo corse via, rincorrendo la fidanzata.
Lily rimase lì, immobile come la pietra, fino a quando Scorpius le si avvicinò con l’intenzione di abbracciarla.
La rossa si ritrasse disgustata, e gli occhi velati di tristezza si riempirono di disprezzo.
«Invece di perdere tempo con me, perché non te ne vai a fare a cazzotti con qualcuno per una ragazza? Ormai è la tua specialità, no?»
E prima che il biondo potesse rispondere, Lily era già corsa via. Lontano dalle scuse e dalle spiegazioni che ormai sembravano finte perfino a lui.
Lontano dal suo cuore che batteva impazzito, conscio del fatto che forse era riuscito a bruciare ogni possibilità con lei.
E in fondo, forse sarebbe stato più semplice così.
 
 
***
 
 
Quando Rose Weasley, di ritorno dalla Biblioteca, vide di sfuggita sua cugina Lily correre a perdifiato giù dalle scale della Guferia, parlò senza pensare.
Perché nonostante i litigi, nonostante i silenzi e le scuse non ascoltate, Rose non avrebbe mai permesso a Lily di piangere da sola.
«Lils!»
La chiamò senza riflettere, ma seppe di aver fatto la cosa giusta nel momento in cui la cugina si voltò, gli occhi pieni di lacrime, e le si fiondò tra le braccia, singhiozzando.
Mentre Rose la teneva stretta a sé, come molte volte aveva fatto quando erano piccole, e le sussurrava parole rassicuranti per calmarla, capì che quei giorni bui tra di loro erano stati dimenticati.
E il cuore all’improvviso le sembrò più leggero.
 
 
***
 
 
Ethan alzò la testa pigramente, quando sentì Scorpius imprecare di fronte alla confusione che aveva causato.
«Merlino Ethan, è passato un drago o cosa?»
Evidentemente però lo sguardo assente del moro fece comprendere a Scorpius la gravità della situazione, perché si limitò a sedersi accanto a lui, con la schiena appoggiata al letto a baldacchino di Ethan.
«Allora…da quanto sei qui a fissare il vuoto esattamente?» domandò incerto Scorpius.
Ethan sorrise tristemente, esclamando:
«Un’ora circa. Comunque non sto fissando il vuoto, sto esaminando come le tue lenzuola siano incoscientemente stropicciate e rovinate. Seriamente Scorp, Astoria si starà rivoltando nelle sue perfette lenzuola di lino ora.»
Scorpius lo colpì al braccio, sbuffando.
«Punto numero uno: non chiamare mia mamma per nome. E’ inquietante. Punto numero due: il giorno in cui ti troverò ad osservare le mie lenzuola, smetterò di rivolgerti la parola, sappilo. Allora, posso continuare a parlarti oppure intendi continuare a fingere che sia tutto apposto?»
Ethan non riuscì a guardare l’amico negli occhi, ma avvertì chiaramente il suo sguardo che lo studiava attentamente.
Il moro sorrise mestamente, ridendo più di se stesso che delle battute del migliore amico.
«Quando saprai cos’è successo mi ucciderai, quindi voglio che tu sappia che in fondo, questa vita non è stata tanto male. Certo, se non fosse per me sarebbe stata un vero incubo, ma mi potrai ringraziare più tardi.»
Scorpius non rispose, aspettando la spiegazione per cui Ethan stava solo cercando il coraggio.
Ethan sospirò, afferrandosi le gambe e avvicinandole al corpo seduto. Si rannicchiò con il viso infossato nelle ginocchia, e parlò sottovoce, ma abbastanza forte affinché Scorpius potesse udirlo.
Disse del bacio, del profumo di Selene, del cuore che non smetteva di battere. E parlò della fitta allo sterno che non era dovuta ai lividi, e del respiro che si perdeva nel ricordo della facilità con cui Selene l’aveva amato.
E del suo, di respiro, che invece sembrava pesargli come un macigno, come non aveva mai fatto…come non avrebbe dovuto fare, se quello fosse stato amore.
Quando finì stette in silenzio, aspettando la risata di Scorpius, i suoi pugni o i suoi insulti.
Invece tutto quello che lo aspettò fu un tocco leggero sul braccio.
La mano di Scorpius sembrava essersi posata per caso, ma la stretta delicata che usò bastò perché gli occhi di Ethan finalmente si bagnassero di lacrime, lì nell’antro delle sue braccia, nascoste al mondo.
Lacrime di accettazione, di resa, di coraggio, di stanchezza e di amicizia.
Nascoste al mondo ma non più celate a se stesso.
«Credevi sarebbe stato facile? Pensi che sia facile, Ethan? Beh, ti sbagli, idiota che non sei altro.»
La voce di Scorpius era asciutta, quasi innaturalmente priva di emozioni.
Sapeva che Ethan avrebbe dovuto capire nel modo più doloroso possibile, perché lui funzionava così: o bianco o nero.
O vero o falso.
O amore o sofferenza.
Ma la vita si trova nel grigio quasi sempre, e tornare a vedere con chiarezza non sarebbe stato facile, né indolore. Sarebbe stato lungo, ma necessario.
E Scorpius sarebbe stato accanto a lui, facendo sempre tutto quello nelle sue forze per aiutarlo.
«Tu credi che per Selene sia stato facile? Ha sofferto più di quanto tu sappia, più di quanto lei ammetta. Ha sofferto nel vederti tra le braccia di altre, ha sofferto nell’amarti nonostante tutto, in silenzio. Ha sofferto nel piangere da sola, troppo orgogliosa per accettare aiuto, e anche ora che finalmente è riuscita a liberarsi, probabilmente sa che tu libero non ti sentirai mai, finché non te lo permetterai. E Lily? Morgana, ho appena rovinato tutto, di nuovo, e non so se avrò ancora la forza per tornare sui miei passi, questa volta. Sai perché? Perché probabilmente ora non ci sarà più nessuno ad aspettarmi. Tu pensi sul serio che sia semplice, quando si ama qualcuno? Quando si fa di tutto per smettere di provare qualcosa, per soffocare dei sentimenti? Ultime notizie Eth, alla fine chi soffoca sei tu, sei sempre tu. Quindi non disperarti, non accapigliarti su qualcosa che deve ancora succedere. Tu la ami, io lo so, lei lo sa e probabilmente il vero problema… è che lo sai anche tu.»
Quando Scorpius finì di parlare, guardò Ethan, che aveva alzato il volto rigato di lacrime e stava accennando un silenzioso sorriso.
Non era strafottente, arrogante o malizioso; era un sorriso semplice, di quelli che faceva prima della morte di sua madre, di quelli che gli illuminavano il volto pian piano, senza far rumore.
Scorpius si unì a lui, rafforzando dolcemente la stretta sul suo braccio.
Rimasero lì, in silenzio, per minuti che sembrarono ore.
Quando Ethan parlò, si sentì di nuovo vivo, forse più vivo di quanto si fosse mai sentito da quell’orribile giorno di cinque anni prima.
«Scorp, devo ammettere una cosa: ucciderei qualcuno per avere del Whisky Incendiario in questo momento.»
La risata dei due risuonò nel Dormitorio vuoto, e in un secondo il grigio della vita sembrò risplendere più dell’oro.
 
 
***
 
 
Victoire Weasley era sempre stata una ragazza elegante e sofisticata, con un eccelso gusto per l’alta moda e un’allergia quasi patologica nei confronti di tute, felpe over-size e scarpe da ginnastica.
Victoire indossava solo gonne, di ogni tipo, e vestiti che la facevano risaltare anche nelle apparizioni più casual.
Ebbene, in quel momento molti non l’avrebbero riconosciuta, probabilmente.
Sì perché Victoire Weasley indossava pantaloni del pigiama a pois rossi su sfondo grigio, una felpa enorme con lo stemma dei Grifondoro e un paio di imbarazzantissime pantofole a forma di Minnie.
Era distesa sul letto enorme del suo appartamento, completamente struccata e con i capelli raccolti  alla bell’e meglio con una piuma come forcina.
All’età di ventitré anni Victoire aveva racimolato una certa fama, una reputazione da Veela mancata, e solo nel suo piccolo posto fuori dal mondo si sentiva di venirne meno.
Ah, il posto che intendeva non è necessariamente un posto fisico.
Era ovunque si trovasse l’uomo di venticinque anni che in quel momento la stava fissando divertito, appoggiato allo stipite della porta.
«Ultime notizie, la modella inglese Victoire Weasley in realtà ama Minnie e gli accostamenti di colore che sfiorano il daltonismo. Potrei rivendere la notizia ai tabloid, credo mi darebbero un sacco di galeoni, sai Vic?»
Victoire alzò lo sguardo dal quaderno pieno di appunti che teneva in mano e arricciò le labbra in un sorriso ironico all’indirizzo del fidanzato.
«Sì certo, come se volessi rinunciare al portare ovunque l’ultima mia copertina su Witch Today in cui sono uno schianto e mostrarla in giro, urlando al mondo che quella bellezza stratosferica è la tua ragazza.»
Teddy rise di cuore e andò a sedersi accanto a lei.
Le accarezzò la guancia dolcemente e si avvicinò fino a baciarla sulle labbra, con passione.
Quando ebbe finito, Vic sorrideva felice e Teddy si perse nell’immaginare un mondo senza Victoire al suo fianco.
Non ci riuscì.
«Hai ragione, per amor della mia reputazione continuerò a fingere che tu sia bella anche ora.»
Victoire assestò un calcio al fidanzato, che lo schivò ridendo mentre i capelli si tingevano di un arancione acceso.
«Ah, vedo che sei divertito, Teddy Lupin. Sappi che stanotte dormirai sul divano, così vedremo quanto ti divertirai da solo.» sussurrò malignamente Victoire, e nonostante i suoi sforzi non riuscì a trattenere un’altra risata quando i capelli del fidanzato diventarono prima bianchi per lo shock, e poi blu come una notte senza luna.
«Hai frainteso, volevo solo dire che così non sei bella…sei bellissima, amore mio.» si corresse giocosamente Teddy, avvicinandosi per approfondire il contatto di prima, ma Victoire lo fermò col sorriso sulle labbra.
«Mi dispiace lupetto, ma ora non ho proprio tempo da dedicarti. Non riesco a raccapezzarmi con questa lista, conosciamo davvero troppe persone!» esclamò la bionda, e Teddy si mise al suo fianco, leggendo da sopra la sua spalla gli scarabocchi disordinati che riempivano ogni centimetro della pagina.
«Lista degli invitati? Stai già pensando a questo? Dobbiamo ancora annunciare alla famiglia il nostro fidanzamento Vic!» sorrise Teddy, sciogliendole i capelli e iniziando ad accarezzarli come quando erano piccoli.
Victoire sbuffò, lasciando cadere il quaderno sul letto e mordicchiando la piuma che Teddy le aveva tolto dalla testa.
«Lo so, ma tanto saranno tutti felici, cosa ti aspetti? Zio Harry si rivolge a noi da due anni come se fossimo sposati, mamma e papà ti considerano già come un figlio acquisito, Dom e Lou ti adorano. E’ sempre stato chiaro che sarebbe andata così, insomma guardaci: stiamo insieme da che riesco a ricordarmi, abbiamo un appartamento, viviamo insieme da quando siamo usciti da Hogwarts. Abbiamo due occupazioni stabili e siamo felici e innamorati. Il problema non sarà il fidanzamento Teddy, il problema sarà capire come far stare trecentocinquantanove persone sotto la tenda alla Tana.»
Teddy le sollevò il mento, in modo che la guardasse negli occhi.
Ora i suoi capelli erano diventati rosa pastello, e Vic ormai lo conosceva talmente bene da intuire anche il corso dei suoi pensieri.
«Sì beh, ho pensato di farlo lì…lì dove si sono sposati mamma e papà. Credo sarebbe bello, cioè credo sarebbe…»
«…casa.» completò per lei Teddy. Victoire annuì e baciò dolcemente il fidanzato su una guancia.
«Beh, fammi un po’ vedere la lista. Forse riesco ad aiutarti.» annunciò Teddy, iniziando a dibattere con la bionda su alcuni improbabili invitati.
Dopo qualche discussione e alcuni patteggiamenti, la lista si ridusse al comunque significativo numero di duecento invitati.
«Beh, direi che meglio di così non si può fare: ci sono familiari, amici, colleghi e collaboratori. Ah, non ho invitato Lorena Asster, inutile che tu me lo chieda Teddy. Non voglio quella grassa oca giuliva al nostro matrimonio!» sputò inviperita Vic, e quando lui iniziò a ridere lei lo fulminò con lo sguardo.
«Vic andiamo! Era la mia collega al reparto Auror, e non è mai successo niente…»
«…ti amava in segreto e ha tentato di baciarti l’anno scorso!»
«Tentato, esatto. Io l’ho rifiutata subito ed è finita lì. Sei davvero gelosa come pochi sai? Ok ok, non uccidermi. Non la inviteremo. Aspetta… Vic, hai invitato anche loro
Teddy osservò severamente la ragazza, che si sciolse in un sorriso incoraggiante ma colpevole.
«Senti, lo so cosa pensi, ma lei mi ha aiutata molto all’inizio della mia carriera, lo sai. Senza i suoi consigli, probabilmente ora non sarei dove sono, e le devo molto. E poi sono molto meglio di quello che credi, ti prometto che non succederanno casini.»
Teddy ci pensò su, ma come al solito capitolò di fronte agli enormi occhi azzurri di Victoire.
«Ok, va bene. Niente Lorena Asster e…benvenuta famiglia Malfoy. Vuoi invitare anche il figlio?» domandò Teddy, e Victoire annuì riponendo il quaderno con la lista aggiornata sul comodino.
«Sì, ovvio. Lily e gli altri ci saranno, mi sembrerebbe scortese non invitarlo. Credo potrebbero fargli compagnia, no? Sono grandi ormai, saranno in ottimi rapporti, fidati.»
Teddy era convinto che la fidanzata non fosse così ingenuamente speranzosa come voleva far credere, ma in fondo l’amava troppo per farglielo notare.
«Allora, devi andare all’Ufficio Auror?» gli chiese la bionda, con un sorriso strano in volto.
«Ho un paio d’ore. Zio Harry ha indetto una riunione, ma fino alle quattro sono libero. Perché?» domandò curioso Teddy.
Victoire si avvicinò lentamente al viso del fidanzato e gli sussurrò maliziosamente in un orecchio «Perché volevo darti altro materiale per vantarti in giro della tua bellissima ragazza in tuta.»
Il resto venne sommerso sotto le coperte bianche del loro letto, su cui però spiccava in modo deciso un particolare: dei capelli che dal rosa erano diventati rosso acceso.
 
 
***
 
 
Quando quella sera Harry e Ginny entrarono nella residenza del primo ministro Kingsley Shacklebolt, erano vestiti di tutto punto.
Ginny indossava un lungo vestito blu notte ed Harry uno smoking scuro, e nonostante tutto facevano ancora la loro figura quando apparivano ai ricevimenti ufficiali.
In particolare, quella sera il Primo Ministro aveva dato una festa formale a casa sua per presentare i principali esponenti della Comunità Magica inglese e i rispettivi coniugi agli eminenti ospiti che il Torneo Tremaghi aveva portato con sé: Ministri, ambasciatori e delegati delle due altre nazioni in gara sfilavano con accento straniero e profumi esotici in mezzo agli invitati.
I coniugi Potter avevano appena salutato Mademoiselle Poirot, Capo dell’Ufficio Relazioni Magiche francese, quando si imbatterono in due vecchie conoscenze.
«Potter, qual buon vento. Non sapevo fossi tipo da ricevimenti formali.» lo provocò Draco, con un sorriso divertito in volto.
Harry porse la mano ad Astoria, elegante nel suo completo grigio fumo, e dopo averla salutata rispose all’uomo:
«Oh credimi Malfoy, ultimamente sembra che abbiamo molte cose in comune. Dato che non si è letto nulla in merito, immagino abbiate fallito anche voi nel convincere Scorpius dal disertare il Torneo. Albus non ci ha stupiti, è rimasto convinto che sarà la sua più grande occasione per spiccare, come se negli anni scorsi si fosse tenuto all’oscuro dalla ribalta di Hogwarts.»
Astoria annuì, condividendo il pensiero di Harry, e aggiunse:
«Scorpius ultimamente è diverso, evasivo in modo sospetto. Nelle lettere è quasi monosillabico, ma sento che il suo umore è altalenante e che c’è qualcosa che lo turba. Draco è andato a trovarlo, e mi assicura che sta bene, però ho una strana sensazione a riguardo.»
Ginny prese la parola, interessata.
«Evidentemente dev’esserci qualcosa nell’aria, perché anche Lily risponde esattamente al profilo che hai fatto di Scorpius. Sospettavo che fossero problemi di cuore, ma ora che mi dici questo…»
La rossa lasciò la frase in sospeso, e aprì la bocca in un gesto condiviso da Astoria: una muta rivelazione avuta nello stesso istante.
«Salazar, credevo potesse essere ma non ero sicura…»
«Anche io! Il mio istinto materno mi diceva qualcosa, ma mai avrei pensato…»
«Credi che loro…?»
«Oh, non credo, non ancora perlomeno. Siamo ancora all’inizio, questo spiegherebbe tutto.»
In mezzo alle concitate battute delle due donne, Harry e Draco continuarono a guardarsi allibiti, quasi augurandosi che l’altro capisse qualcosa di quello che stava succedendo.
«Ehm, scusate?» interruppe Harry, aiutato da Draco che esclamò: «Volete renderci partecipi? Di cosa diavolo state parlando?»
 
Per tutta risposta le due donne si guardarono, sorrisero complici e risposero all’unisono “Niente, non preoccupatevi”.
Eppure, le risate divertite che Ginny e Astoria continuarono a scambiarsi durante tutta la serata, non tranquillizzarono per niente né Harry né Draco.




Angolo Autrice:

Per la serie chi non muore si rivede, eccomi qua! Non so cosa dire per scusarmi dell'assenza, ma spero che qualcuno sarà ancora qui a leggere la mia fan fiction e vorrà commentare questo nuovo capitolo! Ho amato alla follia scrivere di Victoire e Teddy, e spero di aver reso abbastanza bene quello che volevo esprimere. Non so dirvi quando arriverà il prossimo capitolo, ma spero di non sparire di nuovo, perché amo questa storia e i suoi personaggi, e spero che li amiate anche voi, nonostante il ritardo.
Grazie mille per chiunque leggerà e vorrà dirmi un'opinione, nel frattempo vi auguro buon weekend e buone feste, nel caso non ci si rivedesse fino a Natale! <3

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***






CAPITOLO 11


 
Era passata una settimana dalla scena orribile vissuta nella Guferia. Scorpius Malfoy si sdraiò sul letto a baldacchino, esausto, e riprese a leggere la lettera che la madre gli aveva mandato.
Come al solito Astoria si augurava si stesse impegnando a fondo nello studio, lo intimava dal tenersi fuori da qualsiasi guaio, e lo informava degli avvenimenti, piccoli e grandi, che succedevano a Malfoy Manor.
Quando però Scorpius incorse nel nome “Weasley”, dovette ritornare indietro nella lettura, certo che non potesse esistere un mondo in cui Astoria Greengrass in Malfoy accennasse a qualche Weasley nelle sue lettere.
E invece il biondo dovette accettare la realtà, perché sua madre stava parlando proprio di un Weasley, anzi di una Weasley.
Victoire Weasley, figlia di Bill Weasley e Fleur Delacour, invitava Astoria e la sua famiglia al proprio matrimonio con Teodore Lupin, che si sarebbe tenuto il weekend successivo alla Prima Prova del Torneo Tremaghi.
In un attimo i pensieri di Scorpius si diressero verso la lezione saltata con Albus, successivamente allo scontro avuto in Guferia, e al pensiero di dover collaborare con lui di fronte a tre Scuole per non fare la figura dell’idiota, gli si attorcigliarono le interiora.
D’altra parte, non era stato purtroppo l’unico a vedere le sue possibilità di parlare con Lily del tutto bruciate: Albus e la sorella si ignoravano platealmente, mentre Sophie sembrava in lutto. La Corvonero era quasi sempre di malumore, e ogni qualvolta che Albus le faceva compagnia al Tavolo della Casa di Rowena, Lily lo fulminava con lo sguardo, e anzi ogni tanto se ne andava perfino dalla Sala Grande.
Chiunque avrebbe detto per orgoglio, ma Scorpius poteva immaginarla scoppiare a piangere poco distante, sfinita come lui da quel silenzio gelido che si era insinuato anche sotto le ossa.
Un altro tipo di silenzio invece aveva iniziato a cullare la relazione tra Selene ed Ethan: Scorpius aveva parlato con Selene in privato, spiegandole quanto Ethan fosse disorientato al momento, ma come al solito era stato anticipato dal sesto senso e dall’invidiabile conoscenza della Serpeverde nei confronti dell’amico. Selene non si aspettava, gli disse, di diventare piccioncini da un momento all’altro, e nemmeno l’avrebbe voluto: quello che avevano andava oltre la pura apparenza.
Ad un occhio esterno sarebbe potuto sembrare in effetti che fosse tutto come al solito tra di loro, ma Scorpius riusciva a captare un’atmosfera diversa tra i due migliori amici.
Non era fatta di parole, o di gesti scontati, quanto di sguardi fugaci e piccole attenzioni celate al mondo.
Ethan si sedeva sempre di fianco a lei, ogni tanto giocava coi suoi capelli o, quando pensava che nessuno lo stesse guardando – cosa in realtà rara, dato che era pur sempre Ethan Flint -, le scoccava un bacio veloce sulla guancia, facendola sorridere.
Certo, ciò non aveva impedito ad Ethan di flirtare con altre ragazze, guardarle in modo seducente o mellifluo, e fare battute con doppi sensi ogni piè sospinto.
Però sia Selene che Scorpius sapeva che non era più andato con nessuna, e che le sue spavalderie erano più di facciata e divertimento, che di vero interesse.
Una volta conclusa per la seconda volta la lettura della lettera della madre, Scorpius si diresse verso la scrivania, scribacchiò una veloce risposta di assenso per la partecipazione al matrimonio di Victoire, e la affidò ad Antares, osservando il suo gufo nero sparire nella luce tenua di quel giorno autunnale.
Mentre si dirigeva verso la Sala Grande per il pranzo, Scorpius riflettè che forse in un mondo dove Victoire Weasley invitava Astoria Greengrass al proprio matrimonio per ringraziarla dell’aiuto fornitole all’inizio della propria carriera da modella; fosse anche possibile una relazione tra Scorpius Malfoy e Lily Luna Potter.
Eppure, una volta entrato nell’enorme salone e guardatosi attorno, il gelo che emanava il tavolo Grifondoro sembrò spazzare via ogni sua più piccola speranza, obbligandolo a sedersi al proprio posto sospirando pensoso.
 
 
***
 
 
Dominique Weasley addentò famelica il toast che aveva di fronte, assaporando il primo cibo solido di quella lunga giornata, iniziata alle quattro e mezza di mattina.
Lo studio di moda per cui lavorava stava organizzando una sfilata per Natale, e fervevano i preparativi ovunque, costringendola a seguire orari massacranti.
Sua sorella maggiore la osservò, un po’ indignata per la poca classe dimostrata da Dominique, e avvicinò con garbo una forchettata di insalata, attenta a non sporcare il costoso vestito bianco che sfoggiava quel giorno.
«Dom, andare un po’ più piano non ti ucciderebbe sai?» la provocò Victoire, aggiudicandosi uno sguardo omicida da parte di Dominique, intenta in quel momento a divorare il resto del toast e bere un sorso di gassosa allo stesso momento.
«Non ho tempo, Vic. Non tutti abbiamo la fortuna di poter avere tutto quello che vogliono, come un matrimonio nel giro di un mese dal fidanzamento!» la provocò Dominique, mentre la sorella si apriva in un sorriso.
«Oh beh, per quanto riguarda Teddy più che in anticipo direi che è in ritardo: tutti si aspettavano che ci sposassimo appena finito Hogwarts. Tutti tranne Louis: lui pensava ci fossimo sposati in segreto il giorno del mio diciassettesimo compleanno!»
Dominique si unì alla risata di Victoire, e sentì qualcosa di familiare scaldarle dolcemente il cuore.
«Morgana Vic, mi sei mancata davvero tanto. Mi fa infuriare non riuscirvi a vedere più come prima!»
Victoire annuì, accarezzando di sfuggita la mano della sorella minore.
«Lo so: io con Teddy e il lavoro, tu con il tuo impiego-barra-schiavitù, e Louis sempre impegnato a girare l’Europa. Ha detto che fra poco raggiungerà Berlino, vuole fare tutto “alla maniera babbana”, per assaporare meglio il viaggio.»
Dominique sospirò ammirata, coinvolta come sempre dall’animo ribelle e curioso del fratello minore.
«Lou è proprio incorreggibile. Nella sua ultima lettera mi ha scritto che ha amato l’Italia alla follia, e soprattutto le streghe italiane, figurati. Almeno grazie al vostro matrimonio potremmo rivederci presto.»
Victoire annuì convinta, e sorrise.
«Crescere è strano, all’improvviso le persone con cui passi tutti i giorni per una vita diventano quelle più difficili da ritrovare. Però è bello sapere che possiamo sempre contare l’uno sull’altra, nonostante tutto.» commentò ancora Dominique, e Victoire continuò a darle ragione.
«Già, a volte è difficile, ma è comunque rincuorante sapere che ci sarete sempre per me e viceversa. A questo proposito Dom…» aggiunse poi la maggiore delle sorelle, cambiando sguardo e insospettendo Dominique.
«…mamma e papà mi hanno parlato, sono in pensiero per te. Dicono che sei stata sfuggente, triste e pensierosa ultimamente, come se ci fosse qualcosa che ti preoccupa profondamente. Purtroppo non ci siamo viste molto, e quindi non ho potuto rincuorarli, ma non ti nascondo che vorrei accertarmi tanto quanto loro che tu stia bene.»
Dominique sorrise tristemente, prendendo in giro Victoire.
«Merlino Vic, devi ancora sposarti e già sei una madre in ansia?»
Victoire annuì divertita, ma continuò a inchiodarla con lo sguardo per il resto del pranzo, anche senza bisogno di aggiungere parole.
 
 
Un’ora dopo Dominique si stava incamminando verso il proprio appartamento per cambiarsi in velocità e tornare a lavoro.
Alla fine non era riuscita a dire molto a Victoire, e la sorella la conosceva troppo bene per insistere, sapendo che così l’avrebbe solo fatta chiudere più a guscio.
All’improvviso Dominique si sentì atterrita da tutti quei segreti che le pesavano sulle spalle come macigni, impedendole di respirare e pensare lucidamente.
James in primis.
Da quella lite orribile non si erano più rivolti la parola, quasi tacitamente mantenendo fede alla volontà di James di non parlarle più.
Dominique sentiva come se una parte di sé fosse stata brutalmente staccata via dal suo corpo, perché nonostante tutto aveva sempre saputo di poter contare su Jamie, in qualunque momento.
Invece si trovava per la prima volta a chiedersi se al matrimonio avrebbe finto di non vederla o, forse ancora peggio, avrebbe mantenuto la facciata di migliore amici per non insospettire la famiglia.
Pensò a lui, a come quella notte di un secolo fa si fossero sentiti finalmente completi, e d’un tratto i pensieri viaggiarono veloci fino a dirottarsi completamente su un’altra parente che rubava il suo sonno prezioso: Roxanne.
Dalla sconvolgente confessione di una possibile gravidanza, la cugina non le aveva più parlato di quell’argomento.
Nonostante i dolci ma decisi inviti di Dominique a fare il test di gravidanza, Roxanne aveva continuato imperterrita a ignorare ogni suggerimento in tal senso, come se fingere che non ci fosse una remota possibilità di essere incinta eliminasse il problema alla radice.
Dominique sospirò, entrando in casa e appoggiando cappotto e borsa sul divano.
Si perse per qualche secondo a guardare l’enorme fotografia appesa al muro, che lo occupava quasi per tutta la sua parte superiore: una foto della famiglia al completo, scattata circa due anni prima.
C’erano davvero tutti, ogni ceppo della famiglia in tutta la sua stravagante interezza: Lily mezza pettinata e mezza no, Ginny che osservava a tratti il cespuglio di capelli rosso rubino della figlia, e Harry che tratteneva Albus per la spalla affinché non si azzuffasse con Fred, a causa di una lite successa pochi secondi prima.
Accanto ai Potter c’erano Ron, Hermione, Hugo e Rose, gli ultimi due intenti a fare a gare per chi fosse in primo piano rispetto all’altro; mentre Nonna Weasley e Nonno Weasley li osservavano divertiti.
Dopo l’anziana coppia c’era la famiglia di Percy, Charlie e il suo codino selvaggio, George e Angelina, anche loro intenti a calmare Fred Jr, e Roxanne, vittima come al solito dell’idiozia del gemello.
E infine eccoli lì: Bill abbracciato a Fleur, elegante nonostante l’età, e Victoire in mezzo a loro, con Louis alla sua destra, mossi capelli biondi sempre indomabili, e alla sua sinistra lei, Dominique.
O meglio, loro.
Sì perché James e Dominique si erano accorti per ultimi che fosse in corso la foto, e quindi avevano finito per unirsi senza pensarci, abbracciandosi e dandosi amichevoli pizzicotti per rovinare il sorriso fotogenico l’uno dell’altro.
Dominique sapeva che fosse solo un incantesimo, ma quella dimostrazione d’affetto, quella luce dolce negli occhi di James, all’improvviso le spezzò il cuore.
Il pensiero di non poter essere più così, di non poter fare quello che per loro era sempre stato naturale, sembrò mozzarle il fiato: di non poter fare quello che per loro sarebbe stato naturale, per quanto sbagliato e impossibile.
Quando l’orologio batté le due e mezza, Dominique si distaccò svogliatamente da quel dolce ricordo e si fece forza per andare a lavoro.
Almeno lì avrebbe avuto di certo meno tempo per riflettere, si disse.
 
 
***
 
 
Lily accantonò di nuovo il pranzo, sotto lo sguardo furente e preoccupato di Rose.
Ormai la piccola di casa Potter non si separava quasi mai dalla cugina, dato il silenzio che si era insinuato come un enorme blocco di ghiaccio tra sé e Sophie, e l’imbarazzante tendenza di Hugo a volerla far rinsavire ogniqualvolta ne avesse opportunità.
Certo, Lily comprendeva come il cugino stesse agendo per affetto, ma in quel particolare momento della sua vita non aveva davvero la pazienza per sopportare i continui discorsi dal titolo “Perché hai esagerato, come dovresti comprendere anche le paure altrui e in che modo ti dovresti scusare?”.
La risposta all’ultima domanda era sempre “presto”, secondo Hugo.
Non che Rose le desse ragione, ma faceva quello che Lily voleva: assolutamente niente.
Rose aveva detto solo una volta alla cugina che se avesse voluto sarebbe stata lì per parlare, ma era ormai troppo esperta del carattere schivo di Lily per poter anche solo immaginare che metterle pressione avrebbe sortito qualche effetto benefico.
Albus in primis sorprese tutti, non attaccando in ogni possibile momento Lily, ma semplicemente iniziando a fingere di non avere sorelle.
Non le parlava, non faceva riferimento a lei, e da quanto Erik le aveva raccontato, preoccupato anche lui per la faida in corso, addirittura ignorando completamente la faccenda.
Tutto ciò che suo fratello si degnava di fare era stare accanto alla fidanzata, ormai pubblicamente riconosciuta come tale, che d’altra parte forse era quella messa peggio in quella situazione.
Lily voleva zittire la voce dentro di sé che persisteva nel voler bene a Sophie, ma la sua coscienza non finiva mai di farle notare le occhiaie vistose sotto gli occhi della Corvonero, o il rossore degli stessi, evidentemente dovuto alle lacrime.
«Lils, devi mangiare qualcosa. Almeno mezzo toast, che ne dici?» le sussurrò Rose, ma Lily negò col capo, facendo sospirare l’altra di preoccupazione.
«Zia Ginny ti ha scritto del matrimonio?» chiese allora la Weasley, e Lily alzò lo sguardo dal suo piatto perfettamente intatto, annuendo.
Ginny le aveva comunicato il giorno prima dell’annuncio del prossimo matrimonio tra Vic e Teddy, e per un secondo Lily si era sentita di nuovo se stessa, come se il calore emanato da quella bella notizia fosse bastato per farla sentire ancora viva.
Lily adorava Vic quasi quanto Dominique, ma più che altro la preferenza era dovuta alla differenza d’età.
Aveva sempre considerato entrambe le figlie di Bill Weasley come sue sorelle maggiori, e Teddy avrebbe tranquillamente potuto cambiare il cognome in Potter, dato quanto la sua famiglia lo trattasse come un figlio.
Harry scriveva a Teddy tanto quanto lo facesse per James, Albus e Lily; lo aveva aiutato in ogni piccola cosa durante il suo percorso ad Hogwarts, e Teddy l’aveva sempre considerato come il padre che la Guerra gli aveva sottratto.
Ginny in particolare aveva apprezzato i continui tentativi da fratello maggiore di Teddy di infondere un po’ di sale in zucca nei suoi ragazzi, e nonostante il fallimento, continuava ad annoverarlo come parte integrante della loro famiglia.
Quando però Lily pensò a sua madre, si ricordò di un dettaglio che le aveva rubato il sonno tutta la notte, e l’umore già tetro precipitò ulteriormente.
“Anche Scorpius Malfoy e famiglia saranno alla cerimonia, Astoria e Vic sono amiche e non poteva pensare di non invitarli, dato l’aiuto che le ha fornito all’inizio della sua carriera. Spero dirai a tuo fratello di moderarsi già da ora, ma immagino che essendo dopo la Prima Prova, ormai saranno diventati amici per la pelle. Forse dovremo avere un occhio di riguardo per James in effetti, ma so che tu come al solito mi aiuterai a tenere quelle pesti a bada, e darai il buon esempio di gentilezza e cortesia con Scorpius. Potreste addirittura diventare amici, chissà!”
Al pensiero delle speranze impossibili di sua madre, Lily sorrise tristemente.
Certo, Ginny non avrebbe potuto sapere cosa stesse accadendo ad Hogwarts dopotutto, e quindi Lily cercò di non considerare le asserzioni della madre come quello che realmente sentiva fossero: un enorme machete rigirato in una piaga nella sua anima.
 
 
***
 
 
«Harry, sono davvero preoccupata. Credimi, sta succedendo qualcosa di strano ai ragazzi.»
Quella sera, già in pigiama sotto le coperte, Ginny strappò letteralmente di mano il libro che il marito stava leggendo, desiderando la sua più completa attenzione.
«Ginny andiamo, non ti sembra di esagerare?» domandò Harry, vagamente seccato dalle maniere della moglie, ma in fondo ormai cosciente del temperamento deciso della rossa.
Dopotutto, l’amava anche per quello.
«Esagerare? Starai scherzando spero! Come se non bastasse il mio istinto materno, che ultimamente trasuda preoccupazione da ogni poro, potrei testimoniare il tutto con le lettere di Albus e Lily. Le hai lette?»
Harry annuì, aggiungendo che non ci aveva visto nulla di strano.
Ginny come risposta esalò un “Uomini” molto sibillino.
Dopo aver recuperato le missive dei figli e avergliele passate, Ginny riprese il discorso, con maggiore determinazione.
«Non vedi che manca qualcosa in entrambe?»
Harry rilesse le pergamene, notando effettivamente un elemento che prima gli era sfuggito.
«Al non sfoggia le solite manie di gelosia nei confronti di Lily, insultando qualsiasi essere umano dotato di testosterone nel raggio di cinquanta chilometri da lei. Ah, e Lils non fa alcun riferimento alle scorribande di Al. Credi che abbiano litigato?» chiese alla fine l’uomo, mentre Ginny annuiva con aria solenne.
«Non so cosa sia successo, ma temo sia grave, Harry. Di solito quando litigano per bazzecole, e lo fanno fin troppo spesso, accennano comunque l’uno all’altra nelle lettere, anche fosse solo per “chiedere un test del DNA”. Credi che dovrei fare un salto ad Hogwarts? Ho un articolo da finire per la Gazzetta del Profeta, sull’ultimo torneo di Quidditch disputatosi in Italia, ma potrei…?»
Harry prese le mani della moglie tra le proprie, e la guardò dritta negli occhi, nel tentativo di trasmetterle la convinzione che lui possedeva.
«Ginny, amore, so perfettamente che tu sei ricoperta sempre e solo di buone intenzioni, ma credimi, conosco abbastanza bene i nostri figli dall’assicurarti che qualsiasi intromissione da parte nostra non farà altro che peggiorare la situazione. Risolveranno le cose da soli, sai meglio di me che per quanto si litighi con i fratelli alla fine si riesce sempre a fare pace. E poi scusa-» aggiunse Harry, vedendo che la moglie stava già per ribattere «- ma non credi che se Molly e Arthur fossero dovuti intervenire per ogni disputa tra di voi, probabilmente ora non vi parlereste più? Basta pensare a George e Percy!»
Ginny dovette dar ragione ad Harry, cosa che di solito non le pesava molto, ma che in quel momento significava dover convivere ancora per chissà quanto con l’angoscia della sua preoccupazione materna, e quindi lo fece con molto rammarico.
Harry sorrise e le baciò la guancia, prima di riprendersi il libro che giaceva accanto a sua moglie.
Ginny gli si accoccolò accanto, ma anche se non disse un’altra parola a riguardo di quella faccenda per tutto il resto della serata, Harry poteva sentire il cervello della moglie lavorare freneticamente, e non trattenne un sorriso a fior di labbra, immaginando subito a chi si sarebbe rivolta Ginny l’indomani.
 
 
***
 
 
«…E per questo motivo io vorrei andare da loro, vedere come stanno. Harry dice che farei peggio, e so che forse ha ragione, ma ti giuro, l’idea di non fare nulla mentre probabilmente quei due si staranno demolendo a vicenda mi devasta.»
Hermione versò un altro po’ di the nella tazza della migliore amica, che la ringraziò con lo sguardo.
«Francamente Ginny, per quanto ti capisca come madre, credo che Harry questa volta non abbia tutti i torti. Insomma, Rose e Al come testardaggine sono rivali, e Lils e Hugo sanno essere davvero schivi e a volte anch un po’ esagerati allo stesso modo. Per esperienza personale, ti assicuro che mettersi in mezzo tra tipi così non porta nulla di buono. E poi scusa, cosa vuoi che sia successo di così grave? Né Rosie né Hugo hanno nominato una lite.»
Ginny sbuffò piano, dopo aver bevuto un sorso di the caldo.
«Non credo che ne parlerebbero con te Herm, tanto quanto Lils e Al ne parleranno con me o Harry. Probabilmente entrambi staranno proteggendo Lils o, nel caso di Rose, la dignità di Hogwarts se Al avesse fatto uno dei suoi soliti casini.»
Hermione sorrise annuendo, convinta che le supposizioni della rossa fossero probabilmente corrette.
«Herm, a volte vorrei tornare indietro nel tempo sai? A quando erano piccoli, e capirli era molto più facile. James ora sembra in uno stato maniacale da bipolarismo, e tra lui, io e Harry, stiamo tutti fingendo di non vedere l’enorme elefante che è nella stanza: James ha qualche problema serio che non ci vuole dire. Adesso si aggiungono Lily e Al, guarda non so davvero come mia madre abbia fatto a crescerne sette!» esclamò Ginny melodrammatica, strappando una risata ad Hermione, a cui finì per aggiungersi anche lei.
Entrambe si sentirono tornate ragazze, nascoste nei Dormitori Grifondoro a parlare di Ron ed Harry e dei loro umori maschili perennemente instabili, anche se in quel momento si trovavano nella cucina di Hermione, e l’argomento di conversazione verteva ormai sui loro figli.
«Se può consolarti, credo che Rosie e Lily abbiano fatto pace.» commentò Hermione, e Ginny allargò il sorriso, sospirando di sollievo.
«Menomale, almeno Rose veglierà su Lils.» aggiunse poco dopo Ginny, assaggiando una fetta del dolce al limone che Hermione aveva preparato per fare colazione insieme.
Sia Harry che Ron erano partiti presto quella mattina, a causa di un’ispezione a sorpresa in un sospetto covo di Ghermidori, quindi entrambe avevano ritenuto una buona idea trovarsi quella mattina per aggiornarsi sulle rispettive vite.
«Non so come aiutarti per tornare indietro nel tempo, ma se ti interessa saperlo ieri sono tornata indietro nel tempo io. Al mio quarto anno ad Hogwarts, per essere precisa.» disse Hermione.
Ginny la guardò confusa, e l’amica fece un respiro profondo prima di continuare.
«Sono uscita con Viktor Krum.»
La rossa la guardò con la bocca aperta e gli occhi sgranati, ed Hermione abbassò lo sguardo, come se quella reazione la facesse sentire colpevole di alto tradimento alla famiglia Weasley.
«Ok, ora devi spiegarti.» esclamò Ginny, rapita dal successivo discorso in cui la sua amica le raccontò come si fossero fortuitamente trovati in ascensore, e come lui l’avesse dopo invitata a bere un caffè insieme.
«Ieri è saltata all’ultimo una riunione, e mezz’ora dopo sarei dovuta tornare al Ministero, quindi non aveva senso andare a casa. Ron lavorava, tu eri alla Redazione e gli altri miei amici a lavoro, quindi ho pensato di fare un salto al Paoiolo Magico, dove lui soggiorna, e salutarlo.»
«Mi ha raccontato più o meno quello che è successo da quando era finito il Torneo Tremaghi. Ha detto che supportati dalle azioni di Voldemort in Inghilterra, anche alcuni gruppi estremisti della Magia Nera si erano sentiti in dovere di fare qualcosa, quindi sebbene in minor parte rispetto alla nostra, anche loro hanno dovuto combattere una guerra intestina. Ovviamente dopo la vittoria di Harry le rivolte si sono sedate, e Viktor è riuscito a sposarsi. Non hanno avuto figli, e il matrimonio è durato poco. Considera Emmett, il Campione Tremaghi per Durmstrang nonché figlio di sua sorella, come un figlio acquisito, per questo è venuto in Inghilterra a tifare per lui. Adesso lavora come allenatore della Nazionale Bulgara di Quidditch, il prossimo anno farà il suo esordio ufficiale in tal senso, e non vede l’ora.»
«Wow, sembra che abbiate parlato tanto.» la provocò divertita Ginny, peggiorando il senso di colpa di Hermione.
«Lo so, ed è stato così piacevole, che ho davvero paura di dirlo a Ron. Ovviamente non c’è stato e mai ci sarà nulla, sia chiaro, ma non mi dispiacerebbe mantenere i contatti anche dopo il Torneo. Alla fine Viktor è stato mio amico, prima di essere…beh…quello che è stato.» concluse Hermione, arrossendo un po’.
Ginny le sorrise, prendendole la mano in segno di approvazione.
«Herm, tranquilla, tu, io e tutto il Mondo Magico dotato di intelletto sa che non tradiresti mai Ron. Il problema è che non so quanto intelletto mio fratello abbia in tal senso. E’ sempre stato geloso marcio di Krum e di, diciamolo, qualunque essere vivente ti si avvicinasse, e non so onestamente quanto potrebbe essere razionale. Anche se per me non dovrebbe dire nulla, il tuo ex almeno non ti leccava la faccia come faceva quella lumaca bavosa della Brown!»
Sia Ginny che Hermione scoppiarono a ridere, entrambe con le lacrime agli occhi.
«Sì beh, in effetti. Comunque credi anche tu sia meglio non dirgli nulla? Tanto non faccio nulla di male, no?»
Ginny si limitò a sorridere accondiscendente, perché sapeva bene che Hermione conosceva già la probabile risposta di Ron ad una tale affermazione, in caso un giorno lo fosse venuto a sapere.
 
“Se non facevi nulla di male, perché diavolo non me l’hai detto?!”
 
 
***
 
 
La Professoressa McGranitt prese la parola quella sera, appena finito di cenare.
«Studenti di Hogwarts e gentili ospiti, voglio annunciare con gioia la maturata intenzione del Consiglio Docenti della Scuola, di offrire un Halloween indimenticabile per chiunque deciderà di passare le vacanze qui, insieme a noi. Infatti abbiamo organizzato una vera e propria fiera nel Parco di Hogwarts per il pomeriggio del 31 Ottobre. Annunciamo inoltre ufficialmente che la Prima Prova si terrà il 7 Novembre, una settimana esatta dopo Halloween!»
Al sentire quelle parole, la folla degli studenti eruppe in un applauso grintoso, a cui mancarono di unirsi solamente Albus, Scorpius, Selene e Lily.
Ethan come suo solito invece fece di tutto per apparire al centro dell’attenzione, dando inizio a un comune ruggito che urlava “HOGWARTS! HOGWARTS!”e a cui subito si aggiunsero in opposizione altrettanto decisa gli studenti di Durmstrang, mentre quelli di BeauxBatons si astennero disgustati da quei modi poco educati.
«Silenzio per favore!» richiamò divertita la McGranitt, e in un attimo il pubblico tacque di nuovo.
«Alla fiera di Halloween saranno allestiti vari stand, provenienti dai negozi e dalle botteghe più importanti di Londra e Hogsmeade, solo per voi. Ad esempio ci sarà una bancherella di Mielandia, una dei Tre Manici di Scopa – niente alcool, non illudetevi – e perfino uno dei Tiri Vispi Weasley, anche se ogni oggetto in vendita sarà opportunamente valutato.» redarguì la Preside, comunque felice del chiacchiericcio eccitato che si stava diffondendo tra gli ascoltatori.
«Bene, detto questo auguro a tutti buonanotte, grazie mille per l’attenzione!»
 
 
La Preside di Hogwarts si sedette a capo del lungo tavolo che aveva fatto magicamente apparire nel proprio studio, opportunamente ingrandito per l’occorrenza.
Insieme a lei erano seduti in riunione gli altri due Presidi, l’intero Corpo Docenti di Hogwarts, una ristretta selezione di corrispondenti del Ministero, ed Hagrid, l’anziano guardiacaccia che però era stato preservato nella prestanza fisica grazie al proprio sangue di gigante.
Sebbene non potesse più insegnare, Hagrid aveva continuato nel suo lavoro di Guardiacaccia, e oltre ad un leggero calo della vista, al colorito grigio-bianco della barba e dei capelli, e ad una gamba mezza malandata, la vecchiaia sembrava non averlo scalfito per nulla.
«Bene, direi che siamo tutti concordi sullo svolgimento della Prima Prova di questo Torneo. Hagrid, conto che sul fatto che ti occuperai tu di ogni dettaglio relativo alle creature, d’accordo.»
L’enorme uomo annuì sorridendo, un po’ imbarazzato come al solito dalla presenza di personaggi così illustri e tanto lontani dalla sua quotidianità.
«Non ti preo - volevo dire, non si preoccupi Preside, ci tengo io d’occhio a quegli animaletti. Li ho sempre adorati, lo sa. E nonostante sia passato tempo…»
 
 
«…devo ammettere che Fierobecco continua a mancarmi ogni giorno, sarà bello passare del tempo con altri come lui.»


 


Angolo Autrice:

E anche questo regalo di Natale è fatto! Spero vi faccia piacere, di nuovo un capitolo succoso e divertente come ai vecchi tempi, cosa ne dite? Avete voglia di farmi un regalo e farmi sapere che ne pensate? Spero davvero che vi piaccia, ho adorato dare spazio a tutti i personaggi, e darvi un vero e proprio indizio nel tema del Torneo. Il prossimo capitolo probabilmente sarà la Prima Prova, quindi fatevi sentire <3
Buon Natale a tutti e buone feste gufetti!

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


 


CAPITOLO 12


Il pomeriggio del 31 Ottobre arrivò in un baleno, e con la prospettiva emozionante di passare la giornata camminando per il Parco di Hogwarts, allietati da stand di tutti i colori e voci straniere; non fu difficile immaginare il motivo per cui la gran parte degli studenti di Hogwarts avesse deciso di rimandare una visita ai genitori e soggiornare al Castello anche in quei pochi giorni di festa.
E che festa! Come previsto, l’enorme area verde al di fuori del Castello era stata addobbata di tutto punto: ovunque si potevano vedere stand in legno di vari colori richiamare l’attenzione degli avventori, con striscioni urlanti e profumi di ogni tipo.
Il banchetto di Mielandia incantava chiunque con i profumi invitanti delle squisite pietanze mostrate in bella vista: dolci fumanti, biscotti che scoppiavano al tocco, e gelati canterini. Si sparse anche la voce che uno Zucchero Filato Zannuto era stato visto mangiare sé stesso. Poco lontano si sentivano scoppi ogni qualche minuto, ruggiti spaventosi e risate isteriche: George Weasley, aiutato per l’occasione da suo figlio Fred, era riuscito a ammaliare gli studenti di tutte le Scuole con i prodotti Tiri Vispi Weasley.
In effetti, addirittura i professori scoppiarono a ridere di cuore quando quella che all’apparenza era sembrata una semplice boccetta di profumo iniziò a starnutire furiosamente, colorando la barba di Karkaroff di un rosa shocking e facendola profumare di chewing gum.
Qualcuno giurò perfino di aver visto i seri studenti di Durmstrang lasciarsi andare ad un sorriso e a qualche sporadica risata, alla vista del proprio Preside con quel look alquanto inusuale.
C’era chi si godeva il tiepido sole d’ottobre scaldandosi con un po’ di Burrobirra allo stand dei Tre Manici di Scopa, seduto sulle panchine di legno sistemate in cerchio. Fra questi erano inclusi anche Hugo e Isabella che, con piacere della piccola Potter, stavano cominciando ad avviarsi verso una conoscenza più confidenziale del semplice rapporto tra colleghi di giornale.
Altri ragazzi invece, come la maggior parte degli studenti di BeauxBatons, preferivano provarsi nuovi abiti creati esclusivamente per l’occasione dalla bottega di Madama McClan.
Lily e Rose passarono accanto ad Antoine, che si stava rimirando in uno specchio magico mentre si provava una veste da mago azzurro cielo, e finsero entrambe di dare di stomaco.
Lily aveva appena finito di raccontare a Rose come la McGranitt avesse misteriosamente cambiato idea, chiedendole di posticipare il prossimo articolo della Gazzetta fino a quando non glielo avrebbe detto lei.
«Beh, devo dire che comunque la McGranitt potrà essere contenta, la fiera sembra essere un successo!» esclamò Rose, osservando interessata lo stand del Ghirigoro, dove per l’occasione erano state adibite aree di lettura di libri di magia stranieri e fino ad allora difficili da reperire nei comuni negozi.
«Sì dai, credo proprio che zio George non avrà da lamentarsi. L’unico scontento forse sarà Anthony Goyle: ho visto Fred mettere di nascosto un po’ di Peperoncino Fiato di Drago nella sua Burrobirra poco fa.»
Entrambe le cugine si lasciarono andare ad una risata divertita, e quando finirono Rose riprese di nuovo la parola, questa volta con voce più seria.
«Io invece ho visto Al fare molta fatica per convincere Sophie a fare un giro. Credo…credo avesse paura di incontrarti.»
Nonostante il silenzio glaciale della rossa, Rose continuò a parlare, con cautela.
«Lils, so che ti ha ferita, e non ne parlerò più se mi dirai di non farlo. Però sono tua cugina, ti voglio bene e odio vederti soffrire. Merlino, è stato tutto un grosso shock, ok, ma alla fine non…non credo facciano nulla di male, Al e Sophie. Non pensi sia ora di fare pace?»
Lily si fermò, e cercò di dare ordine ai propri pensieri. In fondo sapeva che la cugina avesse ragione, ma ogni volta che rifletteva sulla possibilità di andare a parlare con Sophie, le parole crudeli che Al le aveva rivolto le tornavano in mente.
«Quando scendi dal piedistallo che ti sei costruita potresti perfino provare a perdonarci, o almeno a comprenderci. Forse se non te l’abbiamo mai detto è perché sapevamo che avresti reagito così: come la bambina viziata che sei.»
Il dolore di venire ignorata dal fratello maggiore con cui aveva sempre battibeccato, certo, ma che in fondo era sempre stato sempre il primo a vegliare su di lei, le scavò il cuore e per un attimo si sentì mancare il respiro.
E Sophie. Sophie che aveva promesso di dirle tutto, sempre. Sophie che le aveva implicitamente chiesto di fidarsi di lei, di confessare i sentimenti per Scorpius che Lily stessa faceva ancora fatica ad ammettere.
Si voltò verso Rose ed era sul punto di risponderle, quando si sentì catturata da due braccia possenti.
Emmett le aveva poggiato le mani sulle spalle, dall’alto del suo metro e ottanta, e la guardava sorridendo. Accanto a lui c’era un ragazzo della stessa altezza, ma dai capelli più lunghi e scuri come la notte. Gli occhi nero pece sarebbero potuti sembrare intimidatori, nascosti com’erano da delle folte sopracciglia e poggiati su un viso a tratti spigoloso, ma come quelli di Emmett si rivelarono in qualche modo dolci e sinceri.
«Lily! Finalmente ti ho trovata, avrei bisogno di…come si dice? Un’interprete! Questi banchetti sono pieni di cose interessanti, ma purtroppo il mio inglese non è abbastanza…bravo?» tentò Emmett, sorridendo imbarazzato.
«Sviluppato Emmett, si dice sviluppato.» lo corresse l’altro ragazzo, fingendo di roteare gli occhi per la noia.
Lily e Rose accennarono un sorriso, e Lily aggiunse: «Non credo ti serva un’interprete, mi sembra che il tuo amico sia molto preparato.»
Emmett sospirò teatralmente.
«Dimitri è il migliore della nostra Scuola, questo non posso negarlo. Purtroppo però non è abbastanza paziente per aiutarmi: siamo qui da mezz’ora e già vuole abbandonarmi per visitare il negozio di libri antichi!»
«Mi dispiace, ma sono anni che sto cercando la copia originale delle Storie di Agraff il Baldo, e non so quante opportunità avrò di tornare in Inghilterra nel prossimo futuro.»
Rose aprì la bocca in una ‘O’ perfetta, e Lily si divertì ad immaginare suo zio Ron mettersi a correre, dovunque fosse in quel momento, per impedire che un ragazzo alto, intelligente e possente potesse far rimanere sua figlia senza parole. E Rose Weasley non rimaneva mai senza parole.
«Ti piace Agraff il Baldo? Io ho adorato la Trilogia di Racconti di Madame Messaluna, e dal momento in cui l’ho finito mi sono ripromessa di leggere le Storie del Baldo per sapere di più su…»
«…i tribunali dell’Inquisizione spagnola?» completò Dimitri, altrettanto colpito dalla preparazione di Rose.
E lì accadde qualcosa che Lily pensò avrebbe dovuto essere senz’altro annotato nei nuovi volumi di Storia della Magia: Rose Weasley arrossì e invitò Dimitri a dirigersi allo stand del Ghirigoro insieme.
Una volta che si furono allontanati, continuando a discutere animatamente di nomi altisonanti e avvenimenti passati, Lily ed Emmett rimasero soli, entrambi divertiti dai rispettivi amici.
«Devo dirlo, non credevo avrei mai visto Dimitri così interessato a qualcosa che non avesse delle parole stampate sopra.» commentò il bulgaro, e Lily confermò la stessa opinione nei confronti della cugina.
«Ah, Lily…»
Emmett prese le mani di Lily nelle sue, e lei ammutolì, preoccupata dall’aria seria dell’altro.
«Io…io volevo chiederti scusa. L’altra volta, quando sei scappata piangendo… Io non ti ho seguita, non ho fatto niente. Sono stato, come si dice? Inutile. Se è stato qualcosa che ho fatto a farti arrabbiare, io non…»
Lily lo interruppe, sorridendo incoraggiante.
«Non preoccuparti, sul serio. Non è stata colpa tua, è…complicato.»
«Però in questi giorni sei sempre triste, e anche se volevo avvicinarti per parlare avevo paura di darti fastidio.»
Lily giocò con la lunga treccia in cui aveva sistemato gli indomabili capelli rossi quel giorno.
«E’ un periodo difficile, non lo nascondo. Però ti posso assicurare che tu non c’entri nulla, non devi aver paura di rivolgermi la parola, tranquillo.»
Emmett annuì sorridendo, evidentemente rinfrancato dalle rassicurazioni della rossa.
«In questo caso, se non avessi altri programmi, ti andrebbe di fare un giro con me per gli stand?»
Lily si domandò se fosse saggio, temendo di dare inavvertitamente false speranze al ragazzo.
Alla fine, però, convenne tra sé e sé che una semplice passeggiata non avrebbe ferito nessuno, e iniziò a chiacchierare con l’altro in tranquillità, spiegandogli le varie attrazioni a mano a mano che si paravano di fronte a loro.
 
 
***
 
 
Scorpius Malfoy sentì la mascella irrigidirsi e non riuscì a staccare gli occhi dalle mani di Emmett, appoggiate sulle spalle di Lily. Seguì da lontano la breve conversazione, e quasi volle urlare di frustrazione quando Rose e l’altro di Durmstrang se ne furono andati, lasciando Lily in balia di quell’energumeno.
«Scorpius, amico fidato, se digrignerai ancora di più i denti temo che finiranno per spezzarsi. Per quanto tu sia un bel ragazzo, anche se ovviamente meno affascinante del sottoscritto, temo che una dentiera a diciassette anni potrebbe minare la tua reputazione.»
Ethan sorseggiò la sua Burrobirra calda, seduto sull’erba del Parco con la schiena appoggiata al tronco di una quercia, mentre con una mano giocava distrattamente coi capelli di Selene, seduta di fronte a lui.
La ragazza, d’altra parte, fissò preoccupata il biondo Serpeverde.
«Scorp, io credo che dovresti parlarle. Sì, insomma, spiegarle quello che è successo sulla Torre di Astronomia, e magari…» iniziò Selene, prima di venire interrotta proprio dal giovane Malfoy.
Scorpius prese la sua borsa, contenente i pochi acquisti fatti nel pomeriggio e fece per alzarsi.
«Senza offesa Sele, ma credo che l’ora delle chiacchiere sia finita. Lily è convinta che io sia un pervertito ninfomane che non fa altro che aggredire ragazzi al fine di aggiudicarsi qualche scappatella. Come darle torto? Fossi nei suoi panni, lo penserei anche io probabilmente.»
«Ma tu non lo sei!» esclamò la ragazza contrariata.
Scorpius si voltò un attimo verso i due amici, sfoggiando un sorriso amaro e alzando le spalle.
«Sinceramente, ormai non ha più importanza. Neanche un miracolo potrebbe salvarmi a questo punto. Vado in Sala Comune, credo di aver visto abbastanza per oggi.»
«Se fossi in te aspetterei, sembra che il miracolo a cui hai appena accennato si stia dirigendo a passo di marcia verso di noi.»
Selene e Scorpius seguirono lo sguardo di Ethan, che si stava alzando, e rimasero entrambi interdetti.
Albus Severus Potter era diretto verso di loro.
 
Anzi, verso Scorpius.
 
 
***
 
 
Qualche minuto prima…
 
 
Albus Potter era appoggiato al bancone dello stand Tiri Vispi Weasley, e nonostante la felicità irradiata da ogni persona nel raggio di quindici metri dalle attrazioni che lo zio stava abilmente proponendo; l’umore del Grifondoro avrebbe potuto far invidia al Barone Sanguinario.
«Merlino Al, se non smetti di fare il depresso ci rovini l’atmosfera!» si lamentò Fred, lanciandogli addosso dei coriandoli commestibili.
Albus ne masticò svogliatamente uno arancione, sentendosi il palato invadere dal sapore di mango.
Sophie era tornata di corsa nei Dormitori Corvonero dopo aver visto Lily e Rose dirigersi verso di loro, e Albus aveva finito per vagare da solo, sconsolato.
Erik Lee stava attaccando bottone con un paio di francesine, e gli altri suoi amici Grifondoro avevano dato inizio ad una sfida di rutti con dei ragazzi di Durmstrang, sotto lo sguardo disgustato di alcuni allievi di BeauxBatons.
Per un po’ aveva considerato l’idea di raggiungere la Sala Comune e decretare chiusa la giornata, quando si era sentito chiamare dallo zio e dal cugino.
«Allora, vuoi dirmi perché hai quella faccia? O mi dai il permesso di bagnarti con del BagnoSchiuma Risate Infinite?» lo punzecchiò George Weasley, approfittando della calma momentanea allo stand per fare due chiacchiere col nipote.
«Non te la prendere zio, ma non sono in vena di chiacchierare dei miei problemi.» rispose secco Albus, accennando però un sorriso di ringraziamento quando l’uomo gli offrì un pezzo di Barretta di Cioccolato Mille Forme.
Appena toccata la mano di Albus, l’alimento assunse la forma di una pozzanghera, sciogliendosi completamente.
George risucchiò con la bacchetta quella che ormai era una bevanda, e la versò in un calice affinché il piccolo Potter la potesse bere.
«Ahia, devono essere problemi seri. Non l’ho mai vista sciogliersi completamente. L’unica volta in cui si era trasformata in una piccola goccia fu quando l’assaggiò Lily, dopo aver scoperto che i tuoi genitori non le avrebbero mai consentito di far vivere un unicorno in camera sua. Non ho mai visto una bambina di sei anni più sconvolta.»
Albus si unì per qualche secondo alla risata dello zio, ma al pensiero di Lily si sentì ancora peggio di prima.
«Sai, tua madre non mi perdonerebbe mai se non accennassi a tua sorella, e ti chiedessi cosa non va. Però dubito che me lo diresti, così come dubito che vorresti fare da modello umano per la mia ultima invenzione: il costume da bagno invisibile.»
Albus inarcò un sopracciglio e George si avvicinò un po’ di più al ragazzo.
«Che rimanga un segreto, ma intendo lanciarlo quest’estate. Sarà un costume normalissimo, ma una volta toccata l’acqua del mare, diventerà immediatamente trasparente.»
Per la prima volta in quella giornata, Albus scoppiò a ridere di cuore, guadagnandosi persino un “Così si fa, bravo papà!” da Fred, intento in quel momento a servire alcune studentesse di BeauxBatons.
«E’ un’idea geniale! Non vedo l’ora di regalarne uno ad Erik per il suo compleanno a luglio.»
George annuì soddisfatto, per poi continuare:
«A proposito di feste, fra poco ci sarà il matrimonio di Vic e Teddy. Ho anche saputo che Vic ha invitato la famiglia Malfoy al completo. Come vanno i rapporti col piccolo Granchio o Scorpione, o come diavolo si chiama?»
Albus socchiuse gli occhi per un secondo, infastidito dal ricordo delle sue mani appoggiate sulle spalle di Lily.
«Non granché. Francamente, non credo di aver mai detestato qualcuno così tanto. Rimpiango che James abbia già finito Hogwarts, avrei un paio di idee carine con cui far cominciare le vacanze a quella Serpe figlia di Morg-»
«Per quanto io ammiri il tuo ingegno, temo di doverti ricordare che, amico o nemico, sarete nella stessa squadra per il Torneo. Tra una settimana. E vi esibirete di fronte a centinaia di persone.»
George notò come il nipote fosse sbiancato all’improvviso, e sospirò teatralmente, atteggiandosi a vecchio saggio.
«Senti, sarei un’ipocrita a dirti che dare fastidio alle Serpi non sia l’hobby più divertente che Hogwarts abbia da offrire – e semmai lo dirai a Ginny ti ritroverai ad essere sospettoso di ogni tuo regalo da parte mia fino alla fine dei tuoi giorni. Però accetta un consiglio: qualsiasi cosa sia successa tra te e Malfoy, fai una tregua e vedi di lavorarci insieme nel migliore dei modi. Hogwarts ti ha scelto come Campione, non farla pentire.»
Albus ascoltò attentamente le parole dello zio e alla fine si ritrovò ad annuire, suo malgrado.
Salutò con un abbraccio l’uomo, e con un segno veloce Fred, troppo impegnato però a flirtare con una ragazza di BeauxBatons dai lunghi capelli biondi.
E con un groppo in gola e l’orgoglio sotto le scarpe, Albus Severus Potter si diresse a passo di marcia verso l’angolo in cui aveva intravisto Scorpius, Selene ed Ethan.
 
 
«Senti, non sono qui per cominciare una zuffa o simili. Non sei un mio amico, e visti i recenti avvenimenti dubito che lo diventeremo mai. Però, che ci piaccia o no, fra una settimana dovremmo affrontare prove rischiose di fronte a tre Scuole, e non ho di certo voglia di finire in Infermeria solo perché non ho fatto squadra con te.»
Albus sembrò esalare ogni parola come se gli fosse costato tutto l’ossigeno del Parco, e quando finì si limitò ad osservare con uno sguardo il più neutro possibile il suo interlocutore.
Scorpius soppesò le parole del Grifondoro, istantaneamente domandandosi se fare pace con l’altro avrebbe migliorato o peggiorato le sue sorti con Lily. Certo, da una parte avrebbe potuto essere la mossa che Lily aspettava per chiarire a sua volta col fratello, e magari finire anche per, chissà, ringraziare Scorpius. D’altra parte, la Grifondoro avrebbe potuto anche interpretarlo come un’alleanza con il fratello che l’aveva umiliata e offesa.
Stava giusto per parlare quando, come al solito, Ethan volle esprimere il suo modesto parere.
«Albus, caro amico, devo dire che ammiro la tua saggezza. Forse ti avevo sottovalutato, di solito voi Grifofessi siete sempre delle teste calde incapaci di qualsivoglia riflessione critica. Oggi però, sei stato più che mai capace dell’arguzia che ogni buon Serpeverde tiene da conto. Oltretutto, senza Scorpius finiresti di sicuro per farti del male, quindi mi sembra più che -»
«Certe cose non cambiano mai Flint, i tuoi monologhi sono rimasti noiosi ed infiniti come al solito, vero?»
Il gruppo intero si voltò verso la fonte di quelle parole, e sarebbe stato difficile dire chi tra i quattro si dimostrò più sorpreso.
James Sirius Potter stava risalendo la piccola collina dove si trovavano, un ghigno divertito pressoché identico a quello che aveva sfoderato per sei anni di fronte a Scorpius ed Ethan.
Fu in effetti il biondo Serpeverde a notare i vestiti dell’altro, chiedendosi come mai James indossasse un maglioncino con lo stemma di Grifondoro sopra una camicia incredibilmente simile a quella data in dotazione con la divisa di Hogwarts.
«Guarda guarda Potter, hanno scoperto che i tuoi brillanti voti siano in realtà frutto di un fraintendimento e ti hanno rispedito qui? A giudicare dalla divisa, direi al primo anno, sbaglio?» domandò divertito Ethan, ma quando Selene intrecciò silenziosamente le sue dita con quelle di Ethan, il ragazzo non fece altri commenti.
«Se dovessi tornare qui, sarebbe solo per insegnarti un po’ di cose Flint. Non posso condividere con voi i dettagli della mia presenza qui, missione top-secret. Comunque sia, vi ho visti parlottare in segreto, e volevo solo assicurarmi che non steste facilitando il compito degli altri Campioni, affatturandovi a vicenda.»
Albus negò col capo, accettando l’amichevole strigliata di capelli del fratello maggiore, e Scorpius prese la parola.
«Affatto. In effetti, abbiamo appena concordato su una cosa: Hogwarts vincerà sicuramente questo Torneo Tremaghi, vero Albus?» domandò Scorpius, sorridendo appena e godendosi lo smarrimento dell’altro quando usò il nome di battesimo.
Dopo neanche pochi secondi però, Albus allungò la mano per farla stringere a Scorpius, dicendo:
«Senza dubbio, Scorpius.», il sorriso sbruffone che gli incorniciava il viso.
«Fantastico! Credo sia un avvenimento da festeggiare, Burrobirra per tutti, offro io!» esclamò James, e gli altri assentirono divertiti.
Dirigendosi verso gli stand, i Serpeverde scoprirono che fosse incredibilmente facile fare domande a James sulla vita da Auror, e che l’ex Grifondoro si sentisse così al centro dell’attenzione dal rispondere senza la solita arroganza.
Tale era il clima di tranquillità che discorreva nel gruppo di ex nemici giurati, che non fu affatto sconvolgente quando, pochi metri più in là, si ritrovarono un paio di occhi nocciola sgranati di fronte, completamente presi alla sprovvista.
Di fatto, era comprensibile che Lily non avesse mai pensato possibile un mondo in cui James e Albus Potter potessero parlare con Ethan Flint e Scorpius Malfoy senza infrapporvi maledizioni e fatture.
E Scorpius sentì il cuore perdere un battito, incapace di prevedere che cosa sarebbe potuto succedere.
 
 
***
 
 
 «Lils! Che bella sorpresa! Vieni, unisciti a noi!»
James le fu accanto in un secondo e la stritolò in un abbraccio da orso.
D’altra parte, Lily si ritrovò completamente senza parole. In effetti, non avrebbe saputo dire chi tra Albus e Scorpius la rendesse più nervosa.
«Io…ah…zio George mi ha detto che eri alla fiera, e di venirti a cercare qui per…per salutarti.» disse Lily a mezza voce, imbarazzata come mai era stata in vita sua.
Non sapeva dove puntare lo sguardo, l’idea di guardare Albus o Scorpius la faceva soffocare, e sapeva che James non avrebbe lasciato correre il suo disagio senza chiederle il motivo, se gliene avesse dato la possibilità.
Si limitò tuttavia a sbirciare per pochi secondi i due ragazzi: il Serpeverde stava focalizzando l’attenzione su James, quasi chiedendosi come avrebbe gestito la situazione; mentre Al si limitava a fissare con insistenza un punto alle spalle di Lily.
Come se fosse diventata invisibile.
Come se ormai fosse invisibile per lui.
Lily sentì le lacrime salire agli occhi e cercò di liberarsi dall’abbraccio del fratello maggiore, ma non ci riuscì.
Quando alzò lo sguardo, si trovò inchiodata dagli occhi nocciola dell’altro, così simili eppure così diversi dai suoi.
Quelli di James l’avevano seguita per tutta la sua vita, a volte divertiti e a volte arrabbiati. Ora però sembravano essere improvvisamente diventati adulti, e Lily sentì stringersi il cuore nel notare delle leggere occhiaie, appena visibili, sotto gli occhi stanchi del fratello. Qualcosa non andava in James, qualcosa era cambiato.
Quello che però la colpì più violentemente di tutto fu che quegli occhi stanchi, in quel momento, fossero pieni di una sola cosa, per la prima volta indirizzata a lei: delusione.
«Al, mamma e papà mi avevano detto che sospettavano di una lite fra di voi, di qualcosa di serio. Io non ci credevo, perché pensavo di essere stato abbastanza chiaro a settembre, quando ti ho chiesto di tenere d’occhio Lils, come ho sempre fatto io.»
Il tono allegro di prima era diventato improvvisamente tagliente come il vetro, e Albus si ritrovò completamente impietrito, vinto dalla vergogna.
Scorpius, Selene ed Ethan si sentirono a disagio, ma erano ormai intrappolati dalla voce cupa di James, che aveva lasciato tutti incapaci di fare qualsiasi cosa che non fosse ascoltare.
«E Lils. Sei sempre stata fiera di essere quella più matura tra di noi, nonostante l’età. E in un certo qual modo ne sono sempre stato orgoglioso anche io. Perciò non posso credere di vederti tentare di scappare via in lacrime da Al, senza provare a risolvere le cose. Scappare via da me, senza darmi la possibilità di aiutarti.»
L’ultima frase era intrisa di dolore, ma per la prima volta Lily non sentì il bisogno di piangere. Sapeva che James aveva ragione, che si era comportata da bambina.
Da bambina viziata.
«Sentite, non ho tempo da perdere e credo che la mia pausa stia per finire. Immagino che la lite riguardi Sophie, no?»
Albus e Lily lo guardarono stupiti, e Scorpius si ritrovò a pensare quanto spesso le persone diano per scontato che chi ti ama davvero, sa leggere oltre ogni gesto.
«Tu come…?» domandò Albus, prima che James lo interrompesse, un sorriso strafottente in volto.
«Credi che per entrare all’Accademia per Auror basti recitare qualche incantesimo a memoria? E poi, non è stato difficile: quest’estate non hai fatto altro che guardarle il fondoschiena ogni volta che passava per casa nostra.»
Scorpius si ritrovò a sorridere sornione, constatando come sia Al che Lily fossero arrossiti violentemente.
«Tu non avevi il diritto di dirlo!»
«Hai guardato il culo alla mia migliore amica?!»
Lily e Al ricominciarono a battibeccare come al solito, come se quelle settimane di gelo fossero state solo un brutto incubo, e James fece l’occhiolino ai Serpeverde, prima di avviarsi verso gli stand.
«Ah, Jamie!»
Lily si avvicinò al fratello, bisbigliando qualcosa che nessuno degli altri presenti poté sentire.
Scorpius vide il volto di James rabbuiarsi di nuovo, e sorridere tristemente, accarezzando i capelli alla sorellina, prima di dirigersi di nuovo verso gli stand.
«Non posso credere che tu abbia fatto questo a Sophie. Per tutta l’estate. Sei un pervertito, ecco cosa sei!» esclamò Lily piccata, mentre sul volto del Grifondoro si apriva un ghigno malizioso.
«Questo pervertito però è riuscito a conquistare il cuore di Sophie, Lils
«Oh, solo perché lei è troppo buona per te. E se proverai a ferirla in qualunque modo, Albus Severus Potter, giuro che ti farò rimpiangere di essere nato!»
«Credo sia meglio lasciarli soli.» sussurrò Selene, e Scorpius annuì, seguendo i migliori amici verso l’area della fiera.
Lily aveva fatto pace con Albus, e lui si ritrovava con un compagno di squadra che quantomeno non lo avrebbe buttato in pasto a qualche bestia famelica alla prima occasione.
«Beh, direi che hai fatto un sacco di progressi negli ultimi minuti, Scorp.» commentò Ethan spensierato.
Scorpius gli sorrise annuendo, cercando di non dare a vedere come l’unico progresso che davvero gli interessasse fosse ancora un sogno lontano: Lily.
 
Che il suo velato dispiacere non fosse sfuggito a Selene, questo lui non lo sospettò mai.
Così come non sospettò che i cambiamenti che lo attendevano dietro l’angolo, fossero merito della Serpeverde che lo stava guardando di sottecchi, preoccupata.
 
 
***
 
 
«Roxy, questi qui dove vuoi che li metta?»
«Ah, appoggiali pure lì, dentro la tenda.»
Dominique scaricò i pesanti scatoloni pieni di dolci già pronti dove le era stato indicato, e soffiò via i capelli dal viso sudato.
«Sai, quando mi hai chiesto di aiutarti per lo stand di Mielandia, stamattina, credevo intendessi farmi bella e vendere qualche dolcetto succulento, non sudare come uno scaricatore di porto senza nemmeno venire pagata.»
Roxanne le fece la linguaccia da dietro il bancone, dove stava sistemando in vetrina gli ultimi manicaretti che aveva portato da casa.
«Fidati, mi farò perdonare quando sarà finita la fiera. So che è stato tutto all’ultimo minuto, ma uno dei pasticceri di Mielandia si è ammalato e il mio istruttore ha proposto me come sostituta. Me, capisci?»
Dominique addentò una tortina al limone e cioccolato bianco, sotto lo sguardo infastidito di Roxanne.
«Ovvio che abbia proposto te Roxy, sei la migliore del corso. I tuoi dolci sono sempre la fine del mondo.»
Roxanne servì un paio di studentesse di Hogwarts, pulendosi le mani sul grembiule.
Indossava un comodo vestito blu notte, sopra il quale aveva messo il grembiule bianco con fiori colorati che le aveva fatto a mano Nonna Molly per il suo quindicesimo compleanno.
«Quindi? Che faccio adesso?» domandò Dominique, appoggiandosi annoiata al bancone.
«Ci sono le tortine da glassare nella tenda qui dietro se vuoi, ma se continui così finirai per farmi davvero un’ottima pubblicità.» disse maliziosamente Roxanne, e Dominique roteò gli occhi.
In effetti, quasi tutti gli sguardi maschili che passavano di lì non si premuravano di nascondere il palese interesse che la bionda attraeva.
Dominique indossava dei jeans a vita alta sopra una t-shirt nera con lo stemma di Hogwarts che si era annodata un po’ sopra l’ombelico, a causa del caldo, e delle semplici scarpe da ginnastica.
I capelli raccolti in una coda alta, e come al solito completamente struccata, si scoprì essere una delle attrazioni principali dello stand.
«Merlino, alcuni di questi ragazzi avevano tredici anni quando sono uscita da Hogwarts. E’ imbarazzante.» commentò disgustata, mentre Roxanne se la rideva allegramente.
«Come se non sapessi di fare questo effetto su tutti gli uomini, Dom. E poi andiamo, sono solo poche ore, poi potrai tornare dal tuo perfetto fidanzato francese!»
Dominique cercò di sorridere quando la cugina disse quelle parole, ma sentì lo stomaco stringersi dolorosamente.
«A proposito di ragazzi, Roxy. Hai…hai più controllato…?» chiese sottovoce Dominique, osservando la reazione della cugina.
Il sorriso di Roxanne sembrò vacillare, e quando le rispose lo fece senza guardarla negli occhi, fissando insistentemente un muffin ai lamponi che stava guarnendo con delle scaglie di cioccolato.
«L’ho fatto.»
Dominique sentì il cuore iniziare a battere velocemente, ma cercò di non sollecitare troppo la cugina.
«E…e cosa hai scoperto?»
Roxanne respirò profondamente, ma proprio quando stava per rispondere si sentì strattonare.
«Mi era parso di aver visto giusto! Sapevo che queste due bellezze non potevano che essere la mia adorata figlia e la mia piccola nipotina!»
George Weasley si era intrufolato dietro il bancone, passando dal retro della tenda posta come area rifornimenti, e abbracciò entrambe le ragazze con calore.
«Ciao Dom, da quanto tempo. Mi spiace aver mancato l’ultima cena a casa di Harry, ma Angelina ed io eravamo invitati dai genitori di Angelina. Come va il lavoro?» domandò l’uomo, ridendo delle storie assurde che Dominique gli raccontò, tra stilisti con crisi esistenziali che non si ricordavano nemmeno più i nomi dei colori, ad ospiti della sfilata per Natale che odiavano il rosso.
«Come si fa un Natale senza il rosso, dico io?» domandò esasperata.
George e Roxanne erano sul punto di intervenire, ma inaspettatamente la risposta arrivò da una voce familiare dietro il bancone.
«Si riempie tutto d’oro, no?»
James era lì, in piedi, sorridente e spensierato come se nulla al mondo potesse andare storto.
Eppure, Dominique non poté fare a meno di notare le nocche chiuse della mano, e la freddezza dei suoi occhi nocciola.
«Chi l’avrebbe mai detto? Questa fiera si sta trasformando in una riunione di famiglia!» esclamò divertito George.
Roxanne sentì la cugina irrigidirsi, ma fece finta di niente e cercò di attirare l’attenzione di James su di sé.
«Jamie! Come mai anche tu da queste parti? Ti sei ricordato di qualche scherzo lasciato incompiuto?»
James negò con la mano, ammettendo però che gli sarebbe piaciuto molto rivivere i vecchi tempi, dato che anche Fred era lì, se non fosse stato in servizio.
«Ho appena incontrato Lils, e mi ha detto che vi avrei trovati qui. Tutti qui.» disse James, e Dominique capì dall’inflessione delle sue parole che in realtà le stava dicendo solo per lei.
Sono qui per te, Dom-Dom. Ora rifiutami un’altra volta, come sai fare solo tu.
«Signor Potter, la stavo proprio cercando!»
Il gruppo si voltò per vedere Minerva McGranitt dirigersi verso di loro.
«Qualunque cosa sia successa professoressa, questa volta non è colpa mia!» disse teatralmente James, facendo ridere George e Roxanne e rubando a Dominique un sorriso malinconico.
«Le credo, signor Potter. Infatti, e non avrei mai pensato di dirlo, ma ho bisogno di parlarle in quanto addetto alla Sicurezza. In privato.» spiegò tranquillamente la donna.
Dopo aver salutato lo zio e la cugina, James si voltò verso Dominique.
Nell’istante stesso in cui il loro sguardo si incontrò, entrambi persero il sorriso di facciata, e come trasportati da un incantesimo si ritrovarono a rivivere qualche momento della notte d’aprile che sembrava appartenere ormai ad un passato lontano.
Prima di voltarsi per seguire la McGranitt, James si limitò a sorridere amaramente, sussurrando poche parole.
 
«Ho sempre amato quella mia maglietta, ma devo ammetterlo: sta meglio a te.»
 
 
***
 
 
Ethan Flint camminava fianco a fianco con Scorpius Malfoy, osservando l’amico taciturno, perso nei suoi pensieri.
Selene li aveva lasciati per vedere un paio di amiche Corvonero, ed Ethan aveva deciso che fosse ormai ora di rompere quel silenzio.
«Allora, cosa intendi fare con il nostro piccolo giglio?» domandò sibillino, godendosi come l’altro fosse trasalito, colto impreparato da una domanda così diretta.
Alla fine Scorpius scrollò le spalle, osservando i gruppi di ragazzini più piccoli che ridevano della fiera, senza un solo pensiero al mondo.
«Non credo ci sia molto da fare a questo punto.»
Ethan sbuffò drammaticamente, e Scorpius sollevò un sopracciglio, curioso.
«In realtà, io credo tu abbia un sacco di opzioni. Ora ha fatto pace col fratello, e se ti fossi dimenticato gli avvenimenti di un quarto d’ora fa, anche il fratello sembra non desiderare la tua morte. O almeno, non più del solito.»
«E quindi?» lo sollecitò Scorpius, infastidito dallo sguardo pedante che il migliore amico gli stava rivolgendo.
«E quindi…» continuò Ethan, quasi stesse cercando di spiegargli come contare fino a dieci «… la carissima Lily ha appena assistito ad una scena in cui non solo stavi parlando civilmente con Albus Potter, ma addirittura scherzando con James Potter! Non credi che questo faciliti di gran lunga la tua candidatura per le sue-» Scorpius gli riservò uno sguardo omicida, ed Ethan concluse dicendo: «- per le sue grazie?».
Nonostante l’eccessivo colore che come al solito il moro Serpeverde metteva in ogni suo discorso, Scorpius si ritrovò a condividere la sua opinione.
Quei pochi minuti passati a chiacchierare con i fratelli Potter, sebbene egli continuasse a trovarli troppo arroganti e incredibilmente immaturi, lo avevano avvicinato all’idea che una possibile convivenza non fosse solo un’utopia, quanto una remota possibilità.
«C’è solo un problema, Eth. Lei pensa che io sia un pervertito, ricordi? Da quando è iniziata la scuola, per quanto lei sappia, ho fatto due volte a botte con due miei presunti rivali in amore, per due ragazze diverse.» sospirò Scorpius, quasi aspettando che l’amico avesse in mente uno dei suoi piani folli per rimetterlo in carreggiata.
Ethan rimase in silenzio, meditando sulle parole del biondo.
E nessuno dei due continuò il discorso, perché proprio in quel momento un boato incredibile sovrastò ogni altro rumore, quasi qualcuno avesse sparato con cento cannoni insieme.
Un silenzio attanagliò il Parco, fino a quando un ragazzo del secondo anno di Tassorosso iniziò ad urlare: «Lo Stadio! LO STADIO!»
Ethan e Scorpius si voltarono verso lo Stadio di Quidditch, e il sangue gli si gelò nelle vene.
 
Lo stadio di Quidditch stava andando a fuoco, completamente divorato da delle gigantesche fiamme.
Fiamme viola.



Angolo Autrice:

Bene, per la serie chi non muore si rivede, ecco a voi il primo capitolo di questa fan fiction, dopo poco più di un anno. CE L'HO FATTA. Non so se sarà rimasto qualcuno a leggere le avventure di Lils, Scorp & Co., ma se lo fosse, non esitate a farvi sentire! Credo che questo capitolo sia ricco di avvenimenti, ho amato dare a James un lato più adulto e da fratello maggiore, tanto per ricordare che per quanto sbruffone e irriverente, è anche un ragazzo intelligente e, come la situazione con Dominique sta dimostrando, molto sensibile. Fiamme viola? What? Vi ho incuriositi? Spero di sentire la vostra opinione, e ringrazio chiunque, sia i vecchi che i nuovi lettori, del supporto <3
Ci rivediamo presto, non proeccupatevi, sicuramente molto prima di un anno ;)  (=spero di riuscire a caricare minimo una volta al mese, voglio assolutamente finire questa Fan Fiction <3)
Un bacione!

SilverKiria

Ps: Vi piace il nuovo banner? IO LO AMO. Devo dire che almeno in questo lasso di tempo in cui non ho caricato, le mie capacità grafiche sono migliorate. Cosa ne pensate? :3



 
 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Attenzione, piccola informazione di servizio!
Questo capitolo sarà ricco di sorprese non soltanto in termini di contenuti, ma anche di format. E un bel regalo è vi aspetta anche alla fine del capitolo!
Sperando siano di vostro gradimento, vi auguro buona lettura! <3
 

 
CAPITOLO 13

 


 
Il cimitero era come al solito dominato da un surreale silenzio, rotto soltanto dai cinguettii dei pochi volatili che non si fossero ancora dichiarati sconfitti di fronte alla morsa sempre più tagliente del freddo dell’autunno inoltrato.
Harry guardò assorto il paesaggio che lo circondava, sospirando pensieroso.
L’ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte.
«Hey.»
Hermione gli si accostò, stringendogli la mano coperta dai guanti leggeri, e rispondendo al sorriso che l’altro le aveva rivolto.
«Grazie per essere venuta.»
Harry lo sussurrò delicatamente, e l’altra gli strinse un po’ più forte la mano, accarezzandogli il dorso con il pollice.
«Sai che non mancherei mai.» disse piano Hermione, gli occhi leggermente lucidi.
«Ci pensi? Sono già passati ventisei anni da quando siamo stati qui la prima volta.»
Harry parlava con la voce calma, e la donna lo ascoltò senza proferir parola, la mente persa in ricordi di un tempo che sembrava appartenere ad una vita fa.
«Era Natale. Vorrei dire che sia stato il Natale peggiore della mia vita, ma devo ammettere che anche quelli degli anni prima di Hogwarts non scherzavano.» concluse Harry sorridendo divertito, ed Hermione si lasciò sfuggire una risata leggera.
Harry guardò con affetto le due lapidi di marmo bianco di fronte a lui, come ogni Halloween.
«Avrebbero avuto sessantatré anni.»
La voce triste dell’uomo si perse nel silenzio assoluto del luogo: ormai anche gli uccelli più temerari avevano spiegato le ali, abbandonando quel luogo in cerca di maggiore calore.
Eppure, Harry si sentì di dire che, nonostante tutto, a lui il calore in quel momento non mancava.
La mano di Hermione intrecciata nella sua gli ricordava tutto l’amore che aveva ricevuto in quella vita, e che ogni giorno gli dava la forza di andare avanti.
Ginny in primis, col sorriso contagioso e le braccia amorevoli che continuavano ad essere il suo luogo preferito al mondo.
Hermione e Ron, la prima famiglia che avesse mai avuto, e che non l’aveva mai lasciato, affrontando con lui ogni sfida possibile.
E James, Al, Lily, che erano la luce dei suoi occhi, ognuno un pezzo di sé così simile eppure così diverso da sé stesso.
Lily. James.
«Avevano solo ventun anni.»
Le parole uscirono lentamente dalle labbra ormai infreddolite di Harry, ed Hermione non riuscì a trattenere un piccolo singulto.
Harry si voltò verso di lei, sorridendo tristemente.
«Piangi ogni anno. Ron prima o poi mi picchierà.» sussurrò dolcemente l’uomo, asciugando le piccole lacrime che si erano formate negli occhi di Hermione.
La donna si arrese a una risata, e Harry si unì a lei.
«Mi dispiace costringerti a venire da loro ogni anno, semmai non volessi più farlo io capirei, dimmelo e…»
«Harry, non l’hai ancora capito? Io starò sempre al tuo fianco, finché ne avrai bisogno e anche dopo quel momento, probabilmente.»
Harry le sorrise, abbracciandola come quando erano ragazzi, da soli, in lotta contro un mondo oscuro. Entrambi consci di non essere più stati figli unici da quando si erano trovati, stringendo un legame indissolubile che non sarebbe mai cambiato.
«Credo sia ora di andare, altrimenti Ginny e Ron ci daranno per dispersi.» commentò infine l’ex Grifondoro, estraendo dal cappotto la bacchetta di fenice.
Con un sinuoso movimento creò un piccolo cerchio di rose bianche, come quello che Hermione aveva donato loro molti anni prima.
«Ciao mamma, ciao papà. Vi voglio bene. Grazie.» sussurrò piano, con gli occhi lucidi, prima di avviarsi verso l’uscita del cimitero di Godric’s Hollow, ancora per mano con Hermione.
Quando si smaterializzò, sentì il familiare nodo allo stomaco che la magia gli causava, ma si sorprese a sorridere alle due lapidi lontane, che continuavano a brillare nella semi-oscurità.
 
 
Ginny Weasley guardò sovrappensiero fuori dalla finestra del salotto, aspettandosi di vedere il marito e la cognata nonché migliore amica apparire da un momento all’altro.
Era il 31 Ottobre 2023 e, come ogni anno, Harry si era recato al cimitero di Godric’s Hollow per salutare i genitori, nell’anniversario della loro morte.
Ginny sapeva che Harry chiedeva sempre ad Hermione di accompagnarlo, e non si era mai sentita gelosa, o preoccupata.
Sapeva che quello era un momento dei due amici sin da quando erano giovani, e rispettava il dolore del marito senza fatica.
Da quando si erano innamorati, Harry aveva condiviso tanto con lei, molto più che con qualsiasi altra persona, e lasciargli quel momento di intimità con Hermione non le era mai pesato.
A volte aveva percepito Ron leggermente infastidito, quasi come se fosse un modo di escluderlo, ma Ginny si era sempre divertita a pensare che nonostante gli anni passassero, suo fratello ogni tanto sapeva ancora sfoggiare lo spettro emotivo di un cucchiaino.
Proprio mentre rideva tra sé e sé per quelle considerazioni, Harry ed Hermione comparvero fuori dal cancello di casa, sciogliendo le mani e sorridendosi a vicenda.
«Ron! Sono arrivati!» chiamò Ginny, sentendo il fratello scendere dallo studio di Harry, dove nel frattempo si era dilettato guardando i vecchi album di foto.
«Ginny! Ne ho trovate di davvero belle, non vedo l’ora di farvele vedere.» esclamò il rosso, con gli occhi che brillavano.
Ginny annuì felice, sistemando la baguette tagliata a fette in tavola e versando del vino elfico nei quattro bicchieri di cristallo disposti a tavola.
«Siamo qui! Scusate il ritardo.» disse Harry, entrando in cucina.
Baciò la moglie con dolcezza e abbracciò il migliore amico, che si era seduto al suo posto con le mani piene di fotografie magiche.
«Merlino Ginny, sembra tutto delizioso!» si congratulò Hermione, abbracciando la donna e sedendosi al fianco del marito.
Ginny passò ad ognuno diverse ciotole, contenenti varie creme da spalmare sul pane caldo al centro della tavola.
«Roxanne mi ha passato qualche ricetta davvero interessante, e non ho saputo resistere.» commentò poi, prendendo posto accanto ad Harry, il quale si era sistemato a capotavola.
L’uomo le sorrise incantato, e senza che lei lo sospettasse gli scaldò il petto con il calore che aveva avvertito poco prima al cimitero.
«Grazie Gin, è tutto stupendo. Vorrei proporre un brindisi.» annunciò Harry, sollevando in alto il suo calice e venendo imitato dagli altri.
«A mamma e papà, Lily e James Potter, che si sono sacrificati affinché io potessi godermi oggi tutto l’amore di cui sono circondato. E a Fred, Sirius, Remus, Ninfadora, Silente, Severus, Dobby e tutti gli altri eroi, che hanno dato la loro vita per costruire il futuro che stiamo vivendo. Non verranno mai dimenticati.»
«Non verranno mai dimenticati.» gli fecero coro gli altri, visibilmente emozionati.
Dopo quella parentesi di nostalgia, Ron iniziò a mostrare agli altri le foto che aveva trovato, per diffondere un altro tipo di lacrime.
«Oh mio dio, Harry, guarda qui! James è mai stato davvero così piccolo?» esclamò Ginny adorante, stringendo tra le mani una fotografia di James a pochi mesi, stretto tra le braccia di Harry.
Il piccolo furfante stava sorridendo estasiato al padre, mentre un bambino di sette anni lo osservava curioso da dietro le gambe di Harry.
I capelli del Teddy nella foto cambiavano colore, passando a intermittenza da corvini, come Harry, a rosso fuoco marchio Weasley.
«Ginny! Guarda!» esclamò Hermione, passandole una foto.
Ritraeva Ginny sul letto dell’ospedale, mentre stringeva a sé Lily neonata.
Ai piedi del letto, Rose di appena due anni batteva divertita le mani, mentre i quasi coetanei Albus e James si spintonavano per buttarsi giù dal letto, sorretti provvidenzialmente da Ron e nonno Arthur.
Ginny quasi si commosse, perdendosi nello sguardo addormentato di quello scricciolo dai capelli rosso rubino che ora aveva già quindici anni.
«Merlino, quando sono cresciuti così in fretta?» domandò pensieroso Ron, tra un crostino e l’altro.
Harry notò che stava guardando un Ron ventiseienne accarezzare innamorato il pancione di Hermione, evidentemente vicina alla fine della prima gravidanza.
«Non lo so, ma vorrei tanto che rallentassero.» sospirò Harry, sfogliando l’album che aveva in mano.
Non era ancora riuscito a capire cosa non andasse in James, e il pensiero che anche gli altri due figli stessero soffrendo, probabilmente a causa di un litigio tra di loro, gli strinse lo stomaco in una morsa dolorosa.
Le risate scaturite dopo il ritrovamento di una foto in cui Ron esibiva un improbabile vestito prémaman -  «Hermione sosteneva che non fossero comodi, e quello era l’unico modo per farle cambiare idea!» - vennero interrotte da un ticchettio proveniente dalla finestra della cucina.
Harry andò ad aprire ad un gufo grigio fumo, evidentemente del Ministero, e gli altri attesero in silenzio che leggesse la missiva.
E lui la lesse.
Per ben tre volte.
«Harry, mi sto agitando. Che succede?» domandò Ginny, mentre Ron si avvicinava al suo migliore amico, pensando potesse trattarsi di problemi al reparto Auror.
Quando anche lui però ebbe scorso il messaggio, trattenne il fiato, mettendo una mano sulla spalla del migliore amico.
«Ginny, mi sa che il tuo ottimo brunch dovrà attendere.» disse piano, guadagnandosi uno sguardo confuso e vagamente infastidito dalla sorella e dalla moglie.
Harry chiuse la lettera, sospirando ansioso.
«Dobbiamo andare ad Hogwarts. Immediatamente
 
 
***
 
 
Il giardino di Hogwarts era visibilmente in subbuglio, con professori che cercavano di mantenere la calma e studenti di ogni scuola che cercavano rifugio dietro agli insegnanti, o si dirigevano verso il Castello, sfidando la fiumana di gente.
«Malfoy, seguimi per favore. Tuo padre è qui e ha urgente bisogno di parlarti.»
La voce di James Potter riscosse Scorpius ed Ethan dalla paralisi che li aveva sopraffatti, incapaci di comprendere cosa stesse succedendo allo Stadio.
Ethan fece per seguire l’amico, ma uno sguardo fermo dell’ex-Grifondoro lo bloccò subito.
«Vai a cercare Sele, ci rivediamo in Sala Comune non appena è tutto finito.» gli disse velocemente Scorpius, prima di seguire James nei meandri del Castello.
Scorpius si ritrovò a camminare in silenzio nei meandri della Scuola, la bocca e la mente vuote di parole.
Non riuscì nemmeno a chiedere informazioni al maggiore dei Potter, che d’altra parte continuava a fargli strada con un’espressione autoritaria e - se lo immaginava lui? - preoccupata.
Quando però James imboccò un corridoio che conduceva ad un’uscita nei pressi dello Stadio, Scorpius si destò dai suoi pensieri e lo affiancò per parlargli.
«Dove stiamo andando? Mi vuoi dire che cosa succede?»
James per tutta risposta gli indicò di entrare negli spogliatoi del Campo di Quidditch, e il Serpeverde, seguendo lo sguardo dell’altro che sorvolava la parete dello Stadio di fronte a loro, notò una cosa che lo confuse ancora di più: le fiamme si erano completamente spente.
Oltretutto, l’esterno della costruzione era assolutamente incolume, il legno intatto e nell’aria non vi era neanche il più leggero accenno all’odore di bruciato.
E allora Scorpius capì, e varcando la soglia degli spogliatoi, non si stupì di chi si ritrovò di fronte.
La professoressa McGranitt, Karkaroff, Madame Maxime e gli altri Campioni Tremaghi erano stipati nello spogliatoio dei Grifondoro, che per l’occasione era stato magicamente ampliato.
Scorpius si accorse, leggermente sollevato, che gli occhi degli altri Campioni gli restituirono le sensazioni che suppose fossero ben leggibili anche nel suo: ansia e incapacità di immaginare cosa li avrebbe attesi.
Il Serpeverde si avvicinò ad Albus, e notò come James, non più così arrogante come suo solito, stesse fissando preoccupato il fratello minore, dal lato della stanza dove si erano sistemati altre persone che Scorpius suppose essere Auror e rappresentanti del Ministero.
«Scorp!»
La voce che lo chiamò dal corridoio però lo stupì non poco: dopo pochi secondi infatti, Draco Malfoy entrò nella stanza, e andò ad abbracciare suo figlio senza preoccuparsi degli altri.
Il Serpeverde non seppe cosa pensare, dato che quello era il primo gesto di affetto in pubblico che il padre gli rivolgeva da che aveva compiuto quattordici anni, ma non si vergognò di ammettere il piacere che il contatto gli procurò.
Alcuni istanti dopo, anche Harry Potter, in qualità di Capo Auror, fece la sua comparsa, e come Draco si fiondò subito a salutare il figlio, con un sorriso che sicuramente cercava di infondergli un po’ di coraggio.
«Bene, ci siamo tutti. Vi presento il Dottor Malfoy, Primago Capo dell’Ospedale San Mungo. Si è offerto volontariamente di assistere Madama Chips oggi, mettendo a disposizione le sue ottime credenziali.» commentò la professoressa McGranitt, mentre l’uomo in questione si stava distaccando dal figlio, raggiungendo l’area degli Auror, insieme ad Harry Potter.
Quest’ultimo fece un segno a James, che gli si mise accanto, e appoggiò con dolcezza una mano sulla spalla del figlio,
Scorpius lanciò uno sguardò di sfuggita ad Albus, che sembrava essersi leggermente ripreso, e sfoggiava sul viso un’espressione concentrata.
«Come penso abbiate capito tutti ormai, abbiamo deciso di anticipare la Prima Prova del Torneo Tremaghi ad oggi. Perché? Perché i Campioni Tremaghi devono essere sempre pronti ad affrontare nuove sfide, e proprio in questo momento gli studenti delle tre scuole si stanno accomodando sugli spalti, ansiosi di vedere come supererete gli ostacoli che vi troverete di fronte.»
Scorpius strinse inconsciamente la bacchetta che teneva nei jeans, e questa gli restituì delle piccole scintille verde smeraldo.
Immaginò Ethan e Selene sedersi in silenzio, mano nella mano, entrambi con gli occhi puntati sul Campo, nella trepidante attesa di vederlo esibirsi.
Per un secondo la sua mente si soffermò sull’idea di Lily, ancorata al suo posto e con quel cipiglio nervoso che lui aveva imparato a memoria, nelle ultime settimane.
Avrebbe urlato il suo nome? Il suo cuore avrebbe perso un battito, nel vederlo in pericolo? O si sarebbe focalizzata unicamente sulla sorte del fratello maggiore?
«Le fiamme che avete visto dal Parco erano finte, sì, ma quelle che incontrerete lì dentro non lo saranno.» li ammonì Harry Potter, osservando ognuno di loro con attenzione.
«Ogni coppia fronteggerà a turno ciò che vi aspetta lì dentro, ma non sarete soli. Ricordatevi che non ci saranno solo nemici: il vostro compagno sarà lì per supportarvi e si aspetterà che voi facciate lo stesso. Credetemi, la collaborazione sarà l’unica cosa che vi impedirà di fallire, e vi risparmierà qualche giorno in Infermeria.» disse calmo uno degli Auror più anziani, che Scorpius riconobbe come Leroy Adamant.
Il viso pieno di cicatrici lo rese se possibile ancor più autoritario, e Scorpius si ritrovò a guardare Albus nello stesso momento in cui l’altro si era girato verso di lui.
Si fecero un cenno all’unisono, pronti a contare sull’altro, nonostante tutto.
«Il vostro obbiettivo…» continuò Harry Potter, muovendo velocemente la bacchetta «…sarà recuperare questo.»
Nelle mani del Capo Auror comparve un uovo, grande come quelli di cioccolato che i Babbani si divertivano a mangiare il giorno di Pasqua. Tutti rimasero in silenzio, incantati dalla magnificenza di quell’oggetto: esso infatti non era un semplice uovo. I colori che lo ricoprivano erano in continuo movimento, disegnando sottili linee colorate sul guscio, alternando nuvole di arancione a volute rosa, con qualche scintilla gialla celata da una leggera nebbia verde menta.
Ognuno dei Campioni si ritrovò ad avvicinarsi lentamente all’uovo, e quando Harry Potter lo fece sparire, i ragazzi si guardarono confusi, come se non si fossero nemmeno accorti di essersi mossi.
«Come avete appena constatato, il potere di quest’oggetto non è racchiuso solo nella meravigliosa colorazione.» disse enigmatica la professoressa McGranitt.
Scorpius sentì una sensazione strana in testa, ed ebbe l’impressione di aver già visto quell’uovo in passato.
Quando Harry Potter riprese la parola però, accantonò quell’idea per concentrarsi sulle sue parole, sentendola comunque rimanere in sottofondo come un fastidioso ronzio.
«Soltanto uno per coppia però avrà la possibilità di tenere la propria bacchetta. Scegliete attentamente chi lo farà, e non temete: anche l’altra persona avrà il suo da fare.»
Scorpius ed Albus si guardarono pensierosi, e fu il Grifondoro a prendere la parola.
«Tienila tu, Malfoy»
Il Serpeverde non riuscì ad impedire alle sue labbra di arricciarsi in un ghigno divertito, mentre lo provocava sibillino: «La prendo come una plateale e pubblica ammissione della mia supremazia con la magia e con, beh, tutti i tipi di bacchetta, eh Potter?»
L’altro sbuffò, infastidito dalla solita arroganza del biondo.
«Io ti suggerirei di intenderla come la consapevolezza che tra noi due sono di sicuro il miglior Cercatore, e i miei riflessi perfetti sapranno compensare la mancanza della bacchetta. Nel tuo caso invece, non potrei dire lo stesso.»
Scorpius allargò la smorfia, ma quando comunicarono alla McGranitt la loro decisione, entrambi si sentirono tranquilli delle capacità della propria squadra. Per quanto anche Albus fosse abile negli incantesimi, Scorpius avrebbe saputo reagire con maggiore prontezza sotto pressione, e i riflessi fisici invidiabili del Grifondoro si sarebbero rivelati un aiuto altrettanto indispensabile.
«Molto bene. L’uovo che conquisterete vi fornirà un indizio essenziale per lo svolgimento della prossima prova. Ora estrarremo casualmente i nomi delle coppie, per decidere l’ordine in cui verrà svolta la Prova.» disse calma la McGranitt, procedendo con l’estrazione.
Albus e Scorpius si guardarono nello stesso momento, e respirarono a fondo, quasi fosse l’ultima aria che avrebbero avuto l’occasione di trovare per il resto della loro vita.
«Paura, Potter?» domandò divertito Scorpius, le labbra arricciate in un ghigno da vero Serpeverde.
Albus piegò le labbra in una smorfia sarcastica, ignaro che il padre e Draco Malfoy li stessero ascoltando, divertiti da un déjà-vu che i figli non avrebbero potuto sospettare.
«Ti piacerebbe.»
 
 
***
 
 
Quando Ethan ebbe trovato Selene, la ragazza si riparò tra le braccia aperte del Serpeverde, gli occhi colmi di confusione che vagavano alla ricerca di una spiegazione per quella baraonda.
«Dov’è Scorpius?» domandò poi, allarmata dall’assenza del migliore amico.
Ethan stava per risponderle, quando un’altra voce proveniente questa volta dagli studenti di BeauxBatons attirò l’attenzione della folla.
«Le fiamme si sono spente!»
Voltandosi simultaneamente, Ethan e Selene ebbero modo di appurare la veridicità di quelle parole.
Le fiamme viola che poco prima attorniavano lo Stadio erano sparite senza lasciare traccia, spingendo perfino qualcuno dei ragazzini del Primo Anno a domandarsi se fosse stata tutta un’allucinazione.
Selene tornò a puntare gli occhi scuri in quelli azzurro cielo dell’altro, colpita da una rivelazione.
Visto però lo sguardo di Ethan, che la continuava a stringere in modo protettivo, Selene non ebbe bisogno di esprimere ad alta voce il corso dei suoi pensieri: anche il Serpeverde sembrava essere giunto alla stessa conclusione.
E proprio in quell’istante, il Parco di Hogwarts venne colmato da una voce conosciuta quasi a tutti, magicamente amplificata ma ugualmente decisa.
«Cari studenti, vi prego di dirigervi senza paura verso lo Stadio di Quidditch e prendere il posto migliore che troviate. Il Torneo Tremaghi sta ufficialmente per avere inizio!» recitò la voce profonda del Ministro della Magia Kingsley Shacklebolt, e non appena ebbe finito di parlare, esclamazioni elettrizzate iniziarono a serpeggiare tra la folla.
In un istante tutti si diressero verso lo Stadio di gran carriera, ed Ethan e Selene si unirono alla fiumana di gente, entrambi assorti nei propri pensieri.
Non appena entrati però, Selene si sentì chiamare e notò con sorpresa Astoria Greengrass che le faceva segno di accomodarsi vicino a lei.
Ethan annuì alla ragazza, ed entrambi salirono le scale per quella che sembrava di diritto una tribuna riservata agli esponenti del Ministero.
La Serpeverde si guardò attorno e scoprì di essere seduta non molto distante da Hermione Granger, Ron Weasley e Ginny Weasley.
«Draco è dietro le quinte, si è offerto di aiutare in caso di… infortunio.» spiegò Astoria, visibilmente turbata al pensiero che qualcuno si potesse fare male. Che suo figlio si potesse ferire.
Selene ed Ethan le sorrisero dolcemente, cercando di infonderle un po’ di tranquillità, e la donna lo apprezzò enormemente, accarezzando la guancia di Ethan e stringendo con delicatezza la mano di Selene.
Dal primo anno di Hogwarts, quei due erano stati come due figli per lei, sempre in giro per Malfoy Manor, pronti a fare qualche scorribanda con il piccolo Scorpius.
Astoria notò con piacere la vicinanza e l’intimità che Selene ed Ethan stavano dimostrando l’uno nei confronti dell’altro, attraverso sguardi veloci e gesti pieni di dolcezza.
Aveva sempre pensato che i due Serpeverde avrebbero formato una bellissima coppia, non soltanto a livello estetico, ma soprattutto per la complementarietà dei due caratteri.
Come madre, si era sentita in dovere di vegliare su Ethan, dopo la tragedia che l’aveva colpito al secondo anno, e si ricordò di un tempo in cui aveva pensato che anche Scorpius avrebbe presto svelato i suoi sentimenti per un’altra persona vicina al gruppo.
Quando la voce di Ethan la raggiunse però, Astoria accantonò quei pensieri assurdi, e cercò di concentrarsi sul presente.
Era inutile fantasticare sul passato. Lei se n’era andata molto tempo prima, e ora Scorpius sembrava avere un debole per le rosse.
«Anche Harry Potter è dietro le quinte?» chiese il ragazzo, e lei confermò la sua ipotesi.
«Di sicuro Albus se la starà facendo sotto dalla paura» sussurrò gongolante Ethan, ma una voce piccata lo contraddisse.
«Che ne sai tu, Flint? Sono certa che Al si stia dimostrando molto più coraggioso di quanto potresti essere tu, in questa situazione.»
Selene nascose al fidanzato il sorriso divertito che le arricciò le labbra, alla vista dell’espressione offesa e attonita che l’altro aveva sfoggiato.
«Lily Luna Potter, come al solito quando neghi la realtà sfoderi soltanto calunnie e maldicenze.» rispose strafottente Ethan, mentre la sua interlocutrice lo superava per andarsi a sedere sul gradino inferiore delle tribune, insieme a Rose e Hugo.
«Ci crederò quando lo vedrò.» esclamò la rossa, per poi focalizzare tutta la sua attenzione sul Campo.
Gli anelli del Quidditch erano scomparsi, rimpiazzati da grandi alberi fitti, che lasciavano a malapena intravedere il prato sottostante.
Selene però continuò a guardare la figura della piccola Potter che le dava ora le spalle, ripensando al dolore che aveva visto negli occhi del migliore amico.
Finse di doversi accovacciare per prendere qualcosa dalla borsa, e ringraziò il cielo che Ethan fosse troppo impegnato a parlare a distanza con degli amici di Serpeverde, seduti nella tribuna accanto.
Si avvicinò silenziosamente a Lily e iniziò a sussurrare piano, cercando di approfittare della momentanea assenza degli altri due Weasley, che erano andati a salutare i genitori.
«Lily, sono Selene. Non girarti, fai finta di niente.»
La mora constatò che Lily l’aveva sentita, visto come le sue spalle si fossero leggermente irrigidite.
«Questa è l’unica occasione che ho per parlarti, e ho bisogno solo che tu ascolti. Non so se mi crederai, ma spero che tu faccia la cosa giusta. Scorpius è davvero un bravo ragazzo, e anche se non posso scendere nei dettagli, sappi solo una cosa. Non tutto è come sembra
L’ultima frase venne soffiata piano, visto che Rose e Hugo stavano tornando e Selene si rialzò per sedersi al suo posto, come se non fosse successo nulla.
Selene sapeva che Lily non avrebbe rivelato ciò che le aveva detto, e si compiacque quantomeno di averle dato da pensare.
Razionalmente la Grifondoro non aveva prove che le parole della mora fossero vere e non soltanto bugie dette a favore del migliore amico; però Selene si sentì di dire che Lily le aveva creduto, almeno quanto bastava per farle venire dei dubbi.
Dopotutto, chi non accetterebbe la possibilità di dare un’altra chance a qualcuno che si ama?
 
 
Le parole di Selene le vorticavano dentro misteriose, mentre faceva di tutto per sembrare normale di fronte agli occhi fin troppo attenti della madre.
«Lils, tutto bene?» domandò Ginny, una volta che la figlia fu salita a salutarli.
La ragazza annuì, e si fermò solo un paio di minuti prima di riaccomodarsi nelle file sottostanti accanto ai cugini.
Lily fece scorrere lo sguardo sul pubblico, e individuò Sophie qualche fila più sotto alla sua, insieme ad un paio di amiche Corvonero.
Le parole di James l’avevano liberata, e Lily si ritrovò a sorridere felice, mentre la chiamava a gran voce, sorprendendo sia Hugo che Rose.
L’amica si voltò con una lentezza incredibile, quasi avesse il terrore di essersi immaginata la voce che cullava i suoi dolorosi sogni.
«Sophie! Vieni a sederti con noi, dai!»
La Corvonero si alzò titubante, ma di fronte al sorriso contagioso della piccola Potter non poté fare a meno che rallegrarsi, gli occhi lucidi per la felicità.
Quando furono l’una di fronte all’altra, Sophie sul gradino immediatamente sotto a Lily, la rossa pensò di parlare, ma alla fine optò per fare la cosa più semplice del mondo: abbracciarla.
Sophie iniziò a piangere sommessamente nel calore di quell’abbraccio che le era mancato come l’ossigeno, e Lily si unì alla sua commozione.
Una volta separate, le due scoppiarono a ridere per la loro idiozia, e Sophie si sedette al fianco di Lily come se non fosse successo nulla.
Hugo abbracciò velocemente Sophie, grato di poter riavere le sue due migliori amiche, ma nessuno ebbe modo di aggiungere altro, perché la voce profonda di Kingsley inondò di nuovo lo stadio, ammutolendolo.
Mentre annunciava l’inizio della Prima Prova, d’improvviso gli alberi di fronte a loro si incendiarono, vinti da alte fiamme azzurre, e la folla gridò in simultanea.
Senza pensarci, Lily afferrò la mano di Sophie e la strinse, pensando che soltanto lei avrebbe potuto condividere la paura e l’emozione per ciò che stavano per vedere.
E mentre Antoine e Angelique facevano il loro ingresso in Campo, annunciati da Madame Maxime e accompagnati dall’applauso scrosciante del pubblico, Lily si ritrovò a temere non soltanto per Albus.
Non tutto è come sembra.
D’improvviso Lily sentì un brivido freddo scorrerle lungo la spina dorsale, mentre un pensiero funesto le fece fremere il cuore: l’immagine di un Serpeverde dai capelli biondo cenere intrappolato nel fuoco.
 
 
***
 
 
Albus Potter sospirò piano, ascoltando i rumori che provenivano dal Campo.
Il pubblico sembrava essere impazzito, urla indistinte colmavano il silenzio ad ondate, evidenti risultati di qualche manovra rischiosa o scena spiazzante.
«Ti senti pronto?»
La voce di suo padre gli fece alzare la testa, facendogli incontrare quegli occhi così simili ai suoi.
«Tu ti sentivi pronto prima della Prima Prova?» domandò sarcasticamente Albus, provocando un sorriso intenerito sul viso di Harry Potter.
«No, non direi proprio. Però io ero da solo, tu non lo sei.» gli rispose l’uomo, indicando con un cenno della testa Scorpius Malfoy.
Il Serpeverde stava sorseggiando un the caldo con lentezza irreale, fissando in modo insistente Emmett Krum, a pochi metri di distanza da lui.
«Già, credo tu abbia ragione. Non lo so, ma il Torneo finora è stato diverso da come mi immaginavo. Devo ammettere che ho…ho un po’ di paura. Ma se mai lo dirai a James, giuro sulle mutande di Merlino che non ti rivolgerò mai più la parola.»
Harry rise divertito, e spettinò i capelli mori del figlio.
«E’ normale avere paura. In effetti, dovresti preoccuparti se non ce l’avessi. Il difficile sta nel non farsi sopraffare, e usare l’adrenalina e l’energia in modo saggio.» gli sussurrò Harry, sistemandogli meglio la divisa che gli avevano consegnato. Era uguale a quella data anche a Scorpius, solo che la sua era rosso scarlatto, mentre quella dell’altro verde smeraldo. Entrambe recitavano il nome del Campione sulla schiena, e consistevano di una t-shirt aderente a maniche corte, leggera sulla pelle ma resistente contro gli urti, e dei pantaloni lunghi come quelli di una tuta, con il logo di Hogwarts sul fianco di ogni gamba.
«La fai facile tu.» mormorò Albus, con un mezzo sorriso sulle labbra, riallacciandosi per il nervosismo le scarpe da ginnastica nere per la quattordicesima volta.
Non si era pentito di essersi iscritto al Torneo, tutt’altro.
La verità era che crescere all’ombra delle gesta di Harry Potter, il Salvatore del Mondo Magico, non era mai stato un fardello facile con cui vivere. Certo, Albus si era dimostrato in più occasioni un mago di un certo livello, intelligente e furbo come James ma anche sensibile come Lily. Alcuni avevano perfino azzardato l’ipotesi che il secondogenito di Harry Potter fosse quello che gli assomigliasse di più, e non solo per il colore degli occhi.
Quando la notizia del Torneo Tremaghi era stata annunciata, Albus aveva intravisto per la prima volta l’opportunità di confrontarsi con l’eredità di Harry Potter: avrebbe potuto competere con delle prove ardue che anche suo padre aveva dovuto affrontare da ragazzo.
Avrebbe provato a tutti di che pasta fosse davvero fatto e, forse cosa più importante, l’avrebbe chiarito anche a sé stesso.
La paura che lo scuoteva in quel momento quindi non era dovuta tanto alle insidie che l’avrebbero atteso su quel Campo, o al timore di fare una brutta figura di fronte agli spettatori.
Albus temeva di deludere sé stesso, di venire meno all’idea di sé che si era costruito negli ultimi diciassette anni, e soprattutto di venire meno all’opportunità di far brillare il nome di Albus Severus, e non solo quello dei Potter.
Lui avrebbe vinto, lui avrebbe dimostrato quanto valeva.
Lui avrebbe reso fiero quello che prima di essere Harry Potter, l’eroe del Mondo Magico, era sempre stato qualcosa di più grande ancora: il suo papà.
«Andrà tutto bene Al, vedrai.» lo rassicurò Harry, mentre Emmett Krum e Stefan Aragos venivano invitati a seguire Karkaroff, verso il Campo da Quidditch.
«Lo so papà, andrà tutto bene.» assentì Albus.
E in cuor suo seppe di esserne certo per davvero.
 
 
Scorpius si alzò dalla panchina dello spogliatoio per provare ancora una volta qualche incantesimo. Krum e Aragos erano entrati nell’arena da cinque minuti, e visto quanto ci avevano messo Angelique e Antoine, immaginò che sarebbe passata un’altra mezz’ora prima di essere convocato.
«Aqua Eructo.» mormorò calmo, annuendo soddisfatto quando una fontana d’acqua piuttosto consistente si alzò potente dal terreno, per poi sparire ad un suo rapido gesto di bacchetta.
«Hai qualche strategia in mente?»
Scorpius si voltò verso Albus, che aveva dovuto parlare a voce molto alta, dato che in quel momento il pubblico fuori era esploso in esclamazioni di stupore.
«Tu ti concentri sulla ricerca dell’uovo, mentre io ti guardo le spalle. Sicuramente ci sarà più di un ostacolo dietro l’angolo.» rispose calmo il Serpeverde, mentre Albus annuiva alle sue parole.
«Ti stavo per dire che probabilmente ci saranno fiamme all’orizzonte, ma vedo che ti sei già attrezzato.» esclamò il Grifondoro, accennando un sorriso incoraggiante.
«Già, ma non ho idea di che cosa vi si potrebbe nascondere dietro. Mi sento di escludere i draghi, e per questo credo dobbiamo ringraziare il tuo paparino, che si è sacrificato per noi molto tempo fa.»
Albus condivise l’ipotesi di Scorpius, cercando di trarre il massimo piacere all’idea di non doversi trovare di fronte ad un Ungaro Spinato.
«La storia dell’uovo però è molto simile, penso che qualcuno al Ministero si sia sentito di fare un tributo al passato.» commentò Albus, osservando distrattamente lo spruzzo di acqua cristallina che era eruttato dalla bacchetta del Serpeverde.
Scorpius sciolse l’incantesimo Aguamenti, e stava per ribattere quando delle voci concitate dal corridoio fecero voltare entrambi i ragazzi.
«Potter, ho bisogno del tuo aiuto. Subito
Draco Malfoy era appena entrato nello spogliatoio, e a Scorpius si gelò l’aria nei polmoni, vedendo il camice di suo padre sporco di sangue.
Sangue non suo.
Harry Potter uscì dietro al Primago senza aggiungere altro, lasciando i due ragazzi soli nello spogliatoio silenzioso.
Qualche minuto dopo però la professoressa McGranitt, leggermente più pallida del solito, si fece avanti, cercando di distendere l’espressione dura in un sorriso.
«Signor Potter, signor Malfoy, è arrivato il vostro turno. Prego, da questa parte.»
Albus lanciò un’occhiata intimorita al Serpeverde, condividendo mutamente lo stesso suo dubbio lancinante.
 
Emmett e Stefan erano stati dentro poco più di quindici minuti.
O era finita incredibilmente bene… o dannatamente male.
 
 
***
 
 

 
Scorpius seguì in silenzio la professoressa McGranitt, quasi senza pensare.
Quando varcarono l’entrata dello Stadio, la mente sembrò diventare improvvisamente vuota, come se qualcuno avesse aperto una finestra sui suoi pensieri e li avessi fatti volare via.
«Porco Salazar
L’imprecazione di Albus lo fece destare dall’intorpidimento, e guardandosi attorno non poté che approvare lo stupore del Grifondoro.
Il Campo da Quidditch era sparito, lasciando spazio a quella che sembrava un’enorme foresta. I fitti rami degli alberi alti svariati metri si intricavano come fili di un maglione, rendendo difficile scorgervi attraverso.
L’unico modo che ebbero per appurare di non essere soli fu il clamore che li accolse non appena entrati, centinaia di mani che applaudivano all’unisono e cori esultanti sembrarono rinvigorire il loro spirito.
Scorpius si chiese dove, oltre alle cime irraggiungibili di quelle piante, si nascondessero gli sguardi di Selene ed Ethan, di sua madre e infine il suo. Quello di Lily.
«La squadra di Hogwarts, signore e signori: ALBUS SEVERUS POTTER e SCORPIUS HYPERION MALFOY!»
Alla presentazione di Kingsley il pubblico proruppe in un’altra ondata di applausi, che si interruppero solamente quando il Ministro della Magia riprese la parola.
«Che la Prima Prova del Torneo Tremaghi per la squadra di Hogwarts abbia inizio!»
E così come ebbe finito di pronunciare l’ultima lettera, l’enorme foresta prese fuoco, ammutolendo gli spettatori, ora avidi di sapere che cosa avrebbero fatto i due ragazzi.
Scorpius si voltò verso Albus, e venne rassicurato nel vedere lo stesso nervosismo che sentiva possederlo, ma bastò un secondo affinché i due decidessero di armarsi di coraggio, e dare prova della loro bravura.
«Ok, dobbiamo trovare l’uovo. Facciamo un giro di ricognizione, io controllo che non capitino imprevisti.» asserì il biondo, ormai carico di un’adrenalina inebriante che gli faceva battere il cuore a mille.
Albus annuì convinto, anche lui evidentemente spinto dall’energia dirompente che quella prova emanava.
Il calore aumentava ad ogni passo e le fiamme rosse diventarono azzurre con l’aumentare della temperatura, divorando gli alberi senza remore. Ben presto i due iniziarono a sentire l’affaticamento dovuto alla diminuzione di ossigeno, la mente più annebbiata ogni istante che passava.
«Dobbiamo fare presto!» intimò Albus, tossendo piano.
Dopo pochi minuti, i ragazzi erano tornati vicini al punto di partenza: quella che sembrava una foresta infinita si rivelò essere in realtà una piccola radura circolare, ed entrambi scrutarono le fronde degli alberi, aspettandosi un attacco da un momento all’altro.
«Scorpius! Le fiamme!»
Scorpius focalizzò l’attenzione dove aveva suggerito Albus, e il viso gli si illuminò.
«Ci spingono verso quel lato, l’uovo dev’essere lì!»
Le fiamme azzurre infatti sembravano variare l’intensità coscientemente, divorando minuto dopo minuto ogni parte degli alberi.
La loro avanzata si fece sempre più veloce, ma gli occhi attenti dei due Cercatori avevano scorto un punto attorno al quale il fuoco sembrava danzare leggiadro, cercando di evitarlo.
Era sul lato nord dell’arena, opposto all’entrata e a dove si trovavano loro, e Scorpius strinse la bacchetta con forza, pronto ad ogni evenienza.
A metà della loro corsa si bloccarono, appena in tempo per rotolare di lato ed evitare la caduta di un’enorme faggio, completamente incenerito.
Avvertirono il pubblico trattenere il fiato mentre si rialzavano dall’erba, ma ormai i rumori all’esterno erano sempre più soffocati, complice la mancanza d’aria e il conseguente ronzio nelle orecchie.
«Diffindo!»
Ad un gesto di Scorpius, l’albero esplose in mille pezzi, liberando il passaggio.
Albus annuì e ricominciò ad avanzare, ma pochi passi dopo si arrestò di nuovo, trattenendo il respiro.
Le fiamme appena davanti alla zona verso la quale erano diretti si alzarono in aria, formando due fruste di fuoco in alto nel cielo.
«Merda!» urlò Albus, saltando di lato per evitare il colpo che una delle due armi aveva scagliato sul punto in cui si trovava pochi secondi prima.
«Aqua eructo
Al richiamo di Scorpius, una colonna d’acqua eruttò dal terreno bruciato, accerchiando una delle due fruste infuocate e inglobandola.
«Provo a catturare anche l’altra!» esclamò il biondo, mantenendo con difficoltà l’incantesimo.
Non solo esso era più potente di qualsiasi incantesimo che il Serpeverde avesse mai fatto fino a quel momento, ma la frusta in trappola continuava a dimenarsi inviperita, costringendolo a focalizzare quasi dolorosamente la sua magia in quella direzione.
«No! Rischieresti di liberarle entrambe! Io vado avanti, posso farcela!»
Prima che Scorpius potesse controbattere alle parole di Albus, questo si era già messo a correre a zig zag, cercando di evitare ogni colpo rabbioso che l’arma di fuoco gli scagliava con estrema precisione.
Gli spalti sembravano impazziti in lontananza, e Albus arricciò inconsciamente le labbra in un sorriso divertito al pensiero di sua madre, una delle eroine della Guerra Magica, in preda ad un attacco di cuore.
“Scusa, mamma” pensò tra sé e sé, saltando su un masso lì vicino per evitare l’ennesimo fendente.
Ritornato coi piedi per terra però scivolò, i riflessi non più impeccabili come all’inizio e la mente annebbiata che invocava ossigeno con urgenza.
Albus cercò di riprendere la corsa, ma la linea infuocata stava caricando un altro colpo e un brivido gelido sembrò avvertirlo di una realtà ineluttabile: non sarebbe riuscito a schivarlo.
Chiuse gli occhi, aspettando un dolore che sembrava inevitabile.
Passò un secondo, poi due.
Dopo cinque secondi, di silenzio sentì il pubblico lontano esplodere di gioia, andando in visibilio, e aprì lentamente le palpebre.
Entrambe le fruste erano immobili, anzi, quasi immobili.
Si muovevano a rallentatore, disegnando volute in aria che avrebbero impiegato molti minuti per raggiungere il suolo.
Albus si voltò, sorridendo inconsciamente a Scorpius.
Il ragazzo era dietro di lui, la fronte sudata per lo sforzo e gli occhi socchiusi nel tentativo di mantenere l’enorme concentrazione che quel perfetto “Arresto Momentum” doveva impiegargli.
«Potter, mi piacerebbe offrirti un the coi pasticcini, ma abbiamo un uovo da recuperare.» gli disse schiettamente il Serpeverde senza guardarlo, dissimulando però la rigidità con un piccolo ghigno sarcastico.
Albus si alzò in un secondo, l’adrenalina di nuovo in circolo che gli fece dimenticare l’affaticamento dovuto all’assenza d’aria, e si mise a correre più velocemente di prima.
Raggiunse la zona che era libera dalle fiamme, e con sua sorpresa vide un uovo appoggiato al tronco di una quercia. Allungò le mani immediatamente, senza riflettere sull’assurdità di quella convenienza.
Era in effetti sul punto di prenderlo, quando d’improvviso sembrò accorgersi di un particolare che gli raggelò il sangue.
L’uovo non era colorato come quello precedentemente mostratogli da suo padre.
Era tinto di un rosso intenso, come se fosse anch’esso in fiamme.
Albus si accorse con orrore che forse era davvero così, perché l’uovo sembrava emanare un calore sempre più forte, arrivando a scaldargli i piedi in modo spiacevole.
«Non è questo! Porca Morgana schifosa, dove diavolo può essere quel…?»
Albus fermò le sue imprecazioni, per due motivi ben diversi e ugualmente preoccupanti.
Il primo era che, nel mezzo del suo turpiloquio rivolto verso il cielo, i suoi occhi verdi avevano incontrato un altro tipo di verde.
L’uovo giusto, quello ricco di colori e dall’effetto incantevole nel vero senso della parola era poco sopra di lui.
In effetti, dieci metri sopra di lui, celato in un incavo nascosto nel fusto di quella quercia.
Fantastico, direte voi.
Ma c’era un problema, un enorme e spaventoso problema.
Ed era il secondo motivo per cui Albus Severus Potter aveva interrotto le maledizioni lanciate contro chiunque avesse progettato quel Torneo: l’uovo rosso fuoco di fronte a lui si era appena schiuso.
Anzi, per meglio dire, si era appena liquefatto sotto il suo sguardo.
Sguardo che dovette scontrarsi con orrore con un paio di occhi infuriati.
Occhi rosso sangue.
 
 
Scorpius sentiva la magia dell’incantesimo affievolirsi, e osservò con orrore le fruste di fuoco accelerare la loro inesorabile caduta verso il terreno.
«Potter, non resisterò ancora per molto!» urlò con tutto il fiato che aveva in gola, ma non sentì nessuna risposta.
In effetti, non c’era più nessun rumore, eccezion fatta per il crepitio insistente degli alberi che li circondavano.
«Albus?» domandò a voce alta, ma quando obbligò sé stesso a puntare gli occhi grigio scuro sul punto dove intravedeva il compagno di squadra, la voce gli si mozzò in gola.
Albus era di fronte ad un enorme serpente verde pallido, con piccoli occhi iniettati di sangue.
L’animale sibilò minaccioso verso il ragazzo, avvicinandosi lentamente al punto in cui il Grifondoro si trovava.
“Maledizione, perché non scappi?!” pensò irato Scorpius, ma gli bastò seguire lo sguardo del moro per capire.
Gli occhi verde smeraldo del piccolo Potter stavano fissando un punto al di sopra del serpente, e in pochi attimi il Serpeverde comprese che cosa fosse.
Sapeva che Albus non avrebbe potuto eludere la guardia del rettile senza bacchetta, per cui attinse alle ultime energie magiche che gli erano rimaste e puntò lo sguardo verso le due enormi scie di fuoco che lo sovrastavano, ormai a pochi metri dalla sua testa.
Scorpius interruppe l’incantesimo, facendo saettare la bacchetta di nuovo verso l’alto e chiudendo gli occhi.
«Freddafiamma!»
Non aveva mai provato quell’incantesimo, e l’idea di utilizzarlo per la prima volta contro due gigantesche colonne di fuoco magico gli strinse lo stomaco in una morsa dolorosa.
Quando tuttavia si sentì accarezzato da una leggera brezza, sorrise inconsciamente prima ancora di aver riaperto le palpebre, certo del successo dell’impresa.
Le fiamme azzurre lo circondavano, ma invece che bruciarlo sembravano donargli una piacevole sensazione di freschezza.
Scorpius assaporò il ristoro che quel contatto gli stava procurando, finché le urla concitate del pubblico lo riportarono alla realtà.
Posò lo sguardò sul punto dove aveva visto prima l’alleato, ma con orrore notò che non c’era più.
Albus si stava arrampicando sul tronco dell’albero vicino, e il serpente lo seguiva sibilando furiosamente.
Era a pochi centimetri dalla sua caviglia, e non avrebbe impiegato molto per raggiungerlo.
Scorpius si fece avanti, ma a pochi passi dalla sua meta avvertì un rumore sinistro dietro di sé.
Scoprì rabbrividendo che un altro serpente, uguale a quello che stava dando la caccia ad Albus, l’aveva raggiunto, comparendo dalle profondità delle fiamme che lambivano la foresta.
Il biondo fece scorrere lo sguardo tra Albus e il suo nuovo nemico, ma capì immediatamente cosa avrebbe dovuto fare.
Pronunciò l’incantesimo nello stesso momento in cui il serpente appena arrivato gli si avventò contro.
«Confringo
 
 
Albus atterrò sull’albero accanto, lasciandosi cadere dal ramo dov’era prima su quello sottostante, e dopo pochi secondi allungò le mani, stringendo a sé l’uovo colorato.
Le fiamme si spensero e la folla urlò come mai prima, vittoriosa.
Albus poté scorgere i visi delle persone che lo guardavano ammirati, mentre la foresta cominciava a diradarsi, come fosse risucchiata dal terreno, e distese le labbra in un enorme sorriso.
Alzò l’uovo colorato sopra di sé, agitandolo infervorato dalla gioia e aspettandosi uno scroscio di applausi, ma venne inaspettatamente deluso.
Ora che gli alberi erano scomparsi, la folla si era spenta in un silenzio tombale.
Albus si voltò confuso, e per la prima volta da che ebbe messo piede in quell’arena, si sentì invadere da un’ondata di puro e irrefrenabile terrore.
Come se qualcuno avesse scagliato un altro Arresto Momentum, Scorpius stava cadendo al suolo, con una lentezza surreale, privo di sensi.
 
«SCORPIUS!»
Soltanto quattro voci osarono sfidare quel silenzio irreale, ma nessuno ebbe modo di appurare chi fossero i proprietari, perché come ridestati dal quel suono, anche il resto degli spettatori proruppe in urla di paura.
 
E poi, fu il caos.




Angolo Autrice:

Bene, è rimasto ancora qualcuno? O siete tutti venuti a cercarmi per cruciarmi, dopo questo orribile cliffhanger? Scherzi a parte, credo davvero che questo sia il capitolo migliore di questa Fan Fiction. Temevo da morire il confronto con la scrittura della Prima Prova, ma si è rivelato più facile ed elettrizzante del previsto. Vi giuro, avevo davvero l'adrenalina a mille. Spero vorrete farmi sapere cosa ne pensate, se siete soddisfatti o meno, e se la narrazione è stata sufficientemente adatta per lo stile energico che questo capitolo richiedeva. Tengo inoltre a chiarire che ogni incantesimo e anche i "serpenti" sono appartenenti al mondo canon di Harry Potter, ma i dettagli verranno spiegati nel prossimo capitolo :D Avevo preventivato di concluderlo in modo differente, ma sono successe davvero tante cose e ho deciso di lasciare il resto per il prossimo. Però non vi lascio a bocca asciutta, perché come annunciato ecco a voi la prima parte di un regalo che andrà avanti anche nel prossimo capitolo!
Nel frattempo, fatevi sentire numerosi e ditemi i vostri pensieri riguardo alla storia e all'introduzione delle gif, che secondo me rendono più interessante la lettura.
Grazie mille per le 63 seguite, i 27 preferiti e i 12 ricordati. Grazie a Mary Evans e Jade_Malfoy per essersi fatte sentire nello scorso capitolo, spero di sapere le vostre opinioni anche oggi!
Un bacione!


SilverKiria


 
I PROTAGONISTI DI PAPER WALLS:

 

Lily Luna Potter



Scorpius Hyperion Malfoy



Albus Severus Potter



Ethan Flint



Selene Travers

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***





CAPITOLO 14


La lancetta delle ore dell’orologio sul comodino batté le due, e Lily si rigirò irritata nel letto.
Erano passati tre giorni dallo svolgimento della Prima Prova, e nonostante l’esito non così funesto, la Grifondoro non era ancora riuscita a dormire un’intera notte di fila. Sebbene durante la giornata mantenersi impegnata le risultasse incredibilmente facile, tra lo studio per i GUFO che stava entrando nel vivo del primo semestre e gli impegni con la Gazzetta per organizzare le interviste e gli articoli futuri; una volta toccato il cuscino con la testa, il suo cervello diventava fastidiosamente sveglio.
In un attimo i ricordi di tutti gli avvenimenti accaduti dopo la fine della prova la assalivano prepotenti, così come l’immagine che da tre notti insonni tormentava i suoi pensieri: Scorpius inerme e privo di sensi sul terreno dello Stadio.
Non riusciva a perdonarsi l’urlo orripilato che aveva varcato le sue labbra prima ancora di poter formulare un pensiero, e l’idea che qualcuno se ne fosse accorto la tormentava. Come avrebbe potuto spiegarlo? Lei non era niente per il Serpeverde, riteneva di potersi definire a malapena una conoscente, ma di sicuro non un’amica.
“O qualcosa di più.”
Lily si voltò di nuovo nelle coperte del baldacchino, odiando quella vocina petulante che non faceva che suggerirle scenari impossibili. Certo, le parole di Selene l’avevano turbata non poco, e inconsciamente avevano acceso un barlume di speranza.
Perché si sarebbe data il disturbo di farle sapere come stavano veramente i fatti, se non per intimarla di andare avanti? Di conoscere meglio Scorpius, di parlarci, uscirci insieme, di…?
L’ennesimo volo pindarico delle sue fantasie venne fatto schiantare bruscamente dall’idea assurda di una convivenza tra Albus, James, Scorpius ed Ethan, nella sua vita.
Per quanto fossero andati d’accordo i momenti antecedenti alla Prima Prova, il buonsenso di Lily le impediva di dare per scontato uno scenario in cui i quattro potessero coesistere nella sua vita, senza siparietti di litigi infantili e battute sarcastiche al veleno.
Tant’è vero che Al non era più andato a trovare il Serpeverde in infermeria, dopo il primo giorno. Lily sospettava che il fratello avesse pensato più e più volte di fare visita al compagno di squadra, ma il loro rapporto complicato e la rivalità innata non erano stati facilitati dalla tensione ormai onnipresente che aleggiava nel Castello.
Negli scorsi giorni infatti, Grifondoro e Serpeverde avevano raggiunto picchi preoccupanti di aggressività: il fatto che Scorpius, Campione Serpeverde, Cercatore nonché Capitano della squadra di Quidditch dei verde-argento, si fosse ferito per difendere Albus aveva innescato una serie di battutine al vetriolo nei corridoi, che erano poi degenerati in sporadiche liti accese su chi fosse stato il peso morto nella Prova e di chi fosse la colpa dell’infortunio del biondo.
I Serpeverde dichiaravano imbarazzante la performance del giovane Potter, che era stato salvato da Scorpius per il rotto della cuffia non una, ma ben due volte. D’altro canto, i Grifondoro ignoravano completamente la palese eccellenza nella padronanza di magie avanzate dimostrata da Malfoy, e lo accusavano anzi di aver aspettato di proposito ad utilizzare l’incantesimo Freddifiamma solo per fare sfoggio delle sue abilità, a discapito dell’incolumità di Albus.
Ormai arresasi all’evidente nottata in bianco che l’aspettava, Lily accese piano la piccola lampadina che teneva sul comodino, attenta a non svegliare le compagne di stanza.
Ramona Oakins si rigirò nel letto per qualche secondo, ma alla fine ripiombò tra le braccia di Morfeo.
Sollevata, la Grifondoro estrasse con cura una pergamena da sotto il materasso e afferrò la bacchetta che era appoggiata accanto alla lampada.
«Giuro solennemente di non avere buone intenzioni.»
Alle parole appena sussurrate della rossa, sul foglio prima intonso iniziarono ad apparire scritte e immagini bordeaux vergate con una grafia sbilenca e sottile.
Albus aveva acconsentito a prestargliela senza fare domande, sopraffatto com’era dagli ultimi eventi.
Gli occhi nocciola della ragazza studiarono attentamente i movimenti delle orme contrassegnate dal nome del proprietario, sorridendo dolcemente all’idea di quanti Potter avessero già vissuto quella scena ad Hogwarts.
Vista l’ora tarda, quasi tutte le persone si erano ormai rifugiate nei comodi letti, e soltanto le impronte di Gazza e Karkaroff continuavano a muoversi, uno al terzo piano, probabilmente in perlustrazione, e l’altro a godersi il bicchiere della staffa nella stanza assegnatoli.
Non appena ebbe finito di cercare altri possibili ritardatari in giro per il castello, Lily si permise di sbirciare verso l’Infermeria e, come ogni volta nelle due notti precedenti, leggere il nome di Scorpius le fece battere il cuore più forte.
Per la prima volta però dacché aveva iniziato quello strano gioco segreto, notò con un sussulto che Scorpius fosse da solo, eccezion fatta per l’altro ospite sottoposto a cure mediche.
Nei giorni antecedenti infatti, Selene ed Ethan erano rimasti tutta la notte con l’amico, con il permesso accordato probabilmente sotto le spinte di Draco Malfoy.
Lily si lasciò andare ad un sorriso sotto i baffi, pensando a come l’uomo non fosse poi tanto diverso da suo padre.
E nell’istante stesso in cui una malsana idea le balenò nella mente, Lily agguantò la Mappa del Malandrino, si mise al volo una felpa sopra i pantaloni del pigiama, si infilò le scarpe da ginnastica, e uscì dal Dormitorio il più velocemente possibile, bacchetta in mano.
Alla luce del timido Lumos che le indicava la via, Lily si sforzò di non pensare a quanto fosse sconsiderato, insensato e completamente folle quello che stava per fare.
E riuscì a mantenere la mente abbastanza vuota, fino a che non si trovò qualche minuto dopo di fronte alle enormi porte davanti alle quali era passata tante volte in quei giorni.
Nascose la Mappa nella tasca sul davanti della felpa, e respirò a fondo.
Poi, entrò.
 
 
***
 
 
Scorpius Malfoy si rigirò nel letto, sbuffando piano. Il suo amorevole compagno di stanza parlava a tratti nel sonno, e il corpo indolenzito continuava a mandargli fitte a tradimento, rendendogli molto difficile rilassarsi abbastanza per poter dormire.
Ripensò alle due notti precedenti, passate cercando di non ridere delle battute di Ethan sussurrate nella notte, o delle espressioni irritate di Selene di fronte all’idiozia del suo ragazzo.
Gli mancavano terribilmente, e il cuore gli si scaldò piacevolmente al pensiero di quanto fosse fortunato ad avere due migliori amici che si erano impuntati con suo padre, pur di ottenere la sua autorizzazione per fargli compagnia.
«Tanto non riuscirà a dormire bene per lo stress delle ferite, l’ha detto anche il signor Malfoy. Almeno passerà qualche notte in allegria!» aveva esclamato Ethan, facendo roteare gli occhi a Draco e alla McGranitt, ma finendo per vincere la sua causa.
«Due notti, non una di più.» avevano sibilato ammonitrici le labbra della Preside, mentre perfino Draco si scioglieva in un sorriso di fronte alla gioia dei due Serpeverde.
«Datemi la coppa, ho vinto io!» sussurrò estasiato il ragazzo sul letto a poca distanza da Scorpius, e il Serpeverde gli lanciò malevolo uno dei cuscini del letto adiacente al suo, esclamando: «Se vuoi saprei io dove infilarti quella stramaledetta Coppa!».
Per risposta, l’altro si rigirò nel letto, profondamente addormentato ma tacendo le sue smanie di grandezza, e una risata soffocata fece sussultare Scorpius.
«Chi c’è?» domandò confuso, prendendo la bacchetta velocemente, forse troppo vista la fissa improvvisa al braccio, e mormorando “Lumos”.
La luce appena nata illuminò un viso così fuori posto in quel luogo, che Scorpius non riuscì ad impedire ai suoi occhi grigi di sgranarsi per la sorpresa.
«Lily
La Grifondoro accennò un sorriso imbarazzato, spostando il suo sguardo sulla sagoma addormentata poco distante, per prendere tempo.
Così facendo, il Serpeverde ebbe il tempo di studiarla interessato, notando divertito che doveva essere in pigiama sotto quella felpa over-size dei Cannoni di Chudley, a giudicare dagli improbabili pantaloni neri a pois bianchi che le fasciavano le gambe.
I capelli rossi erano legati in una coda alta, ma alcune ciocche cadevano disordinate ai lati del volto arrossato per l’emozione e Scorpius si perse a pensare che quello era l’aspetto che Lily aveva durante il sonno.
«Bel look, Potter.» commentò ironico quando sentì che la scia di quei pensieri potesse rivelarsi pericolosa, e decise di cambiare argomento.
Lily gli lanciò uno sguardo tra l’imbarazzato e lo strafottente, inarcando un sopracciglio.
«Non mi sembra che tu sia in abito da sera.»
Scorpius sbirciò il suo outfit, ringraziandosi mentalmente per aver deciso di indossare dei pantaloni sopra i boxer.
Il pigiama era composto da una maglietta grigia con lo stemma dei Serpeverde, e dei pantaloni dalla riconoscibile fantasia scozzese a grandi quadrati rosso vermiglio e verde scuro.
Si premurò anche di mandare un silenzioso pensiero di apprezzamento a sua madre, che da appassionata di moda qual era gli aveva portato dei pigiami costosi per il suo soggiorno in Infermeria.
«Almeno non sfoggio con disinvoltura la felpa di una squadra che ha vinto l’ultima Coppa all’incirca poco prima dell’estinzione dei dinosauri.» rispose piccato, e si beò del sorriso divertito che incorniciò il viso dell’altra.
«Già. Immagino che in casa Weasley ci sia un malsano amore per le cause perse.» sospirò Lily, sedendosi su una sedia accanto al letto di Scorpius.
Sebbene la ragazza fosse ancora rigida e a disagio, Scorpius notò un leggero miglioramento: Lily riusciva a guardarlo quantomeno in viso, e il Serpeverde sentì un brivido scorrergli lungo la schiena.
Avrebbe voluto chiedergli come mai fosse lì, se fosse ancora arrabbiata, cosa pensasse di lui, di loro.
L’idea di farla scappare però lo spaventò troppo, e risolse decidendo di metterla in una situazione che potesse renderla meno nervosa possibile, evitando quindi accuratamente temi troppo sensibili.
«Penso tu abbia ragione sulle cause perse, anche se a giudicare dall’astio che si aggira nella mia Sala Comune, a quanto mi dicono, anche noi Serpeverde a volte amiamo le cause perse. Tipo odiare tuo fratello per l’unica cosa al mondo di cui non abbia assolutamente colpa.» disse con una smorfia di disappunto, indicando il suo letto.
Lily annuì pensierosa, incatenando poi saldamente il suo sguardo a quello di lui.
«Stai…stai bene? I Serpeverde vaneggiavano di ferite sanguinanti e sofferenze indicibili e io non…cioè, nessuno sapeva cosa stesse succedendo.» mormorò titubante.
Scorpius alzò le spalle con disinvoltura, soppesando le parole successive: non voleva farla preoccupare, ma allo stesso tempo ci teneva a precisare l’entità dei danni riportati, affinché non lo potesse ritenere uno smidollato.
«Non mi lamento. Il veleno di quello che si è rivelato un Ashwinder non è letale, ma causa un affaticamento incredibile per qualche settimana. Fortunatamente mio padre è intervenuto subito, limitando i sintomi a pochi giorni, ma ha detto che il morso del serpente ha aggravato il forte stress magico che era già in corso. Non ho mai usato così tanta magia in così poco tempo, e il mio fisico non ha retto tutta la pressione, alla fine. Qualche pozione rinforzante, un po’ di riposo e già domani mio padre mi ha assicurato che potranno dimettermi.» concluse Scorpius, sorridendole incoraggiante.
Lily sembrò visibilmente sollevata, e il Serpeverde gioì internamente per quella visione.
Quantomeno, è felice che io sia vivo.
«Giuro che strozzerò Mulciber, continuava a blaterare sulla probabile amputazione della gamba infetta dal veleno.» sibilò maligna Lily, gli occhi accesi da una rabbia che a lui sembrò tremendamente dolce.
«Ci vuole ben altro per abbattermi. Mica sono un rammolito come quello lì.» rispose Scorpius, indicando con un cenno della testa il letto a qualche metro da loro.
«Mio padre ha detto che ha fatto tanto rumore per nulla.» commentò Lily, roteando gli occhi.
«Già.» confermò il biondo, per poi continuare: «Mentre eravamo negli spogliatoi, mio padre è entrato ricoperto di sangue, e credevamo fosse successo qualcosa di tremendamente grave. A quanto pare invece questo francese senza pluffe ha pensato bene di afferrare tra le mani l’uovo incandescente, e ha finito per ustionarsele. La cosa di per sé non è così tragica come sembra: tra le cure di Madama Chips e mio padre sarebbe potuto uscire la mattina dopo, fresco come una rosa. Però il signorino ha chiesto di aspettare l’intervento del suo medimago privato, che è riuscito a smaterializzarsi qui soltanto ieri sera.»
Lily sbuffò irritata.
«Che enorme rottura di boccini. Scommetto che chiunque sia il suo medico, non potrebbe neanche baciare le scarpe a tuo padre, il Primago dell’ospedale più grande di Londra.»
Lily non si accorse del moto di fierezza che innescò in Scorpius, e portò avanti la conversazione come se nulla fosse.
«A dire il vero, mi sembra strano che non abbia voluto farti ricoverare al San Mungo, dopotutto avrebbe potuto tenerti d’occhio più attentamente.»
Scorpius annuì.
«È stato un tema dibattuto. Come dici tu, subito dopo la Prova mio padre era assolutamente intenzionato a farmi trasferire per potermi seguire personalmente, ma mia madre l’ha convinto che la diagnosi fatta da lui stesso non costituiva un’emergenza. In più, qui ci sarebbero potuti essere Ethan e Selene, e nonostante sia il capo, perfino mio padre non avrebbe potuto garantire di stare con me ogni giorno.»
Lily ascoltò interessata quella spiegazione, immaginandosi vividamente le scene tra Draco e Astoria come se fosse un film.
Scorpius aveva finito da qualche secondo quando la Grifondoro prese di nuovo la parola, quasi fosse stata troppo concentrata ad ascoltarlo.
«Flint e Selene sembrano degli ottimi amici.» osservò la rossa.
Scorpius assentì.
«Non credo avrei potuto chiedere di meglio. Hanno perfino ottenuto il permesso per stare con me le prime due notti.»
Per qualche ragione, il Serpeverde sospettò che Lily ne fosse già a conoscenza, ma alla fine cercò di non pensarci. Dopotutto, la McGranitt era stata categorica sul divieto assoluto di diffondere la conoscenza di quel privilegio, perché altrimenti in simili occasioni anche altri avrebbero potuto pretendere trattamenti uguali.
“E l’infermeria non è un hotel, sono stata chiara?”
Eppure, il modo in cui Lily si limitò ad annuire distrattamente, sembrò indicargli che non fosse poi così sorpresa dalla sua rivelazione.
«Penso che ognuno si meriti gli amici che ha, in senso positivo. Evidentemente, anche tu devi essere ottimo amico, oltretutto sei stato anche un compagno di squadra più che generoso.»
Scorpius perse un battito a quelle parole, ed entrambi furono troppo impegnati a nascondere l’imbarazzo che le dichiarazioni della rossa avevano sortito, per accorgersi dei sentimenti dell’altro.
«Voglio dire, ti sei beccato un morso di Ashwinder pur di salvare Al. Lui di certo non sarebbe stato altrettanto propenso a sacrificarsi.» esclamò Lily, indicando la sagoma di Antoine, profondamente assopita.
Scorpius sorrise divertito, e confessò che neanche lui avrebbe mai scommesso su un atto di coraggio da parte del francese.
«Se non fosse stato per Angelique, devo ammettere che probabilmente quell’idiota si sarebbe ritrovato con ustioni in ben altri lidi.» aggiunse poi Lily, unendosi alla risata strozzata di Scorpius.
Per quanto probabilmente la ragazza straniera non godesse dei suoi favori, il Serpeverde considerò molto maturo da parte della Grifondoro riconoscerne i meriti sul campo della Prima Prova.
«E anche Durmstrang si è data da fare, da quanto ho sentito.» disse piano Scorpius, allo stesso tempo preoccupato che Lily potesse aver trovato l’esibizione di Emmett migliore della sua, ma avido di saperne il giudizio, per quanto sgradevole avrebbe potuto essere.
Lily sembrò pensarci su, arricciando il naso in una posa concentrata, e quando parlò la voce era tranquilla, quasi stessero disquisendo delle previsioni meteo per il giorno dopo.
«Direi di sì. Emmett si è dimostrato molto versato negli incantesimi, e hanno finito per concludere la prova in un tempo quasi da record. Però è sembrato perfino troppo facile, a mio avviso. Il turno tuo e di Al invece, ha riservato un sacco di suspense ed è sembrato più… avvincente.» concluse la rossa, soddisfatta di come fosse riuscita ad esprimersi chiaramente.
«Sono felice che ti sia piaciuta.» disse sinceramente Scorpius, ancora prima di accorgersene.
E forse fu l’eccessiva facilità con cui dimostrò di tenere alla sua opinione, che fece ridestare Lily.
La ragazza si alzò di scatto, quasi si fosse ricordata solo in quel momento dove si trovasse, e guardò allarmata la porta.
«Merlino, sarà meglio che mi sbrighi a tornare. Non ci terrei ad avere un appuntamento notturno con Gazza.» sussurrò concitata, ma prima che potesse fuggire, Scorpius le prese dolcemente il braccio e la trattenne piano.
Entrambi si ritrovarono incatenati allo sguardo dell’altro, e il Serpeverde non seppe mai dove avesse trovato il coraggio di chiederle quello che disse.
«Mi piace parlare con te. Domani uscirò da qui e penso parteciperò alla seconda uscita ad Hogsmeade, questo weekend. Semmai avessi voglia di fare due chiacchiere, mi troverai nella radura vicino alla Stamberga Strillante. Sai come ci si arriva?»
Lily annuì prima ancora di riflettere sul da farsi, e lui la lasciò andare con un sorriso appena accennato.
«Ottimo. Per il momento, penso mi limiterò solo ad augurarti la buonanotte. E se ti capitasse di soffrire ancora di insonnia, leggi un libro. Credo sia meno pericoloso che passeggiare nel castello da sola, Potter.» la redarguì giocosamente Scorpius, facendole l’occhiolino con un ghigno da vero Serpeverde.
La Grifondoro allora sfoderò la sua migliore smorfia sfacciata, sistemando piano la sedia dove l’aveva trovata.
«Guarda che io non ho paura di niente, Malfoy
Prima ancora che entrambi potessero aggiungere altro, Lily se n’era andata, lasciando solo il vago profumo di lavanda a ricordare a Scorpius che sì, lei era stata lì per davvero.
E lui non si era mai sentito così esaltato in vita sua.
 
 
***
 
 
Nel frattempo, un’altra donna della famiglia Weasley non riusciva a prendere sonno.
Hermione continuava a rigirarsi nel letto, buttando di tanto in tanto l’occhio verso la schiena immobile di suo marito, apparentemente profondamente addormentato.
Dal termine della Prima Prova, un paio di giorni prima, Ron si era chiuso sempre di più in sé stesso, ma quello che davvero spaventava Hermione era l’assoluta facilità con cui lui mascherava questo cambiamento.
La verità era che la donna non riusciva a perdonarsi, e continuava a rivivere in quelle notti insonni gli avvenimenti di quel fatidico pomeriggio.
 
Dopo lo svenimento di Scorpius, Hogwarts era piombata nel caos. Il Ministro aveva ordinato con voce stentorea e magicamente amplificata agli insegnanti di scortare immediatamente tutti gli studenti all’interno del castello.
Hermione aveva visto Astoria Greengrass fiondarsi verso l’accesso più vicino, diretta al capezzale del figlio, mentre Draco Malfoy era entrato di corsa nello Stadio, il camice sporco di sangue rappreso, e si era subito adoperato a sussurrare incantesimi, accarezzando protettivo la testa del figlio.
L’urlo di Ginny l’aveva distratta da quella scena, ed Hermione si accorse che Harry era entrato come una furia sul terreno di gioco, attirando a sé con altrettanta premura Albus, ormai sceso dall’albero, e guidandolo via da quel trambusto.
Bastò un rapido cenno affinché Hermione e Ron compresero le intenzioni di Ginny: la donna si alzò veloce e sparì, seguendo il percorso che doveva aver fatto anche Astoria.
«Credi che dovremmo restare?» chiese Ron con voce dubbiosa, ed Hermione negò col capo, prendendolo per mano.
«No, peggioreremmo solo la situazione creando altri fastidi. Ginny ed Harry ci informeranno di cosa accadrà. Andiamo a casa.»
Il marito le restituì un sorriso delicato, quasi infondendo in quel gesto l’enorme ringraziamento per sapere sempre cosa fare, anche dopo tutti quegli anni.
Salutarono velocemente Hugo e Rose, rincuorandoli che sarebbe andato tutto per il meglio, ed abbracciarono una pallidissima Lily. Hermione la sentì sciogliersi tra le sue braccia, e le scoccò un bacio leggero sui capelli, come quando era piccola.
Erano ormai vicini ai cancelli di Hogwarts, da dove si sarebbero potuti smaterializzare, quando sentirono una voce richiamare la loro attenzione.
«Hermione!»
Entrambi si voltarono, ancora mano nella mano sia per darsi forza che per impedire alla fiumana di gente di separarli.
Come però Ron ebbe visto chi gli si stava parando di fronte, con un’espressione preoccupata, sciolse la stretta, guardando confusa la moglie.
Viktor Krum li raggiunse in poche falcate, e andò ad abbracciare Hermione sotto lo sguardo sorpreso di lei e quello furibondo di Ron.
«Cos’è successo? So che anche io ho fatto queste prove, ma non credo di aver mai avuto così paura come ne ho avuta vedendo i ragazzi affrontarle. Eravamo anche noi così piccoli?» domandò agitato, probabilmente carico di adrenalina come tutti in quella situazione.
«In realtà noi eravamo perfino più piccoli. Harry, Hermione ed io all’epoca avevamo quattordici anni.» specificò rancoroso Ron, come a sottintendere che il suo timore fosse del tutto ingiustificato.
«E siete stati molto coraggiosi. Harry come Campione e voi come spettatori. Ora devo andare, voglio controllare che Emmett stia bene. Hermione vieni a trovarmi quando vuoi, la scorsa volta mi ha fatto così piacere passare del tempo con te, quasi non fosse passato un anno dal nostro Torneo Tremaghi. Ci vediamo Herm. Ciao Ron!» si accomiatò poi il bulgaro, dirigendosi verso l’ingresso della scuola.
«Ti sei incontrata con Krum?» la voce di Ron era impassibile, senza alcuna emozione.
La fissava senza in realtà vederla, ed Hermione si sentì gelare dentro.
«Abbiamo solo parlato Ron, davvero! Io ti giuro che…»
«L’hai visto e non mi hai detto niente?»
La domanda di Ron sembrava più una constatazione, e quando Hermione annuì, le lacrime agli occhi, lui scostò i suoi dalla moglie, incapace di aggiungere altro.
«Ron…»
La voce di lei echeggiò senza risposta, perché l’uomo si voltò senza aggiungere altro, e non appena fu possibile, si smaterializzò, lasciandola sola.
Più sola di quanto si fosse mai sentita in vita sua.
Nei giorni successivi Ron aveva evitato di affrontare l’argomento, e ad un occhio inesperto sarebbe potuto sembrare come se non fosse successo nulla tra di loro.
Eppure, lei lo sentiva più distante, i sorrisi che le rivolgeva non arrivavano agli occhi, e sembrava sempre sovrappensiero.
La guardava meno, come se non la riconoscesse più.
«Hermione, per la terza volta, hai semplicemente visto un tuo ex per fare due chiacchiere. Io sto bene e, come hai detto tu qualche tempo fa, anche io vedo ogni giorno Lavanda al Ministero. Non ho nulla, davvero.»
Le aveva ripetuto quelle parole fino allo sfinimento, ma Hermione singhiozzò silenziosamente nel cuscino, perché non ci avrebbe mai creduto.
Ron aveva sempre amato dormire stringendola a cucchiaio, e lei si era rintanata nelle sue braccia amorevoli e addormentata al ritmo del respiro di lui sui suoi capelli per anni.
Ora, l’unica cosa che vedeva era la schiena di Ron, e sebbene il piumone fosse sempre lo stesso, lei non sentì mai così freddo nel loro letto.
E nella loro vita.
 
 
***
 
 
Il weekend arrivò in un lampo, prendendo di sorpresa tutti gli studenti di Hogwarts, e con esso sopraggiunse anche la seconda uscita di quell’anno ad Hogsmeade.
Ethan e Selene avevano già immaginato cosa fare per la loro prima volta in gita insieme, e la notizia che anche Scorpius avesse dei piani, non fece altro che emozionarli di più.
«Le piaci! È palese che tu le piaccia, Scorp. Andiamo, ho visto tante ragazze nei più bui antri del Castello con la luna in cielo e credimi, nessuna di loro anelava a sfidarmi ad una partita di gobbiglie.»
Il commento che il ragazzo fece tronfiamente scaturì uno sguardo gelido da parte di Selene e una risata soffocata di Scorpius, alla vista dei complimenti esagerati che Ethan iniziò a sciorinare per farsi perdonare.
Il biondo si sdraiò sul divano della Sala Comune quasi vuota, ormai completamente ripreso dalle ferite e impaziente al pensiero del possibile incontro con Lily, di lì a un’ora.
Nei due giorni che avevano separato le sue dimissioni dall’infermeria dalla data prevista per l’uscita ad Hogsmeade, Scorpius non aveva fatto altro che rivivere i momenti di pura gioia che aveva passato in compagnia della rossa.
Parlare con Lily si era rivelato ancora più facile delle altre volte, e si stupì a ripensare spesso in quel lasso di tempo a quel bacio mancato prima del disastroso epilogo nella Guferia.
Sapeva benissimo che lei non si fidava ancora completamente di lui, lo leggeva nella sua titubanza quando provava ad avvicinarsi o a fare qualsiasi cosa che superasse il confine non scritto nel loro rapporto.
«Per quanto io condivida l’ottimismo del megalomane qui accanto, voglio comunque precisare una cosa.»
La voce di Selene lo sottrasse ai suoi pensieri, e rivolse la sua attenzione verso l’amica.
La ragazza era seduta sulla poltrona accanto a lui. Indossava la divisa di Serpeverde nascosta sotto un leggero cardigan nero e i capelli lisci lasciati sciolti facevano risaltare la sua carnagione chiara. L’unico particolare diverso dal solito erano gli orecchini: due piccoli pendenti a forma di luna verde scuri, quasi neri, che Scorpius ed Ethan le avevano regalato per il suo sedicesimo compleanno.
«Ossia?» domandò curioso il biondo.
Selene prese un respiro leggermente più lungo del normale, e anche Ethan si fece molto attento, visto il disagio che la Serpeverde sembrava provare facendo quella considerazione.
«Non è detto che la Potter si presenti. Credo anche io che il fatto che sia venuta a trovarti, nel cuore della notte, rappresenti un evento significativo ed incoraggiante di un suo interesse. Però non ha esplicitamente accettato un invito, che peraltro tu non hai neppure fatto. Le hai detto dove trovarti se avesse voglia di vederti, certo. Ma se non se la sentisse? Se non volesse complicare ulteriormente la vostra strana relazione? Io voglio solo che tu non soffra ancora.» concluse in un soffio, legando gli occhi scuri con quelli grigi del migliore amico.
Scorpius sorrise, intenerito dalla preoccupazione di lei, e annuì comprensivo.
«Grazie, Sele. Ti prometto che cercherò di non crearmi aspettative irreali.»
La ragazza lo studiò qualche secondo, ma alla fine distese le labbra in un’espressione soddisfatta.
«Ottimo, ora che il futuro del giovane Malfoy è stato analizzato in ogni suo più noioso dettaglio, direi che potremmo prepararci per il nostro pomeriggio speciale, che dici, tesoruccio?» esclamò in modo appositamente sdolcinato Ethan, e lei gli si avvicinò così tanto che le loro labbra si sfioravano.
«Sai, improvvisamente non sono più così certa di voler giocare a gobbiglie con te, cucciolino mio
E subito dopo la Serpeverde si alzò, internamente divertita dalla vendetta che aveva portato a termine, dirigendosi verso i Dormitori Femminili e lasciando i due da soli.
Ethan era rimasto completamente basito, guardando in modo vacuo il punto in cui qualche secondo prima sedeva la sua ragazza.
«Lei…lei sta scherzando, vero Scorp?» domandò attonito, e il biondo non se la sentì di rovinare la magistrale ripicca di Selene, per cui si limitò a sollevare le spalle in maniera vaga.
«Ah, non lo so, ma mi sembrava tremendamente seria.»
L’espressione di puro terrore che si dipinse sul volto di Ethan costrinse Scorpius a soffocare malamente il ghigno che gli incurvò le labbra, rifugiandosi dietro ad una copia di “The Quidditch Guardian”.
Selene ed Ethan erano sempre più uniti, e nonostante Scorpius conoscesse abbastanza bene il migliore amico per cantare vittoria così presto, si sentiva fiducioso sulla sua capacità di impegnarsi.
Lo vedeva sinceramente coinvolto da ogni cosa che riguardava il benessere della Serpeverde, e intenzionato più che mai ad evitarle qualsiasi tipo di sofferenza.
Anche e soprattutto a causa sua.
In conclusione, si sentì incredibilmente felice quando, mezz’ora più tardi, si diresse verso il punto di ritrovo coi professori insieme a tutti i Serpeverde abbastanza grandi per partecipare alla gita.
E nonostante avesse promesso a Selene di tenere a freno le redini della fantasia, l’immagine di lui e Lily intenti a scherzare maliziosamente come facevano i suoi due migliori amici gli regalò un sorriso spensierato, che lo accompagnò nel tragitto verso quello che si prospettava un pomeriggio estremamente interessante.
 
 
***
 
 
«Devi andarci.»
«No che non devo.»
«E se te ne pentissi?»
«E se andasse tutto a rotoli? Se facessi la figura dell’idiota, se lui l’avesse detto solo per dire, se…?»
«E se invece andasse tutto bene, per una volta? Saresti disposta a rischiare di non provarci?»
Lily lanciò uno sguardo indispettito a Sophie, che di rimando allargò il suo sorriso da “Sai che ho ragione, smettila di perdere tempo”.
«Merlino Lils, ti ha invitata ad uscire con lui.» esclamò esasperata la Corvonero, seguendo la folla di studenti dal Terzo Anno fino al Settimo che si stavano incamminando verso Hogsmeade.
Lily scosse il capo svogliatamente, come a scacciare quei semi di speranza che l’amica cercava di piantare dentro di lei.
«Non mi ha invitata. Ha detto che è piacevole parlare con me, e se io volessi conversare ancora con lui potrei…»
«Ma tu vuoi parlare ancora con lui, vero?»
Sophie aveva inarcato un sopracciglio in maniera scettica, e la fissava come se la stesse sfidando a contraddirla.
Lily sbuffò, infastidita dalla perspicacia innata della ragazza e dalla sua totale incapacità di mentirle efficacemente.
Le due erano inseparabili da quando avevano undici anni; e salvo qualche periodo durante le vacanze, mai più lungo di tre settimane, e il recente momento in cui avevano litigato, non avevano mai trascorso del tempo l’una senza l’altra.
A volte era stata la Grifondoro a visitare la casa di Sophie, una piccola villetta molto carina a un’ora da Londra, in cui l’amica viveva coi genitori e il fratello maggiore, ormai fuori da Hogwarts da qualche anno.
Altre volte era stata Sophie a soggiornare in casa Potter per parecchie settimane di fila, tra la gioia dei coniugi Potter, che speravano che la Corvonero infondesse nella figlia un po’ della sua pazienza e dedizione allo studio; e il piacere di Lily nell’avere una compagna con cui condividere le avventure che la sua stramba famiglia sapeva sempre riservare.
Pertanto, la rossa trovava ormai impossibile non essere onesta con Sophie: l’amica la conosceva come le sue tasche, e di tanto in tanto ciò la metteva in difficoltà, a causa del suo essere molto schiva di natura.
«Non credo sia una buona idea. Sophie, davvero, cosa potrebbe uscirne di buono? Nel migliore dei casi, potrebbe trovarmi abbastanza interessante per qualche chiacchiera, ogni tanto. Poi la novità svanirebbe e tornerei ad essere la piccola Potter.»
Sophie guardò l’aria affranta di Lily, e le cinse le spalle con un braccio, stringendo delicatamente.
«Lils, ti fidi di me?»
Lily fece scontrare i suoi occhi nocciola con quelli verde scuro dell’altra, leggendovi una richiesta sincera di essere ascoltata.
Si limitò ad annuire convinta: era sicura che Sophie fosse la persona di cui si fidasse di più, al di fuori della sua famiglia.
La Corvonero le sorrise dolcemente, parlando a voce bassa.
«Allora credimi se ti dico che tutti i dubbi che senti nascere non sono la voce della tua ragione, ma il parto delle tue insicurezze. Vai da lui, e se andasse male, cosa che dubito altamente, almeno ci avrai provato e io sarò sempre qui a raccogliere i pezzi.»
Lily la strinse in un abbraccio veloce, prima di rimettersi a camminare per non rimanere indietro.
«Grazie Soph, credo tu abbia ragione. Ci vado!» esclamò risoluta Lily, dando una leggera spinta giocosa alla Corvonero che si era messa ad applaudire dopo la sua affermazione.
«Così si fa, Potter!» gioì la mora.
«Oltretutto…» iniziò a dire Lily, mentre entravano ad Hogsmeade e l’aria cominciava a diventare elettrizzante, tra il vociare emozionato degli studenti che chiamavano a gran voce amici appena ritrovati.
«Credo che dovrò cogliere ogni occasione per trovarmi un ragazzo, o rimarrò da sola per sempre. Hugo ormai sembra essere stato risucchiato dall’universo Isabella, e tu non fai altro che sbaciucchiare quella Puffola Pigmea di mio fratello!»
Sophie spinse offesa l’amica, che di rimando si mise a ridere dopo aver finto un conato di vomito al pensiero delle effusioni tra la Corvonero e il Grifodoro.
«Sei tremenda! Io non passo ogni minuto del mio tempo incollata ad Al!»
«Hai ragione: ci passi ogni secondo.»
Sophie venne agguantata da dietro da un paio di braccia, che si rivelarono quelle di Albus Potter.
Il Grifondoro scoccò un rumoroso bacio sulla guancia della fidanzata, impedendole di liberarsi.
Lily si sciolse in un timido sorriso, salutando Erik Lee che era appena comparso da dietro le spalle di Albus.
«Fortuna che ci sei tu, Lils. Sono stanco di fare il terzo incomodo con questi due piccioncini.» dichiarò Erik, alzando gli occhi al cielo e facendo ridere Lily.
«Così finalmente potrò rapire Sophie e portarla da Madama Piediburro.» disse Al, cercando di non scoppiare a ridere di fronte allo sguardo omicida che gli scagliò contro la Corvonero.
«Non credo proprio. Se anche solo provassi a portarmi in quel manicomio fru fru, giuro che ti schianterei senza battere ciglio.» sibilò inviperita Sophie, riuscendo finalmente ad evadere dalla stretta del ragazzo.
«Sarebbe una visione davvero imperdibile, ma io ho altri piani, quindi credo che mi avvierò.» annunciò Lily, rispondendo con un sorriso all’espressione incoraggiante di Sophie.
«Piani? Che piani?» domandò curioso Albus, mentre Erik gli diede una gomitata con un sorriso malandrino in volto.
«Non è ovvio, Al? Fra poco diventerai cognato
E Lily andò per la sua strada senza aggiungere altro, divertita nel sentire Albus inveire contro il migliore amico, e quest’ultimo continuare a prenderlo in giro senza pietà, dipingendo scene vivide di Lily avvinghiata a qualche bel fusto.
Fu con ancora il sorriso sulle labbra che arrivò alla piccola radura indicatagli da Scorpius, il cuore che batteva a mille e le dita che correvano frenetiche sui capelli color rubino, che le ricadevano dolci sulle spalle.
Indossava una giacca leggera di pelle nera sopra una felpa bianca col cappuccio, e un paio di jeans neri a sigaretta che sparivano dentro a degli stivali neri con del pelo chiaro sulla cima.
Il vento frizzante di Novembre agitava le fronde degli alberi, minacciando un freddo che si sarebbe di certo scatenato di lì a poco.
Lily si guardò attorno, incuriosita da quel luogo. Vi era già stata con James, Al e Fred durante il suo terzo anno, quando i ragazzi avevano voluto spaventare lei e Hugo raccontando loro che qualche lupo mannaro continuasse a vivere dentro la Stamberga Strillante, aspettando l’opportunità giusta per colpire la sua prossima preda.
Le labbra le si arricciarono in un’espressione allegra, al ricordo della punizione colossale che Harry e zio George avevano imposto ai figli, una volta scoperto come Lily e Hugo avessero avuto incubi per oltre un mese, al sentire dei suoni orrendamente simili a degli ululati, che si rivelarono essere nient’altro che l’ennesimo scherzo del terribile gruppo dei Grifondoro.
«Sei la prima persona che vedo sorridere, guardando quella vecchia casa degli orrori.»
Lily sussultò, voltandosi di scatto.
Scorpius la guardava, un ghigno da Serpeverde che si dispiegava sul volto.
Nonostante la sorpresa, Lily si ritrovò ad osservare sollevata come il ragazzo sembrasse stare molto meglio: le occhiaie leggere e i segni di stanchezza avevano completamente abbandonato il suo viso, così come l’aria provata e affaticata.
«E tu sei la prima persona che vedo nascondersi tra questi alberi, con lo scopo di spiare i poveri avventori.» gli rispose piccata Lily.
Scorpius si avvicinò a lei, continuando a parlare con fare provocatorio.
«Forse, ma almeno non le vengo a svegliare nel cuore della notte, nei loro letti in Infermeria.»
Lily allargò gli occhi, colta in fallo, e si voltò per non concedergli di vedere il rossore che aveva invaso le sue guance.
«Sia come sia, se mi hai fatto venire qui solo per spiarmi, credo proprio che me ne andrò.» rispose sagacemente, ma quando lui le fu di fronte, non osò muovere un muscolo.
«In realtà, avevo pensato di farti vedere una cosa. Che ne dici, rossa?»
Lily lo guardò dubbiosa, inarcando le sopracciglia e stringendo le labbra.
«Dovrei avere paura?»
Lui alzò le spalle con indifferenza, ma non interruppe il contatto tra i loro due sguardi.
«Credevo non avessi paura di niente, Potter.»
Detto questo, il Serpeverde si voltò senza aggiungere altro, sparendo nella foresta.
Lily si guardò attorno per un po’, meditando il da farsi, ma dopo pochi secondi si arrese e prese atto di una verità lampante: la sua scelta l’aveva già fatta andando in quella radura.
Quindi, senza perdere altro tempo, si incamminò dietro a Scorpius, col cuore che batteva a mille e le farfalle nello stomaco.
 
 
***
 
 

 
«Dobbiamo camminare molto?»
La voce di Lily giunse da poco dietro le sue spalle, e Scorpius sentì il cuore perdere un battito: l’aveva seguito. Nonostante tutti i casini che erano successi, lei l’aveva seguito.
«No, ancora un paio di minuti e dovremmo esserci.»
Il silenzio della foresta tornò a fare da padrone dopo le parole del Serpeverde.
Nessuno dei due sembrava voler interrompere quella strana atmosfera, e lasciarono cantare gli ultimi uccellini rimasti, ululare piano il vento che passava tra le fronde e scrocchiare le foglie sotto i loro piedi.
Dopo poco però, il sottofondo rilassante del bosco venne cambiato da un nuovo suono che si unì a quell’orchestra improvvisata: lo scorrere lontano di un torrente.
Non era tanto forte, ma abbastanza affinché i ragazzi iniziassero a sentirlo sempre più, a mano a mano che si avvicinavano.
«Un fiume? Non sapevo ci fosse un fiume qui.» commentò Lily, che si era portata al fianco di Scorpius per ascoltare meglio lo scrosciare frenetico dell’acqua.
«Credo non lo sappia nessuno, o almeno nessuno l’ha mai detto. Eccoci, siamo arrivati.»
E come se il paesaggio avesse udito le parole di Scorpius, gli alberi si diradarono, aprendo davanti a loro uno spettacolo inaspettato.
Un piccolo torrente scorreva in mezzo ad una radura dalle dimensioni inferiori di quella di fronte alla Stamberga Strillante.
Accanto al rivolo d’acqua, c’era una panchina di legno bianco, leggermente provata dalle intemperie ma comunque affascinante.
Lily aguzzò la vista, e aprì la bocca in una ‘O’ perfetta quando vide cos’era appoggiato sopra la panchina.
«Coca-Cola? Burrobirra? Dove hai trovato queste cose?» domandò esterrefatta, correndo a studiare le due bottiglie.
Scorpius rise della sua allegria, e con un gesto della bacchetta fece apparire due semplici bicchieri di plastica con delle cannucce.
«Diciamo che ho i miei mezzi.» rispose sibillino, sedendosi all’altro estremo della panchina e passandole un bicchiere.
Lily si versò un po’ di Coca-Cola, e ad un cenno di Scorpius riempì anche il suo bicchiere.
«Sono sbalordita, Malfoy. Non credevo conoscessi questo tipo di bevande babbane.» esclamò colpita, e lui arricciò le labbra in una smorfia trionfa.
«Sono un uomo ricco di sorprese.»
Dopo il commento del biondo, il silenzio ripiombò tra di loro, ma non in modo disagevole.
Entrambi stavano godendo del paesaggio calmo che li circondava, assaporando la bibita fresca nonostante non fosse affatto caldo.
«Ieri stavo preparando l’articolo sulla Prima Prova. I risultati non sono così tragici: siete secondi dietro a Durmstrang, ma sono sicura che riuscirete a recuperare.» disse Lily, guardando di sottecchi Scorpius.
Il ragazzo annuì, pensieroso.
«Devo ammettere che è stata più tosta di quanto mi aspettassi. Non è solo saper domare la magia, è anche e soprattutto non farsi sopraffare dagli eventi, dalle emozioni e dall’adrenalina. Non mi sono mai sentito così vivo in vita mia.»
Lily lo ascoltò con piacere, e quando l’altro ebbe finito sospirò, giocando con la cannuccia rossa.
«Vi ammiro, io non credo che ci riuscirei. Già la parte della magia mi sarebbe ostica, ma affrontare prove ardue di fronte a così tanta gente…non credo ne sarei in grado.»
Scorpius rivolse lo sguardo verso di lei, e quando parlò la voce era venata da una nota di dolcezza che Lily sentì chiaramente, come una coccola da tempo aspettata.
«Non sottovalutarti. E’ difficile, certo, ma gli occhi delle persone non sono così spaventosi. Anzi, a volte è quando non ti senti visto, che fa davvero paura.»
Lily soppesò le sue parole, chiedendosi se avrebbe davvero potuto sperare che stesse in qualche modo parlando di lei.
La sua bassa autostima però riuscì a bloccarla dal chiederlo, dal domandargli se anche lui l’avesse vista, se anche lui non si fosse mai sentito così nudo come quando i loro sguardi si incatenavano.
Al contrario, finì per sfoderare una smorfia fintamente scettica, e Scorpius nascose la delusione dentro di sé, per quell’ennesimo tentativo di affrontare l’argomento tragicamente naufragato.
«Non riuscirai mai a darmela a bere. Scorpius Malfoy, non visto? E’ scientificamente impossibile. A volte credo che Hogwarts sia più una vetrina e un ricettacolo di pettegolezzi, che una Scuola di Magia.»
Scorpius assentì, puntando lo sguardo in un punto imprecisato di fronte a lui.
«Sì, a volte sembra davvero troppo. Non si riesce mai ad avere un minimo di privacy, senza che delle malelingue comincino a serpeggiare nei corridoi.»
«Però devo ammettere che ti sei ritagliato un bello spazietto per stare tranquillo.» aggiunse Lily, facendo sorvolare gli occhi nocciola sul paesaggio attorno a lei, colpita ancora una volta dalla quiete irreale che si nascondeva appena fuori dalla caotica Hogsmeade.
«L’abbiamo scoperto io e Selene il terzo anno, alla nostra prima uscita ad Hogsmeade. Ethan era impegnato con la ragazza del periodo, e io e Sele siamo sempre stati due tipi più riservati. Alla terza uscita avevamo già imparato a memoria ogni angolo del villaggio, per cui ci siamo dati all’esplorazione. E, beh, eccoci qui.»
Scorpius riallacciò lo sguardo con Lily, chiedendosi cosa li fermasse dall’essere sinceri l’uno con l’altra.
Sapevano che quelli non erano che un’ombra di loro stessi: la chimica che era scocca anche qualche notte prima in Infemeria sembrava ribollire famelica sottopelle, ma per qualche oscuro motivo nessuno dei due era intenzionato a liberarla.
Finché Lily non fece una cosa assolutamente inaspettata: si avvicinò appena a lui.
I loro fianchi si toccavano appena, e Scorpius decise che sarebbe stato quello il momento, o non sarebbe stato mai più.
Le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, e lei sorrise appena.
Si avvicinarono sempre di più l’uno al viso dell’altro, fino a che i loro nasi cominciarono a sfiorarsi.
«Scorpius.»
Il sussurro di Lily sembrò mandarlo a fuoco e senza attendere altro allacciò le sue labbra a quelle di lei, in un bacio famelico ma allo stesso tempo delicato.
Non durò molto, però fu talmente intenso da lasciarli entrambi senza fiato.
Rimasero a fissarsi per qualche secondo, incapaci di credere che fosse successo davvero, e spaventati nel vedere la minima ombra di rimpianto sul volto dell’altro.
Ma non c’era, non c’era nulla che non fosse un’immensa gioia nell’aver realizzato quella fantasia a lungo sopita.
Scorpius distese le labbra in un enorme sorriso e Lily ricambiò felice, gli occhi nocciola che le brillavano per l’emozione.
In quella radura, non venne pronunciata nessun’altra parola, ma non ce ne fu bisogno.
Per la prima volta, Scorpius e Lily sentirono di essersi capiti davvero.
 
 
***
 
 
Selene sorseggiò la sua Burrobirra calda, nascondendo il sorriso da vera Serpeverde che minacciava di inarcarle le labbra carnose.
Ethan aveva continuato tutto il pomeriggio a chiederle scusa per l’allusione alle gobbiglie delle altre ragazze, giurando che d’ora in avanti per lui sarebbero esistite solo le sue di gobbiglie.
A discapito dell’apparenza però, quel battibecco puerile nascondeva qualcosa che entrambi stavano assaporando in silenzio: la possibilità di essere finalmente una coppia, senza bisogno di cambiare la propria personalità.
Ethan sarebbe sempre rimasto un po’ narcisista, nel tentativo di nascondere le cicatrici ancora troppo fresche che pulsavano sotto la superficie; mentre Selene avrebbe sempre capito fino a dove spingersi nello stuzzicare Ethan, per donargli quella spensieratezza che da troppo tempo si era impedito di provare davvero.
«Meglio che tu beva la tua Burrobirra, o si finirà col raffreddarsi.» lo redarguì Selene, mentre l’altro alzava teatralmente gli occhi azzurri al soffitto.
«A che scopo? Il mio cuore ormai è piombato in un’intemperia mortale, e una semplice bevanda non riuscirà a salvarmi.»
Selene stava per ribattere, quando la sua attenzione venne improvvisamente catturata da una persona completamente inaspettata, che si stava dirigendo verso di loro.
«Ethan…» sussurrò piano, ma lui non la fece continuare.
«Lasciami finire Sele, ti prego. Il dolore esige di essere vissuto, e la mia sofferenza immane per le tue dure parole non verrà interrotta da…»
«Buongiorno, Ethan.»
Il volto del ragazzo si oscurò in un attimo, e Selene strinse immediatamente la mano di lui sotto il tavolo.
Il Serpeverde si girò con lentezza studiata, e fissò lo sguardo glaciale sulla figura alle sue spalle.
«Padre.»
Ethan non si alzò per abbracciare l’uomo che gli sorrideva, né fece qualsiasi cosa che guardare insistentemente il suo interlocutore, implicitamente pressandolo affinché parlasse.
Marcus Flint era un bell’uomo sulla cinquantina (*), e Selene si stupì ancora una volta come sembrasse la copia del futuro di Ethan: capelli mori più ordinati del figlio, ma lo stesso sguardo di ghiaccio e avvenenza nei lineamenti.
Indossava un completo nero con una cravatta verde scuro che spiccava sopra la camicia bianca, e ogni cosa del suo aspetto rivelava la posizione di rilievo occupata nel Magitribunale.
«Sono in ritardo per un processo, ma ho saputo che oggi vi sareste recati ad Hogsmeade, e ho pensato di farti un saluto.» spiegò con voce profonda, ed Ethan rimase del tutto impassibile.
«Beh, mi hai salutato. Missione compiuta, ora puoi andare a salvare il mondo dai cattivi.» gli sputò in faccia, velenoso, e nemmeno le carezze segrete di Selene alla mano non riuscirono ad aiutarlo a nascondere il disprezzo palese che nutriva nei confronti dell’uomo.
L’altro però sembrò decidere di ignorare l’ultimo commento del figlio, e lanciò una rapida occhiata al pesante orologio d’argento che aveva al polso.
«Purtroppo, credo proprio di dover andare. Ah, ci tenevo a darti una buona notizia di persona.» dichiarò il signor Flint, soddisfatto di aver catturato l’attenzione del figlio.
«Sarebbe?» domandò infatti Ethan, le labbra strette in una smorfia dubbiosa.
«Ho parlato col college tedesco di tua sorella. A quanto pare si è diplomata con largo anticipo, e lei mi ha chiesto se potesse tornare ad Hogwarts per finire anche il Settimo Anno in Inghilterra. Ne ho discusso con la McGranitt proprio ora, e si è detta d’accordo. Arriverà la prossima settimana.»
Ethan lasciò andare la mano di Selene e si alzò di scatto.
Uscì dai Tre Manici di Scopa senza rallentare, e si fermò solo quando sentì la fidanzata chiamarlo da lontano.
Aspettò che lo raggiungesse, e quando lei gli prese il viso tra le mani, asciugando le lacrime invisibili che cercavano di irrompere sul suo volto, Ethan pensò di non averla mai amata come in quel momento.
«Andrà tutto bene Eth. Ci sono io qui, e c’è Scorp. Non sei solo, non lo sei più.» sussurrò dolcemente, stringendolo con forza quando lui la trasse a sé.
 
«Lo so, Sele. Ma sai, io e Scorpius abbiamo imparato anni fa nel peggiore dei modi, una tremenda verità: quando c’è di mezzo Zoe, non verrà mai nulla di buono.»




Angolo Autrice:

Buongiorno popolo di EFP! Eccomi qui a portarvi il nuovo capitolo di Paper Walls! Che dire? SI SONO BACIATI. Sento i cori angelici scendere su di noi, ma come ogni storia che si rispetti, l'inghippo sarà dietro l'angolo. E tenete bene a mente il nome di Zoe, perché sarà fondamentale nei prossimi capitoli. Mi è dispiaciuto molto far soffrire la povera Hermione, ma non voglio fare contesti da Mulino Bianco, e com'è normale che sia ogni tanto qualche problema capita a tutti. Piccola nota (*), ho ignorato spudoratamente la descrizione orribile di Marcus Flint che viene fatta su Harry Potter, spero che mi perdonerete, ma Ethan non sarebbe mai potuto nascere con dei geni così poco interessanti :D Non ho altro da aggiungere, se non che ringrazio davvero col cuore Jade_Malfoy per aver recensito lo scorso capitolo: spero davvero tanto che vorrai farmi sapere cosa pensi anche oggi, e ovviamente estendo l'invito a chiunque ne avesse voglia <3
Io vi ringrazio per il generoso seguito, e vi rimando al prossimo capitolo di Paper Walls, che ne riserverà davvero delle belle (ad esempio un certo matrimonio)!
Vi lascio con l'altra carrellata di gif che ritraggono alcuni protagonisti della storia, e spero che le gif che ho fatto con le mie mani appositamente per voi siano di vostro gradimento :3
Alla prossima!

SilverKiria


 
I PROTAGONISTI DI PAPER WALLS pt.2:




James Sirius Potter



Dominique Weasley



Sophie Watson

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Ps: in questo capitolo ci saranno molte descrizioni di vestiti, ma siccome sono una schiappa, aggiungerò a fine capitolo i link alle foto, semmai le mie parole non fossero state sufficientemente esplicative :) Buona lettura! Ps²: Non so perché ma da Android non mi mostra le gif interne al testo degli ultimi due capitoli, al momento. Spero sia un problema temporaneo, ma vi invito comunque a leggerlo dal pc per gustarvi tutto appieno :3






CAPITOLO 15


 
«Scorpius, amico, te lo devo dire: se non fossi felicemente e perdutamente innamorato del gentil sesso, ti salterei addosso senza perdere un minuto.»
Scorpius rabbrividì, visibilmente disgustato all’idea di ricevere avances da Ethan Flint.
«Ti ringrazio, Eth. Ora sì che non dormirò la notte.» sbuffò, divertito dall’espressione offesa di Ethan e da quella esasperata di Selene, seduta accanto a lui sul suo letto a baldacchino.
Tornare al Malfoy Manor gli sembrava sempre surreale, quasi come se la sua vita lì fosse lontana anni luce dalla quotidianità ad Hogwarts.
Si sistemò la cravatta nera sulla camicia bianca, guardandosi allo specchio a muro che arrivava fino al soffitto. Il riflesso gli restituiva l’immagine di un diciassettenne dai capelli biondo cenere, vestito di tutto punto: camicia bianca con una classica cravatta nera, e un completo scuro come la notte che era costato più di tutto il suo materiale scolastico per il settimo anno ad Hogwarts.
L’enorme camera di Scorpius era stata arredata con un look classico ma minimalista, dove dei bianchi candidi come neve si alternavano a drappi verde scuro, e dettagli particolari. La comoda poltrona bianca a forma di uovo che galleggiava sospesa nell’aria, appesa con delle corde delicate al soffitto; il pianoforte a coda nero di legno lucido che occupava un intero angolo della stanza, e le foto di paesaggi che Scorpius aveva scattato nei viaggi in giro per il mondo fatti con i genitori.
Ethan si alzò dal letto del migliore amico e andò a guardare le foto magiche che ritraevano loro tre insieme, nel corso degli anni.
Scorpius le aveva sistemate con cura all’interno di cornici di vari toni di grigio, sopra la scrivania bianca.
«Sì, come no. Tanto so benissimo cosa domina i tuoi sogni da una settimana a questa parte, e non credo siano le mie avances.» ghignò divertito, godendo dello sguardo truce che gli lanciò il biondo.
«Non avete più parlato dall’uscita ad Hogsmeade?» domandò Selene, ignorando le battute del fidanzato.
Indossava un vestito blu notte che le scopriva la pallida schiena, e delle scarpe del medesimo colore con un tacco appena pronunciato.
I capelli erano legati in una coda alta, mentre collo e orecchie erano adornati con dei gioielli di cristalli trasparenti.
Non appena l’aveva vista, quella mattina, Ethan era rimasto completamente senza parole. Si era limitato ad andarle incontro e a stringerla a sé, lasciandole un delicato bacio sulla fronte.
Scorpius negò col capo, lisciandosi nervoso lo smoking che Astoria gli aveva comprato.
«No. Tra le nostre lezioni per i M.A.G.O. e le sue per i G.U.F.O., credo che entrambi abbiamo avuto per compagnia solo enormi tomi polverosi.»
«Però oggi la vedrai di sicuro, quindi cerca solo di non dare troppo nell’occhio quando deciderai di recuperare il tempo perso. Non credo che Harry Potter ti risparmierebbe la vita, solo perché è il matrimonio di sua nipote.» lo prese in giro il Serpeverde, ma Scorpius non riuscì a controbattere perché in quel momento Astoria entrò nella camera.
La donna era perfino più elegante del solito, il fisico slanciato fasciato da un vestito di velluto verde scuro, che sul seno e sulla schiena lasciava il posto ad un intricato intarsio di ricami di pizzo del medesimo colore.
I capelli erano legati in uno stretto chignon, e solo due ciocche appositamente studiate le ricadevano ai lati del volto.
«Astoria, Selene mi perdonerà, ma sei davvero magnifica.» le disse sorridente Ethan, e la donna gli arruffò i capelli mori con affetto.
«Solo per questa volta, te lo concedo. Sei da perdere il fiato.» commentò la ragazza, e anche Scorpius si aggiunse ai complimenti, chiedendole se avesse intenzione di rubare l’attenzione alla sposa.
«Siete dei tesori. Non sono però venuta qui per farmi elogiare, soprattutto perché anche voi siete assolutamente incantevoli. Scorp, quando puoi vai nello studio da tuo padre un attimo, vuole parlarti.»
Scorpius annuì, e dopo avergli scoccato un bacio sulla guancia, Astoria si congedò.
«Credo che andrò a vedere cosa vuole il vecchio, spero di potervi lasciare soli senza diventare zio troppo presto, vero?» chiese lascivo, e si lasciò andare ad una risata quando Selene si allontanò dal fidanzato, che era subito corso da lei.
«Non ti preoccupare, non c’è pericolo.» disse calma la Serpeverde, sorridendo del broncio ora sfoggiato da Ethan.
Dopo che il biondo si fu chiuso la porta alle spalle però, il sorriso sparì dalle labbra di Selene, che sospirò pensierosa.
«Credi che stiamo facendo la cosa giusta?» domandò all’altro, che si sedette sulla poltrona sospesa e la invitò tra le sue braccia.
Selene si accoccolò sulle gambe di Ethan, lasciando che il ragazzo le accarezzasse i capelli in modo protettivo.
«Hai visto com’è felice per Lily. Tanto, che lui sappia o meno non influenzerà in alcun modo il ritorno di Zoe, però così possiamo lasciargli il tempo di viversi con spensieratezza questo momento di soddisfazione.»
Selene annuì alle parole del Serpeverde, giocando distrattamente con la cravatta scura che indossava.
«Spero solo di non farlo soffrire più del necessario.» sospirò tristemente, ed Ethan si unì a lei.
«Non credo potremmo evitargli di soffrire: per quanto sia innamorato di Lily, le ferite che gli ha inferto Zoe l’hanno scorso gli bruciano ancora sottopelle, e come potrebbe essere altrimenti.»
Selene alzò la testa di scatto, il viso improvvisamente illuminato da un’espressione allarmata.
«Tu non pensi che potrebbe perdonarla, vero?»
Ethan agganciò i suoi occhi azzurri a quelli tenebra di lei, e le labbra gli si incurvarono in una smorfia addolorata.
 
«Io penso che, a discapito di quanto si possa immaginare, Scorpius abbia il cuore fin troppo tenero. Dobbiamo solo augurarci che la mia cara sorellina non voglia usarlo per affilarsi gli artigli. Di nuovo
 
 
***
 
 

 
«Mi passi il lucidalabbra?»
Sophie afferrò il tubetto rosa e lo porse a Lily, per poi continuare a mettersi l’ombretto rosso sulle palpebre.
Il vestito che aveva scelto di indossare per le nozze di Victoire, in quanto accompagnatrice di Albus, era fatto di pizzo rosso, dall’apparenza semplice ma reso più speciale dai capelli ricchi color dell’ebano che le ricadevano morbidi sulle spalle.
«Non esagerare, o lascerai il povero Scorpius appiccicoso e con uno sgradevole odore di fragola su tutto il viso.» la stuzzicò la Corvonero, ridendo del repentino arrossamento in zona guance che la migliore amica non riuscì a bloccare.
«Non svegliar il drago che dorme, Sophie.» la redarguì Lily, sistemandosi i capelli.
Anche lei, come la migliore amica, aveva optato per lasciarli liberi di accarezzare dolcemente il suo abito rosa pallido. Aveva una gonna dal taglio particolare, e la parte superiore del busto era completamente disegnata con dettagli di organza.
«Scusa, scusa. Scherzi a parte, come intendi agire? Non vi siete più visti dopo il bacio, e immagino che tu non consideri un ricevimento a cui parteciperà ogni membro della tua famiglia un luogo ideale per il vostro primo appuntamento post-sbaciucchiamento.» commentò Sophie, lanciando uno sguardo curioso in direzione dell’amica.
Lily sospirò, dubbiosa.
«Immagini bene. Morgana, se solo avessimo avuto occasione di parlare prima. Come dovrei trattarlo? Come se non fosse successo nulla? O come se fosse il mio ragazzo? Non so nemmeno se lui voglia essere il mio ragazzo.» sciorinò agitata la Grifondoro, per poi bestemmiare Merlino quando il mascara le finì dritto in un occhio.
«Intanto cerca di non accecarti.» la prese in giro Sophie, per poi tornare seria.
«Io direi di comportarti con naturalezza. Non essere eccessivamente espansiva, ma non appena ti sembra il momento più adatto, avvicinati con nonchalance e tasta il terreno. Se il bacio è stato così naturale, il resto lo sarà ancora di più, fidati.»
Lily ascoltò con attenzione il suggerimento della Corvonero, e le sembrò così facile ciò che consigliava l’amica, che le si dipinse un sorriso più disteso sul volto.
«Hai ragione. E poi, non c’è mica fretta. Io vorrei soltanto stare con lui, chiacchierare, essere noi stessi; tutto qui.» disse piano, quasi come se quella timida richiesta fosse ancora un futuro troppo lontano per essere auspicabile.
Sophie le cinse la vita con un braccio e la strinse delicatamente.
«E ce la farai. Il bacio c’è già stato, cosa potrebbe andare storto ormai?»
 
 
***
 
 
La Tana vibrava di vita come non succedeva da tempo: gran parte della famiglia Weasley era già arrivata, e stava correndo da una parte all’altra per finire di allestire il gigantesco tendone in cui anni prima si erano sposati anche Bill e Fleur.
Quasi tutti i cugini erano rimasti a dormire lì la sera precedente, quasi volessero tornare indietro nel tempo, e Victoire sorrise dolcemente al ricordo di come Fred e James avessero sfidato Teddy ad una partita di Quidditch il pomeriggio non appena giunti alla Tana, e a come immediatamente si fossero uniti Albus, Roxanne, zio Harry, zio Ron, zio George, Angelina, Ginny, Louis e perfino Lily. D’improvviso gli anni sembravano essere tornati indietro, a quando lei e Teddy erano solo ragazzini, circondati da bambini più piccoli e sempre impegnati a controllare che non distruggessero nulla.
Eppure, il tempo non si era riavvolto, e Victoire si stava rimirando allo specchio, ancora incredula di fronte al riflesso che esso le restituiva.
«Sei stupenda, proprio come lo era tua madre.»
Victoire si voltò raggiante, le labbra rosse aperte in un sorriso enorme.
Bill Weasley entrò nella stanza che una volta era appartenuta a lui, gli occhi lucidi nel vedere la sua bambina ormai donna che indossava lo stesso vestito con cui anche Fleur, molti anni prima, aveva coronato insieme a lui il loro sogno d’amore.
«Forse addirittura un po’ di più di tua madre, ma non dirle che te l’ho detto.» le sussurrò divertito tra i capelli, quando lei gli si fiondò tra le braccia.
La risata di Victoire gli vibrò nel petto, e Bill si sentì come quando l’aveva presa in braccio per la prima volta, l'anniversario del giorno in cui la Guerra era finalmente finita. Il giorno in cui il futuro gli si era disteso davanti, finalmente carico solo di promesse di gioia.
«Teddy è un uomo molto fortunato, quasi quanto me.» aggiunse poi il maggiore dei figli Weasley, guardando incantato il viso della sua primogenita.
«Quasi?» domandò divertita Victoire, accarezzando le ferite ormai cicatrizzate che segnavano il volto del padre. Le conosceva a memoria, e dacché ricordasse non le avevano mai incusso terrore.
«Ovvio. Io ho te, tua mamma, tua sorella e tuo fratello. Per ora siamo quattro a uno per me.» le rispose l’uomo, distendendo le labbra in un sorriso malandrino.
Victoire roteò gli occhi, sorridendo però dell’animo da Peter Pan che aveva sempre contraddistinto il padre.
«Allora inizierò subito a fare un sacco di figli, così Teddy ti batterà nel giro di qualche anno.» lo prese in giro la bionda, e Bill le accarezzò la guancia con dolcezza, un grande sorriso che troneggiava sul suo viso.
«Senza fretta. Anche perché così non farai che aumentare le mie gioie. Arrenditi, Teddy non mi batterà mai.» precisò Bill, voltandosi verso la porta quando sentì dei passi salire le scale.
«Mi dispiace contraddirti papà, ma Teddy ti ha battuto molto tempo fa. I capelli che cambiano colore valgono almeno cento punti.»
Louis Weasley strizzò l’occhio al padre, prima di andare ad abbracciare la sorella maggiore.
Sebbene Victoire fosse quattro anni più grande di lui, l’ultimo figlio dell’unione Weasley-Delacour aveva superato ormai da anni le due sorelle maggiori in altezza, e Victoire non ebbe difficoltà a nascondersi nell’abbraccio da orso del fratellino.
«Louis ha ragione. Il rosso marca Weasley è un po’ demodé.» aggiunse Dominique, facendo la linguaccia all’indirizzo del padre e baciando la sorella maggiore sulla guancia, non appena questa si fu liberata dalle braccia di Louis.
«Signorina, guarda che sono stato io il primo a sfoggiare questi capelli. Sono gli altri sei venuti dopo, e quelli dopo ancora, che hanno voluto copiarmi.» rispose piccato Bill, ridendo con i figli.
«Sei bellissima, Vicky.» disse dolcemente Dominique, usando il nomignolo che solo lei e Louis le avevano sempre rivolto.
«Confermo, fin troppo, aggiungerei.» esclamò Louis, ammirando l’elaborata acconciatura che raccoglieva i capelli dorati della sorella.
Victoire cercò di non commuoversi per evitare di sciupare il trucco, e ricambiò i complimenti ai due fratelli.
Louis indossava un completo blu scuro, uguale a quello di Bill, mentre Dominique sfoggiava un lungo vestito grigio perla, e aveva raccolto i capelli per tre quarti, lasciando libero qualche ciuffo ribelle.
«Ce n'est pas possible! Siete ancora tutti qui? Bill, Arthur ha bisogno di te. Dom, Lou, potete restare ancora dieci minuti, poi scendete anche voi, fra poco arriveranno gli ospiti.»
Fleur era entrata in camera come una furia, il volto teso, troppo presa dalle mille cose da fare. Aveva già avuto il suo momento di commozione madre-figlia con Victoire quando l’aveva aiutata a indossare quello che era stato anche il suo abito da sposa, e in quel momento sembrava solo impegnata ad assicurarsi che tutto andasse per il meglio.
Bill uscì velocemente dietro la moglie, mimando con le labbra una richiesta d’aiuto.
Dopo che ebbero smesso di ridere, Dominique si avvicinò alla sorella per aiutarla a sistemare gli ultimi dettagli del vestito, e Louis si sdraio sul letto che una volta era appartenuto al padre.
«Sono ancora pieno di crampi dopo la partita di ieri. Spero ci sia champagne a volontà, e magari anche qualche nuova conoscenza tra i trentamila invitati.» esclamò il biondo.
«Mi dispiace deluderti, ma le uniche modelle che ho invitato sono anche più grandi di me.» gli rispose Victoire, ma Louis allargò il sorriso, in modo malizioso.
«Non ti preoccupare sorellona, non sono più un bambino.»
Dominique lo guardò disgustata, e rispose saccentemente come quando erano bambini.
«Louis, ti prego. Hai solo diciannove anni.»
L’ex-Corvonero si mise seduto, scoccandole uno sguardo scettico.
«E allora? Proprio per questo devo godermi la mia gioventù il più possibile, prima che voli via su una Firebolt. Guarda Jamie, è addirittura più piccolo di me di un anno, ed è giù in salotto appiccicato come una piovra a Jade Porter.»
Dominique sentì la spazzola scivolarle dalla mano, ma riuscì a nascondere quella défaillance senza far insospettire gli altri due.
«Jade Porter? Non si erano lasciati?» domandò Victoire, incuriosita.
Louis alzò le spalle, per poi aggiungere: «Evidentemente c’è stato un ritorno di fiamma. D’altronde, lei è proprio uno schianto, non so nemmeno perché l’avesse lasciata. E poi, che male c’è? Non è mica un dramma tornare con la ex storica, no?»
Dominique sorrise amaramente, nascondendo il suo dolore nell’atto di sistemare il vestito alla sorella maggiore.
 
«Già, non è mica un dramma.»
 
 
***
 
 
Ginny varcò l’entrata del giardino della sua vecchia casa, stando attenta a non far impigliare il lungo vestito viola nel cancello.
Harry la seguiva a ruota, chiacchierando emozionati della cerimonia a cui stavano per assistere, e ricordando con nostalgia i tempi lontani in cui Victoire e Teddy erano solo due bambini che giocavano a fare gli sposini.
«Credo che Teddy avesse avuto sei anni, la prima volta che mi disse che avrebbe sposato Vic. Non lo presi sul serio, ma a questo punto direi che avrei dovuto.» disse Harry, unendosi alla risata della moglie.
«Sono sempre stati così innamorati. Ah, c’è Hermione. Herm!» esclamò Ginny, dirigendosi verso la cognata.
Hermione indossava un vestito azzurro cielo che le lasciava le spalle scoperte, e aveva raccolto i capelli con due bacchette dello stesso colore.
«Ron dov’è?» chiese Harry dopo aver abbracciato la migliore amica, ma dal fugace dolore che attraversò per un momento lo sguardo di Hermione, l’uomo intuì che forse avrebbe dovuto lasciarle sole.
«Non importa, lo cercherò mentre vado a salutare Teddy. E’ nel capanno in giardino, giusto?»
Hermione confermò l’ipotesi dell’ex Grifondoro, e lo guardò avviarsi senza aggiungere altro.
«Ti va di parlarne?» mormorò Ginny, guidando l’amica verso una panchina lì vicino.
Hermione annuì, stringendo le labbra in una smorfia contrita.
«Vorrei tanto parlarne con lui, ma non serve a nulla. Continua a fingere che sia tutto normale, però non mi tocca, non mi guarda. Non mi sorride più come prima
Ginny abbracciò la donna, sentendola sciogliersi in poche lacrime trattenute per troppo tempo.
«Tranquilla, Herm. Andrà tutto bene, ne sono sicura. Ron è un’idiota, certo, ma ti ama più di chiunque altro al mondo, e non appena capirà che sta facendo tanto rumore per nulla, non esiterà a chiederti scusa.»
Hermione sollevò il viso dalle spalle della rossa, accennando un sorriso mentre si risistemava il trucco leggero con un colpo di bacchetta.
«Lo spero proprio. Sto facendo di tutto per non far preoccupare Rose e Hugo, che ora dovrebbero essere in cucina con Molly. Se solo gli avessi parlato subito di Krum, magari avrei…»
Una voce lontana però interruppe la loro conversazione.
«Mamma! Le scarpe mi stanno uccidendo, mi vieni ad aiutare per favore?»
Hermione sorrise il più tranquillamente possibile alla figlia, dicendole che sarebbe arrivata subito.
«Fatti coraggio Herm, andrà tutto per il meglio. Te lo prometto.» la rassicurò ancora Ginny, infondendole un po’ di serenità con il suo sorriso.
Mentre però guardava Hermione andarsene, Ginny pensò al fratello maggiore, e a come avesse bisogno di una spinta per accelerare un rappacificamento che sarebbe comunque avvenuto.
E decise che avrebbe avuto bisogno di un piccolo aiuto.
 
 
***
 
 
Harry guardò il figlioccio sistemarsi la cravatta, e sorrise quando i capelli gli diventarono rosso fuoco per la frustrazione.
«Venticinque anni e ancora non hai imparato?»
Teddy si voltò alle parole di Harry, un sorriso colpevole dipinto in volto.
«Temo di dover ammettere che di solito è Vic ad aiutarmi.» disse piano il ragazzo, mentre l’uomo gli si stava avvicinando.
«Beh, dubito di avere il tocco gentile di Vic, ma vedrò cosa posso fare.» scherzò Harry, prendendo tra le mani la cravatta scura e annodandola egregiamente in pochi secondi.
«Grazie, Harry.» mormorò Teddy, un sorriso raggiante in volto.
«A cosa servono i padri, sennò?» rispose semplicemente l’uomo, stringendo il ragazzo ormai alto come lui in un abbraccio che non aveva bisogno di parole.
Harry aveva sempre provato a fargli soltanto da padrino, ma alla fine non aveva mai riscontrato differenze tra l’affetto profondo che aveva sempre provato per Teddy e quello che era nato come padre dapprima con James, e poi con Al e Lily.
Aveva finito per considerarlo a conti fatti figlio suo, così come da giovane aveva pensato a Sirius come al padre che Voldemort gli aveva strappato via in quella notte d’ottobre.
Tuttavia, Harry non aveva mai voluto prendere il posto di Remus, e anzi aveva sempre nutrito la curiosità naturale e l’affetto indistruttibile che legava Teddy al padre mai conosciuto.
«Tuo padre sarebbe stato fiero di te, esattamente come lo sono io.» sussurrò piano Harry, appoggiando delicatamente le sue labbra alla nuca del ragazzo, come quando era solo un bambino.
Quando si staccarono, entrambi avevano gli occhi lucidi, e Teddy si sentì sommerso da un amore così puro che aveva compreso essere quello che solo un genitore può provare.
«Anche James lo sarebbe stato di te.» disse Teddy, ed Harry sorrise.
A volte, erano così simili dal fargli dubitare che non fosse biologicamente figlio suo.
«Posso entrare o rischio di essere divorato da quella che sembra una sindrome premestruale a tutti gli effetti?»
Quello che invece era davvero figlio suo se la stava ridendo sotto i baffi, e Harry scompigliò sbuffando i capelli di James, non appena questo si fu avvicinato.
Il capanno degli attrezzi era stato magicamente convertito in spogliatoio, per tenere a debita distanza Victoire e Teddy e impedire che si vedessero prima delle nozze.
Dopo aver salutato il padre con una pacca sulla spalla, James abbracciò velocemente anche Teddy, e come Harry prima di lui, pensò a come quel ragazzo fosse sempre stato il fratello maggiore che la vita gli aveva regalato.
«Wow, Vic impazzirà quando ti vedrà, però voci di corridoio mi hanno detto che anche lei è una bomba. Spero tu riesca a mantenere gli sbaciucchiamenti al minimo, altrimenti non posso promettere che qualcuno non darà di stomaco.» lo provocò James, colpito poi da una scappellata del padre.
«Teddy sa come comportarsi, Jamie. Questo discorsetto dovresti farlo a te stesso, ti ho visto prima con Jade.»
«Jade?» domandò stupito Teddy, mentre James si serviva una generosa dose di vino elfico dal tavolo lì accanto, sotto lo sguardo severo di Harry.
«Già, Jade. Ultimamente ho riconsiderato alcune cose della mia vita, e sono giunto alla conclusione che fosse ora di riprovarci.» disse il ragazzo, palesemente contrariato dopo che Harry gli ebbe trasformato il vino elfico in Burrobirra con un gesto della bacchetta.
«Vi eravate lasciati ad aprile, se non erro. Cos’era successo?» domandò Teddy, servendosi anch’egli del vino elfico.
Il futuro sposo rise sotto i baffi quando James sfidò silenziosamente il padre a cambiare anche il suo drink, ma un’occhiata neutra di Harry sembrò dirgli “Teddy è grande e di lui mi fido, Jamie”.
«Io…credevo ci fosse un’altra. Una che…una storia complicata, ecco. Però non è andata in porto, e quindi eccoci qui.» spiegò velocemente James, incapace di guardare gli altri due negli occhi.
Harry sospettò che dietro quella spiegazione si celasse finalmente il motivo del malumore del figlio maggiore, e sembrò rincuorato che James stesse cercando di andare avanti.
«Beh, Jade mi è sempre piaciuta, è una ragazza in gamba.» commentò Teddy, ma la conversazione finì lì, perché Andromeda Tonks entrò nella stanza.
Dopo aver abbracciato calorosamente sia Harry che James, i due Potter lasciarono a nonna e nipote della meritata privacy, e tornarono in giardino.
Harry vide Albus e Fred confabulare in un angolo, entrambi con degli smoking nero scuro come il suo, e osservò James unirsi a loro con passo zelante.
Qualcuno aveva davvero spezzato il cuore al suo Jamie, ma come ogni persona prima di lui, anche il figlio avrebbe dovuto imparare ad andare avanti nella sua vita, da solo.
Anche se Harry sarebbe sempre stato dietro di lui, pronto a sorreggerlo se ne avesse avuto bisogno.
 
 
***
 
 
Quando Scorpius, Draco, Astoria, Ethan e Selene si smaterializzarono subito fuori del cancello della Tana, tutti rimasero senza parole.
Quella che avevano davanti era probabilmente l’abitazione più sbilenca, strana e dall’aspetto curioso che avessero mai visto, quasi stesse sfidando ogni legge della fisica nel rimanere in piedi.
Astoria guardò il marito per assicurarsi che non facesse commenti inopportuni, ma l’uomo era sinceramente colpito e appariva anche leggermente imbarazzato. Quel comportamento che sarebbe potuto apparire completamente senza senso per alcuni, per Astoria fu invece facile da decifrare: conosceva fin troppo bene il marito per non sospettare che si stesse odiando per tutte le idiote battute di superiorità e lo scherno che aveva riversato sui Weasley, durante la sua gioventù.
Draco aveva ormai capito da molto tempo che le cose superficiali che un tempo riteneva importanti non erano nulla, in confronto all’amore smisurato che crea una famiglia unita.
E i Weasley erano sempre stati una famiglia unita, così come quella che insieme ad Astoria aveva faticosamente costruito dalla fine della Guerra.
Astoria strinse la mano dell’uomo, affascinante come non mai in un abito grigio fumo, e sentì di amarlo più di quanto fosse possibile.
«Benvenuti, sono felice di vedervi.»
La donna sorrise amabilmente in direzione di Harry Potter, che si stava dirigendo verso il loro gruppo.
Draco e Harry si strinsero la mano, sorridendo gentilmente, e dopo di Astoria anche Ethan, Selene e Scorpius salutarono l’ex Grifondoro.
Astoria osservò con particolare attenzione lo scambio di saluti tra Harry e il figlio, e si sorprese a reprimere un sorriso divertito nel constatare la tensione che Scorpius emanava da tutti i pori.
«Quindi tu devi essere Ethan Flint, l’altro storico nemico dei miei figli.» commentò provocatorio Harry, le labbra piegate in un sorriso malandrino.
«Temo di sì, signor Potter. Non sia però troppo duro con i suoi pargoli: nessuno finora è mai riuscito a battermi, quindi sono perfettamente perdonabili.» rispose Ethan, un ghigno sarcastico sul volto che fece ridere Draco ed Harry e riuscì a far nascere anche un timido sorriso sul viso di Scorpius.
«Tranquillo, Potter. Ethan abbaia ma non morde. Il padre è Marcus Flint, un pezzo grosso del Magitribunale.» spiegò Draco, ed Harry annuì.
«Lo so, me lo ricordo ancora sul Campo da Quidditch, e Bill mi aveva detto di averlo invitato. A quanto pare hanno collaborato spesso in qualche inchiesta per conto della Gringott.»
Dopo che Harry ebbe finito di parlare, Ginny arrivò dal giardino e invitò gli ospiti a seguirla verso il tendone dove si sarebbe tenuta la cerimonia, che sarebbe cominciata di lì a breve.
Tutti si avviarono, e per una fortunata coincidenza Harry e Scorpius si ritrovarono ultimi in fila.
«Non ne ho avuto occasione quel giorno, ma volevo farti i miei più sentiti complimenti per la Prima Prova. Sei stato davvero incredibile.»
Scorpius non riuscì a guardare Harry negli occhi, ma un’espressione fiera gli si dipinse in volto spontaneamente.
«Grazie, ma anche Albus non è stato da meno. Se non fosse stato per i suoi riflessi, non credo saremmo riusciti a superarla.»
Harry assentì, per poi continuare a parlare, in modo tranquillo.
«Ormai siete al Settimo Anno, e vi viene chiesto di avere sempre le idee chiare sul vostro futuro, che sia una Prova del Torneo Tremaghi, o cosa fare finita Hogwarts. Al vuole a tutti i costi fare i provini per entrare nella Lega Professionisti di Quidditch, e spero tanto che ce la faccia, anche se sono davvero selezioni durissime. Tu hai già in mente qualche idea?»
Il Serpeverde si ritrovò spiazzato dall’interesse di Harry per il suo futuro, ma un’ondata di speranza gli scaldò il petto al pensiero che, forse, una frequentazione tra lui e Lily non sarebbe più stata così scandalosa.
Un anno prima forse l’idea avrebbe orripilato ogni membro delle due famiglie, ma Scorpius si era rivelato un ragazzo intelligente e generoso nella Prima Prova, e Albus e James avevano dimostrato se non di essergli amici, quantomeno di poter coesistere per qualche minuto.
Il biondo respirò a fondo prima di rispondere, mentre ormai si avvicinavano all’entrata del luogo meraviglioso che avrebbe ospitato le nozze.
«Vorrei provare ad entrare al corso di Medimagia. So che potrebbe sembrare che sia soltanto per seguire le orme di mio padre, ma la verità è che sono sempre stato affascinato dalle tecniche dei Guaritori e dalle doti che permettono loro di salvare vite umane. Sinceramente, al momento non riuscirei ad immaginare di fare nessun’altra cosa nella mia vita.»
Finito di parlare, Scorpius attese la risposta di Harry Potter. Il suo giudizio contava molto per lui, e non soltanto come implicitamente fondamentale ai fini di una relazione con Lily. Scorpius aveva sempre considerato Harry come un uomo degno di rispetto, onesto e di sani principi. Nonostante il fatto che finita la Guerra avrebbe potuto chiedere qualsiasi lavoro egli avesse desiderato; Harry si era iscritto come normale matricola al reparto Auror. Aveva deciso di continuare a difendere i più deboli, facendosi le ossa con una gavetta senza sconti, e arrivando in cima alla piramide di ruoli senza che gli venisse regalato nulla. Si era guadagnato ogni pezzo del suo futuro, esattamente come Draco.
Quando finalmente Scorpius ebbe il coraggio di guardare in quegli occhi verdi, si ritrovò ad ammettere che avevano la stessa capacità di metterlo a suo agio, come quelli di Lily.
«Credo sia un ottimo proposito, ti auguro di riuscire a realizzarlo.»
La conversazione si concluse lì, col sorriso incoraggiante di Harry, perché con il loro ingresso insieme a pochi altri invitati appena arrivati, Arthur Weasley chiese a tutti di prendere posto, ed Harry si diresse nelle prime file, dove lo aspettava la sua famiglia.
Scorpius fece appena in tempo ad intravedere i capelli rosso rubino di Lily, prima che la marcia nuziale cominciasse, dando inizio alla cerimonia.
 
 
***

 
 
 

Quella mattina di Novembre le lacrime scorsero a fiumi, così come i sorrisi e gli applausi. La cerimonia fu un successo incredibile, e perfino Ethan si ritrovò a corto di parole una volta visto lo sguardo pieno di amore che Teddy rivolgeva alla sua sposa.
In effetti, quando Victoire iniziò la camminata verso l’altare, non volò una mosca: tutti erano impegnati ad ammirarla estasiati, incapaci di credere che potesse esistere una bellezza simile.
E non era solo l’aspetto estetico ad incantare, bensì l’immensa gioia che le riempiva il volto, illuminato da lacrime silenziose catturate negli occhi azzurri, che rimanevano fissi in quelli scuri del ragazzo che l’aspettava alla fine della navata improvvisata.
Bill stringeva commosso il braccio della figlia, e a mano a mano che il lungo strascico del vestito bianco ornato da dettagli neri procedeva, chiunque si sentì completamente vinto dalla semplicità dell’amore che regnava sovrana negli sguardi dei due futuri sposi.
La cerimonia era stata celebrata da Arthur Weasley, i capelli ormai bianchi e radi, ma gli occhi colmi di felicità nel vedere la famiglia per cui aveva lottato tutta la vita continuare a fiorire.
Astoria e Selene si abbandonarono a lacrime silenziose, e Draco ed Ethan le strinsero a loro con affetto.
Scorpius si ritrovò a cercare lo sguardo di Lily senza accorgersene, e quando alla fine lo incrociò per una frazione di secondo, si beò immensamente del sorriso commosso che gli rivolse, prima di riportare l’attenzione sulle parole del nonno.
Alla fine del rito, Arthur diede il permesso a Teddy di baciare la sposa, ma fu lei a saltargli comicamente addosso, legandole le mani dietro al suo collo e dandogli un lungo bacio appassionato, tra le urla di gioia degli spettatori.
Successivamente la festa si spostò in giardino, dove erano stati sistemati una cinquantina di tavoli rotondi che avrebbero ospitato le duecento persone presenti.
Con orrore di Ethan, il padre venne fatto accomodare insieme a lui al tavolo dei Malfoy, ma bastarono pochi attimi di tensione affinché Marcus Flint decidesse di congedarsi per andare a salutare le altre alte cariche del Ministero presenti quel giorno.
«Allora, credi di andare ad invitarla a ballare o lasci fare tutto alle tue innate doti telepatiche?»
Scorpius roteò gli occhi di fronte alla provocazione del migliore amico, e prima di rispondere si assicurò che i genitori fossero troppo impegnati a parlare con altri ospiti che conoscevano.
«Va’ al diavolo, Flint. Come credi che possa invitarla? Dovrei alzarmi, andare da lei di fronte a tutti, attirando inevitabilmente l’attenzione? Inoltre, non so se l’hai notato, ma al suo tavolo ci sono Albus e Fred, non esattamente i miei fans numero uno. Per non parlare degli altrettanto imbarazzanti Hugo, Rose e la sua amica Corvonero, la Watson.»
Questa volta fu il turno di Ethan di roteare gli occhi per la frustrazione, ma prima che potesse commentare l’attenzione venne attirata da alcune voci concitate.
Gli occhi di un quarto delle persone si concentrarono su due figure in lontananza: James Potter si era appena alzato di colpo dal tavolo che condivideva con Roxanne Weasley, Louis, Molly, Lucy e i rispettivi accompagnatori, per seguire una donna dai capelli biondi e il vestito grigio che Scorpius non conosceva.
Inaspettatamente, dopo pochi secondi, anche i gemelli figli di George Weasley si diressero verso la Tana, Roxanne con la mano alla bocca.
«Forse non ha gradito il primo.» commentò Ethan divertito, ma i due migliori amici sembrarono troppo impegnati a capire cosa stesse succedendo per notare la sua battuta.
Quando la situazione sembrò essere tornata alla normalità, Selene rivolse la sua attenzione a Scorpius, sorridendogli dolcemente.
«Ho un’idea. Potrei chiedere a Lily di aiutarmi con la chiusura del vestito. Le direi, che ne so, che voi uomini non siete in grado e che Astoria è troppo impegnata, cose simili. Poi la porto in un posto più tranquillo e vi lascio parlare, che dici?»
Scorpius stava quasi per baciare la migliore amica da quanto era entusiasta della sua proposta, ma lo sguardo offeso di Ethan lo bloccò.
«Mi dispiace, ma nessuno ci crederebbe. Io so slacciare ogni tipo di vestito, Selene.»
Selene lo congelò con lo sguardo, rispondendo piccata: «Immagino, ma siccome dubito che Lily avrà mai voglia di mettere alla prova questo tuo talento naturale, penso potrebbe credere alla mia scusa.»
Scorpius e Selene stavano giusto per alzarsi, uno per defilarsi in un luogo più privato e l’altra per attirare l’attenzione della piccola Potter, quando un paio di mani circondarono gli occhi del biondo, facendolo piombare nel buio.
 
 
***
 
 
«Ciao scheggia, come te la passi?»
Lily si voltò raggiante, alzandosi per abbracciare il ragazzo biondo che le sorrideva.
Louis era senza ombra di dubbio il suo cugino preferito, subito dopo Hugo. Nonostante fosse un anno più grande di James, Louis l’aveva sempre trattata come una sua pari, salvo i casi in cui si era eretto a suo difensore, per vendicarla dei soprusi dei due fratelli maggiori.
«Lou! Mi sei mancato da morire.» esclamò Lily, mentre Louis la stringeva a sé con amore.
«Ma se ci siamo visti solo ieri!» la prese in giro, abbracciando velocemente anche Rose.
Quest’ultima era in effetti stata per Louis quello che Hugo era per Lily: nonostante i due anni di differenza, Rose e Louis erano molto legati, accomunati dalla passione per lo studio e la curiosità nello scoprire cose nuove.
A volte, la famiglia li provocava, dicendo che Louis fosse un mancato Grifondoro, con l’animo avventuroso che l’aveva sempre contraddistinto, e Rose una Corvonero sotto mentite spoglie.
Eppure, entrambi erano la perfetta dimostrazione di come le Case e le loro caratteristiche non fossero stereotipi invalicabili, ma possibili combinazioni interessanti.
«Lo so che ci siamo visti ieri, ma c’è stata talmente tanta confusione in questa gabbia di matti, che non abbiamo avuto tempo di parlare. Com’era l’Italia? E la Germania? Partirai presto? Devi dirmi tutto!» disse tutto d’un fiato Lily, facendo ridere sia Louis che Rose.
«Rallenta, scheggia! Dopodomani ripartirò per il Brasile, mamma e papà mi hanno regalato un anno sabbatico dopo Hogwarts e intendo godermelo al massimo. Ti racconterò tutto quello che vuoi sapere sull’Italia e la Germania, non preoccuparti.» rispose l’ex Corvonero, accomodandosi nel posto ora vuoto di Hugo, che era andato insieme ad Isabella, ormai la sua ragazza ufficiale, Al e Sophie a scatenarsi sulla pista da ballo.
«Scommetto che hai flirtato con ogni strega che hai incontrato. Anzi, mi sorprende che tu non sia in dolce compagnia, oggi.» esclamò Rose in modo sibillino, e Lily rise dell’azzeccato quadretto dipinto dalla cugina.
«Sulla tua prima ipotesi, purtroppo non ho modo di difendermi. Però nessuna di così speciale da invitare ad un’occasione del genere. Anzi, avevo adocchiato un’invitata dell’ultimo minuto poco fa, ma l’ho persa di vista. Dovevi vederla, occhi azzurri come un cielo d’estate, e capelli neri come una notte senza luna.» riferì il biondo, con gli occhi socchiusi in quella visione celestiale.
«Oh, ma per favore. Io non ho visto nessuna Dea del genere qui.» rispose Lily, certa che il cugino la stesse prendendo in giro.
«No, ti giuro che c’era. Aveva un abito lungo nero con dei brillantini sulla gonna che…eccola lì!»
Lily e Rose si voltarono simultaneamente, seguendo lo sguardo di Louis.
Quando però capirono a chi si stesse riferendo, il cuore di Lily perse un battito e delle lacrime invisibili iniziarono a riempirle gli occhi.
Una ragazza così non solo esisteva, ma stava allacciando con dolcezza le proprie labbra a quelle di un ragazzo dai capelli biondo cenere e il vestito scuro.
«Chi è?» domandò Rose confusa, mentre Sophie, appena tornata insieme agli altri al tavolo, si avvicinava a Lily con discrezione, poggiando la sua mano sulla spalla dell’amica e stringendo con affetto.
«No! Non può essere!»
Tutti si voltarono verso Albus, che teneva il calice pieno di vino a mezz’aria, scrutando allibito la ragazza di cui stavano discutendo.
«Al? Tu sai chi sia?» domandò guardinga Sophie, e quando il fidanzato spostò lo sguardo su di lei, un brivido gelido le attraversò la schiena, come un pessimo presentimento.
 
«Certo che lo so. E’ Zoe, la sorella gemella di Ethan Flint.»


Angolo Autrice:

Moorning! Inizialmente l'idea era di mantenere il matrimonio in un unico capitolo, ma siccome ci sono così tanto avvenimenti e personaggi (JamesxDom + Roxanne & Fred e tanto altro ancora), ho deciso di dividerlo per dare spazio alla qualità. Mi spiace, ma non potevo evitare di inserire i momenti dolci tra Bill & Vic e tra Teddy & Harry, che personalmente hanno un rapporto troppo bello per non parlarne. Come scritto anche prima di iniziare, sotto la raccolta gif del capitolo, ci saranno anche i link alle foto degli abiti, così da aiutarvi ad immaginare meglio la scena :D Concludo ringraziando di cuore Ketty per essersi unita alla storia, facendomi sapere cosa ne pensasse; e ovviamente un abbraccio enorme alla mia fedelissima Jade_Malfoy. Spero vorrete farvi sentire anche oggi <3 Vi lascio con altre stupende gif dei personaggi di Paper Walls!
Ci vediamo al prossimo capitolo, un bacione enorme! <3

SilverKiria


 
I PROTAGONISTI DI PAPER WALLS pt.3:


 

Victoire Weasley



Teddy Lupin



Louis Weasley



Zoe Flint

 

Ps: non mi sono dimenticata di Rose, Hugo, Fred e Roxanne, ma ho voluto dare spazio ai personaggi più presenti in questo capitolo, nella raccolta gif. Non temete, arriveranno prestissimo anche i loro prestavolto :D
 

I VESTITI DEL CAPITOLO!
 

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


A Noemi, la mia fan numero uno.
Nella scrittura e nella vita.





CAPITOLO 16


«Che diavolo ci fai tu qui?»
La voce di Scorpius era un misto di emozioni, dalla sorpresa alla rabbia, fino alla delusione. Neppure lui sapeva cosa avrebbe dovuto provare, ma gli avvenimenti appena accaduti erano stati talmente fulminei da lasciarlo completamente senza fiato.
Dopo avergli coperto gli occhi con le mani, Zoe gli aveva sussurrato di indovinare chi fosse, e ancor prima di alzarsi, Scorpius aveva temuto di sapere la risposta.
Lei lo aveva baciato dolcemente sulle labbra prima ancora che lui potesse dire qualsiasi cosa, e non appena i loro corpi si furono separati, lui aveva afferrato la mano di lei e si era allontanato dalla festa quasi correndo.
In quel momento si trovavano in un angolo del giardino della Tana, e il Serpeverde stava facendo di tutto per non guardarla negli occhi.
«Sono tornata, e volevo farvi una sorpresa. Volevo farti una sorpresa.»
Zoe lo stava fissando negli occhi, lui lo sentiva dai brividi che gli correvano sulla pelle, e bastò far saettare lo sguardo sul suo viso per accorgersi con orrore di un’ineluttabile realtà: nonostante tutto, quegli occhi azzurri continuavano a fargli perdere un battito.
Cercò con tutto sé stesso di non farle sospettare quanto profondamente riuscisse ancora a scuoterlo, e ghignò beffardo.
«Un anno di silenzio e all’improvviso vuoi farmi una sorpresa? Va’ a quel paese, io non voglio più saperne niente di te. Non voglio più vederti in vita mia
Scorpius si era incamminato per tornare dov’era la festa, ma la voce di lei lo bloccò di nuovo.
«Non sono qui in vacanza. Da domani tornerò ad Hogwarts, per finire l’ultimo anno. Quindi credo sarà inevitabile rivederci, Scorp
Quando si voltò, il Serpeverde trattenne l’impulso di urlare di frustrazione.
Qualche invitato passò loro accanto, scoccando sguardi di evidente apprezzamento nei confronti della ragazza.
Zoe indossava un vestito senza spalline completamente nero, salvo per la gonna lunga che, verso la fine, era adornata di lucenti brillantini come fosse il cielo di una notte d’inverno. I capelli erano stati lasciati sciolti, perché nonostante gli anni trascorsi, lei non aveva mai imparato ad acconciarli in modo elegante.
E un tempo lui aveva amato prenderla in giro per questo.
Le labbra piene erano completamente prive di trucco, e il biondo si odiò quando il suo sguardo vi si posò sopra, facendolo perdere per qualche secondo in frammenti di un passato che bruciava come una ferita aperta.
 
«E’ il mio primo bacio.»
Aveva sorriso imbarazzato, e lei gli aveva accarezzato la guancia, non distogliendo mai lo sguardo.
«Anche il mio.»
Il suo giovane cuore di quattordicenne aveva cominciato a pulsare quasi dolorosamente, vinto da un’euforia incredibile.
«Non ci credo. Tu? Mai baciata da nessuno?»
L’aveva detto più beffardamente di quanto volesse, ma lei aveva capito.
Lei aveva sempre capito.
Gli si era avvicinata, una risata muta sulle labbra naturalmente piene e screpolate.
«Non è colpa mia se non vieni mai a trovarmi in Germania, Scorp.»
 
Scorpius si ridestò dai quei ricordi funesti, e la fissò con una smorfia di rabbia trattenuta a stento.
Zoe però non arretrò di un passo, conscia che se gli avesse permesso di allontanarla non avrebbe mai avuto altra occasione di parlargli.
«La torre dei Corvonero è parecchio distante dai Sotterranei, credo che non sarà un problema trovare un modo per evitarti.» sputò adirato lui, con un ghigno prepotente dipinto in volto.
«È vero, non avresti problemi ad evitarmi, se davvero lo volessi… ma non lo farai.»
Scorpius sgranò gli occhi in uno spontaneo moto di sorpresa, preso alla sprovvista dalla fermezza con cui lei gli si rivolgeva.
«Non lo farai…» continuò Zoe, avvicinandosi cautamente al biondo, le labbra strette e gli occhi fissi in quelli grigi di lui.
«…perché sai come me che noi due ci attraiamo sempre come calamite. Ho fatto un errore, lo so…»
«Tu mi hai abbandonato!» la interruppe Scorpius, urlando ad alta voce l’accusa che gli stava graffiando il petto come un animale inferocito. Che l’aveva dilaniato per un anno intero.
Gli occhi azzurri di Zoe diventarono lucidi e la voce iniziò a tremare, ma non per questo lei arrestò i suoi passi verso il ragazzo.
«Ho dovuto farlo. Quando…quando lei è…quando mia madre è morta, io non potevo restare. Lo sai, sai quanto fossi distrutta, quanto ogni cosa qui mi ricordasse lei! Avevo bisogno di fuggire, di andare in un posto lontano per darmi il tempo di guarire, di ricominciare a respirare.»
Scorpius sorrise amaramente, lanciando uno sguardo in direzione dei tavoli lontani: qualcuno doveva aver detto qualcosa di molto divertente, perché gran parte degli ospiti era scoppiata in una sonora risata.
«Non puoi odiarmi per aver avuto bisogno di spazio. Avevo dodici anni e avevo appena visto seppellire mia madre!»
Le parole di Zoe erano aspre, ma anche velate di qualcosa che Scorpius fece fatica a sopportare: la supplica di un perdono.
«Anche Ethan aveva dodici anni. Credi che sia stato semplice per lui? Credi che io e Selene abbiamo fatto i salti di gioia? Ethan aveva bisogno di te. E tu avevi bisogno di lui.»
Zoe distolse lo sguardo di ghiaccio dagli occhi grigi di lui, che ora la squadravano, famelici e desiderosi di assaporare un confronto che lei gli aveva negato a lungo.
«Sono stata un’egoista, forse è vero. Ma ormai il tempo è passato ed Ethan mi sembra in gran forma, anzi, ancora meglio: finalmente è riuscito a capire che Selene è sempre stata la donna giusta per lui.»
Le labbra di Scorpius si piegarono in una smorfia irritata, e si scoprì geloso del merito per la neonata relazione tra i due migliori amici. O meglio, della gioia che essa aveva sprigionato. Ethan stava iniziando a stare meglio, a vivere distaccandosi dal passato e lei non aveva alcun diritto di condividere con loro quel suo momento di felicità.
«Ethan aveva bisogno di Selene. E io avevo bisogno di te.»
Alle parole di Zoe il Serpeverde accennò una risata di scherno, ma non riuscì ad ignorare le fusa roche che sembrarono vibrargli nel petto. L’animale inferocito che aveva nascosto per anni ora sembrava essersi calmato, e Scorpius fremette al pensiero che potesse davvero essere così facile per lei tornare nella sua vita.
Scorpius rabbrividì al pensiero che potesse essere una parte di lui a rivolerla, in fondo.
«Tu mi hai avuto, sei stata la prima ad avermi. E ti è bastata una notte per buttarmi via.» sputò lui, più ferito che arrabbiato.
Il ricordo del vuoto accanto a sé, dopo essersi svegliati in quel meraviglioso hotel, per la prima volta insieme.
Del vuoto dentro di sé, che sembrava impedirgli di respirare.
«Non l’ho saputo gestire, tu che eri lì e io…» iniziò lei, ma il biondo la interruppe bruscamente, dando voce a recriminazioni che scoprì riuscivano a scivolargli facili sulla punta della lingua.
«Ti faccio un riassunto dal mio punto di vista, vuoi? Perché sembra così facile perdonare la storia dove tu sei la vittima, ma se invece esplorassimo la mia? Quella dove sei sempre stata la carnefice?»
Prima che Zoe potesse obbiettare, Scorpius aveva già cominciato a parlare sommessamente, camminando avanti e indietro di fronte alla ragazza, con un sorriso sarcastico stampato in volto.
«Ti conosco il primo giorno ad Hogwarts, insieme ad Ethan e Selene. Diventiamo amici inseparabili, noi quattro contro il mondo. Poi, la tragedia. Ethan piomba in un limbo di sofferenza e autodistruzione, e la persona che meglio lo conosceva al mondo, scappa. La sua gemella, sangue del suo sangue. La sua migliore amica.»
Ogni parola del discorso del Serpeverde era intrisa di emozioni diverse, e Scorpius prestò particolare attenzione a rendere ancor più avvincente il racconto con silenzi e cambi di tonalità.
Zoe era diventata passiva spettatrice degli ultimi sette anni, e lui sorrise tronfio, al pensiero che forse, per una volta, sarebbe stata lei quella a scoppiare in lacrime da sola, di notte.
«Nessuna lettera, nessun biglietto. Sei perfino rimasta lì per ogni festa fino al nostro quarto anno, e fu come se tu non fossi mai esistita. Poi, d’improvviso, mi scrivi. Inizi con una missiva quasi insignificante, e io sapevo che avrei dovuto bruciarla. Ethan ti odiava, e io avrei dovuto fare lo stesso. Ma non lo feci, perché sono sempre stato troppo buono e in fondo avevo iniziato a sperare che le cose potessero tornare come prima. Che idiota.»
«Così abbiamo iniziato una corrispondenza segreta, della quale all’epoca non sapeva nemmeno Selene, figuriamoci Ethan. E settimana dopo settimana, pagina dopo pagina, ho commesso l’errore peggiore che potessi fare: ho iniziato ad innamorarmi di te.»
Le ultime sei parole furono sussurrate piano, quasi come se fossero troppo fragili per sopportare qualcosa di diverso di un’estrema dolcezza nel pronunciarle.
Lo sguardo di Scorpius però, quello rimase duro come la pietra, e Zoe trattenne brevemente il fiato, l’aria sempre più carica di rimorsi vecchi di anni.
«Abbiamo continuato così e io non ho mai voluto spingerti a fare qualcosa che ti mettesse a disagio. Alla fine, dopo un anno e mezzo di promesse impresse su pergamene, l’invito. Il tuo sedicesimo compleanno, e tu volevi passarlo con me. Dopo la festa con Ethan sono partito con una Passaporta, con la complicità ottenuta a fatica da mia madre.»
Scorpius dovette fare una pausa per calmarsi, poiché l’idea che perfino Astoria all’epoca fosse stata coinvolta in quella messinscena gli faceva venire la nausea.
Era arrivato a litigare con Astoria, per lei.
«E poi via, verso Berlino. Una serata che sembrava solo nostra, noi due contro il mondo, com’era giusto che fosse. E quella notte. La mia prima notte, la nostra prima notte e, speravo ingenuamente, solo la prima di molte altre.»
Quella confessione cominciò a pesare come un macigno, e lo sforzo di rivangare dolori che stavano finalmente iniziano a cicatrizzarsi gli fece sentire di essere esausto, completamente svuotato di ogni energia.
«E poi te ne sei andata, come se non fossi mai esistita. Nessun biglietto, nessuna scusa. Mi hai lasciato solo in quella suite d’Hotel pagata da mia madre, coi cuscini che sapevano ancora del tuo odore e la certezza che non saresti mai più tornata. Non credo davvero di aver mai odiato nessuno più di te in vita mia, Zoe.»
Non seppero se fu il fatto che Scorpius aveva pronunciato il suo nome per la prima volta da quando avevano cominciato la conversazione, o la tristezza impressa in ogni angolo del viso del Serpeverde, ma lei ritrovò il coraggio di parlare.
Fu appena un sussurro, quasi come se temesse di spaventarlo come fosse un animale selvatico in procinto di fuggire.
«Ho fatto il più grande errore della mia vita. E non passa giorno, senza che io mi odi per questo.»
Scorpius scoppiò a ridere, di una risata però amara e senza gioia.
«Ethan aveva ragione, aveva sempre avuto ragione su di te. Sai solo scappare, sei soltanto una codarda senza cuore.»
Qualsiasi ragazza sarebbe scoppiata a piangere senza freni di fronte a tutto il disprezzo che Scorpius le stava riversando addosso come colate di lava fumante, ma lei sembrò non battere ciglio, nonostante le lacrime salate che iniziarlo ad annidarsi sulle ciglia scure, come piccoli uccellini in attesa di prendere il volo.
L’aveva sempre rispettata per la sua forza, per la determinazione che nasceva così spontanea sopra le sue piccole spalle.
L’aveva sempre rispettata e un tempo era arrivato anche ad amarla.
«Non è finita tra di noi. Nonostante il dolore che ti ho inflitto, nonostante l’odio che provi per me e che io provo per me stessa, non è finita e lo sai anche tu.» mormorò Zoe, allungando titubante la mano per accarezzargli delicatamente la guancia.
Scorpius trattenne il respiro, chiudendo gli occhi, concedendosi quell’istante per formulare una frase sensata tra il caotico subbuglio dei pensieri che era in quel momento la sua mente.
«Forse non è finita, ma non puoi decidere tu quando farla ricominciare.»
Aprì le palpebre e la durezza del suo sguardo vacillò solo per un secondo, ma tanto bastò per farla sorridere appena.
Scorpius si voltò e si diresse verso Ethan e Selene, sapendo che Zoe non l’avrebbe seguito.
Conscio del fatto che non ne avrebbe avuto bisogno, perché lui non aveva detto “se”, ma “quando”.
Ed entrambi avevano appurato ormai da tempo che Scorpius Malfoy non avrebbe mai dimenticato la scelta di una parola, anche se pronunciata senza riflettere.
 
Specialmente se pronunciata senza riflettere.
 

 
 ***


 
 

«Dominique! Dominique fermati!»
La voce di James riempì ogni angolo della Tana, al momento vuota visto che tutti i suoi abitanti erano in giardino, a celebrare una festa, ignari di cosa stesse per accadere al suo interno.
Dominique continuò a salire imperterrita le scale ripide, cercando di non inciampare nello strascico del lungo vestito grigio perla.
Si sciolse i capelli con rabbia, sentendo delle lacrime furiose bagnarle gli occhi e non si fermò fino a che non fu in soffitta, in quello che per molti anni era stato il suo nascondiglio.
«Dominique!»
Ma quando avvertì i passi concitati di James salire la traballante scala che conduceva all’attico imprecò a mezza voce, dandosi dell’idiota.
Quello non era mai stato il suo nascondiglio. Quello era sempre stato il loro nascondiglio.
Percepì che il ragazzo era entrato, e capì dai brividi che percorsero la sua schiena nuda che la stesse fissando insistentemente.
Cercò di ignorarlo, fissando con assurda intensità le sue scarpe argentate, e sperando con tutta sé stessa che lui se ne andasse.
Quando però lo sentì avvicinare un baule poco distante e posizionarlo di fronte a dove si era seduta lei, in precario equilibrio sopra una sedia mal ridotta, non si stupì.
James non l’aveva mai lasciata piangere da sola.
«Che diavolo ti è preso in giardino?»
La voce dell’ex Grifondoro era ferma, ma Dominique lo scorse con la coda dell’occhio stringere i pugni, e sorrise di nascosto.
Alla fine, lui non era l’unico a conoscerla come le sue tasche. James era teso, e la sicurezza che cercava di dare ad ogni sillaba veniva tradita dalla contrazione ritmica delle mani.
«Perché sei qui? Avevi promesso di non parlarmi più, se non sbaglio.»
I pugni di James si serrarono fino a far diventare le nocche bianche, e ci volle una manciata di secondi, prima che il ragazzo le distendesse di nuovo.
«Cosa ti è preso in giardino?» ripeté deciso, come se avesse scelto di ignorare l’enorme elefante nella stanza.
Perché ammettere ad alta voce che lui non sarebbe mai riuscito a lasciarla piangere da sola, quello era ancora troppo.
Dominique sorrise amaramente, concentrando la sua attenzione sui rumori ovattati che provenivano dalla piccola finestra della soffitta.
La musica di un lento si stava diffondendo nell’aria, e a giudicare dalle risate e dai fischi, Teddy e Victoire stavano intrattenendo gli ospiti con il loro modo unico di amarsi prendendosi in giro.
In un modo che invece a James e Dominique sarebbe sempre stato precluso.
«Diciamo solo che non mi aspettavo una rimpatriata di Hogwarts, tutto qui.» disse lentamente Dominique, alludendo alla presenza di Jade Porter, ex Grifondoro ed ex ragazza storica di James.
Aggrottò la fronte inconsciamente, al pensiero quasi doloroso delle immagini che le erano appena scorse di fronte agli occhi.
James che l’abbracciava, James che la baciava appassionatamente, James che le sussurrava qualcosa all’orecchio, per poi riderne insieme.
James che amava qualcun altro, di fronte a lei.
Qualcuno che non fosse lei.
«Non hai nessun diritto di comportarti così, non dopo la tua sorpresina francese.» rispose James in un sussurro roco e cupo, intriso di una rabbia che continuava a bruciargli le labbra.
Le dovette stringere per evitare che altre parole, altri pensieri gli sfuggissero inavvertitamente, ma li sentì battere rumorosamente in testa, come uno stormo di uccelli in gabbia.
Era pronto ad una scenata di gelosia, alle parole rabbiose di lei, perfino ad uno schiaffo, ma quello che accadde invece, quello lo lasciò indifeso.
«Lo so. Io sono l’ultima persona al mondo che dovresti consolare, l’ultima che avrebbe il diritto di stare male per te. Ma…ma…»
Dominique non riuscì a concludere, e lasciò le lacrime libere di rigarle le guance, trascinando con sé rivoli scuri di mascara e segni ancor più scuri di dolore.
Prima ancora di pensare a cosa stesse facendo, James si gettò di fronte a lei e la strinse a sé, cullandola in un abbraccio protettivo come quando erano solo ignari adolescenti ad Hogwarts.
«Jamie, io…t-ti v-v-v-olevo d-dire c-c-he…» cominciò Dominique, ma i singulti le impedivano di formulare delle frasi compiute, e senza rendersene conto erano entrambi scoppiati a ridere, trascinati come al solito l’uno dalla risata dell’altro.
«Siamo davvero due cause perse.» mormorò James, asciugandosi le lacrime che non sapeva più se fossero di gioia o di tristezza.
Dominique annuì, ancora accoccolata tra le sue braccia.
Accarezzava distrattamente le piccole macchie nere che il trucco aveva lasciato sulla camicia bianca di lui, e iniziò a calmarsi, respirando al ritmo del cuore di James.
«Io non amo Luke, non ho mai amato Luke. Non ho mai amato nessuno che non fossi tu.»
Il sussurro di Dominique sembrò perdersi in quella soffitta, come il più dolce dei segreti, ma la ragazza capì che James l’aveva sentita, perché il cuore di lui cominciò a battere forsennatamente.
«A volte vorrei tanto che il mondo fosse così.» sospirò James, con una vena di profondo rancore che mai come in quel momento nascose bene i suoi diciotto anni.
«Una soffitta buia e polverosa?» domandò lei divertita, e sentì il petto di James fremere scosso da una risata leggera.
«No. Io seduto in un posto che adoro con ogni fibra del mio corpo, con la gente che amo felice, appena fuori dalla porta, e tu che ridi, accoccolata tra le mie braccia. Non chiederei altro nella vita, solo questo.»
Non seppero per quanto rimasero lì in silenzio, dopo la confessione di James.
Non le disse che l’amava, non le disse che era sempre stata lei, che Jade non contava, perché non le aveva mai baciato le lentiggini sporche di zucchero la mattina.
Non le promise amore eterno, ma le diede molto, molto di più.
In quell’abbraccio Dominique scoppiò a piangere, felice e affranta allo stesso tempo, perché lui aveva ragione e se avessero potuto fermare il tempo l’avrebbero fatto in un battito di ciglia.
Le parole “Ti amo” non uscirono dalle labbra di James, ma le rimasero impresse in ogni carezza che lui le continuò a fare sulla pelle, fin dentro l’anima, cullandola dolcemente e premendo le sue labbra calde sulla fronte di lei, come quando erano solo bambini con le ginocchia sbucciate o un graffio sulla mano.
 
Come quando erano piccoli, e potevano amarsi di fronte agli altri, senza alcuna paura nel cuore.
 
 
***
 
 
Roxanne fece appena in tempo a raggiungere il bagno, prima di rigettare quello che le sembrò essere ogni cosa ingerita dal cenone di Natale dei suoi otto anni.
Non si accorse di non essere sola, fino a quando non ebbe finito e, voltandosi, sentì che qualcuno le stava tenendo i capelli per impedire che si sporcassero.
Roxanne tirò l’acqua dello sciacquone e si girò, appoggiando la schiena al sanitario, incapace di reggere lo sguardo dell’altro.
Non aveva mai visto Fred così serio in tutta la sua vita. Il gemello la fissava con gli occhi pece identici ai suoi, i tratti del viso contratti dalla preoccupazione e da una velata rabbia.
«Perché non me l’hai detto?»
Roxanne sorrise amaramente, conscia che l’intelletto fin troppo arguto del fratello non si sarebbe mai fatto ingannare da qualche scusa banale come un’indigestione, o un malessere passeggero.
Fred aveva capito, forse perfino prima di quell’improvviso attacco di nausea.
«Perché dirlo a qualcuno l’avrebbe reso dannatamente reale.» sussurrò lei, scoprendosi completamente a secco di lacrime.
Ne aveva versate tante dalla scoperta, stretta nel suo letto, da sola.
Non aveva ancora neanche avuto il coraggio di farne partecipe David, e rifletté che in fondo sapeva anche il motivo.
Lui avrebbe accolto la notizia come una benedizione, e ne sarebbe stato entusiasta.
E lei invece non lo era, per niente.
La verità era che non sapeva nemmeno lei cosa pensare, perché l’idea di stringere a sé un bambino tutto suo non l’aveva mai sfiorata, o di sicuro non in una fantasia dove lei avesse ancora diciotto anni.
Soltanto diciotto, maledettissimi anni.
Fred si sedette a fatica accanto a lei, cercando di far entrare il corpo in forma nel minuscolo bagno della Tana.
«Da quanto lo sai?» domandò il ragazzo con voce impassibile, quasi stessero discutendo del colore delle piastrelle.
«Dalla mattina di Halloween, avevo fatto il test prima di andare al lavoro.» ammise Roxanne, rivivendo mentalmente come a rallentatore il momento in cui due lineette blu erano apparse determinate sulla stecca azzurra.
Incinta.
«E’ di David?»
Roxanne rifilò al gemello una gomitata nelle costole, sentendo l’allusione maliziosa che l’altro le aveva rivolto.
Fred accennò un sorriso malandrino, e alla fine la strinse a sé, come poche altre volte si era permesso di fare.
Non che i due avessero dubbi sull’affetto reciproco, ma l’animo spiritoso e burlone di Fred gli aveva sempre reso difficile prendere sul serio i momenti dolci tra di loro, che spesso e volentieri si erano tramutati in scenette esilaranti per tutta la famiglia.
Roxanne annusò rincuorata il profumo così familiare del gemello, e per la prima volta sentì un pizzico di coraggio nascerle dentro.
Fred non se n’era andato, era lì con lei.
«Vuoi tenerlo?»
La domanda di Fred aleggiò nell’angusto spazio per qualche secondo, mentre il ragazzo faceva passare i capelli lunghi della gemella, magicamente lisci per la giornata, tra le mani, in una carezza infinita.
«Non lo so.»
Le tre parole uscirono come macigni dalle labbra di Roxanne, e lui le baciò dolcemente la nuca, inspirando il profumo di viole che la ragazza si metteva sempre per le grandi occasioni.
I compleanni, Natale, il giorno del diploma, i matrimoni.
Il giorno in cui rivelò di aspettare un bambino.
«Qualsiasi cosa deciderai, lo affronteremo. Insieme
La promessa di Fred le tirò fuori le poche lacrime che si erano annidate in angolo, e lui non disse altro, aspettando con pazienza che la gemella si calmasse, per poi tornare alla festa, come se non fosse successo nulla.
 
Aspettando che Roxanne capisse davvero che finché ci fosse stato lui, lei non sarebbe mai rimasta da sola.
 
 
***
 
 

 
Uno gnomo grassoccio scappò veloce nella sua tana, rincorso da vivaci scintille rosse.
I suoi urletti continuarono a sentirsi anche una volta che si fu rifugiato nel proprio nascondiglio, e l’uomo dai capelli rossi piegò le labbra in un accenno di sorriso.
«Vedo che la caccia agli gnomi non smette mai di essere divertente.»
Harry si avvicinò al migliore amico, con un timido sorriso in volto.
Ron annuì, guardando oltre la staccionata il campo di grano che si distendeva a perdita d’occhio.
Tornare alla Tana era sempre come tornare indietro nel tempo.
A volte ad attenderlo c’erano ricordi felici, delle estati senza pensieri passate con Harry e i suoi fratelli a giocare a Quidditch, dei pranzi deliziosi di sua madre e perfino delle liti adolescenziali con Ginny.
Ma altre volte ciò che lo aspettava erano frammenti di un passato doloroso: la preoccupazione crescente per la Guerra imminente, la fuga concitata dal matrimonio di Bill e Fleur, senza sapere quando e se avrebbe mai rivisto la sua famiglia.
Senza sapere se sarebbe riuscito ad aiutare Harry, e a proteggere Hermione.
«Stai bene?» domandò l’amico, ormai conoscendo fin troppo bene il corso che stavano prendendo i suoi pensieri.
Il ricordo vivido del corpo di Fred che veniva portato lì, perché sua madre voleva portarlo a casa.
Perché non avrebbe mai creduto che fosse morto, fino a quando non lo avesse visto inerme sul letto in cui era cresciuto.
«E’ la gente, questo posto…il solito.» sussurrò Ron, imbarazzato come ogni volta e vinto dai sensi di colpa per essere ancora sopraffatto da un passato su cui non aveva potere e che ormai era solo quello: il passato.
«Ti capisco, lo sai.» disse calmo Harry, e Ron seppe che era vero.
Harry l’aveva sempre capito, sin da quel primo giorno di scuola, quando senza esserne consapevole Ron aveva chiesto di entrare nel suo vagone, e aveva finito per farlo entrare indelebilmente nella sua vita.
Harry aveva sempre saputo tutto di lui, ma Ron aveva un segreto e capì che non sarebbe più riuscito a nasconderglielo.
«Hermione è in pensiero per te, e anche Ginny lo è. Ron…»
Il tono carico di preoccupazione e affetto di Harry lo fece voltare, inchiodando gli occhi azzurri in quelli verdi del migliore amico.
D’un tratto erano di nuovo due diciassettenni in lotta col mondo, che potevano contare quasi soltanto l’uno sull’altro.
E su Hermione.
Il pensiero della moglie gli strinse lo stomaco in una morsa dolorosa e Ron decise che il suo segreto sarebbe finito quel giorno, altrimenti a rischiare seriamente una fine imminente sarebbe stato il suo matrimonio.
«Ho fatto un casino, Harry.»
Il moro alzò il sopracciglio, dubbioso, ma lasciò che l’amico si preparasse a liberare quello che era evidentemente un fardello non nuovo.
«E’ per Krum?» domandò incerto Harry, e Ron sospirò di nuovo, lanciando pigramente un'altra fattura verso lo gnomo di prima, che era sbucato fuori per vedere se la via si fosse liberata.
«Sì e no.» disse il rosso, respirando a fondo prima di iniziare a spiegare.
«Quando quel giorno ho saputo dell’incontro con Krum, mi sono sentito tradito. E so cosa stai per dire-» aggiunse velocemente l’uomo, bloccando sul nascere le rimostranze di Harry «- Hermione non mi ha tradito, non ha fatto altro che parlarci. Lo so, davvero. Non è stato quello a mandarmi nel pallone, quanto il fatto che avesse ritenuto necessario mantenere il segreto. Mantenere un segreto, con me
Harry lo guardò seriamente, cercando di capire come si potesse ricollegare quel sentimento tutto sommato comprensibile con l’ammissione di una qualche colpa fatta all’inizio del discorso.
«Tu non hai mai avuto segreti con Hermione?» domandò lentamente l’uomo, e Ron maledì internamente la bravura di Harry negli interrogatori. Aveva sempre saputo individuare il punto debole di un sospettato, semplicemente seguendo il suo istinto.
«In realtà, è un segreto che mantengo da ventitré anni, e nessuno lo sa. Nemmeno tu
Harry si iniziò ad agitare, perché conosceva bene Ron ed essere riuscito a tacere qualcosa per così tanto tempo voleva solo dire che l’amico all’epoca non avesse avuto altra scelta.
«Cos’è successo ventitré anni fa?» chiese Harry, la voce innaturalmente calma.
Ron spostò il peso da un piede all’altro, a disagio, cercando il coraggio di raccontare ad alta voce una storia che fino a quel momento aveva saputo solo lui.
«Ti ricordi quant’era tesa l’atmosfera appena finita la Guerra? Fred non c’era più, così come Remus, Ninfadora e oltre a loro avevamo perso tanti altri. Avevamo rischiato di perdere tutto.»
Harry annuì silenziosamente, lasciando che la voce del migliore amico lo riportasse con la memoria ad un periodo lontano, forse il più duro di tutta la sua vita. Perché nessuno dei loro figli, della generazione venuta dopo, avrebbe mai compreso quanto fosse stato paradossalmente più doloroso ricostruire che combattere.
«Hogwarts era nel caos, nessuno voleva più avere a che fare coi Serpeverde, figuriamoci essere smistati in quella Casa. Nonostante la pace, le risse all’interno del Castello erano all’ordine del giorno, e Ginny ed Hermione era tornate lì, a respirare tutto l’odio represso che si stava di nuovo riversando tra quelle mura.»
«Alcuni non vollero parlarmi per settimane, quando decisi di testimoniare a favore di Malfoy. Tu fosti uno di quelli, se non erro.» commentò Harry, accennando un sorriso che vide dipingersi anche sul volto di Ron.
«Sì, beh, non erano tempi facili. Scegliere cos’era buono e cos’era cattivo non sembrò mai così complicato, tra Mangiamorte con seconde possibilità, come Malfoy, ed eroi della Guerra che all’improvviso volevano vedere morti tutti i carnefici, anche a costo di sporcarsi le mani di sangue in prima persona. Dean e Seamus non sono stati più loro stessi per un bel po’.»
Harry rabbrividì, risentendo nella mente la voce esasperata di Dean, quando l’ebbero fermato poco prima che uccidesse un figlio di Mangiamorti.
“E’ uno di loro, e deve pagare! Devono pagare tutti!”
Il ragazzo terrorizzato che giaceva sanguinante sul pavimento di Hogwarts aveva solo tredici anni.
«Tenemmo duro, pensando che una volta che Ginny ed Hermione si fossero diplomate, tutto sarebbe tornato normale. Io andai ad aiutare George con il negozio, e tu desti una mano a sistemare alcune questioni in sospeso, come Grimmauld Place e il nuovo Ministero che stava per nascere.»
«Hermione e Ginny finalmente tornarono da noi, ma non fu affatto più semplice.» disse poi amaramente Ron, ed Harry annuì senza accorgersene.
«Andromeda perse la testa, e tu e Ginny vi ritrovaste a dover accudire Teddy, di appena due anni.»
«C’erano giorni in cui non facevamo altro che urlarci contro per lo stress, emotivo e fisico.» ricordò con amarezza Harry, chiedendosi come avesse fatto a sopravvivere a quella marea di emozioni ad appena diciotto anni compiuti. La mente corse a James, così felice di fianco a Jade, e sperò con tutto sé stesso che suo figlio non dovesse mai vivere anche solo metà dell’angoscia che accompagnò i primi anni dopo il conflitto.
«E io ed Hermione non andavamo meglio. Mi accusava di trascurarla, di non starle accanto come avrei dovuto. Continuava ad urlarmi che non ero il solo a soffrire, che avevo perso un fratello ma lei aveva perso due genitori, e non sapeva se e quando l’incantesimo di memoria avrebbe finito il suo effetto e li avrebbe riportati da lei. Aveva ragione, ma in quei giorni eravamo tutti troppo egoisti, troppo concentrati sul nostro dolore per poterci sobbarcare completamente anche quello degli altri. Eravamo rotti, ognuno a modo suo.»
La musica di un lento li raggiunse da lontano, seguita da uno scroscio di risate.
Però Harry e Ron non erano più lì, avevano imboccato un sentiero di ricordi fatto di dolore, ma anche di forza, coraggio e amore.
«Ci siamo aggiustati a vicenda, col tempo.» disse semplicemente Harry, strappando una margherita da un cespuglio lì vicino e rigirandosela tra le mani.
Quando Lily era piccola, si divertiva a sistemargliene tra i capelli, per poi vederla correre felice su quello stesso giardino, immaginando di essere una fata.
«Quello che mi fece cambiare atteggiamento fu un bacio…ma non fu di Hermione.»
Harry guardò l’amico, trattenendo il fiato.
Ron aveva gli occhi bassi, le orecchie rosse come quando era giovane e il volto colmo di vergogna.
«Non so nemmeno come si chiamasse. Venne un giorno al negozio e senza accorgermene mi ritrovai a flirtare. Io, a flirtare capisci?» domandò ironico, caricando ogni sillaba di un’ondata di disprezzo per sé stesso.
«La verità è che lei non sapeva chi fossi e io per la prima volta da tempo mi sentii soltanto un ragazzo di vent’anni, e non un reduce di guerra. Doveva essere straniera, forse spagnola. Iniziammo a chiacchierare delle invenzioni di George, gliene feci provare qualcuna e prima che me ne accorgessi ci ritrovammo sul retro del negozio, mentre le facevo un tour guidato dei prodotti inediti prossimi all’uscita. Non…non so come accadde…» la voce di Ron vacillò, gli occhi azzurri che iniziarono a diventare lucidi.
«Ci baciammo. Non so se fui io ad iniziare, o se fu lei, probabilmente fummo entrambi ugualmente colpevoli. Ci baciammo per secondi interminabili, ma quando cercò di togliermi la camicia mi scostai, sorpreso e disgustato di cosa avessi fatto. Sono corso via, e non l’ho più rivista.»
Harry si prese qualche secondo per assimilare le rivelazioni dell’amico.
Una parte di sé sentì violenta l’esigenza di tirargli un pugno in faccia per quello che aveva fatto ad Hermione, la migliore amica che avesse al mondo, praticamente una sorella.
L’altra parte però si ritrovò a compatirlo e, con stupore, a capirlo.
Comprese perché Ron avesse voluto riportarlo indietro ai sentimenti di quei giorni, prima di confessare il tradimento. Per alcuni sarebbe potuta sembrare solo una comoda scusa, ma la verità era che Harry c’era, aveva vissuto con lui ogni istante di quel limbo di smarrimento che aveva riempito i primi due anni della tanto agognata pace. Non sapere chi fosse, se stesse facendo la cosa giusta. Si odiò un po’, ma arrivò perfino a comprendere cosa avesse spinto Ron a baciare un’altra. Dopotutto, con liti furiose che pervadevano ogni giorno, anche Harry si era trovato a mettere in dubbio che la sua storia d’amore con Ginny fosse abbastanza forte per sopravvivere anche dopo la Guerra.
Non erano mai stati solo ragazzi, non per davvero, e ritrovarsi improvvisamente catapultati in un falso senso di sicurezza li aveva destabilizzati nel profondo. Avrebbe amato Ginny, se fossero rimasti insieme senza l’urgenza di combattere Voldemort? Sarebbe rimasto per sempre amico di Ron ed Hermione, in un mondo che ora gli offriva la possibilità di conoscere chiunque, senza temere di morire?
«Ti capisco. Non dico di condividere quello che hai fatto, ma ti capisco.» mormorò Harry, e sentì Ron sospirare di sollievo.
«Non l’ho mai detto a nessuno. Quando sono tornato, quella sera, ho chiesto ad Hermione di sposarmi. So che può sembrare frutto di sensi di colpa, ma la verità è che non ho mai visto il mio futuro più lucidamente che in quel momento. Baciando quella sconosciuta, ho capito che non era quello che volevo, che tutto quello che desideravo era ed era sempre stato Hermione. Siamo rinati, Harry. E poi le cose sono andate sempre meglio, Andromeda si è ripresa, Teddy cresceva felice e la Tana iniziò pian piano a riempirsi di neonati, e di nuova gioia. Ginny rimase incinta, e non ti ho mai visto così felice come quando hai stretto James per la prima volta.»
Sul viso lentigginoso di Ron si allargò un sorriso sincero, che in un attimo si dipinse anche su quello di Harry.
«A quel tempo pensavo di dirlo ad Hermione, ma a che pro? Dopo poco rimase incinta anche lei, e a quel punto fu il mio turno di scoprire un nuovo livello di felicità: Rosie.» sussurrò dolcemente Ron, lanciando uno sguardo alla figlia.
Stava ballando con Louis al ritmo di una canzone rock e rideva divertita delle pose improbabili del cugino.
«E poi Albus, Hugo, Lily. Ma anche Dom, Lou, Rox, Fred e tutti quanti. Ce l’avevamo fatta, eravamo riusciti ad imparare a vivere di nuovo, senza Voldemort, senza paura.»
Il tono di voce di Ron si affievolì, e l’uomo ritornò a fissare con sguardo perso la distesa oltre lo steccato.
Iniziò a rigirarsi la fede nuziale tra le dita, giocando pensieroso.
«Pensavo che avrei portato questo segreto nella tomba, Harry. Quando però Hermione mi ha detto di Krum, e ho capito che era perfino arrivata a mentire su un appuntamento innocente pur di non ferirmi, mi sono sentito un verme. Io l’ho tradita, ho baciato un’altra quando lei era a pezzi, distrutta e circondata dalle ceneri ingombranti della Guerra. Come faccio a guardarla di nuovo in faccia? Non la merito, non l’ho mai meritata e ora…» Ron respirò a fondo, pronto a lasciar andare l’ultimo peso che gli aveva bloccato il respiro in quelle settimane.
«Non potrò più nasconderle questo segreto e vivo nel terrore che una volta scoperto, non vorrà più saperne nulla di me.»
Harry attese qualche secondo prima di parlare, ripensando a tutto quello che Ron gli aveva detto, e immaginando cosa sarebbe potuto accadere.
Ma alla fine, l’unica soluzione che gli venne in mente fu la medesima che terrorizzava a morte il migliore amico.
«Devi dirglielo, Ron. Non c’è altra soluzione. So che sarà difficile, e onestamente non ho idea di come potrebbe reagire Hermione, ma rimanendo in silenzio stai condannando il vostro matrimonio a priori. Hermione sta uno schifo, e tu forse sei messo pure peggio. Parlale. E dopo vedremo insieme cosa fare.»
Ron alzò un sopracciglio, il volto illuminato da un sorriso speranzoso.
«Insieme?» domandò divertito, mentre Harry gli assestava un affettuoso colpo sulla spalla.
 
«Certo, razza di scemo. Ancora non l’hai capito che non ti libererai mai di me?»
 
 
***
 
 
Victoire si sedette sul suo posto al tavolo d’onore, cercando di riprendere fiato e smettere di ridere.
Teddy le aveva dedicato la loro canzone, facendo partire le note di “Perfect” senza dirle nulla e offrendole la mano.
A metà di quel momento magico che aveva commosso tutti però, il ragazzo le aveva giocato uno dei suoi soliti tiri mancini, interrompendo bruscamente la ballad di Ed Sheeran e facendo partire “Twist & Shout” dei Beatles a tutto volume, con annesso repentino mutamento del passo di danza.
«Hai le guance così rosse che sembri una Weasley in carne ed ossa.» la prese in giro il marito, sedendosi accanto a lei.
La loro tavolata era disposta solo su un lato, di modo da poter guardare gli ospiti negli occhi, e oltre agli sposi contava Bill e Fleur, alla destra di Victoire, e Andromeda alla sinistra di Teddy.
Avevano deciso di lasciare Dominique e Louis liberi di passare il tempo coi cugini che ormai non vedevano mai.
Victoire gli fece una linguaccia, le guance colorate dall’affanno e l’acconciatura un po’ spettinata.
Teddy si chinò verso di lei, e gli scoccò un lungo bacio sulle labbra.
Quando sciolse il contatto, i capelli castani si tinsero di una tenue sfumatura di lilla, e Victoire sorrise estasiata.
Ce l’avevano fatta, oltre ogni probabilità e previsione, ce l’avevano finalmente fatta.
Sarebbero rimasti insieme, da sempre e per sempre, come si erano ripromessi nelle notti senza luna in cui Teddy scappava dai Dormitori Tassorosso per venirla a trovare sulla Torre dei Corvonero.
 
«Non riesco a fare nessun incantesimo, sono inutile!»
La piccola Victoire di undici anni era scoppiata a piangere, stretta nell’abbraccio di Teddy.
Ormai lui era al terzo anno, e la guardava con occhi dolci, divertito da come la posata Veela mancata si trasformava rapidamente in una normale ragazzina, tra le sue braccia.
«Non dirlo neanche per scherzo. Hogwarts è difficile, più difficile di quanto si pensi. E tu sei solo alla seconda settimana, Vic! Devi darti tempo, nessuno è così bravo sin dall’inizio.» le mormorò confortandola.
Lei alzò lo sguardo carico di lacrime, cercando di asciugarsele col dorso della piccola mano.
«V-veramente?» balbettò la bionda, mentre il Tassorosso piegava le labbra in un’espressione dubbiosa.
«Beh, forse solo zia Hermione, ma lei è l’eccezione, non la regola.»
La battuta di Teddy fece ridere Victoire, e lui iniziò a cambiare colore dei capelli, passando per tutte le tonalità di arcobaleno.
Le risate di quello scricciolo dai capelli biondi rischiarono di svegliare tutti i Corvonero, quella notte, ma a Teddy non importava.
Avrebbe passato ogni giorno dei suoi anni in punizione con Gazza, se fosse stato per far ridere Victoire.
Avrebbe fatto sempre tutto, per il sorriso della sua Vic.
 
«Ora non potrai scappare, ne sei a conoscenza vero, lupetto?»
Lo sguardo fintamente serio di Victoire lo richiamò dai suoi pensieri, e Teddy finse un’aria allarmata, squadrando ogni invitato nel vano tentativo di cercare una via di fuga.
«Quindi il per sempre è davvero per sempre? Nessuno me l’aveva detto! Io intendevo i giorni feriali, e magari due weekend al mese.»
Victoire scoppiò a ridere, mentre i capelli del marito cambiavano di nuovo colore, diventano biondi come i suoi.
Teddy le accarezzò le guance dove si annidavano piccole efelidi invisibili, tratto che condivideva solo con Dominique.
«Non ti libereresti di me neanche a suon di Cruciatus, Victoire Weasley.» sussurrò dolcemente, e lei avvicinò le labbra fino a sfiorare quelle del ragazzo.
«E’ una promessa?»
Per tutta risposta, Teddy riallacciò il suo corpo a quello di Victoire, così appassionatamente da ricevere dei fischi di approvazione da tutto il pubblico.
Alla fine, i due dovettero dividersi, sotto lo sguardo commosso dei parenti, scoppiando a ridere.
 
«E’ la nostra promessa: da sempre e per sempre.» le rivelò piano nell’orecchio, prima che dalle casse audio iniziasse a risuonare prepotente “Accidentally in love”, e Teddy la trascinasse di nuovo sulla pista da ballo improvvisata, felice come non credeva si potesse essere in una vita intera.
 
 
***
 
 
Scorpius tornò al tavolo degli amici, giusto in tempo per sentire l’inizio di “Accidentally in Love”.
«Ti sei perso una fiorentina da urlo, Scorp.»
La voce di Ethan fingeva una serenità che veniva tradita dalla posa tesa, e dallo sguardo fermo.
Selene gli lasciò il tempo di sedersi ed era sul punto di chiedergli qualcosa, quando Marcus Flint si avvicinò di nuovo al tavolo ora occupato solo dai tre ragazzi: contro ogni probabilità, Draco aveva rapito Astoria per obbligarla a ballare, sulle note di quella canzone festosa.
«Zoe è stanca, vuole andare a casa a riposare. E’ stato un piacere vedervi.» disse tranquillo l’uomo all’indirizzo dei due, che risposero con un cenno.
Marcus poi puntò gli occhi in quelli uguali del figlio, lo stesso sorriso diplomatico in volto, ma un tono di voce leggermente più rigido.
«Ci vediamo a casa, stasera. Hai avuto una settimana per prepararti al suo ritorno, non voglio vedere scenate in casa mia. Alle otto in punto sarai al tavolo, pronto e sorridente per la cena, chiaro?»
Sebbene fosse stata formulata come una domanda, Ethan non si degnò di dare una risposta che sapeva essere inutile.
Quando il padre si allontanò, Selene agganciò la sua mano a quella di Ethan, e lui le sorrise tristemente.
«Che voleva dire con “hai avuto una settimana per prepararti”?»
La voce di Scorpius era completamente atona, gli occhi grigi che fissavano il migliore amico con un’intensità quasi tangibile.
Selene guardò allarmata i due migliori amici, ma nessuno dei due ragazzi distolse lo sguardo l’uno dall’altro.
«Ethan» ripeté Scorpius, stringendo la mano in un pugno.
«Che cosa voleva dire tuo padre con quella frase?»
Selene si frappose fra i due, la voce tremante e gli occhi scuri che imploravano entrambi di mantenere la calma.
«Scorpius, ti prego, non…»
«Questo non ti riguarda, stanne fuori!» l’aggredì Scorpius, una rabbia cieca che non aveva mai visto come vittima Selene.
Ethan sì, Zoe, alcuni idioti ad Hogwarts e forse una volta perfino Draco, ma mai Selene.
Gli occhi di lei si riempirono di lacrime silenziose, ed Ethan socchiuse i suoi per la furia.
«Non parlarle con quel tono.» sibilò minacciosamente, e Scorpius accennò una risata senza allegria.
«Ora ti importa di lei? Dopo averle spezzato il cuore per sei lunghi anni, ora ti importa di lei?» il sarcasmo di Scorpius sorprese tutti, perfino sé stesso; ma la verità era che ne aveva le pluffe piene di camminare sul ghiaccio per difendere chi non aveva considerazione per lui.
«Non giocare col fuoco, amico.» disse lentamente Ethan, facendo risuonare ogni lettera di una rabbia crescente.
«Altrimenti che mi fai? Nascondi Lily sotto il tavolo, così posso dire di aver vissuto la giornata più brutta della mia vita? Tu sei solo…»
«Finitela!»
L’urlo di Selene bloccò Scorpius, che però non distolse lo sguardo dal moro fino a quando la Serpeverde non finì di pronunciare la frase successiva.
«Marcus Flint ci ha detto del ritorno di Zoe quand’eravamo ad Hogsmeade, ma tu eri con Lily e non volevamo ferirti. Poi abbiamo pensato di dirtelo, ma vi eravate baciati e…»
«Ci? Hai detto…hai detto “ci ha detto”?»
Il sussurro di Scorpius suonò come una preghiera a negare, a dirgli che lei non era coinvolta, lei che era sempre stata lì per lui. Lei che non aveva mai avuto segreti, con lui.
Selene prese le mani di Scorpius tra le sue, ormai col viso rigato dalle lacrime.
«Mi dispiace, noi volevamo solo…»
Ma il Serpeverde si distaccò da quel contatto, con aria disgustata e delusa.
Si alzò in piedi, guardando entrambi quelli che pensava i suoi due migliori amici come se non li avesse mai conosciuti.
«Dopo tutto quello che Zoe mi ha fatto, che voi sapevate su di noi, avete deciso di mantenere questo segreto? Mi date la nausea
Scorpius scoccò uno sguardo ad Ethan, che lo fissava con un’espressione carica di dolore e collera.
«Ti prego…»
Selene mormorò l’ultima preghiera con voce rotta dal pianto, ma Scorpius non la esaudì.
«Dite ai miei che avevo mal di testa e sono andato a casa.»
Dopo quelle semplici parole, il biondo si diresse a passo spedito verso l’uscita per potersi smaterializzare.
Agognava solo il suo letto, e silenzio, un mare di silenzio in cui annegare in pace.
Quando però fu di fronte al cancello, un richiamo lo fermò, facendogli scorrere il sangue nelle vene come fosse veleno incandescente.
«Te ne stai andando senza salutare?»
 
 
***
 
 
Lily fissava la schiena di Scorpius, aspettando una risposta alla sua domanda.
Lui si voltò con lentezza surreale, e la rossa trattenne il fiato: ogni lineamento del viso del biondo era provato, come se gli fosse passato sopra un camion con rimorchio.
«E’ stata una festa bellissima, ma ho un’emicrania che mi sta facendo scoppiare la testa. Ringrazia Victoire da parte mia.»
Niente in quelle parole faceva trasparire che tra di loro ci fosse poco più di una conoscenza.
Scorpius evitava di guardarla negli occhi, distendendo appena le labbra in un accenno di sorriso, ma Lily pensò di non aver mai visto nessuno così distrutto in vita sua.
Il cuore le si strinse dolorosamente, quando il ragazzo si girò per aprire il cancello ed andarsene.
«Scorpius
Il nome era lo stesso che aveva sussurrato solo sette giorni prima, e che aveva segnato il bacio che sembrava il coronamento perfetto del loro amore segreto.
Solo che in quel momento invece la voce di Lily era carica di apprensione, chiedendogli di stringerla ancora, di parlarle, di farle capire che andava tutto bene.
Lily si sorprese nel constatare che non era più arrabbiata come credeva, e se lui le avesse assicurato che il bacio con la gemella di Flint fosse stato solo un incidente, lei gli avrebbe creduto.
La verità era che Lily in quel preciso istante avrebbe creduto a tutto ciò che sarebbe uscito dalle labbra di Scorpius.
Ma le sue labbra non fecero che serrarsi ancora di più, gli occhi velati di una stanchezza che fece venire voglia alla rossa di correrlo ad abbracciarlo, a donargli un po’ della sua forza.
Però rimase immobile, incapace di credere che quel sogno che ormai sembrava realtà stava diventando di nuovo fumo tra le sue mani.
«Ci vediamo, Potter.»
Scorpius uscì senza guardarla e non appena gli fu possibile si smaterializzò sotto i suoi occhi, sparendo dalla sua vista.
 
Sparendo dal suo cuore.

 



Angolo Autrice:

Non so davvero cosa dire di questo capitolo, se non che credo sia il più intenso della storia, e il più bello da scrivere. Ci tengo però a precisare una cosa: ho voluto dare così tanto spazio alla storia di Ron per due ragioni. La prima è che ritengo sia un personaggio spesso troppo sottovalutato, a volte semplicemente una macchietta da inserire per fare comicità. Ron è questo, anche per me, ma non è solo questo. E' un uomo intelligente, riflessivo e profondo, che però spesso fa difficoltà ad esprimere i suoi pensieri. Lo amo, come amo Harry e il loro rapporto, spero si sia capito. Ragione numero due: troppo spesso nelle fan fiction new generation si rischia di far sembrare tutti dell'universo Mulino Bianco, come se morto Voldemort la vita fosse stata rose e fiori. Non credo sia così. C'è stata una Guerra, e la ricostruzione spesso è più estenuante e difficile del conflitto, almeno così l'ho vista io. Spero vi abbia fatto piacere quella scena, perché non credo di aver mai messo il cuore così tanto nella scrittura come in quel momento. Per il resto, è un capitolo denso di emozioni, da James e Dominique, dove ho letteralmente pianto durante la scrittura, non scherzo, a Fred e Roxanne. E Scorpius. Scorpius. Ne ha passate tante in pochissimo tempo, non odiatelo per come si è comportato con Lily. Ha bisogno di tempo per capire come si sente, e cosa deve fare, e non voleva illudere Lily, non essendo certo neppure lui dei suoi sentimenti in quel preciso istante.
Vi lascio alle immagini dei prestavolto, con la speranza che vorrete commentare il parto che è stato questo capitolo, di cui sono immensamente fiera.
Un bacione a tutti! (E ovviamente un abbraccio enorme a Jade_Malfoy <3)

SilverKiria



 
I PROTAGONISTI DI PAPER WALLS pt. 4:





Rose Weasley



Hugo Weasley



Roxanne Weasley



Fred Jr. Weasley

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***






CAPITOLO 17


Quel giovedì mattina, Lily si rigirò nel letto, sbuffando vistosamente.
Dopo un altro quarto d’ora di agitazione, la Grifondoro rinunciò all’idea di passare a letto quell’ora extra che il giovedì le regalava, grazie alla prima ora della giornata che era buca per il Quinto Anno. Si alzò allora svogliatamente dal baldacchino, decidendo di andare a fare colazione.
Le compagne di Dormitorio erano ancora tutte profondamente addormentate, e Lily lanciò uno sguardo infastidito all’orologio che aveva sul comodino, che in quel momento segnava le sette e dieci minuti.
La verità era che probabilmente aveva preso sonno intorno alle tre di notte, e al pensiero di dover affrontare quella giornata con poco più di quattro ore di riposo sulle spalle, lo stomaco le si strinse dolorosamente.
Erano passati già quattro giorni dal matrimonio di Victoire e Teddy, e un sorriso malinconico le incorniciò il viso al ricordo delle aspettative speranzose, seppur timide, che quella giornata le aveva istillato nel cuore.
Alla fine, però, tutto ciò che le aveva riempito la mente era l’assenza di Scorpius, il suo saluto freddo e distaccato, e il dolore che traspariva sul volto del Serpeverde, nell’accomiatarsi da lei come se fosse stata una sconosciuta qualunque.
Come se non avesse avuto scelta.
Sophie l’aveva praticamente tartassata in ogni momento libero, invitandola caldamente ad andare a parlargli, a cercare di capire cosa stesse succedendo.
Lily si sistemò meglio la felpa over-size sopra la tuta grigio chiaro, infilandosi al volo un paio di scarpe di ginnastica e dirigendosi silenziosamente giù per le scale che conducevano alla Sala Comune.
L’idea di andare a parlarci le aveva riempito la mente, rubandole concentrazione e sonno, ma la Grifondoro si era sorpresa nel riuscire ad ignorarla senza fatica.
La migliore amica Corvonero aveva dapprima inveito contro l’atteggiamento ambiguo di Scorpius, appioppandogli anche titoli poco amichevoli e scagliando parole dure che Lily non aveva mai pensato potessero uscire dalla bocca sempre così composta della ragazza.
Nei giorni successivi però, visto il malessere che anche Scorpius aveva manifestato, attirando l’attenzione di tutta Hogwarts, Sophie era tornata al suo stato d’animo riflessivo, supponendo che fosse successo qualcosa di davvero grave.
Lily però era stata l’unica a notare come Ethan e Selene avessero smesso di parlare col biondo Serpeverde.
Nonostante ai pranzi e alle cene continuassero a sedersi vicini, Lily non si era fatta sfuggire il comportamento evasivo del biondo: Scorpius faceva di tutto per evitare lo sguardo dei due, e se da una parte c’era Ethan, che fingeva una tranquillità però falsa ad un più profondo sguardo, dall’altra parte Selene era visibilmente debilitata da tutto quello stress. La Grifondoro aveva pensato tra sé e sé che il sedersi vicini fosse stato in definitiva più frutto dell’abitudine, che altro.
Lily avrebbe voluto andare da Scorpius ad assicurarsi che stesse bene, chiedendogli cosa fosse successo di così grave, ma la realtà era che lui l’aveva momentaneamente messa da parte, e lei aveva capito che avrebbe dovuto essere una sua scelta porvi rimedio.
Non era arrabbiata, né delusa. Lily era semplicemente preoccupata, perché aveva capito che nella vita di Scorpius stava accadendo qualcosa che esulava completamente dalla loro relazione, e il suo sesto senso le suggeriva che la distanza che si era infrapposta tra loro fosse necessaria al ragazzo per riflettere.
Oltretutto, il Serpeverde si era reso particolarmente difficile da trovare, e Lily sospettava che trascorresse a nascondersi ogni minuto libero della giornata.
Giunta alla fine della scalinata, Lily si fermò qualche secondo per assaporare il silenzio ristoratore della Sala Comune, completamente vuota.
L’assenza di studenti in quel luogo solitamente caotico lo rendeva pacifico, e l’unico suono che continuava a turbare la quiete era il soffuso scoppiettio del fuoco, sempre pronto a riscaldare l’atmosfera di quel novembre inoltrato.
Dopo essersi concessa quel momento di pace, Lily strinse a sé il libro di incantesimi: aveva deciso di sfruttare la colazione solitaria per portarsi avanti coi compiti per i giorni successivi; e si diresse senza ulteriori indugi all’uscita della Sala Comune.
Nel dirigersi verso la Sala Grande, l’unico sprazzo di gioia che aveva le nasceva spontaneo al pensiero che, forse, avrebbe avuto occasione di assaporare una fetta di dolce al lampone, trasportata dalla posta del mattino.
Quel giorno era infatti il compleanno di Bill, e come da tradizione la famiglia si sarebbe riunita per una colazione speciale.
Lily aveva sempre condiviso con lo zio l’assoluto amore per la torta di lamponi e cioccolato di nonna Molly, e negli ultimi anni ad Hogwarts, qualcuno della famiglia aveva sempre provveduto a mandarle un pezzo del dolce, cosicché potesse godersi anche lei i festeggiamenti.
E con questi pensieri Lily si accomodò al Tavolo di Grifondoro, nella tranquillità della Sala Grande che, oltre a lei, al momento ospitava solo altri tre Corvonero del quinto anno, un paio di Tassorosso del terzo, cinque Serpeverde del primo anno e quattro Grifondoro del secondo.
Soppesò pensierosa la pila di pancakes straripanti di sciroppo d’acero che le apparve di fronte, e non poté evitare che il suo sguardo si posasse sul posto lontano da lei, dove di solito si sedeva Scorpius.
La mente vagò per qualche secondo agli istanti di quel bacio che ora sembravano solo uno dei tanti sogni proibiti che avevano costellato le sue notti, ma Lily scosse repentinamente la testa, negando a sé stessa il piacere masochista di lasciare il pensiero libero di fantasticare.
Scorpius non era lì con lei, doveva farsene una ragione.
Così aprì distrattamente lo spesso manuale che aveva appoggiato sul tavolo, focalizzandosi sulla realtà. Scorpius non era lì, e lei avrebbe fatto meglio a concentrarsi sul compagno di colazione che le era invece toccato in sorte: Adamant Korr e i sortilegi invecchianti.
 
 
***
 
 

 
Rose Weasley entrò nella Biblioteca con le mani piene di libri, ma facendo attenzione a non far rumore.
Alle sette di mattina quel luogo era ancora deserto, se non per qualche studente del Settimo Anno abbastanza temerario, o sufficientemente disperato, da sfidare il malumore mattutino di Madama Pince ed avventurarsi in quell’anto ricco di sapienza.
L’anziana bibliotecaria alzò appena lo sguardo dai polverosi tomi che stava studiando, facendole un cenno di saluto e accennando un sorriso.
Rose ricambiò con dolcezza, conscia del fatto che probabilmente la donna avesse azzardato tanta simpatia soltanto a sua madre, all’epoca di Hogwarts.
La Grifondoro si diresse a passo spedito per gli scaffali che ormai conosceva a memoria, con un’espressione malinconica in volto.
All’improvviso la colpì la consapevolezza che di lì a qualche mese avrebbe dovuto dire addio per sempre a quel luogo.
Sempre che non fosse riuscita a realizzare il suo sogno.
Dopo qualche minuto di camminata febbrile, Rose raggiunse la sua meta.
Era un angolo riparato dell’enorme Biblioteca, tra il Reparto di Medimagia Avanzata e quello sulle Creature Magiche più rare del pianeta.
Rose si concesse di far scivolare i libri sul tavolino tondo di fronte a lei, senza curarsi del rumore sordo che essi produssero.
Sapeva con certezza che quelle sezioni della Biblioteca ospitavano soltanto studenti del Settimo Anno, e quell’eventualità già di per sé irrisoria sfociò nell’impossibile, vista l’ora mattiniera.
Si lasciò andare su una poltrona imbottita di comodo velluto verde scuro, studiando con fervore l’ultimo frutto delle sue ispezioni leggendarie tra le mensole di quel luogo: la ricerca originaria di Barnaba Bottins sugli effetti della polvere di fata sui bambini.
Rose scoprì con entusiasmo che l’idea ritenuta pura fantasia di Barrie, autore del personaggio babbano di Peter Pan, era in realtà un possibile effetto collaterale: spesso, diceva Barnaba, i bambini esposti alla polvere di fata iniziavano a levitare, e l’altezza era proporzionale alla quantità di polvere con cui erano venuti in contatto.
Era così impegnata ad imprimersi quella scoperta in mente, desiderosa di condividerla al più presto con sua madre e lo zio Harry, gli unici con origini babbane, che non si accorse del ragazzo che l’aveva raggiunta.
In effetti, si rese conto della sua presenza solo quando sentì le labbra sottili di lui scoccarle un bacio leggero sulla guancia.
«Buongiorno, dormigliona.»
Il viso di Rose si tinse di rosa pastello per l’imbarazzo e la sorpresa, ma riuscì a sciogliere le labbra in un sorriso felice, mentre l’altro si sedeva sulla poltrona che aveva rubato dietro l’angolo, di modo da guardarla in volto.
«Guarda che sono solo le sette di mattina, come osi chiamarmi dormigliona?» lo provocò divertita, un sopracciglio piegato in un’espressione dubbiosa.
Il ragazzo appoggiò lo zaino carico di libri polverosi e dall’apparenza antica sul pavimento, ne afferrò uno e le rispose con calma, guardandola di sfuggita.
«Ti informo che io sono qui dalle sei. La vostra bibliotecaria mi ha odiato profondamente, quando mi ha trovato sull’uscio, ma le focacce dolci che le ho offerto credo abbiano sortito l’effetto sperato, visto che non mi ha affatturato all’istante.»
Rose rise piano, ripensando solo in quel momento che effettivamente accanto a Madama Pince aveva notato un vassoio vuoto, ancora sporco di zucchero a velo.
«Dove hai trovato delle focacce alle sei di mattina?» domandò curiosa, cercando di controllare il suo cuore quando Dimitri le sorrise in un modo così malandrino da ricordarle James e Fred.
«Diciamo solo che esplorare Hogwarts ha avuto molti più risvolti positivi del previsto.»
Dopo quella frase enigmatica, Dimitri estrasse dalla tasca anteriore dello zaino un pacchetto di piume di zucchero di tutti i colori, e gliene offrì una.
Rose annuì, prendendo quella viola scuro che sapeva essere al ribes, e senza aggiungere altro i due dirottarono la propria attenzione ai libri.
La verità era che Rose non riusciva ancora a capire che tipo di rapporto avessero.
Il giorno di Halloween si era divertita un mondo a scorrazzare tra le bancarelle del Ghirigoro con lui, scoprendo per la prima volta un’anima affine alla sua per molti versi, e del tutto opposta per altri.
Sebbene all’apparenza il ragazzo sembrasse il ritratto della quiete, Rose aveva imparato a non sfidarlo troppo: il bulgaro era sempre pronto alla battuta piccata, con un’indole battagliera che avrebbe fatto impallidire tutti i cugini.
Alcune volte Rose si era trovata spiazzata dalla sua onestà senza freni, e all’inizio l’eccessiva schiettezza del moro l’aveva ferita, ma non le ci era voluto molto per comprendere che lui non avesse mai intenzione di farle del male.
Quando la correggeva senza peli sulla lingua, quando la esortava a farsi domande più complesse, o a non arrendersi di fronte alle difficoltà dello studio, Dimitri voleva solo il meglio per lei.
E inevitabilmente Rose aveva iniziato a pensare che potesse essere lui, il meglio per lei.
In tutta la sua vita la Grifondoro non si era mai innamorata di nessun ragazzo. Aveva avuto qualche cotta, certo, ma nulla che fosse durato più di una settimana e un’ora di conversazione.
La realtà era che lei cercava qualcuno che la sfidasse al livello intellettuale, che comprendesse la sua ambizione e la sua innata curiosità nello scoprire qualsiasi cosa possibile, senza darle della secchiona, o compatirla, per quello.
E Dimitri lo faceva, e aveva continuato a farlo ogni giorno da quel pomeriggio di Halloween.
Quello che all’inizio era stato un ritrovo informale in Biblioteca per scambiare solo quattro chiacchiere si era rivelato un appuntamento giornaliero fisso, a cui nessuno dei due aveva mai dato un nome, ma che entrambi non si sarebbero mai persi.
Lui le aveva dato qualche bacio sulla guancia, a mo’ di saluto, ma nulla di più. Si sedevano e studiavano insieme, in silenzio, rompendolo solo raramente per condividere qualche notizia particolarmente interessante o porre dei quesiti.
Rose si era perfino divertita ad immaginare il rosso scarlatto che avrebbero raggiunto le orecchie del padre, se avesse scoperto che la figlia si era innamorata proprio di uno studente di Durmstrang, per non parlare degli occhi lucidi di sua madre, nel vedere quanto fosse preparato Dimitri.
Ma la Grifondoro scacciò quei pensieri molesti, sospirando senza accorgersene.
Dimitri non le aveva mai chiesto di uscire davvero e, per quanto ne sapeva, forse lui la considerava solo la perfetta compagna di studio.
«Tutto bene?»
Gli occhi nero pece del ragazzo la stavano scrutando, probabilmente attirati dal sospiro che Rose aveva fatto poco prima.
La Grifondoro annuì convinta, per poi tornare rapidamente a concentrarsi sulle pagine, ignorando perfino il tonfo sordo che proveniva dallo scaffale alle spalle di Dimitri.
Si concentrò con tutta sé stessa, e finì per perdersi come desiderava tra le parole di Barnaba, sorridendo appena al ricordo di sua madre che le raccontava le storie di Peter Pan, quand’era solo una bambina.
 
Si concentrò con tutta sé stessa, finendo per perdersi gli occhi di Dimitri che le accarezzavano il profilo, dalle efelidi sulle guance agli attenti occhi nocciola, con un sorriso dolce stampato sul viso.
 
 
***
 


 
«Devo ammettere che non avrei mai sospettato di trovarti qui, a quest’ora del mattino.»
Scorpius Malfoy inclinò il capo, osservando la ragazza che si trovava di fronte come una strana creatura appena apparsa in una nuvola di vapore viola.
Lei gli sorrise beffarda, facendogli posto accanto a sé.
Scorpius annuì, sedendosi sul pavimento dove erano stati appoggiati dei cuscini prese dalle sedie, e la guardò divertito.
«Perché non ameti che non avresti sospetato che io sapevo leggere, n'est ce pas?»
Angelique curvò le labbra sottili in una smorfia di finto disappunto, mentre Scorpius si lasciava andare a quella che gli sembrò essere la prima risata da un’eternità.
La francese aveva il viso completamente struccato, lasciando trapelare qualche piccola imperfezione sul volto pallido. I capelli biondi erano legati in una coda alta, e indossava una tuta da ginnastica nera.
Se non fosse stato fisicamente lì, Scorpius avrebbe probabilmente ritenuto impossibile che la mezza Veela che aveva visto aggirarsi nel Castello in quei mesi potesse essere così incredibilmente…ordinaria.
«Ouch, sei tremenda. Non temere, non ho mai dubitato della tua intelligenza, dopotutto parli fluentemente cinque lingue e sei Campionessa di Beauxbatons.» rispose Scorpius, afferrando uno dei volumi che erano di fronte a lei e stupendosi delle letture della ragazza.
Erano tutti libri di Medimagia Avanzata che Scorpius aveva letto a sua volta migliaia di volte, nella Biblioteca di Villa Malfoy.
«Però devo chiedertelo, perché ti nascondi qui sotto?» domandò il Serpeverde, alludendo alla scelta di lei di sedersi sul pavimento, ignorando le comode poltrone proprio di fronte a loro.
Angelique scosse le spalle, chiudendo il volume che aveva tra le mani e accarezzando la copertina rigida, sovrappensiero.
«Ho visto che dietro questo scaffale ci sono la Weasley e Dimitri, non…non voglio che mi vedano.» ammise poi a mezza voce.
Scorpius sgranò gli occhi per la sorpresa, vedendo quella che sembrava un’altezzosa giovane diciassettenne trasformarsi in un’imbarazzata tredicenne.
Il ragazzo si mosse appena, giusto per scoccare un’occhiata veloce nella direzione da lei indicata, e trattenne un ghigno divertito, al pensiero che Rose Weasley, apparentemente sempre così lontana all’idea di stringere relazioni sentimentali, fosse caduta preda di un paio di occhi bulgari.
«Perché non vuoi farti vedere?» le chiese sottovoce, dopo essere tornato al suo posto.
Le labbra di lei si piegarono in una smorfia triste, e parlando sembrò evitare accuratamente di guardarlo negli occhi.
«Perché tutti in questa Scuola credono che io sia un’oca senza cervello, specialmente i Grifondoro. E tutti si chiedono che diavolo ci faccia io in mezzo ai Campioni Tremaghi
Scorpius non disse nulla, incapace di negarlo. Dacché erano stati presentati i Campioni, le voci più perfide si erano serpeggiate sul conto della bellissima Angelique. Alcune erano addirittura arrivate ad infamarla senza remore, accusandola di aver sedotto qualche giudice per essere ammessa.
E nonostante lui non avesse mai contribuito alla diffusione di quelle cattiverie, scoprì con orrore di non aver mai nemmeno fatto nulla per impedire la loro crescita.
Era troppo impegnato a pensare a Lily, al Torneo, alla sua vita, per accorgersi di cosa stesse patendo quella che, alla fine, si era rivelata una ragazza in gamba e molto meno frivola di quanto si potesse immaginare.
«Perché allora non provi loro quanto sbagliano? Insomma, stai evidentemente studiando per diventare Medimaga, per Merlino, vorrà pur dire qualcosa!» esclamò Scorpius, acceso dal bisogno di farsi perdonare l’indifferenza avuta fino a quel momento.
«E tu? Cosa ci fai qui?»
Angelique cambiò discorso, probabilmente per evitare di affrontare alle sette di mattina quei discorsi così stressanti, e Scorpius si ritrovò a far vagare lo sguardo attorno a sé.
La verità era che quell’angolo della Biblioteca era sempre stato il porto sicuro a cui ritornare durante la tempesta, fosse essa una lite con Ethan, o un momento di smarrimento.
Quei libri che ormai conosceva a memoria si erano presto trasformati in un corollario di amici fedeli, riportando indietro nel tempo, quand’era solo un bambino curioso e avido di informazioni.
Quand’era un bambino innamorato del lavoro del padre, e segretamente sperava di diventare un giorno anche solo metà dell’uomo che l’aveva cresciuto.
«Diciamo che questo è uno di quei luoghi a cui fai ritorno senza pensarci troppo, quando hai fin troppo da pensare.» rispose sibillino, piegando quello che fino a poco prima era un sorriso in una smorfia di dolore.
Angelique lo stupì ancora, lasciandogli una veloce carezza sulla mano, e Scorpius la guardò, grato di quella comprensione inattesa.
«Sai, quando all’inizio stavo flirtando con te, era solo perché pensavo fosse quello che le persone avrebbero voluto da me. Insomma, sembravi proprio il tipo perfetto.»
«Vuoi dire che ti ho delusa? Non temere, non saresti la prima.» disse amaramente lui, ma il tono vivo di lei gli fece alzare lo sguardo, venendo catturato dagli occhi azzurri così particolari che lo fissavano come un oceano burrascoso.
«Al contrario, sono io che ho deluso me stessa. Tu mi hai stupito, più di quanto potessi pensare. Non è mai stata un segreto l’antipatia tra te e Potter, ma durante la Prima Prova hai rischiato la tua vita per salvarlo, senza pensarci un attimo.» Angelique sospirò malinconica, aggiungendo: «E credimi, non tutti l’avrebbero fatto. Antoine mi avrebbe buttato tra le fiamme senza rimorsi, se questo gli fosse valso qualcosa di allettante.»
Scorpius sentì chiara la delusione nella voce affranta di lei, e si ritrovò a riflettere su come Angelique fosse riuscita a comprenderlo in così poco tempo.
Su come lei si fosse sforzata di andare oltre alla superficie algida che esibiva con tutti, e lui invece no.
«Antoine è un’idiota, e non merita nemmeno di farti soffrire.» sussurrò Scorpius, facendola sorridere.
«La Prima Prova mi ha dimostrato come possa essere fatale attaccarsi ossessivamente alle apparenze. Ho deciso di mostrarmi per quella che sono davvero, anche se, come vedi, è più dura di quanto sembri, a volte.» concluse accennando una risata, guardando come si fossero ridotti a nascondersi, per paura che qualcuno potesse vederli fare…cosa?
Studiare? Essere intelligenti? Essere ambiziosi, avere un cervello, lavorare per diventare delle persone, e non solo dei bei visini da ammirare?
Scorpius comprese quello che intendeva dire la ragazza, e rimasero in silenzio per qualche decina di secondi, fino a quando il Serpeverde non si accorse di alcune lettere ammucchiate accanto alla francese.
«Almeno tu però hai qualcuno a cui scrivere, senza maschere, o sbaglio?»
Angelique prese i fogli in mano, l’espressione di chi era stato colto in fallo, e decise di fidarsi di Scorpius, ancora una volta.
Gliene porse una, e il Serpeverde lesse la missiva, curioso.
Era piena di scherzi, di aneddoti e di racconti del quotidiano.
Scorpius pensò di aver già visto quella calligrafia, da qualche parte, ma non seppe dare un nome a quello sconosciuto che si firmava solo con la lettera “F”.
«Sembra un tipo molto divertente.» commentò infine, restituendole la lettera e decidendo di non fare altre domande.
Dagli occhi innamorati di Angelique, Scorpius pensò di essere la persona giusta per comprendere che quello era ancora un dolce segreto, da custodire gelosamente.
«Lo è. Non pensavo mi sarei mai potuta sentire così, ma lui mi fa ridere ed è così…come si disce? Affascinato da me, e non solo dal mio corpo. E tu? Hai qualcuno con cui metterti a nudo in parole nascoste?»
Scorpius aprì la bocca per risponderle, ma si accorse di non avere davvero una risposta.
Pensava di avere Selene ed Ethan, ma i recenti avvenimenti avevano fatto vacillare quella che era stata una sicurezza per sette lunghi anni.
C’era stato un tempo in cui i suoi più intimi pensieri erano stati letti avidamente da Zoe, ma il presente sembrava essere meno certo da scrivere, in quel momento.
Sapeva che, nonostante tutti i suoi sforzi, la ragazza continuava a togliergli il fiato, e probabilmente l’unica cosa che gli stava impedendo di seguire il ricordo di una felicità del passato era la promessa di una gioia futura, suggellata in un bacio non molto tempo prima.
Lily.
Non le aveva ancora parlato, e ogni volta che immaginava il discorso che avrebbe fatto le parole avevano iniziato a perdere senso, sempre tragicamente lontane dai sentimenti turbolenti che gli si agitavano dentro.
La verità era che nemmeno lui era certo di cosa scegliere, di chi scegliere.
Zoe possedeva una parte di sé, una felicità immensa che avevano condiviso per anni, nel bene e nel male.
Lily invece gli offriva un futuro incerto, un salto nel buio, che avrebbe potuto far provare loro l’ebrezza del volo, ma anche la crudeltà del precipitare senza paracadute.
Angelique sembrò intuire le emozioni contrastanti che stavano riempiendo lo sguardo vuoto del ragazzo, e gli scoccò un timido bacio sulla guancia.
Quando Scorpius si voltò, per ringraziarla di quel gesto che sapevano entrambi essere solo il frutto di una neonata amicizia, impallidì di colpo.
Rose li stava guardando ammutolita, stringendo i libri che teneva al petto fino a far sbiancare le nocche, e prima ancora che il ragazzo moro che l’accompagnava potesse dire qualcosa, probabilmente confuso dalla reazione della rossa, la Grifondoro si dileguò senza aggiungere nulla.
Angelique sbuffò esasperata, conscia come il Serpeverde dei pettegolezzi che li avrebbero di nuovo intrappolati come una morsa.
 
«Se anche avessi avuto qualcuno, Angelique, temo che ora potrebbe non voler più leggere nessuna parola, se a pronunciarla fossi io.»
 
 
***
 
 
«Ecco, mangia, da bravo.»
Dominique accarezzò la testa dell’enorme gatto soriano che era accovacciato accanto a lei, e questo le restituì un miagolio grato.
La ragazza arricciò le labbra in un sorriso, continuando a coccolare l’animale con amore.
Horus era il cucciolo che Teddy aveva regalato a Victoire per festeggiare il loro primo appartamento, due anni prima, e la bionda aveva subito pensato di farne anche il simbolo del suo amore per la mitologia egizia.
Il possente felino si stiracchiò, soddisfatto del pasto appena concluso, e si accoccolò sulle gambe di Dominique, facendo le fusa.
La ragazza continuò a grattargli la zona dietro le orecchie, prendendolo in giro per il suo solito animo coccolone.
I neo-sposini erano partiti alla volta della loro luna di miele la sera del matrimonio, e Dominique sentì una punta d’invidia al pensiero dei due, abbracciati tra le acque cristalline delle Seychelles.
Anche se capì che forse l’invidia non fosse tanto per la sabbia calda su cui stendersi, ma l’amore della propria vita a cui aggrapparsi, senza timore.
I suoi pensieri però furono interrotti bruscamente dal campanello.
Dominique si alzò velocemente, con disappunto miagolante di Horus, e attraversò la cucina moderna per dirigersi verso il salotto del piccolo appartamento, su cui affacciava l’entrata.
Una volta guardato attraverso lo spioncino però, si limitò a sbuffare divertita, aprendo la porta.
James era nascosto dietro a quella che sembrava un approvvigionamento bellico di cibo cinese e giapponese, e Dominique lo guardò dubbiosa, mentre lui esibiva un ghigno strafottente.
«Consegna a domicilio!» esclamò il ragazzo, dirigendosi senza essere invitato verso la cucina, cercando di non inciampare su Horus, che nel frattempo gli era venuto felicemente in contro.
Era difficile a dirsi se il gatto fosse più felice delle coccole che sapeva star per ricevere anche da James, o dalla prospettiva di qualche succulento pezzo di pollo in agrodolce, che sarebbe potuto scivolare nella sua ciotola.
«Guarda che questo non è il mio domicilio.» lo punzecchiò Dominique, alzando gli occhi al cielo.
James appoggiò con cura tutti e quindici gli involucri dal profumo invitante sul tavolo, per poi voltarsi ancora col sorriso sulle labbra, e scoccarle un bacio senza che lei avesse il tempo di obbiettare.
«Beh, lo sarà per le prossime due settimane, a meno che tu non abbia deciso di far morire di fame il piccolo Horus, o sbaglio?»
Il felino sembrò sentire il suo nome, perché miagolò in segno di disapprovazione, strusciandosi sulle gambe di James fino a quando il ragazzo non lo prese in braccio, dandogli l’attenzione che cercava.
«In ogni caso questo cibo è troppo, Jamie. Io sono ancora piena dalla colazione di nonna Molly. E poi siamo in due, non in dieci!» disse Dominique, iniziando a scrutare la quantità di cose che l’altro aveva acquistato.
James mise su un cipiglio scettico, rispondendole con tono saccente.
«Per favore, questa è poco più della mia merenda tipo. Anzi, si potrebbe dire che io stia facendo dieta in questo momento, solo per te, Dom-Dom.»
Prima che lei potesse ribattere però, James aveva evocato tutto il necessario di piatti, bicchieri e posate con un colpo di bacchetta, riempiendo i due calici di Burrobirra fresca appena presa dal frigorifero.
In prestito, ci tenne a precisare.
«Allora, da cosa vuoi cominciare? Abbiamo pollo al limone, involtini primavera, pollo in agrodolce, pollo alle mandorle, ravioli al vapore, spaghetti di soia, futomaki, nigiri, onigiri e…porco Salazar, mi sono dimenticato gli yaki soba, vabbè ti accontenterai di quelli udon. Poi dovrebbe esserci anche del riso, da qualche parte, e…»
Prima che ebbe la possibilità di finire, però, Dominique allacciò le labbra alle sue, con passione.
Quando si distaccarono erano entrambi affannati, e James la guardò con occhi luminosi.
«Se questo è il ringraziamento, ti porterò cibo d’asporto ogni giorno della mia vita.»
Dominique rise, sedendosi di fronte a lui e afferrando le bacchette che il ragazzo le stava porgendo.
 
E all’improvviso l’idea della spiaggia alle Seychelles non sembrò più allettarla: lei aveva James, un bastimento di cibo delizioso, Horus sulle gambe e la prospettiva di una serata ricca d’amore.
La prospettiva di una notte di baci che avrebbero saputo di salsa di soia, risate e libertà.
Cos’altro avrebbe potuto desiderare, in fondo?
 
 
***
 
 
Ethan lanciò un’occhiata alla fidanzata, che era distesa sul suo petto, singhiozzando piano.
Che era distesa sul suo petto, macchiandogli la camicia di lacrime amare.
«Andrà tutto bene, te lo prometto.» sussurrò lui, accarezzandole dolcemente i capelli, nascosti oltre le tende verde smeraldo del suo letto a baldacchino.
Ethan aveva sempre trovato ironico come agli studenti fosse fisicamente impedito di entrare nei dormitori femminili, ma le ragazze non avessero alcun ostacolo nell’accedere ai loro.
E negli ultimi giorni Selene si era spesso rifugiata lì, con lui, per evitare gli sguardi curiosi e le domande fastidiosamente assillanti su cosa fosse successo per separare il magico trio dei Serpeverde.
Selene sembrò calmarsi appena, alle parole del moro, ma la realtà era che entrambi sapevano quanto poco dipendesse da loro la risoluzione dei problemi.
Scorpius non aveva rivolto loro la parola dal giorno del matrimonio, e se aveva continuato a sedersi al solito posto durante i pasti non era stato certo per amicizia, quanto per non fare scenate inutili che potessero alimentare il vizio morboso per il pettegolezzo che quella scuola sembrava aver annidato dietro ogni angolo.
Selene aveva provato più di una volta ad iniziare un discorso con il biondo, ma lui si era sempre alzato in silenzio, come se non avesse detto nulla.
Come se non avesse più voglia di sentire la sua voce.
Ed Ethan sospirò amaramente, rimuginando su come le cose potessero prendere una piega orribile dal giorno alla notte: due settimane prima era il ragazzo più felice del mondo.
Aveva un migliore amico che da solo riusciva ad essere la famiglia migliore che avrebbe mai potuto chiedere, e la ragazza che amava che lo ricambiava con ogni fibra dell’anima, facendo diradare anche la più piccola ombra che oscurasse la sua serenità.
Dopo anni di dolore, sembrava aver finalmente raggiunto l’equilibrio che aveva ricercato soffrendo da quell’orribile giorno di dicembre del suo secondo anno.
Quando la sua vita era cambiata in un battito di ciglia, aveva perso le due donne più importanti della sua vita in un attimo e si era ritrovato improvvisamente solo, con un padre che non sapeva come amarlo e che sembrava non aver nemmeno voglia di scoprirlo.
«Hai visto il biglietto affisso in bacheca? Non ci posso credere!»
La voce di Michael O’Leary, suo compagno di Dormitorio, entrò nella stanza, seguita a ruota dalla risposta del migliore amico di O’Leary, il Corvonero John Bates.
«È affisso anche da noi, genio. Sai già chi ci porterai?»
Ethan scambiò uno sguardo con Selene, e quando questa annuì il ragazzo aprì le tende con un gesto disinvolto della bacchetta.
I due li fissavano leggermente a disagio, probabilmente perché avevano notato i segni delle lacrime sulle guance della Serpeverde.
«Di cosa state parlando, O’Leary?» domandò Ethan.
Michael si schiarì la voce, mentre Bates andava verso il letto del migliore amico e afferrava un maglione, presumibilmente il motivo per cui erano saliti in primo luogo.
«Sono appena apparsi dei comunicati nelle bacheche di ogni Casa. Il 20 Dicembre alle 21 si terrà il Ballo del Ceppo.» esclamò entusiasta, gli occhi scuri persi nella fantasia di qualche bella ragazza da corteggiare.
Ad un cenno di Ethan i due sparirono, veloci come erano apparsi.
Il Serpeverde si drizzò sul letto, incrociando le gambe, e Selene si alzò, andando verso lo specchio che correva verticalmente lungo una parete della stanza, cercando di rimettersi in sesto.
Delle lunghe occhiaie viola erano ancora visibili, nonostante l’incanto di Camuffamento che aveva apposto la ragazza quella mattina, e ora gli occhi scuri apparivano gonfi, oltre che stanchi.
«Dovrò pensare a qualche modo leggendario per invitarti.» disse Ethan, raggiungendola e abbracciandola da dietro.
«E io dovrò pensare a qualche metodo illuminante per rifiutare.» rispose lei, le labbra piegate in una smorfia triste.
Ethan le lasciò una dolce carezza sul viso, cercando di sorridere per entrambi.
«Permettimi di portarti al Ballo, Sele. Ti prego. E’ il nostro primo anno come coppia e la sorte ci beffeggia, visto che sarà anche l’ultimo anno qui ad Hogwarts. Lasciami essere l’uomo più felice della Sala Grande, quella sera. E lascia a te stessa un paio d’ore senza lacrime.» sussurrò piano.
Dopo qualche secondo, Selene si aprì nel primo vero sorriso da giorni, e lo baciò con amore.
 
Si disse che, dopotutto, aveva sognato quelle parole per anni e anni, e non avrebbe permesso a nessuno di renderle amare.
Neanche a Scorpius.
Almeno, non per quella serata.
 
 
***
 
 
«Ginny, si può sapere dove stiamo andando?»
Hermione sbuffò infastidita, di fronte all’assoluta assenza di risposta della cognata.
Ginny l’aveva trascinata fuori da casa sua, chiedendole di vestirsi con qualcosa di diverso dalle vecchie tute logore con cui stava coronando il suo malessere sempre più crescente.
La donna aveva notato che, dal giorno del matrimonio, Ginny si comportava in maniera strana, e la conosceva ormai troppo bene per non sospettare che avesse qualcosa in mente. O meglio, per non temere che avesse qualcosa in mente.
«Siamo quasi arrivati!»
Hermione seguì indispettita la rossa di fronte a lei, mentre la conduceva tra le strade secondarie di Diagon Alley, come se stesse cercando la più angusta di tutte.
Alla fine, la migliore amica l’aveva convinta, o forse costretta, ad indossare uno dei suoi vestiti preferiti: era color rosso accesso, la gonna scampanata che arrivava poco più su del ginocchio, e le spalline che si intrecciavano alle braccia, con un intricato disegno di ricami. Hermione aveva sorriso malinconicamente, quando Ginny gliel’aveva lanciato dopo una ricerca frenetica nel suo guardaroba, poiché l’ultimo ricordo legato ad esso era ancora vivido nella sua memoria.
Il ventesimo anniversario di nozze, lei e Ron da soli, con una cena a lume di candela sulla riva della spiaggia irlandese che avevano iniziato ad amare dopo la luna di miele.
«Ginny! Se non ti fermi ti prometto che rimarrai delusa, Diagon Alley ormai sta per finire!» esclamò Hermione, stringendosi il cappotto scuro che le copriva l’abito e cercando di mantenere il passo spedito della migliore amica.
Alcuni sguardi interessati la seguivano e se si sommava il fatto che Ginny si stesse addentrando in una zona a lei sconosciuta della città, non sarebbe risultato incomprensibile il brivido freddo che percorse la schiena di Hermione.
Ma proprio quando aveva deciso di cessare quella camminata forsennata, Ginny si arrestò, voltandosi verso di lei.
La rossa sorrideva entusiasta, indicandole il locale che stava di fronte a loro, e non riuscì a capacitarsi che l’amica l’avesse tenuta all’oscuro di quella perla.
Nascosta dietro vie laterali e stretti passaggi infatti, prosperava un piccolo ristorante dalla facciata dallo stilo vittoriano, con marmo bianco e splendente e piccoli fiori chiari che crescevano magicamente ai lati delle finestre.
L’insegna recitava “La Fenice”, ed Hermione rimase completamente senza fiato, di fronte a tanta inaspettata quiete.
«Cosa…Dove…?» balbettò incerta, mentre Ginny rideva piano del volto sconvolto dell’altra.
«Io e Harry l’abbiamo scoperto per caso un paio di anni fa. Stavamo facendo una passeggiata romantica, ma i fans – per una volta i miei – mi hanno vista, e dopo aver vinto la Coppa di Quidditch, beh, puoi immaginarteli. Tutti volevano una foto e un autografo, così alla fine abbiamo deciso di cercare rifugio nei meandri di Diagon Alley, ed eccoci qui.» spiegò Ginny, mentre con un gesto la invitava ad entrare.
Hermione seguì in silenziosa ammirazione l’amica dentro il locale, che scoprì essere ancora più incredibile all’interno.
Piccoli tavoli rotondi dai delicati colori si susseguivano in una sala dalle ampie finestre, ora rischiarata da lanterne variopinte che galleggiavano in aria, dando al tutto un’atmosfera rilassante.
Hermione era così rapita dallo studiare ogni dettaglio di quella perla nascosta, che non si accorse del cameriere sorridente che si avvicinò a Ginny, mormorò qualche parola, e le accompagnò verso una stanza più appartata.
Il nuovo ambiente era celato al mondo da un paio di enormi porte bianche a scorrimento, ed Hermione stava per impazzire di gioia, al pensiero di quella cenetta intima che Ginny le aveva preparato per tirarla su di morale.
Quando però il cameriere aprì le porte, rivelando un tavolo apparecchiato per due in una sala poco più grande di una camera da letto, ma dalle enormi vetrate che permettevano di vedere la luna, Hermione si immobilizzò.
Sì, perché non erano sole.
Lì, seduto al suo posto, in un completo elegante e con l’aria forse ancora più confusa di lei, c’era una persona.
 
Lì, a guardarla con gli occhi colmi di smarrimento e preoccupazione… c’era Ron.
 
 
***
 
 
Scorpius girò l’ultimo angolo che lo separava dalla tranquillità della Sala Comune.
Come al solito aveva vagato in silenzio per i corridoi, sparendo dal volto pieno di tristezza e insopportabili sensi di colpa di Selene, e dallo sguardo di muta disapprovazione di Ethan.
Era ormai passata la mezzanotte, e Scorpius si era concesso di tornare al suo nido, certo che per quell’ora Selene non sarebbe più stata tra le braccia del fidanzato, e lui avrebbe potuto coricarsi in pace, facendo come al solito finta che Ethan fosse poco più di un soprammobile.
Facendo come al solito finta che il cuore non gli stesse andando a fuoco.
Una volta di fronte all’enorme portone scuro sussurrò esausto la parola d’ordine, e quando questo si aprì, cigolando appena, Scorpius trasse un minimo di sollievo dall’appena tiepido fuoco che stava combattendo nel suo caminetto, per riscaldare l’aria gelida dei Sotterranei.
Si stava giusto dirigendo verso la scala che l’avrebbe portato ai dormitori maschili, quando qualcosa di diverso dal solito attirò la sua attenzione.
Alla bacheca era affisso una nuova pergamena, la cui calligrafia era però assolutamente diversa da quella curva di Lumacorno, che ormai i Serpeverde conoscevano a memoria.
Era sottile e spigolosa, e dopo poco Scorpius riconobbe la Preside dietro quelle parole scure.
 
Miei cari studenti,
 
è con immenso orgoglio e gioia nel cuore, che invito tutti quelli di voi al di sopra del Terzo Anno, ad unirsi al gruppo docenti e ai nostri ospiti internazionali per una serata di festeggiamenti.
Il leggendario Ballo del Ceppo si terrà il 20 Dicembre alle ore 21, in Sala Grande, e sarà l’occasione per augurarci delle liete vacanze e un nuovo anno ricco di emozioni e apprendimento.
Con la speranza di vedervi partecipare con rigore e felicità,
auguro a tutti voi una buona giornata.
 
Minerva McGranitt, Preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts
 
 
Scorpius dovette rileggere un paio di volte l’avviso, sperando di aver commesso un errore nelle letture precedenti.
Ma no, la realtà era lì, ineluttabile. Uno degli eventi più divertenti che il mondo magico aveva da offrire era ormai di fronte a lui, e non solo non aveva amici con cui gioirne, ma nemmeno amori con cui condividerlo.
All’improvviso le parole che Angelique gli aveva rivolto quella mattina gli tornarono in mente, così come la piega dolce che gli occhi azzurri di lei avevano assunto, parlando del suo ammiratore segreto.
E lì, in quel momento, Scorpius decise che non avrebbe più fatto la parte della vittima.
Se la felicità non sarebbe arrivata, se la sarebbe costruita lui, da solo.
Uscì in fretta e furia dalla Sala Comune dei Serpeverde, diretto verso la Torre che sapeva contenere l’unica persona con cui aveva voglia di parlare in quel momento, l’unica che l’aveva capito, e l’unica che avrebbe saputo aiutarlo in quel periodo buio.
Quasi non prestò attenzione al minimizzare i rumori, ma evidentemente qualche stella gli stava arridendo per una volta, poiché nel suo cammino non incontrò nessuno.
Arrivò alla porta che aveva già sognato di varcare molte volte, prese un respiro profondo, e bussò.
 
 
***
 
 
Lily si svegliò di soprassalto, svegliata da un rumore assolutamente fuori posto a mezzanotte passata.
Come suo solito si era addormentata sul divano della Sala Comune, crogiolandosi di fronte allo scoppiettante fuoco che la cullava in sonni profondi.
Ma qualcuno stava bussando chiaramente, e lei sospirò confusa, alzandosi dal letto, e andando ad aprire la porta.
Si disse che sarebbe di sicuro stato un primino avventuroso, o qualche Grifondoro impacciato che aveva dimenticato la parola d’ordine.
Ma rimase di stucco quando si trovò di fronte qualcuno di totalmente inaspettato.
 
«Mi dispiace turbare il tuo sonno di bellezza, Potter, ma dobbiamo parlare.»



Angolo Autrice:

Buongiorno people! Mi scuso per il ritardo nel pubblicare questo capitolo, ma ho avuto problemi in famiglia - nulla di grave, don't worry - e sono stata presa da altre faccende. Alla fine però, eccoci qui! Devo dire che ero molto nervosa per la stesura di questo capitolo, visto l'hype del precedente e la qualità che penso abbia alzato l'asticella della storia. Sono però molto soddisfatta, e spero che lo sarete anche voi! Piccolo suggerimento per quanto riguarda il finale: non tutto è come sembra ;)
Detto ciò, ringrazio di cuore la mia fedelissima fan Jade_Malfoy ( <3 ) e do il benvenuto anche a lunarossa, spero vorrete farvi sentire anche oggi!
Vi lascio alle gif del capitolo, augurandovi una meravigliosa giornata :3

SilverKiria


 
I PROTAGONISTI DI PAPER WALLS pt. 5:




Angelique Rimbaud



Dimitri Vullic
 


Horus (perché i gattini ci stanno sempre)

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***




CAPITOLO 18
 


«Sei impazzito e hai dimenticato qual è il tuo Dormitorio, Flint?»
Lily osservò Ethan Flint aggirarsi curioso per la Sala Comune dei Grifondoro, completamente stravolta.
Inizialmente la rossa aveva considerato l’idea di sbattergli la porta in faccia, a dire il vero, ma il Serpeverde aveva sogghignato, rivelandole che non avrebbe avuto problemi ad urlare a squarciagola, svegliando ogni studente nei dintorni.
E Lily aveva ammesso con orrore quanto sembrasse sincero.
«Avevo bisogno di parlarti, senza occhi indiscreti intorno.» spiegò Ethan, arricciando le labbra in una smorfia di disappunto, nel vedere gli striscioni rosso-oro che adornavano la stanza.
«E se non avessi aperto io, cosa avresti fatto?» domandò Lily, stringendosi la vestaglia nera che copriva l’imbarazzantissimo pigiama rosa e bianco.
Ethan alzò le spalle, distendendo le labbra in un ghigno divertito.
«Mi sarei inventato qualcosa, un ricatto, una minaccia. Sono un tipo pieno di risorse, Potter.»
Lily sbuffò di fronte alla tracotanza del Serpeverde, e si arrese all’evidenza: Ethan non se ne sarebbe andato fino a quando non avesse avuto ciò che voleva.
Quindi la rossa si lasciò cadere su una poltrona, facendo segno all’altro di accomodarsi su quella di fronte.
Ethan annuì, spostandola però di modo che non fosse vicino al camino.
«Ci credo che voi Grifondoro siete così grezzi, questa fornace vi brucia i neuroni dagli undici anni.» commentò acidamente, scoccando uno sguardo d’odio al camino.
«Io direi che ci scalda il cuore, ma che ne vuoi sapere tu, voi Serpi siete di ghiaccio come la vostra tana.» rispose Lily con una voce al vetriolo che fece sorridere il moro.
«Touché.» sussurrò ironico, concedendosi qualche secondo per osservare meglio la rossa.
I capelli erano appena arruffati, probabilmente a causa del sonno da cui lui l’aveva destata, e Lily continuava a stringersi convulsamente la vestaglia addosso, quasi temesse che lui potesse scorgere qualcosa.
“Quando una donna fa così ci sono solo due ragioni: o indossa lingerie francese, o le mutande della nonna.” sogghignò Ethan tra sé e sé, ma quando Lily gli parlò di nuovo, decise di lasciar perdere quel dettaglio per lui esilarante.
«Intendi dirmi cosa volevi di così urgente da me, dallo svegliarmi nel cuore della notte, o vuoi che prenda lo smalto e ci facciamo una manicure?» lo provocò lei, ed Ethan socchiuse gli occhi di ghiaccio, cercando di radunare in parole sensate i pensieri che lo tenevano sveglio di notte, come spifferi funesti.
«Avevo bisogno di parlarti Potter… di parlarti di Scorpius.» esordì piano il Serpeverde, studiando come le labbra di lei tremarono appena, e gli occhi nocciola si sgranarono per la sorpresa.
La Grifondoro cominciò a guardarsi le mani, a disagio, e passarono alcuni secondi, prima che Ethan decidesse di continuare.
«So che hai visto una ragazza baciarlo al matrimonio, e so che non vi siete più parlati, da quel giorno.»
Lily alzò lo sguardo e lo puntò stupita in quello gelido di Ethan.
«Tu come fai a saperlo?» esalò lentamente.
L’idea che Scorpius potesse aver detto qualcosa ad Ethan su loro due sembrò mandarla nel pallone, ma bastarono le parole del Serpeverde a rassicurarla e, forse, a deluderla.
«Diciamo che l’ho dedotto dalla situazione: Scorpius non sembra molto in vena di parole, al momento.»
Lily sentì lo stomaco rilassarsi ma allo stesso tempo una parte di sé non poté che sospirare, quasi dispiaciuta di non poter cogliere l’occasione per capire cosa provasse il biondo in quel momento.
«Beh, hai ragione. E credo di averne anche io quando sospetto che tra te, la Travers e lui non scorra buon sangue, giusto?»
A quel punto fu il turno di Ethan di sentirsi rabbrividire, vedendo spiattellata senza remore la realtà dei fatti. Era vero, di sicuro, ma dopo che Lily ebbe parlato non solo sembrò vero: divenne reale.
«Vedi, Potter, quella che l’ha baciato è Zoe, mia sorella gemella, anche se immagino che ormai tu lo sappia già.»
Lily si limitò ad annuire, ed Ethan continuò col suo discorso.
«Zoe ha sempre avuto lo straordinario talento di distruggere tutto ciò che le sta attorno. L’ha fatto con me, andandosene quando avevo più bisogno di lei, e con nostro padre, trasformandolo in uno stupido…»
Ethan sembrò aver bisogno di qualche istante per controllare la rabbia che veniva sempre a galla, quando parlava del padre.
Lily non gli intimò di continuare, attendendo pazientemente, e dopo poco il Serpeverde sospirò, tornando in sé.
«L’ha fatto con molte persone, ecco. E purtroppo è riuscita a farlo anche con Scorpius. Non mi dilungherò in dettagli, perché non è compito mio rivelarti quella parte della storia, e perché amo vedere le giovani fanciulle disperarsi nella suspense.»
Lily gli fece la linguaccia ed Ethan ghignò divertito.
«Potter…Lily.» sussurrò il Serpeverde, stupito quanto lei del coraggio che aveva avuto nel chiamarla per nome, nel prendersi tanta confidenza dopo cinque anni di sarcasmo e insulti.
Entrambi però sapevano che nessuno dei due stava giocando in quel momento, e che sul piatto c’era qualcuno a cui tenevano troppo, per mascherarsi dietro futili battibecchi.
«Tu sei importante per lui, più di quanto osi sperare. Ma Zoe non si farà scrupoli, e temo che possa sfruttare la confusione di Scorpius per ribaltare la partita a suo favore, ancora una volta.»
Ethan legò i suoi occhi chiari in quelli color del cioccolato di lei, deciso a mettere le carte in tavola, prima che fosse troppo tardi.
«Quello che ti chiedo è di parlare con lui, il prima possibile. Ascoltalo, capiscilo e, se puoi, aiutalo a perdonare me e Selene. Aiutalo a perdonare sé stesso, perché se c’è una cosa che Scorpius non sa gestire, è l’idea di ferire i sentimenti di qualcuno. E sa fin troppo bene che qualsiasi cosa farà, in questa situazione, finirà col farlo…finirà col farlo irrimediabilmente
Lily annuì senza accorgersene, colpita da quanto Ethan conoscesse Scorpius intimamente, e a quanto sarebbe arrivato, pur di proteggere il migliore amico.
«Io…io credo di poterci provare. Ma sarà difficile, insomma, sono discorsi delicati, dovremmo avere tempo e privacy.» commentò dubbiosa la rossa, e il viso di lui si illuminò all’improvviso.
«Ma certo! Invitalo al Ballo del Ceppo. Lì avrete modo di confrontarvi, complice il romanticismo e l’atmosfera della festa. E inoltre, con il tuo invito per la testa, Scorpius non rischierà di fare sciocchezze, dando retta a Zoe!» propose entusiasta il Serpeverde, e Lily sentì le guance arrossire.
Il cuore prese a batterle più forte, immaginando come sarebbe potuto essere invitare Scorpius Malfoy al Ballo del Ceppo, ma d’un tratto le parole di Ethan le vennero in soccorso, cullando il ritmo frenetico dei suoi pensieri, come un balsamo delicato.
Tu sei importante per lui, più di quanto osi sperare”.
Alla fine, Lily assentì, e prima che se ne potesse accorgere Ethan era balzato in piedi, un sorriso a trentadue denti che gli illuminava il volto.
Si stava giusto per congedare, quando Lily sentì sé stessa dare voce ad un dubbio improvviso.
«E se avesse già invitato qualcun’altra?»
Ethan si voltò, un piede fuori dalla Sala Comune e un sorriso sghembo in viso.
 
«Andiamo, con chi altro vuoi che ci vada?»
 
 
***
 
 
«Scorpius? Cosa sta succedendo?»
Scorpius guardò la ragazza di fronte a lui stropicciarsi gli occhi, e si sentì un po’ in colpa per averla svegliata.
La guidò silenziosamente verso lo stesso balcone dove aveva parlato con Lily, in quell’istante di beata gioia che ormai sembrava appartenere ad una vita fa.
«Mi dispiace averti svegliata, ma avevo bisogno di chiederti una cosa, Angelique.»
All’inizio di Novembre la professoressa McGranitt aveva deciso di convertire temporaneamente la Torre di Astronomia a dormitorio per gli studenti di BeauxBatons, poiché i francesi sembravano aver patito il freddo dei Sotterranei, mentre i pupilli di Durmstrang si erano detti soddisfatti delle temperature rigide. Era bastato qualche incantesimo di espansione, un paio di sortilegi scudo anti-estranei, onde evitare fraternizzazioni troppo spinte, e un paio di incanti di trasfigurazione.
La Torre di Astronomia ora vantava un’ala completamente nuova, accessibile da una porta azzurro cielo.
La stessa porta che Scorpius aveva oltrepassato quella volta per andare al suo misterioso appuntamento, e che celando invece Lily, aveva di diritto invaso anche buona parte dei suoi sogni.
Fantasticava di tornarci per un’uscita galante con la piccola Potter, sorprendendola con un picnic alla luce delle stelle.
Quella notte però, era stata Angelique ad essere chiamata da Desirée, altra studentessa di Beauxbatons, quando Scoprius si era presentato in modo goffo, chiedendo di poterle parlare un secondo.
«E’ mezzanotte e mezza, di cosa hai bisogno?» domandò ancora confusa Angelique, stringendosi nel fine pigiama lilla di raso per difendersi dalla brezza pungente che veniva loro incontro.
Scorpius la guardò tremare appena, gli occhi gonfi di sonno e i capelli legati in una coda alta, dalla quale però sfuggiva qualche ciocca dietro al collo.
L’aveva svegliata di soprassalto, e all’improvviso si sentì un’idiota, ma sapeva perché aveva voluto vederla e sapeva che lei sarebbe stata d’accordo.
«Hai visto l’avviso che annunciava il Ballo del Ceppo?»
Angelique alzò un sopracciglio, chiedendosi se il ragazzo la stesse prendendo in giro, ma annuì.
Scorpius inspirò a fondo, prima di guardarla in volto, incatenando gli occhi grigio fumo a quelli azzurro cielo di lei.
«So che ti sembrerà una pazzia, venirti a svegliare solo per chiederti quello che sto per chiederti, ma ascoltami. Stamattina in biblioteca mi hai saputo capire come forse nemmeno io so capirmi, e ho pensato che…beh, nessuno dei due può andare al Ballo con chi vorrebbe, quindi perché non ci andiamo insieme, da amici? In fondo, per l’ora di pranzo di domani metà castello penserà già che siamo una coppia, tanto vale dare loro qualcosa di cui spettegolare.» concluse scherzando, alludendo a quando Rose li aveva scoperti insieme.
Il viso grazioso di Angelique si aprì in un sorriso smagliante, e la ragazza corse ad abbracciarlo, sorprendendo il Serpeverde.
«Oui! Oui, oui, oui, mille volte sì! E’ un’idea magnifica, sono assolutamente d’accordo.» disse la bionda, entusiasta.
I due trascorsero ancora un’ora sul balcone della Torre di Astronomia, immaginando divertiti ciò che il Ballo del Ceppo avrebbe riservato loro.
 
I due trascorsero ancora un’ora sul balcone della Torre di Astronomia, ignorando che nello stesso istante, su un’altra Torre, due delle persone più importanti per Scorpius stavano elaborando un piano, destinato al fallimento.
 
 
***
 
 

 
Il mattino successivo, la Sala Grande brulicava di vitalità. L’annuncio del tanto sperato Ballo del Ceppo aveva suscitato l’entusiasmo di tutti gli studenti, e infatti l’animo generale era di speranza e nervosismo, in attesa di un invito dalla persona giusta, o del coraggio per farsi avanti.
Lily si andò a sedere al proprio posto al tavolo dei Grifondoro, raggiungendo Sophie, che era stretta nell’abbraccio mattutino di Albus; Hugo, Erik e Daphne, la nuova conquista del migliore amico di Albus.
La rossa salutò tutti i presenti, cercando di mascherare l’ansia che le stava riempiendo il petto.
Le era infatti bastato un rapido sguardo per notare come Ethan la stesse guardando, indicando col capo Scorpius, appena sedutosi di fronte a lui in religioso silenzio.
Lily sapeva che avrebbe dovuto farlo prima dell’inizio delle lezioni, altrimenti l’effetto tranquillizzante delle parole di Ethan l’avrebbe data vinta alle sue remore.
Dopotutto, il tono indifferente che Scorpius le aveva rivolto al matrimonio continuava a ronzarle in testa, e la Grifondoro si destò di colpo, quando qualcuno la richiamò alla realtà.
«Lils? Terra chiama Lily. Ci sei?»
Sophie la guardava confusa, agitando la forchetta di Albus che stava usando per rubargli delle frittelle dal piatto.
«Cosa? Cos’hai detto?» domandò Lily, in imbarazzo per essere stata colta in fallo, ma la Corvonero decise di soprassedere, imputando quella disattenzione ad un momentaneo attimo di distrazione.
Sophie sospirò, staccandosi da un Albus alquanto contrariato, e afferrando la borsa che giaceva sul pavimento, pronta a raggiungere le compagne di Casa.
«Dicevo…» ripeté Sophie, avvicinandosi a Lily «…che oggi dovremo fare le interviste ai Campioni, in vista del Ballo del Ceppo. Ho pensato che dovresti parlare tu con Al, e io con Malfoy. Sì insomma, ora che sono la ragazza di Al, non sarei oggettiva, e sono certa che finirebbe col flirtare con me per tutta l’intervista.»
Lily si sciolse di fronte alla scusa addotta dalla migliore amica, quando la realtà era che voleva semplicemente risparmiarle l’imbarazzo di un incontro ravvicinato con il Serpeverde.
«Sei molto gentile, Soph, ma credo di poterci riuscire benissimo. Però, se per te non è un problema, vorrei poter intervistare anche Albus. Effettivamente, credo che saresti fin troppo di parte, a questo punto.»
Sophie aprì la bocca per protestare, ma qualcosa nello sguardo di Lily sembrò farle cambiare idea. Non seppe cosa fosse stato, ma aveva d’improvviso avuto la strana sensazione che l’amica si auspicasse di restare da sola con il giovane Malfoy.
Quindi, Sophie annuì sorridendo, voltandosi dopo averla abbracciata per dirigersi verso il gruppetto di ragazze Corvonero che la stavano aspettando, all’entrata della Sala Grande.
Lily spostò lo sguardo senza accorgersene verso Ethan, e quando riuscì ad intercettare la sua attenzione, si sentì di sorridere fiduciosa: la possibilità di intervistare Scorpius le aveva appena concesso la scusa perfetta per invitarlo al Ballo del Ceppo.
Il moro Serpeverde le fece l’occhiolino, e la Grifondoro si ritrovò a riflettere su quante possibilità ci fossero che lei, Lily Luna Potter, avrebbe finito per scambiarsi messaggi segreti con Ethan Flint.
«Quindi è ufficiale sorellina? Sarai tu la mia intervistatrice?»
Albus ghignò divertito, probabilmente pregustandosi la ghiotta occasione di dare sui nervi a Lily, suo sport preferito subito dopo il Quidditch, ma un’occhiata ammonitrice della rossa gli fece tremare il sorriso.
«Sentimi bene, Albus Severus Potter. Sappi che se volessi anche solo provare a mettermi in difficoltà con uno dei tuoi sciocchi giochetti, potrei non riuscire a bloccare l’impulso di scrivere a Jamie e rivelargli dove sia finita la sua figurina magica autografata di Adabeer dei Cannoni di Chudley. Ricordi? Quella che ho per caso scoperto in mezzo ai tuoi libri, orrendamente bruciacchiata, questo settembre.»
Albus storse il ghigno in una smorfia di irritazione, socchiudendo gli occhi.
«Non oseresti.» sibilò piano, e Lily per tutta risposta scoppiò a ridere.
«Vuoi scommettere?» ghignò beffarda lei, mettendo fine in un secondo ad ogni tentazione malandrina che l’altro avesse potuto avere in serbo.
Lily riprese a mangiare la sua colazione, l’umore nettamente migliorato dall’aver battuto il fratello maggiore, e restò spensieratamente a chiacchierare con Hugo del più e del meno, fino a quando qualcosa non la colpì in testa.
La ragazza afferrò la piccola rondine di carta, magicamente incantata affinché si aprisse solo al suo tocco, e lesse il contenuto del messaggio, stando attenta a non farsi notare dagli amici.
 
Porco Godric, rossa! L’uomo di platino ha alzato il suo regale deretano e si è diretto verso i Sotterranei. Correndo
 potresti anche raggiungerlo. M-U-O-V-I-T-I.
                                                                                                 E.
 
Hugo la stava fissando perplesso, ma gli occhi nocciola di Lily cercarono con urgenza il tavolo dei Serpeverde.
Ethan alzò gli occhi al cielo, indicandole la porta, e non appena Selene si voltò verso di lui, il ragazzo le sorrise, facendo finta di nulla.
Lily si alzò di colpo, sotto gli sguardi stupiti degli altri attorno, e si diresse a passo spedito fuori dalla Sala Grande, accampando una scusa riguardante un libro dimenticato.
Si concesse di accelerare il passo solo quando rimase sufficientemente sola nei corridoi, e percorse il tragitto che ormai conosceva a memoria a tempi di record.
Quando svoltò l’ennesimo angolo si sentì mancare, vedendo Scorpius pericolosamente vicino all’entrata della Sala Comune dei Serpeverde, e agì prima ancora di pensare.
«SCORPIUS!»
La voce di Lily riecheggiò sui muri di pietra, riempiendo l’aria che li separava.
Con una lentezza che le parve esasperante, il biondo si voltò, quasi certo di aver male interpretato chi lo chiamasse.
E invece era vero, era lei.
Lei che stava divorando la distanza tra di loro, con un sorriso incerto sul volto lentigginoso e un’espressione di goffo imbarazzo sul volto.
Lily lo vide accennare un sorriso incerto, probabilmente confuso quanto lei dall’urgenza che era emanata dalla sua voce.
«Potter…?» disse piano, implicitamente chiedendole di cosa avesse bisogno, e non sospettando quanto l’uso del cognome la stesse ferendo lentamente.
Per lei lui ormai era Scorpius, lontano anni luce dal Malfoy con cui aveva battibeccato di continuo. Per lei lui era Scorpius, quello che le faceva battere il cuore. E lei invece era tornata ad essere solo una Potter qualunque.
Lo choc per l’uso così formale del cognome sembrò rischiararle la mente, facendole tornare un po’ di coraggio.
«Io…io avrei bisogno di intervistarti, per Felix Felicis. Stiamo facendo un numero sul Ballo del Ceppo, e sulla convivenza tra le varie Scuole, dal punto di vista dei Campioni. Mi chiedevo quando fossi disponibile.»
Scorpius annuì, evidentemente sovrappensiero.
La verità era che l’idea di stare da solo con Lily gli stava facendo crollare ogni ragionamento sensato che aveva fatto nei giorni precedenti.
Si era interrogato mille volte sui sentimenti per la rossa, su quel bacio, confrontandoli con quelli per Zoe.
Ma in quel momento Lily non era più un ricordo: era lì, di fronte a lui, a chiedergli di parlarle come se non avesse un uragano nella testa.
«Capisco. Credo…credo di avere tempo domani mattina se vuoi, prima di pranzo. Avrei Incantesimi ma come sai Vitious sarà assente per partecipare ad un convegno.»
Lily assentì, dicendogli che lei avrebbe avuto Trasfigurazione ma che la McGranitt le avrebbe senz’altro concesso un po’ di tempo dalla sua lezione, per portare avanti Felix Felicis.
I due si accordarono su luogo e ora dell’incontro, lasciandosi con un timido sorriso, e separando le proprie strade.
 
Lasciandosi con un timido sorriso, nascondendo l’amarezza che stava torturando i cuori di entrambi.
 
 
***
 
 

 
Hermione si alzò svogliatamente dal letto, guardandosi attorno con aria smarrita. Ci mise qualche secondo ad inquadrare la parte dove di solito dormiva Ron, e un tuffo al cuore le ricordò con ineluttabile crudeltà tutto ciò che era successo la sera prima.
Delle lacrime salate le punzecchiarono gli occhi, nascendo come fiori dal deserto, e pesando come macigni sui resti del loro letto, ora così solitario.
Del loro letto, dove aveva dormita da sola, per la prima volta da ventitré anni a quella parte.
 
 
La sera prima…
 
 
«Ron! Cosa…cosa ci fai tu qui?» domandò Hermione, colta alla sprovvista.
Gli occhi azzurri del marito la squadrarono con stupore, e se normalmente sarebbe arrossito, di fronte a tanta bellezza, in quel momento sembrò essere ancora più atterrito.
“Non riesce neanche a sopportare di vedermi” pensò amareggiata la donna, cercando di nascondere il pianto che bruciava per uscire fuori.
Ron aveva sempre preso al volo ogni scusa per farla sentire bellissima, per farle capire quanto fosse innamorato di lei. Un anno prima l’avrebbe stretta a sé con passione, vedendola sfoggiare l’abito che li univa in un passato felice e in futuro carico di promesse. E invece lui si limitò a scostare lo sguardo, puntandolo titubante in quello della sorella minore.
«È stata tutta una tua idea? O c’entra anche Harry?» domandò incerto, e fu difficile per entrambe le streghe capire perché Ron, in quel frangente, avesse necessità di sapere se Harry fosse stato o meno coinvolto.
Senza capire che Ron doveva assicurarsi di quanto sapesse Ginny.
«Harry non c’entra nulla. Sono io che sono stanca di questo clima assurdo. Quindi sedetevi, mangiate una cena completamente offerta da me e chiarite ogni cosa.» rispose decisa la rossa.
Prima che Hermione e Ron potessero controbattere, Ginny si era defilata, chiudendo dietro di sé la porta bianca a scorrimento.
L’atmosfera diventò presto tesa, ed Hermione pensò con dolore come lei non si fosse mai sentita così a disagio con Ron.
Come Ron fosse sempre stato l’unico a farla sentire sempre e immancabilmente a suo agio.
«Herm…»
La donna alzò lo sguardo, richiamata con violenza alla realtà dal suono che più le mancava: il marito aveva sussurrato il suo soprannome, con infinita dolcezza.
Però il viso di lui, quello faceva trapelare ansia, preoccupazione e… sensi di colpa.
Hermione si avvicinò all’uomo, guidata dal bisogno impellente di farlo sentire meglio.
Gli accarezzò il volto con delicatezza, ed entrambi tremarono sotto quel gesto che di colpo era diventato nuovo, per loro.
Per loro, che non avrebbero mai desiderato staccarsi l’uno dall’altra.
«Ron…» sospirò lei, in una muta supplica di farla finita, di renderla partecipe dell’angoscia che lo stava divorando e che minacciava di distruggere anche loro.
Ron respirò a fondo, togliendo la mano della moglie dal viso e stringendola tra le sue.
«Devo dirti una cosa…devo confessarti un segreto che ho custodito per ventitré anni, ma che ormai è diventato troppo per me.»
Hermione sentì il cuore pompare furiosamente, la mente fin troppo acuta che le stava già dipingendo scenari orribili.
Annuì, cercando di mantenere la calma.
Ron si umettò le labbra, gli occhi che la guardavano con una tale intensità da far venire i brividi ad entrambi.
L’uomo pensò che era giunto il momento, che ciò che aveva faticosamente ricostruito sarebbe potuto crollare in un battito di ciglia. E che era tutta colpa sua.
«Io…io ho fatto una cosa, e temo che, quando saprai di che si tratta, non vorrai più saperne nulla di me. E la cosa peggiore…» continuò lui, con un sorriso sarcastico carico di risentimento verso sé stesso «…è che non ti darei tutti i torti. Ma voglio che tu sappia che non c’è mai stato un secondo della mia vita dacché ti ho incontrata, che io non ti abbia amato con ogni fibra del mio corpo. Ho bisogno che tu lo sappia, perché dopo stasera potresti metterlo in dubbio.»
Hermione annuì ancora, la bocca arida di parole e gli occhi lucidi di paura, mentre l’uomo che più amava al mondo iniziava a raccontarle con fatica una storia che, avrebbe riflettuto poi, non avrebbe mai voluto sentire.
«La sera che ti ho chiesto di sposarti è stata la svolta per entrambi, Herm. Prima litigavamo ogni ora del giorno, a malapena ci guardavamo più negli occhi, entrambi troppo impegnati a sopportare l’enorme dolore che era il lascito della Guerra. Te lo ricordi?»
Hermione annuì per la terza volta, mentre la memoria la riportava ad un tempo che aveva accantonato, conscia di quanto male si fossero fatti durante quel periodo.
“Non sei l’unico che soffre, Ron! Io ho perso i miei genitori!”
“Cazzate, sono solo cazzate! I tuoi genitori sono vivi e vegeti, Hermione! Puoi vederli quando vuoi, smettila di fare la vittima!”
«Vedi, quella sera è successa una cosa che mi ha fatto capire quanto profondamente stupido fossi stato. Quanto egoista e insensibile mi fossi dimostrato, e soprattutto quante cose ignobili ti avessi urlato, invece che prenderti tra le mie braccia. Ho preferito vederci crollare ognuno per conto suo, piuttosto che abbracciarci sorreggendoci a vicenda.» concluse amaramente Ron, ma lei lo interruppe, spinta dalla necessità di non far ricadere ingiustamente tutte le colpe su di lui.
«Non sei stato solo tu, Ron. E’ stata colpa di entrambi, anche io ho fatto e detto cattiverie e malignità che non pensavo…che non pensavamo.» esclamò decisa, la voce venata di un pianto ormai incombente.
“Loro non sanno chi io sia, razza di stronzo! E forse non riuscirò mai più a rivederli. A te però non frega niente, eh? Fred è morto, fattene una ragione! O intendi passare ogni secondo della tua vita a struggerti sul passato, come un bambino?”
“Sai una cosa? In questo momento invidio i tuoi genitori: dio solo sa quanto vorrei non ricordarmi di te, porco Salazar!”
Ma Ron negò col capo, le labbra appena distese in un sorriso intenerito.
«Lasciami finire, Hermione. Credimi, non sei tu la colpevole di questa storia.»
 
 
E poi c’erano state solo le sue parole, ognuna un coltello piantato nel suo cuore.
Poi c’era stata la spagnola, con cui Ron aveva flirtato. Poi c’era stato il tour del negozio, e loro che ridevano, e lei che batteva le ciglia ed Hermione se la poteva immaginare, a battere le ciglia nere di fronte al suo fidanzato.
Aveva un’idea così reale di lei che quasi poteva sentire sotto le dita i suoi capelli neri come l’ebano, e vedere la curva maliziosa delle labbra rosso fuoco.
Ma la verità, si disse Hermione mentre si versava una tazza di thé caldo, era che tutto di quel racconto le premeva sulla pelle come un marchio a fuoco.
Perché l’immagine di Ron che rideva delle battute di quella sconosciuta l’avrebbe perseguitata per sempre, e ora i loro baci sarebbero stati invasi dal sapore invadente dello spettro di un tradimento.
Altre lacrime le bagnarono prepotenti le guance, mentre Hermione cercava con tutta sé stessa di scacciare dalla testa le urla della sera precedente.
“Mi avevi chiesto di sposarti perché ti eri fatto un’altra!”
“No, assolutamente no! Ti ho chiesto di sposarti perché quello che provavo e provo per te non è mai stato così chiaro come in quel momento.”
Se n’era andata piangendo, ignorando anche Ginny che stava cenando con Harry e non accorgendosi dello sguardo allarmato del migliore amico, ignaro fino a quel momento del piano che la moglie aveva architettato.
Ron l’aveva inseguita, cercando di spiegarsi, ma lei non aveva voluto sentire.
“Hermione ti prego, io ti am…”
Uno schiaffo violento aveva interrotto quella che minacciava essere la ferita più profonda di quella serata.
Perfino Diagon Alley si era ammutolita, osservando con stupore due eroi della Guerra Magica litigare furiosamente.
Hermione venne di nuovo ridestata dai suoi ricordi, dal bussare incessante proveniente dalla porta.
«Herm! Herm, sono io, aprimi!»
La voce di Ginny era preoccupata, ma ad Hermione sembrò che non le importasse nulla, di essere diventata incapace di avvertire qualcosa di diverso dall’impellente scroscio di dolore che quei ricordi le riversavano addosso.
«Herm, ti prego!» la supplicò disperato Harry, probabilmente accorso insieme alla moglie.
E la donna fece esattamente quello che aveva fatto la sera precedente, dopo aver schiaffeggiato Ron, sussurrandogli parole ancora troppo amare per essere ripetute.
 
Hermione sparì, smaterializzandosi verso l’ignoto, scappando da Ron, Harry, Ginny e chiunque le dovesse ricordare quanto appena successo.
Andando dall’unica persona che non avrebbe detto nulla, lasciandole la pace di cui aveva bisogno.
 
 
***
 
 
Lily tornò al tavolo dei Grifondoro, soddisfatta di essere riuscita a fissare un incontro con Scorpius per l’indomani.
Albus, Erik e Hugo la guardarono straniti, ma nessuno ebbe tempo di commentare quel comportamento bizzarro, poiché Rose si accomodò accanto a loro, salutandoli e cambiando discorso.
«Morgana, questo dannatissimo Ballo del Ceppo sembra aver risucchiato anche quei pochi neuroni funzionanti che erano rimasti al corpo studentesco di Hogwarts.» inveì acida, accendendo le risate degli altri.
«Io non sono d’accordo, credo che fosse ora che una botta di vita allietasse la noia straripante di questo castello.» rispose Daphne, sorridendo amabilmente.
«E pensa che ancora non hai visto cos’ho in serbo per te per quella notte.» disse maliziosamente Erik alla propria ragazza, salvo poi impallidire quando la suddetta gli rifilò una risposta degna di una Serpeverde.
«E chi ti dice che verrò con te al Ballo?»
Poco ci mancò che Hugo e Albus si strozzassero col succo di zucca, mentre Lily rise di cuore e perfino Rose si limitò ad alzare gli occhi al cielo.
«Beh, io sono certo di chi mi accompagnerà, e sono ancora più eccitato, all’idea che finora sono l’unico Campione Tremaghi ad avere già un’accompagnatrice.» gongolò Albus.
Lily si perse per un secondo, immaginando con un brivido l’espressione che avrebbero avuto tutti, vedendola accompagnare Scorpius al centro della pista, per il rituale ballo d’inizio dei Campioni.
Quando però Rose parlò, fu il turno di Lily di sforzarsi per non farsi andare di traverso la colazione.
«In realtà, non sei l’unico, anzi. A quanto pare Antoine si è aggiudicato la mano della Rosings di Serpeverde, mentre perfino Stefan è riuscito ad invitare con successo una Tassorosso del sesto anno. Ma la notizia che sta facendo impazzire le oche senza cervello di questa scuola è che Malfoy ha invitato Angelique al ballo. Dicono perfino che si sia presentato all’improvviso alla Torre di Astronomia nel cuore della notte, pur di non rischiare di perdere l’occasione.»
Quando però Rose si voltò, e vide quanto fosse impallidita la cugina, si morse la lingua, maledicendo la sua parlantina.
Sospettava da un po’ che Lily avesse una cotta per Scorpius, e l’idea di averla ferita involontariamente la atterrì.
«Però sono convinta che siano solo bufale, quelle dell’appuntamento notturno.» precisò rapidamente, cercando di migliorare la situazione.
Daphne fu la prima ad intervenire, mentre Albus ed Erik erano impegnati ad assimilare le parole della Grifondoro, e Hugo stava osservando preoccupato lo sguardo svuotato di Lily, completamente confuso.
«Secondo me è un enorme fraintendimento. Insomma ok, abbiamo tutti visto come all’inizio Angelique ci provasse con Malfoy, ma dopo quella volta si sono a malapena parlati, no?»
D’un tratto Lily sembrò riacquistare colore, ma quando si girò, attendendo che Rose confermasse l’ipotesi dell’altra Grifondoro, sembrò perdere ogni speranza.
Lily conosceva fin troppo bene Rose, e sapeva che quando si mordeva le labbra, tenendo gli occhi bassi, c’era solo una ragione: sapeva qualcosa che non avrebbe voluto sapere.
«Rose, sputa il rospo.» disse la rossa, guardando la cugina sospirare affranta, conscia che non avrebbe avuto altra scelta.
«Io…io li ho visti insieme, ieri mattina. Erano in biblioteca e sembravano molto affiatati, anche se non si sono baciati, lo giuro! Cioè…lei l’ha baciato sulla guancia, ma nulla di più.» esalò Rose tutto d’un fiato.
Erik criticò quanto Scorpius fosse sempre maledettamente fortunato con le ragazze, per poi correre dietro a Daphne, quando questa si fu alzata, roteando gli occhi al cielo. Hugo continuò a sorseggiare il succo di zucca che gli era rimasto, mentre Albus si limitò a prendere atto della cosa, senza ulteriori commenti.
Rose però fissò Lily, cercando nella sua espressione qualcosa, qualsiasi cosa che la rincuorasse sul suo stato d’animo.
Quest’ultima annuì, per poi alzarsi e puntare lo sguardo nocciola sul fratello maggiore, come se non fosse successo niente.
Come se non avesse appena visto le speranze di un rappacificamento cadere in pezzi, davanti ai suoi occhi.
«Al, ti dispiace se facciamo ora l’intervista? Io avrei Vitious, ma è impegnato con il convegno.»
Albus guardò la sorella qualche secondo più a lungo del necessario, ma alla fine annuì.
«Certo, nessun problema. Ho ora studio, ma per questa volta la concederò alla mia fan numero uno.»
 
 
***
 
 

 
Albus rispose all’ultima domanda che Lily gli aveva posto, dicendo che la vita ad Hogwarts con degli ospiti era risultata più vivace, dandogli la possibilità di stringere interessanti amicizie e scoprire una realtà completamente diversa da quella inglese.
Lily finì di annotare tutto sul suo fedele block notes rosso, e dopo aver scorso gli appunti per qualche istante, rialzò lo sguardo, sorridendo.
«Credo che sia tutto, grazie, Al.»
Albus le sorrise di rimando, ma nell’alzarsi per andare via, lasciandola libera di continuare a scrivere l’articolo come aveva iniziato a fare, il ragazzo esitò.
Allungò il braccio verso di lei, poggiando infine la mano su quella più piccola della sorellina, prendendola di sorpresa.
«Lils io…volevo chiederti scusa.»
Lily era confusa, e Albus proseguì.
«Intendo per tutta la storia di Sophie, di quello che ti ho detto quella volta in Guferia e di come ti ho trattata dopo. Io non avevo nessun diritto di comportarmi come ho fatto, e non avrei dovuto…»
«Al, rilassati. E’ stata colpa mia tanto quanto tua, e ti chiedo scusa anche io.» disse Lily, intenerita da quel gesto inaspettato.
Albus negò col capo, continuando a parlare.
«Sì, ok, ma il fatto è che sono io il maggiore tra i due. Tu hai solo quindici anni, e mi hai beccato mentre baciavo di nascosto la tua migliore amica. Eri sconvolta, e io avrei dovuto darti il tempo di capire. Invece ti ho urlato contro delle cose orribili che non ho mai pensato, peggiorando la situazione col mio stupido orgoglio. Ho diciassette anni, dovrei difenderti da chiunque voglia ferirti…non dovrei essere io la causa delle tue lacrime.»
Gli occhi di Lily divennero presto lucidi, sorpresa dalla facilità con cui Albus stava confessando dei sentimenti evidentemente a lungo meditati.
«Non ti preoccupare, Al. E’ tutto apposto, davvero.»
I due si abbracciarono forte, come non facevano da troppo tempo, e Albus le spettinò i capelli, divertendosi vedendola sbuffare come quando erano piccoli.
«Comunque, voglio che tu sappia che sebbene all’inizio avessi delle riserve, ora sono assolutamente convinta che tu e Sophie siate fatti per stare insieme. Anche se lei rimane sempre più intelligente di te, oltre che più bella, più simpatica, più genitile…»
«Piantala dai!» ghignò Albus, facendola sorridere.
«C’era un’altra cosa che volevo dirti, quindi farò in fretta, perché questo momento sdolcinato mi sta facendo venire le carie.» disse poi il ragazzo, guadagnandosi l’attenzione di Lily.
«So di non essere il più ferrato in materia di sentimenti e di ragazze, però ti conosco. Credo che ci sia qualcosa che non va nella tua vita, e non ti chiedo di parlarmene ora. Solo, beh, semmai avessi voglia, io sono qui. Prometto di non prenderti in giro o dare in escandescenze, per questa volta.»
Lily distese le labbra in un accenno di sorriso, chiedendosi se fosse stato il suo malessere ad essere stato plateale per essere stato notato da Albus, o se invece lui l’avesse sempre tenuta d’occhio, aspettando il momento giusto per offrirle una spalla fraterna su cui piangere.
Né James né Albus si erano dimostrati molto tipi da coccole e bacetti crescendo, e forse era anche per questo che Lily era diventata un maschiaccio.
Ma era sempre stato innegabile quanto, a prescindere dalle battute e dai litigi, i due fratelli adorassero la loro sorellina, che ai loro occhi sarebbe sempre stata una combattente senza paura ma anche una bambina da proteggere.
«Grazie Al, lo terrò a mente, se e quando sarò talmente disperata da chiedere il tuo aiuto per questioni sentimentali.» rispose divertita Lily.
Albus ribatté che chiunque sarebbe stato fortunato ad avere il suo aiuto, e senza che se ne accorgessero i due ricaddero nelle vecchie abitudini, punzecchiandosi senza scrupoli.
 
Ma entrambi sentirono il cuore un po’ più leggero, sollevato dallo sguardo affettuoso dell’altro.
 
 
***
 
 
Roxanne appellò una ciotola enorme dalla credenza, riempiendola velocemente con tutti gli ingredienti che aveva minuziosamente preparato.
Indossava il tanto amato grembiule che le aveva regalato la nonna, ormai però sporco in ogni angolo di cioccolato, pastella, crema, marmellata e chi più ne ha più ne metta.
Stava lavorando senza sosta da cinque ore, nel tentativo di preparare una delle torte nuziali più difficili del suo libro di ricette.
Era in effetti così immersa nel lavoro, che quando qualcuno la afferrò per la vita, lanciò un urlo.
Il suo rapitore però non era altro che George Weasley, gli occhi azzurro chiaro illuminati dal divertimento.
«Papà! Vuoi farmi venire un infarto?» esclamò contrariata Roxanne.
La ragazza guardò Kayla, il suo enorme labrador nero fare le feste al padre, e con la coda dell’occhio controllò che la base per la torta che era in forno non stesse bruciando.
«Andiamo, è stato divertente!» rise George, baciandola sulla fronte per poi accucciarsi ad accarezzare il cane.
«Come diavolo sei entrato?» chiese Roxanne, iniziando a mescolare l’impasto che era nella ciotola.
Harry ed Hermione si erano sorpresi non poco, quando avevano scoperto che la cucina magica fosse in effetti a tratti perfino più complessa di quella babbana. La magia a volte poteva evitare le seccature minori, certo, come tagliare montagne di ingredienti in pochi secondi, o dare forme e colori vivaci ai prodotti finali; ma essa comprendeva anche dover imparare a trattare materie prime molto più difficili, o destreggiarsi in complicati incantesimi per piatti sempre più complicati.
Ad esempio, cos’era sbattere delle uova di gallina in confronto allo sgusciare quelle di Pyrolix, un volatile magico le cui uova avevano la fastidiosa abitudine di esplodere, se si esercitava troppa pressione.
«Io e tua madre abbiamo una chiave, ricordi? Sai, dopotutto siamo stati noi ad affittare questo appartamento per te e Freddie.» disse George, rialzandosi da terra e mandando il cane a giocare in giardino.
Dopo Hogwarts Roxanne e Fred avevano deciso di essere coinquilini, sopportando le baruffe continue pur di avere privacy e autonomia. Kayla era stato il regalo di inaugurazione che i loro genitori avevano offerto, in modo che non si sentissero troppo soli, se uno dei due fosse stato fuori.
Roxanne all’improvviso rabbrividì all’idea che suo padre chiedesse di vedere la sua camera.
Sebbene David fosse a New York per lavoro, ormai alloggiava sempre da loro, dormendo con lei, e i suoi vestiti dominavano buona parte del suo armadio.
«E il negozio? Non devi tornare?» chiese la ragazza, mentre George rubava una fetta della famosa torta alle fragole della figlia dalla dispensa, e sedendosi al tavolo, sommerso da barattoli mezzi vuoti e utensili strani.
«A quest’ora del pomeriggio non viene mai nessuno, mi annoiavo. Ho lasciato tuo fratello a badare al forte, credo se la possa cavare per un’oretta.» spiegò George, assaporando il primo boccone del dolce.
«I tuoi dolci sono i migliori Roxy. Non dirlo a tua nonna, ma ormai l’hai quasi battuta.» disse l’uomo, guardando di soppiatto come la figlia lo stesse a malapena considerando, troppo impegnata a non bruciare per la prima volta un dolce, e a mescolare con foga.
«Sai, credo che le tue abilità in cucina ti saranno estremamente utili, in futuro.» aggiunse poi, addentando un altro boccone.
«Ah sì? Tu dici?» rispose sovrappensiero Roxanne, meditando di chiedere al padre di togliere la base dal forno tra un minuto esatto.
«Certo. Alle feste, ai matrimoni, ai battesimi, o ai compleanni. E poi, ovviamente, quando fra poco avrai la nausea per la gravidanza. Se sei come tua madre, dovrebbe venirti intorno a questo periodo, ma forse ti sarà già comparsa. Allora, Roxy, dimmi…hai già la nausea della tua prima gravidanza?»
George la fissava senza più ridere, con gli occhi azzurri seri e colmi di preoccupazione.
E tutto accade a rallentatore.
La ciotola che Roxanne teneva in mano cadde con un tonfo sordo, spandendo il contenuto sul pavimento.
Il timer del forno suonò, ma nessuno dei due mosse un muscolo, incatenato agli occhi dell’altro in un istante congelato nel tempo.
 
E l’odore della prima torta bruciata da Roxanne si diffuse nella piccola cucina, mentre lei scoppiava a piangere.
 
 
***
 
 
Lily stava sistemando gli ultimi dettagli dell’intervista di Albus. Mancava poco alla cena, ma una volta finite le lezioni aveva avuto bisogno di qualcosa da fare, pur di non soffermare i suoi pensieri su Scorpius.
Su Scorpius che invitava Angelique al Ballo. Su Angelique che lo baciava sulla guancia.
E su sé stessa, così idiota dall’essersi messi in trappola con le proprie mani, dovendo vederlo per l’intervista il giorno seguente.
La Grifondoro cambiò un paio di parole, e poi osservò soddisfatta l’articolo pronto per la pubblicazione.
Stava giusto pensando di fare una corsa fino alla Torre dei Corvonero per farlo leggere a Sophie, quando sentì la porta della redazione aprirsi.
Si aspettava di vedere Hugo, Sophie, o qualcuno degli altri studenti che facevano parte di Felix Felicis, ma per la seconda volta in meno di un giorno, si ritrovò di fronte una persona completamente inaspettata.
 
«Emmett, che cosa ci fai tu qui?»
 



Angolo Autrice:

Scusate il colossale ritardo! Mi dispiace davvero molto, ma ho avuto altre cose per la testa e non sono riuscita a scrivere con continuità. Non temete però, il nuovo capitolo è qui, e con ben 14 pagine word anziché le solite 8. Spero la cosa vi faccia piacere, e vorrete commentare anche oggi, con le vostre impressioni su questo capitolo bello ricco di avvenimenti. Nel frattempo ringrazio con tutto il cuore Fawkes Weasley e Nancy95 per essere state così gentili da aver recensito quello precedente, con i loro entusiastici complimenti. Grazie infinite, spero vorrete farvi sentire anche oggi, e lo stesso vale per la mia affezionatissima Jade_Malfoy <3 Infine, grazie, grazie e ancora grazie alle 82 puffole pigmee che hanno inserito la mia storia tra le seguite. Vi adoro, e se continuo a scrivere nonostante tutto è per voi. Vi auguro buona giornata e scappo via, perché sono di fretta, lasciandovi al solitario prestavolto di oggi. Un bacione! <3

SilverKiria


 
I PROTAGONISTI DI PAPER WALLS pt. 6:



Emmett Krum (mica male eh?) 

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***




CAPITOLO 19


«Emmett, che cosa ci fai tu qui?»
Il ragazzo avanzò nella stanza, con un sorriso in volto che però non riusciva a nascondere tutta la tensione che provava.
«Speravo di trovarti qui, altrimenti avrei dovuto convincere qualcuno dei Grifondoro a farmi entrare in Sala Comune.» disse lui, accennando una risata imbarazzata.
Lily gli fece segno di sedersi sulla sedia di fronte alla sua scrivania, e lui eseguì, cercando mentalmente di rilassarsi.
La Grifondoro sorrise appena, toccata dalla tenerezza che i lineamenti duri del viso di lui sapevano esprimere, quasi sorprendenti quanto trovare una rosa in un deserto.
«Hai bisogno di qualcosa?» domandò Lily, offrendogli un po’ di succo di zucca dalla bottiglia che tenevano sempre piena in redazione.
Lui attese che la rossa ebbe finito di versargli la bevanda in un calice pulito, e solo dopo aver assaporato un lungo e rinfrescante sorso, si decise a guardarla negli occhi nocciola.
Lily sentì un brivido freddo attraversarle la schiena, improvvisamente conscia di ciò che l’altro avrebbe detto.
«Non sono molto bravo in queste cose, quindi andrò dritto al punto. Vorrei chiederti di accompagnarmi al Ballo del Ceppo, Lily. Sicuramente avrai avuto tantissimi inviti, e so che non saresti mai quel genere di ragazza che accetterebbe solo per sfoggiare l’invito di uno dei Campioni Tremaghi. La verità è che tu sei diversa da qualsiasi ragazza io abbia mai incontrato in vita mia, e non voglio spaventarti: non ti sto proponendo nulla di più che l’opportunità di passare una serata insieme, per conoscerci meglio.»
Lily si diede della sciocca, considerando come probabilmente Emmett avesse mal interpretato le sue attenzioni.
Allo stesso tempo però, si sorprese a riconoscere in lui il buon senso di chiarire che egli non stesse professando alcun amore imperituro, quanto mai, al contrario, le stesse semplicemente chiedendo un’opportunità per approfondire la reciproca conoscenza, anche solo per un’amicizia.
E d’un tratto l’idea di condividere quella serata con Emmett le sembrò tutt’altro che odiosa: sebbene il suo cuore fosse sempre più dolorosamente deciso a battere per Scorpius, Emmett si era dimostrato una compagnia piacevole, e Lily non avrebbe avuto nulla in contrario nel passare qualche ora a divertirsi con lui.
Non era ingenua, sapeva che il bulgaro stava iniziando a sviluppare una piccola cotta per lei, ma la verità era che l’immagine di Scorpius e Angelique continuava a martellarle la testa, e si disse che qualsiasi diversivo sarebbe stato ben accolto.
Quindi, la Grifondoro sorrise dolcemente, annuendo.
«Ti ringrazio per il tuo invito, ne sarei davvero felice. Non vedo come potrei rifiutare la proposta di trascorrere una serata tranquilla con un buon amico
Il viso di lui si riempì di gioia, mentre esclamava quanto le fosse grato e quanto non se ne sarebbe pentita.
E senza che se ne accorgessero, cominciarono a parlare del Ballo del Ceppo, delle tradizioni inglesi e di quelle bulgare, ridendo e scherzando come se si conoscessero da una vita.
E mentre Lily lo seguiva per il corridoio, diretta alla Sala Grande per la cena, la ragazza ebbe un’illuminazione.
 
La realtà era che Emmett sapeva darle tutto ciò che Scorpius le aveva sottratto in quelle settimane: la sincerità nelle azioni e la coscienza che il loro rapporto non si sarebbe sgretolato sotto i suoi occhi, nel giro di un valzer.
 
 
***

 
 

 
«L’hai trovata?»
Ginny raggiunse il marito, appena entrato dalla porta d’ingresso di casa loro, con la voce carica di preoccupazione.
«No, nessuna traccia di lei al Ministero, i colleghi dicono che non si è fatta viva per tutto il giorno.» rispose Harry mestamente, evitando di guardare Ginny negli occhi con la scusa di appendere il soprabito e togliersi le scarpe.
La donna sospirò d’apprensione, tornando in cucina e stringendo con troppa forza la tazza di the caldo che stava sorseggiando da un’ora.
«Non posso ancora crederci. Ron ha davvero…» sussurrò piano, lasciando la frase in sospeso perché le risultava ancora troppo assurdo doverla completare.
“Ron ha davvero tradito Hermione.”
Harry si avvicinò a Ginny, ma qualcosa gli impedì di abbracciarla come avrebbe fatto di solito, permettendole di crollare fra le sue braccia.
Qualcosa che aveva il gusto amaro di una rabbia trattenuta a stento.
L’uomo aprì la dispensa, guardandone il contenuto senza realmente vederlo.
Perché tutto ciò che riempiva la sua mente, da interminabili ore a quella parte era il volto distrutto di Ron, la sera precedente, quando l’avevano raggiunto.
Le lacrime asciutte che solcavano il suo volto improvvisamente invecchiato, gli occhi azzurri ancora fissi sul punto in cui la donna della sua vita era scomparsa.
E poi c’era il vuoto della loro casa, quando erano andati da lei quella mattina per parlarle, ma Hermione come al solito li aveva anticipati, sparendo anche dal loro sguardo preoccupato, e dalle voci cariche di tensione.
Harry strinse la bacchetta nella tasca con troppa forza, immaginando la sua migliore amica, anzi, quella che a conti fatti era diventata sua sorella, piangere da sola, indifesa e senza affetto.
Senza il suo di affetto a cui aggrapparsi, come spesso avevano dovuto fare durante quei mesi infiniti di due semplici diciassettenni in lotta contro il mondo.
«Se solo Ron ce l’avesse detto…se solo…»
«Io lo sapevo.»
Ginny si bloccò di colpo, spostando lo sguardo verso la schiena del marito, completamente immobile.
«T-tu…tu lo sapevi?»
Harry si voltò lentamente, gli occhi verdi per la prima volta completamente gelidi nel puntarsi in quelli castano chiaro di lei.
E Ginny ebbe un orribile presentimento, perché in più di vent’anni assieme, Harry non l’aveva mai guardata con tanta glaciale indifferenza.
Con così poco amore.
L’uomo annuì, grave.
«Me l’ha detto il giorno del matrimonio di Vic e Teddy. Dopo aver rivisto Krum, i fantasmi di quel tradimento sono tornati ad ossessionarlo. Aveva deciso di parlarne con Hermione, perché non sopportava l’idea che lei si preoccupasse così tanto per una sciocchezza come quattro chiacchiere con un ex ragazzo, mentre lui le celava quel segreto da ventitré anni.»
Le mani di Ginny si aggrapparono alla tazza di fronte come fosse l’unica scialuppa, in vista del peggior temporale immaginabile.
«Perché non me l’hai detto? Avrei potuto fare qualcosa, avrei potuto…» cominciò lei, ma fu interrotta dal primo tuono di quella tempesta: la voce di Harry che finalmente si liberava, intrisa di scherno al vetriolo.
«Che cosa, Ginny? Eh? Sai qual è la verità? Che tu non avresti dovuto fare proprio niente. Non è la tua vita, non erano affari tuoi ma, come al solito, hai ritenuto doveroso immischiarti in qualcosa di cui non sapevi assolutamente nulla!»
Ginny sentì le lacrime premerle dolorosamente ai lati degli occhi, ma si impedì di piangere di fronte ad Harry, Harry che continuava a guardarla come se non la riconoscesse più.
«Non è la mia vita, ma è di mio fratello e della mia migliore amica che stiamo parlando! Non riuscivo più a vederli distruggersi a vicenda, pensavo che facendoli incontrare…»
«Avresti dovuto dare loro il tempo di decidere da soli come e quando incontrarsi! Dio mio Ginny, è possibile che tu sia ancora avventata e impulsiva come quando avevamo diciassette anni? Quando imparerai a riflettere prima di agire? Quando ti deciderai a crescere?!»
Ginny si alzò di scatto, anche se non sapeva nemmeno lei se avesse voglia di picchiarlo o di scappare via, lontano dagli occhi verdi che amava più di ogni altra cosa al mondo, e che ora la fissavano duri come la pietra.
«Credevo che la mia impulsività fosse stata uno dei motivi che ti ha fatto innamorare di me.» sussurrò piano, ed Harry sgranò gli occhi, colto di sorpresa da quel tono così remissivo.
Abbassò lo sguardo, incapace di guardarla un secondo di più.
Sospirò affranto, e iniziò a massaggiarsi la fronte, puntando gli occhi su una foto appesa al frigorifero, sovrappensiero.
Ritraeva loro due insieme, appena ventenni, al loro matrimonio. Harry sollevava Ginny nel suo lungo abito bianco, baciandola con passione, mentre la ghirlanda di margherite che lei indossava le ricadeva storta sui capelli rosso fuoco. Aveva le guance arrossate per il vino e la gioia, gli occhi nocciola lucidi per le lacrime e i capelli indomabili come sempre, cornice del sorriso contagioso che aveva invaso perfino i sogni di Harry.
L’uomo scostò lo sguardo come se si fosse scottato, al pensiero che all’epoca, nell’esatto istante in cui avevano scattato quella fotografia, era stato così sicuro che tra di loro non sarebbe mai cambiato nulla. Che l’avrebbe amata sempre di più, proteggendo quel lato sensibile che celava al resto del mondo, e impazzendo dietro a quello ribelle che la rendeva così incredibilmente attraente.
Harry si mosse lentamente, passandole accanto senza guardarla oltre, fino a raggiungere la porta d’ingresso.
L’aprì, e le uniche parole che disse ebbero appena il tempo di raggiungere il viso bagnato di lacrime di lei, prima che lui si smaterializzasse.
 
«Lo credevo anch’io, Gin. Lo credevo anch’io.»
 
 
***
 
 

 
Ron sentì dei passi salire le ripide scale della Tana, e non ebbe nemmeno bisogno di alzare lo sguardo, per capire chi fosse venuto a trovarlo. Ormai conosceva quei passi da tutta la sua vita.
«Hey.»
Harry si sedette sulla vecchia brandina che l’aveva ospitato in camera di Ron, durante la loro adolescenza, puntando gli occhi verdi stanchi sulla figura del migliore amico.
Ron poteva sentire lo sguardo di Harry studiarlo come se fosse un sospettato, alla ricerca di segnali che lo aiutassero a capire il suo stato d’animo. Ron era sdraiato sul letto, fissando il soffitto come se potesse nascondere la soluzione per tornare indietro di ventitré anni, e cancellare quell’errore.
Il rosso non restituì il saluto, si limitò a fargli solo una domanda, con voce atona.
«Ci hai parlato?»
Il cuore iniziò a martellargli nel petto, aspettando la risposta del moro.
Harry sospirò, cercando di infondere nelle sue parole la maggior quantità di speranza che riuscisse a racimolare dentro di sé.
«No, lei non…non era in casa. Ma sono sicuro che tutto si risolverà, probabilmente aveva solo bisogno di spazio e tempo per accettare la cosa.»
Ron annuì mestamente, mettendosi seduto e concentrando la propria attenzione sui calzini bianchi che indossava. Li aveva da fin troppi anni, e il tempo aveva fatto il suo corso, rendendoli ruvidi e regalandogli perfino un paio di buchi, cosicché potesse vedere sbucare un dito per piede.
“Ron, non capisco perché ti ostini a tenerti quei calzini. Sono inguardabili, ormai cadono a pezzi!”
Ma Ron aveva sempre sorriso senza risponderle, perché Hermione se n’era dimenticata ormai: quei calzini erano stati il primo acquisto che lei aveva fatto per lui, dopo essersi sposati.
“Ho visto che ne avevi pochi, così te ne ho comprato un paio”.
Un’inezia, un dettaglio trascurabile, certo, ma Ron non si era mai sentito così felice come in quel momento. Perché quel piccolo regalo era il simbolo reale che sì, Hermione era sua moglie, e si preoccupava di lui, anche fosse solo per uno stupido paio di calzini.
«Credi che mi lascerà?»
La domanda era stata appena sussurrata, ma Harry l’aveva sentita e si lasciò sfuggire un sospiro esausto.
Ron continuava imperterrito a guardare i propri piedi, incapace di vedere nel viso del migliore amico la più remota ombra di incertezza.
«Io credi che ti ami più di ogni altra cosa al mondo.»
Non era una risposta, lo sapevano entrambi, ma sembrarono tacitamente accettare l’ineluttabile verità che aleggiava nell’aria: nessuno dei due aveva la più pallida idea di cosa sarebbe potuto succedere, e perfino ammettere la possibilità di una vita senza Ron ed Hermione insieme era troppo faticoso.
«Molly e Arthur cos’hanno detto quando sei arrivato?» domandò Harry, per cambiare argomento.
In realtà il moro stava cercando con tutto sé stesso di non ammettere a Ron il litigio che aveva appena avuto con Ginny.
Non era stato il primo, ovvio, ma era stato l’unico in cui non aveva sentito il bisogno di perdonarla senza troppi problemi. Ginny lo aveva privato della possibilità di stare accanto ad Hermione, costringendolo a subire passivamente una situazione in cui avrebbe potuto fare molto di più.
In cui avrebbe dovuto fare molto di più.
Perché per quanto Harry capisse che anche la moglie era ormai imprescindibilmente legata ad Hermione, così come ovviamente lo era a Ron, una parte egoista di sé lo stava torturando, urlandogli nella testa come Ginny non fosse stata lì con loro, durante la caccia agli Horcrux.
Aveva combattuto ad Hogwarts, certo, ma non aveva assistito alla scena orribile a Godric’s Hollow, né aveva trascorso mesi interi lontani da qualsiasi altra persona, incapaci di prevedere cosa sarebbe accaduto o come sarebbero mai riusciti a sconfiggere Voldemort. Ginny non sarebbe mai stata parte del trio, ed Harry si odiò per non riuscire a pensare ad altro.
Quindi, nonostante avesse davvero bisogno del suo migliore amico, mise da parte i propri problemi personali, conscio che sapere che lui e Ginny avessero litigato non avrebbe di certo aiutato Ron in alcun modo.
«Erano molto preoccupati, lo sono tuttora. Li ho sentiti discutere, perché mamma vuole venire a chiedermi cosa sia successo, e papà invece vuole lasciarmi il tempo di parlarne da me. Sanno che c’entra Hermione-» e una smorfia di dolore incorniciò il suo viso, nel pronunciare il suo nome «-ma non sanno quanto sia grave.»
Harry annuì e nelle due ore successive che passò con Ron non si dissero molto di più.
La verità era che c’era poco o niente che valeva la pena di essere detto, e tutto quello di cui avevano bisogno non necessitava parole: sapere che come sempre avrebbero potuto contare l’uno sull’altro.
 
Qualsiasi cosa sarebbe accaduta, loro sarebbero sempre rimasti uniti, e in quel momento, fu più che abbastanza.
 
 
***
 
 
 

«Come l’hai saputo?»
La voce di Roxanne era incerta e indifesa, mentre camminava nel bosco.
Dopo la scioccante rivelazione, George aveva ammesso di aver chiuso il negozio per quel giorno, e aver dato un giorno libero al personale. Fred sarebbe stato via con degli amici, per cui avevano deciso di concedersi una passeggiata nella piccola foresta al limitare del giardino di Roxanne, per riprendere fiato.
George lanciò un bastone a Kayla, che li aveva raggiunti scodinzolando, ignara del discorso importante che stava avendo luogo.
«Non me l’ha detto Fred, se è questo che ti preoccupa.»
Roxanne alzò lo sguardo, sorpresa, incatenando i propri occhi scuri con quelli azzurri e furbi del padre.
Le labbra di lui si curvarono appena in un ghigno divertito, riprendendo la parola.
«Non ero sicuro che Freddie lo sapesse, ma lo sospettavo, e vista la tua reazione ne ho avuto la conferma. Però sono felice: significa che almeno di lui ti sei fidata.»
Il tono ferito del padre le strinse il cuore e all’improvviso Roxanne comprese qualcosa che la lasciò senza fiato: George non era arrabbiato per la gravidanza, o perché avesse tenuto segreta la relazione con David, di cui gli aveva parlato solo pochi minuti prima. Suo padre era addolorato che lei non fosse corsa tra le sue braccia, come quand’era piccola.
Era affranto per non aver potuto starle accanto, rincuorandola, e soprattutto era deluso, perché non aveva pensato che tutto ciò che lui avrebbe voluto sarebbe stato starle accanto, qualsiasi decisione avrebbe preso.
Gli occhi ancora gonfi dal pianto di prima cominciarono di nuovo a bruciare, mentre altre lacrime amare le rigavano le guance.
«Non sai quanto ti avrei voluto con me, papà. Ma ero terrorizzata…temevo mi avresti guardato in modo diverso, avevo paura che ti avrei deluso, che…che mi avresti odiata.»
«Non pensarlo nemmeno! Non esiste modo in cui tu possa farti odiare da me, Roxanne. Io ti amo, sei la mia bambina e rimarrai sempre la mia bambina, qualsiasi cosa accada. Tu e Freddie siete le cose più preziose del mondo, e se deciderai di tenere questo bambino, vorrà soltanto dire che avrò un altro motivo per sorridere al mattino. In caso contrario, le mie braccia saranno sempre qui per te, Roxy.»
E lei non indugiò oltre: si fiondò nell’abbraccio del padre, liberandosi del silenzio opprimente che le aveva invaso i polmoni in quelle settimane, e sentendosi di nuovo sé stessa.
George le accarezzò i capelli, posandovi le labbra di tanto in tanto, per lasciarvi un bacio.
Aveva gli occhi lucidi, ma della rabbia di prima non era rimasta neanche l’ombra.
«Io ti conosco più di quanto tu possa immaginare. Ho visto come sei cambiata, ultimamente, e da quando hai iniziato a frequentare David ho sospettato avessi trovato qualcuno. Poi però, al matrimonio sei fuggita via, e vedendoti sempre più provata fisicamente ho riconosciuto i sintomi della nausea che anche tua madre ha sofferto. Non è stato difficile capire che fossi incinta, ma è stato mortalmente arduo aspettare che fossi tu a dirmelo. E alla fine non ho retto, avevo bisogno di stringerti a me, e farti tornare il sorriso.»
Il sussurro di George cullò quell’abbraccio ricco d’amore, mentre Roxanne si diede della stupida almeno mille volte: suo padre non l’avrebbe mai abbandonata, e lei era stata una sciocca a credere che potesse essere il contrario.
La ragazza si scostò da lui, le labbra finalmente distese in un sorriso, e gli occhi a corto di lacrime.
«Sono contenta che tu sia dalla mia parte, papà. Anche perché ora arriverà la parte peggiore.»
George inarcò un sopracciglio, confuso.
«Dovremo dirlo alla mamma.»
 
La risata che seguì li accompagno per tutto il tragitto fino all’appartamento di Roxanne, dove George si congedò dandole un bacio sulla fronte, e promettendole che sarebbe andato tutto bene.
E lei sorrise, perché per la prima volta, ne fu assolutamente certa.
 
 
***
 
 

 
Nessun rumore turbava la quiete di quel posto, eccezion fatta per il vento frizzante che soffiava tra i rami.
Hermione si strinse addosso il cappotto, cercando di ripararsi dagli spifferi funesti che le stavano facendo venire la pelle d’oca.
Erano le sette di sera, il sole era calato da tempo ma lei non si era mossa di un millimetro. Si ritrovò a pensare quanto fosse strana quella situazione, seduta su quella panchina di betulla per ore, lo sguardo dritto di fronte a sé, ma la verità era che solo in quel luogo le preoccupazioni che la attanagliavano sembravano lasciarla respirare.
«Non credevo ci sarebbe stato qualcuno, a quest’ora.»
Hermione alzò gli occhi, sorridendo appena a Bill Weasley.
L’uomo ricambiò il saluto, per poi chinarsi per poggiare sull’erba fredda il mazzo di margherite che aveva tra le mani.
«Sono quelle della Tana?» domandò la donna, riferendosi ai fiori, così semplici eppure sempre così meravigliosi.
Bill annuì, sedendosi sulla panchina di fianco a lei, guardando la lapide bianca con espressione indecifrabile.
«Vengo a trovarlo due volte alla settimana, a volte tutte le sere, nei periodi in cui è più difficile respirare, sapendo che se n’è andato. Ma faccio sempre in modo di venire di sera, non voglio turbare i suoi incontri con gli altri, specialmente con George. O Percy.»
Hermione liberò la mano destra dalla stretta calda della tasca, per stringerla a Bill, che la ringraziò con un sorriso.
Un timido soffio di vento accarezzò la lapide, lasciando sulla scritta scura una leggera brina. Avrebbe nevicato in poco tempo, ed entrambi si concessero qualche secondo di silenzio.
«Se vuoi me ne posso andare.» disse Hermione, anche se dentro di sé iniziò a temere che l’altro acconsentisse. Stare lì le stava permettendo la pace di cui aveva bisogno, e l’idea di tornare alla realtà era ancora troppo da sopportare.
Bill però scosse la testa, prendendo la bacchetta e muovendola appena. Subito delle luci di tutti i colori si adagiarono leggere sul terreno intorno alla lapide, come lucciole magiche.
«Credo che tu abbia un gran bisogno di quiete, in questo momento.»
Hermione si voltò, sorpresa, e lui si limitò a distendere le labbra in un sorriso silenzioso.
«Te l’ho detto, le margherite vengono dalla Tana. Papà mi ha detto che Ron ha dormito lì, ma non so nient’altro, e così anche i miei genitori. Non so cosa stia succedendo, Hermione, ma ti conosco, e non ti volterei le spalle, vedendoti soffrire.»
Gli occhi di Hermione diventarono lucidi per l’ennesima volta, in quella giornata, ma finalmente per un motivo lieto.
La donna rafforzò la presa sulla mano di Bill, tornando poi a guardare il marmo bianco di fronte a sé.
Le luci magiche erano entrate nella lapide, facendo brillare ogni lettera di un colore diverso, e regalando ad entrambi una risata soffice come la neve.
 
“Fred Weasley – Figlio e Fratello amato.
1/04/78 – 02/05/98
Giuro solennemente di non avere buone intenzioni
 

 
«Io e Fred non siamo mai stati molto vicini. Durante gli anni di Hogwarts chiacchieravamo amichevolmente, anche se spesso l’oggetto delle nostre conversazioni erano le loro malefatte e le mie successive minacce di morte se avessero provato a far perdere altri punti a Grifondoro.»
«Cosa che continuarono a fare senza scrupoli, suppongo.» scherzò Bill, ed Hermione annuì divertita.
«Ovviamente. Però, ci fu una sera, in cui scoprimmo lati del nostro carattere fino a quel tempo sconosciuti.»
Bill posò gli occhi azzurri sul volto di Hermione, appena contratto in un’espressione di nostalgia e dolore.
Hermione sospirò, e iniziò a raccontare qualcosa che non aveva mai rivelato a nessuno.
Un segreto che pensava sarebbe rimasto per sempre tra lei e Fred, ma che in quel momento sentì di voler condividere con Bill, il fratello di Ron con cui aveva sorprendentemente legato di più durante l’età adulta.
Con quello che era diventato uno dei suoi migliori amici, nel corso degli anni.
«La notte in cui George perse l’orecchio, durante la fuga dei sette Potter, Fred non volle saperne di allontanarsi dal suo capezzale. Dormì lì sul pavimento, forse per quindici o venti minuti, passando ogni minuto di ogni ora a vegliare su di lui. Ti ricordi?»
Bill annuì, pensando a come non avrebbe potuto mai dimenticarsi quel giorno. Aveva rischiato di perdere un fratello, per la prima volta. E ne avrebbe perso un altro, per l’ultima volta, meno di un anno dopo.
«Verso le tre del mattino sono scesa per andare in cucina a prendere un bicchiere d’acqua. Non riuscivo a dormire, continuavo ad avere incubi e cercai di fare meno rumore possibile, per evitare di svegliarlo. Ma lui era lì, completamente al buio, ma straordinariamente lucido. Mi accompagnò in cucina, e rimanemmo in silenzio per un po’…fino a quando non scoppiò a piangere.»
La voce di Hermione si incrinò, mentre la mano di Bill le lasciava delle carezze tremanti. Non osò voltarsi a vederlo in faccia, ma sentiva dal rumore irregolare del suo respiro che anche lui era stato sopraffatto dall’emozione.
«M-mi disse…» continuò repentinamente lei, conscia del fatto che se l’avesse data vinta alle lacrime non sarebbe più riuscita a parlare.
«…mi disse c-che non aveva mai avuto così paura in vita sua. All’improvviso si era ritrovato di fronte all’ineluttabile realtà che George sarebbe potuto morire, quel giorno. Avrebbe potuto lasciarlo solo, e lui non aveva mai preso in considerazione l’idea di vivere senza George. L’idea di esistere senza la migliore parte di sé.»
«All’inizio mi ritrovai congelata, incapace di rincuorarlo perché dopotutto non lo conoscevo così bene, e vedere Fred in lacrime era irreale, lui che rideva sempre, lui che era sempre disposto a far divertire le persone. Ma presi il coraggio a due mani, e gli dissi qualcosa che mi ricordo ancora a memoria, dopo tutti questi anni: “Se non vuoi perderlo, allora lotta per lui. Non farti atterrire dalla paura, alzati e combatti per un mondo in cui sarà di nuovo scontato che voi due invecchierete insieme, creando scherzi straordinari e vivendo per regalare un sorriso a chi vi sta attorno. Combatti per la sua vita, e non avrai più paura della morte.”»
«Si alzò dalla sedia e corse verso di me. E poi, come se fosse sempre stato naturale per noi due, mi strinse in un abbraccio da orso, cominciando a ridere perché d’un tratto la paura se n’era andata. Lo vidi nel suo sguardo, e lo invidiai per un secondo, perché Fred non temeva la morte. Non più, ora che sapeva per cosa combattere. Per cosa continuare a vivere
Le lacrime avevano iniziato a solcarle il viso, ma la voce era più sicura che mai. Sentiva dentro di sé quell’abbraccio incredibile, lo avvertiva in ogni angolo della pelle, come una scarica di adrenalina. E continuò a sorridere, guardando la lapide bianca rischiarsi a mano a mano che il buio iniziava a circondarla. Era stato George a lanciare quell’incantesimo.
“Così continuerà a brillare, anche nelle notti più lunghe.”
«E allora mi sorrise, accarezzandomi i capelli e dicendomi qualcosa che mi fece tornare a respirare. “Combatti anche tu Hermione, combatti per un futuro in cui tu e Ron starete insieme per sempre, regalandomi dei piccoli mostriciattoli rossi oltraggiosamente intelligenti da coccolare, e da far ridere per tutta la mia vita. Lui non può stare senza di te, tanto quanto tu non puoi stare senza di lui.”»
Hermione afferrò la bacchetta, e con un gesto fece apparire una ghirlanda di fiori rosso fuoco, simile a quella che aveva donato a James e Lily, ma questa, di tanto in tanto, cambiava colore, virando per tutte le tonalità dell’arcobaleno.
La appoggiò sulla lapide ora illuminata da un bianco candido, sospirando.
«L’ho fatto, ho mantenuto la mia promessa a Fred, e ora il futuro che sognavo è diventato realtà. Eppure, mi sembra che si stia sbriciolando tra le mie mani.»
Bill non chiese nulla, si limitò a posare la mano sinistra sopra la spalla di Hermione, stringendola a sé.
La donna si lasciò accarezzare dolcemente, sentendo però che per quanto il profumo della pelle di Bill assomigliasse a quello di Ron, quella differenza microscopica le fece mancare un battito.
«Sai, quando è nato Charlie ho pensato che fosse facile, essere un fratello maggiore. Eravamo molto simili, e andavamo praticamente sempre d’accordo. Poi però arrivò Percy, e allora iniziai a capire cosa volesse dire dover scendere a compromessi. Ma imparai a volergli bene come ne volevo a Charlie, e tutto si sistemò. E poi, beh, ci furono Fred e George, Ron e infine Ginny. Sei fratelli minori di cui prendermi cura, ognuno completamente diverso dagli altri. Charlie partì per la Romania e anche quando io andai in Egitto, mi sentii in dovere di controllare che stessero bene. Scrissi loro il più possibile, cercai di aiutare mamma e papà coi soldi e mi offrii di ospitarli da me, una volta tornato, per controllare che stessero bene. La verità è che quando nacque Victoire, non mi sentii molto diverso. Non fraintendere-» precisò poi, guardandola negli occhi nocciola con un sorriso a fior di labbra «- credo di non aver mai amato nessuno come ho amato Vicky, la prima volta che l’ho stretta a me. Ma avevo imparato molto tempo addietro a prendermi cura degli altri. Quando è morto Fred…» iniziò Bill, prendendosi un secondo per formulare il pensiero che si annidava dietro ad un oceano di dolore.
«…credevo di aver fallito. Sono il maggiore, ho sempre fatto tutto per primo. Il primo ad andare ad Hogwarts, il primo ad avere una fidanzata, il primo a giocare a Quidditch…sarei dovuto essere il primo ad andarsene. E mi sentii morire dentro, perché per anni continuai a tormentarmi, pensando che se fossi stato più attento, se fossi stato lì con lui e Percy, se… E ho scoperto come siano i “se” ad uccidere davvero, più di ogni Maledizione Senza Perdono. Percy non ha fatto più battute per anni, e sebbene sia migliorato e abbia costruito una vita ricca d’amore, riesco ancora a vedere il suo sorriso congelarsi, ogni volta che guarda il posto vuoto di Fred, a tavola. Quello che sto cercando di dirti Hermione…»
Bill riallacciò lo sguardo con quello di lei, cercando di imprimere nelle proprie parole tutto il coraggio che voleva trasmetterle.
«Non so cosa sia successo tra te e Ron, ma non puoi cambiare il passato. Non rovinarti il presente, tormentandoti con “se” che non porteranno a nulla, e non precluderti il futuro per qualcosa su cui non hai più potere.»
La mente di lei si riempì di tutti i “se” che le avevano rubato il respiro fino a quel momento, facendola boccheggiare.
“Se non l’avesse baciata, ci saremmo lasciati?”
“Se non me l’avesse detto, sarei stata più felice?”
“Se non mi avesse tradito, mi avrebbe mai chiesta in sposa?”
“Se” …
“Se lo perdonassi, riuscirei ad amarlo come prima?”
Ma lo sguardo di Bill le diede tutte le risposte che cercava, facendola sorridere.
Un altro soffio di vento vibrò tra le fronde, e per un secondo sembrò che qualcuno stesse ridendo.
Ed entrambi si ritrovarono a pensare che quella risata solitaria che riempì il cimitero di Ottery Sant. Catchpole sembrasse troppo familiare per non essere un segno.
 
Forse Fred stava ancora vegliando su di loro, nonostante tutto.
 
 
***
 
 

 
Il giorno seguente, Scorpius Malfoy si lasciò cadere su una sedia dell’aula adibita a redazione di Felix Felicis.
Quella notte non aveva chiuso occhio, in ansia al pensiero del confronto a tu per tu con Lily che lo attendeva la mattina successiva.
La verità era che Lily gli mancava, ma temeva che l’avrebbe ferita se non fosse stato al cento per cento sicuro dei suoi sentimenti.
Zoe era tornata, e per quanto avesse tentato di starle più alla larga possibile, il pensiero di quella notte a Berlino continuava ad assillarlo.
Perché era vero, lei lo aveva lasciato, facendolo soffrire come nessun’altro nella sua vita, ma quel ricordo non custodiva solo dolore.
I baci che si erano scambiati sembravano premere ancora sulla pelle, e le carezze cariche di passione gli scuotevano qualcosa nel profondo.
Avevano condiviso molto, forse troppo, durante la loro vita, e per quanto Scorpius avrebbe voluto dimenticarla, sapeva che non era ancora pronto.
«Scusa il ritardo, la McGranitt ha voluto farmi trasfigurare un papillon in un canarino, prima di farmi uscire.»
La voce di Lily interruppe il flusso dei suoi pensieri, e per impedire a sé stesso di guardarla troppo mentre si sistemava alla sua scrivania, con le guance arrossate dalla corsa e i capelli sciolti vivaci per il movimento, decise di fingere che fosse tutto normale.
Fingere che non fosse cambiato tutto, nel giro di pochi giorni.
«E ci sei riuscita?» domandò curioso.
Lily sembrò riflettere se stare al gioco o se interrompere quel teatrino assurdo, ma alla fine rispose, un ghigno divertito sulle labbra screpolate per il freddo.
«Diciamo solo che non te lo consiglierei per un’occasione speciale, a meno che tu non voglia che una piuma del tuo papillon ti vada di traverso.»
Scorpius accennò una risata, dando il tempo alla Grifondoro di prendere il suo block notes rosso e posizionarsi di fronte a lui.
Entrambi sembrarono avvertire la presenza dell’altro come elettricità statica, ma sarebbe stato arduo capire chi dei due fosse più determinato a non darlo a vedere.
Lily cominciò a fargli qualche domanda di rito, le stesse che aveva fatto ad Albus, e annotò pazientemente ogni risposta perfettamente studiata che l’altro le fornì.
Passarono così la prima mezz’ora, tra disquisizioni su come fosse cambiata la vita ad Hogwarts dall’arrivo degli ospiti stranieri e quale delle due scuole straniere si fosse rivelata più diversa da Hogwarts.
«Direi che entrambe sono differenti da Hogwarts, per certi versi. Durmstrang prepara i suoi studenti con una diligenza incredibile, mentre BeauxBatons fornisce ai propri allievi molte occasioni per sviluppare le relazioni interpersonali. Basti pensare che normalmente hanno dai tre ai cinque balli per anno, quindi ad esempio il Ballo del Ceppo sembrerà loro estremamente ordinario, anche se sono sicuro che sapremo dare il nostro meglio, per stupirli ed allietarli.»
Lily si appuntò le sue ultime parole, e quando ebbe finito si alzò senza più guardarlo, appoggiando il block notes alla sua scrivania.
«Bene, credo sia sufficiente. Grazie per la tua disponibilità, Malfoy.»
Scorpius sembrò raggelarsi, quando lei usò il suo cognome, e si alzò inebetito, andando verso la porta.
Quando però poggiò la mano sul pomello, si bloccò, voltandosi per guardarla negli occhi.
«Andrò al Ballo con Angelique, ma siamo solo amici. Credo…credo che tu lo debba sapere da me, piuttosto che fidarti delle malelingue che serpeggiano in questa scuola.»
Lily si morse il labbro inferiore, cercando di non darla vinta alla parte di sé che avrebbe voluto abbracciarlo. Gli occhi grigi di Scorpius avevano una piega triste e malinconica, e Lily riuscì a stento a rimanere impassibile, lasciandosi andare ad un sospiro.
«Lo so. Io ci andrò con Emmett, anche se dubito che a questo punto te ne importi granché.»
La voce al vetriolo di lei lo indusse a sgranare gli occhi, mentre faceva un paio di passi verso di lei, cercando di assimilare le sue parole.
«Come puoi andarci con quell’idiota? È palese che abbia una cotta per te, non posso credere che tu non lo veda o…»
«Tu non hai nessun diritto di fare l’offeso, Scorpius
La voce dura della Grifondoro lo interruppe bruscamente, facendogli stringere le labbra per la frustrazione.
Era vero, era dannatamente vero, e capì che Lily non avrebbe più tenuto a freno la lingua, per lui.
Non avrebbe più tenuto a freno il suo cuore, per non far soffrire quello di lui.
«Non puoi baciarmi e poi ignorarmi, aspettandoti che io stia in silenzio come una statua, a sperare che tu cambi idea. Stai allontanando me, così come stai allontanando Ethan e Selene. Non sono io quella tra di noi che deve capire i propri sentimenti. I miei sono rimasti uguali a quell’uscita ad Hogsmeade, i tuoi sono cambiati, e non vuoi nemmeno dirmi il perché
Lily aveva gli occhi lucidi, ma nonostante ciò tutto di lei emanava una grinta sorprendente, e lui capì quanto profondamente Grifondoro lei fosse.
Lui comprese quanto maledettamente fosse innamorato di lei, e quanto ancora non bastasse.
«Non puoi chiedermi di aspettarti, così come io non posso pretendere che tu mi dia una spiegazione. Quindi credo rimarremo in questo vicolo cieco, fino a quando non vorrai ripartire. Fino a quando non capirai se sono io, quella con cui vuoi andare avanti.»
Scorpius aprì la bocca per parlare, ma la richiuse subito dopo.
E alla fine se ne andò in silenzio, pensando che qualsiasi cosa avrebbe potuto dire, non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione, perché semplicemente non era ancora pronto, e le parole di Lily non fecero altro che farlo sentire ancora peggio, di fronte alla scelta che sapeva gli si prospettava di fronte.
 
Non disse nulla, illudendosi che sarebbe stato meglio così, ma dimenticandosi che alla fine, un’azione parla sempre più di mille parole.
E Lily pensò che forse, aveva appena sentito abbastanza.


 
Angolo Autrice:

Buongiorno popolo di EFP, eccomi qui a regalarvi un nuovo capitolo, in un tempo record! Ci tengo però a precisare qualche dettaglio:

 
  • Com'è evidente, questo capitolo si concentra molto sulle vicende dei personaggi fuori da Hogwarts, ma penso si bilanci perfettamente con quello precedente, che invece si focalizzava sui nostri protagonisti più giovani.
  • Ginny ed Harry: lo so, lo so, qualcuno di voi mi starà cruciando a distanza, ma lasciatemi dire quanto, ancora una volta, io abbia voluto mostrare una realtà un po' più verosimile a quella del Mulino Bianco che spesso e volentieri le FF Next Generation vogliono propinarci. Spero non vi sia stato troppo indigesto, e non temete, i guai capitano anche in paradiso, ma ciò non lo rende un inferno :D
  • Roxanne e George: li amo alla follia, non ho molto da aggiungere. Ah, Fred non aveva fatto la spia, dont't worry, non lo farebbe mai e poi mai, soprattutto con Roxanne.
  • Bill & Hermione (& Fred): so di aver dedicato una parte forse troppo lunga a questo momento, ma non avete idea di quanto ci tenessi. Il flashback tra Fred ed Hermione, e le ansie da fratello maggiore di Bill mi hanno lacerato il cuore sin da quando ci ho pensato per la prima volta. Perdonatemi, se potete, e fatemi sapere cosa ne pensate.
  • E infine Lily, che a discapito di quanto poteste temere, ha delle super pluffe da Grifondoro. Non aggiungo altro, perché credo che il racconto parli da sé.
  • Una gif per ogni parte del capitolo: concendiamo un applauso a internet che mi ha fornito di tutto ciò che avevo bisogno, per questa tornata di immagini! :3

Bene, detto ciò, mi limito a ringraziare di cuore la mia fedelissima Jade_Malfoy per essere tornata a recensire (e le faccio in bocca al lupo per la scuola!) e la dolcissima Nancy95. Spero vorrete farmi sapere la vostra opinione anche oggi! Ci tengo inoltre ad abbracciare ognuna delle 84 meravigliose persone che hanno inserito Paper Walls tra le seguite. Grazie, davvero. Infine, siccome non ci sono stati nuovi volti da presentarvi, vi lascio solo una gif per oggi, giusto per rinfrescarvi la memoria su quanto sia figo Bill, e vi invito a leggere anche la mia One-Shot "Down to the Second", che è un prequel/missing moments di James & Dominique, visto che negli ultimi capitoli non hanno avuto spazio (tranquilli, non mi sono affatto dimenticata di loro), e ovviamente farmi sapere cosa ne pensate <3
Un bacione enorme a tutti voi, come sempre attendo con ansia le vostre opinioni!

SilverKiria 

 
I PROTAGONISTI DI PAPER WALLS pt. 7:



William "Bill" Weasley 



 

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***





CAPITOLO 20


 
Ginny Weasley sistemò l’ultimo punto sul tessuto blu scuro che aveva fra le mani, il volto concentrato e un nastro bianco stretto tra le labbra.
«Sei a casa?»
La voce del marito la raggiunse dal piano di sotto, probabilmente appena rientrato dal lavoro.
Appena tornato dall’ennesimo turno di straordinari.
La donna sospirò piano, cercando di imprimere nelle sue successive parole il maggior grado di felicità che potesse fingere.
«Sono in camera!»
Sentì i passi di Harry salire le scale, e dopo poco la porta scura di ardesia si spalancò, lasciandolo entrare.
Harry si diresse verso la postazione da cucito che Ginny aveva sistemato in un angolo della loro camera da letto, e le scoccò un leggero bacio sulla nuca.
Un bacio che probabilmente ferì entrambi più di uno schiaffo.
Dal giorno della lite non erano più ritornati sull’argomento, tacitamente accordandosi che fosse stata la tensione a fare da padrona in quell’attimo di debolezza.
Eppure, nessuno dei due aveva avuto più sonni tranquilli, con le parole di Harry che continuavano a scorrere nelle orecchie come spifferi funesti nel cuore della notte.
«Stai finendo il vestito per Lils?» domandò distrattamente il mago, slacciandosi la cravatta e iniziando a sbottonarsi la camicia, pronto a cambiare gli abiti formali con una calda felpa e dei pantaloni della tuta.
«Mmh-m.» sospirò Ginny, facendo passare il risultato di quelle ore di lavoro tra le mani, con un accenno di sorriso.
Era un abito che arrivava poco sopra il ginocchio, di morbido velluto blu scuro. Il tocco di classe però, che Harry aveva guardato mestamente, vagliando l’ipotesi di proibire a sua figlia di andare in giro così, era la scollatura ingente che correva lungo la schiena. Arrivava qualche centimetro sotto le costole, adornato da una sottoveste di timida organza, leggera come un respiro.
«Ho finito, glielo spedisco subito, così avrà il tempo di provarselo ed eventualmente fare qualche cambiamento, se non le dovesse piacere.»
Harry si avvicinò per ammirare il prodotto finito, e dovette ammettere quanto Ginny fosse incredibilmente brava con la macchina da cucire.
Nessuno avrebbe mai sospettato che quell’abito non avesse visto la luce in un famoso atelier, ma nella loro camera da letto.
«È bellissimo, sono convinto che le piacerà. E anche se non dovesse amarlo, se lo terrebbe così, dato che Lils ha ereditato tante delle tue doti, ma la dimestichezza con l’ago non è tra quelle.»
Ginny distese le labbra in una smorfia divertita, come al solito in bilico in quella strana realtà che ormai si era instaurata in casa Potter.
Amava Harry più di ogni altra cosa al mondo, forse eccezion fatta solo per i suoi figli, ma per quanto volesse convincersi che lui non pensava davvero quelle cose, la verità era che lo sguardo di ghiaccio che le aveva riservato continuava a farla rabbrividire.
«Immagino che tu abbia ragione. Sta di fatto-» continuò Ginny, mentre impacchettava con cura il vestito e lo consegnava alla loro civetta bianca, che avevano adottato in onore della defunta Edvige, e avevano chiamato Yuki.
«-che se avesse bisogno di aiuto, Rose saprebbe aiutarla. E poi, penso che stasera avrà ben altri pensieri, oltre al vestito. Il Ballo del Ceppo capita una volta nella vita, no?»
 
 
***
 
 

 
«Mi passeresti il sale?»
Ron allungò la mano per afferrare la boccetta che la moglie gli stava porgendo.
 
Hermione era tornata da lui, alla fine.
Era tornata con il profumo delle viole che Ron aveva riconosciuto appartenere al cimitero di Ottery Sant. Catchpole tra i capelli.
Era tornata col segno delle lacrime sulle guance e gli occhi stanchi.
Era tornata con l’odore di Bill sulla maglia, ma soprattutto era tornata con un timido sorriso stirato in volto.
Un sorriso quasi nascosto, spaventato, pronto a scappare al primo segnale di pericolo.
Ma c’era, ed era per lui.
Ron aveva fatto cadere la tazza di caffè che aveva in mano, correndole incontro e stringendola a sé senza nemmeno chiederle il permesso.
Non importava.
Non importava più nulla al mondo, fintanto che la sua Hermione fosse tornata da lui.
E avevano ricominciato da lì, piano piano.
Una parola dopo l’altra, tra una scusa e una lacrima.
Ron aveva speso metà di quella notte a invocare il suo perdono e l’altra metà a ricordarle quanto fosse sempre stata lei l’unica per lui.
Ed Hermione aveva passato tutta quella notte ad obbligarsi a crederci, finché pian piano si era scoperta non solo capace di credergli, ma anche di perdonarlo.
Ci sarebbe voluto più tempo, di una notte, ma entrambi sapevano che ce l’avrebbero fatta.
 
Hermione si alzò per servirsi altro stufato nel piatto, e Ron approfittò del momento in cui la donna gli passò accanto per lasciarle una carezza sul fianco.
Lei sorrise piano, godendosi il piacere di quel tocco a cui si stava riabituando senza averlo davvero mai lasciato.
«Ah, ho ricevuto una lettera da Hugo oggi pomeriggio.» esclamò Hermione, mentre Ron la guardava interessato, masticando un boccone dell’ottima cena che avevano preparato assieme.
Anche se, a dirla tutta, lui si era solo limitato a muovere la bacchetta in modo maldestro, causando un vaso di fiori brutalmente distrutto dal coltello usato per tagliare le carote, e un quasi soffocamento di Hermione, divisa tra le risate e la frustrazione.
«Davvero? E che dice?» bofonchiò Ron, inghiottendo immediatamente il cibo dopo lo sguardo eloquente di lei.
«Che è emozionato come non mai per il Ballo di domani sera. Dice che il vestito che gli abbiamo mandato gli calza a pennello, ma teme che Isabella sarà troppo per lui, e finirà col sembrare un cretino.»
Ron si aggiunse alla risata dolce della moglie, per poi commentare intenerito:
«Ah, buon sangue non mente. Se domani avessi l’opportunità di portarti al Ballo del Ceppo, credo mi farei le stesse identiche paranoie.»
Hermione lo colpì giocosamente con la forchetta sulla mano, fintamente imbronciata.
«Guarda che tu l’occasione l’hai avuta, e anche gigante, Ronald Weasley. Ma hai preferito tenermi come ruota di scorta, fin quando non ti sei accorto che qualcun altro era veramente interessato alla tua migliore amica.»
Ron alzò gli occhi al cielo, le orecchie subito rosse che tradivano la sua finta algidità.
«Beh, però il nostro primo bacio nella Camera dei Segreti, nel bel mezzo della battaglia finale, non si può assolutamente battere. Dai su, se ci fossimo messi assieme quella sera, sarebbe stato l’aneddoto più noioso del mondo. Quindi prendimi pure in giro, ti eviterò l’onere di ringraziarmi per averti fornito una storia d’amore da cardiopalma.» concluse sornione, riservandole un ghigno che le fece dubitare su una possibile discendenza Serpeverde.
Hermione lasciò cadere il discorso, sorseggiando la sua Burrobirra, per poi continuare a parlare.
«Ad ogni modo, c’è anche un’altra novità che mi ha detto, e sono stupita dal tempismo perfetto con cui hai tirato in ballo il nostro Ballo del Ceppo. Vedi, c’è in effetti un’analogia alquanto affascinante in tutto ciò.»
Ron la guardò sospettoso, conscio che quando la moglie assumeva quel tono divertito non c’era nulla di buono per lui dietro l’angolo.
«Cioè?» domandò guardingo, e solo dopo che lei gli ebbe fatto promettere di non dare in escandescenze e non scrivere lettere o fare imbarazzanti apparizioni ad Hogwarts, la donna si sentì pronta per sganciare la bomba.
«Rosie è stata invitata al Ballo da un ragazzo di Durmstrang. Hugo ha detto che gli sembra si chiami Dimitri, ed è lo studente numero uno nella Scuola, si mormora che abbia voti eccezionali e che sia destinato a ricoprire importanti cariche ufficiali, una volta diplomato. Per cui non agitarti, Rosie sa prendersi cura di se stessa, e lui si presenta come un ragazzo affidabile e-»
«LA MIA BAMBINA. CON UNO. DI DURMSTRANG?!»
Ron era completamente rosso in viso, e fissava Hermione quasi fosse stata colpa sua.
«Non può essere, è una maledizione. Sono i tuoi geni, te lo dico io Hermione, li attirano come falene sul fuoco. Oh Merlino, e ora? E se provasse ad allungare le mani?»
«Ron, concentrati! Ti ho appena detto che è estremamente intelligente e garbato e-» sbuffò basita la donna, prima di venire interrotta nuovamente.
«Appunto! Se fosse davvero così intelligente come dici, non ci penserebbe due volte ad interessarsi a Rosie! Ed è un maschio Herm, un maschio adolescente. Credimi, per quanto colto tu possa dipingerlo, so bene io che cosa vorrebbe accarezzare, e non sono certo le pagine di qualche tomo antico!»
Hermione si arrese all’evidente gelosia che non sarebbe mai scomparsa del tutto.
Finì il proprio stufato, osservando Ron ipotizzare scenari apocalittici di gravidanze inattese, trasferimenti permamenti in Bulgaria o – ancora peggio – nipotini che tifavano la Nazionale Bulgara invece che quella inglese.
E mentre si apprestava a lavare i piatti della cena però, la strega si lasciò andare ad un sorriso vero, di quelli che scaldano il cuore fino a farlo sciogliere.
Era lì, il suo presente era lì.
Ma c’era anche il passato in cui aveva sognato un giorno di parlare con Ron dei loro figli, in cui aveva sognato l’amore di padre che egli non sapeva ancora di possedere.
E c’era il futuro, che iniziava a rischiararsi e a farsi concreto sotto i suoi occhi stanchi, dopo la crisi appena avvenuta.
Ed erano loro, coi capelli grigi, a bisticciare come al solito, tra un sorso di Burrobirra e un bacio rubato mentre raccoglievano i pezzi dell’ennesima vittima della cucina maldestra di lui.
 
Hermione si lasciò andare ad un sorriso per cui sentiva di aver combattuto a lungo.
E che forse pensava finalmente di aver vinto.
 
 
***
 

 
 
Astoria Greengrass in Malfoy entrò a Malfoy Manor, lasciandosi andare ad un sospiro profondo. La giornata in ufficio era stata infinita, con un problema dietro l’altro e la parvenza di continuare incessantemente. Astoria aveva sempre amato lavorare, a discapito delle malelingue da ragazzina viziata Purosangue che l’avevano seguita all’inizio della sua carriera.
Eppure, quelle stesse voci erano state fatte tacere per sempre dalla carica e dall’incredibile qualità di lavoro che riusciva a fornire ad ogni incarico a lei assegnato.
Era sempre impeccabile, nell’aspetto come nelle maniere, ma soprattutto era sempre dieci passi di fronte a tutti gli altri.
Sapeva come agire per il meglio, sapeva come far andare tutto liscio anche nelle crisi più nere, ed era grazie a questo che era riuscita a raggiungere la vetta del Ministero di Controllo sull’Applicazione della Magia in tempi record, all’alba dei ventitré anni. Persino una volta rimasta incinta di Scorpius non si era presa più tempo di quanto non l’avesse costretta a prendersi Draco.
Il marito aveva dovuto esercitare ogni possibile autorità come Primago del San Mungo, marito e futuro padre per strapparle riposo assoluto dal lavoro per gli ultimi due mesi di gravidanza.
Astoria si sfilò le scarpe col tacco dieci, lasciandosi andare al secondo sospiro di sollievo, e stiracchio le gambe con gioia.
Elias apparve con un pop, lasciando alla sua padrona il solito sorriso sdentato ma genuinamente felice.
«Buonasera signora, sono felice di vederla a casa. Vuole che dica di iniziare a preparare la cena, o preferisce farsi prima un bagno caldo?»
Astoria porse le costose scarpe all’elfo domestico, sorridendogli di rimando.
Una delle tante cose in cui Draco e Astoria erano riusciti a cambiare in quella casa era di sicuro il modo in cui venivano trattati i servitori. Avevano solo due elfi domestici, Elias e Gertrude, e mentre il primo si occupava di pulire la casa e gestirla, la seconda cucinava loro manicaretti deliziosi.
Draco però aveva proposto ad entrambi una paga fissa come qualsiasi altro collaboratore umano, cosa che avrebbe sicuramente stupito Hermione; nonché una pensione dignitosa qualora si fossero sentiti di ritirarsi.
Ma entrambe le creature magiche si erano quasi offese anche al solo pensiero, e l’aria amorevole sebbene nobile che aleggiava nel nuovo Malfoy Manor sotto il comando di Draco e Astoria avevano reso il loro lavoro quasi un piacere.
Erano con loro dal matrimonio, avevano visto ogni momento, brutto o bello, e soprattutto amavano Scorpius come se fosse il loro migliore amico, più che il loro padroncino.
«Grazie mille Elias, Draco è già rientrato?»
L’elfo annuì, informandola che suo marito si era ritirato in camera poco prima del suo arrivo.
«Vuole che le prepari il bagno signora?»
«No, grazie Elias, ci penserò da me. Ah, ho lasciato sulla scrivania nello studio dell’ala est due scatole di biscotti di cioccovaniglia. Le ho prese ieri sera a Diagon Alley, sono per te e Gertrude, per favore, fagliele avere e poi dimmi se vi sono piaciuti.»
Astoria continuò a sorridere mentre saliva la lunga scalinata di marmo bianco verso la sua camera da letto, le orecchie ancora piene degli echi dei ringraziamenti commossi di Elias.
«Amore?»
Draco era sdraiato sul letto, e sentendo la voce della donna alzò lo sguardo dalla pergamena che aveva fra le mani.
«Hey, mi stavo preoccupando. Di solito sono io quello che torna tardi, sono quasi le nove!»
Astoria si lasciò cadere sull’enorme baldacchino, e le braccia di lui la raccolsero subito, stringendola a sé.
«Sono esausta, oggi non ho avuto un attimo di respiro. Cinque minorenni hanno ferito gravemente dei babbani per una scommessa, quindi genitori sconvolti, Auror a non finire e ovviamente è ancora da decidere se siano o meno puibili con la distruzione della bacchetta.»
«Minorenni? Ma non dovrebbero essere a Hogwarts?» domandò Draco confuso.
«Ah, non te l’ho detto? Sono spagnoli. Figurati, così ci troviamo pure la diplomazia di mezzo. Uffa, voglio addormentarmi e non svegliarmi mai più.»
Astoria mise completamente la testa sotto il cuscino del marito, che intanto ridacchiava tra sé e sé, pensando a come la compostissima Astoria Greengrass che tutti conoscevano si trasformasse in un’adolescente un po’ troppo cresciuta, tra le sue braccia.
E quanto lui la amasse anche per questo.
«Beh, questo non te lo potrei proprio permettere, anche perché senza di te questo posto cadrebbe a pezzi; ma se vuoi ho un’altra proposta da farti.»
Astoria sgusciò fuori dal suo rifugio, e guardò Draco esibire un’espressione misteriosa sul volto sempre affascinante.
Indossava dei jeans più informali e una maglietta a maniche corte grigia come i suoi occhi.
Le stava accarezzando con dolcezza la coscia fasciata dal vestito nero che aveva ancora indosso, e lo conosceva abbastanza bene da sospettare ci fosse qualcosa di davvero interessante, sotto a quell’alone di ignoto.
Incurvò un sopracciglio, stando al gioco, e cominciò a giocare coi capelli biondi del marito.
«Sarebbe?»
Draco afferrò la pergamena che stava leggendo prima dell’arrivo della moglie, e gliela porse, aspettando con ansia il suo responso.
Gli occhi attenti di Astoria lessero con attenzione la missiva, e la bocca le si schiuse in una ‘O’ perfetta, una volta compreso il messaggio.
«Vogliono che andiamo al Ballo del Ceppo di stasera per il brindisi finale?»
Draco annuì, divertito.
«A quanto pare è una cosa dell’ultimo minuto, ma in quanto parte dello Staff come responsabile medico per le Prove ci tengono che ci sia. Credo abbiano invitato anche Potter, come Capo Auror, e forse anche la Granger, in quanto Capo Ufficio del Ministero per il Controllo delle Creature Magiche. Allora? Che ne pensi? Dovremmo andare lì verso mezzanotte circa, potremmo fare un giro, berci un bicchiere di vino elfico e...»
«E Scorpius?»
Draco rimase interdetto dalla domanda di Astoria, e la guardò senza comprendere.
«Che c’entra Scorp?»
Astoria sbuffò, come al solito allibita dalla straordinaria ingenuità che gli uomini sapevano dimostrare, di tanto in tanto.
«Credi sul serio che nostro figlio diciassettenne, nonché Campione Tremaghi di Hogwarts, farebbe i salti di gioia nel vederci al Ballo del Ceppo? Noi abbiamo avuto la nostra occasione, forse sarebbe meglio lasciarlo vivere la sua senza imbarazzarlo.»
Draco si ritrasse offeso, forse un po’ deluso dalla reazione della moglie, che al contrario era sicuro sarebbe stata entusiasta quanto la sua.
«Noi non siamo imbarazzanti. Semmai potrebbe essere il caso dei figli Potter e Weasley, non ne dubito, ma io e te sappiamo comportarci in società, e sono sicuro che anche Scorpius non avrebbe nulla da ridire. Lo saluteremo appena, nemmeno si accorgerà della nostra presenza.»
 
 
L’orologio di Malfoy Manor battè le dieci, ed Elias e Gertrude si guardarono confusi.
I padroni non erano ancora scesi per la cena, la zuppa di porcini continuava a sobbollire in sottofondo, e per la prima volta da tempo, nessuno dei due se la sentiva di intromettersi in una conversazione.
Anche perché avevano appena sentito il padron Malfoy urlare qualcosa di molto poco chiaro.
 
«Non è vero che sarei iper protettivo, ma se permetti preferirei non diventare nonno prima del tempo!»
 
E soprattutto, nessuno dei due poteva immaginare che in altre due abitazioni, nello stesso istante, stessero avendo luogo conversazioni molto simili.
 
 
«Harry, noi non andremo al Ballo per controllare Lily e Al.»
«Un padre non può nemmeno voler vedere la figlia con quel meraviglioso vestito, Ginny?»
 
«Ron. No. Scordatelo.»
«Ma SE QUEL BULGARO-»
«Non se ne parla!»
«Potrei solo conoscerlo-»
«No!»
«-stringergli la mano-»
«Ron...!»
«-E spezzargliela in due
«RONALD WEASLEY!»
 
 
In effetti, quella zuppa di porcini avrebbe aspettato ancora per un po’: all’improvviso, la serata aveva ricevuto una svolta completamente nuova.
E mai Ballo del Ceppo si avvicinò con preamboli meno invitanti di quelli.
 
 
***
 
 
«VOGLIO ANDARCI ANCHE IO.»
«James, piantala.»
«MA NON E’ GIUSTO.»
«James.»
«Io sono DIECIMILA volte più carismatico di Al...»
«James.»
«...più atletico...»
«James basta.»
«...divertente...»
«Secondo voi mi assolverebbero se lo uccidessi in questo istante?»
«...e infinitamente più sexy in smoking
CRUSH.
 
Il silenzio piombò nella sala, mentre Dominique sbuffò verso la ciotola dell’insalata che giaceva ora a terra, completamente in frantumi.
«Sai, Jamie...» iniziò la bionda, con un tono fintamente dolce ma pregno di vetriolo «...dovresti considerare l’idea che in realtà sia stata una scelta cosciente quella di non farti partecipare al Ballo del Ceppo. Dopotutto, avresti rischiato di riempire tutta la stanza solo col tuo ego.»
Victoire mascherò la risata assaggiando una fetta di torta salata, mentre Teddy non fu altrettanto cortese, e si limitò a scoppiare a ridere con la sua inconfondibile risata simile ad un latrato, in faccia a quello che da sempre era stato per lui un fratello minore.
James, d’altro canto, aprì la bocca in un muto segno di sorpresa, salvo poi offendersi qualche secondo dopo, guardando Dominique mentre, con un fluido gesto di bacchetta, riportava alla vita la ciotola appena rotta e serviva l’insalata che stava preparando.
Victoire e Teddy erano tornati dalle Seychelles, dopo una vacanza da sogni e pieni di regali per tutti.
Avevano invitato Dominique e James a cena per raccontar loro come fosse andata la luna di miele, e dare loro i pensierini: un pareo stupendo con piccole conchiglie bianche intrecciate sullo scollo per Dominique, e una scatola di preziosi sigari cubani presi da un negozio molto ricercato, nell’isola di Mahe.
I neo-sposini ci tenevano inoltre a ringraziarli per aver badato ad Horus, la piccola palla di pelo che stava ronfando in grembo a Victoire, in quel preciso istante.
«Sei scorretta Dominique, lo sai che non è vero. Sei solo gelosa perché non avresti avuto il piacere di assistere alle prodezze del miglior Campione Tremaghi mai esistito sulla faccia della Terra!»
Dominique aprì la bocca per ribattere, ma l’immagine di James in smoking al Ballo del Ceppo le annebbiò la mente.
Era vero. Se fosse davvero accaduto, non solo non avrebbe avuto la possibilità di vederlo, di stargli accanto e di supportarlo, ma soprattutto non avrebbe mai potuto essere la sua dama per il Ballo.
Così come non avrebbe mai potuto esserlo nella vita.
E come pochi immaginarono possibile, James esercitò quella straordinaria empatia che di solito nascondeva abilmente sotto un velo di autostima esagerata e spavalderia.
Bastò uno sguardo alla donna che amava per capire che corso avessero preso i suoi pensieri, e non poté fare altro che cambiare discorso, aspettando di essere soli per darle così tanti baci che nemmeno cento Balli del Ceppo avrebbero mai visto.
«Comunque sia Teddy, immagino sarai felice come una Pasqua di tornare al lavoro domani. Ho visto la tua scrivania, e credimi, papà non ti ha risparmiato nulla. Ti hanno perfino fatto tornare dalla luna di miele con una settimana d’anticipo!»
L’ex Tassorosso sbuffò, tagliando il filetto di salmone che aveva nel piatto con più vigore del necessario.
«Guarda, non me ne parlare. Ho lasciato il numero del bungalow per le emergenze, e mi sono arrivati gufi persino in luna di miele.»
«Beh, io ne sarei felice. Vuol dire che sei un elemento insostituibile della squadra, e so per certo che zio Harry si è infuriato quando ha saputo che ti hanno disturbato.» esclamò Victoire, facendo riferimento ad una lettera di scuse che Harry stesso le aveva mandato quella mattina.
«In ogni caso, tu di certo non sentirai la mancanza delle Seychelles, vero Vic? Non parti domani per Parigi?» la punzecchiò Dominique, dopo essersi finalmente scacciata dalla mente i pensieri che la tormentavano.
Almeno per qualche ora.
Victoire roteò gli occhi al cielo, sbuffando vigorosamente.
«Per favore, preferirei farmi cinque giorni in miniera che andare a sfilare a quell’evento. Saranno tutti impazziti, e Juan già sta dando i numeri perché sono ingrassata di un chilo. Un chilo, ti rendi conto? Se fosse a conoscenza della quantità industriale di cibo che ha prepaparato la nonna per il matrimonio, si complimenterebbe per non essere una palla delle dimensioni della Torre Eiffel.»
Tutti e tre si misero a ridere, e anche Victoire si unì a loro.
«E se in realtà questo Juan non vedesse l’ora di rimanere solo con la nostra Vic? Sai cosa dicono, no? Le neo-sposine hanno sempre un’aura molto seducente.» disse James mellifluo, col velato scopo di stuzzicare Teddy e vendicarsi per prima.
L’uomo lo guardò indispettito, ma James notò una piccola ruga formarsi sopra il sopracciglio destro.
«Oggi sei particolarmente simpatico, Jamie.» rispose sorridendo mestamente, e il ragazzo gli assestò una pacca sulla spalla.
«Oh dai, non te la prendere! In fondo, è quello che hai firmato scegliendo di legarti per sempre a Vic: una vita di gelosia, sempre nel terrore che qualche modello alto un metro e novanta te la porti via.»
Victoire si alzò e gli tirò giocosamente l’orecchio, facendolo bestemmiare contro le sottovesti di Morgana e generando un’altra risata nella stanza.
«Piantala Jamie, non sei spiritoso. Nessuno potrà mai portarmi via da Teddy, e tu dovresti saperlo bene. Guarda come siete carini tu e Jade! Voglio proprio vedere come reagiresti se a fare queste allusioni fossi io nei suoi confronti.»
Victoire non capì mai perché la risata di Dominique le si congelò in volto, e rimase a scambiarsi sguardi interdetti col marito, quando anche James abbandonò l’aria festaiola e le rispose solo con un sorriso appena accennato.
«Va tutto bene con Jade? Vi...vi siete mollati?» domandò incerto Teddy qualche minuto di silenzio più tardi, e la voce dell’ex Grifondoro quando rispose si confuse tra il rumore della forchetta di Dominique, intenta a mangiare più insalata possibile.
Intenta a fare più rumore possibile, sbattendo la forchetta contro la ciotola di ceramica, nel vano tentativo di nascondere alle sue orecchie le parole successive.
«No, no. Tutto benissimo.» rispose James, cercando di caricare la voce con una felicità che fosse abbastanza genuina dal sembrare vera.
«Beh, direi anche più che bene, no? Zia Ginny mi ha detto che Jade ti ha chiesto di convivere!»
 
CRUSH.
 
Dopo l’affermazione di Victoire, per la seconda volta nel corso di quella serata, qualcosa andò in frantumi.
Anzi, due cose.
Un bicchiere di vino capitato tra le mani della bionda sbagliata...e il cuore di Dominique.
 

 
***

 
Selene Travers si rimirò allo specchio, incredula. Quel vestito bianco le era stato inviato da Astoria, forse ignara della lite con Scorpius, o addirittura proprio per quello. Da quando aveva memoria, Astoria era stata per lei una sorella maggiore, e si era presa cura di lei e di Ethan quasi come aveva fatto con Scorpius. La donna aveva provveduto a farle recapitare l’abito con un semplice biglietto, che recitava “L’ho visto e non ho saputo resistere. Ethan rimarrà senza fiato. Buona serata Selene, A.”
Era un abito lungo e bianco,dal taglio così semplice dal sorprendere, vedendo come riuscisse comunque ad esaltare ogni centimetro del suo corpo. Unico dettaglio era la parte superiore con ricami intricati, e inserti di brillanti inseriti nel vestito, ma così minuscoli dal sembrare invisibili. Si vedevano senza essere visti.
Era davvero l’abito per lei, e quasi si commosse pensando a come Astoria la conoscesse bene.
Quasi si commosse pensando a come sarebbe stata vuota la sua vita senza Scorpius.
Le mancava ad ogni respiro, e si era data mille volte dell’idiota per tutti gli anni in cui aveva dato per scontato l’importanza che ricopriva. Scorpius non era mai stato solo un amico: Scorpius era suo fratello.
Si erano fatti forza in ogni momento, l’aveva sorretto dopo la crisi con Zoe, e lui aveva raccolto tacitamente i pezzi in cui Ethan le aveva spezzato il cuore, nel corso degli anni.
Ethan.
Sentiva che non avrebbe mai potuto amarlo di più, ma si sbagliava.
Ogni giorno in cui le stava accanto le dimostrava quanto fosse fortunata, perché Ethan soffriva come lei, forse più di lei.
Lei che in fondo una famiglia che l’amava l’aveva sempre avuta, e lui che sapeva di aver perso la sua, perdendo Scorpius.
Il biondo non aveva ancora rivolto parola a nessuno, sembrava passare tutto il suo tempo da solo, o con quella Angelique.
E nonostante le voci viziose che si diffondevano a macchia d’olio, Selene sapeva che il cuore di Scorpius batteva per Lily.
E continuava a domandarsi incessantemente quando anche lui l’avrebbe capito, quando avrebbe finalmente lasciato andare quella parte irrequieta di sé, quella parte ancora intossicata dalla presenza di Zoe.
La Corvonero non aveva provato ad avere contatti né con Scorpius, né con Ethan, per quanto fosse a conoscenza, ma ciò non l’aveva sorpresa.
Zoe era furba, troppo per sottovalutare i suoi bersagli. Sapeva che un avvicinamento con Ethan non sarebbe mai stato possibile nei modi tradizionali, così come sapeva che Scorpius era logorato dalla sua presenza senza che dovesse alzare un dito.
Zoe sapeva, e Selene sentiva di non averla mai odiata tanto. Perché erano state migliore amiche, un tempo. Perché era stata la sorella che non aveva mai avuto, erano loro quattro contro il mondo, e nessuno li avrebbe mai divisi.
Solo che i sogni dei bambini vengono frantumati velocemente, e prima di poter sbattere le ciglia per controllare che non fosse un incubo, lei se n’era andata.
E Selene si era ritrovata sola, con Scorpius devastato dalla fine di un amore più forte di quanto credesse, ed Ethan completamente distrutto dalle macerie della sua vita, che stava cadendo a pezzi di fronte ai suoi occhi.
 
«Sele
 
La Serpeverde si voltò, sorpresa di vederlo lì.
Ethan la stava divorando con gli occhi, perdendosi in ogni centimetro di quell’abito, della sua pelle, dei suoi capelli, della sua anima.
Non disse altro, non fu necessario.
Selene sorrise con le labbra tinte di un rosso scuro, si sistemò i lunghi capelli color dell’ebano sulle spalle scoperte e lo prese per mano.
 
«Andiamo, Eth. È tardi, e non voglio perdermi questa festa per nulla al mondo.»
 

 
***
 
 

(Ps: ignorate gli occhi azzurri, ma questa gif era troppo bella per non metterla) 

«Sei pronta?»
Sophie sbucò dalla porta, rimanendo senza fiato.
Lily era di una bellezza travolgente, e la Corvonero, imbucatasi nel Dormitorio Grifondoro per l’occasione, si lasciò andare ad un sospiro estasiato.
Il vestito che le era stato spedito quel pomeriggio da Ginny superava ogni previsione, fasciandole il corpo giovane e mettendo in risalto le piccole curve che stavano iniziando a sbucare come i primi fiori di primavera.
Fuori il vento batteva e fischiava contro le finestre, mentre la rossa finiva di sistemarsi i capelli in uno chignon morbido, lasciando solo due ciocche ai lati del viso lentigginoso.
Aveva le labbra coperte con del rossetto rosa quasi nude, e gli occhi contornati da un leggero mascara.
Era praticamente senza trucco, eppure Sophie giurò di non averla mai vista più incanevole di così.
Lily si voltò verso la migliore amica, sorridendo appena.
La verità era che la Grifondoro aveva passato tutto il pomeriggio ad aspettare un messaggio che non era mai arrivato.
Chissà perché la sua mente aveva deciso di torturarla con immagini di uno Scorpius pentito, pronto a farsi avanti e prendere quel posto che entrambi si erano illusi fosse sempre stato suo.
Ma Scorpius non le aveva più parlato da quella volta nella redazione, più di una settimana prima.
Le voci dell’invito di Scorpius ad Angelique, fatto nel cuore della notte, com’era prevedibile avevano avvolto il Castello nella solita ondata di gossip invadente.
C’era chi suggeriva un amore appena nato, chi una travolgente passione. Alcuni si erano perfino lanciati nelle più assurde ipotesi di gravidanze prossime e futuri figli dalla bellezza impossibile.
E senza rendersene conto, perfino Lily si era persa nel fantasticare su piccoli dagli occhi di ghiaccio e i capelli biondi, avvenenti come i genitori.
Ma Scorpius gliel’aveva detto, aveva detto che lui e Angelique erano solo amici, aveva tenuto a farglielo sapere, perché...perché...
Quel perché le toglieva il sonno, e di comune accordo con Emmett avevano deciso di rivelare la loro partecipazione come coppia solo ai rispettivi migliori amici.
Non volevano finire sulla bocca di tutti, e Lily non avrebbe sopportato l’attenzione scomoda di chicchessia, in quel momento.
Così solo Sophie e Dimitri ne erano venuti a conoscenza, e sapevano che entrambi avrebbero mantenuto il loro riserbo.
«Lils? Stai bene?»
Lily si voltò e incrociò gli occhi nocciola con quelli verdi della Corvonero.
Sophie sapeva come al solito leggerle dentro e provocarle dei brividi lungo la schiena, ma la Grifondoro aveva deciso che quella sera non le avrebbe fornito motivi di preoccupazione.
Si sarebbe goduta la festa, avrebbe ballato, mangiato e bevuto in compagnia dei suoi amici.
Non avrebbe permesso a Scorpius, Angelique, Zoe o nessun altro di rovinarle quell’evento.
 
«Così, ti sei arresa?»
 
D’improvviso la voce di Ethan le invase la mente, ma Lily la scacciò prontamente.
L’aveva aspettata quel pomeriggio all’imboccatura del ritratto per la Sala Comune dei Grifondoro, col suo solito fascino che incantava chiunque passasse, ma gli occhi forse più tristi dei suoi.
E per la prima volta Lily ebbe quasi l’impulso di abbracciarlo, di fargli sentire che non era solo in quella sofferenza, che Scorpius mancava da morire anche a lei, lei che non l’aveva mai avuto per davvero.
Eppure, quella frase glielo impedì, pungendo l’unica cosa che ancora le permetteva di camminare a testa alta: l’orgoglio.
Aveva fatto quei pochi passi che la separavano dal ritratto della Dama Grassa in silenzio, senza degnarlo di uno sguardo.
E poi, poco prima di pronunciare la parola d’ordine ed entrare, gli aveva rivolto una manciata di parole, che però sembrarono graffiarle la gola come un Ungaro Spinato.
 
«Non mi sono arresa. È solo che mi sembra di essere sempre stata l’unica a lottare per davvero.»
 
Non sapeva cos’avrebbe risposto Ethan, o come l’aveva guardata: non aveva avuto il coraggio di scoprirlo. Si era fiondata nella Sala Comune senza voltarsi indietro, ma qualcosa le diceva che nemmeno il grande Ethan Flint avesse più molto altro da dire.
 
Grifondoro era la culla dei coraggiosi di cuore, così si diceva. Eppure, a lei ormai sembrava che fosse la culla di quelli che il cuore lo davano via fin troppo facilmente.
 
«Anche tu sei bellissima Soph. Questo vestito ti sta un’amore!» si complimentò la rossa, ammirando come l’abito nero come la notte accarezzava la pelle chiara della migliore amica. Era aderente sui fianchi, e aveva una scollatura non troppo esagerata ma incredibilmente seducente su di lei. Sophie si era lisciata i capelli per l’occasione, che ora le ricadevano morbidi e lucenti sulle spalle.
«Andiamo-» disse subito dopo Lily, prendendo la piccola pochette argentata magicamente incantata per avere il doppio dello spazio (si ringrazi Rose Weasley e la sua bravura negli incantesimi di camuffamento);  in cui aveva messo mascara, un cardigan leggero in caso avesse avuto freddo e un pacchetto di fazzoletti.
«-non voglio perdermi un momento, e poi sono quasi le nove, Emmett e Albus ci staranno aspettando!» concluse la rossa, caricando ogni parola con più entusiasmo possibile.
E alla fine era davvero entusiasta. Sentiva che quella serata le avrebbe ridato la vita che le era scivolata tra le mani nelle settimane precedenti.
Qualche parte di sé sapeva che sarebbe stata indimenticabile.
 
E non aveva idea di quanto avesse ragione. Dopotutto, perfino ad anni di distanza, alcune delle parole che sarebbero state sussurrate o urlate nei corridoi di Hogwarts, quella notte, parevano riprendere vita.
 
 
«Io ti amo, come non ho mai amato nessuno.»
 
«Stammi lontano!»
 
«Perdonami, se puoi.»
 
«Quindi è finita?»

«Forse non è nemmeno cominciata.»
 
«Come hai potuto mentirmi per tutti questi anni? Mi fai schifo.»
 
«Pensi davvero che potrei mai dimenticarlo?!»
 
«Non è stata solo colpa mia.»
 
 
«Potrei renderti felice...dammi la possibilità di renderti felice.»
 


Angolo Autrice:

Non so se ci sia ancora qualcuno all'ascolto. Pensavo sinceramente che non avrei mai continuato questa FF, ma in questi giorni ho avuto un attacco di nostalgia da mozzare il fiato, e mi mancavano tutti i personaggi, e Hogwarts e boh, avevo bisogno di tornare a casa. Avrei davvero voluto scrivere a luglio, ma sono successe un'infinità di cose, ho perso persone che consideravo migliori amici e ho guadagnato un'altra persona davvero speciale, poi ho iniziato l'università e ho avuto la mia prima sessione d'esami, quindi vi lascio immaginare. Direi che da luglio a febbraio è stata una montagna russa di avvenimenti enormi, ma eccoci qui. 
Non mi perdo in chiacchiere, spero di scrivere ancora presto, ma sappiate che se non fosse così, non sarebbe solo per causa mia. Aspetto l'ispirazione, perché ci tengo troppo a questa FF per buttarla nel cesso con capitoli vuoti, e purtroppo la vita riserva delle sorprese e dei periodi pienissimi, quindi sappiate che anche se non carico, vi penso sempre.
E vi ringrazio infinitamente, davvero.
Sappiatemi dire cosa pensate di questo capitolo, aspetto con ansia le vostre recensioni.
Vi mando un bacio enorme, e vi lascio un reminder di quanto sia bella Hogwarts, perché in fondo un ricordo di casa non è mai di troppo.
Alla prossima,

SilverKiria
 
 
 

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***





CAPITOLO 21


Scorpius guardò affascinato fuori dalla finestra, rimirando la luna piena. Il pensiero di andare a chiedere perdono a Lily l’aveva pugnalato continuamente, nel corso della giornata. Sapeva che dal loro ultimo incontro le cose si fossero complicate ancora di più, e il pensiero di non aver chiarito ancora i suoi sentimenti lo rendeva nervoso.
Straordinariamente però, aveva scoperto nella persona che stava aspettando in quel momento un aiuto fondamentale.
Ethan e Selene erano ancora lontani dalla sua vita, così come il suo orgoglio gli imponeva. La ferita del loro silenzio rispetto al ritorno di Zoe pulsava ancora sottopelle, un tamburo dal ritmo sfrenato.
Non riusciva a fare a meno di sentirsi mortalmente ferito, e per un secondo si perse con amarezza nel ricordo di quel Primo Settembre, che gli sembrava così assurdamente lontano.
Anni luce di distanza da quel momento c’era uno Scorpius convinto di poche cose nella vita: l’affetto e l’amicizia indissolubile che lo legavano ad Ethan e Selene, la famiglia che aveva scelto, e la certezza che mai e poi mai, nemmeno in un triliardo di anni, sarebbe stato non solo impossibile avvicinarsi a Lily Luna Potter, ma addirittura ferirla.
Si morse il labbro per la rabbia, avvertendo il sapore ferroso del sangue scivolargli in bocca, al pensiero che invece tutto ciò si era avverato...che lui era riuscito e stava continuando a ferire Lily.
La sentiva sempre più lontana, come se fosse su un treno e Scorpius la guardasse correre via da lui, incapace di muoversi, di raggiungerla, di fare qualsiasi cosa.
 
La vedeva su un treno che lui non aveva avuto il coraggio di prendere, e si cominciava a domandare se forse, dopotutto, lei non sarebbe stata meglio senza di lui.
Lily si meritava qualcuno che l’amasse incondizionatamente, senza dubbi e perplessità, e negli ultimi tempi invece il suo cuore si era rigirato vorticosamente nel petto, continuando a vacillare tra un passato con Zoe e un futuro con Lily.
Sapeva che la Grifondoro non l’avrebbe aspettato in eterno, ed al pensiero di vederla stretta a Krum tutta la sera, la mascella gli si contrasse per la rabbia.
 
«Non puoi chiedermi di aspettarti, così come io non posso pretendere che tu mi dia una spiegazione. Quindi credo rimarremo in questo vicolo cieco, fino a quando non vorrai ripartire. Fino a quando non capirai se sono io, quella con cui vuoi andare avanti.»
 
Aveva ragione, maledettamente ragione. Lui non aveva il diritto di pretendere nulla, perché in fondo non era nulla.
Avevano condiviso un momento speciale, in quella piccola radura nel bosco, ma niente di più.
E se non fossero fatti per stare assieme? Se lui non fosse stato abbastanza per lei?
Stava dimostrando da tempo quanto fosse lei, e non lui, quello con la grinta.
 
Scorpius si sentiva perso come non mai in vita sua, in bilico tra decisioni che gli stringevano il petto, e ringraziò il cielo per la voce che udì in quel momento, che lo restituì alla realtà.
«Bonsoir Scorpious.»
 
Il ragazzo non poté fare a meno che sorridere, vedendo quanto bella fosse Angelique quella sera.
Sapeva che le malelingue li avrebbero attorniati, ma non gli importava. Da quando Selene ed Ethan erano spariti dalla sua vita, pensò con dolore, Angelique si era dimostrata un’amica ideale, capace di comprenderlo e di dargli quella distrazione che gli eventi degli ultimi tempi non gli avevano concesso.
Angelique scese gli scalini della Torre di Astronomia, attorniata da un’aura di dolcezza. Indossava un vestito color perla, sottile come un respiro, e uno scialle dello stesso colore che faceva scorrere da gomito a gomito. I capelli erano lasciati ricadere morbidi e soffici sulle spalle, adornati solo da un cerchietto di pietre preziose e piccole perle incastonate al centro.
 
«Sei bellissima, Angie.»
Angelique lo colpì giocosamente con lo scialle, in risposta al soprannome che aveva iniziato a darle solo per infastidirla.
«E tu sei tremendo!» rise la ragazza, accettando il braccio che Scorpius le porse, ancora ridendo.
«Sei pronta per vivere una notte inglese indimenticabile?» le domandò poi il Serpeverde, mentre si dirigevano verso la Sala Grande.
Lei annuì sorridendo, guardando curiosa in direzione degli sparuti studenti che correvano di qua e di là del Castello, chi elettrizzato e chi emozionato, qualcuno addirittura apparentemente terrorizzato, aspettando l’ora giusta per potersi piazzare di fronte al Dormitorio della propria dama.
 
Scorpious e Angelique, in quanto Campioni Tremaghi, erano stati invitati a raggiungere gli altri Campioni e i Presidi venti minuti prima dell’inizio della Cerimonia, per poter organizzare l’entrata solenne che spettava loro.
 
Quando entrarono nello studio della Preside, che aveva voluto tenere il suo e lasciare intatto e celato al mondo quello di Silente, Scorpious si guardò attorno con lo stomaco in sobbuglio, ma scoprì con sollievo che Lily non era ancora arrivata.
 
Al suo posto c’erano Albus Potter, vestito di tutto punto con uno smocking blu notte, impegnato a conversare con la fidanzata, anche lei avvenente per la serata. Antoine, Scorpious trattenne un conato di vomito e rabbia, l’immagine di Selene terrorizzata ancora di fronte agli occhi, civettava con la Rosings di Serpeverde, sedutagli accanto. Scorpious rivalutò la sedicente scaltrezza vantata dalla propria Casa, considerando con che sguardo stucchevole la Serpeverde stesse ascoltando i vaneggiamenti del francese. Sorprendendolo non poco però, scoprì come Patricia Selwin, Tassorosso del Sesto Anno, stesse avendo una fitta conversazione con Stefan, e il Serpeverde si fece l’appunto mentale di non sottovalutare più la Casa di Tosca. Mancavano ufficialmente solo Lily ed Emmett; Scorpious immaginò che stessero per arrivare, e iniziò a provare una sensazione simile a quella subito antecedente all’inizio dei suoi G.U.F.O. Troppo sovrappensiero però, non si accorse dello sguardo criptico che gli riservò Sophie, quando Angelique andò a salutare la propria Preside, e a quel punto la McGranitt prese la parola.
 
«Bene, vi ringrazio per esservi riuniti con così tanta puntualità. Sono certa che il Campione mancante stia per arrivare, per cui direi che siamo quasi pronti per-»
«Scusi il ritardo professoressa!»
Eccola.
 
Scorpious si voltò con lentezza, il cuore che gli batteva a mille nel petto, e rimase senza fiato.
Non aveva mai visto Lily così bella.
 
E non l’aveva mai vista così lontana da sé, come quando Emmett la prese per mano.
 
 
***
 
 
 

Ron ed Harry entrarono nella Sala Grande, rimirando quanto fosse stata decorata con minuzia. Enormi fiocchi di neve pendevano dal soffitto, in quel momento coperto da soffici nuvole che facevano scendere della neve magicamente incantata per sciogliersi senza lasciare traccia, una volta venuta in contatto con qualsiasi superficie.
«Wow, non me lo ricordavo così bello.» mormorò Harry all’amico, che annuì sorridendo.
Si voltarono verso le mogli, giusto in tempo per ricevere le occhiate serie e truci che li avevano perseguitati per tutta la sera.
Alla fine Ginny ed Hermione erano state convinte non solo a partecipare, ma persino ad accettare l’invito più informale fatto dalla Preside in una seconda missiva, per permettere loro di arrivare prima del brindisi finale, di modo da vedere i propri figli e nipoti all’inizio della festa.
«Oh andiamo, se dovete farci queste facce lunghe per tutta la sera, sarà meglio rimediare da bere.» commentò Ron sarcastico, e proprio in quel momento un vassoio carico di quattro calici di champagne apparve sul tavolo più vicino a lui.
I tavoli enormi delle Case erano infatti stati sostiuiti con piccoli tavoli rotondi, all’incirca un centinaio, e il tema che faceva da padrone era sicuramente l’inverno.
Al centro di ogni tavolo vi era infatti un abete in miniatura, della grandezza di un libro, adornato con un velo di neve, che rilasciava un delicato aroma di bosco innevato.
Dietro il tavolo dei professori e ospiti, dove si sarebbero seduti anche loro, era stato allestito un enorme albero di Natale, con festoni d’argento e azzurri.
Ron porse un bicchiere alla moglie, dicendole ancora una volta quanto fosse incantevole, ed Hermione sospirò, lasciando andare l’arrabbiatura precedente e concendendosi un sorriso.
In fondo, pensò che dopo tutto ciò che era successo loro nelle settimane precedenti, una serata in cui avrebbe dovuto trattenere le ire da padre geloso di Ron non sarebbe stata la fine del mondo.
Lo baciò sulla guancia, ringraziandolo, mentre il vestito bianco come la neve che indossava le solleticava la pelle, i capelli raccolti in alto in uno chignon.
Harry fece lo stesso con Ginny, ma la reazione fu molto meno naturale degli altri due. La tensione continuava a ribollire sottopelle, e perfino un semplice complimento di Harry sembrò ricordare a Ginny le parole dure che le aveva scagliato contro, non molto tempo fa.
 
 «Avresti dovuto dare loro il tempo di decidere da soli come e quando incontrarsi! Dio mio Ginny, è possibile che tu sia ancora avventata e impulsiva come quando avevamo diciassette anni? Quando imparerai a riflettere prima di agire? Quando ti deciderai a crescere?!»
 
L’aveva guardata con qualcosa di molto simile all’astio, in quegli occhi verdi che per lei erano sempre stati pieni soltanto di amore.
A volte combattuto, a volte litigato, com’è giusto che sia, ma mai sparito, o accantonato.
Harry aveva dato voce a pensieri che Ginny non riusciva a fare a meno di risentire nella testa, e a dubbi che cominciarono a scorrerle nelle vene come pece fumante.
 
Credeva che l’amasse per l’impulsività. Credeva che si fosse innamorato di lei anche per la sua spontaneità, a volte esagerata forse, ma sempre a fin di bene. E lui questo l’aveva capito, l’aveva capito molto tempo addietro.
 
Eppure non l’aveva lasciata con un mesto “Lo credevo anch’io”, come se quei vent’anni d’amore fossero appena stati rimessi in discussione in un secondo.
Harry l’aveva lasciata senza parole, e Ginny ebbe paura di chiedersi cosa sarebbe successo, quando le avesse ritrovate.
 
«Hey! Sta arrivando gente, credo stia per iniziare!»
Ron li fece tornare entrambi alla realtà, ed Harry e Ginny finsero un sorriso carico di gioia, mentre i tarli di quella lite continuavano a scavargli dentro.
Ma non era il momento per loro, si dissero: quella sera apparteneva ai loro figli.
E sorrisero davvero quando, una decina di minuti più tardi, presero posto al tavolo degli ospiti, mentre Minerva McGranitt iniziò il suo discorso di benvenuto, e poco dopo la musica cominciò ad aleggiare nell’aria.
Gli studenti di tutte le case si fecero da parte: era ora dell’arrivo dei Campioni Tremaghi.
 
 
***
 
 


Sophie e Lily si guardarono emozionate, e Lily si sorprese dell’effetto calmante che le procurava la mano di Emmett, stretta nella sua.
La verità era che il ritardo che avevano fatto era dovuto proprio a Lily. La Grifondoro si era sentita sopraffatta dalle emozioni, lungo la strada verso lo studio della Preside, e si era stupita di quanta tempestiva empatia Emmett avesse saputo dimostrare.
 
«Potete andare avanti? Noi vi raggiungiamo.»
Albus aveva aperto la bocca per esprimere le sue vivaci dimostranze alla richiesta del bulgaro di lasciarlo solo con la sorellina quindicenne, come se già non fossero bastate quelle che si era dovuta sorbire Sophie, una volta visto con chi Lily avesse intenzione di andare al Ballo. Tuttavia Sophie riuscì ad essere più veloce del Grifondoro, gli prese la mano repentinamente e salutò di sfuggita i due, non lasciando spazio per i commenti del fidanzato.
«Scusa...è solo che...non mi immaginavo così la serata, ed è tutto un po’ troppo...»
Lily si era sentita annaspare, nel tentativo di cercare parole che non offendessero Emmett, perché la verità era che avrebbe voluto Scorpius al suo fianco, Scorpius ad attenderla emozionato al di fuori dei Dormitori, Scorpius con cui inaugurare il primo ballo della serata... Lily avrebbe voluto Scorpius, punto.
Ma lui non era lì, e la realtà sembrò averla colpita come un proiettile nel cuore, una volta uscita dai Dormitori e incontrato lo sguardo dolce di Emmett.
Gli occhi scuri del bulgaro erano belli, ma lei avrebbe sempre sognato di perdersi in quelli grigi carichi di temporale del Serpeverde.
Lily si aspettava qualche frase ad effetto, ma Emmett la stupì.
Senza chiederle il permesso, la attrasse a sé con le mani, chiudendola in un abbraccio da orso, delicato e fin troppo simile a quelli a cui l’aveva abituata James.
A cui l’aveva abituata Harry.
Lily si perse in quell’abbraccio, respirando il profumo di fresco che lo smocking nero di Emmett emanava, legato ad un tenue odore di bosco, e per un secondo le sembrò paradossalmente di essere tornata al sicuro, alla Tana.
Emmett non proferì parola, finché la Grifondoro non riemerse dalle sue braccia, con un sorriso in volto.
«Grazie.» disse Lily con un filo di voce, mentre Emmett le faceva un occhiolino, sussurrando soltanto:
 
«Andiamo, voglio rendere gelosi tutti in Sala Grande.»
 
Erano appena fuori la Sala Grande, le enormi porte chiuse per sugellare l’entrata scenica dei Campioni.
Appena dietro si poteva sentire la voce soffusa della Preside, probabilmente intenta nei suoi ringraziamenti di rito.
Il volto di Lily si aprì in un sorriso emozionato, immaginando con un po’ di timore tutti gli occhi che presto le si sarebbero puntati addosso.
Accarezzò senza riflettere il vestito blu notte che le aveva fatto Ginny, e le sembrò quasi di sentire il profumo della madre, che le donò nuovo coraggio.
Si voltò senza pensare, cercando di imprimere nella memoria ogni dettaglio possibile di quel momento unico, e mentre notava quanto tutti fossero estremamente affascinanti, si scontrò con quegli occhi che tanto le erano mancati.
Scorpius era ancora più affascinante di quanto potesse immaginare, nel suo completo nero opaco, di un’eleganza senza tempo che immaginò essere stato accuratamente scelto dalla madre.
Ma ciò che le fece venire la pelle d’oca fu l’intensità con cui Scorpius la stava guardando in volto, senza maschere, quasi senza pudore.
Lily si sentì arrossire, ma non riuscì a staccarsi da quello sguardo carico di emozioni non dette e rimpianti che invece sembravano urlare, fino a farle male alle orecchie.
All’improvviso entrambi si ridestarono, e colti da qualcosa di inspiegabile fecero un passo l’uno nella direzione dell’altra, quasi a volersi correre incontro, senza sapere però cosa fare e dopo.
E in fondo non sarebbe importato, non in quel momento, non mentre si guardavano come se fossero l’unica cosa al mondo. L’unica cosa importante al mondo.
Ma proprio in quel momento entrambi si sentirono trascinare via dallo spazio magico che avevano trovato, risucchiati dalla canzone che iniziò a suonare, facendosi spazio in mezzo alle porte ora aperte, e allo scroscio di applausi che li accolsero.
Lily ed Emmett preso posto dietro alla coppia di Stefan e Patricia, mentre Scorpius e Angelique chiusero la fila.
 
Il momento era volato via, ed entrambi ebbero l’impressione che fosse proprio come i fiocchi di neve che stavano cadendo leggiadri dal soffitto: unico.
 
Unico...ed irripetibile.
 
 
***
 
 
«Io sono esausto!»
Albus si lasciò cadere pesantemente con drammaticità sulla sedia, facendo ridere Erik e Lily. Era passata ormai un’ora dall’inizio della festa, ed il ritmo serrato delle canzoni più famose li aveva chiusi in una sequenza ininterrotta di balli scatenati.
Sophie sospirò di fronte alla solita vena teatrale del fidanzato, ma si lasciò andare pure lei ad un meritato riposo.
Accanto a Sophie era seduta Lily, seguita da Emmett, Dimitri, Rose, Isabella, Hugo, Daphne, Erik e, per concludere il cerchio, Albus.
«Al, ormai sei vecchio, dovresti considerare la pensione!» lo schernì Lily, alzando la voce per sovrastare “Castle on the Hill”.
Albus le fece la linguaccia, mentre l’intero tavolo proruppe in una risata.
«E tu dovresti considerare di prendere lezioni di ballo, sembra che tu abbia una scopa infilata su per il-»
«Albus Severus Potter
Albus si voltò al rallentatore, incontrando lo sguardo omicida della madre.
Accanto a lei c’era Harry, altrettanto infastidito dal linguaggio volgare usato dal figlio, Hermione e Ron.
Quest’ultimo, in effetti, raggiunse un poco promettente color pomodoro, nel constatare che il bulgaro seduto vicino a sua figlia le stava accarezzando dolcemente la guancia, prima del suo arrivo.
Rose sembrò capire la gravità della situazione, visto che si alzò di scatto, nascondendo l’imbarazzo con un sorriso, e invitando Dimitri a conoscere i genitori.
I quattro si separano dal resto del tavolo, mentre Hugo si godeva la scena con una smorfia divertita in volto.
Lily sospirò tra sé e sé, alzandosi per salutare i genitori e presentare loro Emmett, sicuramente con molta meno ansia di quanto avesse Rose.
La cugina era stata invita da Dimitri il giorno prima, in un modo che Lily trovò romantico e galante, quando venne a raccontarle l’accaduto.
Dimitri aveva incantato un libro affinché formulasse la frase “Vuoi venire al Ballo con me?” su una pagina bianca, una lettera alla volta e con la sua scrittura minuta e spigolosa, salvo poi fingere di chiederle spiegazioni e sorprenderla fino a renderle gli occhi lucidi.
Lily abbracciò Ginny ed Harry, ringraziando ancora la madre per il vestito magnifico, e aspettò che anche Albus avesse finito di salutarli, beccandosi peraltro uno scapellotto dalla madre; prima di parlare.
«Mamma, papà, lui è Emmett Krum.»
Harry e Ginny porsero la mano al ragazzo, iniziando una tranquilla conversazione su come conoscessero Viktor dall’adolescenza, lanciando uno spunto di conversazione che Emmett non si lasciò scappare.
Harry in effetti si sorprese di quanto alla mano e affabile fosse Emmett, completamente estraneo al silenzioso Viktor diciassettenne.
Il bulgaro si dimostrò divertente e spigliato, mettendo tutti a proprio agio, ed Harry si stupì a riflettere su come una possibile relazione tra i due non lo avrebbe sconvolto.
Certo, il suo desiserio più grande rimaneva un futuro in cui Lily sarebbe rimasta single a vita, ma a giudicare da quanto fosse incredibilmente bella quella sera, cominciò a rassegnarsi all’idea che, un giorno non troppo lontano, la sua bambina avrebbe iniziato con le turbolenze amorose.
Ginny invece si concentrò su come Lily sembrasse completamente presa da Emmett, ma una volta appurato che Scorpius, dall’altra parte della Sala con Angelique, la continuasse a adocchiare di tanto in tanto, piegò le labbra in un sorriso soddisfatto, conscia che le supposizioni che aveva fatto con Astoria fossero corrette.
Albus, Sophie, Ginny, Harry, Lily ed Emmett stavano continuando a conversare amabilmente, quando ad un tratto una voce colse la loro attenzione.
«Ethan!»
Si voltarono all’unisono, giusto in tempo per vedere Ethan abbandonare il tavolo a cui era seduto, lasciando Selene a chiamarlo senza risultati, mentre inseguiva una figura ormai fuori dalla Sala Grande, nei meandri di Hogwarts.
Una figura della quale Lily ebbe il tempo di vedere i capelli corvini identici a quelli del Serpeverde.
Si voltò per controllare la reazione di Scorpius, anche lui a portata d’orecchio dall’urlo di Selene, ma il Serpeverde era sparito.
 
E un presagio funesto le fece accaponare la pelle.
 
 
***
 
 

 
 
Astoria rise di cuore alla battuta del Ministro per la Cooperazione Magica Internazionale tedesco.
Hector Fussen si era rivelato una compagnia molto divertente, pieno di aneddoti e battute, ma allo stesso tempo intelligente e arguto. Astoria si era più volte ritrovata a collaborare con lui sottoforma di missive, durante quegli anni come Capo del Ministero del Controllo sull’Applicazione della Magia.
In effetti, Astoria si domandò come sarebbe potuta andare, se avesse vinto lei quella posizione.
Pochi lo sapevano, ma Astoria avrebbe voluto vivere in Germania, e specialmente dopo la Guerra, quando le malelingue continuavano ad attorniare lei e Draco come fiamme voraci.
Draco fingeva che non lo colpissero, ma a quei tempi Astoria passava intere notti a guardarlo agitarsi nel sonno, cercando di grattarsi via il Marchio Nero, fino a farsi sanguinare il braccio.
L’aveva supportato, l’aveva amato, e ora le cose andavano meglio, ma all’epoca, poco dopo aver scoperto di essere incinta di Scorpius, Astoria aveva inviato il curriculum al Dipartimento per la Cooperazione Magica Internazionale di Berlino.
L’idea di far nascere suo figlio in un mondo così pieno di pregiudizi nei loro confronti la terrorizzava.
Per fortuna o sfortuna, in ogni caso, non venne accettata, e non le fu nemmeno data risposta.
Sorseggiò il suo bicchiere di Champagne, ascoltando ciò che Fussen le stava dicendo in quel mondo riguardo ad una nuova normativa che sarebbe presto entrata in vigore in tutta Europa, quando si sentì stringere il fianco.
Draco era di fianco a lei, elegante nel suo completo nero, ma a discapito dell’iniziale gioia che aveva provato tutta la serata per essere stato invitato dalla McGranitt a vedere anche l’inizio del Ballo, Astoria lo vide nervoso, e non ne comprese il motivo.
«Herr Fussen, vorrei presentarle mio marito, Draco Malfoy, nonché Primago all’Ospedale San Mungo di Londra.»
Draco strinse la mano che gli veniva porta da quell’uomo sulla sessantina, un po’ in carne ma dall’aria rispettabile e nobile.
«E’ un vero piacere conoscerla, dottor Malfoy. Sua moglie è davvero incantevole, una mente brillante.»
Astoria arrossì appena, negando i complimenti dell’altro, mentre Draco, in maniera sempre più sospetta, aveva appena accennato un rigido sorriso.
«Ma è vero, lei è in assoluto una delle figure più professionali con cui io abbia mai avuto a che fare, per non dire quanto sia incredibilmente bella.»
Astoria si era messa un vestito nero dal taglio particolare, senza spalline e che le arrivava appena sopra le caviglie.
Era incantevole come sempre, e molti uomini politici si erano girati per ammirarla.
Astoria si girò verso Draco, ma questo continuò a rimanere muto, evidentemente disturbato da qualcosa.
Di certo non da quei complimenti, dopotutto erano sposati da una vita e Draco aveva sempre saputo che il cuore della moglie fosse soltanto suo.
La donna cominciò a preoccuparsi, e meditava di interrompere il colloquio con Fussen per poter parlare in privato col marito, ma la frase successiva di lui la lasciò perplessa.
«Ah, se solo non avesse ritirato la sua applicazione quella volta, forse sarei costretto io a chiamarla Capo!»
Astoria sorrise incerta, chiedendo spiegazioni all’uomo.
«Non si ricorda? Lei era una delle finaliste per il posto come assistente nel mio Dipartimento, ma non si è mai presentata al colloquio finale. Però la capisco, ero io l’esaminatore a quei tempi sa, e la sua lettera sembrò chiarire tutto. Una gravidanza cambia le prospettive di vita, non ho difficoltà a comprendere il motivo del suo ritiro, di certo avrà preferito crescere suo figlio nel proprio Paese. E guardi che successone, ora è addirittura un Campione Tremaghi!»
Astoria restò di sasso, incapace di processare gli avvenimenti.
Prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa, la McGranitt invitò Fussen a seguirla, per un brindisi con gli alti dignitari dei governi stranieri.
Le parole dell’uomo continuavano a ronzarle nella mente, e cercava di trovarci un senso.
Con orrore però, solo quando alzò lo sguardo e lo incatenò a quello di Draco, per chiedere il suo aiuto nel comprendere quanto fosse successo...solo allora trovò la risposta che cercava.
Non servirono parole, Draco cercò di afferarle le mani con occhi imploranti, ma lei corse fuori dalla Sala, desiderosa di riprendere fiato.
Non le servì voltarsi per capire che lui l’aveva seguita, e quando parlò non lo guardò nemmeno in volto, continuando a fissare fuori da una finestra nel corridoio, con gli occhi lucidi e lacrime salate pronte a rovinarle il trucco.
«Sei stato tu. Hai falsificato una lettera a mio nome, negandomi quello che sapevi perfettamente essere il sogno della mia vita. Io...Io...»
«Astoria, ti prego...» disse piano lui, facendo per abbracciarla, ma lei si voltò di scatto, una rabbia crescente in volto che fece fare un passo indietro al biondo.
«Come hai potuto?! Sapevi quanto fosse importante per me, sapevi quanto ci tenessi!» urlò lei, la voce sempre pacata e gentile ora carica di rancore.
Draco si mise una mano tra i capelli, cercando di affrontare gli occhi che l’avevano sempre guardato amorevolmente, e invece ora lo stavano squadrando con disgusto.
«Eri incinta di Scorp! Non...non eri lucida, volevi scappare, ma ero certo che te ne saresti pentita! Avevi bisogno della tua famiglia, e io non volevo che ti sentissi costretta a fuggire solo per colpa mia. Io ero certo che...»
Astoria cercò di calmarsi, e quando riparlò, il tono sembrò più calmo, ma il vetriolo nella voce di lei sembrò tagliare l’aria come un coltello.
«Come hai potuto mentirmi per tutti questi anni? Mi fai schifo.»
 
Draco fece per correrle incontro, per bloccarla, per spiegarle di nuovo cosa fosse successo, quanto questo segreto l’avesse dilaniato negli anni.
Ma lei non glielo consentì.
Astoria se ne andò senza fermarsi, cercando il primo posto disponibile per smaterializzarsi.
 
Per scappare, di nuovo, dopo tanti anni; ma questa volta non da malelingue sfuggenti...da un paio di occhi grigi.
 
 
***
 
 

 
Scorpius aveva fatto davvero fatica a sopportare il quadretto stomachevole di amore che Lily gli stava rifilando da tutta la sera.
Quando però aveva sentito Selene urlare, si era voltato come tutti verso l’origine del rumore, e lo stomaco gli si era chiuso di colpo, vedendo Ethan inseguire una persona fuori dalla Sala.
Inseguire lei.
Li aveva seguiti prima ancora di pensare a cosa stesse facendo, come se a guidarlo fosse un antico istinto di proteggere Ethan e, cosa che lo disturbò nel profondo, di proteggere Zoe.
I due però sembravano essere spariti nel nulla, e se li trovò fu solo per la risata amare di Ethan, così carica d’odio da far venire la pelle d’oca al Serperverde.
Ethan stava soffrendo, e lui non sarebbe stato lì a supportarlo.
Seguì l’origine della sua voce lungo uno dei corridoi che portavano ai Sotterranei, e li individuò in una delle aule vuote usate come ripostiglio per le scorte dei materiali di Pozioni.
Scorpius si nascose dietro ad una colonna nel corridoio, abbastanza vicino da sentire cosa venisse detto, ma sufficientemente lontano affinché nessuno dei due potesse accorgersi della sua presenza.
La porta era aperta, e Scorpius riusciva ad immaginarsi ogni movimento, ogni smorfia di Ethan, tanto lo conosceva bene.
 
«Vai al diavolo Zoe. Mi hai distrutto la vita, e credi che questa novità nella storia dovrebbe cambiare qualcosa? Puoi rifilarti quante scuse del cazzo vuoi per pulirti la coscienza, ma non me ne frega più nulla di te. Stammi lontano.»
«Ethan, ti prego. Perdonami, se puoi. Ero solo una bambina e...ho provato a cambiare le cose, te l’ho detto! Sono ancora tua sorella, Ethan ti prego, s-se solo...»
La voce di lei era rotta da un pianto silenzioso, e Scorpius si odiò per quell’ondata di bisogno di abbracciarla, di rincuorarla, come quando erano piccoli.
Come quando erano innamorati, e nonostante i chilometri, Scorpius aveva asciugato sempre ogni sua lacrima.
 
«Io non ho sorelle.»
Ethan se n’era andato correndo via, e Scorpius poté sentirlo parlare con qualcuno in lontanza.
Si mosse per fare lo stesso, per correre via da tutto quell’odio, da quei rancori e da quella sofferenza.
Ma senza pensarci, i piedi sembrarono agire per conto loro, e così Scorpius si ritrovò nell’ultimo posto in cui avrebbe dovuto essere.
Ma in quello in cui, in realtà, sentiva di dover andare.

 
*** 


Lily si odiò per averlo seguito, per non essere riuscita di nuovo a stargli lontano, troppo preoccupata per lui perfino per godersi una serata come quella.
Troppo innamorata di lui, per fingere di non vederlo soffrire.
Svoltò l’angolo dove l’aveva visto sparire, e si maledì per non essere stata più veloce.
Stava girando a vuoto in quei corridoi come faceva da mesi a quella parte in quella loro strana relazione.
Alla fine, sentì in lontananza la sua voce, e si lasciò andare ad un sorriso incerto, mentre si avvicinava all’aula.
Quando però vi fu davanti, non solo desiderò di non averlo mai seguito.
 
Lily desiderò di non avergli mai parlato.
Di non averlo mai guardato.
E soprattutto...di non sapere che rumore facesse il proprio cuore mentre si spezzava in due.


Angolo Autrice:

Hey...uhm...ciao? Non starò qui a dilungarmi in scuse, perché purtroppo la vita universitaria e non mi ha completamente risucchiata, ma finalmente ecco un nuovo capitolo, quindi direi...meglio tardi che mai? :D Non sono sinceramente molto convinta di questo capitolo, spero voi possiate rincuorarmi e farmi sapere cosa ne avete pensato :)
Ringrazio come sempre tutti i lettori silenziosi, ma ancora di più le lettrici che mi hanno sempre sostenuta lungo questa storia, e spero continueranno a farsi sentire anche oggi <3 Spero di non sparire per altri sette mesi, e università permettendo, mi impegnerò per aggiornare :3
Vi auguro una magica giornata!

SilverKiria
I PROTAGONISTI DI PAPER WALLS, pt. 8:

 

Astoria Greengrass

 
 
Draco Malfoy (ovviamente)

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***








CAPITOLO 22

 
Ethan accellerò sempre di più il passo, trovandosi presto quasi a correre, le guance rigate da lacrime rabbiose che gli appannavano la vista, e che odiò con tutto sé stesso.
Iniziò a toglierle furiosamente dal viso, arrivando persino a graffiarsi il volto nella foga, ma ignorando il dolore che ne seguì.
Stava cercando qualsiasi cosa che lo tenesse ancorato al presente, che gli impedisse di farsi trascinare di nuovo a fondo dalle parole della gemella.

 
Non aveva neanche avuto bisogno di chiamarlo.
Si era solo avvicinata a lui quando Selene si era allontanata per salutare delle amiche Corvonero, e gli aveva pizzicato la guancia, come faceva sempre da piccoli.
Come non aveva fatto da anni.
E prima ancora che Ethan potesse riprendersi dalla sorpresa di quel gesto, prima che potesse anche solo ricordarsi che Zoe era fuoco vivo, veleno corrosivo, gas soffocante, lei era sparita.
Inghiottita nei meandri di Hogwarts, senza nemmeno una parola, senza voltarsi indietro.
Perché tanto Ethan l’avrebbe seguita, e lei lo sapeva.
Perché tanto lei lo sapeva, ed Ethan la detestò così profondamente da voler urlare, mentre veniva condotto in una delle aule vuote, illuminata solo dal chiarore della luna.
 
«Che cosa vuoi?» aveva domandato schietto, cercando di far cadere lo sguardo su tutto fuorché sul corpo esile della gemella, fasciato in un abito bianco, adorno di piccoli diamanti lungo la gonna.
Sembrava un abito da sposa, come quello che indossava Selene, ma il contrasto tra le due era talmente netto da squarciargli il cuore.
Selene un giorno avrebbe indossato un vero abito da sposa, sarebbe venuta da lui all’altare e gli avrebbe regalato una casa, per sempre.
Zoe un giorno avrebbe indossato un abito da sposa, ma lui non si sarebbe presentato, non l’avrebbe accompagnata all’altare, come si erano ripromessi tante volte.
Non l’avrebbe baciata sulla fronte, non avrebbe sorriso e pianto, nello splendore del suo amore.
Vedere Selene indossare il magnifico vestito che Astoria le aveva regalato aveva donato ad Ethan un barlume del futuro roseo che finalmente sembrava essere a portata di mano.
Vedere Zoe con quel vestito invece non fece altro che pugnalarlo al cuore, ricordandogli invece un futuro ormai perduto…ormai rubato.
«Parlarti. So che mi odi, lo so. Ma devi sapere una cosa, una cosa che ho taciuto a lungo, ma ora basta, ora non voglio più tenerla nascosta, perché so che potrebbe finalmente ridarci tutto ciò che se n’è andato…tutto ciò che ho portato via con me.»
La voce della Corvonero era flebile, appena un sussurro, ed Ethan si sorprese di quanto avesse davvero paura, di quanto cercasse come sempre di mantenere la calma.
Per la prima volta da tanto tempo, Ethan si accorse che in fondo anche lei aveva solo diciassette anni.
Cercò di non pensarci, cercò di preservare il gelo, di non dare a vedere quanto profondamente fosse stato scosso dalla vulnerabilità inattesa di lei.
«Ah sì? Che balla racconterai questo giro? Come pensi di salvarti la faccia questa volta?» la schernì lui, trasformando il disagio in veleno e sputandolo fuori come il vero Serpeverde che era.
Che aveva dovuto imparare ad essere, per salvare sé stesso, molto tempo fa.
Gli occhi azzurri di lei, identici a quelli di lui, diventarono lucidi, le labbra tremarono appena, ma Zoe fece un respiro profondo, prima di parlare, con voce ora più sicura.
Ed Ethan non era pronto a ciò che sentì.
 
Ethan si lasciò cadere contro un muro.
Non sapeva nemmeno lui dove si trovasse, forse sperava di non trovarsi da nessuna parte.
Non si era mai trovato in vita sua, e in quel momento si sentì più sperduto che mai.
Lasciò andare un urlo lancinante, roco, sofferente.
Le parole di Zoe gli rimbalzarono nella testa, confondendolo, dilaniandolo.
Gli aveva prospettato una via d’uscita, una porta lucente per tornare indietro nel tempo, per perdonarla, per essere di nuovo una famiglia.
Le aveva dato un capro espiatorio, le aveva confessato le sue paure, i suoi rimorsi, le sue colpe.
Ma Ethan non poteva crederle, no, mai.
Credere sarebbe sempre stato troppo pericoloso, così come lo era già stato in passato, e nulla avrebbe cambiato la realtà: Zoe non era più da molto tempo la bambina dolce e gentile che era stata parte di lui.
Zoe era un serpente velenoso, molto più di quanto lui avrebbe mai potuto fingere di essere.
Zoe li aveva distrutti, aveva giocato coi suoi sentimenti come fosse solo una facile preda.
Aveva giocato coi sentimenti di Scorpius, questo Ethan l’aveva sempre sospettato, e non gli era mai servito sapere quanto a fondo fossero andate le cose, per capire chi tra i due avesse vinto.
Chi tra i due avesse perso tutto.
Immagini distorte gli vorticarono in testa, sbattendo rumorosamente come uccelli in una gabbia, graffiandogli l’anima, togliendogli il respiro: un domani diverso, in cui davvero Zoe era buona, in cui lui avrebbe potuto perdonarla, riaverla con sé.
Un giorno lontano in cui avrebbe saputo come sarebbe stato accompagnare all’altare la sua metà.
Un secondo dopo però tutto svaniva, divorato ferocemente dalla realtà, da una tempesta di dolore che si stagliava all’orizzonte e l’avrebbe travolto, sarebbe annegato questa volta, ne era sicuro.
Se Zoe lo avesse di nuovo deluso, se lei si fosse rivelata solo un’avida manipolatrice, se l’avesse usato di nuovo, fino a stancarsi, fino a romperlo, fino ad abbandonarlo, solo, in una stanza, per sempre.
E come un uragano le emozioni sembrarono volerlo scuoiare, in una rapida successione di ottimismo e realismo, speranza e delusione, gioia e paura…amore e dolore.
 
«Ethan! Ethan ti prego guardami!»
Ethan sbarrò gli occhi di colpo, trovandone un paio di tenebra a pochi centrimenti dai suoi.
Non era però un buio che faceva paura come quello che si distende quando il sole sparisce, intrappola ogni cosa attorno a sé, e sembra che non finisca mai.
Non era il buio degli incubi, delle notti insonni, delle lenzuola zuppe di lacrime e delle urla trattenute a stento.
No, mai.
Quei due occhi scuri erano sempre stati il buio dei sospiri rubati mentre stringi a te il corpo bollente di chi ti ama.
Quei due occhi scuri erano sempre stati la porta ai sogni più belli: il profumo dei suoi capelli, il rumore del suo respiro, il calore della sua pelle, il ritmo del suo cuore.
Quei due occhi scuri avevano sempre conosciuto la timida promessa d’eternità che dimora in ogni notte d’amore, e da sette anni a quella parte avevano silenziosamente continuato a cullarlo, a faro respirare.
A dargli riparo dalle tempeste peggiori, in un porto sicuro, in un’oasi di pace.
Nell’unica casa che avesse mai avuto.
 
Ethan si lanciò tra le braccia di Selene, in un pianto senza lacrime, sussurrandole ciò che era successo tra i capelli scuri, mentre lei singhiozziava piano, tenendolo stretto affinché non volasse via.
Zoe aveva fatto solo la prima mossa, e già Selene si ritrovava a tenere assieme i pezzi appena assestati dell’uomo che amava.
La odiò più di quanto avrebbe creduto possibile odiare qualcuno, ma non lo diede a vedere.
Ora l’importante era Ethan, ora l’importante era che Ethan fosse tornato da lei, che fosse riuscita a strapparlo alle ombre della sua mente.
Ora l’importante era che Ethan fosse tornato da lei, e lei non avrebbe mai più permesso che si perdesse.
 
Quando finì di parlare, Ethan si ricompose, appoggiando la schiena sul muro e invitando Selene a sedersi tra le sue gambe.
Lei si rintanò tra le sue braccia, la testa appoggiata al petto di lui, giocando con la sua cravatta, senza dire nulla.
Non ce n’era bisogno, non in quel momento.
Il silenzio tra di loro valeva molto di più di quanto si potesse dire a parole, pensò Selene.
Ma si sbagliava.
Lo scoprì solo quando lui ruppe la quiete, alcuni secondi, e quella volta a piangere fu lei.
 
Quella volta, a socchiudere le porte della notte, fu lui.
 
 
«Io ti amo come non ho mai amato nessuno Selene. Ci sarà un giorno in cui ti vedrò con un vestito bianco camminare verso l’altare, raggiungendomi col sorriso in volto. Scorpius sarà accanto a me, mi stringerà la spalla e io cercherò di non crollare per il peso della felicità. Perché la felicità a volte sa pesare, soprattutto per chi non è abituato a portarla con sé. Io ti amo come non ho mai amato nessuno Selene, e ti giuro che fino a quel giorno, farò di tutto per ricordarmi quanto leggera possa essere la vita, con te al mio fianco. Così quando mi raggiungerai su quell’altare, io avrò paura di poter volare via con un soffio di vento, da quanto sarò leggero. Da quanto sarò felice. Da quanto sarò amato. E da quanto vorrò amarti per il resto della mia vita».
 
 
 
***
 
 
 

«Mamma, papà, vi presento Dimitri, un amico di Durmstrang».
Dimitri baciò prima la mano di Hermione e strinse poi quella di Ron, con un sorriso stampato in volto che non si incrinò nemmeno di fronte all’affettata smorfia esibita dal padre di Rose.
Ron in effetti continuava a pensare a come il bulgaro stesse poco prima dolcemente accarezzando la guancia della sua piccola, ma mentre questo pensiero provocò un sorriso carico di dolcezza in Hermione, nell’uomo ebbe un effetto più o meno piacevole quanto quello di una gastrite fulminante.
«E’ davvero un piacere conoscervi, Rose mi ha parlato molto di voi, ma devo ammettere che non ha reso giustizia alla sua bellezza, signora Weasley» disse Dimitri mentre, con orrore di Ron, appoggiò delicatamente la mano sul fianco di Rose, coperto da un vestito azzurro cielo.
«Oh ti prego, chiamami Hermione. Anche noi siamo felici di conoscerti, vero, Ron?» rispose la donna, mentre con nonchalance prendeva la mano del marito nella sua, e gliela stringeva leggermente, come implicito avvertimento di quanto non avrebbe permesso a nessuno di rovinare quella serata magica per la figlia, nemmeno a lui.
Specialmente a lui.
Ron si schiarì la voce, cercando dentro di sé l’energia per dire qualcosa di diverso da “Togli subito le mani dal corpo di mia figlia, prima che ti appenda all’albero di Natale più alto per le caviglie”; ma non appena incrociò lo sguardo esitante di Rose, sentì qualcosa dentro di sé sciogliersi.
Rose non l’aveva mai guardato così, o almeno non da tanto, tantissimo tempo.
Gli occhi chiari della rossa sembravano trasmettere una vulnerabilità commovente, unita ad una richiesta di fiducia e a qualcosa che, ne fu certo, lo sconvolse per la sua purezza: l’ebrezza del primo innamoramento.
Ron sentì di non aver mai visto sua figlia così fragile e forte allo stesso tempo, e gli ricordò come quando da piccola gli veniva a chiedere di controllare l’armadio in cerca di gnomi, temendo che l’avessero seguita dalla Tana.
Rose aveva da sempre avuto paura, se non apertamente disgusto, di quei mostriciattoli che continuavano da generazioni a vivere rumorosamente accanto alla Tana, cercando il modo per rubare loro le uova, le verdure nell’orto, i dolci messi a raffreddare sul davanzale, o semplicemente pretesti per far confusione.
Ron aveva da tempo addotto questa repulsione al bisogno di tenere tutto sotto controllo che la figlia aveva indubbiamente ereditato da Hermione, e guardarla mentre veniva a patti con la necessità di chiedere aiuto, pur cercando di mantenere un fiero senso di indipendenza, l’aveva immancabilmente commosso e gli aveva saputo scaldare il cuore più volte, nel corso della sua infanzia.
La memoria lo riportò indietro a quando Rose aveva sette anni.
Camminava piano per il corridioio verso la loro camera, e Ron sogghignava di nascosto, perché anche solo il rumore intermittente dei piccoli passi gli permetteva di immaginarsi quanto la figlia si stesse lambiccando per trovare il modo per far controllare il sopra citato armadio, senza passare per una fifona.
«Hugo sente dei rumori dal mio armadio. Io gli ho detto che è vuoto, ma non mi crede. Vieni a controllare papà? Ma non dirgli che te l’ho detto, sennò si arrabbia con me, perché era un segreto. Vieni a dirlo solo a me se è vuoto, poi ci parlo io».
Eppure.
Eppure in quel momento, Ron sentì che non era una bugia, che non stava cercando di proteggere il suo orgoglio, o la sua immagine.
Ron sentì che Rose stava proteggendo lui.
Teneva a lui, molto più di quanto Ron, e forse persino Hermione, avevano ipotizzato leggendo le missive di Hugo, e d’un tratto la rabbia svanì.
Rosie non voleva perdere Dimitri, come Ron a suo tempo non avrebbe mai voluto perdere Hermione.
Certo, si sarebbe potuta essere rivelare anche una cosa passeggera, ma Ron percepì chiaramente la limpida sicurezza e affetto che emanava Rosie in ogni suo gesto, in come accostava il corpo con naturalezza a quello di Dimitri e, forse ancora più difficile da ammettere, come anche Dimitri provasse lo stesso per lei.
L’ex-Grifondoro rivide in effetti il senso di protezione che a suo tempo aveva sempre avuto nei confronti di Hermione, dacché aveva capito che sarebbe sempre stata l’unica per lui, e forse anche prima.
Mentre guardava velocemente la moglie poi, una punta di senso di colpa gli fece comprendere a fondo come proprio in ragione degli eventi appena trascorsi, di tutto ciò che aveva rischiato di perdere, avesse ora il dovere di non essere lui la causa del dispiacere di Rosie.
Forse Rosie avrebbe prima o poi avuto il cuore spezzato, ma Ron non ne sarebbe mai stato il colpevole, nemmeno lontanamente.
Ron si era ripromesso diciassette anni prima che sarebbe sempre e solo stato colui che, se necessario, avrebbe rimesso assieme i pezzi.
 
«Assolutamente, molto contenti di conoscerti. Sappiamo che anche tu sei il primo della classe a quanto pare, devo ammettere che un po’ mi sento circondato da geni ora! Hai già qualche idea per cosa fare quando ti diplomerai a Durmstrang?»
 
Il sorriso che si aprì sul volto di Hermione e Dimitri fu enorme.
Il bulgaro cominciò subito ad esporre entusiasta le opportunità di stage nel mondo scientifico magico in Europa, provocando un sincero interesse da parte di Ron, e dando il via ad una conversazione così naturale da far impallidire anche i sogni più temerari di Hermione.
Ciononostante, il sorriso più grande di tutti fu quello di Rose, nel vedere quello che ormai era quasi il suo ragazzo ridere e scherzare con suo padre,  e gli occhi le si illuminarono di una gioia pura e incontenibile.
 
Hermione fu certa di non averla mai vista sorridere così.
E Ron fu certo di non averla mai vista così bella in tutta la sua vita.
 
 
***
 
 


«Molly cara, è pronta la cena!»
Arthur Weasley rimirò estasiato lo stufato ai cinque sapori che sobbolliva placido sul fuoco.
Sotto gli occhi vigili e preoccupati di tutta la famiglia, quasi fin troppo preoccupati secondo lui, Arthur Weasley aveva deciso di imparare a cucinare.
La decisione era stata presa tre anni prima, al compimento dei settant’anni, quando, ormai in pensione ma non privo di energie, Arthur aveva scioccato sia la moglie che figli e nipoti, con la sorprendente richiesta di insegnargli l’arte dei fornelli.
Molly all’inizio si era solidamente opposta, dando per scontato che la cucina non fosse luogo per un maldestro combinaguai, tenero certo, ma pur sempre combinaguai, come lui.
Gli occhiali da vista del signor Weasley avevano dovuto subire potenziamenti negli anni, ormai aveva un orecchio sempre più vicino alla sordità, ma per il resto Arthur protestava che nulla fosse cambiato, e che anzi la pensione gli avesse riacceso lo spirito di curiosità che l’aveva sempre contraddistinto.
Molly aveva capitolato solo quando il marito aveva minacciato di chiedere aiuto ad Hermione ed Harry e imparare a cucinare “alla babbana”, temendo già l’amputamento di un dito nel maneggiare da sé i coltelli affilati della sua cucina.
E così, con (poca) pazienza e molta attenzione, Molly aveva accolto il marito nel suo regno.
Partendo dalle basi fino ad arrivare ad incantesimi e ricette più complesse, Molly gli aveva insegnato molto di ciò che sapeva e di certo non erano mancate le occasioni per creare aneddoti divertenti da condividere con il resto della famiglia.
Alla Tana in effetti ancora si narrava del fallimento dell’uovo bollito del 2020, quando l’uovo sparì misteriosamente dal pentolino, per poi riapparire malauguratamente sotto il cuscino della sedia dove Arthur si era seduto poco dopo.
Di tanto in tanto Molly era stata aiutata nel ruolo di insegnante da Roxanne, specialmente dopo il suo ingresso nell’Accademia di Cucina Magica, permettendo così all’uomo di avere una scusa per ritagliarsi un po’ di tempo nella vita dei nipoti ormai adulti, sempre più indaffarati.
 
Il settantatrenne dai capelli bianchi e radi si sistemò meglio gli occhiali in volto, versando del vino rosso in entrambi i bicchieri nell’attesa, ma vedendo che la moglie continuava a non scendere, decise di andare ad indagare.
Arthur salì le tre rampe storte di scale della Tana, saltando senza pensare i gradini inclinati che, nonostante i molteplici tentativi di Weasley molto abili con la magia, persistevano testardamente nel rimanere tali, tornando alla loro precedente stortezza durante la notte.
Un enorme gattone rosso scuro, soprannominato da tutti Grattastinchi II, lo accolse al secondo piano facendo le fusa, ed Arthur gli accarezzò la testa.
Il felino si stiracchiò placidamente e incuriosito decise di seguire l’uomo su per le scale.
Arrivato finalmente alla porta della stanza più grande della casa, Arthur bussò piano alla porta.
«Molly cara, è pronta la cena. Scusa il ritardo, ho dovuto ritagliare le cipolle e le carote per il soffritto, perché le ho inavvertitamente ridotte in polvere, invece che a dadini».
Molly era sdraiata sul letto, con gli occhi umidi e Arthur accorse immediatamente, temendo che la moglie si sentisse male.
«Molly! Tutto bene?» le chiese agitato, mentre Grattastinchi II balzava sul letto matrimoniale e si accocolava diligentemente sulle gambe della donna, facendo le fusa.
«Oh sì, caro, scusa…è che…guarda…» balbettò lei, mostrandogli ciò che aveva tra le mani e di cui il marito si accorse solo in quel momento.
Presto anche i suoi occhi divennero lucidi, mentre un sorriso enorme gli si stampò sul volto.
«Sono arrivate le foto di Teddy e Vic eh?»
Molly annuì, mostrandogli le fotografie che aveva in mano, accarezzando con particolare affetto quella dei due sposini all’altare, di fronte all’amato patriarca della famiglia Weasley, sorridente e intento a celebrare la cerimonia.
Arthur prese in mano l’album di famiglia che Molly stava sfogliando cercando dove mettere le nuove foto, e si accorse che la rossa stava guardando le altre foto dei matrimoni, celebrati nel corso degli anni.
In quelle pagine in particolare si stagliavano le foto dei figli Weasley minori.
Ron ed Hermione si muovevano al ritmo di un lento in modo molto imbarazzante, date le maldestre capacità da ballerino di Ron, ma Arthur pensò che fossero bellissimi, mentre ridevano stringendosi l’uno all’altra, Hermione nel suo abito aderente e romantico, cercando di non perdere i fiori “velo da sposa” che le erano stati intrecciati tra i capelli.
Ron la guardava ridere, profondamente innamorato, incommensurabilmente felice.
Molly sospirò, sussurrando con voce rotta «Sono così sollevata che abbiano fatto pace. Arthur, non so se ce l’avrei fatta a vederli separati. Sono sempre stati insieme, si sono sempre presi cura l’uno dell’altra».
Arthur la baciò delicatamente sulla testa, felice anche lui dell’enigmatico “Stanno bene, è tutto risolto” che Bill aveva detto con un sorriso discreto in volto, ma sereno, qualche giorno prima.
E nonostante le insistenze e rimostranze di Molly, il loro primogenito era stato fermo nel non voler condividere con loro altri dettagli, arrivando anzi a redarguire la madre dal chiedere loro qualsiasi cosa così da lasciare loro la libertà di scegliere a tempo debito se e cosa condividere.
«Lo so, lo so. Vedrai che staranno bene. Staranno tutti bene.» mormorò Arthur, girando il velo della pagina successiva e unendosi alla risata leggera di Molly.
Nella foto Ginny camminava nervosamente avanti e indietro, visibilmente infuriata, lasciando svolazzare il vestito da sposa sotto di lei, mentre un’energica Hermione tentava di farla calmare.
«George fece questa foto prima che Ginny lo cacciasse a suon di fatture dalla stanza. Se non ricordo male, qualcuno si era dimenticato di farle recapitare il bouquet, ed eravamo già in ritardo di mezz’ora».
«Temo che quel qualcuno fosse Ron. Se non sbaglio, Harry era invece molto divertito nel vederlo cercare di togliersi le enorme orecchie da coniglio e la, ehm, coda, che Ginny gli aveva fatto crescere quando lo aveva saputo» spiegò Arthur, facendo ridere ancora più forte Molly.
Arthur ricordò poi come fosse stato proprio Harry a trovare la soluzione: si era presentato in camera di Ginny, con iniziale disappunto di Hermione e Fleur per aver visto la sposa prima della cerimonia, con in mano una semplice ghirlanda di margherite colte dal campo della Tana.
Erano così riusciti a smaterializzarsi tutti verso il parco di ciliegi in fiore dove si sarebbe svolto il matrimonio, e la foto successiva ritraeva proprio Harry che prendeva in braccio Ginny, entrambi ebbri e pieni di amore, come solo due ventenni sanno essere.
E sperava sarebbero rimasti quei due ventenni per sempre.
 
«Su Ginny ed Harry non ho proprio alcun dubbio, sai Arthur? Ginny è sempre stata una forza della natura, e ha bisogno di Harry, della sua quiete, della sua temperanza, della sua dolcezza. Ed Harry ha altrettanto bisogno della vitalità di Ginny, della sua energia. No, no, posso giurarlo anche qui ed ora. Loro non avranno mai problemi gravi, ne sono sicura».
Arthur baciò la moglie sulle labbra, annuendo, per poi scendere assieme a godersi la cenetta fatta in casa.
Mentre scendeva le scale, Arthur si sentì di concordare con la moglie, nel pensare a Ginny ed Harry.
 
Sì, senza dubbio. Nonostante tutto, sarebbero rimasti sempre quei due ventenni innamorati.
 
 
***
 

 
 

Harry porse a Ginny un flut di idromele, di ritorno dalla zona bar, dove aveva appena finito di salutare alcuni colleghi e Capo Dipartimento inglesi e stranieri.
Ginny aveva preferito restare seduta ad aspettarlo, con la scusa di godersi meglio la vista delle danze, ma entrambi sapevano il reale motivo fosse rimanere il più possibile distanti.
«Tutto bene?» domandò distrattamente la rossa, ringraziandolo per il drink e di fatto guardandolo a malapena.
Harry rispose di sì, accenando a raccontarle ciò che avevano detto, ma rinunciando quasi subito, vedendo il palese disinteresse della moglie.
Ginny stava guardando con attenzione lo scambio di battute tra Ron, Hermione, Rose e Dimitri, e si lasciò andare ad un timido sorriso, notando come Ron stesse di fatto mostrando la parte migliore di sé, con molta sincerità e piacere.
«Sono felice che abbiano fatto pace, nonostante il mio intervento…» sospirò Ginny, ma prima che Harry potesse controbattere, la moglie si voltò di scatto, appoggiò il bicchiere sul tavolo e gli prese le mani nelle sue.
Stava tremando, notò Harry, col cuore spezzato.
Gli occhi nocciola di lei però sembrarono d’un tratto riscaldarsi, come un fuoco sopito che rinasce dalle ceneri.
«No, fai parlare me. Questi giorni di silenzio sono stati una tortura, all’inizio ero solo fuoriosa con te, per quello che hai detto, per come…per come mi hai guardata. Per la prima volta da che io mi ricordi ho iniziato a temere che ti saresti stancato di me, e francamente non capivo cosa pretendessi, cosa ci fosse di così sbagliato nel cercare di aiutare mio fratello e la mia migliore amica. Mi sono sentita ferita a morte e sono arrivata a pensare che presto mi avresti…ne avresti avuto abbastanza».
«Ginny, ti prego-» iniziò Harry, il cuore colmo di dolore nel sentirla così sofferente, ma lei lo fermò di nuovo con un cenno del capo.
«Lasciami finire Harry, è importante. Pensavo fosse tutta un’ingiustizia, ma coi giorni ho cominciato a riflettere e…e hai ragione. Ho sempre pensato che il miglior modo di agire fosse l’agire stesso, ma non è vero. A volte è necessario prendersi tempo, aspettare, lasciare che le cose si sistemino da sole. Non so, forse crescendo con sei fratelli il tempo mi è sempre sembrato solo un miraggio-» continuò la rossa, accennando un sorriso «-ma ho capito che adesso di tempo ne abbiamo. Ho capito che alla nostra età, per quanto suoni disgustosamente da vecchi dire “alla nostra età”-» e allora a sorridere divertito fu Harry «- è importante meditare sulle cose. Insomma, se un mese fa fossi subito corsa ad Hogwarts in aiuto di Lily ed Albus, forse non avrebbero avuto modo di chiarirsi da soli, e anzi, come hai giustamente fatto notare, avrei addirittura potuto peggiorare le cose. Quello che voglio dire è…»
Ginny si avvicinò ad Harry, lasciando solo pochi centimetri di distanza tra i loro volti, e guardando dritto nei suoi occhi verdi, la sua casa, il suo posto preferito al mondo.
«Mi dispiace Harry, mi dispiace davvero, io spero che tu-».
Harry non le permise nemmeno di concludere la frase, stringendola tra le sue braccia e baciandole dolcemente la fronte.
Lasciando che si nascondesse dal mondo e scoppiasse in un pianto silenzioso ricco di emozioni contrastanti, pregno dell’ansia finalmente libera dei giorni passati, ma soprattutto colmo d’amore.
«Scusami tu Ginny. Sebbene io continui a pensare tutto ciò che ho detto, e sia immensamente fiero del grande passo avanti che hai fatto, che abbiamo fatto oggi, ammetto che devo smetterla di pensare a me, Ron ed Hermione come ad un trio intoccabile. Voglio dire, forse un po’ rimarremo sempre il trio che siamo stati, ma siamo diventati ormai molto altro. Siamo una famiglia, tutti. Ci prendiamo cura l’uno dell’altro, ed è proprio per questo che abbiamo lottato, per questo futuro, per questa famiglia. Tu non eri con noi durante la ricerca degli Horcrux, ma ciò non significa che tu non sia con noi ora, ogni giorno, di ogni minuto. Ciò non significa che tu non sia con me, sempre».
Le sussurrò piano ogni parola, e dall’esterno nessuno avrebbe potuto sospettare di cosa stesse succedendo, ma dentro quell’abbraccio si schiuse un nuovo mondo.
Quando Ginny riemerse, il trucco leggermente colato che Harry si affrettò a pulire con la manica, i due si misero entrambi a ridere, di quanto fossero sciocchi, di quanto fossero cresciuti e allo stesso tempo di quanto fossero ancora solo due ragazzi in cerca l’uno dell’altro.
 
«Ti amo, Ginny Weasley. Ogni giorno di più. Non dimenticarlo mai.»
«Pensi davvero che potrei mai dimenticarlo? Ti amo anche io Harry Potter, e ora portami subito a ballare».
 
Tra le risate che li circondarono, gli applausi di Ron ed Hermione, le urla di Albus e tutto il resto della famiglia, perfino il sorriso della McGranitt e Hagrid, qualcuno avrebbe ricordato in futuro come  Harry Potter e Ginevra Weasley quella sera sembrassero proprio una coppia di ventenni innamorati.
 
 
***
 
 



Era seduta in mezzo alla stanza, i capelli sciolti attorno al volto coperto di lacrime, il vestito bianco che la faceva sembrare una sposa lasciata all’altare.
Scorpius si avvicinò senza nemmeno riflettere, con la sensazione di star per cadere in un buco nero, ma di essere ormai andato oltre il punto di non ritorno.
Zoe alzò lo sguardo, gli occhi per un secondo illuminati dalla sorpresa nel vederlo lì, dopo tutti quegli anni.
Nel vederlo preoccuparsi per lei, dopo ciò che gli aveva fatto.
Il Serpeverde immaginò che l’avrebbe chiamato a sé, che si sarebbe gettata tra le sue braccia, ma con sua immenso stupore, quando fece per avvicinarsi a lei, la Corvonero si ritrasse verso il muro, lontano da lui, incapace di guardarlo negli occhi.
Il volto nascosto tra le ginocchia impedì alle parole di uscire con molta foga, ma Scorpius si sentì pugnalato peggio che se fossero state grida.
«Va’ via Scorpius. Subito».
E lui avrebbe dovuto farlo, avrebbe dovuto cogliere al volo l’occasione che Zoe gli porgeva su un piatto d’argento.
Sarebbe dovuto correre da Lily, porre fine a quella follia, a quel mondo distorto in cui si trovava e che sembrava ormai anni luce lontano dal pomeriggio nella radura ad Hogsmeade.
Avrebbe dovuto porre fine a quella follia, tornando a ricordare che sapore avevano le labbra di fuoco vivo di Lily e lasciarsi ardere di felicità.
Quel giorno però era lontano, perduto, forse per sempre.
Quello Scorpius non era più lì, e le sue braccia circondavano ora il corpo esile e singhiozzante di una ragazza vestita da sposa e con una chioma color della notte.
 
«Dimmi ciò che hai detto ad Ethan. Dimmi la verità Zoe, per una volta nella tua vita, dimmi la verità».
E lei lo fece, rispose alla sua richiesta calma con parole appena udibili, quasi fossero portare sulle ali di una brezza invisibile.
Scorpius sentì gli occhi diventare lucidi, ma non versò nemmeno una lacrima.
Forse, pensò anni dopo quella sera, in quel momento fu semplicemente stanco di sentirsi vittima del passato.
Forse, pensò molto tempo dopo quella notte, decise che non avrebbe più sofferto immerso nei ricordi.
Forse, pensò quando le prese il viso tra le mani e unì con dolcezza le labbra alle sue, interrompendo il suo discorso, si disse che in fondo, le lacrime di Zoe avevano pagato il prezzo per entrambi.
Si disse che il tempo delle lacrime era finito, perché quel bacio sapeva solo di un agognato perdono e della pace per cui aveva a lungo pregato.
In quell’istante, sembrò abbastanza.
In quell’istante, sembrò tutto.
 
 
«Quando mia madre morì, caddi in depressione. Smisi di mangiare, ma né Ethan né voi vi accorgeste di nulla, e in fondo come avreste potuto? Eravamo distrutti dal dolore e…e avevamo solo dodici anni. Finché un giorno, mentre Ethan era a casa tua durante le vacanze estive io…io tentai il suicidio. Non so se all’epoca volessi davvero morire, se mi rendessi conto di cosa volesse dire smettere di vivere…forse volevo solo smettere di soffrire»
 
«Presi in un colpo solo tutti i farmaci che erano rimasti nel comodino di mia madre: morfina, antindolorifici, antispastici, antidepressivi, non so nemmeno io cos’altro. Mio padre mi trovò per pura fortuna, rientrando a casa mezz’ora prima del previsto. Disse che sentiva che qualcosa non andava. Mi portò urgentemente al San Mungo, mi salvarano per un pelo. Fu allora che decise che sarei dovuta andare via, che casa nostra era piena di troppi ricordi dolorosi, ma non volle che Ethan sapesse le mie reali condizioni di salute, temeva che avrebbe finito col…col perderci entrambi.»
 
«Prese i contatti con la migliore clinica di supporto per traumi infantili in Germania, e nel giro di una notte sparii. Sinceramente, non ricordo granché di quel periodo, non credo di aver protestato, di aver chiesto di Ethan o di te. A dirla tutta, non credo di aver parlato per mesi, a nessuno. Ci è voluto un anno di psicoterapia quotidiana per farmi tornare presente a me stessa, ma ogni tanto capitavano ricadute, e per questo mio padre non si fidò mai a farmi tornare, né a far venire Ethan da me. Voleva proteggerci. Quando io e te riprendemmo a scriverci Scorp…fu allora che ripresi a respirare davvero. All’epoca ero già tornata a frequentare con regolarità la scuola, ma fu solo quando decisi di scriverti che mi sentii di nuovo me stessa…sentii di poter essere di nuovo completa. Poi venisti a trovarmi, ci baciammo, e continuammo col nostro piccolo segreto. Pensavo che presto si sarebbe tutto sistemato, che sarei tornata a tutti gli effetti me stessa, avrei avuto la forza di rivedere anche Ethan, e saremmo stati di nuovo la famiglia che avremmo dovuto essere. Ma quella notte a Berlino…la nostra notte a Berlino…cambiò tutto. Fu il momento più bello della mia vita, e ne fui terrorizzata. Scoprii che non riuscivo ancora a lasciarmi andare, ad amare così profondamente perché avevo già perso il più grande amore che ognuno ha nella vita, non avrei…non sarei mai riuscita a sopravvivere, se avessi perso anche te. Tu pensi che sia scappata, pensi che ti abbia abbandonato, e hai tutte le ragioni per pensarlo. Ma ti sbagli. In questo ultimo anno non ho fatto che prepararmi al ritorno ad Hogwarts, a pensare a come farmi perdonare da Ethan…a pensare a come farti capire quanto io sia perdutamente innamorata di te».
 
«Non ti ho mai detto la verità perché sapevo che l’avresti detto ad Ethan, ma lui non l’avrebbe accettata, non subito. E forse perché credevo che nemmeno tu fossi ancora pronto per comprenderla. Temevo che avreste litigato per me, che si sarebbe creata una frattura, perché dio solo sa quanto Ethan ami gli ultimatum. O lei o me. O il tuo migliore amico o la ragazza che ami. Ma non entrambi, mai entrambi. E non potevo sopportare l’idea che tu scegliessi me, che lasciassi Ethan per me. Non…»
 
«Non avrei mai lasciato che Ethan rimanesse solo, come lo sono stata io in tutti questi anni. Non avrei mai rischiato che Ethan perdesse te o Selene, perché so cosa vuol dire, e nonostante tutto, io ho sempre e solo voluto proteggerlo…lui è e rimarrà per sempre la parte migliore di me, anche se non vorrà mai più vedermi, se non mi perdonerà, se…se lasciarmi andare dovesse renderlo felice, sarò felice di soffrire per entrambi. Non è stata solo colpa mia, Scorpius, non ho mai voluto ferirvi. Io…io volevo solo-».
 
 
Scorpius pensò di aver aspettato tutta la vita quel bacio.
E forse per un po’, riuscì persino a convincersi che ne fosse valsa la pena.
 
 
***
 
 



Il ticchettio dei tacchi sul pavimento sembrò inondarle la mente così incredibilmente vuota, in quel momento.
Anzi, quasi vuota.
Di fatto, come in un cinema con il proiettore rotto, nella sua testa continuava a balenare ininterrottamente una sola immagine, e più questa le invadeva il cuore, più le sembrava difficile respirare.
Più il ricordo di Scorpius che si chinava dolcemente su Zoe e la baciava con amore le annebbiava la mente, più desiderò di poter affogare nelle lacrime sileziose che le stavano scorrendo sulle guance.
Lily si ritrovò a vagare senza meta, desiderosa di sparire, perché non osava nemmeno pensare che prima o poi avrebbe dovuto rivedere qualcuno e spiegare cosa fosse successo.
Cosa avesse visto.
Si sentì persa, incapace di comprendere come i mesi precedenti, ogni piccolo passo verso Scorpius, ogni secondo in cui si erano avvicinati, fino addirittura a baciarsi, fosse stato alla fine completamente vano.
E con incredibile razionalità, nonostante le emozioni che si affannavano dolorosamente dentro di lei in quel momento, riuscì comunque ad ammettere senza riserve con sé stessa che lui non avesse scelto Zoe perché era più bella di lei, più intelligente di lei, o chissà cos’altro.
Scorpius aveva scelto Zoe perché in fondo si erano già scelti molto tempo prima, in un passato doloroso di cui lei non faceva parte e del quale non avrebbe mai saputo nulla.
Scorpius si era innamorato di Zoe prima ancora che Lily fosse in grado di capire il segreto che covava nel cuore.
Persa nei suoi pensieri, le lacrime ormai finite, Lily si riscosse sopresa quando sentì una mano afferarle la spalla, e cercò di nascondere la delusione, perfino a sé stessa, quando capì dalla voce chi l’avesse trovata.
Quando capì che non era stato lui a cercarla.
 
«Lily».
Lo sguardo di Emmett era carico di preoccupazione, e Lily si sentì mortalmente in colpa per averlo lasciato solo.
Non sarebbe mai dovuta correre dietro a Scorpius, non avrebbe mai dovuto abbandonare Emmett e la Sala Grande.
Non avrebbe mai dovuto permettersi di sperare che le cose alla fine sarebbero andate come voleva.
A quindici anni Lily Luna Potter smise di credere nei lieto fine.
O almeno, smise di credere che ce ne fosse uno destinato anche a lei.
Non tutti potevano essere innamorati e perennemente felici come i suoi genitori, come i suoi zii, come Rose e Dimitri, Selene ed Ethan, Sophie ed Albus.
Non tutti potevano sapere cosa si provasse a trovare la persona che vuol dire casa, e non sapere cosa significhi vederla scivolare via come sabbia tra le dita.
Sentirsi scivolare via, come sabbia tra le dita.
Si asciugò velocemente il viso, cercando inutilmente di nascondere i segni del pianto, e abbozzando un sorriso.
«Hey, scusa…io non sarei dovuta andare via, è…praticamente è successo che…»
«Basta.»
Lily si zittì, sorpresa dalla severità che ora traspariva dal bulgaro, e forse un po’ spaventata dallo sguardo duro che le rivolgeva.
«Emmett, io…» iniziò lei, ma lui la fermò ancora una volta, prendendole le mani nelle sue, e sospirò profondamente, prima di parlare.
La Grifondoro capì che la dolcezza che l’aveva sempre contraddistinto si era ora caricata di una determinazione nuova, di una forza che riconobbe e le fece battere il cuore più veloce, perché d’un tratto seppe già cosa Emmett le avrebbe detto.
Dopotutto, da quindici anni a quella parte aveva sempre visto quello sguardo deciso e carico d’affetto negli occhi di suo padre e dei suoi fratelli, quando era stato tempo di essere spietati nel dire la verità, pur di proteggerla.
Quando era stato il momento di attaccare, per difenderla.
Quando James l’aveva affrontata prima della Prima Prova, mettendola di fronte ai suoi sbagli, alla sua delusione, pur di salvare il suo rapporto con Al.
Quando durante la loro intervista Albus aveva voluto farle sapere che si era reso conto che qualcosa nella vita della sua sorellina non andasse, che Lily stava soffrendo, e lui sarebbe sempre stato pronto a prenderla, se fosse mai caduta.
 
«Non devi chiedermi scusa e non devi inventare bugie. Sono due mesi che ci vediamo quasi quotidianamente, e ogni giorno mi soprendi sempre di più. Sei una delle persone più forti che io conosca, Lily. Ma anche le persone forti hanno bisogno di qualcuno che si prenda cura di loro. Io…io so che forse non sono chi vorresti al tuo fianco, ma so che potrei sorprenderti anche io».
 
Emmett le accarezzò la guancia con un dito e Lily chiuse gli occhi, col fiato sospeso.
 
 
«Potrei renderti felice…dammi la possibilità di renderti felice».
 
 
***
 
 


Quando la professoressa McGranitt salì sul palco, la Sala Grande esplose in un applauso diffuso, complice forse il Vino Elfico che era stato distribuito in quel momento per fare un ultimo brindisi.
Ovviamente, la Preside era stata chiara sul fatto che solo agli studenti maggiorenni fosse concesso tale onore, mentre gli altri dovettero accontentarsi di un ultimo boccale di Burrobirra.
Una volta che l’applauso si concluse, la donna ringraziò con un ampio sorriso, alzando il flut che aveva tra le mani e preparandosi per i saluti.
«Sono molto felice del successo che il Ballo del Ceppo ha riscosso stasera, sia tra gli studenti di Hogwarts-» e qui si fermò per dare il tempo ad un divertito coro inneggiante Hogwarts e un tripudio di fischi di placarsi «-che dei nostri ospiti, le Scuole di Durmstrang e Beauxbatons» e fu allora il momento per tutti di applaudire calorosamente, in saluto alle Scuole straniere.
«Vorrei anche ringraziare le autorità del Ministero della Magia inglese, nonché dei Ministeri esteri, per essere giunti qui numerose, su mio invito. Altrettanto vale per lo staff esterno, che ci ha aiutato per far sì che la Prima Prova potesse essere un successo, e continuerà ad aiutarci nel progettare le prossime Prove. Un saluto particolare al Dr. Malfoy, Primago dell’Ospedale San Mungo,-» e qui un ondata di clamore giunse in particolare dai ranghi Serpeverde, anche se con sorpresa della professoressa McGrannit, Draco Malfoy sembrò essere sparito senza avvertire nessuno.
« Porgo un sentito ringraziamento anche ad Hermione Granger, capo del Dipartimento per il Controllo delle Creature Magiche» e stavolta fu il turno della rappresentanza Grifondoro a suggellare con urla di clamore il viso rosso e il sorriso imbarazzato di Hermione, mentre Albus faceva di tutto per aizzare ancor più l’applauso, e Rose e Hugo cercavano di non morire dalle risate, alla vista di come Ron tentasse con tutte le sue forze di far alzare Hermione dal tavolo per ricevere le lodi e il giubilo che si meritava.
«Vorrei infine ringraziare il Capo Auror del Ministero della Magia, Harry Potter.»
A questo punto, l’intera Sala Grande eruppe in un applauso sincero, carico di gratitudine per molto più di quanto le parole avrebbero mai potuto esprimere, nonché di un rispetto che poche altre persone avrebbero saputo meritare in maniera così sincera.
Harry si alzò e fece un rapido sorriso di ringraziamento, mentre Ginny, Hermione e Ron al suo fianco iniziarono a fischiare, divertendosi come non facevano da tempo, tornando forse i diciassettenni spensierati che non avevano potuto essere.
La professoressa McGranitt porse gli ultimi saluti alle delegazioni estere, e poco dopo la band fu invitata a suonare l’ultimo canzone della serata, di modo da dare il tempo alle coppie di godersi la dolce conclusione di quella serata magica.
Le note di All I want stavano ancora risuonando nella Sala Grande, quando un paio di occhi grigi temporale si posarono sul sorriso di una ragazza dai capelli color rubino che teneva timidamente il tempo, appoggiata al muro vicino all’uscita.
All I want accompagnò Scorpius Malfoy mentre si avviò verso Lily Luna Potter, e il tempo parve fermarsi attorno a lui quando lei si voltò, e il suo cuore perse un colpo.
 
 
«Lily…»
Non lo stava guardando in volto e lui forse ne fu un po’ grato, ma si sentì anche profondamente vigliacco, perché aveva visto come gli occhi di lei avevano tentennato nel riconoscerlo, e non aveva mancato di notare quanto stesse stringendo convulsamente il bicchiere di Burrobirra, quasi fosse una naufraga di fronte ad uno scoglio.
Quasi sapesse che a momenti sarebbe arrivata un’onda troppo grossa, e fosse sicura che l’avrebbe portata via con sé.
E fosse sicura che non sarebbe riuscita a nuotare, se solo avesse guardato dritto di fronte a sé, in quegli occhi grigi che un tempo aveva amato, e che ora portavano solo tempesta.
«Non devi dirmi niente Malfoy. E’ tutto perfettamente chiaro, non ti preoccupare. Non sono stupida, spero che almeno su questo tu non abbia dubbi».
Stava cercando di darsi un tono, di non crollare, Scorpius lo sapeva, ma la serietà e il distacco con cui impresse ogni parola lo ferirono comunque come una stillettata al cuore.
L’aveva chiamato Malfoy, e lui pensò di non aver mai odiato così tanto il suo cognome.
Di non aver mai odiato così tanto sé stesso, per essersi permesso di aver rovinato tutto.
«No, non lo sei. Ma devo comunque spiegarti che…»
«Non serve, te l’ho detto. Io…io ho capito.»
Scorpius vide che Lily aveva spostato lo sguardo verso un punto lontano, e lo seguì, constantando con orrore come si fosse fermato sulla figura di Zoe, intenta a chiacchierare con delle amiche di Corvonero.
Gli occhi di lei diventatarono lucidi e le labbra screpolate che aveva tanto sognato iniziarono a tremare impercettibilmente, quasi non volessero farsi scappare un segreto troppo doloroso per essere detto ad alta voce.
Quasi non volessero urlare di dolore, perché sebbene lui non sapesse come, lei aveva davvero capito.
Lei aveva capito di averlo perso e lui si accorse di aver perso lei.
 
Scorpius si voltò, incapace di guardarla oltre, quasi fosse diventata davvero una stella incandescente, e la sua luce lo stesse spingendo verso la follia.
Lily l’aveva bruciato dentro, ma era stato lui ad accendere la miccia, lui a spingerla sul rogo.
Era stato lui ad averla ferita scegliendo il passato al posto del futuro, senza nemmeno comprendere fino in fondo cosa lo avesse spinto a farlo o perché sentisse che fosse ormai troppo tardi per tornare indietro.
Perché sentisse che sarebbe stato troppo pericoloso lasciare spazio ai ripensamenti, arrivati a quel punto.
 
Scorpius aveva scelto, ma non riuscì a non chiedersi cosa sarebbe successo, se prima di entrare in Sala Grande avesse fatto quel passo verso di lei.
Se il mondo avesse concesso loro un altro istante di lucidità per trovare il coraggio di andarsi incontro, di smettere di fingere che il resto fosse importante, di smettere di mentire a sé stessi pensando che qualcosa sarebbe stato mai davvero importante, fintanto che non avessero avuto l’uno la mano dell’altra da stringere, durante l’ultimo ritornello di All I want.
E stava per chiederlo a Lily, stava per domandarle se anche per lei sembrasse tutto andare troppo veloce; se anche lei pensava che prima di entrare in Sala Grande si sarebbero dovuti stringere e non lasciarsi più andare, prima che il mondo cambiasse le carte in tavola e ogni cosa perdesse di significato.
Voleva urlarle di dirgli che c’era ancora possibilità di tornare indietro, di andare avanti, avanti con lei che non lo odiava, e con lui, che forse doveva imparare a smettere di odiare sé stesso, e lasciare che fosse lei a fargli vedere davvero cosa volesse dire avere qualcuno da amare.
E capire che sarebbe stata lei a renderlo felice, come nessun’altra avrebbe mai potuto fare ormai.
 
Stava per chiederle tutto questo, ma sentì la sua voce dire qualcos’altro, e seppe di aver perso anche quell’ultima occasione per tornare indietro, se mai fosse stato possibile.
All I want giunse alle note finali, quando lei rispose.
Le persone in Sala Grande si alzarono e si diressero verso l’uscita, verso di loro.
E nessuno in quel momento avrebbe mai anche solo sospettato che Scorpius Malfoy e Lily Potter avessero appena finito di parlare.
 
Nessuno avrebbe mai potuto sospettare che Scorpius Malfoy e Lily Potter avessero appena finito di dirsi addio.
 
 
 
«Quindi è finita?»
«Forse non è nemmeno cominciata»
 








Angolo Autrice:

Sono passati due anni dall'ultimo aggiornamento. Il mondo è cambiato, il mio completamente.
Non pensavo avrei mai aggiornato, eppure eccomi qui.
Non mi dilungherò in scuse o promesse, non avrebbe senso dirvi nulla che non sia un sincero grazie, se siete ancora su EFP, se qualcuno mai avrà voglia di leggere questo capitolo e quelli che, speriamo, arriveranno dopo questo.
Quindi grazie, grazie di cuore, per amare i miei personaggi tanto quanto li amo io.
E vi giuro, nonostante tutto, li amo sempre un po' di più.
Il prossimo capitolo sarà Natale (ugh, anche se qui sta arrivando l'estate, scusate il tempismo :)), quindi aspettatevi tanti piccoli momenti di speciale quotidianità.
Spero di sentirvi presto, se voleste lasciarmi un commento, un segno sulla sabbia del vostro passaggio, ne sarei immensamente felice.
Grazie a tutti,

SilverKiria



 

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***


 
 


CAPITOLO 23



Harry Potter aveva sempre amato il Natale.
O meglio, da quando era entrato a far parte della famiglia Weasley, di fatto molto tempo prima di sposare Ginny, aveva sempre amato il Natale.
I ricordi orribili delle feste precedenti passate con i Dursley erano infatti stati sostituiti con facilità dal caos delle feste alla Tana: voci che si rincorrevano per i piani confusionari della casa, risate ad ogni angolo.
Il profumo della cucina della signora Weasley mentre preparava la cena per un esercito, arrivando a quantità e qualità di manicaretti che avrebbero fatto impallidire tutti gli elfi (ormai da tempo retribuiti, grazie ad Hermione) di Hogwarts.
Quindi inspirò a fondo il profumo di neve non appena si materializzò dal cancello, ammirando con gli occhi di un bambino la prima vera casa che avesse mai avuto nella propria vita.
Si prese un attimo di tempo per sorridere divertito di fronte agli gnomi che correvano trafelati, attraversando il giardino, con in mano quello che assomigliava in maniera sospetta a pezzi di formaggio stagionato e piccoli cubetti di prosciutto. L’ultimo della fila stava addirittura arrancando vistosamente sotto il peso di un intero rotolo di salsicce, che lo seguivano sbattendo sull’erba.
Le luci magiche che erano sospese lungo il prato cambiavano colore, rendendo ancora più magica l’atmosfera.
Harry riuscì perfino a sentire le urla della signora Weasley arrivare dalla cucina, e decise che quello era il segnale di fare la sua entrata, anche per capire il motivo di tanta agitazione.
Una volta aperta la porta infatti, si sentì accogliere da un piccato «Mamma! Te lo giuro, non ho mangiato io l’aperitivo! Sì okay, una fetta o due di formaggio, ma di certo non tutto il vassoio! E poi scusa, cosa diavolo me ne farei di un rotolo di salsicce crudo
Ron stava salendo di fretta le scale verso i piani superiori, probabilmente cercando riparo in bagno dalle recriminazioni della madre, che invece lo seguiva rapida, continuando ad accusarlo con veemenza.
«Se non sei stato tu, chi diavolo dovrebbe essere stato, eh
Harry fece fatica a trattenere una risata, mentre Ginny gli veniva incontro, con l’aria di chi la sapeva lunga.
«A casa mi spieghi, vero?» domandò infatti, dopo averlo baciato sulla bocca con passione.
Dalla notte del Ballo del Ceppo erano rifioriti, innamorati come forse non lo erano mai stati.
Ginny portava un vestito blu scuro che si allargava a campana poco sopra le ginocchia, e mentre la abbracciava Harry ne sentì la morbidezza, e si chiese quanto poco rumore avrebbe fatto, quando quella sera glielo avrebbe sfilato di dosso.
«A volte giuro che mi sembra di essere ancora ad Hogwarts!» esclamò Hermione, arrivando anche lei dalla cucina e salutando Harry, che si affrettò a ricomporsi, anche se entrambe si accorsero del leggero rossore che gli imporporò le guance.
«Ciao Herm, come stai?» chiese il Grifondoro alla migliore amica, mentre si accomodavano tutti sulle poltrone che erano state letteralmente stipate di fronte al camino.
Harry soppesò l’idea di proporre qualche sistemazione meno contraria alle norme antincendio, ma quando vide Arthur tutto felice che continuava a portare dentro la stanza le sedie più disparate che avesse mai visto, si disse che in fondo una ventina di maghi avrebbero potuto controllare la situazione.
Lo andò a salutare, abbracciandolo brevemente.
«Harry! Hai visto? Ho fatto tutto io, alla babbana. In effetti, è un passatempo molto divertente, li invidio un po’. Sai, ho saputo che c’è gente che viene persino pagata per spostare le cose quando traslochi! Personalmente non capisco…io lo farei gratis, anzi, pagherei per farlo! È un ottimo allenamento dopotutto!» esclamò l’anziano signore, la testa pelata lucida dal sudore, a riprova di quanto aveva appena detto.
Harry si limitò a convenire con lui sulle “stranezze babbane”, come aveva imparato molto tempo fa.
Quando Molly chiamò il marito da qualche parte dei piani superiori, Harry ne approfittò per staccarsi dal gruppo che si stava raccogliendo all’ingresso.
Sentiva già le voci di George, Percy, Charlie e delle rispettive mogli, ma come ogni anno andò verso il suo posto preferito di tutta la Tana, prima di andare a salutarli.
Prese la piccola scala a chiocciola che dalla stanza attigua al salotto portava, ovviamente diventando sempre più obliqua, fino ad un piccolo attico.
Ginny gli aveva detto che era stata la nursery per ognuno di loro, di modo da far dormire gli altri fratelli e lasciarli almeno un po’ liberi dai pianti incessanti degli ultimi nati in casa Weasley.
In effetti, l’uomo scorse due brandine impolverate appoggiate al muro della piccola stanza circolare, e sorrise fra sé e sé, immaginando Arthur e Molly darsi il turno per dormire con il neonato di turno.
La parte che però lo aveva attirato molti anni fa era una piccola rientranza della camera, dove i Weasley avevano appeso foto di ogni festività natalizia passata in quella casa.
La prima ritraeva dei giovanissimi Molly e Arthur, neosposi, in quella che sembrava una Tana molto più piccola e meno strampalata dell’attuale.
Ogni volta che posava gli occhi su quel ricordo, Harry non riusciva a fare a meno di pensare a quanto fosse buffo il tempo.
Si sarebbe presto ritrovato anche lui, anziano, con nipoti e magari pronipoti, a fissare la foto che invece ritraeva lui e Ginny, appena sposati, intenti a brindare con Ron ed Hermione?
D’altra parte, l’evidenza di quanto tempo fosse passato in un secondo era proprio lì, e aveva la forma di un piccolo Harry Potter, probabilmente appena dodicenne, sorridente, che indossava un maglione natalizio.
In realtà quella foto era stata scattata d’estate, dopo che Fred e George erano venuti a salvarlo dalle grinfie degli zii.
Si ricordò come Molly e Arthur gli avessero chiesto di posare con il proprio maglione, nonostante il caldo soffocante di agosto inoltrato, ricevendo non poche accuse di essere impazziti da parte dei figli.
Non gli spiegarono il motivo, e solo parecchi anni più tardi Harry ne venne a capo, ma già allora aveva acconsentito senza problemi.
Dopotutto, i genitori non farebbero mai qualcosa che potrebbe nuocere ai figli, e lo sguardo estasiato, anche se leggermente imbarazzato del piccolo Harry in quella foto, sembrò proprio quello di un bambino costretto a farsi fotografare dai propri amorevoli e zelanti genitori.
Già all’epoca, sapeva che forse aveva trovato davvero una casa per la vita.
Le foto si susseguivano una dietro l’altra, scatti rubati, pancioni nascosti appena dai maglioni Weasley, occhi lucidi dall’alcool e dalla gioia.
Harry trovò la sua preferita, la staccò dalla parete e la accarezzò con affetto, come un amico appena ritrovato.
James aveva sette anni, e stava cercando di fare uno spettacolo di ombre cinesi per far ridere Lily.
Il suo scricciolo rosso rideva estasiata, mentre Albus appariva di soppiatto da dietro il divano, con un vaso pieno di terra che, cosa che la foto non catturò, di lì a poco avrebbe rovesciato sulla testa di un adirato James.
Ancora oggi, si chiese sorridendo se Lily stesse davvero ridendo per le ombre cinesi di Jamie, o se stesse invece assaporando lo scherzo che di lì a poco sarebbe accaduto.
«Harry! Sono tutti qui, sono arrivati anche i ragazzi da Hogwarts, dai!»
Ginny lo riportò alla realtà e il Grifondoro riattaccò con dolcezza la fotografia magica al proprio posto sulla parete.
Era il 24 dicembre 2023, ed Harry Potter stava per festeggiare un’altra vigilia di Natale in Casa Weasley.
 
La cicatrice non gli faceva più male da ventiquattro anni. E andava tutto anche meglio di quanto avrebbe potuto sognare.
 

***

 


Scorpius si slacciò con foga il nodo della cravatta per quella che sembrò la ventesima volta, sbuffando di fastidio. Il povero pezzo di pregiata sartoria italiana si piegò di malagrazia, quasi implorando pietà sotto le mani concitate del Serpeverde. Il biondo iniziò a stringere le mani a pugno e rilassarle, ripetendo un vizio che sembrava non averlo lasciato da quella sera di una settimana fa.
«Quindi è finita?»
Le sue parole gli tornarono in mente per l’ennesima volta, e per la rabbia decise di strappare il malaugurato accessorio dalla camicia e lanciarlo con rabbia dall’altra parte della stanza.
«Forse non è nemmeno cominciata» mormorò piano a sé stesso, ma era la voce di Lily quella che gli sussurrava nelle orecchie.
Con quel suo sguardo indecifrabile incollato all’anima.
Erano passati quattro giorni dal Ballo del Ceppo, ma gli sembrò di aver vissuto metà della sua vita in quello stato di trance.
Zoe era ritornata nella sua vita, e continuava a cercare di convincere sé stesso che presto sarebbe sembrato di nuovo normale…che sarebbe stato di nuovo felice Perché di fatto, negli ultimi quattro giorni, si era sentito come se qualcuno lo avesse trascinato in una realtà parallela.
Il Natale era sempre stato uno dei suoi momenti preferiti: da che ricordava, Ethan e Selene si erano presentanti ogni anno al Malfoy Manor il 22 dicembre, con la scusa di passare a fare gli auguri di Natale.
Salvo poi trasferirsi de facto lì per tutte le vacanze natalizie.
Un sorriso malinconico incorniciò il viso del Serpeverde, al ricordo delle rimostranze che Selene faceva sempre agli inviti di Astoria, sentendosi un peso.
Mentre Ethan allungava felice una mano verso il fornitissimo mini bar di casa Malfoy, ignorando platealmente gli sguardi incendiari della migliore amica.
Quel 22 dicembre però, per la prima volta da sei anni a quella parte, a presentarsi alla porta era stata Zoe, da sola.
Il Serpeverde si era sentito quantomeno sollevato di non dover trascorrere da solo tutte le vacanze, anche perché aveva percepito una strana aria tra i genitori.
Astoria e Draco non erano tipi da litigare, anzi, con enorme risentimento di Scorpius sapevano essere ancora estremamente affettuosi, l’uno con l’altra.
Un moto di ribrezzo e imbarazzo gli corse lungo la schiena, al pensiero di quando aveva chiesto a sua madre se potesse uscire a cena con Ethan, a quindici anni, da dietro la porta della toilette, dove la donna stava facendo un bagno caldo.
Peccato che dopo la risposta affermativa di lei, si fosse aggiunto un “Non fare tardi” da parte del padre, seguito da una smorfia smorzata di dolore, probabilmente dovuta al calcio che Astoria gli aveva inferto.
Eppure, dalla notte del Ballo del Ceppo, Scorpius aveva percepito un’atmosfera fintamente tranquilla, ma si era detto, o aveva provato a convincersi, che fosse solo la sua sensibilità distorta dovuta ai propri problemi personali.
Si chiese d’un tratto cosa stessero facendo Ethan e Selene. Zoe gli aveva detto che il gemello non si era nemmeno presentato a casa Flint, scatenando la glaciale furia del padre, e il biondo non aveva difficoltà a crederlo.
Aveva stretto Zoe in un abbraccio, vedendola scossa, turbata dalla infranta illusione di potersi riconciliare con il fratello durante le vacanze natalizie.
D’altra parte però, Scorpius non si era sentito per nulla sorpreso: le rivelazioni di Zoe lo avevano scosso nel profondo, e non osava immaginare quanto avessero distrutto Ethan.
Strinse i pugni fino a sentire le unghie conficcarsi nei palmi delle mani, pregando che il dolore che ne seguì riuscisse a renderlo più lucido.
Invece, come un crudele scherzo del destino, il gesto non fece altro che riportargli nuovamente alla mente un altro doloroso scenario, che la sua immaginazione gli stava propinando ogni notte.
Dal bacio con Lily, in quella radura che sembrava racchiusa ora solo dai distanti contorni della propria fantasia, una parte di sé aveva dipinto piano piano l’idea di essere presentato come suo fidanzato a breve.
Magari…a Natale?
Si era immaginato senza neanche accorgersene i dettagli delle festività a casa Weasley, attorniato da ex nemici come James e Albus che ora lo prendevano scherzosamente in giro, ma senza quell’antagonismo che li aveva definiti per sette anni.
Le conversazioni interessanti che avrebbe fatto con Harry Potter, memore del fugace momento condiviso al matrimonio di Victoire Weasley, e magari chissà, perfino qualche augurio di felicità alla coppia appena nata.
E poi, come gli incubi gli avevano dolorosamente impedito di dimenticare, il regalo che sapeva già avrebbe fatto a Lily per il loro primo Natale assieme.
Si alzò meccanicamente, aprendo un cassetto della scrivania, e accarezzò con affetto il piccolo cofanetto blu notte di velluto che si celava in fondo.
Lo aprì piano, quasi fosse lui la causa della fitta al petto che gli stava mozzando il fiato.
Il suo sguardo lucido si posò su una collana dell’argento più fine, al cui centro pendeva un singolo diamante, piccolo, ma talmente luminoso da sembrare una stella nel cielo d’estate.
Era appartenuto a sua nonna, Amelia Greengrass, e sin dal giorno in cui aveva capito quanto amasse Lily, una parte di sé aveva preso la decisione di donarlo a lei.
Una piccola stella, in un cielo d’estate.
La sua piccola stella, in un cielo d’estate.
«Scorp? Sei pronto?»
Scorpius trasalì e rimise in fretta e furia il gioiello nel suo nascondiglio, appena in tempo.
Zoe entrò nella stanza, bella come in un sogno, il fisico fasciato da un abito rosso vermiglio, i capelli legati in una treccia che le scendeva con grazia lungo la schiena scoperta.
Scorpius sorrise senza accorgersene, ricordando come in un tempo lontano, forse in una vita passata, anche quello fosse stato un suo sogno.
Sperando in un soffio, che un domani sarebbe stato abbastanza.
«Sei bellissima Zozo.» le disse andandole incontro e baciandola sulla fronte.
La ragazza lo punzecchiò sul naso, odiando come sempre il soprannome che lei e Ethan le avevano affibbiato anni prima, ma in fondo immensamente felice, perché non avrebbe mai pensato di sentirlo di nuovo.
Non da lui. Non dal suo Scorpius.
«Anche tu non sei male Malfoy, ma ti sei dimenticato un particolare mi sa» lo prese in giro, adocchiando la cravatta ormai scompostamente abbandonata sul pavimento.
Prima che Scorpius potesse inventarsi qualche scusa, Zoe la chiamò a sé con la magia, e con un colpo di bacchetta gliela sistemò attorno al collo, annodandola in modo elegante.
Scorpius la ringraziò, forse ancor di più per aver omesso le domande sul perché non fosse ricorso alla magia.
Domande a cui non avrebbe saputo dare risposta.
«Elias ha detto che la cena sarà servita fra poco, Astoria e Draco stanno per scendere» disse la Corvonero, e lui annuì, chiedendole di fare strada.
Grazie ai suoi riflessi da Cercatore, aprire di nuovo il cassetto della scrivania e sentire il velluto accarezzargli il palmo della mano, prima di farlo cadere in tasca, fu uno scherzo.
La macchia rosso fuoco del cofanetto sparì con un tonfo sordo in fondo alla giacca del ragazzo, mentre scesero le scale per raggiungere i suoi genitori alla cena della vigilia di Natale.
 

 
***

  

 
Draco iniziò a salire lentamente le scale di marmo del Malfoy Manor, la mente pesante tanto quanto il cuore, che sembrava volergli affondare nel petto.
Astoria non gli aveva praticamente più rivolto la parola nei giorni precedenti, se non per dirgli cose urgenti o di fronte a Scorpius e Zoe.
Il figlio era tornato il giorno dopo il Ballo del Ceppo, mentre la Corvonero si era presentata alla loro porta la sera del 22 dicembre.
Dal momento dell’arrivo di Scorpius, Astoria aveva iniziato un teatrino studiato a regola d’arte per non farlo preoccupare, riprendendo come se non fosse successo nulla a scherzare con Draco, flirtare e a volte persino baciarlo, causando i soliti commenti infastiditi di Scorpius.
L’uomo però si sentiva morire dentro ogni secondo di ogni giorno, perché non una sola di quelle volte aveva sentito altro che disgusto nei suoi confronti.
Il martirio finale era stata la sistemazione per la notte: Astoria non aveva voluto insospettire nemmeno gli elfi domestici, per questo Draco aveva continuato a dormire con lei nel loro letto.
Tuttavia, ogni tentativo di contatto, ogni sussurro di scuse, ogni lacrima silenziosa era stato completamente ignorato.
Quando erano da soli, Astoria faceva semplicemente finta che non esistesse.
Non era semplicemente arrabbiata: era delusa.
Draco strinse i pugni, respirando profondamente, prima di entrare in camera.
Astoria gli dava le spalle, si stava preparando per la cena, ed era un sogno.
Indossava un’elegante tuta intera dalle rifiniture in pizzo, nera con piccoli dettagli verde scuro.
I capelli erano stati lisciati dietro alle orecchie, stretti da invisibili forcine, ma Draco avrebbe saputo esattamente dire quante e dove fossero.
Perché aveva passato notti intere a toglierle, una per una, mentre la stringeva a sé.
«Sei bellissima.»
Le parole gli uscirono piano, gravi, come fossero il più oscuro dei segreti.
Non aveva pensato di dirlo ad alta voce, sapeva che non avrebbe fatto nessuna differenza, ma semplicemente non era riuscito a trattenersi.
Con sua sorpresa, Astoria gli lanciò uno sguardo attraverso lo specchio, e per un secondo, un millesimo di secondo, la vide per com’era dietro la maschera che stava portando da giorni.
E gli si spezzò il cuore.
Lei distolse velocemente lo sguardo, cercando di non crollare, tentando di ricacciare dentro di sé il buco nero che la stava inghiottendo.
Il buco nero che aveva sentito ogni carezza di Draco, ogni lacrima versata, ogni scusa sussurrata.
Aveva passato notti intere in un limbo tra la delusione e la voglia di perdonarlo, incapace di andare avanti, incapace di tornare indietro.
Aveva passato notti intere a mordersi le labbra fino a farle sanguinare, pur di non urlare dalla frustrazione.
Negli anni a seguire, Draco pensò che forse avrebbe dovuto fare un passo avanti in quel momento, cogliere l’occasione, stringerla a sé e lasciare che lo odiasse, fino a tornare ad amarlo.
Avrebbe dovuto approfittare di quell’attimo, di quella crepa nella maschera, di quel labbro tremante, ma non ci riuscì.
Continuò a guardarla in silenzio, come se il tempo si fosse fermato.
Come se non avesse più senso neanche un minuto di quella vita, senza il sorriso della sua parte migliore.
«Astoria…» sussurrò piano, ma lei si voltò di scatto, bloccandogli un’altra volta il dolore in fondo alla gola.
«I ragazzi ci stanno aspettando per cena. Ti ho preparato i vestiti per cambiarti sopra il mobile in bagno, non fare tardi».
Gli passò davanti per uscire, Draco mosse piano la mano per bloccarla, ma non ci riuscì.
Era sicuro che, uscendo, avesse visto una lacrima solitaria rigare il volto che più amava nell’intero pianeta.
E Draco Malfoy sentì di esservi appena annegato dentro.
 

 
***

 

 
Non gli era mai piaciuto il Natale.
Da che aveva memoria, si era sempre sentito fuori posto in quel guazzabuglio disordinato di voci sconnesse, risate assordanti e scherzi che, ovviamente, finivano quasi sempre per avere lui come mira prediletta.
Perché lui era sempre stato la loro mira prediletta.
Aveva passato gran parte delle vacanze natalizie in camera sua per anni, cercando di lavorare più sodo di tutti, con l’ossessivo desiderio di scappare da quella misera casa che gli era sempre stata così tremendamente stretta.
Sì perché lui, ne era sempre stato certo, era destinato a grandi, grandissime cose.
Non avrebbe seguito le orme di Charlie, finendo per vagabondare in giro per il mondo, né di Bill, schiavo della famiglia nonostante una promettente carriera in banca.
Percy Weasley aveva sempre saputo che sarebbe stato l’unico in quella famiglia a riuscire ad arrivare in vetta, addirittura Primo Ministro della Magia e poi chissà.
Un futuro radioso, una promessa di libertà e gloria, quanto di più possibile distante dal sudiciume claustrofobico al quale era sempre stato abituato.
Finalmente avrebbe potuto porre fine alla sequela di vestiti smunti di seconda o terza mano, libri e oggetti usati, persino il cognome già sporcato dalla poca ambizione del padre all’interno del Ministero.
Si poteva leggere orgoglio, fierezza, certezza di riuscire, negli occhi del Percy diciannovenne che guardava infastidito il resto della famiglia, all’interno del ritratto di famiglia appeso all’entrata.
 
Ma il Percy Weasley che fissava ora quella foto nel 2023 non era felice, orgoglioso, e fiero di quella giovane versione di sé.
Il Percy quarantasettenne dovette come al solito stringere i pugni fino a sentire le unghie perforare la carne, pur di non cedere alla tentazione di strappare la prova di quanto fosse stato insopportabile, borioso e imperdonabile.
Ma soprattutto, dovette stringere le labbra per non lasciar trapelare il dolore sordo che dopo venticinque anni ancora sapeva svegliarlo di notte, richiedendo il suo tributo.
Sì perché in quella foto Fred Weasley lo stava abbracciando con affetto, sapendo perfettamente quanto gli desse fastidio, incoraggiato dalle risate appena trattenute di George.
Fred lo stava abbracciando con amore, e lui avrebbe venduto l’anima per entrare in quella foto, uccidere quell’idiota vanaglorioso che era stato, e stringere Fred a sé fino a farlo soffocare d’amore.
 
«Smettila Percy, basta».
George gli posò la mano sulla spalla e in quello stesso istante Percy sentì lacrime amare scendergli sulle guance, ma non fece nulla per fermarle.
Il resto della famiglia sembrava non notarli, troppo intenti ad aggiornarsi sugli ultimi eventi per accorgersi di quello che stava succedendo.
Percy ebbe l’impressione che l’unico ad essersene reso conto fosse stato Bill, ma forse si sbagliò, perché l’uomo distolse lo sguardo dalla scena.
Incapace, a insaputa di Percy, di perdonarsi a sua volta fino in fondo, per averlo lasciato solo a gestire un dolore troppo grande.
«Dovevo essere io» disse a denti stretti, così a bassa voce che si chiese se George lo avesse sentito.
Nonostante fosse di due anni più grande del fratello, l’uomo lo sovrastava di pochi centimetri, e Percy ne fu grato, perché appena disse quelle parole di colpo ebbe un tuffo al cuore, al pensiero che George potesse annuire, condividendo il proprio pensiero.
«No» rispose semplicemente George, ma Percy non era ancora pronto ad arrendersi.
Non era ancora in grado di finire una guerra che per tutti si era già da tempo conclusa, ma che continuava imperterrita, per lui. Solo per lui.
«Se fossi stato io…se fossi morto io…nessuno se ne sarebbe accorto. Avreste pianto, ogni tanto sareste tristi, forse. Ma lui…lui rendeva tutto più colorato, più vivo. Il Natale era la sua festa preferita, lui avrebbe saputo far gioire ognuno di voi, rendervi felici come io…come io non ho mai saputo fare» sussurrò piano, la voce rotta dal pianto silenzioso in cui gli sembrava di star annegando da tutta la vita.
Si aspettava che George negasse, che lo rassicurasse, che lo abbracciasse, perfino.
Quindi, quando invece il fratello parlò, fu talmente sorpreso da ciò che disse che senza accorgersene si voltò verso di lui, la bocca aperta per lo stupore.
Due minuti dopo, le lacrime sarebbero riprese, ma per un altro motivo.
 
«Forse è vero. Fred…Fred mi manca come l’aria, non so se qualsiasi altra persona al mondo, tranne Roxanne e Freddie, potrebbero mai farmi lo stesso effetto. Forse nemmeno Angelina. Di certo però…non tu».
«Ho passato mesi dopo la sua morte a chiedermi perché non fossi morto tu. Perché fosse rimasto il fratello che non mi aveva mai amato, il fratello che ci aveva sempre odiati, detestati, tutti. Quello che se n’era andato di casa, sputando sul piatto ricco d’amore che i nostri genitori si erano spaccati la schiena per darci, ogni santo giorno della nostra vita.»
Percy pensò che il cuore gli si sarebbe fermato nel petto. Basta. Smettila. Fermati. Un cuore non può sopportare tanto dolore.
«Ti ho odiato più di quanto abbia mai ammesso, in quei mesi. Perché se fossi stato io con lui, ora sarebbe vivo. Perché se tu non avessi scelto proprio quel cazzo di momento per fare la tua prima battuta decente in vent’anni di vita, lui ora sarebbe qui a ridere con noi. Ma sai una cosa…»
Percy trattenne il fiato, temendo ciò che sarebbe uscito dalla bocca di George.
Le labbra di lui però, fino a quel momento strette in una smorfia di disgusto, si aprirono nel più bel sorriso che Percy pensò di aver mai visto in vita sua.
Si commosse prima ancora di accorgersene, prima ancora di sentire le parole del fratello minore.
Perché il sorriso di George non era mai sembrato così uguale al sorriso di Fred, e Percy ebbe l’incredibile occasione di vivere un momento con il suo fratellino, di vedere come sarebbe stato bello a quarantacinque anni…di vedere quanto lo avrebbe amato, nonostante tutto.
 
«Ho conosciuto tante persone in questa vita, ma nessuna, nemmeno una, mi ha mai stupito e reso più fiero di te, Percival Weasley. Negli ultimi venticinque anni sei diventato l’uomo che non sapevamo potessi essere, e ci hai resi più felici di quanto io o Fred abbiamo mai anche solo sognato di fare, con degli stupidi scherzi. Tu non ci hai fatti ridere Percy, è vero. Ma fidati se ti dico che ci hai fatti piangere di gioia, senza che tu lo sapessi. Io, Bill, mamma, papà…tutti. Ci hai dimostrato quanta forza tu abbia, e la tenacia con cui sei riuscito a crearti una vita ricca di amore Percy…è senza parole. Io vivrò sempre senza un pezzo di me, e il dolore a volte è talmente lacerante che vorrei smettere di esistere, pur di farlo cessare. Ma poi guardo te, e penso che quello che ho fatto io in questi venticinque anni…quello che ho patito io, non dev’essere nulla in confronto a quello che hai sofferto tu.»
«Io soffro per il dolore di aver perso un fratello che sapeva quanto lo amassi, con cui ho un’infinità di ricordi felici, e che so vegliare da lassù su di me e la mia famiglia. Tu…tu devi aver vissuto venticinque anni piangendo un fratello che pensi ti odiasse, a cui non hai quasi mai rivolto parola gentile o gesto d’affetto, e che seppur morto ridendo…tu pensi sia morto per colpa tua. Percy…basta. Questo fardello deve finire. Perché lo sai? Io credo invece che Fred sia lassù, e tu sia la cosa che lo rende più felice al mondo: sapere che la sua morte ti ha fatto rinascere, ti ha mostrato al mondo per la persona meravigliosa che sei. Questo lo rende felice, questo lo manterrà vivo. Non avrai forse tanti ricordi con lui mentre era qui…» concluse George, abbracciando il fratello e permettendogli di crollare tra le proprie braccia, così simili eppure così diverse da quelle di Fred «…ma guardati attorno. Ognuno di noi ha ricordi di te felice, che ci rendi la vita migliore, e ci stupisci, giorno dopo giorno. E credimi, sono uno migliore dell’altro…e in ognuno di essi l’amore di Fred non mancherà mai».
 
L’anno successivo Percy Weasley si sarebbe ritrovato di nuovo di fronte a quella foto, ma con un sorriso talmente grande da far commuovere anche i piccoli George e Fred della foto, mentre il suo alterego li abbracciava forte, ricordandosi del discorso dell’anno precedente.
Si sarebbe guardato intorno, facendo scorrere lo sguardo su quella grande, rumorosa e incredibile famiglia.
Avrebbe soffermato poi l’attenzione sulle sue ragazze, intente a ridere sul divano, finché Audrey non fosse venuta a recuperarlo, una tazza di cioccolata calda tra le mani, e un sorriso in volto.
«Tutto bene amore?» gli avrebbe detto, mentre lui la stringeva a sé e le baciava delicatamente la fronte.
Gli occhi sarebbero poi stati catturati da una figura di fronte a lui: George Weasley lo avrebbe guardato alzando la sua tazza di cioccolata, come a brindare silenziosamente nella sua direzione, un sorriso in volto, in attesa di prendere in braccio il neonato che qualcuno gli stava per porgere.
 
Avrebbe poi guardato sua moglie negli occhi, il maglione pervinca uguale a quello che stava indossando lui, nemmeno a farlo a posta, e avrebbe annuito, grato, felice…in pace come non lo era mai stato.
 
«Va tutto benissimo amore. Non so se te l’ho mai detto ma…io ho sempre amato il Natale».
 
 

***

 
Lily camminava per la Tana, una tazza di fumante cioccolata calda in mano, e la mente persa in luoghi reconditi.
Aveva cercato di essere il più naturale possibile, specialmente mentre salutava i genitori e James, ma aveva anche temuto di vedere un lampo di preoccupazione negli occhi azzurri del fratello maggiore.
Per questo lo aveva evitato tutta la sera, e d’altra parte le era allo stesso tempo sembrato che James stesso avesse qualche pensiero fastidioso in testa.
La Grifondoro ad ogni modo aveva partecipato a qualche conversazione di gruppo, risposto cortesemente (e sperava anche entusiasticamente) alle domande di zii e zie su come andasse lo studio, evitando al contempo qualsiasi possibile quesito in ambito sentimentale.
La verità del resto, confessò tra sé e sé sedendosi sulle scale del corridoio che separava la sala da pranzo dalla cucina, era che dal Ballo del Ceppo non aveva davvero più saputo cosa pensare.
«Potrei renderti felice…dammi la possibilità di renderti felice».
Anche a distanza di giorni, le parole che Emmett le aveva rivolto in quel corridoio di Hogwarts continuavano a torturarla.
Sarebbe stato così semplice, dopotutto.
Scorpius l’aveva lasciata andare, Scorpius aveva baciato Zoe.
Scorpius non aveva scelto lei.
E allora perché maledizione, perché fare la cosa più logica, scrivere ad Emmett, accettare di conoscere meglio un ragazzo intelligente, bello e gentile sembrava così dannatamente difficile?
Perché -si chiese bevendo con troppa foga la cioccolata calda e finendo con l’ustionarsi la lingua- sembrava così…maledettamente sbagliato?
Eppure lei aveva lottato, ci aveva provato. Nessuno le aveva mai assicurato che Scorpius sarebbe davvero diventato il suo fidanzato.
Nessuno avrebbe mai scommesso sulla loro strana e improbabile storia d’amore, men che meno lei stessa, fino al bacio alla radura.
Poi però si era lasciata andare sempre di più, senza neanche rendersene conto, e aveva finito col dare per scontato tante, troppe cose.
La risata di suo padre le arrivò come distante anni luce, e Lily si voltò, per intravedere il profilo di Harry Potter che rideva, appena visibile dall’uscio della sala da pranzo, alla battuta di qualcuno che Lily non riusciva a scorgere dalla sua posizione.
Si morse il labbro, sorridendo amaramente, perché nel giro di un secondo la sua mente masochista aveva immaginato che l’altra persona fosse Scorpius.
Dopotutto, in notti di febbrile speranza che parevano appartenere ad una vita fa, aveva sognato proprio scene di quel tipo: Scorpius Malfoy, suo fidanzato ufficiale, lì alla Tana, per Natale.
Giocando a scacchi magici con Albus, discutendo animatamente di Quidditch con James, facendo i complimenti a nonna Molly per la sua cucina, fingendosi come tutti ammaliato dalle stranezze babbane, per far contento nonno Arthur.
L’aveva visto in un futuro possibile lì con loro, a suo agio, mentre le teneva la mano, ridendo delle battute dei cugini, gioendo del calore natalizio che quella vecchia casa malandata sapeva infondere anche nel cuore più freddo.  
L’aveva visto aprire il proprio cuore ad ognuno di loro, rivelando quanto immensamente dolce e gentile sapesse essere.
Ma non era vero, Scorpius non era stato dolce. Scorpius non era stato gentile.
Bevve con avidità la cioccolata calda, questa volta ricercando il dolore provocato dall’ustione, pur di smettere di pensare, pur di far cessare i ricordi.
Eppure questi fluivano liberi, di fronte a lei, e lo sguardo perso di lui mentre le chiedeva se fosse finita, le ultime note di Atlas Hands che echeggiavano per il salone, e gli applausi di chi stranamente sembrava non sapere cosa si provasse, a sentire il cuore andare in frantumi.
Quando arrivò all’ultima goccia della sua tazza, il vestito rosso rubino che le scopriva le gambe pallide ormai spiegazzato sotto di lei, Lily Luna Potter aveva ormai preso una decisione.
 
«Lils, Vic ti stava cercando. Tutto bene?» le domandò Sophie, lo sguardo preoccupato.
Lily sfoderò un sorriso a trentadue denti, per la prima volta da giorni sentendo il petto un po’ più leggero, e grata di aver scelto cosa fare.
Per quella sera sarebbe stato sufficiente, per quella notte avrebbe potuto bastare: ora voleva solo lasciarsi alle spalle tutto il dolore dei giorni passati, e godersi il Natale in famiglia.
 
Non quello che si era sognata, non quello a braccetto di quella persona…quello presente, in cui aveva rubato a Sophie il calice di succo di zucca ed era corsa via, le risate degli altri che la seguivano da camera a camera, quasi avesse dieci anni.
Quasi avesse dieci anni, la felicità dipinta in volto…e un cuore integro nel petto.



Angolo autrice:

Rieccomi! Finalmente anche il capitolo 23 è fuori. Come qualcuno noterà, ho accorpato il capitolo 22.5 (il primo pov, quello di Harry), col resto di questo capitolo, di modo da dare maggiore fluidità alla storia.
Confido di riuscire a pubblicare il capitolo 24 nelle prossime due settimane, ho già la scaletta pronta, quindi si tratta "solo" di mettermi a lavoro. Avrò meno tempo libero di quanto io ne abbia avuto per scrivere questo, ma prometto di non sparire di nuovo! 
Che ne pensate di questa prima parte natalizia? So che con l'inizio della primavera forse richiede uno sforzo in più per entrare nel mood, ma devo dire che dopo aver eliminato qualche pov un po' OC, sono molto soddisfatta di com'è venuto fuori! :)
Ammetto di aver un po' pianto scrivendo di Percy. E' un personaggio abbastanza odiato/tollerato, ma posso solo immaginare quanto dolore si sia portato dietro, in tutti quegli anni. Sono felice che George lo abbia aiutato a vedere finalmente la luce alla fine del tunnel <3
Comunque Arthur e le sedie best character ever direi ;)
Spero di sentire presto le vostre opinioni, ci vediamo al prossimo capitolo, grazie mille come sempre per tutto l'amore che riservate a questa storia incostante, ma (spero) sempre pronta a farvi compagnia <3

SilverKiria

Ps: ho visto che la foto di Percy è leggermente sproporzionata, ma purtroppo EFP non dà modo di modificarne la grandezza all'interno dell'editor, e non ho tempo di ricaricarla corretta, anche perché il sito che usavo per hostare le foto/gif non è più attivo :/ Scusate l'inconveniente, ma penso sia bello vedere come sarebbe stato Percy da adulto, e volevo a tutti i costi usare l'attore che conosciamo, ma sto poro Cristo mi sa che non ha avuto molta fortuna in campo attoriale, quindi bisogna accontentarsi di quello che si trova su internet :')

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